RESEARCH REPORT N4 - studiopsichiatricoiannuzzo.com · più estensiva altre credenze, come in una...

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REGIONE SICILIANA AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 6 – PALERMO DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE (Responsabile: Dott. Nicolò Governanti) MODULO DIPARTIMENTALE DI SALUTE MENTALE N. 7 Cefalù - Petralia Sottana (Direttore: Dott. Francesco La Rosa) MODELLO DI ETNOPSICHIATRIA E PSICHIATRIA SOCIALE (Dirigente Medico Referente: Dott. Giovanni Iannuzzo) R R E E S S E E A A R R C C H H R R E E P P O O R R T T DOCUMENTI DEL MODELLO DI ETNOPSICHIATRIA E PSICHIATRIA SOCIALE A CURA DEL DOTT. GIOVANNI IANNUZZO PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DELLA CREDENZA NEL PARANORMALE N. 4, APRILE 2004

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REGIONE SICILIANA AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 6 – PALERMO

DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE (Responsabile: Dott. Nicolò Governanti)

MODULO DIPARTIMENTALE DI SALUTE MENTALE N. 7 Cefalù - Petralia Sottana

(Direttore: Dott. Francesco La Rosa)

MODELLO DI ETNOPSICHIATRIA E PSICHIATRIA SOCIALE (Dirigente Medico Referente: Dott. Giovanni Iannuzzo)

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N. 4, APRILE 2004

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REGIONE SICILIANA AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 6 – PALERMO

DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE (Responsabile: Dott. Nicolò Governanti)

MODULO DIPARTIMENTALE DI SALUTE MENTALE N. 7 Cefalù - Petralia Sottana

(Direttore: Dott. Francesco La Rosa)

MODELLO DI ETNOPSICHIATRIA E PSICHIATRIA SOCIALE (Dirigente Medico Referente: Dott. Giovanni Iannuzzo)

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N. 4 APRILE 2004

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NNEELL PPAARRAANNOORRMMAALLEE

PREMESSA

Le attività del Modello di Etnopsichiatria e Psichiatria Sociale continuano

attualmente ad essere centrate sulle problematiche afferenti al cosiddetto

paranormale, ed alle implicazioni della ricerca su di essi sulla teoria e la pratica

psichiatrica. Si tratta di un tema limite dell’etnopsichiatria (ampiamente

presente, ed in modo ancora più rilevante, nell’opera di Nathan, fra gli altri), ma

che più di altri sembra potere fornire contributi rilevanti alla comprensione di

modalità di comunicazione e azione terapeutica in qualche modo fondamentali.

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Benché le ricerche sul campo proseguano, diventa comunque importante una

riflessione teorica, al tempo stesso epistemologica e metodologica, su alcuni

concetti di fondo, come la stessa definizione di ciò che comunemente è chiamato

‘paranormale’ ed in particolare sulla sua dimensione descrittiva e persino

psicodiagnostica. La riflessione, pertanto, sul rapporto fra la psicologia e la

psicopatologia delle credenze nel paranormale acquisisce una importanza

strategica nel contesto di riflessioni sempre e comunque relative all’integrazione

di pratica clinica, studi epistemologici e ricerca empirica, all’interfaccia di una

dimensione scientifica che sicuramente merita di essere esplorata. G.I.

NOTA I Research Reports non sono una rivista. Essi sono esclusivamente i rapporti periodici interni di una attività scientifica e clinica formale, costituita nel contesto del Modulo D.S.M. n. 7 di Cefalù-Petralia Sottana. I materiali pubblicati nei Research Reports sono comunque vincolati dal Copyright, e pertanto essi non possono essere in alcun modo riprodotti senza il consenso scritto degli Autori. Ne è tuttavia consentito l’uso per scopi didattici, clinici e di ricerca, citando la fonte. Tutti i diritti sono riservati. Qualora non altrimenti specificato, autore dei Research Reports è il Dr. Giovanni Iannuzzo.

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N. 4 APRILE 2004

STUDI E RICERCHE

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N. 4 APRILE 2004

STUDI E RICERCHE

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DDEELLLLAA CCRREEDDEENNZZAA NNEELL PPAARRAANNOORRMMAALLEE

“...sappiamo bene che sotto qualsiasi cielo, in qualsiasi cultura, i meccanismi cognitivi che rendono possibili le illusioni sono partecipi d’ogni credenza personale e collettiva. Le stesse ideologie sociali, i movimenti religiosi e politici, fanno tutti presa su quelle vele della motivazione soggettiva che sono appunto le “illusioni positive” : il vento della storia, della trascendenza e dell’avventura o del cambiamento, non sarebbero possibili senza questa disposizione della mente umana” (Taylor, 1991).

INTRODUZIONE

I fenomeni parapsicologici fanno parte della storia e della cultura umana. In

fondo, l'interesse propriamente scientifico verso questi misteriosi eventi,

indipendentemente dal grado di comprensione di essi raggiunto, è abbastanza

recente, se paragonato con la loro storia 'culturale'. La caratteristica

sostanziale dei fenomeni che oggi definiamo 'parapsicologici' è, insomma,

quella di rappresentare in prima istanza delle 'credenze'. Alla telepatia, alla

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chiaroveggenza o alla psicocinesi, insomma si può, o meno,'credere'. Se non si

crede alla loro realtà, si crede almeno alla loro 'possibilità'. Senza

quest’atteggiamento mentale essenziale, l'idea stessa di paranormale non

esisterebbe sia nell'immaginario individuale sia in quello collettivo.

E' una caratteristica che riguarda, tra i fenomeni in ogni modo oggetto di studi

scientifici solo le pretese parapsicologiche. Nessuno metterebbe mai in dubbio

che esiste la percezione, né tanto meno 'crederebbe' alla percezione. La

percezione semplicemente esiste, e ne siamo tutti consapevoli per il semplice

fatto che tutti la sperimentiamo. Nessuno, allo stesso modo, metterebbe in

discussione l'esistenza del sogno, perché chiunque, per quanto raramente, ha

sognato.

Nel caso dei fenomeni parapsicologici, la loro natura particolare, la loro

erraticità, il fatto che essi non siano condivisi da tutti, li rende

fondamentalmente oggetto di credenza. C'è chi crede alla loro esistenza, e chi

no. Ora, mentre è abbastanza facile comprendere perché le persone possano

non credere ai fenomeni parapsicologici - il motivo fondamentale essendo

legato alla semplice adesione alle nozioni scientifiche acquisite sulla natura

del mondo - è abbastanza più difficile spiegarsi i motivi per cui la gente crede

al 'paranormale'. Il livello e i modelli di credenza possono modificarsi in

differenti periodi storici, ma il dato generale dell'esistenza di una credenza

resta, sebbene con modalità differenti di volta in volta. In realtà, infatti, la

'credenza' è assai spesso aprioristica: intendo dire che essa è presente o assente

in maniera del tutto autonoma rispetto ai dati scientifici disponibili. Insomma,

indipendentemente dal fatto che i fenomeni paranormali siano veri o no, molte

persone credono che essi esistono. E questo basta.

DEFINIZIONE E MISURAZIONE DEL PARANORMALE E' ovvio che, parlando di credenze nel 'paranormale', bisogna intendersi su ciò

che si intende per paranormale, poiché, in mancanza di indicazioni precise, il

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range di fenomeni che può essere definito in questo modo è vastissimo. Se

allora indaghiamo quali siano le credenze sul paranormale della gente, a cosa

esattamente ci riferiamo?

Esistono diverse 'scale di valutazione' della credenza nel paranormale (Jones,

Russel, & Nickell, 1977; Randall & Desrosiers, 1980; Scheidt, 1973;

Thalbourne e Delin, 1993; Tobacik, 1988); uno degli argomenti più indagati è

stata la credenza nella percezione extrasensoriale (psi), nei confronti della

quale esistono scettici e credenti. Ma si possono anche indagare, in maniera

più estensiva altre credenze, come in una scala ideata da Thalbourne e Delin

(1993), nella quale vengono prese in considerazione anche la credenza in una

vita dopo la morte e quella relativa alla possibilità di contatti con gli spiriti dei

defunti. Altri criteri di valutazione prendono in considerazione la psicocinesi,

la proiezione del corpo astrale e le guarigioni paranormali, l'astrologia, il

mostro di Loch Ness, il voodu, la comunicazione con le piante, il deja-vu, la

reincarnazione, la grafologia e altro ancora.

Dopo i primi entusiasmi rispetto alla possibilità di misurare un singolo fattore

paranormale (Randall & Desrosiers, 1980), si è lentamente imposta la

convinzione che un’accurata misurazione della credenza nel paranormale

passasse attraverso la misurazione di molteplici fattori (Clarke 1991; Grimmer

e White, 1990; Sobal & Emmons, 1982; Thalbourne e Delin, 1983). Questo

problema metodologico non è indifferente. Credere nell’esistenza della ESP è

proprio la stessa cosa che credere nell'esistenza del mostro di Loch Ness? Se

adottassimo rigorosamente questo punto di vista, ci troveremmo a dovere

appiattire in maniera indiscriminata tutte le tipologie di credenze. In realtà, c'è

chi crede che l'esistenza della ESP sia possibile, e non credere ai dischi

volanti, al mostro di Loch Ness. Le credenze quindi possono essere molto

selettive, e per valutarle vanno probabilmente considerate molteplici

dimensioni. Una conferma dell’utilità di questo approccio è data dai numerosi

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studi che hanno dimostrato come determinate caratteristiche psicologiche

siano associabili soltanto a determinate tipi di credenza, e non ad altre.

Tra tutte le scale prese in considerazione nelle ricerche sulla credenza nel

paranormale, una particolare attenzione merita quella costruita da Tobacik

(Tobacik e Milford, 1983; Tobacik 1988) per la sua diffusione (Lawrence,

1995) e per l’approfondimento psicometrico e concettuale di cui è stata

protagonista negli ultimi anni (in relazione alla definizione di paranormale ma

soprattutto in relazione al problema del numero dei fattori in cui è scomponibile

la credenza). Essa nasce nel 1983 (Tobacik e Milford, 1983) attraverso una

analisi fattoriale che riduce un iniziale questionario di 61 item ad uno più

ristretto di 26 misurati su una scala a 5 punti. Vengono evidenziati sette fattori:

Credenze Religiose Tradizionali, Credenza nella psi, Stregoneria,

Superstizione, Spiritualismo, Forme di Vita Straordinarie, e Precognizione.

Come si può constatare la definizione di paranormale su cui si basa la scala di

Tobacik è alquanto ampia; egli riprendendo una definizione di Broad

(1949/1978), definisce come paranormale tutto ciò che: a) non può essere

spiegato dalle attuali conoscenze scientifiche; b) per essere spiegato comporta

una revisione sostanziale dei principi basilari su cui si basano le scienze; c) non

è compatibile con le percezioni, credenze e aspettative riguardo la realtà

normalmente condivise (Tobacik, 1983; Tobacik, 1995a). Nel 1988 Tobacik

(1988) propone una revisione della scala con l’obiettivo di migliorarne la

qualità metodologica: gli item diventano 26, la scala assume un range che va da

1 a 7, gli item sulla precognizione diventano e 4 e vengono completamente

riformulati, due dei quattro item sulla stregoneria ed uno sulle forme di vita

straordinarie vengono sostituiti. Nel 1995 Lawrence (1995) ne mette in

discussione i criteri di selezione dei fattori nonché la definizione stessa di

paranormale; l’utilizzazione di quattro differenti criteri avrebbe condotto

all’estrazione di troppi fattori e l’idea di selezionare quelli dotati di significato

interpretativo darebbe troppo spazio alla soggettività (Lawrence addirittura

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parla di metodica equiparabile ad un test proiettivo!); la definizione di

paranormale dovrebbe secondo lui essere più ristretta, comprendendo (Irwin,

1993): a) processi che sono fisicamente impossibile; b) processi che sono al di

là del regno delle capacità umane come attualmente sono intese dagli scienziati.

Egli applicando l’uso dello scree slope analysis individua invece quattro fattori:

Credenze Religiose Tradizionali, Credenza nella psi, Stregoneria, Superstizione.

Tobacik (1995a) risponde che è in realtà l’uso della scree slope analysis

soggettivo, poiché essa si basa su una lettura intuitiva di un grafico.

Successivamente Lawrence, Roe e Williams (1997) e Lawrence e De Cicco

(1997) effettuano due nuove somministrazioni della scala giungendo ad un

modello a cinque fattori (Oblique Five), mentre Hartman (1999) propone un

modello a quattro fattori. Lange, Irwin e Houran (2000) invece, pur

confermando la presenza di sette fattori, sostengono che la presenza di sue

singoli fattori sia in grado di migliorare le qualità psicometriche della scala (in

particolare riferendosi all’effetto del sesso e dell’età ed alla non additività di

alcuni item). Tobacik sintetizza probabilmente al meglio i motivi di tali

disaccordi: “Una parte della mancanza di accordo sull’analisi fattoriale della

PBS è dovuta al fatto che non esistono criteri quantitativi esatti per

l’applicazione dell’analisi fattoriale esploratoria. Così, molte decisione

sull’analisi dei fattori dipende dal giudizio del ricercatore” (Tobacik 1995b, pag.

142). In attesa di un miglioramento delle qualità psicometriche della scala –

miglioramento che tutti i ricercatori auspicano – la scala di Tobacik (1988)

rimane attualmente il migliore strumento di misurazione della credenza del

paranormale ed i sette fattori, ormai abbondantemente in uso, dovrebbero

verosimilmente essere abbandonati di fronte ad una convergenza di studi in

grado di identificare in maniera inequivocabile il numero dei fattori. I sette

fattori hanno infatti consentito di effettuare una notevole mole di ricerche che

appare molto produttiva, anche se psicometricamente non perfettamente

corretta.

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Naturalmente, esistono molte altre classificazioni delle credenze, che

comprendono fattori tra i più diversificati.

LA FUNZIONE DELLA CREDENZA Diversi studi si sono occupati di capire quale sia l'origine delle credenze nel

paranormale e quale sia la loro funzione nel contesto della personalità e della

vita degli individui. La gente può ovviamente 'credere' nel paranormale per

una serie di motivi apparentemente plausibili: per aver letto testi scientifici

convincenti, per aver letto qualcosa di suggestivo e affascinante (l'articoletto

sulla rivista popolare) o anche per personali esperienze 'psichiche'.

Naturalmente esiste un'altra chiave di lettura. Ci si può infatti chiedere se tutte

le persone, di fronte a questi stimoli, reagirebbero allo stesso modo. E la

risposta è che dipende probabilmente dalla personalità dell'individuo fare di

certe letture (scientifiche o meno) o di certe esperienze (realistiche o meno) un

mezzo per credere al paranormale. L'avvicinamento al paranormale, insomma,

non è casuale e solo alcune persone, rispetto alla popolazione generale, si

trovano, tutto sommato, in situazioni che incoraggiano la credenza nel

paranormale. Allora la credenza nel paranormale può essere spiegata come

fatto implicito alla personalità, come se, insomma, esistessero soggetti più o

meno 'predisposti'a credere al paranormale. E' chiaro che quando parliamo di

'paranormale' ci si riferisce un po' a tutte le credenze relative a fenomeni

genericamente 'irrazionali', e sebbene vari tipi di credenza possano essere

differenziati,questo ha abbastanza poca importanza, in realtà. E' come se

esistesse un fattore generale che chiamiamo 'credenza nel paranormale'. Che

poi questa credenza possa essere diversificata in vari modi è tutt'altro

argomento. Un argomento che, in effetti (e lo vedremo più oltre) può essere

oggetto di valutazioni controverse.

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Che senso ha, per l'individuo, credere nel paranormale? Una risposta possibile

è che questa credenza gli serve per il suo adattamento psicologico.

La credenza nei fenomeni paranormali può essere considerato uno dei prodotti

della pratica all’auto-inganno che caratterizza in talune occasioni la mente

umana. Le credenze, con la loro capacità di dare significato ad eventi

apparentemente casuali e incontrollabili, consentono la costruzione di una

trama cognitivo-emotiva che favorisce l’adattamento dell’uomo. Detto in altre

parole, la mente umana è pronta a ritenere esistenti relazioni inesistenti o

quantomeno indimostrabili (“correlazioni illusorie”) purché queste

favoriscano il benessere psicologico dell’individuo: “...le illusioni

mantengono una immagine favorevole nell’anticipazione degli eventi

probabili” (Taylor, 1991). Per alcune persone, quindi, è possibile - è l'opinione

dello psicologo americano Schumaker (1987)- costruire una trama concettuale

e cognitiva del mondo quotidiano solo credendo nel paranormale. Il fatto che

queste credenze possano essere del tutto illusorie, erronee o addirittura false

ha poca importanza, in quanto la cosa importante e prioritaria è l'adattamento

psicologico. Si tratta di un concetto che è stato bene espresso da Taylor e

Brown (1988) quando suggeriscono l'immagine di "self-serving illusion"

(illusione auto-sufficente), in altre parole di un’illusione che è sicuramente

falsa, ma che comunque ha la funzione, fondamentale per la salute mentale, di

creare un 'filtro' attraverso il quale la realtà acquista un suo ordine e un suo

senso.

Credere in fenomeni come i sogni premonitori, la chiaroveggenza, gli

extraterrrestri, ecc., significa ritenere come esistenti enti, leggi o comunque

fenomeni per i quali non esiste alcuna condivisa evidenza. Potrebbe stupire il

pensiero che una persona dotata di normali capacità di ragionamento possa

lasciarsi ingannare in tal modo. In realtà una serie di studi hanno

inequivocabilmente dimostrato che la nostra capacità di percepire relazioni tra

i fenomeni in cui siamo inseriti, può essere considerata come una funzione al

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servizio del nostro benessere psicologico. La mente sana pratica l’autoinganno

per adattarsi all’ambiente e sopravvivere.

La credenza nei fenomeni paranormali può essere considerata allora una

illusione che nasce da una fiducia eccessiva nelle proprie capacità di controllo

personale su eventi che sono per loro natura caotici o inevitabili. Fin da

piccolo il bambino sembra possedere una motivazione autonoma a

padroneggiare l’ambiente in cui vive (White, 1959): cerca di conoscerlo, e

quando è possibile modificarlo, in modo da rendere più probabile il

raggiungimento dei suoi scopi.

Le persone non sembrano distinguere bene tra eventi i cui esiti sono

determinati dal caso, e quindi incontrollabili, da eventi condizionabili da

abilità personali. La possibilità di controllare gli eventi è una capacità cui

l’uomo non vuole rinunciare. E’ stato dimostrato che quando si sottopongono

dei soggetti ad attività in cui il successo è puramente casuale (es.

partecipazione ad una lotteria), e in tale attività vengono inseriti fattori

normalmente legati a situazioni controllabili (competizione, scelta, familiarità,

coinvolgimento, pratica), tali soggetti mettono in atto comportamenti che

chiaramente tradiscono un tentativo di controllo ed una quantomeno sfumata

percezione della casualità degli esiti in cui sono coinvolti (Langer, 1975). Una

semplice coincidenza casuale tra un comportamento prodotto da un organismo

ed l’evenienza di un fenomeno esterno può generare la convinzione che quel

comportamento possa generare l’evento concomitante. Questo è il senso del

famoso esperimento di Skinner sulla ‘superstizione nei piccioni’ (Skinner,

1992) : una contiguità casuale (adventitious reinforcement) tra la

somministrazione di cibo (rinforzo) ed un comportamento del piccione,

spingeva l’animale a compiere automaticamente quel comportamento nella

‘convinzione’ di poter causare di nuovo l’acquisizione del cibo. Benché la

prassi sperimentale su cui si è fondato tale esperimento sia stata criticata

(Staddon, 1992), sono stati prodotti nuovi studi che hanno dimostrato in modo

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inequivocabile, la ‘conflittualità’ della razza umana nei confronti del caso.

Soggetti sottoposti ad una prova di problem solving in un gioco

computerizzato, tendono a considerare come soluzioni comportamenti

assolutamente inefficaci, se questi vengono rinforzati qualche volta in maniera

assolutamente casuale (Heltzer e Vyse, 1994). Quindi uno dei processi

cognitivi sottostanti la credenza nei fenomeni paranormali è la suscettibilità a

credere in correlazioni illusorie (Tobacyk, 1991) : una sorta di bias cognitivo

che porta a sostituire coincidenze con connesioni causa-effetto. Non è un caso

che i credenti nei fenomeni paranormali tendono a preferire giochi i cui esiti

sono determinati dal caso : la percezione di correlazioni illusorie li porta a

sovrastimare la loro abilità nel controllare gli esiti di tali giochi (Tobacyk e

Wilkinson, 1991).

La percezione di tali ingiustificate correlazioni nasce probabilmente dalla

incapacità a rinunciare alla possibilità di controllare gli eventi. Per altro si sa

che una perdita anche temporanea di controllo è ansiogena : meglio illudersi

di poter controllare che sentirsi impotenti (learned helplesness) (Matute,

1994). L’uomo ha bisogno di sentirsi capace di svolgere una prestazione

perché il percepirsi come in grado di agire sulla realtà è un preludio

indispensabile per una efficace azione su di essa. L’auto-efficacia può essere

definita come l’aspettativa di poter portare avanti con successo comportamenti

necessari al raggiungimento di obiettivi desiderati; l’auto-percezione di sé

stessi come ‘efficaci’, modifica pattern di pensieri, azioni e l’arousal

emotivo : insomma l’aver fiducia nelle proprie capacità di performance porta

cocretamente a prestazioni migliori (Bandura, 1982) . Non è un caso che i

credenti nei fenomeni paranormali hanno punteggi significativamente più

bassi nella scala di misurazione dell’auto-efficacia (Tobacyk e Shrader, 1991).

Il credente nei fenomeni paranormali può essere considerato una persona che

ha sperimentato il fallimento in una o più aree della propria vita, è convinto di

non essere capace di influenzare con il proprio comportamento aspetti

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rilevanti della sua esistenza, così che, per non rinunciare alla possibilità di

influenzare gli esiti della propria vita, è più portato a praticare l’autoinganno :

meglio la percezione di un controllo illusorio, che la perdita di controllo.

D’altro canto, benché la letteratura sull’argomento non sia chiara (Averill,

1973), sembra che anche l’impatto di uno stimolo doloroso (in termini

soggettivi, comportamentali e fisiologici) è ridotto se tale stimolo può essere

somministrato, o in qualche misura comunque controllato, dal soggetto stesso

che lo riceve (Miller, 1979 ; Geer e Maisel, 1972). Anche la semplice

convinzione, non reale, di poter effettuare un controllo su uno stimolo

avversivo è in grado di diminuire la sua capacità di indurre stress (Geer,

Davison & Gatchel, 1970). L’aspetto che sembra più influire sull’effetto di

stimoli dolorosi è, non tanto il senso stesso di controllo in sè, ma il significato

che si attribuisce ad una condizione frustrante ; se tale condizione può essere

prevista, se ne si conosce la durata e se fa parte di un insieme di circostanze

desiderate da un soggetto, allora tale condizione produrrà una frustrazione

meno intensa (Thompson, 1981). In altre parole una qualsiasi condizione

stressante può essere tollerata meglio se inserita in una trama cognitiva che le

dia un senso. La credenza nei fenomeni paranormali può essere così

considerata un complesso tessuto di conoscenze che, per quanto ingiustificate,

forniscono un modo per controllare e quindi attenuare situazioni

potenzialmente minacciose, e di fatto inevitabili. Una persona che sperimenta

il fallimento in aree quali ad esempio l’acquisizione di un lavoro o nella

gestione della vita amorosa e affettiva, può più facilmente rivolgersi ad un

cartomante per ‘conoscere’ ed essere rassicurato su questioni che una

mancanza di auto-afficacia personale circonda di una ansia difficilmente

gestibile.

Le persone mostrano per altro una sorta di ottimismo ingiustificato che le

porta a ritenere che alcuni eventi frustranti (come le malattie, gli incidenti, il

divorzio...) possano più probabilmente accadere ad altri che a se stessi ; esiste

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cioè una sorta di motivazione alla protezione di se stessi (Self-Serving bias)

che porta a distorcere la percezione della causalità di eventi qualora questi

possono minacciare la sopravvivenza dell’organismo (Miller & Ross, 1975 ;

Kunda, 1987) La nostra mente sembra quindi pronta ad alterare la percezione

dei fatti, se questo può servire a sentirsi più protetti. Ad esempio la

formulazione di un giudizio sulla covariazione tra eventi comporta una serie

di opearzioni mentali che possono essre svolte scorrettamente se la nostra

mente ha bisogno di confermare convinzioni di cui ha bisogno (Crocker,

1981). E’ realmente difficile raccogliere indizi per confutare le nostre

convinzioni se queste ci servono : una teoria sul funzionamento della realtà

che ci serve, difficilmente viene abbandonata. Una persona convinta che i

sogni premonitori esistono tenderà a selezionare tra i propri sogni solo quelli

che si realizzano, tenderà a prendere in considerazione soltanto un campione

di sogni che più somigliano ad eventi che si realizzano, distorcerà il contenuto

del sogno per farlo somigliare ad un evento realmente accaduto, considererà i

sogni che non si realizzano non una confutazione ma una dimostrazione che le

nostre capacità premonitorie non sempre funzionano, riterrà la frequenza dei

sogni che si realizzano maggiore di quella che non si realizzano, per

concludere infine che esistono prove più che convincenti dell’esistenza di

fenomeni in realtà invisibili.

LA CREDENZA NEL PARANORMALE: SALUTE O MALATTIA? Schumaker afferma che le credenze nel paranormale hanno 'spostato' le

tradizionali credenze religiose, quasi a costituire una sorta di 'religione non

religiosa' che ha il valore sostanziale di essere 'mental health prophilactics'.

Credere nel paranormale servirebbe, anche se il costo di questa credenza è

l'autoinganno, la sospensione del pensiero razionale e critico e un certo

impoverimento della realtà. Se Schumaker pensa, in conclusione, che credere

nel paranormale può essere un modo di salvaguardare la propria salute

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mentale, altri non solo affatto d'accordo. Zusne e Jones (1982) pensano per

esempio, esattamente al contrario, che credere nel paranormale sia un segno

evidente di instabilità emozionale. E Greyson (1977) ha notato come la

credenza nel paranormale sia molto più frequente tra i pazienti con disturbi

psicologici. Due altri studiosi (Tobacyk e Mildford,1983) hanno notato la

stessa cosa: le persone che credono di più al paranormale sono persone con un

cattivo adattamento (rivelato dal Test del Locus of Control). D'altra parte

numerose ricerche dimostrano che esiste una correlazione diretta tra credenza

nel paranormale e pensiero magico, ed il pensiero magico è tipico di certe

gravi forme di disturbo psichiatrico (per esempio il disturbo schizotipico) o

comunque di propensione alla schizofrenia. Irwin (1994b) e Woldraft (1997)

hanno invece riscontrato un’associazione tra tendenza ad avere esperienze

dissociative e credenza (in particolare con la credenza nella psi, nella

precognizione, nello spiritualismo e nelle forme di vita straordinarie). Questo

ovviamente non significa che credere nel paranormale sia segno di malattia

mentale, almeno nella stessa misura in cui credere al paranormale non è segno

di salute mentale. E' un dato di fatto che la credenza nel paranormale può

essere associata facilmente a disturbi mentali, o comunque a disturbi della

sfera emotiva, come hanno tra gli altri ancora visto Windholz e Diamant

(1974) e Thalbourne (1994, 1998), che hanno evidenziato come i credenti nel

paranormale esaminati nel loro studio mostrino risposte tipiche di soggetti

schizoidi e di problematiche collegate asse psicotico (ideazione magica e

alterazioni percettive). Thalbourne e French (1995) e Andrews e Lester

(1998), Thalbourne, Keogh e Crawley (1999), hanno riscontrato invece la

presenza di problematiche che riguardavano anche l’umore, notando che la

tendenza a credere nei fenomeni paranormali era associata alla presenza di

depressione, mania ed esperienze maniaco-depressive.

Un’indagine recente di Willging e Lester (1997) non ha rilevato invece alcuna

associazione tra disturbi psicologici e credenza in un campione di adolescenti,

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piuttosto rilevando una relazione con la presenza di esperienze paranormali

nell’infanzia

D'altra parte non è possibile ignorare il numero notevole di studi compiuti su

questo argomento, i cui risultati mostrano come la credenza nel paranormale

sia associata con una serie di caratteristiche psicologiche che con la salute

mentale hanno abbastanza poco a che vedere, come per esempio ideazione

magica, dogmatismo, scarso interesse verso il sociale, convinzione di essere

dominati da forze esterne e misteriose (locus di controllo esterno). Allo stesso

modo, in genere, la superstizione si collega all'ideazione magica, ma anche a

una serie di fattori che denotano un cattivo adattamento psicologico.

Il concetto di locus of control è andato assumendo una importanza sempre più

determinante nella ricerca sulle credenze. Il costrutto teorico del 'locus of

control' è stato elaborato nel 1966 dallo psicologo Rotter, e si riferisce alle

credenze che possiede una persona relativamente al controllo degli eventi

dell'esistenza. Diciamo che le persone, da questo punto di vista possono essere

divise in due grandi categorie: quelli che credono che siano personalmente

responsabili di ciò che accade loro (e sono definiti individui 'interni'); e quelli

che ritengono che gli eventi della vita siano determinati da forze esterne che

sfuggono al loro controllo, per esempio dal fato, da altre persone o entità,

dalla sorte ('individui esterni'). Secondo questo costrutto teorico, insomma,

esiste una sorta di continuum di credenze che va da una tendenza alla

'internalità' ad una tendenza dalla 'esternalità', con una serie, ovvia, di

sfumature intermedie. Esistono delle differenze tra i vari tipi di credenza: per

esempio è stato notato, sempre con quel suggestivo strumento che è il Locus

of Control, che credenze religiose tradizionali, credenza nello spiritismo e

superstizione sono in genere associate ad un Locus of Control esterno, mentre

la credenza nella stregoneria e nelle capacità psi è legata maggiormente ad un

locus of control interno. Diversa è la situazione per le credenze religiose per

così dire 'ortodosse', tradizionali: l'unico tratto comune è una certa frequenza

19

di locus of control esterno, ma le credenze religiose in genere sono associate

ad indici di salute mentale, con una maggiore aderenza tra ideale e concetto di

se: si trovano correlazioni infatti con un buon funzionamento sociale, con un

buon adattamento, con alti interessi sociali. Persino la relazione con

l'ideazione magica è variabile, essendo probabilmente correlata con una

maggiore o minore intransigenza religiosa.

Insomma, Schumaker (1987) è un ottimista. I dati riportati dagli studiosi che

si sono occupati dell'argomento non sono sono molto a favore della sua

ipotesi, e la credenza nel paranormale più che essere un fattore di salute

mentale sembra, al contrario, essere un indice di psicopatologia. A fronte di

queste interpretazioni ne esiste un'altra che è particolarmente suggestiva. Si

tratta di quel fenomeno psicologico che viene definito 'propensione alla

fantasia"; questa caratteristica psicologica è tipica di quelle personalità che

fantasticano una gran parte del loro tempo, e che sono profondamente

assorbiti nelle loro fantasie tanto da essere assorbiti o comunque esperire ciò

che stanno 'fantasizzando' (Lynn e Rhue, 1988). La gente 'propensa alle

fantasie' è fortemente portata a riportare esperienze parapsicologiche personali

(Wilson e Barber, 1983).

Insomma, le fantasie iperattive sembrano più portate ad essere protagoniste di

presunti fenomeni paranormali, il che, se fosse così semplice, la direbbe assai

lunga sulla realtà di questi fenomeni. Una spiegazione alternativa è che

persone con grande fantasia possono essere indotte ad avvicinarsi al

paranormale, e questa credenza essere a sua volta un modo per produrre

autenticamente esperienze 'psichiche' (è una spiegazione stiracchiata, ma

poiché è stata suggerita è giusto citarla).

La propensione alle fantasie in relazione alle credenze paranormali è stata

indagata, per esempio, in un campione di soggetti australiani dallo psicologo

Irwin (1990a) che ha rilevato come questa caratteristica di personalità sia

correlata ad una serie piuttosto complessa di 'credenze', che vanno dalla

20

credenza in concetti religiosi tradizionali, a quella nella precognizione, nello

spiritismo, nella stregoneria, in forme di vita straordinarie e nella

superstizione.

Le persone così propense alla fantasia sono, comunque, soggetti

particolarmente labili sul piano mentale? Sembra proprio di no. Wilson e

Barber (1983), che hanno studiato attentamente il problema, ritengono che la

persona con una forte propensione alle fantasie sia sostanzialmente ben

adattata, sia insomma nella media per quanto attiene la salute mentale,

escludendo che questa estrema propensione alla fantasia sia dovuta ad una

certa incapacità a vivere nella vita reale. Certo, è pur vero che in certi disturbi

mentali (l'isteria, la schizofrenia) esiste una maggiore incidenza di personalità

'inclini alla fantasia', ma è altrettanto vero che la psicopatologia è in genere

indipendente da questa caratteristica di personalità, nel senso che non è ad

essa causalmente correlata. Si intende dire che essere inclini alla fantasia è

tipico degli schizofrenici e degli isterici, esattamente quanto lo è delle persone

medie, in medie condizioni di salute mentale. D'altra parte, negli studi

psicometrici condotti su questo argomento (per esempio Rhue e Lynn, 1987)

si è visto che solo tra il 10 e il 20 per cento dei soggetti del campione preso in

esame presentavano segni di disadattamento; questi studiosi ne conclusero che

l'atteggiamento incline alle fantasie non precede disturbi psicopatologici, e

che anzi, per un certo numero di persone questo atteggiamento può essere un

modo per migliorare il proprio adattamento.

Anche in questo caso non tutti sono d'accordo, e due altri studiosi , Huff e

Council (1987) hanno riportato risultati meno incoraggianti. Secondo essi,

l'alta propensione alla fantasia si associa ad un'alta percentuale di

psicopatologia e, comunque, a modalità di adattamento decisamente inferiori

rispetto a quelle di persone con una bassa attitudine alle fantasie. I 'grandi

fantasticatori', presenterebbero con più frequenza rispetto ai 'piccoli'

21

fantasticatori tratti schizoidi, disturbi borderline di personalità, ansia, un

concetto di se negativo, e una sostanziale incapacità a far fronte allo stress.

Questi soggetti potrebbero necessitare, in ogni caso, anche in assenza di

psicopatologia, di maggiore sostegno da parte di un insieme di meccanismi di

difesa dell'Io per prevenire psicopatologia significativa. Insomma, se si

concorda sul fatto che, sicuramente, credere nel paranormale non è affatto

indice di salute mentale, c'è un certo disaccordo sul fatto che essere

particolarmente inclini alle fantasticherie sia un buon modo di migliorare il

proprio adattamento.

Uno degli studi più recenti e più interessanti al riguardo è stato condotto da

Harvey J. Irwin, che già ripetutamente si era occupato del problema della

correlazione tra credenze nel paranormale e tratti di personalità. Egli sottopose

ad un triplice questionario un campione di 200 studenti (solo 122 dei quali,

comunque, risposero). I tre questionari erano relativi ai tre aspetti in

discussione nel suo studio, ovvero la credenza nel paranormale, il livello di

adattamento (e quindi di salute mentale) e la propensione alla fantasia. La

propensione alla fantasia fu indagata mediante un test chiamato ICMIC

(Inventory of Childhood Memories and Imaginings); l'adattamento

psicologico mediante l'LMHS (Langner's Mental Health Scale) e la credenza

nel paranormale mediante un altro questionario specifico, PBS (Paranormal

Beliefs Scale). I risultati della ricerca furono decisamente interessanti.

Anzitutto, per l'ennesima volta, i dati di Schumaker vennero smentiti: non solo

non risultava che vi fosse una correlazione diretta tra credenza nel

paranormale e salute mentale, ma anzi, che credenze maggiori nel

paranormale si associano a un maggior numero di sintomi psicopatologici.

Williams e Irwin (1991) hanno proposto di discriminare tra credenza normale

e patologica. Nel primo caso le persone sono perfettamente consapevoli degli

aspetti irrazionali della credenza e degli aspetti cognitivi legati alla percezione

del caso; in questi casi l’ideazione magica convive con il pensiero logico. Nel

22

secondo caso invece la credenza è associata in maniera patologica al pensiero

magico; essa diventa sintomatica di un funzionamento cognitivo difettoso che

porta a non comprendere la natura irrazionale della credenza, che serva

piuttosto per far fronte ad esperienze psicopatologiche bizzarre, anomale.

La relazione tra credenza nel paranormale e salute mentale dunque esiste, ma

è inversa. Soprattutto sono i 'forti credenti' ad avere più problemi con

l'equilibrio mentale, mentre lo scetticismo o una credenza molto moderata

possono essere meno devianti, e quindi fungere da 'self-serving cognitive bias,

e quindi essere realmente un fattore di salute mentale. Riguardo alla relazione

tra credenza nel paranormale e propensione alla fantasia, Irwin trovò che essa

in realtà esiste. Riguardo alla relazione tra propensione alla fantasia e salute

mentale, anche in questo caso la relazione fu evidenziata, nel senso che le

persone con 'propensione alla fantasia' presentano anche una maggiore

'propensione' alla psicopatologia, presentano cioè più sintomi psicopatologici

della media. Insomma esiste un continuum tra credenza nel paranormale e

propensione alla fantasia, così come propensione alla fantasia e disturbo

mentale.

RAGIONAMENTO E CREDENZA NEL PARANORMALE Le persone che credono nel paranormale, insomma, hanno certe caratteristiche

di personalità. Quanto queste caratteristiche possono influenzare i

ragionamenti a favore o contro il paranormale? Si tratta di un discorso

estremamente importante. Gli scettici hanno ripetutamente sostenuto che

esiste una relazione inversa tra le capacità di ragionamento (logico) e il grado

di credenza nel paranormale, sia come insieme di fenomeni che come trama

teorica. Chi crede nel paranormale sarebbe, infatti, dogmatico, credulone e

sostanzialmente incapace di ragionamenti critici. Tali ipotesi - perché di

questo si tratta - sono state vagliate attraverso una serie di studi sperimentali

condotti da diversi psicologi. Alcock e Otis (1980), per esempio, hanno

23

confrontato le capacità di pensiero critico in due gruppi di studenti, uno di

'credenti' e l'altro di 'scettici' ed hanno dimostrato che gli studenti che

credevano nel paranormale erano carenti riguardo al pensiero critico rispetto

agli studenti scettici. Risultati simili furono trovati da Gray e Mill (1990), che

per valutare la capacità di pensiero critico utilizzarono dei sommari, inventati,

di lavori scientifici difettosi. Non si trattava di una differenza dovuta a carenza

di intelligenza o cultura: anzi, i due autori sostennero che persone che hanno

peraltro ricevuto una formazione valida, sono propense ad accettare il

paranormale perché applicano le loro capacità di pensiero critico ad argomenti

selezionati, e non a tutti gli argomenti. Più recentemente Mogan e Morgan

(1998) hanno confermato la presenza di una associazione negativa tra pensiero

critico e due sole forme di credenze: religiose e spirituali.

Un altro lavoro (Polzella, Popp e Hinsman, 1975) aveva osservato che le

persone che credevano nel paranormale (in particolare nell'ESP), avevano

meno successo in un test che implicava prove di ragionamento - sebbene i

risultati da loro ottenuti non fossero poi particolarmente significativi. Non si

tratta comunque di risultati generalizzabili: anche le performances di fronte ad

una prova di sillogismi possono dipendere da diverse variabili, visto che,

come è stato dimostrato, anche il ragionamento fondato sui sillogismi può

essere alterato dalle convinzioni individuali (Janis e Frick, 1943; Morgan e

Morton, 1944).

Thalbourne e Nofi (1997) hanno invece osservato come sia l’eccessiva

intensità della credenza ad essere associata con la presenza di abilità

intellettive inferiori alla media .

E' stato Irwin (1991b) a riproporre il problema in termini molto razionali. Le

ipotesi possibili sono infatti solo due: i credenti nel paranormale hanno scarse

capacità di ragionamento razionale, oppure, il ragionamento a favore o contro

la parapsicologia varia con sistematicità in dipendenza del livello di credenza

nel paranormale. Per studiare l'argomento Irwin utilizzò un gruppo di studenti

24

ai quali sottopose un questionario fondato su sillogismi e il questionario PBS

per la valutazione delle credenze sul paranormale. I risultati di Irwin furono

interessanti: egli trovò che la capacità di ragionare a favore o contro il

paranormale non era in diretta correlazione con il grado di credenza nel

paranormale stesso, con una sola eccezione: le persone che avevano credenze

paranormali di tipo 'religioso', che sembravano in realtà mostrare una più

bassa attitudine al ragionamento critico. Il suo studio contrastava con la

massima parte degli studi precedenti, e la discrepanza nei risultati doveva

avere una spiegazione. Irwin ritiene che ad influenzare i risultati sia

l'atteggiamento del ricercatore. Un ricercatore che è palesemente scettico,

trasmette al gruppo di soggetti che sta sottoponendo ai test la sensazione che i

credenti nel paranormale siano necessariamente irrazionali, creduloni e

dogmatici, un ricercatore che invece appare disponibile verso il paranormale

(come Irwin, per esempio) può trasmettere una maggiore sensazione di

sicurezza. Questi differenti atteggiamenti possono condizionare le risposte, in

quanto nel caso di un ricercatore scettico i soggetti possono essere

maggiormente in allarme, e quindi fornire risposte adeguate all'aspettativa del

ricercatore (e questo vale anche nel caso opposto). I risultati, quindi, sarebbero

dovuti ad un 'effetto dello sperimentatore' rilevante quanto non intenzionale.

Gli scettici hanno ripetutamente rimarcato come la credenza nel paranormale

può essere importante nel fare scambiare per eventi paranormali fatti normali.

Questo allora potrebbe essere un indice di disagio sociale, e comunque di

inadeguatezza dei programmi scientifici scolastici, che dovrebbero appunto

evitare la credenza nel paranormale. E' stato anche rilevato come credere nel

paranormale può indurre a trascurare una certa quantità di informazioni non

coerenti con una ipotesi paranormale, con un meccanismo di

selezione.(pag.3). Questa ipotesi è stata successivamente studiata e

corroborata sperimentalmente da Smith, Foster e Stovin (1998). Essi hanno

osservato come la presenza di un contesto sperimentale favorevole

25

all’esistenza dei fenomeni paranormali era in grado di aumentare l’intensità

della credenza del gruppo, e che questa tendenza si produceva maggiormente

nei soggetti più intelligenti, creando conseguentemente delle correlazioni

spurie tra credenza ed intelligenza. Merla (2000) ha invece notato come sia

possibile riscontrare una relazione tra credenza nel paranormale e difficoltà di

soluzione di sillogismi solo nel caso in cui il contenuto della credenza e quello

dei sillogismi coincide; nessuna differenza era invece riscontrabile per i

sillogismi di contenuto neutro.

ALCUNE IPOTESI Sono state formulate numerose ipotesi per comprendere le motivazioni della

credenza nel paranormale. Una delle più interessanti, di natura sociologica, si

fonda sul concetto di 'marginalità sociale' (Bainbridge, 1978; Wuthnow,

1976). Secondo questa ipotesi la credenza nel paranormale è maggiormente

presente in strati della popolazione caratterizzati da una posizione sociale

marginale - quindi con scarsa educazione scientifica e culturale, o disoccupati

o comunque persone che sono in una posizione piuttosto bassa sulla scala

sociale. Questa condizione si associa ovviamente ad una condizione di

alienazione e povertà generale, frustrante, che pertanto renderebbe queste

persone più predisposte a credenze religiose o 'paranormali', anche come

compensazione delle frustrazioni del loro status. In realtà, per quanto

interessante, questa ipotesi non è stata dimostrata inconfutabilmente. Esistono

delle evidenze, ma esse non consentono di stabilire che l'ipotesi è

incontestabilmente vera, anche se suggeriscono la sua fruibilità come

orientamento di ricerca.

Più interessante appare il problema generale delle credenze individuali, quello

che è stato chiamata “ipotesi della visione del mondo” (Zusne e Jones, 1982).

Dagli studi empirici effettuati si sono evidenziati alcuni dati di grande

interesse: in genere sono più portati a credere nel paranormale persone che

26

hanno avuto (o pensano di avere avuto) esperienze paranormali, con un tipo di

relazione tra le due cose che appare sostanzialmente circolare: la credenza

incoraggia il coinvolgimento nelle esperienze psichiche, e le esperienze

psichiche rafforzerebbero la credenza. Un altro fattore di una qualche

rilevanza è la credenza religiosa in generale, che sembra essere positivamente

correlata con la credenza nel paranormale. Chi è religioso, insomma, tende ad

essere maggiormente un 'credente' nel paranormale rispetto a chi non lo è,

anche se tale dato non appare univoco.

In genere, dal punto di vista psicologico, il 'credente' nel paranormale adotta

una visione del mondo soggettiva, non ha particolari attitudini scientifiche nei

confronti delle indagini sull'ESP, anche se non ha necessariamente una visione

'antiscientifica' o 'antitecnologica' del mondo. E' un 'dualista' (convinto, cioè,

che mente e cervello non siano la stessa cosa), e, detto in termini più

palesemente psicologici, adotta il punto di vista di un 'locus of control '

esterno.

Un'altra ipotesi è quella del 'deficit cognitivo '. Nel paranormale, insomma,

crederebbero solo i creduloni, gli irrazionali, le persone prive di una sana

mentalità critica. Ma anche in questo caso, i dati disponibili non sono affatto

univoci, anzi questa è forse l'ipotesi meno confermata. Un solo dato presenta

una certa importanza ed un certo interesse: quello relativo alla 'propensione

alle fantasie ' (Alcock, 1981).

Gli scettici hanno spesso messo in evidenza come esista un legame tra

problemi psicologici e credenza nel paranormale. Questa credenza,

pertanto,sarebbe la risposta ad un preciso bisogno psicologico. L'ipotesi può

essere definita delle 'funzioni psicodinamiche'. I dati ottenuti sono abbastanza

curiosi, e significativi. Almeno due ricerche (Tobacyk, e Tobacyk e Pirtilla-

Backman) hanno trovato che le credenze nel paranormale sono in genere

correlate in qualche modo ad alienazione sociale.

27

In realtà, l'interesse sociale, cioè la capacità di trascendere i propri interessi

personali, prestando attenzione ai bisogni di altre persone, sembra essere

negativamente correlato con la credenza nel paranormale. Insomma il

'credente', in genere, è sostanzialmente un 'egoista', al contrario del 'credente'

in senso religioso tradizionale. I credenti nel paranormale hanno in genere una

motivazione sociale molto bassa, con un'ansia sociale bassa, mentre non

hanno una particolare tendenza a rispondere in modi socialmente desiderabili,

mentre non hanno paura del ridicolo. D'altra parte si tratta di dati

perfettamente comprensibili, se pensiamo che i credenti nel paranormale

hanno in genere un maggiore interesse alle proprie esperienze soggettive che

non ai bisogni di altra gente.

E' stata anche valutata la percezione individuale di se. E' stato evidenziato

come alcuni 'credenti' nel paranormale hanno un senso grandioso della propria

importanza e unicità. Sono tendenzialmente narcisiste. La credenza nel

paranormale è stata anche messa in correlazione diretta con una quota di

neuroticismo. Inoltre, i credenti nel paranormale con estrema difficoltà

modificano le proprie idee, sono tendenzialmente rigidi e dogmatici. Questo

potrebbe essere indicativo di un adattamento psicologico abbastanza povero.

Shumaker (1987) è convinto (ed è uno dei pochi ad esserlo) che la credenza

nel paranormale sia compatibile con un adattamento psicologico superiore. In

realtà, altri studi hanno trovato risultati completamente opposti, e la credenza

nel paranormale si correla assai spesso con un adattamento psicologico

difettuale.

IL RUOLO DELLA CULTURA

La cultura decide quanto credere nel paranormale, ma soprattutto la forma di

questa credenza. Avviene, in qualche modo, ciò che succede con disturbi

mentali in culture non occidentali, dove, come dice Devereux: la cultura decide

il modo in cui ci si può ammalare di mente, secondo forme codificate a priori.

28

Ma esiste anche un bisogno fondamentale: per mezzo dell'inserimento nel

proprio sistema di credenza delle credenze paranormali, l'individuo riesce ad

ottenere una trama concettuale per strutturare e rendere plausibili molti eventi

che altrimenti potrebbero apparire incomprensibili. La credenza nel

paranormale, pertanto, costituirebbe un 'bias' cognitivo, mediante il quale la

realtà viene filtrata, aumentando il senso di sicurezza emozionale individuale.

La credenza nel paranormale creerebbe pertanto una 'illusione di controllo' su

eventi che sono anomali, o che non sono realmente controllabili

dall'individuo.

Dipende, questo, molto dalle caratteristiche individuali, ovviamente. I credenti

nel paranormale hanno un maggior bisogno di senso di controllo sulla realtà e

sul loro mondo in particolare. Ma perché hanno questo bisogno? La credenza

nel paranormale è correlata con la propensione alla fantasia, e la propensione

alla fantasia appare chiaramente correlata (è uno dei maggiori fattori) con la

presenza nella storia personale di esperienze infantili traumatiche, in

particolare abuso fisico. I traumi infantili possono pertanto costituire una delle

origini delle credenze paranormali. Irwin (1992, 1994) ha trovato una

correlazione positiva tra credenze paranormali e abuso fisico intrafamiliare

durante l'infanzia. Il bisogno di un maggiore controllo sulla realtà sembra

pertanto essere in diretta correlazione con il verificarsi di eventi imprevedibili

anche dopo l'infanzia. Qualunque acuta sofferenza può orientare il pensiero di

una persona verso il paranormale. La sequenza dei meccanismi psicologici

sembra quindi essere: trauma infantile, bisogno di controllo, propensione alle

fantasie, illusione di controllo sugli eventi della vita: tutto ciò porta alla

nascita e al mantenimento di credenze paranormali1 (Irwin, 1993). D'altra

parte, la propensione alla fantasia può anche essere incoraggiata dalla

1 Lawrence , Edwards, Barraclough, Church e Hetherington (1995) hanno invece osservato che ad essere legato al trauma infantile è la presenza di esperienze paranormali, le quali a loro volta influenzerebbero lo sviluppo delle credenze.

29

famiglia, e sarebbe pertanto necessario studiare anche questo aspetto, oltre a

quello dell'abuso fisico. Il bisogno di controllo tende a rendere ancora più

rilevanti l'occorrenza di eventi anomali e incontrollabili nella vita

dell'individuo.

Perché si scelgono le credenze paranormali? Perché queste credenze offrono

l'illusione di controllo. La facilitazione delle credenze paranormali per mezzo

della tendenza alla fantasia è incoraggiata da una serie di fattori: educazione,

ambiente sociale e culturale, i modelli di credenza offerti dalla famiglia, dagli

insegnanti, dai media, da altri credenti. Inoltre queste credenze possono

ancora maggiormente essere incoraggiate da esperienze paranormali; ma è un

circolo vizioso: la credenza nel paranormale e il bisogno di controllo tende a

fare interpretare come paranormali esperienze anomale e l'incontro con

esperienze che sembrano paranormali tende ad incoraggiare la credenza.

Inoltre quando una credenza paranormale fornisce all'individuo un senso di

controllo su eventi incontrollabili, si attenua la sensazione di aver bisogno di

aiuto, e questo rinforza la credenza nel paranormale e probabilmente anche la

sottostante tendenza alle fantasie.

Le ricerche sull'origine e il significato della credenza nel paranormale

rappresentano un'area di indagine di importanza fondamentale. Esse hanno

chiarito già molte cose, ma non tutte. La credenza nel paranormale, infatti,

sembra rappresentare una delle costanti psicologiche e sociali della storia

dell'umanità.

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Tabella 1

Autore Fattori Sullivan (1982) 1. CREDENZA SUPERSTIZIOSA GENERALE

(ESP, astrologia, UFO, case infestate, bioritmi,lettura dei Tarocchi)

2. FATTORE RELIGIOSO ORTOGONALE

(Dio, evoluzione, possessione degli spiriti)

Sobal e Emmens (1982)

1. CREDENZA NEI FENOMENI PSICHICI;

2. CREDENZA RELIGIOSA;

3. CREDENZA NELL’ESISTENZA DI ALTRI

ESSERI

(Loch Ness, Spiriti)

Clarke (1991)

1. CREDENZE RELIGIOSE TRADIZIONALI,

2. CREDENZE PARAPSICOLOGICHE,

3. CREDENZE IN FORME DI VITA

STRAORDINARIE

Tobacyk (1988)/Tobacyk E Mildford (1983

1. CREDENZA RELIGIOSA TRADIZIONALE,

2. CREDENZA NELLA PSI,

3. STREGONERIA

4. SPIRITUALISMO

5. SUPERSTIZIONE

6. FORME DI VITA STRAORDINARIE

7. PRECOGNIZIONE

Gimmer e White (1990)

1. SCIENZA POPOLARE,

2. OBSCURE UNBELIEF,

3. RELIGIONE TRADIZIONALE,

4. TERAPEI ALTERNATIVE,

5. PARATERAPIE,

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6. PSI FUNZIONALE,

7. PSI STRUTTURALE