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Riassunto di Geografia Economica

Riassunto del libro

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GLOBALIZZAZIONE

Per globalizzazione si intendono un insieme di processi che hanno dato vita a mutamenti nelle

relazioni umane e geografiche, che sembrano oggi espandersi ( su una scala geografica sempre più

estesa ), accelerarsi ( informazioni, idee e mode che si spostano molto velocemente da una parte

all‟altra del mondo ) e interconnettere sempre più luoghi separati da enormi distanze.

Il termine globalizzazione assume molteplici e differenti significati, dal punto di vista geografico

può essere considerato come un cambiamento di scala nell‟organizzazione di molti fenomeni (

problemi geografici di scala globale come l‟effetto serra, crisi economiche che si diffondono

rapidamente ). La globalizzazione è un insieme di processi che tende a ridurre l‟importanza della

distanza accelerando, ampliando e intensificando le relazioni fra soggetti localizzati in differenti

aree del mondo ( La distanza fisica continua a mantenere una certa rilevanza ). La globalizzazione

prende forma in maniera geograficamente e socialmente squilibrata.

Il Neoliberismo è una corrente politica e un‟ideologia socio-economica che ritiene che le forze del

libero mercato siano da sole in grado di generare crescita e uno sviluppo equo. Si tratta

sostanzialmente di una deregolamentazione dei mercati, privatizzazione dei servizi pubblici e

riduzione di tasse e abbattimento di ogni barriera al commercio. Oggi spesso si ritiene che il

neoliberismo sia fonte di molti squilibri nel mondo che hanno portato l‟egemonia di alcuni paesi e

l‟esclusione e la povertà di altri

I molteplici aspetti della globalizzazione

Gli effetti della globalizzazione non si manifestano solo sul settore economico, ma anche sulle

attività umane che avranno un ritorno sull‟economia stessa.

La Globalizzazione del sapere scientifico fa si che ci sia una base scientifica sia frutto di

cooperazione internazionale e che non appartenga esclusivamente a una singola nazione. Sta poi

alle imprese aggiungere “localmente” quei prodotti e quei processi innovativi che la renderanno

competitiva sul mercato.

La Globalizzazione ambientale, la cui manifestazione più palese è l’effetto serra. Tuttavia i

mutamenti ambientali producono effetti sulla biosfera minacciando la biodiversità e variando la

diffusione di malattie nel mondo.

La Globalizzazione culturale, i caratteri culturali specifici delle diverse società vanno via via

scomparendo a favore di un‟unica cultura derivante da un sistema di interazioni con il territorio

globale del pianeta. ( il numero di lingue parlate per esempio va diminuendo ).

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La Globalizzazione geopolitica vede molti Paesi del mondo sempre più soggetti alle decisioni

politiche di altri aventi maggiore influenza ( potenze come gli USA ). L‟esistenza di organizzazioni

internazionali è parte di questi processi di globalizzazione. Per contro nel mondo prendono vita

anche molti conflitti locali e c‟è un processo di armamento nucleare che rende più instabile il

sistema mondo.

L’idea di un sistema-mondo e la vecchia divisione internazionale del lavoro

Analizzare le modalità e le ragioni per cui determinati settori industriali o fasi del ciclo produttivo si

concentrano in determinate regioni geografiche. Nel dopoguerra: analisi delle relazioni commerciali

mondiale: l‟export dei paesi più poveri comprendeva soprattutto materie prime e semilavorati,

mentre quelli più ricchi si riferivano a prodotti industriali con elevato contenuto tecnologico

L’analisi di Immanuel Wallerstein

- Esiste un centro dell‟economia mondiale, costituito dai Paesi che assumono un ruolo

dominante. Qui vi sono relazioni molto intense e la circolazione di informazioni avviene in

maniera molto rapida. Queste sono le aree maggiori di mercato e di produzione.

- La periferia si colloca in una posizione subordinata rispetto al centro, le relazioni sono più

sporadiche e semplici. Questi Paesi sono caratterizzati spesso da arretratezza tecnologica e

da instabilità politica

- La semi-periferia si trova in una situazione intermedia rispetto alle precedenti. Questi Paese

presentano una dipendenza tecnologica e relazioni meno complesse rispetto a quelle del

centro. Il sistema-mondo si presenta abbastanza dinamico da poter assistere ( per esempio )

a passaggi di Paese da situazioni di centro/periferia a situazioni di semi-periferia.

La nuova divisione internazionale del lavoro

La nuova analisi si sposta dalla precedente divisione tra centro e periferia, alla nuova divisione

caratterizzata dalla frammentazione dei processi produttivi a scala mondiale. Spesso le

multinazionali a partire dagli anni‟80 hanno avviato un processo di decentramento delle attività

produttive ( per utilizzare mano d‟opera a basso costo ). Vi sono essenzialmente tre cause per cui è

avvenuto questo cambiamento di scala ( frammentazione dei processi produttivi )

1. La prima causa è il grande bacino di lavoratori che si è costituito a causa della rivoluzione

verde degli anni „50 soprattutto nel sud est asiatico.

2. Possibilità di frammentare i processi produttivi, come conseguenza della divisione tecnica in

compiti sempre più specifici a partire dal fordismo ( esempio palese la catena di montaggio )

3. La presenza di reti di trasporto e reti di comunicazioni efficienti che nel tempo si sono

evolute riducendo i costi e i tempi per lo spostamento di persone e cose.

ECONOMIA E AMBIENTE NATURALE

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Il termine ambiente indica l‟insieme delle condizioni e delle relazioni che permettono la vita degli

esseri viventi sulla Terra. L‟ambiente è costituito dalle caratteristiche fisiche ( come la temperatura,

le piogge, i fiumi ) e dagli esseri viventi ( tra i quali gli esseri umani ).

Ecosistema: insieme di vegetali e animali, collegati tra di loro e al loro ambiente fisico (rocce,

suolo, clima, acque) da una trama di relazioni necessarie per la loro sopravvivenza. L‟ecosistema è

soggetto a mutamenti come la comparsa o la scomparsa di una specie animale o vegetale

Geosistema insieme del nostro pianeta, le cui parti (litosfera, idrosfera, idrosfera biosfera) sono

legate tra loro da flussi di materia ed energia e funzionano come un sistema, mantenuto in equilibri

da una serie di cicli, Il geosistema si comporta come un sistema aperto, riceve energia dalla

radiazione solare e in piccola parte per via endogena.

Un sistema economico è un sottoinsieme dell‟ecosistema con cui ha relazioni in entrata e in uscita.

Il sistema economico destinato alla produzione e allo scambio di beni e alimenta una circolazione di

materia ed energia secondo tempi e modalità diverse da quelli dell‟ecosistema stesso e questo

provoca all‟ambiente delle alterazioni che possono essere reversibili ( se possono esserci

retroazioni riequilibratrici ) o irreversibili se allontanano definitivamente l‟ambiente dalla sua

situazione di equilibrio.

Il sistema economico alimenta una circolazione di materia ed energia secondo tempi e modalità

diverse da quelli dell‟ecosistema stesso e questo provoca all‟ambiente delle alterazioni.

Un problema sorto insieme all‟industrializzazione è costituito dall‟accelerazione che i processi di

trasformazione industriale hanno subito nell‟ultimo secolo. Il tempo che la natura ha a disposizione

per riequilibrare le alterazioni prodotte dalle trasformazioni industriali non è sufficiente. Il fatto che

si osservi solamente il breve periodo comporta la possibilità di danni ambientali nel lungo periodo.

Sorge dunque il problema ecologico, ossia il più grave problema di sopravvivenza che l‟uomo ha

incontrato sino ad oggi.

I cicli del geosistema

I cicli del geosistema sono il ciclo delle rocce ( avente tempi geologici centinaia di migliaia di

anni/milioni di anni ). Il ciclo della materia organica ( avente tempi annuali e decennali ) e il ciclo

dell’acqua ( avente tempi annuali ).

I tempi delle società umane possono invece essere distinte in: tempi lunghi della storia ( al massimo

qualche migliaia di anni ), tempi della vita umana ( decine di anni ) e tempi dell’economia ( ancora

più brevi e legati ai bilanci delle imprese al centro dell‟economia di mercato ).

Alterazioni dell’ecosistema

Le alterazioni prodotte dall‟uomo hanno riversato sull‟ambiente squilibri che minacciano la vita

dell‟intero pianeta: questo cambiamento prende il nome di global change. Il problema ecologico è

un aspetto importante della globalizzazione che non può essere affrontato da semplici politiche

locale, ma soprattutto da accordi internazionali.

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Tra i danni ecologici apportati all‟ambiente gli inquinamenti sono quelli più evidenti. I rifiuti non

sono più quelli della società primitiva, la plastica non può essere riassorbita nell‟ambiente in breve

tempo, pertanto viene considerata non riciclabile naturalmente. Un altro problema è l‟immissione di

particelle inquinanti nell‟atmosfere ( le polveri sottili ) e l‟inquinamento dell‟acqua.

L‟azione dell‟uomo produce anche danni all‟ambiente con un eccessivo consumo delle risorse

naturali, la sopravvivenza della specie umana è legata alle risorse naturali. In particolare è un

problema ecologico l‟eccessivo consumo di risorse non rinnovabili ( per non rinnovabili si

intendono risorse che richiedono tempi geologici per ricostituirsi )

Un altro problema rilevante è quello della perdita della biodiversità, il tasso di estinzione è

aumentato dal 1.000 al 10.000 volte quello normale a causa delle alterazioni ambientali causate

dall‟uomo.

L’economia e il problema ambientale

Le risorse giungono dal suolo e dall‟energia solare. Occorre fare una distinzione tra risorse

rinnovabili e risorse non rinnovabili. Le prime, ossia le risorse rinnovabili si riformano

costantemente ( risorse agricole, acqua, vento ). Le risorse non rinnovabili invece non si riformano

in breve tempo, esse impiegano tempi geologici per riformarsi, tempi assai più lunghi rispetto ai

tempi della storia umana ( materia prime minerarie, petrolio ).

Per fattore terra si intende l‟insieme delle risorse che il sistema economico preleva dal geosistema

( materie prime, suolo… ecc ), mentre il lavoro umano si distacca da queste risorse e viene

considerata come una risorsa a parte. Partendo dall‟antichità sino ad arrivare ad oggi l‟uomo con

l‟avanzare della tecnologia ha ridotto sempre di più il lavoro umano a scapito di una maggiore spesa

di fattore terra. ( Di conseguenza il fattore terra subisce una perdita di produttività, maggiore

utilizzo per pari quantità. )

L’impronta ecologica

Il consumo delle risorse si presenta molto maggiore nei paesi industrializzati. L‟impronta

ecologica è un denominatore che calcola l‟area del fattore terra e del mare necessaria per produrre

le risorse che consuma un paese e per assorbirne i rifiuti. ( si tiene conto delle importazioni e si

escludono le esportazioni )

Lo sviluppo sostenibile

Per sviluppo sostenibile s‟intende uno sviluppo capace di soddisfare le necessità e i bisogni del

presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.

1. Soddisfare i bisogni di tutti gli abitanti della Terra, poveri inclusi

2. Conservare per i posteri un ambiente senza gravi squilibri e uno stock di riserve adeguato

Lo sviluppo sostenibile si basa sostanzialmente su 3 principi fondamentali:

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- L’integrità del sistema: consiste nel mantenere integri gli ecosistemi e i geosistemi, non

soltanto limitando prelievi ed emissioni inquinanti, ma anche evitando alterazioni

irreversibili

- Efficienza economica: un sistema economico che produce distruggendo l‟ambiente è

inefficiente. L‟efficienza economica garantisce il massimo della produzione e dei consumi

compatibili con gli equilibri economici ( ossia senza provocare gravi squilibri )

- Equità sociale: che deve essere intra-generazionale, ossia all‟interno di una comunità in un

determinato tempo storico e inter-generazionale, ossia riferita alle generazioni future.

Nell‟idea di sviluppo sostenibile possiamo distinguere diversi concetti di sostenibilità quali:

- Sostenibilità ambientale: integrità dell‟ambiente senza compromettere gli equilibri

dell‟ecosistema o del geosistema

- Sostenibilità economica: perseguire l‟efficienza economica con un accurato utilizzo delle

risorse non rinnovabili

- Sostenibilità demografica: mantenere un numero di abitanti che permetta una qualità della

vita accettabile tenendo in considerazione la capacità di carico di un territorio

- Sostenibilità sociale: si basa sul concetto di equità sociale

- Sostenibilità geografica: evitare gli squilibri territoriali nella distribuzione della

popolazione, nelle attività economiche e negli insediamenti umani.

- Sostenibilità culturale: lo sviluppo deve avvenire lungo più direttrici e le culture vanno

conservate.

Agenda 21

L‟agenda 21 illustra i principali problemi che necessitano di una cooperazione internazionale:

- I consumi

- La distribuzione del reddito

- La sostenibilità dell‟agricoltura

- La protezione delle foreste

- La conservazione del patrimonio genetico

- Gli aiuti dei paesi più poveri

- La gestione delle acque

- La regolazione delle emissioni gassose

La green economy

La green economy è un modello di economia che propone un nuovo tipo di rapporto tra le attività

economiche e l’ecosistema naturale. Non è una proposta semplice di riduzione dei consumi, ma la

green economy osserva anche l‟impatto ambientale e le conseguenze delle attività sostenibili.

Spinge a favore della valorizzazione delle risorse locali, delle fonti di energia alternative,

dell‟utilizzo dei territori sotto-utilizzati.

LA POPOLAZIONE

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A partire dalle rivoluzioni agricole e industriali del XVIII secolo la popolazione del pianeta ha

subito un forte incremento che continua anche ai giorni nostri. Questo rapido aumento venne

denominato esplosione demografica. Il tasso di crescita è l‟incremento percentuale annuo rispetto

alla popolazione totale, attualmente si attesta nel mondo intorno al 12%. Possiamo invece definire il

tasso di crescita naturale come la differenza tra il tasso di natalità ( n° nati ogni 1000 persone ) e

il tasso di mortalità ( numero di morti ogni 1000 persone ). Inoltre il tasso migratorio può essere

definito come differenza tra tasso di immigrazione e tasso di emigrazione

La transizione demografica

La teoria della transizione demografica dice che esistono regimi demografici differenti ( uno

tradizionale e antico, un altro moderno ) separati da una fase di transizione.

Regime demografico tradizionale: nella situazione demografica definita come antica, tipica delle

società preindustriali, vi era un elevato tasso di natalità compensato da un elevato tasso di mortalità.

La crescita demografica era irregolare e assoggettata all‟eventualità di guerre e epidemie. Il saldo

naturale è dunque prossimo allo zero.

Transizione demografica: avviene sostanzialmente in due fasi, nella prima cure mediche e

migliori condizioni di vita permettono un calo sostanziale della mortalità. Nella seconda fase la

mutata condizione sociale dovuta alla grande crescita della popolazione a causa della prima fase

rallenta il tasso di natalità. ( e un conseguente calo della crescita demografica )

Regime demografico moderno: il tasso di natalità cala ancora sino ad accostarsi a quello di

mortalità, talvolta addirittura superandolo. Ci si ritrova dunque in una situazione di crescita zero o

in una crescita demografica negativa.

La distribuzione della popolazione mondiali

Analizzando i luoghi abitati ( ecumeni, e i non abitati anecumeni ) del nostro pianeta possiamo

notare come vi sia una distribuzione molto irregolare della popolazione. L‟Asia è il continente più

densamente popolato seguito dall‟Europa. La causa di questa forte densità può essere ricondotta per

i Paesi asiatici a una secolare colonizzazione agricola dei terreni fertili, mentre in Europa a un forte

sviluppo industriale. Gli abitanti europei in confronto a quelli asiatici sono caratterizzati da un

reddito pro capite più alto e una manodopera più costosa e qualificata.

Le migrazioni

Possiamo ricondurre i movimenti migratori a tre fattori principali:

- La transizione demografica: accanto a paesi che si trovano in un regime demografico

moderno ce ne sono altri in fase di transizione e quindi in forte crescita.

- Il grande squilibrio di reddito che separa alcuni paesi da altri spinge molte persone a

spostarsi in cerca di una vita migliore

- La mondializzazione dei trasporti e della comunicazione permette grazie a mezzi quali la

televisione di essere informati sulla situazione di molti paesi. Inoltre la mondializzazione dei

trasporti ha ridotto notevolmente le distanze e i tempi per spostarsi da un Paese all‟altro.

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Tra le categorie degli emigrati possiamo trovare: rifugiati politici in fuga a causa di guerre o

persecuzioni, profughi ambientali che hanno abbandonato le loro terre perché divenute inabitabili a

causa di fattori naturali o umani. Un altro flusso migratorio molto grande è costituito da ricercatori,

scienziati e laureati che si spostano cercando lavoro, questo flusso viene definito come fuga dei

cervelli. Nel caso questo flusso sia controbilanciato da un flusso in entrata di pari o maggiore entità

può essere considerato come positivo ( Brain exchange ) in quanto accresce le conoscenze di un

Paese. L‟Italia vede un flusso in uscita maggiore di quello in entrata, pertanto è un indice negativo.

I flussi migratori sono variati col il passare degli anni e in Europa sono destinati a intensificarsi

nonostante l‟Europa non sia capace di accogliere tal numero in entrata. Le rimesse degli emigranti

sono i risparmi che gli emigranti accumulano e mandano o reinvestono in patria.

La popolazione come risorsa produttiva

La popolazione di una Paese può essere considerata come una risorsa economica, capitale umano.

La popolazione attiva corrisponde al numero di persone che lavorano o sono in cerca di lavoro,

occupati e disoccupati.

Esistono due fattori che migliorano la produttività del capitale umano, la sanità e l‟istruzione. La

sanità nel ventesimo secolo ha avuto un notevole sviluppo anche nei paesi del sud del mondo così

come l‟istruzione tuttavia vi sono ancora evidenti divari che determinano la maggiore produttività

del capitale umano dei paesi industrializzati.

L’indice di sviluppo umano ISU

E‟ un indice che aiuta a valutare la qualità della vita di un paese, si basa su tre dati:

1. La speranza di vita alla nascita ( che riflette le condizioni sanitarie di un paese )

2. Il tasso di alfabetizzazione degli adulti ( che riflette la diffusione dell‟istruzione

3. Il PIL pro capite reale ( che riflette il potere d‟acquisto per ogni abitante )

Le regioni culturali

Per cultura s‟intende l‟insieme di conoscenze, credenze religiose, istituzione, abitudine, stili di vita,

espressioni linguistiche e artistiche. Possiamo distinguere in diverse regioni culturali:

- Europa

- Asia meridionale/orientale

- America anglosassone

- America latina

- Area dell‟Islam

- Africa nera

- Australia e Oceania

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GLI SPAZI AGRICOLI

Per agricoltura intendiamo in senso lato le coltivazioni agricole, l’allevamento, l’economia

forestale e la pesca. Tutte attività umane strettamente legate a processi naturali. La dipendenza

dell‟agricoltura dai fattori naturali non è mai diretta, essa è mediata da scelte e interventi umani,

pertanto è più consono parlare di condizioni ambientali piuttosto che di cause naturali.

La distribuzione nel mondo delle coltivazioni si presenta molto irregolare, un terzo dei territori del

nostro pianeta è occupato da attività agricole, un terzo da foreste e l‟ultimo terzo è improduttivo,

ossia costituito da deserti, aree non coltivabili o aree abitate. In Europa le terre coltivate contano il

30% in USA e Canada il 13% mentre in Oceania il 6%. Con l‟avanzare delle desertificazioni,

l‟ampliarsi delle città e il crescere del numero degli abitanti del pianeta il terreno coltivato pro

capite va diminuendo. Una grave contraddizione che riguarda l‟ambito dell‟agricoltura sono le

competizioni per l‟uso dei prodotti e dei suoli. Per esempio talvolta le coltivazioni vengono usate

non per produrre alimenti bensì per produrre biocarburanti quali l‟etanolo. Altri scelte possono

riguardare per esempio la scelta tra produzioni biologiche o transgeniche, oppure tra una

piantagione o una produzione di sussistenza. L‟agricoltura è l‟attività economica più diffusa anche

se occupa solamente il 5% della popolazione mondiale.

Le condizioni ecologico ambientali

Nonostante l‟ambiente influenzi l‟agricoltura l‟uomo è capace di superare parte dei

condizionamenti imposti grazie alle conoscenze tecnologiche e organizzative. Il progresso

tecnologico si manifesta nella crescente capacità di controllo e trasformazione delle condizioni

naturali. Per esempio l‟utilizzo di fertilizzanti, l‟irrigazione, l‟utilizzo di coltivazioni a breve ciclo

dove altro non sia permesso.

Assume un‟importanza determinante nelle attività agricole il clima, in quanto i vegetali necessitano

di calore e acqua per svolgere le loro funzioni naturali. Pertanto alcune zone si prestano più di altre.

Ogni tipo di coltivazione agricola possiede dei limiti latitudinali, in quanto ciascuna necessita di

una particolare quantità di calore.

Il suolo o terreno agrario è formato da sostanze minerarie e organiche, le prime hanno origine dal

disgregamento delle rocce, le seconde dalla decomposizione di organismi vegetali e animali. Un

suolo ricco di humus ( sostanze organiche ) si presta maggiormente a ospitare una coltivazione.

Un altro fattore che influenza la temperatura è l‟altitudine, ogni 100 metri di altitudine la

temperatura si abbassa di 0,5 C° pertanto cambiano le condizioni climatiche a seconda

dell‟altitudine.

In base ai diversi tipi di suolo e ai diversi climi possiamo individuare diverse regioni agricole

naturali:

- Le regioni equatoriali

- Le regioni della savana

- Le regioni desertiche

- Le regioni monsoniche

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- Le regioni mediterranee

- Le regioni temperate

- Le regioni della taiga e del freddo

Sistemi colturali e società rurali

Con lo sviluppo tecnologico e la sostituzione dell‟energia animale e umana con quella delle

macchine l‟agricoltura ha visto un profondo mutamento. Oggi assistiamo a una separazione tra il

luogo di produzione e il luogo di consumo di tali prodotti. Anche nel sud del mondo dove il numero

di macchinari è notevolmente inferiore nonostante l‟agricoltura di sussistenza sia largamente diffusa

gran parte dei prodotti sono destinati alla vendita.

L‟agricoltura intensiva è rivolta a ottenere la massima produzione da ogni ettaro di terreno.

Nell‟agricoltura intensiva moderna la necessità di intensificare le colture richiede un continuo

investimento in tecnologie e macchinari. Nell‟agricoltura intensiva tradizionale si ricerca la

massima produzione attraverso il lavoro pur avendo poco capitale a disposizione. L‟agricoltura

intensiva spesso è policolturale.

L‟agricoltura estensiva: nel concetto moderno punta a ottenere la più grande produttività per

addetto, spesso la produttività per ettaro è bassa, tuttavia viene garantita la produttività dall‟enorme

estensione dei terreni. Nell‟agricoltura estensiva tradizionale gli investimenti sono minimi così

come l’utilizzo di macchinari, i suoli sono molto estesi tuttavia spesso parte di essi viene lasciata al

pascolo o a riposo ( es. latifondo ). Si tratta della forma meno redditizia di agricoltura.

Superfici aziendali, proprietà della terra e riforme agrarie

Nel mondo la superficie delle aziende agricole è molto variabile sia per tipo di coltura che per

luogo. Nel sud del mondo come conseguenze che dei grossi divari di reddito tra la popolazione e del

colonialismo vi è una forte ineguaglianza nella distribuzione della proprietà a favore di pochi

ricchi. Questa ineguale distribuzione vede crescere sempre più il numero di contadini poveri. Come

conseguenza del secondo dopoguerra si è assistito a una ridistribuzione della proprietà agricola

attraversi delle riforme agricole con obiettivi di ordine economico ( ridistribuzione dei latifondi per

migliorarne la produttività ) e di ordine sociale ( per evitare che si creino eccessivi divari di

ricchezza e conseguenti conflitti sociali ).

Il commercio dei prodotti agricoli

Nei paesi più ricchi la dieta è più vasta e ricca, infatti la domanda di questi paesi non si limiti a una

piccola gamma di prodotti ma si estenda a una grande varietà. ( prodotti tropicali sia prodotti da

climi temperati ). Al contrario nel sud del mondo la domanda di prodotti è prevalentemente

orientata verso i cereali, ossia la base della dieta locale.

Il commercio di prodotti agricoli tropicali ha speso molto peso sull‟equilibrio commerciale di molti

Paesi che basano la loro economia sull‟esportazione di un prodotto. Per esempio la Costa d‟Avorio

e il Ghana con il cacao. I flussi commerciali di prodotti agricoli sono gestiti da un ristretto numero

di grandi imprese. I grandi trasporti che si effettuano nelle economie “globalizzate” sono anche

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fonte di emissioni di CO2, una maggiore valorizzazione dei prodotti locali ridurrebbe in tal senso le

emissioni.

Le strutture territoriali dell’agricoltura contemporanea

Esistono relazioni di tipo verticale e orizzontale: in alcune agricolture considerate più “tradizionali”

le relazioni verticali sono nettamente dominanti, ossia l‟organizzazione del territorio in cui si

pratica l‟attività agricola dipende molto dalle condizioni naturali e poco da relazioni commerciali,

anche perché si produce soprattutto per sussistenza. Nelle agricolture definite “moderne” o

“capitalistiche” sono prevalenti le relazioni orizzontali, ossia la produzione si relaziona molto al

mercato nazionale e mondiale, vi sono investimenti dall‟esterno e l‟agricoltura è destinata al

profitto. L‟efficacia delle strutture agricole non è assoluta, ma dipende dagli obiettivi che ha

l‟attività agricola. Se l‟agricoltura è destinata alla vendita, chi detiene denaro può acquistare tali

prodotti mentre chi ne è sprovvisto non può. Nei Paesi poveri emerge dunque il problema della

fame e dell‟autosufficienza alimentare. ( in questo senso l‟agricoltura moderna non può

considerarsi efficiente nel sfamare la popolazione ). Esistono varie forme di organizzazione degli

spazi agricoli, due tipiche del sud del mondo ( Agricoltura di sussistenza e di piantagione ) e due

tipiche del nord del mondo ( Agricoltura capitalistica dei grandi spazi e Agricoltura commerciale

contadina ).

Agricoltura di sussistenza ( Sud del mondo, Amazzonia, Africa interna, Nuova Guinea )

L‟agricoltura di sussistenza in senso stretto indica la produzione e il consumo senza scambi di

prodotti. In senso lato prevede un minimo scambio di prodotti tra paesi vicini, in ogni caso

conservando lo scopo primario di consumo alimentare diretto. L‟avvento del colonialismo ha

stravolto questo tipo di agricoltura rendendola marginale rispetto a quella di piantagione destinata

alla vendita dei prodotti in Europa.

Agricoltura di sussistenza intensiva: è presente dove le colture predominano nettamente

sull‟allevamento e il territorio, sebbene sfruttato sistematicamente, è tuttavia esiguo se rapportato

alla elevata densità della popolazione. Coltivazioni tipo riso in Cina.

Agricoltura di sussistenza itinerante: tipica di agricolture tropicali umide dove si disbosca la

foresta e una volta bruciata, lascerà spazio alle colture. Poi ricresceranno le foreste e ricomincerà il

ciclo.

Agricoltura di sussistenza delle zone semiaride: praticata rudimentalmente con aggravante della

siccità, raccolti modestissimi e comporta una pratica estensiva tradizionale. Per esempio nel

deserto spariscono terreni coltivabili catturati dal deserto.

Agricoltura di piantagione

( Sud del mondo, America centrale e caraibica, Asia sud-orientale )

E‟ un‟agricoltura votata totalmente all‟esportazione ( quindi preferibilmente posizionata nei pressi

di coste e vie navigabili interne ), è caratterizzata da monocolture e aree altamente specializzate. Fa

utilizzo di manodopera a basso costo e spesso è organizzata in maniera intensivo-tradizionale.

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Le grandi imprese che giungono in questi stati hanno cambiato le colture per rispondere alla

domanda dei mercati internazionali e non ai mercati locali. L‟agricoltura di piantagione ha avuto

conseguenze sull‟organizzazione economica e sociale: migrazioni su vasta scala, migrazioni interne

da campagne a città come conseguenza da un passaggio da agricoltura di sussistenza a piantagione.

Agricoltura capitalistica dei grandi spazi

( Nord del mondo, zone a clima temperato USA, Canada )

Sono caratterizzate da una grande distanza tra i luoghi di produzione e i luoghi di consumo, è

un‟agricoltura votata totalmente all’esportazione. Questo tipo di agricoltura si svolge in terreni

anche non densamente abitati dal clima temperato. L‟impresa agroindustriale e il suo affermarsi

hanno dato vita a questo tipo di agricoltura. La manodopera è scarsa e il tipo di agricoltura è

estensivo-moderno, dotato di una buona quantità di capitale investito e macchinari. Dalle

coltivazioni di queste regioni agricole totali provengono oggi enormi quantità di cereali e prodotti

dell‟allevamento, sui quali gli agricoltori non esercitano praticamente prelievo per i loro consumi

personali.

Agricoltura commerciale contadina

( Paesi ricchi e densamente popolati, Giappone, Europa )

Agricoltura intensiva con moderni sistemi di coltivazione, ma con terreni poco estesi e condotta di

solito a livello aziendale. La resa per ettaro è molto elevata e i prodotti sono destinati per lo più al

mercato. I mercati a cui sono destinati i prodotti sono relativamente vicini. L‟alto prezzo dei terreni

( spesso situati nei pressi di centri urbani ) determina l‟alto prezzo dei prodotti.

LA PRODUZIONE MINERARIA ED ENERGETICA

Le materie prime minerarie

Nella classificazione delle materie prime minerarie è opportuno fare una distinzione tra minerali

metallici, non metallici ed energetici. I metallici assumono importanza in molti settori industriali

per la loro forte resistenza al calore e agli agenti chimici ( ferro, rame, oro ecc. ). I minerali non

metallici sono estremamente diffusi nella crosta terrestre e svolgono un ruolo importante in molti

settori economici, come nell‟industria, nell‟agricoltura e nell‟edilizia. Infine per quanto riguarda

quelli energetici abbiamo carbone, gas, petrolio e uranio.

La distribuzione delle risorse minerarie nella crosta terrestre è altamente diseguale, alcuni minerali

sono molto più diffusi di altri e si concentrano in determinate aree del mondo. In passato si credeva

che la presenza di risorse fosse illimitata o comunque molto più grande dei bisogni umani pertanto

ha preso vita un paradigma produttivo che fa grande uso di risorse energetiche e metalliche.

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E‟ necessario oggi fare una distinzione tra risorse e riserve. Le risorse si riferiscono ai soli volumi

il cui impiego in attività umane è disponibile, anche dal punto di vista dei costi di estrazione. Le

riserve invece sono gli elementi effettivamente disponibili, ossia se esistono le condizioni

tecnologiche, economiche e politiche per il loro sfruttamento. La geografia degli spazi minerari è

fortemente selettiva, e vede spesso una netta separazione fra luoghi di estrazione delle materie

prime e luoghi di trasformazione e produzione industriale. Circa il 40% dei giacimenti di materie

prime è localizzato nei paesi del Nord del mondo; il 25% si trova nel sottosuolo della Russia e della

Cina e la restante quota nei paesi del Sud del mondo. Nel gruppo dei paesi ricchi, Stati Uniti,

Canada, Australia e Sudafrica detengono la quasi totalità delle risorse accertate. Elevate

concentrazioni anche nel Sud del mondo economie industrializzate sono relativamente

dipendenti da paesi con le maggiori quote di minerali.

Vi sono grossi squilibri per quanto riguarda il consumo gli Usa, con il 6% scarso della popolazione,

consumano circa un quarto dei minerali (e delle fonti di energia) mondiali, una quota analoga

all‟Europa occidentale. Il Giappone, pur disponendo di riserve trascurabili, utilizza oltre il 10%

della produzione mondiale. La Russia è esportatrice: la vendita di materie prime minerarie

costituisce la voce di export più importante, come per vari paesi del Sud del mondo

Per comprendere meglio la geografia mineraria possiamo osservare quattro grandi tipologie

regionali:

- Europa Occidentale e Giappone rappresentano grandi consumatrici di energia pur non

essendo dotate di proprie materie prime, importano dall‟Africa e dall‟area del Pacifico

- America Settentrionale è una grande consumatrice ma anche una grande esportatrice di

determinati materiali. Si procura dall‟America Latina gran parte delle forniture necessarie

- Russia ed Est Europa non appena si sono aperti al commercio sono divenuti i maggiori

esportatori del mondo con circa i 2/3 delle materie prime

- I paesi del Sud del mondo dove hanno una particolare materia prima sono esportatori.

la profondità del deposito e il tenore del contenuto di minerale determinano la convenienza a

sottoporre a sfruttamento un giacimento, insieme a fattori quali la presenza di infrastrutture di

trasporto, la vicinanza di centri urbani o la prossimità ai centri di esportazione dei minerali. Il

concetto di economicità dello sfruttamento è complesso, e varia nel tempo sulla base di molteplici

fattori che si influenzano reciprocamente. Alcuni giacimenti distanti migliaia di chilometri possono

rivelarsi più convenienti di altri secondo questi fattori. Dal dopoguerra in poi i costi di produzione si

sono progressivamente ridotti spostando i giacimenti dai territori prossimi a territori in altri

continenti. Ragionando per aree geografiche è possibile sostenere che l‟aumento della domanda e la

riduzione dei costi di trasporto hanno allargato l‟area di estrazione e accresciuto la resa dei

giacimenti.

Una regione mineraria è un‟area di esportazione di materiali utilizzati altrove per cui la sua

organizzazione territoriale poggia su un efficiente sistema di trasporti e di infrastrutture

specializzate per avviare i minerali estratti verso i paesi e le aree industriali

Possiamo fare una sostanziale distinzione tra fonti rinnovabili e non rinnovabili. Le fonti

rinnovabili sono una categoria di fonti d‟energia inesauribili o si ricostituiscono in tempi umani. Tra

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queste si riconoscono le fonti alternative ( solare, geotermica, vento, maree ), tuttavia soddisfano

solo lo 0,7% del consumo mondiale. Le biomasse invece costituiscono il 9,8%. Le fonti non

rinnovabili invece costituiscono uno stock in continua diminuzione, tuttavia esse hanno avuto larga

diffusione nel mondo a causa della loro alta produttività in termini energetici. E‟ alto anche

l‟impatto ambientale di queste fonti ( vedi effetto serra ). I consumi stanno rapidamente

aumentando soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Il costo basso degli idrocarburi ha destinato un

modello di sviluppo economico a consumo estensivo.

Gli spazi dell’energia

L‟energia idroelettrica è caratteristica di paesi ricchi di fonti idriche: in Europa, si pensi a

Norvegia, Svezia e Austria. Le aree di maggior produzione mondiale sono il Québec e l‟Ontario

canadesi. I grandi fiumi della Russia asiatica (Ob, Angara e Jenisej) sono stati il cardine dello

sviluppo produttivo delle regioni a Est degli Urali. Le Alpi neozelandesi, nell‟emisfero australe,

rappresentano un importante nodo. Regioni a elevata produzione e consumo circondano poi l‟alto

corso del Danubio, il Caucaso, i Carpazi, le Ande meridionali, le Montagne Rocciose statunitensi e

il Sud della Cordigliera australiana. Nei paesi dell‟area intertropicale spiccano i grandi complessi

idroelettrici costruiti lungo il corso dello Zaire, sul Paranà e lungo i corsi d‟acqua delle Ande

peruviane.

Energia nucleare: si utilizzano minerali di uranio e di torio le fasi del ciclo di produzione

energetica necessitano di impianti che richiedono anch‟essi investimenti elevatissimi e tempi assai

lunghi di costruzione. la «grande paura» energetica dei primi anni 70 ha indotto molti paesi ad

accelerare l‟installazione di centrali nucleari, utilizzando tuttavia una tecnologia che rimane ancora

nelle mani di pochi paesi, determinando preoccupazioni geopolitiche L‟impatto ambientale delle

centrali nucleari comporta ovunque problemi di non facile soluzione ( smaltimento di scorie

radioattive, danni all‟ecosistema )

Carbone: a) facilità di trasporto del materiale b) tempi lunghi di attivazione dei giacimenti, elevato

inquinamento, minor contenuto calorico rispetto ad altre fonti. Cina: principale produttore (47% del

carbone mondiale). Gran parte viene consumato nel paese, e in una misura minore esportata. Altri

importanti produttori: India, Australia, Africa australe (Transvaal). USA: secondo produttore (17%)

e circa 80% delle riserve del mondo occidentale Russia e paesi dell’ex Unione Sovietica producono

il 7% del carbone mondiale. nelle vecchie aree carbonifere dell‟Europa occidentale, il parziale

esaurimento dei depositi di superficie e l‟alto costo di estrazione nei piccoli giacimenti di profondità

(superiori ai 1.000 metri) limita l‟impiego; in Estremo Oriente, il Giappone importa carbone

La geografia della produzione di idrocarburi costituisce l‟elemento più importante e complesso

nell‟organizzazione degli spazi energetici. Le aree di estrazione degli idrocarburi si sono

notevolmente diffuse sulla superficie del globo in seguito al perfezionamento delle tecniche di

prospezione e di perforazione, che hanno consentito lo sfruttamento di giacimenti sempre più

profondi: all‟inizio degli anni Ottanta la produzione di gas naturale era cresciuta da cinque a otto

volte rispetto ai livelli dell‟immediato dopoguerra.

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Petrolio. Nonostante la crescita sensibile dei prezzi energetici durante gli anni settanta e nell‟ultimo

decennio, nel complesso il consumo mondiale di energia non è sostanzialmente diminuito (né si

prevede diminuirà), anche se i rapidi aumenti di prezzo hanno rallentato i consumi

a) Il Medio Oriente fornisce quasi un terzo del petrolio commercializzato nel mondo e possiede

due terzi delle riserve (di cui il 23% in Arabia Saudita, primo produttore mondiale).

b) I paesi costieri del Mediterraneo costituiscono un‟importante area di importazione e

trasformazione del greggio di provenienza mediorientale

c) Gli Stati Uniti, con il 4% circa delle riserve, denunciano una costante riduzione del loro

ruolo di produttori (nel 2008 fornivano il 7,6% della produzione mondiale).

d) La Russia nel 2008 era il secondo produttore mondiale

e) In Europa occidentale l‟estrazione petrolifera è rilevante soltanto nel Mare del Nord

f) Le restanti regioni del pianeta producono proporzionalmente alle proprie riserve. In Africa

le riserve sono concentrate in Libia, Nigeria, Algeria (circa 12% produzione mondiale).

America latina: 13% circa delle riserve e 8,8% della produzione mondiale. L‟area del

Pacifico (Indonesia e, a distanza, Australia) produce il 4% circa del greggio mondiale

disponendo del 3% delle riserve accertate. La Cina produce il 4,8%.

Prezzi, mercati, manovre speculative

Le dinamiche dell‟economia mondiale dipendono molto dai prezzi delle materie prime e dalle

relative oscillazioni. Infatti il crollo del prezzo di una materia prima può determinare la crisi di una

regione geografica che basa la propria economia sull‟estrazione di tale materia. ( le variazioni dei

prezzi rendono conveniente o meno lo sfruttamento di un determinato giacimento )

I prezzi delle materie prime sono soggetti a variazioni di lungo periodo e breve periodo. In

particolare nelle oscillazioni di lungo periodo ricordiamo l‟aumento dei prezzi degli anni ‟70,

mentre le oscillazioni di breve periodo sono determinate da manovre speculative tese

all‟accaparramento di stock strategici e da operazioni sui mercati a termine ( nei mercati a termine

la stipulazione del contratto avviene prima della transazione ) Il settore petrolifero è quello che

maggiormente illustra questa situazione di quasi monopolio, nel dopoguerra erano sette le grandi

imprese che controllavano tutto il settore. Oggi è molto grande l‟influenza dell‟ Opec, ossia

l‟organizzazione dei paesi esportatori.

LE FILIERE INDUSTRIALI

Il termine industria viene ad indicare il settore secondario, cioè l‟insieme delle attività

manifatturiere di trasformazione prodotti primari di agricoltura, allevamento, estrazione mineraria

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in prodotti finiti e pronti per il consumo attraverso le imprese. Il termine industria, inteso nel senso

stretto come manifattura, comprende tre fasi:

- Approvvigionamento di una o più materie prime in un luogo dove si procederà alla

trasformazione

- La produzione, ovvero la trasformazione delle materie prime e dei componenti nel prodotto

finito. Maggiori sono i cambiamenti apportati da un‟impresa maggiore sarà il valore

acquisito dal prodotto finito. La differenza di valore tra il prodotto finito e la materia prima

viene definito come valore aggiunto. Le imprese si distinguono in ad alta intensità di lavoro

( dove la manodopera costa poco ) e in ad alta intensità di capitale ( dove la manodopera è

cara e si prediligono macchinari )

- La distribuzione può avvenire al consumatore finale nel caso il prodotto sia finito, oppure

ad altre imprese nel caso siano prodotti semilavorati o intermedi.

Ricorrendo nuovamente a una schematizzazione si possono individuare tre famiglie generali di

relazioni tecnico-funzionali nelle relazioni tra imprese in un ciclo produttivo.

- Verticali, nel caso di una serie di processi produttivi legati l‟uno all‟altro in successione per

dare vita al prodotto finito.

- Laterali, nel caso le imprese producano parallelamente e indipendentemente componenti o

servizi destinati a convergere verso un‟unica impresa finale di assemblaggio.

- Di servizio nel caso le imprese utilizzino un processo o servizio comune fornito in una

determinata area, come nel caso dei servizi di logistica.

La complessa rete di relazioni che interessa varie imprese all‟interno di uno o più settori economici

definisce una filiera, ovvero una catena che genera valore.

Non è facile determinare il comportamento delle industrie nello spazio geografico per la grande

complessità delle scelte. La geografia economica dei primi addensamenti industriali, che si formano

nel XVIII secolo, fu infatti sostanzialmente determinata dalla prossimità alle materie prime e alle

fonti di energia. ( Es. in Italia industrie tessili in Piemonte alla base delle Alpi per sfruttare energia

idrica )

L‟evoluzione dei processi industriali contribuì presto alla complessificazione di questa logica, la

grande necessità di manodopera ha portato molte imprese a spostarsi in aree densamente popolate,

ma allo stesso tempo la necessità di ridurre i costi dei trasporti esigeva di avvicinarsi ai consumatori

e alle materie prime.

Con l‟ultimo secolo, e soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, lo sviluppo industriale si diffuse

in altre regioni. Tuttavia, quelle che per prime si erano industrializzate hanno spesso mantenuto

solide strutture produttive. Il processo di localizzazione industriale opera con un certo grado di

inerzia: le aree nelle quali si erano concentrati i primi fenomeni industriali hanno sovente

continuato ad attrarre successivi attori economici e investimenti.

Le economie nelle relazioni industriali ( vantaggi dell’economie interne ed esterne )

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All’interno di una singola impresa è possibile ridurre i costi di produzione aumentando le

dimensioni degli impianti e dei volumi di produzione, unitamente alla standardizzazione della

produzione di massa. L‟ampliamento della produzione ammortizza meglio i costi fissi riducendo il

costo unitario di produzione

All’esterno di un‟impresa, l‟intensificarsi delle relazioni tra più imprese localizzate in una stessa

area produce vantaggi collettivi, o economie di agglomerazione. La vicinanza tra esse permette di

intensificare tra esse le relazioni e gli scambi, l‟utilizzo di medesime infrastrutture, lo scambio di

informazioni e personale, lo stimolo della rivalità e la cultura dell‟industrializzazione. Un altro tipo

di economie esterne è costituito dalle imprese localizzate vicino a aree metropolitane, o economie

di urbanizzazione. I vantaggi sono l‟accesso a un mercato del lavoro molto differenziato, la

prossimità a un mercato di sbocco, vicinanza delle infrastrutture collettive

Le diseconomie nelle relazioni industriali

I processi di concentrazione industriale prima descritti alla lunga producono svantaggi come:

congestione del traffico, inquinamento o perdita di efficienza dei servizi. Oltre una certa soglia di

agglomerazione tendono a sorgere diseconomie, alla base di processi di deglomerazione.

1. Rilocalizzazione ( decentramento territoriale ) può avvenire a corto raggio nel caso le

imprese si spostino nelle aree sub urbane per i minori costi dei terreni o per altri vantaggi.

Può avvenire ad ampio raggio nel caso per esempio le imprese si spostino nei paesi del Sud

del mondo a causa del basso costo della manodopera e di leggi più permissive.

2. Decentramento produttivo. E‟ un fenomeno che avviene nel caso un‟impresa non trovi per

svariati motivi più conveniente la grande dimensione degli impianti. Il decentramento

produttivo dà vita a diversi effetti quali il crescere di altre imprese piccole o medie ai quali

viene affidata la segmentazione della produzione.

3. Formazione di sistemi industriali periferici. Prendono vita distretti industriali formati da

piccole e medie imprese le quali, al contrario delle grandi unità hanno saputo rispondere a

domande di mercato specifiche e segmentate

Le dimensioni delle imprese e le strutture reticolari

Il concetto di impresa varia dalla piccola attività artigianale alla grande multinazionale. La grande

impresa, potendo acquisire consistenti vantaggi sui mercati, è in grado di attuare strategie di

sviluppo che travalicano i confini di una ristretta area geografica. Non è la stessa cosa per la piccola

impresa, che a causa della più ristretta potenzialità tecnologica e finanziaria si ritrova una più

limitata capacità di azione strategica nei confronti del mercato e di soggetti operanti nel sistema.

Esiste inoltre una classificazione dell‟ OCSE: grandi imprese con 500+ addetti / medie imprese con

50 < x < 500 addetti / piccole imprese 50- addetti

L‟avvento della grande impresa ha avuto un effetto innovatore. La grande impresa assume

tipicamente una struttura reticolare: coordinamento di attività di più stabilimenti industriali

distribuiti su scala regionale, nazionale o sovranazionale. Divisione funzionale del lavoro fra sede

centrale, incaricata del coordinamento delle varie divisioni, le sedi centrali delle singole divisioni e

le unità operative cui è demandata l‟attività produttiva

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Divisione spaziale del lavoro nella grande impresa

• funzioni di decisione, pianificazione strategica, ricerca e sviluppo: concentrate in un numero

ristretto di grandi centri metropolitani. Sino a pochi anni fa, simili localizzazioni si

riferivano nella quasi totalità dei casi a città del Nord del mondo, ma negli ultimi anni ascesa

di città del Sud del mondo, in particolare Est asiatico (Shangai, Hong Kong, Singapore)

• funzioni produttive che richiedono lavoro qualificato e infrastrutture specifiche: aree

«intermedie», già dotate di una base industriale ma caratterizzate da costi di esercizio

inferiori

• produzioni standardizzate e a basso contenuto tecnologico: altre localizzazioni (di terzo

livello), sensibili al costo del lavoro. In altri casi, la localizzazione può discendere da

strategie volte al controllo delle fonti di materie prime o a imporre la presenza dell‟impresa

sui mercati finali

Le imprese industriali multinazionali

• Non esiste una definizione univoca di impresa multinazionale. Possiamo ricondurre

sostanzialmente tre caratteristiche all‟impresa multinazionale: 1) il coordinamento e il

controllo di varie fasi della catena di produzione localizzate in differenti paesi. 2) La

capacità di trarre vantaggio dalle differenze geografiche nella distribuzione dei fattori di

produzione ( es. risorse naturali, costo del lavoro ) 3) potenziale flessibilità, ovvero la

capacità di mutare o intercambiare forniture e operazioni fra le varie località geografiche a

una scala globale. L‟espansione al di là dei confini nazionali delle reti d‟impresa fu resa

possibile da una serie di trasformazioni:

– nuove condizioni istituzionali ( deregolamentazione sulla mobilità dei capitali, libero

commercio )

– innovazioni tecnologiche

– rivoluzione verde ( aumento popolazione )

L’impresa multinazionale globale

L‟impresa multinazionale globale è sempre più geograficamente differenziata e incentrata sulla

ricerca di accordi di cooperazione con altri soggetti in diverse parti del pianeta. Nonostante la

struttura tendenzialmente rigida presenta una forte flessibilità organizzativa. Le filiali straniere non

rappresentano più unità di secondo livello bensì centri autonomi di produzione diffusi a rete in tutti i

continenti. La presenza congiunta di produzioni specializzate e di massa implica logiche

localizzative differenziate.

Complesse ramificazioni in cui una moltitudine di altre attività prendono parte al processo di

circolazione del capitale, come nel caso delle attività di servizio. La ramificazione planetaria delle

relazioni industriali non implica una maggiore partecipazione dei paesi nella costituzione di valore

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aggiunto; al contrario, la distribuzione del profitto è altamente differenziata nello spazio. Diverse

tipologie: producer-driven e buyer-driven chains

GLI SPAZI DEL TURISMO

Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT): il turismo è praticato da chi si sposta dal luogo

abituale di vita e di lavoro verso un‟altra località per almeno una notte e per non più di un anno, con

lo scopo di arricchire le proprie conoscenze, oppure di migliorare la propria salute o ancora di

divertirsi ed evadere dai normali comportamenti della vita quotidiana.

Dal punto di vista geoeconomico il turismo consiste in un flusso di persone e di capitali verso le

località e le regioni turistiche, dove vengono organizzati servizi e strutture tipiche degli spazi

turistici (alberghi e campeggi, impianti sportivi e luoghi di ritrovo ecc.). Si inserisce quindi appieno

nel processo di globalizzazione

• Effetti di scala

– internazionale,

– nazionale,

– regionale/locale

• Storicamente, da fenomeno elitario a fenomeno di massa

– Oggi 2,2 miliardi di persone praticano il turismo

– Se si considera però solo il turismo internazionale, cioè lo spostamento all‟estero, le

persone interessate sono circa uno su otto, cioè circa 850 milioni

– le aree interessate dal turismo sono in maggior parte nel Nord del mondo, sia per

quel che riguarda le destinazioni sia per quel che riguarda le aree di partenza

• Il movimento turistico di massa è presente solo al di là di certe soglie di ricchezza

• Fattori culturali

• Fattori climatici

Fattori offerta turistica

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(soglia di ricchezza più bassa)

• Principale flusso di turisti è quello tra paesi ricchi

• Il flusso verso paesi del Sud del mondo copre circa il 30% del movimento turistico

internazionale, proveniente principalmente dal Nord del mondo mentre i flussi in partenza

dal Sud (indipendentemente dalla destinazione) superano di poco il 10% del totale.

• Principale area di destinazione: Europa. Segue Asia, America

• Su scala mondiale si osserva che il turismo fa registrare una crescita geograficamente molto

ineguale

• la vicinanza geografica continua a rivelarsi un fattore centrale di sviluppo turistico anche

per le località del Nord del mondo

Manca parte finale