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Andrea Barocci TERREMOTI, SCIENZA, NORMATIVA E COSCIENZA RISCHIO SISMICO PRIMA E DOPO IL TERREMOTO: DALLA SISMOLOGIA ALLA SOCIETÀ L’ITALIA E LE LEGGI LA SICUREZZA DELLE COSTRUZIONI: NORMATIVA E RESPONSABILITÀ IL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE

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Andrea Barocci

TERREMOTI, SCIENZA, NORMATIVA E COSCIENZA

RISCHIOSISMICO

PRIMA E DOPO IL TERREMOTO: DALLA SISMOLOGIA ALLA SOCIETÀ L’ITALIA E LE LEGGI LA SICUREZZA DELLE COSTRUZIONI:

NORMATIVA E RESPONSABILITÀ IL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE

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INDICE

PREFAZIONE .............................................................................................................. p. 1

1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO .............................................. ˝ 31.1. La sismologia (prima)

Sismologia – Miti e leggende – Colapesce – Sismografo ............................ ˝ 31.2. La sismologia (oggi)

Lisbona – Carta sismica – Tromometro – Sismografo – Sismogramma – Tettonica a placche – Rete sismica nazionale .............................................. ˝ 8

1.3. Eppur si muove... Accumulo di energia – Faglia – Rimbalzo elastico – Epicentro – Ipocentro – Onde sismiche ........................................................................... ˝ 11

1.4. Energia e misura di un terremoto Rilascio di energia – Scale di misura – Magnitudo – PGA – Direttività .... ˝ 16

1.5. Sequenza e sciame sismico Sciame – Sequenza – Responsabilità – L’Aquila – Faenza – Emilia .......... ˝ 25

1.6. La ricorrenza dei terremoti Consapevolezza – Tempo di ricorrenza – Database macrosismico ............. ˝ 28

1.7. L’Italia e i terremoti, una storia da raccontare Sismologia storica – Paleosismologia – Sant’Emidio ................................. ˝ 30

1.8. Le componenti del rischio sismico .............................................................. ˝ 341.9. Pericolosità

Metodo deterministico e probabilistico – Carta della pericolosità – Effetti di sito – Micro-zonazione – Effetti near-source ................................ ˝ 35

1.10. Esposizione Evento naturale – Abitanti – Beni culturali – Infrastrutture – Aree produttive ................................................................... ˝ 39

1.11. Vulnerabilità Crollo – Edifici sicuri – Patrimonio edilizio – Vulnerabilità sociale .......... ˝ 43

1.12. Le mappe di rischio sismico ........................................................................ ˝ 461.13. Resilienza ..................................................................................................... ˝ 48

2. PRIMA E DOPO IL TERREMOTO ................................................................... ˝ 512.1. Prevenzione, gestione e mitigazione del rischio .......................................... ˝ 512.2. Carta igienica e scelte intelligenti

Piano Comunale di Protezione Civile – Telefono – Mobili – Documenti .... ˝ 55

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VI RISCHIO SISMICO

2.3. Previsione dei terremoti Precursori sismici – Previsioni in Italia – Previsioni nel mondo – Early warning ........................................................ p. 60

2.4. Nepal,25aprile2015.Unasintesiperfetta .................................................. ˝ 662.5. Natura, scienza ed altro

Radon – Luci sismiche – Temperatura – Falde acquifere – Animali – Haicheng e Tangshan – Notte e giorno – Sismicità indotta – Commissione ICHESE – Turisti e nuvole .................................................... ˝ 69

2.6. Dopo il terremoto – gestione dell’emergenza e soccorsi Dipartimento di Protezione Civile – Discorso di Sandro Pertini – Sindaco – SISTEMA – Rilevamento del danno ............................................ ˝ 78

2.7. Dopoilterremoto–cosafalostato I costi del terremoto – Il fondo per la prevenzione del rischio sismico – Il terremoto di Li-sbona -Ricostruzione – Assicurazione contro i terremoti .................................................................. ˝ 86

2.8. Dopo il terremoto – le persone Safetycheck – Il terremoto di San Francisco e la bank of Italy – I disturbi – Gli esperti .................................................................................. ˝ 97

3. STORIA DI NORME E DI ITALIA .................................................................... ˝ 1023.1. Hammurabi .................................................................................................. ˝ 1023.2. 1571,ilprimoprogettodicasaantisismica ................................................. ˝ 1033.3. Il sistema baraccato ...................................................................................... ˝ 1053.4. Dal1784al1907 .......................................................................................... ˝ 1073.5. LenormedopoilsismadiMessinaeReggioCalabriadel1908 ................ ˝ 1113.6. Dal1915al1937;avantiadagio .................................................................. ˝ 1233.7. Pausa. Niente più terremoti! ........................................................................ ˝ 1263.8. 1968,ilterremotodelBelìce........................................................................ ˝ 1333.9. La legge. Si, però ... ..................................................................................... ˝ 1343.10. 1976,ilterremotodelFriuli ......................................................................... ˝ 1383.11. 1980,ilterremotoinIrpinia ......................................................................... ˝ 1393.12. Dal1983al1996 .......................................................................................... ˝ 1403.13. 1997,ilterremotodiUmbriaeMarche ....................................................... ˝ 1443.14. SanGiulianodiPuglia.27bambinieunamaestrapercambiare ................ ˝ 148

4. LA SICUREZZA, LE COSTRUZIONI, LA RESPONSABILITÀ ................... ˝ 1504.1. Versol’Italiasismica.Infretta,anzino...

D.P.R. 380/2001 – Norma prestazionale – Nuova classificazione sismica– O.P.C.M. 3274/2003 – D.M. 14 settembre 2005 ....................................... ˝ 150

4.2. IlD.M.Infrastrutture14gennaio2008–PartePrima ................................. ˝ 1554.3. 2009,inAbruzzo .......................................................................................... ˝ 1554.4. IlD.M.Infrastrutture14gennaio2008–ParteSeconda

Ingegneria sismica – Duttilità – Performance Based Design – Stati limite – Fattore di struttura – Capacity design ................................... ˝ 157

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INDICE VII

4.5. Chi sceglie l’azione sismica? Chi il rischio? Pericolosità sismica di base – Vita nominale – Classe d’uso – Periodo di riferimento – Probabilità di superamento – Responsabilità ...... p. 162

5. DI EDIFICI ESISTENTI E ALTRI INCUBI ..................................................... ˝ 1675.1. Achepuntosiamo

L’edificato italiano – Earthquake Warning Sign – Prefetture – Centri storici ............................................................................ ˝ 167

5.2. Laverificadisicurezzael’idoneitàstatica .................................................. ˝ 1725.3. 2012–Gliedificiindustrialieilterremoto:ilcasodell’Emilia .................. ˝ 1805.4. I beni culturali, le loro regole, i nostri doveri .............................................. ˝ 1845.5. Iponti,leinfrastrutture ................................................................................ ˝ 1885.6. Gli ospedali .................................................................................................. ˝ 1925.7. Le scuole ...................................................................................................... ˝ 195

CONCLUSIONE .......................................................................................................... ˝ 200

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PREFAZIONE

In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di una piena certezza scientifica non deve costituire un motivo per differire l’adozione di misure adeguate.

Principio 15 – Dichiarazione di Rio

Rio de Janeiro – 1992

Questa prefazione è necessaria per tarare le attese sul libro che avete in mano. Quando mi è stato proposto di scriverlo, all’entusiasmo iniziale è seguita subito una sensa-

zione d’inadeguatezza; “un libro sul rischio sismico che serva al professionista” mi era stato detto. Autori molto più titolati di me hanno scritto testi eccellenti e la materia è stata trattata da tutti i punti di vista, dalla scienza al folclore.

Poi mi è venuta in mente la strada che, prima da professionista poi da uomo, mi ha portato a conoscere il rischio sismico. Ho ripercorso momenti di vite diverse, separate dal terremoto del 6 aprile 2009, vedendo chiaramente come quell’evento mi abbia cambiato.

Ricordo bene quando entrai in ufficio la mattina di quel lunedì. Il mio collega mi disse su-bito: “Hai visto che casino all’Aquila?”. Sì, qualcosa avevo visto, di sfuggita per colazione; ma era in Abruzzo. E poi, con un terremoto, cosa ci puoi fare? Io facevo progetti di strutture; per me il sisma si traduceva in un numero, quello della scelta della zona sismica all’interno della normativa tecnica. Alla fine, le verifiche di un software di calcolo e il rispetto delle norme sulle costruzioni mi rendevano soddisfatto del mio lavoro.

Quando sono stato la prima volta in Abruzzo a fare i sopralluoghi per l’agibilità degli edifi-ci è cambiato tutto. Lì, dopo poche settimane dalla scossa, nel silenzio nero e asfissiante delle zone rosse, mi passavano davanti i grafici e le forze che di solito vedevo sul monitor; facevano capolino dalle crepe, si aggrovigliavano attorno a pilastri spezzati, urlavano da cumuli di mace-rie. Lì ho capito cosa facevo quando progettavo una struttura, ho capito il mio lavoro. Poi, du-rante la permanenza a più riprese nelle zone colpite, entrando in contatto con la gente, i soccor-ritori e le istituzioni, vivendo quella realtà, ho capito anche che il terremoto non riguarda solo l’ingegneria, gli edifici.

Il terremoto riguarda tutti e tutto e le due parole “rischio sismico” sono una sfida enorme ri-spetto alla quale c’è ancora tanto da fare.

Da tutto questo ho iniziato a vedere la mia professione in maniera diversa, a essere consa-pevole che, come tecnico e come uomo, avrei potuto fare meglio la mia parte. Ho iniziato a do-cumentarmi, ad appassionarmi e a convivere con i dubbi che ho scoperto aumentare sempre, al

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2 RISCHIO SISMICO

contrario delle ore di sonno destinate a diminuire. Con la conoscenza è cambiata la mia co-scienza professionale.

Prima del sisma in Abruzzo la mia unica esperienza era stata nel 1997 una sveglia di so-prassalto, nel cuore della notte (allora abitavo nelle Marche, nel Montefeltro), seguita subito da mio babbo che entra in camera e mi dice: “Sarà stato un terremoto”.

Dopo l’Abruzzo invece, il 2012 in Emilia; era già tutto diverso. I miei occhi sapevano cosa e come osservare e già dalle prime immagini divulgate provavano a vedere oltre quell'incedibi-le lesione lungo tutto il fianco del municipio di Sant'Agostino.

Ecco quindi il motivo di questo libro. Condividere un po’ di conoscenza e un po’ di pensieri. In ogni caso, mi dicono che il riassunto di quanto ho appena scritto è tutto in questa foto che

mi è stata scattata nel giugno 2009 all’Aquila. Quello con la mano in testa sono io. Buona lettura.

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CAPITOLO 1

QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO

[…] E non ci sono più né casa né strada: la cordi-gliera sciolse i suoi cavalli, si accumulò la profonda potenza, saltarono le montagne e cadde il villaggio av-volto dal terremoto. E così muri di fango, ritratti alle pareti, mobili sgangherati in sale oscure, silenzio inter-rotto dalle mosche, tutto ritornò ad esser polvere […].

Pablo Neruda

Per quanto ciascuno abbia un’idea propria della parola “rischio”, credo che sul dizionario Treccani ve ne sia una definizione egregia: eventualità di subire un danno connessa a circo-stanze più o meno prevedibili. Nasce quindi una singolarità nell’aggiungere la parola “sismi-co”, dovuta al fatto che, ad oggi, nessuno è in grado di prevedere i terremoti ma (quasi) tutti sanno dove si verificheranno i prossimi. Considerando che l’uomo è ormai da millenni un ani-male stanziale, la definizione di rischio tende a spostarsi da eventualità a certezza.

Nel 1908 Giuseppe Mercalli1 scrisse questa frase: La sismologia non sa dire quando, ma sa dire dove avverranno terremoti rovinosi, e sa pure graduare la sismicità delle diverse province italiane. Quindi saprebbe indicare al governo dove sarebbero necessari regolamenti edilizi più e dove meno rigorosi, senza aspettare che prima il terremoto distrugga quei paesi che si vo-gliono salvare. Nel 1908 aveva già detto tutto, nel 2015 non è cambiato niente.

Per comprendere meglio queste due frasi è meglio partire dall’inizio.

1.1. La sismologia (prima) Sismologia – Miti e leggende – Colapesce – Sismografo.

Sismologia deriva dall’unione di “seismos” (terremoto) e “logos” (parola) ed è una branca della geofisica che studia i terremoti e la propagazione delle onde da loro generate. Al di là del-la definizione tecnica trovo molto più indicata l’unione di “sisma” con “parola” perché, vedre-mo, lo studio scientifico è arrivato molto dopo; fino a pochi anni fa il terremoto è stato indisso-lubilmente legato alle sensazioni individuali ed alla tradizione orale.

Sono molti nel mondo i miti e le leggende legati ai terremoti2.

1 Giuseppe Mercalli (1850-1914) Geologo, sismologo e vulcanologo italiano; inventore dell’omonima Scala che misura l’intensità di un terremoto attraverso l’osservazione dei danni prodotti. Ha pubblicato circa 115 tra studi, ricerche e osservazioni su pubblicazioni periodiche, ed è stato membro di importanti associazioni scientifiche. Ha realizzato per primo una carta sismica del territorio italiano, dopo aver posto il problema di tale lacuna.

2 Per quanto riportato in questo capitolo e altri approfondimenti si faccia riferimento all’Associazione IO NON TREMO! [www.ionontremo.it].

2 RISCHIO SISMICO

contrario delle ore di sonno destinate a diminuire. Con la conoscenza è cambiata la mia co-scienza professionale.

Prima del sisma in Abruzzo la mia unica esperienza era stata nel 1997 una sveglia di so-prassalto, nel cuore della notte (allora abitavo nelle Marche, nel Montefeltro), seguita subito damio babbo che entra in camera e mi dice: “Sarà stato un terremoto”.

Dopo l’Abruzzo invece, il 2012 in Emilia; era già tutto diverso. I miei occhi sapevano cosae come osservare e già dalle prime immagini divulgate provavano a vedere oltre quell'incedibi-le lesione lungo tutto il fianco del municipio di Sant'Agostino.

Ecco quindi il motivo di questo libro. Condividere un po’ di conoscenza e un po’ di pensieri.In ogni caso, mi dicono che il riassunto di quanto ho appena scritto è tutto in questa foto che

mi è stata scattata nel giugno 2009 all’Aquila. Quello con la mano in testa sono io. Buona lettura.

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4 RISCHIO SISMICO

I membri di un’antica tribù peruviana pensavano che quando il loro dio visitava la terra per contare gli uomini presenti, i suoi passi facevano tremare il suolo. Per abbreviarne il compito i cittadini uscivano di corsa dalle case gridando “Sono qui! Sono qui!”, così il mito insegnò an-che alle persone la buona pratica di abbandonare le fragili abitazioni in caso di terremoto.

Gli Indù credevano che il mondo fosse appoggiato sulla schiena di otto elefanti in equilibrio sul dorso di una tartaruga che nuotava nel mare; quando un elefante si stancava, scuoteva la testa provocando un terremoto.

Un mito messicano è precursore della tettonica: Molto tempo fa, quando il mondo era fatto solo di acqua, il Grande Spirito decise di creare una splendida terra facendola trasportare sul dorso da alcune tartarughe marine; un giorno queste cominciarono a litigare tra loro e, nuotan-do in direzioni diverse, tirarono la terra fino a che non si ruppe in tanti pezzi. Da allora, ogni volta che le tartarughe litigano di nuovo, la terra sulle loro schiene sussurra e trema.

Per la mitologia giapponese la causa di tutti i terremoti è il grande pescegatto Namazu, che muovendo la coda riesce a scuotere tutta la terra; può essere controllato solo dal dio Kashima, che grazie a una grossa pietra immobilizza il pesce tenendolo schiacciato a terra; purtroppo a

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 5

volte il dio si stanca e si distrae dal suo compito, e Namazu ne approfitta per muoversi. La cul-tura giapponese, rispettosa della tradizione, ancora oggi utilizza il pescegatto nelle grafiche le-gate al rischio sismico e il pescegatto non fa ma mai mancare la sua presenza nelle manifesta-zioni popolari o sfilate carnevalesche. Inoltre, nel XIX secolo, dopo il terremoto di Edo (l’odierna Tokio) Namazu divenne una sorta di giustiziere che punisce l’avidità umana costrin-gendo alla ridistribuzione della ricchezza.

Aristotele riteneva che i sismi fossero generati da aria compressa all’interno della Terra ed in cerca di una via d’uscita verso l’esterno; ne erano la prova le esalazioni che talvolta fuorie-scono da spaccature del suolo in seguito ad un terremoto.

Il ruolo sociale in un evento sismico è sempre rilevante, a vari livelli e con tratti spesso co-muni anche in epoche o località diverse. Affronteremo questi aspetti più avanti.

Entrando nel nostro Mediterraneo troviamo Poseidone, il dio greco del mare che nel racconto omerico è coinvolto nella famosa conquista di Troia; rappresenta anche il dio dei terremoti ed è venerato nelle città interne dell’Asia Minore sotto la figura mitologica del cavallo. Secondo l’archeologo L.A. Mackay i greci non penetrarono nella città di Troia nel ventre di un gigantesco cavallo di legno ma favoriti da un terremoto che ridusse le mura di cinta in macerie3.

A Messina, sulla volta del Teatro Vittorio Emanuele II fa bella mostra di sé l’opera di Gut-tuso “La leggenda di Colapesce”. Si narra di un certo Nicola (Cola di Messina), figlio di un pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilità nel muoversi in acqua; amava immer-gersi e, ritornato in superficie, si soffermava a raccontare le meraviglie viste e, talvolta, a ripor-tare tesori. La sua fama arrivò al re di Sicilia ed imperatore Federico II di Svevia che decise di

3 Tratto da “I profeti del terremoto” di Helmut Tributsch.

4 RISCHIO SISMICO

I membri di un’antica tribù peruviana pensavano che quando il loro dio visitava la terra percontare gli uomini presenti, i suoi passi facevano tremare il suolo. Per abbreviarne il compito icittadini uscivano di corsa dalle case gridando “Sono qui! Sono qui!”, così il mito insegnò an-che alle persone la buona pratica di abbandonare le fragili abitazioni in caso di terremoto.

Gli Indù credevano che il mondo fosse appoggiato sulla schiena di otto elefanti in equilibrio sul dorso di una tartaruga che nuotava nel mare; quando un elefante si stancava, scuoteva latesta provocando un terremoto.

Un mito messicano è precursore della tettonica: Molto tempo fa, quando il mondo era fatto solo di acqua, il Grande Spirito decise di creare una splendida terra facendola trasportare suldorso da alcune tartarughe marine; un giorno queste cominciarono a litigare tra loro e, nuotan-do in direzioni diverse, tirarono la terra fino a che non si ruppe in tanti pezzi. Da allora, ognivolta che le tartarughe litigano di nuovo, la terra sulle loro schiene sussurra e trema.

Per la mitologia giapponese la causa di tutti i terremoti è il grande pescegatto Namazu, che muovendo la coda riesce a scuotere tutta la terra; può essere controllato solo dal dio Kashima, che grazie a una grossa pietra immobilizza il pesce tenendolo schiacciato a terra; purtroppo a

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6 RISCHIO SISMICO

metterlo alla prova: si recò al largo e gettò in acqua una coppa, subito recuperata da Colapesce; il re gettò allora la sua corona in un luogo più profondo e anche questa fu subito recuperata; la terza volta il re gettò un anello in un posto ancora più profondo ed in quell’occasione il ragazzo non riemerse più. Colapesce vide, infatti, che la Sicilia posava su 3 colonne delle quali una piena di vistose crepe e segnata dal tempo e decise di restare sott’acqua, sorreggendola per evi-tare che l’isola sprofondasse; ancora oggi si troverebbe quindi a reggere l’isola.

Sembra che anche la fontana delle 99 cannelle in L’Aquila contenga un riferimento alla leggenda; uno dei novantanove mascheroni che la caratterizzano rappresenta infatti un uomo con la testa di pesce, tra l’altro l’unico posto in angolo, posizione dalla quale “controlla” l’intero monumento. Questi collegamenti, per nulla scontati, sono stati le basi della conoscenza per la sismologia moderna.

Anche gli strumenti di misurazione (gli antenati del sismografo) hanno avuto la loro evolu-zione prima di arrivare a fornire dati utili per la collettività.

Uno dei primi sismografi dei quali si ha traccia è quello di Zhang Heng (132 d.C.). Era co-stituito da un’anfora metallica alta più di un metro al cui interno stava un pendolo che, se mes-so in oscillazione da una scossa sismica, urtava alcune levette; queste erano otto, disposte tutte attorno all’anfora e terminavano con la riproduzione di una testa di drago. La levetta, se urtata dal pendolo, faceva aprire la bocca al drago che a sua volta faceva cadere una pallina all’interno di una rana metallica posta in corrispondenza alla base dell’anfora; il rumore metal-lico era percepibile fino a 500 metri e fungeva da allarme.

L’origine naturale dei terremoti inizia a farsi strada in Europa solo in periodo rinascimenta-le, con diverse teorie. Gassendi, verso il 1600, pensava che il terremoto fosse dovuto all’esplosione di sacche di gas. L’abate Bertholon de Saint-Lazare invece, nel 1779, pensava a un effetto dell’elettricità che si “concentrava” nel sottosuolo; inventò quindi anche un sistema per evitare i terremoti, inserendo enormi parafulmini nel terreno.

Nel 1751 Don Andrea Bina, nell’ambito dei suoi studi sui terremoti, costruì a Perugia un si-smografo formato da una lunga fune appesa al soffitto di una stanza con attaccato all’estremità

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 7

un masso; quest’ultimo aveva uno stilo nella parte inferiore, la cui punta sprofondava nella sabbia contenuta in una vaschetta che a sua volta galleggiava in un ampio vaso pieno d’acqua. In occasione dei terremoti il pendolo lasciava nella sabbia delle tracce da cui, come scrisse Bi-na stesso: “... si potrà conoscere la qualità e l’impeto delle scosse. Se il terremoto sarà stato regolare, o di ondeggiamento, rettilinei saranno i solchi, se tremulo ed irregolare saranno tor-tuosi; se sarà vorticoso si conoscerà ciò dalla profondità a cui lo stilo sarà penetrato entro la materia molle ...”.

Camassi4, in un breve trattato5 dal titolo “Misurare il terremoto alla fine del Settecento”, ri-porta quanto segue: Risulta difficile stabilire storicamente quando nell’area di cultura occiden-tale si è cominciato a fare uso del sismografo, inteso nella sua accezione più semplice di misu-ratore di oscillazioni sismiche. In descrizioni molto antiche di terremoti, per esempio in alcuni annali benedettini del sec. XII, viene ricordata l’oscillazione di immagini sacre e di lampade appese alle navate delle chiese. Una delle testimonianze più antiche pervenuteci su questo tipo di osservazione riguarda il risentimento a Montecassino del terremoto del 3 gennaio 1117, co-sì descritto: “Vi furono grandi terremoti, così che molti edifici in diversi luoghi crollarono, molti morirono, le lampade delle chiese furono viste muoversi”. In testi di periodi successivi non mancano precisi riferimenti ad effetti osservati su oggetti di uso comune come il rove-sciamento di liquidi e la caduta di oggetti; queste osservazioni possono, in senso lato, conside-rarsi “strumentali”, in quanto veniva usato un sistema di riferimento esterno al soggetto os-servante.

4 Romano Camassi, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Bologna. 5 Comparso nel bellissimo testo curato da Emanuela Guidoboni “Il terremoto di Rimini e della costa romagnola: 25

dicembre 1786”.

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metterlo alla prova: si recò al largo e gettò in acqua una coppa, subito recuperata da Colapesce;il re gettò allora la sua corona in un luogo più profondo e anche questa fu subito recuperata; laterza volta il re gettò un anello in un posto ancora più profondo ed in quell’occasione il ragazzonon riemerse più. Colapesce vide, infatti, che la Sicilia posava su 3 colonne delle quali unapiena di vistose crepe e segnata dal tempo e decise di restare sott’acqua, sorreggendola per evi-tare che l’isola sprofondasse; ancora oggi si troverebbe quindi a reggere l’isola.

Sembra che anche la fontana delle 99 cannelle in L’Aquila contenga un riferimento allaleggenda; uno dei novantanove mascheroni che la caratterizzano rappresenta infatti un uomo con la testa di pesce, tra l’altro l’unico posto in angolo, posizione dalla quale “controlla”l’intero monumento. Questi collegamenti, per nulla scontati, sono stati le basi della conoscenzaper la sismologia moderna.

Anche gli strumenti di misurazione (gli antenati del sismografo) hanno avuto la loro evolu-zione prima di arrivare a fornire dati utili per la collettività.

Uno dei primi sismografi dei quali si ha traccia è quello di Zhang Heng (132 d.C.). Era co-stituito da un’anfora metallica alta più di un metro al cui interno stava un pendolo che, se mes-so in oscillazione da una scossa sismica, urtava alcune levette; queste erano otto, disposte tutte attorno all’anfora e terminavano con la riproduzione di una testa di drago. La levetta, se urtatadal pendolo, faceva aprire la bocca al drago che a sua volta faceva cadere una pallinaall’interno di una rana metallica posta in corrispondenza alla base dell’anfora; il rumore metal-lico era percepibile fino a 500 metri e fungeva da allarme.

L’origine naturale dei terremoti inizia a farsi strada in Europa solo in periodo rinascimenta-le, con diverse teorie. Gassendi, verso il 1600, pensava che il terremoto fosse dovuto all’esplosione di sacche di gas. L’abate Bertholon de Saint-Lazare invece, nel 1779, pensava a un effetto dell’elettricità che si “concentrava” nel sottosuolo; inventò quindi anche un sistemaper evitare i terremoti, inserendo enormi parafulmini nel terreno.

Nel 1751 Don Andrea Bina, nell’ambito dei suoi studi sui terremoti, costruì a Perugia un si-smografo formato da una lunga fune appesa al soffitto di una stanza con attaccato all’estremità

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1.2. La sismologia (oggi) Lisbona – Carta sismica – Tromometro – Sismografo – Sismogramma – Tettonica a placche – Rete sismica nazionale.

Nel 1755 Lisbona poteva essere paragonata, in termini sociali ed economici, all’odierna New York; alle 9:30 del mattino del 1° novembre una violenta scossa stravolse la città, seguita da una seconda scossa alle 11 e da un incessante moto vibratorio nelle 24 ore successive; si svilupparono incendi e un’onda di 15 metri si abbattè sulla città.

Il sisma interessò complessivamente una superficie di 11 milioni di km2 e raggiunse un’intensità stimata tra gli 8,7 e i 9,0 della scala Richter. Si ebbero fra 60.000 e 90.000 morti su una popolazione stimata in 275.000 abitanti.

La vastità di questo terremoto e la risonanza che ebbe a livello mondiale diedero il via ai primi studi sull’argomento; la sismologia cominciò ad avere un approccio scientifico e ad evolversi fino ad arrivare a come oggi la conosciamo.

La prima carta sismica “globale” del mondo fu redatta dal geologo Robert Mallet nel 18546. Il metodo era semplice e chiaro: è stata compilata inserendo sulla mappa gli eventi di cui si era a conoscenza, utilizzando una gradazione più intensa nelle zone dove il numero di accadimenti era stato maggiore.

Gli italiani contribuirono in maniera significativa allo sviluppo della sismologia scientifica. In particolare, il primo strumento in grado di rilevare fenomeni microsismici fu il “tromome-tro” di Padre Bertelli (1868). Consisteva in un pendolo orizzontale con una massa di 100 grammi appesa a un sottilissimo filo di rame lungo 150 cm, racchiuso in un tubo atto a proteg-gerlo dalle correnti d’aria; la posizione della massa veniva osservata attraverso un microscopio con oculare micrometrico in grado di distinguere tremori di ampiezza inferiore a 10-6 m. Da questo punto in poi, quello che era stato lo studio di fenomeni considerati eccezionali divenne una rilevazione costante dell’attività sismica.

6 Fonte: British Geological Survey [http://www.earthquakes.bgs.ac.uk].

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 9

Questa la spiegazione della sismologia moderna per opera dell’Istituto Nazionale di Geofi-sica e Vulcanologia INGV: La comprensione della dinamica terrestre è strettamente legata allo studio dei terremoti, che rappresentano l’effetto più catastrofico dei moti interni del pia-neta, ma che illuminano, con le onde sismiche emesse e rilevate dai sismografi, l’interno del globo permettendo di conoscerne la struttura. La ricerca sismologica si indirizza perciò su due grandi fronti: da un lato, lo studio del fenomeno sismico finalizzato alla comprensione dei meccanismi di genesi dei terremoti ed alla prevenzione e riduzione degli effetti sull’uomo e sull’ambiente antropizzato; dall’altro lato, allo studio di problemi di base, non direttamente vincolati al campo applicativo e sostanzialmente legate alla comprensione della struttura pro-fonda e della dinamica terrestre. Questi due aspetti della ricerca sismologica sono intimamen-te legati tra di loro. Avanzamenti significativi in uno qualunque dei due campi non sono possi-bili senza che anche l’altro progredisca.

I moderni sismografi sono in grado di restituire graficamente con precisione la propagazio-ne delle onde nel terreno dovute all’evento sismico (sismogramma7); grazie poi al collega-mento tra diverse stazioni sismiche (almeno tre) ed ai rilevamenti di ciascuna è possibile indi-viduare con precisione la posizione e stimarne l’intensità8, come riportato più avanti.

7 Immagini tratte dal sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it]. 8 I sismogrammi furono molto utilizzati in ambito militare anche durante gli anni della guerra fredda. Analizzandoli

infatti è relativamente facile risalire al tipo di sorgente che lo ha generato ed individuarla con precisione; ciò per-mette di distinguere terremoti, vulcani, frane o esplosioni. Per molti anni i test nucleari (sia sotterranei che in at-mosfera) ebbero anche un intento politico, infatti ogni esplosione risultava un chiaro messaggio per il nemico sulla potenza e il luogo dell’esplosione.

8 RISCHIO SISMICO

1.2. La sismologia (oggi)Lisbona – Carta sismica – Tromometro – Sismografo – Sismogramma – Tettonica a placche –Rete sismica nazionale.

Nel 1755 Lisbona poteva essere paragonata, in termini sociali ed economici, all’odierna NewYork; alle 9:30 del mattino del 1° novembre una violenta scossa stravolse la città, seguita da una seconda scossa alle 11 e da un incessante moto vibratorio nelle 24 ore successive; si svilupparono incendi e un’onda di 15 metri si abbattè sulla città.

Il sisma interessò complessivamente una superficie di 11 milioni di km2 e raggiunseun’intensità stimata tra gli 8,7 e i 9,0 della scala Richter. Si ebbero fra 60.000 e 90.000 morti suuna popolazione stimata in 275.000 abitanti.

La vastità di questo terremoto e la risonanza che ebbe a livello mondiale diedero il via aiprimi studi sull’argomento; la sismologia cominciò ad avere un approccio scientifico e ad evolversi fino ad arrivare a come oggi la conosciamo.

La prima carta sismica “globale” del mondo fu redatta dal geologo Robert Mallet nel18546. Il metodo era semplice e chiaro: è stata compilata inserendo sulla mappa gli eventi dicui si era a conoscenza, utilizzando una gradazione più intensa nelle zone dove il numero diaccadimenti era stato maggiore.

Gli italiani contribuirono in maniera significativa allo sviluppo della sismologia scientifica.In particolare, il primo strumento in grado di rilevare fenomeni microsismici fu il “tromome-tro” di Padre Bertelli (1868). Consisteva in un pendolo orizzontale con una massa di 100 grammi appesa a un sottilissimo filo di rame lungo 150 cm, racchiuso in un tubo atto a proteg-gerlo dalle correnti d’aria; la posizione della massa veniva osservata attraverso un microscopio con oculare micrometrico in grado di distinguere tremori di ampiezza inferiore a 10-6 m. Daquesto punto in poi, quello che era stato lo studio di fenomeni considerati eccezionali divenneuna rilevazione costante dell’attività sismica.

6 Fonte: British Geological Survey [http://www.earthquakes.bgs.ac.uk].

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10 RISCHIO SISMICO

Unendo quindi lo studio della tettonica a placche9 con la mappa10 delle zone dove sono avvenuti i terremoti negli ultimi 40 anni, si comprende perfettamente il senso della definizione di sismologia dato dall’INGV.

È interessante anche osservare quanto queste ultime due carte siano simili a quella redatta da Mallet nel 1954, il che ci riporta alle considerazioni iniziali di questo capitolo.

In ogni caso non dobbiamo mai dimenticarci di quanto sia “nuova” la sismologia moderna, anche e soprattutto in rapporto all’età di certi edifici storici (per quanto riguarda lo sviluppo

9 Immagine tratta da [http://www.johomaps.com/world/worldtecton.html]. 10 Immagine tratta da National Geophysical Data Center [http://www.ngdc.noaa.gov].

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 11

delle normative) ed alle età geologiche (per quanto riguarda la pericolosità); affronteremo più avanti questi temi.

A titolo di esempio c’è il caso del terremoto di magnitudo 6 in Napa Valley del 24 settem-bre 2014; cito la California perché per chi si occupa di sismica è molte volte il riferimento, sia a titolo amministrativo che per le costruzioni. In questo caso si è riscontrato il movimento in una faglia del tutto sconosciuta e David Schwartz, uno dei padri della paleosismologia (vedi §1.7) in seguito ha ammesso che la precedente attivazione di quella faglia è avvenuta non menodi 130 mila anni prima.

L’Italia è dotata della propria rete sismica nazionale11, a cura dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, formata da più di 300 stazioni sismiche sparse su tutto il territorio.

1.3. Eppur si muove... Accumulo di energia – Faglia – Rimbalzo elastico – Epicentro – Ipocentro – Onde sismiche.

“E pur si move!” è la frase pronunciata da Galileo di fronte al tribunale dell’Inquisizione, al termine dell’arringa per difendere la propria teoria del movimento della Terra attorno al Sole e non viceversa.

11 https://ingvterremoti.wordpress.com/il-monitoraggio-sismico

10 RISCHIO SISMICO

Unendo quindi lo studio della tettonica a placche9 con la mappa10 delle zone dove sono avvenuti i terremoti negli ultimi 40 anni, si comprende perfettamente il senso della definizionedi sismologia dato dall’INGV.

È interessante anche osservare quanto queste ultime due carte siano simili a quella redatta da Mallet nel 1954, il che ci riporta alle considerazioni iniziali di questo capitolo.

In ogni caso non dobbiamo mai dimenticarci di quanto sia “nuova” la sismologia moderna,anche e soprattutto in rapporto all’età di certi edifici storici (per quanto riguarda lo sviluppo

9 Immagine tratta da [http://www.johomaps.com/world/worldtecton.html].10 Immagine tratta da National Geophysical Data Center [http://www.ngdc.noaa.gov].

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12 RISCHIO SISMICO

Tornando alla tettonica a placche, anch’esse si muovono; impercettibilmente per l’uomo e i suoi tempi, ma si muovono; ora, senza addentrarci nella deriva dei continenti, ogni placca inte-ragisce con quelle a lei vicine per farsi spazio, in un balletto infinito di compressioni e trazioni. La grande maggioranza degli eventi sismici naturali, hanno origine, per lo più, nella crosta ter-restre, cioè nella parte più fragile della litosfera.

Proprio a febbraio 2015 è stato presentato l’esito di un importante progetto Neozelandese12. Lungo una linea di circa 100 km sono stati posti un migliaio di sismometri e a seguire, in fori profondi decine di metri, provocate potenti esplosioni; la possibilità di conoscere con precisio-ne potenza e posizione della sorgente (cosa mai possibile con le onde sismiche) unita alla posi-zione ovviamente nota dei sismometri, hanno permesso di ricavare dati estremamente precisi sulla stratigrafia profonda. In particolare sembra che la crosta non sia direttamente collegata ai moti convettivi del mantello, ma che alla sua base si trovi uno strato spesso alcuni chilometri che funge da zona di scivolamento.

Questo aspetto, se approfondito, potrebbe avere sviluppi interessanti anche per quanto ri-guarda l’accumulo di energia tra placche (argomento che tratteremo nel §1.4) che quindi sem-brerebbe non avvenire in maniera costante; inoltre andrebbe parzialmente a giustificare i pre-sunti collegamenti tra faglie che si attivano, pur se distanti, nello stesso arco di tempo oltre che i periodi storici soggetti a maggiore o minore attività sismica.

Se nelle mappe del capitolo precedente cerchiamo l’Italia, la troveremo attraversata lungo tutto il suo sviluppo dalla faglia “Gloria”, nome gradevole al femminile o altisonante in veste militare.

12 Nature 518 “A seismic reflection image for the base of a tectonic plate” a cura di T.A. Stern.

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 13

In sostanza la placca africana spinge verso Nord la placca euroasiatica e il bacino adriatico forma a sua volta una micro-placca che, si ipotizza, tende a ruotare in senso antiorario con polo di rotazione in Italia settentrionale13.

Questa “riga” ben definita nel disegno è però formata da tutto un sistema di faglie, più o meno individuate, a profondità e con movimenti variabili, ciascuna o a gruppi dotate di una propria “identità”; nell’immagine14 precedente ne possiamo vedere ad esempio alcune del cen-tro-nord. Il movimento di una placca rispetto ad un’altra sottopone ad enormi sforzi tutta la re-gione in cui esse sono a contatto, agendo appunto sul sistema di faglie.

Una faglia è quindi un piano di taglio della crosta terrestre lungo la quale, durante il terre-moto, avviene lo scorrimento relativo di due blocchi rocciosi sottoposti a tensione dalle forze geodinamiche globali.

13 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it]. 14 Italian Journal of Geoscience [www.italianjournalofgeosciences.it].

12 RISCHIO SISMICO

Tornando alla tettonica a placche, anch’esse si muovono; impercettibilmente per l’uomo e isuoi tempi, ma si muovono; ora, senza addentrarci nella deriva dei continenti, ogni placca inte-ragisce con quelle a lei vicine per farsi spazio, in un balletto infinito di compressioni e trazioni.La grande maggioranza degli eventi sismici naturali, hanno origine, per lo più, nella crosta ter-restre, cioè nella parte più fragile della litosfera.

Proprio a febbraio 2015 è stato presentato l’esito di un importante progetto Neozelandese12. Lungo una linea di circa 100 km sono stati posti un migliaio di sismometri e a seguire, in foriprofondi decine di metri, provocate potenti esplosioni; la possibilità di conoscere con precisio-ne potenza e posizione della sorgente (cosa mai possibile con le onde sismiche) unita alla posi-zione ovviamente nota dei sismometri, hanno permesso di ricavare dati estremamente precisisulla stratigrafia profonda. In particolare sembra che la crosta non sia direttamente collegata aimoti convettivi del mantello, ma che alla sua base si trovi uno strato spesso alcuni chilometriche funge da zona di scivolamento.

Questo aspetto, se approfondito, potrebbe avere sviluppi interessanti anche per quanto ri-guarda l’accumulo di energia tra placche (argomento che tratteremo nel §1.4) che quindi sem-brerebbe non avvenire in maniera costante; inoltre andrebbe parzialmente a giustificare i pre-sunti collegamenti tra faglie che si attivano, pur se distanti, nello stesso arco di tempo oltre chei periodi storici soggetti a maggiore o minore attività sismica.

Se nelle mappe del capitolo precedente cerchiamo l’Italia, la troveremo attraversata lungo tutto il suo sviluppo dalla faglia “Gloria”, nome gradevole al femminile o altisonante in vestemilitare.

12 Nature 518 “A seismic reflection image for the base of a tectonic plate” a cura di T.A. Stern.

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14 RISCHIO SISMICO

Una faglia attiva15 rivela la sua presenza attraverso i terremoti che provoca quando lo sfor-zo supera la resistenza della roccia (teoria del rimbalzo elastico); i due blocchi si muovono di scatto l’uno rispetto all’altro e da quel momento in poi l’energia ricomincia ad accumularsi fi-no al terremoto successivo.

Quando la faglia si frattura, inizia a farlo dal punto di minor resistenza chiamato Ipocen-tro16 che trova la sua corrispondenza in superficie nell’Epicentro. Dall’ipocentro la frattura si propaga a una velocità di circa 2-3 km al secondo, irradiando energia sismica ed esaurendosi nell’arco di pochi secondi. Per un terremoto non registrato dagli strumenti, invece, per esempio un evento storico, l’epicentro è definito come il baricentro della distribuzione del danno, e per questo è chiamato anche “epicentro macrosismico”. La differenza tra queste due definizioni non deve essere trascurata.

L’ipocentro strumentale rappresenta solo il punto d’inizio (o nucleazione) della frattura ed è quindi solo indirettamente legato al danno causato dal terremoto. Questo punto può trovarsi al

15 British Geological Service [www.bgs.ac.uk]. 16 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it].

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 15

centro della faglia, e si parlerà allora di “rottura bilaterale” (ovvero che si propaga simultanea-mente verso le due estremità), o vicino a una estremità (rottura unilaterale). Una rottura preva-lentemente bilaterale causa una distribuzione dello scuotimento – e quindi del danneggiamento – tendenzialmente simmetrica rispetto al centro della faglia, e quindi la determinazione stru-mentale dell’epicentro potrà essere pressoché coincidente con quella dell’epicentro macrosi-smico; viceversa una propagazione unilaterale dà luogo di norma a una distribuzione delloscuotimento asimmetrica.

Poiché i terremoti intensi sono provocati da faglie lunghe come minimo 30‑50 km (in certe aree del globo anche centinaia di chilometri17) l’epicentro strumentale potrà trovarsi anche a decine di chilometri dall’epicentro macrosismico.

Gli effetti in superficie sono provocati dalle onde sismiche, cioè vibrazioni del terreno che si trasmettono in tutte le direzioni, attraverso il terreno stesso, a partire dalla superficie di frat-tura; tali onde provocano nel mezzo attraversato una deformazione temporanea, ossia uno scuotimento del suolo, la cui entità, in generale, diminuisce con la distanza dalla sorgente (l’Ipocentro appunto).

Le onde sismiche sono onde elastiche (attraverso le quali, cioè, l’energia elastica può essere trasportata lontano dal punto in cui si è originata) ed hanno bisogno di un mezzo attraverso cui propagarsi; nel caso dei terremoti ciò avviene attraverso un meccanismo di deformazione dei terreni. Sono principalmente di due tipi18:

– Onde primarie (P): avvengono nella stessa direzione di propagazione dell’onda e sipropagano entro il volume dei terreni per successive compressioni e dilatazioni dei ter-reni stessi, nei quali causano variazioni di volume. Sono dette “primarie” perché sono leprime a giungere in superficie e a essere registrate dai sismografi, propagandosi a unavelocità compresa tra 5 e 8 km/sec, in funzione della densità dei materiali che attraver-sano; possono propagarsi sia attraverso la roccia solida, sia attraverso un materiale li-quido (magma o acqua).

– Onde secondarie (S): sono onde trasversali generate da forze di taglio e provocanooscillazioni nei terreni perpendicolarmente alla direzione di propagazione. Vengono an-che chiamate “secondarie” perché, essendo più lente delle onde P (2-4 km/sec) giungo-no in superficie per seconde. Non si propagano nei liquidi e questa circostanza ha per-messo di ipotizzare la presenza all’interno della Terra di un nucleo interno liquido.

17 Nel terremoto di Sumatra del 26/12/2004 la faglia misurava 1200 km. 18 Immagini da [allanawheeler.files.wordpress.com].

14 RISCHIO SISMICO

Una faglia attiva15 rivela la sua presenza attraverso i terremoti che provoca quando lo sfor-zo supera la resistenza della roccia (teoria del rimbalzo elastico); i due blocchi si muovono discatto l’uno rispetto all’altro e da quel momento in poi l’energia ricomincia ad accumularsi fi-no al terremoto successivo.

Quando la faglia si frattura, inizia a farlo dal punto di minor resistenza chiamato Ipocen-tro16 che trova la sua corrispondenza in superficie nell’Epicentro. Dall’ipocentro la frattura sipropaga a una velocità di circa 2-3 km al secondo, irradiando energia sismica ed esaurendosinell’arco di pochi secondi. Per un terremoto non registrato dagli strumenti, invece, per esempio un evento storico, l’epicentro è definito come il baricentro della distribuzione del danno, e perquesto è chiamato anche “epicentro macrosismico”. La differenza tra queste due definizioninon deve essere trascurata.

L’ipocentro strumentale rappresenta solo il punto d’inizio (o nucleazione) della frattura ed èquindi solo indirettamente legato al danno causato dal terremoto. Questo punto può trovarsi al

15 British Geological Service [www.bgs.ac.uk].16 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it].

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16 RISCHIO SISMICO

Le onde sismiche, arrivando in superficie, interagiscono con essa e tra loro; le onde superfi-ciali possono a loro volta essere suddivise in due tipi19:

– Onde L (di Love): provocano oscillazioni delle particelle dei terreni, trasversali alla di-rezione di propagazione, ma solo nel piano orizzontale, parallelo alla superficie terre-stre. Sono generate dall’incontro delle Onde S con la superficie libera del terreno, ma solo nei mezzi in cui la velocità delle Onde S aumenta con la profondità (quindi in pre-senza di un mezzo disomogeneo) e quindi sono sempre onde disperse.

– Onde R (di Rayleigh): provocano un moto ellittico delle particelle dei terreni, in un piano verticale alla direzione di propagazione delle onde. Si generano quando un’onda S assieme ad un’onda P incide sulla superficie libera; vengono in parte riflesse ed in parte si genera un’ulteriore onda, data dalla composizione vettoriale delle due, che si propaga sulla superficie stessa.

Le onde superficiali possono compiere lunghe distanze prima di estinguersi; la loro velocità

è inferiore a quella delle onde P e S (ma comunque attorno ai 2-3 km/sec) ed è estremamente dipendente dal tipo di terreni incontrati nel loro cammino. Questi concetti su onde e velocità ci serviranno anche più avanti, parlando di early warning (§2.3).

1.4. Energia e misura di un terremoto Rilascio di energia – Scale di misura – Magnitudo – PGA – Direttività.

Abbiamo visto che un terremoto, semplificando, non è altro che energia accumulata lenta-mente sotto i nostri piedi e poi rilasciata in maniera improvvisa; subito dopo la faglia inizia nuovamente ad accumulare energia, fino al terremoto successivo.

A questo punto nasce il problema di capire quanta energia è stata rilasciata cioè, definire l’intensità di un sisma.

Il primo a occuparsene in maniera compiuta, seppure “indirettamente”, è stato Mercalli20 tra il 1883 ed il 1902; indirettamente perché la sua scala misura l’intensità delle scosse sismiche in base agli effetti prodotti. Inizialmente di dieci gradi, fu modificata con un altro grado prima, nel 1908, a seguito del disastroso terremoto di Messina e poi, fino a essere composta di 12 gra-di e diventar nota come scala MCS (scala Mercalli, Cancani, Sieberg). 19 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it] 20 Vedi nota 1.

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 17

È interessante leggere la minuziosa descrizione21 dei gradi della scala MCS, utilizzati per far comprendere anche a chi non ha cognizioni tecniche l’intensità relativa delle scosse sismiche:

– I grado. Impercettibile: evento rilevato soltanto dai sismografi.

– II grado. Molto leggero: avvertito soltanto da rare persone nervose, oppure molto sen-sibili, che si trovano in uno stato di assoluto silenzio e quasi sempre ai piani superioridei caseggiati.

– III grado. Leggero: anche in zone densamente abitate viene percepito come scossa sol-tanto da una piccola parte delle persone che si trovano all’interno delle case, così comese passasse un’automobile a velocità elevata. Da alcuni viene riconosciuto come terre-moto soltanto dopo che ne hanno parlato tra loro.

– IV grado. Moderato: non molte delle persone che si trovano all’aria aperta percepisco-no il terremoto. All’interno delle case il sisma viene invece riconosciuto da un maggiornumero di persone, ma non da tutte, in seguito al tremolio, oppure alle lievi oscillazionidei mobili, in conseguenza delle quali la cristalleria ed il vasellame, posti a breve di-stanza, si urtano come quando un autocarro pesante passa su un asfalto sconnesso; i ve-tri delle finestre tintinnano; porte, travi ed assi in legno scricchiolano, crepitano i soffit-ti. In recipienti aperti i liquidi vengono leggermente smossi. In casa si ha la sensazioneche venga rovesciato un oggetto pesante (un sacco, un mobile), oppure di oscillare in-sieme con la sedia o il letto, come avviene su una nave con mare mosso. Questo movi-mento tellurico di solito non provoca paura nelle persone a meno che non siano nervoseo apprensive a causa di terremoti precedenti. In rari casi si sveglia chi sta dormendo.

– V grado. Abbastanza forte: il sisma viene percepito da numerose persone anche daquelle impegnate nelle attività giornaliere, in strada e, se sensibili, anche all’aria aperta.Nelle abitazioni si avverte la scossa in seguito al movimento ondulatorio dell’intero edi-ficio. Si vedono le piante e le frasche, nonché i rami più piccoli dei cespugli e degli al-beri agitarsi, come se ci fosse un vento moderato. Oggetti appesi come tendaggi, sema-fori, lampade e lampadari non troppo pesanti iniziano ad oscillare; dei campanelli risuo-nano; gli orologi a pendolo subiscono un arresto oppure un’accelerazione, a seconda chela direzione della scossa sia perpendicolare o normale al moto di oscillazione; allo stes-so modo gli orologi a pendolo fermi possono riprendere a funzionare; le molledell’orologio tintinnano; la luce elettrica si mette a tremolare o viene a mancare in se-guito ai movimenti che interessano le linee della corrente; i quadri urtano rumorosamen-te contro le pareti, oppure si spostano; da recipienti colmi ed aperti vengono versate fuo-ri piccole quantità di liquido; possono cadere a terra ninnoli ed piccoli oggetti, così co-me avviene anche per oggetti addossati alle pareti; gli arredi leggeri possono perfino es-sere un po’spostati; i mobili strepitano; le porte e le imposte si aprono e si chiudonosbattendo; i vetri delle finestre si infrangono. Si svegliano quasi tutti coloro che stannodormendo. In qualche caso le persone fuggono all’aperto.

21 da Sieberg A., 1930. Geologie der Erdbeben, Handbuch der Geophysik.

16 RISCHIO SISMICO

Le onde sismiche, arrivando in superficie, interagiscono con essa e tra loro; le onde superfi-ciali possono a loro volta essere suddivise in due tipi19:

– Onde L (di Love): provocano oscillazioni delle particelle dei terreni, trasversali alla di-rezione di propagazione, ma solo nel piano orizzontale, parallelo alla superficie terre-stre. Sono generate dall’incontro delle Onde S con la superficie libera del terreno, masolo nei mezzi in cui la velocità delle Onde S aumenta con la profondità (quindi in pre-senza di un mezzo disomogeneo) e quindi sono sempre onde disperse.

– Onde R (di Rayleigh): provocano un moto ellittico delle particelle dei terreni, in un piano verticale alla direzione di propagazione delle onde. Si generano quando un’onda Sassieme ad un’onda P incide sulla superficie libera; vengono in parte riflesse ed in partesi genera un’ulteriore onda, data dalla composizione vettoriale delle due, che si propaga sulla superficie stessa.

Le onde superficiali possono compiere lunghe distanze prima di estinguersi; la loro velocitàè inferiore a quella delle onde P e S (ma comunque attorno ai 2-3 km/sec) ed è estremamente dipendente dal tipo di terreni incontrati nel loro cammino. Questi concetti su onde e velocità ciserviranno anche più avanti, parlando di early warning (§2.3).

1.4. Energia e misura di un terremotoRilascio di energia – Scale di misura – Magnitudo – PGA – Direttività.

Abbiamo visto che un terremoto, semplificando, non è altro che energia accumulata lenta-mente sotto i nostri piedi e poi rilasciata in maniera improvvisa; subito dopo la faglia inizianuovamente ad accumulare energia, fino al terremoto successivo.

A questo punto nasce il problema di capire quanta energia è stata rilasciata cioè, definire l’intensità di un sisma.

Il primo a occuparsene in maniera compiuta, seppure “indirettamente”, è stato Mercalli20 trail 1883 ed il 1902; indirettamente perché la sua scala misura l’intensità delle scosse sismiche inbase agli effetti prodotti. Inizialmente di dieci gradi, fu modificata con un altro grado prima,nel 1908, a seguito del disastroso terremoto di Messina e poi, fino a essere composta di 12 gra-di e diventar nota come scala MCS (scala Mercalli, Cancani, Sieberg).

19 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it]20 Vedi nota 1.

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18 RISCHIO SISMICO

– VI grado. Forte: il terremoto viene percepito da tutti con un certo panico, tanto chemolti fuggono all’aperto, mentre alcuni hanno anche la sensazione di cadere. I liquidi siagitano fortemente; quadri, libri ed analoghi oggetti cadono dalle pareti e dagli scaffali;le stoviglie vanno in pezzi; le suppellettili, anche quelle in posizione stabile, e perfinosingole parti dell’arredamento vengono spostati se non addirittura rovesciate; si mettonoa suonare le campane di dimensioni minori nelle cappelle e nelle chiese, gli orologi deicampanili battono le ore. In alcune case, anche se costruite in maniera solida si produ-cono lievi danni: fenditure nell’intonaco, caduta del rivestimento di soffitti e di pareti.Danni più gravi, ma ancora non pericolosi, si hanno su edifici mal costruiti. Si può veri-ficare la caduta di qualche tegola e pietra di camino.

– VII grado. Molto forte: ragguardevoli lesioni vengono provocate all’arredamento delleabitazioni, anche agli oggetti di considerevole peso che si rovesciano e si frantumano.Rintoccano anche le campane di dimensioni maggiori. Corsi d’acqua, stagni e laghi siagitano di onde e s’intorbidiscono a causa della melma smossa. Qua e là, scivolano viaparti delle sponde di sabbia e ghiaia. I pozzi variano il livello dell’acqua in essi contenu-ta. Danni modesti a numerosi edifici se solidamente costruiti: piccole spaccature neimuri, caduta di parti piuttosto grandi del rivestimento di calce e della decorazione instucco, crollo di mattoni e in genere caduta di tegole. Molti camini vengono lesi da in-crinature, da tegole in caduta, dalla fuoruscita di pietre; i camini danneggiati crollanosul tetto e lo rovinano. Dalle torri e dagli edifici più alti cadono le decorazioni non benfissate. Nelle costruzioni a traliccio, risultano ancora più gravi i danni ai rivestimenti. Inalcuni casi si ha il crollo delle case mal costruite oppure riattate.

– VIII grado. Rovinoso: i tronchi degli alberi ondeggiano tutti in maniera molto forte edarrivano a spaccarsi. Anche i mobili più pesanti vengono spostati lontano dal proprioposto e a volte rovesciati. Statue, pietre miliari o cose similari poste sul terreno o anchenelle chiese, nei cimiteri e nei parchi pubblici, ruotano sul piedistallo oppure si rove-sciano. Solidi muri di cinta in pietra vengono fessurati ed abbattuti. Circa un quarto del-le case riporta gravi danni; alcune di esse crollano; molte diventano inabitabili. Negliedifici costruiti con intelaiatura cade gran parte dei rivestimenti. Le case in legno ven-gono tirate giù o rovesciate. Specialmente i campanili delle chiese e le ciminiere dellefabbriche provocano con la loro caduta lesioni più gravi agli edifici circostanti di quantonon avrebbe fatto da solo il terremoto. In pendii e terreni acquitrinosi si formano dellecrepe; dai terreni intrisi di acqua fuoriescono sabbia e melma.

– IX grado. Distruttivo: circa la metà delle case in pietra sono seriamente distrutte, moltecrollano, la maggior parte diviene inabitabile. Case ad intelaiatura sono divelte dalleproprie fondamenta e compresse su se stesse, in tal modo vengono tranciate le travi disupporto degli ambienti ed in presenza di tali circostanze esse contribuiscono a distrug-gere considerevolmente le case.

– X grado. Completamente distruttivo: gravissima distruzione di circa i 3/4 degli edifi-ci; crolla la maggior parte delle costruzioni. Perfino solidi edifici di legno e ponti bencostruiti subiscono gravi lesioni, alcuni vengono distrutti. Argini e dighe ecc., chi più

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 19

chi meno, sono danneggiati in maniera considerevole; i binari vengono leggermente piegati e le tubature (gas, acqua e scarichi) subiscono troncamenti, rotture e schiaccia-menti. Nelle strade lastricate e asfaltate si formano crepe e per la pressione nel suolo si creano ampi corrugamenti ondulati. In terreni meno compatti e specialmente in quelli umidi si creano spaccature dell’ampiezza di più decimetri; in particolar modo si notano parallelamente ai corsi d’acqua fenditure che raggiungono larghezze fino a un metro. Non solo dai pendii scivola il terreno più franoso, ma interi macigni rotolano a valle. Grossi massi si staccano dagli argini dei fiumi e dalle coste scoscese; sulle rive basse e piatte si verificano spostamenti di masse sabbiose e fangose; ciononostante il rilievo del terreno non subisce cambiamenti essenziali. Spesso i pozzi variano il livello dell’acqua. Da fiumi, canali, laghi, ecc. le acque vengono spinte contro le rispettive sponde.

– XI grado. Catastrofico: crollo di tutti gli edifici in muratura, anche se alcune solide co-struzioni e le capanne di legno ad incastro di grande elasticità possono ancora resisteresingolarmente. Anche i ponti più grandi e sicuri crollano a causa della caduta di pilastriin pietra o del cedimento di quelli in ferro. Argini e dighe vengono completamente stac-cati l’uno dall’altro, spesso anche per lunghi tratti, i binari fortemente piegati e com-pressi. Le tubature nel terreno vengono spaccate e rese irreparabili. Nel terreno si mani-festano vari mutamenti di notevole estensione che sono determinati della natura del suo-lo: si aprono grandi crepe e spaccature ed il dissesto in direzione orizzontale e verticaleè considerevole soprattutto in terreni soffici ed acquitrinosi. Si verifica di conseguenzala fuoriuscita di acqua che pur nelle sue diverse forme di travaso porta con sé sempresabbia e melma. Sono frequenti sfaldamenti del terreni e caduta di massi.

– XII grado. Grandemente catastrofico: non resiste alcuna opera dell’uomo. Il suolosubisce le più grandi trasformazioni. Allo stesso modo i corsi d’acqua, sia che si trovinosulla superficie terrestre, sia che siano sotterranei, subiscono i mutamenti più disparati:si generano cascate, si formano laghi, i fiumi vengono deviati, ecc..

Si fa notare che, nella scala MCS erano già riportati concetti che attualmente sono contenuti nei più moderni trattati di Ingegneria Sismica (a rimarcare la giovane età di quest’ultima): ele-menti non strutturali, tamponature (o muri di tompagno) in strutture intelaiate, correlazione di-retta con i pesi, aspetti geotecnici, vulnerabilità passive, liquefazione, ecc..

È in ogni caso evidente il grosso limite della scala MCS: è necessario che il terremoto si manifesti in un territorio antropizzato affinché i suoi effetti siano visti e sentiti. Inoltre la valu-tazione è completamente disgiunta dalla posizione dell’ipocentro. Per citare un esempio ripor-tato spesso: un violentissimo terremoto nel Sahara non avrebbe alcuna classificazione perché non avvertito da nessuno, così come un distruttivo terremoto in Abruzzo sarebbe probabilmen-te classificato in Romagna con un 3° grado.

La scala ideata nel 1935 dal sismologo statunitense Richter22, che classifica la cosiddetta magnitudo di un terremoto, intende invece fornire una valutazione più oggettiva e consente di conoscere la quantità di energia liberata dalla scossa e la sua distruttività (paragonandola ad

22 Charles Francis Richter (1900-1985) è stato un fisico e sismologo statunitense.

18 RISCHIO SISMICO

– VI grado. Forte: il terremoto viene percepito da tutti con un certo panico, tanto chemolti fuggono all’aperto, mentre alcuni hanno anche la sensazione di cadere. I liquidi siagitano fortemente; quadri, libri ed analoghi oggetti cadono dalle pareti e dagli scaffali;le stoviglie vanno in pezzi; le suppellettili, anche quelle in posizione stabile, e perfino singole parti dell’arredamento vengono spostati se non addirittura rovesciate; si mettono a suonare le campane di dimensioni minori nelle cappelle e nelle chiese, gli orologi deicampanili battono le ore. In alcune case, anche se costruite in maniera solida si produ-cono lievi danni: fenditure nell’intonaco, caduta del rivestimento di soffitti e di pareti.Danni più gravi, ma ancora non pericolosi, si hanno su edifici mal costruiti. Si può veri-ficare la caduta di qualche tegola e pietra di camino.

– VII grado. Molto forte: ragguardevoli lesioni vengono provocate all’arredamento delle abitazioni, anche agli oggetti di considerevole peso che si rovesciano e si frantumano.Rintoccano anche le campane di dimensioni maggiori. Corsi d’acqua, stagni e laghi si agitano di onde e s’intorbidiscono a causa della melma smossa. Qua e là, scivolano via parti delle sponde di sabbia e ghiaia. I pozzi variano il livello dell’acqua in essi contenu-ta. Danni modesti a numerosi edifici se solidamente costruiti: piccole spaccature neimuri, caduta di parti piuttosto grandi del rivestimento di calce e della decorazione instucco, crollo di mattoni e in genere caduta di tegole. Molti camini vengono lesi da in-crinature, da tegole in caduta, dalla fuoruscita di pietre; i camini danneggiati crollanosul tetto e lo rovinano. Dalle torri e dagli edifici più alti cadono le decorazioni non benfissate. Nelle costruzioni a traliccio, risultano ancora più gravi i danni ai rivestimenti. Inalcuni casi si ha il crollo delle case mal costruite oppure riattate.

– VIII grado. Rovinoso: i tronchi degli alberi ondeggiano tutti in maniera molto forte edarrivano a spaccarsi. Anche i mobili più pesanti vengono spostati lontano dal proprio posto e a volte rovesciati. Statue, pietre miliari o cose similari poste sul terreno o anchenelle chiese, nei cimiteri e nei parchi pubblici, ruotano sul piedistallo oppure si rove-sciano. Solidi muri di cinta in pietra vengono fessurati ed abbattuti. Circa un quarto del-le case riporta gravi danni; alcune di esse crollano; molte diventano inabitabili. Negli edifici costruiti con intelaiatura cade gran parte dei rivestimenti. Le case in legno ven-gono tirate giù o rovesciate. Specialmente i campanili delle chiese e le ciminiere delle fabbriche provocano con la loro caduta lesioni più gravi agli edifici circostanti di quanto non avrebbe fatto da solo il terremoto. In pendii e terreni acquitrinosi si formano dellecrepe; dai terreni intrisi di acqua fuoriescono sabbia e melma.

– IX grado. Distruttivo: circa la metà delle case in pietra sono seriamente distrutte, moltecrollano, la maggior parte diviene inabitabile. Case ad intelaiatura sono divelte dalleproprie fondamenta e compresse su se stesse, in tal modo vengono tranciate le travi disupporto degli ambienti ed in presenza di tali circostanze esse contribuiscono a distrug-gere considerevolmente le case.

– X grado. Completamente distruttivo: gravissima distruzione di circa i 3/4 degli edifi-ci; crolla la maggior parte delle costruzioni. Perfino solidi edifici di legno e ponti ben costruiti subiscono gravi lesioni, alcuni vengono distrutti. Argini e dighe ecc., chi più

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20 RISCHIO SISMICO

una quantità di Tritolo equivalente). Si ottiene misurando l’ampiezza delle oscillazioni del suo-lo registrate dai sismografi ed ha come punto di partenza (grado zero) il terremoto che produce un sismogramma di ampiezza massima uguale a un millesimo di millimetro, registrato da un sismografo23 che si trova a 100 chilometri di distanza dall’epicentro. Nel calcolo della magni-tudo si applicano poi dei fattori di correzione per la distanza tra il sismometro e l’area sorgente del terremoto e per fattori locali dell’area in cui si trova la stazione sismica.

Mag Richter TRITOLO equivalente Mag Richter TRITOLO equivalente

0 1 chilogrammo 5 31 600 tonnellate

1 31,6 chilogrammi 5,5 178 000 tonnellate

1,5 178 chilogrammi 6 1 milione di tonnellate

2 1 tonnellata 6,5 5,6 milioni di tonnellate

2,5 5,6 tonnellate 7 31,6 milioni di tonnellate

3 31,6 tonnellate 7,5 178 milioni di tonnellate

3,5 178 tonnellate 8 1 miliardo di tonnellate

4 1 000 tonnellate 8,5 5,6 miliardi di tonnellate

4,5 5 600 tonnellate 9 31,6 miliardi di tonnellate

23 In particolare uno specifico modello di sismografo: quello a torsione di Wood-Anderson.

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 21

L’immagine precedente24 mostra come si ottiene la magnitudo con il metodo Richter. Dal sismogramma si ottengono due tipi di dati: l’intervallo temporale di scarto tra le onde P e le S (che ci permette di conoscere la distanza dell’ipocentro) e l’ampiezza dell’oscillazione; unendo questi due dati mediante scale opportunamente graduate per ogni tipo di sismometro, si ottiene la magnitudo25.

La seguente tabella vuole essere un raffronto con la scala MCS, descrivendo gli ipotetici ef-fetti di terremoti di varie magnitudini vicino al loro epicentro in luoghi abitati. È di tipo quali-tativo e, al pari della scala MCS, dipende dall’osservatore.

Mag Richter Effetti sisma

0-1,9 Può essere registrato solo mediante adeguati apparecchi.

2-2,9 Solo coloro che si trovano in posizione supina lo avvertono; un pendolo si muove.

3-3,9 La maggior parte della gente lo avverte come un passaggio di un camion; vibrazione di un bicchiere.

4-4,9Viene avvertito da molti; un pendolo si muove notevolmente; bicchieri e piatti tintin-nano; piccoli danni. Eventi con magnitudo di 4,5 o superiore sono abbastanza forti da essere registrati dai sismografi di tutto il mondo.

5-5,9 Tutti lo sentono; molte fessurazioni sulle mura; crollo parziale o totale di poche case; pericolo per la popolazione.

6-6,9 Tutti lo percepiscono; panico; crollo delle case; rischio maremoto; popolazione in pe-ricolo.

7-7,9 Panico; pericolo di morte negli edifici; solo alcune costruzioni rimangono illese; ma-remoto; popolazione colpita.

8-8,9 Ovunque pericolo di morte; edifici inagibili; onde alte fino a 40 metri.

9-9,9 Totale allagamento dei territori in questione o spostamento delle terre e numerosissi-mi morti. Popolazione fortemente colpita.

10 o più Particolari eventi di eccezionale gravità: spaccature della Terra, totale distruzione di strutture artificiali e maremoti.

Appare chiaro che le scale MCS e Richter non sono direttamente confrontabili ed una corri-spondenza tra i valori delle due scale non può perciò che essere approssimativa26.

Importante è osservare27 che l’energia rilasciata da un terremoto (cui è strettamente correla-to il suo potere distruttivo), è proporzionale all’ampiezza di oscillazione elevata alla 3/2. Quin-

24 Fonte U. S. Geological Survey [http://www.usgs.gov]. 25 Gli accelerometri o i sismometri sono trasduttori, cioè elementi che devono acquisire un segnale meccanico e tra-

sformarlo in un dato utile ingegneristicamente; in particolare sono quindi in grado di misurare delle vibrazioni che si possono definire come l’insieme delle oscillazioni attorno ad un punto di equilibrio. Le oscillazioni sono deter-minate essenzialmente dalla frequenza (ovvero dal numero di oscillazioni al secondo) e dalla ampiezza (il massi-mo valore della grandezza).

26 Un confronto indicativo tra le due scale è stato effettuato da Boschetti e Fedrizzi in “Nuovo Ecosistema Terra”. 27 Immagine a cura di V.J. Ansfield.

20 RISCHIO SISMICO

una quantità di Tritolo equivalente). Si ottiene misurando l’ampiezza delle oscillazioni del suo-lo registrate dai sismografi ed ha come punto di partenza (grado zero) il terremoto che produceun sismogramma di ampiezza massima uguale a un millesimo di millimetro, registrato da unsismografo23 che si trova a 100 chilometri di distanza dall’epicentro. Nel calcolo della magni-tudo si applicano poi dei fattori di correzione per la distanza tra il sismometro e l’area sorgente del terremoto e per fattori locali dell’area in cui si trova la stazione sismica.

Mag Richter TRITOLO equivalente Mag Richter TRITOLO equivalente

0 1 chilogrammo 5 31 600 tonnellate

1 31,6 chilogrammi 5,5 178 000 tonnellate

1,5 178 chilogrammi 6 1 milione di tonnellate

2 1 tonnellata 6,5 5,6 milioni di tonnellate

2,5 5,6 tonnellate 7 31,6 milioni di tonnellate

3 31,6 tonnellate 7,5 178 milioni di tonnellate

3,5 178 tonnellate 8 1 miliardo di tonnellate

4 1 000 tonnellate 8,5 5,6 miliardi di tonnellate

4,5 5 600 tonnellate 9 31,6 miliardi di tonnellate

23 In particolare uno specifico modello di sismografo: quello a torsione di Wood-Anderson.

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22 RISCHIO SISMICO

di, in termini di energia rilasciata, una differenza di magnitudo pari a 1,0 è equivalente a un fat-tore 31,6 (cioè {101}3/2) mentre una differenza di magnitudo pari a 2,0 è equivalente ad un fat-tore 1000 (cioè {102}3/2) Una magnitudo 4,0 sprigiona quindi un’energia pari a 1000 volte quella di una magnitudo 2,0.

La magnitudo Richter resta comunque la misura della grandezza relativa tra terremoti e non una stima della reale grandezza di un evento. Per molti sismologi le tradizionali scale di magni-tudo sono obsolete perché solo debolmente correlate con le caratteristiche fisiche delle faglie.

Negli anni ‘70 Kanamori introdusse la magnitudo momento (Mw) derivata dal parametro sismologico “momento sismico” che equivale al prodotto tra area di faglia, dislocazione e resi-stenza delle rocce28. Il momento sismico e la magnitudo momento rappresentano quindi la mi-gliore stima della reale grandezza del terremoto; il momento sismico inoltre si può calcolare direttamente dal sismogramma, in particolare dalla parte a bassa frequenza (minore di 1 Hz) ma la sua determinazione richiede un certo tempo.

L’ampiezza delle onde sismiche a bassa frequenza, dove viene calcolata la magnitudo mo-mento (al di sotto di 1 Hz), per forti terremoti è maggiore dell’ampiezza delle onde sismiche a 1 Hz, dove viene calcolata la magnitudo Richter, e questo è dovuto alle caratteristiche della

28 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it].

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 23

sorgente sismica. Questa particolarità delle onde sismiche dei forti terremoti è alla base della differenza che si osserva tra magnitudo Richter e magnitudo momento; si parla infatti di satu-razione della magnitudo Richter per forti terremoti in quanto l’ampiezza della onde sismiche a 1 Hz non aumenta linearmente all’aumentare della magnitudo.

La magnitudo Richter è ancora in uso grazie alla rapidità con la quale viene calcolata (è la prima stima che viene indicata subito dopo il manifestarsi di un evento) ma la magnitudo mo-mento è sicuramente la migliore stima della reale grandezza di un terremoto, essendo diretta-mente legata alle dimensioni e alla dislocazione della sorgente sismica.

A titolo di esempio si riportano alcune interessanti considerazioni29 a cura di Mucciarrelli30, riferite a due terremoti avvenuti a distanza di qualche giorno tra gennaio e febbraio 2015: il primo di magnitudo 4.1 in Friuli ed il secondo di magnitudo 4.3 in Emilia.

Viene fatto un confronto basato sulle mappe di risentimento31 rilevando che l’area interes-sata per l’Emilia era molto maggiore rispetto a quella friulana e sollevando il dubbio che que-sto dato potesse dipendere da un 0.2 di differenza di magnitudo. Essendo i due sismi stati rile-vati anche dalla rete accelerometrica32 della Protezione Civile è stato possibile confrontare le PGA33, ovvero la massima accelerazione al suolo.

A parità di distanza il terremoto emiliano aveva valori generalmente superiori, con un diva-rio che aumentava con la distanza. Calcolando poi la Mw si è ricavato che il sisma emiliano aveva un valore di 4.3 contro il 3.9 di quello friulano.

Inoltre Mucciarelli evidenzia l’importanza della direttività34 di un terremoto, cioè la ten-denza che ha a “diffondersi” maggiormente in una certa direzione (piuttosto che in maniera concentrica rispetto all’epicentro); quale sarà questa direzione dipende dall’orientazione della faglia e dal modo in cui si propaga la rottura sul suo piano. Il primo dei due dati a volte è noto

29 blog “terremoti, sismologia ed altre sciocchezze” 31/01/2015 [http://tersiscio.blogspot.it/2015/01/lezioni-da-due-magnitudo-4.html?m=1].

30 Marco Mucciarelli, fisico, docente di Sismologia Applicata l’Università della Basilicata, direttore del Centro Ri-cerche Sismologiche dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS).

31 Sono mappe determinate considerando tutte le segnalazioni dei cittadini pervenute da ogni Comune, a cura di INGV mediante il portale [http://www.haisentitoilterremoto.it].

32 Gli accelerometri sono strumenti progettati per registrare anche forti moti del suolo senza saturarsi, mentre i si-smometri nascono per registrare anche eventi piccoli o lontani e possono diventare “ciechi” quando sono troppo vicini all’epicentro.

33 Peak Ground Acceleration. 34 “Direttività e azione sismica: discussione per l’evento de L’Aquila” Chioccarelli e Iervolino.

22 RISCHIO SISMICO

di, in termini di energia rilasciata, una differenza di magnitudo pari a 1,0 è equivalente a un fat-tore 31,6 (cioè {101}3/2) mentre una differenza di magnitudo pari a 2,0 è equivalente ad un fat-tore 1000 (cioè {102}3/2) Una magnitudo 4,0 sprigiona quindi un’energia pari a 1000 voltequella di una magnitudo 2,0.

La magnitudo Richter resta comunque la misura della grandezza relativa tra terremoti e non una stima della reale grandezza di un evento. Per molti sismologi le tradizionali scale di magni-tudo sono obsolete perché solo debolmente correlate con le caratteristiche fisiche delle faglie.

Negli anni ‘70 Kanamori introdusse la magnitudo momento (Mw) derivata dal parametro sismologico “momento sismico” che equivale al prodotto tra area di faglia, dislocazione e resi-stenza delle rocce28. Il momento sismico e la magnitudo momento rappresentano quindi la mi-gliore stima della reale grandezza del terremoto; il momento sismico inoltre si può calcolare direttamente dal sismogramma, in particolare dalla parte a bassa frequenza (minore di 1 Hz) ma la sua determinazione richiede un certo tempo.

L’ampiezza delle onde sismiche a bassa frequenza, dove viene calcolata la magnitudo mo-mento (al di sotto di 1 Hz), per forti terremoti è maggiore dell’ampiezza delle onde sismiche a 1 Hz, dove viene calcolata la magnitudo Richter, e questo è dovuto alle caratteristiche della

28 Fonte Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia [www.ingv.it].

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24 RISCHIO SISMICO

prima del terremoto, mentre non possiamo sapere nulla sul secondo fattore. Ne parleremo an-che nel §1.7 in riferimento ad un terremoto storico.

Ad esempio se osserviamo la mappa di scuotimento35 elaborata da U.S. Geological Survey per l’evento del 12 maggio 2008 a Sichuan in Cina, si nota una marcata tendenza lungo una linea piuttosto che uno sviluppo concentrico rispetto all’epicentro.

35 Le ShakeMap – mappe di scuotimento – sono uno strumento indirizzato specificamente alla valutazione rapida (entro pochi minuti dall’evento) del moto del suolo dopo un terremoto. Queste mappe traducono lo scuotimento del suolo, registrato dai sismometri a seguito di un terremoto, nella distribuzione del risentimento atteso. In tal modo possono essere di aiuto alla Protezione Civile per il coordinamento e l’organizzazione delle squadre di soc-corso in caso di terremoti rilevanti.

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 25

1.5. Sequenza e sciame sismico Sciame – Sequenza – Responsabilità – L’Aquila – Faenza – Emilia.

Sorge a questo punto un quesito più che lecito: è possibile sapere se una faglia ha “scarica-to” tutta l’energia accumulata? E quanto impiega a scaricarla? Un unico sisma o più terremoti distribuiti nel tempo? La complessità del tema è evidente e rappresenta sicuramente una delle più grandi sfide della Sismologia moderna. È qui importante introdurre i concetti di “sciame sismico” e di “sequenza sismica”.

Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il termine sciame sismico pro-viene dall’inglese seismic swarm e fu definito probabilmente per la prima volta dai sismologi giapponesi attorno al 1960. I due termini non sono alternativi: lo sciame è un tipo particolare di sequenza, categoria più ampia usata per indicare un addensamento spazio‑temporale di terremoti.

Risulta sempre difficile stabilire se una sequenza può essere definita uno sciame perché, come scrive Utsu36 (2002) “non esiste una definizione esatta universalmente accettata di af-tershocks37, foreshocks, and seismic swarms”. Lo stesso Utsu fornisce la seguente definizio-ne: “uno sciame sismico è una concentrazione (cluster) di terremoti in cui non c’è un singolo terremoto di magnitudo predominante”. Uno sciame si distingue da una classica sequenza mainshock – aftershocks per avere molti terremoti di diverse magnitudo distribuiti irrego-larmente nel tempo.

In Italia avvengono ogni anno decine di sequenze sismiche di durata variabile da pochi giorni a molti mesi, con caratteristiche molto diverse in termini di distribuzione spazio‑temporale e di magnitudo. In un articolo38 a cura di INGV si riporta che nel solo 2013 in Italia erano state riconosciute in totale oltre cento sequenze, di cui 9 di durata maggiore di due mesi, 11 tra uno e due mesi, 16 tra quindici e trenta giorni, le altre di durata inferiore.

La questione è: quando possiamo affermare che due eventi sismici sono collegati ed a loro volta inquadrati in uno stesso fenomeno macroscopico più grande costituito dall’intera sequen-za sismica? La cosa è ovvia dopo un grande terremoto: tutti gli eventi successivi, che si susse-guono in gran numero e ravvicinati, fanno parte della sequenza.

Quando si fanno queste valutazioni è sempre bene considerare anche l’energia rilasciata da una scossa (§1.4). Ogni zona sismogenetica ha un certo “potenziale”: vedremo in seguito che in aree in cui storicamente sono avvenuti terremoti di una certa intensità è molto probabile cha si manifestino eventi di intensità paragonabile (per l’accumulo di energia, di cui abbiamo parla-to e la ricorrenza, di cui parleremo).

Ma è corretto dire che uno sciame va a ridurre l’energia e quindi la probabilità di una forte scossa? Se ad esempio consideriamo una zona con potenziale di magnitudo 6.5 (come ce ne sono tante in Italia), per “scaricarsi” dovrebbe subire diverse decine di eventi di magnitudo su-periore a 5, oppure circa 20 mila di magnitudo 4.

36 Dr. Tokuji Utsu, Professore Emerito Tokyo University. 37 “Foreshocks” sono una serie di terremoti che avvengono prima della scossa principale (mainshock), così come

“Aftershocks” sono una serie di scosse successive ad essa. Foreshocks ed aftershocks sono in ogni caso collegati alla scossa principale sia temporalmente che spazialmente.

38 https://ingvterremoti.wordpress.com/2014/02/03/speciale-2013-un-anno-di-terremoti

24 RISCHIO SISMICO

prima del terremoto, mentre non possiamo sapere nulla sul secondo fattore. Ne parleremo an-che nel §1.7 in riferimento ad un terremoto storico.

Ad esempio se osserviamo la mappa di scuotimento35 elaborata da U.S. Geological Surveyper l’evento del 12 maggio 2008 a Sichuan in Cina, si nota una marcata tendenza lungo unalinea piuttosto che uno sviluppo concentrico rispetto all’epicentro.

35 Le ShakeMap – mappe di scuotimento – sono uno strumento indirizzato specificamente alla valutazione rapida (entro pochi minuti dall’evento) del moto del suolo dopo un terremoto. Queste mappe traducono lo scuotimento del suolo, registrato dai sismometri a seguito di un terremoto, nella distribuzione del risentimento atteso. In tal modo possono essere di aiuto alla Protezione Civile per il coordinamento e l’organizzazione delle squadre di soc-corso in caso di terremoti rilevanti.

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26 RISCHIO SISMICO

Inoltre, per nulla ovvio è definire un’associazione tra due eventi prima che una sequenza sia chiaramente cominciata, in aree evidentemente sismiche e quindi in cui c’è spesso sismicità di fondo. A livello numerico si utilizza l’algoritmo di Reasemberg39 che ha lo scopo appunto di individuare i raggruppamenti di terremoti sia nello spazio che nel tempo.

A livello pratico si tratta di assumersi delle responsabilità. Ciccozzi40 ha affrontato il problema in maniera chiara nella sua consulenza tecnica per conto

della Procura della Repubblica; l’ambito era il processo ai membri della Commissione Grandi Rischi accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni, a seguito del sisma in Abruzzo del 2009.

Poche settimane prima del fatidico 6 aprile, a partire dal 15 dicembre 2008 ed a seguito del susseguirsi di scosse (alcune di magnitudo superiore a 4) e dell’aumento di preoccupazione da parte della popolazione, il Dipartimento di Protezione Civile e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in periodi diversi e attraverso esperti diversi41, rilasciarono dichiarazioni più o meno unanimi. Le continue scosse non erano preoccupanti in quanto si configuravano come “sciame” in grado di scaricare energia.

“Si tratta di un evento che rientra nella normalità. Uno sciame, qualunque sia e di qualun-que durata, non è mai, e sottolineo mai, precursore di grandi eventi sismici”42. La Commissione Grandi Rischi si riunì il 31 marzo 2009; in quella giornata De Bernardinis43 dichiarò ad un giornalista una “situazione favorevole” data da “uno scarico di energia continuo”.

Una precisazione doverosa. Il 22 ottobre 2012 ci fu la condanna in primo grado a sei anni di reclusione per sette membri della Commissione Grandi Rischi; in tutto il mondo si scomodò Galileo Galilei (indebitamente citato anche nei capitoli precedenti) perché dai media era trape-lato un nuovo processo alla Scienza. “Sono stati condannati perché non hanno previsto il ter-remoto”. In realtà non è così. Le motivazioni della sentenza sono precise, chiare e pubbliche. Sono stati condannati perché hanno rassicurato che non sarebbe successo un terremoto. Il 12 Novembre 2014, in appello, gli scienziati della Commissione Grandi Rischi sono stati assolti (eccetto De Bernardinis che dovrà scontare due anni) in quanto il fatto non sussiste.

Ancora Ciccozzi, nella sua consulenza tecnica. “Postulato che una sciame sismico non sfo-cia in un terremoto disastroso, non si può dire se una sequenza sismica sia uno sciame sismico finché questa è ancora in atto, ovvero prima che essa si esaurisca. Il risultato della deduzione implicita nell’argomentazione che la CGR ha comunicato alla città attraverso i media ci porta una conclusione che viene presentata come certa ma è solo probabile, in quanto sottende in realtà un ragionamento induttivo, dove solo probabilisticamente la sequenza sismica in atto in quei giorni avrebbe potuto non degenerare in un terremoto disastroso, ovvero concludersi co-me sciame sismico. Quindi, l’argomentazione andrebbe riformulata secondo la premessa cor-retta data dalla regola per cui solo una sequenza sismica che non sfocia in un terremoto disa-stroso è definibile come uno sciame sismico. In tal caso si sarebbe potuto pervenire a un ra-

39 Algoritmo di Paul Reasenberg (1985) denominato Cluster2000, distribuito dallo United States Geological Survey (USGS).

40 Antonello Ciccozzi, ricercatore di Antropologia Culturale presso l’Università dell’Aquila. 41 Il tutto è documentato e riportato agli atti all’interno della Consulenza Tecnica depositata da Ciccozzi, nonché nel

libro “Parola di scienza” dello stesso Ciccozzi. 42 4 marzo 2009. Giulio Selvaggi, direttore del dipartimento del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV. 43 Bernardo De Bernardinis, al tempo degli eventi vice capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione Civile.

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 27

gionamento induttivo, ovvero probabilistico, che, tra l’altro, è analogo a quello implicito nella comunicazione del verbale postumo e predatato, dove si assiste a una trasformazione della rappresentazione sociale prodotta sul fenomeno in esame attraverso lo spostamento del punto focale della previsione del non-terremoto alla questione della non prevedibilità dei terremoti”.

Interessante qui riportare un caso che, con diverso epilogo, potrebbe definirsi analogo ed utile a comprendere quanto sopra riportato.

Il 19 aprile 2000, nel territorio di Faenza, provincia di Ravenna, inizia una serie di più di 300 scosse, con magnitudo fino a 4,5 fino al 9 maggio dello stesso anno; un numero impressio-nante. Il Comune predispone cinque punti di accoglienza e Croce Rossa e Protezione Civile Regionale allestiscono i propri presidi; ognuna delle aree attrezzate può accogliere 7000 – 8000 persone ed in esse si trovano anche strutture ricreative. Per spingere la cittadinanza all’uso dei “campi preventivi”, era stata portata avanti una campagna d’informazione sulla stampa locale, nei centri sociali e all’interno dei quartieri.

Da “Il Corriere della Sera”, 13 maggio 2000. Franco Barberi44, direttore dell’Agenzia per la Protezione civile, tranquillizza: «Non ci saranno scosse di forte entità, gli abitanti di Faenza possono tornare a casa». Le parole non bastano a calmare le nevrosi di migliaia di persone che dormono male da tre settimane e che non sanno fino a quando potranno resistere. L’ingegnere Roberto De Marco, direttore del Servizio sismico nazionale: «Lo sciame tende a dissipare energia accumulata in decenni ed è impossibile dire quando finirà». Demetrio Egidi, responsabile della Protezione civile dell’Emilia-Romagna: «Già nel 1995 nel Faentino avem-mo uno sciame che durò per circa cinque mesi». La gente, nel dubbio, preferisce arrangiarsi in auto, in roulotte o nel sacco a pelo.

Il 15 maggio, dopo circa un mese dal suo inizio, i media riportano la notizia della fine dello sciame sismico: solo qualche lieve scossa è avvertita dalla popolazione e in un paio di settima-ne la situazione torna nella normalità.

Altro caso da citare. Il 26 settembre 1997, alle 2:33 una scossa di magnitudo 5.8 sconvolse l’Umbria e le Marche (§3.13). Barberi, allora Sottosegretario della Protezione Civile, dichiarò alla trasmissione UnoMattina: “Si spargono voci incontrollate quando si verificano terremoti di questo tipo, ed è ancora il caso, su scosse attese di grande energia, timore che si possa veri-ficare un terremoto distruttivo. Ecco io devo smentire nella maniera più categorica; la sequen-za normale è verso una dissipazione progressiva dell’energia, una diminuzione dell’intensità; quindi diciamo che ci saranno ancora scosse, ma nessuna che raggiungerà l’energia di quella che si è verificata”. Alle 11:42 dello stesso giorno arrivò un terremoto di magnitudo 6.1 che completò l’opera distruttiva della scossa precedente. Una nota: la Protezione Civile della Re-gione Umbria allestì un campo di prima accoglienza già dopo una scossa del 4 settembre di magnitudo 4.4.

Avvicinandoci nel tempo troviamo il terremoto in Emilia del 20 (magnitudo 5,9) e 29 (ma-gnitudo 5,8) maggio 2012 (§5.3). Tra queste due date la terra ha continuato a tremare per oltre 800 volte (con magnitudo spesso superiori a 4). Rispetto a quanto accaduto per il terremoto dell’Aquila, nei primi 30 giorni di attività sismica, sono state registrate 1499 scosse (contro le

44 Citeremo ancora Franco Barberi, nel §1.8 ed in seguito.

26 RISCHIO SISMICO

Inoltre, per nulla ovvio è definire un’associazione tra due eventi prima che una sequenza sia chiaramente cominciata, in aree evidentemente sismiche e quindi in cui c’è spesso sismicità di fondo. A livello numerico si utilizza l’algoritmo di Reasemberg39 che ha lo scopo appunto di individuare i raggruppamenti di terremoti sia nello spazio che nel tempo.

A livello pratico si tratta di assumersi delle responsabilità. Ciccozzi40 ha affrontato il problema in maniera chiara nella sua consulenza tecnica per conto

della Procura della Repubblica; l’ambito era il processo ai membri della Commissione Grandi Rischi accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni, a seguito del sisma in Abruzzo del 2009.

Poche settimane prima del fatidico 6 aprile, a partire dal 15 dicembre 2008 ed a seguito del susseguirsi di scosse (alcune di magnitudo superiore a 4) e dell’aumento di preoccupazione da parte della popolazione, il Dipartimento di Protezione Civile e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in periodi diversi e attraverso esperti diversi41, rilasciarono dichiarazioni più o meno unanimi. Le continue scosse non erano preoccupanti in quanto si configuravano come “sciame” in grado di scaricare energia.

“Si tratta di un evento che rientra nella normalità. Uno sciame, qualunque sia e di qualun-que durata, non è mai, e sottolineo mai, precursore di grandi eventi sismici”42. La Commissione Grandi Rischi si riunì il 31 marzo 2009; in quella giornata De Bernardinis43 dichiarò ad un giornalista una “situazione favorevole” data da “uno scarico di energia continuo”.

Una precisazione doverosa. Il 22 ottobre 2012 ci fu la condanna in primo grado a sei anni di reclusione per sette membri della Commissione Grandi Rischi; in tutto il mondo si scomodò Galileo Galilei (indebitamente citato anche nei capitoli precedenti) perché dai media era trape-lato un nuovo processo alla Scienza. “Sono stati condannati perché non hanno previsto il ter-remoto”. In realtà non è così. Le motivazioni della sentenza sono precise, chiare e pubbliche. Sono stati condannati perché hanno rassicurato che non sarebbe successo un terremoto. Il 12 Novembre 2014, in appello, gli scienziati della Commissione Grandi Rischi sono stati assolti (eccetto De Bernardinis che dovrà scontare due anni) in quanto il fatto non sussiste.

Ancora Ciccozzi, nella sua consulenza tecnica. “Postulato che una sciame sismico non sfo-cia in un terremoto disastroso, non si può dire se una sequenza sismica sia uno sciame sismico finché questa è ancora in atto, ovvero prima che essa si esaurisca. Il risultato della deduzione implicita nell’argomentazione che la CGR ha comunicato alla città attraverso i media ci porta una conclusione che viene presentata come certa ma è solo probabile, in quanto sottende in realtà un ragionamento induttivo, dove solo probabilisticamente la sequenza sismica in atto in quei giorni avrebbe potuto non degenerare in un terremoto disastroso, ovvero concludersi co-me sciame sismico. Quindi, l’argomentazione andrebbe riformulata secondo la premessa cor-retta data dalla regola per cui solo una sequenza sismica che non sfocia in un terremoto disa-stroso è definibile come uno sciame sismico. In tal caso si sarebbe potuto pervenire a un ra-

39 Algoritmo di Paul Reasenberg (1985) denominato Cluster2000, distribuito dallo United States Geological Survey

(USGS). 40 Antonello Ciccozzi, ricercatore di Antropologia Culturale presso l’Università dell’Aquila. 41 Il tutto è documentato e riportato agli atti all’interno della Consulenza Tecnica depositata da Ciccozzi, nonché nel

libro “Parola di scienza” dello stesso Ciccozzi. 42 4 marzo 2009. Giulio Selvaggi, direttore del dipartimento del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV. 43 Bernardo De Bernardinis, al tempo degli eventi vice capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione Civile.

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28 RISCHIO SISMICO

9312 del terremoto dell’Abruzzo) di cui 216 con magnitudo superiore a 2.0 (contro 220)45. Quindi, il solito dubbio: cosa è stato “aftershocks”, “foreshocks” o “mainshock”?

Alla fine le vittime sono state in totale 27; la maggior parte nella scossa del 29 maggio quando l’idea era di dover ripartire, perché il terremoto era avvenuto nove giorni prima.

1.6. La ricorrenza dei terremoti Consapevolezza – Tempo di ricorrenza – Database macrosismico.

Sappiamo che i sismi avvengono costantemente, con intensità variabili e più o meno sem-pre nelle stesse zone. Comprendere questi tre concetti e farli diventare una consapevolezza a tutti i livelli della società sarebbe già un grande passo.

Per avere un’idea della frequenza di accadimento dei terremoti, si consideri che il NEIC46 ne localizza dai 12000 ai 14000 ogni anno; di questi circa 60 sono classificati come significati-vi ossia in grado di produrre danni considerevoli o morti e circa 20 sono quelli di forte intensi-tà, con magnitudo superiore a 7. La stima totale è di diversi milioni di terremoti che accadono nel mondo ogni anno; molti di questi però non sono percepiti dall’uomo in quanto avvengono in aree remote o sono di magnitudo così piccola da non poter essere avvertiti, ma solo registrati dai sismometri.

Un dato che risulta fondamentale è inevitabilmente l’intervallo temporale tra un terremoto e l’altro, soprattutto per quelli di intensità significativa. Quelli che “scaricano” la faglia e fanno ripartire il conto alla rovescia.

La definizione di “tempo di ricorrenza” dato da INGV47 è molto chiara: Il tempo di ricor-renza tipico di una faglia è la media tra i tempi intercorsi tra terremoti successivi. Il tempo di ri-correnza ci fornisce un riferimento per la stima del potenziale sismogenetico di una faglia. In modo molto semplicistico possiamo dire che quanto più vicino è il tempo di ricorrenza al tempo trascorso dall’ultimo terremoto su quella faglia tanto più la faglia è “pronta” a produrre un nuovo terremoto. Ad esempio se sono passati 500 anni dall’ultimo grande terremoto e il tempo di ricorrenza medio stimato è 550 anni allora la faglia potrebbe riattivarsi in un futuro prossimo.

Dunque, grazie alla sismologia ed alle moderne tecnologie, ciascuno può rendersi conto (con le dovute cautele e precisazioni), del tempo di ricorrenza in una specifica zona.

Prendiamo ad esempio le città di L’Aquila, Mirandola e Faenza, citate nel precedente §1.5 ed utilizziamo il Database Macrosismico Italiano48, nella sezione “Consultazione per località”.

I diagrammi riportano sull’ascissa gli anni e in ordinata le intensità; non visualizzano solo i terremoti con epicentro coincidente con la località, ma tutti i sismi che hanno fatto risentire i propri effetti sulla località stessa.

45 “The 2012 Pianura Padana Emiliana seismic sequence: locations, moment tensors and magnitudes” Annals of Ge-ophysics, 2012.

46 National Earthquake Information Center del servizio geologico degli Stati Uniti (United States Geological Sur-vey).

47 http://www.roma1.ingv.it/ricerca/tettonica-attiva/paleosismologia/il-tempo-di-ricorrenza 48 http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11 – M. Locati, R. Camassi e M. Stucchi (a cura di), 2011. DBMI11, la versione 2011

del Database Macrosismico Italiano. Milano, Bologna, http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11, DOI: 10.6092/INGV.IT-DBMI11.

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1. QUANDO PARLIAMO DI RISCHIO SISMICO 29

È facile osservare una certa ricorrenza in tutte tre le zone, seppure con diverse intensità. I diagrammi e gli studi sopra riportati sono effettuati in maniera analoga in altre parti del

mondo e proprio in zone maggiormente sismiche, dove i terremoti intensi avvengono con fre-quenze superiori a quelle italiane (ad esempio le zone di subduzione circumpacifiche, di cui fa parte il Giappone), è nato il concetto di “tempo di ricorrenza”.

Riassumendo, il tempo di ricorrenza può essere definito come l’intervallo temporale tra due terremoti originati da un’unica struttura sismogenetica (faglia o insieme di faglie), di magnitu-do simile e pari alla massima producibile dalla medesima struttura. Inoltre, il tempo di ricor-renza può ritenersi abbastanza regolare per una stessa struttura sismogenetica.

Tutto quanto sopra va tarato considerando l’anzianità geologica del nostro pianeta e l’estrema “giovinezza” della sismologia, ma vedremo che il tempo di ritorno è sempre un gio-catore fondamentale nella partita del rischio sismico.

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9312 del terremoto dell’Abruzzo) di cui 216 con magnitudo superiore a 2.0 (contro 220)45. Quindi, il solito dubbio: cosa è stato “aftershocks”, “foreshocks” o “mainshock”?

Alla fine le vittime sono state in totale 27; la maggior parte nella scossa del 29 maggio quando l’idea era di dover ripartire, perché il terremoto era avvenuto nove giorni prima.

1.6. La ricorrenza dei terremotiConsapevolezza – Tempo di ricorrenza – Database macrosismico.

Sappiamo che i sismi avvengono costantemente, con intensità variabili e più o meno sem-pre nelle stesse zone. Comprendere questi tre concetti e farli diventare una consapevolezza a tutti i livelli della società sarebbe già un grande passo.

Per avere un’idea della frequenza di accadimento dei terremoti, si consideri che il NEIC46

ne localizza dai 12000 ai 14000 ogni anno; di questi circa 60 sono classificati come significati-vi ossia in grado di produrre danni considerevoli o morti e circa 20 sono quelli di forte intensi-tà, con magnitudo superiore a 7. La stima totale è di diversi milioni di terremoti che accadono nel mondo ogni anno; molti di questi però non sono percepiti dall’uomo in quanto avvengono in aree remote o sono di magnitudo così piccola da non poter essere avvertiti, ma solo registrati dai sismometri.

Un dato che risulta fondamentale è inevitabilmente l’intervallo temporale tra un terremoto el’altro, soprattutto per quelli di intensità significativa. Quelli che “scaricano” la faglia e fannoripartire il conto alla rovescia.

La definizione di “tempo di ricorrenza” dato da INGV47 è molto chiara: Il tempo di ricor-renza tipico di una faglia è la media tra i tempi intercorsi tra terremoti successivi. Il tempo di ri-correnza ci fornisce un riferimento per la stima del potenziale sismogenetico di una faglia. In modo molto semplicistico possiamo dire che quanto più vicino è il tempo di ricorrenza al tempo trascorso dall’ultimo terremoto su quella faglia tanto più la faglia è “pronta” a produrre un nuovo terremoto. Ad esempio se sono passati 500 anni dall’ultimo grande terremoto e il tempo diricorrenza medio stimato è 550 anni allora la faglia potrebbe riattivarsi in un futuro prossimo.

Dunque, grazie alla sismologia ed alle moderne tecnologie, ciascuno può rendersi conto(con le dovute cautele e precisazioni), del tempo di ricorrenza in una specifica zona.

Prendiamo ad esempio le città di L’Aquila, Mirandola e Faenza, citate nel precedente §1.5 edutilizziamo il Database Macrosismico Italiano48, nella sezione “Consultazione per località”.

I diagrammi riportano sull’ascissa gli anni e in ordinata le intensità; non visualizzano solo i terremoti con epicentro coincidente con la località, ma tutti i sismi che hanno fatto risentire ipropri effetti sulla località stessa.

45 “The 2012 Pianura Padana Emiliana seismic sequence: locations, moment tensors and magnitudes” Annals of Ge-ophysics, 2012.

46 National Earthquake Information Center del servizio geologico degli Stati Uniti (United States Geological Sur-vey).

47 http://www.roma1.ingv.it/ricerca/tettonica-attiva/paleosismologia/il-tempo-di-ricorrenza48 http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11 – M. Locati, R. Camassi e M. Stucchi (a cura di), 2011. DBMI11, la versione 2011

del Database Macrosismico Italiano. Milano, Bologna, http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11, DOI: 10.6092/INGV.IT-DBMI11.