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ALBERTO CAMINITI GLI OSTAGGI U.S.A. A TEHERAN - 1979

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ALBERTO CAMINITI

GLI OSTAGGI U.S.A. A TEHERAN - 1979

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PREMESSA Sul finire del 2012 si sono verificati due avvenimenti che hanno riportato di colpo alla memoria il triste e drammatico episodio della crisi Iran / USA che nel 1979 vide il mondo quasi pronto ad un conflitto di portata mondiale. Fu quando studenti estremisti islamici occuparono l’ Ambasciata USA a Teheran. I due eventi sopra cennati sono stati :

1. l’uscita ( 8.11.2012 ) del film “ Argo “ che raccontava quei tragici fatti allora successi ; 2. la morte ( ad Ottawa il 30.12.2012 ) del diplomatico canadese John Sheardown che col suo

personale coraggio riuscì nel 1979 a mettere in salvo sei dipendenti USA dell’ Ambasciata. Ma andiamo con ordine a conoscere più approfonditamente l’intera vicenda dell’occupazione della sede diplomatica nordamericana nella capitale iraniana. L’OCCUPAZIONE DELL’AMBASCIATA U.S.A. Tutto nacque dal movimento popolare spontaneo insorto in Persia contro la gestione governativa dello Scià Reza Pahlavi, improntata ad uno stretto assolutismo, alla più spietata repressione d’ogni forma di democrazia tramite l’onnipresente Polizia politica SAVAK che torturava e sopprimeva ogni oppositore del governo e della Casa sovrana imperiale. Gli ayatollah islamici incanalarono tale movimento libertario che condusse, all’inizio del 1979 ( gennaio ) , alla partenza ( fuga ) in esilio dello Scià e della sua Corte prima in Egitto e poi a New York, ed al trionfale ritorno in patria dell’Ayatollah Khomeini ( 1° febbraio ) dal suo esilio parigino. Khomeini – leader della nascente Repubblica islamica – già nei suoi primi discorsi alla popolazione lanciò anatemi religiosi contro il “ Grande Satana “ ( gli USA ) ed i “ Nemici dell’Islam “ ( gli israeliani ). Le forze armate – pur se in passato notevolmente potenziate per volere dello Scià, che si era auto- proclamato “ Gendarme del Golfo “ ( Persico ) – annunziarono la loro neutralità ( 11 febbraio ) ed in tutto il paese iniziò un periodo di lotta convulsa fra le varie componenti rivoluzionarie e religiose che terminò col sopravvento dell’ala più oltranzista e radicale dei fanatici musulmani. I rivoluzionari temevano che gli USA, con la CIA e la forza delle armi e del denaro, tramassero per un ritorno dello Scià, come già avvenuto nel 1953, quando un colpo di Stato dei reparti militari fedeli all’Imperatore Reza aveva permesso il rientro in patria dello Scià dal suo esilio romano. Peraltro il 22 ottobre 1979 lo Scià , malato di cancro, si era fatto ricoverare in una clinica nordamericana per sottoporsi ad un trattamento antitumorale. E qual era l’edificio dove si tesseva il malvagio progetto di restaurazione imperiale, se non l’ Ambasciata USA nella capitale ? Per gli estremisti fanatici la sede diplomatica USA funzionava come una tana di spionaggio e pianificava le operazioni contro la Rivoluzione islamica che allora era agli albori. Dopo le invettive di Khomeini, il 4 novembre 1979 un gruppo di circa seicento studenti ( la punta di forza dell’estremismo islamico ) assalì l’ambasciata USA, superò cancelli e posto di guardia e prese in ostaggio 52 membri , fra civili, diplomatici, militari ed agenti della CIA. Sei altri dipendenti, che si trovavano al piano terreno della sede diplomatica, riuscirono fortunosamente a scappare e poi si misero in salvo nell’ Ambasciata canadese ( ne parleremo diffusamente a parte ). Gli studenti che avevano fatto irruzione – si appurò in seguito – erano tutti iscritti alla Facoltà di Ingegneria della capitale e passarono poi alla storia come “ gli intransigenti seguaci dell’Imam Khomeini “ .Tra loro, in epoca recente, gli analisti della CIA hanno riconosciuto, da alcune foto, un giovanissimo Mahamoud Ahmadinejad, ora da anni Presidente del Consiglio dei Ministri iraniano ed acerrimo nemico degli USA ( Fig. 2). Gli ostaggi bendati, ed in parte ammanettati, furono già in serata mostrati alla TV locale, mentre i loro carcerieri chiedevano a gran voce che gli USA estradassero lo Scià “ onde giudicarlo per i gravi crimini commessi contro il popolo iraniano “.

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Fig. 1 = La Rivoluzione islamica in Iran. Fig. 2 = Ecco Ahmadinejad all’ambasciata.

Fig. 3 = Furono proprio immagini televisive come questa sopra presentata, degli ostaggi bendati ed ammanettati, che fecero ribollire il sangue agli americani . Chiesero a Carter di intervenire. La crisi degli ostaggi sfiorò punte elevate di tensione, anche perché violava i secolari principi del diritto internazionale che garantivano l’immunità diplomatica all’arresto e l’inviolabilità delle sedi diplomatiche ospitate all’interno di uno Stato. Non si ricordavano casi similari neppure in tempo di guerra. Gli USA reagirono duramente per via diplomatica, nominarono la Svizzera “ tutor “ dei loro interessi commerciali in Persia, si rivolsero all’ ONU, ma ogni tentativo di ottenere il rilascio degli ostaggi fallì miseramente. La prigionia dei dipendenti USA dell’ambasciata durerà fino al 20 gennaio 1981, ossia per oltre 14 mesi. L’unico risultato che si ottenne a seguito della pressione internazionale sul regime degli Ayatollah, fu il rilascio ( fra il 19 ed il 20 novembre 1979 ) di 13 ostaggi, donne e personale di origine afro- americana ( con evidente fine demagogico e propagandistico ), mentre un 14°

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ostaggio, il viceconsole Richard Queen, malato di sclerosi multipla, fu liberato più avanti ( 11 luglio 1980 ) per ovvi motivi umanitari e sanitari. Sulla situazione di cattività degli ostaggi è inutile soffermarsi, in quanto ininfluente per il nostro racconto. Certamente i detenuti vennero trattati con durezza, con privazioni alimentari, ossia con un trattamento di carcere duro e di isolamento personale, nonché con scarse cure igienico- sanitarie. Per i rivoluzionari islamici , gli ostaggi erano tutti agenti della CIA e come tali rappresentavano l’essenza del Male e del Grande Satana. REAZIONE NEGLI U.S.A. Abbiamo visto che gli interventi diplomatici, anche tramite paesi terzi e non allineati ( come allora si diceva ), non avevano dato alcun risultato utile. Lo stesso avvenne per le sanzioni economiche ( congelamento dei beni iraniani presso banche nordamericane e boicottaggio nell’acquisto del petrolio iraniano ). In tutti gli Stati Uniti montava invece il furore dell’opinione pubblica e fiorivano le manifestazioni anti- ayatollah, con urlate richieste di “ deportazione di tutti gli iraniani “ fuori dal paese e di interventi militari e perfino nucleari. Negozi di persiani furono dati alle fiamme , come pure ristoranti iraniani, mentre la polizia dovette intervenire in forze per salvaguardare i cittadini iraniani, presi di mira dalla popolazione sdegnata. Era allora Presidente USA Jimmy Carter che si mosse, forse troppo cautamente, in due direzioni :

1. per via diplomatica, con trattative riservate ( lente e complicate ) presso alcuni paesi musulmani moderati, in primis l’Algeria ;

2. e con un’operazione militare, la cosiddetta EAGLE CLAW ( Artiglio dell’aquila ), di cui parleremo in dettaglio più appresso e che finì in un miserevole disastro.

Entrambe le mosse non furono risolutive , il comportamento di Carter fu giudicato ondivago, ed alla fine l’opinione pubblica statunitense sfiduciò completamente l’operato e la persona stessa di Carter. Si dovette attendere l’insediamento del nuovo Presidente Ronald Reagan ( gennaio 1981 ) perché si giungesse alla risoluzione della grave crisi diplomatica e della prigionia degli ostaggi . LA RISOLUZIONE DELLA CRISI. L’azione decisa e positiva che porterà alla liberazione degli ostaggi ( 20 gennaio 1981 ) fu svolta dall’allora Segretario di Stato Warren Cristopher ( Scranton 27- 10 – 1925 / Los Angeles 18.3.2011 – 63° Segretario USA , noto anche per la firma degli accordi di Dayton, con cui era stata fermata la guerra civile jugoslava ), che si dedicò a trattative segrete e delicate ad Algeri, ottenendo finalmente l’intervento mediatore dell’Algeria, con la quale venne firmato un accordo il 19 gennaio 1981 che prevedeva :

• la consegna degli ostaggi all’ Ambasciatore algerino a Teheran, e la loro successiva estradizione in Algeria ( e da lì negli USA ) ;

• lo scongelamento dei fondi iraniani depositati presso enti e banche statunitensi ; • la fine del boicottaggio da parte dei paesi occidentali, con la riapertura dell’ export del

petrolio persiano . L’Iran aveva molto sofferto per questo embargo che aveva messo a terra l’economia del paese.

Il successivo giorno 20 gennaio 81, gli ostaggi materialmente furono consegnati all’Ambasciata algerina di Teheran e da lì partirono in volo verso Algeri e la libertà, dopo quasi due anni di detenzione ( 442 giorni ) . Si disse a quel tempo che fosse stata consegnata all’ Iran una ingente somma di denaro ( milioni di dollari ) quale riscatto, ma non è mai stato possibile verificare la veridicità della notizia.

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Fig. 4 = Il Segretario di Stato che poi Fig. 5 = Gli elicotteri della tentata missione di risolvette la crisi Iran – USA. salvataggio in volo. L’OPERAZIONE “ EAGLE CLAW “ . L’opzione militare presentata dallo Stato Maggiore USA a Carter e da questi – poi – autorizzata, prevedeva il salvataggio degli ostaggi tramite un’operazione delle Forze Speciali. Diciamo che all’epoca tale componente militare era ancora in fase di perfezionamento ed assumeva più caratteristiche di anti- terrorismo , mentre in seguito sarà privilegiato l’aspetto bellico di incursione ( colpo di mano) . Il piano messo a punto dal JTF ( Joint Task Force ) cui fu dato all’inizio il nome di “ Rice Bowl “, prevedeva il salvataggio degli ostaggi con un’operazione aerea a mezzo elicotteri e C.130, da parte di un gruppo misto di incursori appartenenti alle varie Armi. Già questa commistione era fonte di pericolosi inconvenienti, come di fatto avverrà. Per prima cosa venne individuata dalla CIA una zona di atterraggio in ambiente isolato ( desertico ) iraniano onde far atterrare gli aerei C.130 che avrebbero dovuto rifornire gli otto elicotteri RH.53-D- Sea Stallion dei Marines, che rappresentavano la componente aerea della missione. Tale zona, denominata “ Desert One “ , venne trovata nel Khorastan ( vedasi mappa fig. 10 ) cioè nella parte orientale del paese. Lì si sarebbero fermati per il rifornimento gli elicotteri di cui sopra, partiti dalla portaerei “ Nimitz “, di stanza nell’Oceano Indiano e che, per l’occasione, avrebbe navigato nel Golfo Persico. Era prevista una seconda tappa nelle vicinanze di Teheran ( Desert Two ) dove la squadra delle Forze Speciali avrebbe dovuto lasciare gli elicotteri per raggiungere Teheran a bordo di veicoli privati ivi fatti affluire e forniti da agenti e collaboratori della CIA, che avrebbero trasportato gli incursori nelle immediate prossimità dell’ambasciata. Sul posto si sarebbe trovata una squadra operativa della CIA, alla guida di Richard Meadows, che avrebbe non solo materialmente dato supporto alle Forze Speciali, ma avrebbe fornito agli incursori il maggior numero possibile di informazioni per il buon esito della missione. Ancora : dopo l’assalto all’ ambasciata e la liberazione degli ostaggi, con le autovetture private già citate, incursori ed ex ostaggi sarebbero stati trasportati nel vicino ( all’ambasciata ) stadio dove si sarebbero posati alcuni Sea Stallion che li avrebbero trasportati alla vicina base aerea di Manzarijek ( distante pochi chilometri da Teheran ), la cui pista per tempo sarebbe stata occupata con un colpo di mano da un gruppo di Rangers USA giunti in elicottero. Subito dopo un gigantesco C-141 Starlifter sarebbe atterrato ed avrebbe caricato a bordo incursori e diplomatici liberati per portarli fuori dal paese. Gli otto elicotteri della missione avrebbero rifatto il volo verso Desert Two e Desert One per rifornirsi nuovamente e rientrare sulla “ Nimitz “.

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Per evitare che polizia e militari iraniani potessero reagire con rapidità, a parte la sorpresa che avrebbe favorito l’incursione, alcuni collaboratori iraniani della CIA avrebbero sabotato le linee telefoniche ed elettriche della capitale, lasciando completamente al buio l’intero quartiere cittadino attorno all’ambasciata USA. Tutti i voli erano previsti a bassissima quota allo scopo di evitare che aerei ed elicotteri USA venissero inquadrati dalla rete ( un po’ approssimativa, all’epoca ) dei radar iraniani. Gli aeromezzi si sarebbero mossi esclusivamente nelle ore notturne, sostando di giorno a Desert One, sempre allo scopo della massima sicurezza. Come si vede il piano Eagle Claw, pur se giudicato a tutti i livelli temerario e ad alto rischio, era stato studiato nei più piccoli dettagli e se la Fortuna l’avesse appoggiato, poteva anche avere un risultato positivo. Ma, come per ogni piano militare, vedremo che intervennero alcune impreviste ( ed imprevedibili ) varianti meteorologiche che – di fatto – lo faranno abortire. Si appurò in seguito che era previsto un seguito al citato piano, che avrebbe comportato l’assalto ad alcune importanti caserme iraniane e l’assassinio delle più note personalità politiche degli ayatollah. L’OPERAZIONE NELLA SUA SFORTUNATA REALTA’ . L’operazione ebbe inizio all’alba del 24 aprile 1980 col decollo degli otto elicotteri dalla portaerei ( CV.68) “ Nimitz” in navigazione nel Mar Arabico. Gli incursori ed i loro mezzi erano i seguenti : Comandante : Colonnello Charles Beckwith, dei Paracadutisti ( vedasi Biografia in Appendice ) ; Vicecapo : Colonnello dell’ Army James Kyle Elicotteri : Sea Stallion del Corpo dei Marines C.130 dell’ USAAF ( Aeronautica ) Incursori : 96 uomini, fra Marines, Delta Force, Rangers, Aeronautica ed Army. Come si vede, vi era un mix di vari Corpi e l’urgenza del salvataggio aveva impedito che gli incursori si addestrassero insieme e che si conoscessero fra loro. Ogni componente aveva avuto personali tipi di addestramento e non vi era proprio nulla che cementasse fra loro quegli uomini che andavano in combattimento. Ciò senza dubbio rappresentò un serio handicap operativo per la missione Eagle Claw. Subito dopo l’involo si verificò l’inconveniente più imprevedibile : si scatenò una bufera di sabbia, tipica di quelle zone e chiamata “ Habooh “ ; la tempesta di sabbia finissima danneggiò il rotore di un primo Sea Stallion che fu costretto all’atterraggio in pieno deserto. Gli altri elicotteri sostarono necessariamente per prendere a bordo l’equipaggio del mezzo non più operativo. La sabbia infiltratasi ovunque e le alte temperature raggiunte misero poi fuori uso la strumentazione di bordo di un altro elicottero, mentre un terzo accusò un malfunzionamento dell’impianto idraulico di raffreddamento. Giunti a Desert One, già gli elicotteri in buono stato operativo erano solo cinque, mentre le specifiche del piano esigevano almeno sei elicotteri in piena funzione. Un’ulteriore complicazione insorse dalla ( errata ) decisione di installare il campo Desert One nei pressi di una strada a normale percorrenza, da utilizzare come pista d’atterraggio dei C.130 coi rifornimenti. Ecco il secondo inconveniente non previsto , dopo la tempesta di sabbia : quando i primi Marines atterrarono a Desert One per mettere in sicurezza il perimetro, un contrabbandiere di carburante ( sic ! ) alla guida di un’autocisterna di gasolio, s’avvide del blocco stradale, ritenne che fosse stato messo dalla polizia anti- contrabbando, e sterzò per tentare la fuga. I Marines, a loro volta, pensando che avrebbe dato l’allarme, aprirono il fuoco con un lanciarazzi che fece saltare in aria l’autobotte. Le fiamme che si sprigionarono, alimentate dallo stesso gasolio trasportato, illuminarono a giorno la base, rendendola visibile a molti chilometri di distanza ; altro che

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sorpresa ! Tutto sembrava andare storto. A quel punto Carter ( ecco il tentennante ! ) impose il rientro e la cessazione della missione : tutti i mezzi operativi dovevano rientrare, gli altri andavano distrutti con gli esplosivi. Ecco che il destino fece scattare l’imprevisto finale e decisivo. Mentre si cercava di far decollare i due C.130 ormai inutili, il pilota di un Sea Stallion perse l’orientamento ed impattò contro uno dei due C.130 in fase d’ involo : la deflagrazione distrusse i due aeromezzi ed uccise sul colpo otto componenti degli equipaggi coinvolti. In più, i restanti incursori, nella oscurità e nella più completa confusione, ritennero di essere sotto attacco e – per salvarsi - abbandonarono i loro mezzi e si misero in salvo sul secondo C.130 che evacuò quindi tutto il personale militare incolume. Un vero disastro … Il giorno successivo la Casa Bianca annunciò il fallimento della missione, onde precedere il prevedibile furioso strepito dei media iraniani.

Fig. 6 = Il Colonnello C.A. Beckwith. Fig. 7 = Gli incursori si imbarcano sugli elicotteri.

Fig. 8 = La sfortunata collisione del C.130 Fig. 9 = La carcassa del C.130 ( tutti i mezzi con l’elicottero in fase d’involo. aerei inservibili vennero fatti saltare ).

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Fig. 10 = Cartina geografica relativa all’ Iran ; i due cerchi evidenziano le due zone di sosta : Desert One e Desert Two.

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Fig. 11 = I resti dell’elicottero dopo lo scontro. Fig. 12 = Il cippo- ricordo presso una base aeronautica USA . CONSEGUENZE. Anzitutto si ricorda che le perdite in vite umane furono le seguenti : 8 morti caduti in azione e 4 incursori feriti nella missione. Ecco, per giusta memoria, i nominativi degli otto caduti durante l’operazione :

1. Capitano Harold L.Lewis Jr. Aviazione – Com.te del C.130 2. Capitano Lyn D. McIntosh “ - Pilota del C.130 3. Capitano Richard L. Bakke “ - Navigatore del C.130 4. Capitano Charles McMillian “ - Navigatore del C.130 5. 3°Sergente Joel C.Mayo “ - Tecnico di bordo del C.130 6. 2°Sergente Dewey Johnson Marines – elicotterista 7. Sergente John D. Harvey “ “ 8. Caporale George N. Holmes “ “ .

Le conseguenze furono molteplici sia all’interno degli USA che a livello internazionale ed andarono da mosse semplici a cambiamenti militari strategici. Infatti, gli Ayatollah per prima cosa portarono via da Teheran gli ostaggi, disperdendoli in parecchie città, a piccoli gruppi, ed incarcerandoli presso le scuole islamiche delle maggiori moschee del paese. Purtroppo tali ostaggi videro aggravarsi le loro già tristi e pesanti condizioni di detenzione. Il regime di Teheran giocò al meglio la carta che il tentativo di violazione dei propri confini da parte di militari USA aveva loro dato : alla radio ed alle TV venne ingigantito il numero dei caduti statunitensi nell’operazione, il contrabbandiere ucciso divenne il “ povero civile “ ucciso dal Grande Satana, si rinfacciò all’ ONU il precedente intervento a favore degli USA, ci si lamentò dell’embargo mondiale che affamava i bambini iraniani, e via di seguito. A livello strategico, venne totalmente modificato il concetto a base delle operazioni delle Forze Speciali ( per fortuna ! ) , furono minuziosamente analizzati i più piccoli dettagli della missione abortita, vennero mutati in meglio i protocolli delle operazioni antiterrorismo e di pronto intervento

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in settori limitati, e perfino l’addestramento delle Forze Speciali cambiò in meglio ; Grenada, Panama ed altre operazioni successive dimostrarono il netto e positivo cambio del sistema d’intervento militare statunitense nell’intero settore. Soprattutto fu unificato il comando ( non più mix di Corpi ) ed a partire dal 16 aprile 1987 nacque l’ U.S.Special Operations Command che da allora sovrintende a tutte le operazioni di pronto intervento. Uno speciale Reparto di elicotteristi ( il 160° Reggimento) fu poi creato ed addestrato specificamente per tali operazioni. Tutti i comandanti che avevano avuto un qualche ruolo di rilevanza in Eagle Claw furono costretti a dimettersi spontaneamente o collocati in pensione. Si fece tabula rasa dei vertici preesistenti . Solo per completezza d’argomento, si aggiunge che per la verità successivamente fu studiato un piano per salvare gli ostaggi, prelevandoli con un colpo di mano dalle varie madrasse ( scuole islamiche ) in cui erano trattenuti. Tre C.130 furono particolarmente attrezzati per il decollo veloce (con retrorazzi ) nello spazio di qualsiasi campo di calcio. La perdita però di uno di tali aerei in missione di prova, causò la completa cancellazione del progetto. Il Capo delle Operazioni navali, ammiraglio James L. Holloway, coordinatore del piano citato, diede spontanee dimissioni e si congedò dalla Marina. La salvezza degli ostaggi si ottenne solo, come prima detto, con trattative diplomatiche e col successivo Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan. IL FILM “ ARGO “. Abbiamo detto in apertura che uno dei motivi per cui la vicenda degli ostaggi di Teheran fosse rivenuta alla ribalta nel 2012, è stato l’uscita del film “ Argo “. Questa pellicola infatti rievoca l’episodio del salvataggio di sei di tali ostaggi da parte della CIA e del governo canadese. A noi non interessa certo la trama del film, né una sua recensione critica. Ma – naturalmente – forniremo lo stesso una scheda di ARGO, evidenziando che la sceneggiatura segue di pari passo l’effettiva realtà del salvataggio e che i pregi tecnici della pellicola hanno procurato alla medesima la conquista di ben tre Premi Oscar nel 2013 ( quelli per i migliori film e montaggio nonchè per la migliore regia ), di due Golden Globe e di tre British Academy Film Awards. SCHEDA DEL FILM. Produzione : USA – 2012 – GK/Films, Smoke House, e Warner Bros. Regia : di Ben Afflek ( anche attore ) Soggetto : dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio, a sua volta ricavato dal libro- inchiesta di Joshuah Bearman Sceneggiatura : Chris Terrio Trama : narra il salvataggio realmente accaduto nel 1979 di 6 ostaggi USA con l’aiuto del diplomatico canadese John Sheardown Attori principali : Ben Affleck , John Goodman .

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Fig. 13 = L’attore Ben Affleck, produttore e regista. Fig. 14 = La locandina di ARGO. L’OPERAZIONE “ CANADIAN CAPER “ . Ecco quindi la narrazione della strepitosa impresa di esfiltrazione ( dal termine spionistico : Esfiltrare, cioè portar via furtivamente persone o cose ) posta in essere nel 1979 dalla CIA e dal Governo canadese, con cui vennero messi in salvo sei diplomatici USA che si erano rifugiati nella sede dell’Ambasciata canadese di Teheran. Anzitutto : come era potuto accadere un simile fatto in piena Rivoluzione islamica, mentre una folla scatenata e rabbiosa di studenti occupava l’Ambasciata statunitense ? Partiamo da una precisazione : laddove , come nelle principali capitali, l’Ambasciata coesiste col consolato, la competenza fra i due uffici è così divisa : all’ambasciata compete la tenuta dei rapporti d’alto livello, come gli affari internazionali, le questioni militari, politiche e strategiche ; mentre il consolato provvede al più minuto compito dei visti di ingresso e d’uscita, dei rapporti commerciali, turistici ed interstudenteschi, come – ad esempio - scambi culturali e borse di studio. Il Consolato è quindi più frequentato e molto spesso, per tali motivi logistici, è situato al pianoterra. Così era per la sede USA a Teheran e quando gli studenti estremisti irruppero nella sede diplomatica, si lanciarono sugli scaloni per salire ai piani superiori dell’ambasciata, dove – da alcune ore – i diplomatici stavano bruciando codici, documenti ed elenchi segreti e liste riservate onde non cadessero in mano agli iraniani. Nel sottostante Consolato, sei dipendenti riuscirono a raggiungere una porta secondaria ( uscita antincendio ), si allontanarono disinvoltamente mischiandosi alla folla e riuscirono a raggiungere la vicina abitazione di uno di essi. Ecco i nomi dei sei :

1. Robert ANDERS 2. Mark LIJEK 3. Cora AMBURN LIJEK 4. Lee SCHATZ 5. Joseph STAFFORD 6. Kathleen STAFFORD ;

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ossia : quattro uomini, due donne, due coppie ( come si vede dal cognome ), un israelita. Soltanto uno di essi parlava il “ farsi “, cioè l’idioma persiano. La loro fortuna era stata quella di lavorare in locali decentrati della sede USA. Inoltre, ed ecco l’intervento del Destino !, Anders era amico personale di un diplomatico dell’Ambasciata canadese, John Sheardown, che – come vedremo – coraggiosamente li ospitò a rischio dell’incolumità sua e della propria moglie. Come fare per fuggire fuori dall’ Iran ?

Fig.15 = Il vero volto di Sheardown Fig. 16 = Gli ostaggi al sicuro nella ( foto da anziano ). ambasciata canadese. Sheardown l’indomani avvertì il proprio Ambasciatore Ken Taylor e questi – via radio – avvisò i governi canadese ed USA. Sheardown era disponibile a fornire momentaneamente ospitalità ai sei fuggiaschi. Si chiesero disposizioni a Washington e ad Ottawa. Fu qui che nacque l’operazione congiunta CIA/ Canada cui fu dato il nome di “ Canadian Caper” , ossia : “L’impresa canadese”. Pensate : il Parlamento canadese si riunì di notte ed in segreto ( non avveniva più dalla 2^ G:M. ) per decidere anzitutto se dar corso all’iniziativa dell’ambasciatore canadese a Teheran, accettandone gli impliciti rischi ( rappresaglie, ritorsioni sui cittadini canadesi in Iran, possibile rottura diplomatica con l’Iran ecc. ). La decisione fu favorevole alla concessione dell’asilo politico per ragioni umanitarie ( se le Guardie islamiche avessero catturato i sei fuggiaschi, li avrebbero torturati e giustiziati quali spie della CIA ). Prese inizio da quel momento una frenetica attività della CIA, con la scelta di un Dirigente dell’Agenzia ( John Chambers ) per organizzare il salvataggio, fu secretato quanto riguardava la futura impresa e venne mobilitato il più esperto esfiltratore della CIA, Tony Mendez, che aveva già salvato ostaggi in Africa e Columbia. Il termine “ esfiltrare “ consiste – in gergo spionistico, come avanti detto – nel portar via beni o persone furtivamente. Mendez studiò a lungo il problema, bocciò un progetto parallelo di salvataggio tramite espatrio – in bicicletta - dal confine turco, con l’appoggio dei guerriglieri curdi ant/Iran ( i sei dovevano assumere le vesti di insegnanti di scuole laiche occidentali in Persia ), e poi casualmente gli scattò un’idea che, come vedremo, fu la carta vincente per il salvataggio. Bisognava far passare i sei rifugiati per una troupe cinematografica canadese che voleva girare un film di fantascienza nei paesaggi desertici dell’ Iran. Era proprio il caso di dire : roba da fantascienza ! Stante la mancanza di valide alternative, i vertici politici e militari Usa, Carter compreso, diedero il loro assenso. Per prima cosa, necessitava creare una fittizia ( ma vera e propria ) Casa di produzione ad Hollywood per il futuro film, e qui la CIA si prodigò per la migliore riuscita logistica , attirando necessariamente nel piano un vero produttore ed un grande sceneggiatore di film . Solo essi vennero messi al corrente della reale situazione ( l’accettarono patriotticamente, e non per denaro ) ; vennero poi scritturati attori comprimari, stuntmens, comparse, tecnici, operatori e disegnatori e furono affittati locali per uffici, saloni di ripresa cinematografica, capannoni ed attrezzature varie : si girava “ Argo “, un film di fantascienza di cui fu acquistata la sceneggiatura già pronta, si

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iniziarono le riprese di questa fittizia storia fantascientifica di una navicella spaziale ( appunto, l’Argo ) che doveva atterrare sui deserti persiani, con intrepidi astronauti e bellissime fanciulle guerriere ! Per organizzare tutto ciò ci vollero però parecchie settimane e cosa stava succedendo in tali due mesi ai 6 rifugiati di Teheran ? L’ospitalità di Sheardown venne messa a dura prova dal fatto che la governante iraniana della villa si insospettì per gli ospiti, ma la sua devozione e l’affetto verso i datori di lavoro erano grandi, per cui si inventò una giustificazione plausibile quando le Guardie islamiche la interrogarono in merito ai grandi consumi alimentari che si verificavano quotidianamente nella casa dei padroni. Alle Guardia islamiche ( ormai, polizia politica degli Ayatollah ) non sfuggiva nulla. Con ciò la donna si assunse personali responsabilità ; ricordiamo che in tutte le principali piazze di Teheran pendevano , appesi ad alte gru, cadaveri di presunte spie ( oppositori del regime ). I sei vivevano muovendosi – talora in gruppo, spesso solo in coppie per non destare sospetti - nell’appartamento del Console di Svezia, l’intrepida e generosa Cecilia Lithander, in altre case prese in affitto dai diplomatici canadesi, venendo alla fine ospitati nell’appartamento dello stesso Ambasciatore Ken Taylor, al pianterreno della sede diplomatica canadese nella capitale. Ormai erano ufficialmente ricercati, i loro nomi erano noti, avendo gli studenti rinvenuto, fra le carte bruciacchiate dell’ambasciata, un elenco dei diplomatici in servizio ( si avvidero che ne mancavano sei ). Sul momento non ne conoscevano il volto, ma avevano recuperato le strisce di carta sminuzzate d’urgenza ed utilizzando giovani rivoluzionari stavano ricostruendo le foto di tutti i diplomatici USA a Teheran. Era questione di giorni e poi le foto dei fuggiaschi sarebbero state in loro mani.

Fig. 17 Fig. 18 Le figure 17 e 18 rappresentano i momenti convulsi con cui si mette in piede l’organizzazione della finta produzione cinematografica di “ Argo “ . Tutto però deve sembrare reale , per cui gli attori e l’intero personale della produzione sono convinti di girare una vera pellicola di fantascienza. INIZIA IL PIANO DI SALVATAGGIO. Mentre ad Hollywood si girava la “ fittizia “ pellicola ( ma tutti coloro che vi partecipavano credevano in buona fede che fosse una reale produzione da immettere sul mercato ) iniziò – come dire – la parte iraniana dell’operazione di salvataggio. Dopo aver contattato alcuni agenti operativi della CIA che di recente erano stati in Iran, e che quindi potevano fornire informazioni fresche, sicure e di prima mano, Tony Mendez fece ai suoi superiori un rapporto sulla situazione e sui materiali ( passaporti, documenti anagrafici ecc. ) che l’Ufficio Falsi della CIA avrebbe dovuto “ fabbricare “ per dare una nuova identità ( canadese ) ai sei rifugiati ed a Mendez stesso. Il punto-chiave risultò una banalità burocratica che, però, poteva diventare estremamente pericolosa : era stato da poco introdotto un modulo che ogni ufficio d’ingresso del paese ( Dogana ) doveva

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iniziarono le riprese di questa fittizia storia fantascientifica di una navicella spaziale ( appunto, l’Argo ) che doveva atterrare sui deserti persiani, con intrepidi astronauti e bellissime fanciulle guerriere ! Per organizzare tutto ciò ci vollero però parecchie settimane e cosa stava succedendo in tali due mesi ai 6 rifugiati di Teheran ? L’ospitalità di Sheardown venne messa a dura prova dal fatto che la governante iraniana della villa si insospettì per gli ospiti, ma la sua devozione e l’affetto verso i datori di lavoro erano grandi, per cui si inventò una giustificazione plausibile quando le Guardie islamiche la interrogarono in merito ai grandi consumi alimentari che si verificavano quotidianamente nella casa dei padroni. Alle Guardia islamiche ( ormai, polizia politica degli Ayatollah ) non sfuggiva nulla. Con ciò la donna si assunse personali responsabilità ; ricordiamo che in tutte le principali piazze di Teheran pendevano , appesi ad alte gru, cadaveri di presunte spie ( oppositori del regime ). I sei vivevano muovendosi – talora in gruppo, spesso solo in coppie per non destare sospetti - nell’appartamento del Console di Svezia, l’intrepida e generosa Cecilia Lithander, in altre case prese in affitto dai diplomatici canadesi, venendo alla fine ospitati nell’appartamento dello stesso Ambasciatore Ken Taylor, al pianterreno della sede diplomatica canadese nella capitale. Ormai erano ufficialmente ricercati, i loro nomi erano noti, avendo gli studenti rinvenuto, fra le carte bruciacchiate dell’ambasciata, un elenco dei diplomatici in servizio ( si avvidero che ne mancavano sei ). Sul momento non ne conoscevano il volto, ma avevano recuperato le strisce di carta sminuzzate d’urgenza ed utilizzando giovani rivoluzionari stavano ricostruendo le foto di tutti i diplomatici USA a Teheran. Era questione di giorni e poi le foto dei fuggiaschi sarebbero state in loro mani.

Fig. 17 Fig. 18 Le figure 17 e 18 rappresentano i momenti convulsi con cui si mette in piede l’organizzazione della finta produzione cinematografica di “ Argo “ . Tutto però deve sembrare reale , per cui gli attori e l’intero personale della produzione sono convinti di girare una vera pellicola di fantascienza. INIZIA IL PIANO DI SALVATAGGIO. Mentre ad Hollywood si girava la “ fittizia “ pellicola ( ma tutti coloro che vi partecipavano credevano in buona fede che fosse una reale produzione da immettere sul mercato ) iniziò – come dire – la parte iraniana dell’operazione di salvataggio. Dopo aver contattato alcuni agenti operativi della CIA che di recente erano stati in Iran, e che quindi potevano fornire informazioni fresche, sicure e di prima mano, Tony Mendez fece ai suoi superiori un rapporto sulla situazione e sui materiali ( passaporti, documenti anagrafici ecc. ) che l’Ufficio Falsi della CIA avrebbe dovuto “ fabbricare “ per dare una nuova identità ( canadese ) ai sei rifugiati ed a Mendez stesso. Il punto-chiave risultò una banalità burocratica che, però, poteva diventare estremamente pericolosa : era stato da poco introdotto un modulo che ogni ufficio d’ingresso del paese ( Dogana ) doveva

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L’ESFILTRAZIONE . A quel tempo nell’aeroporto di Teheran esisteva un triplice anello di sicurezza per il controllo dei passeggeri in uscita dal paese ; era stato messo in atto proprio per scongiurare l’eventuale fuga di oppositori al regime. I sette cineasti canadesi si presentarono al primo check- point per il visto di partenza e la normale visita ai bagagli. Esibirono anche una lettera del Ministero della Cultura che si erano procurati e che li autorizzava a girare prossimamente una pellicola in territorio e nel deserto iraniani. Tutto andò bene, malgrado l’ovvio senso di paura che li attanagliava. Il secondo controllo avvenne più avanti, quando vennero attentamente esaminati le foto ed i timbri del passaporto. Ovviamente non si trovò il corrispondente modulo di entrata ( e come poteva esserci ? ), ma ciò non sollevò sospetti in quanto l’iter burocratico generalmente durava, come abbiamo detto, almeno due giorni. La lunga fila dei passeggeri che stavano partendo dava – come dire – una sorta di protezione, essendo i sette frammischiati ad altri stranieri e persiani in coda. Il terzo posto di controllo era però il più pericoloso, in quanto affidato alle Guardie della Rivoluzione che non sottostavano a legge alcuna, se non direttamente all’Ayatollah Khomeini. Un solo dubbio, un lieve sospetto ed i passeggeri potevano essere tirati fuori dalla fila, interrogati e torturati brutalmente. Ripeto : i nomi dei sei ricercati erano noti, ma non si conoscevano i loro volti, essendo ancora in corso il lavoro meticoloso di ricostruzione da parte dei giovani rivoluzionari che incollavano le strisce di carta e tutti i frammenti cartacei, anche semi- bruciati, che erano stati trovati nella sede diplomatica USA invasa. Erano in corso centinaia di giganteschi puzzle di elenchi, fotografie, documenti ecc. I sette non sapevano però che era stata già ricostruita la fotografia di uno dei sei diplomatici ricercati e che la medesima stava per essere inoltrata in fotocopia a tutti i posti di frontiera, aeroporto della capitale compreso. I sette sarebbero stati scoperti ? Le Guardie islamiche esaminarono i sette passaporti canadesi, misero a confronto le facce dei cineasti con le foto dei documenti, verificarono i vari timbri, fecero qualche domanda, stupiti per i copioni, le locandine, i disegni trovati nelle valigie dei canadesi . Veramente volevano girare un film di fantascienza in Iran ? Ritengo sia stato questo il momento di maggiore suspense dell’intera missione Argo. Il capo delle Guardie, forse sospinto dai suoi sentimenti anti- occidentali, o comunque al fine di togliersi ogni dubbio, chiamò per telefono la sede americana della produzione, come risultava dai copioni e dalle sceneggiature reperite nei bagagli dei sette. Qui gli incaricati – secondo copione - alla richiesta di comunicazione col regista del film, risposero tranquillamente che la cosa era impossibile, trovandosi il medesimo con tutta la sua troupe a Teheran per scegliere i luoghi di un film di fantascienza in corso. La Guardia islamica si rasserenò, ormai convinto ed i sette passarono l’ultimo varco e con la loro carta d’imbarco in mano si presentarono al banco della Swissair, accolti dai sorrisi delle hostess in servizio. Poi – attraversato il cancello che dava sulle piste – presero posto sul velivolo pronto per il decollo. Erano ancora tutti sotto shock ed avevano il cuore che saltava loro in gola. Nel film Argo questa parte è veramente girata bene e dà con immediatezza il senso di drammaticità e tensione del momento : si stava per decidere della loro vita. Intanto arriva in aeroporto la fotocopia della foto ricostruita di uno dei ricercati ed il Capo delle Guardia islamiche impallidisce, avendo immediatamente riconosciuto uno dei canadesi che gli erano passati poco prima davanti. Realizza il piano di fuga in corso, lancia ordini ed alte grida, chiama a sé altre guardie e si precipita verso il banco della Swissair, travolgendo una delle hostess elvetiche, terrorizzata ed urlante. Le guardie si lanciano verso l’aereo già pronto in pista per il decollo ; alcune guardie salgono verso la torre di controllo, ma qui gli incaricati – inconsapevoli – avevano già dato il via al decollo. E’ il momento di massima tensione ; il velivolo si muove lentamente, poi i piloti danno tutta manetta e l’aereo si lancia alla massima velocità per l’involo . Le Guardie inferocite ed impotenti sparano parecchie raffiche di mitra verso l’aereo che si stacca dalla pista e si alza – maestoso – nel cielo. La beffa era stata compiuta, la missione era riuscita. A bordo i fuggitivi trattengono il fiato, ma poi si ode la voce metallica della hostesso che dice : “ Stiamo lasciando lo spazio aereo iraniano ; fra poco verranno servite le bevande alcoliche “ !

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Un grido corale e liberatorio fuoriesce dalle gole dei sei diplomatici USA : sono salvi e stanno volando verso la libertà ! Si abbracciano e poi tutti vanno da Mendez e sommessamente lo ringraziano : a rischio della sua stessa vita, li aveva portati fuori dalla pericolosa situazione. IL DOPO – FUGA. Si premette che prima che i media televisivi dessero notizia del fatto , Sheardown e la moglie vennero fatti partire via aerea verso il Canada, mentre anche la governante dei Sheardown fu fatta espatriare in Turchia con un visto canadese, al fine di salvarla dalla sicura cattura e morte. I sei andarono prima in Canada a ringraziare le autorità di Ottawa per il loro salvataggio ; solo i canadesi dovevano risultare immischiati nella operazione , mentre la CIA doveva rimanere defilata, onde evitare possibili ulteriori rappresaglie sugli ostaggi USA in mano ai rivoltosi estremisti. Mendez fece rapporto, ricevette una medaglia che non potè mai sfoggiare ed ebbe i complimenti da parte dei suoi superiori per la felice riuscita dell’esfiltrazione. Ricordiamo che gli Ayatollah beffati ed inferociti avevano già disperso gli ostaggi residui in loro mani in varie città sedi di scuole islamiche ( madrasse ). Sheardown fu inviato in altre sedi diplomatiche di paesi non islamici e proseguì la sua carriera fino a giungere al grado di ambasciatore. Insieme a Taylor era stato insignito della massima onorificenza del suo paese : l’Ordine del Canada. Era stato un uomo generoso e coraggioso ed aveva messo a rischio perfino sé e la sua famiglia pur di aiutare i diplomatici USA in fuga . Onore al merito ! SCHEDE BIOGRAFICHE. 1. Colonnello Charles Alvin BECKWITH Alla guida di Eagle Claw vi era il Colonnello Bechwith, un vero “ duro “ forgiatosi nel Vietnam. Peccato che il Destino non lo fece vedere in azione a Teheran. Nacque ad Atlanta ( Georgia ) il 22.1.1929 e praticò sin da giovane il football americano. Frequentò l’Università della Georgia e si iscrisse al corso della Riserva degli Ufficiali. Vinse gare sportive e si laureò ; nel Settembre 1952 fu nominato Sottotenente di fanteria. Servì in Corea ( 1952 – 53 ) ed a fine guerra rimase nell’esercito. Prese il brevetto di paracadutista. Nel 1955 fu assegnato al 504° Reggimento aviotrasportato della 82^ Divisione Airborne. Dopo aver frequentato anche il Corso per Rangers, fu inviato in Vietnam come Consigliere militare. Venne inviato per un Corso presso la SAS britannica, elite dei Corpi Speciali antiterrorismo. Convinto assertore di tale tipo di Unità operativa, ottenne il comando del 7° Gruppo dei Berretti Verdi ( Forze speciali USA). Ferito in Vietnam da un colpo di mitraglia da 50 mm. nell’addome, miracolosamente si riprese e, dopo la convalescenza, ritornò in Vietnam a capo del 2° Battaglione del 327° Reggimento della 101^ Divisione aerotrasportata. Col suo reparto ottenne strepitosi successi in varie pericolose missioni all’interno del territorio nemico. Da Tenente Colonnello comandò un Gruppo di Forze Speciali che operava partendo dalla Thailandia. A fine campagna , da Colonnello, fu assegnato a Fort Bragg , dove nel 1977 costituì la prima unità della Delta Force. Per il comando di Eagle Claw, la scelta fu naturale : solo Beckwith avrebbe potuto salvare gli ostaggi. Dopo il fallimento della missione, fu sottoposto ad una severa inchiesta da parte della Commissione appositamente creata dal Senato, ma ne uscì pulito, in quanto non poteva essere addebitata a lui colpa alcuna. Lasciato l’esercito, costituì una società di consulenza militare. Morì di morte naturale il 13 giugno 1994. Era sposato con la moglie Katherine ed avevano tre figlie. Le sue spoglie sono sepolte al “ Sam Houston Fort National Cemetery “ ( cimitero degli Eroi ) a San Antonio ( Texas ). Lasciò un libro : “ Delta Force . Unità d’elite antiterrorismo “ ( uscito nel 1983 ). Aveva ricevuto molte medaglie al valore e numerose altre onorificenze.

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2) SCIA’ Mohammad REZA PAHLAVI. Nacque il 26 ottobre 1919 a Teheran e morì al Cairo il 27 luglio 1980. Governò l’ Iran dal 16.9.41 fino alla Rivoluzione islamica dell’ 11 febbraio 1979. Secondo ed ultimo sovrano della dinastia Pahlavi, si proclamò Imperatore quale discendente da Ciro e Serse. Era nato dalla 2^ moglie del re Reza ( si chiamava Tadj ol-Molouk ) ed era terzo di 11 figli, ma maschio primogenito e quindi erede al trono. Aveva una sorella gemella, Ashraf. Studiò in collegi svizzeri, ma per la licenza liceale ritornò a Teheran ( 1936 ) . Poi frequentò l’Accademia Militare della capitale fino al 1938, uscendone ufficiale. Nella 2^ Guerra mondiale la Persia si dichiarò neutrale, ma fornì petrolio a sovietici ed alleati. Per maggior sicurezza, fu occupata da truppe anglo- sovietiche. Reza divenne Re il 16.9.41 per l’ abdicazione forzata del padre Reza I, filonazista. A fine guerra la linea politica del sovrano fu filo -occidentale e nel 1949 il locale partito comunista Tudeh venne messo al bando, in quanto mandante del tentativo di assassinio dello Scià. Nel paese però si era formata un’opinione pubblica contraria all’AIOC ( Anglo Iranian Oil Company ) accusata di sfruttare avidamente il locale petrolio. Il Parlamento nominò Premier Mohammad Mossadeq, principale oppositore dell’ AIOC. La reazione di Londra fu dura e provocò quella che venne chiamata la “ crisi di Abadan “ ( 1951 ). Infatti Mossadeq proclamò la nazionalizzazione del petrolio ed il conseguente incameramento dei beni dell’AIOC e delle relative raffinerie. Il governo britannico dichiarò tale nazionalizzazione contraria al diritto internazionale e ricorse all’ ONU ed alla Corte di Giustizia dell’Aja. Inoltre la Gran Bretagna intraprese un’ attività diplomatica intesa a boicottare l’acquisto del petrolio persiano. Dopo la sentenza a favore del governo iraniano, Londra agì nascostamente e preparò un colpo di Stato contro Mossadeq, con l’aiuto dell’esercito fedele allo Scià. Questi nominò un nuovo Premier, Ahmad Qawam al posto di Mossadeq, ma scoppiarono sommosse di piazza ed in fretta e furia Mossadeq venne richiamato a capo del governo. Questi per prima cosa nominò un Ministro della Difesa ed un Capo delle Forze Armate a lui fedeli e addirittura nel 1952 espulse l’Ambasciatore inglese e tutti i diplomatici, creando una situazione instabile a livello mondiale, mentre lo Scià era costretto a fuggire all’estero con la sua Corte e famiglia ( 1953 ). L’esercito eseguì un colpo di Stato a favore degli insorti e si ritenne imminente la proclamazione della repubblica. Usa e GB , interessati al petrolio, presero immediate contromisure. La Cia ed i Servizi Segreti britannici assoldarono la plebaglia di Teheran ; la portarono in piazza e fecero rientrare lo Scià da Roma mentre reparti dell’esercito fedeli allo Scià si impadronivano dei centri vitali del paese.

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Fig. 20 = Lo Scià con Mossadeq . Fig. 21 = La crisi di Abadan. Iniziò un periodo di acuto nazionalismo, di modernizzazione dell’esercito e della pubblica amministrazione grazie alla ingenti risorse finanziarie derivanti dalla vendita del petrolio. I vertici religiosi sciiti nel 1963 organizzarono una congiura contro lo Scià, ma questi – quando la polizia scoprì il complotto - decretò l’esilio dell’Ayatollah Komeini e dei più intransigenti Imam. Ora lo Scià si appoggiò totalmente all’esercito ed alla Polizia segreta Savak, che stroncarono energicamente ogni forma di opposizione liberale, uccidendo, torturando ed imprigionando migliaia di studenti e di oppositori. La protesta però continuò ad allargarsi e già nel 1978 si formò un fronte popolare che raggiunse l’acme della lotta l’8.9.78 col massacro di Piazza Djaleh di centinaia di manifestanti. Lo Scià cercò di avviare un dialogo di pacificazione ma ormai l’odio popolare era al massimo, anche perchè Khomeini da Parigi lanciava continui anatemi religiosi contro il regime monarchico. Nel gennaio 1979 lo Scià – già malato di cancro – abbandonò il paese per evitare un bagno di sangue fra le opposte fazioni. Gli Imam condannarono a morte Reza e la sua famiglia ; furono requisiti tutti i beni della casa regnante e venne nuovamente nazionalizzato il petrolio. La cosiddetta Rivoluzione islamica scelse l’estrema forma di pratica religiosa e proclamò la Shaaria ( legge islamica). Nel novembre 1979 fu occupata l’Ambasciata USA a Teheran e gli ostaggi furono minacciati di morte se Carter non avesse cacciato la Scià e la sua famiglia. Il Presidente ed il Congresso USA però decisero di concedere loro l’asilo politico, anche affinché Reza – ormai ammalato terminale – potesse curarsi a New York. Dopo la cura, Reza si rifugiò in Egitto, unico paese disposto ad accoglierlo per motivi umanitari. Lì morì nel 1980 ( al Cairo ) ove venne sepolto nella moschea di al-Rifai. Reza Pahlavi pagava per la sua politica economica estremamente favorevole agli occidentali, per la sua riforma agraria che aveva visto l’esproprio degli immensi beni terrieri delle moschee ( lasciti dei fedeli ) – da qui l’odio da parte dei vertici religiosi contro lo Scià – e per le migliaia di morti di manifestanti ed oppositori da parte della terribile SAVAK . Lo Scià aveva creduto che il suo popolo lo amasse, ma la stessa sua arroganza ed ambizione lo portarono a perdere il potere. Celebrò sfarzosamente i 2.500 anni dell’ Impero persiano ( di Ciro e Serse ) spendendo miliardi, mentre il popolino moriva di stenti nella più completa povertà. Aveva avuto finalmente un erede maschio

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( Ciro ) su cui contava per la successione, ma la Rivoluzione islamica gli tolse ogni speranza. Aveva sposato, nell’ordine :

1. 1939 – Fawzia, sorella di Faruq I d’Egitto, da cui aveva avuto solo una figlia e da cui era divorziato dieci anni dopo ;

2. 1951 - Soraya Baktiari, vero amore della sua vita ; dalla quale si separò a malincuore perché non gli dava un erede ;

3. 1959 – Farah Diba che gli diede due figli maschi e due femmine.

Fig. 22 = L’Imperatore nel suo ultimo fulgore. Fig. 23 = La coppia imperiale . Attingendo per comodità dal grande settore filatelico che, per la sua provenienza diretta dai governi correnti, può dare un’immediata visione della situazione politica di un paese, presentiamo tre francobolli che rappresentano – con un semplice colpo d’occhio – il periodo storico di transizione esposto nel presente testo :

• il primo ( Fig. 24 ) vede un giovane Reza I che ha concesso la Costituzione ed è amato dal suo popolo ;

• il secondo ( Fig. 25 ) rappresenta il severo Imperatore Reza I che governa da sovrano assoluto ; il popolo immiserito ormai lo odia ; • ed ecco ( Fig. 26 ) l’improvviso arrivo della Rivoluzione islamica col suo esasperato

fanatismo.

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in cui si trovata ferita durante la 2^ Guerra del Golfo, la soldatessa diciannovenne Jessica Lynch, al fine da evitarle peggiori conseguenze ( gli iracheni non andavano per il sottile con le donne- soldato). L’annullo speciale propone la cartina della West Virginia e del piccolo paesino di Palesatine, di cui la Lynch era originaria ed in cui essa è rientrata dopo il congedo ( Fig. 27 ) :

Fig. 27 ( annullo USA ) – tratto da Vaccari News . Nessun problema, invece, per la controparte iraniana, in quanto il regime religioso islamico al potere, come avviene per tutte le dittature, si è sbizzarrito nella diffusione di scene osannanti alla Rivoluzione ; ecco quindi una chicca veramente di lusso ( Fig. 28 ) . Le Poste iraniane hanno emesso un francobollo da 28 rials che celebra – pensate ! – proprio la “ presa di controllo della tana di spie USA “ ( traduzione letterale della vignetta ) . Il dentellato raffigura appunto un ostaggio bendato e la folla di fanatici che scavalca il cancello dell’ambasciata USA a Teheran. Come si vede, il pezzo non solo è pertinente al tema ma è veramente specifico dell’ episodio narrato nel presente articolo.

Fig. 28

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Proseguendo però in via strettamente cronologica, quando ancora regnava lo Scià, presentiamo due supporti riferiti ai rapporti – sempre ottimi – intercorrenti fra l’Italia e l’Impero persiano ( Figg. 29/30 ) . Col primo mostriamo la serie completa ( Sassone nn. 846- 847 ) emessa dalla Repubblica nell’ottobre del 1958 in occasione della visita del Re dei Re Reza I in Italia a Roma :

Fig. 29 Fig. 30 Col n. 30 viene presentata invece una raccomandata dell’ Uff. Filatelico di Roma del 27.11.1958 su busta FDC , affrancata con la serie sopracitata. Ricordiamo, per la verità storica, che nel 1953 lo Scià, sfuggito ad un colpo di Stato, si era rifugiato proprio in Italia, a Roma, con la sua famiglia ed i principali vertici militari e governativi a lui fedeli. Mostriamo poi due buste viaggiate commemorative del volo diretto Teheran – Zurigo della Swissair, proprio quello con cui si misero in salvo i sei ostaggi “ canadesi “. Si presentano :

1. col n. 31 una raccomandata diretta proprio alla Swissair – Agenzia di Teheran, viaggiata del 8..4.1974 ;

2. col n. 32 una busta aerea viaggiata da Teheran per Zurigo del 4.4.1974 :

Fig. 31 Fig. 32

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Infine, sempre per la parte iraniana, presentiamo un florilegio di Ayatollah quasi tutti in odore di santità. Chiaramente tali emissioni sono periodiche ed a decine ; è il modo con cui lo Stato islamico celebra la sapienza teologica e l’ascetismo dei suoi Imam ( Figg. dal 33 al 36 ) :

Fig. 33 = L’ Ayatollah Taleghani . Fig. 34 = L’Ayatollah Kashani .

Fig. 35 = L’Ayatollah Tabatabai . Fig. 36 = L’Ayatollah Sadughi , martire .

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Infine terminiamo con due pezzi altamente rappresentativi della Rivoluzione islamica che celebrano : l’ uno ( Fig.37 ) i patrioti incarcerati, torturati e messi a morte dalla terribile polizia politica dello Scià ( la Savak ) ; il secondo ( Fig. 38 ) raffigura le Guardie islamiche, i più devoti “ Difensori della Rivoluzione “ , come riporta lo scritto della vignetta :

Fig. 37 Fig. 38 BIBLIOGRAFIA. Giulietto Chiesa Operazione Teheran Ed.De Donato 1980 Daniel P. Bolger Americans at war 1975 – 1986 Presidio Press – Novato

1. California – 1988 Marcella Emiliani, Marco Ranuzzi de’ Bianchi, Odoya, Bologna - 2008 Erika Atzori Nel nome di Omar. Rivoluzione, clero e potere in Iran. Stefano Beltrame Mossadeq. L’ Iran , gli Usa e le Rubbettino Editore - radici della Rivoluzione islamica Soveria Mannelli ( CZ) 2008

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SITOGRAFIA. www.it.wikipedia.org/wiki/ ( voci varie ) www.corpidelite.net/DeltaForceoperativa.htm www.aereimilitari.org/ www.wikipedia.sapere.virgilio.it/ www.wikipediadeep.it/operazione-eagleclaw www.italian.irib.ir/ www.nemesisverona.forumfree.it/ www.comingsoon.it/Film www.film.it/ www.movieplayer.it/ www.mymovies.it/ www.geo.tesionline.it/ www.ilpost.it/ www.librimondadori.it/ www.blog.ilgiornale.it/ www.amazon.it/ www.repubblica.it/Esteri www.archiviostorico.corriere.it/ www.lastoriadialex.com/ www.internazionale.it/ www.video.ilsole24ore.com/ In Genova , 10 giugno 2013 Stampato in proprio. Alberto CAMINITI