Ricci Diritto Processuale Civile Giappichelli Vol. 2 Ed. 2 Cap. 3

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CAP. 3 – L’ISTRUZIONE PROBATORIA SEZ. 1 – LA DISCIPLINA DELLE PROVE IN GENERALE Il principio dispositivo temperato Le prove devono essere proposte dalle parti, salvi i casi in cui la legge prevede che possano esere disposte anche d’ufficio (115). Come la parte è libera di agire o no, parimenti è libero di scegliere le prove da usare nel processo, tuttavia quest’ultimo è improntato alla ricerca della verità quindi in certi casi è ammessa la disposizione ufficiosa delle prove. Tali casi sono: 118, 2711.2 c.c., 213, 240, 257.1, 262, 281ter, 421. L’onere della prova In quale misura un fatto va suffragato con prove per essere sicuri che verrà dimostrato? Il 2697 c.c. dice che chi vuole far valere un diritto in giudizio, deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento; e chi eccepisce tali fatti deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda. Considerazioni sul 2697: - l’attore deve dimostrare solo i fatti costitutivi del proprio diritto, non anche l’inesistenza di fatti negativi (impeditivi) di questo ( negativa non sunt probanda). Se però la domanda dell’attore consiste proprio in un fatto negativo (cioè se è un fatto negativo a costituire il fondamento dell’azione), l’attore dovrà provare quel fatto negativo. Un’apparente deroga a tale principio si ha nel caso dell’actio negatoria servitutis (949), in cui il proprietario agisce per ottenere l’accertamento negativo dell’esistenza di un diritto di servitù tale per cui il proprio fondo sia servente. A prima vista, dovrebbe provare i fatti che costituiscono il fondamento dell’inesistenza del diritto di servitù. Tale prova sarebbe molto difficile, perciò la giurisprudenza ha ritenuto di invertire l’onere della prova sulla scorta del fatto che l’azioen negatoria è posta a difesa della proprietà: l’attore dovrà quindi dimostrare solo di essere proprietario, e spetterà poi al convenuto dar prova del fatto costitutivo della servitù. - Si può essere sollevati dall’onere di cui al 2697 se i fatti non sono specificamente contestati dall’avversario (115): per logica ed economia processuale non ha senso provare ciò che la controparte ammette o non contesta. La non contestazione che rileva ai fini del 115 è solo quella della parte costituita. Ma quando si ha una “non contestazione”? La dottrina dice che si hanno per provati i fatti che la controparte non contesti nel primo atto difensivo, sulla scorta del principio di cui al 167.2 secondo cui il convenuto deve, in comparsa di risposta, proporre tutte le proprie difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda.

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CAP. 3 – L’ISTRUZIONE PROBATORIA

SEZ. 1 – LA DISCIPLINA DELLE PROVE IN GENERALE

Il principio dispositivo temperatoLe prove devono essere proposte dalle parti, salvi i casi in cui la legge prevede che possano esere disposte anche d’ufficio (115). Come la parte è libera di agire o no, parimenti è libero di scegliere le prove da usare nel processo, tuttavia quest’ultimo è improntato alla ricerca della verità quindi in certi casi è ammessa la disposizione ufficiosa delle prove.Tali casi sono: 118, 2711.2 c.c., 213, 240, 257.1, 262, 281ter, 421.

L’onere della provaIn quale misura un fatto va suffragato con prove per essere sicuri che verrà dimostrato? Il 2697 c.c. dice che chi vuole far valere un diritto in giudizio, deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento; e chi eccepisce tali fatti deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.Considerazioni sul 2697:- l’attore deve dimostrare solo i fatti costitutivi del proprio diritto, non anche l’inesistenza di fatti negativi (impeditivi) di questo (negativa non sunt probanda). Se però la domanda dell’attore consiste proprio in un fatto negativo (cioè se è un fatto negativo a costituire il fondamento dell’azione), l’attore dovrà provare quel fatto negativo. Un’apparente deroga a tale principio si ha nel caso dell’actio negatoria servitutis (949), in cui il proprietario agisce per ottenere l’accertamento negativo dell’esistenza di un diritto di servitù tale per cui il proprio fondo sia servente. A prima vista, dovrebbe provare i fatti che costituiscono il fondamento dell’inesistenza del diritto di servitù. Tale prova sarebbe molto difficile, perciò la giurisprudenza ha ritenuto di invertire l’onere della prova sulla scorta del fatto che l’azioen negatoria è posta a difesa della proprietà: l’attore dovrà quindi dimostrare solo di essere proprietario, e spetterà poi al convenuto dar prova del fatto costitutivo della servitù.- Si può essere sollevati dall’onere di cui al 2697 se i fatti non sono specificamente contestati dall’avversario (115): per logica ed economia processuale non ha senso provare ciò che la controparte ammette o non contesta.La non contestazione che rileva ai fini del 115 è solo quella della parte costituita. Ma quando si ha una “non contestazione”?La dottrina dice che si hanno per provati i fatti che la controparte non contesti nel primo atto difensivo, sulla scorta del principio di cui al 167.2 secondo cui il convenuto deve, in comparsa di risposta, proporre tutte le proprie difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda.La giurisprudenza non ritiene sufficiente il mero silenzio: essa richiede, per la non contestazione, un comportamento attivo della controparte, che consista nell’esplicazione delle proprie difese in modo incompatibile con la non sussistenza del fatto dedotto dall’avversario (ad es: Tizio chiede 100 a Caio a titolo di mutuo: Caio dice che ha già pagato. Il fatto che il mutuo esista è non contestato perché incompatibile con l’eccezione di avvenuto pagamento).Il pezzo dell’art 115 “nonché i fatti non specificamente contestati è stato aggiunto dalla riforma del 2009. Questo principio c’era già prima del suo espresso riconoscimento nel testo normativo, e secondo Ricci la riforma, in particolare il fatto di esigere la contestazione “specifica” non ha fatto altro che convalidare la tesi dottrinale secondo cui la contestazione deve avvenire nel primo atto difensivo.

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L’ACQUISIZIONE DELLE PROVEUnA volta individuata la prova da utilizzare, questa va acquisita al processo. Il modo di acquisizione della prova varia a seconda del tipo di prova. Si distingue tra:- PROVE PRECOSTITUITE: sono quelle che preesistono al processo: documenti cartacei (2699 e ss. c.c.) e ogni altra rappresentazione di fatti che avvenga con mezzi diversi dalla narrazione umana: foto, video, audio registrazioni (2712 c.c.) e rappresentazioni informatiche (art. 23, d.lgs. 82/2005).Carnelutti distingueva tra documenti diretti e indiretti: quelli indiretti si formano in modo mediato dalla mente umana, quelli diretti rappresentano la realtà senza l’intermediazione della ragione umana: è il caso delle riproduzioni con mezzi meccanici di cui al 2712 c.c.. Il documento diretto dovrebbe rappresentare la migliore fonte d’informazione, perché più fedele rispetto alla narrazione umana, ma al giorno d’oggi anche i documenti diretti possono essere manomessi.L’art. 2712 attribuisce alle riproduzioni meccaniche valore di piena prova (cioè il giudice deve prendere per veri i fatti che dimostrano) solo se la controparte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose in esse rappresentate.Le prove precostituite si acquisiscono al processo mediante deposito in cancelleria o in udienza (87 disp. att.). Questo deposito può essere spontaneo (si parla allora di produzione o comunicazione, 167n5 e rubrica dell’87 disp. att., e non occorre alcuna autorizzazione del giudice per produrre prove) o coatto, se la parte che è in possesso di una prova necessaria si rifiuta di produrla: la parte interessata richiede al giudice l’ordine di esibizione (210 ss).

- PROVE COSTITUENDE: si formano durante lo svolgimento del processo e sono la testimonianza, la confessione e il giuramento. Il loro modo di acquisizione si articola in due momenti: quello dell’ammissione e quello dell’assunzione della prova; si parla perciò, in questo caso, di procedimento probatorio (in senso stretto, visto che con procedimento probatorio in senso lato si usa indicare qualunque ragionamento volto a dimostrare un certo fatto).Ammissione: la prova viene ammessa dal giudice solo a seguito del controllo di ammissibilità, in cui si indaga appunto l’ammissibilità e la rilevanza della prova.La prova è ammissibile se non contrasta con un divieto di legge (2721, 2722, 2725, 2739 c.c., 246 cpc). L’impiego di una prova inammissibile la rende illecita (o illegittima) e inutilizzabile nel processo.La rilevanza consiste nella pertinenza della prova ai fatti che è necessario dimostrare per dirimere la controversia.Dottrina e giurisprudenza hanno elaborato un terzo requisito: la non superfluità. È superflua ogni prova diretta a provare un fatto già provato. Nel processo penale tale requisito è espressamente richiesto.Assunzione: una volta ammessa, la prova deve essere assunta. La modalità di assunzione varia a seconda del tipo di prova, vedi sezione 3.

VALUTAZIONE DELLA PROVALa prova si valuta secondo il libero convincimento (o prudente apprezzamento) del giudice (116).Le prove non hanno un valore predeterminato: questo viene valutato caso per caso dal giudice.Vi sono delle prove a cui la legge attribuisce un certo valore sono le prove legali: tipicamente, confessione e giuramento.La confessione è la dichiarazione che la parte fa di atti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla controparte (2730 c.c.), e fa piena prova (2733): il giudice deve ritenere per vero il fatto confessato, e non sono ammissibili controprove.Il giuramento è la dichiarazione giurata di atti favorevoli alla parte che lo presta e il 2738 vi attribuisce valore di prova legale: il giudice è vincolato alla dichiarazione e l’altra parte non è ammessa a provare il contrario.Tra le prove legali vi sono anche l’atto pubblico e la scrittura privata autenticata, verificata o riconosciuta (2699 ss.), che però ammettono controprova con la querela di falso.Escluse le prove legali, le altre sono liberamente apprezzabili, ma il giudice deve usare un criterio razionale e basato sulle regole di esperienza. Il giudice deve inoltre rendere conto del proprio ragionamento nella motivazione.Si pone il problema delle prove scientifiche, che richiedono conoscenze che il giudice non ha. Ciò può rendere impossibile il controllo del giudice sulla prova, con il rischio che la prova scientifica diventi sostanzialmente una prova legale. Il giudice dovrà controllare:

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- il rispetto del contraddittorio nella formazione della prova: le parti e loro i tecnici devono aver potuto interloquire sullo svolgimento della prova e sui suoi risultati;- la razionalità, la conformità a logica del ragionamento su cui il risultato della prova si basa.

PROVE STORICHE E PROVE CRITICHELa prova storica (diretta) rappresenta il fatto da provare. Sono i documenti e le testimonianze.La prove critica (indiretta) rappresenta un fatto diverso, dal quale si induce il fatto da provare, il quale quindi è presunto sulla base del primo. Sono le presunzioni, dette anche prove presuntive o indizi o prove indiziarie.Entrambi i tipi di prova sono soggetti al libero convincimento del giudice e hanno lo stesso valore, anche se la valutazione degli indizi richiede particolare cautela.

DIRITTO ALLA PROVARientra nel diritto di difesa dell’art 24 cost e sancisce che chiunque può utilizzare tutte le prove utili a dimostrare la fondatezza della propria pretesa, escluse quelle inammissibili, irrilevanti o superflue.Solo dopo la chiusura dell’assunzione delle prove non è più possibile alcuna istruttoria. La chiusura può basarsi su tre diversi fatti: sull’espletamento di tutte le prove, sul decadimento dal diritto di espletarle (208 e 104 disp. att.), sul fatto che il giudice ritenga superflue ulteriori assunzioni (cioè se un certo fatto è ormai provato non serve assumere altre prove confermative di quel fatto).

IL CONTRADDITTORIO SULLA PROVAL’ammissione va fatta in contraddittorio: le parti possono scambiarsi memorie e repliche con cui indicano le loro prove e controprove (183). Nel caso di prove d’ufficio, il giudice concede un termine per dedurre i mezzi istruttori che si siano resi necessari in conseguenza alle prove d’ufficio.Per le prove costituite, non è previsto alcun provvedimento ammissivo: basta il deposito in udienza o in cancelleria (87 disp. att.). La controparte può chiedere che il giudice non ne tenga conto.Nell’assunzione il contraddittorio è garantito dagli artt. 202 e ss., che impone che avvenga in udienza alla presenza dei difensori.Quanto alla valutazione della prova, le presunzioni possono derivare da qualsiasi fatto che sia indicativo delle circostanze da provare, quindi la parte non può sapere quali fatti il giudice prenderà in considerazione; la dottrina perciò sostiene che il giudice debba segnalare alle parti quali intende prendere in considerazione, cosicché possano interloquire sul punto. Tale opinione non è accolta dalla giurisprudenza.

PROVA DIRETTA E PROVA CONTRARIA 183.6La prova diretta prova i fatti che sono alla base della propria pretesa.La prova contraria mira a confutare i fatti dedotti dall’avversario, e può avere ad oggetto lo stesso fatto dedotto dall’avversario (es Tizio dice che Caio l’ha preso sotto, Caio dice che l’ha sfiorato), o un fatto nuovo e incompatibile con quello dedotto dalla controparte (es. Tizio dice che Caio l’ha preso sotto a Bologna; Caio dice che quel giorno era a Roma).

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LE PROVE ATIPICHEI mezzi istruttori previsti dal codice sono un numero chiuso o sono ammesse prove non nominate?Negli anni ’70 la giurisprudenza avallò la tesi che legittima l’uso delle prove atipiche, perché il codice non contiene una norma che ne escluda l’uso e perché è previsto l’uso dell’indizio come mezzo di prova, e l’indizio è un mezzo atipico. Inoltre dal diritto alla prova consegue che la parte possa usare ogni mezzo utile a dimostrare la fondatezza della propria pretesa.NB sono ammesse le prove atipiche che però siano acquisite con i procedimenti previsti dalla legge. È atipico il mezzo di prova, ma non il procedimento di acquisizione dello stesso, altrimenti si viola il divieto di impiego della scienza privata del giudice di cui al 97 disp. att.Prove atipiche:- testimonianza stragiudiziale: resa fuori dal processo, acquisita mediante il documento che la contiene;- la motivazione di una sentenza che accerti un determinato fatto può essere usata per provare quel fatto;- prove assunte in un altro processo. Secondo Ricci non si possono usare prove assunte in un altro processo, perché ciò contrasta con il principio del contraddittorio e della difesa, per i quali il giudice deve sentire personalmente il teste. La cassazione tuttavia ne ammette l’uso;- accertamenti di fatto contenuti nella consulenza tecnica: le relazioni del consulente tecniche a volte contengono non solo la risposta ai quesiti posti dal giudice, ma anche ulteriori accertamenti. Tali accertamenti sono usabili come prove atipiche;- nuovi mezzi messi a disposizione dal progresso scientifico (es. esame del dna).

Alcuni hanno sostenuto che le prove atipiche abbiano efficacia di argomento di prova. In realtà il valore delle prove atipiche non è sempre identico: ognuna di esse va valutata caso per caso e potrebbe quindi essere quello di prova liberamente valutabile oppure essere quello di argomento di prova (dunque valore minimo).

LE PROVE ILLEGITTIMAMENTE ACQUISITEIl codice del processo penale prevede l’inutilizzabilità della prova acquisita in violazione dei divieti di legge. Il cpc non lo prevede, ma la dottrina aveva detto che i vizi sull’assunzione della prova rendono quest’ultima inefficace. La giurisprudenza tuttavia sosteneva la tesi dell’irreversibilità delle acquisizioni istruttorie, per cui ogni prova, anche illegittimamente acquisita, può essere tenuta in considerazione. Oggi la disciplina di diritto vivente si è evoluta, e occorre valutare ciascun tipo di prova illecita.- La prova inammissibile (contra 2721 ss. o 246 cpc o 2739) è inutilizzabile.- La prova viziata nell’acquisizione è inutilizzabile. Un vizio di acquisizione si ha ad esempio se un documento è stato allegato agli atti pur non essendo stato depositato in cancelleria o in udienza..- Le prove lesive di diritti costituzionali (ad es. il deposito in causa di corrispondenza sottratta fraudolentemente alla controparte, o la registrazione di una conversazione altrui fatta di nascosto)

I rimedi contro l’impiego di prove illecite sono in primo luogo la non ammissione da parte del giudice. Però le prove documentali non abbisognano di ammissione, bastando il loro deposito. È dunque necessaria l’eccezione di parte.E se viene ammessa una prova costituenda illecita? Secondo la giurisprudenza l’ordinanza di ammissione è affetta da nullità relativa, rilevabile entra la prima difesa (157) su istanza della parte contro cui la prova è prodotta. La dottrina preferisce la sanzione della nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado.

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SEZ. 2 – LE PROVE STORICHE PRECOSTITUITE

1 - DOCUMENTI INDIRETTI:

1.1) L’ATTO PUBBLICODocumento redatto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede (2699). L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale, delle dichiarazioni dalle parti in esso contenute e dei fatti che il pubblico ufficiale dichiara avvenuti in sua presenza. NB non fa piena prova della veridicità delle dichiarazioni delle parti: tali elementi sono liberamente valutabili, e non fa piena prova nemmeno delle eventuali valutazioni che il pubblico ufficiale abbia compiuto (ad esempio che le parti erano capaci d’intendere e di volere), quindi se una parte vuole smentire una qdi queste cose non occorre che promuova la querela di falso.L’atto pubblico effettuato dal pubblico ufficiale incompetente o incapace si converte in scrittura privata se ci sono le sottoscrizioni delle parti (è la c.d. conversione formale, diversa da quella materiale del contratto nullo di cui al 1424 c.c.).

1.2) LA SCRITTURA PRIVATADocumento sottoscritto dalla parte. La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale è prodotta riconosce materialmente la sottoscrizione o se questa è legalmente riconosciuta.Il riconoscimento materiale (215) può essere espresso o tacito. È tacito quando il sottoscrittore è contumace, o se la disconosce o se nella prima udienza o risposta successiva alla produzione della scrittura non dichiara di non conoscerla.

Il disconoscimento (214) può concernere la sottoscrizione o la scrittura. Nel primo caso si contesta la provenienza della scrittura (Tizio dice che non ha firmato lui); nel secondo si contesta il suo contenuto (Tizio dice che quando ha firmato, il contenuto era diverso). Il disconoscimento è una contestazione formale che deve essere specifica, non generica (può essere generico solo se fatto dagli eredi).Con il disconoscimento la scrittura perde ogni efficacia, che può essere ristabilita solo con la verificazione (216)

Il riconoscimento legale (2703) si ha quando la sottoscrizione è autenticata dal pubblico ufficiale a ciò autorizzato, il quale dichiara che la sottoscrizione è apposta in sua presenza.

La scrittura privata può produrre effetti nei confronti dei terzi solo se ha data certa. La data certa si ha solo se la scrittura è autenticata o registrata dall’ufficio di registro, o se l’autore è morto dopo quella data, o se l’atto è stato riprodotto in un atto pubblico. Solo in questi caso la data è certa; è escluso ogni altro mezzo di prova.

La verificazione della scrittura privata (216-220) è un procedimento cui si fa luogo in due ipotesi:- in via incidentale se una scrittura priva è disconosciuta. L’istanza di verificazione può essere proposta fino all’udienza di conclusioni. Chi propone l’istanza deve dimostrare la provenienza della sottoscrizione. Il tipico (ma non unico) mezzo istruttorio che si impiega sono le scritture di comparazione: scritture della parte da cui si afferma provenire la sottoscrizione che vengono usate per accertare eventuali similitudini. Sono ammesse come scritture di comparazione solo le scritture riconosciute dalla parte che colui che propone l’istanza di verificazione afferma esserne l’autore, nonché quelle la cui sottoscrizione è accertata per sentenza o per atto pubblico (217.2).Il codice parla di ammissioe delle scritture di comparazione, ma in realtà vengono semplicemente depositate. Successivamente il giudice le selezione secondo i criteri appena esposti.Altro mezzo istruttorio tipico è la consulenza tecnica di un grafologo.- In via principale (216.2), cioè con un autonomo giudizio. Non ha a che fare col disconoscimento; il suo presupposto è l’interesse ad agire, e il caso di scuola è quello in cui la scrittura debba essere trascritta o sia la base per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Serve un atto di citazione, e il resto del procedimento è identico alla fattispecie proposta in via incidentale, ma, se il convenuto riconosce la sottoscrizione, le spese sono a carico dell’attore.

LA QUERELA DI FALSO (221-227) serve a dirimere l’efficacia di piena prova dell’atto pubblico e della scrittura privata autenticata o riconosciuta (però non anche della scrittura privata verificata giudizialmente).

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Può essere proposta in via principale o incidentale, ma anche in quest’ultimo caso è sempre un giudizio autonomo rispetto alla causa di merito. Nel primo caso serve un atto di citazione, nel secondo una dichiarazione da unire al verbale d’udienza. Se proposta in via incidentale, la procedibilità è subordinata a tre formalità: l’interpello, l’autorizzazione del giudice e la rilevanza del documento per il processo (222). Con l’interpello, il giudice chiede, alla parte che ha prodotto il documento, se intende valersene in giudizio (se la risposta è positiva il giudizio di falso può proseguire, altrimenti no).È competente il tribunale in sede collegiale (225) ed è richiesto l’intervento del pm (221.3). La querela va presentata dalla parte personalmente o a mezzo procuratore speciale (221.2). La decisione sulla querela può essere fatta insieme al merito o essere rimessa parzialmente al collegio.Il resto del procedimento è identico per i due tipi di querela di falso:- si forma il processo verbale di deposito del documento impugnato nelle mani del cancelliere, che deve contenere la descrizione dello stato del documento (cancellature, abrasioni, scritture interlineari e altre particolarità) (223).- la querela di falso è proponibile non solo contro l’originale del documento, ma anche contro una sua copia autenticata, che ha la stessa efficacia dell’originale (2714). Però bisogna procurarsi la disponibilità dell’originale, soprattutto in funzione dei provvedimenti che il giudice può emettere solo in riferimento all’originale.L’originale va quindi sequestrato e depositato in cancelleria, lasciato in pubblico sequestro presso il depositario.Il procedimento si chiude con sentenza (226, vedi il contenuto) e il giudice può disporre i provvedimenti di cui al 637 c.p.p.: cancellazione, ripristinazione, riforma del documento.

I rapporti tra verificazione della scrittura privata e querela di falsoProblema: una sottoscrizione viene disconosciuta, ma poi viene verificata con esito positivo e si ripristina così l’efficacia di prova legale della scrittura. È proponibile una querela di falso contro la scrittura?Se la verificazione fosse un incidente meramente istruttorio la querela di falso sarebbe proponibile; se fosse un autonomo giudizio sul merito con efficacia di giudicato sostanziale invece no.Depone nel primo senso (incidente istruttorio) la norma che legittima la proponibilità della verificazione sulla base della sola procura alle liti ex 83 senza bisogno di mandato speciale come invece serve per la querela di falso.Depone nel secondo senso (autonomo giudizio) il 220, che stabilisce la competenza funzionale del tribunale e non semplicemente quella del giudice adito.La dottrina prevalente sostiene il carattere di autonomo giudizio; ma questa tesi porta alla conclusione che il documento verificato è più forte del documento autenticato dal notaio, perché contro il primo non è proponibile querela di falso mentre contro il secondo sì. Ciò non convince.

1.3) ALTRI DOCUMENTI INDIRETTI:- Telegramma (2705 e 2706): se sottoscritto, ha l’efficacia probatoria della scrittura privata; se non sottoscritto, la parte contro cui è prodotto può contestarlo. Se viene usato dal mittente per provare un fatto da lui addotto, vale come prova presuntiva (2729): il destinatario può dare prova contraria; ciò perché la scrittura privata non può mai essere invocata a favore di chi l’ha sottoscritta.

- Scritture dell’impresa (2214, 2709-2711): libro giornale, libro degli inventari e altre scritture richieste dalla natura dell’impresa. Possono sempre essere usate come prova contro l’imprenditore, anche nei rapporti con chi non è imprenditore. Possono essere usate a favore dell’imprenditore solo se regolarmente tenute e solo nei rapporti tra imprenditori.

- Annotazione in calce, in margine e a tergo di un documento (2708): la legge considera il caso della dichiarazione liberatoria fatta dal creditore sul documento relativo alla sussistenza del credito, o di una sua copia in possesso del debitore. In tali casi, la dichiarazione (ancorché non sottoscritta, perché se fosse sottoscritta varrebbe come scrittura privata) prova la liberazione. È una prova presuntiva liberamente valutabile ed è ammessa prova contraria.

- Scritti dei terzi: finora si è parlato di documenti redatti dalle parti. Di regola, il terzo può dare un contributo solo con la testimonianza orale e la testimonianza scritta (244, 257bis, 819ter). Quando si parla di scritti del

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terzo si allude ai casi che esorbitano quelli appena citati: scritti compilati al di fuori del giudizio per spontanea volontà, senza che un provvedimento del giudice glielo imponga o consenta.Solo in tempi recenti (con l’affermarsi delle prove atipiche) ne è ammesso l’uso:- scritti di terzi privati: valgono come presunzioni, ma è sufficiente che la parte contro cui sono prodotti li contesti.- scritti redatti da un pubblico ufficiale non fidefacente: la giurisprudenza vi attribuisce il valore dell’atto pubblico. Ricci contesta questa tendenza perché i 2699 ss. sono eccezionali, non interpretabili per analogia, quindi tali scritti sarebbero prove sottoposte al libero apprezzamento, eliminabili con una controprova (non serve la querela di falso).

2 - DOCUMENTI DIRETTI

2.1) RIPRODUZIONI MECCANICHERappresentazioni dei fatti attraverso fotografia, cinematografia, riproduzioni grafiche e ogni altro mezzo di rappresentazione meccanica; inoltre anche le riproduzioni informatiche (con un d.lgs. del 2005), ma la disciplina di queste è diversa.Il 2712 dice che fanno piena prova finché la parte contro cui sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti (il disconoscimento non soggiace alle formalità di cui al 214 e 215, che valgono solo per la scrittura privata), eliminandone così ogni valore di prova (alcuni dicono che resta liberamente valutabile). L’efficacia probatoria può essere ripristinata solo con una consulenza tecnica, o con un esperimento giudiziale.

2.2) COPIE AUTENTICHE DI ATTI3 ipotesi:- 2714: copia autentica di atto pubblico rilasciata dal depositario dell’originale;- 2715: copia autentica di scrittura privata rilasciata dal depositario dell’originale;- 2719.Le copia hanno la stessa efficacia degli originali.

2.3) DOCUMENTI ELETTRONICI- Telex: messaggio trasmesso in originale con telescrivente. Si applica il 2712.- Telefax: riproduzione (quindi copia) del messaggio originale trasmesso con un sistema elettronico. Si applica la seconda parte del 2719: copia non autenticata.- Documento informatico: se non sottoscritto ha l’efficacia probatoria di cui al 2712; se sottoscritto con firma elettronica è liberamente valutabile dal giudice; se sottoscritto con firma digitale fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da parte di chi lo ha sottoscritto.

L’INGRESSO DELLE PROVE DOCUMENTALI NEL PROCESSO- La “produzione” dei documenti avviene con il deposito degli stessi da effettuarsi con gli atti introduttivi oppure successivamente, in cancelleria o in udienza.- Se la parte che intende produrre un documento non ne ha la disponibilità può fare istanza di esibizione (210 ss.), la quale viene ordinata dal giudice se ricorrono i presupposti di cui all’art. 118: documento indispensabile per conoscere i fatti di causa; esibizione fattibile senza grave danno per la parte o il terzo che detiene il documento; non violazione dei segreti di cui agli artt. 351 e 352 c.p.p.. L’istanza deve contenere l’indicazione specifica del documento e la prova che la parte o il terzo lo posseggono. Nel caso di ordine di esibizione nei confronti del terzo, il giudice può ordinare alla parte istante di citare il terzo nel processo per instaurare un contraddittorio. Se la parte non cita il terzo, decade del diritto di chiedere l’esibizione. Se l’ordine di citare il terzo non è emesso, il terzo può comunque intervenire nel processo.Se la parte non esibisce il documento, tale contegno rileva ai fini del 116.2. Se non lo esibisce il terzo, non è prevista alcuna sanzione.- Un istituto simile all’ordine di esibizione è la richiesta di informazioni alla p.a. (213), applicabile sono se non sono applicabili i 210 e 211

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SEZ. 3 – LE PROVE STORICHE COSTITUENDE

1) LA PROVA TESTIMONIALE 244 e ss.La testimonianza è la narrazione di un fatto, non anche di valutazioni od opinioni.1) La prova testimoniale va richiesta dalla parte (d’ufficio solo in casi eccezionali: 257, 262, 281ter), mediante indicazione specifica delle persone e dei fatti sui cui ciascuna deve essere interrogata. I fatti vanno indicati articolo per articolo, per evitare interrogazioni generiche (244).2) Il giudice può ridurre le liste dei testimoni (245.1), depennando i testimoni che non possono essere sentiti perché portatori di un interesse (246), e le liste dei fatti eliminando gli articoli irrilevanti o inammissibili (2721).

- Limiti soggettivi alla prova testimoniale (persone che possono testimoniare): il 246 stabilisce che le persone che hanno un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio (105) sono incapaci di testimoniare. Il minore è capace di testimoniare (il limite di cui al 248 è dichiarato incostituzionale), ma la controparte può fare osservazioni sulla sua inattendibilità. Il testimone può rifiutarsi di testimoniare solo per segreto professionale e d’ufficio (249), altrimenti può esserne disposto l’accompagnamento coatto in udienza e la sanzione pecuniaria.- Limiti oggettivi: il c.c. prevede che non possano essere provati per testimoni i contratti (e con essi anche gli atti d’adempimento e di rimessione del debito) che superino il valore di 5000 lire (2,58 euro), ma tale limite non è più applicato. In presenza di un documento che provi un contratto, è vietata la prova di patti aggiunti al documento stipulati anteriormente o contemporaneamente al documento (2722): la ratio è che pare verosimile che, se tali patti vi fossero stati, le parti li avrebbero riversati nel documento. Solo il patto successivo può essere provato per testimoni, ma si richiede che tale aggiunta sia verosimile (2723).Non è ammessa la prova per testimoni dei contratti che richiedono forma scritta ad probationem o ad substantiam (2725), se non nel n3 dell’art. 27242724: la prova per testimoni è ammessa in ogni caso: 1) quando c’è un principio di prova per iscritto, o 2) quando il contraente è nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta, o 3) quando il contraente ha perduto senza sua colpa il documento che gli forniva la prova.

3) Ammessa la prova, i testimoni vanno citati a comparire, dalla parte che li ha richiesti, con atto d’intimazione, da comunicare loro almeno 7 giorni prima dell’udienza, pena la decadenza dalla prova, da pronunciarsi anche d’ufficio a meno che l’altra parte non abbia interesse all’audizione. (103 e 104 disp. att.).4)Il teste deve giurare seconda la formula del 251 e viene interrogato dal giudice, non dalle parti, secondo la lista dei fatti redatta per articoli. Secondo il c.d. potere di chiarimento, il giudice può rivolgergli , d’ufficio o su istanza di parte, anche domande ulteriori a quelle indicate nella lista, purché pertinenti.Le risposte false o reticenti integrano il reato di falsa testimonianza (256 cpc e 372 cp). La testimonianza fallace (verità putativa) non è punita.Se il teste fa riferimento ad una terza persona, il giudice può chiamarla a testimoniare d’ufficio (teste per relationem, 257.1).

La testimonianza scrittaLa novella del 2009 ha introdotto il 257bis (simile al 816ter sull’arbitrato), che ammette la testimonianza scritta nel processo civile. Una volta ammessa la prova (punto 3 supra), se v’è istanza di entrambe le parti, il giudice può optare per la testimonianza scritta, sulla base della natura della causa e di ogni altra circostanza (parametri molto generici).La testimonianza scritta va redatta su un apposito modulo, predisposto dal richiedente e conofrma al modello approvato dal Ministero.Ricci critica apertamente la testimonianza scritta, perché non offre le garanzie di completezza che offre invece quella orale e perché pulò risolversi in una perdita di tempo: il giudice, una volta letta la testimonianza scritta, può sempre chiamare il teste a testimoniare oralmente. Servono due udienze: quella per la raccolta della testimonianza scritta e quella per l’audizione orale, quando se ne può fare direttamente una sola. Se poi il giudice non vuole sentire il teste oralmente, c’è il rischio che la testimonianza scritta non produca gli esiti che avrebbe prodotto quella orale, resa in contraddittorio in udienza, anche considerate le rigide prescrizioni di cui agli artt. 257bis cpc e 103 bis disp. att..

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2) LA CONFESSIONEÈ la dichiarazione di fatti sfavorevoli alla parte che la rende e favorevoli alla controparte (2730.1). Può essere giudiziale (e risulterò dagli atti di causa) o stragiudiziale (va provata nel processo: quindi bisogna provare un fatto, la confessione, che è a sua volta prova di un ulteriore fatto: si dice perciò che la confessione stragiudiziale è probatio probanda, prova da provare).La confessione, giudiziale o stragiudiziale che sia, FA PIENA PROVA (il giudice deve ritenere vero il fatto confessato), purché non verta su fatti inerenti a diritti indisponibili, sennò si configurerebbe come un atto di disposizione. Per lo stesso motivo, può confessare chi può disporre del diritto (a pena di inefficacia della confessione): ne consegue che ne il minore ne il fallito possono confessare (2731). CASI PARTICOLARI:- la confessione resa da alcuni dei litisconsorti necessari non ha valore di prova legale, ma è rimessa alla libera valutazione del giudice (2733.3).- Lo stesso valore ha la confessione stragiudiziale resa ad un terzo o contenuta in un testamento (2735)- La confessione complessa (2734), cioè quella che contiene, oltre al fatto confessato, anche ulteriori fatti volti ad infirmare (confutare) il fatto confessato (es tizio confessa di essere debitore del debito di 100, ma aggiunge che il debito è prescritto), fa piena prova nella sua integrità se la controparte non la contesta (cioè il creditore deve contestare la confessione, altrimenti il giudice deve ritenere il debito prescritto). Se la contesta, è liberamente valutabile dal giudice.La confessione non può essere REVOCATA, se non per errore di fatto o violenza (2732). Nel primo caso bisogna dimostrare che l’errore ha indotto il soggetto a confessare un fatto non vero. Nel secondo, la revocabilità sussiste anche se il soggetto confessa un fatto vero, perché la confessione deve essere spontanea.SULLA CONFESSIONE GIUDIZIALE:- la confessione spontanea può essere contenuta in qualunque atto processuale sottoscritto dalla parte (es. anche nel verbale d’udienza), tranne che nell’interrogatorio libero: le risposte date in quella sede non hanno valore confessorio, ma di argomento di prova, a meno che la parte non dichiari di voler effettuale una confessione (229).- la confessione non spontanea può essere provocata da interrogatorio formale (230), col quale si mira ad ottenere chiarimenti (mentre con quello libero si mira ad ottenere prove legali). L’interrogatorio libero può essere effettuato anche nei confronti di una sola parte (quello formale invece presuppone la presenza di ambo le parti, e il loro interrogatorio in contraddittorio).

3) IL GIURAMENTODichiarazione giurata che la parte fa di fatti a se favorevoli, con efficacia di prova legale (il giudice deve ritenere per vero il fatto su cui la parte ha giurato), senza possibilità di prova contraria (2738.1). Anche se il giuramento è FALSO, la sentenza non può essere revocata ex 395n2, ma alla parte si potrà concedere il risarcimento del danno causato dall’ingiusta soccombenza e lo spergiurante è responsabile penalmente per falso giuramento (371 c.p.).

L’unica ipotesi in cui il giuramento è liberamente valutabile dal giudice è quella del giuramento prestato solo da alcuni dei litisconsorti necessari.

LIMITI soggettivi: non può riferire o deferire giuramento la parte che non ha la capacità di disporre del diritto.Limiti oggettivi: non si può giurare su diritti indisponibili, fu fatti illeciti, su contratti che richiedono la forma scritta ad substantiam, su atti pubblici (il giuramento non può sostituire la querela di falso).

DUE TIPI: (2376)- Decisorio: è deferito da una parte all’altra, per farne dipendere la decisione (totale o parziale), della causa.Può essere deferito solo ad istanza di parte, in qualunque stato della causa, davanti al giudice istruttore (233). Va dedotto in articoli separati, in modo chiaro e specifico.Colui al quale è deferito giuramento ha 3 possibilità:

- Prestare giuramento;- Evitare di giurare, e riferire il giuramento all’avversario;- Se senza giustificato motivo non compare all’udienza o non vi presta giuramento, soccombe sul punto di fatto oggetto del giuramento (239).

La legge, in deroga al principio secondo cui la prova dedotta diventa comune alle parti (cioè, una volta che una prova è dedotta, la parte che l’ha prodotta non può revocarlo, perché la prova diventa anche della controparte, es. 245), stabilisce che il deferimento o riferimento del giuramento è revocabile fino a quando

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l’avversario non si dichiari pronto a giurare (235). In ogni caso, se il giudice ha modificato la formula di giuramento proposta dalla parte, il giuramento è sempre revocabile.

- Suppletorio: deferito per decidere la causa se la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate ma non sono nemmeno del tutto sfornite di prova. Nel giuramento suppletorio si trova la specie del giuramento estimatorio, deferito per stabilire il valore della cosa domandata se non si può accertarlo altrimenti.Può essere deferito solo dal giudice e solo in sede decisoria (240). Se è estimatorio, il giudice deve determinare la taxatio, cioè il limite massimo di valore che la parte può dare alla cosa (241), inoltre non può mai essere riferito (242).

L’ASSUNZIONE DELLE PROVE COSTITUENDELa prova costituenda deve essere ammessa con provvedimento, e poi assunta in giudizio: L’assunzione è regolata dagli artt. 202 e ss.La prova va assunta in una o più udienza successive, alle quali le parti possono assistere (206).Se la parte ad istanza della quale la prova deve iniziare o proseguire non si presenta, il giudice la dichiara decaduta dalla prova, a meno che l’avversario non insista per farla assumere (perché la prova ammessa diviene comune alle parti) (208).Il 209 reogla la chiusura dell’assunzione, che si ha in 3 casi:- esaurimento dell’assunzione (tutte le prove sono state espletate);- non vi sono altre prove da assumere a seguito della decadenza di cui 208;- il giudice ritiene superflue ulteriori assunzioni (superflue in quanto meramente rafforzative dell’esito di quelle già espletate, non anche quando possono far cambiare il convincimento del giudice).

Il 203 regola la c.d. prova delegata, quella espletata fuori dalla circoscrizione del tribunale presso il quale si svolge la causa, mediante delega al giudice del luogo, il quale assumerà la prova e rimetterà il verbale di assunzione al giudice delegante. Si può ricorrere alla prova delegata solo se il giudice è impossibilitato ad assumerla personalmente (non basta una “difficoltà”, serve impossibilità).

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SEZ. 4 – LE PROVE CRITICHE

LA PROVA PRESUNTIVAIl 2727 introduce nel nostro ordinamento le presunzioni legali e quelle semplici, dicendo che le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato.Le prove critiche, o prove presuntive, o indizi o prove indiziarie, sono regolate dal c.c. che le chiama presunzioni semplici, art. 2729, ai sensi del quale il giudice può usare solo presunzioni gravi precise e concordanti. Con ciò si fa riferimento alla particolare ponderazione, prudenza, che il giudice deve usare nel ragionare mediante presunzioni. Osservazioni:- il valore delle prove presuntive non è inferiore a quello delle prove storiche: sono parimenti liberamente valutabili dal giudice (con l’unica differenza che deve usare particolare prudenza), infatti se soddisfano i requisiti di gravità, precisione e concordanza possono da sole fondare la decisione, anche in mancanza di prove storiche, e pure prevalendo su di queste.- quando il 2729 dice che le presunzioni devono essere concordanti, sembra implicitamente imporre che debbano esservene più d’una, escludendo l’utilizzo della prova presuntiva quando ve ne sia una sola. Nel processo civile (diversamente da quello tributario) non è così: la concordanza è un requisito solo eventuale, che va rispettato solo allorché vi siano più presunzioni, le quali dovranno essere concordanti. Può tuttavia ben esservene solo una.

Presunzioni giurisprudenzialiSono delle presunzioni semplici in cui il passaggio inferenziale da un determinato fatto noto ad un determinato fatto ignoto si è ripetuto varie volte nella prassi dei giudici, fino a dar luogo ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, del tenore tale per cui accertato un determinato fatto noto, i giudici ne desumono sempre lo stesso fatto ignoto. Esempi: nel caso dell’actio negatoria servitutis, i giudici presumono sempre che il fondo sia libero da vincoli (fatto noto: tizio proprietario che agisce con l’actio negatoria; fatto ignoto presunto: il fondo è libero da vincoli).Le presunzioni giurisprudenziali non possono mai essere vincolanti: il giudice del caso concreto, se ritiene di doversi discostare dal ragionamento inferenziale consolidato perché non vi sono elementi sufficienti a far desumere il fatto ignoto da quello noto, può e deve discostarsi dal precedente giurisprudenziale.

Le prescrizioni presuntiveL’art. 2754 regola questa fattispecie, in cui viene disposta una presunzione legale di pagamento a fronte del decorso del tempo per determinati tipi di obbligazioni. Le prescrizioni presuntive ammettono prova contraria (il loro effetto è appunto quello di invertire l’onere della prova).

GLI ARGOMENTI DI PROVAIl 116.2 dice che il giudice può trarre “argomenti di prova” dalle risposte che le parti gli danno in sede di interrogatorio liberi, dal loro rifiuto a consentire ispezioni o dal loro generale contegno nel processo.Gli argomenti di prova sono elementi non autosufficienti per decidere, neppure in cumulo tra loro: possono solo rafforzare un ragionamento svolto sulla base di prove (anche solo presuntive).Alla stregue di argomenti di prova vanno valutate le prove raccolte nel processo estintio (310.3), perché il giudice del secondo processo non ha avuto con esse un contatto diretto. Se le prove del processo estinto fossero valutate come prove anche nel secondo processo l’istruzione probatoria non sarebbe informata al principio di immediatezza. Per gli stessi motivi si ritiene che, anche se il codice non lo dice espressamente, debbano essere valutate solo come argomenti di prova anche le prove raccolte in un altro processo, benché non estinto, come pure le prove raccolte dal giudice incompetente e da quello privo di giurisdizione.

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SEZ. 5 - ISPEZIONE GIUDIZIALE E INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO

L’ISPEZIONECarnelutti classificava le prove in tre parti: l’ispezione come prova diretta (perché ha ad oggetto il fatto da provare); le prove indirette (o storiche o rappresentative, che hanno ad oggetto la rappresentazione del fatto da provare); le prove critiche (cioè le presunzioni, che hanno ad oggetto un fatto da cui si ricava quello da provare).Ricci contesta questa costruzione nella parte in cui riconosce natura probatoria all’ispezione, la quale non è una prova, ma fa piuttosto parte dell’accertamento del giudicante, della scienza del giudice. L’impiego della scienza del giudice sta al di fuori del momento probatorio, come attesta il 115.2 secondo cui notoria probationem non egent.

I PRESUPPOSTI DELL’ISPEZIONE sono- l’indispensabilità della stessa per conoscere i fatti di causa;- il fatto che questa possa svolgersi senza grave danno per le parti o i terzi;- il fatto che non comporti violazione del segreto professionale, del segreto d’ufficio e di quello di Stato.

Può essere rivolta ad una parte o ad un terzo. Se la parte la rifiuta, ciò è valutato come argomento di prova (118.2); se la rifiuta il terzo, gli si può applicare una pena pecuniaria da 250 a 1500 euro (118.3).Può essere REALE O PERSONALE, a seconda che abbia ad oggetto un luogo o una cosa (mobile o immobile) o una persona fisica.Quella reale è regolata dai 258 e 259, che prevedono l’accesso al luogo da ispezionare o a quello in cui si trova la cosa. Il giudice deve provvedere personalmente all’indagine ispettiva, anche se va eseguita fuori dalla sua circoscrizione (può essere delegata solo per impossibilità)Quella personale va eseguita con ogni cautela volta a garantire il rispetto della persona (260).

Il giudice può disporre che vengano fatte riproduzioni meccaniche dell’oggetto dell’ispezione, e che si facciano esperimenti giudiziali (riproduzioni artificiali del fatto che si intende provare) (261). Riproduzioni ed esperimenti non sono mezzi di prova, ma mezzi integrativi della scienza del giudice, e non vi si applica la disciplina di cui all’art. 2712.

LE INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO (191 ss.)Il consulente ha la funzione di integrare la scienza del giudice, non quella di ricostruire il fatto quindi la consulenza non è un mezzo di prova.Il consulente normalmente è scelto tra quelli iscritti ad appositi albi, ma non esclusa la scelta di un consulente non iscritto (61). Il consulente può rifiutare formalmente almeno tre giorni prima dell’udienza (se è iscritto, serve un giustificato motivo).Nello stesso termine, può essere ricusato dalle parti per gli stessi motivi per cui il giudice può astenersi (63 che richiama il 51), il giudice provvede con ordinanza non impugnabile (192.2 e .3)Il consulente di regola è uno solo: la consulenza collegiale è ammessa nei soli casi previsti dalla legge (191). All’udienza, il consulente presta giuramento (193).L’attività del consulente può svolgersi in PIÙ MODI:- il giudice può devolvergli le INDAGINI (62 e 195), e partecipare o no a queste (194). L’ordinanza con cui il giudice gli devolve le indagini deve indicare i quesiti che il giudice sottopone al consulente (191). Delle indagini svolte, il consulente redige relazione scritta (p la relazione è messa a verbale in udienza, se le ha svolte insieme al giudice).- il consulente può ASSISTERE ALL’UDIENZA, istruttoria, sia collegiale, che in camera di consiglio (194 e 197), per fornire i chiarimenti opportuni (62) sulle indagini eseguite o su dubbi tecnici del giudice anche senza una previa indagine. Il consulente tecnico può essere assistito dai consulenti di parte per il rispetto del contraddittorio in materia tecnica. La violazione di questa garanzia difensiva comporta nullità della consulenza. Per garantire il contraddittorio, il consulente, prima di depositare in cancelleria la propria consulenza, deve comunicarla alle parti, le quali possono far pervenire osservazioni sulla consulenza, e il consulente dovrò commentare tali osservazioni redigendo una “sintetica valutazione sulle stesse”.