Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

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REPUBBLICA ITALIANA SEZIONI RIUNITE DELLA CORTE DEI CONTI * * * MEMORIA DEL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DEI CONTI IN SEDE DI GIUDIZIO SUL RENDICONTO GENERALE DELLO STATO PER L’ESERCIZIO 2006 * * * IL PROCURATORE GENERALE Visto l’art. 100, secondo comma, della Costituzione; Visti gli artt. 39, 40 e 41 del T.U. approvato con R.D. del 12 luglio 1934, n. 1214; Visto l’art. 6 del Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato con deliberazione della Corte dei conti a Sezioni Riunite n. 14 del 16 giugno 2000; Vista la legge del 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004); Vista l’ordinanza del Presidente delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 9/Contr./D-REL.-S/07 del 30 maggio 2007, con la quale è stata fissata per il 27 giugno 2007 l’udienza delle stesse Sezioni Riunite per il giudizio sulla regolarità del rendiconto generale dello Stato relativo all’esercizio finanziario 2006 DEPOSITA La presente memoria. I. - CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE. 1.- Premesse. E’ tradizione, nonché buona regola del giudizio che la Corte dei conti annualmente rende sul rendiconto generale dello Stato richiamarne preliminarmente i contenuti e le finalità e, in questo quadro, accennare al ruolo assolto dal Procuratore Generale. Il giudizio è inteso a dare certezza e credibilità ai dati finanziari ed ai loro riflessi gestionali, economici e patrimoniali sull’organizzazione e sull’attività della Pubblica Amministrazione, con riferimento sia allo specifico esercizio finanziario oggetto del giudizio che alle prospettive di breve e medio periodo. A sua volta, la presenza del Procuratore Generale nel giudizio si deve all’antica

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REPUBBLICA ITALIANA

SEZIONI RIUNITE

DELLA CORTE DEI CONTI

* * *

MEMORIA

DEL PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE DEI CONTI

IN SEDE DI GIUDIZIO

SUL RENDICONTO GENERALE DELLO STATO

PER L’ESERCIZIO 2006

* * *

IL PROCURATORE GENERALE

Visto l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;

Visti gli artt. 39, 40 e 41 del T.U. approvato con R.D. del 12 luglio 1934, n.

1214;

Visto l’art. 6 del Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo

della Corte dei conti, approvato con deliberazione della Corte dei conti a Sezioni

Riunite n. 14 del 16 giugno 2000;

Vista la legge del 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004);

Vista l’ordinanza del Presidente delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n.

9/Contr./D-REL.-S/07 del 30 maggio 2007, con la quale è stata fissata per il 27 giugno

2007 l’udienza delle stesse Sezioni Riunite per il giudizio sulla regolarità del rendiconto

generale dello Stato relativo all’esercizio finanziario 2006

DEPOSITA

La presente memoria.

I. - CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE.

1.- Premesse.

E’ tradizione, nonché buona regola del giudizio che la Corte dei conti

annualmente rende sul rendiconto generale dello Stato richiamarne preliminarmente i

contenuti e le finalità e, in questo quadro, accennare al ruolo assolto dal Procuratore

Generale.

Il giudizio è inteso a dare certezza e credibilità ai dati finanziari ed ai loro

riflessi gestionali, economici e patrimoniali sull’organizzazione e sull’attività della

Pubblica Amministrazione, con riferimento sia allo specifico esercizio finanziario

oggetto del giudizio che alle prospettive di breve e medio periodo.

A sua volta, la presenza del Procuratore Generale nel giudizio si deve all’antica

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previsione normativa che il rito si svolga nella forma della giurisdizione contenziosa, la

quale si concreta nel riconoscimento al Pubblico Ministero contabile di un ruolo

requirente sulla base delle risultanze del rendiconto e in sintonia con la tipica funzione

di promotore di giustizia, che l’ordinamento gli assegna a tutela degli interessi

finanziari e patrimoniali della Pubblica Amministrazione.

Gli insegnamenti dell’esperienza e l’evoluzione stessa dell’economia pubblica

hanno esteso l’ambito conoscitivo del giudizio sul rendiconto e dell’intervento che nello

stesso esplica il Procuratore Generale alle connessioni della finanza pubblica con

l’economia generale e all’incidenza che la cura dei pubblici interessi e la gestione dei

servizi pubblici hanno sui settori produttivi e sulle attività d’impresa.

Ciò premesso, appare importante porre in evidenza, in queste annotazioni

introduttive, taluni aspetti di primaria rilevanza che caratterizzano attualmente la

gestione degli interessi pubblici, con riserva di ulteriori puntualizzazioni nelle

successive parti tematiche.

Un aspetto che merita particolare attenzione è il dato dell’emergenza:

quest’ultima, in realtà sembra essere la dimensione cui si rapportano

prevalentemente, con connotazioni di precarietà, le decisioni e le applicazioni di potere

pubblico, sia sul piano finanziario, che su quello amministrativo.

Sembra, cioè, che si governi e si gestisca più sulla base degli eventi

congiunturali e dell’accumularsi delle emergenze che secondo logiche programmatiche

ed analisi di priorità nel segno dello sviluppo e della crescita.

A questo primo dato si accompagnano una diffusa rarefazione dei controlli, di

quelli di legalità in particolare, soprattutto a livello regionale e locale nonché, e non

casualmente, il ricorso sempre più accentuato a nuovi modelli di organizzazione del

munus publicum, dalle autorità indipendenti, alle agenzie, alle società a capitale

pubblico, totalitario o misto, che si muovono in un ambito di partenariato pubblico-

privato. Quest’ultimo, è un modello che ci viene dalla contaminatio con il diritto

comunitario, una dimensione virtuosa cui la cura dei pubblici interessi dovrà sempre

più adeguarsi per ritrovare la “retta via” e per recuperare la fiducia dei cittadini e delle

imprese.

2. - Il dominio dell’emergenza nella finanza pubblica e nelle pubbliche

gestioni, nel segno della precarietà.

Il dominio dell’emergenza e della precarietà sembra essere confermato dalla

valutazione complessiva dei dati della finanza pubblica relativi al 2006.

E’ vero infatti che, al tirar delle somme, i conti pubblici sono migliorati rispetto

agli esercizi precedenti, ma questo risultato positivo e “inatteso”, come viene definito

nella recente relazione annuale della Banca d’Italia, si è verificato, per una buona

parte, nel segno della straordinarietà delle misure, quali il contenimento forzoso ed

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indiscriminato della spesa pubblica ovvero per effetto di evenienze favorevoli

impreviste quali la sopravvenienza di un maggior gettito tributario e il conseguente

formarsi di un accumulo provvisorio di liquidità, comunemente definito “tesoretto”.

Si discute sui modi per avvalersene: certo una diminuzione della pressione

fiscale avrebbe effetti benefici per le imprese e per i redditi medio-bassi, ma

l’estemporaneità dell’evento consiglierebbe di destinare la maggiore disponibilità in

attivo per contenere il debito pubblico, che, a sua volta, occorrerebbe non

dimenticarlo, è di per se stesso un’emergenza.

Esso, infatti ha continuato ad aumentare nel 2006 (106,8% in rapporto al PIL,

contro il 106,2% del 2005), mentre carenti, inadeguati, spesso controversi ed

interrotti sul nascere o a metà strada sono gli investimenti pubblici, soprattutto le

grandi opere e le infrastrutture, anche a causa di contrasti in sede locale, come nei

casi della T.A.V., di molte discariche per i rifiuti e del ponte sullo stretto di Messina.

Da notare che alla precarietà e all’interruzione degli interventi non di rado si

accompagnano inutili dispendi di pubblico denaro in termini di spese di progettazione o

di esecuzione comunque dovute.

Allo stesso modo è contrassegnato dall’emergenza e dalla provvisorietà di

misure e rimedi il trend corrente delle pubbliche gestioni, i cui assetti, i cui equilibri

interni, le cui condizioni di economicità, efficacia ed efficienza sono mediamente

precari o inadeguati, mentre permane alto il livello di illegalità, che si concreta in

sperperi, sprechi ed illecite appropriazioni ai danni dell’Erario: tanto si dica con

riferimento sia agli apparati amministrativi sia agli organismi di pubblico servizio,

soprattutto locale. Ed anzi, come risulta dalla successiva analisi specifica di talune

emergenze, molto spesso il denaro erogato per far fronte alle stesse finisce nelle mani

di organizzazioni malavitose.

Cosicché, alla cronica emergenza della finanza pubblica (sia pure mitigata dal

recente miglioramento dei conti e dei loro indici previsionali) e dell’organizzazione

amministrativa si sono via via affiancate altre sacche di emergenza, quali quelle

afferenti all’ambiente, ai rifiuti, alle riserve idriche, allo stato del territorio, all’ordine

pubblico, all’istruzione che va scadendo pericolosamente, alla giustizia che rischia la

paralisi, alla ricerca che resta sottodimensionata, alla criminalità organizzata, ai

connazionali che, per varie ragioni, non sempre irrinunciabili, si avventurano in

territori stranieri in stato di crisi o di guerra, provocando dispendio di pubblico denaro

per salvarli.

Per non parlare di talune emergenze di vecchia data, quali la malasanità e la

previdenza, che rimangono tali nonostante gli interventi intesi alla loro

riorganizzazione ed al loro rifinanziamento, posto che i fattori obiettivi di crisi di

entrambi i settori, quali l’invecchiamento della popolazione ed i costi strutturali, non

solo permangono, ma postulano riforme di ampio respiro e la messa a regime di

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soluzioni alternative, quali la previdenza complementare o l’estendersi dell’assistenza

sanitaria su base assicurativa.

Ma le riforme e le soluzioni alternative tardano a venire, generando nuova

emergenza in entrambi i settori, con pesanti conseguenze anche ai danni delle

pubbliche sostanze.

3.- Necessità di un’inversione di tendenza nel segno della crescita: dalla

cultura dell’emergenza alla logica delle esigenze prioritarie.

L’accumularsi dei connotati di emergenza del settore pubblico distoglie energie,

risorse e gli stessi disegni politici dagli obiettivi di crescita e di fatto si contrappone,

per più versi, alla ripresa in atto dell’economia produttiva nel suo complesso ed alle

potenzialità di sviluppo, anche in termini di competitività, dell’attività delle imprese,

del risparmio e degli investimenti privati.

Esso, dunque, contribuisce non poco ad alimentare quel generale clima di

instabilità, di scollamento tra gli assi portanti del sistema Paese e, soprattutto, di non

coesione e di non condivisione economica e sociale, che caratterizza il confronto

(traducentesi talvolta in scontro) tra le parti ai vari livelli.

Indubbie ne sono le conseguenze negative per il nostro Paese anche sul

versante europeo sia sul piano dell’effettività del rispetto del Patto di stabilità e

crescita, sia sul piano della sempre più estesa integrazione economica e sociale, oltre

che giuridica ed istituzionale, con l’Unione europea.

Ed infatti, un diffuso stato di emergenza del settore pubblico, con la precarietà

e l’inevitabile carattere approssimativo delle misure, degli interventi e dei risultati che

ne conseguono, non può non pesare in modo massiccio e per più versi imbarazzante

nei rapporti con l’Unione e con gli altri Stati membri, almeno con quelli ad economia

complessiva ormai risanata ed adeguatamente competitiva, quali Austria, Francia,

Germania e Spagna.

Il che si traduce in ulteriori effetti negativi per il nostro sistema economico

complessivo e per le sue potenzialità nell’ambito del mercato unico europeo e nelle

prospettive di competizione che quest’ultimo va affrontando nei riguardi dei mercati

esterni: potenzialità e prospettive già di per sé di difficile approccio per una notevole

parte delle nostre imprese, anche a partecipazione pubblica, in ragione della

dimensione mediamente ridotta di molte di esse e del gap tecnologico e manageriale,

che non di rado si registra nei riguardi delle imprese di altri Stati membri.

A questo gap si aggiunge lo stato dei servizi pubblici essenziali, che negli altri

Paesi ad alto tasso economico hanno un trend di funzionalità eccellente ed anche un

soddisfacente margine di buona conservazione e di adeguamento tecnologico: nel

nostro Paese, purtroppo, in molte aree geografiche, in molte città ed in molti ambiti, i

servizi o non esistono affatto ovvero, se esistono, spesso sono in cattive condizioni o

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malfunzionanti e non di rado sono gli stessi utenti a pregiudicarne la continuità e la

piena funzionalità.

E’ dunque evidente la necessità di una netta inversione di tendenza, a

cominciare dal rifiuto in radice di una così diffusa cultura delle “emergenza” per

sostituirla, nel rispetto degli artt. 81, 97 e 119 della Costituzione, con una cultura delle

“esigenze” secondo l’ordine di priorità degli interessi tutelati e dei risultati da ottenere.

In tema di finanza pubblica, il mutamento significativo sembrerebbe dover

riguardare l’atteggiamento delle Pubbliche Amministrazioni verso il Patto di stabilità e

crescita, sia esterno che interno, nel senso che non vi si devono ravvisare limiti-

ostacolo, cui ci si può adeguare solo a costo di sacrifici e di misure caso per caso, bensì

indici di buon governo, cui devono essere preordinate le previsioni di bilancio con

criteri a regime, che si basino su un sostrato di condizioni di stabilità da verificarsi e,

se occorre, da crearsi a priori, senza improvvisazioni e/o mutamenti anno per anno.

Il contenimento della spesa corrente è indubbiamente regola di buon governo,

soprattutto con riferimento ai cosiddetti consumi intermedi, ma essa non può essere

applicata in modo aprioristico ed acritico a tutti i settori e a tutte le funzioni.

L’esperienza ha dimostrato che molto spesso i tagli indiscriminati hanno indotto i

responsabili di spese irrinunciabili a successive misure di indebitamento, con aggravi

di oneri e costi e con cadute di immagine per l’Amministrazione: in altri termini, per

fronteggiare l’emergenza si è finito per creare nuova emergenza.

Occorrerebbe, al contrario, una verifica delle priorità da salvaguardare, per

funzioni, per organi, per settori, per attività ed avendo presenti gli effetti di ricaduta in

una logica programmatica, che abbia come parametri di riferimento gli obiettivi di

sviluppo e di crescita del sistema complessivo e come presupposti la conoscenza

analitica della differenza strutturale tra le varie aree del Paese e l’impegno coeso di

tutti i livelli di governance.

Qualche elemento in tal senso si può desumere, ai fini di più specifiche

esemplificazioni, dalle successive parti analitiche in cui vengono presi in

considerazione taluni degli specifici profili di emergenza cui si è accennato in

precedenza, quali i saldi della finanza pubblica, la problematica dei rifiuti, la spesa

previdenziale e quella sanitaria, i costi della politica e la rivisitazione dei controlli di

legalità e di altre forme di contrasto degli illeciti e della corruzione.

4.- Emergenza giustizia: urgenza di superarla.

Di una specifica, ma rilevantissima emergenza appare importante accennare in

questa parte introduttiva.

Essa concerne la funzione della giustizia, posto che il contenimento della spesa

di questi ultimi anni ha reso le sue strutture ed i suoi organici assolutamente

inadeguati all’altissima finalità perseguita.

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Ciò è quanto può dirsi con sicurezza non solo per la magistratura ordinaria, ma

anche per la Corte dei conti, sia con riferimento alle sue funzioni di controllo sia con

riferimento alle sue funzioni giurisdizionali, in particolare quella che essa esercita nei

riguardi dei soggetti ritenuti responsabili di danni all’Erario.

Occorre porvi riparo in modo adeguato e non solo per salvaguardare le altissime

valenze alla cui tutela sono preordinate le due magistrature, ma anche per motivi

pragmatici, perché il loro ridotto funzionamento crea aree di impunità per gli autori di

illeciti ai danni del patrimonio pubblico, con precise e gravissime conseguenze

negative per lo Stato e gli altri enti danneggiati: anche nel caso della giustizia, cioè, i

tagli della spesa anziché produrre un effetto migliorativo, si traducono in

un’emergenza, che avvilisce il sistema ed arreca gravissimi danni allo Stato, in termini

patrimoniali e di immagine.

E’, dunque, da auspicare che il Parlamento ed il Governo intervengano

immediatamente, anche in questo caso non con provvedimenti straordinari, ma con

un’ organica impostazione finanziaria e normativa, ove occorra.

Un intervento normativo in tema di giustizia deve concernere anche la c.d.

“legge Pinto”; cioè la legge 24 marzo 2001 n. 89 che prevede l’equa riparazione, ossia

un indennizzo, per la parte che abbia subito o intentato un processo protrattosi oltre

un termine ragionevole. Nella legge è previsto, ai fini dell’indennizzo, un apposito

ricorso davanti alla Corte d’Appello competente, che può sfociare nella condanna

dell’Amministrazione giudiziaria incorsa nel ritardo.

In questi ultimi anni, il numero dei ricorsi si è intensificato fino al punto che

molte Corti d’Appello, per farvi fronte, rischiano di creare nuovi ritardi nelle altre cause

civili, con la conseguenza paradossale del moltiplicarsi all’infinito delle pretese di equa

riparazione. Si tratta di un effetto perverso che, come messo in evidenza in molte sedi

in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, andrebbe bloccato al più

presto con adeguati interventi normativi, tenuto conto anche della notevolissima entità

complessiva degli indennizzi concessi.

Si tratta di salvaguardare, da un lato, il buon funzionamento della giustizia

senza pregiudicare, dall’altro, il diritto del cittadino ad un celere processo, garantitogli

dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e dall’art. 111 della nostra

Costituzione.

La questione - che investe anche la Corte dei conti, cui compete di accertare le

eventuali responsabilità dei ritardi - va affrontata con assoluta priorità, non escludendo

l’opportunità di coinvolgere nei disegni di riforma gli ordini forensi.

5. - Le società pubbliche.

Come si è rilevato nelle premesse di questa parte introduttiva, nella valutazione

degli andamenti complessivi della finanza pubblica sotto il profilo degli effetti che,

direttamente o indirettamente, derivano dalle mutazioni dell’ordinamento strutturale e

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funzionale della pubblica amministrazione e di conseguenza dalle stesse modalità di

esercizio delle funzioni pubbliche e della gestione delle pubbliche risorse, non può

mancare - in parallelo con i profili di emergenza che caratterizzano l’Amministrazione

tradizionale anche - l’accenno al sempre più accentuato ricorso a forme nuove di

“munus publicum”. Tra queste forme merita attenzione il fenomeno della

esternalizzazione dei servizi pubblici e del vero e proprio svolgimento di attività

essenzialmente economiche attraverso lo strumento della costituzione di società per

azioni a partecipazione pubblica.

Due gli aspetti da porre brevemente in rilievo.

Da una parte, la incontrollabile diffusione del fenomeno e quindi la consistente

entità delle risorse impiegate che, in quanto tale, non può non influenzare, anche in

termini di obiettivi raggiunti o non raggiunti, gli equilibri della finanza pubblica.

Dall’altra la necessità, proprio in relazione alla consistenza dei fondi utilizzati, di

una verifica, sia della correttezza dell’impiego di dette risorse da parte di soggetti di

natura privata che agiscono in base alle regole del diritto privato, sia del

conseguimento da parte di tali soggetti di quell’obiettivo di maggiore efficienza

dell’attività posta in essere – soprattutto nel settore dei servizi pubblici - che ha

costituito, storicamente, la ragione stessa del ricorso allo strumento della c.d.

privatizzazione. Al fine anche, auspicabilmente, di poter individuare validi argomenti di

contrasto rispetto alla crescente opinione secondo cui la vera ragione del ricorso alle

forme di gestione in questione sia non tanto quella di poter operare senza i vincoli

propri dell’area pubblica, quanto quella di sottrarle al sistema dei controlli e delle

responsabilità di tale settore.

Quanto al primo profilo, che si risolve sostanzialmente in una esigenza di

accertamento delle dimensioni del fenomeno quale ineliminabile presupposto per una

valutazione della economicità e della capacità delle pubbliche amministrazioni di

conseguire i propri obiettivi attraverso detti strumenti, non può non rilevarsi una

difficoltà di conoscenza delle partecipazioni azionarie pubbliche, dovuto da una parte

alla struttura societaria che consente continue acquisizioni, cessioni, fusioni e

trasformazioni e della mancanza, dall’altra, di precisi obblighi di pubblicità di tali

vicende societarie ai fini del controllo sulla utilizzazione delle pubbliche risorse.

Si tratta di una difficoltà di conoscenza delle vicende societarie, intese peraltro

nei termini di gestione e di risultato economico, che presenta rilievo anche e

soprattutto sotto il secondo dei profili sopra indicati.

Sotto quest’ultimo riguardo va osservato che, nella direzione della salvaguardia

della correttezza della gestione delle risorse pubbliche utilizzate per il conseguimento

di fini pubblici attraverso lo strumento delle società partecipate, un rilevantissimo

contributo è stato offerto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che,

innovando il precedente orientamento circa la giurisdizione del giudice ordinario, ha

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affermato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità degli

amministratori degli enti pubblici economici e delle società per azioni a partecipazione

pubblica, con la conseguenza di investire i Procuratori regionali della Corte dei conti

del potere di esercitare l’azione di responsabilità in ipotesi di danno prodotto nella

gestione di detti enti e società.

L’argomento fondamentale di tale mutamento di indirizzo è costituito dal

riconoscimento che la garanzia della corretta utilizzazione delle pubbliche risorse per il

conseguimento di finalità pubbliche deve essere assicurata quale che sia la natura,

pubblica o privata, del soggetto che agisce e quale che siano le regole, pubbliche o

private, con le quali vengono gestite le pubbliche risorse.

Siffatti effetti di garanzia della finanza pubblica, che comporta l’allargamento

dei limiti soggettivi ed oggettivi della giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica

della Corte dei conti (a parte le prospettate conseguenze di una nuova configurazione

della responsabilità amministrativa, ora da definirsi più propriamente «responsabilità

finanziaria», come il nuovo orientamento giurisprudenziale sembrerebbe suggerire),

sarebbero fortemente vanificati ove non venisse data soluzione al problema della

conoscibilità dei danni derivanti dalla gestione delle società partecipate, mediante la

previsione di opportuni obblighi di denuncia al Procuratore regionale della Corte dei

conti.

Sul piano delle rilevazioni immediate, si accenna ad un aspetto che, pur nella

sua specificità, conferma l’attinenza delle società a partecipazione pubblica alle

problematiche finanziarie di interesse comune.

Si tratta dell’introduzione, da parte della legge 27 dicembre 2006 n. 296 –

legge finanziaria per il 2007 – di limiti ai compensi spettanti ai soggetti che operano in

tali società.

Il riferimento è al comma 466 dell’articolo 1 di detta legge, che stabilisce un

tetto massimo agli emolumenti degli amministratori di società, ma non prevede

sanzioni in caso di superamento dello stesso, a differenza del comma 593 della stessa

legge finanziaria che, nell’ancorare allo stipendio del primo presidente della Corte di

Cassazione, la retribuzione dei consulenti, dei membri di commissioni o collegi di dette

società come dei titolari di loro incarichi, dispone che gli amministratori inadempienti

ed il percettore sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a

dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.

Una sorta di tariffazione del danno erariale, che indirettamente sembra

riaffermare, peraltro, la “componente affittiva” della responsabilità da illecito contabile,

sempre che tale debba considerarsi la fattispecie in questione.

Sull’applicazione di quest’ultimo comma è intervenuta la direttiva n. 3 del 22

febbraio 2007 del Ministro per le riforme e le innovazioni nella Pubblica

Amministrazione, che ha dato una sua interpretazione della norma.

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In ordine alla stessa, il compente Ufficio di controllo preventivo di legittimità di

questa Corte, pur ammettendola al visto e alla conseguente registrazione, ha

formulato un “avviso”, cioè un’indicazione all’Amministrazione di un modus operandi

per il futuro.

In particolare ha osservato che le distinzioni previste nella direttiva medesima

tra consulenze occasionali e consulenze continuative, nonché tra attività di enti che

operano ovvero non operano sul mercato (da cui trarre conseguenze sull’applicabilità o

non applicabilità dei limiti di retribuzione), non risultano esplicitate nella norma di

legge; e quindi, ha proseguito la Corte, pur prestandosi la norma stessa alla

ragionevole interpretazione datane nella direttiva, è tuttavia auspicabile, attesa la sua

rilevanza sul piano del contenimento della spesa pubblica, un intervento di

interpretazione autentica del suddetto comma della legge finanziaria, idoneo a fugare

possibili dubbi sulla sua concreta applicazione.

II. – CONTO DEL BILANCIO.

A. - I principali saldi di finanza pubblica. – (Estensore V.P.G. Alfonso Tranchino)

1. - Premessa.

Nell’ambito dei dati di consuntivo vengono in particolare rilievo gli aggregati di

finanza pubblica direttamente o indirettamente rilevanti per il rispetto dei vincoli

comunitari.

Va ricordato che con l’art. 104 del Trattato di Maastricht, approvato nel 1992, è

stato stabilito che gli Stati nazionali debbono assicurare l’equilibrio delle finanze

pubbliche, in modo da non pregiudicare né il valore della moneta comune, né gli

interessi degli altri Stati aderenti. Il “Protocollo sulla Procedura per i disavanzi

eccessivi”, in attuazione della norma appena citata, ha fissato i valori limite che

possono assumere l’indebitamento e il debito pubblico:

- il 3% per il rapporto tra indebitamento pubblico, previsto o effettivo, e il prodotto

interno lordo ai prezzi di mercato;

- il 60% per il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai prezzi di

mercato.

Pur non rientrando tra i parametri considerati ai fini della verifica del rispetto del

Patto di stabilità e crescita, il fabbisogno costituisce, anche in seguito all’avvio

dell’Unione economica e monetaria, un indicatore di rilevanza centrale per il

monitoraggio e la programmazione della finanza pubblica in Italia.

Dato che, secondo le regole comunitarie, l’indebitamento e il debito vanno

relazionati alla consistenza del PIL, si devono preliminarmente esaminare le linee

evolutive della situazione economica interna, senza trascurare il raffronto con gli altri

Paesi europei, anche sotto il profilo dei livelli di convergenza realizzati verso i

parametri di Maastricht.

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2. - Il Prodotto Interno Lordo.

La ripresa dell’economia è stata consistente, con una crescita del PIL, espressa ai

prezzi dell’anno precedente, pari all’1,9% 1.

Il risultato pone fine ad un lungo periodo di stagnazione, protrattosi per cinque

anni, durante i quali si era registrato un aumento medio annuo del PIL pari allo 0,7%.

Permane, tuttavia, notevole il divario rispetto ai Paesi dell’area dell’euro, che

hanno fatto registrare in media, un incremento del PIL, in termini reali, del 2,8%2.

Per l’anno in corso, la tendenza dell’attività produttiva rimane espansiva. Le

previsioni governative3 sono per un aumento del PIL pari al 2,0%

In conclusione, il 2006 si è chiuso, per quanto riguarda l’economia, con un

consuntivo positivo e con prospettive favorevoli.

Non altrettanto però può dirsi per i saldi di finanza pubblica, che compongono un

quadro di luci e ombre.

3. - L’indebitamento netto.

L’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (risultato delle operazioni

del conto economico valutate in termini di competenza, secondo quanto previsto dal

SEC95, manuale di contabilità nazionale valido a livello europeo) è stato, secondo i

calcoli dell’ISTAT 4, pari al 4,4% del PIL.

Il dato, di per sé considerato, segna un ulteriore ampliamento, rispetto al

parametro comunitario di riferimento del 3%, del differenziale già registrato in

precedenza (2003: -3,5); (2004: -3,5); (2005: -4,2)5. Esso è comunque molto al di

sotto del valore (5,7%) riportato nell’aggiornamento del Programma di stabilità al 4

dicembre 2006.

Va inoltre tenuto presente che esso risulta influenzato dalla contabilizzazione di

oneri straordinari, quali: i rimborsi di IVA sulle auto aziendali, per un ammontare, al

netto del recupero delle imposte dirette sugli stessi, pari a 15.982 milioni di euro,

dovuti dallo Stato in base alla sentenza della Corte di giustizia europea del settembre

2006; la cancellazione dei crediti dello Stato nei confronti della società RFI/TAV, in

conseguenza dell’accollo diretto del debito di Infrastrutture S.p.A., per un ammontare

pari a 12.950 milioni di euro; la retrocessione alla società di cartolarizzazione dei

crediti di contributi sociali dovuti dai lavoratori agricoli, la cui riscossione era stata

1 ISTAT – Comunicato Stampa 1 marzo 2007, pag. 2. 2 BCE – Rapporto annuale 2006, pag. 11. 3 MEF – Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica, pag. 7. 4 Vedi Comunicato Stampa del 1° marzo 2007, pag. 6, dove l’indebitamento netto delle P.A. viene calcolato, in valore assoluto, in 64,7 miliardi di euro. Il dato, recepito dalla Banca d’Italia (Bollettino Economico, aprile 2007, pag. 29) e dal MEF (Relazione Unificata, pag. 9) è stato poi aumentato senza apprezzabili ripercussioni sulla entità di valore percentuale rispetto al PIL) a 65,5 milioni di euro, ai fini della notifica alla Commissione europea, il 1° aprile 2007, in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) annesso al Trattato di Maastricht.

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temporaneamente sospesa per legge, pari ad un ammontare di 734 milioni di euro.

Al netto di queste operazioni straordinarie, comportanti complessivamente, una

spesa di 29.666 milioni di euro, l’indebitamento, valutato in termini strutturali,

sarebbe stato pari al 2,4% del PIL6.

Se si considera che la Relazione Previsionale e Programmatica di settembre 2006

aveva indicato, come indebitamento “strutturale” per l’anno 2006, l’obiettivo del 3,6%,

si deve concludere che si è verificato, nei conti pubblici, un miglioramento significativo

oltre che inaspettato.

La Corte dei conti ha avuto modo di osservare che il miglioramento è,

essenzialmente, frutto di incrementi di entrate, soprattutto di natura tributaria, e, solo

in minima parte, di una maggiore capacità di contenere la spesa corrente. La

sommatoria delle entrate e delle uscite primarie della Pubblica Amministrazione in

rapporto al PIL – cioè quello che può essere considerato un approssimativo indicatore

della presenza del settore pubblico nell’economia - ha raggiunto il 92%, il livello più

alto di sempre. La crescita di questo indice rispetto al 2005 è stata pari a 3,6 punti

percentuali7.

Vero è che anche negli altri Paesi dell’area euro il miglioramento del disavanzo –

registrato, nel 2006, per un importo pari, in media, a circa 0,2 punti percentuali del

PIL – è principalmente il risultato della forte crescita dell’economia e di entrate

inattese e solo in piccola parte di un reale risanamento dei conti pubblici. Peraltro il

disavanzo dell’area si colloca, mediamente, intorno al 2,1% del PIL, valore

ampiamente al di sotto del parametro comunitario di riferimento8.

Per il 2007 il Governo prevede che l’indebitamento netto verrebbe a collocarsi

intorno al 2,3% del PIL, con un miglioramento quindi di un decimo di punto rispetto

all’indebitamento “strutturale” registrato per il 20069.

La manovra di finanza pubblica per il 2007 si segnala per il peso nettamente

prevalente delle maggiori entrate sulla copertura complessiva. Gli interventi di

riduzione della spesa sono prevalentemente a carico della parte corrente attraverso

misure riguardanti le amministrazioni centrali, gli enti locali e la sanità.

Sulla realizzabilità sia delle maggiori entrate che delle minori spese gravano non

pochi elementi di incertezza, già messi in luce dalla Corte10.

4. - L’avanzo primario.

Al lordo degli esborsi straordinari di cui si è detto, l’avanzo primario è lievemente

5 Vedi ISTAT, comunicato Stampa del 3 aprile 2007, pag. 2. 6 ISTAT – Conti e aggregati economici delle Amministrazioni Pubbliche – Statistiche in breve – 12.6.2007. 7 Sezioni Riunite in sede di controllo – Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativi alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2006.

8 BCE – Rapporto annuale 2006, pagg 72 e segg. 9 MEF – Relazione unificata, pag. 13 10 Relazione cit.

Page 12: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

12

diminuito, passando dallo 0,4% del PIL nel 2005 allo 0,2% nel 2006. Al netto degli

esborsi, si registra un miglioramento dell’avanzo primario, significativamente cresciuto

al 2,2% del PIL11.

E’ un risultato molto importante, per il rilievo strategico che il saldo riveste ai fini

della riduzione del debito.

5. - Il Fabbisogno.

Nel quadro della finanza pubblica italiana, un rilievo particolare assume il

fabbisogno del settore statale (differenza tra entrate e spese per operazioni finali “al

netto dei disavanzi pregressi”, cioè delle erogazioni originate dal riconoscimento, a

mezzo per lo più di leggi e di sentenze, di oneri riferibili per competenza ad esercizi

pregressi). A tale settore è riconducibile gran parte dei flussi finanziari del settore

pubblico, in quanto esso comprende il bilancio dello Stato e la gestione di tesoreria,

nella quale viene detenuta, dagli anni ottanta (istituzione della tesoreria unica), gran

parte delle disponibilità liquide degli enti pubblici. Per tale motivo, il fabbisogno del

settore statale rappresenta l’indicatore dei flussi finanziari dell’intero settore pubblico e

quindi della domanda di risorse finanziarie che l’operatore pubblico rivolge al mercato.

Secondo i calcoli governativi12, il fabbisogno del settore statale è risultato pari a

34.608 milioni, inferiore all’omologo dato (60.036) del 2005. E’ altresì diminuito il

fabbisogno del settore pubblico (saldo differenziale tra le entrate e le spese di tutte le

Amministrazioni Pubbliche, secondo la definizione adottata dalla contabilità nazionale

e accolta dal Trattato di Maastricht), che è stato pari a 54.908 milioni. Hanno concorso

a tale risultato fabbisogni del settore statale (milioni 34.608), delle Regioni (milioni

13.478), dei Comuni e Province (milioni 6.505), degli enti di previdenza (milioni 635)

e degli altri enti pubblici consolidati (milioni 952). Rispetto al 2005 emerge una

riduzione del fabbisogno complessivo per 19.690 milioni.

Per la copertura del fabbisogno complessivo del settore statale, pari a 34.608

milioni, si è fatto ricorso a titoli a medio-lungo termine per 42.282 milioni, a mezzi

finanziari a breve per 16.491 milioni. Si è registrata una riduzione del credito verso la

Banca d’Italia per 8.086 milioni, sono stati operati rimborsi di titoli emessi per

cartolarizzazioni, per 3.718 milioni e rimborsi di prestiti dall’estero per 12.400 milioni.

Quasi nullo l’apporto delle privatizzazioni, per 38 milioni13.

6. - Il debito pubblico.

Secondo la Banca d’Italia14 il debito delle Amministrazioni Pubbliche è cresciuto,

nel 2006, rispetto al 2005, di 64 miliardi in termini assoluti e di 0,6 punti percentuali

11 ISTAT, comunicato stampa del 1° marzo 2007, pag. 7. 12 MEF – Relazione unificata, pag. 55, tav. 8. 13 MEF, Relazione unificata, Tavola 11. 14 Bollettino, pag. 33 e Relazione annuale 31 maggio 2007, pag. 147.

Page 13: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

13

rispetto al PIL.

L’incidenza del debito sul PIL, già aumentata dal 60 al 121,5% dal 1980 al 1994,

diminuita complessivamente di 17,7 punti percentuali tra il 1995 e il 2004, tornata a

crescere nel 2005, è ancora aumentata, collocandosi al 106,8%.

Si è ampliato quindi ulteriormente lo scostamento rispetto al parametro

comunitario di riferimento del 70%.

E ciò, mentre il rapporto debito pubblico/PIL dell’area dell’euro è diminuito nel

2006, per la prima volta dal 2002, situandosi a poco meno del 70% del PIL. Il calo

riflette le riduzioni analoghe a loro volte conseguite dalla generalità dei Paesi, con le

eccezioni rilevanti dell’Italia – Paese con il più elevato rapporto debito/PIL – e del

Portogallo15.

La spesa per interessi, che dal 2000 aveva fatto segnare un andamento

decrescente, è tornata a crescere, sia in valore assoluto – dai 64.213 milioni del 2005

ai 67.552 milioni del 2006 – sia in rapporto al PIL – 4,6% contro il 4,5% del 200516.

Va sottolineato che una oculata gestione del debito ha limitato la crescita,

attenuando le conseguenze connesse sia all’aumento del costo del denaro, sia alla

perdurante situazione di crisi della finanza pubblica.

Va ricordato a tale proposito che, per fronteggiare i rischi al rialzo per la stabilità

dei prezzi, nel corso dell’anno la BCE ha innalzato i tassi di interesse in ben cinque

occasioni, per un totale di 125 punti base. E’ aumentato pertanto il tasso minimo di

offerta sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema dal 2,25% di

gennaio 2006 al 3,50 di dicembre.

Inoltre, il differenziale del debito dell’Italia si è ampliato nella prima metà

dell’anno come effetto della sottoposizione alla procedura per i disavanzi eccessivi,

nonché a causa della situazione di incertezza riguardo all’esito del voto di primavera17.

Non può, infine, non avere influito negativamente sul costo del debito

l’abbassamento del livello di credito del nostro Paese deciso, nel 2006, dalle Agenzie di

“rating” Standard & Poor’s e Fitch.

Anche se contenuto, l’aumento del costo del debito costituisce una conferma

della fragilità del sistema, gravato da una esposizione debitoria le cui dimensioni non

trovano riscontro nei Paesi dell’area euro. Si ripropone perciò decisamente l’esigenza

di ritrovare il percorso virtuoso della riduzione del debito.

Il Ministero dell’Economia ha comunicato18, che con la politica di emissione, il

Tesoro ha inteso conseguire un ulteriore allungamento della vita media e della

15 BCE – Rapporto annuale 2006, pag. 72. 16 MEF – Relazione unificata, Tavole 6 e 7. 17 BCE – Rapporto annuale, pag. 75. 18 Relazione unificata, pag. 49.

Page 14: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

14

“duration” del debito19.

Infatti, a dicembre 2006 la vita media dei titoli di Stato è risultata pari a 6,77

anni (+ 0,21 rispetto al 2005). La durata finanziaria si è attestata a 4,40 anni (+ 0,15

rispetto al 2005).

L’allungamento della durata dei titoli è stata accompagnata dal consolidamento

della quota dei titoli a tasso fisso o indicizzati all’inflazione, che sono meno vulnerabili

ai movimenti dei tassi di interesse nominali.

Non vi sono state, nel 2006, variazioni significative della composizione del debito

per strumenti finanziari.

La politica di emissione del Tesoro, in definitiva, appare omogenea, rispetto agli

altri paesi dell’area euro, in cui la gestione del debito continua ad essere orientata al

lungo periodo20.

B. - Le entrate tributarie: analisi finanziaria e gestionale. (Estensore: V.P.G.

Maria Giovanna Giordano).

1. - Risultati complessivi 21.

Il totale delle entrate nel 2006, ha raggiunto l’importo di 680.054 milioni di euro,

di cui 675.582 di entrate correnti e 4.472 in conto capitale, con un incremento del

7,7% rispetto al 2005, nel quale le entrate complessive ammontavano a 631.544

(625.695 di parte corrente e 5.849 in conto capitale); la loro incidenza sul PIL è

aumentata, passando dal 44,4 al 46,1%, con un incremento di 1,7 punti percentuali.

La pressione fiscale è passata dal 40,6 al 42,3%, di poco superiore alla media

dell’area dell’euro, che si è attestata al 42,1%.

La parte corrente, che nello scorso anno era aumentata del 3,1% rispetto al

2005, ha registrato un incremento di 8,0 punti percentuali sul dato dell’anno

precedente. È aumentata invece la già forte contrazione delle entrate in conto capitale

passate in termini assoluti da 5.849 nel 2005 a 4.472 milioni di euro nel 2006, con un

decremento pari a -23,5%. Il risultato è da mettere in relazione con il venir meno del

gettito da condono fiscale.

Analizzando le entrate di parte corrente, si rileva che le imposte dirette, che nel

2005 avevano registrato un rallentamento nel ritmo di crescita pari al 2,6%, nel 2006

hanno registrato un picco pari al 12,4% rispetto al risultato conseguito nell’anno

precedente, analogamente a quanto avvenuto per le imposte indirette, che si sono

attestate ad un incremento del 7,8 a fronte del 3,6% del 2005.

Sul volume globale delle imposte dirette, come esposto più dettagliatamente in

19 La durata finanziaria di una obbligazione (“duration”) è una media ponderata delle scadenze in cui

maturano gli interessi o viene rimborsato il titolo, dove i pesi sono rappresentati dal rapporto tra il valore attuale di ciascun flusso di cassa e il prezzo del titolo.

20 BCE – Rapporto annuale, pag. 74. 21 Elaborazioni su dati Banca d’Italia – Bollettino economico n. 48, aprile 2007

Page 15: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

15

seguito, grande rilievo ha assunto l’incremento del gettito dell’Ire -ex Irpef22- sui

redditi da lavoro dipendente (7,8%), in coerenza con l’aumento della massa

retributiva, sia per l’incremento dell’occupazione, sia per miglioramenti contrattuali;

significativo è stato anche l’aumento dell’Ires -ex Irpeg23- (16,4%: 5,5 miliardi), che

ha risentito degli interventi inclusi nella manovra di bilancio per il 2006, ma

soprattutto della ripresa del ciclo economico. Le imposte sostitutive sui redditi da

attività finanziarie hanno mostrato una netta ripresa (37,1%: 3,3 miliardi) imputabile

al rialzo dei tassi d’interesse e del buon andamento dei mercati azionari. Influente è

stato anche il ridimensionamento dei crediti d’imposta. Né può trascurarsi,

sull’incremento delle imposte dirette, l’influenza delle imposte una tantum previste

dalla manovra di bilancio per il 2006, pari a 4,0 miliardi, e del versamento, per 0,9

miliardi dell’imposta sulle riserve matematiche delle imprese di assicurazioni, il cui

versamento nell’anno 2005 non era stato effettuato in quanto l’acconto nel 2004 aveva

anticipato a tale anno gran parte del gettito del 2005 (2,3 miliardi).

La crescita delle imposte indirette (3,3%) è stata sospinta dal gettito dell’Iva

(10,4%: 10,9 miliardi) , che ha risentito del forte aumento del prezzo del petrolio, e

dell’Irap (9,1%: 3,2 miliardi).

Deve essere segnalata una crescita dei contributi sociali che hanno registrato

incremento del 4,7%, valore quasi pari al ritmo di crescita delle retribuzioni lorde

(4,8), nonostante l’aliquota dei contributi dovuti dai lavoratori dipendenti sia diminuita

di un punto percentuale.

Leggera flessione ha registrato la pressione fiscale, passata dal 40,7 nel 2004 al

40,6% nel 2005.

2. - Entrate tributarie24.

Le entrate tributari e di competenza accertate nell’esercizio 2006 ammontano a

397.556 milioni di euro con un aumento di 35.843 milioni di euro (pari al 9,9%),

rispetto a quelle accertate nel 2005. Il dato è stato calcolato al netto del gettito del

condono istituito con il Decreto legge 282/2002 e con la Legge 289/2002, che è stato

pari a 156 milioni di euro. Le misure una tantum hanno influito positivamente per

4.052 milioni di euro. Al netto di queste voci l’aumento delle entrate è pari all’8,8%

rispetto a quelle accertate nello scorso anno.

Agli incrementi delle entrate tributarie accertate, concorre un aumento di 210

22 Ire: l’Imposta sul reddito, come previsto nella legge finanziaria per il 2005, sostituisce la vecchia imposta

sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e si applica sul reddito prodotto dai residenti nel territorio dello Stato e dai non residenti possessori di redditi ivi prodotti e presenta, rispetto all’Irpef, tra le più importanti novità, 3 aliquote ripartite in tre scaglioni di reddito e un “contributo di solidarietà” del 4% sulla parte di reddito imponibile che supera l’importo di 100.000 euro.

23 Dal 1° gennaio 2004 i redditi prodotti da società ed enti sono soggetti all’IRES (Imposta sul REddito delle Società). La nuova imposta sostituisce l’IRPEG, in vigore fino al 2003.

24 Elaborazioni su dati Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento per le politiche fiscali –Bollettino delle entrate tributarie.

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16

milioni di euro rilevato sull’Ire, 222 milioni sull’Ires, 358 milioni sul Bollo, 210 milioni

sull’imposta sull’energia elettrica, mentre assai significativo è il decremento delle

imposte sulle lotterie istantanee pari a 210 milioni di euro.

Imposte dirette.

Il gettito, di 207.147 milioni di euro, ha mostrato un incremento di 23.572

milioni di euro, pari al +12,8%.

In questo comparto l’Ire ammonta a 144.679 milioni di euro (+8.690 milioni di

euro, pari al +6,4%), dei quali il gettito derivante dalle trattenute ammonta a 121.558

milioni di euro. Quest’ultimo risulta così composto: 10.796 milioni di euro (+676

milioni di euro, pari al +6,7%) sulle ritenute sui dipendenti statali, 98.412 milioni di

euro (+6.874 milioni di euro, pari al +7,5%) sulle ritenute sui dipendenti non statali,

12.350 milioni di euro (+654 milioni di euro, pari al +5,6%) sulle ritenute sui

lavoratori autonomi.

L’autoliquidazione Ire e Ires totale è stata di 62.823 milioni di euro (+6.048

milioni di euro, pari al +10,7%). Il gettito Ires risente della riforma dell’imposta sul

reddito delle società che ha modificato il sistema di tassazione dei proventi delle

imprese. Gran parte della crescita dell’autoliquidazione Ires è collegata a questi

interventi normativi che condizionano anche l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze da

cessione di azienda o di partecipazioni di controllo o di collegamento ove s’è registrata

una crescita pari a 8.888 milioni di euro (+1.962 milioni di euro, pari al +28,3%) di

cui 2.641 milioni di euro (+364 milioni di euro, pari al + 16,0%) derivano dalle

ritenute su interessi e premi corrisposti da istituti di credito e 5.200 milioni di euro

(+1.264 milioni di euro, pari al +32,1%) dalla sostitutiva su interessi e premi di

obbligazioni e titoli similari.

Variazioni positive hanno registrato anche altre imposte sul capital gain, che

risentono dell'andamento positivo degli strumenti di investimento messi a disposizione

dei risparmiatori dagli operatori del settore: l'imposta sostitutiva sui fondi di

investimento aumenta di 302 milioni di euro (+153,3%), le ritenute sugli utili

distribuiti dalle persone giuridiche di 262 milioni di euro (+53,3%) e l'imposta

sostitutiva sui redditi da capitale e sulle plusvalenze di 748 milioni di euro (+55,0%).

Va ancora ricordato il gettito prodotto da imposte una tantum che ha raggiunto

5.881 milioni di euro dei quali 3.927 milioni derivano dall'imposta sostitutiva dell'Ire e

dell'Ilor sulla rivalutazione dei beni aziendali iscritti in bilancio che ha risentito della

riapertura dei termini per la rivalutazione dei beni prevista dall'art. 1 comma 469 e

seguenti della legge 266/2005).

Imposte indirette.

Il gettito di 190.409 milioni di euro presenta un aumento di 12.271 milioni di

euro, pari al 6,9%.

L’Iva con un totale di 115.503 milioni di euro (+9.324 milioni di euro, pari al

Page 17: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

17

+8,8%) rappresenta l’imposta di maggior rilievo del comparto. Essa si suddivide in:

101.025 milioni di euro (+7.339 milioni di euro, pari al +7,8%) riscossi sugli scambi

interni e 14.478 milioni di euro (+1.985 milioni di euro, pari al +1 5,9%) riscossi

all’importazione.

L’imposta di registro ha generato entrate per 5.120 milioni di euro (+309

milioni di euro, pari al +6,4%), l'imposta di bollo per 5.387 milioni di euro (+368

milioni di euro, pari ai +7,3%), l'imposta sulle assicurazioni per 2.901 milioni di euro

(+88 milioni di euro, pari al +3,1 %), l'imposta ipotecaria per 2.038 milioni di euro

(+598 milioni di euro, pari al +41,5%), i canoni di abbonamento radio e tv per 1.501

milioni di euro (-15 milioni di euro, pari al -1,0%), le concessioni governative per

1.297 milioni di euro (+46 milioni di euro, pari al +3,7%) e i diritti catastali e di

scritturato per 1.041 milioni di euro (+257 milioni di euro, pari al +32,8%. L’imposta

di fabbricazione sugli oli minerali ha fornito un gettito di 21.337 milioni di euro (+111

milioni di euro, pari al +0,5%), quella sull’energia elettrica insieme ai proventi relativi

all'addizionale di 1.253 milioni di euro (-83 milioni di euro, pari al -6,2%) e l’imposta

di consumo sul gas metano di 4.020 milioni di euro (-33 milioni di euro, pari al -

0,8%).

Il gettito dell’imposta sul consumo dei tabacchi è di 9.722 milioni di euro (+712

milioni di euro, pari al +7,9%).

Assai deludente è stato anche nel 2006 il provento del lotto, che si è attestato

sull’importo di 6.507 milioni di euro (-836 milioni di euro, pari al

–11,4%).

Tra le altre entrate derivanti dai giochi quelle relative alla tassazione degli

apparecchi e congegni di gioco hanno generato gettito per 1.921 milioni di euro con un

aumento di 640 milioni di euro (+50,0%). Le lotterie istantanee, infine, hanno

prodotto entrate per 843 milioni di euro con un incremento di 644 milioni di euro, pari

al 323,6%.

3. - Aspetti gestionali

L’analisi dei dati fiscali mette ancora una volta in evidenza un sistema tributario

essenzialmente basato su due imposte, l’imposta sul reddito e l’Iva, le quali forniscono

la maggior parte delle entrate. Vi sono poi numerose altre imposte e tasse, che a

fronte di un gettito irrilevante, ma che richiedono onerosi adempimenti da parte dei

contribuenti e l’impiego di uomini e mezzi dell’amministrazione finanziaria per il loro

accertamento sproporzionato rispetto all’entrata.

La complessità del sistema, caratteristica storica dell’ordinamento tributario

italiano, è divenuta particolarmente gravosa per i contribuenti negli ultimi anni a causa

dell’aumento delle aliquote e dell’attuazione delle misure di Federalismo fiscale, che

consente inasprimenti di questo o quel tributo, aumenti di imposizioni addizionali,

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18

senza preoccupazioni per il carico totale di cui il cittadino viene a essere gravato, ma

in relazione al fabbisogno degli enti territoriali, spesso ancorato a spese improduttive

ed a consumi assolutamente artificiosi. Negli ultimi dieci anni, la pressione fiscale è

costantemente aumentata, sino a superare nel 2006 la media europea, senza però che

le continue riforme del sistema abbiano apportato sensibili miglioramenti per il

cittadino. La misura della pressione fiscale, restando immutato il numero degli

adempimenti imposti ai contribuenti, spiega alcuni fenomeni di protesta fiscale. I dati

dello scorso anno confermano la situazione descritta: infatti, la pressione fiscale,

comprensiva delle entrate tributarie e dei contributi sociali, è stata del 42,3% rispetto

al PIL. La pressione fiscale italiana, pur se di poco superiore alla media dell’area

dell’euro, che nello stesso periodo si è attestata al 42,1%, è maggiormente avvertita

dai contribuenti italiani, perché non riescono ad assuefarsi ad un prelievo che

mediamente supera il 40% del reddito a fronte di servizi sociali comunemente ritenuti

insoddisfacenti. Inoltre, il sistema continua ad essere costituito da molte imposte,

tasse e contributi che richiedono una serie ininterrotta di adempimenti nel corso

dell’anno, previsti da un profluvio di normative primarie e regolamentari di ardua

comprensione25, che tuttora richiedono il dispendioso ausilio di consulenti tributari,

malgrado i numerosi interventi legislativi dedicati alla semplificazione degli

adempimenti ed al miglioramento dei rapporti tra fisco e contribuenti, che hanno

trovato la loro maggiore espressione nella pubblicazione dello statuto del contribuente,

entrato in vigore con la legge 27 luglio 2000, n. 212.

Di recente il Presidente di Confindustria ha affermato che è “veramente uno

scandalo che in Italia solo lo 0,8% della popolazione dichiari un reddito superiore ai

100.000 euro”, sottolineando come il nostro Paese , in Europa è quello “dove le

imprese pagano di più ma dove forse paradossalmente le tasse sono alte anche per i

cittadini”.

La Corte dei conti, nella sua articolazione del controllo sulla gestione delle

Amministrazioni dello Stato aveva programmato un’indagine su “Rapporti

fisco/contribuenti: stato di attuazione dello statuto del contribuente e dell’obiettivo di

ottimizzazione del servizio per i contribuenti-utenti”, i cui risultati soni stati pubblicati

con la Deliberazione n. 9/2007/G. La Sezione del controllo, nella relazione allegata alla

deliberazione, osserva che dopo ormai oltre sei anni dalla sua introduzione, lo statuto

dei diritti del contribuente “tarda a trovare riscontro nei comportamenti effettivi non

solo dell’Amministrazione finanziaria, ma dello stesso legislatore, a motivo delle

modifiche alla normativa tributaria che non tengono conto delle norme della legge n.

25 Accanto alla pressione fiscale esiste la c.d. “pressione legislativa”, derivante sia dalla quantità rilevante

di norme che regolano la materia tributaria, sia dal susseguirsi a breve distanza di tempo - talvolta con frequenza anche annuale o addirittura minore - di norme di modifica, sia dalla presenza della contraddittorietà di norme che riguardano la stessa materia, sia dall’inserimento di norme tributarie in provvedimenti disciplinanti altre materie, sia dalla carenza di norme di coordinamento e semplificazione.

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212/2000 e del verificarsi di talune manifestazioni di disfunzioni e disservizi,

concretamente realizzatisi nello svolgimento dell’attività amministrativa di esazione

dei tributi, un esempio dei quali è costituito dal fenomeno delle c.d. “cartelle pazze” ed

un altro è quello delle errate notifiche degli avvisi degli Uffici e delle Commissioni

tributarie dovute al mancato aggiornamento degli indirizzi dei contribuenti”.

L’indagine ha consentito di affermare che solo alcune previsioni normative dello

statuto sono state realizzate, come l’istituto dell’interpello (art. 11 dello statuto) o la

garanzia del diritto all’informazione del contribuente (art. 5 dello statuto), sostenuta

con una grande varietà e diffusione di fonti informative, messe a disposizione

dall’amministrazione centrale e dalle agenzie fiscali - in particolare l’Agenzia delle

entrate.

Criticità sono state invece rilevate con riferimento a:

a) le verifiche fiscali (art 12 dello statuto), con particolare riferimento alle loro

modalità di svolgimento, alla tempistica, alla durata: risulta ancora da attuare

la previsione (di cui all’art 15 dello statuto) di un codice di comportamento per

il personale addetto alle verifiche tributarie.

b) la figura del Garante del contribuente (art 13 dello statuto), per la natura non

sufficientemente definita dei loro poteri, in riferimento alla efficacia delle loro

determinazioni nei confronti delle amministrazioni finanziarie, anche in

relazione alla modifica del Titolo V della Costituzione e all’attuazione del

“federalismo fiscale” e ai rapporti con gli enti territoriali e locali dotati di

autonomia impositiva;

c) la disciplina dei rimborsi (problema ricollegabile anche in parte alla previsione

dell’istituto della compensazione, di cui all’ art. 8 dello statuto);

d) il fenomeno delle “cartelle pazze”, concernente in una diffusa erroneità di

comunicazioni, avvisi di accertamento e iscrizioni a ruolo, “sia per la

persistenza di fisiologiche percentuali di errori di compilazione da parte dei

contribuenti stessi o dei centri di trattamento automatizzato dei dati e sia per

la presenza di banche-dati non ancora completamente affidabili e da

perfezionare”26;

e) il ritardo nel collegamento fra le varie anagrafi nazionali, compresa quella

tributaria, con l’istituzione dell’Indice Nazionale delle Anagrafi avvenuta nel

2005 a causa della mancata emanazione di ulteriori direttive regolamentari e

delle complessità dell’infrastruttura tecnologica ad essa adibita;

f) limitatezza ed autoreferenzialità dell’Amministrazione finanziaria nelle

rilevazioni, svolte dalle varie componenti dell’Amministrazione finanziaria, della

soddisfazione degli utenti, del grado della qualità percepita, denominate di

customer satisfaction, spesso contrastanti con le doglianze manifestate dalle

Page 20: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

20

Associazioni dei consumatori, ovvero con le osservazioni formulate nelle

relazioni annuali dei garanti.

È stato anche rilevato che mancano norme di raccordo con il processo

tributario, e l’attività delle Commissioni tributarie.

Tale carenza è stata più volte rilevata anche dalla dottrina tributaria, assieme

alla critica per la sua durata eccessiva e al mancato adeguamento ai principi del

“giusto processo”.

Dalle tabelle che seguono27 si evince come nel corso dell’anno il tasso di

definizione dei ricorsi sia lungi dall’esaurire le controversie introdotte nell’anno stesso

rendendo endemico il problema dell’arretrato.

Anno: 2006 Commissioni Tributarie Provinciali

Controversie pervenute

Ricorsi Altre

tipologie

Ricorsi pendenti al

31.12 Ricorsi definiti

totale 266.437 5.168 186.492 252.376

Anno: 2006 Commissioni Tributarie Regionali

Controversie pervenute

Commissione Appelli Altre

tipologie

Appelli pendenti al

31.12 Appelli definiti

totale 45.670 1.975 29.948 54.373

La gestione dei Monopoli di Stato

L' Amministrazione dei Monopoli di Stato, inizialmente concepita come entità

istituzionale a bilancio autonomo per produrre e gestire beni di primaria rilevanza

sociale (sali e chinino) o ad elevata imponibilità fiscale (tabacchi), oggi regola attività

assunte a pretesa esclusiva solo per esigenze di trasparenza sociale (giochi).

La gestione individuale della vendita dei tabacchi si limita verificare la corretta

percezione dell'accisa parametrata su indici di costo predeterminati e rimessi alla

volontà del produttore, cui spetta occuparsi anche della distribuzione. mentre la

vendita resta affidata ad una struttura sostanzialmente corporativa perché concepita

per esaurire la filiera di una esclusività ormai priva, con la soppressione del monopolio

di produzione e di commercializzazione, di ogni connotazione organica. La percezione

di tutte le altre accise - imposte di fabbricazione o di consumo specifiche che siano -

è affidata alla Agenzia delle Dogane alla quale nulla vieta di conferire anche la

contabilizzazione ed il controllo di quelle sui tabacchi lavorati, sempre più oggetto

d'importazione e di movimentazione intracomunitaria. L'accisa sui tabacchi lavorati è

26 Crf. Deliberazione 9/2007/G citata. 27 Dati forniti dal Ministero dell’economia - Dipartimento affari fiscali

Page 21: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

21

uno dei tributi indiretti diversi dalla cifra d'affari, parzialmente armonizzati da

regolamenti comunitari. La disciplina e la gestione dei giochi, concepite a carattere

unitario dall'art. 12 della legge 18 ottobre 2001 n. 383 “per massimizzare il gettito

erariale”, ha sostanzialmente introdotto un monopolio di Stato difficilmente conciliabile

con la normativa comunitaria che dalla fine del periodo transitorio previsto per la

creazione di un mercato comune (1.1.1970) ha vietato la permanenza o creazione di

monopoli commerciali e fiscali che non fossero riordinati nel senso di consentire la

piena concorrenza e lo sviluppo degli scambi sul mercato.

La struttura di fatto opera su tre concessionari (Lottomatica, Snai, Sisal) che si

sono ripartiti il mercato dei giochi vietando ogni altra partecipazione che non fosse

espressione della loro esclusività (Consorzio Nazionale delle Lotterie).

Il vero monopolio commerciale così formatosi ha conseguito utili crescenti

perseguiti attraverso l'utilizzo esclusivo della rete distributiva inizialmente concepita

per la vendita dei tabacchi, poi potenziata dalla diffusione generalizzata del Lotto

telematico ad essa riservata dall'art. 12 della legge 2 agosto 1982 n. 528. La rete

telematica del Lotto è stato quindi il circuito iniziale su cui si è sviluppata la diffusione

di altri giochi ereditati dal CONI in nome del conclamato principio normativo della

unicità di gestione.

La rilevanza di tale assetto è data dagli utili e dai ricavi conseguiti nell'ultimo

triennio secondo quanto riportato nella rassegna fatta e pubblicata dai monopoli in

occasione dell'ottantesimo anniversario della sua istituzione e ripresa dalla stampa

specializzata. Nel 2003 il ricavato dei giochi è testimoniato da un incasso di poco più di

15 miliardi di Euro con un'attribuzione allo Stato, certamente non a titolo d'imposta

ma come quota spettante al concedente, di euro 6,1 miliardi. Nel 2006 l'incasso totale

dell'attività dei giochi è stato di 36 miliardi di euro: la quota devoluta allo Stato

ammonta ad euro 6,7 miliardi. Monopolio quindi che non potendosi qualificare né

fiscale né commerciale assume un carattere di “patronage”. Dalle recenti sentenze

della Corte di Giustizia della Comunità Europea e successivamente della Corte di

Cassazione viene però intaccato il principio della esclusività conferita ai concessionari e

riaffermata ancora una volta la libertà degli altri operatori economici comunitari di

raccogliere poste di gioco in Italia con i soli limiti stabiliti a tutela della capacità

professionale, della trasparenza e della fede pubblica così come nelle altre

manifestazioni di sorte presenti sul mercato (promozioni pubblicitarie a premi)

provvede il Dicastero dello Sviluppo Economico a cui con legislazione organica ( legge

449/1997 e DPR 2001/430) è affidato lo sviluppo armonico della concorrenza,

l'equilibrio dei mercati e la tutela dei consumatori.

Ipotesi di danno erariale

Nel corso del 2006 e nei primi mesi del 2007, diverse Sezioni giudicanti

hanno accertato e sanzionato ipotesi di danno erariale, conseguenti a mancate entrate

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tributarie, per omessi versamenti dei proventi di tasse automobilistiche e del gioco del

lotto, di cui si sono resi responsabili titolari di rivendite di tabacchi, di ricevitorie del

lotto e di società convenzionate con l’ACI (Sez. Abruzzo: sent. nn. 41, 51, 52, 74, 237,

238, 242, 277, 418 e 679 del 2006; nn. 25, 314, 478 del 2007; Sez . Friuli Venezia

Giulia: sent nn. 415, 416, 556, 558 del 2006; Sez. Puglia: sent. n. 909 del 2006;

Sez.Sardegna: sent n. 381 del 2006; Sez. Sicilia: sent. n. 3146 del 2006).

Altre fattispecie di danno erariale, correlate a responsabilità penali di militari

della Guardia di Finanza, di impiegati civili dell’Amministrazione finanziaria e di

amministratori di Enti locali, imputati per reati di natura finanziaria (quali il peculato e

la truffa, la corruzione e la concussione con percezione di tangenti), sono state definite

con sentenze di condanna (Sez. Liguria: sent. nn. 304, 866 del 2006; Sez. I Appello:

sent. nn. 37, 220, 251 del 2006; sent. 29, 86, 94, 129 del 2007; Sez. Lombardia:

sent. nn. 30, 102, 173, 602 del 2006).

Altre ipotesi di mancate entrate sono state accertate per crediti prescritti in

relazione all’archiviazione di verbali di accertamento, violazioni amministrative

commesse da cacciatori di frodo (Sez. Sicilia Appelli: sent. n. 156/2006), per danni in

relazione ad inadempimenti nel settore delle entrate cagionati ad enti locali (Sez.

Lombardia: Sent. n. 422/2006; Sez. Abruzzo: sent. n. 477/2007, n. 176/2006 e

432/2007; Sez. II Appello: sent. n. 378/2006, Sez. Campania: sent. n. 722/2006,

Sez. Lazio: sent. n. 1602/2006 ).

Danno erariale conseguito attraverso frodi informatiche

Talvolta, forse più per callidità dei mafattori che per disfunzioni ascrivibili al

partner tecnologico dell’amministrazione finanziaria (So.Ge.I.) sono state perpetrate

frodi per rilevanti danni erariali attraverso l’utilizzazione dei sistemi informatici.

È recente un atto di citazione della Procura regionale per la Sicilia, nei confronti

di funzionari dell'Agenzia delle Entrate, in relazione ad un danno di 1.316.285,00 euro,

cagionato, a seguito di accessi abusivi al sistema informativo dell'Amministrazione

finanziaria, attraverso l’effettuazione di sgravi fiscali non dovuti per l’insussistenza

assoluta dei presupposti per l'emissione del provvedimento di annullamento del credito

erariale. Per il verificarsi di fatti analoghi, mi riservo, di fornire - in esito alle indagini

in corso - informazioni utili al fine di segnalare al competente Ministero l’opportunità

dell'adozione di strumenti di auto - correzione (art. 15, RD 1214/1934).

Calciopoli

La Procura regionale per il Lazio ha emesso un atto di citazione che chiama in

causa designatori arbitrali, dirigenti e dipendenti dell'Aia (associazione italiana arbitri),

e della Figc (Federazione italiana giuoco calcio), oltre arbitro, guardalinee e i giornalisti

Rai del mondo sportivo nazionale per rispondere per i danni procurati all'erario in

occasione proprio dell'esercizio di funzioni con valenza pubblica, in particolare quelle

preposte a garantire la regolarità delle competizioni. Le federazioni sportive, infatti,

Page 23: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

23

sono destinatarie di ingenti finanziamenti pubblici erogati annualmente dal Coni. A

questo va aggiunta la giurisdizione sui dipendenti e amministratori della Rai S.p.A.

L'intreccio illecito tra dirigenti sportivi, arbitri e giornalisti pubblici ha prodotto,

secondo la Procura agente, un'enorme lesione dell'immagine del mondo sportivo e un

profondo danno da disservizio, oltre a uno specifico pregiudizio per l'immagine del

Servizio pubblico radiotelevisivo.

Le agenzie fiscali.

È da dire che nonostante il notevole impegno del legislatore per conseguire una

importante evoluzione dell’amministrazione finanziaria, e l’impegno della medesima

amministrazione nella modifica di assetti, strategie e operatività, spesso i risultati poco

soddisfacenti sono legati a fattori estrinseci. Al riguardo va sottolineata l’azione di

freno costituita dalla costante diminuzione delle risorse assegnate per il

funzionamento. Come noto, gli stanziamenti a favore delle Agenzie fiscali (Entrate,

Dogane, Territorio) sono destinati prevalentemente alla copertura dei costi del

personale che assorbono, secondo i dati del Dipartimento per gli Affari Fiscali, oltre

l’80% delle intere risorse. Nel corso degli ultimi esercizi finanziari, tali stanziamenti

sono stati continuamente ridotti a causa delle continue disposizioni inerenti al

contenimento della spesa pubblica. Si tenga altresì conto che, nonostante il continuo

sforzo finalizzato al contenimento dei costi, gli stanziamenti iniziali derivanti dalla

legge di Bilancio sono risultati comunque insufficienti e quindi in corso d'anno, si è

reso necessario integrare le risorse finanziarie, allo scopo di assicurare il normale

svolgimento delle attività gestionali. Aggiungasi che, in prospettiva anche i tagli

operati dal comma 507 della Legge n. 296 del 27.12.2006, gravano sui costi di

funzionamento che, avendo già subito notevoli contrazioni, non risultano, allo stato,

ulteriormente comprimibili a pena di vedere le Agenzie fiscali in una situazione di

squilibrio economico finanziario tale da non poter garantire l’ordinaria gestione delle

attività istituzionali.

I fabbisogni finanziari delle Agenzie fiscali per l'anno 2007, peraltro, sono stati

determinati aggiungendo alle risorse previste dal Bilancio di previsione 2006 i soli costi

relativi ai rinnovi contrattuali, assunzione di personale ETI, canoni di locazione Fip e

Patrimonio 1, ecc. derivanti da disposizioni legislative. Pertanto l'entità degli

stanziamenti 2007 a favore delle Agenzie fiscali non si sa se saranno in grado di

assicurare il perseguimento degli obiettivi previsti dalle Convenzioni per il triennio

2007 2009. Va infine rammentato che per il 2007 le risorse delle Agenzie dovranno

fronteggiare gli adempimenti previsti sia dal decreto Legge 223 del 2006 che dalle

disposizioni della finanziaria per il 2007 ed in ogni caso dispone di risorse inferiori ai

fabbisogni delle Agenzie fiscali.

La Guardia di finanza

Gli obiettivi strategici fissati dal Ministro dell’Economia e delle Finanze con la

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24

Direttiva generale per l’azione amministrativa e la gestione del 2006 hanno attribuito

la massima priorità agli impegni operativi in tre settori:

- il potenziamento della lotta all’evasione ed all’elusione fiscale, in tutte le loro

manifestazioni;

- il contrasto alla criminalità economica, per ricercare e reprimere i fenomeni

d’inquinamento e d’infiltrazione della criminalità nel sistema produttivo;

- il rafforzamento del controllo economico del territorio, mediante piani

d’intervento mirati al contrasto del lavoro nero e dell’immigrazione clandestina,

del gioco illegale, delle frodi doganali e dei traffici illeciti internazionali.

I risultati conseguiti sono stati notevoli sui tre fronti.

Per quanto concerne l’evasione fiscale, i rilievi per I.v.a. dovuta e non versata

ammontano a 3,97 miliardi di euro: è questo il picco più alto dei consuntivi del Corpo

degli ultimi 10 anni.

Correlativamente, i rilievi mossi ai fini delle imposte dirette hanno permesso di

proporre per il recupero a tassazione un importo complessivo di oltre 18,4 miliardi di

euro, il che rappresenta il secondo risultato più elevato degli ultimi 7 anni Analoghe

considerazioni possono essere espresse per il sequestro di beni ai sensi della

legislazione antimafia, per un importo complessivo pari ad 1 miliardo di euro, nonché

per le denunce di 1.072 persone indiziate di riciclaggio e reinvestimento di denaro

sporco, che rappresentano il massimo storico del decennio scorso.

Inoltre, le frodi alle uscite di bilancio dello Stato e dell’Unione Europea hanno

causato danni erariali per 2,2 miliardi di euro.

Infine, i piani di controllo economico del territorio hanno portato al sequestro

per contrabbando di 6.000 tonnellate di oli minerali e di 16.600.000 litri anidri di

prodotti alcolici, di 90 milioni di articoli merceologici con marchi contraffatti o

usurpativi del “made in Italy”, di 22 tonnellate di stupefacenti, di 239 tonnellate di

tabacchi lavorati esteri e di 13.800 apparecchi da intrattenimento utilizzati per il gioco

illecito, nonché all’arresto di 756 “scafisti” e clandestini inottemperanti a

provvedimenti di espulsione. Questi ultimi due dati, in particolare, appaiono notevoli,

in quanto sopravanzano, rispettivamente, del 76% e del 131% la media dei sequestri

di videogiochi e degli arresti per immigrazione effettuati nell’ultimo decennio.

Lotta all’evasione fiscale.

Il Corpo ha incrementato il livello qualitativo e quantitativo di presenza

ispettiva, con verifiche ben selezionate, calibrate con metodologie sostanziali e

rigorose, le sole che possono realmente essere efficaci per aumentare la deterrenza

ispettiva e far crescere nei cittadini la partecipazione volontaria alle spese pubbliche in

ragione della propria capacità contributiva.

I Reparti nell’ultimo biennio hanno ampliato la rete dei controlli, passando dai

650.361 del 2005 ai 743.012 del 2006 (+14,2%).

Page 25: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

25

Relativamente, poi, alle fenomenologie di evasione ed elusione più gravi

riscontrate nel 2006, occorre evidenziare che il peso della cosiddetta “black economy”,

ossia dei casi di inottemperanza agli obblighi di presentazione delle dichiarazioni dei

redditi ed I.v.a., si conferma molto consistente. A fronte di un numero lievemente

inferiore di evasori totali scoperti nel 2006 rispetto al 2005 (n. 7.288 contro n. 7.613,

pari al -4,27%), i risultati conseguiti nel decorso esercizio risultano di gran lunga più

elevati di quelli relativi all’annualità precedente. Infatti, nel 2006 le basi imponibili

recuperate a tassazione ammontano ad oltre 8,4 miliardi di euro (+12% sul 2005),

mentre l’I.v.a. dovuta e non versata ha, complessivamente, raggiunto il tetto di 2,2

miliardi di euro, contro 1,2 miliardi di euro del 2005 (+ 80%).

Le basi imponibili ai fini delle imposte dirette scoperte nello specifico comparto

costituiscono oltre il 50% del totale di quelle proposte dalla Guardia di Finanza per il

recupero a tassazione.

Le medesime considerazioni valgono per l’I.v.a., in cui l’imposta dovuta e quella

non versata, individuata relativamente al sommerso rappresenta quasi il 55%

dell’ammontare globale dei tributi della specie segnalati agli Uffici finanziari.

Nel dettaglio, le regioni con il maggior numero di evasori scoperti sono risultate

il Lazio ed il Veneto, pari rispettivamente al 11,64% ed al 11,31% del totale nazionale.

Relativamente, invece, alle macrocategorie economiche più incise dal fenomeno, al

primo posto si pone quella del “Commercio all’ingrosso, al dettaglio, riparazioni” con n.

2.597 evasori totali scoperti (pari al 35,63%), seguita dal settore delle “Costruzioni”

con n. 1.394 posizioni individuate (pari al 19,13%).

In ordine, infine, alla natura giuridica dei soggetti di specie, le “ditte individuali”

sono state n. 5.419 (pari al 74,36% del totale), le “società a responsabilità limitata”

sono 931 (pari al 12,77% del totale).

È stato possibile anche accertare l’impiego di 30.906 lavoratori in

nero/irregolari, con recuperi di ritenute fiscali per oltre 140 milioni di euro, ossia il

20% in più rispetto al 2005.

Da un esame comparativo svolto da Corpo emerge che le fattispecie penali

individuate nell’anno appena trascorso sono aumentate del 18% rispetto al 2005

(7.231, come detto, le persone denunziate nel 2006, a fronte delle 6.120 relative al

2005).

Una notazione a parte merita il piano dei controlli in materia di scontrini e

ricevute fiscali, che sono particolarmente visibili agli occhi dei cittadini e vicini alle

richieste di giustizia fiscale, in quanto essi rappresentano uno strumento molto efficace

di deterrenza e di spinta all’adempimento degli obblighi tributari.

In particolare, sono stati eseguiti a livello nazionale 381.419 controlli

strumentali.

Quanto al comparto delle accise, i Reparti hanno consolidato la presenza

Page 26: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

26

ispettiva sul territorio, con 5.500 verifiche complessive, migliorando però

notevolmente la qualità dei controlli.

Infatti, i sequestri di oli minerali fraudolentemente sottratti a tassazione sono

stati nel 2006 oltre 6.000 tonnellate; quelli di prodotti alcolici ammontano a

16.600.000 litri anidri, che risultavano fittiziamente denaturati in esenzione di accisa,

ma in realtà venivano reimpiegati in contrabbando da liquorifici pugliesi. Entrambi

questi risultati rappresentano, dopo quelli del 2004, le migliori performances

dell’ultimo decennio.

Attività in materia di spesa pubblica.

Le indagini in materia di spesa pubblica a carico del bilancio comunitario e

nazionale hanno determinato la scoperta di frodi di aiuti all’agricoltura per 50 milioni

di euro e di finanziamenti di fondi strutturali europei per 404 milioni di euro, oltre a

430 milioni d’incentivi alle imprese, che sono stati sottratti allo sviluppo del Paese.

Le Regioni più colpite da questi fenomeni sono risultate la Sicilia, la Calabria, la

Puglia e la Campania.

Parallelamente, i Reparti hanno sviluppato una serie di accertamenti d’iniziativa

o per delega della Corte dei Conti, in materia di responsabilità per gravi inadempienze

o inefficienze nella gestione del patrimonio della Pubblica Amministrazione.

I danni erariali riscontrati, in pregiudizio del Servizio Sanitario Nazionale, di

Istituti previdenziali ed Organi Centrali dello Stato ammontano a 1,3 miliardi di euro.

Lotta alla criminalità organizzata.

Nel 2006, la lotta alla criminalità organizzata sul versante patrimoniale ha

ricevuto il massimo impulso.

Sono stati effettuati sequestri di beni e disponibilità finanziarie per oltre 1

miliardo di euro, concentrati soprattutto in Sicilia, Campania e Puglia In questo quadro

rientrano due piani mirati d’intervento promossi nella scorsa annualità dal Ministro

dell’Interno per contrastare la recrudescenza della criminalità in Campania ed in

Calabria. In particolare, nell’ambito del “Patto per la sicurezza di Napoli e delle città

della provincia”, il Corpo ha rafforzato il dispositivo investigativo per l’aggressione dei

patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, specialmente avuto

riguardo alle ingerenze nei settori della contraffazione e dei traffici illeciti

internazionali. Per quanto attiene, invece, alla regione Calabria, la Guardia di Finanza

ha provveduto a rafforzare i servizi di vigilanza e di sicurezza nell’area portuale di

Gioia Tauro, nonché ad incentivare il controllo del territorio e le investigazioni

finanziarie e patrimoniali nelle zone della locride e di Lamezia Terme, per la lotta

all’usura, all’estorsione ed al riciclaggio.

Più in generale, nel 2006 le indagini antiriciclaggio sviluppate a livello nazionale

hanno portato alla denuncia all’A.G. di 1.072 persone, di cui 181 sono state arrestate

su mandato dell’A.G.

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27

Questi dati sono significativi del trend crescente del fenomeno, in quanto

superano, rispettivamente del 57% e dell’85%, le medie statistiche dell’ultimo

decennio.

Lotta al contrabbando.

I controlli di polizia doganale per il contrasto al contrabbando ed ai traffici

illeciti internazionali hanno fatto registrare nel 2006 segnali di ripresa di questi

fenomeni, soprattutto con modalità intraispettive nell’ambito dell’accresciuto volume di

sdoganamenti di containers nei principali porti del Paese.

Le sigarette di contrabbando sequestrate ammontano a 179 tonnellate circa, cui

si aggiungono altre 60 tonnellate di tabacchi confezionati con marchi contraffatti,

gravemente pericolose per la salute dei consumatori.

La vigilanza esercitata negli spazi doganali ha portato alla individuazione ed al

sequestro, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane, di circa 4.500.000 capi di

abbigliamento contraffatti o recanti false indicazioni di origine, con un incremento

quasi triplo rispetto al 2005.

Lotta alla contraffazione.

Il risultato da ultimo citato è, invero, solo una quota parte dei 90.238.192

articoli merceologici contraffatti sequestrati dai Reparti durante i servizi di controllo

economico del territorio.

La rilevanza di questo dato si coglie pienamente ove si consideri che esso

rappresenta, da solo, il 94% del totale dei sequestri operati dalle Forze di Polizia

italiane e supera il quantitativo complessivo dei sequestri effettuati dalle dogane dei

Paesi dell’Unione Europea nel 2005, pari a 76 milioni di pezzi. Ciò è frutto di uno sforzo

investigativo importante della Guardia di Finanza, in collaborazione con gli altri

organismi di contrasto, che operano sempre al fianco delle imprese e delle loro

associazioni di tutela, con l’obiettivo di risalire alle radici della complessa filiera del

falso, per disarticolare le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici.

Azione di contrasto ai giochi ed alle scommesse illegali.

Il mercato dei giochi e delle scommesse, che viene gestito dall’Amministrazione

Autonoma dei Monopoli di Stato, ha avuto nel 2006 una forte crescita: il volume della

raccolta si attesta ormai sui 35 miliardi di euro, con le corrispondenti entrate erariali di

6,7 miliardi. I Monopoli nell’ultimo rapporto annuale hanno evidenziato che

l’incremento di 20 miliardi della raccolta di gioco tra il 2003 ed il 2006 deriva

principalmente dalla emersione dall’illegalità di quote significative di gioco in passato

incanalate sui videopoker vietati, nonché dal parziale recupero delle scommesse “in

nero” convogliate irregolarmente verso operatori esteri non autorizzati. Queste

valutazioni testimoniano l’importanza dell’attività dei Reparti del Corpo tesa a

contrastare la raccolta non autorizzata di scommesse da parte di agenzie di bookmaker

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esteri oppure su siti internet di gioco illegali, cui si affiancano i controlli presso esercizi

pubblici per reprimere l’eventuale utilizzo di apparecchi da intrattenimento non

collegati alla rete telematica nazionale, ai fini dell’applicazione delle imposte sui giochi.

I risultati conseguiti in materia nel 2006 evidenziano un surplus di sequestri nel primo

e nel secondo settore, pari, rispettivamente, al 57% ed all’82% rispetto all’anno

precedente.

Lotta al traffico di stupefacenti.

I traffici di sostanze stupefacenti, come rilevato recentemente dal Ministro

dell’Interno, evidenziano un trend allarmante di espansione a livello nazionale,

specialmente per quanto concerne la cocaina. In tale contesto appare rilevante l’azione

di contrasto svolta dalla Guardia di finanza che ha visto i sequestri dei Reparti del

Corpo nel 2006 lievitare ad oltre 21,6 tonnellate complessive, di cui 3,1 tonnellate di

sola cocaina: quest’ultimo risultato sarebbe stato impensabile fino a qualche anno fa,

in quanto supera del 50% la media dell’ultimo decennio.

Azione di contrasto all’immigrazione clandestina.

Il contrasto all’immigrazione clandestina ha visto impegnato il dispositivo

aeronavale della Guardia di Finanza prevalentemente nel canale di Sicilia e nel Tirreno,

lungo le direttrici dei flussi migratori dalla Libia e dall’Algeria verso Lampedusa, la

Sicilia e la Sardegna. L’organizzazione dei servizi di vigilanza ha assunto sempre più

carattere internazionale, sotto il coordinamento dell’Agenzia Europea Frontex che ha

dato impulso ad alcune operazioni di pattugliamento marittimo congiunto proprio nel

Mediterraneo meridionale (operazione Nautilus dell’ottobre 2006 tra Malta e la Libia)

ed in Africa nel tratto dell’Atlantico tra le coste del Senegal e le Isole Canarie.

Un’importanza rilevantissima in questo campo rivestono gli investimenti effettuati per

l’ammodernamento tecnologico e la ristrutturazione della flotta aeronavale nonché per

il rafforzamento dei dispositivi di controllo economico del territorio, che sono stati

realizzati nel quadro più ampio del Programma Operativo Nazionale “Sicurezza per lo

sviluppo del Mezzogiorno d’Italia” – Quadro Comunitario di Sostegno 2000/2006, sotto

l’egida del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio di Coordinamento e Pianificazione delle

Forze di Polizia. La Guardia di Finanza è riuscita così a rendere più efficace la

sorveglianza delle frontiere meridionali del Paese attraverso una serie di apprestamenti

logistici e strutturali di grande efficacia.

Sul piano operativo, gli interventi dello scorso anno hanno comportato un

significativo incremento degli arresti di “scafisti” e clandestini espulsi, nonché dei

sequestri di mezzi navali e terrestri.

C. - Le entrate tributarie: l’attività di riscossione. (Estensore: V.P.G. Tommaso

Cottone).

1. - Profili generali.

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29

La Sezione Centrale del Controllo sulla gestione ha approvato, nel giugno di

quest’anno, una articolata relazione sull’attività e sui sistemi della riscossione prima e

dopo la radicale riforma introdotta con la legge n. 203/2005 e divenuta operativa, per

quanto riguarda i nuovi compiti ed adempimenti affidati alla “Riscossione S.p.A.”

soltanto nell’ottobre 2006.

Detta relazione conferma quanto segnalato dalla Procura Generale in occasione

di precedenti referti: gli insoddisfacenti livelli di riscossione conseguiti con il vecchio

ordinamento; le mancate entrate erariali e non erariali; le irregolarità diffuse ed

elevate a sistema; le conseguenti mancate entrate l’espandersi del c.d. fenomeno di

“evasione da riscossione” che ha generato, nel tempo, comportamenti non virtuosi in

contribuenti che confidano nelle disfunzioni di un sistema che difficilmente riesce ad

esecutare i crediti d’imposta. Le analisi svolte dalla Corte in sede di controllo, nella

sostanza, riprendono tutte le perplessità già manifestate e le riserve mosse anche sul

nuovo sistema, giungendo a conclusioni sostanzialmente analoghe a quelle cui era

pervenuta la Procura Generale della Corte dei conti con le requisitorie rese in

occasione dei precedenti referti per le parifiche degli anni passati e delle relazioni per

l’apertura dei relativi anni giudiziari.

2. – L’attività della “Riscossione S.p.A.”

A tutt’oggi, pur non disponendo ancora di parametri certi di riferimento per una

corretta comparazione tra vecchio e nuovo sistema, i risultati dell’attività svolta dalla

“Riscossione S.p.A.”, non risultano avere modificato in modo significativo il

modestissimo trend delle gestioni passate; l’attività di riscossione delle imposte, dopo

la profonda riforma del 2005, continua ad essere (sostanzialmente) svolta dagli stessi

soggetti ante riforma, i quali, sulla base della nuova normativa, risultano essersi

liberati da alcuni oneri (personale) e costi, ritenuti assai onerosi. Peraltro, il nuovo

sistema introdotto con la riforma, sembra avere indebolito la complessiva attività di

vigilanza e dei controlli, interni ed esterni. Sul punto si rinvia ai precedenti referti e si

segnala che prosegue, per quanto di specifica competenza della Procura Generale e nei

limiti dei propri poteri, il costante monitoraggio sulle attività di riscossione; sugli

eventuali inadempimenti e disfunzioni; sulle eventuali ipotesi di danno, e le connesse

responsabilità.

In ogni caso, occorre considerare che il breve lasso di tempo di operatività del

nuovo sistema, non consente di potere ancora formulare valutazioni e giudizi suffragati

di analisi confortate da parametri di raffronto fondati su di una osservazione più

ampia.

Per pervenire a tale risultato, occorre un periodo di tempo più lungo. Il

Procuratore Generale non mancherà di raccogliere ulteriori elementi di conoscenza

sulla funzionalità del nuovo sistema, sì da potere fornire ulteriori considerazioni in

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30

occasione dei prossimi referti.

3. – I profili di responsabilità amministrativa e la sanatoria del 2005.

Per quanto riguarda l’attività istituzionale delle Procure regionali e Generale,

occorre fare rilevare che nel corso dell’anno hanno avuto ulteriore seguito le indagini e

le iniziative giudiziarie dirette a colpire fattispecie dannose poste in essere dagli

agenti della riscossione e dai concessionari nella gestione del servizio. In particolare,

sono ancora emerse fattispecie di danno concretatesi in inadempimenti (taluni dei

quali aventi rilevanza penale) in cui Istituti di credito e singoli agenti hanno

mendacemente documentato attività di riscossione nella realtà mai svolte

(irreperibilità di debitori e pignoramenti negativi) rendendo, così, vana l’attività di

accertamento e generando ingentissime mancate entrate erariali e non erariali.

Per sanare tali irregolarità (diffuse su tutto il territorio nazionale ed assunte a

vero e proprio “sistema” di riscossione) il legislatore del 2005, ha previsto una

sanatoria generale che avrebbe dovuto (là dove gli Istituti di credito concessionari

avessero aderito) estinguere tutte le situazioni processuali mediante la formula della

cessazione della materia del contendere.

Di fatto, però tale formula non ha potuto ancora trovare applicazione in quanto

essa richiede accertamenti istruttori tuttora in corso; in particolare, occorre ancora

accertare, giudizio per giudizio, se le singole fattispecie di danno portate all’attenzione

dei collegi giudicanti, abbiano formato, o no, oggetto di giudizio penale e se tali giudizi

si siano definitivamente conclusi con decisioni di condanna (in tale caso, la sanatoria è

esclusa).

Peraltro, è stato posto in evidenza un ulteriore ostacolo alla definizione dei

giudizi (ancora pendono oltre 90 giudizi di appello, avverso sentenze di condanna dei

concessionari) in quanto, da parte di alcuni altri soggetti impositori (creditori di tributi

irregolarmente non riscossi) è stato fatto presente che i meccanismi della sanatoria

prevedono l’erogazione di somme (3 euro per abitante servito in ciascun ambito di

riscossione) che, secondo le indicazioni del legislatore, sarebbero introitate unicamente

dall’Erario.

Tra questi altri soggetti (sono interessati quasi tutti gli Enti locali) la Camera di

commercio di Bologna (Ente danneggiato risultato titolare di ingente somme

risarcitorie per tributi di sua spettanza) ha proposto davanti a questa Corte questione

di costituzionalità della legge sulla sanatoria esattoriale per i cennati profili di lesioni

alle prerogative finanziarie e di autonomia dell’ente.

Si ritiene che la questione abbia certa rilevanza e che, anche a prescindere,

dalla formale investitura della Corte costituzionale, il problema debba trovare

adeguata soluzione da parte del Governo e del Parlamento che, certamente, non

potranno ignorare le ragioni di Enti locali ed altri soggetti impositori, i quali, in virtù

Page 31: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

31

della sanatoria, si trovano ora, non solo nella impossibilità di potere fare valere oltre le

rispettive ragioni creditorie, ma anche nella situazione di vedere riconosciute parte

delle somme loro spettanti alle sole casse dell’agenzia delle Entrate e non alle proprie.

D. - La spesa pubblica: aspetti generali (Estensore: V.P.G. Alfonso Tranchino)

1. – I pagamenti del bilancio dello Stato28

I pagamenti del bilancio dello Stato, al netto delle regolazioni contabili e

debitorie sono stati pari a 426.013 milioni, dei quali 386.981 per spese correnti,

33.238 per pagamenti di capitali e 5.794 per pagamenti di partite finanziarie.

Rispetto al 2005 si è registrato un aumento di 9.675 milioni, per effetto

dell’incremento sia delle spese correnti (+ 13.009 milioni), sia delle spese in conto

capitale (+ 3.131 milioni), compensati in parte dal decremento delle partite finanziarie

(- 9.653 milioni).

2. – I pagamenti delle Amministrazioni Pubbliche29

I pagamenti delle Amministrazioni Pubbliche sono risultati, nel 2006, pari a

744.797 milioni di euro, in aumento del 7,9% rispetto al 2005. L’incidenza sul PIL è

passata dal 48,5 al 50,5%. Le spese correnti al netto degli interessi sono aumentate

del 3,6%, passando da 568.825 a 589.025 milioni. Anche gli oneri per interessi hanno

contribuito alla crescita della spesa complessiva, passando da 64.213 a 67.552 milioni

(in rapporto al PIL, dal 4,5 del 2005 al 4,6 del 2006).

3. - Le misure per il contenimento della spesa relative al 2006 – Esito

negativo.

La manovra sulla spesa per il 2006 riguardava per lo più uscite delle

Amministrazioni centrali, con particolare riferimento a quelle di investimento.

Per le amministrazioni locali, risparmi erano attesi dal Patto di stabilità interno

(3.130 milioni) e nel settore della sanità (2.500 milioni).

La manovra veniva rafforzata con il decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006,

convertito in legge n. 248 del 4 agosto 2006. Si prevedeva l’indisponibilità

dell’accantonamento di una parte prefissata degli stanziamenti relativi alle unità

previsionali di base approvate con la legge di bilancio per il 2006. Il risparmio di spesa

era ottenuto prevedendo per ciascun capitolo oggetto del taglio la costituzione, entro il

30 novembre 2006, di economie di gestione in caso di fondi o il versamento

dell’importo reso disponibile a favore del capitolo 3370 dell’entrata del bilancio dello

Stato, con titoli di spesa speciali commutabili in quietanza di entrata.

A consuntivo, si deve registrare un sostanziale insuccesso delle misure anzidette:

28 MEF – Relazione Unificata, Tavola 14. 29 Banca d’Italia – Bollettino economico di aprile 2007, Tavola 12.

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32

basti considerare che l’incidenza sul PIL della spesa primaria (totale delle spese al

netto degli interessi) si è attestata sul 45,9% (1,9 punti in più rispetto al 2005).

Come osservato da questa Corte30 elemento propulsivo della spesa è risultato,

ancora una volta, l’aggregato dei redditi da lavoro dipendente, cresciuto del 4,1%

sotto la spinta di alcuni rinnovi contrattuali.

I consumi intermedi hanno invece registrato una flessione dello 0,8%. Sul

risultato hanno influito provvedimenti correttivi adottati con la manovra per il 2006, le

misure varate con il decreto legge 223/2006 e la riduzione dei servizi di

intermediazione finanziaria indirettamente misurati (Sifim).

Le prestazioni sociali in natura, rappresentate prevalentemente dalle spese per

l’assistenza sanitaria in convenzione, pur rallentando significativamente la loro

dinamica rispetto al 2005, sono risultate in aumento del 3,4%. La crescita è stata

contenuta da alcuni interventi sul prezzo dei farmaci.

Le prestazioni sociali in denaro sono aumentate del 4,4%: quasi la metà

dell’aumento deriva dalla indicizzazione ai prezzi dei trattamenti pensionistici31.

Sono diminuite invece le spese in conto capitale, che, al netto delle poste

straordinarie e depurate dagli effetti delle dismissioni immobiliari, sono risultate pari a

circa 60 miliardi, il 4,1% del PIL (4,21 nel 2005). Sono diminuiti dell’11% gli

investimenti diretti realizzati dallo Stato. Le Amministrazioni locali hanno fatto

registrare una crescita della spesa in conto capitale complessiva pari solo allo 0,9%.

4. – La manovra per il 2007 con riferimento alle uscite.

La manovra per il 2007 si basa, per il 67% su maggiori entrate e solo per il 33%

su minori spese.

La riduzione delle spese correnti dovrebbe garantire un contributo del 27,6%. In

prevalenza i risparmi sono riconducibili – come per il 2006 – alle misure assunte per il

contenimento della spesa delle amministrazioni centrali (2,8 miliardi), per il patto di

stabilità interno (3,3 miliardi) e per il contenimento della spesa sanitaria (3 miliardi).

Solo il 5,4% della manovra deriva da minori spese in conto capitale.

Sulla idoneità delle misure correttive questa Corte32 ha formulato riserve.

Per quanto riguarda le misure di contenimento della spesa delle Amministrazioni

centrali (introdotte al comma 507 della finanziaria, sulla falsariga di quanto già

30 Sezioni Riunite- Relazione sulla tipologia citata, pagg. 24 e segg. 31 Per l’INPS il raffronto fra entrate contributive e prestazioni al netto delle erogazioni per l’assistenza pone

in evidenza un gap, per il 2006, di 9.430 milioni (-9.786 milioni nel 2005) da attribuire al ruolo fortemente negativo svolto dalle gestioni speciali (telefonici, elettrici, trasporti, INPDAI), e quelle di commercianti, artigiani e coltivatori diretti, mezzadri e coloni. Ben più onerosi sono i trasferimenti, a carico dello Stato, pertinenti alle prestazioni assistenziali: 56.777 milioni di euro nel 2006 (56.983 nel 2005). Per quanto riguarda l’INPDAP, va rilevato che dai dati desumibili dal consuntivo 2005 è emerso un ulteriore (rispetto al 2004) peggioramento dei conti dell’Istituto: il disavanzo finanziario di competenza, di 2.052 milioni di euro, trova sostanziale conferma nei dati previsionali relativi agli esercizi 2006/2007 nei quali lo stesso ascenderebbe, rispettivamente, a 2.074 e 3.016 milioni di euro.

32 Relazione cit.

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33

disposto con il decreto legge 223 del luglio 2006), mentre si deve dare atto che esse

sono opportunamente accompagnate dalla previsione (comma 480) di un programma

straordinario di analisi e valutazione dei programmi di spesa, si deve constatare che gli

importi ritenuti soggetti a revisione e potenziale riduzione sono particolarmente

contenuti. Il che è la dimostrazione delle difficoltà di comprimere la spesa nel breve

periodo senza un peggioramento della qualità delle prestazioni della Pubblica

Amministrazione.

In sede di ridefinizione del patto di stabilità interno (commi 676 e seguenti della

finanziaria), è stato abbandonato il riferimento ai tetti di spesa, fissando per gli enti

locali l’obiettivo di un saldo di bilancio, sia in termini di competenza, sia in termini di

cassa, migliore di quello registrato in media nel triennio 2003-200533.

Difficile quantificare gli effetti che si possono attendere dalla nuova normativa,

anche se appare incontestabile che il riferimento al saldo di bilancio (unito

all’ampliamento della capacità fiscale delle amministrazioni territoriali e

all’introduzione di meccanismi di correzione automatica degli squilibri) rappresenta un

progresso significativo verso una effettiva responsabilizzazione finanziaria degli enti

territoriali.

Non vanno sottovalutate al riguardo le resistenze palesemente opposte sinora

dagli enti territoriali al rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno: risulta

infatti che alla data del 9 marzo 2007 le Sezioni regionali di controllo avevano rilevato

che 22 province (su 67) e 661 comuni (su 4620) avevano impostato il proprio bilancio

preventivo per il 2006 senza rispettare le regole del patto (prevalentemente con

riferimento alla spesa corrente).

La eliminazione delle misure di penalizzazione previste per il 200634 può

inficiare la stessa credibilità del percorso di risanamento, costituendo un pessimo

segnale per gli Enti già rispettosi del patto.

Infine, la realizzabilità degli obiettivi posti in termini di realizzazione della spesa

sanitaria dipende dalla piena attuazione delle misure poste dalla finanziaria in materia

di compartecipazione alla spesa, copertura dei disavanzi pregressi ed utilizzo delle

regolazioni debitorie a valere sul fondo per il reintegro delle risorse regionali, ai fini di

riequilibrio gestionale.

5. – Considerazioni conclusive.

33 In relazione agli enti territoriali la disciplina sinora è stata mutevole ed i vincoli ed i parametri da

osservare sono stati cambiati dal legislatore nazionale di anno in anno, impedendo così agli enti di perseguire un’efficace programmazione (art. 28 della legge 448 del 1998, art. 30 della legge 488 del 1999, art. 53 della legge 338 del 2000, art. 24 della legge 448 del 2001, art. 29 della legge 289 del 2002, art. 1 commi 21 e 41 della legge 311 del 2004, art. 1, commi 138-150, della legge 266 del 2005.

34 V. art. 1, comma 701, della legge finanziaria 2007, nonché art. 8 sexies del decreto-legge n. 300 del 2006, convertito in legge n. 17 del 2007.

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34

Il Governo nel presentare, a dicembre del 2006, il Programma di stabilità alla

Commissione europea ha indicato tre obiettivi per il quinquennio 2007-2011: la

riduzione dell’indebitamento netto al di sotto del 3% del PIL nel 2007, nel rispetto

delle scadenze fissate dalle raccomandazioni del Consiglio; la convergenza per un

bilancio in pareggio nel medio termine; la ripresa del processo di riduzione del

rapporto tra debito e PIL, per realizzare un valore al di sotto del 100% nel 2011.

Nelle “previsioni di primavera” la Commissione stima il rapporto deficit/PIL per

la fine del 2007 sul 2,1%, valore, largamente inferiore alla soglia del 3% fissata dal

Trattato di Maastricht ed inferiore anche alle previsioni del Governo (2,3%). Per

l’economia, la Commissione stima una crescita pari all’1,9% del prodotto.

Va considerato, peraltro, che l’evoluzione positiva del disavanzo è da mettere

essenzialmente in relazione ad entrate inattese e non ad un reale risanamento. La

crescita dell’economia, anche se vigorosa, è tuttavia in netto ritardo sulla media della

zona euro (2,6%) e dell’Unione europea a 27 paesi (2,9%).

Per riequilibrare durevolmente i conti pubblici e dare slancio all’economia anche

attraverso un alleggerimento della pressione fiscale, è obiettivo prioritario la riduzione

della spesa pubblica, secondo logiche programmatiche, come indicato nelle

considerazioni introduttive.

E’ un obiettivo che da anni risulta sistematicamente mancato, nonostante gli

sforzi reiteratamente posti in essere per raggiungerlo.

Basta considerare che tra il 1998 ed il 2005 la spesa primaria corrente è

cresciuta in media di oltre il 4,5% all’anno, raggiungendo livelli che non trovano

precedenti: nel 2006 l’incidenza sul PIL della spesa primaria complessiva ha sfiorato il

46%. Al lordo degli interessi, la spesa ha superato la metà del PIL, attestandosi sul

50,5%35.

Secondo questa Corte36 la situazione richiama con forza i rischi a cui il Paese

sarebbe sottoposto in termini di pressione fiscale (e conseguenti effetti economici

distorsivi) laddove non si riuscisse a pervenire in tempi brevi ad un governo della

spesa compatibile con una situazione connotata dalla presenza di un debito pubblico

che supera – diversamente da Francia e Germania – il prodotto interno lordo”.

E sotto quest’ultimo angolo di visuale le prospettive non appaiono certamente

favorevoli, dato che il costo del servizio del debito, già aumentato nel 2006 rispetto al

2005, non potrà non risentire negativamente degli ulteriori aumenti dei tassi di

riferimento che si prevede saranno stabiliti dalla BCE per fronteggiare i rischi al rialzo

per la stabilità dei prezzi correlati ad una crescita economica europea particolarmente

robusta.

In questo contesto appare indilazionabile il contenimento della spesa primaria

35 Banca d’Italia – Bollettino citato, Tavola 12. 36 Relazione, pag. 23.

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35

corrente (è impensabile una accentuazione della compressione della spesa per

investimenti, in un Paese carente di infrastrutture quale l’Italia) attraverso riforme

strutturali dei principali comparti, nonché una attenta rimeditazione delle dimensioni

ottimali di tutte le molteplici e variegate voci che l’hanno sinora appesantita ai limiti

della sostenibilità.

E. – Eccedenze di spesa. (Estensore: V.P.G. Emma Rosati)

Anche nel rendiconto 2006 risultano eccedenze di spesa, rispetto agli

stanziamenti definitivi di assestamento del bilancio, per la competenza, i residui e la

gestione di cassa.

Per dette eccedenze, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha precisato, con

la nota di trasmissione del conto consuntivo dello Stato per l’esercizio finanziario 2006

(prot. n. 0069352 del 26 maggio 2007, acquisita alle Sezioni Riunite il 29 maggio

2007) che sarà proposta sanatoria – come per il decorso rendiconto – (esclusivamente,

come è noto, a livello di unità previsionali di base) con apposita norma, nel

provvedimento legislativo di approvazione del conto consuntivo stesso.37

Va subito evidenziato che, pur essendo l’unità di rilevamento delle singole

eccedenze costituita dallo specifico capitolo, le eccedenze risultano definitivamente

accertate solo a livello di unità previsionale di base (U.p.B.), decurtate delle economie

realizzate nell’ambito della stessa unità previsionale di base.

Complessivamente, per l’anno 2006, emergono i seguenti importi in euro,

comprendenti le eccedenze relative a tutte le aree ministeriali interessate dal

fenomeno, più l’area riferita all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. (I

dati fanno riferimento al Conto del Bilancio, ricevuto dalla Corte dei conti il 29 maggio

2007, in particolare all’elenco delle eccedenze di spesa, trasmesso unitamente alla

presentazione del conto consuntivo dello Stato per l’esercizio finanziario 2006).

Totale generale Competenza Residui Gestione Cassa

Capitoli 4.234.575.297,94 89.731.869,47 3.732.713.290,27

37 Al Conto consuntivo dello Stato per l’esercizio finanziario 2006 è stato allegato, come per i pregressi esercizi, un elenco dimostrativo per capitoli delle somme che vengono portate in economia, destinate a fronteggiare gli oneri relativi a provvedimenti legislativi non perfezionati in legge entro il 31 dicembre dell’anno cui il rendiconto fa riferimento (per l’attuale, il 2006); trattasi di un prospetto relativo alle economie di spesa su appositi capitoli di bilancio da utilizzare nell’esercizio 2007 per fronteggiare gli oneri non perfezionati in legge entro il 31 dicembre 2006. Detto prospetto riporta un elenco degli ‘accantonamenti slittati’, ai sensi dell’art. 11bis, comma 5 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni, da utilizzare, perciò, nell’esercizio 2007, per fronteggiare gli oneri non perfezionati in legge entro il 31 dicembre 2006. Sul capitolo 6856 (Fondo occorrente per far fronte ad oneri dipendenti da provvedimenti legislativi in corso) non risultano economie di spesa da utilizzare nell’esercizio 2007. L’importo in euro sul capitolo 9001 è pari a €170.059.000,00 e si riferisce a provvedimenti riguardanti il MEF e il Ministero dello sviluppo economico. E’ stato inoltre allegato al documento contabile un prospetto riassuntivo dal quale risultano, per singola amministrazione interessata, gli accantonamenti disposti ai sensi del DL n. 223/2006, art. 25, 1° comma, i versamenti in entrata sul cap. 3370, capo 10° nonché le economie accertate. Il totale degli accantonamenti predetti ammonta ad €683.474.549,10; il totale dei versamenti in entrata ammonta ad €616.352.874,49 mentre il totale delle economie accertate è di €67.134.538,94. Si sottolinea che di ciascuna amministrazione interessata e delle tre categorie precitate (accantonamenti, versamenti, economie) vengono dati, poi, i prospetti analitici, con i singoli importi per ciascun capitolo di bilancio interessato.

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36

U.p.B. 4.020.364.638,59 85.621.892,05 3.451.334.733,36

Detti importi appaiono rilevanti, in valore assoluto, significativamente in

aumento, per competenza, residui e cassa, rispetto ai valori rilevati nel contesto del

decorso rendiconto parificato e, con riferimento ai residui, in particolare, per i quali era

stato rilevato un decremento tendenziale38, si riscontra un incremento percentuale,

rispetto all’e.f. 2005, pari al 3236,62.

Si prende, perciò, atto, della circostanza che trattasi di una difficoltà, oramai

strutturale, se non di una vera e propria impossibilità di annullare (o quantomeno

ridimensionare fortemente) il verificarsi del fenomeno della “anomalia” delle eccedenze

di spesa in c/residui, dopo la registrazione di un positivo trend al ribasso, già

segnalato in occasione della stesura della memoria del procuratore generale per i

rendiconti 2003, 2004 e 2005.

Circa, poi, il dato relativo alle eccedenze segnalate in c/cassa che registrano,

pure per il corrente rendiconto, esuberi rilevanti, con un incremento percentuale pari

al 294,65, rispetto ai dati del rendiconto 2005 e con un aumento, in valori assoluti, di

oltre due miliardi di euro, va subito detto che dette eccedenze non appaiono

minimamente giustificate, sotto il profilo della loro puntuale verificazione annuale,

neppure dalle motivazioni che ogni anno forniscono i competenti uffici della ragioneria

statale. Detti esuberi di cassa rimangono, perciò, a stretto rigore, ingiustificati ed

inammissibili, oltre che forieri di indebitamento e possibili fonti di danno.

Le amministrazioni principalmente interessate dal fenomeno descritto sono state

quella dell’Istruzione, Giustizia, Economia e Finanze, Salute, Lavoro, Infrastrutture,

Beni culturali, Interno.

Per una migliore raffigurazione del fenomeno segnalato, si mostrano i seguenti

prospetti, elaborati con riferimento ai principali capitoli, interessati al fenomeno delle

eccedenze in c/cassa, relativi alle amministrazioni annotate a lato; si forniscono,

altresì, i grafici esplicativi del fenomeno lamentato, con riferimento ai capitoli

maggiormente interessati.

ECCEDENZE DI CASSA

(confronto rendiconti 2002, 2003, 2004, 2005 e 2006)

Amministrazione

Capitolo E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

1317 1.285.879,60 4.494.749,87 1.729.148,79 4.761.160,497.075.565,9

9Ministero

dell'economia e delle finanze 2198 149.548.115,37

212.017.780,97

124.185.448,10

100.613.835,43

30.380.071,49

38 Si rammenta che, in sede di parificazione del rendiconto dell’e.f.2004 si era registrato un notevolissimo

decremento in conto residui (meno € 493.830.139,76 rispetto al 2003), con variazione percentuale sulle unità previsionali di base, pari a meno 98,187%.

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37

1245 0,00 4.922.301,75 730.142,05 304.978,90 25.159.654,11Ministero dell'interno 2313 0,00 0,00 0,00 0,00 6.137.861,07

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

4818 0,00 0,00 0,00 739.338,07 10.864.814,15

1420 0,00 117.863.353,26 0,00 34.331.568,69

7.844.131,37

1421 4.569.244,44 5.041.567,08 9.203.884,42 4.375.806,818.374.707,4

7Ministero

della giustizia

1601 0,00 0,00 0,00 51.585.424,36

1603 0,00 0,00 0,00 10.292.527,1924.114.464,

01

1607 0,00 0,00 0,00 2.512.308,68 5.425.483,29

1611 0,00 0,00 0,00 5.313.628,45 20.486.390,23

2145 0,00 2.948.295,72 0,00 431.255,30 28.740.461,20

2146 0,00 27.717.418,76 0,00 0,00 95.781.324,39

2149 20.019.216,80226.383.32

3,31 36.744.308,0

2 4.460.938,40244.103.37

3,90

2150 0,00 0,00 0,00 0,00 7.091.812,97

2151 0,00 23.517.285,04 21.502.989,4

835.222.108,5

964.110.095,

21

2336 4.725.584,46 1.100.970,33 695.259,26 2.806.956,08 14.165.549,04

2337 0,00 18.814.903,14 0,00 0,00 39.055.112,85

2338 44.032.891,42106.735.90

6,52 34.093.751,8

322.314.829,9

9121.773.18

8,44

2340 0,00 9.170.080,75 13.225.559,1

424.377.160,4

330.016.935,

26

2520 0,00 3.635.301,55 0,00 0,00 14.596.019,40

2521 4.266.576,74 47.072.505,71 17.775.283,6

413.666.527,9

640.959.823,

26

2523 0,00 0,00 0,00 3.462.815,38 8.163.235,30

2700 26.888.726,99 0,00 0,00 0,00 15.124.907,91

2701 25.064.134,092.688.662,7

0 0,00 0,00 52.068.493,22

Ministero della pubblica istruzione

2702 0,00 122.970.524,90

47.457.060,8641.620.533,8

4131.475.11

4,56

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38

2704 0,00 1.861.648,20 0,00 15.238.781,1131.793.103,

93

2887 5.252.554,57 2.146.250,95 0,00 1.268.418,89 11.465.529,49

2888 0,00 9.047.285,58 0,00 0,00 39.442.776,39Amministrazi

one Capitol

o E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

2889 0,00 89.637.860,18 36.546.609,8

031.691.700,1

7106.313.46

6,90

2891 0,00 2.372.896,40 0,00 32.619.217,5131.873.198,

18

3081 0,00 6.880.102,34 206.671,99 7.533.307,68

3082 15.226.430,3336.335.970,

61 13.767.507,0

9 9.256.547,7636.685.118,

92

3265 0,00 4.234.196,48 0,00 1.077.860,46 11.126.218,47

3266 0,00 1.178.536,00 0,00 0,00 38.063.777,97

3267 0,00 117.539.428,78

47.119.110,9331.598.388,6

897.979.141,

60

3269 0,00 3.100.614,85 0,00 15.532.648,4022.236.417,

19

3448 0,00 3.589.078,93 0,00 0,00 8.156.599,01

3449 0,00 36.090.495,11 19.600.815,0

315.149.717,6

527.431.361,

77

3451 0,00 0,00 0,00 0,00 5.316.731,21

3629 8.168.537,53 2.740.032,57 2.040.122,66 4.744.677,2317.624.298,

46

3630 0,00 14.466.650,99 0,00 8.316.597,91 39.353.187,58

3631 0,00 200.531.847,56

88.324.519,3162.716.496,4

4169.207.22

3,87

3633 0,00 5.671.595,39 0,00 21.300.557,1025.147.394,

78

3811 0,00 2.783.488,06 0,00 960.851,81 5.649.534,23

3812 0,00 8.198.040,35 0,00 0,00 19.578.052,66

3813 0,00 64.252.934,29 26.702.127,4

918.138.043,4

049.357.988,

33

3815 0,00 128.283,29 0,00 2.734.883,75 11.931.750,93

3995 0,00 32.091.110,67 0,00 0,00 13.104.435,24

4176 0,00 4.369.976,07 0,00 0,00 32.862.030,66

4177 0,00 61.908.002,25 46.116.678,1

219.333.371,4

559.383.754,

75

4357 23.990.704,694.445.599,5

2 4.942.911,71 8.572.277,8416.134.472,

18

Ministero della pubblica istruzione

4358 0,00 17.874.071,77 0,00 0,00 91.338.412,95

Page 39: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

39

4359 0,00 223.546.034,48

160.568.984,95

78.648.640,46161.824.10

3,00

4361 0,00 11.848.235,62 0,00 15.691.522,6424.857.216,

18

4544 17.253.230,6710.950.394,

52 2.494.637,56 9.563.960,6625.857.672,

40

4545 0,00 52.383.313,82 2.207.199,6120.499.141,6

597.424.671,

50

4546 72.743.669,77313.779.67

3,60 0,00 0,00 243.525.675,22

4547 0,00 6.861.947,03 0,00 0,00 7.051.096,66

4548 0,00 11.584.193,03 0,00 12.242.448,8230.368.605,

64

4732 13.466.548,18 0,00 0,00 0,00 9.446.292,33

4733 0,00 40.540.483,34 0,00 0,00 26.350.516,35

4912 7.785.420,08 2.815.620,97 1.133.608,28 3.094.399,469.217.405,5

2

4913 0,00 11.374.375,00 3.723.543,19 2.017.797,6229.292.947,

16

4914 0,00 163.496.212,16

81.548.922,0943.728.574,3

597.408.567,

85

4916 0,00 1.721.331,34 0,00 9.855.450,80 13.342.990,57

5094 2.571.825,27 356.173,37 972.066,77 961.788,13 6.540.674,46

5095 0,00 5.528.298,32 1.590.236,03 0,00 21.663.888,44

5096 0,00 79.615.674,32 16.503.076,1

9 0,00 62.609.326,10

5098 0,00 0,00 0,00 0,00 7.992.580,50

5277 20.816.280,304.704.931,8

1 3.345.632,82 6.081.140,6820.908.182,

33

5278 0,00 34.722.848,42 0,00 0,00 87.605.902,97

5279 70.550.859,89265.683.02

1,38 120.930.790,

6061.647.914,0

4195.208.61

2,54

5280 0,00 4.053.953,23 543.970,15 1.446.480,13 5.078.405,41Amministrazi

one Capitol

o E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Ministero della pubblica istruzione

5281 0,00 13.899.366,48 0,00 18.084.287,7627.977.723,

16

1178 0,00 0,00 0,00 889.502,95 5.100.745,94

7523 30.859.704,52 0,00 0,00 0,00 16.570.772,66

7525 0,00 0,00 0,00 0,00 147.344.391,57

Ministero delle

infrastrutture e dei

trasporti

7807 32.950.288,58 0,00 0,00 0,00 36.077.337,41

Page 40: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

40

8349 0,00 5.979.523,67 6.238.684,94 1.107.008,278.709.812,5

5

1202 0,00 0,00 0,00 0,00 7.790.835,43Ministero dei beni ed attività culturali 2215 145.785.266,58

128.912.919,68

128.094.102,78 0,00 8.264.142,07

I grafici che seguono sono stati elaborati con la tecnica degli istogrammi e

rappresentano le quantità finanziarie delle eccedenze degli aggregati contabili di

competenza, residui e cassa, posti a confronto nei rendiconti degli ultimi cinque anni.

LEGENDA:

competenza residui cassa

MEF - 1317

0,00

2.68

4.51

3,95

1.72

9.14

8,79

4.75

1.17

7,58

7.07

5.56

5,99

1.89

8.29

5,60

1.81

0.23

5,92

0,00

0,00

0,00

1.28

5.87

9,60

4.49

4.74

9,87

1.72

9.14

8,79

4.75

1.15

0,49

7.07

5.56

5,99

0,00

1.000.000,00

2.000.000,00

3.000.000,00

4.000.000,00

5.000.000,00

6.000.000,00

7.000.000,00

8.000.000,00

Amministazione Capitolo E F 2002 E F 2003 E F 2004

Page 41: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

4

1

ME

F - 2198

74.692.602,17

133.511.897,58

124.185.448,10

100.613.835,43

30.380.071,49

74.855.513,20

78.505.883,39

0,00

0,00

0,00

149.548.115,37

212.017.780,97

124.185.448,10

100.613.835,43

30.380.071,49

0,00

50.000.000,00

100.000.000,00

150.000.000,00

200.000.000,00

250.000.000,00

E F

2002E

F 2003

E F

2004E

F 2005

E F

2006

Min

Intern

o - 1245

0,00

3.089.053,34

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

1.700.845,60

0,00

0,00

0,00

4.922.301,75

730.142,05

304.978,90

25.159.654,11

0,00

5.000.000,00

10.000.000,00

15.000.000,00

20.000.000,00

25.000.000,00

30.000.000,00

E F

2002E

F 2003

E F

2004E

F 2005

E F

2006

Page 42: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

42

Min Interno - 2313

0,00

0,00

0,00

0,00

6.13

7.86

1,07

0,00 12

6.69

7,62

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

6.13

7.86

1,07

0,00

1.000.000,00

2.000.000,00

3.000.000,00

4.000.000,00

5.000.000,00

6.000.000,00

7.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Lav. e Pol. Soc. - 4818

0,00

0,00

0,00

0,00

10.8

64.8

14,1

5

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

739.

338,

07

10.8

64.8

14,1

5

0,00

2.000.000,00

4.000.000,00

6.000.000,00

8.000.000,00

10.000.000,00

12.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 43: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

43

Min Giustizia - 1420

0,00

43.2

77.8

98,8

7

14.7

23.1

64,3

1

24.6

43.5

96,8

8

14.4

77.8

01,1

2

58.9

37.5

13,8

6

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

34.3

31.5

68,6

9

7.84

4.13

1,37

117.863.353,26

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Giustizia - 1421

3.17

9.15

0,70

4.09

9.51

6,13

0,00

9.06

2.53

7,56

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

4.56

9.24

4,44

5.04

1.56

7,08

9.20

3.88

4,42

4.37

5.80

6,81

8.37

4.70

7,47

12.862.295,09

0,00

2.000.000,00

4.000.000,00

6.000.000,00

8.000.000,00

10.000.000,00

12.000.000,00

14.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 44: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

44

Min Giustizia - 1601

0,00

0,00

0,00

0,00

55.3

26.8

97,6

8

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

51.5

85.4

24,3

6

0,00

10.000.000,00

20.000.000,00

30.000.000,00

40.000.000,00

50.000.000,00

60.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Infr. e Tras. - 7525

0,00

0,00

0,00

0,00

142.

344.

391,

57

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

147.

344.

391,

57

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

160.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 45: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

45

Min Infr. e Tras. - 7807

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

27.5

40.9

99,7

0

0,00

0,00

0,00

0,00

32.9

50.2

88,5

8

0,00

0,00

0,00

36.0

77.3

37,4

1

0,00

5.000.000,00

10.000.000,00

15.000.000,00

20.000.000,00

25.000.000,00

30.000.000,00

35.000.000,00

40.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Beni Att. Cult. - 2215

145.

814.

968,

21

129.

283.

202,

21

133.

205.

437,

32

0,00 6.

338.

056,

89

2.86

8.97

2,81

1.92

0.22

3,97

0,00

0,00

0,00

145.

785.

266,

58

128.

912.

919,

68

128.

094.

102,

78

0,00 8.

264.

142,

07

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

160.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 46: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

46

Min Istruzione - 2146

37.1

41.2

39,3

1

0,00

0,00

0,00

95.7

81.3

24,4

0

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

27.7

17.4

18,7

6

0,00

0,00

95.7

81.3

24,3

9

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 2149

81.0

96.0

84,7

5

158.

390.

296,

68

36.4

69.4

33,9

0

4.37

8.39

9,36

243.

836.

331,

37

0,00

0,00

274.

874,

12

320.

400,

97

0,00

20.0

19.2

16,8

0

226.

383.

323,

31

36.7

44.3

08,0

2

4.46

0.93

8,40

244.

103.

373,

90

0,00

50.000.000,00

100.000.000,00

150.000.000,00

200.000.000,00

250.000.000,00

300.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 47: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

47

Min Istruzione - 2151

0,00

18.3

22.5

02,4

2

21.0

60.4

27,4

8 35.1

24.2

97,3

2

63.9

66.5

67,7

2

0,00

0,00

442.

562,

00

225.

157,

84

0,00

0,00

23.5

17.2

85,0

4

21.5

02.9

89,4

8 35.2

22.1

08,5

9

64.1

10.0

95,2

1

0,00

10.000.000,00

20.000.000,00

30.000.000,00

40.000.000,00

50.000.000,00

60.000.000,00

70.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 2338

71.0

65.1

12,5

0

92.3

59.4

77,2

3

33.9

85.8

16,5

9

22.2

88.7

49,7

9

121.

748.

488,

58

0,00

0,00

107.

935,

24

53.0

19,9

2

0,00

44.0

32.8

91,4

2

106.

735.

906,

52

34.0

93.7

51,8

3

22.3

14.8

29,9

9

121.

773.

188,

44

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 48: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

48

Min Istruzione - 2521

15.9

80.1

47,1

5

38.2

80.0

98,8

3

17.7

52.8

46,2

1

13.6

76.7

83,6

1

40.9

35.2

53,3

9

0,00

0,00

23.4

37,4

3

15.5

99,1

8

0,00

4.26

6.57

6,74

17.7

75.2

83,6

4

13.6

66.5

27,9

6

40.9

59.8

23,2

6

47.072.505,71

0,00

5.000.000,00

10.000.000,00

15.000.000,00

20.000.000,00

25.000.000,00

30.000.000,00

35.000.000,00

40.000.000,00

45.000.000,00

50.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 2702

0,00

87.6

80.5

43,0

7

47.3

07.0

98,3

2

41.6

98.6

30,9

8

131.

323.

907,

20

0,00

0,00

102.

230,

12

0,00

0,00

47.4

57.0

60,8

6

41.6

20.5

33,8

4

131.

475.

114,

56

149.

962,

54

122.970.524,90

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 49: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

49

Min Istruzione - 2889

70.2

52.9

71,9

5

36.4

27.8

92,9

8

31.6

57.9

50,0

5

106.

274.

890,

50

0,00

0,00

118.

716,

82

83.1

32,4

3

0,00

0,00

89.6

37.8

60,1

8

36.5

46.6

09,8

0

31.6

91.7

00,1

7

106.

313.

466,

90

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 3267

0,00

94.3

37.0

79,6

1

46.9

63.6

81,0

8

31.5

76.5

65,2

9

97.8

77.9

33,3

4

0,00

0,00

155.

429,

85

140.

979,

32

0,00

0,00

47.1

19.1

10,9

3

31.5

98.3

88,6

8

97.9

79.1

41,6

0

117.539.428,78

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 50: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

50

Min Istruzione - 3631

4.25

2.04

7,60

156.

797.

866,

33

88.1

42.7

79,6

6

62.7

70.6

74,9

4

168.

982.

284,

37

0,00

0,00

181.

739,

65

200.

310,

32

0,00

0,00

200.

531.

847,

56

88.3

24.5

19,3

1

62.7

16.4

96,4

4

169.

207.

223,

87

0,00

50.000.000,00

100.000.000,00

150.000.000,00

200.000.000,00

250.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 3813

0,00

46.8

05.9

39,4

7

26.5

37.8

10,5

4

18.3

10.0

06,1

8

48.8

37.4

86,9

1

0,00

0,00

164.

316,

95

215.

249,

81

0,00

0,00

26.7

02.1

27,4

9

18.1

38.0

43,4

0

49.3

57.9

88,3

364.252.934,29

0,00

10.000.000,00

20.000.000,00

30.000.000,00

40.000.000,00

50.000.000,00

60.000.000,00

70.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 51: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

51

Min Istruzione - 4358

44.8

32.6

45,9

5

0,00

0,00

0,00

94.3

86.2

85,9

5

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

17.8

74.0

71,7

7

0,00

0,00

91.3

38.4

12,9

5

0,00

10.000.000,00

20.000.000,00

30.000.000,00

40.000.000,00

50.000.000,00

60.000.000,00

70.000.000,00

80.000.000,00

90.000.000,00

100.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 4359

13.9

15.4

31,0

6

171.

732.

013,

82

159.

736.

759,

75

78.7

01.7

59,5

6

161.

342.

917,

26

0,00

0,00

399.

241,

20

518.

643,

21

0,00

0,00

160.

568.

984,

95

78.6

48.6

40,4

6

161.

824.

103,

00

223.

546.

034,

48

0,00

50.000.000,00

100.000.000,00

150.000.000,00

200.000.000,00

250.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 52: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

52

Min Istruzione - 4546

187.

525.

684,

52 270.

501.

484,

49

0,00

0,00

243.

215.

884,

12

0,00

0,00

1.08

5.47

5,81

0,00

0,00

72.7

43.6

69,7

7

313.

779.

673,

60

0,00

0,00

243.

525.

675,

22

0,00

50.000.000,00

100.000.000,00

150.000.000,00

200.000.000,00

250.000.000,00

300.000.000,00

350.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 4914

2.64

3.95

8,23

117.

143.

791,

28

81.2

99.9

83,1

0

43.6

35.6

45,6

6

97.2

64.0

19,9

8

0,00

0,00

248.

938,

99

255.

545,

35

0,00

0,00

163.

496.

212,

16

81.5

48.9

22,0

9

43.7

28.5

74,3

5

97.4

08.5

67,8

5

0,00

20.000.000,00

40.000.000,00

60.000.000,00

80.000.000,00

100.000.000,00

120.000.000,00

140.000.000,00

160.000.000,00

180.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 53: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

53

Min Istruzione - 5096

0,00

54.8

41.9

60,8

9

16.2

18.8

39,3

6

0,00

62.3

00.1

78,5

8

0,00

0,00

284.

236,

83

167.

314,

04

0,00

0,00

79.6

15.6

74,3

2

16.5

03.0

76,1

9

0,00

62.6

09.3

26,1

0

0,00

10.000.000,00

20.000.000,00

30.000.000,00

40.000.000,00

50.000.000,00

60.000.000,00

70.000.000,00

80.000.000,00

90.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Min Istruzione - 5278

71.4

56.2

69,1

8

0,00

0,00

0,00

87.6

05.9

02,9

7

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

0,00

34.7

22.8

48,4

2

0,00

0,00

87.6

05.9

02,9

7

0,00

10.000.000,00

20.000.000,00

30.000.000,00

40.000.000,00

50.000.000,00

60.000.000,00

70.000.000,00

80.000.000,00

90.000.000,00

100.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Page 54: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

54

Min Istruzione - 5279

133.

991.

464,

27

187.

536.

348,

48

120.

339.

866,

59

61.7

79.9

96,8

4

194.

877.

479,

60

0,00

0,00

590.

924,

01

214.

304,

38

0,00

70.5

50.8

59,8

9

265.

683.

021,

38

120.

930.

790,

60

61.6

47.9

14,0

4

195.

208.

612,

54

0,00

50.000.000,00

100.000.000,00

150.000.000,00

200.000.000,00

250.000.000,00

300.000.000,00

E F 2002 E F 2003 E F 2004 E F 2005 E F 2006

Tecnicamente, in rapporto all’attuale rendiconto di riferimento (2006) si

registrano i seguenti incrementi netti, in valore assoluto, riferiti alle unità previsionali

di base, poste a confronto negli ultimi due esercizi di riferimento (2005 e 2006): in

conto competenza (più 3.001.656.761,01 euro) e in conto residui (più 83.055.765,11

euro), con fortissimi, conseguenti incrementi percentuali sulle UU.pp.BB.

Si registra, inoltre, un ingiustificato, notevole incremento del dato in c/cassa

(più 2.610.422.986,58 euro), con variazione percentuale sulle unità previsionali di

base (quale incremento percentuale), rispetto al decorso rendiconto uguale a 310,43.

Sui capitoli ministeriali interessati dalle eccedenze, si è registrata, inoltre, la

seguente variazione percentuale (in termini di incremento percentuale):competenza,

190,70; residui, 459,54; cassa, 177,55.

Da un punto di vista generale, si è dato atto, anche nella memoria dei decorsi

esercizi finanziari, in sede di parifica, che le eccedenze si verificano soprattutto nei

confronti di spese (prevalentemente “spese di personale”) i cui pagamenti vengono

eseguiti con modalità del tutto particolari, per la maggior parte tramite l’emissione di

“ruoli di spesa fissa”; detto meccanismo di pagamento, non tenendo conto delle

diverse fasi gestionali, in cui si svolge il regime giuridico della spesa (previsioni,

liquidazione, ordinazione), viene contabilizzato solamente dopo la chiusura

dell’esercizio finanziario, generando, talvolta, un esubero di pagamenti rispetto alla

previsione, con il conseguente formarsi dell’eccedenza.

Tali esuberi, tuttavia, nell’esercizio di riferimento presentano fortissimi

Page 55: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

55

incrementi in termini di residui, altrettanto in termini di competenza e in termini di

cassa.

Se i dati dell’attuale rendiconto (a livello di unità previsionali di base) vengono

posti a confronto con quelli degli esercizi precedenti, si può notare un trend in

diminuzione, sicuramente più accentuato nelle voci contabili in c/residui e meno in

quelle di competenza e cassa, ma tuttavia in positivo miglioramento dal 2002 al 2005,

con una rinnovata impennata in aumento sulle tre voci, registrata nell’attuale

rendiconto 2006. Vedasi la sottostante tabella:

ECCEDENZE

2002 2003 2004 2005 2006

COMPETENZA

1.211.114.429,8

4

COMPETENZA

2.088.572.157,

71

COMPETENZA

1.096.194.406

,80

COMPETENZA

1.018.707.87

7,58

COMPETENZA

4.020.364.63

8,59

RESIDUI

1.358.480.893,0

7

RESIDUI

502.998.854,2

1

RESIDUI

9.168.714,45

RESIDUI

2.566.126,94

RESIDUI

85.621.892,0

5

CASSA

2.478.672.033,1

6

CASSA

2.945.876.620,

68

CASSA

783.497.265,3

9

CASSA

840.911.746,

78

CASSA

3.451.334.73

3,36

Allegata al prospetto delle “eccedenze di spesa” è stata trasmessa una nota

informativa, nella quale risultano comunicati alcuni motivi di carattere generale, posti

a giustificazione del fenomeno rilevato.

Viene, ivi, evidenziato che l’anomalia delle eccedenze [che sarebbe più corretto

definire un vero e proprio aspetto patologico delle spese di bilancio] sarebbe da

attribuire a spese i cui pagamenti sono stati eseguiti con modalità particolari, e cioè

mediante di ruoli di spesa fissa.

Ciò vuol dire, in via generale, che tale particolare modalità di pagamento

anticipa le fasi gestionali in cui si articola il regime giuridico della spesa (impegno,

liquidazione, ordinazione) e viene contabilizzato solo dopo la chiusura dell’esercizio

finanziario, generando un esubero di impegno/pagamento rispetto alle previsioni, con

il conseguente formarsi dell’eccedenza.

Questa affermazione, pur parzialmente verificabile, tuttavia, non fornisce

adeguata e motivata giustificazione al fenomeno delle eccedenze, ripetute

sostanzialmente, ogni anno, per lo più, sugli stessi capitoli di bilancio.

Peraltro, era stato fatto presente, negli ultimi rendiconti, che il fenomeno

sarebbe stato, via, via azzerato, a seguito di un attento monitoraggio, attraverso le più

recenti procedure informatiche all’uopo adottate. Tanto è vero che il detto fenomeno

appariva ridimensionato negli ultimi anni, facendo presumere l’ormai avvenuto

Page 56: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

56

utilizzo, a regime, della procedura automatizzata ad hoc.

L’utilizzo della citata procedura informatica, infatti, avrebbe dovuto (almeno

negli intenti) ragionevolmente consentire di effettuare un costante (permanente)

monitoraggio dei pagamenti in parola, seguirne l’evoluzione ed eventualmente, ove

fosse stato necessario, intervenire presso le amministrazioni per sollecitare l’adozione

di provvedimenti idonei a prevenire l’insorgere del citato fenomeno a fine esercizio.

Non sembra, però, che ciò sia avvenuto, anzi, nell’attuale rendiconto si registrano

notevoli esuberi nei tre conti (competenza, residui e cassa), che appaiono,

sostanzialmente, ingiustificati.

Ciò premesso, si precisano le seguenti, ulteriori annotazioni, con riferimento ai

casi di maggior rilievo di singole eccedenze di spesa, registrate in alcuni settori, con le

motivazioni addotte dal ragioniere generale dello Stato:

Da un punto di vista generale, nella nota del MEF (prot. n. 79288 del 13 giugno

2007), inviata a questa Procura generale si continua a fare riferimento al fenomeno

delle eccedenze di spesa, come ad un evento quasi fisiologico in bilancio.

Non sembra, però, che la problematica delle “eccedenze” possa essere

giustificata, ogni anno, con l’attribuzione dell’anomalia al meccanismo di pagamento

dei “ruoli di spesa fissa”, soprattutto dopo l’effettiva operatività della nuova procedura

informatica, realizzata proprio allo scopo di evitare il ripetersi del fenomeno delle

eccedenze in questione e che tanto era stata indicata, anche formalmente, quale

strumento valido per realizzare, negli anni, i correttivi necessari alla risoluzione del

problema. Di detta procedura, quest’anno, non si fa alcuna menzione nella citata nota.

Si deve, allora, ritenere che non risulta ancora operativamente possibile conoscere, al

termine di ogni mese, l’imputazione ai capitoli di bilancio dei pagamenti effettuati

mediante ruoli di spesa fissa, per poter intervenire ed evitare il formarsi delle

eccedenze.

Viene segnalato come fenomeno da giustificare, tuttavia, non sembra

accettabile che di una anomalia di così larga portata possa parlarsi in termini di livello

fisiologico, tenuto conto che l’accennato meccanismo opera in via ordinaria, per cui il

predetto fenomeno viene a ripetersi ogni esercizio. Francamente, trattasi di

giustificazione carente di adeguato supporto motivazionale.

Nella citata nota di riferimento del MEF, si sottolinea che le eccedenze in

c/competenza rilevate presso il Ministero della Pubblica Istruzione (pari a 3.242 milioni

di euro) sono generate dalla circostanza che gli stanziamenti relativi all’applicazione

del contratto collettivo per il biennio economico 2004-2005 del personale del comparto

scuola, sono stati assegnati nel corso dell’esercizio 2006 con variazione del bilancio in

c/residui, mentre dal punto di vista gestionale la correlativa erogazione è avvenuta

sulla competenza 2006, nel rispetto della legge n. 468/1978, come modificata dall’art.

2 della legge n. 428/1985, indipendentemente cioè dalla data in cui è maturato il

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57

diritto all’emolumento.

Al fenomeno dell’eccedenza – accertato sulla competenza – ha fatto perciò da

contraltare un’economia complessiva in conto residui di 3.288 milioni di euro, di cui

3.278, riferiti al rinnovo contrattuale di cui sopra, con la conseguenza – in una visione

complessiva – che si sono neutralizzati e quindi sono risultati ininfluenti sui “saldi”

presentati dal rendiconto generale.

Per quanto riguarda l’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, va

detto che il MEF ha precisato che la rendicontazione presenta eccedenze di spesa

nell’ambito dei capitoli delle gestioni speciali, in relazione alle maggiori entrate

derivanti dal gioco delle lotterie, nonché nell’ambito delle gestioni previdenziali, a

causa delle somme introitate nel bilancio dall’A.A.M.S. sul cap. 178, per quote di

pensioni dei salariati rimborsate dall’INPS e anticipate a partire dal 1976 dal già

Ministero del Tesoro. Trattasi di partita di giro per la quale, a causa del ritardo con il

quale alcune sedi INPS provvedono al rimborso, non sempre è possibile fare una

previsione adeguata

Tale fenomeno già registrato nei precedenti esercizi per i capitoli dei giochi è

dovuto alla impossibilità di apportare le necessarie variazioni tempestivamente

(perfezionamento della variazione entro il 31 dicembre) anche nella considerazione che

l’entità delle entrate non è conosciuta prima della chiusura dell’esercizio in

rendicontazione. (Le parti di testo, riportate in corsivo, risultano così, nella nota prot.

n. 79288 del MEF, datata 13 giugno 2007, a firma del Ragioniere generale dello Stato,

Canzio).

I prospetti seguenti danno conto e descrizione analitica della situazione del

totale capitoli di ogni amministrazione interessata alle eccedenze per l’esercizio

finanziario 2006, suddivisi in competenza, residui e cassa nonché del raffronto

contabile tra i dati afferenti alle Unità Previsionali di Base ed ai Capitoli, per

competenza, residui e cassa, degli ultimi due esercizi finanziari (2005 e 2006), con le

relative differenze, in valore assoluto e le variazioni percentuali.

CAPITOLI E.F. 2006

MINISTERI COMPETENZA RESIDUI CASSA

Economia e finanze 46.234.100,11 1.336.824,85 49.919.475,66

Sviluppo economico 10.994.382,38 881,85 9.719.164,18

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58

Lavoro e previdenza sociale 9.132.281,11 0,00 11.200.860,66

Giustizia 79.218.712,34 1.216.556,01 68.494.844,44

Affari esteri 11.321.331,74 0,00 11.310.679,98

Istruzione 3.277.046.575,79 2.696,53 3.277.630.721,04

Interno 67.412.902,07 0,00 36.412.111,12

Ambiente e tutela del territorio e del mare 0,00 0,00 255,57

Infrastrutture 177.657.245,23 80.022.669,68 225.137.580,46

Comunicazioni 1.998.931,74 0,00 1.540.966,93

MINISTERI COMPETENZA RESIDUI CASSA

Difesa 1.855.049,09 115.907,67 1.634.851,05

Politiche agricole alimentari e forestali 3.659.836,75 530.614,33 6.370.048,59

Beni ed attività culturali 19.239.493,13 1.028.311,12 22.005.009,19

Salute 15.621.986,16 5.477.407,43 11.279.123,97

Commercio internazionale 96.508,43 0,00 57.597,43

Monopoli di Stato 513.085.961,87 0,00 0,00

TOTALE GENERALE 4.234.575.297,94 89.731.869,4

7 3.732.713.290,27

ESERCIZIO FINANZIARIO 2005

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Totale generale U.p.b. 1.018.707.877,58 2.566.126,94 840.911.746,78

ESERCIZIO FINANZIARIO 2006

Page 59: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

59

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Totale generale U.p.b. 4.020.364.638,59 85.621.892,05 3.451.334.733,36

DIFFERENZA VALORI ASSOLUTI U.p.b. 2006 - U.p.b. 2005

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Valore assoluto 3.001.656.761,01 83.055.765,11 2.610.422.986,58

VARIAZIONI PERCENTUALI U.p.b. 2006 - U.p.b. 2005

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Incremento % 294,65 3.236,62 310,43

ESERCIZIO FINANZIARIO 2005

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Totale generale capitoli 1.456.671.129,62 16.036.722,75 1.344.903.405,06

ESERCIZIO FINANZIARIO 2006

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Totale generale capitoli 4.234.575.297,94 89.731.869,47 3.732.713.290,27

DIFFERENZA VALORI ASSOLUTI CAPITOLI e.f. 2006 - e.f. 2005

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Valore assoluto 2.777.904.168,32 73.695.146,72 2.387.809.885,21

VARIAZIONI PERCENTUALI CAPITOLI e.f. 2006 - e.f. 2005

COMPETENZA RESIDUI CASSA

Incremento % 190,70 459,54 177,55

Andando ad analizzare l’andamento dei capitoli delle amministrazioni

interessate al fenomeno delle eccedenze, si registrano dati contabili notevolmente

elevati per le spese di funzionamento e obbligatorie, che rappresentano la maggior

parte del totale generale di tutte la spese (Totale spese di funzionamento: competenza

=3.514.358.201,15, residui =2.574.899,03 cassa =3.477.076.366,70; Totale

Page 60: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

60

Generale: competenza =4.234.575.297,94; residui =89.731.869,47; cassa

=3.732.713.290,27).

La situazione testè riassunta, si può meglio evidenziare dai prospetti che

seguono, elaborati anche con riferimento al decorso rendiconto (2005).

Eccedenze e.f. 2006

Competenza Residui Cassa

Totale spese di funzionamento 3.514.358.201,15

2.574.899,03 3.477.076.366,

70

Totale spese non di funzionamento 720.217.096,79 87.156.970,44 255.636.923,57

Totale generale 4.234.575.297,94

89.731.869,47

3.732.713.290,27

Eccedenze e.f. 2005

Competenza Residui Cassa

Totale spese di funzionamento 1.020.106.272,35

6.663.275,78 1.005.338.862,

82

Totale spese non di funzionamento 436.564.857,27 9.373.446,97 339.564.542,24

Totale generale 1.456.671.129,62

16.036.722,75

1.344.903.405,06

Incidenza percentuale delle spese di funzionamento e obbligatorie su totale delle eccedenze

con riferimento al rendiconto 2006

Competenza Residui Cassa

Valore percentuale 82,99 2,87 93,15

I prospetti che seguono sono stati, invece, elaborati per singole amministrazioni

e per capitoli, per dimostrare l’incidenza avuta sull’attuale rendiconto (2006) delle

eccedenze per le spese di funzionamento e obbligatorie rispetto alle spese di diversa

natura.

ESERCIZIO FINANZIARIO 2006 CAPITOLI: SPESE DI FUNZIONAMENTO E OBBLIGATORIE

MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA

1003 19.261,30 0,00 19.261,30 1230 829.090,07 0,00 436.770,08 1374 864.598,31 0,00 686.901,31 2601 2.907.372,68 0,00 1.873.651,34 2644 346.725,78 0,00 0,00 3313 1.083.576,25 0,00 990.363,25 3321 284.491,80 0,00 159.778,26 3355 486.427,53 1.336.824,85 2.655.138,21 3518 0,00 0,00 1.837.935,43

Ministero dell’economia e delle

finanze

3552 649.763,63 0,00 2.585.906,10

Page 61: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

61

3935 214.174,49 0,00 242.094,64 4202 11.529,80 0,00 11.529,80 4224 32.287,73 0,00 31.686,84 4225 5.579,75 0,00 5.375,86 4465 234.001,98 0,00 117.833,27 1007 1.760.925,64 0,00 1.679.812,64 1041 608.676,47 0,00 526.797,31 1042 316.133,33 0,00 287.946,80 1205 1.879.017,18 0,00 1.763.527,18 1218 158.204,06 0,00 85.620,47 2103 251.104,08 881,85 251.985,93 2104 3.597.848,19 0,00 3.260.016,79

Ministero dello sviluppo economico

2113 307.697,59 0,00 1.454,36 MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA

2234 0,00 0,00 24.156,21 3504 605.432,47 0,00 497.632,46 3512 51.737,30 0,00 8.622,96 3560 114.718,76 0,00 129.865,74 5007 952.819,24 0,00 906.223,24 5010 305.121,42 0,00 235.437,86

Ministero dello sviluppo economico

5011 84.946,65 0,00 60.064,23 2901 132.682,14 0,00 132.682,14 2904 56.431,26 0,00 56.905,13 2905 11.440,11 0,00 11.605,78 3061 3.003,59 0,00 3.003,59 3064 7.219,95 0,00 6.857,76 4818 8.797.482,49 0,00 10.864.814,15 5141 88.785,75 0,00 88.785,75 5144 29.175,70 0,00 29.894,15

Ministero del lavoro e della previdenza

sociale

5145 6.060,12 0,00 6.312,21 1001 149.797,65 0,00 149.797,65 1201 3.349,10 0,00 3.349,10 1400 0,00 18.420,49 0,00 1420 14.477.801,12 0,00 7.844.131,37 1421 9.062.537,56 0,00 8.374.707,48 1601 55.326.897,68 0,00 51.585.424,36 1602 140.313,79 0,00 140.313,79 1674 27.867,91 0,00 345.659,72 2002 30.147,53 0,00 30.147,53

Ministero della giustizia

2016 0,00 0,00 21.313,44 1057 590.208,36 0,00 590.208,36 1058 222.837,06 0,00 222.837,06 1121 217.179,27 0,00 217.179,27 1127 359.050,46 0,00 358.518,69 1130 96.215,57 0,00 96.029,04 1171 82.846,46 0,00 82.445,89 1172 20.912,42 0,00 20.771,72 1202 88.080,79 0,00 88.039,98 1203 21.363,59 0,00 21.349,34 1241 3.660.068,92 0,00 3.660.068,92 1242 2.266.469,05 0,00 2.265.976,17 1243 595.687,93 0,00 595.515,38 1633 46.858,35 0,00 46.564,49 1634 11.069,51 0,00 10.966,37 1704 159.654,24 0,00 158.425,99

Ministero degli affari esteri

1705 41.091,28 0,00 40.660,73

Page 62: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

62

2001 238.816,71 0,00 238.816,71 2017 150.292,61 0,00 146.865,39 2018 33.816,84 0,00 32.380,52 2417 128.628,49 0,00 128.403,96 2418 27.212,66 0,00 27.120,09 3301 538.429,39 0,00 538.429,39 3317 196.951,10 0,00 196.249,39 3318 49.767,24 0,00 49.520,80 3901 137.425,14 0,00 137.425,14 3917 52.199,19 0,00 52.199,08 3918 13.997,29 0,00 13.997,29 4004 36.646,42 0,00 36.646,11 4005 3.702,34 0,00 3.702,32 4101 226.426,72 0,00 226.426,72

MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA 4102 83.510,50 0,00 83.401,30 4103 19.477,86 0,00 19.439,54 4302 421.476,26 0,00 421.418,06 4303 118.218,82 0,00 118.198,39 4501 234.644,34 0,00 234.644,34 4502 105.062,63 0,00 104.863,47

Ministero degli affari esteri

4503 25.035,93 0,00 24.974,57 1003 87.141,63 0,00 0,00 1184 2.730.892,93 0,00 2.731.370,75 1189 106.384,38 0,00 129.959,48 1190 550.426,25 0,00 549.971,51 1377 1.361.641,65 0,00 1.362.970,80 1380 121.252,07 0,00 115.587,26 1381 197.215,54 0,00 181.086,42 1616 689.931,00 0,00 689.931,00 1621 156.188,34 0,00 156.187,84 1622 852.750,67 0,00 851.435,88 1603 24.113.953,37 0,00 24.114.464,01 1605 0,00 2.696,53 0,00 1607 5.418.516,68 0,00 5.425.483,29 1611 20.693.930,23 0,00 20.486.390,23 1613 914.771,90 0,00 919.701,90 2098 1.181.349,14 0,00 1.185.531,82 2109 78.282,03 0,00 78.280,09 2110 309.609,81 0,00 309.604,34 2145 28.740.461,20 0,00 28.740.461,20 2146 95.781.324,40 0,00 95.781.324,39 2149 243.836.331,37 0,00 244.103.373,49 2150 7.047.650,34 0,00 7.091.812,97 2151 63.966.567,72 0,00 64.110.095,21 2289 63.817,11 0,00 64.343,60 2336 14.165.549,04 0,00 14.165.549,04 2337 39.569.711,57 0,00 39.055.112,85 2338 121.748.488,58 0,00 121.773.188,44 2339 3.021.923,18 0,00 3.026.795,34 2340 29.988.426,78 0,00 30.016.938,26 2471 26.804,75 0,00 26.804,75 2483 5.257,47 0,00 5.257,47 2519 4.597.160,67 0,00 4.597.160,67 2520 14.596.019,40 0,00 14.596.019,40

Ministero della pubblica istruzione

2521 40.935.253,39 0,00 40.959.823,26

Page 63: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

63

2522 1.153.118,68 0,00 1.153.616,71 2523 8.163.131,08 0,00 8.163.235,30 2653 363.167,13 0,00 363.167,13 2665 25.833,45 0,00 25.833,45 2700 15.124.907,91 0,00 15.124.907,91 2701 52.068.493,22 0,00 52.068.493,22 2702 131.323.907,20 0,00 131.475.114,56 2703 4.034.421,29 0,00 4.046.892,77 2704 31.756.435,40 0,00 31.793.103,93 2835 249.203,71 0,00 249.203,71 2846 12.081,53 0,00 12.081,53 2847 60.653,58 0,00 60.653,58 2887 11.465.529,49 0,00 11.465.529,49 2888 39.442.776,39 0,00 39.442.776,39 2889 106.274.890,50 0,00 106.313.466,90

MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA 2890 525.729,08 0,00 529.682,93 2891 31.854.449,75 0,00 31.873.198,18 3030 144.818,16 0,00 147.492,52 3041 9.489,18 0,00 9.489,18 3042 33.289,53 0,00 33.289,53 3080 3.332.150,46 0,00 3.332.150,46 3081 7.533.307,68 0,00 7.533.307,68 3082 36.652.120,55 0,00 36.685.118,92 3083 1.173.645,88 0,00 1.175.228,35 3084 7.627.079,83 0,00 7.633.679,71 3218 201.654,25 0,00 201.873,91 3230 28.921,02 0,00 0,00 3265 11.126.218,47 0,00 11.126.218,47 3266 38.063.777,97 0,00 38.063.777,97 3267 97.877.933,34 0,00 97.979.141,60 3268 2.510.630,43 0,00 2.520.614,27 3269 22.196.287,23 0,00 22.236.417,19 3400 59.902,70 0,00 59.902,70 3402 3.175,82 0,00 3.175,82 3403 13.753,57 0,00 13.753,57 3447 2.829.782,62 0,00 3.087.256,37 3448 8.156.599,01 0,00 8.156.599,01 3449 27.421.061,38 0,00 27.431.361,77 3450 774.149,73 0,00 777.418,99 3451 5.312.681,91 0,00 5.316.731,21 3582 561.904,19 0,00 561.904,19 3593 28.369,97 0,00 28.369,97 3594 111.232,29 0,00 111.232,29 3629 17.624.298,46 0,00 17.624.298,46 3630 39.353.187,58 0,00 39.353.187,58 3631 168.982.284,37 0,00 169.207.223,87 3632 4.554.085,50 0,00 4.559.740,37 3633 25.115.731,97 0,00 25.147.394,78 3764 61.884,53 0,00 62.001,08 3775 1.353,65 0,00 1.353,61 3776 5.574,95 0,00 5.574,95 3811 5.649.534,23 0,00 5.649.534,23 3812 19.578.052,66 0,00 19.578.052,66 3813 48.837.486,91 0,00 49.357.988,33

Ministero della pubblica istruzione

3814 1.177.381,90 0,00 1.180.037,00

Page 64: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

64

3815 11.916.259,58 0,00 11.931.750,93 3993 1.268.918,68 0,00 1.268.918,68 3994 1.831.960,70 0,00 1.831.960,70 3995 13.096.148,39 0,00 13.104.435,24 3996 83.390,60 0,00 83.390,60 3997 2.166.666,08 0,00 2.169.530,60 4128 24.534,79 0,00 24.699,54 4139 14.723,70 0,00 14.723,70 4140 55.367,36 0,00 55.365,04 4175 4.616.491,49 0,00 4.942.196,49 4176 32.589.784,34 0,00 32.862.030,66 4177 59.302.823,05 0,00 59.383.754,75 4178 1.194.689,84 0,00 1.194.689,84 4179 4.761.055,39 0,00 4.777.012,95 4321 11.108,61 0,00 11.108,60 4322 225.496,42 0,00 225.496,42

MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA 4357 17.205.006,18 0,00 16.134.472,18 4358 94.386.285,95 0,00 91.338.412,95 4359 161.342.917,26 0,00 161.824.103,00 4360 4.161.429,81 0,00 4.191.821,60 4361 24.762.298,89 0,00 24.857.216,18 4497 362.036,55 0,00 362.036,55 4508 15.317,00 0,00 15.317,00 4509 47.621,04 0,00 385.314,04 4544 25.857.672,40 0,00 25.857.672,40 4545 97.424.671,50 0,00 97.424.671,50 4546 243.215.884,12 0,00 243.525.675,22 4547 7.045.701,16 0,00 7.051.096,66 4548 30.342.949,63 0,00 30.368.605,64 4679 319.884,42 0,00 319.884,42 4690 41.798,38 0,00 41.796,37 4691 140.513,22 0,00 140.508,93 4731 2.749.508,10 0,00 2.749.508,10 4732 9.446.292,33 0,00 9.446.292,33 4733 26.296.300,91 0,00 26.350.516,35 4734 479.213,60 0,00 481.526,56 4735 2.828.386,17 0,00 2.838.092,45 4865 426.374,17 0,00 426.606,58 4876 5.553,47 0,00 5.553,47 4877 44.452,14 0,00 36.045,53 4912 9.217.405,52 0,00 9.217.405,52 4913 29.292.947,16 0,00 29.292.947,16 4914 97.264.019,98 0,00 97.408.567,85 4915 2.643.005,96 0,00 2.656.638,06 4916 13.297.658,60 0,00 13.342.990,57 5047 41.561,96 0,00 42.691,90 5094 6.090.828,46 0,00 6.540.674,46 5095 21.663.888,44 0,00 21.663.888,44 5096 62.300.178,58 0,00 62.609.326,10 5097 1.609.599,31 0,00 1.611.112,09 5098 7.972.661,26 0,00 7.992.580,50 5230 688.285,78 0,00 691.593,44 5241 47.147,58 0,00 47.147,58 5242 165.652,99 0,00 165.652,99

Ministero della pubblica istruzione

5277 20.908.182,33 0,00 20.908.182,33

Page 65: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

65

5278 87.605.902,97 0,00 87.605.902,97 5279 194.877.479,60 0,00 195.208.612,54 5280 5.060.830,66 0,00 5.078.405,41 5281 27.913.343,37 0,00 27.977.723,16 1013 949.743,45 0,00 837.597,45 1181 7.632.651,77 0,00 3.073.561,63 1245 0,00 0,00 25.159.654,11 1801 33.157.849,03 0,00 0,00 1819 13.431.062,41 0,00 0,00 1820 3.771.973,99 0,00 0,00

Ministero dell'interno

2509 1.756.094,84 0,00 1.203.436,86 1007 340.310,97 0,00 340.310,97 1178 5.102.929,11 0,00 5.100.745,94 1186 1.593.857,53 0,00 1.341.093,00 1187 449.327,51 0,00 405.836,36 1578 625.434,18 0,00 625.434,18

Ministero delle infrastrutture

1589 47.882,97 0,00 40.476,30 MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA

1590 143.910,14 0,00 122.472,49 1883 1.875.944,76 0,00 1.876.293,58 1898 525.281,37 0,00 368.585,65 1899 148.581,67 0,00 108.351,10 2273 3.677.630,34 0,00 3.666.115,74 2287 1.384.031,50 0,00 1.344.016,38 2288 189.507,54 0,00 87.956,97 2337 0,00 0,00 363.127,34 2594 413.259,91 0,00 414.657,77 2603 6.760,40 0,00 0,00 2646 13.176,38 24.438,55 19.524,28 2920 1.739.517,67 0,00 1.739.517,67 2927 128.765,05 0,00 124.803,82

Ministero delle infrastrutture

2928 525.902,57 0,00 524.853,02 1020 26.678,43 0,00 26.678,43 1023 66.989,93 0,00 66.989,93 1374 89.307,59 0,00 89.307,59 1380 5.032,25 0,00 817,90 1381 44.756,30 0,00 33.037,15 1830 473.659,15 0,00 475.350,81 1844 22.704,24 0,00 0,00 1845 362.084,99 0,00 144.321,31 2492 202.633,86 0,00 202.633,86 2502 21.636,31 0,00 0,00 2503 109.731,75 0,00 4.029,75 3332 135.046,38 0,00 135.046,38 3342 7.538,21 0,00 0,00 3343 60.336,93 0,00 36.899,97 4304 235.203,81 0,00 235.203,81 4314 19.184,37 0,00 7.817,11

Ministero delle comunicazioni

4315 116.407,24 0,00 82.832,93 1001 46.590,73 0,00 46.590,73 1108 444,24 0,00 0,00 1109 197,58 0,00 0,00 1214 1.290.936,93 0,00 1.071.380,71 4315 257.189,81 0,00 257.189,81

Ministero della difesa

4465 259.689,80 0,00 259.689,80 Ministero delle 1007 768.497,71 0,00 725.441,71

Page 66: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

66

1022 99.351,35 0,00 0,00 1024 55.093,45 0,00 0,00 1171 901.600,71 0,00 742.089,71 1177 297.934,20 0,00 60.514,86 1178 81.187,31 0,00 0,00 1871 450.910,42 0,00 0,00 1882 171.863,89 0,00 0,00 1883 39.718,44 0,00 0,00 2397 455.636,34 0,00 131.853,25 2408 291.145,32 0,00 0,00 2409 33.865,23 0,00 0,00

politiche agricole alimentari e forestali

2915 0,00 1.495,82 0,00 1016 0,00 0,00 21.603,04 1202 9.622.890,25 0,00 7.790.835,43 1971 502.412,85 1.028.311,12 1.543.052,02 2215 6.338.056,89 0,00 8.264.142,07

ministero per i beni e le attività culturali

2281 2.776.133,14 0,00 4.385.376,63

MINISTERI CAPITOLI COMPETENZA RESIDUI CASSA 1003 1.640,18 0,00 14.870,14 2001 144.772,22 0,00 0,00 2002 303.191,22 0,00 65.049,22 2003 2.773,37 0,00 0,00 2100 562.731,81 100.635,60 1.088.494,05 3001 2.380.528,29 0,00 2.089.415,79 3002 983.534,37 0,00 779.309,37 3003 181.284,07 0,00 132.053,07 3036 321.237,48 0,00 321.237,48 3100 0,00 61.194,22 0,00 4001 4.696.059,00 0,00 4.486.370,13 4002 2.264.481,07 0,00 1.999.177,07

Ministero della salute

4003 365.629,79 0,00 303.147,65 1001 10.970,05 0,00 10.970,05 1041 61.595,48 0,00 27.595,48

Ministero del commercio

internazionale 1042 23.942,90 0,00 19.031,90 Totale ministeri:

spese di funzionamento

3.513.493.602,

84 2.574.899,03

3.476.386.465,39

Monopoli di Stato 0,00 0,00 0,00 Totale aziende: spese

di funzionamento

0,00 0,00 0,00

TOTALE: spese di funzionamento

3.513.493.602,84

2.574.899,03 3.476.386.465,

39

ESERCIZIO FINANZIARIO 2006

CAPITOLI: SPESE NON DI FUNZIONAMENTO E NON OBBLIGATORIE

MINISTERO CAPITOLO COMPETENZA RESIDUI CASSA

1317 7.075.551,80 0,00 7.075.565,99 1318 809.595,72 0,00 809.612,49

Ministero dell'econom

ia e delle finanze

2198 30.380.071,49 0,00 30.380.071,49

Page 67: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

67

Ministero della

giustizia 1360 0,00 1.198.135,52 0

2313 6.136.496,55 0,00 6.137.861,07 Ministero dell'interno 2871 577.030,03 0,00 0,00 Ministero

dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare

1826 0,00 0,00 255,57

7517 200.026,66 0,00 0,00 7523 13.858.780,92 0,00 16.570.772,66 7525 142.344.391,57 0,00 142.344.391,57 7807 0,00 0,00 36.077.337,41 7814 0,00 0,00 113.988,34 2411 764.496,53 0,00 866.134,25 2425 0,00 75.329.828,94 0,00 8347 0,00 0,00 1.840.971,12

Ministero delle

infrastrutture

8349 1.557.537,98 4.668.402,19 8.709.812,55

MINISTERO CAPITOLO COMPETENZA RESIDUI CASSA

Ministero della difesa

1163 0,00 115.907,67 0,00

2267 0,00 320.630,66 320.629,80 2083 0,00 806,43 4.389.519,26 7718 0,00 9.226,95 0,00

Ministero delle

politiche agricole

alimentari e forestali

7780 13.032,38 198.454,47 0,00

Ministero della salute

2400 3.414.123,29 5.315.577,61 0,00

Totale ministeri: spese non

di funzioname

nto

207.131.134,92 87.156.970,44 255.636.923,5

7

0162 10.121.706,05 0,00 0,00 2001 17.484.865,38 0,00 0,00 2003 432.715.762,94 0,00 0,00

Amministrazione dei

monopoli di Stato 2004 52.763.627,50 0,00 0,00 Totale

aziende: spese non

di funzioname

nto

513.085.961.87 0,00 0,00

Totale generale: spese non

di funzioname

nto

720.217.096,79 87.156.970,44 255.636.923,5

7

Si annota che il risultato dei residui eccedenti, per il rendiconto 2006 appare,

Page 68: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

68

rispetto al rendiconto parificato 2005, notevolmente incrementato, presentando un

valore complessivo, per capitoli, di euro 89.731.869,47 (cfr. residui eccedenti e.f.

2005 pari a euro 16.036.722,75), attribuibile, per la parte maggiore, (=euro

80.022.669,68) al Ministero delle Infrastrutture, prevalentemente sui capitoli 2425 e

9349; per la rimanente parte ad altre amministrazioni: a) Ministero Economia e

Finanze, sul cap. 3135 “fitto di locali ed oneri accessori”, per 1.336.821,85 euro; b)

Ministero Giustizia, sul cap. 1269 “spese di giustizia nei procedimenti penali e civili” e

sul cap.1400 “stipendi ed altri assegni fissi”, per 1.216.356,01 euro; c) Ministero Beni

e Attività Culturali, sul cap. 1971 “fitto di locali ed oneri accessori”, per 1.023.311,12

euro . Ulteriori eccedenze in c/residui, di importo inferiore a quelle annotate, si

registrano sui Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Istruzione, per stipendi ed altri

assegni fissi e sui Ministeri della Difesa e delle Politiche Agricole, rispettivamente, per

spese di giustizia militare e di sviluppo fondiario.

Appare confermato il superamento dell’annoso problema, più volte segnalato

nei rendiconti parificati degli ultimi cinque anni, laddove la maggior parte delle

evidenziate eccedenze in c/residui avevano avuto riguardo a spese obbligatorie per

stipendi ed assegni fissi e spese per supplenze dell’ex Ministero della Pubblica

Istruzione, il quale registra per l’e.f. 2006 solamente eccedenze in c/residui, pari ad

2.696,53, euro, sul cap. 1605 (Spese per le supplenze temporanee).

Conclusivamente può osservarsi (a conferma di quanto già evidenziato nelle

memorie degli ultimi anni) che la sanatoria legislativa, con riguardo anche alle

eccedenze riscontrate nella gestione dei residui, si risolve, sotto il profilo finanziario, in

un aumento del disavanzo di esercizi già chiusi ed il cui rendiconto è già stato

regolarmente approvato dal Parlamento e, quindi in una sostanziale “riapprovazione”

delle risultanze dei consuntivi pregressi interessati al fenomeno, cosicché si ripete la

sottoposizione annuale, alla Corte dei conti e al Parlamento, di un consuntivo di spesa

non definitivo, dato che il conteggio dei residui deve poi essere rapportato alle

economie in conto competenza dell’esercizio successivo.

F. – Riconoscimento dei debiti. (Estensore: V.P.G. Emma Rosati)

1. - Profili generali con riferimento alle Amministrazioni dello Stato.

Le norme di contabilità dello Stato non prevedono espressamente una disciplina

dell’atto di riconoscimento del debito. Nel settore pubblico detto istituto costituisce,

infatti, applicazione del generale principio civilistico dell’indebito arricchimento, di cui

all’art.2041 c.c .

Nella prassi amministrativa, tuttavia, tale istituto è molto usato, in alcuni casi

anche “troppo” utilizzato e, formalmente, si concretizza in un provvedimento

ministeriale (avente la forma del decreto) emesso previa acquisizione di un parere

(non obbligatorio né vincolante) del Consiglio di Stato; secondo nostra consolidata

Page 69: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

69

giurisprudenza in sede di controllo (per tutte, ad es., Sez. Controllo n. 1275/82), esso

non costituisce condizione di legittimità dell’atto, ma è tuttavia regola di buona

amministrazione.

Si può ritenere che il riconoscimento del debito sia ammissibile, in linea di

principio, purchè la P.A. attraverso un suo autonomo apprezzamento valuti, in genere,

se ed in quale misura, l’opera e/o la prestazione possa essere ritenuta utile per la

Pubblica Amministrazione, se sia stata effettivamente utilizzata ed abbia avuto

positiva ricaduta nell’ambito di riferimento; detto riconoscimento (che può essere

espresso o tacito) dell’utilità della prestazione o del vantaggio dell’interesse pubblico

perseguito, a parere di questo Ufficio di Procura, costituisce l’elemento più importante

dell’atto formale di riconoscimento emesso da parte della P.A.

In altri termini, l’istituto de quo potrebbe assurgere solo in via eccezionale a

fonte di obbligazione, quando si versi nella comprovata impossibilità di avvalersi dei

normali mezzi della volontà negoziale.

E’ perciò legittimo il ricorso al riconoscimento quando la P.A. abbia ricevuto una

prestazione utile senza che, per motivi indipendenti dalle parti, sia stato

prioritariamente stipulato un contratto o nel caso in cui lo stesso contratto possa

essere stipulato in un tempo successivo.

Si ritiene, comunque, illegittimo il pagamento di spese oltre i limiti di

stanziamento di bilancio o che faccia gravare l’onere sull’esercizio successivo (Cons.

Stato n.160/81; Sez. Contr. Corte 1982-83).

Il nostro più recente orientamento (Sez. Controllo 1999) ritiene tali atti di

riconoscimento debiti “sostitutivi dei contratti” e perciò soggetti al controllo della

Corte, al pari delle tipologie di atti elencate nella L. n. 20/1994.

Questa linea sembra confermata, nei tempi più recenti, dall’art. 23, 5° comma,

L. 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) la quale, per le amministrazioni

pubbliche, di cui all’art. 2, 2° comma, D.L.gs. n. 165/2001, dispone la trasmissione dei

suddetti provvedimenti sia agli organi di controllo che alle competenti Procure della

Corte dei conti.

Da una sommaria rilevazione dell’osservanza di detto adempimento normativo

è risultato che solo alcune amministrazioni hanno ottemperato a tale, cogente

incombenza, e, anche solo a scopo di fornire una prima proiezione, a campione,

dell’entità di alcuni riconoscimenti di debito nonché della tipologia di spesa relativa, da

parte di alcune amministrazioni dello Stato, sono stati elaborati i prospetti, che

seguono in coda al testo.

Appare dunque verosimile ritenere che la maggior parte delle pubbliche

amministrazioni (ministeri, istituti e scuole di ogni ordine e grado, università, aziende

ad ordinamento autonomo, camere di commercio, enti pubblici non economici, enti del

S.S.N., ARAN ed aziende indipendenti nonché Regioni, Province, Comuni e Comunità

Page 70: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

70

montane) non abbia adempiuto agli obblighi di legge; pertanto, si rende necessario un

espresso richiamo, anche in questa sede, ad ottemperare a norme primarie di legge.

A giudicare dal gran numero di riconoscimenti che pervengono, tanto dalle

amministrazioni statali quanto dalle amministrazioni territoriali, e dai loro ingenti

importi, (nel caso delle Amministrazioni statali ammontano, per il 2006, a circa 84

milioni di euro e per gli enti locali a circa 155 milioni di euro) sembrerebbe,

innanzitutto, che si sia perso di vista l’aspetto principale e cioè che si tratta pur

sempre di un’anomalia palesemente in contrasto con le regole, anche costituzionali,

che presidiano gli equilibri di bilancio.

Soprattutto sorprende ed allarma il fatto che taluni Ministeri effettuino da anni

dichiarazioni di debito perché occupano sine titulo, cioè senza contratto, immobili a fini

d’ufficio, sottostando quindi alle condizioni del proprietario e senza porsi neppure il

problema di regolarizzare la situazione o di verificare la convenienza a protrarre

l’occupazione irregolare anziché ricorrere ad altre soluzioni, quali l’acquisto o l’affitto di

altri immobili.

Si deve rilevare, peraltro, che pervengono a questa Procura generale

segnalazioni di riconoscimenti di debiti cui le Amministrazioni dello Stato sono

costrette a ricorrere a causa delle riduzioni di stanziamento operate sui relativi capitoli

di bilancio per effetto dei tagli straordinari imposti dalla necessità di risanamento dei

conti pubblici e non ripianati da integrazioni successive. Le misure di cui trattasi si

succedono ormai da anni e sono la conferma più evidente di quella logica

dell’emergenza, su cui ci si è soffermati criticamente all’inizio.

Può darsi che, a voler approfondire le ragioni di spesa, in taluni casi si possa

anche pervenire ad addebitare all’Amministrazione interessata, di non averle evitate

attenendosi a criteri di priorità effettiva, ovvero di non averle fatte cessare alle prime

avvisaglie delle ristrettezze: tuttavia, a parte che, almeno per certi tipi di spesa,

attinenti alle più elementari esigenze di funzionamento, è difficile porsi in questo

ordine di idee, resta il fatto che una fenomenologia di questo tipo non può essere

ignorata in sede di tagli e dovrebbero esserne valutate le dimensioni e le soluzioni

possibili, senza lasciare le Amministrazioni interessate in balia dei creditori e delle loro

pretese da ritardo.

Né sembra del tutto trascurabile il danno all’immagine e alla credibilità

dello Stato, tanto più quando si tratta del mancato pagamento di spese collegate a

valori essenziali e di primario rilievo per una nazione civile, quale, ad esempio, il

mancato pagamento degli onorari degli avvocati d’ufficio, che assolvono il nobilissimo

compito di difendere in giudizio i non abbienti.

Page 71: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

71

Ministero della Giustizia

Intestazione CAP.

Totale

Contratto sistemistica

1501/4 62.921,62

52.026,86

114.948,48

Servizi Trasmissivi di trasporto 1501

2.001.589,22

2.001.589,22

Informatica 7203 14.886,23 14.886,2

3

Informatica 1350 11.400,00 11.400,0

0

Locazioni 1671 4.491,34 41.419,0

7 29.095,9

6 75.006,3

7

Missioni 2183 24.500,00 24.500,0

0 Manutenzioni cablaggio 7025

222.015,00

222.015,00

Wind Telecom 1473 4.194,74 4.194,74

Locazioni 372,45 59.392,5

3 83.872,6

0 20.169,4

6 163.807,

04 ditta AD HOC

CONSULTING srl 4.141,34 4.141,34 ditta CM Società

consortile 378,00 378,00 ditta CTS Impianti

187.350,56

187.350,56

ditta ETOS SpA 170.612,2

0 170.612,

20 ANSA (Agenzia Nazionale Stampa) 29.714,99

29.714,99

ADN KRONOS SpA 28.075,67

28.075,67

AGI 28.075,67 28.075,6

7

Informatica 452.244,6

9 19.250,1

7 497.555,

49 969.050,

35

Ministero dell'Interno

Intestazione CAP.

Totale

ACQUISTO CLIMATIZZATOR

I 7336 13.428,00 13.428,0

0

Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale

Intestazione CAP.

Page 72: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

72

Fitto locali e oneri accessori 4818 12.597,14 5.891,80

47.102,38 6.973,47 7.861,68

14.868,53 20.642,1

9

7.053,53 47.969,2

0 15.493,7

1 34.968,8

3 12.476,9

4 2.786,86 36.114,3

0

11.783,60 37.138,3

4 28.736,6

9 25.194,2

7 5.547,17 24.216,6

5 31.544,8

9

33.404,28 51.127,5

6 764.354,

62 14.004,5

3 774,68 14.445,1

9 7.982,79

184.601,2

5 221.975,

14 323.802,

95 36.352,3

7 7.485,70 11.157,0

4 48.781,8

5

1.439,41 6.285,49 20.611,5

9 1.359,49 12.570,9

9 13.356,1

7 299.518,

35

1.793,20 17.553,1

0 31.218,8

4 9.445,11 19.126,0

5 6.678,09 3.249,16

254.784,8

7 37.066,9

4 2.731,93 3.278,02 4.229,84 48.781,8

5 27.542,7

2

78.546,02 7.746,86 14.004,5

3 20.611,5

9 387,35 14.616,4

8 47.102,3

8

16.523,56 11.755,9

0 14.106,3

6 6.973,47 28.534,5

2 1.028,28 1.542,42

4.161,17 28.534,5

2 1.439,41 323.802,

95 11.755,9

0 36.352,3

7 6.973,47

7.485,70 11.157,0

4 48.781,8

5 14.273,9

1 23.127,5

8 7.485,70 14.004,5

3

18.890,22 78.546,0

1 62.437,6

7 24.216,6

5 6.556,02 59.209,0

6 86.564,1

3

35.106,19 10.377,5

4 6.973,47 22.314,0

9 6.583,94 25.621,2

9 5.547,17

20.642,19 75.012,9

9 34.968,8

3 47.969,2

0 37.941,6

5

TOTALE

4.448.127,46

2. – Segue: con riferimento agli enti locali

Per quanto concerne gli atti di riconoscimento del debito da parte degli enti locali

la disciplina contenuta nell’art. 194 comma 2 del TU 267/2000 lett. e, è stata

successivamente modificata con la specifica normativa di settore, emanata in

applicazione dei principi di “armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento

della finanza pubblica” di cui all’art. 117 c. 3 della Costituzione nonché del rispetto del

Patto di stabilità interno, ciò perché il ricorso a questo strumento deve restare

eccezionale in quanto il suo uso vanifica i principi fondamentali dell’azione

amministrativa concernenti l’economicità, l’efficienza e l’efficacia, nonché la

trasparenza e la programmazione di bilancio.

Per i suddetti motivi l’art. 23 c. 5 della legge 289/2002 (legge finanziaria per il

2003) prevede l’obbligo di comunicare alle Procure regionali le delibere di

riconoscimento e l’art. 30 c. 15, della medesima legge prevede una sanzione (da

intendersi come “pena pecuniaria contabile” analoga a quella prevista dall’art. 46 del

R.D. 1214/1934 posta a salvaguardia degli equilibri di bilancio – Corte dei conti Sez.

Umbria sent. 128/2007) da irrogarsi da parte della Corte dei conti agli amministratori

Page 73: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

73

che hanno assunto delibere in violazione dei divieti previsti. (Cfr., su tale materia, sez.

Lazio, sent. 3001/2005; Sez. Toscana, sent. 509/2006; Sez. Sicilia, sentenze 2376 e

3198, entrambe del 2006).

Dall’esame di questa prima giurisprudenza emerge che l’illecito si consuma non

già al momento in cui viene assunta la delibera di indebitamento, ma con la sua

esecuzione, cioè con l’effettivo indebitamento.

Per verificare l’effettiva sussistenza del danno inoltre è necessaria una attenta

valutazione dell’utilitas, ma questo accertamento non può essere condotto solo sulla

base di parametri civilistici perché è indispensabile anche la valutazione dei limiti

disposti dalle leggi a tutela degli interessi della collettività nonché è necessaria anche

la valutazione del modo in cui le amministrazioni provvedono alla copertura del debito.

Infatti il ricorso all’indebitamento è possibile solo per le spese d’investimento che,

come specificato dalla Corte costituzionale con sent. 425/2004, possono appartenere

solo allo Stato.

Merita segnalazione, in questa sede, un nuovo organismo previsto al comma

724 della legge finanziaria per il 2007 denominato “Unità per il monitoraggio” la cui

funzione è quella di “assicurare un controllo indipendente e continuativo della qualità

dell’azione di governo degli enti locali”.

G. - Gestioni e contabilità del regime derogatorio. (Estensore: V.P.G. Maria

Giovanna Giordano.

1. – Profili generali.

Circostanze di carattere eccezionale, hanno talvolta determinato il legislatore

ad adottare un regime derogatorio a quello espressamente previsto dalla vigente

normativa in materia di spesa.

Calamità pubbliche e/o altri eventi straordinari hanno determinato situazioni

d’urgenza, che difficilmente avrebbero potuto essere fronteggiate rispettando le

complesse procedure e i controlli previsti dalle leggi che disciplinano la contabilità

pubblica, di talché originariamente l’amministrazione è stata indotta a costituire

gestioni speciali che – dato il loro carattere transitorio – dovevano intendersi

rigorosamente limitate nel tempo.

E’ invece accaduto che, per inerzia o altro, esse si siano, nella maggior parte

dei casi, perpetuate oltre ogni ragionevole limite, dimostrando così quanto pericolosa

possa essere ogni deroga ai criteri tassativi informatori del sistema.

Inoltre, accanto alle gestioni anomale, create per far fronte a casi eccezionali,

ne sono proliferate molte altre, seppur in modo del tutto indipendente dalle cennate

ipotesi d’assoluta urgenza.

Per talune di esse, l’origine va individuata nel progressivo ampliamento delle

attribuzioni dallo Stato in innumerevoli ambiti della vita pubblica, del tutto estranei

Page 74: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

74

alla concezione classica; per altro, un crisma di legalità formale è stata conferita dal

fatto d’essere state istituite e disciplinate con legge.

Accanto a queste, infine, ne sono sorte altre, del tutto ingiustificate e/o illegali;

tutte però egualmente concorrono a togliere al bilancio dello Stato la sua caratteristica

funzione – oggi tanto più necessaria, quanto più il suo aumentato volume assume

determinante influenza sulla vita economica del Paese – ovvero ad impedire o ad

eludere il controllo della Corte dei conti ed il sindacato parlamentare.

Per vero, nonostante i reiterati interventi legislativi di riordino, non può non

rilevarsi come tali complesse fattispecie contabili, siano qualificabili come indice

rivelatori di una tendenza centrifuga a sottrarre progressivamente disponibilità

economico-finanziaria dal bilancio dello Stato ed al contempo, incontrovertibile

sintonia di un conseguente, graduale svuotamento dei controlli giuridici e politici.

2. – Tipologia delle gestioni derogatorie e relativa disciplina.

La disamina gestionale, nella tematica in argomento, postula talune

precisazioni preliminari d’ordine sistematico, per evidenziare le peculiarità

giuscontabili di differenziazione tra contabilità speciali, gestioni fuori bilancio e fondi di

rotazione.

a) Contabilità speciali: conti aperti, previa autorizzazione del Dipartimento del Tesoro,

presso le Sezioni provinciali di tesoreria per ricevere i versamenti di

Amministrazioni e/o funzionari statali, enti ed organismi pubblici, ode costituire

disponibilità patrimoniali cui poter attingere a mezzo ordini di pagamento.

Dette contabilità sono state accese anche in attuazione dell’art. 40, L.

119/1981, che – a carico degli enti pubblici – ne ha fissato limiti tassativi per il

mantenimento di disponibilità liquide presso le banche;

b) Gestioni fuori bilancio: Riguardano, tradizionalmente, acquisizioni di entrate e/o

effettuazione di spese, svolte dall’Amministrazione dello Stato, al di fuori del

bilancio, e per conseguenza sottratte alle normali procedure giuridico-

amministrativo di esecuzione dello stesso.

La L. 1041/1971 ed il relativo regolamento approvato con D.P.R. 689/1977, ne ha

sancito organica disciplina insieme al vincolo di previa autorizzazione legislativa,

per ciascuna di esse.

Successivamente, la L. 559/1993 regolamentandone la soppressione, per un

verso, ha ricondotto alcune di esse nel bilancio dello Stato, e per l’altro, ha

previsto norme di controllo più incisive per le gestioni escluse dalla soppressione

(artt. 23 e 24).

L’obbligo di rendicontazione e la soggezione al controllo del competente Ufficio

centrale del bilancio, nonché a quello della Corte dei conti, costituiscono peculiare

Page 75: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

75

connotazione delle suddette gestioni fuori bilancio, per le quali il Ministro del

Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ora Ministro

dell’Economia, ha comunque facoltà di disporre accertamenti nel corso della

gestione.

c) fondo di rotazione: disponibilità patrimoniale utilizzata per erogare mutui alle

imprese a tasso agevolato e reintegrata, attraverso il rimborso per capitale ed

interesse dei mutui concessi, al fine di consentire il finanziamento di nuove

iniziative.

Più in dettaglio, gli artt. 23 e 24, della legge 559/1993, hanno previsto che la

Corte dei conti riferisca al Parlamento sull’attività svolta dagli organismi che, al di fuori

dell’Amministrazione dello Stato, gestiscono fondi di rotazione costituiti con

disponibilità tratte dal bilancio dello Stato (art. 23), nonché su andamento e risultati

della gestione fuori bilancio.

Tra quest’ultime rientrano i c.d. fondi di rotazione cui si applicano

– per espressa previsione legislativa – le norme relative alla gestione fuori bilancio (L.

1041/1971).

L’art. 93, co. 8, L. 289/2002 (c.d. legge finanziaria 2003), ha disposto

l’individuazione delle gestioni fuori bilancio per le quali, allo stato attuale, permangono

le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione, al fine di ricondurre le gestioni che

interessano la finanza pubblica all’interno del bilancio dello Stato, in tal modo

riconfermando – al bilancio stesso – requisiti di conformità ai principi costituzionali di

unicità ed unitarietà scolpiti dall’art. 81, cost.

A partire dall’esercizio finanziario 1999, il Ministero dell’economia e delle finanze,

ha provveduto ad effettuare apposita ricognizione, al fine d’individuare quelle gestioni

che, nonostante la denominazione loro attribuita dalla norma istitutiva, non

posseggono i requisiti di fondi a rotazione, ovvero che, per successivi interventi

legislativi, risultino di fatto qualificabili alla stregua di “fondi misti”, e perciò stesso

attraendo nelle disponibilità contabili di bilancio, solo le gestioni prive del menzionato

carattere rotativo.

Giova rammentare in argomento che (circolare Ministero Economia e delle

Finanze n. 29/30-06-2004), in esecuzione dell’art. 93, co. 8, L. 289/2002, il

Ragioniere Generale dello Stato - con propria direttiva d’indirizzo dell’anno 2003 - ha

fissato rigorosi parametri per l’individuazione delle gestioni fuori bilancio dotate di

connotazioni proprie dei fondi di rotazione39.

39 Cfr.circolare n. 29/30-06-2004, con la quale iI Ragioniere Generale dello Stato ha fissato i seguenti

parametri: - natura pubblicistica dei fondi: le risorse finanziarie devono essere di provenienza dello Stato e/o delle

altre Pubbliche Amministrazioni, ivi comprese l’Unione Europea ed altre istituzioni sopranazionali. Nell’ipotesi di provenienza mista (pubblico e privato) va considerata la prevalenza pubblicistica dei fondi;

- autoalimentazione e vincolo di destinazione: i “rientri” costituiscono fonte di autoalimentazione e sono

Page 76: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

76

Pertanto in applicazione della suddetta direttiva e sulla scorta delle certificazioni

pervenute dai competenti Uffici centrali del bilancio interessati, sono stati individuati i

fondi rotativi posti in essere presso i seguenti Ministeri:

a) ambiente e tutela del territorio (D.P.C.M. 25-11-2003);

b) istruzione, università e ricerca (D.P.C.M. 4-6-2003);

c) attività produttive (D.P.C.M. 25-11-2003);

d) economia e finanze (D.P.C.m. 25-11-2003);

e) politiche agricole e forestali (D.P.C.M. 4-6-2003);

f) lavoro e delle politiche sociali (D.P.C.M. 16-1-2004).

Le gestioni fuori bilancio elencate nei suddetti D.P.C.M. - per le quali

permangono (parzialmente o totalmente) le caratteristiche della rotatività - rimangono

per conseguenza autorizzate alla gestione in contabilità speciale, laddove invece, per

tutti i rimanenti fondi non menzionati in alcuno dei D.P.C.M. anzidetti, in assenza delle

caratteristiche proprie della rotatività, dovrà procedersi alla riconduzione al bilancio

dello Stato, mediante versamento delle relative disponibilità ai capitoli d’entrata.

I suddetti D.P.C.M. d’individuazione dei fondi per i quali permangono

caratteristiche di rotatività, hanno altresì consentito la perimetrazione dei parametri

che distinguono i c.d. “fondi misti”, caratterizzati da una quota-parte di intervento

rotativo (autorizzato alla permanenza fuori bilancio), e da altra quota-parte di

intervento che non prevede rientri da gestire in bilancio

Nulla è stato innovato in ordine alle rendicontazioni dei fondi rotativi, così come

previsti dalle leggi 1041/1971 e 559/1993.

Anche per i fondi rotativi non sembrano sussistere, peraltro, ragioni adeguate per

tenerli in vita, in deroga all’unità del bilancio e con i rischi connessi ad una gestione

derogatoria, tra i quali non ultimo quello della duplicazione di attività finanziate dal

bilancio ordinario.

Significativa al riguardo è stata l’esperienza del fondo rotativo per il credito

cinematografico e teatrale.

Particolare problematicità, ha evidenziato la gestione del fondo di rotazione

afferente alla Sezione di credito cinematografico e teatrale gestito dalla B.N.L. S.p.A.,

che specificatamente si occupa di alcune tipologie di interventi nel settore dello

spettacolo, per conto del Ministero per i beni e le attività culturali.

La materia del sostegno pubblico alle attività cinematografiche è stata

interessata da tempo, da un’ampia riforma legislativa che, peraltro, non ha ancora

vincolati al perseguimento delle finalità del fondo;

- natura dei rientri: i rientri del fondo provengono dai beneficiari dei provvedimenti, a titolo di parziale o totale restituzione;

- rotatività parziale: nell’ipotesi di fondi misti il fondo va considerato rotativo soltanto per la parte relativa alle erogazioni per le quali è previsto il “rientro”;

- specialità del fondo: nell’ipotesi che il fondo sia sorretto da speciali disposizioni, che ne determinano in ambito ordinamentale e/o istituzionale l’ordinarietà della gestione, lo stesso va considerato rotativo.

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trovato completa ed oggettiva attuazione40.

Non può non rilevarsi, in proposito, come il ritardo nell’attuazione della nuova

disciplina abbia determinato conseguenze negative sia sull’attività del Fondo, quanto

sulla sua rendicontazione, con evidenti ricadute sugli andamenti finanziari, dei quali

tale situazione non consente una chiara ed oggettiva ricostruzione.

Risulta opportuno, evidenziare in argomento come tali fondi, siano stati

originariamente concessi per i film dichiarati di “interesse culturale nazionale”, di

“produzione nazionale”, nonché in favore delle “industrie tecniche nazionali”41 e che

con successivo intervento legislativo42 siano stati concessi (mediante un Fondo

specifico e peculiare) finanziamenti destinati a film con rilevanti finalità artistiche e

culturali, realizzati con la partecipazione ai costi di produzione, da parte di autori,

registi, attori e lavoratori.

L’estrema problematicità dei Fondi, gestiti dalla Sezione di Credito

cinematografico e teatrale della B.N.L. S.p.A., si è arricchita d’ulteriori elementi di

criticità, sia per la complessità delle procedure di assegnazione dei benefici, sia a

causa della inadeguata attività di monitoraggio da parte dell’Amministrazione

interessata.

Difatti, il Ministero per i beni e le attività culturali, sembra essersi attenuto più

ad un controllo contabile/ragionieristico dei dati trimestrali comunicati dall’Istituto di

credito di cui sopra, che non ad una valutazione complessiva sull’applicazione delle

leggi di sostegno del settore, in relazione agli obiettivi programmati ed al tasso di

realizzazione.

In particolare, si è rilevato che alcune gestioni, che per la tipologia degli

interventi agevolativi hanno integrato fattispecie di fondi rotativi, nella realtà operativa

si sono invece trasformate nella concessione di contributi a fondo perduto, tenuto

conto dell’esiguo numero di rimborsi avvenuto, e talora anche della mancata “uscita”

40 Più in dettaglio, il D. Lgs. 28/2004, recante “Riforma della disciplina in materia di attività cinematografica

a norma dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”, ha soppresso i Fondi in essere alla data del 5 febbraio 2004 ed al contempo, ha istituito – ex art. 12, co. 5, del citato D. Lgs. 28/2004 – un nuovo Fondo, per la “produzione, distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche”, nel quale far confluire tutte le disponibilità dei “vecchi fondi”, affidandone la gestione finanziaria alla B.N.L. S.p.A., Sezione credito cinematografico e teatrale (art. 12, co. 8, D. Lgs. 28/2004), per un arco temporale complessivo di dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo di cui sopra.Il termine finale – già prorogato una prima volta sino al 30.9.2005 -, è stato nuovamente prorogato con D.L. 273/2005 sino alla data del 30 giugno 2006 . Va peraltro evidenziato che, ai sensi dell’art. 12, co. 5, del D. Lgs. 28/2004, doveva essere emanato un decreto ministeriale per disciplinare le modalità di gestione del Fondo, ed inoltre che, nelle more dell’adozione di tale decreto (perfezionatosi solo il 6 marzo 2006), sono state individuate le modalità per la gestione transitoria del Fondo stesso, a mezzo Decreto interministeriale del 18 gennaio 2005. Tale gestione transitoria è stata affidata ancora alla B.N.L. S.p.A., secondo le modalità di tecnica gestoria espressamente previste dalla normativa vigente in epoca anteriore alla riforma). Allo stato attuale, sono in corso le procedure d’individuazione del nuovo organismo affidatario della gestione del Fondo di cui trattasi (a favore del quale verrà aperta apposita contabilità speciale), al quale verranno versate le risorse del Fondo per il credito cinematografico e teatrale, ex art. 3, D.L. 7/2005, così rendendo operativa la nuova gestione, a più di due anni di distanza dall’approvazione della legge di riforma.

41Cfr.art. 2, L. 819/1971 42art. 8, L. 153/1994, di modifica ed integrazione dell’art. 28, L. 1213/1965

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nelle sale cinematografiche di film prodotti attingendo alle disponibilità proprie di tali

fondi.

Già la Corte dei conti43 dall’esame dei dati contabili trasmessi dalla Sezione per

il Credito cinematografico e teatrale, ha evidenziato che solo una quota estremamente

esigua dell’ammontare complessivo dei finanziamenti concessi, risulta effettivamente

rientrata nelle dotazioni del Fondo.

L’estrema problematicità del Fondo di rotazione per il Credito cinematografico e

teatrale, risulta ancor più aggravata, dalle previsioni normative effettuate dalla legge

finanziaria per il 200744, che è intervenuta nuovamente nel quadro normativo di

riferimento, sostanzialmente trasformando il sostegno pubblico dalla “concessione di

finanziamenti” nella “concessione di contributi”, con ciò snaturando la funzione stessa

del fondo rotativo.

Queste modifiche, non possono che palesare null’altro che un “passo

indietro” rispetto a precedenti provvedimenti legislativi, giacchè tale legge finanziaria

non può che aver riproposto “vecchi sistemi” di finanziamento pubblico nei confronti

dello spettacolo, favorendo sia l’approccio a finanziamenti statali di tipo

assistenzialistico, sia riproponendo antichi, e mai del tutto risolti problemi di

trasparenza, chiarezza e, per così dire, “leggibilità” della fase operativo-gestoria

dell’intervento.

III. – ANNOTAZIONI SUI COMPORTAMENTI ISTITUZIONALI. (Estensore: V.P.G.

Sergio Auriemma).

A. - Profili concernenti i processi di evoluzione e trasformazione delle

Pubbliche Amministrazioni.

1. – Produzione normativa in materia nel 2006.

L’esercizio finanziario 2006, come è accaduto nell’anno 2001, si caratterizza per

il suo collocarsi sulla dorsale di due legislature succedutesi l’una all’altra (XIV e XV).

Esso, per questa ragione, sconta un fisiologico rallentamento nella produzione

di fonti normative, come attestano i dati analizzati ed esposti nelle relazioni

quadrimestrali sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di

quantificazione degli oneri relative alle leggi rese dalle SS.RR. al Parlamento ai sensi

dell’art. 11-ter, comma 6, della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dalla legge 23

agosto 1988, n. 36245.

A ciò si aggiunge la circostanza, peraltro ordinaria, che ciascun anno finanziario

è un punto di snodo su cui si innestano conseguenze prodotte sia da azioni normative

intraprese in epoca pregressa sia, entro i limiti in cui ciò effettivamente avvenga, da

43Relazione al Parlamento sull’esercizio finanziario 2003. 44 commi 1150 e 1151 art. l. legge 296/2006. 45 Cfr. deliberazioni SS.RR. n. 37/Contr./R.Q./06 del 25 luglio 2006, n. 48/Contr./ R.Q./06 del 29

novembre 2006 e n. 5/Contr./R.Q./07 del 26 aprile 2007.

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79

interventi realizzati nel corso del nuovo esercizio.

Il combinarsi delle due circostanze può essere significativo per un’analisi – come

quella della presente parte della relazione - che intenda mettere in luce, nella specifica

visuale della giurisdizione di responsabilità, aspetti salienti capaci di incidere nei

percorsi di evoluzione o di trasformazione delle Pubbliche Amministrazioni.

In linea generale, il susseguirsi di revisioni strutturali o funzionali in breve arco

temporale e semmai secondo impostazioni strategiche di segno politico diverso può

innescare fattori di precarietà nel funzionamento degli apparati pubblici.

Detti fattori, sovente e di per sé soli, causano disfunzioni ed oneri aggiuntivi

(es. per far fronte all’adeguamento degli assetti organizzativi ovvero per rimodulare e

ripetere onerose iniziative formative destinate all’indispensabile riconversione delle

risorse umane oppure ancora per la coesistenza e sovrapposizione, anche solo

transitoria, di vecchie strutture accanto alle nuove).

Inoltre, i riassetti organizzativi solitamente determinano nuove e diverse

dislocazioni delle competenze funzionali e ciò produce impatti immediati sulla

imputazione soggettiva delle responsabilità e, di conseguenza, sugli accertamenti da

svolgere nelle istruttorie di responsabilità.

Quale premessa all’analisi relativa al 2006 è da segnalare che nel Documento di

programmazione economica e finanziaria (DPEF) per il quinquennio 2007-2011,

approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 luglio 2006 e che delinea la strategia di

risanamento strutturale dei conti pubblici, l’Esecutivo ha dichiarato l’intenzione di

procedere, tra l’altro, ad una “riduzione delle inefficienze” dell’apparato delle

amministrazioni pubbliche, centrali e locali.

L’obiettivo annunciato si colloca nella prospettiva del superamento di una logica

che sia circoscritta alla semplice “lotta agli sprechi”, in anni passati rimedio invero

suggerito, anche in occasioni refertuali come la presente, per auspicare un

approssimativo miglioramento nelle perfomances degli apparati pubblici.

E’ da annotare in positivo, pertanto, la raggiunta consapevolezza che le

dispersioni di risorse, specie quando ricorrenti nel tempo, non sono addebitabili a

generiche od episodiche disattenzioni oppure ad irregolarità gestionali pur riscontrabili

e da contrastare, mentre appaiono essere indicatori sintomatici di malfunzionamenti

strutturali, quindi direttamente correlabili alla qualità delle scelte di spesa.

Nella costruzione di risposte efficaci a tali problemi, esattamente come accade

per le aziende private, non possono non trovare posto la ristrutturazione organizzativa,

il riorientamento delle risorse, una generale e scrupolosa revisione delle priorità di

spesa, la messa a punto di più incisivi meccanismi di controllo, in sintesi un’azione

complessiva che sia mirata allo “sviluppo” migliorativo, più che al mero e

frammentario contrasto in rincorsa di singole anomalie.

Tornando agli andamenti registrati nel 2006, è possibile rassegnare alle Sezioni

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80

Riunite, ai sensi degli ultimi due capoversi dell’art. 41 T.U. 12.7.1934 n. 1214,

succinte notazioni in quattro ambiti, rispettivamente concernenti le novità in tema di

regolazione normativa, di assetti organizzativi, di moduli operativi-procedurali in uso

nelle amministrazioni ed, infine, di azioni formative rivolte alle risorse umane e

professionali.

Quanto alla regolazione normativa, il numero complessivo di leggi approvate

nel 2006 è pari a 129, tra di esse comprese sia la legge finanziaria, sia la legge n. 286

del 24 novembre di conversione del decreto-legge n. 262/2006 collegata alla manovra

di bilancio, che assolvono una diversa e particolare funzione rispetto all’ordinaria

legislazione di spesa.

Le SS.RR. hanno sottolineato tradizionali elementi di criticità, che risalgono

soprattutto all’ inclusione di norme aggiunte ai testi originari dei decreti-legge in

sede di conversione.

Le disposizioni emendative aggiunte non trovano alcuna rappresentazione

illustrativa nelle relazioni tecniche o sono supportate da relazioni sommarie ed

insufficienti a fornire i chiarimenti richiesti dalle Commissioni bilancio, nonostante esse

determinino la parte più rilevante degli oneri complessivamente autorizzati.

Inoltre, è perdurata nel 2006 la concentrazione, in provvedimenti di urgenza,

della parte preponderante della legislazione avente impatto su assetti organizzativi e

funzionali e sugli andamenti di spesa.

A tal riguardo è opportuno menzionare quanto è stato recentemente enunciato

dalla Corte costituzionale proprio in tema di ricorso alla decretazione d’urgenza.46

La Consulta ha avuto occasione di richiamare indicazioni che

- depurate delle specificità riguardanti il caso sottoposto a vaglio di costituzionalità -

attengono al sistema delle fonti normative come uno degli elementi caratterizzanti la

forma di governo nel sistema costituzionale.

L’assetto è correlato alla tutela dei valori e diritti fondamentali, tanto che le

ipotesi in cui il Governo, in casi straordinari di necessità e d’urgenza e sotto la sua

responsabilità, adotti provvedimenti provvisori con forza di legge hanno natura

derogatoria rispetto all’essenziale attribuzione al Parlamento della funzione di porre le

norme primarie nell’ambito delle competenze dello Stato centrale.

In detto quadro costituzionale i requisiti della straordinarietà, del caso di

necessità e dell’urgenza, dovuti ad una pluralità di situazioni (eventi naturali,

comportamenti umani e anche atti e provvedimenti di pubblici poteri), sono e restano

presupposti la cui effettiva esistenza è la sola a giustificare la singolarità di esercizio

del potere normativo governativo rispetto all’ ordinaria disciplina delle fonti della

Repubblica parlamentare.

Si può aggiungere che i cennati principi non rivestono minore valenza se si ha

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81

riguardo alla normazione destinata a regolare strutture ed organizzazione delle

Pubbliche Amministrazioni, specie se si considera che per questi specifici ambiti,

connotati da una tendenziale stabilità nel tempo, dovrebbe essere meno probabile il

configurarsi di improvvise emergenze che impongano di attingere a poteri d’urgenza.

Sempre sul piano della regolazione normativa serve notare che con il 2006-

2007 si esaurisce il primo biennio entro il quale, stando alla sequenza procedurale

fissata dalla legge di semplificazione n. 246/2005, dovrebbe essere conclusa la

ricognizione delle disposizioni legislative statali vigenti, nonché di incongruenze e di

antinomie normative relative ai diversi settori legislativi.

Si tratta di un’operazione determinante, che condiziona una seconda fase,

quella della individuazione delle disposizioni legislative statali pubblicate

anteriormente al 1° gennaio 1970 delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in

vigore e, di conseguenza, il successo reale del congegno abrogativo usualmente

denominato “ghigliottina” o “taglia-leggi” per la normazione più antica e stratificata

nel tempo.

Si ha notizia di impulsi acceleratori impartiti dalla Presidenza del Consiglio,

anche se non sembra essere imminente il completamento, presso tutte le

Amministrazioni centrali, di tale pur complessa operazione, che peraltro si imbatte

nella necessità di tener conto delle profonde innovazioni scaturite, sul piano delle fonti

del diritto, dalla riforma costituzionale del 2001: il che potrebbe riversare ritardi

sull’intera sequenza o pregiudicarne parzialmente il successo.

2. – Completamento del riordino degli apparati ministeriali.

Nei primi mesi del 2006 è stato completato un lungo percorso di

riorganizzazione di apparati ministeriali, con la ridefinizione degli assetti del Ministero

per le politiche agricole e forestali e del Ministero dell’interno.

Il primo è stato rivisitato in base al D.P.R. n. 79 del 23 marzo 2005, seguito dal

D.M. 21 novembre 2005 e dal D.M. 26 gennaio 2006; per l’Amministrazione

dell’interno ha avuto luogo la definizione del regolamento (d.p.r. 8 marzo 2006, n.

154) di attuazione del d.lgs. 30 ottobre 2003, n. 317, adottato in base alla delega

della legge n. 137 del 2002.

Nello stesso anno, tuttavia, con l’avvento della nuova legislatura, il decreto

legge n. 181/2006 recante “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni

della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri” ha reinnescato un nuovo

itinerario di revisione degli assetti organizzativi ministeriali, in correlazione alla nuova

configurazione della compagine di Governo ed all’aumento del numero dei Dicasteri, in

alcuni casi tramite sdoppiamento di strutture precedentemente unificate.

L’attuazione del riordino è stata affidata all’adozione di regolamenti da

46 Cfr. Corte costituzionale, sent. n. 171 del 23 maggio 2007.

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82

emanare ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, con

espressa clausola di salvaguardia che impone, al termine del nuovo processo di

riorganizzazione, il non superamento del limite di spesa previsto per i Ministeri di

origine e per la totalità delle strutture.

Nel contempo, sul finire del 2006 e tramite la legge finanziaria 2007, risulta

apprestato un ulteriore complesso di disposizioni (art. 1, commi da 404 a 412)

anch’esso indirizzato al riordino organizzativo, esteso alle strutture periferiche.

Quale risultanza finale del succedersi di paralleli interventi normativi insistenti

su di un identico ambito di riferimento (il riordino organizzativo delle amministrazioni

statali, centrali e periferiche) non può non segnalarsi l’esistenza, a partire dal 2006,

di un quadro riformatore messo nuovamente in itinere, con conseguenti instabilità

colmabili solo in prosieguo di tempo e che, per questo, possono continuare a mettere a

dura prova l’ordinaria funzionalità delle strutture organizzative deputate allo

svolgimento delle attività amministrative ed alla resa dei servizi.

Sempre nel 2006 è stato emanato il D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180, regolamento

di attuazione del d.lgs. n. 29/2004 riferito alle Prefetture-Uffici territoriali del Governo.

La normativa regolamentare ha sviluppato moduli già esistenti quali le

Conferenze permanenti e, nel contempo, ha potenziato strumenti quali il potere

sostitutivo del Prefetto previsto dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 30

luglio 1999, n. 300 e successive modificazioni, esercitabile nel rispetto dei principi

delineati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, della riforma amministrativa

dello Stato, delle autonomie e delle esigenze di buon andamento dell'attività

amministrativa ed a garanzia della qualità dei servizi resi alla collettività, con

uniformità applicativa assicurata da preliminari direttive del Presidente del Consiglio

dei Ministri e dei Ministri di settore.

L’osservazione del versante organizzativo può concludersi con un cenno alle

azioni di razionalizzazione volte al riordino di organismi ed enti pubblici nazionali, nel

2005 sottoposto ad un ennesimo differimento e, successivamente, reso oggetto di

ulteriori disposizioni incluse nel d.l. n. 233/2006.47

Il processo revisionale, scontando lentezze e ben prevedibili difficoltà, sembra

essere avviato a rendere visibili primi frutti che, pur se limitati, tuttavia

inequivocamente attestano i significativi spazi tuttora praticabili per tale intervento,

47 L’art. 41, comma 1, della legge 27.12.1997n. 449, nonché agli articoli 18 e 28 della legge 28.12.2002

n. 448 avevano previsto la riduzione ed eliminazione dei numerosissimi organismi collegiali funzionanti presso le pubbliche amministrazioni, nonché l’individuazione di enti e organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato, ritenuti indispensabili in quanto le rispettive funzioni non possono più proficuamente essere svolte da altri soggetti sia pubblici che privati, disponendone se necessario anche la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato, ovvero la fusione o l'accorpamento con enti o organismi che svolgono attività analoghe o complementari. L’art. 15 del d.l. 9.11.2004 n. 266, conv. da legge 27.12.2004, n. 306 aveva prorogato al 31 dicembre 2005 il termine di cui al secondo periodo del comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419. L’articolo 3 del d.l. 30.12.2005 n. 273, conv. da legge n. 51/2006, ha ulteriormente prorogato il termine al 31 dicembre 2006.

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non solo in vista di una benefica riqualificazione della spesa, ma anche nella

prospettiva della articolazione di assetti più moderni ed efficienti della P.A..

Sul piano degli strumenti normativi destinati ad incidere nei moduli operativo-

procedurali in uso presso le pubbliche amministrazioni, invece, va ricordata, prima di

tutto, la previsione introdotta dai commi 171 e 172 della legge finanziaria n.

266/2005, divenuta operante proprio a partire dall’esercizio 2006.

Il circuito tra gli esiti del controllo delle gestioni da parte della Corte dei conti,

le misure, se del caso correttive, di conseguenza adottate dalle Amministrazioni e la

formulazione delle previsioni di spesa annuale, se virtuosamente innescato e

adeguatamente monitorato, potrebbe assicurare che taluni fenomeni disfunzionali

inizialmente emergenti in fase di controllo non siano destinati, come purtroppo accade

(si pensi esemplificativamente al tema delle consulenze esterne e del rispetto dei vari

limiti entro cui le stesse sono giuridicamente ammissibili, oppure al tema della

inutilizzabilità dell’indebitamento per far fronte a spese di funzionamento), a sfociare

inesorabilmente sul piano delle responsabilità individuali, dei doverosi accertamenti

giurisdizionali in proposito, del contrasto repressivo.

E’ da rammentare, inoltre, l’innovazione recata dall’art. 12, comma 4, del

decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 che, modificando l’art. 21 quinquies della legge n.

241/1990, ha definito le modalità di determinazione di indennizzo in caso di revoca di

atti amministrativi ai quali acceda un contratto e che, per questo, incide sul rapporto

negoziale intercorrente con il privato.

La nuova disposizione obbliga a tenere conto, in caso di revoca di

provvedimenti ad efficacia istantanea o durevole (si pensi, ad esempio, a casi di

revoca di conferimento di incarichi professionali o di incarichi consulenziali) e nella

liquidazione dell’indennizzo, della conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti

della contrarietà dell'atto amministrativo all'interesse pubblico ovvero dell'eventuale

concorso del contraente o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità

dell’atto con l'interesse pubblico, secondo il principio civilistico di cui all’art. 1227 c.c..

Si tratta di disposizione che, pur suscitando talune perplessità ermeneutiche

che sarà compito della giurisprudenza chiarire, in ogni caso chiama a più attente

valutazioni gli agenti amministrativi, anche allo scopo di valutare l’eventuale concorso

del privato contraente nell’erronea, originaria valutazione dell’interesse pubblico da

perseguire.

Si intreccia indissolubilmente con il tema dell’evoluzione delle procedure in

svolgimento presso le Pubbliche Amministrazioni la questione delle innovazioni

tecnologiche e della digitalizzazione.

Già in passato si è avuto occasione di sottolineare che le ingenti risorse

finanziarie ed umane impiegate per il corredo ed il funzionamento degli strumenti

tecnologici devono sapersi affrancare dal costituire il prezzo di una modernizzazione di

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facciata o “alla moda” e devono tradursi, invece, in investimenti sulla crescita di

professionalità del personale pubblico, in tal maniera ripagando l’intera collettività in

termini di effettivi snellimenti procedurali, di qualità delle risposte alle esigenze dei

cittadini, di miglioramento della competitività di Sistema.

Orbene, è da notare con favore quanto di recente indicato nella direttiva

presidenziale 20 febbraio 2007 n. 2 sull’interscambio dei dati, in ordine sia alla

inscindibilità del rapporto tra innovazione tecnologica ed organizzazione, sia

all’utilizzo, quale parametro di valutazione delle effettive capacità gestionali della

dirigenza pubblica, del produttivo ricorso agli strumenti tecnologici.

Si tratta, naturalmente, di linee di indirizzo delle quali sarà opportuno sondare

la realizzazione attuativa.

L’uso di tecnologie digitali, peraltro, può favorire circuitazioni informative e

potenziamenti della “trasparenza” amministrativa, della quale sovente si riscontra,

nelle annuali esperienze di giurisdizione di responsabilità, grave carenza, quale fattore

genetico di fenomeni di malamministrazione che si manifestano solo in fasi avanzate

ed ormai irreversibili di patologia.

Non disgiunto dal percorso di un più largo impiego delle tecnologie è il tema,

sempre cruciale, delle azioni formative rivolte al personale.

Le iniziative attivabili al riguardo sono strumenti indispensabili non solo per

l’equilibrata gestione delle risorse umane, ma anche per garantire la crescita

professionale del personale e l’innalzamento del livello qualitativo dei servizi e delle

attività.

3. – Agenzia per la formazione del personale.

Sul finire del 2006 e con le previsioni di cui all’art. 1, commi 580-586 della

legge n. 296/2006 è stata predisposta l’ istituzione dell'Agenzia per la formazione dei

dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche-Scuola nazionale della pubblica

amministrazione, con conferimento al Governo di potestà regolamentare per la riforma

del sistema di formazione dei dirigenti e dipendenti pubblici e per il riordino delle

esistenti strutture.

La potestà regolamentare conferita dal comma 585 è esercitabile attraverso un

regolamento cd. di delegificazione, da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2, della

legge 23.08.1988, n. 400 ed in grado di determinare le “norme generali”

disciplinatrici della materia e di disporre l'abrogazione di norme vigenti con effetto

dall'entrata in vigore delle disposizioni regolamentari.

La legge finanziaria 2007 ha fissato criteri direttivi cui dovrà attenersi la

potestà regolamentare delegata, peraltro da calibrare in fase attuativa ed in ragione

della confluenza, nella medesima Agenzia, di strutture che però conservano autonomia

organizzativa ed inquadramento nelle rispettive amministrazioni (Istituto diplomatico,

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Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno e la Scuola superiore dell'economia

e delle finanze).

L’obiettivo normativo perseguito certamente si fa carico di realizzare una

razionalizzazione di spesa48, ma nel contempo individua nell'ammodernamento delle

amministrazioni pubbliche, nel miglioramento della qualità delle attività formative,

nella selezione rigorosa della dirigenza dello Stato, in un adeguato sostegno alle

amministrazioni nella valutazione dei loro fabbisogni formativi e nella sperimentazione

delle innovazioni organizzative e gestionali le missioni-cardine che dovrà perseguire

l’ipotizzata innovazione.

In questa prospettiva, solo l’attuazione regolamentare saprà indicare, pure nel

dettaglio della costruzione della disciplina regolamentare in corso, la corrispondenza

tra la progettazione legislativa e l’impatto nella realtà amministrativa, nonché

attestare il punto di equilibrio in concreto raggiunto tra la concentrazione dell’assetto

organizzativo voluta dal legislatore e le capacità di risposte che la nuova Istituzione

sarà in grado di dare alle diversificate esigenze formative presenti nei diversi comparti

dell’Amministrazione.

B. - La gestione del personale. – (Estensore: V.P.G. Antonio Ciaramella).

1. - La gestione del personale pubblico nel 2006: novità normative, costi ed

aspetti critici.

La legge n. 266 del 2005, secondo una tendenza comune alle ultime leggi

finanziarie, ha previsto una serie di misure tese a ridurre la spesa per il personale

pubblico.

In primo luogo, è stato confermato il blocco delle assunzioni a tempo

indeterminato, con ampie aree di non applicazione del divieto e possibilità di deroghe

(si veda l’art. 1, commi 246, 247 e 259 della legge).

Inoltre, all’art. 1, commi 9 e 187, è stato posto, a tutte le amministrazioni

pubbliche, compresi gli enti territoriali, un limite (del 40% rispetto alla spesa

sostenuta nel 2004) alla spesa annua per incarichi di studio e per consulenze, conferiti

a soggetti esterni alle stesse, e, per le amministrazioni statali, un ulteriore limite (del

60% rispetto alla spesa sostenuta nel 200349) alla spesa annua per incarichi, per i

contratti di collaborazione coordinata e continuativa e quelli a tempo determinato.

Si segnala il fatto che le suddette norme precisano che il mancato rispetto di

suddetti limiti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Le disposizioni vanno lette in combinato con le più restrittive condizioni,

stabilite dall’art. 32, comma 1, della legge n. 248 del 2006 (che ha modificato l’art. 7

48 Il comma 586 dispone: “Dalla attuazione dei regolamenti di cui al comma 585 dovrà derivare una

riduzione di spesa non inferiore a 3 milioni di euro nel 2007 e a 6 milioni di euro negli anni 2008 e seguenti”.

49 Tetto ridotto al 40% dalla legge 296 del 2006

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del decreto legislativo n. 165 del 2001) per il conferimento di incarichi individuali di

natura occasionale o aventi ad oggetto prestazioni coordinate e continuative50.

In materia, l’art. 4 del decreto legge n. 4 del 2006, convertito nella legge n. 80

del 2006, ha posto notevoli vincoli, anche per gli enti locali, al possibile ricorso alle

forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale, previste, in

generale, dall’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001. L’utilizzo di queste ultime

è subordinato non solo ad esigenze temporanee ed eccezionali, ma anche al previo

esperimento di procedure inerenti assegnazioni di personale anche temporanee,

nonché alla previa valutazione circa l’opportunità di attivare contratti di

somministrazione tramite agenzie, di esternalizzazione di attività ad altri soggetti

pubblici o privati e di appalto di servizi.

In merito al complesso di tali previsioni suscita, in primo luogo, qualche

perplessità l’assimilazione in un’identica disciplina limitativa sia degli incarichi

individuali, con contratti di lavoro autonomo di natura occasionale, che di quelli a

termine o di collaborazione coordinata e continuativa, considerato che queste ultime

sono forme flessibili di assunzione e di impiego del personale per far fronte ad

ordinarie esigenze dell’amministrazione e non per obiettivi specifici e con l’ausilio di

un’elevata professionalità, come nel caso degli incarichi di consulenza.

Inoltre, viene, in qualche modo, frustrata una delle finalità della c.d.

privatizzazione del pubblico impiego, cioè quella di rendere applicabili alle pubbliche

amministrazioni le forme contrattuali flessibili praticate nel settore privato, secondo le

logiche ed i modelli efficientistici propri dell’impresa privata, pur con i vincoli derivanti

dal rispetto del principio della selezione pubblica e del divieto di conversione del

contratto di lavoro flessibile in contratto a tempo pieno ed indeterminato.

Il consistente taglio indifferenziato delle forme flessibili di assunzione del

personale potrebbe avere ricadute negative sui servizi resi ai cittadini51, in quanto le

stesse sono utilizzate soprattutto da quelle amministrazioni che, più delle altre,

devono adattare le proprie organizzazioni al mercato dei servizi (ad es. università,

sanità, scuola, enti di ricerca).

D’altra parte, la stessa legge finanziaria in esame (art. 1, commi da 237 a 242)

ha prorogato per un’ampia serie di amministrazioni, anche in deroga ai suddetti limiti,

i contratti di lavoro a termine e quelli di formazione e lavoro.

50 Tale norma prevede le seguenti condizioni per il conferimento degli incarichi in discorso:

• la necessità che l’oggetto della prestazione non solo sia coerente con le competenze dell’amministrazione conferente, ma corrisponda a progetti ed obiettivi specifici e determinati;

• il previo accertamento dell’impossibilità di usare le risorse umane disponibili all’interno dell’amministrazione;

• l’esigenza deve essere di natura temporanea e richiedere prestazioni altamente qualificate; • previa determinazione della durata, del luogo, dell’oggetto e compenso della collaborazione;

• necessità che le amministrazioni disciplinino e rendano pubbliche le procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

51 Dal conto annuale della ragioneria generale dello Stato si evince che il totale del personale con rapporto di lavoro flessibile ammonta nel 2005 a 108.135 unità. I contratti di co.co.co., utilizzati soprattutto nei

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Bisogna, poi, tener conto del fatto che, visti i vincoli di bilancio, non sembra che

alla riduzione di contratti di lavoro flessibile, possa corrispondere, nel breve o medio

periodo, un corrispondente aumento di quelli a tempo indeterminato52.

Infine, le varie modalità di esternalizzazione di servizi ed attività non sembra

possano sempre determinare costi minori rispetto alle forme flessibili di lavoro,

considerati i compensi per le agenzie di intermediazione, gli oneri dei procedimenti ad

evidenza pubblica per dare corso alle forme di outsourcing, ed il problema della

gestione del personale in uscita ex art. 31 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

La legge finanziaria per il 2006, tra le ulteriori principali misure dirette al fine

della riduzione del costo del personale pubblico, ha cristallizzato l’ammontare dei

diversi fondi unici di amministrazione a quello previsto per l’esercizio 2004,

intervenendo, per la prima volta, su uno dei fattori moltiplicativi della spesa in

materia, come auspicato dalla Corte dei conti nella relazione sul rendiconto generale

dello Stato per il 2005. Inoltre, la legge prescrive che le regioni, gli altri enti locali e

quelli del servizio sanitario nazionale devono concorrere a realizzare gli obiettivi di

finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese per il personale

in ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 non superino il corrispondente ammontare

del 2004 diminuito dell’1%53. Quest’ultima prescrizione viene dichiarata principio

fondamentale di coordinamento della finanza pubblica. Si segnala, infine, la

costituzione di un fondo presso il Ministero dell’economia per potenziare l’attuazione

della mobilità.

I dati del conto annuale 2003-2005 della Ragioneria generale dello Stato sul

costo del lavoro pubblico evidenziano nel suddetto periodo un incremento, anche se

contenuto, del personale con rapporto a tempo indeterminato (+0,30%)54; sensibile è

stato, invece, l’incremento del personale con rapporto di lavoro flessibile ( +

20,90%)55, pur a fronte di una diminuzione (-14,30%) dell’apporto di lavoratori

estranei alle amministrazioni (c.d. interinali ed adibiti a lavori socialmente utili).

Secondo il suddetto documento, il costo di tutte le categorie di personale

pubblico ha registrato un tasso di crescita medio annuo del 3,1%.56.

L’andamento delle retribuzioni medie pro capite ha presentato nel triennio un

tasso di crescita medio annuo del 2,4%. Tale incremento, nel periodo in questione,

risulta maggiore nel settore pubblico non statale (+7,8%), rispetto a quello statale

comparti sanitario, autonomie locali ed università, ammontano, nello stesso anno, a 93.239.

52 Solo con la legge finanziaria per il 2007 è stato istituito un fondo di 5 milioni di euro per finanziare l’assunzione progressiva a tempo indeterminato di lavoratori c. d. precari della P.A.

53 Tale previsione è stata ritenuta costituzionalmente corretta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 169 del 2007.

54 L’incremento riguarda soprattutto le forze armate, il comparto scuola ed università. Riduzioni, invece, si registrano nel comparto ministeri ed autonomie locali.

55 L’ espansione del lavoro pubblico precario sembra anche un effetto del regime del blocco delle assunzioni che, secondo una diffusa opinione, andrebbe sostituito con una razionale programmazione degli accessi.

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(+2,3%).

La relazione della Corte dei conti al Parlamento sul costo del lavoro pubblico negli

anni 2003, 2004 e 2005 ha evidenziato, riguardo al personale non dirigenziale, come a

fronte di una crescita retributiva programmata del 5,66%, per il biennio 2002-2003, la

retribuzione complessiva media annua pro capite, nel quadriennio 2002-2005, ha fatto

registrare, per l’intero settore pubblico, incrementi del 10,8%.

In particolare un aumento significativo ha fatto registrare la spesa per la

retribuzione accessoria, con un tasso di crescita, dal 2002 al 2005, del 31%.

La suddetta relazione sottolinea, altresì, un marcato incremento della spesa

complessiva per la retribuzione dei dirigenti, pari, nel periodo considerato, al 17,4%.

Tale dato sarebbe tanto più significativo, tenuto conto che, in tale periodo, non sono

stati siglati contratti collettivi.

In definitiva, secondo la Corte sussisterebbe una tendenza ad aumenti delle

retribuzioni del personale pubblico di fatto eccedenti, nel loro complesso, i tassi reali di

inflazione57.

Tali dati non confortano completamente l’obiettivo che le ultime leggi finanziarie

si erano poste, della riduzione (o, almeno, della stabilizzazione) della spesa per il

personale pubblico, che doveva essere raggiunto anche attraverso l’obbligo di

diminuzione del personale in servizio e delle dotazioni organiche.58

D’altra parte, la suddetta finalità viene, spesso, frenata da opposte tendenze,

quali ad es. l’aumento del numero degli addetti agli uffici di staff dei ministri, dei

direttori generali o qualifiche equiparate; la circostanza che all’obbligo di riduzione

delle dotazioni organiche ed ai divieti di assunzioni si unisce un coacervo di deroghe,

esenzioni ed esclusioni, proroghe e possibilità di autorizzazioni; i notevoli ritardi nella

stipula dei contratti collettivi; l’aumento dei posti di funzione relativi a qualifiche più

alte che spesso legittimano la successiva attivazione, in sede di contrattazione

integrativa di c.d. percorsi di riqualificazione professionale59; l’aumento delle

56 Secondo la ragioneria l’incremento è dovuto soprattutto ai rinnovi contrattuali con la corresponsione di

arretrati relativi al biennio 2002-2003, alle progressioni di carriera, ai contratti integrativi, alle missioni internazionali di pace.

57 Secondo dati ISTAT tra il 2000 ed il 2006 le retribuzioni di fatto del pubblico impiego sono salite del 28,7%, a fronte di un’inflazione del 15& ed un aumento di quelle del settore privato del 17,7%.

58 Si vedano, a tal riguardo, ad es. l’art. 34, comma 1, della legge finanziaria per il 2003 e l’art. 1, comma 93, della legge finanziaria per il 2005.

59 Dal conto annuale della ragioneria generale dello Stato risulta che i passaggi di carriera c.d. orizzontali nel pubblico impiego, cioè di qualifica ed economici all’interno della categoria/area di appartenenza, sono stati, nel 2005, 346.351, di cui circa 180.000, nelle regioni ed autonomie locali. Secondo dati della citata relazione sul costo del lavoro della Corte dei conti, dal 2001 al 2005, vi sarebbero stati 964mila passaggi orizzontali e 645mila avanzamenti verticali, che avverrebbero, molto spesso, utilizzando il criterio della sola anzianità di servizio. Ciò avrebbe comportato uno svuotamento progressivo delle aree professionali di livello inferiore. In merito a tale fenomeno la giurisprudenza della Corte costituzionale( si vedano ad es. le sentenze n. 194 n. 218 e n. 373 del 2002) ha rimarcato la necessità di realizzare selezioni effettive, aperte all’accesso esterno, al fine di assicurare il rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione pubblica. Sulla base di tali principi, la giurisprudenza di merito ha accolto numerosi ricorsi, avverso le suddette procedure di riqualificazione, previste dalla contrattazione collettiva, con condanna delle amministrazioni al pagamento delle spese legali e di giustizia. Tale circostanza potrebbe generare possibili responsabilità amministrative, oltre che per quanto dovuto corrispondere dalle amministrazioni a seguito di tali giudizi, anche per i danni subìti

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normative di settore che riconoscono benefici a particolari categorie di personale; la

difficoltà di quantificare ex ante i costi effettivi derivanti dall’applicazione dei contratti

collettivi a causa degli effetti aggiuntivi derivanti da fattori extracontrattuali (come la

contrattazione integrativa, il turn over, la progressione di carriera)60. Non potrebbero,

poi, essere trascurati gli effetti del decreto legge n. 181 del 18 maggio 2006,

convertito in legge n. 233 del 2006, che, com’è noto, ha aumentato il numero dei

ministeri; lo stanziamento, previsto dalla finanziaria per il 2006, per la istituzione della

c.d. vicedirigenza nel comparto dei ministeri, attraverso la creazione di un’apposita

area separata, di dubbia utilità, nell’ambito del contratto di comparto; l’incremento

delle risorse a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale, con

un rinvio solo generico al fatto che tali risorse devono essere destinate anche

all’incentivazione della produttività; la circostanza che i maggiori oneri previsti per la

contrattazione 2004-05, relativa al personale pubblico non statale, sono stati posti a

carico del bilancio statale, derogando, all’art. 48, comma 2, del d.lgs n. 165 del 2001.

2. – Necessità del recupero della qualità e della correttezza

nell’organizzazione del settore.

In ogni caso, per misurare il valore ed il significato delle suddette misure dirette

alla riduzione della spesa per il personale pubblico, occorre ragionare, in via

preliminare, sulla visione di base alla quale appaiono essere ispirate, che sembra

essere diretta ad incidere soprattutto sulla dimensione quantitativa dell’impiego

pubblico che, invero, non potrebbe essere, costantemente, ridotta nel tempo senza

particolari conseguenze pregiudizievoli in termini di servizi resi ai cittadini o di costi

sociali61.

Pur senza negare l’opportunità di incidere sulle non poche situazioni di eccedenza

del personale di determinate amministrazioni o soggetti equiparati, rispetto alle

competenze assegnate ed ai servizi erogati, sembra necessario rivolgere l’attenzione

anche su interventi di tipo qualitativo che consentano di migliorare il tasso di

produttività dei lavoratori pubblici. In primo luogo attraverso un’attenzione particolare

ai sistemi di selezione e di promozione, troppo spesso legati, come accennato, ad

automatismi ed a conoscenze esclusivamente giuridiche. In tale direzione, potrebbero

assumere positivo rilievo la riqualificazione professionale dei dirigenti e degli

impiegati, una migliore distribuzione, fra le diverse unità amministrative e sul

territorio delle risorse umane, la valorizzazione di istituti ed uffici volti a monitorare e

dalle stesse in conseguenza delle spese sostenute per lo svolgimento di procedure di selezione illegittime e per il pagamento di eventuali indebite maggiorazioni retributive.

60 Si veda, in proposito, la relazione sul rendiconto generale dello stato per l’esercizio finanziario 2005 della Corte dei conti.

61 Occorre anche considerare il fatto che, da una ricerca dell’OCSE del 2002, risulta che, in rapporto alla popolazione, il numero degli addetti alle pubbliche amministrazioni italiane non solo non è superiore, ma, spesso, è inferiore a quello di molti paesi europei.

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valutare le prestazioni, con la conseguente applicazione, nei casi di inefficienza, di

sanzioni disciplinari, ovvero, in caso di risultati positivi, di adeguati incentivi economici

e di carriera.

A questo proposito, potrebbero avere effetti opposti agli obiettivi, pur positivi,

che si pongono, recenti proposte dirette alla istituzione, all’interno delle

amministrazioni, di organi indipendenti di valutazione di efficienza e produttività, con

connessa procedura diretta ad una riduzione degli organici, che dovrebbe tenere conto,

in primo luogo, dei casi di scarso rendimento del personale pubblico. Infatti, ciò

potrebbe comportare il rischio sia di costituire e finanziare strutture con funzioni

sostanzialmente identiche ad uffici con compiti ispettivi e di controllo, già previsti, che

di disincentivare le attribuzioni dei dirigenti, tenuti a verificare il rendimento dei

dipendenti. Inoltre, in disparte il contenzioso che potrebbero alimentare tali previsioni,

potrebbe essere dubbia la costituzionalità dell’uso di licenziamenti sostanzialmente

disciplinari per raggiungere obiettivi di riduzione degli organici.

Inoltre, è noto che sussistono già strumenti, stabiliti dalle norme e dai contratti

collettivi, per colpire, in via disciplinare, i singoli casi di inefficienza colpevole o di

incompetenza professionale grave. Si tratta di dare agli stessi adeguata applicazione,

con eventuali interventi legislativi correttivi, attraverso, ad es., la redazione di un testo

unico in materia disciplinare, l’affidamento al giudice, nel caso di gravi reati, di un

sistema più organico ed incisivo di pene accessorie interdittive, l’introduzione di forme

di garanzia per i dirigenti nel caso di annullamento, da parte del giudice, di sanzioni,

applicate in buona fede dai primi, con condanna dell’amministrazione al risarcimento

del danno.

Nella relazione sulla gestione dei procedimenti disciplinari da parte delle

amministrazioni dello Stato, approvata con delibera n. 7/2006, la competente sezione

centrale di controllo della Corte dei conti ha individuato alcune disfunzioni gestionali in

materia. Ha infatti rilevato mancate aperture di un procedimento disciplinare, anche in

casi di condanna penale; la frequente violazione della tempistica dei procedimenti, che

invalida il loro esito; analoghi ritardi sono stati rilevati in merito alle sospensioni

cautelari, che, spesso, pur sussistendone i presupposti, non vengono disposte. Inoltre,

il notevole ritardo nella definizione dei processi penali e le difficoltà degli uffici addetti

ai procedimenti disciplinari ad interagire con le procure ed i tribunali, allontana nel

tempo quella di questi ultimi, che, per la loro funzione di deterrenza e di tutela

dell’immagine dell’amministrazione, andrebbero, invece, definiti con rapidità. Infine,

viene censurata la frequente dispersione delle specializzazioni professionali in materia

ed il fatto che le procedure di arbitrato e conciliazione vengono applicate anche nei

casi di gravi condanne penali.

La rilevanza di un efficiente funzionamento delle strutture amministrative

addette ai procedimenti disciplinari è ancor più necessaria a seguito dell’entrata in

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vigore del decreto legge n. 60 del 2004, convertito nella legge n. 126 del 2004, che,

nel caso di dipendenti pubblici coinvolti in un procedimento penale, sospesi dal sevizio

o dimessisi dall’impiego, prevede, in caso di proscioglimento con formula diversa da

quella c.d. piena, la facoltà per l’amministrazione di ripristinare o prolungare il

rapporto di impiego; possibilità, quest’ultima, che viene, comunque, dalla legge

esclusa nelle ipotesi in cui a carico del dipendente pubblico risultino elementi di

responsabilità disciplinare o contabile, da valutare in termini perentori. Circostanza,

quest’ultima, che potrebbe risultare particolarmente gravosa per le amministrazioni

nei casi in cui i contratti collettivi prevedano la sospensione di ogni attività disciplinare

in ipotesi di pendenza di un procedimento penale.

Anche in merito alla gestione degli incarichi dirigenziali nello Stato la competente

sezione del controllo della Corte dei conti ha, recentemente, effettuato un’approfondita

analisi62.

La Corte ha rilevato come si manifestino, in materia, alcune frequenti patologie.

Innanzitutto, la genericità dei provvedimenti di conferimento degli incarichi, dai quali,

molto spesso, non è possibile desumere le concrete valutazioni effettuate in ordine agli

elementi oggettivi e soggettivi, stabiliti dall’art. 19 del d.lgs n. 165 del 2001; la

mancanza di pubblicità circa le vacanze nei posti di livello non generale; l’ incompleta

adozione dei sistemi di valutazione della dirigenza, previsti dall’art. 5 del d.lgs n. 286

del 199963; la mancata costituzione dei ruoli dei dirigenti, previsti dalla legge n. 145

del 2002; una carenza del personale dirigenziale, soprattutto di prima fascia, rispetto

alle dotazioni organiche; una generalizzata omissione in merito all’attuazione della

normativa di cui alla legge 145 del 2002 che ha previsto che i criteri di conferimento

degli incarichi dirigenziali devono tenere conto delle condizioni di pari opportunità.

Per quanto riguarda le fattispecie di responsabilità amministrativa, connesse alla

gestione del personale pubblico, non sono mancati casi di ingiustificate assenze dal

servizio e di illegittimo conferimento di qualifiche superiori.

Inoltre, è da dire che i giudizi per responsabilità amministrativa, conclusi con

sentenze di condanna, continuano a dimostrare, come l’eccessivo ricorso, da parte di

enti pubblici, ad incarichi esterni di studio, ricerche e consulenze64 avviene, non di

rado, al di fuori delle ipotesi consentite dalla legge e, molto spesso, senza produrre

alcun effetto utile, anche a causa del contenuto indeterminato degli incarichi e della

62 Si veda la delibera n. 1 del 2005 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni

dello Stato n. 1 del 2005. 63 Anche nella relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2005 la Corte dei conti

ha rilevato la corresponsione, in modo indifferenziato, dell’indennità di risultato. 64 Da dati provenienti dal Ministero delle riforme ed innovazioni nella P.A. risulta che il numero delle

consulenze esterne conferite dalle amministrazioni pubbliche ammontavano, nel 2004, a 217.124, con un incremento del 7%, rispetto al 2003, e con un aumento della spesa, rispetto all’anno precedente, del 19,4%. Una diminuzione nei conferimenti si registra nel settore ministeriale e della scuola, invece l’incremento è notevole negli enti locali e nella sanità.

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loro estraneità ai fini dell’ente conferente65.

Si evidenzia, infine, una recente decisione del giudice contabile66 che, nei casi di

condanna dell’amministrazione, da parte del giudice civile, al risarcimento dei danni a

favore di un dipendente pubblico destinatario di comportamenti concretizzanti una

situazione di c.d. mobbing, ha ritenuto il funzionario responsabile degli stessi soggetto

alla giurisdizione contabile e tenuto a risarcire l’amministrazione dei danni subìti dalla

stessa. Ciò in applicazione dei principi della responsabilità amministrativa cd. indiretta.

C. - Violazioni del diritto comunitario. (Estensore: V.P.G. Cinthia Pinotti).

1. – Le procedure di infrazione.

Come noto l’ordinamento comunitario è indifferente rispetto all’assetto interno

che lo Stato si dà dei poteri e delle responsabilità fra enti, essendo lo Stato l’unico

soggetto referente degli adempimenti nazionali a livello comunitario nonché

responsabile in caso di sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 226 e ss. CE dalla Corte

di giustizia delle Comunità europee.

Il legislatore nazionale successivamente alla modifica del Titolo V della

Costituzione ha previsto la corresponsabilità fra Stato e regioni per la violazione del

diritto comunitario connesso alla mancata o scorretta attuazione di direttive sancendo

nell’art. 117 come modificato dalla legge n. 3 del 2001 il principio in base al quale “la

potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della costituzione

nonché degli obblighi derivanti dal diritto comunitario e dal diritto internazionale”, ed

al comma quinto: ”Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle

materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti

normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi

internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura

stabilite dalle leggi dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere

sostitutivo in caso di inadempimento”.

La legge 1 marzo 2002 n. 39 ha dato attuazione al quinto comma dell’art. 117

della Costituzione disponendo che, in assenza della normativa regionale o provinciale

di attuazione, interviene la norma statale, la quale cessa di avere efficacia nel

momento stesso della emanazione della normativa da parte della regione o Provincia

autonoma in ossequio al c.d. principio di cedevolezza.

L’evidente coinvolgimento delle regioni nell’attuazione del diritto comunitario

con il conseguente moltiplicarsi delle possibili fattispecie di responsabilità dello Stato

per inesatta trasposizione delle direttive (stante l’ampio trasferimento di competenze

dello Stato verso gli enti territoriali) ha trovato un correttivo nell’art. 120 della

Costituzione che ha previsto un potere sostitutivo del Governo per il caso i cui Regioni,

65 Nel 2005 erano pendenti, in materia, 13 appelli avverso sentenze di condanna di primo grado. 66 Sentenza n. 623/2005 della terza Sezione centrale della Corte dei conti.

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città metropolitane, province e comuni contravvengono alle disposizioni del diritto

comunitario.

L’art. 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 ha poi dato attuazione all’art. 120

della Costituzione sul potere sostitutivo.

L’assetto costituzionale a grandi linee richiamato, volto ad una crescente

corresponsabilizzazione degli enti territoriali per le responsabilità derivanti dalla

violazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario nelle materie di loro

competenza, mentre non impedisce che, in caso di responsabilità verso i cittadini lesi,

alla responsabilità dello Stato si affianchi o addirittura si sostituisca la responsabilità

diretta dell’ente competente (come ammesso dalla Corte di giustizia nella sentenza

Haim del 2000) non ha risolto il problema della responsabilità verso la Comunità, di

cui nonostante la riforma del Titolo V della Costituzione, lo Stato continua a rispondere

quale unico referente.

In particolare il problema delle numerose procedure di infrazione avviate verso

l’Italia appare di particolare gravità tenuto conto che, in caso di mancata adozione da

parte degli Stati di misure volte a far cessare le violazioni accertate con sentenza ai

sensi dell’art. 226 CE, può scattare la cosiddetta doppia condanna ad iniziativa della

Commissione ai sensi dell’art. 228 CE che comporta l’irrogazione di sanzioni

patrimoniali commisurate alla gravità ed alla durata dell’infrazione.

Tenuto conto del fatto che spesso le violazioni contestate involgono

adempimenti di competenza di enti territoriali o altri enti pubblici, era necessario

prevedere a livello nazionale, oltre ad un potere sostituivo da esercitare in via

preventiva per evitare l’instaurazione delle procedure di infrazione ex artt. 226 e 228

CE, soprattutto un efficace sistema di deterrenza, nel senso di stabilire che in caso, di

condanna dell’Italia per procedura di infrazione, a livello nazionale le responsabilità

patrimoniali debbano ricadere direttamente sul soggetto pubblico che vi ha dato causa,

prevedendo forme efficaci di esercizio del diritto di rivalsa da parte dello Stato ove

condannato in sede comunitaria.

In questa direzione si è mossa la nuova disposizione introdotta nella legge

finanziaria per il 2007 (commi da 1213 a 1222)67che nella prima formulazione in

67 1213. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti

del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa comunitaria. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 1, del citato Trattato.

1214. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1213, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo i principi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dall'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

1215. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1213 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del

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aggiunta alla previsione di poteri sostitutivi, come norma di chiusura aveva anche

previsto (atto Camera comma 11) che “Le controversie relative all’esercizio del diritto

di rivalsa sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ferma

restando la giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell’art. 1 della legge 14 gennaio

1994 n. 20.”

Detta disposizione, non è stata (purtroppo) mantenuta nel testo

definitivamente approvato. In effetti il riferimento alla giurisdizione della Corte dei

conti avrebbe potuto assumere un evidente valore di deterrenza, nel senso di porre in

risalto non solo l’affermazione di una responsabilità patrimoniale verso lo Stato degli

enti territoriali e pubblici autori delle violazioni del diritto comunitario, ma anche, e

ancor più incisivamente, l’affermazione di una responsabilità diretta delle persone

fisiche autrici delle condotte produttive di danno alle finanze pubbliche ove commesse

con colpa grave.

Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri Fondi aventi finalità strutturali.

1216. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1213 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

1217. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.

1218. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 1215, 1216 e 1217: a) nei modi indicati al comma 1219, qualora l'obbligato sia un ente territoriale; b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di

tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato ed in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

1219. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 1215, 1216 e 1217, e' stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

1220. I decreti ministeriali di cui al comma 1219, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa e' di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa e' recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

1221. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 1220 provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

1222. Le notifiche indicate nei commi 1218 e 1219 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze.

Page 95: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

95

Ad ovviare a detta omissione potrebbe in parte supplire la disposizione della

Legge comunitaria per il 2006 che all’art. 6 prevede che vengano trasmessi alla Corte

dei conti, gli elenchi trimestrali delle procedure di infrazione avviate dalla

Commissione ai sensi degli artt. 226 e 228 CE e le cause pregiudiziali trattate dalla

Corte di giustizia.

L’aver individuato come soggetto destinatario dell’informazione oltre al

Parlamento la Corte dei conti assume un chiaro significato nel senso che, il legislatore

ha individuato nell’Istituto destinatario dell’obbligo di informazione, l’organo esterno e

neutrale in grado di svolgere, sia nelle funzioni di controllo che in quelle giurisdizionali,

un significativo ruolo di prevenzione e dissuasione.

Alla data del 31 maggio 2007 risultano aperte nei confronti dell’Italia

complessivamente 245 procedure di infrazione, di queste 183 riguardano casi di non

corretta applicazione del diritto comunitario e 62 attengono a mancata trasposizione di

direttive.

Sono 8 i giudizi per infrazione per i quali sono già state presentate le

conclusioni (negative per l’Italia) da parte dell’Avvocato Generale68.

Le amministrazioni più coinvolte dalle procedure sono il Ministero dell’Ambiente

(con 64 casi pendenti), il Ministero dell’Economia e Finanze (43 casi), il Ministero della

Salute e dello Sviluppo economico (26 casi), Interno e Trasporti (14 casi).69

Anche per l’anno 2006 è elevato il numero di sentenze di condanna per

inadempimento pronunciate dalla Corte di giustizia CE.

L’Italia ha infatti subito 13 sentenze di condanna70 (solo un ricorso presentato

dalla Commissione è stato respinto): il dato colloca il nostro Stato al secondo posto

nella graduatoria “negativa” degli Stati membri evidenziata dalla Corte di Giustizia

nella sua relazione annuale per il 2006, che vede al primo posto, con 19 sentenze di

condanna, il Lussemburgo.71

68 Si tratta delle cause: C-173/05, relazioni esterne; C-412/04 diritto delle imprese; C-134/05 libertà di

stabilimento; C-195/05 ambiente e consumatori; C-194/05 ambiente e consumatori; C-260/04 libertà di stabilimento; C-304/05 ambiente e consumatori; C-388/05 ambiente e consumatori.

69 Fonte Situazione generale delle procedure di infrazione elaborata dal Dipartimento per le politiche comunitarie.

70 Le 13 sentenze di condanna pronunciate nel 2006 contro l’Italia sono le seguenti: 1)Causa C-85/05 - Ambiente e consumatori.- del 12 gennaio 2006; 2)Causa C-139/04 – Ambiente e consumatori - del 12 gennaio 2006; 3)Causa C-197/03 – Fiscalità - dell’11 maggio 2006; 4)Causa C-122/05 - Ambiente e consumatori del 18 maggio 2006; 5)Causa C-207/05 - Aiuti di Stato – dell’1 giugno 2006; 6)Causa C-487/04 – Agricoltura - del 29 giugno 2006; 7)Causa C-119/04 - Lettori di lingua straniera-diritto istituzionale -del 18 luglio 2006; 8)Causa C-360/05 – Energia - del 5 ottobre 2006; 9)Causa C-371/04 – Libera circolazione impiegati - parità di trattamento - del 26 ottobre 2006;

10)Causa C-198/05 – Diritto d’autore - del 26 ottobre 2006; 11) Causa C-486/04 - Ambiente e consumatori - del 23 novembre 2006; 12)Causa C-293/05 – Consumatori - del 30 novembre 2006; 13)C-161/05 – Pesca - del 2 dicembre 2006. 71 Dalla relazione generale della Corte di giustizia per l’anno 2006 risulta che al terzo posto si collocano con

10 sentenze per inadempimento Spagna ed Austria, al quarto con sette condanne, Belgio, Germania, Portogallo, Finlandia e Regno Unito.

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96

Le fattispecie più rilevanti che hanno dato luogo alle condanne riguardano la

materia degli aiuti di Stato (sentenza del 1 giugno 2006 che ha stabilito che: “non

avendo adottato entro i termini prescritti i provvedimenti necessari per recuperare

presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune

dalla decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, relativa all'aiuto di

Stato relativo alle esenzioni fiscali e ai prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di

imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico, la Repubblica italiana è

venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli artt. 3 e 4 di tale decisione”), la

materia della fiscalità (sentenza dell’11 maggio 2006 in materia di tasse nazionali

incompatibili con il diritto comunitario la cui restituzione sia resa più difficoltosa

rispetto ad altri tributi), la materia della libera circolazione delle persone nel settore

del pubblico impiego (sentenza del 26 ottobre 2006 che ha dichiarato che :” La

Repubblica italiana, non avendo tenuto conto dell'esperienza professionale e

dell'anzianità acquisite nell'esercizio di un'attività analoga presso una pubblica

amministrazione di un altro Stato membro da un lavoratore comunitario impiegato nel

settore pubblico italiano, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli

artt. 39 CE e 7, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612,

relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità”), il diritto

istituzionale (sentenza ex art. 228 CE -c.d. doppia condanna – che ha stabilito che:”

non avendo assicurato, alla data di scadenza del termine impartito nel parere

motivato, il riconoscimento dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti

collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre, mentre tale riconoscimento era

garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, la Repubblica italiana non ha attuato

tutti i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza 26 giugno 2001, causa C 212/99,

Commissione/Italia, comportava, ed è pertanto venuta meno agli obblighi che le

incombono in forza dell'art. 228 CE.”72), l’ambiente (sentenza del 23 novembre 2006

in cui la condanna è stata pronunciata per violazione delle direttive in materia di

impatto ambientale-Impianto per la produzione di energia elettrica mediante

l'incenerimento di combustibili derivati dai rifiuti e da biomasse a Massafra (Taranto).

L’anno 2007 annovera già alcune significative sentenze di condanna dell’Italia

ex art. 226 CE: per mancata trasposizione della direttiva del Parlamento europeo e del

Consiglio 11 marzo 2002, 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo

all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, (sentenza del 1 marzo 2007 Causa

C-327/06), per non aver adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed

amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del

Consiglio 18 giugno 2003, 2003/51/CE, che modifica le direttive del Consiglio

78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti

72 La Corte di Giustizia non ha peraltro ritenuto sussistere gli elementi giustificanti l’irrogazione di una

penalità a carico dell’Italia.

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97

consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese

di assicurazione, (sentenza dell’8 marzo 2007, Causa 160/06), per non aver messo in

vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per

conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004,

2004/26/CE, che modifica la direttiva 97/68/CE concernente il ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l’emissione

di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna

destinati all’installazione su macchine mobili non stradali (sentenza del 19 aprile 2007,

Causa C-13/06), in materia di discariche e rifiuti, per non aver adottato tutti i

provvedimenti necessari: per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza

pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero

recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento

incontrollato dei rifiuti (sentenza del 26 aprile 2007 Causa

C-135/05), per non conforme trasposizione della direttiva in materia di raccolta di

veicoli fuori uso (sentenza del 24 maggio 2007 Causa C-394/05).

Quanto ai ricorsi per inadempimento presentati dalla Commissione nel 2006, 25

riguardano l’Italia, che continua a detenere il primato negativo europeo riferito al

periodo 1952-2006 (559 ricorsi presentati dalla Commissione).

Fra essi merita di essere segnalato per la sua rilevanza il ricorso presentato in

data 7 marzo 2006, Causa C-132/06 in cui si assume la violazione da parte della legge

finanziaria per il 2003 agli obblighi imposti dagli articoli 2 e 22 VI Direttiva IVA con i

seguenti argomenti: ”La Commissione ricorda l'esistenza di un duplice obbligo imposto

agli Stati membri dal legislatore comunitario, non solo di emanare tutti gli atti

legislativi di diritto nazionale necessari a dare attuazione alla sesta direttiva IVA, ma

anche di adottare tutte le misure di natura amministrativa necessarie ad assicurare

l'osservanza, da parte dei soggetti passivi IVA, degli obblighi derivanti dalla medesima

sesta direttiva, "in primis" l'obbligo di pagare l'imposta dovuta a seguito

dell'effettuazione di operazioni imponibili nell'arco di un certo periodo di tempo.

L'armonizzazione dell'IVA disposta dal legislatore comunitario sarebbe priva di senso,

nonché di una qualsiasi utilità pratica, se le amministrazioni fiscali nazionali non

fossero tenute a porre in essere un'efficace azione di accertamento e di controllo

finalizzata ad assicurare "una riscossione equivalente dell'imposta in tutti gli Stati

membri", come precisato al "considerando" n. 14 precitato della sesta direttiva.”

Fra i più recenti ricorsi per infrazione presentati contro l’Italia nel 2007 si

segnala quello del 1 febbraio 2007, Causa C-46/07, in cui la Commissione ritiene che il

regime pensionistico gestito dall'INPDAP costituisca un regime professionale

discriminatorio contrario all'art. 141 CE, dal momento che prevede come età

pensionabile generale per gli uomini 65 anni e per le donne 60.

I dati su riportati evidenziano una situazione generale in progressivo ma ancor

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98

lento miglioramento73 in cui, in disparte i casi di omessa trasposizione di direttive, le

violazioni del diritto comunitario appaiono principalmente ascrivibili ad una non

adeguata conoscenza del diritto comunitario, anche di fonte giurisprudenziale, e ciò

non solo da parte dei legislatori nazionali e delle pubbliche amministrazioni centrali e

locali ma anche dai giudici nazionali, cui è affidata dal sistema del Trattato la garanzia

di effettività della tutela dei singoli lesi.

Ciò è tanto più grave alla luce dell’innovativo principio affermato dalla Corte di

giustizia nel 2006 nella causa Traghetti Mediterraneo (sentenza 13 giugno 2006, causa

C-173/03) in cui la Corte ha precisato le norme applicabili alle violazioni del diritto

comunitario nel caso in cui la violazione sia commessa nell’esercizio della funzione

giurisdizionale.

Chiamata dal Tribunale di Genova, in sede di rinvio pregiudiziale a valutare la

compatibilità comunitaria di una normativa nazionale in tema di responsabilità dello

Stato per errore del giudice, la Corte ha stabilito che il diritto comunitario osta ad una

legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato

membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto

comunitario commessa da un organo giurisdizionale di ultimo grado, allorquando tale

violazione risulta da una interpretazione di norme di diritto o da una valutazione dei

fatti e delle prove manifestamente contraria al diritto comunitario e che in tali casi il

diritto comunitario non consente che una legge nazionale che limiti la responsabilità ai

soli casi di dolo e colpa grave del giudice.

Le conseguenze del principio enunciato, destinato a travolgere il sistema della

responsabilità civile dello Stato giudice e del giudice, obbliga ad una presa di coscienza

del dovere dello Stato in tutte le sue articolazioni di conoscere non solo il diritto

comunitario ma anche la giurisprudenza comunitaria, al fine di arginare le

conseguenze di una generalizzata responsabilità risarcitoria verso i singoli lesi per

violazioni del diritto comunitario che si affiancherebbe alla responsabilità sanzionatoria

a contenuto patrimoniale dello Stato verso la Comunità di cui agli artt. 226 e 228 CE.

2. - Decisione in materia di aiuti di Stato: il problema del recupero degli aiuti

illegittimamente erogati.

Notevoli sono le implicazioni che derivano a carico del bilancio dello Stato dalle

decisioni della Commissione che si pronunciano in materia di aiuti di Stato.

Da un lato infatti le decisioni di soppressione e recupero di aiuti di stato fanno

73 Si pensi ad esempio alla disposizione contenuta nella legge comunitaria per il 2007 al comma 1223, che

attua il principio di cui alla giurisprudenza Deggendorf , secondo cui i beneficiari di incentivi pubblici dichiarati dalla Commissione illegittimi o incompatibili con il mercato comune, possono beneficiare di nuovi aiuti soltanto a condizione di aver provveduto al relativo rimborso o al deposito di un conto bloccato ovvero al D.L. 15.2.2007 n. 10 convertito dalla legge n. 46/2007 “disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali” che ha adeguato il nostro ordinamento a decisioni

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99

sorgere un credito a favore dell’amministrazione, dall’altro però la mancata esecuzione

delle decisioni di recupero può esporre lo Stato alla procedura di infrazione con ogni

eventuale conseguenza sanzionatoria, oltre alla possibile responsabilità diretta dello

Stato per violazione del diritto comunitario.

L’Italia anche in questo settore appare particolarmente esposta alle

conseguenze di decisioni negative in materia di aiuti illegali, adottati cioè in assenza di

preventiva notifica alla Commissione, che affermano l’obbligo di recupero a carico

dello Stato, pena la possibile procedura diretta per infrazione da parte della

Commissione ex art. 88 CE.

Ancora una volta è da auspicare una esatta osservanza da parte dello Stato

dell’obbligo preventivo di notifica di tutte le misure che posseggano i requisiti di cui

all’art. 87 CE, non esentate dall’obbligo di notifica dai regolamenti di settore

qualunque sia la forma rivestita (legge statale, regionale, atto amministrativo,

contratto…etc.) e qualunque ne sia l’oggetto (sgravi da oneri fiscali e sociali, cessione

di beni a prezzi inferiori al valore di mercato, tariffe preferenziali, assegnazioni di

appalti, condoni, erogazioni a favore di imprese pubbliche non rispettose del criterio

dell’investitore in economia di mercato…etc…).

Solo il controllo preventivo affidato in via esclusiva alla Commissione in materia

di aiuti di Stato, elimina l’incertezza collegata alla compatibilità comunitaria delle

misure e tutela non solo l’interesse dello Stato, delle imprese, dei consumatori, ma in

definitiva delle stesse imprese beneficiarie.

Al riguardo è da segnalare che gli orientamenti della Corte di Giustizia sono

netti nel considerare che: “la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è

la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità e che tale conseguenza

non può dipendere dalla forma in cui l’aiuto è stato concesso (v., segnatamente

sentenze 10.6.1993, causa

C-193/91, Commissione-Grecia, Rac. pag. I-3131, punto 16; 27.6.2000, causa C-

404/97, Commissione-Portogallo, Rac. pag. I-4897, punto 38, e Commissione Italia,

cit., punto 15).

Ancor più categorica è l’affermazione giurisprudenziale secondo cui la

legittimità della decisione avverso la quale pende ricorso di annullamento, non può

ostacolare il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi e soprattutto non impedisce una

possibile declaratoria di infrazione.

Infatti: ”il sistema dei rimedi giurisdizionali predisposto dal Trattato distingue i

ricorsi di cui agli artt. 226 CE e 227 CE, che mirano a far accertare che uno Stato

membro non ha adempiuto gli obblighi che gli incombono, dai ricorsi di cui agli artt.

230 CE e 232 CE, che mirano a far controllare la legittimità degli atti o delle omissioni

comunitarie in materia fiscale e societaria abrogando tra l’altro l’art. 2450 c.c. golden sharf in evidente contrasto con il diritto comunitario.

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100

delle istituzioni comunitarie. Questi rimedi giurisdizionali perseguono scopi distinti e

sono soggetti a modalità diverse”. Uno Stato membro, quindi, in mancanza di una

disposizione del Trattato che lo autorizzi espressamente, non può eccepire

l’illegittimità di una decisione di cui sia destinatario come argomento difensivo nei

confronti del ricorso per inadempimento basato sulla mancata esecuzione di tale

decisione (v., segnatamente, sentenze Commissione/Portogallo, cit., punto 34; 22

marzo 2001, causa C-261/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2537, punto 18, e

26 giugno 2003, causa C-404/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6695, punto

40). Una soluzione diversa potrebbe valere solo se l’atto di cui è causa fosse inficiato

da vizi particolarmente gravi ed evidenti, al punto da potersi considerare un atto

inesistente (citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 34, Commissione/Francia,

punto 19, e Commissione/Spagna, punto 41). Peraltro, il recupero di un aiuto statale

illegittimamente concesso, onde ripristinare lo status quo ante, non può, in linea di

principio, ritenersi un provvedimento sproporzionato rispetto alle finalità delle

disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato (sentenze 14 gennaio 1997, causa

C-169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-135, punto 47, e 29 aprile 2004, causa

C-298/00-P, Italia/Commissione, Racc. pag. I-4087, punto 75).

Per conformarsi ad alcune decisioni della Commissione il 16 febbraio 2007 è

entrato in vigore il decreto-legge n. 10 del 15 febbraio 2007, convertito dalla legge

6.4.2007 n. 46 recante le “Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari

ed internazionali”.

Nel decreto legge l’articolo 1, detta i criteri da adottare per il recupero degli

aiuti concessi dallo Stato alle società a totale o prevalente partecipazione degli enti

locali (“ex-municipalizzate”), dichiarati illegittimi dalla Corte di giustizia delle

Comunità europee; (decisione del 5 giugno 2002).

Come reso noto dall’Agenzia delle entrate, in relazione alle esenzioni fiscali

concesse in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico istituite

ai sensi dell’art. 22 legge 8 giugno 1999 n. 142 , alla data del 13 aprile 2007 a fronte

di aiuti erogati pari ad euro 94.465.426,36 per capitale ed euro 60.046.048,96 per

interessi, sono stati recuperati euro 18.474,81 per capitale ed euro 25.193,46 per

interessi. Per quel che attiene invece alla decisione della Commissione dell’11

dicembre 2001 (esenzioni fiscali a favore di banche) alla data del 31 dicembre 2006 il

totale recuperato dagli istituti bancari con la procedura ammonta ad euro

980.095.498,00. Il recupero coattivo nei confronti di un unico soggetto inadempiente

ha portato all’iscrizione a ruolo del debito in data 21 dicembre 2006.

L’esito (ancora parziale) del monitoraggio avviato dalla Procura Generale, sul

recupero degli aiuti da parte delle amministrazioni all’esito di numerose decisioni della

Commissione CE, consente di affermare che malgrado il persistere di numerose

difficoltà, legate in primis alla notevole farraginosità delle regole disciplinanti il

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101

recupero degli aiuti, si stanno facendo numerosi passi in avanti, specie per merito dei

giudici nazionali che , anche attraverso il dialogo con la Corte di giustizia tramite lo

strumento del rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE, nelle sue varie forme, stanno

acquisendo una nuova prospettiva comunitaria dei limiti entro cui può essere

assicurata dal diritto nazionale la tutela dei soggetti beneficiari di aiuti oggetto di

recupero.

L’importante quesito sottoposto alla Corte di giustizia dal Consiglio di Stato con

ordinanza del 22 ottobre 2004, causa C-119/05 circa l’efficacia di un giudicato civile

contrastante con una decisione di recupero di aiuti illegittimi ha portato l’Avvocato

generale in data 14 settembre 2006 a proporre alla Corte le seguenti conclusioni :”

L’autorità di cosa giudicata di una sentenza di un giudice nazionale, che condanna

l’autorità nazionale al pagamento dell’aiuto di Stato da essa concesso, non può

incidere sull’esercizio dei poteri conferiti alla Commissione dagli artt. 87 e 88

CE.Pertanto un giudice nazionale, che statuisca sulla legittimità di una decisione di

un’amministrazione nazionale di dare attuazione ad una decisione della Commissione

che dispone la ripetizione dell’aiuto illegittimamente erogato, è tenuto a disapplicare le

norme nazionali che disciplinano gli effetti di una sentenza civile passata in giudicato,

ove siffatta sentenza sia contraria agli obblighi scaturenti dagli artt. 87 e 88 CE, per

garantire il pieno rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti statali». E’

evidente che ove la Corte di giustizia confermasse queste conclusioni gli spazi entro

cui garantire una tutela ai beneficiari di aiuti illegittimi si ridurrebbero.

Sempre per quel che concerne l’intenso dialogo avviato dai giudici nazionali con

la Corte di giustizia tramite il rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE in materia di aiuti di

Stato, si segnala in particolare che la Corte di cassazione italiana ha sollecitato una

serie di pronunce destinate ad assumere un rilievo fondamentale nell’ambito tributario

nazionale. La Corte di giustizia con sentenza del 10 gennaio 2006, causa C-222/04, si

è pronunciata su rinvio pregiudiziale della Corte di cassazione sulla compatibilità con il

diritto comunitario del regime tributario agevolato in favore delle cosiddette fondazioni

bancarie. In sintesi la Corte di Giustizia, a cui era stata demandata la qualificazione

delle fondazioni bancarie in termini di "imprese", ai fini dell’applicabilità delle norme

comunitarie sugli aiuti di Stato, ha stabilito che le fondazioni bancarie debbano

considerarsi imprese laddove, titolari di partecipazioni di controllo in società, esercitino

“effettivamente tale controllo partecipando direttamente o indirettamente alla gestione

di essa”. Infatti, secondo la Corte, è proprio l’intervento nella gestione della società

controllata (nel caso di specie, un’impresa bancaria) a far sì che la partecipazione al

capitale di una società sia configurabile come attività economica. Inoltre, la Corte

evidenzia come la legislazione italiana in materia di fondazioni bancarie attribuisca a

queste ultime un ruolo che va ben oltre la semplice collocazione di capitali da parte di

un investitore. Tale normativa infatti prevede non solo lo svolgimento di funzioni di

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102

controllo ma anche di impulso e di sostegno finanziario.

Altra questione che la Corte di Cassazione ha posto alla Corte di Giustizia

riguarda la qualificazione come “aiuti di Stato” della misura prevista dall’art. 10-bis

della legge n. 1745/62, la quale esonerava dalla ritenuta a titolo d’imposta (pari al

30%) i dividendi spettanti anche alle fondazioni aventi esclusivamente scopi di

beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica. Sulla base della

disposizione in parola, alcune fondazioni bancarie hanno chiesto ed ottenuto

l’esenzione fiscale relativamente all’anno 1998. La Corte di Giustizia, dopo aver

valutato la sussistenza degli elementi della natura statale del finanziamento della

misura, della sua selettività e della sua incidenza sugli scambi tra Stati membri, ha

concluso per la qualifica di aiuto di Stato della misura prevista dall'art. 10-bis della

legge 1745/62. Per il giudice comunitario, “una misura con la quale le autorità

pubbliche accordano a talune imprese una esenzione fiscale che, pur non comportando

un trasferimento di risorse statali, pone i beneficiari in una situazione finanziaria più

favorevole rispetto agli altri contribuenti costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art.

87, n. 1”. Per affermare la selettività della misura si è, invece, data rilevanza alla

circostanza che essa non si è applicata a tutti gli operatori economici ma è stata

concessa solo in considerazione della natura giuridica dell’impresa. Infine, riguardo

all’incidenza dell’esenzione fiscale in oggetto sul commercio intracomunitario, la Corte

ha posto l’accento sulla recente liberalizzazione intervenuta a livello comunitario nel

settore dei servizi finanziari con il conseguente incremento del grado di concorrenza. È

proprio sui mercati recentemente liberalizzati che si avverte ancora più forte

l’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza.

Per quel che riguarda la Corte dei conti, non v’è dubbio che nell’esercizio delle

funzioni di controllo preventivo di legittimità, la stessa possa garantire che misure

incompatibili con il divieto di aiuti Stato possano essere mese in esecuzione in spregio

dell’obbligo di notifica preventiva alla Commissione (c.d aiuti illegali) attivando lo

strumento del divieto di registrazione. Analogamente in sede di controllo successivo

sulla gestione o di controllo sugli enti sovvenzionati potrebbe attivare lo strumento

della segnalazione alle amministrazioni interessate. L’Istituto potrebbe così cooperare

efficacemente con le autorità nazionali ed i giudici nazionali al fine di arginare le

conseguenze sanzionatorie e patrimoniali nei confronti dello Stato di misure di aiuto

illegittimamente attuate.

D. - I costi della politica: (Estensore: V.P.G. Maria Letizia De Lieto Vollaro).

1. - Le misure adottate nel 2006 per la riduzione dei costi della politica.

Sin dal 2005 si delinea la problematica sui costi propri e impropri della politica

e si apre la questione morale o etica dei costi dell’organizzazione istituzionale,

constatata l’abnorme dilatazione della relativa spesa, avvenuta in Italia negli ultimi

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103

anni e l’esigenza di una radicale riforma della gestione della cosa pubblica.

Già con il primo decreto legge Bersani sono state adottate misure per il

contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica.

Nel dettaglio, le misure di contenimento più significative introdotte dal decreto

legge 223/2006 sono:

� Art.22: riduzione del 10% rispetto agli stanziamenti per il 2006, relativi alle

spese per consumi intermedi di enti e organismi pubblici non territoriali che

adottano una contabilità anche finanziaria. Riduzione, inoltre, per enti ed

organismi pubblici che adottano una contabilità solo civilistica, del 10% dei

costi della produzione dei beni di consumo e servizi e il godimento di beni di

terzi nonché contenimento delle stesse voci di spesa anche per il triennio 2007-

2009;

� Art. 22-bis: riduzione di almeno il 10% delle spese complessive derivanti dagli

incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nei Ministeri;

� Art. 27: riduzione del 10% del limite di spesa annua per studi e incarichi di

consulenza, per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di

rappresentanza, conferiti a soggetti estranei alla amministrazione;

� Art. 28: riduzione delle diarie per missioni all’estero nonché riduzione del 20%

delle diarie per missioni all’estero dei dipendenti statali (eccetto quelli sia civili

sia militari impegnati in missioni internazionali di pace finanziate per il 2006);

� Art. 29: contenimento della spesa per commissioni, comitati ed organismi. Da

un monitoraggio circa l’attuazione del predetto articolo, effettuato dal

Dipartimento per il programma di Governo – Ufficio legislativo, emerge il

coinvolgimento di 512 organismi che dovrebbero conseguire un risparmio

annuo, complessivo, a regime di euro 17.989.879 a partire dal 2007;

� Art. 30: verifica delle economie in materia di personale per regioni ed enti

locali;

� Art. 32: contenimento della spesa per incarichi di collaborazione con

individuazione di presupposti più restrittivi degli attuali per il conferimento di

incarichi di collaborazione;

� Art. 34: sui criteri per i trattamenti accessori massimi e la pubblicità degli

incarichi di consulenza; peraltro, i trattamenti accessori dei dirigenti delle

amministrazioni statali sono assoggettati a limitazioni per contenerne la

crescita.

Resta da verificare l’attuazione delle ipotizzate misure; tuttavia, permane

incertezza circa la realizzazione delle economie previste a regime. Infatti, non sembra

facilmente raggiungibile per il 2007 e il 2008 il risparmio atteso per entrambi gli anni,

così come previsto nella relazione tecnica, allegata al decreto.

Page 104: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

104

2. - Gli interventi della Finanziaria 2007.

Nel dettaglio, queste sono le disposizioni più significative dettate dalla

Finanziaria 2007 per il contenimento dei costi della politica e dell’Amministrazione

sono:

� Commi 404-416: si prevede la razionalizzazione e l’ottimizzazione delle spese e

dei costi di funzionamento dei Ministeri, cui deve conseguire un risparmio di

spese non inferiore a 7 milioni di euro per l’anno 2007;14 milioni di euro per

l’anno 2008 e 20 milioni di euro per l’anno 2009;

� Comma 459: prevede la riduzione a tre del numero dei membri del Consiglio di

Amministrazione di Sviluppo Italia S.p.A. e Sogin S.p.A.;

� Comma 575: prevede la riduzione del 30% del trattamento economico dei

Ministri e dei Sottosegretari , con la riduzione della spesa per il triennio 2007-

2009 contabilizzato in circa 7 milioni di euro;

� Commi 587-591: trattasi di norme finalizzate a rendere effettiva la stretta sui

costi della politica; prevedono la comunicazione dell’elenco delle società

partecipate da parte degli enti pubblici statali, regionali e locali, al Dipartimento

di funzione pubblica;

� Comma 593: prevede un tetto massimo, pari a 250.000 euro, per la

retribuzione di qualsivoglia incarico corrisposto dallo Stato, dagli enti pubblici o

da società a prevalente partecipazione pubblica non quotate in borsa;

� Commi 721-723: prevedono il contenimento della spesa pubblica delle regioni,

con particolare riferimento alla diminuzione dell’ammontare dei compensi e

delle indennità dei componenti e degli organi rappresentativi e del numero di

questi ultimi, alla soppressione degli enti inutili, alla fusione di società

partecipate e al ridimensionamento delle strutture organizzative. Detti risparmi

dovrebbero garantire un miglioramento dei saldi finanziari dei bilanci regionali,

pari al 10 per cento rispetto ai saldi dell’anno precedente;

� Commi 725-733: prevedono un tetto massimo al compenso del presidente e dei

componenti del consiglio di amministrazione delle società interamente

partecipate da comuni e province (non quotate in borsa). E’ stato fissato,

inoltre, il numero massimo dei componenti del consiglio di amministrazione

delle società partecipate totalmente dagli enti locali (3, elevabile a 5) nel caso

di particolari capitalizzazioni nonché il numero massimo di cinque - nelle

società miste - dei componenti del consiglio di amministrazione, designati dai

soci pubblici locali.

Allo stato, non può sottacersi che sul piano quantitativo gli interventi

complessivamente previsti, se pure rappresentano segnali di un certo interesse, hanno

tuttavia una portata molto modesta. La risposta è carente soprattutto sotto il profilo

qualitativo poiché in effetti non risultano intaccati alla radice i meccanismi generatori

Page 105: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

105

degli sprechi.

Permane un’omogenea dilatazione delle spese sulla base di criteri irrazionali e

non parametrati all’effettiva complessità dei compiti attuandi.

In proposito c’è da stigmatizzare anche la rivalutazione automatica degli aumenti con

effetti a cascata sulle indennità del management, che vengono riparametrati su quelli

delle cariche più alte, assunte acriticamente come similari.

Da più parti si evidenzia, altresì, l’ingiustificato utilizzo di mezzi strumentali, in

particolare delle auto per servizio, che comporta un dispendio di risorse, coinvolgente

non solo le spese di noleggio o di acquisto delle vetture, ma anche quelle delle spese

del personale a disposizione.

Si è avvertita, recentemente, a livello governativo l’esigenza di istituire un

Tavolo Interministeriale ad hoc, che ha fissato 4 aree di criticità per un’approfondita

analisi, relativa agli Enti locali, alle società pubbliche, all’organizzazione dei Ministeri e

agli Organi costituzionali e da parte di associazioni è stata chiesta, la convocazione di

una Conferenza Unificata straordinaria sui costi della politica.

L’attuale contesto in cui versa la finanza pubblica impone, infatti, che venga

data priorità a spese più impellenti e improcrastinabili, contenendo il trend, che

sembra difficilmente comprimibile, verso la lievitazione dei costi della politica e degli

apparati pubblici.

Non resta, pertanto, che attendere il preannunciato disegno di legge, volto ad

attuare in tempi brevi principi di conoscibilità, trasparenza ed etica della gestione (in

particolare delle amministrazioni elettive regionali e locali), a ridurre la proliferazione

delle cariche negli enti locali e revisionare gli organici, a contenere al massimo il

numero delle consulenze, a intervenire sui costi delle campagne elettorali nonché a

sopprimere gli enti inutili e a porre un freno al proliferare delle società miste.

Tra le proposte riformatrici, si delinea l’esigenza di porre mano

– nell’ottica di un disegno pensionistico che coinvolge tutta la classe lavoratrice – alla

revisione dell’istituto previdenziale (vitalizio/assegno-pensione/liquidazione) vigente

per i Parlamentari, che all’attualità godono di costosi benefici, sia per quanto riguarda

il riconoscimento dei contributi figurativi sia in esito all’applicabilità di un sistema

privilegiato che prevede un’alta parametrazione della liquidazione sia all’ammissibilità

del cumulo del vitalizio con altre pensioni nonché ai presupposti (pochi anni di

permanenza nella carica) di estremo favor per l’acquisizione del diritto all’assegno a

vita.

Si guarda anche con fiducia a interventi autonomi da parte degli organi

costituzionali, chiamati ad un grande impegno di autoriforma, per ridurre le relative

spese di organizzazione, ridimensionando, altresì, benefici e privilegi.

Da ultimo, non si può sottacere con amaro sconcerto come le iniziative – di cui

si auspica una pronta attuazione – vengono solo ora vagliate dalla competente classe

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106

politico-istituzionale sull’onda di un’insofferenza sociale, pubblicizzata a livello

mediatico e come, peraltro, non sembra sussistere, allo stato, un’effettiva ed analitica

conoscenza del fenomeno da arginare.

E. - La corruzione nei pubblici apparati. (V.P.G. Pasquale Iannantuono).

Rispetto ad epoche passate i fenomeni di corruzione emergono ora con

maggiore evidenza, non perché prima inesistenti, ma soltanto perché nelle società

ante-globalizzazione – strutturate, come è noto, su basi nazionali e, poi, per blocchi

ideologici, centralizzate e talora propriamente autoritarie - erano connaturali limitati

livelli di trasparenza, tali da impedire la stessa percezione dei fenomeni corruttivi.

Attualmente, invece, a seguito della globalizzazione delle economie e delle relative

informazioni è divenuto obbligato il confronto tra i vari “sistema-paese” anche dal

punto di vista dei differenti livelli di corruzione nell’agire economico delle strutture

pubbliche e delle imprese. Ne è conseguita, altresì, una più avvertita e vasta

conoscenza di siffatti fenomeni e dei loro effetti che si è imposta, unitamente alla

ricerca dei possibili rimedi, all’attenzione delle opinioni pubbliche e delle classi dirigenti

di tutti i Paesi, come è dimostrato dal fatto che in data 31 ottobre 2003 l’Assemblea

generale dell’ONU ha adottato una Convenzione contro la corruzione, che, peraltro,

l’Italia ha soltanto sottoscritto in data 9 dicembre 2003, ma non ancora ratificato. Né è

dato fare previsioni al riguardo, se si tiene conto del fatto che il nostro Paese era

assente, a livello ufficiale, alla Prima Conferenza internazionale delle Autorità anti-

corruzione, tenutasi a Pechino, alla presenza dei massimi vertici della Repubblica

Popolare, dal 22 al 26 ottobre 2006.

Trattasi, nondimeno, di fenomeni di diffusa illegalità, che non possono lasciare

indifferente nessun Paese e, meno che mai, un’economia, come quella italiana, che

può prosperare soltanto facendo fronte alla concorrenza internazionale, diminuendo i

propri costi e cercando di contenere quelli imposti in altri mercati.

Studi recenti, effettuati anche in Italia, hanno dimostrato significative

correlazioni tra i livelli di corruzione e la crescita economica, giacché, se le dazioni

corruttive si presentano come un dato che caratterizza in modo essenziale, per così

dire ambientale, la generalità delle attività economiche, esse di fatto vengono ad

imporre, come si riconosce da tutti, un costo fisso che grava, occultamente,

soprattutto sulle medie e piccole imprese, che sono le più esposte alle sollecitazioni

illegali delle strutture burocratiche di ogni livello, mentre le grandi imprese se ne

difendono con maggiore successo, in quanto dispongono solitamente di altri,

differenziati, mezzi di dissuasione e di pressione, in grado non soltanto di resistere alla

maggior parte delle richieste corruttive, ma anche di ottenere – a loro volta e se

necessario – effetti distorsivi a proprio vantaggio.

Aumentando i costi di produzione, eccessivi livelli di corruzione possono, quindi,

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107

rendere meno competitiva l’economia di un Paese sia svantaggiandone le imprese

rispetto alla concorrenza internazionale, sia dissuadendo gli investimenti esteri in

ragione del rischio di minore remunerazione dei capitali investiti.

La percezione dell’esistenza in Italia di alti livelli di corruzione, intesi come

elevata propensione degli agenti pubblici ad accettare e sollecitare dazioni corruttive

per svolgere o non svolgere le proprie funzioni, distorcendo le regole della

competitività, è confermata anche dai dati che è possibile rilevare nell’ambito –

necessariamente limitato, come si dirà - di osservazione che è proprio della

giurisdizione della Corte dei conti, e specificamente della Procura Generale.

Nel 2006 le Sezioni giurisdizionali della Corte hanno emesso, sia in primo che in

secondo grado, 75 sentenze (52 in primo grado e 23 in grado di appello) su

responsabilità amministrativo-contabili per fatti di corruzione ascrivibili ad agenti

pubblici. Quanto al primo grado, tali fattispecie costituiscono l’oggetto di oltre il 10%

del totale delle decisioni (1.54974) che hanno definito giudizi di responsabilità.

Nella tabella seguente si riporta il dettaglio dei dati, riferiti all’anno 2006.

SEZIONE SENTENZE ASSOLUZIONI CONDANNE RISARCIMENTI (Euro)

Val d’Aosta Piemonte 2 2 110.000 Lombardia 21 5 16 6.394.217,23 Veneto 2 2 Friuli V.G. 2 1 1 20.000 Trento 1 1 22.000 Bolzano Liguria 4 1 3 249.063,11 Emilia Rom. 1 1 11.119 Toscana 2 2 12.200 Marche 1 1 Umbria 1 1 Lazio 7 1 6 4.100.000 Abruzzo 2 2 508.000 Molise Campania 1 1 26.000 Puglia 1 1 132.000 Basilicata Calabria Sardegna Sicilia (I°gr.) 5 5 205.474,44 1^ appello 11 1 10 77.468,53 2^ appello 6 1 5 100.224,10 3^ appello 4 1 3 216.911,90 Sicilia App. 2 1 1 2.582,28

Disaggregando per ente danneggiato il dato dei danni accertati e per i quali vi è

stato risarcimento ovvero condanna al risarcimento nell’anno considerato – si tratta di

Page 108: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

108

oltre 12,190 milioni di euro (per la precisione € 12.191.260,59) – si rileva che in 38

giudizi, vale a dire in circa il 50% dei casi, si sono riscontrati fatti corruttivi nell’azione

di amministrazioni statali (ben 19 i casi in pregiudizio dell’amministrazione

finanziaria). Le cause per i danni cagionati da percezione di “tangenti” contro

amministratori e dipendenti di enti territoriali e di altri enti pubblici (intesa come

categoria residuale) sono state - rispettivamente – 15 e 22.

I dati che precedono possono, soltanto all’apparenza, considerarsi

relativamente positivi, in quanto sembrano testimoniare il carattere non diffuso delle

pratiche corruttive nell’azione delle pubbliche amministrazioni. In realtà, occorre

considerare che all’esame della Corte dei conti, in quanto giudice delle responsabilità

degli agenti pubblici per corruzione in pregiudizio degli enti di appartenenza,

pervengono soltanto i casi che sono stati oggetto di rinvio al giudizio penale, di fatto

non essendo possibile al P.M. contabile, per l’esiguità degli stanziamenti in favore delle

Procure regionali, l’avvio e l’effettuazione di investigazioni autonome sui casi in

questione. In altri termini, vuoi per siffatte obiettive limitazioni, vuoi per

l’occultamento doloso che solitamente accompagna i fatti di corruzione, la più

contenuta casistica emersa all’attenzione del giudice contabile depone non già per

un’attenuazione del fenomeno, ma soltanto per accresciute difficoltà nelle attività di

indagine e di contrasto di tale tipo d’illecito.

Con specifico riferimento ai dati concernenti il tipo di ente danneggiato da fatti

di corruzione, la prevalenza delle fattispecie di danno in pregiudizio di Amministrazioni

dello Stato trova spiegazione non in una poco credibile minore propensione criminale

dei dipendenti statali, ma nel fatto che l’azione amministrativa posta in essere da

questi agenti è sottoposta, a differenza che in altri enti pubblici, a maggiore

regolazione da parte di norme secondarie e alla sussistenza di un minimo di controllo

esterno e neutrale, altrove del tutto scomparso.

F. – Le emergenze (Estensore: V.P.G. Maria Giovanna Giordano).

1. - La gestione delle emergenze

Il terremoto in Irpinia e Basilicata del 23 novembre 1980, col suo tragico

bilancio di 2.000 morti, 10.000 feriti e 300.000 senzatetto e l’ondata emotiva che ne

seguì diedero lo spunto ad una legislazione speciale, sviluppatasi negli anni 80, che

poneva le basi di un efficiente sistema inteso a fronteggiare l’emergenza, sfociato poi

nella legge 24 febbraio 1992, n,. 225, istitutiva del Servizio nazionale di protezione

civile.

Essa definisce attività di protezione civile quelle volte alla previsione e

74 Il dato, per quanto riguarda le Sezioni giurisdizionali di primo e di secondo grado, è stato ricavato dalla

Relazione del Presidente sull’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte nel 2007 (638 sentenze di condanna + 352 sentenze di assoluzione + 559 decisioni per altre modalità di definizione).

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109

prevenzione delle varie ipotesi di rischio ed ogni altra attività necessaria ed

indifferibile, diretta a superare l'emergenza, sia essa connessa ad eventi naturali o ad

attività dell'uomo, ovvero a calamità naturali.

In particolare l’art. 2, prevede che, in presenza di “calamità naturali, catastrofi o

altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e

poteri straordinari” entri in funzione un sistema derogatorio alle ordinarie

competenze, che si caratterizza per:

- l’assunzione della gestione dell’emergenza da parte del Presidente del Consiglio dei

ministri, con la possibilità di avvalersi di un Commissario delegato per l’attuazione

degli interventi;

- la potestà “di emanare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente”, fatti salvi i

principi generali dell’ordinamento giuridico.

Il procedimento inizia con la dichiarazione dello stato di emergenza da parte

dello stesso Presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio dei Ministri. La

dichiarazione deve definire la durata e l’estensione territoriale dello stato di

emergenza, in riferimento alla qualità e alla natura degli eventi. Per l’attuazione degli

interventi di emergenza si provvede attraverso ordinanze.

Nella prassi, la legge (artt. 3, comma 5, e 5) è stata intesa come un

generalizzato potere di deroga e non come disposizione diretta a disciplinare i casi per

i quali l’emergenza fosse talmente grave ed imminente da non poter essere

fronteggiata con i mezzi della amministrazione ordinaria. In sede operativa,

l’intervento del Dipartimento della Protezione civile sul territorio ha dunque assunto

dimensioni sempre più rilevanti, non solo per i numerosi eventi naturali verificatisi

negli ultimi anni. Infatti, in molti casi gli interventi sono stati attuati, talvolta

sovrapponendosi rispetto agli strumenti propri dell’intervento ordinario, con il ricorso

all'emergenza tramite gli strumenti acceleratori della Protezione civile, la cui

trasparenza gestionale veniva peraltro gravemente compromessa da eccessive

semplificazioni contabili e di controllo. Le modalità espositive periodiche delle

risultanze gestionali, infatti, sono di norma estremamente carenti, affidate a modelli

rappresentativi dei dati contabili sintetici globali e sorrette da documentazioni

giustificative strettamente legate ai fenomeni contabili in senso proprio e privi degli

elementi essenziali per una «misura» delle attività gestorie sottostanti, sotto il profilo

della efficacia, efficienza e buon andamento della gestione.

La normativa successivamente intervenuta ha precisato che il potere di

ordinanza deve essere esercitato d’intesa con le Regioni interessate75.

75 (art. 107 del d.lgs. n. 112/1998, concernente il Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello

Stato alle Regioni e agli enti locali, in attuazione del capo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché art. 5, c. IV bis, del d.l. n. 343/2001 che reca disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 9/11/2001, n. 401)

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Il ricorso al potere di ordinanza, dunque, è andato progressivamente

svincolandosi dalla tradizionale nozione di soccorso in presenza di eventi calamitosi,

per includere altre situazioni di pericolo, reale o presunto tale, che legittimano

l’esercizio di poteri straordinari.

A tale ampliamento sotto il profilo oggettivo s’è venuto ad accompagnare un

ampliamento soggettivo nel numero dei soggetti attuatori degli interventi, che ha

visto, accanto al Commissario straordinario, di norma il Capo del Dipartimento della

Protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri o il Presidente della

Regione interessata dall’emergenza, più Vice e Subcommissari, nominati nella persona

di Sindaci, Assessori, Prefetti, Generali, o altri funzionari pubblici.

È stato sottolineato76 il notevole avvicendamento dei Commissari, che,

evidentemente, non ha giovato alla continuità dell’azione amministrativa, i casi di

rinnovo dei poteri commissariali intervenuti a distanza di tempo dalla scadenza del

precedente stato di emergenza, ma soprattutto la circostanza che, nella maggior parte

dei casi, non si è proceduto a formale passaggio di consegne fra le vecchie e le nuove

gestioni.

Il potere di ordinanza s’è estrinsecato in un numero rilevante di deroghe ad

interi corpi di normativa nazionale e comunitaria in materia di appalti pubblici,

espropriazioni, contabilità pubblica, urbanistica, edilizia, tutela dell’ambiente, enti

locali, assunzioni, inquadramenti e trattamento economico del personale.

In dispregio delle disposizioni di legge77, non sempre si è provveduto ad

indicare le norme cui le stesse ordinanze permettono di derogare, provocando una

serie di ricorsi amministrativi sul punto, che hanno gravemente rallentato l'attività

commissariale. Alcune volte la legge è intervenuta a sanare l'annullamento di

ordinanze da parte del Giudice amministrativo78.

2. – Le emergenze in atto.

La casistica di emergenze in atto, che impegnano le strutture della Protezione

civile è ampia e variegata, come può desumersi dai seguenti prospetti, che offrono una

panoramica sui diversi settori d’intervento.

EVENTI ALLUVIONALI

76 Corte dei conti, Sezione controllo gestione Stato, Deliberazione n. 6/2007/G 77 L’art. 5, c. V recita “Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione

delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate”. 78 Cfr. decreto-legge 7 febbraio 2003, n. 15, convertito dalla legge 8 aprile 2003, n. 62 -recante, tra le

altre, disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di emergenza ambientale- in cui, all’art. 1-ter, c. III, si dispone la conferma e la salvezza delle ordinanze di protezione civile e dei conseguenti provvedimenti emanati in regime commissariale, sul territorio nazionale, inerenti alle situazioni di emergenza già decretate.

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EVENTI ALLUVIONALI - DISSESTI IDROGEOLOGICI nella REGIONE CAMPANIA Salerno, Avellino e Caserta 5 e 6 maggio 1998

EVENTI ALLUVIONALI PARMA e provincia 21 e 22 ottobre 2002

EVENTI ALLUVIONALI VARIE REGIONI maggio, agosto, settembre e novembre 2002 - EMILIA ROMAGNA EVENTI ALLUVIONALI PROVINCIA AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA 29 agosto 2003

EVENTI ALLUVIONALI MASSA CARRARA e provincia 23 e 24 settembre 2003

EVENTI ALLUVIONALI EVENTI METEOMARINI PROVINCE DI FERRARA - RAVENNA - FORLI' - CESENA e RIMINI 24 settembre 2004

EVENTI ALLUVIONALI province di LECCE E TARANTO 13 e 14 ottobre 2004

EVENTI ALLUVIONALI regione autonoma FRIULI VENEZIA GIULIA 31 ottobre - 1° novembre 2004

EVENTI ALLUVIONALI provincia di MATERA 12 - 13 - 14 novembre 2004

EVENTI ALLUVIONALI regione PUGLIA 12 - 13 - 14 ottobre 2004

EVENTI ALLUVIONALI provincia di CHIETI CROLLO VIADOTTO 24 ottobre 2004

EVENTI ALLUVIONALI regione CALABRIA 3 - 13 - novembre 2004

EVENTI ALLUVIONALI province di CAGLIARI, NUORO, SASSARI A PARTIRE DAL 6 DICEMBRE 2004 PRECIPITAZIONI NEVOSE regioni MARCHE e BASILICATA 20 – 30 gennaio 2005 prorogato solo BASILICATA

EVENTI ALLUVIONALI regione CAMPANIA 4 e 5 MARZO 2005

EVENTI ALLUVIONALI regione autonoma FRIULI VENEZIA GIULIA 9 settembre 2005

EVENTI ALLUVIONALI regione PUGLIA - BARI E BRINDISI - 22 e 23 ottobre 2005

EVENTI ALLUVIONALI provincia di RIMINI eventi 23-27 novembre 2005

EVENTI ALLUVIONALI province di Catania e Messina eventi 22 ottobre 2005 + Regione Siciliana 12, 13 e 14 dicembre 2005

EVENTI ALLUVIONALI Comune di VIBO VALENTIA - 3 luglio 2006

EVENTI ALLUVIONALI regioni MARCHE, LIGURIA e VENETO - 14 - 17 settembre 2006

EVENTI ALLUVIONALI regione BASILICATA - febbraio - marzo 2006

EVENTI ALLUVIONALI Comune di SALERNO - 21 e 22 ottobre 2006

Stupisce constatare che ogni anno eventi metereologici determinino situazioni

d’emergenza, il cui superamento richiede tempi molto lunghi, come nel caso della

Campania, che a distanza di circa dieci anni ancora non trova soluzione.

DISSESTI IDROGEOLOGICI

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DISSESTO IDROGEOLOGICO - Comune di ROMA - NOVEMBRE 2004

DISSESTO IDROGEOLOGICO - Comune di CERZETO (Cosenza) - 7 marzo 2005

DISSESTO IDROGEOLOGICO - Comune di NARO (Agrigento)

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di LOIANO (Bologna) Gole di Scascoli

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di SAN GIUSEPPE JATO - Palermo

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di NISCEMI - CL - aggravamento

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di MEZZOJUSO e PORTO EMPEDOCLE stagione invernale 244/2005 -

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di FRASSINORO - MONTEFIORINO (Modena)

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di TERAMO loc. La Torre

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di ISCHIA Frazione PILASTRI

MOVIMENTO FRANOSO - Comune di MONTAGUTO prov. AVELLINO

MOVIMENTO FRANOSO - Comuni di GUIDONIA MONTECELIO E TIVOLI in provincia di Roma

TORRENTE FERREGGIANO E TORRENTE STURLA.

CROLLO EDIFICIO - comune di Monterenzio (Bologna)

Il dissesto idrogeologico del nostro paese, che da tempo è oggetto di studio e di

articolati interventi legislativi di riordino e trasferimento di competenze amministrative

in materia di difesa del suolo, continua a provocare movimenti franosi in tutto il

territorio nazionale e crolli di edifici nelle grandi città, dove deficit strutturali di

progettazione si sposano a carenti nozioni geognostiche.

EVENTI SISMICI

SISMA - MARCHE e UMBRIA - 27 settembre 1996

SISMA - TERNI e provincia - 16 dicembre 2000

SISMA - SICILIA - ETNA luglio 2001 - ottobre 2002

SISMA - MOLISE e PUGLIA - 31 ottobre 2003

SISMA - provincia di BRESCIA - 24 novembre 2004

ATTIVITA' VULCANICA

ATTIVITA' VULCANICA - ETNA

ATTIVITA' VULCANICA - STROMBOLI

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EMERGENZA IDRICA

EMERGENZA IDRICA - ISOLA DI PANTELLERIA

EMERGENZA IDRICA – SIMBRIVIO -

EMERGENZA IDRICA - territorio nazionale

Tali emergenze hanno riguardato criticità del sistema portuale e

dell’approvvigionamento idrico nel territorio dell’isola di Pantelleria, la situazione di

inquinamento e di crisi idrica in atto nel territorio dei comuni a Sud di Roma, serviti

dal Consorzio per l'acquedotto del Simbrivi ed infine emergenza nei territori delle

regioni dell’Italia centro settentrionale interessati da criticità.

EMERGENZA AMBIENTALE

EMERGENZA AMBIENTALE - grave inquinamento LAGUNA DI ORBETELLO

EMERGENZA AMBIENTALE - BACINO IDROGRAFICO FIUME SARNO - situazione socio-economica-ambientale conseguenti ad alluvioni e dissesti idrogeologici del 1998.

EMERGENZA AMBIENTALE - CALABRIA – situazione di crisi socio economico ambientale determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, speciali e speciali pericolosi, bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione.

EMERGENZA AMBIENTALE – CAMPANIA - stato di emergenza in materia di bonifica dei suoli , delle falde e dei sedimenti inquinati, e di tutela delle acque superficiali della regione

EMERGENZA AMBIENTALE - ROMA e provincia - emergenza nei settori dello smaltimento di rifiuti nel territorio della regione Lazio e della gestione delle attività di delocalizzazione dei centri di autodemolizione

EMERGENZA AMBIENTALE - SICILIA - stati di emergenza in materia di gestione dei rifiuti urbani, speciali, speciali pericolosi, nel settore della rottamazione e demolizione dei veicoli fuori uso e dei relativi componenti e materiali, bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione in atto nel territorio della regione

EMERGENZA AMBIENTALE - PUGLIA - emergenza ottobre 1994 nei servizi di approvvigionamento, adduzione e distribuzione idrica di fognature, di depurazione, di recapito delle acque depurate e di smaltimento dei rifiuti solido-urbani

EMERGENZA AMBIENTALE - TOLMEZZO

EMERGENZA AMBIENTALE - LAGUNA di MARANO GRADO

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114

EMERGENZA AMBIENTALE – bonifica area ex oleificio ECOLIBARNA

EMERGENZA AMBIENTALE - CENGIO e SALICETO

ROTTAMAZIONE VEICOLI - regione siciliana

RIMOZIONE SEDIMENTI INQUINANTI - Laguna di VENEZIA

EMERGENZA AMBIENTALE - Inquinamento fiume Sacco - prov. di Roma e Frosinone

EMERGENZA AMBIENTALE - inquinamento asta fluviale del Bacino del fiume Aterno.

EMERGENZA AMBIENTALE - comune di Acerra (Napoli) inquinamento ambientale da

diossina.

EMERGENZA AMBIENTALE - comune di Cogoleto Genova inquinamento ambientale

Stabilimento Stoppani.

EMERGENZA AMBIENTALE - comune di Campello sul Clitunno esplosione della

raffineria “Umbria olii”.

Dichiarazione dello stato di emergenza, come sotto riportato, si sono avute

persino nel settore del traffico e della mobilità urbana per molte città italiane (per

quelle di Messina, Napoli e Roma la scadenza è stata prorogata al 31 dicembre

2008).

EMERGENZA TRAFFICO

TRAFFICO - MESTRE

TRAFFICO - VENEZIA

TRAFFICO - ROMA

TRAFFICO - MESSINA

TRAFFICO – NAPOLI

Emergenze di varia natura sono state affrontate, in relazione al transito

migratorio o turistico, per la messa in sicurezza di dighe, per disincagliare

imbarcazioni o per crolli di edifici, come risulta dal seguente prospetto:

VARIE

CARENZE INFRATTUTTURALI PORTO DI LAMPEDUSA - LINOSA

ISOLA DI LIPARI - idrico - afflusso turistico

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115

EXTRACOMUNITARI

MESSA IN SICUREZZA GRANDI DIGHE

DISINCAGLIO MOTONAVE OSTUNI Hanife Ana

MESSA IN SICUREZZA DIGA DI BEAUREGARD - COMUNE DI VALGRISENCHE

CROLLO EDIFICIO - COMUNE DI MONTERENZIO (B0)

Siamo in attesa dell’emergenza incendi, che puntuale si manifesterà non

appena ci si sia inoltrati nella stagione estiva.

Le strutture della Protezione civile vengono sempre più frequentemente

mobilitate per eventi non solo prevedibili, ma addirittura programmati con congruo

anticipo sulla loro realizzazione come nel caso dei cosiddetti “grandi eventi”.

GRANDI EVENTI

GRANDI EVENTI - ROMA - mondiali di nuoto “ROMA 2009”

GRANDI EVENTI - PESCARA - XVI Giochi del Mediterraneo

GRANDI EVENTI - campionati del mondo di ciclismo su strada 2008

GRANDI EVENTI - pellegrinaggio - incontro dei giovani italiani denominato “AGORA'

dei giovani italiani” LORETO agosto settembre 2007

GRANDI EVENTI - “EUROPA 2007”

Non manca infine l’utilizzazione del dispositivo per interventi sulla scena

internazionale conseguenti a stati di criticità in cui versano le popolazione del sud del

Mondo, come quelle in atto per il Sudan e per il Monzambico.

INTERNAZIONALE

INTERNAZIONALE - SUDAN -

INTERNAZIONALE - Repubblica del MOZAMBICO -

3. - L’emergenza rifiuti in particolare.

Tra questa congerie di interventi, la Corte dei conti ha avuto modo

recentemente di condurre un’indagine su “La gestione dell’emergenza rifiuti effettuata

dai Commissari straordinari del Governo”79, che oltre a riscontrare un disallineamento

tra i dati forniti alle Sezioni di tesoreria provinciale e quelli rilevabili dal sistema

integrato della Ragioneria generale dello stato – Corte dei conti (sirgs), riguardanti le

relative contabilità speciali, ha ampiamente illustrato l’esito negativo delle gestioni

79 Corte dei conti, Sezione controllo gestione Stato, Deliberazione n. 6/2007/G

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116

commissariali dello smaltimento dei rifiuti nelle regioni interessate - Campania, Puglia,

Calabria, Sicilia, Lazio: una spesa totale di 1,8 miliardi di euro, il 21% dei quali per

stipendi e funzionamento delle sedi; impianti in buona parte non realizzati; disfunzioni

e sprechi, come i 725 mila euro che se ne sono andati in Campania per le sole

telefonate in cinque anni; mancanza di campagne di sensibilizzazione ed educazione

ambientale; infiltrazioni malavitose come conseguenza dell'affidamento di lavori a

imprese spesso non competitive e inefficienti. Insomma, “un intreccio difficilmente

districabile tra interessi pubblici e privati”.

La Corte conclude affermando che la struttura organizzativa dell'emergenza

rifiuti “ha perso gli originali caratteri della precarietà ed eccezionalità, e si è

configurata come una complessa e duratura organizzazione “extra ordinem”, che si è

affiancata a quella ordinaria, bloccandone spesso l'operatività”. Questa situazione “ha

favorito una prassi abnorme, che ha portato all'adozione di regimi commissariali

derogatori anche per situazioni di pericolo determinate sostanzialmente da inefficienze,

ritardi e imprevidenza degli ordinari apparati amministrativi”. Dell’insieme di deroghe

viene sottolineato il contrasto con lo spirito della riforma del titolo V della Costituzione.

La Sezione ha complessivamente evidenziato una serie di anomalie e illeciti,

che ha portato a conoscenza di varie Autorità e Amministrazioni, della Commissione

parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

nonché delle Procure regionali presso le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti per

le Regioni della Campania, della Puglia, della Calabria e della Sicilia.

Queste ultime hanno aperto varie vertenze sulle ipotesi di danno erariale

emergenti.

Altre indagini erano state avviate su segnalazione degli stessi Commissari per

l’emergenza, dei Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica del Dipartimento della Ragioneria

generale dello Stato, a seguito di verifiche amministrativo-contabili eseguite presso gli

uffici dei Commissari. Numerose notizie di danno erano emerse anche da indagini

penali nonché dagli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti

e sulle attività illecite ad esso connesse, della XIV legislatura. Questi ultimi hanno

posto in luce la commistione esistente tra rifiuti ed “ecomafia”80, consapevole degli

affari economici dietro lo smaltimento dei rifiuti, che è solo un aspetto del quadro di

illegalità diffusa presente in alcune Regioni d’Italia, dove “il notevole margine dei

profitti connessi allo smaltimento illecito dei rifiuti è pari addirittura alle tradizionali

fonti di arricchimento mafioso, quali il traffico degli stupefacenti”.

Il circuito produttivo è appesantito da oneri crescenti per il costo di smaltimento

dei cascami della produzione ed allora l’imprenditoria deviata ricerca la complicità e il

sostegno delle situazioni locali e della burocrazia corrotta per ridurre i costi di

smaltimento senza preoccuparsi di ciò che crea il danno di una discarica abusiva:

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117

l'inquinamento del suolo, delle acque, dell'atmosfera, il danno biologico alla salute

degli abitanti. Molto spesso i materiali di risulta da smaltimento dei rifiuti vengono

utilizzati come compattamento o per le fondamenta di strutture edilizie abusive e i

residui inerti vengono usati nell'industria cementiera.

Per i privati imprenditori che producono rifiuti di vario tipo, la raccolta,

selezione e smaltimento, di quelli speciali e pericolosi, rappresenta un elemento di

costo che incide sul prodotto finito. L'impresa che si libera illegalmente o

fraudolentemente dei propri rifiuti consegue economia di costi e di gestione e si

avvantaggia rispetto all'impresa rispettosa di tutti gli oneri e adempimenti previsti

dalla normativa.

Anche gli enti pubblici hanno necessità di trovare una soluzione di smaltimento

che consenta loro di liberarsi dei rifiuti in modo sollecito, senza conflitti sociali e a

prezzi più contenuti possibile. Pertanto, mentre si ha cura del massimo rispetto della

regolarità formale delle procedure di smaltimento, non ci si preoccupa di controllare le

modalità di esecuzione delle opere e degli appalti, né di verificare il rispetto delle

normative poste a difesa dell'ambiente e della salute, per non dire dell'economicità di

gestione.

Così in tutte le diverse fasi del ciclo dei rifiuti, si affacciano imprese che

provengono dal nulla e tornano nel nulla, senza storia, senza mezzi, senza

professionalità. Si presentano offerte non supportate da alcuna analisi costo-prezzi

profitto, con ribassi azzardati e non rispondenti alla logica di mercato. Ciò avviene

perché l'offerta è governata da accordi preconfezionati in regime spartitorio e con

ricadute in termini clientelari, familistici, pacchetti di voto.

Il proliferare di imprese nel ciclo rifiuti nasconde una sostanziale situazione di

oligopolio, che formalmente assicura una congrua presenza di partecipanti a ciascuna

gara, ma in realtà manovra, con complicità o acquiescenza dell'ente locale, il prezzo di

aggiudicazione oltre che il vincitore di gara. E non importa che opere che richiedono

una forte organizzazione aziendale di professionalità e mezzi tecnici, vengano

aggiudicate a soggetti senza spessore tecnico e che gare alla quali partecipano

parecchie ditte vengano acquisite da imprese che si aggiudicano l'appalto con l'offerta

del massimo ribasso dello 0,4%, un'offerta che è frutto di un accordo intervenuto o

imposto tra tutti i partecipanti, grazie a contiguità, infiltrazioni, condizionamenti

all'interno degli organismi locali e dell'apparato istituzionale.

È lecito sospettare che anche le ricorrenti proteste emotive delle popolazioni

contro impianti o progetti di impianti collegati della gestione dei rifiuti rispondano ad

una regia imbastita in solido da interessi legali e da interessi criminali, perché politica

e crimine talvolta insistono sullo stesso territorio non sempre confliggendo. Infatti,

puntualmente, ad ogni piano, ad ogni soluzione di gestione integrata del rifiuto, ci si

80 Con il termine ecomafia si indica la criminalità organizzata, quella economica e quella ambientale

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118

trova sempre innanzi alla questione della scelta del sito della discarica,

dell'inceneritore-termovalorizzatore, dell'impianto di compostaggio, che anima la

resistenza locale e vanifica la pianificazione su vasta scala.

4. – Le fattispecie di danni connessi alle emergenze.

Le fattispecie illecite produttive di danno erariale esaminate dalle Procure

contabili hanno riguardato l’attività contrattuale, gli appalti pubblici, le consulenze, le

irregolarità nelle procedure di espropriazione, le attività di reclutamento e gestione del

personale.

Solo nel 2006 sono stati emessi atti di citazione in relazione ad attività

connesse all’ambiente per euro 15.436.378,67, come emerge del seguente prospetto.

Citazioni per danni erariali attinenti problematiche a carattere ambientale

Regione Emergenza Rifiuti Emergenza Idrica Ambientale varie

ecc. Totale

Campania 1.100,00 1.770.987,00 6.517.931,57

2.840.869,52 1.334.531,55

4.631,31

1.832.603,25 Totale

Campania 2.841.969,52 1.770.987,00 9.689.697,68 14.302.654,2

0

Molise 18.165,52 67.619,92

29.810,23 54.917,45

110.645,70

138.346,59

58.794,80

73.682,30

62.870,79

45.438,11

57.721,29

48.412,43

235.761,21

43.352,40

25.822,84 Totale Molise 47.975,75 0,00 1.023.385,83 1.071.361,58

Piemonte 20.000,00

Totale

Piemonte 0,00 0,00 20.000,00 20.000,00

Toscana 44.362,89

1.000,00

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119

Totale Toscana 0,00 0,00 45.362,89 45.362,89

Totale Generale 2.889.945,27 1.770.987,00 10.778.446,40

15.436.378,67

Nel 2007 finora risultano emessi vari atti di citazione per circa 5 milioni di danni,

come emerge dalla seguente tabella:

Citazioni per danni erariali attinenti problematiche a carattere ambientale

Regione

Emergenza Rifiuti Emergenza Idrica Ambientale varie

ecc.

TOTALI

Campania 598.905,70

Totale Campania 598.905,70 0,00 0,00 598.905,70

Molise 29.827,00

112.648,33

Totale Molise 0,00 0,00 142.475,33 142.475,33

Sicilia 640.043,10

Totale Sicilia 0,00 0,00 640.043,10 640.043,10

Totale Generale 598.905,70 0,00 782.518,43 1.381.424,13

In conclusione, in ordine alla gestione delle emergenze, se è stato

indispensabile concentrare in un unico centro decisionale tutte le fasi del processo di

formazione della volontà della pubblica amministrazione, estromettendo dal

procedimento gli organi ordinari di amministrazione e se è stato necessario dotare tale

centro di enormi capacità di spesa su fondi nazionali e comunitari, con procedure

contabili semplificate, tutto ciò ha spesso costituito incentivo ad una esagerata e

strumentale dilatazione della nozione di emergenza protesa a trarre vantaggio dal

regime derogatorio commissariale largamente applicato in materia di appalti,

commesse, assunzioni, gestione finanziaria. In realtà, appare di ravvisare anche un

concorde interesse a livello regionale ed a livello ministeriale a mantenere in piedi

strutture che si muovono con procedure extra ordinem e spesso contra legem nel

superamento non solo della legalità formale ma di quella sostanziale.

Appare conducente richiamarsi al monito della Corte dei conti, che già nella

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120

relazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 1990, in

presenza di sospette devianze, aveva avuto modo di considerare che il potere

derogatorio commissariale avrebbe dovuto essere “attribuito, in caso di necessità ed

urgenza, in relazione all'avveramento di eventi straordinari ad elevata pericolosità

attuale e potenzialità diffusiva e trova titolo specifico nell'esigenza della pronta

iniziativa e del coordinamento dell'attività di intervento e di soccorso. Detto potere

deve, quindi, adeguarsi alle reali dimensioni della concreta situazione di fatto che si

tratta di fronteggiare, in modo tale che le misure adottate siano proporzionali alle

dimensioni territoriali e temporali dell'evento“.

G. – Finanziamenti comunitari, irregolarità e frodi, azioni di contrasto.

(Estensore: V.P.G. Paolo Luigi Rebecchi)

1. – Politiche di coesione e Politica agricola: finanziamenti UE e “rettifiche” a

carico dell’Italia.

I rapporti finanziari con l’Unione europea costituiscono un aspetto di interesse

anche con riferimento all’attività di parificazione del rendiconto generale dello Stato

per il 2006, in ordine ai quali si rinviene un quadro dettagliato nella relazione annuale

2006 della Sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali della Corte

dei conti (“I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi

comunitari al 30 giugno 2006”- delibera n. 1 / 2007 del 16 febbraio 2007).

Dalla relazione si evince che l’ammontare complessivo delle risorse proprie

affluite all’ Unione alla fine dell’esercizio 2005 è stato di 100,8 miliardi di euro,

nell’ambito del quale una percentuale sempre più rilevante è stata assunta dalla

risorsa RNL (70,3%).

Le spese di funzionamento incidono il 5,9% sul totale. Il loro ammontare

complessivo nel 2005 è stato di 104,8 miliardi di euro, di cui quelle della politica

agricola ammontano al 46,2%. Le politiche strutturali hanno assorbito il 31,3% del

totale della spesa.

La quota italiana di versamenti all’UE nel 2005 è stata di 12,4 miliardi di euro e

nello stesso anno l’ UE ha accreditato all’Italia la somma di 10,6 miliardi di euro, con

una differenza di 1,8 miliardi di euro che fanno dell’Italia un contribuente netto

dell’Unione, confermando l’andamento del sessennio 1999-2005 nel quale il saldo

negativo é stato pari a 8.380,7 milioni di euro (oltre a 7.644,2 a titolo di correzione

degli squilibri di bilancio a favore del Regno Unito), per un totale di 16.024,9 (o di

19.589,4 milioni secondo il ministero dell’economia e finanze, in relazione a conguagli

a sfavore dell’Italia a seguito dell’adozione dei bilanci rettificativi ed alla differenza

derivante dai dazi doganali e prelievi agricoli riscossi dall’Italia sulle merci destinate

alla Repubblica di San Marino).

L’Unione eroga agli Stati membri la maggior parte delle risorse per la politica di

Page 121: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

121

coesione e per la politica agricola comune.

Nell’ambito della politica di coesione le risorse, fino al 2006, sono state

indirizzate principalmente al raggiungimento di tre macrofinalità definite dagli obiettivi

“1” (sviluppo e adeguamento strutturale delle regioni arretrate) “2” (riconversione

economica di aree urbane in difficoltà, zone in crisi dipendenti dalla pesca e zone in

riconversione fortemente dipendenti dai servizi caratterizzate dallo stesso problema di

mancanza di diversificazione economica) e “3” (crescita economica e l'espansione

dell'occupazione, coadiuvate da un processo di riforma e rinnovamento dei sistemi

riguardanti l'istruzione, la formazione ed il mercato del lavoro).

L’importo delle risorse utilizzate e riconosciute dalla Commissione nell’ambito dei

programmi inseriti nei vari obiettivi indica i livelli di realizzazione finanziaria dei

progetti ammessi al finanziamento.

La relazione richiama i risultati raggiunti con riferimento al periodo di

programmazione 1994-1999. In particolare con riguardo all’obiettivo 1- è risultato il

92,83% per gli interventi cofinanziati dal FESR; e l’ 82,25% per quelli relativi al FSE,

con situazioni notevolmente inferiori e sicuramente insoddisfacenti per quanto attiene

al Fondo europeo agricolo di Orientamento e Garanzia – Sezione Orientamento -

FEAOG-O ed allo Strumento finanziario di orientamento della pesca - SFOP le cui

percentuali (rispettivamente, 47,58% e 0,11%) risentono della mancata chiusura, al

30 giugno 2006, della maggior parte dei programmi relativi (v. in particolare pag. 66

della relazione).

Quanto alla programmazione 2000-2006, i dati dell’ultimo aggiornamento fino al

31 dicembre 2006 sono resi disponibili da MEF ed indicano , per l’obiettivo 1

un’attuazione finanziaria a complessiva per il 93,7 % delle risorse impegnate ed il 63,1

% delle risorse pagate ai beneficiari finali. Le risorse complessivamente impegnate

sull’obiettivo 1 nel periodo 2000-2006 sono state quindi di 43,1 miliardi di euro con

pagamenti per 29,09 miliardi di euro.

Per la programmazione 2007-2013, risultano attuati gli adempimenti

regolamentari fondamentali quali i nuovi Regolamenti relativi ai fondi strutturali e la

decisione 4 agosto 2006 con la quale la Commissione ha provveduto ad una

ripartizione indicativa per Stato membro degli stanziamenti per risorse ammontanti ad

oltre 21,2 miliardi di euro, per quanto attiene all’obiettivo “Convergenza” (ex obiettivo

1).

Quanto alla Politica agricola comune (PAC) la relazione richiama, in particolare,

le modifiche normative procedimentali attuate nelle modalità di erogazione dei

finanziamenti agli agricoltori, la gestione delle quote latte e del connesso prelievo

supplementare relativo alla campagna lattiero-casearia 1° aprile 2005-31 marzo 2006

e gli eventi, quali la gestione dei crediti, verificatisi entro il 2006, evidenziando che la

gestione della PAC è stata caratterizzata “…da un incremento di oltre il 9% (494

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122

milioni di euro) delle spese dichiarate dagli organismi pagatori italiani, da una

penalizzazione finanziaria complessiva a carico dell’Italia pari a 389 milioni di euro

(ben il 6,6% della spesa dichiarata e rimborsabile) per ritenute operate dalla

Commissione in relazione a rettifiche finanziarie per inosservanza della normativa

comunitaria, ivi comprese quelle concernenti i prelievi supplementari nel settore delle

quote latte; dalla rilevazione che alla fine del 2006 è stata solo in parte attuata la

regionalizzazione delle attività di organismo pagatore, prevista dalla normativa

nazionale del 1999; dalla constatazione, avvalorata dai dati di gestione, del

perdurante mancato perseguimento dell’obiettivo principale della normativa

concernente il prelievo supplementare nel settore delle quote latte: cioè che tutti i

produttori eccedentari paghino il dovuto prelievo. Nella campagna in esame, nei

confronti della precedente, si registra un fenomeno di ampliamento, generalizzato in

quasi tutta Italia, della inosservanza dei vincoli normativi e di inadempienza degli

obblighi a tali vincoli connessi: è quasi quadruplicato il numero delle imputazioni

(5.858), anche se il loro valore medio si è ridotto ad un terzo, consentendo così di

contenere nell’importo, ragguardevole in termini assoluti, di 198 milioni di euro (più

34%) la “penale” comunitaria che l’Italia paga per quei produttori (il 13% del totale)

non in regola con le imputazioni di prelievo; dalla ultimazione della prima fase

dell’attività della “Task Force Recuperi” - la speciale unità operativa istituita dalla

Commissione per accertare, verificare e valutare le irregolarità denunciate dagli Stati

membri a tutto il 1998, al fine del recupero di eventuali crediti comunitari – con

conseguente imputazione a carico dell’Italia delle ricadute finanziarie delle irregolarità

per un complessivo importo di 311 milioni di euro, da liquidare alla Commissione a

carico dei bilanci AGEA 2006-2008, in cinque rate semestrali….” (decisione

Commissione CE del 28 aprile 2006).

Un‘ulteriore procedura di rettifica nel settore degli aiuti all’agricoltura risulta

inoltre essere stata adottata nel 2007 dalla Commissione europea nei confronti di

Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Grecia, Irlanda, Italia,

Lussemburgo, Paesi Bassi, Finlandia, Regno Unito e Portogallo, con un’ipotesi di

addebito per complessivi 285,3 milioni di euro, di cui 51,2 riguardano l’Italia, di cui

48,5 milioni per mancato rispetto dei termini di pagamento oltre ad altre infrazioni per

2,74 milioni.

Se il profilo della capacità di acquisire le risorse comunitarie (c.d. “tiraggio”) nel

periodo di programmazione 2000-2006 presenta aspetti di sicura maggiore efficienza

rispetto alle problematiche emerse nel periodo precedente (1994-1999) , risultano

comunque presenti situazioni di criticità. In particolare, come prima evidenziato, la

Commissione europea ha iniziato ad adottare rilevanti decisioni di rettifica delle

erogazioni effettuate , che si risolvono in pesanti decurtazioni delle risorse che

potranno essere erogate in futuro.

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123

Tali rettifiche sono addebitabili , oltre che alla inadeguata azione di recupero di

somme di cui sia stata accertata la frode o l’irregolare erogazione (caso della Task

Force Recuperi) anche con riferimento a carenze generali nei procedimenti di

erogazione e controllo, che di per sé espongono lo Stato membro a sanzioni realizzate

attraverso le rettifiche. Ad esempio, nella decisione Commissione CE del 28 aprile

2006, relativa ad escludere “dal finanziamento comunitario alcune spese eseguite dagli

Stati membri a titolo del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG) –

sezione “garanzia” (rettifica dei finanziamenti erogati a diversi Paesi Italia, Belgio,

Germania, Grecia, Spagna, Francia, Olanda, Portogallo, Finlandia, Svezia, Gran

Bretagna) con richiesta complessiva di rimborso per 128 milioni di euro, di cui 85

milioni relativi all’Italia. Gli addebiti di inadempienza riguardano l’ omessa applicazione

di sanzioni e carenze nei controlli relativi ad erogazioni effettuate tra il 1997 ed il 2002

(Milioni di euro 30,02 relativi ai prodotti ortofrutticoli ritirati dal mercato), ancora nel

settore degli ortofrutticoli, mancato rispetto dei termini di pagamento –M.euro 4,41,

esecuzione inadeguata di controlli essenziali - M.euro 7,71, per i prodotti lattiero

caseari: mancato rispetto di normative-carenze di controlli- mancato rispetto del tasso

minimo dei controlli-M.euro 0,3; per i seminativi: mancata applicazione di sanzioni -

M.euro 7,98; scarsa qualità delle ispezioni in loco-M.euro 0,60; nel settore dello

sviluppo rurale: carenze nel sistema di gestione e sanzioni - M.euro 3,75; mancato

rispetto dei termini di pagamento M. euro 30,94.

2. – Irregolarità e frodi nell’utilizzo dei fondi comunitari.

Problematiche generali relative alla corretta utilizzazione dei fondi attengono

comunque a tutte le erogazioni, anche in settori diversi dall’agricoltura.

Infatti permangono rilevanti fattispecie di irregolarità e frode e situazioni di

criticità con riguardo al recupero di risorse erogate indebitamente per le quali,

nell’ambito delle misure di prevenzione e contrasto sviluppate in sede comunitaria e

nazionale , deve annoverarsi anche la configurabilità di ipotesi di danno all’erario

nazionale e comunitario.

Come costantemente evidenziato in sede di memoria al rendiconto generale i

fenomeni di frode e irregolarità riguardano il settore delle entrate proprie, quello della

politica agricola comune e dei fondi strutturali. Per quanto in particolare attiene alle

spese, gli stessi provocano, accanto alla “spreco” di risorse dirottate per fini diversi ed

illeciti, ed al conseguente mancato ottenimento dell’obiettivo di sviluppo o sostegno

all’economia cui sono diretti i finanziamenti comunitari (nel caso delle frodi alle entrate

nel mancato incremento del bilancio comunitario), anche diretti profili di responsabilità

dello Stato membro che deve dimostrare la non imputabilità della frode a proprie

carenze di gestione e controllo, pena il mancato discarico della somma corrispondente

all’importo frodato, dovendo gli stessi “...cooperare con la Commissione per garantire

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124

che gli stanziamenti siano utilizzati secondo i principi della sana gestione finanziaria...”

(art. 274, 1° comma del Trattato ) ed utilizzare “...per combattere contro la frode che

lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per

combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari...” (art. 280, 2° comma).

Il Reg. 2035/2005 ha in parte innovato (a modifica dell’art. 5 Reg. 1681/1994),

con riguardo ai recuperi, le precedenti modalità di informazione della Comunità,

prevedendo una comunicazione speciale di irrecuperabilità dello Stato membro alla

Commissione nella quale lo stesso specifica di non poter eseguire il recupero di una

somma, indicando gli importi non recuperati ed i motivi per i quali tale somma debba

essere posta a carico della Comunità o dello stesso Stato membro con l’esibizione della

copia dell’ordine di recupero, la descrizione sommaria dei provvedimenti adottati dallo

Stato membro per recuperare le somme e le date di detti provvedimenti. La

Commissione decide, nel più breve tempo possibile e di concerto con lo Stato Membro,

l’imputabilità delle conseguenze finanziarie e degli importi.

Il tema dell’indebita percezione di fondi è oggetto di considerazione anche nella

legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria per il 2005), in relazione alla

previsione di introdurre sanzioni amministrative proporzionate ai vantaggi

indebitamente derivati dall’indebita percezione dei fondi. La legge comunitaria 2006

(legge 6 febbraio 2007, n. 13) prevede, all’art. 3, ulteriore delega al Governo per

l’adozione, entro due anni, di sanzioni penali ed amministrative in tema di violazioni di

direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa. L’art. 4 prevede

inoltre la “riassegnazione” agli organi pubblici che effettuano i controlli in tema di

obblighi comunitari (in deroga al principio di unita del bilancio) delle entrate derivanti

dalle tariffe relative all’esecuzione di tali attività, in applicazione dell’art. 9, comma 2

della legge n. 11/2005 (legge generale sull’adeguamento agli obblighi comunitari). La

stessa legge comunitaria 2007 prevede anche una informativa semestrale al

Parlamento e alla Corte dei conti relativa al contenzioso comunitario ed in particolare

alle decisioni della Corte di giustizia e degli altri organi giurisdizionali dell’Unione

europea “relative a giudizi di cui l’Italia sia stata parte e che abbiano rilevanti

conseguenze per l’ordinamento italiano”.

La citata relazione annuale 2006 della Sezione affari comunitari ed internazionali

continua a dedicare ampia attenzione al fenomeno sottolineando che nel 2005 era

stato rilevato un forte incremento, rispetto all’anno precedente, degli importi del

bilancio comunitario da recuperare per le irregolarità e frodi accertate di cui il 96,68%

relative ai Fondi strutturali e il 3,32% per il FEAOG-garanzia, riconducibile in via

prevalente, ad irregolarità e frodi nel FESR su programmi gestiti, a livello nazionale,

dal Ministero delle Attività produttive (ora Ministero dello Sviluppo economico), con

incremento registrato anche nel primo semestre 2006. Per i programmi regionali

risulta prevalente la concentrazione delle irregolarità e frodi nelle regioni meridionali,

Page 125: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

125

considerata evidentemente anche la maggior quota di risorse che ad esse affluiscono.

Quanto alle diverse programmazioni, mentre nei casi accertati nel 2004 il 78%

riguardava fondi della programmazione 1994-1999, più del 7% si riferiva ai

programmi 1988-1993 e il 15% alla programmazione 2000-2006. Per i casi accertati

nel 2005, quasi il 38% sono relativi alla programmazione 2000-2006, percentuale

salita al 64% nel 1° semestre del 2006. Rileva pertanto la relazione che “…ciò sta a

significare che considerevoli risorse comunitarie continuano ad essere sottratte alle

finalità programmate perché soggette a irregolarità e frodi. Il fenomeno desta

preoccupazione considerato che la nuova programmazione, quantomeno con riguardo

ai Fondi strutturali, è assistita da modalità e strumenti di controllo molto più incisivi

quali quelli previsti dai Regg.1260/99 e 438/01...”.

Pur percentualmente in riduzione rispetto alle frodi nel settore dei fondi

strutturali, sono ancora rilevanti anche le frodi nel settore agricolo, ove si è constata

l’operatività di organizzazioni collegate anche alla criminalità organizzata, soprattutto

nelle regioni meridionali. Nel mese di aprile 2007 è, al riguardo, emersa una rilevante

vicenda collegata a truffe nel settore degli aiuti nel settore agrumicolo per l’importo di

circa 50 milioni di euro con indagini condotte in Calabria, Lazio, Toscana e Piemonte e

l’emissione di 45 ordinanze di custodia cautelare.

3. – Azioni di contrasto delle irregolarità e delle frodi: il ruolo dell’OLAF e della

Corte dei conti.

Sulla base di un’attività di riscontro delle informazioni detenute dalle

amministrazioni competenti alla comunicazione delle irregolarità e frodi all’OLAF

(Ministero politiche agricole e Dipartimento dogane- servizio autonomo interventi nel

settore agricolo per il FEOGA-G e Dipartimento politiche comunitarie per i Fondi

strutturali), gli importi delle comunicazioni del 2005 determinano un ammontare

complessivo da recuperare di 202, 7 milioni di euro di cui il 96,6% (196 milioni) per i

fondi strutturali e 3,3% (6,7 milioni) per il FEOGA-G. Complessivamente la

suddivisione per aree geografiche si attesta nel 20% al Nord, 18% al Centro e 64% al

Sud.

Nel primo semestre 2006 gli importi comunicati sono stati di 9,5 milioni per le

erogazioni in agricoltura.

Con la deliberazione n. 2/2007 del 20 febbraio 2007, la Sezione di controllo per

gli affari comunitari ed internazionali della Corte dei conti ha riferito su “Irregolarità e

frodi in materia di fondi strutturali con particolare riguardo al FESR nelle regioni

Obiettivo 1” ed ha evidenziato come nello specifico settore del FESR, le frodi e

irregolarità segnalate nel periodo 2003-2006, oggetto di verifica e riscontro da parte

del dipartimento politiche comunitarie e da questo comunicate alla Commissione

europea hanno riguardato complessivamente 295 casi, relativi sia al periodo di

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126

programmazione 1994-1999 sia a quello 2000-2006, con un importo segnalato, riferito

al solo primo semestre 2006, di 104,2 milioni di euro (nel 2005 segnalato un importo

complessivo di 202,7 milioni) rilevando anche le singole tipologie dei casi. E’ stato così

osservato che la realizzazione delle fattispecie è spesso avvenuta in fase istruttoria,

antecedente all’erogazione ove sono state riscontrate carenze di controllo o collusione

di soggetti preposti alle verifiche, riscontrandosi particolare criticità negli strumenti di

autocertificazione relativi al possesso dei requisiti soggettivi o del possesso di immobili

quali strumenti dell’attività da finanziarie. Rilevanti criticità sono state individuate con

riguardo allo scarso o intempestivo ricorso a misure di autotutela incisive e

nell’attività di controllo devoluta ad organismi intermedi (istituti di credito

concessionari ex legge 488/92) dovute a carenze di approfondimento nelle fasi

dell’istruttoria, delle domande di aiuto o dei pagamenti degli stati di avanzamento,

osservandosi un eccesso di genericità della convenzione generale con il ministero

competente (ora ministero dello sviluppo economico) cui è conseguita la omessa

attivazione di penali pur previste nonché in generale una potenziale situazione di

conflitto di interesse rispetto all’eventuale individuazione di una irregolarità, in quanto

“…in molti casi, l’erogazione dell’anticipazione del contributo viene garantita con il

rilascio di fideiussioni proprio dal sistema creditizio, che si può trovare esposto

direttamente al rischio di una revoca del finanziamento….”81 Ugualmente critico è il

profilo della mancata escussione delle fideiussioni, pur sistematicamente previste quali

garanzie accessorie, in occasione del verificarsi di irregolarità, ovvero, a causa del

notevole ritardo con cui alcune irregolarità emergono, le fideiussioni risultano già

restituite o non più attive. Particolarmente sofferente si è rivelato il settore

concernente gli adempimenti connessi con il recupero di somme. Il totale degli importi

rimasti da recuperare ammonta al 30 giugno 2006 ad euro 283.251.729,74 sul totale

dei 295 casi segnalati. L’amministrazione con in carico l’importo maggiore risulta

essere il Ministero dello Sviluppo economico con 176,2 milioni di euro (in particolare

PON “industria e artigianato” 1994-1999; PON “Sviluppo imprenditoria locale” 2000-

2006 nonché alcune Sovvenzioni globali e Programmi di iniziativa comunitaria ). Per le

regioni, il maggior importo da recuperare si è registrato per la regione Calabria con

51,6 milioni di euro pari a circa il 20% delle irregolarità rispetto agli importi da

recuperare complessivamente nelle regioni dell’Obiettivo 1, seguita dalla regione

Puglia con 19,02 milioni (7%) dalle regioni Campania (12,6 milioni) e Sicilia (10,4

milioni). La regione con minor importo è il Molise con 80.237 euro, mentre la

Basilicata si attesta su 2,3 milioni e la Sardegna su 5,6 milioni. In Sicilia, Campania e

Calabria le irregolarità riscontrate hanno riguardato con maggiore frequenza gli

interventi nel settore turistico e, per alcune Regioni (Puglia, Calabria e Basilicata) gli

interventi indirizzati alla crescita e competitività delle piccole e medie imprese. Quanto

81 Cfr. Sez. controllo Affari Comunitari, Del n. 2/2007.

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127

alla tipologia delle irregolarità e frodi segnalate le stesse si riferiscono a false

dichiarazioni e false documentazioni contabili per mascherare la mancata realizzazione

dell’opera, presentazione all’Istituto di credito di autocertificazioni non veritiere,

presentazione di documentazione falsa ottenuta con l’utilizzo di loghi (scannerizzati) di

istituti bancari e società e con timbri professionali di tecnici, ritardo nel completamento

dell’investimento, mancato utilizzo dei beni oggetto dell’investimento dati in comodato

ad altri soggetti, mancato rispetto dei vincoli temporali imposti per la destinazione dei

beni oggetto dell’agevolazione, mancato esercizio dell’attività produttiva, mancato

pagamento dei premi a sostegno della copertura assicurativa, mancata realizzazione

dell’attività produttiva, esibizioni di fatture con partite IVA inesistenti, prestazioni

documentate con IVA superiore al reale, utilizzo di atti pubblici falsi con la

compiacente disponibilità di soggetti concorrenti, utilizzo di false perizie giurate e di

ulteriori attestazioni aventi rilevanza certificativa, cessazione dell’attività prima dei 5

anni dalla fruizione del beneficio, domanda di contributo e piano dell’iniziativa

presentati alla banca concessionaria contenenti dati falsi, simulazione dell’apporto di

capitale proprio, mediante esibizione di ricevute di bonifici bancari per simulare spese

non sostenute, utilizzazione di documentazione bancaria artatamente predisposta con

la complicità di un funzionario di una azienda di credito per dimostrare apporti di

capitale mai prodotti, utilizzazione del contributo per fini diversi rispetto a quelli per i

quali è stata prevista la concessione dell’investimento, messa in opera di transazioni

commerciali fittizie, mancato aumento del capitale sociale, false quietanze liberatorie,

false attestazioni a pubblico ufficiale, cambio di destinazione degli immobili oggetto di

agevolazioni, spese non afferenti il periodo di realizzazione, dichiarazioni sostitutive

non veritiere, alienazione dei beni oggetto del finanziamento prima della scadenza,

cessazione dell’attività, licenziamento del personale, presentazione di fatture per

acquisto di materiali usati, presenza di lavoratori non regolari, attestazione mediante

artifici contabili e bancari dell’apporto di mezzi propri, simulazione della scrittura

privata per l’acquisto dell’opificio, falso contratto di locazione finalizzato

all’ottenimento del contributo per la costruzione di un opificio. Per quanto riguarda le

fattispecie rilevate nell’ambito dell’attuazione dei POR regionali, la relazione rileva che

si tratta di ipotesi spesso di rilevanza penale fra le quali si evidenziano il cumulo di

aiuti non compatibili, la presenza di diverse domande per lo stesso oggetto, la

realizzazione non conforme ed incompleta dell’azione, la domanda di aiuto falsificata,

fino a giungere all’esistenza di documenti giustificativi falsificati, l’inosservanza dei

termini per la chiusura dell’investimento e nel conseguente mancato invio della

documentazione giustificativa finale, l’utilizzazione di fatture in tutto o in parte

inesistenti; opere che benché incomplete alla data prevista dal bando, sono state

sottoposte a collaudo con esito positivo con la compiacenza dell’apposita commissione

formata da funzionari regionali e tecnici esterni allo stesso ente al fine dell’ottenimento

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128

di proroghe; la ristrutturazione di casali esistenti per la realizzazione di strutture

agrituristiche ed omesso inizio dell’attività a distanza di oltre due anni con risultato

omesso rilascio di prescritta autorizzazione comunale; la presenza di un calcolo errato

circa l’eleggibilità delle spese nelle quali erano state inserite anche quote già

rendicontate in precedente programma operativo; il versamento del capitale sociale in

misura inferiore al dovuto utilizzando false attestazioni e dichiarazioni, l’assenza di

requisiti per il beneficiario, l’acquisto delle attrezzature con credito d’imposta,

l’assenza dei documenti giustificativi comprovanti l’acquisto di attrezzature oggetto del

beneficio, l’assenza dei beni inseriti nell’agevolazione.

Anche nel corso del 2006 è proseguita l’attenzione al fenomeno delle frodi da

parte della Procura generale, che riceve costantemente le comunicazioni del Comando

generale della Guardia di Finanza in ordine alle indagini esperite nel settore e che,

dopo le recenti conferme della Corte di Cassazione (ord. 4511/2006- S.U.)

costituiscono di per sé denunce di danno erariale. In particolare la Guardia di finanza

nel corso del 2006, ha riferito di 207 verifiche relative ad indagini penali concluse, con

un danno ipotizzato di 96,3 milioni di euro relative ad erogazioni intervenute tra gli

anni 1999-2006.

Complessivamente il maggior numero di casi segnalati riguarda la regione

Calabria, con 57 casi (16,7 milioni) e la regione Campania con 17 casi (28,1 milioni). I

dati anzidetti indicano lo stato di accertamento iniziale della frode che confluisce nella

banca dati del dipartimento politiche comunitarie, per i fondi strutturali, ovvero degli

organismi pagatori per le erogazioni agricole e che subiscono un processo di

ridefinizione nel corso dei procedimenti amministrativi e giudiziari, come evidenziato

nell’analisi effettuata dalla Sezione affari comunitari in precedenza citata.

Come già segnalato la materia delle frodi comunitarie è stata interessata

dall’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ordinanza n. 4511 del 1°

marzo 2006 che, nel settore delle erogazioni ai settori produttivi (in parte

coofinanziate dai fondi strutturali ) ha affermato la sussistenza della giurisdizione della

Corte dei conti, in sede di giudizio di responsabilità amministrativo contabile, anche

nei confronti di soggetti privati percettori di risorse pubbliche nell’ambito di programmi

nazionali o comunitari diretti allo sviluppo economico e sociale. L’ordinanza da un lato

ha confermato l’equiparazione, ai fini della rilevanza in tema di responsabilità

amministrativo contabile, dei fondi nazionali e di quelli comunitari, dall’altro ha

confermato l’ampliamento del quadro generale delle posizioni soggettive rientranti

nella giurisdizione della Corte dei conti che con riguardo alle erogazioni di fondi

pubblici (comunitari e nazionali) si estende ai soggetti (persone fisiche o giuridiche)

che abbiano percepito fondi e ne abbiano sviato la destinazione a fini non previsti,

oltre che rispetto a tutti i soggetti incaricati di funzioni di controllo e verifica. Ciò ha

posto le Procure regionali della Corte di fronte a nuove e complesse attività di indagine

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129

in particolare con riguardo alla possibilità di attivare tempestive misure cautelari, alla

possibilità che detti soggetti privati siano costituiti in forma societaria finalizzata alla

realizzazione di illeciti, alla possibile partecipazione a tali soggetti societari di forme

organizzate di criminalità.

Inoltre la decisione di condanna emessa nei confronti di un percettore

costituisce un accertamento giurisdizionale nei confronti del medesimo, valorizzabile

sia nei confronti della Comunità europea con riguardo alla concreta azione di tutela

delle risorse comunitarie da parte dello Stato membro, sia nei confronti dello stesso

percettore non soltanto sotto il profilo della esecuzione coatta, ma ancor prima quale

elemento di affermazione della certezza, liquidità ed esigibilità del credito a valere su

eventuali altre erogazioni di cui il medesimo avesse eventualmente diritto

(compensazione).

Le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, nel 2006-2007, hanno emesso

sentenze relative a fattispecie correlate ad indebito uso di fondi comunitari.

Le decisioni intervenute nel 2006 hanno riguardato in particolare il settore della

formazione professionale cofinanziato dal FSE. Si richiamano le più significative: Sez. I

centrale n. 7 dell’11 gennaio 2006 ha affermato la responsabilità del presidente di

società cooperativa; Sezione Trentino Alto Adige, sede di Trento, con la sentenza 31

del 2 maggio 2006 ha condannato il legale rappresentante di una s.r.l. e un docente

dipendente della stessa società in relazione all’indebito utilizzo di fondi per la

formazione professionale (con collegata vicenda penale per reati di truffa aggravata –

art. 640 bis c.p.). La sentenza presenta profili di novità, sia nella considerazione che si

tratta di “società di capitali” (s.r.l), sia perché il rapporto di servizio è stato individuato

anche nei confronti del docente del corso, avendo il medesimo cooperato, con condotta

anche penalmente rilevante nella “mala gestio” delle pubbliche risorse; Sez. giur.

Marche, con sentenza 564 del 7 giugno 2006 ha pronunciato condanna di un

amministratore di società a prevalente capitale pubblico per un danno di euro

72.813,61 (progetti ADAPT); Sez. Liguria, sent. n. 678 del 2 agosto 2006 ha

condannato un ente privato per la formazione professionale a risarcire euro

1.280.622,53 alla provincia di La Spezia e con la sentenza n. 817 del 4 ottobre 2006

ha condannato il medesimo ente privato a risarcire alla Provincia di Genova la somma

di euro 4.751.887,07, in entrambi i casi a causa di omessa rendicontazione delle spese

sostenute per l’effettuazione dei corsi. Per il settore dei fondi per lo sviluppo regionale

(FESR), ovvero per casi di Programmi regionali plurifondo (POR), la Sezione Veneto,

con sentenza n. 67/06 del 9 febbraio 2006 ha condannato il presidente di società a

prevalente capitale pubblico per la somma di euro 1.100.000 a titolo di danno

patrimoniale ed euro 50.000 quale danno all’immagine relativamente alla distrazione

di somme erogate nell’ambito di un programma rientrante nel Documento unico di

programmazione per gli anni 1997-1999, per gli interventi strutturali comunitari nella

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130

Regione Veneto; Sez. Abruzzo, con sentenza n. 7 dell’11 gennaio 2006 ha pronunciato

condanna per l’importo di 100 mila euro nei confronti del presidente di società

cooperativa che aveva ricevuto finanziamenti FESR in relazione all’attuazione di

progetti occupazionali destinati ai giovani in realtà non realizzato con rendicontazioni

basate su false fatturazioni. La Sezione Puglia, con la sentenza 182/2007 del 26 marzo

2007 ha pronunciato condanna, per l’importo di 856 mila euro in fattispecie relativa ad

indebita erogazione di contributi FEOGA-G nel settore dell’olio d’oliva, con profili di

coinvolgimento corruttivo di funzionari pubblici. La Sezione III centrale di appello, con

la sentenza n. 72 del 2 marzo 2007 ha pronunciato condanna per l’importo di 214 mila

euro in relazione alla inutilizzazione di struttura diretta alla ricerca applicata

nell’ambito della regione Campania finanziata con oltre 10 milioni di euro di

provenienza comunitaria.

Le decisioni citate evidenziano l’ampliamento degli ambiti di intervento

dell’azione di responsabilità amministrativa, nel senso espresso dall’evoluzione

giurisprudenziale della Corte di Cassazione, notandosi una sempre più marcata

tendenza alla individuazione di responsabilità non soltanto con riferimento alle carenze

di controllo da parte degli organi amministrativi, ma con riferimento diretto ai soggetti

che hanno indebitamente percepito o utilizzato i fondi. In tal modo l’azione di

responsabilità tende a procedere sostanzialmente in parallelo con le iniziative di

carattere penale o amministrativo, salve le specifiche peculiarità delle Procure

regionali, talune delle quali operano in collaborazione con l’OLAF - Organo europeo di

lotta alle frodi. In tale senso risultano orientate alcune iniziative giudiziarie.

Al riguardo si richiama l’ordinanza assunta il 10 marzo 2006 il giudice

designato della Sezione regionale della Corte dei conti per la Campania ha confermato

il sequestro conservativo eseguito nei confronti di un soggetto privato, percettore di

risorse pubbliche erogate in base alla legge 488/1992, per l’importo di 65 mila euro,

nei confronti del quale erano emersi illeciti, sotto il profilo penale e di danno per

l’erario, in considerazione della rilevata falsità di dichiarazioni autocertificative

prodotte al fine di ottenere il finanziamento; la Procura regionale per la Calabria ha

emesso tre atti di citazione nei confronti di soggetti privati percettori di fondi

rispettivamente nel settore agricolo (fondi FEOGA) per aiuti alla zootecnia con un

danno di circa 290 mila euro, per aiuti alla produzione dell’olio d’oliva con danno di

euro 92.000, nonché nel settore dei finanziamenti per le imprese (legge 488/92) per

un danno di oltre due milioni di euro (in questo caso sono stati convenuti sia i soci

amministratori della s.r.l beneficiaria del finanziamento sia funzionari pubblici per

omissione dei dovuti controlli). E’ stato inoltre emesso invito a dedurre nei confronti di

soggetti che operano, con connotazioni che fanno emergere collegamenti con la

criminalità organizzata, responsabilità di una serie articolata di truffe comunitarie nel

settore degli aiuti all’agricoltura con danno per euro 453.964,18. Con riferimento ad

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131

uno degli atti di citazione relativi alla legge 488/92 i convenuti hanno proposto, in data

15 marzo 2007, ricorso preventivo di giurisdizione; la procura regionale per le Marche

ha convenuto in giudizio una s.r.l beneficiaria di finanziamento sul fondo FEOGA-

orientamento nell’ambito del POR Marche, per la quale sono emerse irregolarità

procedurali nonché indebite erogazioni a fronte di false fatturazioni per un importo

complessivo di circa 450 mila euro, con ulteriore richiesta di risarcimento di danno per

l’immagine per euro 50.000. In tal caso all’istruttorie della procura regionale hanno

anche partecipato funzionari OLAF e le cui relazioni sono state depositate agli atti del

giudizio contabile. La Procura Marche ha anche comunicato che per effetto di iniziative

istruttorie condotte unitamente alla Guardia di finanza sono intervenuti recuperi in via

amministrativa per euro 944.705,63 oltre a revoche di contributi già disposti per euro

207.675,04, ad evidenziare che l’attività delle Procure regionali nel settore può

costituire un valido stimolo all’autonoma azione di recupero delle somme da parte

delle amministrazioni interessate; la Procura regionale Friuli Venezia Giulia ha

segnalato che nel corso di istruttoria riguardante la costruzione di un porticciolo

turistico finanziata anche fondi UE ( FESR-POR Friuli VG) è intervenuta la revoca da

parte della regione di una quota del contributo pari ad euro 177.662, attualmente in

corso di recupero. Ancora risulta l’invito a dedurre della Procura regionale Lazio in data

23 agosto 2006 per indebite percezioni di fondi FESR per importo di 3.460.534,00.

Anche presso la Procura per la Puglia sono state attivate attività istruttorie relative

all’erogazione di fondi nell’ambito del POR Puglia che ha visto la partecipazione di

funzionari OLAF. La Procura regionale per l’Umbria, ha emesso atto di citazione nei

confronti del responsabile finanziario di un comune con riferimento a ritardata

rendicontazione relativa a contributo FESR per aree terremotate (Obiettivo 5b per lo

sviluppo rurale del programma 1994-1999), per un importo di euro 24.200, rimasto a

carico delle finanze comunali in relazione a interventi comunque effettuati. In data 26

aprile 2006, ha emesso invito a dedurre nei confronti di soggetti destinatari di

finanziamenti FSE in relazione a gravi irregolarità, anche con profili di falsificazioni

dolose, nella realizzazione di corsi di formazione professionale per un importo di euro

167.693,82. La Procura della Campania ha segnato che nel 2007 ha emesso atti di

citazione relativi a fondi percepiti indebitamente tramite lo strumento della legge

488/92, in ordine ai quali risultano aperti anche procedimenti penali, rispettivamente

(1) da parte di una società operante nella produzione di termocamini, con danno

contestato per importo di euro 309.538,56; (2-3) da parte di s.n.c. con investimenti

nel settore alberghiero e richiesta di risarcimento, per importo di euro 1.411.000,00.

Ha inoltre emesso invito a dedurre nei confronti di soggetto privato per indebita

percezione fondi FEOGA per importo di euro 26.584,00. La Procura regionale della

Toscana ha dato notizia della conclusione degli accertamenti preliminari svolti dalla

Guardia di finanza nella regione Toscana, coordinata dalla procura regionale, in esito

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132

alla quale il corpo riferisce di aver accertato indebite erogazioni per 55 milioni di euro

in danno del FEOGA, con denuncia all’AG di 7 percettori e la segnalazione alla Corte

dei conti di 20 funzionari regionali. Nel 2007 la Procura della Lombardia ha emesso

invito a dedurre per l’importo di 19 mila euro in relazione ad indebita erogazione di

contributi FEOGA. La Procura di Trento ha citato in giudizio una società cooperativa a

responsabilità limitata in relazione ad indebita utilizzazione di contributi FEOGA,

nonché altri contributi su fondi nazionali e delle Provincia autonoma. Infine si segnala

che il giudice designato della Sezione regionale della Liguria, con ordinanza emessa in

data 12 aprile 2007 ha confermato il sequestro conservativo concesso su richiesta

della procura regionale, per un valore fino a 800 mila euro nei confronti di funzionario

comunale e della coniuge del medesimo che avevano ottenuto l’erogazione di fondi

FEOGA - orientamento sul piano sviluppo rurale della regione Liguria 2000-2006, per

la ristrutturazione di complessi immobiliari di proprietà dei medesimi per finalità

meramente speculative ed estranee alle finalità delle erogazioni stesse, peraltro

realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico e quindi concretando opere abusive,

risultando decisiva , per l’erogazione dei finanziamenti l’attività svolta dallo stesso

funzionario comunale.

In tale contesto è proseguita l’attività di collegamento, con il citato Organismo

europeo di lotta antifrode – OLAF, con Corpo forestale dello Stato e con il Comando

carabinieri politiche agricole e sono intervenuti: a) il perfezionamento del protocollo di

collaborazione con l’OLAF, sottoscritto il 23 giugno 2006 a Bruxelles, al termine della

4^ conferenza dei procuratori europei antifrode; b) la realizzazione di una rete di

contatto fra magistrati della Procura generale e regionali e l’Olaf - Unità magistrati; c)

l’effettuazione di riunioni info-operative fra magistrati delle Procure della Corte dei

conti, dell’OLAF e della magistratura ordinaria con partecipazione anche della

Direzione nazionale antimafia; d) la realizzazione nel 2007, su impulso del Consiglio di

presidenza della Corte dei conti e con il contributo dell’OLAF, di un seminario

internazionale sul contrasto alle irregolarità ed alle frodi che ha visto partecipi

magistrati di tutte le aree funzionali della Corte dei conti, magistrati penali italiani e di

altri cinque paesi europei (Germania, Francia, Rep. Ceca, Spagna e Grecia), funzionari

delle amministrazioni interessate, sia italiani che degli stessi anzidetti paesi

comunitari, membri e rappresentanti dell’OLAF e delle istituzioni comunitarie

(Commissione, Parlamento Europeo, Corte di Giustizia, Corte dei conti, Eurojust), e)

l’istituzione, da ultimo, presso la Corte dei conti italiana, di un gruppo di lavoro

composto da magistrati delle aree procura, giurisdizione e controllo finalizzato a

rendere operative le indicazioni ottenute dal seminario in relazione ad un miglior

coordinamento delle iniziative di contrasto.

H. – Trasferimenti ai settori produttivi – aspetti critici. (Estensore: V.P.G. Angelo R. De Dominicis).

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133

1. - Aspetti orientativi della materia.

I trasferimenti erariali in favore delle imprese produttive possono seguire, com’è

noto, o il canale diretto, della mera contribuzione, o quello indiretto, del credito

d’imposta nelle sue varie articolazioni, dello sgravio o della riduzione di contributi

previdenziali, dei bonus destinati al mantenimento dei posti di lavoro, ecc.

Invero, il canale diretto si manifesta essere un sistema agevolativo, forse, meno

raffinato, sebbene abbia il pregio di poter fare affidamento sul meccanismo della

visibilità e della controllabilità dei flussi economici destinati a potenziare il processo di

riconversione industriale e/o di innovazione tecnologica nei settori strategici del paese,

come la ricerca e lo sfruttamento delle fonti di energia “pulite”, lo sviluppo delle

biotecnologie e le applicazioni della ricerca cibernetica.

La questione che si pone – in un contesto europeo, caratterizzato dal principio di

concorrenza e di garanzia della par condicio tra i produttori – resta pur sempre quella

dell’organizzazione dei controlli, tanto nella fase istruttoria e della selezione dei

progetti, quanto in quella esecutiva e dell’andamento degli impegni, nonché della

tempestività delle somministrazioni e della verifica dei risultati effettivamente

conseguiti.

Proprio in relazione all’effettività dei risultati ed all’utilizzo corretto dei fondi, vuoi

di origine statale vuoi comunitaria, si è andato affermando un orientamento

giurisprudenziale in virtù del quale l’uso distorto o sviato dei trasferimenti pubblici

costituisce alterazione del programma di finanziamento e rappresenta, altresì, una

grave obliterazione della funzione “economica – sociale” in relazione alla quale i

contributi sono stati concessi.

Nella circostanza rappresentata – verificandosi le suddette anomalie - lo Stato ha

il dovere di recuperare i capitali di scopo non utilizzati secundum legem ed, inoltre, la

Corte dei Conti, attraverso i suoi organi giustiziali, ha il potere di accertare il danno

patrimoniale, sia nei confronti dei funzionari infedeli, sia riguardo ai privati-terzi

beneficiari.

La recente polemica sulla destinazione degli incrementi di entrata e sulle

economie di spesa e la proposta di devolverli interamente al mondo industriale, per il

rafforzamento della competitività del nostro Paese, assume carattere meramente

auspicativo ed invocativo ove non sia accompagnata da una chiara proposta organica e

dalla previsione di verifiche a consuntivo.

L’uso disinvolto del denaro pubblico per scopi vietati o non autorizzati dalla legge

può, infatti, integrare l’illecito amministrativo e l’ipotesi dello sperpero delle risorse

collettive e dell’emersione di fattispecie dannose sanzionabili innanzi all’apparato della

Giustizia Contabile.

Al riguardo, sembra opportuno evidenziare che il giudizio di parificazione,

celebrato con il solenne rito contenzioso innanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei

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134

conti, non assume valore sanante delle illegalità o antigiuridicità eventualmente

consumate nella fase della selezione delle richieste di finanziamento o in quella degli

ingiusti trasferimenti erariali; né, peraltro, la legge formale di approvazione del

Rendiconto Generale dello Stato sembra chiudere la partita della liceità della spesa.

La legge formale non rappresenta, cioè, uno strumento salvifico, che sana le

ingiustizie o gli sperperi di denaro pubblico.

Sul fronte della nuda realtà c’è poi da dire che è da molto tempo che si sta

puntando sulla leva dell’innovazione tecnologica, allo scopo di aumentare la

competitività delle aziende e premiare quelle veramente innovative.

Ma i risultati non sempre sono stati quelli attesi, perché i capitali – grazie alla

globalizzazione dell’economia – tendono a trasferirsi all’estero e da molte parti si

ritiene che gli investimenti, quasi sempre a carattere speculativo, hanno contribuito ad

inquinare il pianeta.

Soltanto le attività industriali ad alto contenuto tecnologico potrebbero, dunque,

meritare l’interesse pubblico.

E’ solo da esse che ci si può attendere un robusto incremento del PIL ed una

crescita reale dell’economia del Paese.

Diversamente, si renderà necessario assumere decisioni draconiane: come

bloccare la spesa storica, passare al setaccio i flussi dei trasferimenti in favore delle

Regioni, ed effettuare un riesame meticoloso delle delibere CIPE.

La chiave di volta trovasi pur sempre nella spesa pubblica.

Per ricostruire la virtuosità dell’apparato pubblico, e dare forza al principio di

legalità che l’accompagna, si deve tornare rapidamente al controllo dei flussi monetari

pubblici con una rinnovata utilizzazione delle Ragionerie Centrali e della Banca d’Italia

e riducendo infine, il ruolo delle banche nel controllo dell’uso corretto della

contribuzione pubblica. Anche sul piano dell’utilizzo dei fondi comunitari si avverte

questa esigenza, come messo in evidenza in altra parte della relazione.

Se ormai la vera sfida per l’Europa è quella dell’innovazione e/o della ricerca

tecnologica, la strada da seguire non comporta più la semplice crescita

dell’esportazione, ma piuttosto il perseguimento di una evoluzione economica entro il

giusto equilibrio tra pubblico e privato.

E quindi, per “liberalizzazione” non può intendersi l’ulteriore trasferimento di

risorse pubbliche attraverso il sistema bancario, senza una logica di risultati virtuosi

effettivi, ovvero la concessione di agevolazioni nell’acquisto - spesso con il denaro

pubblico – delle reti del servizio pubblico (poste, ferrovie, aeroporti, compagnie aeree,

ecc) o, infine, conferimento del potere di indebitamento illimitato ad apparati a rischio,

come SACE S.p.A..

Quando si parla di inefficienza della P.A., bisogna tener conto del fatto che da

oltre dieci anni buona parte dell’apparato pubblico ha adottato il modello societario

Page 135: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

135

costituendo delle società a capitale pubblico, delle società di servizi, delle società

controllate, ecc., ecc., con le incognite cui si è accennato nelle premesse della presente

relazione.

E mentre prima (ante 1995) gli amministratori degli enti locali, non pesavano sui

costi della politica, oggi gli stessi pur non detenendo alcuna responsabilità gestionale,

vengono retribuiti, ed inoltre le 3.211 società pubbliche o para-pubbliche, esistenti a

livello locale sono gestite da 17.445 consiglieri di amministrazione.

In queste condizioni è difficile e problematico parlare di pubblica amministrazione

e di efficienza pubblica.

Gli apparati pubblici tradizionali - intendendo per essi, strutture ed uffici,

amministratori e dirigenti - gestiscono disordinatamente materie, come l’edilizia,

caratterizzate dalla sovrapposizione o dall’ingolfamento delle competenze.

Per le restanti funzioni, vige il principio di derivazione e dei limiti di bilancio.

Inoltre, le principali attribuzioni pubblicistiche vengono devolute o a soggetti

esterni, in qualità di concessionari o a terzi appaltatori di servizi.

V’è ormai una netta prevalenza della concessione e del contratto sul

provvedimento amministrativo.

In virtù del programma di liberalizzazione, inoltre, l’intervento dello Stato

nell’economia ha mutato percorsi: ai vecchi Ministeri di spesa se ne sono sostituiti di

altri il CIPE, da organo di programmazione delle risorse statali è divenuto organo

decisionale e fattore principale della distribuzione dei flussi di spesa pubblica; ed,

inoltre, attraverso le sue varie articolazioni ministeriali-concertative, anche organo

orientativo in materia di governo dell’economia reale.

Lo smantellamento del sistema di controllo amministrativo, un tempo operativo

su tutte le fasi della spesa pubblica - liquidando gran parte delle Ragionerie Centrali, e

l’affidamento al sistema bancario delle attività prima riservate in ambito provinciale

alle Sezioni delle Tesorerie principali dello Stato rende incerta la legalità della spesa,

tanto nella fase decisionale che in quella esecutiva.

L’uso del sistema informatico nella spesa pubblica ha ingenerato inconvenienti

attestati da numerosi processi per truffe informatiche o per sperpero delle risorse

pubbliche consumate per via informatica o telematica.

I vuoti sono stati colmati dall’apparato bancario, che gestisce, con metodi

privatistici, i fondi di rotazione, nonché gli stanziamenti di altri tipi di fondi: come

quello per gli investimenti o quello per l’innovazione e le riconversioni industriali –

riconducibili al MIUR, al MAP, ecc. - e che attraverso la compravendita dei titoli del

debito pubblico, e delle relative rendite parassitarie, tiene alta la febbre

dell’indebitamento e del deficit finanziario dello Stato.

E’ stato opportunamente osservato che, grazie all’odierno neoprivatismo, si è

passati da una economia mista, caratterizzata dal bilanciamento “pubblico-privato”, e

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136

dall’intervento dello Stato nell’economia, come creatore di grandi holdings pubbliche –

oggi in fase di totale smantellamento – ad un sistema liberal-statalista.

Ad un sistema, cioè, che ha sostituito alla discrezionalità amministrativa – pur

sempre sottoponibile al controllo del Giudice degli interessi – una discrezionalità di tipo

privatistico in cui tutto è fatto all’insegna del diritto privato.

L’U.E. nell’accettare la sfida americana, favorevole alla deregulation più assoluta

e ad un liberismo “mercantile-pattizio”, ha sollecitato il passaggio da una economia

mista – con un più o meno ampio intervento dello Stato nell’economia – ad una

economia neoliberista o di mercato, dove però le regole non sempre appaiono assistite

dalla massima trasparenza e dalla massima apertura a tutti gli operatori.

Ciò, peraltro, spiega l’evoluzione del sistema economico, che tende a privilegiare

i capitali di rischio, il movimento di fondi da un angolo ad un altro del pianeta e

l’esaltazione, di una nuova cultura dello sviluppo fondata sul privatismo, sul privilegio

delle consulenze e dello sganciamento delle nomine di vertice delle carriere

tradizionali.

La si può dedurre non solo delle nomine e dagli alti costi della dirigenza pubblica

ma anche da quell’elite privata cooptata, con criteri non sempre trasparenti, e con

risultati non sempre soddisfacenti a costi non indifferenti.

In realtà i livelli retributivi del management delle S.p.A. a capitale pubblico,

permane tendenzialmente alto.

D’altro canto è l’espandersi del fenomeno della costituzione di società pubbliche

che desta perplessità.

Senza alcuna preventiva autorizzazione, né parlamentare né governativa, si sta

sviluppando una ragnatela di società pubbliche che si autoespande a ritmi

impressionanti e che può rappresentare un serio pericolo per il bilancio dello Stato (cfr.

allegato 1). Si vedano, inoltre, gli allegati da 2 a 15.

Inoltre, come si diceva, la dilatazione dei compensi in favore dei Top Managers,

oltre che rappresentare un oggettivo fattore distorsivo, non costituisce condizione

sufficiente per ottenere buoni risultati.

Ed infatti, mentre nei sistemi del Common Law si va riscoprendo l’importanza

della codificazione e la forza della legge, da noi si tende alla deregulation (low cost) e

alla gestione di tipo privatistico della res pubblica.

La linea rossa della prudente amministrazione non potrebbe essere superata a

livello di impresa a capitale pubblico anche non prevalente e di imprese private che

usufruiscono di trasferimenti pubblici.

Naturalmente, l’eccessiva liquidità monetaria destinata a fini meramente

speculativi e i dissesti clamorosi come quelli della Cirio e della Parmalat, con

conseguente ecatombe di piccoli risparmiatori, non giovano in assoluto al sistema nel

suo complesso e alla effettiva crescita dello stesso.

Page 137: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

137

In ogni caso, l’intervento pubblico non può che essere ispirato alla crescita stessa

nell’ottica del mercato unico europeo.

Quindi, ad esempio, nel caso dell’internazionalizzazione delle imprese, assistita

dal finanziamento pubblico, quest’ultimo dovrebbe assicurare ricadute per l’economia

nazionale e comunitaria, e non il mero profitto o il mero fine assistenziale del Paese

oggetto dell’investimento (Cfr. ad esempio delibera CIPE, 29 luglio 2005, G.U. n. 21

del 26.1.2006, che estende alla Croazia l’utilizzo dello stanziamento complessivo di

40,329 milioni di euro per il sostegno già previsto per gli investimenti delle P.M.I. in

Albania, Bosnia, Macedonia, Repubblica Federale di Jugoslavia, Romania e Bulgaria, ai

sensi della legge n. 266 del 1999).

2. Principali scenari della gestione.

Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nel corso dell’esercizio 2006, sono stati

pubblicati atti di gestione e di governo della spesa pubblica assunti dal CIPE (Comitato

Interministeriale per la Programmazione Economica), dal MAP (Ministero delle Attività

Produttive), dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), dal

MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) e dal MSE (Ministero dello Sviluppo

Economico).

Come è stato già evidenziato, dalla lettura delle delibere CIPE, si coglie

l’impressione che l’organo di direttiva e di programmazione economica del Governo sia

divenuto via via strumento di gestione diretta delle risorse pubbliche e di

mantenimento della spesa storica.

Non è questa la sede per analizzare tutti i provvedimenti del CIPE, pubblicati

sulle GG.UU. del 2006, ma per molti di essi non può tacersi il loro carattere

spiccatamente gestionale e non programmatorio.

E ciò costituisce un serio segnale di preoccupazione per il buon andamento e

l’efficace coordinamento dell’azione di Governo.

Ancorché alcune deliberazioni CIPE rappresentino fondamentali fasi dei

procedimenti legali - per l’attuazione dei programmi delle infrastrutture strategiche -

nel 2006 è emerso che il Governo ha approvato il raddoppio della tratta ferroviaria

Spoleto –Terni (legge n. 443/2001; Del. 27.5.2005, G.U. n. 7 del 10.1.2006); linee

guida per l’impostazione del Quadro strategico nazionale (Del. 15.7.2005, G.U. n. 19

del 24.1.2006); il collegamento Orte –Falconara con la linea Adriatica (Del. 29.7.2005,

G.U. n. 57 del 9.3.2006); la metropolitana di Napoli – Linea 1 (legge n. 443/2001;

Del. 29.7.2005, G.U. n. 57 del 9.3.2006); Tangenziale est esterna di Milano e

collegamento ferroviario nodo urbano di Torino (legge n. 443/2001; Del. 29.7.2005 e

3.8.2005, G.U. n. 69 del 23.3.2006); metrotranvia per Bologna (legge n. 443/2001;

Del. 29.7.2005, G.U. n. 85 del 11.4.2006); il potenziamento della linea Seregno –

Bergamo (legge n. 443/2001; Del. 2.12.2005, G.U. n. 125 del 31.5.2006); HUB

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138

portuale di Trieste – Piattaforma logistica (legge n. 443/2001; Del. 2.12.2005, G.U. n.

166 del 19.7.2006); collegamento autostradale Milano – Brescia (legge n. 443/2001;

Del. 2.12.2005, G.U. n. 166 del 19.7.2006); schemi idrici Regione Molise –

ristrutturazione dell’acquedotto molisano destro (legge n. 443/2001; Del. 2.12.2005,

G.U. n. 182 del 7.8.2006); strada delle Tre Valli: tratto EGG (Spoleto) – Acquasparta

(legge n. 443/2001; Del. 2.12.2005, G.U. n. 196 del 24.8.2006); accessibilità

Valtellina – variante di Morbegno (legge n. 443/2001; Del. 2.12.2005, G.U. n. 196 del

24.8.2006); autostrada Salerno - Reggio Calabria (legge n. 443/2001; Del. 2.12.2005,

G.U. n. 196 del 24.8.2006); itinerario Agrigento – Caltanissetta A19 (legge n.

443/2001; Del. 2.12.2005, G.U. n. 196 del 24.8.2006); progetto per la salvaguardia

della laguna e della città di Venezia – Sistema Mose (legge n. 443/2001; Del.

29.3.2006, G.U. n. 196 del 24.8.2006); itinerario Ragusa – Catania (legge n.

443/2001, Del. 29.3.2006; G.U. n. 197 del 25.8.2006); terzo valico dei Giovi – linea

AV/AC Milano - Genova(legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 197 del

25.8.2006); interporto di Battipaglia (legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 197

del 25.8.2006); sistema di accesso alle aree operative del bacino portuale di Voltri

(legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 197 del 25.8.2006); potenziamento

infrastrutturale della linea ferroviaria Bari Taranto e raddoppio tratta ferroviaria Bari S.

Andrea – Bitretto (legge. n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 197 del 25.8.2006);

lavoro di ammodernamento della strada statale n. 7-quater Domitiana (legge n.

443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 198 del 26.8.2006); opere finalizzate ad assicurare

l’efficienza dei complessi immobiliari sedi delle istituzioni dei presidi centrali per la

sicurezza strategica dello Stato e delle opere la cui rilevanza culturale trascende i

confini nazionali (legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 198 del 26.8.2006);

interporto di Catania (legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 199 del 28.8.2006);

HUB interportuali area romana – allaccio all’autostrada A12 (legge n. 443/2001; Del.

29.3.2006, G.U. n. 199 del 28.8.2006); schemi idrici Regione Molise – acquedotto

molisano centrale ed interconnessione con lo schema basso Molise (legge n.

443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 199 del 28.8.2006); schema idrico Basento

Bradano – tronco di Acerenza (legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 274 del

24.11.2006); accessibilità Malpensa: collegamento tra la S.S. n. 11 a Magenta e la

tangenziale ovest di Milano (legge n. 443/2001; Del. 29.3.2006, G.U. n. 274 del

24.11.2006).

Rientrano, invece, tra gli atti di carattere direttivo e programmatorio del CIPE

quelli indicati al terzo comma del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 143, in

relazione al tema della “definizione” delle operazioni e delle categorie dei rischi

assicurabili nel settore del commercio estero affidato alla competenza istituzionale di

SACE S.p.A..

Ancorché la materia delle assicurazioni, delle coassicurazioni e delle

Page 139: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

139

riassicurazioni dell’export italiano risulti ampiamente ed ulteriormente rimodulata e

modificata dalla legge 27.12.2006 (legge finanziaria 2007), i trasferimenti per il rischio

del credito all’esportazione rientrano nella competenza del CIPE, che continua a fissare

i limiti della materia e ad orientare l’importante settore nei suoi profili pubblicistici.

Passando al fondamentale ruolo del MAP (Ministero delle Attività Produttive)

nell’attività di devoluzione delle risorse pubbliche alle imprese produttive, devesi

preliminarmente osservare che i criteri per l’accesso alle contribuzioni, ai sensi della

legge 19.12.1992 n. 488 e successive modificazioni ed integrazioni, risultano quasi

sempre fissati con atti d’indirizzo sottoscritti dal Ministro competente, in qualità di

autorità politica di vertice, responsabile dei propri atti politici innanzi al Parlamento.

Com’è noto, quest’Ufficio di Procura, già nei passati esercizi, si è mostrato

particolarmente sensibile ai casi di sconfinamento della competenza amministrativa -

nonché di probabili invasioni dell’area riservata all’indirizzo politico - da imputarsi alla

dirigenza ministeriale, cui la legge affida soltanto poteri di gestione e di esecuzione

delle decisioni assunte dai centri d’indirizzo politico-amministrativo.

Oltre alla circolare n. 946068 del 7 aprile 2006 (G.U. n. 114 del 6.5.2006), in

materia di contributi in favore delle imprese artigiane, va, altresì, menzionati il D.M.

6.2.2006 (G.U. n. 36 del 13.2.2006); il D.M. 6.2.2006, preso di concerto con il

Ministero dell’Ambiente (G.U. n. 38 del 15.2.2006) in materia di produzione di energia

elettrica; il D.M. 3.3.2006 (G.U. n. 62 del 15.3.2006) che fissa la ripartizione del fondo

per gli interventi agevolativi per le imprese del settore aeronautico; i DD.MM.

dell’1.2.2006, riguardanti il settore della ricerca industriale e dell’innovazione

tecnologica, ai sensi della legge n. 46 del 1982, nonché quello delle aree

sottoutilizzate (G.U. n. 67 del 21.3.2006); il D.M. 28.2.2006 (G.U. n. 68 del

22.3.2006) relativo alle agevolazioni per le iniziative non ammesse a fruire dei

contributi per esaurimento delle risorse finanziarie (PIA Innovazione), con la

contestuale pubblicazione della graduatoria del PON (Programma Operativo Nazionale)

concernente lo sviluppo imprenditoriale locale, il cui D.M. è sottoscritto legittimamente

dal Direttore generale.

Si manifesta di apprezzabile qualità espositiva ed orientativa l’atto di indirizzo

del Ministero delle Attività Produttive, pubblicato in G.U. n. 85 del 6.4.2006, che

disciplina le procedure per la concessione delle agevolazioni nei settori dell’industria,

turismo e commercio compresi nelle aree sottoutilizzate del Paese.

Analogo giudizio positivo deve riservarsi al D.M. 23.3.2006 concernente i piani

per il sistema elettrico nazionale (G.U. n. 111 del 4.5.2006), nonché l’approvazione dei

bandi per le incentivazioni a favore della realizzazione di commercio elettronico e

quello per la realizzazione del collegamento telematico Quick-responce (G.U. n. 118

del 23.5.2006); il D.M. 15.5.2206 (G.U. n. 125 del 31.6.2006), che approva le

proposte formulate dalle Regioni, con i relativi punteggi, per la formazione delle

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140

graduatorie, in relazione ai bandi in favore delle imprese artigiane; il D.M. 7 aprile

2006, che fissa il riparto delle risorse per il settore turistico, ai sensi dell’art.1, comma

398, della legge 23.12.2005 n. 266; ed, infine, il D.M. 27.4.2006 n. 215, che approva

il Regolamento che fissa modalità e termini per la erogazione delle agevolazioni nei

settori dell’agricoltura e della pesca (G.U. n. 139 del 17.6.2006).

Il Decreto del Ministro 27 aprile 2006 (G.U. n. 124/2006) che dispone la

costituzione del fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di venture-capital nei

paesi dell’America centrale e meridionale, appare di dubbia conformità ai principi

costituzionali – tra cui quello dell’art. 4 Cost. relativo al diritto al lavoro dei cittadini

italiani – non sembrando che lo stesso assicuri il rispetto di tale diritto ed effettive

ricadute economiche in favore del sistema nazionale e comunitario.

Sotto il profilo della competenza e della legittimazione ad adottare una

determinata categoria di provvedimenti, appaiono conformi a legge i DD.MM. del MEF,

pubblicati sulla G.U. n. 152 del 3.7.2006, firmati dall’Ispettore Generale e

controfirmati dal Ragioniere Generale dello Stato.

Infine, va menzionato anche il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico

(MSE) che, in applicazione della legge n. 488 del 1992, detta istruzioni ed integrazioni

alla circolare del precedente 23 marzo 2006 (G.U. n. 190/2006).

E’ del Direttore Generale per lo sviluppo economico il decreto che detta linee di

indirizzo per le agevolazioni in favore dei Consorzi delle piccole e medie imprese (G.U.

n. 265/2006), mentre è del Ministro per lo Sviluppo Economico il provvedimento che

disciplina l’utilizzazione dei fondi della Cassa DD.PP. per le agevolazioni ai programmi

di innovazione tecnologica, ex l. n. 46 del 1982.

Per quel che concerne i provvedimenti del Ministero dell’Istruzione,

dell’Università e della Ricerca (MIUR) pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della

Repubblica, il quadro complessivo dei decreti ministeriali fa riscontrare raramente la

sottoscrizione dei provvedimenti da parte dell’organo di vertice.

Quasi sempre gli atti, anche a contenuto normativo o generale - e, quindi, ad

elevato tasso di discrezionalità e di indirizzo – sono sottoscritti dai dirigenti generali

del MIUR.

Il che rappresenta un evidente errore amministrativo, perché vengono assunte -

o reiterate, come nei passati esercizi - diffuse illegittimità, censurabili sotto il profilo

dell’incompetenza assoluta e dell’insanabilità.

Infatti, com’è noto, nel vigente sistema caratterizzato dalla rigida separazione tra

funzione d’indirizzo e funzione di gestione, il Ministro non può delegare attribuzioni

proprie agli organi della dirigenza amministrativa.

Il Ministro, dovendo rispondere innanzi al Parlamento degli atti politici a lui

intestati – tra cui quelli aventi carattere generale e/o normativo - può farsi sostituire

solo dai vice Ministri.

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141

Nel sistema precedente, invece, quasi tutte le attribuzioni potevano ritenersi

delegabili, perché ognuna di esse si riteneva riconducibile alla responsabilità

ministeriale; fatte salve le sole fattispecie dell’illecito penale che integravano, com’è

noto, la rottura del rapporto d’immedesimazione organica.

Orbene, malgrado che l’anzidetta problematica coinvolga temi centrali della

legalità costituzionale, si continua a non tenerne conto, salvo, poi - in caso di chiamata

per responsabilità risarcitoria – ad invocare la buona fede, per l’affidamento riposto

su atti di consulenza domestica.

Con DD.MM. datati 6.10.2006 (in G.U. n. 1 del 2.1.2006), a firma del direttore

generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca, vengono emanate

disposizioni di carattere generale sui progetti approvati. Analogamente per il D.M.

datato 23 dicembre 2005 (in G.U. n. 3/2006) che approva progetti di costituende

società, ex art. 11 del D.M. n. 583 dell’8.8.2000.

Ed, inoltre, questa rappresentazione amministrativa si ripete per il D.M.

2.12.2005 (in G.U. n. 9/2006), concernente l’ammissione di progetti autonomi al

fondo per le agevolazioni e per il D.M. 28.12.2005 (in G.U. n. 36/2006), concernente

l’ammissione di progetti EUREKA (d.lg.vo n. 297/1999).

Risultano, invece, firmati da organi politici i DD.MM. 23.12.2005, concernenti i

programmi strategici e la rete bioinformatica, nonché le erogazioni di P.C. senza fili

per studenti universitari, e la erogazione di prestiti fiduciari in favore delle Regioni.

E’ del Ministro il decreto datato 9.2.2006 che approva le proposte e le idee

progettuali in tema di ricerca tecnologica (G.U. n. 48 dell’1.3.2006).

Per quanto attiene al finanziamento dei progetti di ricerca, ai sensi dell’art. 13

del D.M. n. 593 dell’8.8.2000 (in G.U. n. 141/2006) può comunque ritenersi legittima

la procedura adottata dal direttore generale.

Analogamente si considerano adottati legittimamente sia il D.M. 11 luglio 2006,

concernente il fondo per le agevolazioni alla ricerca (G.U. n. 176/2006), sia il D.M.

27.7.2006 (G.U. n. 181/2006).

Può dirsi che nella seconda parte dell’esercizio la qualità dei progetti ammessi al

finanziamento sia stata, forse, più selettiva.

Appaiono comunque apprezzabili, per le materie ammesse al finanziamento, i

DD.MM. 31.10.2006 (in G.U. n. 215 del 18.11.2006) con cui si dispone l’ammissione

agli interventi agevolativi di laboratori per la formazione di esperti nella crescita dei

semiconduttori, e di laboratori per la formazione di ricercatori nel settore dei farmaci

antivirali con la partecipazione dell’Università di Napoli.

3. Questioni conclusive.

Se il sistema dei trasferimenti si giova dei c.d. gestori della spesa pubblica –

siccome, per dare attuazione al finanziamento dei progetti industriali per la

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142

riconversione e l’innovazione tecnologica l’intervento dello Stato si realizza attraverso

la gestione dei fondi speciali o di quelli rotativi – la questione principale non sembra

ristretta ai rapporti “banche-imprese” ma è assai più ampia e complessa.

Essa fa emergere una problematica triangolazione “Stato – banche – imprese”,

che può generare conflitti d’interesse di vaste proporzioni.

In realtà, oltre alle rilevate improponibilità e dannosità dei trasferimenti alle

imprese produttive attraverso il meccanismo delle istruttorie cartolari effettuate dai

gestori bancari e all’inammissibilità dello scambio dei ruoli tra apparato pubblico

statale e sistema bancario, va tenuto conto un quid novi estremamente importante.

Questo quid novi emerge dall’evoluzione dei rapporti tra banche ed imprese e dal

fatto che più del 50% degli istituti di credito italiani ha, come azionisti di riferimento,

imprenditori le cui aziende sono anche in rapporto di affari con i predetti istituti.

La questione è di cocente attualità, al punto che gli esperti della materia hanno

invocato l’istituzione di una Autorità Europea che vigili sul settore allo scopo di

garantire la separazione tra sistema bancario e fondi comuni d’investimento.

Ed, infatti, nel sistema europeo, segnato dalla trasparenza e dalla parità tra le

imprese, si evidenzia da più parti che le banche – la cui funzione è la raccolta del

risparmio o la concessione del credito, nel breve, medio o lungo termine - non

dovrebbero essere investite neppure della negoziazione dei titoli finanziari, ad evitare

sempre possibili intromissioni negli assetti societari delle imprese, loro clienti.

In proposito deve ritenersi inadeguato il divieto, imposto dal nuovo T.U. bancario

alle imprese non finanziarie, di non potere detenere una quota superiore al 15% del

capitale di una banca.

La commistione tra banche ed imprese discende, dall’interesse degli imprenditori

e dei grandi gruppi industriali a garantirsi una posizione di privilegio con il partner

bancario. Ma in questo modo vengono a formarsi intrecci o condizionamenti reciproci e

situazioni anomale o distorsive, con effetti dannosi non solo nel mondo della

produzione ma anche in quello della contribuzione pubblica e della concessione delle

agevolazioni.

Infatti, non può escludersi a priori che l’impresa, qualora sia proprietaria anche

di una consistente quota azionaria di un istituto di credito, forte della propria

posizione, si serva di quest’ultima per ottenere le agevolazioni o i trasferimenti dallo

Stato.

La centralità del sistema bancario nella vita delle imprese non va vista, quindi,

soltanto come segnale di una possibile involuzione del quadro economico (perché

sembra che ci si approfitti della debolezza dello Stato e si privilegi la rendita a scapito

del rischio di impresa) ma anche come aspetto sintomatico di una condizione

patologica più grande ed assai più pericolosa.

Infatti, la tendenza a privilegiare gli investimenti nel campo bancario, finanziario

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e/o dei servizi, oltre che agevolare la nascita di ristrette oligarchie di potere - in

relazione alle quali possono formarsi posizioni egemoniche con effetti distorsivi sui

gruppi industriali – può, altresì, determinare illegittimità nella scelta dei progetti da

finanziare e fare emergere un pericoloso conflitto di interesse tra Stato ed imprese: ed,

infatti, il gestore bancario, che agisce in rappresentanza dello Stato, potrebbe avere un

interesse diretto o indiretto nell’impresa beneficiaria.

In altri termini l’anomalia “banca – impresa” può provocare l’ulteriore anomalia

“Stato – impresa”, con effetti dannosi nel campo dei trasferimenti in favore dei settori

produttivi.

Conclusivamente, ed al di là di alcuni aspetti di dubbia rispondenza alle finalità

del sistema degli incentivi – come nel caso di taluni contratti di programma, i cui esiti

sono venuti di recente in evidenza – occorrerebbe evitare, per l’avvenire che le

domande di agevolazione siano selezionate dal raggruppamento delle banche

concessionarie.

Ed, inoltre, com’è stato autorevolmente evidenziato sulla grande stampa

nazionale, l’accordo di “Basilea 2” dovrebbe stimolare l’ex Istituto di emissione a

controllare e a verificare la consistenza patrimoniale delle banche, il cui potere di

acquisto <<dovrebbe essere valutato a seconda del suo grado di liquidità: meno è

liquido e meno vale>>.

A partire dall’esercizio 1998, il Procuratore Generale della Corte ha sempre

evidenziato, nelle sue requisitorie, che gli accordi di Maastricht non solo hanno

imposto vincoli di bilancio agli Stati membri, ma interdetta qualsiasi azione

nell’economia nazionale, ad evitare violazioni del principio di libertà economica e di

pari condizione tra le imprese comunitarie.

L’unico settore in cui gli Stati membri hanno il potere d’intervento è quello della

ricerca tecnologica e della riconversione industriale.

Ed appare fin troppo evidente, alla luce delle precedenti rilevazioni che merita

una rivisitazione profonda la logica della devoluzione delle funzioni pubbliche ai

privati: ai grandi concessionari, ai grandi intermediari, delle grandi agenzie semi-

pubbliche e ai grand comis a tempo determinato (nella dirigenza ministeriale,

regionale, locale, ecc.).

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K. - Attività contrattuale e relative patologie. (Estensore: V.P.G. Paolo Luigi

Rebecchi)

1. - Profili generali in materia di forniture di beni e servizi e di appalti di lavori

pubblici.

Nel corso del 2006, il versante normativo della materia contrattuale è stato

contrassegnato dall’intervenuta attuazione della delega conferita al Governo con la

legge 18 aprile 2005 n. 62- art. 25 (legge comunitaria 2004), con l’emanazione del

“Codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture in attuazione delle

anzidette direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE” (D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 in G.U. n.

100 del 2 maggio 2006-suppl.ord. n. 107, in vigore dal 1° luglio 2006) che ha riunito

in un unico testo le disposizioni relative ai diversi settori contrattuali (lavori, forniture,

servizi, settori ex esclusi), con riferimento alle diverse soglie di valore al di sopra delle

quali valgono i principi indicati nelle direttive, ma anche per i contratti sotto soglia

comunitaria nonché per le procedure in economia.

La legge n. 228 del 12 luglio 2006, di conversione del d.l. 12 maggio 2006 n.

173 (art. 1- octies), ha apportato modifiche al decreto legislativo 163/2006

prevedendo sostanzialmente che, mentre per i settori forniture e servizi l’entrata in

vigore delle nuove norme decorre dal 1° luglio 2006, per gli appalti di lavori pubblici è

prorogata la vigenza delle norme contenute nella legge 109/94 fino al 31 gennaio

2007. In particolare, è stato disposto il differimento al 1° febbraio 2007 dell’entrata in

vigore delle disposizioni relative alle centrali di committenza, dialogo competitivo,

accordi quadro, appalto integrato, procedure negoziate con o senza bando,

organizzazione del personale dell’autorità di vigilanza. Il differimento è stato prorogato

al 1° agosto 2007 dal d.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6, che ha anche introdotto

disposizioni correttive sulla base dell’art. 25 comma 3 della legge 62/2005. In

particolare è stato modificato l’art. 49, comma 10, per il quale all’impresa ausiliaria in

tema di “avvalimento” è confermato il ruolo di sub appaltatore.

Con la legge finanziaria per il 2007 (legge 296 del 27 dicembre 2006) sono

state previste ulteriori disposizioni in materia di contratti pubblici.

In particolare l’art. 1, commi 907-908, 912-913 e 917 prevede norme

riguardanti il ricorso al leasing per la realizzazione di contratti per lavori, servizi e

forniture.

Nel corso del 2006 si è registrata un’ulteriore precisazione della giurisprudenza

comunitaria in tema di conferimento di appalti di servizi cosiddetti in house.

Sono, infatti, intervenute le sentenze della Corte di giustizia CE del 6 aprile

2006 - Causa C-410/04- A.M.T.A.B, secondo cui l’affidamento è consentito

esclusivamente a società a totale capitale pubblico e nella prospettiva di una stabilità

di detta situazione societaria, con sostanziale esclusione delle ipotesi di affidamento

diretto a società miste, e 11 maggio 2006, causa C –340/04, Carbotermo, per la quale

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non risulta sufficiente il controllo derivante dai poteri societari derivati dal possesso

delle quote di maggioranza della società. In tal modo anche la giurisprudenza

amministrativa nazionale riconosce ormai, quale requisito necessario dell’affidamento

in house, l’esistenza di un “controllo pubblico totalizzante”.

Nel settore contrattuale si registra la decisione della Corte costituzionale –

sentenza n. 447 del 28 dicembre 2006, la quale ha dichiarato costituzionalmente

illegittimo l’art. 1, comma 3, della legge della provincia autonoma di Bolzano 3 ottobre

2005 n. 8 , che riproducendo il contenuto dell’art. 1664 del codice civile aveva

reintrodotto, per gli appalti di opere pubbliche, l’istituto della revisione prezzi ,

richiamando la disciplina statale vigente ed in particolare la legge 109/1994, cui ha

riconosciuto valenza di norma fondamentale di riforma economico-sociale, con

conseguente vincolatività nei confronti delle competenze regionali.

Per quanto attiene alle centrali di committenza la legge 23 dicembre 2005, n.

266 (legge finanziaria per il 2006), all’art. 1 comma 22, ha previsto l’obbligatoria

adesione delle amministrazioni pubbliche (ad eccezione delle regioni, delle province

autonome, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale) alle

convenzioni Consip o l’utilizzo dei parametri qualità prezzo da esse ricavabili, nel caso

di andamenti negativi della finanza pubblica verificati e dichiarati con decreto dal

Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle

finanze, con previsione di nullità dei contratti stipulati in violazione della disposizione e

responsabilità personale del dipendente stipulante il contratto82.

Per le regioni e gli enti locali il comma 159 della legge finanziaria per il 2006 ha

confermato la facoltà di aderire alle convenzioni ovvero di procedere ad acquisti in via

autonoma nel rispetto dei parametri da esse ricavabili, oltre alla possibilità di

avvalersi della consulenza e del supporto della Consip S.p.A.

Anche la legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) contiene previsioni in

tema di centrali di committenza, di convenzioni quadro, di ricorso al mercato

elettronico e sperimentazione della carta di acquisto elettronica (art. 1 commi 449-

453).

In particolare è prevista l’individuazione, con decreto del ministro dell’economia

e delle finanze, delle tipologia di beni e servizi per i quali tutte le amministrazioni

statali centrali e periferiche ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado,

delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute ad

approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro. Per le rimanenti amministrazioni è

prevista la facoltà di adesione o l’utilizzo dei relativi parametri qualità-prezzo quali

limiti massimi per la stipulazione dei contratti, con l’obbligo per gli enti del servizio

82 Per le modalità applicative cfr. circ. n. 7 in data 10 febbraio 2006 del dipartimento della ragioneria

generale dello Stato- Gestione del bilancio dello Stato- Implicazioni derivanti da talune disposizioni della legge finanziaria 2006 volte ad agevolare il perseguimento dei fini di finanza pubblica.

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sanitario nazionale di utilizzare in ogni caso le convenzioni stipulate dalle centrali

regionali di riferimento (comma 449). Dal 1° luglio 2007 è previsto l’obbligatorio

ricorso al mercato elettronico della p.a. per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della

soglia di rilievo comunitario, da parte delle amministrazioni centrali e periferiche dello

Stato, con esclusione delle scuole, istituzioni educative e universitarie (comma 451). E’

inoltre autorizzata la sperimentazione della carta di acquisto elettronica per i

pagamenti di limitato importo relativi ad acquisti di beni e servizi (comma 451) ed è

prevista la realizzazione di un sistema a rete delle centrali di committenza che

comprende la Consip S.p.A. e le centrali regionali (commi 455-456). Con la direttiva

20 febbraio 2007, il ministro per le riforme e le innovazioni nelle pubbliche

amministrazioni, nel fissare i criteri per l’interscambio dei dati tra le pubbliche

amministrazioni ha richiamato l’attuazione della disposizione di cui all’art. 54 comma 1

lettera f del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 – codice dell’amministrazione

digitale, integrata dall’art. 66 comma 7 del decreto legislativo n. 163/2006, relative

alla pubblicità, sui siti internet delle amministrazioni e dell’osservatorio istituito presso

l’autorità di vigilanza sui contratti pubblici, di tutti i bandi di gara. Al fine di ampliare

la pubblicità la circolare precisa che si tratta di tutte le negoziazioni relative a lavori,

servizi e forniture di importo superiore ai 20 mila euro, dovendosi dare inoltre notizia,

nelle stesse forme degli esiti delle procedure, con esclusione dei soli casi di attività

connesse alla diffusione di dati sensibili o coperte da segreto di Stato ai sensi della

legge n. 801/1977, con diretta imputazione della relativa responsabilità di

pubblicazione al dirigente della struttura (“Il rispetto di tale adempimento integra

elemento di valutazione del dirigente”).

Il rispetto della disciplina comunitaria in tema di concorrenza nell’accesso agli

appalti pubblici, di conseguenti ipotesi di responsabilità dello Stato membro per le

violazioni realizzate dalle amministrazioni aggiudicatrici ha costituito oggetto di

specifico richiamo da parte del Ministro per le politiche comunitarie con la circolare 1°

marzo 2007, in particolare riguardante la distinzione fra la individuazione dell’idoneità

degli offerenti e la selezione delle loro offerte, nonché la necessità di adeguata

pubblicità dei criteri adottati, evidenziando che la violazione delle relative prescrizioni

comunitarie di cui agli artt. 44-46 della direttiva 2004/18/CE, che comporti sanzioni

pecuniarie da parte dell’Unione, determina “responsabilità amministrativa per danno

all’erario, con conseguenziali provvedimenti a carico dei pubblici funzionari che vi

hanno dato causa”.

2. - Disfunzioni e patologie riscontrate nell’esercizio delle funzioni

giurisdizionali e di controllo.

Profili di criticità nella gestione dell’attività contrattuale emergono sia dalla

attività della Corte, sia in sede di controllo che giurisdizionale.

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In sede di controllo preventivo di legittimità è stata ribadita l’obbligatorietà del parere

del CNIPA in tema di contratti di acquisto di programmi informatici (sezione centrale

controllo, n. 3 del 2 febbraio 2006), la illegittimità della scelta del contraente a mezzo

di trattativa privata sulla base del mero richiamo alle disposizioni autorizzative

comunitarie in tema di specificità tecnica della prestazione (sezione centrale del

controllo preventivo di legittimità, n. 11 del 21 luglio 2006), la illegittimità della

stipulazione di contratto a trattativa privata con la ditta aggiudicataria di precedente

licitazione ritenuta illegittima dalla sezione del controllo della Corte dei conti e in

mancanza di previa gara informale e dei presupposti per la segregazione della

procedura di cui all’art. 3 del D.lgs. 402/1998 (sez. controllo Marche, n. 9 del 13 luglio

2006). Con deliberazione n. 1/2007 dell’11 gennaio 2007 (sezione centrale controllo),

sono stati fissati i presupposti e requisiti del riconoscimento di debito in caso di

prestazioni rese in via di fatto, con riguardo a vicenda realizzatasi nell’ambito

dell’amministrazione penitenziaria.

Nell’ambito dell’attività di controllo sulla gestione sono state rilevate

significative criticità nella attività contrattuale correlata a un intervento infrastrutturale

strategico con lo strumento del project finance (sezione centrale di controllo sulla

gestione delle amministrazioni dello Stato - deliberazione n. 15 del 20 giugno 2006),

con la rilevazione di carenza di progettazione iniziale, sussistenza di un conflitto di

interesse fra ente locale concedente e soggetto attuatore costituito da società

partecipata dallo stesso ente pubblico, varianti introdotte in corso d’opera con

conseguente prolungamento della durata della convenzione e ulteriori costi riconosciuti

alla società realizzatrice in violazione delle regole della concorrenza fra gli iniziali

aspiranti al contratto, onerose operazioni di indebitamento effettuate presso il sistema

creditizio. Conclusivamente la relazione ha rilevato che “…le amministrazioni locali,

anche se di dimensioni medio-grandi, …abbisognano di supporto tecnico per gestire

operazioni di finanza innovativa. Ciò soprattutto quando l’aspettativa di finanziamenti

pubblici induce ad effettuare operazioni di breve respiro, vantaggiose per lucrare

benefici finanziari immediati, ma estremamente penalizzanti in prospettiva di medio e

di lungo periodo, per la quantità e complessità di oneri indotti che provocano

all’erario…”.

Con la deliberazione n. 13 del 14 luglio 2006, la sezione centrale del controllo

sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ha riferito sulle “Gestioni dei

provveditorati alle opere pubbliche” (esercizi 2002-2004), rilevando, per quanto

concerne la materia contrattuale, un “…un diffuso ricorso a modalità di affidamento

derogatorie della concorrenza, in misura alquanto più accentuata da parte dei

provveditorati centro-settentrionali, sia nella forma di cottimi fiduciari sia in quella di

appalti a trattativa privata…” ed osservando che “…l’ ampio ricorso a quest’ultima

forma di affidamento dei lavori, del tutto sistematico presso alcuni provveditorati e

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attribuibile, prevalentemente, alla sussistenza di ragioni di segretezza, deve essere

giustificato, come prescritto dalla legge (art. 33 legge 109/94), dall’ulteriore

condizione della indifferibilità ed urgenza delle opere. Ammesso che ricorrano

ambedue i suddetti requisiti, rimane incomprensibile che tale situazione si sia

verificata …presso vari provveditorati, quasi sempre gli stessi, mentre in altri ha avuto

una modesta, o addirittura nessuna, incidenza…” (es. provveditorato Lazio), e

concludendo che “…presso diverse sedi periferiche viene data abitualmente la

preferenza alle procedure di affidamento diretto dei lavori, indipendentemente

dall’effettivo sussistere delle anzidette circostanze….” richiedendosi pertanto

“…un’iniziativa del competente dipartimento ministeriale, nelle sue funzioni di vigilanza

e coordinamento, volta a uniformare il più possibile le linee di condotta seguite dagli

organi decentrati subentrati ai provveditorati, allo scopo di contenere l’eccessivo

utilizzo, in talune sedi, delle procedure derogatorie nell’affidamento dei lavori…”.

Irregolarità e criticità emergono anche dagli esiti dell’attività ispettiva della

Ragioneria generale dello Stato. In particolare, con riguardo all’esito di indagini svolte

in numerose aziende ospedaliere sono stati rilevati ricorrenti e gravi anomalie nella

gestione delle attività contrattuali, nell’ambito delle quali ricorrono frequentemente

situazioni di mancanza di adeguata motivazione sulla congruità dei prezzi posti a base

d’asta, irregolarità nelle composizioni delle commissioni di aggiudicazione, mancanza

di chiarezza motivazionale sulle scelte delle imprese da invitare a procedure di

trattativa privata, affidamenti senza gara di servizi di manutenzione e pulizia,

proroghe o rinnovi non motivati di contratti, anche per periodo ultranovennale,

depositi cauzionali insufficienti, eccessivo ricorso alla trattativa privata o a procedure

in economia in presenza di palesi ed artificiosi frazionamenti degli importi contrattuali ,

inadeguata programmazione delle esigenze di acquisto di beni e servizi, illegittimo

affidamento di servizio di brokeraggio a trattativa privata, scarsa chiarezza

motivazionale nelle scelte della tipologia di sistema di individuazione del contraente,

indebite prassi di rinegoziazione di contratti di fornitura di beni dopo l’aggiudicazione,

acquisiti di beni al di fuori delle convenzioni CONSIP in mancanza di motivazione sulla

indisponibilità nella categoria merceologica di interesse, frequente ricorso a

riconoscimento di debiti per prestazioni rese in via di fatto.

Ricorrenti profili di patologia connessi all’attività contrattuale sono emersi infine

anche nel corso dell’attività giurisdizionale e dell’attività inquirente delle procure

regionali, sia con riferimento alla realizzazione di lavori ed opere pubbliche sia in tema

di forniture di beni e servizi, riscontrandosi il ripetersi di fattispecie di mancata o

incompleta realizzazione di opere pubbliche, mancata utilizzazione di progetti,

revisione prezzi, danni conseguenti ad indebite sospensioni di lavori, interessi passivi

derivanti da ritardati pagamenti, corresponsione di interessi, acquisti o locazioni a

prezzi maggiorati, non utilizzazione di beni strumentali, scarsa programmazione degli

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approvvigionamenti, irregolarità nella gestione di appalti e forniture collegate alla

percezione di tangenti.

In particolare le specifiche vicende giudiziarie hanno riguardato false

fatturazioni relative a lavori in economia gestiti dall’amministrazione della difesa (Sez.

Lazio, n. 24 del 17 gennaio 2006), responsabilità del direttore dei lavori per mancata

rilevazione di inadempienze dell’impresa nella fornitura di materiali e opere difformi

dal progetto (Sez. II centrale n. 18/A del 12 gennaio 2006), indebito riconoscimento di

somme quali debiti fuori bilancio nell’ambito di rapporto contrattuale per la

realizzazione di opera pubblica e conseguenti responsabilità di sindaco ed altri

amministratori comunali (Sez. Trento, n. 12 del 1° febbraio 2006), irregolarità di

forniture in economia per casa di reclusione (Sez. Sardegna, n. 612 dell’11 ottobre

2006), mancato perfezionamento di procedure espropriative per opere pubbliche (Sez.

Calabria, n. 859 del 19 ottobre 2006), affidamento di contratti di fornitura con

mancata considerazione dei parametri offerti dalle convenzioni CONSIP nell’ambito di

un ente locale (Sez. Puglia, sent. 207 del 13 febbraio 2006), mancato completamento

di procedimento espropriativo con perfezionamento di accessione invertita ed

affermazione della responsabilità degli amministratori comunali (Sez. III centrale n.

110/A del 22 febbraio 2006), percezione di tangenti da parte di dirigenti di S.p.A. in

mano pubblica nell’ambito della realizzazione di tratti dell’autostrada Salerno- Reggio

Calabria (Sez. Lazio, n. 180 del 22 febbraio 2007), percezione di tangenti per contratti

stipulati all’estero da dirigenti di S.p.A. controllata da altra S.p.A. in mano pubblica

con affermazione della giurisdizione contabile e condanna per danno all’immagine

seguita a provvedimenti di sequestro conservativo (Sez. Lombardia n. 114 del 22

febbraio 2006), responsabilità del dirigente dell’ufficio tecnico di ente locale per

mancato incameramento di cauzione definitiva depositata da ditta aggiudicataria di

appalto successivamente ritiratasi (Sez. Puglia, n. 196 del 24 febbraio 2006), illecita

stipulazione di polizza assicurativa per la copertura della responsabilità amministrativo

contabile (Sez. siciliana di appello n. 66 del 10 marzo 2006), errate contabilizzazioni in

eccesso di lavori pubblici svolti da società privata concessionaria, affermando la

responsabilità, a titolo personale, del presidente della s.r.l. concessionaria per essersi

ingerito direttamente dell’utilizzo di risorse pubbliche (Sez. II centrale n. 125 del 20

marzo 2006), danni da carenze nella direzione lavori, conferita successivamente all’

inizio dei lavori stessi (Sez. Trento, n. 22 dell’8 marzo 2006); responsabilità di società

concessionaria di lavori pubblici per carente realizzazione degli stessi (Sez. II centrale,

n. 125/A del 20 marzo 2006), comportamenti dilatori del direttore dei lavori (Sez.

Marche, n. 384 del 27 marzo 2006), erogazione indebita di compensi a dipendenti

pubblici per la partecipazione a commissione di gara di appalto (Sez. III centr. n. 179

del 6 aprile 2006), responsabilità di direttore dei lavori e di progettista di opera

pubblica per danni connessi a sospensioni di lavori conseguenti ad errori progettuali

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(Sez. Trento, n. 28 del 12 aprile 2006), discrezionalità della p.a. nella valutazione

delle offerte in sede di trattativa privata (Sez. Molise, 30 maggio 2006 n. 70/A);

frazionamento di contratti al di sotto della soglia comunitaria (Sez. Trento, n. 29 del

26 aprile 2006 - nella specie con esclusione della responsabilità in considerazione della

diversa tipologia di forniture per mobili ed arredi e dalla sussistenza di specifiche

esigenze tecniche e funzionali), irregolare affidamento a trattativa privata di contratti

di informatizzazione e consulenza informatica nell’ambito di ASL (Sez. Lazio, n. 1857

del 3 giugno 2006), fatti penalmente rilevanti a carico di dirigente S.p.A. in mano

pubblica con riguardo ad appalti pubblici affidati con trattative private e pagamento di

tangenti in relazione ad interventi urgenti di ricostruzione di viabilità stradale (Sez.

Lombardia, n. 357 del 19 giugno 2006), responsabilità di funzionari comunali per

omesso pagamento di fatture emesse da ditta aggiudicataria di lavori a trattativa

privata (Sez. III centrale n. 263 del 23 giugno 2006), percezione di tangenti da parte

di geometra e di dipendente comunale in relazione alla realizzazione di opera pubblica

(Sez. II centrale n. 254 del 4 luglio 2006), danno da omessa verifica della congruità

dei prezzi tramite raffronto fra più offerte , anche con riguardo a contratti di non

rilevante importo, in relazione al principio di economicità di cui all’art. 1 legge

241/1990 (Sez. Lombardia, n. 447 del 14 luglio 2006), danni connessi a lodo arbitrale

relativo all’esecuzione di un programma di informatizzazione di ministero (Sez. Lazio,

n. 1567 del 20 luglio 2006), responsabilità del direttore dei lavori per omessa verifica

dello stato dei luoghi previamente alla consegna dei lavori (Sez. siciliana di appello n.

150 del 1° agosto 2006), stipulazione di polizze assicurative per la copertura della

responsabilità amministrativo contabile (Sez. Emilia Romagna, n. 895 del 1° agosto

2006), affermazione della giurisdizione contabile (in sede di convalida di

provvedimenti di sequestro conservativo) nei confronti di amministratori, dirigenti e

direttore tecnico di società privata appaltatrice di un servizio di manutenzione di

immobili di ente pubblico previdenziale, in relazione a varie inadempienze nella

esecuzione del contratto integranti anche profili di rilievo penale relativa ad

associazione delittuosa nel settore della manutenzione e gestione degli immobili

attraverso false fatturazioni di lavori non fittiziamente svolti attraverso strumentali sub

appalti (Sez. Lazio n. 576/ord. del 30 agosto 2006), responsabilità del dirigente ufficio

gestione immobiliare di ASL per conferimento di incarichi di consulenza ingiustificati

(Sez. Toscana, n. 566 del 5 ottobre 2006), illegittimi affidamenti di forniture in ambito

di ASL e responsabilità connesse dei dirigenti dell’azienda (Sez. Puglia, sent. n. 885

dell’11 ottobre 2006); ingiustificato ricorso alla trattativa privata per acquisto di

strumentazione sanitaria con responsabilità di direttore generale ASL (Sez. Veneto, n.

589 del 12 ottobre 2006), mancato perfezionamento procedure espropriative e

responsabilità dell’assessore ai lavori pubblici e del capo ufficio tecnico (Sez. Campania

n. 1965 del 30 ottobre 2006), contenzioso su revisione prezzi per opere pubbliche fra

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impresa ed ente locale (Sez. Calabria, n. 856 del 18 ottobre 2006), irregolare gestione

del rapporto contrattuale in tema di revisione prezzi fra ente locale ed imprese

aggiudicatarie di servizi (Sez. Toscana, n. 752 del 11 dicembre 2006 e Sez. Sardegna

n. 951 del 13 dicembre 2006), contenziosi connessi ad acquisti in leasing da parte di

ente locale (Sez. Lazio, n. 4 del 1° gennaio 2007), irregolare gestione del contenzioso

contrattuale in tema di opere pubbliche da parte di amministratori e funzionari di ente

locale (Sez. II centrale n. 4 del 5 febbraio 2007), affidamento di incarico di

progettazione da parte di ente locale in assenza dei presupposti per il finanziamento

dell’opera (Sez. II centrale n. 12 del 20 febbraio 2007), turbative circa il regolare

svolgimento di gare di appalto nell’ambito di agenzia di promozione turistica regionale

(Sez, Liguria, n. 209 del 5 marzo 2007), responsabilità di amministratori comunali dei

danni connessi alla costituzione di società mista pubblico-privata per l’affidamento e

realizzazione di opere pubbliche in violazione della disciplina pubblicistica concernente

la scelta del socio privato (Sez. Sardegna, n. 232/2007 del 13 marzo 2007), illecita

percezione di tangenti correlate ad appalto per prestazione di servizi nell’ambito

dell’amministrazione militare, con danno patrimoniale e di immagine (Sez. Lazio, n.

373 del 19 marzo 2007); mancato perfezionamento di procedura espropriativa per

opera pubblica di ente locale (Sez. Campania n. 529 del 29 marzo 2007 e Sez.

Calabria, n. 263 del 17 aprile 2007).

IV. – ASSISTENZA SANITARIA, PREVIDENZA E PENSIONI PUBBLICHE.

A. – La spesa sanitaria (Estensore: V.P.G. Roberto Benedetti)

1. - Il finanziamento del S.S.N. 2006.

Appare innanzi tutto utile ricordare (per il miglior inquadramento

dell’argomento oggetto delle considerazioni che seguono) che il parametro normativo

di riferimento per l’anno 2006 è costituito dalle disposizioni recate dalla legge

finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) che ha fissato il finanziamento del SSN nel limite

di euro 91,713 miliardi e che successivamente tale limite è stato aumentato a euro

93,173 miliardi, con l’aggiunta di altri due miliardi, come disposto dalla legge

finanziaria 2007 (legge n. 296/2006); la circostanza che, come di consueto, le risorse

realmente assorbite dal settore abbiano superato le previsioni, come si evidenzierà fra

poco, ripropone l’annoso problema della sottostima del fabbisogno in campo sanitario

e la necessità di una sua più coerente quantificazione con le effettive esigenze di

assistenza.

L’anno 2006 ha rappresentato il sesto esercizio finanziario di attuazione del

federalismo fiscale83 (e del rispetto del patto di stabilità sottoscritto l’8 agosto 2001),

per effetto del quale, come è noto, il finanziamento del sistema è stato rimesso al

83 Decreto legislativo n. 56 del 2000.

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167

gettito di un insieme di imposte (irap84, addizionale regionale irpef, iva, accise), ricavi

ed entrate proprie, trasferimenti pubblici e privati ed integrazioni a carico dello Stato.

Il complesso delle risorse acquisite a tale titolo nello scorso anno è ammontato a

94,985 miliardi di euro (+ 4,3% sul 2005), che a fronte del volume generale della

spesa, di cui si dirà di seguito, comporta un disavanzo complessivo nazionale di

settore pari a -4,183 miliardi euro, a totale carico delle regioni e province autonome.

Le due voci più consistenti di finanziamento sono rappresentate,

rispettivamente, per il 44,4% dal gettito della quota parte di Iva ed accise (in leggero

aumento rispetto al dato 2005 che è stato 43,2%), pari a 41.932 euro miliardi, e per il

39,4% da quello dell’Irap85 e dell’addizionale regionale Irpef (40,1% nell’esercizio

precedente), che nel 2006 ha reso 37,280 miliardi di euro; in complesso, pertanto,

quasi l’84% del finanziamento del sistema sanitario deriva dal pagamento di imposte.

Ancora abbastanza marginale resta, infatti, il contributo dei ricavi e delle entrate

proprie, attestatosi a 2,581 miliardi di euro (2,7% del totale), peraltro anche in

diminuzione rispetto all’anno precedente (-3,0%); di contro, rimane stabile (8,4%)

l’incidenza degli ulteriori trasferimenti da pubblico e privato, ammontati a 7,947

miliardi di euro; in ulteriore diminuzione (-2,1%), invece, le entrate derivanti dalle

integrazioni a carico dello Stato, fermatesi a 4,759 miliardi di euro (5% del totale).

La tabella che segue espone l’andamento delle fonti di finanziamento del

SSN, nelle varie voci che lo compongono.

Finanziamento del S.S.N. anno 2006 (importi in miliardi di euro) Voci Anno 2006 Anno 2005 Differenza +/- % 1 2 3 4 = (2-

3) 5

Finanziamento della spesa sanitaria delle regioni e province autonome Irap ed addizionale regionale Irpef 37,280 36,366 0,914 2,5 Fabb. san. ex D. lgs. n. 56/2000 (Iva ed accise)

41,932 39,116 2,816 7,2

Ulteriori trasferimenti da pubblico e privato

7,947 7,596 0,351 4,6

Ricavi ed entrate proprie varie 2,581 2,661 -0,08 -3,0 FSN e ulteriori integrazioni a carico dello Stato

4,759 4,861 - 0,102 - 2,1

Totale 94,500 90,601 3,899 4,3 Copertura della spesa sanitaria sostenuta dagli enti finanziati direttamente

dallo Stato Altri enti 0,485 0,459 0,026 5,5 Totale generale 94,985 91,060 3,925 4,3 Disavanzo (a carico delle regioni) -4,183 -5,725 - 1,542 - 26,9

Va inoltre ricordato che l’attuazione del federalismo fiscale ha incontrato notevoli

84A proposito dell’Irap, è utile ricordare che si è conclusa favorevolmente per lo Stato italiano la questione sollevata in merito alla compatibilità dell’imposta con l’ordinamento comunitario. Un esito diverso avrebbe provocato un problema enorme e di difficilissima soluzione nella nostra finanza pubblica e, in particolare, nell’ambito delle risorse destinate al siste.ma sanitario, che è il principale beneficiario del suo gettito

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168

problemi, tanto che la sua applicazione ha subito rallentamenti e differimenti, creando

anche contenzioso fra Stato e regioni e province autonome e rendendo ancor più

difficile e complesso il meccanismo di finanziamento.

2. La spesa sanitaria 2006

I costi complessivi del Servizio sanitario nazionale per l’anno 2006 sono

ammontati complessivamente a € 99,167 miliardi, di cui € 98,683 miliardi relativi a

regioni e province autonome (99,51% del totale) e € 0,485 miliardi relativi agli enti

finanziati direttamente dallo Stato86 (0,49% del totale) - rispettando sostanzialmente

nell’articolazione interna le stesse dimensioni percentuali dell’anno precedente - con

una incidenza sul PIL del 6,7% (con una leggera diminuzione rispetto al 2005 di -

0,1%). Considerato che le risorse acquisite per il finanziamento del S.S.N. si sono

attestate a € 94,985 miliardi, il disavanzo del settore, come già detto, è quantificabile

in € -4,183 miliardi (il cui saldo è a carico delle regioni e province autonome). Rispetto

all’anno precedente, il dato significa comunque un miglioramento del 26,9%, pari a €

1,542 miliardi di differenza.

L’aumento percentualmente più significativo fra le componenti interne è

segnato dalla specialistica convenzionata ed accreditata (+ 8,5%), seguito dall’altra

assistenza convenzionata e accreditata (+ 7,2%), dal personale (+5%),

dall’integrativa e protesica convenzionata ed accreditata (+4,7%) e dalla farmaceutica

convenzionata (+4,2%).

La tabella che segue illustra l’andamento della spesa sanitaria nelle sue

principali componenti, con raffronto con l’anno precedente in valore assoluto ed in

percentuale.

Spese/costi del S.S.N. per l’anno 2006 (importi in miliardi di euro) Anno 2006 Anno 2005 Differenza +/- % 1 2 3 4 = (2-

3) 5

Spesa sanitaria delle regioni e province autonome Personale 33,355 31,758 1,597 5,0 Beni e servizi 26,574 26,623 -0,049 -0,2 Farmaceutica convenzionata 12,398 11,894 0,504 4,2 Ospedaliera accreditata 8,337 8,147 0,190 2,3 Medicina generale convenzionata 5,910 5,689 0,221 3,9 Altra assistenza convenzionata e accreditata

4,600 4,293 0,307 7,2

Specialistica convenzionata e accreditata

3,506 3,230 0,276 8,5

Riabilitativa accreditata 2,282 2,206 0,076 3,4 Integrativa e protesica convenzionata 1,508 1,440 0,068 4,7

86 Sono tuttora sostenuti dallo Stato gli oneri relativi a: Croce Rossa Italiana (finanziamento corrente),

Istituti Zooprofilattici Sperimentali (finanziamento corrente), Cassa DD.PP. (rimborso mutui pre-riforma), Università (borse di studio specializzandi).

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169

e accr. Saldo gestione straordinaria 0,180 0,990 -0,810 - Saldo intramoenia - 0,158 - 0,137 0,021 - Mobilità verso Bambin Gesù 0,162 0,162 0,000 - Mobilità verso SMOM 0,029 0,029 0,000 - Totale Regioni e province autonome 98,683 96,326 2,357 2,4

Spesa sanitaria degli enti finanziati direttamente dallo Stato Altri Enti finanziati con il FSN 0,485 0,459 0,026 5,5 Totale generale 99,167 96,785 2,382 2,5 3. L’articolazione dei costi a livello regionale.

L’articolazione dei costi fra regioni conferma sostanzialmente il quadro del

precedente esercizio finanziario.

Spese/costi per regione del S.S.N. per l’anno 2006 a confronto con il 2005 (importi in milioni di euro)

Regione Anno 2006 Anno 2005 Differenza

+/- % 1 2 3 4=(2-3) 5

Lombardia 15.353,112 14.777,327 575,785 3,9 Lazio 10.299,280 10.107,400 191,88 1,9 Campania 9.120,349 9.663,536 -543,197 -5,6 Sicilia 8.381,001 7.825,438 555,565 7,1 Veneto 7.858,703 7.560,710 297,993 3,9 Piemonte 7.452,207 7.192,655 259,552 3,6 Emilia Romagna 7.295,581 7.053,411 242,17 3,4 Puglia 6.323,304 6.160,918 162,386 2,6 Toscana 6.104,356 5.927,252 177,104 3,0 Calabria 3.047,220 2.858,104 189,026 6,6 Liguria 2.960,414 2.922,780 37,634 1,3 Sardegna 2.612,661 2.682,759 -70,098 -2,6 Marche 2.441,240 2.345,038 96,202 4,1 Abruzzo 2.213,498 2.246,372 -32,874 -1,5 Friuli Venezia Giulia 2.104,379 1.987,822 116.557 5,9 Umbria 1.465,758 1.398,837 57,921 4,8 Prov. aut. Bolzano 1.022,758 982,400 40,358 4,1 Basilicata 899,922 897,681 2,241 0,2 Prov. aut. Trento 899,062 856,642 42,42 5,0 Molise 581,761 654,418 -72,657 -11,1 Valle d’Aosta 246,122 224,758 21,364 9,5 Totale regioni 98.682,688 96.326,348 2.356,340 2,4

La tabella sopra riportata, nella quale le regioni sono indicate secondo l’ordine

decrescente in valore assoluto, fa apprezzare una sostanziale conferma dei volumi di

spesa da ciascuna effettuati in passato. Rispetto all’anno precedente la sola regione

Calabria va ad occupare la decima posizione, scavalcando la regione Liguria, sulla scia

di una crescita del 6,6%; l’aumento percentuale più significativo è conseguito dalla

regione Valle d’Aosta (+9,5%), seguita dalla Sicilia (+7,1%) e dal Friuli (+5,9%); la

Lombardia si conferma di gran lunga quella che eroga il più alto volume finanziario di

assistenza sanitaria.

In termini percentuali ben quattordici tra regioni e province autonome hanno

Page 170: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

170

fatto registrare una crescita superiore alla media nazionale (2,4%); di contro, il

maggior contenimento di spesa risulta effettuato dalla regione Molise (-11,1%),

seguita dalla Campania (-5,6%).

4. - Il costo del personale.

Anche nel 2006 l’aggregato che ha inciso maggiormente sul totale dei costi

sostenuti dal S.S.N. (33,8%, a fronte del precedente 33,0%) rimane quello relativo

alla gestione delle risorse umane, attestatosi a fine anno a 33,355 miliardi (rispetto ai

31,758 miliardi di euro del 2005), con un incremento percentuale alquanto

significativo (+5,0%). Oltre un terzo delle risorse finanziarie disponibili è quindi

assorbito dal trattamento economico corrisposto agli operatori della sanità italiana,

anche se il suo peso si conferma stabile rispetto al passato. Sul dato hanno inciso i

rinnovi dei contratti di medici e dirigenti; c’è da tener presente, inoltre, che al suo

interno il ruolo sanitario87 incide per circa l’80% dello specifico costo.

5. - L’acquisto di beni e servizi.

In evidente controtendenza rispetto agli anni passati, nel 2006 il costo

dell’aggregato “beni e servizi” ha raggiunto il livello di € 26,574 miliardi, facendo

registrare una diminuzione dello -0,2% e ponendosi come l’unico aggregato in

contenimento all’interno del comparto, nel quale incide come seconda voce di spesa

per il 26,9%.

Circa la metà del costo (41,1%) è assorbita dall’“acquisto di beni” propriamente

detto, con un incremento (+5,7%) rispetto al passato; seguono, in ordine decrescente

di grandezza, i “servizi non sanitari appaltati” (relativi a lavanderia, pulizia, mensa,

riscaldamento, ecc.) (15,6%), che aumentano dell’8,7%, a causa anche del processo

di esternalizzazione dei servizi (outsorcing); le “imposte e tasse” (9,3%), sul cui

incremento (+6,7%) hanno inciso i rinnovi contrattuali; i “servizi sanitari” (concernenti

trasporti sanitari, consulenze, attività di formazione) (8,7%), che fanno registrare un

incremento di +4,8%; gli “oneri diversi di gestione” (8,3%), aumentati di +2,8%, nel

quale confluiscono i costi relativi agli organi delle aziende sanitarie, le assicurazioni, le

spese legali, le varie utenze, ecc.; le “manutenzioni e riparazioni” (5,4%),

incrementati del 2,7%; gli “accantonamenti tipici” (3,4%), relativi a trattamenti di fine

servizi, premi operosità e rinnovi contrattuali dei pregressi anni, in drastica

diminuzione (-62,3%); la “compartecipazione al personale per l’attività intramoenia”

(3,4%), aumentata di 1,1%; il “godimento beni di terzi” (3,3%), aumentato del 9,3%

per l’accresciuta diffusione di forme di leasing e di service. Completano l’aggregato gli

“interessi passivi ed oneri finanziari”, che pur rappresentando solo l’1,4%, hanno fatto

registrare il maggior incremento in assoluto (+28,6%), circostanza che dovrebbe far

87 Il ruolo sanitario comprende i medici, i sanitari laureati, gli infermieri ed il personale tecnico sanitario.

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171

riflettere sull’indebitamento già in atto.

6. - La spesa farmaceutica convenzionata.

Con il suo 12,6% l’aggregato concernente la farmaceutica convenzionata ha

inciso nel 2006 per € 12,398 miliardi, con un aumento superiore alla media (+ 4,2%),

che fa nuovamente risalire il trend di spesa. Con questo risultato l’aggregato si

avvicina sempre di più al vigente limite legislativo del 13%88.

Come di consueto, in questo aggregato si rilevano le situazioni più diversificate

fra le varie regioni, a secondo delle scelte locali e degli strumenti89 dalle stesse

adottate per contenerne la relativa spesa. In linea generale si osserva che

l’applicazione di forme di compartecipazioni al prezzo dei farmaci (sotto forma

soprattutto di tickets) ha un generale effetto di contenimento, mentre la loro

sospensione od eliminazione fa registrare una tendenza all’aumento. Va pertanto

ribadito, a commento degli illuminanti dati contabili, che soltanto con l’applicazione di

regole certe e durature si potranno apprezzare positivi risultati sul fronte del

contenimento di tale spesa.

Negli ultimi anni è stata riservata, in questa stessa sede, una particolare

attenzione proprio ai motivi ed alle dinamiche della spesa farmaceutica, nella

convinzione che in tale settore ci fosse la possibilità per intervenire e per fare di più e

di meglio di quanto fin qui realizzato, senza tuttavia troppo penalizzare l’utenza.

E’ da ritenere, infatti, che vada innanzi tutto rinnovata un’opera di

sensibilizzazione sull’uso consapevole dei farmaci, soprattutto oggi che il loro acquisto

è stato facilitato attraverso la grande distribuzione commerciale.

I farmaci generici stentano ancora a riscuotere il favore degli assistiti; anche

sotto tale profilo si rende pertanto necessario fare di più. La giustizia amministrativa

ha condiviso la legittimità del principio del prezzo di riferimento ed anche questo

rappresenta un incoraggiamento a proseguire su questa strada.

Altra iniziativa utile potrebbe essere fatta per scongiurare la naturale tendenza a

costituire delle scorte casalinghe, spesso prive di senso. In questo ambito va ribadita

ancora la necessità di una riflessione sul dimensionamento delle confezioni,

modulandole sulla effettiva durata della cura. Anche tale problematica è già stata

posta in passato e merita ora di essere ripresa. Non è dato capire, infatti, perché

medicine di uso sporadico abbiano confezioni sovrabbondanti (con intuibili sprechi

talora della maggior parte del farmaco), mentre altre, da assumere a vita, contengano

– ad esempio – compresse per non più di poche settimane.

88 L’art. 5 della legge 16 novembre 2001, n. 405, ha fissato, a decorrere dall’anno 2002, un tetto massimo

di spesa per l’assistenza farmaceutica a carico del SSN a livello nazionale e regionale, pari al 13% della spesa sanitaria complessiva.

89 Partecipazione diretta degli assistiti (ticket), controlli sulle prescrizioni, distribuzione diretta di alcuni farmaci, ecc.

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172

Nel corso del 2006 l’innovazione più evidente in questo settore (una vera e

propria svolta epocale) è stata certamente la distribuzione di alcuni farmaci nei

supermercati, a prezzi generalmente inferiori per l’utenza a quelli praticati dalle

farmacie. Pur senza voler mettere in discussione la validità di un sistema incentrato

sulle tradizionali farmacie, che ha indubbiamente un suo valore ed indubbi meriti per

ciò che è stato e per ciò che tuttora rappresenta, non può tuttavia essere trascurata la

circostanza che la distribuzione di farmaci al di fuori di quel perimetro, comporta

comunque risparmi e presenta caratteristiche di sicuro interesse in una situazione di

disponibilità finanziarie precarie e recessive.

E sempre a proposito delle modalità di distribuzione dei farmaci, va

ricordato che la vigente normativa prevede90, quale canale alternativo alle farmacie, la

possibilità di distribuzione diretta dei farmaci da parte delle stesse aziende sanitarie ed

ospedaliere. Se ciò fosse stato fatto, come appunto normativamente previsto, su tutto

il territorio nazionale, il risparmio di spesa pubblica sarebbe stato molto significativo. A

queste conclusioni è possibile giungere grazie ad una recente, specifica analisi

effettuata dal “Nucleo speciale spesa pubblica e repressioni frodi comunitarie” della

Guardia di finanza, acquisita da questa Procura generale anche ai fini di possibili

approfondimenti per ipotesi di eventuali danni erariali. Pur con le dovute cautele

derivanti dall’applicazione di metodi statistici a realtà diversificate, dalla possibile

incompletezza dei dati elaborati e dall’esito di controlli ancora in corso, tale analisi ha

ipotizzato un possibile risparmio, a beneficio della finanza pubblica, di quasi 456

milioni di euro per il solo anno 2006. Per realizzare tale risparmio sarebbe stato

sufficiente che le strutture della sanità pubblica si fossero organizzate per effettuare la

distribuzione diretta dei farmaci inseriti nell’apposito “prontuario PHT”, quelli, cioè, per

i quali è possibile la cosiddetta duplice via di distribuzione e che vengono forniti dalle

aziende produttrici alle strutture del SSN con un sconto minimo sul prezzo di vendita

del 50%. Considerato che la prima disposizione in materia risale al lontano 197491, se i

dati saranno confermati nella loro entità contabile, è facile intuire quale occasione di

risparmio si sia persa in tutti questi anni e, soprattutto, quale spreco abbia dovuto

soffrire la già disastrata finanza pubblica.

Tanto per restare in tema, altro specifico approfondimento si presenta

necessario per conoscere quale esito e quali riflessi abbia comportato la sentenza della

Corte di Cassazione92 con la quale, pochi anni or sono, è stato definito un annoso

90 Artt. 5 e 8 della legge 16 novembre 2001, n. 405 e successive modificazioni ed integrazioni, in relazione

alla legge n. 662 del 1996 ed alla legge n. 386 del 1974. 91 Art. 9, commi 4 e 5, del decreto legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella legge 17

agosto 1974, n. 386. 92 Corte suprema di Cassazione - Sezione IIIª civile, n. 15639 del 2002. La decisione ha stabilito

l’irripetibilità delle maggiori somme versate al fisco dalle aziende farmaceutiche, a seguito del metodo di calcolo errato, secondo quanto previsto da una disposizione contenuta nella legge finanziaria 1996; le aziende rimangono però esposte nei confronti delle AA.SS.LL. e degli ospedali per quanto da questi ultimi pagato in più per effetto della distorta interpretazione a lungo seguita.

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173

contenzioso, riguardante il metodo di calcolo dell’Iva. (aliquota del 4%, poi aumentata

al 10%) proprio sui prodotti farmaceutici acquistati direttamente dalle strutture

sanitarie (A.S.L. e ospedali). E’ importante sapere, cioè, se il consistente indebito sia

stato recuperato, almeno in parte ed in quale misura.

7. - Il cittadino “mediamente” assistito.

Un ulteriore dato che conferma la varietà già ora esistente nell’articolazione del

sistema sanitario sul territorio nazionale è rappresentato dal costo medio pro capite

dell’assistenza. I risultati contabili dicono che, nel 2006, ogni cittadino assistito è

costato mediamente al sistema sanitario nazionale 1.696 euro (rispetto agli euro

1.656 del 2005) e, a sua volta, ha partecipato al suo finanziamento (sotto forma di

tasse, contributi, ecc.) con 1.625 euro (rispetto agli euro 1.558 dell’esercizio

precedente): la differenza di - 71 euro (che migliora comunque il dato 2005 che era di

-98 euro) rappresenta il contributo medio di ciascuno al disavanzo complessivo, frutto

di un’ampia gamma di differenziazioni regionali (si va dai 307 euro del Lazio all’1 della

Lombardia; saldo in attivo, invece, per Bolzano, Trento, Veneto e Friuli). Depurato dai

costi nazionali il valore medio pro-capite delle regioni si attesta ad euro 1.688 (a

fronte degli euro 1.648 dell’anno precedente) con una differenza in più del 2,4%.

Come negli anni precedenti, anche nel 2006 l’assistito più costoso risiede in

provincia di Bolzano (2.144 euro) e quello più economico in Basilicata (1.509 euro);

molto prossimi alla media nazionale i residenti in Toscana (1.696 euro), in Sicilia e

Veneto (1.672 euro), Abruzzo (euro 1.704) ed Umbria (euro 1.706); tutti gli altri

oscillano dagli euro 1.517 (Calabria) agli euro 2003 (Valle d’Aosta).

8. - La sanità “malata”.

Il florilegio di episodi negativi che, anche nel 2006, hanno costellato il panorama

della sanità italiana, rinnovano fondate preoccupazioni sul funzionamento di un

sistema che, con le sue numerose e multiformi disfunzioni, fa purtroppo passare in

secondo piano quelle non poche manifestazioni di apprezzata operatività e di buona

sanità, che sono pur tuttavia presenti e che qualificano nel senso migliore il sistema e

molte delle sue strutture.

E’ certo, però, che il peso economico e sociale delle cattive gestioni ricade con

effetto negativo sul funzionamento globale del sistema, assorbendo spesso un

complesso di risorse finanziarie altrimenti utilizzabili per riequilibrare situazioni di

precarietà o per sviluppare meglio iniziative interessanti e promettenti.

Venendo più specificatamente alle fattispecie di “mala gestio” si sono segnalate,

fra le altre: strutture sanitarie incompiute a distanza di molti anni dall’inizio dei lavori

oppure completate ma mai entrate in funzione; attrezzature, spesso di alta e

sofisticata tecnologia, rimaste inutilizzate o carenti di figure professionali idonee a

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farle funzionare e a gestirle; appalti truccati; farmaci sospettati di essere

assolutamente inutili, se non addirittura dannosi, e tuttavia posti in commercio ed altri

ancora addirittura falsificati; prestazioni diagnostiche inutili e superflue, ma

particolarmente costose; altre prestazioni non effettuate ma rimborsate come se lo

fossero state; liste d’attesa con tempi biblici; rimborsi ai medici di pazienti deceduti;

iperprescrizioni, prescrizioni fantasma e prescrizioni inappropriate; ospedali

sovraffollati ed altri sottoutilizzati; casi di esercizio abusivo di professione medica

(soprattutto in odontoiatria) e, dulcis in fundo, infezioni ospedaliere, la cui diffusione

potrebbe essere limitata con accorgimenti addirittura banali. Sotto il profilo più

strettamente contabile vanno, invece, ricordati: omessi o carenti controlli; contratti

collettivi con copertura finanziaria insufficiente, approvati ed eseguiti nonostante la

certificazione negativa della Corte dei conti; ricorso a forme di finanziamento di dubbia

legittimità (cartolarizzazione di crediti sanitari); disavanzi occultati o comunque non

evidenziati con la necessaria e dovuta trasparenza.

Ancor di più hanno ovviamente inciso vere e proprie truffe, malversazioni,

peculati, corruzioni, concussioni, furti sotto varia forma e quant’altro possa rientrare

nell’ambito del codice penale e portato all’attenzione della magistratura ordinaria.

A loro volta, le Procure regionali presso questa Corte hanno proseguito la loro

attività di indagine e di esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa nei

confronti di tutte quelle fattispecie che hanno integrato (anche) danno erariale,

rendendone conto nelle relazioni svolte in occasione dell’inaugurazione dell’anno

giudiziario.

Si tratta di tutte situazioni che non possono essere lasciate alla sola competenza

della magistratura (penale e contabile che sia), ma che richiedono sollecite e precise

risposte in sede politica ed amministrativa.

Resta il fatto che gli episodi come quelli ricordati colpiscono un settore affamato

di risorse e si presentano particolarmente odiosi, riverberandosi ai danni dei malati e

degli anziani, le categorie sociali più deboli.

B. – La finanza previdenziale (Estensore: V.P.G. Antonio Galeota)

1. - I risultati contabili di sistema dei principali enti di previdenza

obbligatoria.

Particolarmente acceso è il dibattito, sia in sede dottrinaria e più latamente

culturale, sia in sede istituzionale sia, infine, tra forze politiche e sociali in ordine allo

stato della finanza previdenziale ed alle conseguenti “ricette” di complessivo riassetto

legislativo volte a fornire una soluzione strutturale alla controversa materia tanto nel

breve, quanto nel medio e lungo periodo.

Non può rientrare tra le competenze di questo Ufficio di Procura alcun

“suggerimento” di indirizzo politico che solleciti specifiche misure alle Autorità

Page 175: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

175

costituzionalmente preposte alle decisioni politiche che conseguiranno al confronto in

corso tra Governo e Parti Sociali.

Tutti coloro, però, che hanno “aperitio oris” nella materia previdenziale sono

ascritti al rispetto della norma costituzionale contenuta nell’art. 81, IV comma della

Suprema Carta, che afferma un principio di equilibrio gestionale tanto semplice da

enunciare quanto difficile da osservare; ad esso si deve fare riferimento come utile

parametro al fine di esercitare un eventuale, doverosa e misurata riflessione critica

rispetto ad alcune soluzioni prospettate in sedi istituzionali competenti, in base al

principio di leale collaborazione tra istituzioni pubbliche.

In tale ottica, appare opportuno muovere dalle risultanze contabili evidenziate

nella relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica che palesano per il 2006

un trasferimento dal settore statale agli enti previdenziali per 73.516 milioni di euro

(+ 4.938 mln rispetto all’anno precedente).

La spesa pensionistica del principale istituto di previdenza, nel suo complesso, è

ulteriormente lievitata (a circa 156.000 mln, corrispondenti al 10,62% del P.I.L.

nominale) rispetto all’anno precedente93.

In generale, secondo dati di fonte europea94, il rapporto tra spesa pensionistica

e PIL in Italia negli ultimi anni, a normativa invariata, si è stabilizzato intorno al 14%

(14,2 nel 2004).

Il dato macroeconomico da ultimo evidenziato, relativo all’esercizio 2006,

confrontato con quelli omologhi degli anni precedenti, pone in luce, nel breve periodo,

una situazione finanziaria che, nel comparto previdenziale, appare in equilibrio, ma a

legislazione vigente quindi comprensiva, da un lato, dei risparmi conseguenti alla

applicazione dei c.d. “coefficienti di trasformazione” e, dall’altro, inglobando gli effetti

delle misure contenute nella legge di riforma approvata nel 2004 (legge 243/2004), e

in particolare la introduzione a regime di un secco inasprimento dei requisiti di

anzianità anagrafica legittimanti la collocazione in quiescenza - da 57 a 60 anni - a

far tempo dal 1 gennaio 2008 (c.d. “scalone”).

Con riferimento alla misura contenuta nella legge 243/2004, già in vigore ma

con efficacia differita al prossimo esercizio finanziario, appare ovvio ma imprescindibile

osservare che la eventuale abrogazione della richiamata disposizione, cui

ripetutamente si è fatto cenno da più parti in ragione della sua oggettiva e

problematica sostenibilità sociale, dovrà essere necessariamente compensata da

interventi che garantiscano e realizzino a regime corrispondenti risparmi di spesa.

Quanto ai coefficienti di trasformazione, essi risultano previsti dall’art. 1,

comma 11 della legge 335 del 1995 da ben 12 anni, ma il complesso procedimento

che avrebbe dovuto portare alla loro applicazione a decorrere dal 1 gennaio 2006 non

93 Dato desunto dalla previsione aggiornata del bilancio preventivo 2006 dell’istituto. 94 Commissione Europea “European Economy – Special report n. 1-2006”

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176

è mai stato concluso. Tale comma stabilisce che i suddetti coefficienti debbano essere

rideterminati ogni dieci anni “sulla base delle rilevazioni demografiche e

dell’andamento effettivo del PIL di lungo periodo rispetto alle dinamiche dei redditi

soggetti a contribuzione previdenziale, rilevati dall’Istat”. La ventilata omissione (o,

come altrove enunciato, il “congelamento”) di ogni revisione dei coefficienti, oltre ad

avere effetti negativi sul rapporto spesa pubblica/PIL a decorrere dall’anno 2010 per

peggiorare progressivamente fino al 204095, pregiudicherebbe la seconda applicazione

dei coefficienti nel 2016 e, a cascata, tutte le successive e scardinerebbe il principio di

corrispettività che è alla base del sistema contributivo (progressivamente applicato, a

regime, a tutta la platea dei pensionati futuri). La mancata revisione dei coefficienti,

altresì, sembra non tenere conto delle dinamiche demografiche ed economiche proprie

del nostro Paese (nonché dell’intero occidente) che, nel medio termine, rischiano di

aggravare non solo il sistema previdenziale, ma l’intero sistema di welfare che si è

andato consolidando nel secondo dopoguerra. Ci si riferisce, in particolare,

all’allungamento della vita media, da un lato, al calo demografico, dall’altro ed ai

cambiamenti epocali già ora osservabili nell’economia mondiale, dall’altro ancora, che

rendono densa di incognite la crescita del PIL in ragione della quale il sistema

remunera i contributi.96

Tali ultime considerazioni, infine, rendono indispensabile un aumento dell’età

media di pensionamento, in una prospettiva temporale e con scadenze che debbono

essere demandate ad idonee e coerenti misure legislative affidate al prudente

apprezzamento delle Autorità preposte.

Per quanto concerne l’INPS, vi è stato un incremento del fabbisogno per oltre

7.000 mln (da 67.579 a 74.926 mln), a fronte di circa 600 mln del 2005, determinate,

queste ultime, come è noto, dall’introito non ripetibile delle cartolarizzazioni (per circa

5.000 mln)97.

Disaggregando i dati, si osserva che il Fondo pensioni lavoratori dipendenti

(FPLD) rileva un presunto risultato di esercizio negativo per 3.482 mln e un deficit

patrimoniale per 126.424 mln98, causato dal profondo squilibrio gestionale degli ex

fondi elettrici, trasporti, telefonici ed ex INPDAI, i cui disavanzi di esercizio (per

complessivi 5.746 mln) annullano l’avanzo realizzato dal FPLD per 2.264 mln)99.

2. – Contributi del settore agricolo – Ristrutturazioni e cessione dei crediti

95 Vedasi “le tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico e sanitario aggiornamento 2005”

della Ragioneria Generale dello Stato, pag. 45. 96 Considerato l’allungamento della vita nel decennio 1996 - 2006 può osservarsi, altresì, che il lavoratore

posto in quiescenza nel 2006 ha usufruito di un “premio” di circa un anno e mezzo di pensione in più rispetto al suo collega posto in quiescenza dieci anni prima.

97Relazione Unificata sull’economia e la finanza pubblica relativi all’esercizio 2006, pag. 73. 98 Informazioni tratte dall’ultima nota di variazione al bilancio preventivo INPS per il 2006, deliberato nel

dicembre 2006. 99Ibidem.

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177

contributivi.

Parimenti pesante si manifesta la gestione dei contributi e delle prestazioni

previdenziali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, che evidenziano un risultato di

esercizio particolarmente squilibrato, posto che, a fronte di contributi stimati in 900

mln di euro, le prestazioni pensionistiche assommano a 3.467 mln, con presumibile

aumento delle pensioni in essere nell’esercizio 2007. Ancora peggiore è la prospettiva

del conto patrimoniale, che vede consolidarsi un deficit di 42.614 mln, in netto

peggioramento rispetto ai –39.147 mln e con la prospettiva di addivenire, nel corrente

anno, ad un deficit di 46.455100. Quest’ultima gestione previdenziale, come è a tutti

noto, è altresì gravata da uno strutturale, massiccio e intollerabile fenomeno di

evasione contributiva che assume i connotati, assai spesso (e con prevalenza nelle

regioni meridionali), della illiceità penale. L’assunto trova puntuale riscontro, se mai ve

ne fosse bisogno, nei dati di fonte interna all’istituto, da cui si evince che nel 2006

sono stati annullati dall’INPS 127.388 rapporti di lavoro fittizi nel settore agricolo. Tali

tipologie di rapporti di lavoro sono finalizzati infatti, nella generalità dei casi, alla

ulteriore attività illecita, di natura penale, consistente nella riscossione di indennità

indebite.101.

Trattasi di problematica complessa, in ordine alla quale, da ultimo, è

sopravvenuto, un “contratto preliminare” sottoscritto il 13 ottobre 2006 tra un

consorzio di banche (Deutsche Bank e Unicredit) con il quale queste ultime hanno

promesso di acquistare i crediti agricoli (maturati fino al 31.12.2004) dalla società

veicolo SCCI composti dai circa 6 miliardi di contributi previdenziali e relative sanzioni

dovuti all’INPS da parte degli operatori agricoli (per tre quarti da aziende e per un

quarto da coltivatori diretti), trasferiti nel tempo alla stessa SCCI per la loro

cartolarizzazione e mai riscossi. L’accordo prevede una “ristrutturazione” dei

menzionati crediti previdenziali (in collaborazione con le organizzazioni agricole),

consistente, in sostanza, in accordi transattivi con i debitori ceduti, i quali si

impegnerebbero ad estinguere il relativo debito scegliendo due possibili opzioni: a) il

pagamento in unica soluzione, versando una somma compresa tra il 22% e il 30%

dell’importo dovuto; b) il pagamento dilazionato in 40 rate trimestrali costanti, con il

versamento di una somma compresa tra il 29 e il 39,8% dell’importo dovuto (in

entrambe le evenienze, l’esatta percentuale del versamento è legata alla quantità del

portafoglio debiti “ristrutturato”). Le aziende aderenti alla “ristrutturazione” del proprio

credito si vedranno (o si sono viste) sospese le procedure di recupero forzoso del

credito stesso102. L’accordo sarebbe fondato sulla prospettiva che le due banche

100 Ibidem 101 La casistica giurisprudenziale evidenzia il coinvolgimento di vari soggetti (organizzazioni criminali,

imprenditori, funzionari pubblici e/o falsi lavoratori, professionisti), che pongono in essere reati che vanno dalla associazione a delinquere, anche di tipo mafioso, ai reati di falso.

102 Con lettera datata 22 febbraio 2007 l’INPS precisa all’amministratore delegato di Riscossione S.p.A quanto segue: “in conseguenza dell’adesione dei debitori ai piani di ristrutturazione del proprio debito,

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178

raggiungano un monte crediti ristrutturati – cioè transattivamente concordati – della

entità di 1.800 mln. In cambio il consorzio di banche verserebbe alla società veicolo un

corrispettivo iniziale di 500 mln ed uno - differito – tra i 200 e i 300 mln.103 Se il

recupero dovesse arrivare ad una cifra – del tutto irrealistica – compresa tra i 5 e i 5,9

miliardi alla SCCI andrebbe una somma massima di un miliardo (presumibilmente da

retrocedere all’INPS, come già previsto dai contratti di cartolarizzazione, dedotte le

spese). Secondo le autorità politiche che si stanno adoperando per il successo di una

tale iniziativa, i connotati della stessa configurerebbero le seguenti caratteristiche104:

a) non si darebbe luogo ad alcun condono105 dei crediti previdenziali agricoli ma ad una

mera “regolarizzazione contributiva”, atteso che essa sarebbe stata elaborata,

sviluppata e disciplinata interamente nell’ambito del diritto privato (quindi totalmente

al di fuori della pubblica amministrazione) e non avrebbe interessato alcun atto

legislativo o amministrativo; b) non si darebbe perciò luogo ad alcun aiuto di stato,

vietato dai trattati istitutivi della Unione Europea.

Circa gli effetti interni agli equilibri di bilancio valgano le seguenti

considerazioni.

L’argomento (di natura esclusivamente formale) secondo il quale, effettuandosi

tale operazione nell’ambito del diritto privato, non vi sarebbe nessuna attività

provvedimentale attinente al diritto pubblico e conseguentemente, alcuna

ripercussione nel contesto della contabilità pubblica, non appare pienamente

persuasiva.

Si premette, in primo luogo, che appare difficile negare la natura

provvedimentale, se non altro, delle delibere del C.d.A. dell’Istituto rispettivamente del

gennaio e febbraio 2007 con le quali si esprime, nel primo caso, “parere favorevole”

per ciò che concerne gli aspetti economico –finanziari dell’operazione e si demanda ai

Ministeri vigilanti “la soluzione delle problematiche di carattere normativo relative agli

aspetti contributivo-previdenziali” e si dà mandato, nel secondo caso, al presidente

gli stessi potranno beneficiare della sospensione delle cartelle esattoriali emesse a loro carico fino al completo pagamento del debito stesso. Al fine di semplificare le comunicazioni tra l’istituto e gli agenti della riscossione, da attivarsi per ogni singola adesione, ma anche le asseverazioni sull’importo dei crediti che l’istituto comunica alle banche, le chiedo di fornire istruzioni alle società del gruppo Riscossione spa affinché sospendano la riscossione di tutte le cartelle di pagamento emesse nei confronti di aziende agricole e lavoratori autonomi agricoli, comprese le procedure esecutive, fino a nuove indicazioni”. Nella audizione del 21 marzo 2007 il Ministro per le politiche agricole aggiunge che “da venerdì scorso” (16 marzo) le banche alla guida del pool hanno acquistato la proprietà di questo cespite ed egli ha suggerito alle stesse di “esercitare pressioni nei confronti di Riscossione spa per rendere ancora più efficace il blocco del processo di riscossione rispetto a quanto non sia accaduto con la sola lettera dell’INPS”.

103 In un rapporto del dicembre 2006 la società di consulenza KMPG ha valutato che il valore economico del portafoglio possa essere stimato in un range che varia tra i 728 e gli 804 mln circa”.

104 Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali presso la Commissione XIII della Camera del 21 marzo 2007.

105 Nel corso della menzionata audizione, un membro della Commissione ha posto al Ministro la seguente domanda: “Se tutto andasse secondo le sue previsioni (se cioè le aziende aderissero in toto), per quanto riguarda i contributi dei lavoratori dipendenti, che fine farà la parte contributiva, ai fini della loro pensione, visto che pagheranno il 30%?”. La risposta del Ministro è stata la seguente: “Una legge della Stato salvaguarda il lavoratore, che avrà il 100%” Vedasi, del resto, l’art. 2116 del c.c.

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179

dell’istituto di sottoscrivere la convenzione tra i creditori.

Peraltro, seppure con particolare riferimento alla cartolarizzazione conseguente

alla dismissione di immobili pubblici da parte dell’INPS (ma il principio sembra

facilmente estensibile alla cartolarizzazione dei crediti contributivi), la sentenza del

Consiglio di Stato n. 308 del 30 gennaio 2006, ha statuito che gli atti di vendita posti

in essere dalla SCIP (nel caso di specie dalla SCCI) costituiscono “espressione di

attività pubblicistica provvedimentale” e che, quindi, la suddetta società deve essere

considerata strettamente funzionale al perseguimento di finalità di interesse

pubblico106 .

Suscita altresì notevoli perplessità, come opportunamente messo in luce dal

collegio dei sindaci dell’istituto, che un accordo di natura civilistica possa incidere sulla

disciplina della previdenza obbligatoria (per sua natura indisponibile e inderogabile)

nonché su quella concernente la riscossione degli interessi e delle sanzioni pecuniarie

connesse ai crediti contributivi.

3. – Gestione contributi dei lavoratori parastatali.

La Gestione per la tutela previdenziale dei soggetti che esercitano per

professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo evidenzia un

attivo tra entrate ed uscite per 5.189 mln, ed una situazione patrimoniale che presenta

attività per 32.586 mln. Alcune misure adottate (da ultimo nell’ambito del coacervo

legislativo contenuto nell’ultima finanziaria), nei confronti del lavoratori c.d.

“parasubordinati”, quali l’innalzamento dell’aliquota contributiva (e quindi del monte

ore contributivo sul quale saranno calcolate le future pensioni), la introduzione della

c.d. “totalizzazione” dei contributi di diversa estrazione (seppure per un periodo

superiore ai cinque anni), la estensione di determinate tutele (indennità di maternità e

malattia) per alcune tipologie di lavoratori, hanno il condivisibile intento di fornire una

migliore copertura previdenziale ed assistenziale ad intere coorti di lavoratori dal

futuro pensionistico precario.

Resta, tuttavia, impregiudicata la necessità di ulteriori interventi legislativi a

tutela delle pensioni future di una tale categoria di lavoratori, posto che la loro

situazione previdenziale (sul versante obbligatorio e non considerando l’integrazione

eventuale della previdenza complementare), al momento della quiescenza non fornirà

un trattamento dignitoso per il contestuale (anche se non contemporaneo) agire nel

tempo di tre diverse e concausali dinamiche: l’entrata in vigore del sistema

contributivo puro, l’aliquota contributiva comunque più bassa rispetto a quella dei

106 Si afferma nella sentenza che la SCIP rappresenta “lo strumento operativo in concreto individuato dal

legislatore per il soddisfacimento della esigenza pubblicistica, posta alla base delle operazioni di cartolarizzazione ad essa affidate, di dismissione di una parte del patrimonio immobiliare pubblico, garantendo al contempo speditezza, efficacia ed efficienza di quell’operazione di reperimento di introiti per l’erario, cui in fin dei conti l’intera operazione è finalizzata”.

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lavoratori dipendenti (23,5% contro il 33%) e la inadeguata entità del reddito a base

del trattamento pensionistico.

Dall’incremento delle aliquote contributive dei parasubordinati si attende, per

l’esercizio finanziario in corso, un gettito di 1,2 miliardi, da sommare a quello di 1,3

miliardi per l’ aumento di aliquote riguardante gli artigiani e commercianti, gli

apprendisti (747 mln) ed i lavoratori dipendenti (720 mln).

4. – Fondo per erogazione TFR “inesitato”.

Un consistente gettito (per 5,9 miliardi) è altresì atteso dalla istituzione presso

l’INPS del fondo per l’erogazione del TFR c.d. “inoptato” dei lavoratori privati107. La

Corte, nell’esercizio di altre funzioni istituzionali108, ha già avuto modo di affermare

che “tale trasferimento non può in alcun modo essere considerato come un’entrata

effettiva e permanente, posto che dovrà essere comunque restituito al lavoratori. In

realtà, si tratta di una posta di entrata (prestito forzoso) impropria e con effetti solo

temporanei di alleggerimento del disavanzo ma non del debito” pur essendo “conforme

a criteri contabili già applicati in casi analoghi da EUROSTAT”. Circa la conformità di

tale posta impropria del bilancio statale ai criteri statistici elaborati da EUROSTAT,

sembra che sia lo stesso Legislatore a nutrire dubbi ed incertezze, poiché si prescrive

(comma 762 della legge finanziaria per il 2007) che essa venga utilizzata

“subordinatamente alle decisioni delle Autorità statistiche comunitarie in merito al

trattamento contabile del fondo e alla conseguente compatibilità con gli impegni

comunitari”.

Alle critiche sopra evidenziate può aggiungersi che misure siffatte, con le quali

si destinano alla copertura di svariate spese di investimento “entrate” aventi una

dichiarata finalità di protezione sociale, si appalesano incoerenti rispetto all’originario e

mai smentito disegno di valorizzazione dell’istituto del TFR quale ideale fonte di

finanziamento per lo sviluppo della previdenza complementare, finalità, quest’ultima,

ribadita con forza ed enfasi anche nelle molteplici disposizioni in materia contenute

nella annuale manovra di bilancio. Tale intendimento, infatti, sembra contraddittorio

rispetto alla qui analizzata utilizzazione delle mancate adesioni da parte dei lavoratori

a forme di previdenza complementare per fini di sostegno della finanza pubblica: tanto

minori saranno, infatti, le adesioni, tanto maggiore sarà il prestito forzoso di

consistenti quote di TFR inoptato a cui potrà ricorrere lo Stato per la realizzazione di

107 Il comma 755 della legge finanziaria per il 2007 prevede con decorrenza 1 gennaio la istituzione del

“Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 del codice civile” che viene gestito dall’Istituto per conto dello Stato su apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria, per imprese che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti.

108 Relazione ex art. 11 ter, comma 6 della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dalla legge 23 agosto 1988, n. 362 sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre – dicembre 2006.

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alcune tra le principali spese di investimento, altrimenti sfornite di copertura

finanziaria.

5. – Pressione contributiva. Riduzione del c.d. “cuneo fiscale”.

Se è vero, come evidenziato, che il rapporto spesa pensionistica/PIL in Italia

non appare superiore a quello medio esistente nell’Unione Europea, non altrettanto

può dirsi per quanto concerne la pressione contributiva dal lato delle imprese che in

Italia incide per il 24,9% rispetto al 15,2% dell’area OCSE.

Tale elemento statistico introduce in questa sede, per continenza, l’argomento

del cuneo contributivo (impropriamente ribattezzato nel circuito mediatico “cuneo

fiscale”, denominazione anche qui fatta propria per mere esigenze espositive, posto

che come tale viene esposta anche in sedi istituzionali).

I commi dal 266 al 269 della legge finanziaria per il 2007 disciplinano interventi

di riduzione del c.d “cuneo fiscale”, dato dalla differenza tra il costo del lavoro e la

retribuzione lorda del lavoratore. Il taglio del cuneo fiscale, da cui originariamente

erano rimaste escluse, tra le altre, le imprese bancarie ed assicurative109, è stato

introdotto attraverso due deduzioni tra loro alternative, volte ad incentivare le

assunzioni a tempo indeterminato. La prima agevolazione assume la forma di una

deducibilità dalla base imponibile IRAP di un quantum forfetario pari ad 5.000 euro, su

base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato. L’importo diviene

invece, pari a 10.000 euro annui per ogni lavoratore a tempo indeterminato impiegato

nel periodo di imposta nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia,

Sardegna e Sicilia nei limiti della regola del “de minimis” di cui al regolamento n.

69/2001 della Commissione Europea e successive modificazioni. La continenza delle

menzionate disposizioni all’interno del presente elaborato trova motivazione nel fatto

che tra le voci che contribuiscono alle deduzioni dall’imponibile IRAP quella più

consistente è fornita dai contributi previdenziali e assistenziali relativi alla più volte

menzionata categoria di lavoratori.

Sul punto si osserva quanto segue.

La differenziazione ex lege della entità del cuneo fiscale su base territoriale,

per essere proficua sia dal punto di vista sociale che economico – finanziario, deve

accompagnarsi a comportamenti di governance della spesa pubblica in quelle Regioni

che siano più virtuose di quelle fino ad ora conosciute, posto che uno degli elementi di

copertura finanziaria a regime di una tale misura appare essere la riduzione delle

spese per Regioni e altri Enti Locali (mediante la individuazione di tetti massimi ai

saldi di bilancio).

109 Al momento in cui si rassegna il presente elaborato, risulta peraltro che con apposito decreto legge i

provvedimenti di taglio del cuneo fiscale siano stati estesi anche a tali categorie di imprese, constatate le difficoltà e le obiezioni insorte in sede di C.E. Ciò pone ed anzi aggrava i problemi di copertura insiti in tali disposizioni.

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182

Più in generale, sulla base dei documenti contabili ufficiali, non si rintracciano

elementi sufficienti di valutazione idonei alla individuazione di fonti di copertura

finanziaria strutturale per una spesa quantificata a regime in oltre 5 miliardi di euro, ai

quali va aggiunto per il biennio 2007 – 2009 un altro miliardo conseguente alla

recentissima estensione del cuneo fiscale alle aziende bancarie e assicurative110. Il

riferimento commendevole ad un vigoroso contrasto della evasione fiscale non sembra

fornire un convincente affidamento nel medio periodo, mentre le entrate ipotetiche

conseguenti alla omogeneizzazione delle aliquote sui redditi da capitale ai parametri

europei non possono essere quantificate in assenza di un articolato disegno legislativo

che le disciplini unitariamente.

Infine, poiché la manovra sul cuneo fiscale agisce a mezzo dell’IRAP, principale

fonte di finanziamento del S.S.N., si interferisce sugli equilibri del sistema sanitario,

come si evince dal comma 270 della Finanziaria stessa.111 .

6. – I conti dell’INPDAP.

Passando ad esaminare i conti dell’INPDAP, nel 2006 si è registrato un avanzo

di 1020 mln, a fronte di un fabbisogno di tale istituto nel 2005 che è stato pari a 2.144

mln di euro, frutto di maggiori incassi contributivi per 5.861 mln dovuti al pagamento,

nel gennaio 2006, dei rinnovi contrattuali del 2004 - 2005 del comparto ministeri,

scuola e aziende autonome.

I dati tratti dalla relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica relativa

ai flussi di cassa erogati nel 2006, integrati (per quanto possibile) con quelli di matrice

interna all’istituto aggiornati all’ultima nota di variazione al bilancio preventivo dello

stesso anno, evidenziano dinamiche ben note sia in termini macroeconomici sia con

riferimento alle diverse gestioni: da fonti interne all’Istituto si rileva, in particolare, che

la gestione finanziaria unitaria di competenza espone entrate per complessivi 67.802

mln, uscite per 69.137 mln, un avanzo di amministrazione presunto al 31.12.2006 per

16.901 mln. Analizzando sinteticamente le singole gestioni, secondo i dati desumibili

dalla relazione unificata sulla economia e la finanza pubblica per il 2006, si palesa una

gestione economica con risultati negativi per gli ex istituti di previdenza (CPDEL, CPS,

CPI, CPUG) per 922 mln.

Giova tuttavia sottolineare, per l’ennesima volta, che i dati appena menzionati,

per quanto concerne le fonti interne all’Istituto, appaiono necessariamente

110 In verità il decreto–legge 28 maggio 2007, n. 67 (in G.U. 122 del 28 maggio 2007) non contiene

espressamente tale estensione, che è contenuta invece nella relazione di accompagnamento al provvedimento legislativo. La copertura finanziaria dovrà essere a carico degli stessi settori interessati, probabilmente mediante aggravi contributivi e rimodulazioni fiscali.

111 Il comma 270 è inteso a neutralizzare l’effetto della riduzione della base imponibile IRAP, conseguente alla riduzione del cuneo fiscale, per quelle Regioni per le quali, a copertura della maggiore spesa sanitaria e farmaceutica, scatti la maggiorazione automatica della addizionale regionale dell’aliquota IRAP. A queste Regioni sono riconosciuti, per il triennio 2007 – 2009, trasferimenti dallo Stato per 89, 81, 179 e 191,94 mln

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approssimativi, atteso che, anche per l’esercizio finanziario 2006, non è stato dato

corso, compiutamente, alla banca dati anagrafica dei rispettivi livelli imponibili di tutti

gli iscritti INPDAP (in contrasto con i compiti già ampiamente previsti dalla legge

335/1995). Le previsioni finanziarie relative alle entrate contributive, quindi, in sede di

preventivo 2006 (non vi sono dati di consuntivo) sono state sviluppate in base alle

indicazioni prevalentemente manuali degli uffici provinciali e in base a proiezioni

statistico – attuariali, come del resto è accaduto con riferimento al numero degli

iscritti. Non v’è chi non veda come tale situazione di precarietà statistica si riverberi su

un attendibile monitoraggio della spesa previdenziale dell’INPDAP, di fatto

impedendolo112. Pur in un contesto di così pesante criticità, le amministrazioni

interessate non paiono, allo stato, attrezzate, dal punto di vista organizzativo, a

fornire all’istituto gli indispensabili elementi conoscitivi, né appaiono, nella generalità

dei casi, determinate alla rimozione dei menzionati elementi di criticità113.

Quanto sopra, appare oltremodo censurabile, atteso che l’art. 1, comma 3 della

legge 243/2004, ed il conseguente decreto attuativo del Ministro del Lavoro e delle

politiche sociali del 4 febbraio 2005, ha confermato la assoluta necessità di una

attendibile banca – dati in materia previdenziale, istituendo presso l’INPS un casellario

centrale delle posizioni previdenziali attive.

Si osserva poi che la gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali114 ha

registrato, nel 2006, un disavanzo di tesoreria di 696 mln.

Il processo di cartolarizzazione, contenuto all’interno delle disposizioni della

legge finanziaria per il 2003, aveva azzerato, alla data del 1 gennaio 2004, i rientri

derivanti dalle quote di ammortamento delle prestazioni creditizie erogate. Di

conseguenza l’INPDAP, al fine di provvedere alla erogazione delle ordinarie prestazioni

creditizie e sociali, ha fruito e fruisce oltre che delle entrate contributive citate

(insufficienti di per sé a coprire le uscite), anche delle risorse versate alla Tesoreria

unica derivanti dalla cartolarizzazioni dei crediti. Risulta115 che nel corso del 2006 siano

pervenute all’INPDAP oltre 10.000 domande alla data del 30 novembre 2006 (tutte

112 Dalla audizione del presidente dell’Istituto presso la Commissione bicamerale per gli enti gestori di

forme di previdenza obbligatoria del 15 marzo 2007 risulta che “il problema … riguarda la componente pensionistica; c’è un ritardo nelle pensioni provvisorie che non diventano definitive, e soprattutto, nell’attività che i ministeri hanno ancora in capo” Ciò accadrebbe in quanto “il tema delle pensione appare a tutti talmente lontano che viene affrontato nel momento in cui si va in pensione; mettere ordine, invece, significherebbe occuparsene da subito. In questo senso la banca dati potrebbe non essere corretta”.

113 In particolare, la compiuta realizzazione di una banca dati unificata permetterà di conoscere i dati individuali degli iscritti, al fine di 1) acquisire le esatte posizioni giuridiche ed economiche; 2) rilevare preventivamente i flussi contributivi in entrata; 3) quantificare le uscite obbligatorie; 4) normalizzare modalità e tempi di versamento dei contributi da parte di tutte le pubbliche amministrazioni; 5) inviare le certificazioni contributive individuali, ai fini dell’esercizio del diritto di opzione per il sistema contributivo o retributivo; 6) avviare l’attività nel settore della previdenza complementare.

114 Relazione unificata citata pag. 77. La gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, istituita ai sensi dell’art. 1, comma 245 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è finanziata con un contributo sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, ai sensi del comma 242 dello stesso art. 1, pari allo 0,35%.

115 Camera dei Deputati - XV Legislatura – Resoconti parlamentari - risposta del Ministro del Lavoro del 7 maggio 2007.

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184

finalizzate al finanziamento di mutui e sovvenzioni edilizie) e che siano stati rogitati

altri 7.300 mutui, di gran lunga superiori al numero complessivo dei rogiti stipulati nel

2005, pari a circa 2.800. La ragione principale di un tale incremento di richieste (che

ha dato luogo ad uno storno di fondi da altri capitoli per circa 900 mln di euro) è stata

individuata nella differenza percentuale tra il tasso ufficiale di sconto disposto nel

corso dell’ultimo anno dalla BCE e i bassi tassi praticati dall’istituto (nel 2006 il 3,20%

al tasso fisso e il 2,90% a tasso variabile, contro una media nazionale degli istituti di

credito che si aggirava rispettivamente intorno al 5,40% e al 5,15%), il che ha

permesso a molti conduttori di immobili di acquistare la prima casa avvalendosi anche

del processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico che ha interessato, tra

gli altri, lo stesso istituto. Vista la crescente domanda di credito per mutui ipotecari

l’INPDAP già dal 2002116 predispose uno “schema di convenzione quadro aperta”

avente ad oggetto l’erogazione di prestiti personali e mutui ipotecari ai propri iscritti in

servizio o in quiescenza al fine di soddisfare le richieste di finanziamento che non

potevano essere accolte direttamente dall’INPDAP per la ridotta disponibilità

finanziaria o non rientranti nei criteri di concessione previsti dall’Istituto. Con delibera

del Commissario Straordinario dell’ INPDAP del 21.4.2004, n. 241 veniva così disposta

la approvazione di una convenzione con la BNL e con la Banca Nuova per la

concessione di prestiti contro delegazione di pagamento, sostitutiva di una

convenzione precedente. Sennonché il TAR Lazio ha annullato la suddetta delibera e

successivamente il Consiglio di Stato ha confermato tale annullamento, statuendo che

era illegittima la selezione delle banche partecipanti alla convenzione ai suddetti

istituti di credito per il solo fatto di essere questi ultimi affidatari del servizio di

tesoreria, in tal modo violando sia il generale principio della par condicio tra imprese,

sia il principio della soggiacenza di tale procedura alla legislazione in materia di

evidenza pubblica, da ultimo recepita con il decreto legislativo n. 163/2006 per tutte

le attività contrattuali della P.A. pur se non soggette a disciplina puntuale di stampo

nazionale o di derivazione legislativa comunitaria.

L’andamento esponenziale delle richieste di mutuo ha determinato l’esigenza di

interrompere, a decorrere dal 12 luglio 2006, per lo stesso anno l’accoglimento delle

relative domande, rimandandone l’istruttoria al 2007.

Sembra, quindi, contraddittoria con una simile esplosione di richieste di mutuo a

tasso agevolato (coniugata alla suesposta inadeguatezza degli stanziamenti di bilancio

all’uopo destinati, dinamiche che appaiono confermarsi anche nel 2007) la

deliberazione del consiglio di amministrazione dell’INPDAP del 1 agosto 2006, con la

quale si amplia ulteriormente la platea dei potenziali soggetti beneficiari, autorizzando

l’indizione di una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento di un servizio di

erogazione dei mutui ipotecari edilizi a tassi agevolati in favore di iscritti, dipendenti e

116 in Gazzetta Ufficiale n. 247 del 21/10/2002

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185

pensionati INPDAP e loro familiari conviventi per l’acquisto e la ristrutturazione della

prima e della seconda casa.

7. – Gestione INAIL.

La gestione INAIL ha evidenziato incassi per premi e contributi per 9.688 mln e

pagamenti per 8.196 mln, con un saldo attivo di 1492 mln che è affluito sul conto

corrente di tesoreria. Le gestioni previdenziali dell’istituto, peraltro, hanno palesato

anche nell’esercizio 2006 un forte disavanzo del settore agricolo ampiamente

compensato, sia in termini economici che patrimoniali, dalle gestioni industria,

artigianato, terziario e altre attività unitamente considerate.

Quanto, infine, alle casse professionali (la cui natura pubblica è da ritenersi

fuori discussione117), che presentano, al momento, un numero di iscritti oramai

superiore al milione, ed un numero di pensioni erogate intorno alle 300.000, il

meccanismo finanziario della ripartizione (oggi largamente in attivo per tutte le casse)

sembra destinato volgere al peggio in un tempo relativamente breve, ove si abbia

riguardo: 1) alla prospettiva di lungo termine che caratterizza le dinamiche

previdenziali, 2) al “rischio demografico” (crescita zero), 3) alla attuale mutazione del

mondo del lavoro, caratterizzata da professioni che si affermano velocemente accanto

ad altre professioni che, altrettanto velocemente, declinano, essendo evidente che il

rischio demografico apparirà tanto più chiaro quanto più circoscritta risulta la categoria

professionale di riferimento118.. Non sembra alle viste una unificazione delle casse, che

permetterebbe una riduzione dei costi e una diversificazione dei rischi.

8. - La giurisprudenza in materia previdenziale.

Una utile indicazione in ordine alla evoluzione dei conti pubblici in materia di

previdenza può altresì essere fornita, soprattutto in un’ottica di prospettiva, dalla

giurisprudenza, sia pensionistica che di responsabilità della Corte dei conti, nonché

dalle pronunce di altri Organi giurisdizionali.

Quanto alla giurisprudenza pensionistica, di fondamentale rilievo è la sentenza

delle SS.RR. n. 2/2006 del 22 febbraio 2006 che, nell’esercizio della propria funzione

nomofilattica, ha statuito, ancora una volta119, in ordine alla vexata quaestio della

fruizione del doppio trattamento di indennità integrativa speciale, affermando che per

117 La direttiva comunitaria n. 2004/18/CE del 31.3.2004, relativa al coordinamento delle procedure di

aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ha, all’allegato III, espressamente incluso tra gli organismi di diritto pubblico gli enti che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza. Si aggiunga che il D. L.vo 509/1994 ha espressamente disciplinato l’ingerenza statale ai sensi dell’art. 2 primo comma, laddove si afferma che la autonomia gestionale di tali enti deve esplicitarsi in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta. Conformemente il Consiglio di Stato con recente sentenza n. 182 del 23.1.2006.

118 Secondo la Cassa Geometri, ad esempio, già a decorrere dal 2009 si realizzerà un “pareggio” tra contributi versati e prestazioni pensionistiche fornite, anche se tale sbilancio non darebbe luogo a deficit gestionale, grazie alla solidità degli investimenti, sia mobiliari che immobiliari.

119 Vedasi l’altra sentenza delle stesse SS.RR. n. 14/2003 dell’11 luglio 2003.

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186

il titolare di due pensioni resta fermo il divieto di cumulo delle indennità integrative

speciali di cui all’art. 99, comma II, del D.P.R. 1092/1973, con l’integrazione operata

con la sentenza manipolativa della Corte Costituzionale n. 494/1993 e cioè con

salvezza, comunque, dell’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione

previsto per il FPLD.

Tuttavia l’annoso contrasto giurisprudenziale interno alla Corte dei conti in

subiecta materia non sembra destinato ad appianarsi.

La Sezione Siciliana d’Appello, infatti, con sentenza 117/A del 23 maggio 2006,

ha statuito che in assenza di divieti normativamente previsti, spetti una doppia

indennità integrativa speciale a favore del titolare di due trattamenti di quiescenza.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 89/2005, con la quale il

Giudice delle leggi aveva ritenuto, in realtà, inammissibili alcune questioni sollevate

sulla materia della doppia indennità, la stessa Sezione Siciliana d’Appello, con

sentenza 17 novembre 2006, n. 188, ha ritenuto ancora che spetti al titolare di due

pensioni di vedersi liquidare, senza limiti o “tetti”, una doppia indennità integrativa

speciale.

Ulteriore questione (al vaglio della Corte Costituzionale) che merita di essere

citata è la seguente.

I commi 774, 775 e 776 della Finanziaria per il 2007 hanno disciplinato la

applicazione della indennità integrativa speciale alle pensioni di reversibilità liquidate

prima del 31 dicembre 1994. I commi in esame della legge 296/06, con effetto

retroattivo e fatti salvi i trattamenti pensionistici goduti a seguito di contenzioso,

stabiliscono che le i.i.s. debbono essere conglobate nella base pensionabile. Orbene,

fino alla entrata in vigore delle menzionate norme, la Corte dei conti aveva

costantemente fatto applicazione dell’art. 15, comma 5 della legge 724/94 (che

stabilisce la corresponsione della i.i.s. ai trattamenti di reversibilità di pensioni dirette

in godimento al 31.12.1994), atteso che l’art. 1, comma 41 della legge 335/1995 non

lo aveva espressamente modificato. Il Legislatore, secondo la Corte dei conti della

Sicilia (ord. 13/2007 dell’11.1.2007), con il comma 774 citato, stabilisce in senso

opposto. Ma ciò avviene, a giudizio dell’Organo giudicante, attraverso un procedimento

contraddittorio. Da un lato, infatti, (comma 774) si fornisce l’interpretazione autentica

della stessa disposizione, dall’altra (comma 776) la si abroga. Sussistono, quindi,

fondati dubbi che il legislatore, oltrepassando i limiti di ragionevolezza, abbia definito

interpretativa una normativa che, invece, è innovativa.

9. - La previdenza complementare

La legge delega n . 243/2004 ed il conseguente decreto attuativo n. 252 del 5

dicembre 2005, come modificati e integrati, da ultimo dalle disposizioni della legge

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187

finanziaria 2007, hanno fornito un quadro sufficientemente elaborato e compiuto del

sistema previdenziale complessivamente inteso, che vede, accanto a forme di

previdenza obbligatoria, forme di previdenza complementare, articolate nella

possibilità per il lavoratore di trasferire il proprio TFR maturando ad un fondo pensione

negoziale (detto anche fondo chiuso e costituito da una categoria predeterminata di

lavoratori), ad un fondo pensione aperto, ad un fondo pensione istituito dalle Regioni

oppure stipulando una polizza previdenziale individuale.

Tali forme di previdenza complementare risultano oggi integrate da un fondo

“residuale” presso l’INPS avente lo scopo di raccogliere il TFR maturando degli aderenti

“taciti” alla previdenza complementare che non hanno automatico accesso ad alcun

altro fondo pensione. Di esso si parlerà tra breve.

Appare infatti di comune convincimento la asserzione secondo la quale la

previdenza obbligatoria non garantirà, da sola, alle generazioni a venire che si

avvicinano al periodo di quiescenza, un adeguato livello di benessere, collocandosi anzi

- tale livello - per intere categorie di lavoratori (c.d. atipici o parasubordinati, ma

anche l’ampia coorte dei lavoratori autonomi) ben al di sotto delle soglie di mera

sussistenza. In tale ottica, con riferimento alla previdenza obbligatoria, le indicazioni

statistiche ed attuariali della Ragioneria Generale dello Stato pongono in luce che il

tasso di sostituzione del trattamento economico percepito in attività di servizio rispetto

al trattamento di quiescenza antecedente alla riforma 243/2004, era già destinato a

subire forti e progressive contrazioni a legislazione invariata e semplicemente in

attuazione della modifica decennale dei coefficienti di trasformazione prevista dall’art.

1, comma 11 della legge 335/1995 (modifica sulla cui effettiva applicazione, come si è

visto, assai si discute)120..

D’altro canto le macrodinamiche di ordine demografico ed economico a tutti

note (basso tasso di fertilità, allungamento della vita media, crescita media asfittica

del PIL, basso tasso di impiego di categorie lavorative quali donne e ultracinquantenni,

figure professionali con forte ed intermittente mobilità lavorativa, consistenti flussi di

immigrazione), in ordine alle quali la stessa Ragioneria Generale dello Stato fornisce

annualmente stime di tendenza nel cinquantennio121 rendono evidenti problemi di

copertura finanziaria e di sostenibilità sociale della spesa previdenziale ormai non più

rinviabili.

Di qui la indilazionabile necessità di affiancare al primo pilastro della previdenza

pubblica un secondo pilastro di previdenza complementare, fornendo adeguate risorse

120 Si ricorda che per i lavoratori autonomi il tasso di sostituzione è destinato ad assottigliarsi fino ad

arrivare ad una percentuale compresa tra il 31,2 e il 34,3%, a fronte dell’attuale 64,6% per i lavoratori dipendenti il tasso di sostituzione passerebbe dal 67,2% al 51,4 oppure al 56,7%.

121 Vedasi Ragioneria Generale dello Stato: Rapporto n. 7 – dicembre 2005, “Le tendenze di medio – lungo periodo del sistema pensionistico e sanitario” secondo cui l’Italia nel 2050 avrà, o dovrebbe avere, nonostante la correzione delle stime al rialzo, uno dei più bassi indici di fertilità (1,6 figli per famiglia)

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188

a quest’ultimo, soprattutto con riferimento alla attuale fase di definitivo “start up”,

disciplinata dalla sopravvenuta normativa e, in particolare, dal D.L. 13 novembre

2006, n. 279 con il quale è stato previsto, tra l’altro, che il versamento dei flussi di

TFR e altri contributi, relativi al periodo compreso tra il 1 gennaio 2007 e il 30 giugno

2007 possa avvenire solo a condizione che la forma pensionistica complementare

destinataria della scelta del lavoratore abbia nel frattempo ricevuto l’approvazione

della COVIP.

In un siffatto contesto normativo ha trovato posto, altresì, la disposizione che

introduce il fondo per l’erogazione del TFR inoptato di nuova istituzione presso l’INPS

(del quale si è antecedentemente trattato, criticandolo).

Detto fondo si affianca all’altro fondo a capitalizzazione, definito altrove

“residuale”, già previsto presso lo stesso istituto dal decreto legislativo n. 252 del

2005, destinato a raccogliere il TFR maturando di quegli aderenti c.d. “taciti” alla

previdenza complementare che non hanno automatico accesso né ad un fondo

pensione contrattuale né ad un fondo aperto con adesione collettiva. Sembra, però,

confliggere con la dichiarata residualità del predetto fondo (governato da un comitato

di amministrazione composto da 9 soggetti), la gestione multicomparto dello stesso,

che ne presuppone una amministrazione non temporanea.

Gli aderenti al fondo, infatti, pur essendo collocati inizialmente - in quanto

“silenti” – nel “comparto prudenziale” con garanzia prevista dalla normativa, potranno

scegliere, dopo un anno, il passaggio ad un diverso comparto finanziario. Una tale

disciplina più che connotare il fondo come “residuale”, sembra caratterizzarlo,

conclusivamente, come una sorta di futura quarta forma pensionistica complementare

- pubblica e sui generis - che si aggiunge alle altre forme di previdenza integrativa

(fondi pensione contrattuali, fondi pensione aperti e piani pensionistici individuali)122.

Ma ove ciò fosse, ne conseguirebbe la opportunità di collocazione a regime (e non una

tantum), nel contesto contabile della finanza pubblica, per disciplinarne più

compiutamente gli equilibri finanziari.

Per comune convincimento, un incentivo allo sviluppo di una forte previdenza

integrativa deve trovare un adeguato riscontro in termini di agevolazioni fiscali.

L’esigenza di una relazione positiva tra intensità della agevolazione fiscale riconosciuta

al risparmio previdenziale e lo sviluppo dei fondi pensione, può dare luogo, tuttavia, a

non pochi problemi operativi.

Va ricordato, infatti, che una valutazione complessiva dell’incentivo riconosciuto

alla previdenza complementare (o anche a particolari forme di previdenza

dell’Europa e una delle più alte aspettative di vita (83,6 anni per gli uomini e 88,8 anni per le donne), mentre la popolazione in attività lavorativa passerà dagli attuali 38,5 milioni a circa 30 milioni.

122 A supporto dell’assunto si osserva che il comma 760 della legge finanziaria 2007 prevede che il Ministro del Lavoro “riferisce altresì sulle condizioni tecnico – finanziarie necessarie per la costituzione di una eventuale apposita gestione INPS, alimentata con il TFR, dei trattamenti aggiuntivi a quelli della pensione obbligatoria definendo un apposito fondo di riserva”

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189

complementare, privilegiate a scapito di altre secondo autonome valutazioni di

indirizzo politico) richiede di considerare il conseguente trattamento fiscale, non

soltanto nella fase di accumulazione del risparmio (concentrandosi quindi sul momento

della tassazione dei rendimenti degli investimenti effettuati sul mercato finanziario),

ma anche nella fase della contribuzione e della prestazione. Lo schema di tassazione

più diffuso, anche a livello europeo, prevede la deducibilità dei contributi dal reddito

imponibile, la esenzione dalla tassazione dei redditi da capitale nella fase di

accumulazione e la tassazione delle prestazioni.

Esigenze di gettito hanno imposto nel nostro Paese un trattamento fiscale che

vede la deducibilità dal reddito IRPEF dei contributi versati fino ad un massimo di

5.164,67 euro, una tassazione dell’11% dei rendimenti, una tassazione del 15% delle

prestazioni (che può scendere al 9% dopo 35 anni di contribuzione). Il tetto massimo

in valore assoluto come sopra quantificato è apparso ad alcuni inadeguato, ponendosi

luce sulla opportunità di un tetto come percentuale sul reddito lordo (si faceva

riferimento al 12%, percentuale che poi è rimasta con la correzione del tetto

massimo). Effettivamente la scelta in un senso o nell’altro non appare fiscalmente

neutra in un contesto come quello italiano, caratterizzato da comportamenti fiscali non

impeccabili, in quanto potrebbe indurre soggetti che evadono le imposte (e dichiarano

quindi un reddito basso) a godere di una ampia agevolazione perché possono

permettersi contributi elevati.

Si è ritenuto, altresì, in dottrina che, in una prospettiva di analisi attenta alle

garanzie costituzionali del risparmio statuite dall’art. 47 della Costituzione, dovesse

stabilirsi ex lege la non assoggettabilità in toto ad imposizione del reddito delle

famiglie investito in contributi previdenziali, la esenzione da imposizione degli

incrementi di reddito maturati in fase di accumulazione di capitale e la assoggettazione

ad imposta soltanto delle prestazioni previdenziali erogate, in armonia con la

legislazione europea.

Non può in questa sede discutersi della fattibilità tecnica di una simile proposta,

da inserirsi all’interno di una più ampia riforma volta alla armonizzazione delle aliquote

fiscali settoriali (ad esempio, relative a titoli di debito pubblico, obbligazioni, ecc.).

Quanto, però, alla sostenibilità finanziaria a regime (ai sensi dell’art. 81, IV

comma della Costituzione) di un simile assetto della normativa fiscale di favore

attinente alla previdenza complementare, la perdita secca di gettito che ne

conseguirebbe nell’immediato non potrebbe essere compensata dalle future adesioni.

Appare, pertanto, opportuno non abbandonare una linea di indirizzo politico che, pur

presentando un indubbio favor fiscale per la previdenza complementare (specialmente

rispetto alla analoga tassazione del TFR), non intervenga ulteriormente, per il

momento, in questo senso prima di un definitivo consolidamento virtuoso del secondo

e terzo pilastro previdenziale, che coinvolga coorti di lavoratori rimasti esclusi dalla

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menzionata normativa.

C. – La spesa pensionistica pubblica: questioni rilevanti. (Estensore: V.P.G.

Fiorenzo Santoro).

1. – Omogeneità della legislazione previdenziale: estensione alla pensionistica

pubblica e dubbi sulla autonomia della legislazione regionale.

La Sezione giurisdizionale d’appello per la regione siciliana della Corte ha

escluso recentemente, in materia di perequazione automatica delle pensioni,

l’applicabilità della normativa statale ai pensionati già dipendenti della Regione ed ha,

invece, ritenuto applicabile la più favorevole legislazione regionale (le disposizioni

recate dall’art. 36 della legge regionale 6/97 a fronte della normativa statale di cui alle

disposizioni dell’art. 59, co. 13, della legge 27.12.97 n. 449), malgrado una pronuncia

contraria delle Sezioni Riunite.

La Sezione giurisdizionale di I grado della Corte nella stessa regione, con

sentenza dello scorso ottobre (peraltro impugnata in appello, con concessione della

sospensiva e rimessione alla Corte costituzionale), in tema di pensionamento

anticipato, ha statuito, sulla scorta della legislazione regionale di settore, che hanno

diritto al collocamento a riposo su domanda i dipendenti della Regione siciliana, i quali,

alla data del 31 dicembre 2003, abbiano raggiunto il sessantesimo anno d’età con

almeno 15 anni di servizio effettivo oppure qualunque età con almeno 25 anni di

servizio effettivo, ovvero abbiano compiuto 35 anni di servizio utile, previsione,

quest’ultima, ancora vigente nell’attuale sistema.

In entrambi i casi sono riconosciute, quindi, da una legislazione regionale

condizioni nettamente più favorevoli in materia pensionistica ad una particolare

categoria di lavoratori pubblici, rispetto ad una più rigorosa normativa generale, tesa

al raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità e recante misure per la

stabilizzazione della finanza pubblica e che, quindi, trova “fondamento nella più

complessa manovra correttiva posta in essere di volta in volta dal Parlamento, nel

quadro degli equilibri di bilancio” (C. cost. 256/01).

Ciò senza dubbio confligge col perseguimento dell’omogeneizzazione delle

normative pensionistiche dell’a.g.o e di tutto il settore pubblico allargato, già

dichiarato nella legge delega 421/92 e nel decreto attuativo 503/92 e riaffermato dalla

legge 335/95, con estensione a tutti i settori previdenziali.

A partire da questa legge, la disciplina della previdenza obbligatoria, le cui

disposizioni generali costituiscono, ad un tempo, sia principi fondamentali di riforma

economico-sociale, stante la natura oggettiva di esse quale desumibile dalla incisiva

innovatività del loro contenuto normativo in relazione ad un settore di rilevante

importanza per la vita economico-sociale del Paese, qual è il sistema previdenziale, e

dalla connotazione delle norme considerate come principi che esigono una attuazione

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191

uniforme su tutto il territorio nazionale (C. cost. 352/96), sia norme di coordinamento

della finanza pubblica, in ragione delle finalità del raggiungimento degli obiettivi del

patto di stabilità e del tendenziale equilibrio del bilancio, si è innovativamente e

radicalmente modificata. In particolare, essa ha fatto registrare una progressiva

evoluzione dei principi del sistema pensionistico e la progressiva armonizzazione ed

omogeneizzazione delle regole sui trattamenti fra tutte le gestioni previdenziali

dell’a.g.o. e le forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, con

un’applicazione generalizzata delle norme fondamentali a tutti i sistemi previdenziali,

nel rispetto dei parametri fissati dagli articoli 36 Cost. (principio di adeguatezza e

proporzionalità del trattamento pensionistico in relazione alla quantità e qualità del

lavoro prestato, che peraltro incontra il limite delle risorse disponibili, come ha più

volte ricordato la Corte costituzionale: tra le tante, 256/01), 38 Cost. (ove i

“lavoratori” vanno intesi nella più larga accezione: pubblici e privati, dipendenti e

autonomi, onorari ed elettivi) e 3 Cost., e con la sola salvezza delle riserve

regolamentari per i dipendenti ed i membri degli organi costituzionali, il che, peraltro,

non giustifica una differente disciplina di istituti come quelli in discorso, rilevando solo

sotto il profilo della fonte normativa.

Tale complessa e radicale ridefinizione del sistema previdenziale, chiaramente

finalizzata ad una disciplina in modo uniforme, nei suoi istituti fondamentali di

particolare rilievo finanziario (tra i quali certamente quelli della perequazione

automatica e del collocamento a riposo anticipato, che come altri, costituiscono alcuni

dei cardini del riordino previdenziale, per il loro innegabile oneroso effetto sul bilancio

pubblico ed il correlato fine di contenimento della spesa previdenziale), richiede perciò

una coerente ulteriore iniziativa legislativa che, tra l’altro, porti a compimento l’opera

di riordino e regolamenti in maniera unitaria l’intero settore in tutti quegli istituti,

come quelli prima indicati, nei quali eventuali differenze non potrebbero non apparire

indizio di zone franche e contrastare coi principi di uguaglianza e ragionevolezza.

2. – Questione relativa alla speciale indennità pensionabile.

Con recenti pronunce (44 e 49 del 2007) la Sezione prima giurisdizionale

centrale, confermando un oramai costante indirizzo della giurisprudenza d’appello,

risalente alla sentenza 95 del 2002 della Sezione seconda centrale, ha statuito che la

speciale indennità pensionabile, prevista per il Capo della Polizia, per i Comandanti

generali dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e per i Direttori generali

degli istituti di prevenzione e pena e per l’economia montana e forestale (articoli 5,

comma 3, della legge 121 del 1981 e 11 bis della legge 472 del 1987, di conversione

del decreto-legge 387), non può essere inclusa nell’indennità di ausiliaria liquidata ad

altri soggetti che rivestano il medesimo grado o la medesima qualifica, senza avere

conseguito le predette cariche di vertice. Come già prospettato da questa Procura

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generale in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2005, malgrado le

univoche pronunce delle Sezioni d’appello, l’incertezza giurisprudenziale ancora

esistente a riguardo nelle decisioni delle Sezioni territoriali della Corte rende

auspicabile, stante il rilievo erariale della questione, un meditato intervento del

legislatore, che indichi con chiarezza i termini entro i quali possa essere riconosciuta e,

di conseguenza, liquidata in pensione l’indennità in parola.

V. - CONTO GENERALE DEL PATRIMONIO

A. - Profili generali e problematiche rilevanti. (Estensore: V.P.G. Francesco

D’Amaro).

1. - Premesse 123.

Il conto generale del patrimonio, per quanto concerne i beni mobili e immobili,

da qualche anno è stato oggetto di una nuova classificazione dei beni immobili e dei

relativi criteri di valutazione, sulla base dei nuovi principi di contabilità economico

analitica e la classificazione dei centri di spesa per funzioni obiettivo della finanza

pubblica; la relativa disciplina si rinviene nella legge n. 94 del 1997, nel decreto leg.vo

n. 279 del 97 (artt. 13 e 14) e nelle norme contenute nel regolamento dell’Unione

europea del 25.6.96 n. 2223 (Sec 95), cui hanno fatto seguito il D.I. 18.4.2002,

pubblicato nella G.U. n. 24 del 30 gennaio 2003 e la circolare del Dipartimento RGS. n.

13 del 12.3.2003.

L’inserimento dei valori patrimoniali e il successivo calcolo delle quote di

ammortamento sono effettuati attraverso un’apposita procedura automatizzata per

ogni categoria di beni, ossia per voce del piano dei conti, a partire dai valori dei beni

patrimoniali acquisiti e non ancora dismessi.

Entro sei mesi dell’entrata in vigore della legge 27.11.2006, n. 296, saranno

stabilite, con provvedimento del Ministero dell’economia, le modalità per introdurre in

tutte le amministrazioni pubbliche criteri di contabilità economica, nonché i tempi, le

modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei bilanci standard e

dei dati di contabilità.

2. - Beni immobili: gestione, amministrazione e utilizzazione.

La gestione e l’amministrazione degli immobili dello Stato sono affidate

all’Agenzia del demanio, che nel 2003 è stata trasformata in ente pubblico economico

ed assoggettata al regime delle persone giuridiche private, incaricata di seguire, con

criteri imprenditoriali, il processo di individuazione, valorizzazione e di alienazione dei

beni (che dovrebbe concludersi entro il 2007), i quali sono “sdemanializzati” con

decreto ministeriale e, prima di confluire nel bilancio di detta Agenzia, transitano nel

patrimonio disponibile dello Stato.

123 Fonti: Agenzia del demanio Ministero per i beni e le attività culturali, Comando Carabinieri – Tutela patrimonio culturale e Ministero Economia e Finanze.

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193

Con decreto del 18.4.05 del P.C.M. (G.U. n. 120 del 6.6.05) l’Agenzia è stata

sottoposta al controllo della Corte dei conti ai sensi della legge n. 259 del 1958, come

ente rientrante tra le gestioni sovvenzionate dallo Stato.

La finanziaria 2007 assegna all’Agenzia del demanio (che contro 830 dipendenti

e 19 filiali regionali), un ruolo ancora più centrale nella gestione del patrimonio

pubblico, ampliandone le competenze, i poteri e la sfera d’azione.

Nel 2006 sono stati individuati immobili da trasferire per circa 13 miliardi, poi

immessi sul mercato.

Dal 2003 la Patrimonio S.p.A. è confluita nella società Fintecna e si occupa della

fase conclusiva e non propositiva delle alienazioni. Gli immobili delle gestioni

liquidatorie saranno trasferiti a Fintecna nel corso del 2007 per un valore non inferiore

a 180 milioni di euro.

I rapporti tra Agenzia e Ministero dell’Economia e delle finanze sono disciplinati

da appositi contratti di servizi ispirati a logiche aziendali, quali presupposto

dell’obiettivo di un aumento di redditività del patrimonio amministrato, anche

attraverso opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, per la rivalutazione dei

beni, allo scopo di migliorare il valore sociale e di una razionalizzazione del portafoglio

immobiliare.

Per tale attività, a fronte dei servizi erogati, il corrispettivo pattuito per il 2006

era previsto in Euro 110.740.000,00.

Anche se la situazione appare migliorata rispetto all’anno precedente, si rende

necessario realizzare in tempi rapidi un quadro completo e aggiornato dell’intero

patrimonio immobiliare e di tutti i beni pubblici suscettibili di una pluralità di

utilizzazioni, anche di carattere economico, al fine di un migliore impiego e anche di

contenere il debito statale; a decorrere dal 2006 (legge finanziaria 2006), infatti, i

maggiori proventi rispetto a quelli iscritti nel bilancio a legislazione vigente, derivanti

dalla vendita di immobili, sono destinati alla riduzione del debito.

Per i beni immobili, nel corso del 2006, è stato portato a termine il processo di

integrazione e di allineamento dei sistemi informativi dell’Agenzia del demanio (SGAP)

e del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (SIRGS), per un costante

aggiornamento dei dati sulla gestione dei beni del patrimonio e del demanio artistico

dello Stato.

Nel corso del 2006 sono stati redatti 302 verbali di assunzione in consistenza,

corrispondenti a Euro 275.022.872.

Sono complessivamente 22.788 i beni costituenti il patrimonio dello Stato (alla

fine del 2005 erano 25.520 e nel 2004 26.018) che compongono il portafoglio

complessivo, dei quali 2.732 fanno parte del demanio storico-artistico.

I beni sono censiti, mancano però i valori complessivi per ogni categoria di beni.

Il valore complessivo, secondo stime della Ragioneria generale dello Stato,

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194

ammonterebbe a circa 160 miliardi (comprese strade ferrate, impianti sportivi, arredi)

esclusi gli investimenti in partecipazioni societarie e il patrimonio degli enti pubblici.

Il patrimonio immobiliare conta per lo più fabbricati ad uso abitativo (oltre

5.000) e ad uso non abitativo (oltre 7.000), caserme e strutture militari (circa 500) e

terreni come risorse naturali (circa 700).

Il patrimonio demaniale è costituito da immobili per il 76,5% (circa 2.000

fabbricati), di cui 2/3 sono di valore culturale (che non possono formare oggetto di

diritti a favore di terzi), oltre 500 terreni e una settantina di infrastrutture.

Si contano, nel complesso, 11.368 beni indisponibili, destinati a pubblici utilizzi

quali, ad esempio, sedi di uffici pubblici dello Stato o a destinazione sociale (ex case

IACP).

Il patrimonio disponibile e del demanio storico-artistico è di circa 13.500 beni, di

cui 3600 fabbricati e circa 7.700 terreni.

Le ragioni della diminuzione rispetto all’anno precedente vanno individuate nelle

dismissioni attraverso le cartolarizzazioni, che nel 2006 hanno registrato un

ammontare pari a Euro 16.180,83 e nelle vendite, le cui norme, dirette al riordino e

alla razionalizzazione del patrimonio immobiliare e al perseguimento degli obiettivi di

finanza pubblica, sono state introdotte dalla legge finanziaria 2005 (n. 311/04).

Dopo le operazioni di cartolarizzazioni immobiliari, alcuni enti pubblici sono

stati indotti a “fare marcia indietro”, per rientrare in possesso degli immobili ceduti. E’

il caso, ad esempio, della SOGEA S.p.A. che ha deciso di riacquistare per 112 milioni la

propria sede, già ceduta alla FINTECNA e riaffittata a un canone annuo di 7,5 milioni.

Analogo episodio è avvenuto per l’ISTAT e per il Politecnico di Milano.

La legge finanziaria 2007 ha autorizzato l’Agenzia ad alienare le unità immobiliari

ad uso abitativo appartenenti al patrimonio dello Stato, ai sensi dell’art. 3 della legge

662/96.

Un aspetto particolare dell’acquisizione di immobili riguarda i beni vacanti facenti

parte delle eredità giacenti, previa individuazione da parte del Ministero della Giustizia,

di concerto con quello dell’Interno e dell’Economia, di quelli da trasferire allo Stato,

attraverso l’applicazione dell’art. 1163 del codice civile.

In ordine ai programmi di razionalizzazione degli immobili in uso, da parte delle

amministrazioni centrali e periferiche, va sottolineata l’attività di contenimento della

spesa pubblica (art. 62 legge finanziaria 2001 – art. 1, comma 204, legge fin. 2007),

con il supporto dell’Agenzia, per la riduzione graduale dei metri quadrati di superficie

degli immobili a disposizione delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato; in

questo ambito nel 2006 ha avuto inizio un progetto di razionalizzazione (progetto

pilota), che vede coinvolti gli immobili in uso al Consiglio di Stato e ai TAR, che ha la

finalità di reperire immobili di proprietà dello Stato che rispondano alle esigenze degli

istituti interessati e possano sostituire le attuali occupazioni di immobili privati in

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locazione passiva.

Nell’ambito delle attività di alienazione e cessione gratuita di immobili dello Stato

agli enti locali, è da segnalare che nel corso del 2006 l’Agenzia ha svolto una notevole

attività di trasferimento, in ossequio al comma 441 della l. 311/04 ed ha ceduto

gratuitamente più di 6 mila alloggi costruiti in base a leggi speciali.

Per i beni immobili statali assegnati in uso gratuito alle amministrazioni

pubbliche, è vietata la dismissione temporanea, salvo che per quelli in uso alla Difesa,

affidati a terzi per attività funzionali alle finalità istituzionali (art. 1, c. 216, legge fin.

2007).

Quanto, poi, alle concessioni del patrimonio immobiliare alle Regioni, ed enti

locali, il termine massimo è stabilito in 50 anni; la legge fin. 2007, inoltre, al fine della

valorizzazione e utilizzazione a fini economici, prevede che gli immobili possano essere

locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a 50 anni, per la

riqualificazione, recupero e restauro dei beni stessi.

Gli enti locali e regionali, in attuazione dell’art. 117 Cost., comunicano al MEF i

dati relativi al gettito delle entrate tributarie e patrimoniali di loro competenza (art. 1,

c. 170, legge finanziaria 2007).

I beni immobili patrimoniali statali, non suscettibili di uso immediato e non

inseriti nel programma di dismissione, sono concessi in uso e in locazione, ai sensi del

regolamento approvato con d.P.R. 13.9.05, n. 296; essi hanno fruttato introiti,

secondo l’Agenzia del demanio, superiori alle previsioni di bilancio 2006, ma inferiori al

2005, per effetto di incassi straordinari per recuperi canoni pregressi che, in

quell’esercizio erano di Euro 11.379.522.

Nel 2006, complessivamente, si sono registrati introiti per un totale di

53.750.562,45, in relazione ad un totale di n. 10.740 beni in assegnazione a Regioni,

Province, Comuni, consorzi, Onlus, dipendenti statali, privati; di queste entrate,

44.766.703,93 riguardano redditi di immobili del patrimonio ed Euro 8.983.858,52

attengono al demanio storico artistico.

Per le spese per interventi di manutenzione, ristrutturazione e adattamento

immobili sono stati stipulati nel 2006 nuovi contratti per 5,6 milioni di euro, mentre

sono stati contabilizzati sul programma 2006 e sui programmi pregressi 20,3 mil. di

euro.

I canoni sono aggiornati annualmente con riferimento agli adeguamenti ISTAT e

alle rinegoziazioni alle rispettive scadenze. Secondo il piano dell’Agenzia del demanio,

l’obiettivo è quello di raddoppiare le riscossioni, passando da un tasso del 25% del

2004 a uno del 70%, per effetto anche dell’automazione che è giunta al 90% del

programma di ricognizione totale.

Vi è da rimarcare che, tuttavia, la rendita degli immobili rimane troppo bassa:

vedasi, ad esempio, il caso dell’Emilia Romagna che dagli affitti ha ricavato meno di

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196

9,80 Euro al metro quadro per i fabbricati, (addirittura meno dell’anno precedente che

era di 10,12 e 0.31 per le aree commerciali) su un patrimonio complessivo di 205

milioni di euro, come risulta dalla relazione della Sezione regionale dal controllo sul

rendiconto regionale 2005.

A volte per le case concesse in affitto a militari, in alcuni casi non più in servizio,

si registrano livelli inferiori alla media, come è accaduto a La Spezia, dove per un

alloggio di 90 mq viene corrisposto un canone di 100 € mensili.

I fitti passivi degli immobili condotti per esigenze governative (art. 62, legge

2001 e D.M. 14.3.01) subiscono una verifica annuale della congruità da parte della

apposita commissione permanente istituita in seno all’Agenzia.

E’ da rilevare, in proposito, la frequente prassi di alcune amministrazioni di

procedere al rinnovo tacito dei contratti senza richiedere il necessario nulla osta

dell’Agenzia del Demanio.

Nel corso dell’anno 2006 sono stati rilasciati 148 pareri di congruità e il rilascio

dei nulla osta alla spesa per le locazioni passive, che superano il tetto di Euro 464.811,

ha fatto registrare un risparmio potenziale di circa 940.200 euro.

Per altri 37 casi è stato applicata la riduzione del 10%, di cui al comma 478 art.

1, della finanziaria 2006, con un risparmio di circa 535.000 euro.

E’ stata completata la raccolta dei dati per l’attività di monitoraggio delle

locazioni passive a circa 7.200 contratti (di cui non è stata comunicata l’entità), le cui

informazioni sono gestite tramite un apposito sistema informativo in grado di fornire

dati aggregati.

Vi è tuttavia da osservare che sono ancora troppi ed eccessivamente onerosi gli

affitti di immobili per esigenze pubbliche. Sono tuttora in vigore 190 contratti di

locazione comunicati dal Ministero dell’economia, per una spesa complessiva di 33

milioni di euro.

Ad esempio, in Sicilia, due terzi degli uffici della Regione sono ospitati in

immobili in locazione, con un canone da 38,34 euro ad un massimo di 151,93 al metro

quadrato.

La spesa per locazione passiva delle Commissioni Tributarie, per il 2006 è stata

calcolata in 10.961.741,00 euro mentre per la Commissione centrale il costo annuo è

di 409.689,15 euro.

La sorveglianza dei beni immobili demaniali, di cui al regolamento approvato,

con d.P.R. 13.7.98, n. 367, è demandata all’Agenzia del demanio, che ha svolto al

riguardo una intensa attività attraverso le proprie filiali.

Nel corso del 2006 l’obiettivo prioritario è stato quello della repressione del

fenomeno dell’abusivismo perpetrato ai danni del patrimonio dello Stato, assieme

all’altro della verifica dell’adeguata utilizzazione dei beni in uso governativo.

Le altre 2.448 ispezioni si sono concentrate sul corretto utilizzo dei beni del

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patrimonio concesso in locazione, sul controllo della esecuzione delle opere di ordinaria

e straordinaria manutenzione da parte dei locatari, della verifica del corretto uso degli

spazi, sui beni in uso della P.A. e demaniali, sulle aree marittime ed aeroportuali.

Le irregolarità più frequenti emerse dalle ispezioni condotte nel 2006

dall’Ispettorato Generale di Finanza del Dipartimento R.G.S. riguardano l’assegnazione

gratuita di alloggi collettivi e di materiale di dotazione a dipendenti per i quali la PA

non ha l’obbligo di fornire tali alloggi; la mancata imputazione o il mancato recupero, a

carico dei locatari, di oneri di spese per utenze e per imposte (TARSU).

L’Agenzia del demanio ha fatto presente che in 2.201 casi sono stati riscontrati

fenomeni di irregolarità per i quali è stato necessario intraprendere specifiche azioni.

In materia di valorizzazione l’anno 2006 ha rappresentato un momento di

passaggio tra le valorizzazioni attivate in precedenza, che sono avviate a conclusione,

e quelle, da realizzare, con la ideazione e la costruzione di nuovi strumenti atti a

rendere più efficaci ed efficienti i processi di valorizzazione del patrimonio dello Stato,

che sono stati implementati dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Per le valorizzazioni completate nel 2006 va segnalato l’accordo di programma

stipulato in data 5 settembre 2006 (e ratificato il 2.10.06) tra l’Agenzia, il Comune di

Roma e la Regione Lazio, avente per oggetto la riconversione e la valorizzazione dei 3

immobili (Poligrafico dello Stato, ex Istituto geologico, Palazzo Medici – Clarelli)

alienati con atto di compravendita del 29.12.2005 alla Fintecna S.p.A., con cui

l’Agenzia ha sottoscritto il 3.5.06 un contratto di servizi.

Altre valorizzazioni avviate a conclusione, entro la fine del 2006, si riferiscono:

- al protocollo d’intesa per la cessione a trattativa privata al Comune di Presezzo (BG)

(in data 14.5.04) della ex caserma Moioli;

- al protocollo d’intesa con il Comune di Rio Marina, sottoscritto il 5.8.03 per la

realizzazione di attrezzature culturali/turistiche in località Vigneria.

Altri accordi sono stati sottoscritti con il Comune di Torino per l’acquisizione

dell’intero compendio denominato “La Cavallerizza”, inizialmente destinato a terzi.

Due atti sono stati redatti con il Comune di Venezia: con il primo (in data 7.4.06)

è stata attribuita piena efficacia alla concessione al Consorzio Venezia Nuova di una

vasta porzione dell’Area nord dell’Arsenale, ai fini della riqualificazione e riconversione

della stessa per la realizzazione e la gestione del “Sistema MOSE”; il secondo accordo

inerisce all’immobile denominato “Punta della Dogana”, per effettuare interventi di

riqualificazione e recupero di un “centro d’Arte contemporanea”.

Con la concessione lunga elevata a 50 anni si cerca di attrarre capitali di privati

che investano nel recupero e nella gestione del patrimonio immobiliare. Si può citare

l’esempio della valorizzazione di villa Tolomei a Firenze per la cui ristrutturazione è

stato approvato dal comitato di gestione, in aprile 2007, il primo bando di gara.

Per la dismissione degli immobili della Difesa la legge finanziaria di quest’anno

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ha precisato che tali beni debbono essere consegnati all’Agenzia per essere inseriti nel

programma di dismissione e di valorizzazione, per un valore di 1.000 milioni di euro

entro luglio 2007, da consegnare entro dicembre 2007 (comprese circa 840 caserme).

L’Agenzia del demanio dovrà valorizzare o dismettere in due anni i beni della Difesa

non utili ai fini militari fino a 4 mld..

I cespiti da trasferire, individuati di volta in volta con decreto, sono costituiti,

per la maggior parte, da caserme, depositi, magazzini. Nel 2006 sono stati immessi sul

mercato immobili per un valore complessivo di 1,3 miliardi. Per il 2007 la finanziaria

prevede dismissioni di immobili per 4 miliardi.

L’incasso finirà nel bilancio dello Stato e la Difesa potrà vendere un certo numero

di alloggi, da 3 mila a 6 mila, agli inquilini occupanti e potrà usare il ricavato per

rinnovare il patrimonio abitativo.

La problematica gestione delle case militari è stata più volte evidenziata nelle

relazioni della Corte dei conti, che ha sottolineato lo spreco di risorse pubbliche in

relazione al degrado degli immobili, alle spese di manutenzione, a quelle per pagare i

danni provocati da terzi e alle erogazioni per i molti contenziosi aperti.

Inoltre, la Difesa non ha mai censito il suo patrimonio che comprende caserme,

terreni, ex arsenali, depositi munizioni, torrioni, ex ospedali, basi logistiche, poligoni,

magazzini, capannoni, aeroporti, ex polveriere.

3. - Il demanio marittimo.

Dal 2007 sono scattati gli aumenti previsti dalla recente legge finanziaria, in

rapporto alla redditività dell’utilizzo sia per la determinazione dei canoni demaniali per

finalità turistico-creative, che per gli indennizzi dovuti per la utilizzazione senza titolo

di beni demaniali marittimi e loro pertinenze o di opere inamovibili.

I criteri di determinazione dei suddetti oneri sono estesi alle concessioni per le

strutture della nautica da diporto.

L’incremento del canone riguarda anche l’uso dei beni gestiti dalle società

aeroportuali.

L’aumento così generalizzato, tuttavia, non basta a placare le polemiche che in

passato sono sorte per gli affitti troppo bassi corrisposti per spiagge considerate di

lusso come quelle di Sabaudia, Sperlonga, Fregene.

Sull’argomento è intervenuta la Procura Lazio della Corte che, nel novembre

2006, ha citato gli amministratori responsabili per 1 milione e 369 euro di danno

all’erario, dopo aver svolto un puntuale lavoro di indagine sul litorale romano con la

collaborazione della Capitaneria di Porto, con sequestro conservativo di alcuni beni di

soggetti ritenuti responsabili della omessa individuazione delle aree a valenza

turistica, secondo i criteri stabiliti dalla legge 4 dicembre 1993, n.49 e dal D.M.

5.8.98, n. 342, determinando così un danno erariale da minori introiti.

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199

4. - Beni mobili.

I beni mobili figurano, com’è noto, negli elementi attivi del rendiconto

patrimoniale e sono divisi in categorie e classificati, come gli immobili, secondo il SEC

‘95, in base a principi di valutazione di carattere economico, mediante la compilazione

di appositi prospetti che dal luglio 2003 sono prodotti dagli uffici dei consegnatari (ai

quali si applica il nuovo regolamento di gestione, di cui al d.P.R. 4.9.2002 n. 254), con

la inclusione delle variazioni intervenute nel corso dell’anno e la indicazione della

consistenza finale.

Con apposita circolare del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, è

stata redatta una tabella di corrispondenza tra le “categorie” e la classificazione “SEC

95”, nella quale si associano le denominazioni del bilancio dello Stato (es. beni mobili

degli uffici, dei laboratori, degli ambulatori, libri e pubblicazioni, materiale scientifico

ecc.) a quelle del SEC 95 aventi analoghe caratteristiche (es. arredi per uffici, libri e

materiale multimediale, impianti e attrezzature per officine, materiale per laboratori,

musicale, antiquariato ecc.), al fine di stabilire un raccordo tra i componenti attivi e

passivi e il sistema europeo dei conti nazionali e regionali della comunità.

A partire dal 2006, i dati relativi ai beni mobili, in carico dei consegnatari e ai

cassieri, sono stati trasferiti nel sistema informativo integrato SIRGS ed è stata

assentita la proroga di un anno agli Uffici di ragioneria che non avevano concluso le

operazioni di rinnovo inventariale.

I beni mobili demaniali di proprietà dello Stato, consistenti in collezioni e

raccolte d’arte costituite da statue, disegni, stampe, vasi ed oggetti di valore artistico,

manoscritti, libri, codici, pinacoteche e biblioteche, sono da considerarsi “mobili agli

effetti inventariali” ai sensi dell’art. 7 del regolamento di contabilità generale dello

Stato (R.D. 23.5.24, n. 827).

Tali beni, a seguito della nuova classificazione introdotta col decreto

interministeriale 18.4.02, sono attualmente raggruppati nel Conto generale del

patrimonio nelle seguenti poste: beni storici, artistici, demo-etno-antropologici,

archeologici, librari, archivistici, paleontologici, opere di restauro; ai fini della loro

contabilizzazione nel conto patrimoniale gli Istituti e gli uffici centrali e periferici del

Ministero per i beni e le attività culturali, nonché il Ministero della istruzione e ricerca,

sono tenuti a compilare il prospetto riassuntivo delle variazioni intervenute per effetto

della gestione del bilancio (o per altre cause) nella consistenza dei beni.

Per quanto riguarda la inventariazione dei beni mobili le operazioni di rinnovo

sono state prorogate per comprendere la consistenza dei beni fino al 31.12.06.

L’attuale procedura informatizzata GECO-Sistema informativo e controllo dei beni

mobili, integrato con il SIRGS, consente agli uffici un aggiornamento e una validazione

delle variazioni annuali dei beni mobili.

Con decreto del 27.9.06 sono stati definiti i criteri per la verifica dell’interesse

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200

culturale dei beni mobili che presentano intese artistico, storico, culturali.

Per i beni del demanio storico-artistico gestiti dall’Agenzia del demanio, è stata

resa possibile nell’esercizio 2006 la diretta acquisizione dei relativi dati attraverso la

procedura di integrazione tra il sistema informativo dell’Agenzia e il SIRGS, secondo le

modalità previste anche per i beni patrimoniali.

E’ in corso di realizzazione la interoperabilità con il sistema dell’Istituto centrale

per il catalogo e la Documentazione (SIGEC). L’inventariazione dei beni di proprietà

ecclesiastica è stata curata dalla Conferenza Episcopale Italiana; ad oggi 67 diocesi su

200 hanno redatto le schede che sono state trasferite all’Istituto suddetto.

5. - Beni culturali.

La riforma di beni culturali è iniziata con la legge 24 novembre 2003, n. 326 (di

conversione del D.L. 30.9.2003 n. 269), che prevedeva la perdita della qualità

culturale (e della relativa tutela per i beni di proprietà pubblica) a seguito dell’esito

negativo della verifica affidata alla Sopraintendenza (con il meccanismo del silenzio-

assenso dopo 120 gg., e l’avvio del procedimento di sdemanializzazione dei beni

interessati).

Non esiste più il silenzio assenso per gli interventi edilizi sui beni vincolati, in

seguito alla emanazione del decr. leg.vo 156/2006, norma che ha così messo al riparo

il patrimonio culturale italiano da eventuali svendite sconsiderate e che ha anche

limitato il termine perentorio dei 120 giorni per la Sopraintendenza per concludere le

verifiche di interesse culturale.

La ricognizione degli immobili d’arte è stata finora ancora parziale e la Corte dei

conti ha da tempo ed in varie occasioni sollecitato il completamento della

catalogazione informatica delle schede relative ai beni archeologici, storici, artistici,

architettonici.

Il patrimonio culturale è stimato in circa 3.430 tra musei (di cui 1.803 pubblici,

di proprietà di Enti locali e regioni) e gallerie pubbliche dei quali 409 si trovano in

Toscana, 346 in Lombardia, 380 in Emilia Romagna, 302 (di cui 132 gallerie) nel Lazio

distribuiti in 117 comuni, 235 nelle Marche, 216 aree archeologiche, 10 mila fra chiese

e cappelle, 1.500 monasteri, 40 mila torri, castelli e rocche, 30 mila dimore storiche,

4.000 giardini, 1.000 centri storici, oltre a immensi beni paesaggistici e parchi

naturali.

Secondo una relazione della Corte dei conti del 2006 potenzialmente 5.903

immobili (su 10.268, ossia 57% del totale) sarebbero stati vendibili ai privati (altri

2.137 sono d’interesse culturale), ma gli enti proprietari hanno acconsentito alla

cessione in 866 casi, circa il 15%, altri 2.047 edifici sono in fase di valutazione,

mentre restano da censire gli stabili della CEI e del demanio militare.

La Corte ha invitato il Ministero della Difesa e la Conferenza episcopale italiana

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201

a fornire gli elenchi da sottoporre a verifica. Dall’analisi condotta dalla Corte è emerso

ancora che circa 900 palazzi storici sono stati avviati alla vendita a due anni

dall’applicazione del Codice Urbani del 2004.

All’inizio del 2006 erano 6.604 le schede di beni immobili complessivamente

inserite nell’archivio informativo del Ministero, dei quali solo 1.141 riguardano beni

sottoposti a tutela. Delle 3.985 schede valutate, ben 2.844 casi riguardano immobili

pubblici. E’ stato escluso l’esistenza di un interesse culturale per il vecchio fabbricato

della Dogana a Livorno, in piazza dell’Arsenale, per il palazzo del Tesoro in via della

Gioventù a Rieti e quello dell’ex istituto “G. Kirner” di Roma.

Sono stati, invece, riconosciuti d’interesse culturale e, quindi, vincolati, l’edificio

della direzione generale del Catasto in Roma e due palazzi per gli uffici finanziari a

Taranto e Volterra, esempi rispettivamente di architettura littoria e di casa-torrione

medioevale.

Per quanto riguarda il patrimonio dei beni mobili, la Corte ha sottolineato come

le sue reali dimensioni non siano conosciute, poiché risultano monitorati 742 beni tra

quadri, sculture e pezzi d’arredamento, dei quali 630 solo nel Piemonte.

In base alle stime della Ragioneria dello Stato, il valore (alla fine del 2004) dei

beni archeologici è di 589 miliardi, i beni artistici hanno un valore complessivo di

912,9 milioni di cui 11,5 è il valore dei beni librari.

La consistenza patrimoniale dei beni archeologici considerati immobili per

destinazione è risultata, per l’anno 2006, di n. 6.381.932 opere per un valore di Euro

436.587.055,79.

La funzione di tutela, in base all’art. 118 della Costituzione, è demandata al

Ministero per i beni e delle attività culturali, ad eccezione delle competenze delle

Regioni conferite dallo Stato o previste dall’art.5 del decreto legislativo n. 41 del

22.1.2004 (Codice dei beni culturali, entrato in vigore il 1 maggio 2004).

In questo ambito si inquadra il “Memorandum d’intesa”, rinnovato nel gennaio

2006 per altri 5 anni, tra il Governo italiano e quello statunitense per l’adozione di

misure dirette a reprimere l’importazione di reperti archeologici di provenienza illecita.

La legge finanziaria 2007 ha dato un rilevante impulso ai beni culturali e

paesaggistici, mediante l’istituzione di un Fondo per l’attuazione di accordi di

cofinanziamento tra Stato ed autonomie ed un altro per interventi di tutela e

valorizzazione di tali beni, conferendo un contributo di 31,5 milioni di euro per ciascun

anno 2007, 2008 e 2009.

Con decreto legislativo 24.3.2006, n. 157, sono state individuate le aree

tutelate per legge, nell’ambito delle quali sono compresi gli immobili che sono

dichiarati (da una Commissione regionale e con la consultazione dei Comuni

interessati) di pubblico interesse, con l’obbligo per i titolari o possessori di non

distruggerli, né modificarli senza sottoporre il progetto alla Regione o all’ente locale.

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202

Durante il 2005 e nei primi mesi del 2006 sono state emanate disposizioni

(legge 20.2.2006 n. 77) per la tutela, la valorizzazione e la fruizione dei siti italiani di

interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella lista del patrimonio

dell’UNESCO, sulla base di tipologie individuate dalla convenzione per la salvaguardia

del patrimonio mondiale culturale firmata a Parigi il 16.11.1972.

I programmi di valorizzazione dei beni culturali sono di competenza del

Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici (DPR 12.1.07 n.2).

A tal fine sono stati previsti appositi piani di gestione per interventi da

realizzarsi con le modalità di cui al decreto legislativo 22.1.2004, n. 42, sostenuti da

risorse stanziate per il triennio 2006/2008.

Per edifici in affitto e loro utilizzo per sedi museali, uffici, depositi, laboratori nel

2006 sono stati stipulati 37 contratti di locazione per una spesa complessiva di €

5.405.335,74.

Con decreto legislativo 24.3.2006, n. 156, si è stabilito che la concessione in

uso di privati per interventi di restauro (finanziaria 2005) è subordinata

all’autorizzazione del Ministero, a condizione che il conferimento garantisca la

conservazione, la fruizione pubblica del bene e la destinazione d’uso.

Ha fatto molto discutere l’episodio, evidenziato dalla Corte dei conti,

dell’affidamento del Museo egizio di Torino, di inestimabile valore, alla Fondazione

costituita dalla Compagnia S. Paolo in “partnership” con la provincia e il Comune, in

quanto non sarebbe garantita la tutela dei beni in uso.

Per quanto attiene ai beni del patrimonio librario, il Ministero per i beni e le

attività culturali ha dato attuazione ai programmi triennali di cui alla legge 23.12.96,

n. 662, relativi ai fondi del lotto 98/06, nonché ai piani di cui alla legge 20.5.1985, n.

222, relativi ai fondi dell’8 per mille.

La fruizione delle strutture museali e archeologiche ha registrato un

significativo aumento del numero di visitatori nel 2006 pari a 12.707.244 persone, a

fronte di n. 11.726.686 del 2005, tale da portare gli introiti ad € 60.978.223 rispetto

agli € 45.781.478,00 dell’anno prima.

In questo contesto è divenuta sempre più intensa ed efficace, da parte del

Comando dei Carabinieri - tutela patrimonio culturale (che gestisce la banca dati delle

opere d’arte rubate) - e della Guardia di Finanza, con la collaborazione della Polizia di

Stato, la lotta alla criminalità che aggredisce il patrimonio culturale.

Nel 2006 le forze dell’ordine hanno ricevuto 1.212 denunce (in media 3 al

giorno) per furti, a fronte di una sempre più incisiva, intensa e tenace opera di

prevenzione e di maggiore attenzione al problema della sicurezza. Esse provengono da

privati (587), chiese (546), enti privati e pubblici (65) e da musei (14).

Come tipologia di oggetti asportati prevalgono quelli di miscellanea, monili-

oggetti d’oro (2.945), quelli ecclesiastici (2601), di pittura (2.190), scultura (1.421),

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203

ebanisteria (1.421), beni librari (801) e di grafica (507),.

La gran parte dei trafugamenti hanno comportato l’asportazione complessiva di

12.362 oggetti d’arte custoditi in chiese (n. 3.919), presso privati (7.163), enti

pubblici e privati (n. 698); solo in parte sono stati interessati musei statali o pubblici

(582).

Rispetto all’anno precedente si è registrata una sostanziale diminuzione degli

oggetti asportati che dai 13.846 del 2005, sono passati ai 12.362 del 2006. Gli

obiettivi più vulnerabili restano quelli meno protetti, come ad esempio le chiese (da

2.993 oggetti trafugati a 3.919). In un’ideale classifica nazionale il Piemonte risulta

ancora la regione maggiormente esposta ai furti (184), seguita dal Lazio (178), dalla

Lombardia (147) e dalla Campania (110).

Si è registrato un leggero aumento rispetto agli anni precedenti per le denunce

(1.212 contro 1.202 del 2005), ma continua tuttavia la diminuzione degli oggetti

asportati illecitamente (12.362 contro i 13.846 del 2005 e i 19.324 del 2004).

I luoghi più danneggiati restano ancora una volta quelli dei privati e delle

chiese, che non dispongono di sistemi di sicurezza adeguati.

Nel 2006 le forze dell’ordine (Carabinieri-Polizia-Guardia di Finanza) hanno

controllato l’illecita commercializzazione degli oggetti d’arte, anche intensificando i

rapporti con le polizie esterne e si è proceduto al recupero di ben 143.232 oggetti

d’arte provenienti da aree archeologiche (scavi clandestini) rispetto ai 27.831 dell’anno

precedente.

Inoltre, sono state sequestrate 20.629 opere d’arte falsificate (netto incremento

rispetto alle 1.678 precedenti) e denunciate 714 persone (nel 2005 furono 1.016), di

cui 65 tratte in arresto (93 nel 2005).

La costante attività preventiva e di contrasto dei Carabinieri, coadiuvata

dall’implementazione delle tecnologie e potenziata dalla migliore qualificazione

professionale, oltre a consentire di monitorare e censire i numerosi siti archeologici, ha

permesso di arginare in maniera notevole i fatti e l’attività clandestina condotta dai

“tombaroli” in località considerate ad alto rischio, permettendo il recupero di ben

143.323 (27.831 nel 2005) reperti archeologici provenienti da scavi clandestini.

In ambito nazionale, tra le più importanti operazioni effettuate nel corso del

2006, spiccano i sequestri, a Cernusco sul Naviglio (MI), di 2.243 reperti archeologici

di ingente e non quantificabile valore artistico storico e culturale, risalenti dal III

millennio a.C. al VII secolo d.C. provenienti da scavi clandestini effettuati in Palestina

(Gerusalemme) all’interno di aree archeologiche di competenza dell’Ente Custodia di

Terra Santa; il recupero, a Colli del Tronto (AP), di alcuni dipinti del XVIII, XVII e XVI

Sec. attribuiti alla scuola di Raffaello, del “Bassano”, al maestro “Francesco De Mura”,

al maestro “Phillipp Peter Roos detto Rosa da Tivoli”, al maestro “Tiziano Vecellio” e

una coppia di consolle intagliate e decorate del XIX sec., tutti asportati ai danni di

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204

privati e di valore ingente; il recupero, a Bologna e a Torino, di due dipinti a firma dei

maestri Giorgio Moranti e Giorgio De Chirico, risultati asportati nel 1999 e nel 2006 in

danno di privati e del valore di circa un milione di euro.

Particolare importanza hanno rivestito il ruolo e il contributo del Comando dei

Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale in territorio iracheno, il cui

intervento, svolto nell’ambito della missione per il mantenimento della pace “Antica

Babilonia” fino al 31 maggio 2006, ha fatto conseguire complessivamente i seguenti

risultati: 621 siti archeologici censiti, 1.636 reperti sequestrati, 127 persone

identificate e 53 persone tratte in arresto.

Sempre in ambito internazionale, si sono acquisiti elementi sulla localizzazione di

numerosi beni di antiquariato ed archeologici, esportati clandestinamente in vari Paesi

europei ed extraeuropei. La competente magistratura ha emesso 27 rogatorie. Tra le

maggiori operazioni effettuate nel 2007, all’estero, spicca il recupero a Zurigo

(Svizzera) del dipinto tempera su tavola raffigurante la “Natività”, secolo XI, asportato

a Spello (PG) il 6.8.1970 ai danni della Chiesa “S. Maria Maggiore”, attribuito al

“Pinturicchio”, opera considerata di eccezionale valore storico-artistico.

6. - Beni confiscati: i dati.

L’acquisizione al demanio degli immobili pubblici avviene anche con la confisca ai

soggetti appartenenti alla criminalità organizzata, ai sensi della normativa antimafia,

modalità che costituisce un metodo efficace di aggredire i patrimoni accumulati

illecitamente e che consente un corretto utilizzo produttivo e di utilità sociale.

La disciplina dei beni confiscati alla criminalità organizzata è contenuta, da

ultimo, nella legge n.109 del 7.3.96; tale norma ha semplificato le procedure previste

per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, attraverso disposizioni che

mirano alla continuità e alla ripresa dell’attività delle imprese sequestrate o confiscate.

La gestione di tali beni è stata trasferita, con decreto legislativo n. 173/2003, dal

Ministero dell’Economia e finanze all’Agenzia del demanio, che ha inserito nel proprio

statuto le competenze che erano del commissario straordinario; ad essa è affidato

anche il compito della utilizzazione dei beni mobili, universalità di mobili immobili e

compendi aziendali pervenuti allo Stato in seguito a provvedimento definitivo di

confisca assunto nei confronti di soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali.

Il Ministero dell’Economia, con decreto 23 novembre 2005, n. 295, ha emanato

un regolamento in materia di destinazione dei beni sequestrati o confiscati a seguito di

operazioni di contrabbando, in attuazione delle leggi 92/01 e 106/02.

Tali beni sono presi in custodia dall’Agenzia delle dogane, la quale compila una

scheda con i dati e il valore economico che viene inserita nell’archivio informatico del

Dipartimento delle politiche fiscali del Ministero.

Il procedimento di destinazione dei beni confiscati é specificato dalla legge

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205

575/1975, poi modificata dalla l. 109/96.

Dopo aver ricevuto la comunicazione da parte dell’ufficio giudiziario, la sede

periferica dell’Agenzia nomina, entro 90 giorni, un amministratore; fa valutare il bene,

acquisisce i pareri del sindaco e del prefetto sulla destinazione da dare e,

successivamente, detto ufficio formula la relativa proposta alla Direzione generale che

deve adottare un provvedimento entro 30 giorni.

Le aziende sono mantenute nel patrimonio dello Stato, se sussistono prospettive

di ripresa dell’attività produttiva, o possono essere trasferite, a titolo oneroso, a

imprese pubbliche o private; in alternativa, possono essere cedute gratuitamente, a

cooperative di dipendenti dell’impresa. In caso contrario l’azienda è destinata alla

vendita, o all’affitto o alla liquidazione.

E’ previsto che gli immobili confiscati siano trasferiti, in via prioritaria, al

patrimonio del Comune ove l’immobile è situato, ovvero a quello della provincia o della

Regione, per finalità istituzionali o sociali. Gli enti territoriali possono amministrare

direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, enti,

associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di

volontariato, a cooperative sociali, a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura

di tossicodipendenti. Se entro un anno dal trasferimento l’ente territoriale non abbia

provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un Commissario

straordinario.

Inoltre, in seguito a modifiche apportate alla legge 575 del 1965, per la

manutenzione, ristrutturazione e valorizzazione degli immobili confiscati, l’Agenzia può

attingere la spesa dal Fondo a disposizione.

E’ prevista, poi, un’agevolazione di imposte per il passaggio di proprietà

conseguente alle misure di confisca, per le trascrizioni e le annotazioni nei pubblici

registri.

Per le attività di liquidazione delle aziende confiscate, l’Agenzia può conferire

incarico a società a totale o prevalente capitale pubblico, rapporto che resta

disciplinato da apposita convenzione.

Una importante innovazione è stata introdotta, inoltre, dalla legge finanziaria con

l’estensione della norma sulla confisca dei beni ai reati contro la P.A., di cui agli artt.

314 e segg. del Codice penale, che costituisce un sicuro deterrente contro coloro che

sono coinvolti in processi per corruzione, concussione, malversazioni o peculato, così

come avviene dal 1996 per i reati di mafia.

In questo modo i proventi dei beni così confiscati contribuiranno a finanziare la

giustizia e a risanare l’economia.

La legge finanziaria si è anche occupata di prevedere la destinazione delle

somme ricavate dai beni confiscati (per affitto, vendita o liquidazione), stabilendo che

esse vadano versate al bilancio dello Stato per essere riassegnate in uguale misura al

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206

finanziamento degli interventi per l’edilizia scolastica e per l’informatizzazione del

processo.

La legge finanziaria 2007 individua ulteriori modalità d’impiego dei beni

sequestrati o confiscati, che possono essere utilizzati per tutti i compiti di pubblica

sicurezza e di polizia giudiziaria, o essere assegnati a titolo gratuito, alle Università,

dopo l’emanazione di un apposito regolamento, da parte del Ministero dell’economia di

concerto col Ministero dell’Università e Ricerca, entro giugno 2007.

L’impegno prioritario per l’Agenzia rimane quello di pervenire regolarmente ad

una conoscenza completa dell’entità dei beni; il censimento puntuale dei dati rende

possibile la riunione in gruppi omogenei e l’attivazione di progetti unitari e permette di

restituire quanto prima alla collettività il frutto dei crimini perpetrati dalle

organizzazioni malavitose.

A tal fine l’Agenzia ha costituito una banca dati per la gestione delle aziende e

degli immobili confiscati.

Nel corso del 2004 l’Agenzia ha analizzato e destinato 21 aziende, mentre i beni

immobili oggetto di destinazione sono stati 474, di cui 389 trasferiti ai comuni e 85

mantenuti nel patrimonio dello Stato, per un totale di circa 65,3 milioni di euro.

Nel 2005 i valori hanno subito una lieve flessione, poiché gli immobili destinati

nel corso dell’anno sono stati 420 per un valore di 38,3 milioni, 15 aziende per un

valore di 21,3 milioni. Di questi 353 sono stati destinati ai comuni e 67 sono rimasti

allo Stato.

Complessivamente, nel 2005 sono stati destinati 435 beni a fronte di 278 nuove

confische da gestire, notificate all’Agenzia.

Essi ammontavano a 4.194 unità all’inizio del 2006, per un valore di circa 40

milioni, tra cui figurano 3.719 immobili, ville, scuderie, appartamenti, terreni e 475

aziende.

E’ da osservare che il 60% delle confische è anteriore al 2001, mentre il restante

40% è pervenuto dopo la costituzione dell’ente; il 38% delle destinazioni è stato fatto

prima del 2001, il restante è stato effettuato dall’Agenzia.

Nel 2006 la gestione dei beni confiscati ha registrato un aumento dello stock dei

beni, nonostante le iniziative intraprese dall’Agenzia, con la collocazione di altri 350

beni destinati ad uso di pubblica utilità.

Secondo i dati forniti dall’Agenzia del Demanio, i beni immobili definitivamente

confiscati al 31.12.06, risultano essere n.7.328, di cui 3.493 sono quelli già destinati o

dichiarati non destinabili e 3.835 sono censiti come beni ancora in gestione che hanno

un costo annuo di 7,9 milioni. Sono oltre 2.800 gli immobili confiscati alla criminalità

ancora da destinare ad uso pubblico.

Sono state adottate 285 destinazioni di unità immobiliari, di cui 57 sono state

mantenute nel patrimonio indisponibile dello Stato, delle quali 49 per finalità di ordine

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207

pubblico, 4 per la protezione civile, 1 per la giustizia, 3 per finalità aziendali, per un

valore complessivo di 10.703,21 migliaia di euro; 228 immobili sono stati trasferiti ai

Comuni, di cui 194 per finalità sociali e 34 per finalità istituzionali, per un valore

complessivo di 37.728,06 migliaia di euro.

Inoltre l’Agenzia ha consegnato il 14 dicembre 2006 al comune di Palermo cinque

alloggi per essere consegnati a famiglie disagiate.

In base ad una stima del Ministero dell’economia, alla fine del 3° quadrimestre

2006, l’andamento delle attività è apparso inferiore ai risultati sperati nell’anno,

attestandosi intorno al 56,3%, quale media tra le “performance” attese nel periodo per

i beni immobili (58,8%) e quella delle aziende destinate e chiuse nel periodo (50%).

Lo stock dei beni da gestire (immobili) ha avuto un aumento di 367 unità, di cui

285 destinati nel 2006 e le aziende confiscate sono state 36, con un numero al

31.12.2006 di 227 aziende rimaste in gestione.

Si esprimono, da parte del Ministero, “forti preoccupazioni” per tale andamento

poiché non si nota l’auspicata inversione di tendenza nella gestione di tale delicato

settore di attività, nonostante la prosecuzione delle iniziative condotte dall’ente e per

cui l’Agenzia si era impegnata in occasione della relazione alla commissione antimafia

della Camera del 27.9.2005.

L’83% dei beni confiscati si trova nelle quattro regioni meridionali, con una

prevalenza in Sicilia con il 45%, il 15% è distribuito tra Campania e Calabria, mentre

in Puglia si trova il 7%, il restante è concentrato tra Lombardia e Lazio.

La metà dei beni immobili è costituita da appartamenti, il 26% da terreni e, poi,

da pertinenze locali.

Circa la metà di questi beni (42%) versa in condizioni manutentive mediocri, il

4% risulta inagibile e solo il 54% si presenta soddisfacente e utilizzabile.

Di questi immobili l’84% è stato assegnato ai Comuni che hanno destinato il

77% per finalità sociali (circa 537 immobili/aziende), mentre il 23% è stato impiegato

per finalità istituzionali, quali uffici comunali, scuole, strutture sanitarie ed anche

attività sociali, progetti speciali contro la criminalità organizzata e il resto allo Stato

per finalità di ordine pubblico; il 7% dei beni immobili mantenuti nel patrimonio dello

Stato è stato destinato a finalità aziendali (affitto, vendita, liquidazione).

Se l’Ente Locale ha interesse per un utilizzo di finalità sociali, lo comunica

all’Agenzia (anche senza specificare la denominazione dell’associazione che può

avvenire successivamente all’emanazione dell’atto di trasferimento del bene

certificato). Spetta al Prefetto il controllo sulla esecuzione dell’atto di destinazione.

Per quanto attiene ai beni aziendali confiscati, nel 2006 è stato svolta un’intensa

attività di ricognizione delle aziende ancora da destinare e alla loro classificazione in

base allo status.

Delle 227 aziende ancora da destinare al 31 dicembre 2006 solo 38 risultano

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208

essere attive con 240 dipendenti), mentre le restanti 189 verranno poste in

liquidazione dopo i dovuti accertamenti.

Le destinazioni adottate nel 2006 contano 85 imprese per le quali è stata avviata

la procedura di liquidazione, mentre 19 sono state messe in liquidazione e 2 poste in

vendita.

Dalla rilevazione è emerso che le aziende confiscate (sono in maggioranza

imprese di costruzioni, alberghi, ristoranti, commercio) sono localizzate in 6 regioni: il

35% in Sicilia, il 25% in Campania, il 16% in Lombardia, l’11% nel Lazio, il 7% in

Calabria, il 6% in Puglia.

Le aziende complessivamente confiscate sono 801, di cui 367 dopo il 2001; dello

stock dei beni da destinare il 35% appartiene al patrimonio di imprese e società,

anch’esse confiscate in applicazione della legge sulle misure di prevenzione

patrimoniale.

In definitiva, dunque, per 574 aziende la gestione attiva può ritenersi conclusa

(36 sono destinate alla vendita o affitto, per 209 è conclusa o è in corso la procedura

di liquidazione, 137 sono pervenute in stato fallimentare, 168 sono cancellate dal

registro delle imprese; per 24 aziende la gestione è stata chiusa per revoca della

confisca o per vendita).

Nel primo trimestre 2007 sono state comunicate dalle cancellerie nuove

procedure di confisca con un incremento di 20 aziende e conseguente aumento dello

stock.

Dal quadro tracciato emerge che oggetto di confisca sono prevalentemente

aziende che risultano essere fittizie, prive di beni, ovvero non svolgono attività

economica, poiché facevano da copertura ad attività illecite.

Quanto ai proventi derivati dai beni confiscati per affitto, vendita, locazione,

liberi immobili, vendita mobili, liquidazione di aziende, utili di gestione, in base a una

recente ricognizione dell’Agenzia del demanio, sono affluiti, nel corso del 2006, introiti

per un ammontare pari a 1.634.682,74 euro; i costi di gestione del 2006 ammontano

a circa 273.700,00 euro.

E’ prevedibile, tuttavia, che le misure della legge finanziaria 2007 e quelle

organizzative dell’Agenzia consentano di migliorare la capacità di gestire questa

tipologia di beni, il cui valore simbolico, nella lotta alla criminalità organizzata, è

particolarmente elevato.

Nel 2007 sono state pianificate 487 destinazioni di immobili e 50 destinazioni o

chiusure di aziende.

Nel primo trimestre 2007 risulta un totale di 7.500 immobili confiscati, sono

state segnalate 178 diminuzioni derivanti da ulteriori movimentazioni, determinate da

cause di varia natura, con un incremento di 100 unità immobiliari solo nel primo

trimestre 2007. Nel corso dello stesso periodo sono stati destinati 155 immobili.

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209

L’attività ricognitiva sinora condotta ha posto in evidenzia che la maggioranza

degli immobili ancora in gestione presenta criticità di grado più o meno elevato (circa

l’82%) e che ne ostacolano la destinazione. Come ha rilevato il direttore dell’Agenzia

nel corso di un’audizione alla Commissione finanza del Senato del 27 marzo 2007, vi

sono procedure esecutive in corso, ipoteche, mutui, beni in comunione con soggetti

non colpiti da confisca, alloggi occupati da imputati agli arresti domiciliari, comuni che

rifiutano l’assegnazione o non indicano a chi è destinato il bene, oltre alla piaga delle

occupazioni abusive (i TAR spesso bloccano i provvedimenti di esplusione). Nel 6% dei

casi, inoltre, i beni sono confiscati solo pro-quota, con necessità di gestire, anche in

via giudiziaria, lo scioglimento della comunione.

Il 65% degli immobili da destinare si trova in Sicilia.

Nel 2006, per lo smaltimento dello stock arretrato, si è varato un nuovo modello

di relazione, predisposto sulla base di programmi territoriali aventi lo scopo di

accelerare la destinazione e l’utilizzo degli immobili confiscati, dove c’è una maggiore

concentrazione (Roma, Palermo, Reggio Calabria, Catania, Agrigento, Napoli e Bari).

I progetti avviati nel 2006 hanno portato alla sottoscrizione, all’inizio del 2007,

dei primi protocolli d’intesa con il Comune di Reggio Calabria, al quale sono stati

assegnati 48 immobili e con il comune di Roma, al quale sono stati messi a

disposizione 57 immobili e un complesso sportivo, beni confiscati a mafia, camorra e

banda della Magliana.

7. – Beni confiscati: valutazioni complessive.

L’attività di collocazione dei beni confiscati ha incontrato notevoli difficoltà

pratiche e applicative, anche per il rischio che gli stessi possano rientrare in possesso

delle organizzazioni criminali le quali, sotto varie forme, ostacolano anche il successivo

impiego di utilità sociale e il loro corretto e produttivo uso, impedendo la restituzione

del bene alla collettività.

I maggiori problemi e le criticità del settore riguardano, pertanto, la gestione dei

beni medesimi, anche per la crescente mole del patrimonio immobiliare e la

conseguente realizzazione della prevista destinazione sociale. I punti critici sono

individuabili essenzialmente nella insufficiente azione di prevenzione all’accumulazione

illecita di patrimoni, nella eccessiva durata del procedimento di confisca e nella scarsa

efficacia del raccordo tra la fase di destinazione e quella giudiziaria.

Oltre alle cause endemiche di carenza di fondi e delle limitate possibilità di

accesso al credito, i principali motivi che frenano il successo dei progetti di utilizzo dei

beni confiscati erano già stati individuati nella relazione della Corte dei conti, Sezione

centrale di controllo, n. 17/2005/G, e successivamente confermati da apposita

relazione dell’Agenzia del Demanio del settembre 2005. Tra gli stessi figurano i

seguenti:

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- l’occupazione abusiva (30%), la presenza di gravami o procedure esecutive

(36%): per i beni confiscati prima del 2001 sussistono situazioni legali, stati di

occupazione abusiva molto complesse e stratificate nel tempo, anche da parte

degli stessi confiscati o dei loro familiari;

- difficoltà connesse alla fase giurisdizionale del sequestro e della confisca (ad

esempio, ritardata trascrizione dei decreti di sequestro e/o confisca,

comunicazione tardiva dei decreti definitivi di confisca da parte delle

cancellerie), insufficiente raccordo con l’A.G. incompletezze nelle comunicazioni

delle confische all’Agenzia;

- problemi relativi alla incompletezza della individuazione dei beni e delle loro

caratteristiche, che comportano difficoltà nella amministrazione dei beni,

l’esistenza di diritti di terzi (come ipoteche, usufrutto, locazioni, possesso di

quote indivise del bene), sottrazione dei beni da parte dei soggetti colpiti,

resistenze passive talora minacciose da parte degli stessi;

- problematiche connesse alla fase di utilizzazione dell’immobile confiscato

(disinteresse degli amministratori o la insufficiente azione dei commissari “ad

acta”, mancanza di fondi per la ristrutturazione o il mutamento di destinazione

urbanistica) o delle aziende entrate nel patrimonio pubblico; per quanto

concerne gli immobili sarebbe necessario introdurre meccanismi attraverso i

quali, una volta accertata l’impossibilità di destinazione dei beni, ne consentano

il loro passaggio al normale regime demaniale;

- ritardi nella concreta utilizzazione a fini sociali dei beni interessati, con il

conseguente protrarsi nel tempo degli oneri di gestione, circostanze che non

consentono di assicurare la completa esclusione dal circuito dei soggetti legati

alla criminalità organizzata e di garantire con celerità il godimento dei beni da

parte della collettività.

Non sono rari, infatti, i casi in cui, come è accaduto in Calabria e in Sicilia, di

fronte a beni confiscati, il possesso era rimasto ancora ai malavitosi per cui lo Stato

non è riuscito ad assumerne la gestione, anche per le sistematiche azioni legali

intentate dai malavitosi che solo nel 2006 hanno interessato 63 beni.

Tutto ciò, unito alla constatazione del fatto che, dalla confisca alla destinazione,

possono passare molti anni (come si è già verificato per la consegna nel gennaio 2007

al comune di Napoli dei beni confiscati alla camorra, nel 1984), ha indotto qualche

esponente politico (disegno di legge Lumia), il presidente dell’antimafia e organismi

istituzionali (proposta del CNEL) a prefigurare il varo di un’agenzia per le confische che

gestisca i beni di mafia, presso la Presidenza del Consiglio.

Tra le misure per contrastare la criminalità economica e per recuperare le

somme di denaro provenienti da sanzioni pecuniarie a seguito di condanna, le spese

processuali e quelle per la gestione dei beni confiscati, va ricordata la apposita

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Commissione istituita con decreto del Ministero della Giustizia nel marzo 2007. In

questo quadro va segnalata un’operazione compiuta a marzo di quest’anno dalla DIA

di Palermo, che ha sequestrato 12 milioni di euro ad un noto imprenditore di Canicattì.

Altre iniziative sono in corso in materia di lotta alla criminalità internazionale.

Dopo il mandato di arresto europeo, si fa strada nei paesi europei (che devono

adeguarsi entro il 2008) il riconoscimento delle pronunzie di confisca nei rispettivi

ordinamenti, della direttiva U.E. del 22 luglio 2003, che consente il superamento di

alcune formalità e il rapporto diretto tra autorità giudiziarie appartenenti a Paesi

diversi e chiamate in causa per l’attivazione di misure penali.

Si punta, quindi, ad attuare, attraverso misure di congelamento dei beni

sospettati di essere prodotti di attività illecite e la successiva confisca, il recupero dei

relativi profitti economici nell’ambito degli Stati della Comunità Europea.

Sarà così possibile l’esecuzione delle decisioni di confisca in un Paese in ordine

a provvedimenti assunti da Autorità giudiziarie di altri paesi europei (ad esempio, sarà

possibile disporre il sequestro dei beni sul territorio italiano per un reato commesso in

Spagna).

In Italia, secondo le ultime notizie diffuse, la norma sul “mandato di sequestro

europeo” potrebbe essere introdotta già con la prossima “legge comunitaria”.

Altra iniziativa che si presenta in linea con le misure di contrasto alla criminalità

organizzata è quella che concerne l’annuncio, da parte del Ministero dell’Ambiente, che

entro l’anno sarà varata una legge contro i reati ecologici (Legambiente ha stimato nel

2006 il fatturato della criminalità in 26 miliardi) che si consumano in tutto il Paese,

specie in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia.

Tale norma costituirà un deterrente contro l’abusivismo edilizio dilagante, i

danni ambientali e del paesaggio da inquinamento provocati da parte delle cosche

mafiose, poiché prevede l’introduzione dei reati ambientali nel codice penale e la

conseguente confisca dei beni alla criminalità organizzata (abbattimento dei cosiddetti

ecomostri, com’è accaduto per 10 edifici, nel parco di Veio, frutto di cementificazione

selvaggia) e l’utilizzo di giovani disoccupati.

Allo stesso fine la legge finanziaria 2007 ha stabilito di potenziare la lotta

all’ecomafia e alle forme di criminalità organizzata in campo ambientale, assegnando

mezzi e strutture specialistiche del Comando dei Carabinieri al Ministero dell’ambiente.

E’ da sottolineare, in materia di danno ambientale, la nuova competenza

attribuita alla Corte dei conti, su segnalazione del Ministero dell’Ambiente per effetto

del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, noto come “codice dell’ambiente”, per

quanto attiene ai risarcimenti in forma equivalente patrimoniale dovuti per lesione dei

beni ambientali, da soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile sia per

responsabilità diretta che indiretta.

Appare dunque chiaro che la esclusiva attribuzione alla Agenzia del demanio,

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212

dei suddetti adempimenti, con l’attuale struttura esistente di 60 dipendenti in questo

settore, non si dimostra idonea a garantire una sana e ottimale gestione delle risorse

di cui si tratta, in termini di finanza pubblica e di utilità sociale, senza un suo

potenziamento ed una accurata qualificazione professionale.

Per affrontare alcuni problemi di integrazione e di gestione dei beni, nel corso

del 2005 sono stati definiti i contenuti per lo scambio di notizie tra il sistema della

giustizia (SIPPI) e quello dell’Agenzia.

Accanto a nuovi compiti di vigilanza e di coordinamento svolti, avvalendosi

anche delle unità periferiche (che dovranno essere dotate di apposite risorse) e

attraverso la collaborazione di altre strutture specialistiche coinvolte (Min. Economia,

Min. Interno, Min. Giustizia, Procure della Repubblica, magistratura contabile e

amministrativa, forze dell’ordine prefetture), sarà forse possibile affrontare e risolvere

alcuni punti critici tra i quali quelli di:

- stabilire una priorità o l’esclusività della destinazione sociale dei beni confiscati

(anche vietando la vendita degli stessi) nell’ambito di un programma nazionale

organicamente predisposto;

- prevedere una maggiore efficacia dei provvedimenti di confisca e una celerità

nelle procedure (sia per la definizione in sede giudiziaria che di passaggio dei

beni al demanio) per rendere immediatamente fruibili detti beni, individuando e

ampliando la sfera dei soggetti legittimati a proporre le relative azioni di tutela

e prevedere che l’Agenzia affianchi l’A.G. sin dal momento del sequestro, per

rendere più efficaci le misure di conservazione e valorizzazione dei beni;

- evitare, nel caso dei beni immobili, che gli stessi vengano occupati da membri

della famiglia del confiscato o rioccupati dallo stesso confiscato o dai suoi

familiari nelle more del procedimento per la loro destinazione a fini sociali;

- potenziare la prevenzione antimafia, estendendola anche alla vasta area di

contiguità del concorso esterno all’associazione mafiosa che trae profitto, anche

indirettamente, dalle attività illecite;

- rafforzare le garanzie di utilizzo dei beni a fini sociali e creare una banca dati

costantemente aggiornata degli immobili sequestrati e di quelli confiscati che

sono stati liberati dalla presenza mafiosa;

- utilizzare le aziende confiscate come strumento per garantire l’occupazione (in

quelle confiscate vi lavorano circa 500 dipendenti); nel 10% dei casi (80

aziende circa) le imprese funzionano (al contrario di quelle che sono “scatole

vuote” e servivano da copertura);

- intensificare i rapporti tra gli organismi che istituzionalmente intervengono in

materia, anche mediante conferenza di servizi, al fine di uno scambio continuo

di informazioni da far confluire in un sistema centralizzato di comune accesso;

- assicurare la rendicontazione ex art. 20 legge 559/93, trattandosi di gestione

Page 213: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

213

fuori bilancio.

-

B. - La cartolarizzazione immobiliare. (Estensore: V.P.G. Maria Letizia De Lieto

Vollaro

1. - Le indagini analitiche.

Si evidenziano due rilevanti indagini conoscitive volte ad analizzare, fra l’altro,

le risultanze della cartolarizzazione immobiliare; entrambe definite da parte della

Corte dei conti - Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello

Stato, relative in particolare ai vantaggi, ai costi e alle problematiche connesse alla

dismissione del patrimonio pubblico.

La prima indagine, avviata dalla Corte dei conti, si è conclusa nel marzo 2006 e

ha riferito, a seguito di verifica a consuntivo, sugli obiettivi reali delle

cartolarizzazioni di attivi pubblici effettuate in Italia dal 1999 al 2005, sul grado di

conseguimento degli obiettivi stessi e sui relativi risultati ottenuti in termini di

costi/benefici contabilizzati nonché sulla capacità di governance dei processi

dimostrata dalle strutture amministrative incaricate.

La seconda indagine si è conclusa nel gennaio 2007, in esito a nuova informativa

richiesta dalla Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica, e ha

riguardato in particolare:

� le modalità di individuazione delle società incaricate di gestire le operazioni di

cartolarizzazione e la comparazione tra scelte eventualmente difformi tra i

Governi, succedutisi tra il 1999 e il 2005;

� l’esame e la valutazione degli eventuali conflitti di interesse in capo alle società

finanziarie interessate alla cartolarizzazione;

� l’andamento dei prezzi degli immobili pubblici cosiddetti di pregio e le peculiarità

delle operazioni di vendita che hanno interessato gli stessi immobili;

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214

� gli Istituti finanziari o bancari intervenuti nella cartolarizzazione degli immobili

inseriti in FIP 1.

Tra gli elementi conoscitivi di base si annoverano, inoltre, le Relazioni al

Parlamento, che il Ministro dell’Economia e delle Finanze - ai sensi dell’art. 2, comma

1, della Legge 23 novembre 2001, n. 410, nonché ai sensi del comma 4 dell’art. 1

della Legge n. 104/2004 - rende ogni sei mesi sui risultati economico-finanziari

conseguiti dalle operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione

del patrimonio. Dette relazioni, però, continuano ad essere carenti di dati e

informazioni, che sarebbero necessari per una valutazione approfondita, in relazione

ad un’analisi economica dell’intero pacchetto delle cessioni, come ad esempio, gli oneri

di gestione del rischio e i costi delle operazioni di swap.

2. - L’andamento dei proventi della dismissione del patrimonio immobiliare

pubblico.

La principale attività di cartolarizzazione realizzata dal 1999 all’attualità è stata

organizzata attraverso la società S.C.I.P., mediante le operazioni SCIP 1 e SCIP 2.

Per quanto riguarda la prima, sono proseguite nel 2006 le vendite degli ulteriori

immobili residui, mediante principalmente il procedimento di offerta in asta di unità

inoptate, in considerazione del fatto che il processo di offerta in opzione si era già

concluso nel corso del 2003.

Per l’operazione SCIP 2, ancora in corso di definizione, si sono registrate

soprattutto nel primo semestre 2006, delle forti contrazioni in relazione ai flussi di

cassa derivanti dalla vendita degli immobili.

Nel corso del secondo trimestre, l’intera operazione ha evidenziato un certo

miglioramento, da attribuire in parte all’esaurimento o quasi del fenomeno

dell’abbattimento dei prezzi di vendita degli immobili occupati dai conduttori, in parte

all’accelerazione dei tempi di vendita e all’impegno di pervenire all’ottimizzazione delle

procedure alienative, attraverso la fase del riordino anagrafico per ciascun immobile,

anche al fine del riconoscimento del diritto quesito in capo al conduttore.

Si registra, comunque, che nel complesso l’iter dismissivo è risultato più lento

rispetto al business plan della cartolarizzazione SCIP 2, così come ristrutturata

nell’aprile 2005.

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215

3. - Le problematiche dei procedimenti di vendita.

Persistono difficoltà in casi specifici, soprattutto nell’ambito del contenzioso

riguardante gli immobili qualificati di pregio e le occupazioni “sine titulo”.

� Gli immobili di pregio

Sono così individuati i cespiti che - indicati nella delibera assunta dall’Osservatorio

sul patrimonio degli enti previdenziali di concerto con l’Agenzia del territorio, in data

17 aprile 2002, così come modificata il 24 luglio 2002 - soddisfino anche uno solo dei

criteri sottoelencati:

1. l’intero immobile deve essere considerato di valore storico artistico o devono

esistere, per lo stesso, vincoli paesaggistici o vincoli paesistici categoriali;

2. gli immobili devono essere costituiti per oltre 2/3 da “abitazioni di lusso” e

sono, in ogni caso, da considerarsi di pregio le singole unità immobiliari ad uso

abitativo di superficie superiore ai 240 metri quadri;

3. gli immobili devono essere ubicati in zone “nelle quali il valore unitario medio è

superiore del 70% rispetto al valore di mercato medio rilevato nell’intero

territorio comunale, secondo i valori pubblicati all’OMI dell’Agenzia del

territorio. Gli immobili con un valore di mercato a metro quadro superiore a

3.750,00 euro sono da considerarsi comunque di pregio, mentre quelli con un

valore a metro quadro inferiore a 1.431,00 sono da considerarsi comunque non

di pregio;

4. gli immobili devono essere ubicati nel centro storico, individuato in base alle

perimetrazioni dei piani regolatori (zone omogenee di tipo A), con esclusione

delle zone degradate soggette ai piani di recupero, individuate negli stessi piani

regolatori;

5. sono comunque compresi nella categoria di pregio gli immobili degradati il cui

valore di riproduzione a nuovo, equivalente al valore di mercato attuale

incrementato dai costi di ristrutturazione, sia nel complesso superiore alla

soglia di valore per la classificazione di pregio.

La problematica degli immobili di pregio è stata ripetutamente affrontata nelle

sedi istituzionali. In proposito, l’Indagine conoscitiva della Commissione parlamentare

di controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e

assistenza sociale ha condiviso l’avviso contrario del Governo ad un’eventuale

abolizione della categoria degli immobili di pregio, che avrebbe comportato, la vendita

di tutti gli immobili con uno sconto che sarebbe potuto arrivare fino ad un massimo del

45% e l’onere conseguente di dovere anche adeguatamente compensare la SCIP, alla

quale gli immobili erano stati trasferiti al valore periziato del prezzo di mercato pieno.

La qualifica di pregio, infatti, evita che l’immobile possa essere venduto agli

inquilini con lo sconto del 30% sul prezzo base e che possano essere applicati ulteriori

Page 216: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

216

sconti (variabili dall’8% al 15%) nel caso di acquisto in blocco.

Avverso tale qualificazione, però, per la quasi totalità delle unità immobiliari

sono stati attivati ricorsi da parte degli inquilini interessati; infatti solo pochi

conduttori si sono resi disponibili a stipulare al prezzo offerto. Pertanto, ciò ha

determinato una stasi nelle vendite, benché un primo esito dei relativi procedimenti in

sede cautelare abbia accolto le domande degli Enti proposte in via cautelare, sia

davanti al TAR che al Consiglio di Stato.

Peraltro, non è raro il caso, in cui i Comuni, nel rivedere il proprio perimetro

catastale e modificando la definizione di centro storico, automaticamente vengono a

escludere immobili già qualificati di pregio, malgrado l’originaria qualifica in

precedenza attribuita.

Così, mentre la maggior parte del patrimonio ordinario risulta sostanzialmente

alienato, il futuro processo di vendita si trova ad affrontare la difficoltà oggettiva del

blocco della categoria dei cespiti di pregio.

E’ stato segnalato, poi, da parte della Corte dei conti, che tra la fine del 2004

ed il primo quadrimestre del 2005 si è perfezionata la vendita di quasi tutte le unità

immobiliari di due complessi siti nel quartiere sallustiano di Roma (uno in via

Valenziani e l’altro in via Cadorna) alienati prima della loro individuazione quali cespiti

di pregio ed impropriamente venduti, quindi, con l’applicazione degli sconti agli

inquilini acquirenti.

La vicenda è stata, peraltro, oggetto dell’avvio da parte dell’Alto commissario

anticorruzione che si è avvalso dell’ausilio della Guardia di Finanza di un’indagine

conoscitiva sulla dismissione del patrimonio immobiliare dell’INPS.

4. - Le occupazioni “sine titulo”

Un aspetto di particolare criticità si è manifestato a causa dell’equa applicazione

della sanatoria prevista dalla legge n. 248/2005 (art.7-bis), a beneficio dei cosiddetti

conduttori “sine titulo”, ovvero di coloro i quali, pur in possesso dei requisiti previsti

dalla vigente normativa delle assegnazioni degli alloggi di enti pubblici e in regola con

il pagamento dell’indennità di occupazione, si trovino nella situazione di occupare

abusivamente l’immobile a causa di irregolarità di natura amministrativa.

Così, ai fini della corretta applicazione della predetta norma, anche allo scopo di

evitare l’insorgenza di una nuova forma di contenzioso, gli Enti gestori hanno condiviso

una circolare applicativa che, in armonia con il terzo comma dell’art. 7-bis della

predetta legge n. 248/05, esclude dalla sanatoria coloro i quali, fuori delle ipotesi di

mera irregolarità amministrativa, abbiano in sede di occupazione degli immobili

adottato una condotta che configuri gli estremi di un illecito penale e, per la quale sia

in corso un procedimento o sia stata già emessa sentenza di condanna.

Pertanto, solo a seguito di puntuale censimento “ad hoc” è stato possibile

Page 217: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

217

riavviare le procedure d’asta per gli immobili occupati abusivamente, ovvero da coloro

che siano risultati avere preso possesso dell’immobile in modo illegale o risultino

essere morosi senza avere espresso la volontà di transare il pagamento di quanto

dovuto per canoni ed oneri accessori.

Invero, potrebbe apportare utili conoscenze del fenomeno relativo ai casi di

abusivismo un’indagine accertativa in merito alle situazioni di fatto che hanno, in

taluni casi, reso possibile l’occupazione illecita nelle more dell’iter di vendita e alle

eventuali responsabilità dei Gestori affidatari degli immobili stessi.

5. - I risultati economico-finanziari conseguiti

Resta confermato che le decisioni di alienare risultano essere state assunte non

già perché esse costituissero il punto di approdo di un’accurata analisi costi/benefici,

ma perché era comunque necessario ed urgente agire per ridurre l’indebitamento e/o il

debito, avendo l’Autorità politica pro-tempore previamente escluso, nelle sedi

competenti e nelle forme legittime, di volere fare ricorso a strumenti alternativi di

politica di bilancio (aumento delle entrate e/o riduzione della spesa).

Quanto all’analisi dei costi/benefici, si è già da tempo rilevato che sono rimasti

insoluti rilevanti problemi di soddisfacente ricostruzione contabile di alcune operazioni,

così come sono rimasti senza risposta interrogativi relativi alle dimensioni dei costi, a

causa della mancata adozione di un adeguato meccanismo di monitoraggio.

In particolare, tutte le analisi svolte hanno rilevato che i rischi principali delle

operazioni di cartolarizzazione sono costituiti dalla scarsa trasparenza sia sui costi

delle operazioni di cartolarizzazione SCIP 1 e SCIP 2, sia sul metodo e merito delle

dismissioni obbligatorie delle sedi strumentali degli enti previdenziali (FIP).

Le cessioni dei cespiti immobiliari, poi, sono avvenute solo in parte secondo

criteri competitivi, essendo stata prevista l’opzione di acquisto per gli inquilini, peraltro

con rilevanti sconti di prezzo ed agevolazioni per il pagamento del corrispettivo; sconti

che non sembrano, però, giustificati dall’esigenza di salvaguardare le fasce più deboli

dell’inquilinato, poiché concessi a prescindere dall’accertamento dei redditi posseduti.

C. – Note di carattere generale sulle poste irregolari del conto del patrimonio.

(Estensore: V.P.G. Emma Rosati).

Il conto generale del patrimonio per il 2006 è stato presentato alla Corte dei

conti in data 1 giugno 2006, con un breve ritardo temporale – è bene sottolinearlo,

dopo anni di ritardo maggiore – dei termini previsti dall’art. 23, comma 2, della legge

n. 468 del 1978; evidentemente, una politica organizzativa più efficiente ha consentito

una più sollecita anticipazione delle procedure di chiusura dell’esercizio e delle

operazioni di tesoreria.

Per il 2006 possono essere dichiarate – al momento del deposito della presente

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218

Memoria – irregolari n. 352 poste patrimoniali. La maggior parte delle poste

patrimoniali irregolari riguardano la gestione di beni immobili, mobili, e di quelli

immobili agli effetti inventariali.

Le poste patrimoniali più rilevanti risultate irregolari nel 2006 sono state

quelle relative ai mutui verso enti locali ed altri organismi del Ministero Economia e

Finanze (58.818 milioni di euro, valore notevolmente aumentato rispetto al decorso

rendiconto), ai fabbricati civili adibiti a fini istituzionali del Ministero Economia e

Finanze, delle Infrastrutture e della Difesa (21.104 milioni di euro), ad altri fabbricati

non residenziali del Ministero Economia e Finanze (2.581 milioni di euro), alle strade

ferrate e relativi materiali di esercizio del Ministero delle Infrastrutture (3.069 milioni

di euro), ai beni librari in gestione del Ministero della Pubblica Istruzione e del

Ministero per i beni e le attività culturali (15.336 milioni di euro), alle attrezzature e

macchinari per altri usi del Ministero della Difesa (1.213 milioni di euro), alle armi

leggere del Ministero della Difesa (1.076 milioni di euro), ai mezzi terrestri, aerei e

navali da guerra del Ministero della Difesa (13.054 milioni di euro), alla classificazione

residuale cat. 5 di beni mobili del Ministero della Difesa (23.610 milioni di euro), ad

altri beni materiali prodotti del Ministero della Difesa (5.819 milioni di euro).

VI.- IRREGOLARITA’, DISFUNZIONI, SPRECHI E ILLECITI IN DANNO DEI

CONTI PUBBLICI – AZIONI DI CONTRASTO DELLA CORTE DEI CONTI.

1.- Aspetti complessivi dei fenomeni dannosi per la finanza pubblica, per il

pubblico patrimonio e per l’immagine della Pubblica Amministrazione.

Nelle parti che precedono sono stati posti in evidenza vari aspetti patologici, o

potenzialmente tali, della gestione finanziaria ed amministrativa con la loro incidenza

negativa sulla regolarità ed economicità dei conti pubblici, sul valore e sulla

consistenza del pubblico patrimonio e sul prestigio e l’immagine della Pubblica

Amministrazione.

In questa parte finale si richiamano le azioni di contrasto delle evenienze

dannose esercitate dalla Corte dei conti, tanto nella sede del controllo quanto in quella

giurisdizionale, in cui essa giudica delle evenienze stesse, su iniziativa degli organi del

Pubblico Ministero contabile.

Il richiamo è finalizzato anche a porre in evidenza profili di possibile raccordo

fra l’attività di controllo e quella requirente della Corte dei conti, nonché fra

quest’ultima ed i controlli interni, con ripristino delle verifiche di legalità.

2.- Le azioni di contrasto della Corte dei conti in sede di controllo, in rapporto

alle esigenze di legalità, imparzialità e buon andamento.

2.1.- Premesse istituzionali.

Va premesso che la Corte dei conti in sede di controllo – come in quella

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219

giurisdizionale - è una magistratura cui la Costituzione assicura la garanzia

dell’indipendenza sia quale Istituzione sia nella persona dei suoi Magistrati (art. 100,

ultimo comma della Costituzione).

L’indipendenza è prerogativa anche dei 39 Magistrati la cui nomina non è

preceduta da una procedura di concorso ma da una proposta del Governo, posto che,

come ha chiarito in passato la Corte costituzionale prendendo ad esempio la sua stessa

composizione, le norme che prevedono la provenienza della nomina magistratuale da

procedure diverse da quelle concorsuali non mantengono in vita alcun legame con

l’organo designante, né in alcun modo condizionano il designato.

Ciò tanto più può dirsi da quando le nomine in questione alla Corte dei conti

sono subordinate all’avviso vincolante del Consiglio di Presidenza dell’Istituto, organo

di autogoverno non diverso dal Consiglio superiore della Magistratura, in parte elettivo

o con membri ex lege ed in parte composto da membri designati dal Parlamento in

rappresentanza anche della minoranza. Il Consiglio vaglia le candidature in modo

libero e trasparente e secondo criteri che privilegiano la professionalità e l’effettiva

utilità per l’Istituto della nuova ammissione.

La Corte dei conti, dunque, come ricordato opportunamente dalla Corte

costituzionale in varie sentenze e, da ultimo, nella sentenza n. 179 del

23 maggio-7 giugno 2007, agisce, nell’esercizio della funzione di controllo, quale

“organo terzo” “a servizio della Repubblica” a tutela dell’unità economica di

quest’ultima e del coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 119 della

Costituzione.

Ne discende che, in tutte le forme attraverso cui si esplica, il controllo della

Corte si qualifica come “esterno” all’Amministrazione o all’Ente destinatario del

controllo medesimo.

2.2.- Il controllo preventivo di legittimità.

Come noto, la Corte esercita ancora, nei riguardi di un certo tipo di atti di

maggiore rilievo, il controllo “preventivo” di legittimità. E dunque, in tali limiti, la Corte

dispone anche oggi, dopo la riforma del 1994, di incisive possibilità di prevenire

illegalità e danni, valutando, prima che diventino efficaci, atti rilevanti quali le nomine

di dirigenti, magistrati ed alti gradi militari, i contratti dello Stato che superino

determinati importi, i regolamenti e gli atti generali di varia materia tra cui quelli

concernenti l’adeguamento in via amministrativa alla normativa comunitaria.

Nei riguardi di questi atti, la misura finale è il visto con conseguente

registrazione: v’è, tuttavia, la possibilità di rifiutare il visto e la registrazione o di

pervenirvi “con riserva” di trasmissione dell’atto al Parlamento affinché lo valuti in

sede politica.

Permane, altresì, la possibilità di accompagnare il visto con un avviso o un

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220

monito all’Amministrazione con l’auspicio che l’Amministrazione medesima vi si adegui

per casi analoghi nel futuro.

Ciò è quanto accaduto per la recente nomina del nuovo Comandante della

Guardia di finanza e per la direttiva n. 3 del 22 febbraio 2007 del Ministro per le

riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, in materia di limiti massimi a

retribuzioni e compensi e di obblighi di pubblicità per incarichi conferiti da società a

prevalente partecipazione pubblica, ex art. 1 comma 593 della legge 27 dicembre

2006 n. 296, legge finanziaria per il 2007: per i contenuti dell’avviso espresso in

quest’ultimo caso, si rinvia alla prima parte della presente memoria, nella quale se ne

accenna con riferimento alla tematica delle società a partecipazione pubblica.

Inoltre, in sede di controllo preventivo di legittimità, la Corte dei conti può

proporre – non diversamente dalle altre Magistrature e dalla sua stessa sede

giurisdizionale - questioni di legittimità costituzionale di leggi o atti aventi forza di

legge alla Corte Costituzionale e può avvalersi del rinvio pregiudiziale alla Corte di

giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 234 CE, per questioni di interpretazione

del diritto comunitario.

Per tutte queste sue caratteristiche, il “residuo” controllo preventivo di

legittimità della Corte può ancora costituire - nei limiti in cui si applica - un valido

strumento di prevenzione delle illegalità, delle illiceità e dei danni finanziari,

patrimoniali e di immagine.

2.3. - Il controllo successivo sulle gestioni: tipologia, contenuti ed effetti

aleatori.

Il controllo successivo sulla gestione - nelle forme in cui si esercita nei riguardi

delle Amministrazioni dello Stato e pubbliche in genere, diverse da quelle dotate di

autonomia politica o politico-amministrativa quali le Regioni e gli enti locali, nonché

nei riguardi degli Enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e delle società con

partecipazione azionaria dello Stato, anche minoritaria - ha amplissime potenzialità di

indagine, di conoscenza ed anche di incidenza concreta.

Esso, però, soffre di un limite strutturale di notevole rilievo, in quanto si ispira

ad una logica collaborativa e non impeditiva o interdittiva. Il suo effetto naturale, cioè,

non è l’insorgere di un obbligo di conformarsi a carico dell’Amministrazione bensì solo

quello della presa d’atto delle sue risultanze, da parte del Parlamento, cui vengono

inviati i referti e le deliberazioni delle Sezioni del controllo, e da parte dell’organo di

vertice dell’Amministrazione, cui compete sì di far conoscere le misure adottate di

conseguenza, ma esse possono essere anche difformi dalle conclusioni cui è pervenuta

la Corte, senza ulteriori seguiti né in sede amministrativa, né in sede di controllo.

Vero è che i titolari dell’organo ed i suoi collaboratori ne possono

eventualmente rispondere in sede di giudizio di danno davanti alla stessa Corte in sede

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221

giurisdizionale, ma è l’effetto di prevenzione che o viene assolutamente a mancare

ovvero resta aleatoriamente affidato allo spirito di buon governo dell’amministratore,

allo spirito di servizio del funzionario, alle iniziative della minoranza parlamentare o,

appunto, al mero timore di risponderne.

E tanto più l’effetto è aleatorio – e perciò non sempre rispondente alle esigenze

e alle attese del sistema - in quanto un’altra caratteristica, ed anche un altro limite,

del controllo successivo sulla gestione è costituito dal suo attuarsi su materie scelte a

campione, mediante programmi stabiliti dalla Corte annualmente e - da ultimo, in

virtù dell’art. 1 comma 473 della citata legge finanziaria per il 2007 - sulla base delle

priorità fissate dalle Commissioni parlamentari. Ne discende che molte materie e molti

settori rimangono inesplorati per anni.

Nei riguardi delle Regioni e Province Autonome è previsto, invece, il controllo

della Corte sulla gestione finanziaria, che si esercita, nel rispetto del contesto del Titolo

V della Costituzione, sui rendiconti generali e sul perseguimento degli obiettivi stabiliti

dalle leggi di obiettivo e di programma, secondo i parametri del coordinamento della

finanza pubblica nonché secondo criteri di vigilanza sul rispetto del Patto di stabilità

interno (che, a sua volta, è garanzia del rispetto del Patto di stabilità e crescita

“esterno”, un impegno politico- economico assunto dal nostro Paese nei riguardi

dell’Unione europea e in precedenza già richiamato in questa memoria).

Anche questo controllo è di tipo collaborativo e si esprime attraverso referti

all’organo di rappresentanza politica oltre che avvisi all’organo di vertice dell’Ente.

Anch’esso, dunque, soffre degli stessi limiti in tema di prevenzione delle illegalità,

delle illiceità e dei danni, di cui soffre il controllo sulla gestione esercitato nei riguardi

delle Amministrazioni dello Stato.

Quanto agli Enti locali, essi sono assoggettati ad un controllo della Corte

concernente solo la loro gestione finanziaria e non anche quella amministrativa, che è

di loro pertinenza (cioè dei loro organi di controllo interno). Il controllo della Corte,

come sopra delineato, è stato sensibilmente innovato dai commi 166, 167 e 168 della

citata legge finanziaria per il 2007. Il comma 166 prevede il dovere degli organi degli

enti locali di revisione economico-finanziaria di trasmettere alle competenti sezioni

regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione

dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo. Il comma 167, a

sua volta, attribuisce alla Corte dei conti il potere di definire unitariamente criteri e

linee guida cui debbono attenersi gli organi degli enti locali di revisione economico-

finanziaria nella predisposizione della relazione di cui al comma 166. Infine, il comma

168 stabilisce che le sezioni regionali della Corte dei conti, qualora accertino, anche

attraverso la relazione di cui sopra, comportamenti difformi dalla sana gestione

“finanziaria” o il mancato rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità interno, adottano

specifica pronuncia e vigilano sull’adozione da parte dell’ente delle misure necessarie e

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222

sul rispetto dei predetti vincoli.

E’ un grosso passo avanti, costituzionalmente in linea con il principio di

autonomia, sancito dalla citata sentenza n. 179/07 della Corte costituzionale, ma

quest’ultima ha precisato che si tratta pur sempre di controllo avente natura

collaborativa, che si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate

disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure riparatrici, per cui resta

ferma la netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività

amministrativa dell’ente, rispetto alla quale neanche l’attività di vigilanza prevista

dalla nuova norma costituisce un’invasione di competenze.

Ragionamento correttissimo e perfettamente coerente con i dettami del Titolo V

novellato della Costituzione, ma è inquietante pensare che il legislatore abbia

ipotizzato i comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria come una realtà

potenzialmente ricorrente e suscettibile di ripensamenti da parte degli stessi soggetti

che li hanno posti in essere, una volta che le sezioni della Corte li abbiano rilevati,

lasciando poi ai controlli interni il compito di verificare che tutto sia ritornato a posto.

L’esperienza insegna, invece, che i comportamenti di quel genere difficilmente

rientrano a cura di chi li ha posti in essere e soprattutto è ben difficile che possano

essere sanati del tutto se non a costo di misure di riequilibrio, anche amministrative,

implicanti un particolare impegno politico-istituzionale da parte dell’organo deliberante

dell’Ente ed oneri economici non indifferenti.

In questi casi, dunque, si è già oltre la prevenzione del danno e si è, invece,

ancora una volta, nell’emergenza, cioè in quella dimensione precaria di cui si è detto

all’inizio ed in cui purtroppo buona parte della finanza locale si dibatte da anni.

In definitiva, le norme in questione riarmano i controlli esterni solo

parzialmente dal momento che li privano – in nome del rispetto dell’autonomia - della

possibilità di incidere se non affidandosi alle altrui iniziative. Sia consentito dubitare

della validità della soluzione adottata in considerazione soprattutto del fatto che la c.d.

“finanza pubblica allargata” ed il coordinamento della finanza pubblica non sono meri

principi d’ordine costituzionale, ma sono le chiavi di volta del sistema finanziario

nazionale e della sua sempre più stretta integrazione nel sistema finanziario comune,

facente capo al Patto di stabilità e crescita voluto dall’Unione europea.

E’ evidente, pertanto, che i guasti e i danni arrecati alla finanza locale non solo

si ripercuotono sull’intera finanza nazionale ma si ripercuotono anche sulla finanza

comune dell’Unione, con intuibili conseguenze negative per il nostro Paese. Ed

altrettanto evidente è che solo attraverso una forte sinergia a circuito intero tra i

controlli della Corte, i controlli interni, le misure amministrative e finanziarie di

riordino e di recupero e la certezza della loro idoneità a sanare le disfunzioni si può

pervenire pienamente al fine di garantire effettivamente il rispetto del Patto di

stabilità.

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223

2.4.- Necessità di una riconsiderazione dei rapporti tra organi di controllo e

P.M. contabile ai fini dell’esercizio dell’azione di danno e delle funzioni

della Procura generale. Iniziative di quest’ultima.

In base alle precedenti considerazioni, si pone, evidente ed improcrastinabile, la

necessità di un ripensamento dei rapporti tra gli organi di controllo della Corte dei

conti e gli organi del Pubblico Ministero contabile operanti presso la stessa.

E’ pacifico, infatti, che gli organi di revisione finanziaria in genere e gli organi

ispettivi della Ragioneria dello Stato sono tenuti all’obbligo di denunzia al Pubblico

Ministero contabile delle disfunzioni finanziarie da cui sia derivato danno alle pubbliche

sostanze: è pertanto paradossale che si continui a ritenere preclusa la segnalazione di

tali disfunzioni alle Procure regionali da parte degli organi di controllo della Corte.

Ciò può dirsi soprattutto per quel che concerne gli illeciti in sede locale, dal

momento che, come si è visto, alle sezioni regionali di controllo è stato consentito, dai

citati commi della legge finanziaria per il 2007, un livello così approfondito di

conoscenza delle disfunzioni che tacerne agli organi del Pubblico Ministero contabile ed

affidarsi a tal fine ai soli organi di revisione dell’ente appare, a dir poco, un mero

quanto pericoloso bizantinismo. Ed altrettanto può dirsi per il controllo esercitato nei

riguardi delle gestioni statali ed assimilate.

In ogni caso, è auspicabile una rilettura attenta e prudente della sentenza della

Corte Costituzionale n. 29 del 1995, che, per communis opinio, avrebbe sancito

l’esistenza di un inseparabile diaframma tra le due funzioni della Corte anche in

presenza di illeciti gravissimi: in realtà, a ben vedere, la sentenza citata ha posto una

distinzione, ma non una separazione, tra le due funzioni, nel senso che dal controllo

ben possono pervenire gli input su fatti e tipologie di fatti, fermo restando che è poi

compito delle Procure verificare caso per caso la sussistenza dei presupposti per

l’esercizio dell’azione di responsabilità ed acquisire in proprio il relativo materiale

probatorio.

La distinzione tra le due funzioni implica anche un differente approccio

procedurale dei rispettivi organi con gli organi amministrativi e finanziari delle

Amministrazioni, anche se in entrambi i casi prevale di norma lo spirito di

collaborazione, che facilita alla Corte nel suo insieme la conoscenza della variegata

realtà amministrativa.

In tale spirito, va positivamente considerata la collaborazione che le Procure

regionali della Corte ottengono per l’accertamento dei fatti, delle loro tipologie e delle

relative criticità, oltre che dalla Guardia di finanza, dall’Arma dei Carabinieri e dalle

altre Forze di polizia, anche da altri organi di pubbliche amministrazioni, avuta

presente, tra l’altro, la disposizione di cui all’art. 2 comma 4 del decreto-legge 13

novembre 1993 n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994 n.

Page 224: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

224

19.

Anche la Procura generale, sia per le esigenze conoscitive inerenti al

coordinamento delle Procure regionali, sia per quelle connesse al giudizio di

parificazione ha sollecitato ed ottenuto proficue collaborazioni dai citati organi di

polizia nonché dall’Ispettorato generale di finanza e da altre pubbliche

amministrazioni. Nello stesso ordine di idee, ha siglato il protocollo di intesa con

l’OLAF-Organismo europeo per la lotta alle frodi ai danni della Comunità, gia

richiamato nella presente memoria ed al quale sono poi seguite interessanti iniziative,

con il coinvolgimento delle Procure regionali e delle Sezioni del controllo interessate

alla materia.

Una formula del genere può essere utile per l’esercizio delle funzioni della

Procura Generale e delle Procure regionali anche con riferimento ad altri settori

caratterizzati da particolare criticità, per esempio quello della sanità pubblica, per il

quale si sta vagliando la possibilità di avvalersi di personale della Sanità militare

attraverso opportune intese col Ministero competente, ferma restando l’attuale

presenza presso la Corte del Collegio medico legale per lo svolgimento della

consulenza in materia pensionistica prevista dalla vigente normativa.

2.5. - Necessità di una riconsiderazione dei controlli di legalità, con particolare

riferimento ai controlli interni ed ai loro rapporti con la Corte dei conti.

Quanto rilevato nei precedenti paragrafi rende evidente anche un ulteriore

ordine di esigenze, costituito in primo luogo dalla necessità che venga riconsiderata

l’importanza dei controlli di legalità.

Si è visto che i controlli esterni di legittimità su base giuridica hanno ormai una

portata molto limitata e come sia ormai prevalente la logica dei controlli gestionali su

base economica. Ciò però non ha condotto, nel nostro Paese, ad un tangibile

miglioramento della Pubblica Amministrazione e tanto meno ha evitato o ridotto gli

sprechi, le disfunzioni, le irregolarità e le cadute di immagine.

In realtà, in altri Paesi comunitari ad economia avanzata si stanno rivalutando i

parametri di legalità come indici di liceità, oltre che di validità degli andamenti

gestionali, delle scelte discrezionali che li determinano e delle condotte individuali che

vi sono sottese.

Non è al momento pensabile che si possano introdurre parametri di questo tipo

a livello di controlli (esterni) della Corte dei conti sulle gestioni, posto che, come si è

già rilevato, l’ordinamento ha scelto negli ultimi tempi di riservarle la tutela della

legalità solo in due ambiti: in quello del controllo preventivo di legittimità ed in quello

dell’azione di responsabilità amministrativa e contabile.

Pertanto, la Corte, essenzialmente, è custode della legalità solo a cose fatte,

cioè a illecito consumato, e quindi a soli fini risarcitori e, in taluni casi, a soli fini

Page 225: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

225

sanzionatori.

A livello di controlli interni, invece, queste limitazioni non sono previste e v’è

perciò fondato motivo per ritenere possibile che agli stessi venga richiesto di avvalersi

dei parametri della legalità oltre che di quelli economici e di opportunità. Un assetto in

tal senso dei controlli interni tornerebbe ampiamente utile alla Corte sia per l’attività di

controllo, posto che essa, ai sensi dell’art. 3 della legge 20/94, deve verificare lo stato

dei controlli medesimi, sia per l’attività requirente del Pubblico Ministero contabile, il

quale si potrebbe avvalere delle valutazioni in termini di legalità da parte degli organi

di controllo interno per cogliere gli aspetti soggettivi ed oggettivi dei comportamenti

inquisiti.

2.6. – Profili essenziali del riassetto dei controlli interni.

2.6.1. – Rapporto di proporzionalità tra rischi e controlli.

Ogni ente pubblico è esposto nella sua attività a una serie di rischi che sono

diversi non solo da amministrazioni ad amministrazioni, ma anche, nell’ambito della

stessa amministrazione, da centro a centro di responsabilità. I controlli sono gli

strumenti per gestire questi rischi e più sono collegati tra loro “a sistema” più sono

efficaci, a prescindere dal loro numero. Disporre di controlli a sistema permette di

ridurre le probabilità che certi eventi dannosi della gestione si verifichino e di

contenere l’ammontare del danno qualora tali eventi si realizzino. Naturalmente, il

presupposto è che si individuino i rischi e se ne faccia un identikit, cioè una sorta di

“mappa dei rischi”.

Mentre i rischi tendono a combinarsi tra loro automaticamente, creando

un’aggregazione di rischi (una forza negativa) e andando a sistema da soli, i controlli

hanno difficoltà a diventare massa critica e ad andare spontaneamente a sistema. In

altri termini, si assiste a una certa dispersione dei controlli i quali, senza interventi

organizzativi mirati, non legano tra loro, non si armonizzano, non fanno squadra, ma

rimangono una serie di azioni scollegate, che perdono gran parte della loro efficacia.

Peraltro, non sempre a un aumento dei controlli è correlata una riduzione del

rischio. Quando la pressione dei controlli cresce senza coordinamento, quello che

spesso aumenta è solo il costo, ma poiché questo non viene rilevato, il problema non è

avvertito: per questa via l’introduzione di nuovi controlli finisce per diventare un nuovo

elemento di rischio, per certi versi più subdolo, che fa perdere ulteriore efficienza

organizzativa.

Se nella prima stagione sono stati creati i controlli interni nella Pubblica

Amministrazione (L. n. 29/1993), ora è necessario coordinarli efficacemente. Tuttavia,

atteso che questo processo non avviene automaticamente a livello di singola

amministrazione, non si può pretendere che esso si realizzi spontaneamente a livello

di sistema amministrativo.

Page 226: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

226

Per ottenere dei risultati è necessaria una regia di questo processo continuo di

individuazione delle best practices e di armonizzazione nazionale degli strumenti di

controllo. Da qui l’importanza di un’istituzione indipendente che, in posizione di

terzietà (super partes), cooperi alla messa a punto dei controlli interni, verificandone

poi il loro funzionamento.

2.6.2. – Il ruolo della Corte dei conti dopo la legge 20/94.

L’Istituzione di controllo di cui si diceva è senz’altro da identificarsi nella Corte

dei conti. Va a tale riguardo considerato che la legge n. 20/94 nasce con due anime.

La prima è quella che ha mantenuto in vita il tradizionale controllo preventivo di

legittimità sugli atti. La seconda, quella innovatrice, mira a far acquistare alla Corte

dei conti una posizione di centralità nell’ambito dei controlli, liberandola da

adempimenti minuti e consentendole di svolgere il ruolo che compete a un organo di

controllo moderno: la verifica delle modalità con cui l’attività amministrativa raggiunge

gli obiettivi per cui è stata posta in essere.

Il controllo della Corte non ha tre finalità separate e distinte (la verifica del

raggiungimento degli obiettivi, del buon andamento e della legalità) ma una sola: la

verifica dei risultati sotto tutti i diversi profili, in modo da valutare positivamente o

negativamente l’azione delle amministrazioni. Infatti, l’attività della Corte dei Conti

consiste in “verifiche” (della legittimità e regolarità delle gestioni e del funzionamento

degli organi di controllo interni) o “accertamenti” della rispondenza dei risultati agli

obiettivi; ad essa è demandato un solo ordine di valutazioni, risultanti dalla

comparazione di “costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa”. A

quest’ultimo fine è essenziale che verifiche e accertamenti siano condotti rispetto a

oggetti e con metodi che rendano possibili confronti. Condizione questa che non può

essere raggiunta se ci si affida soltanto alle risultanze dei controlli interni: la

comparabilità è infatti propria del controllo esterno e non del controllo interno.

In definitiva, la somma dei poteri attribuiti alla Corte concorre a delineare

un nuovo modello di controllo che si muove tra due poli: quello del controllo interno e

quello del controllo esterno.

2.6.3. - Rapporti tra controlli interni ed esterni.

L’evoluzione dei controlli della Pubblica Amministrazione ha registrato un trend

differente da quello di altri settori, dove il presidio dei controlli è generato da una

domanda che nasce spontanea dall’interno della struttura, ovvero dagli stessi

operatori, che si adoperano per rendere sempre più efficiente la propria organizzazione

senza attendere la spinta normativa. Nella P.A. la domanda spontanea interna di

controllo è molto bassa ed è viceversa molto alta quella esterna, quella cioé espressa

dall’opinione pubblica.

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227

I controlli interni nelle P.A. hanno ricevuto con il D.Lgs 286/1999 una disciplina

generale; esso ha dato attuazione al principio di matrice aziendalistica per cui il

controllo è parte integrante dell’amministrare.

Se i controlli esterni non debbono duplicare quelli interni (a meno di non voler

ripetere gli errori del passato), è necessario che i primi si orientino a verificare,

antecedentemente ai risultati dell’azione, l’efficienza dei secondi. Dovrebbero essere

perciò i criteri e i parametri del controllo interno, arricchiti e perfezionati grazie alla

collaborazione dialettica con il controllore esterno, a costituire l’unità di misura delle

verifiche di quest’ultimo, il quale conseguentemente avrebbe motivo di concentrarsi

sulle disfunzioni e sulle irregolarità che danno luogo a scostamenti rispetto ai

menzionati criteri e parametri.

Si può dire pertanto che la verifica della funzionalità dei controlli interni è

operazione pregiudiziale per procedere, ove la verifica si concluda con esito negativo,

ad analisi di dettaglio della gestione amministrativa; la qual cosa risponde al principio

di economicità dei mezzi giuridici e alla ragione pratica per cui il controllo esterno non

può comunque riguardare l’intera attività che si svolge nelle amministrazioni.

In conclusione, dovrebbe esserci un nesso di complementarità (e non

sovrapposizione) tra controlli interni ed esterni.

2.6.4. - Controlli della corte dei conti e principio di legalità

a) - Il principio di legalità nella sede naturale del controllo di legittimità

Il controllo preventivo di legittimità, come disciplinato dalla L. n. 20/1994, svolge

un ruolo fondamentale se orientato verso taluni esiti di grande importanza:

• la valutazione della conformità all’ordinamento dei regolamenti governativi, di

altri essenziali atti normativi a rilevanza esterna, degli atti di indirizzo e

programmazione della spesa, dei provvedimenti dei comitati interministeriali di

riparto o assegnazione di fondi. Detti atti, essendo a monte della gestione,

devono previamente assicurare il rispetto sia dei principi costituzionali sia delle

norme che disciplinano il sistema di gerarchia delle fonti;

• l'osservanza della disciplina europea e nazionale della concorrenza e del mercato

da parte degli atti normativi e di programmazione del governo e dell’attività

contrattuale delle amministrazioni statali, con riguardo prioritario ai servizi di

interesse economico generale ed ai lavori pubblici.

b) - Il principio di legalità all’interno del controllo di gestione

Anche per il controllo di gestione il primo parametro, per sua natura

imprescindibile, si rinviene nella valutazione della legalità dell’attività amministrativa

(“il controllo della gestione concerne il perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle

leggi”).

Le istanze in favore di un esame, altrettanto importante, della efficienza e della

Page 228: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

228

economicità dell’azione amministrativa non possono essere correttamente considerate

se non si vaglia la legalità sotto un profilo sostanziale: non può sussistere, quindi,

un’azione amministrativa economica ed efficiente svolta al di fuori delle regole che la

disciplinano.

La verifica di legalità all’interno del controllo di gestione postula altresì

un’attenzione specifica nei confronti delle norme che tutelano gli equilibri della finanza

pubblica (artt. 81, 100, 119 Cost.; L. n. 468/1978), mentre l’ordinamento pluralistico

della Repubblica (artt 5, 117, 118, 119 Cost.) richiede una costante correlazione ai

temi della finanza e dell’attività amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli

enti pubblici istituzionali, nei loro rapporti con l’assetto generale dei pubblici poteri.

In buona sostanza, dall’art. 3, co. 4, della L. n. 20/1994, si evince che il fine

primario dell’attività di controllo della Corte è la verifica della legittimità e della

regolarità delle gestioni; ma la legittimità è in funzione degli “obiettivi stabiliti dalla

legge”. Mediante la valutazione comparativa dei costi, modi e tempi dell’azione

amministrativa, il suddetto Organo deve poi accertare se i risultati di tale azione

abbiano o meno raggiunto i suddetti obiettivi.

Pertanto, solo a seguito di un percorso così articolato può raggiungersi

“l’autentico traguardo della richiamata legge: garantire che ogni settore della P.A.

risponda effettivamente al modello ideale tracciato dall’art. 97 della Costituzione,

quello cioè di un apparato pubblico realmente operante sulla base dei principi di

legalità, imparzialità ed efficienza”(Corte Costituzionale, sentenza n. 29/1995).

Da qui il punto fermo: la legalità è il cardine che deve caratterizzare, sempre e

comunque, l’organizzazione pubblica. Unitamente a quello di legalità, i principi di

imparzialità e buon andamento costituiscono i canoni fondamentali dell’attività

amministrativa, quale che sia la forma giuridica da questa rivestita. Questi principi,

assunti a rango costituzionale (art. 97 Cost.), sottolineano che l’attività delle P.A. deve

essere sempre finalizzata alla cura degli interessi della collettività. A sua volta, il

principio di imparzialità esplicita quello di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost;

l'imparzialità è poi strumento del buon andamento, in quanto garanzia dell'adozione di

scelte ottimali.

3.- Le azioni di contrasto della Corte dei conti in sede giurisdizionale.

3.1.- Aspetti generali. (Estensore: V.P.G. Mario Condemi).

Come già segnalato nella relazione predisposta per l’inaugurazione del presente

anno giudiziario, il principale dato di novità acquisito nel 2006 dalla giurisdizione della

Corte dei conti in tema di danno erariale è costituito dall’allargamento dei confini della

giurisdizione stessa per effetto di importanti pronunce della Suprema Corte di

Cassazione, che l’hanno estesa alle società partecipate ed ai privati percettori di

contributi pubblici, nazionali e comunitari, aprendo, così, nuovi orizzonti

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229

all’osservatorio della Procura Generale e delle Procure regionali sulle pubbliche

gestioni, sulle disfunzioni in esse ricorrenti e sulle anomalie in tema di trasferimenti di

fondi pubblici alle imprese.

Tali fenomeni - insorgenti nell’ambito della multiforme diversificazione dei

centri di spesa pubblica e caratterizzati da un regime di gestione difficilmente

inquadrabile in canoni di serietà e regolarità amministrativo-contabile (si pensi

all’anarchico e vasto “balletto” di finanziamenti, sovvenzioni, contributi etc.,

provenienti da amministrazioni statali, regionali e/o da organismi comunitari) -

soltanto da qualche anno, grazie alla ricordata rivisitazione della giurisprudenza della

Suprema Corte, più volte invocata del resto da questa Procura Generale, sono stati

ricondotti, ai fini dell’accertamento delle eventuali responsabilità amministrativo-

contabili conseguenti alla illegittima o illecita utilizzazione delle sottese risorse

economiche, nell’alveo della giurisdizione della Corte dei conti (quasi sempre dette

risorse sono gestite da enti privati, soggetti in precedenza alla giurisdizione ordinaria).

Su questa falsariga e sulla base della constatazione di un progressivo e

sostanziale operare dell’Amministrazione tramite soggetti non organicamente inseriti

nella stessa e del sempre più frequente agire di essa al di fuori degli schemi dell’ormai

per molti versi superato regolamento di contabilità di Stato, la Cassazione ha inteso

privilegiare, quale criterio di discrimine tra giurisdizione ordinaria e contabile non più

la mera qualificazione soggettiva dell’agente (pubblico o privato), bensì il concetto di

“pecunia pubblica”, collegato al perseguimento di fini di utilità generale (c.d.

“oggettivazione” dell’attività amministrativa), nell’ambito di un rapporto di servizio

lato sensu e, quindi, anche di semplice “relazione funzionale” ed indipendentemente

dalla natura, privata o pubblica, dell’insorgenza del rapporto medesimo.

In tali termini si sono esplicitamente pronunciate le Sezioni Unite Civili con la

ormai nota ordinanza n. 19667 del dicembre 2003, che ha chiuso un ciclo di

rielaborazione giurisprudenziale – che già in precedenza stava prendendo corpo con

pronunce parziali in tal senso – mediante il quale è stata dichiarata, e ribadita più

volte in prosieguo (da ultimo, ord. n. 4511/06 SS.UU.) la giurisdizione del giudice

contabile nei confronti non solo degli amministratori e dipendenti degli enti pubblici

economici e società in mano pubblica, ma anche degli amministratori e dipendenti di

strutture private (società, associazioni, consorzi, fondazioni) che operino nell’ambito di

un rapporto di servizio con le pubbliche amministrazioni, per lo svolgimento dei loro

compiti istituzionali.

Più di recente la stessa Corte di Cassazione, sulla scia di tali nuovi elaborati

criteri sul riparto della giurisdizione, ha avuto modo, con ordinanza delle SS.UU. civili

n. 7390/07, di svolgere alcune considerazioni – in margine ad un proposto

regolamento preventivo di giurisdizione concernente la resa di conto giudiziale su

partecipazioni azionarie di una Regione – sfociate nell’affermazione di due distinti

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230

principi: con il primo, si è ritenuto che, nella specie, il giudizio di conto non può essere

limitato al titolo originario nella sua materialità, ma deve riguardare anche le

variazioni del valore dei titoli e gli utili o dividendi distribuiti, escludendo, peraltro, in

tale contesto, un sindacato sull’esercizio dei diritti spettanti all’azionista pubblico

(quali l’espressione del voto, la stipulazione di patti di sindacato, l’esercizio di un

diritto di opzione); con il secondo, invece, si è affermata la possibilità, per superare

tale limite del giudizio di conto, e quale correttivo di eventuali aree di irresponsabilità

in conseguenza all’estensione dello strumento delle privatizzazioni, di attivare un

puntuale esercizio della giurisdizione in materia di responsabilità.

Ciò posto, non vi è chi non veda quali e quante implicazioni e nuovi orizzonti si

aprano nell’attività giurisdizionale del giudice contabile per contribuire, per lo meno, a

limitare i danni da “allegre finanze“ di enti e società, i cui probabili effetti negativi

vanno comunque a ricadere sul cittadino contribuente: e tutto ciò solo che si consideri

quanto recenti indagini di economisti ed analisti del settore hanno avuto modo di

rilevare in ordine alla estesa “nuova vocazione imprenditoriale” delle Regioni e degli

enti locali, che ha fatto gridare alla rinascita di un nuovo I.R.I. – in controtendenza al

processo di dismissioni e privatizzazioni già da tempo avviato a livello centrale –

attuata mediante creazione di proprie società (finanziarie, di sviluppo etc.) o

partecipazioni azionarie in altre, con una presenza sempre più invasive di tali enti

nell’economia, per di più, spesso, con una netta sproporzione fra risultati di bilancio e

fatturati.

3.2.- Raccordo con altri capitoli della memoria e ricognizione dei dati

provenienti dalle Procure regionali.

Per le azioni di contrasto da pare della giurisdizione contabile si rinvia a quanto

detto in più punti degli argomenti trattati in precedenza nella presente memoria.

Torna utile, peraltro, una ricognizione per tipologie della casistica che ha

richiamato maggiormente l’attenzione delle Procure regionali e di quanto dalle stesse

osservato al riguardo, anche in base alle segnalazioni ad esse pervenute.

Emergono, ad esempio e non inaspettatamente, una maggiore sensibilità ai

problemi dell’ambiente e dei rifiuti ed una maggiore attenzione alla esternalizzazione

dei servizi e alla problematica, già accennata in più parti della memoria, che suscitano

la costituzione e la gestione delle società partecipate, soprattutto sotto il profilo della

necessità di evitare che attraverso le stesse si eludano i limiti di spesa posti dal Patto

di stabilità interno.

Vengono altresì in evidenza, oltre alla finora mancata segnalazione di danni da

parte dei difensori civici, il ricorso all’indebitamento per pagare servizi essenziali,

ritardi nei pagamenti delle bollette di utenza da parte di vari comuni, ed i danni

derivanti dal diniego del diritto di accesso.

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231

Continua ad essere rilevato il ricorso a consulenze ed incarichi, anche nel

settore degli enti pubblici, taluni dei quali con punte di retribuzione che superano i

300.000 euro.

La mappa dei danni da malasanità registra danni indiretti per responsabilità del

personale, iperprescrizioni di farmaci e mancata utilizzazione di strutture sanitarie.

Sono stati segnalati anche casi di conferimento di incarichi dirigenziali non

adeguatamente giustificati e motivati e di assunzione di personale a contratto.

Ricorrenti, e già richiamati, gli illeciti in tema di percezione e utilizzo dei fondi

comunitari, come pure i debiti fuori bilancio, i riconoscimenti di debito ed anche le

ipotesi di corruzione, tangenti e di danno all’immagine.

Ai tipici illeciti connessi alla materia degli appalti vanno via via aggiungendosi i

casi in cui l’amministrazione è stata condannata dagli organi di giustizia

amministrativa a risarcire le imprese dei danni subiti a causa di provvedimenti ad esse

contrari nei procedimenti di gara. E’ una materia venuta in evidenza di recente e sulla

quale si prospettano talune questioni di rapporti tra giurisdizioni e tra giudicati.

VII. – CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.

L’efficace ruolo degli Organi di controllo contro disfunzioni, sprechi e illeciti ai

danni dei conti pubblici postula che i vari controlli vengano svolti coordinatamente, in

modo che le verifiche e gli accertamenti conducano a un ordine univoco di valutazioni

sull’azione amministrativa.

Non si tratta quindi di sacrificare la legalità per consentire un recupero

dell’efficienza, ma di perseguire quest’ultima come valore anch’esso sotteso al

principio di legalità. In tal modo, se si attribuisce la giusta valenza alle norme che

hanno sancito l’economicità, l’efficacia e l’efficienza, la legalità costituisce l’unica vera

garanzia dell’efficienza (dell’efficacia e dell'economicità), secondo una relazione in

base alla quale non sempre la violazione di una norma provoca inefficienza, mentre

senz’altro l’inefficienza costituisce violazione di una norma. In questi termini, efficacia

ed economicità si presentano come veri e propri paradigmi di legittimità, alla stregua

dei quali l’attività amministrativa deve essere valutata sia in sede giurisdizionale che

di controllo.

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232

I controlli servono non già a un organo determinato ma a tutte le

amministrazioni e ai cittadini (natura “multipurpose”). Posto che la funzionalità di

un’amministrazione non può che misurarsi, in ultima analisi, attraverso la capacità di

risposta alle domande sociali provenienti dal pubblico, tanto gli strumenti che i risultati

del controllo devono servire anche a rendere trasparenti le decisioni e a dare conto alla

collettività dell’azione dei poteri pubblici (accountability).

La funzione del controllo non è deputata a risolvere conflitti o a stabilire le

ragioni dei contendenti, ma a indicare all’amministrazione la strada del miglior operare

per la sana e corretta gestione e per evitare il ripetersi di inefficienze, errori e

irregolarità (feedback); e tale funzione non può prescindere da garanzie volte ad

assicurarne l'autonomia e l'indipendenza.

In definitiva, la Pubblica Amministrazione e la Corte dei Conti hanno in comune

il fine della legalità: la prima come regola di azione; la seconda per garantire

l’osservanza della regola stessa in sede di controllo (art. 100 Cost.) e in sede

giurisdizionale (art. 103 Cost.).

Occorre razionalizzare i controlli interni alle singole Amministrazioni per

garantire il rispetto non solo della lettera, ma anche della ratio delle previsioni

normative, in modo da evitare raggiri e frodi. Quindi, non i riscontri formali e

burocratici su singoli atti, ma i controlli sostanziali sull’intera attività delle istituzioni

consentono la prevenzione dei rischi di varia natura derivanti dalla mancata conformità

alle regole (compliance). Peraltro, in tal modo, la funzione di controllo interno viene ad

assumere un ruolo determinante per la “creazione di valore aziendale”, attraverso la

preservazione dell’immagine dell’Amministrazione e della fiducia dei cittadini nella sua

correttezza operativa e gestionale. Essa consente altresì al management di

concentrarsi con serenità sul raggiungimento degli obiettivi istituzionali.

Ove tale correttezza non venisse però realizzata e fosse “superata la soglia

dell’andamento fisiologico, come nei casi di malgoverno evidente e diffuso”, la

funzione giurisdizionale della Corte assurgerebbe a esigenza primaria per garantire il

ritorno alla legalità, attraverso azioni di responsabilità e misure sanzionatorie. Lo

stesso termine responsabilità, che ha radici nel diritto romano, esplicita fin dalle origini

l’idea della rottura di un equilibrio e di un ordine aventi carattere solenne, cui si deve

dare una risposta del pari solenne; ciò per ristabilire i principi di legalità, imparzialità e

buon andamento, che costituiscono i canoni fondamentali dell’attività amministrativa,

a garanzia degli interessi della collettività.

E così il sistema si ricompatterebbe a conferma della sostanziale unicità del

mandato istituzionale conferito alla Magistratura contabile.

Come risulta dall’insieme delle rilevazioni contenute nella memoria e nei

precedenti paragrafi, la funzione giurisdizionale della Corte può continuare a costituire

un valido deterrente che dissuada i disonesti e gli incapaci ed incoraggi a bene operare

Page 233: Requisitoria del Procuratore generale nel giudizio di parificazione ...

233

gli onesti e gli amministratori e dipendenti preparati. E in questa logica un ruolo non

trascurabile potrà avere anche l’esame dei conti giudiziali, ivi compresi quelli

concernenti la contabilità e la gestione delle quote di partecipazione societaria dello

Stato e degli altri enti.

Ma, in considerazione del sempre più crescente numero dei casi da trattare e

delle tipologie d analizzare, occorre migliorare l’attuale situazione strutturale ed a tal

fine occorre che vengano soddisfatte le seguenti tre condizioni:

a) l’immediata, incisiva e moderna riforma del regolamento di procedura per i

giudizi davanti alla Corte dei conti;

b) l’attribuzione al P.M. contabile di poteri istruttori identici a quelli del P.M.

penale, in considerazione anche degli impegni di cooperazione giudiziaria

assunti dall’Italia in sede europea, in particolare di quelli concernenti la lotta

alle frodi ed agli altri illeciti finanziari connessi o derivanti dalle azioni criminose

della malavita organizzata;

c) un incremento adeguato delle risorse umane e finanziarie della Corte.

RICHIESTE - (Estensore: V.P.G. Emma ROSATI)

Come in precedenza rilevato, anche il rendiconto 2006 presenta eccedenze di

spesa, sia per la competenza, che per i residui, che per la gestione di cassa. Il grave

fenomeno, su cui ogni anno è incentrata l’attenzione di questo ufficio di Procura,

appare avere aspetti di natura patologica, essendo diventato, si può dire, ormai

inevitabilmente “rituale”, nelle esposizioni contabili del rendiconto generale dello Stato

di ogni anno. Esso si può dire collegato anche (ma non solo) ad anomalie

programmatiche e gestionali dei meccanismi contabili.

Questo ufficio di Procura reputa il fenomeno non inevitabile in assoluto, salvo

dimostrazione coerente, analitica e motivata, del contrario.

In occasione della stesura della memoria relativa agli ultimi rendiconti

parificati (2002, 2003, 2004 e 2005), era stato, peraltro, salutato con favore

l’introduzione da parte del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato di una

nuova procedura informatica, che avrebbe dovuto diventare operativa a partire dal 1°

gennaio 2003 e che era stata realizzata anche allo scopo di evitare il perpetuarsi del

fenomeno delle eccedenze in questione.

Detta procedura, secondo gli intenti manifestati, avrebbe dovuto permettere di

avere non più a fine anno ma al termine di ogni mese l’imputazione ai relativi capitoli

di bilancio dei pagamenti effettuati mediante “ruoli di spese fisse”.

Tale nuova procedura avrebbe consentito, perciò, di conoscere

tempestivamente eventuali carenze di disponibilità e quindi di adottare i necessari

interventi correttivi delle previsioni di bilancio, onde evitare il prodursi e il proliferare

di eccedenze di spesa sul Conto del bilancio, in termini di competenza, cassa nonché

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in conto residui.

Detta nuova procedura contabile ha reso possibile, già a partire dal rendiconto

2003, positivi risultati. Notevole, infatti, è stato il miglioramento dell’incidenza

percentuale, particolarmente per le eccedenze in c/residui, che si registravano su

alcuni capitoli di bilancio, relativi agli oneri per stipendi ed altri assegni fissi al

personale, soprattutto del Ministero dell’Istruzione, che doveva scontare, ogni anno, la

ripetuta, mancata comunicazione da parte delle ex Direzioni Provinciali del Tesoro,

degli ordinativi emessi sui ruoli di spesa fissi, insoluti al 31 dicembre dell’anno di

riferimento e che comportavano la effettiva impossibilità di riportare sul conto residui

dell’anno successivo le disponibilità sufficienti a coprire i pagamenti dei titoli

trasportati.

Oggi la situazione delle eccedenze in c/residui, pur avendo registrato un trend

generale di regressione negli ultimi anni, risulta ancora di elevata entità. Si deve dare

atto, tuttavia, che del fenomeno in questione non è più “protagonista”

l’amministrazione scolastica, ma il perpetuarsi, comunque, di eccedenze in c/residui

deve far riflettere sul fatto che il problema non può originare solamente dai

meccanismi di pagamento mediante ruoli di spesa fissi.

Forte impennata hanno, poi, ricevuto, nel corso dell’esercizio finanziario di

riferimento, le eccedenze in c/cassa e le eccedenze di competenza (rispettivamente, in

valori assoluti, pari a 3.451.334.733,36 euro ed 4.020.364.638,59 euro, sulle

UU.pp.BB.)..

L’attuale rendiconto (2006), infatti, registra le seguenti variazioni percentuali

(incremento %) sulle unità previsionali di base, rispetto al 2005: in c/residui, pari al

3.236,43 %; in c/competenza, pari al 310,43%; in c/cassa, pari al 294,65%.

Segnalati questi fenomeni di particolare rilievo, cui non risultano pervenute

adeguate motivazioni, può solamente auspicarsi – secondo anche gli intenti

manifestati nei decorsi rendiconti dal competente Dipartimento – che in prospettiva,

anche avvalendosi della nuova procedura informatica di lavoro, si possa essere in

grado di garantire la conoscenza tempestiva delle eventuali carenze di disponibilità e,

con essa, la concreta adozione di interventi correttivi alle previsioni di bilancio.

Tornando, ancora, alle esposizioni contabili delle “eccedenze 2006”, si rileva

che gli importi complessivi per capitoli, elaborati, con riferimento ai dati trasmessi con

il Conto del Bilancio, presentato il 29 maggio 2006, sono – comunque – ancora

rilevanti e si riproducono nello schema che segue:

Totale generale Competenza Residui Gestione Cassa

Capitoli 4.234.575.297,94 89.731.869,47 3.732.713.290,27

U.p.B. 4.020.364.638,59 85.621.892,05 3.451.334.733,36

Ponendo a confronto le eccedenze di spesa per Unità previsionale di base (UPB)

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dell’attuale esercizio 2006 con quelle dell’esercizio 2005, si registrano incrementi di

notevole entità per le eccedenze accertate sui residui (più euro 83.055.765,11), sulla

cassa (più euro 2.610.422.986,58) sulla competenza (più euro 3.001.656.761,01).

L’incremento annotato in c/residui costituisce una rinnovata tendenza

all’esubero, che sembrava superato negli ultimi tre anni, nei quali si era, invece,

sviluppato un andamento in decremento, che pareva assumere caratteristiche di

consolidamento, in presumibile rapporto con le nuove procedure contabili

informatiche, di cui si è riferito, messe a punto dal Dipartimento della ragioneria

generale dello Stato.

Come annotazione storica, si ricorda che, in anni precedenti al 2002 e, in

particolare, a partire dal 1998, erano stati sempre registrati dati contabili di eccedenze

su c/residui, in costante ed anche esponenziale aumento.

Si registra, perciò, per l’attuale rendiconto 2006, il seguente incremento

percentuale, rispetto al 2005: COMPETENZA: 294,65; RESIDUI: 3236,62; CASSA:

310,43.

I dati che precedono vengono riportati, come di consueto, principalmente, per

memoria storica, in quanto, un raffronto tecnico differenziale esattamente riferibile

alle risultanze pluriennali degli andamenti degli esuberi di spesa, con riferimento ai

capitoli di competenza e alle relative unità previsionali di base non risulterebbe, in

effetti, possibile; in linea di principio, poiché tali aggregati cambiano in relazione alle

diverse distribuzioni funzionali delle competenze delle varie amministrazioni

pubbliche, oggetto di continua riforma.

L’esame, tuttavia, dimostra, comunque, la sua validità perché,

statisticamente, negli ultimi cinque anni di riferimento, per la maggior parte dei casi,

il fenomeno anomalo delle eccedenze è imputabile alle stesse amministrazioni ed alle

stesse ragioni di spesa.

Ciò significa che le amministrazioni interessate dal fenomeno dovrebbero

porre in essere le misure necessarie (evidentemente, rimodulando e/o mettendo a

punto muove procedure informatiche efficaci, atteso che, probabilmente, quelle già

esperite non sono state in grado di arginare effettivamente il fenomeno) ad evitare il

ripetersi di dette anomalie, accertandone per tempo le cause ed intervenendo

efficacemente sulle stesse.

E’ stato già rilevato (vedi paragrafo “Eccedenze di spesa”) che le eccedenze di

spesa in conto-residui non possono essere valutate disgiuntamente dalla

corrispondente economia di gestione che si è verificata sulla competenza del

medesimo capitolo della stessa Amministrazione.

Per quanto, poi, attiene alla richiesta di sanatoria legislativa, avanzata, come

di consueto, ogni anno, dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, in sede di

approvazione del rendiconto, anche delle eccedenze riguardanti la gestione dei

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residui, si è pure già detto che trattasi di un meccanismo contabile che si risolve,

sotto il profilo finanziario, in un aumento del disavanzo di esercizi già chiusi ed il cui

Rendiconto è già stato regolarmente approvato dal Parlamento e, quindi, si sostanzia

in una sorta di “riapprovazione” delle risultanze dei pregressi consuntivi.

A questo punto va annotato che non risultano, al momento, modifiche avvenute

sulle poste contabili, in sede di definizione delle operazioni di chiusura del conto

consuntivo 2006.

Poiché accade sovente che il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato

comunichi, agli esiti di un controllo approfondito, eventuali “anomalie contabili”, per

effetto di errori meccanografici che potrebbero modificare il conto consuntivo

trasmesso alla Corte dei conti il 29 maggio 2006, i dati contabili esposti nella presente

memoria vanno letti ed interpretati con l’avvertenza che precede.

Per la gestione del 2006, le eccedenze risultanti dal rendiconto sono

singolarmente e puntualmente indicate nelle richieste di diniego di regolarità, di

seguito formulate.

P.Q.M.

Visti il Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2006 e i conti ad esso

allegati, nonché la relativa documentazione probatoria, il Procuratore Generale

CHIEDE

alle Sezioni Riunite della Corte dei conti di voler dichiarare la regolarità:

a) del Conto del bilancio e dei conti allegati, fatta eccezione:

• per i capitoli del conto consuntivo dell’entrata, di cui agli elenchi esibiti

dall’Ufficio di controllo;

• per i capitoli di spesa interessati dai decreti di accertamento dei residui

non vistati e registrati dalla Corte dei conti;

• per le eccedenze di spesa riscontrate nella gestione dei capitoli di alcune

Amministrazioni dello Stato e dell’Amministrazione dei monopoli di Stato.

(Il prospetto delle eccedenze di spesa irregolari è allegato alla presente

Memoria e alle richieste di diniego di regolarità e ne costituisce parte

integrante, sub Allegato A).

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b) del Conto del Patrimonio124, fatta eccezione delle poste contabili, allo stato degli

atti, irregolari e tali al momento del deposito della presente Memoria, con

l’avvertenza che, eventuali e future regolarizzazioni contabili, intervenute prima

della parificazione, saranno oggetto di richiesta di dichiarazione di regolarità, in

sede di requisitoria orale. (Il prospetto delle poste patrimoniali irregolari è allegato

alla presente Memoria e alle richieste di diniego di regolarità e ne costituisce parte

integrante, sub Allegato B).

b.1) Beni appartenenti alla gestione della Patrimonio S.p.A.

Si era già fatto cenno nella memoria degli ultimi due rendiconti (2003 e 2004)

che, per la prima volta, il Rendiconto per l’esercizio finanziario 2003 recava in

allegato il Conto Consolidato della gestione della Patrimonio S.p.A. al 31.12.2003,

come previsto dall’art. 7, comma 12 bis del D.L. 15.7.2002 n. 63, convertito in

legge 11.6.2003 n. 112, ribadita e illustrata nella circolare applicativa 13/2003

M.E.F.

Per l’attuale rendiconto (2006), con la presentazione del Conto del patrimonio,

alla data del primo giugno 2007, è stata anche presentata copia del Bilancio, il quinto

di esercizio (alla data del 31 dicembre 2006), della Patrimonio dello Stato S.p.A.,

interamente partecipata dalla Fintecna S.p.A. Detto bilancio è stato approvato dalla

assemblea degli azionisti, riunitasi in data 10 aprile 2007.

Il bilancio dell’esercizio 2006 si è chiuso con una perdita d’esercizio pari ad

2.589.312,00 euro mentre il bilancio d’esercizio 2005 (approvato dall’assemblea degli

azionisti il 13 giugno 2006) si era chiuso con un utile di esercizio di 30.750,00 euro.

Allegato al bilancio vi è la relazione del Collegio sindacale, che ha ritenuto

quest’ultimo meritevole di approvazione e la relazione della società di revisione

Bompani Audit, da cui si deduce l’espressione di un giudizio positivo, in relazione alla

conformità del bilancio alle normative che ne disciplinano i criteri di redazione. Risulta,

inoltre, dalla relazione di revisione, che il detto bilancio è stato redatto con chiarezza e

che esso rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e

124 Ai sensi del decreto interministeriale del 18.4.2002, emanato in attuazione dell’art.14, commi 1 e 2, del

D.Lgs. 7.8.1997, n.279, nonché della Circolare del MEF del 12.3.2003, n. 13 (‘Ristrutturazione del Conto generale del patrimonio dello Stato’), il Conto generale del patrimonio, già dal rendiconto 2002, vede il superamento dei ‘vecchi’ 5 Conti generali (n.1 ‘Attività finanziarie’, n.2 ‘Crediti e partecipazioni’, n.3 ‘Beni patrimoniali’, n.4 ‘Passività finanziarie’ e n.5 ‘passività patrimoniali’), e, da un punto di vista strettamente contabile (che rileva in questa sede) distingue tre categorie di attività di primo livello, per quanto attiene alle’attività’: 1) Attività finanziarie, 2) Attività non finanziarie prodotte; 3) Attività non finanziarie non prodotte. Detti macroaggregati, di primo livello, vengono, poi, ulteriormente distinti in successivi livelli di dettaglio (secondo, terzo, quarto e quinto), per meglio rappresentare la loro specificità.

Per quanto concerne, invece, le ‘passività’ è venuta meno la vecchia distinzione tra ‘passività finanziarie’ e ‘passività patrimoniali’, evidenziandosi l’insieme delle due voci, in una unica voce di primo livello (=Passività finanziarie), anch’essa ulteriormente specificata in successivi livelli di maggior dettaglio (secondo, terzo, quarto e quinto) che meglio esprimono le caratteristiche dei vari debiti.

Tanto premesso, i dati contabili qui riferiti dimostrano il superamento dei vecchi Conti generali (come esposti fino al rendiconto parificato 2001); ciò ha comportato che gli elementi attivi e passivi, raggruppati in detti Conti generali, abbiano una diversa collocazione in ragione della loro appartenenza a ciascuna delle suddette quattro ripartizioni di secondo livello, con cui vengono suddivisi detti elementi nella nuova impostazione del Documento contabile.

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finanziaria ed il risultato economico della società.

c) Beni appartenenti alla ex Azienda Autonoma di Stato F.S. (FF.SS.) e Azienda

Nazionale Autonoma delle Strade (ANAS).

Nel corso dei rendiconti parificati dei decorsi esercizi finanziari, oltre alle partite

patrimoniali (oggi, poste), indicate nelle richieste conclusive di questa Memoria e

per le quali sono in corso accertamenti da parte degli Uffici di controllo, venivano

escluse dalla dichiarazione di regolarità anche le parti del Conto del patrimonio

attinenti i beni delle ex Aziende Autonome FF.SS. e ANAS.

Dopo ripetuti solleciti nei confronti dell’Agenzia del Demanio, Direzione gestione

Patrimonio, operati attraverso più esercizi finanziari, sono stati trasmessi a questa

Procura Generale, con nota del 21 giugno 2002, prot.18838-2002, a firma del

Direttore Generale Antonio Musolino, due elenchi descrittivi di beni assunti tra

quelli patrimoniali dello Stato, quali residuati dalle procedure di trasferimento

dall’Azienda Autonoma di Stato F.S. alla Società S.p.A. ed alle FF.SS. in

concessione nonché di quelli inerenti all’ex ANAS.

Con varie note, nel corso dei successivi anni, l’Agenzia del Demanio aveva

comunicato che non si erano verificate variazioni ai dati già forniti.

Nuovamente interpellata l’Agenzia del Demanio da questa Procura Generale,

onde essere informata su eventuali, ulteriori procedure di passaggio, detta Agenzia,

con nota prot.200617256/DCAO in data 15 giugno 2006, ha comunicato una serie di

elementi, che si debbono ritenere conclusivi dell’iter di trasferimento e che sono già

stati, puntualmente, indicati nella Memoria di questo ufficio di Procura, in sede di

parificazione del decorso rendiconto finanziario 2005.

Per questo rendiconto, risulta che l’Agenzia del Demanio abbia comunicato con

nota prot. n. 2007/23414/DAO-CO/BD del 13 giugno 2007, che, dopo verifiche

effettuate, non siano state riscontrate variazioni rispetto ai dati già forniti nei decorsi

rendiconti. Pertanto, per quanto riguarda l’iscrizione tra i beni patrimoniali dello Stato

dei cespiti residuati dalle procedure di passaggio, permane la situazione descrittiva, da

ultimo annotata nella Memoria di questo ufficio di Procura al rendiconto 2005.

Non risultano, pertanto, ulteriori variazioni, rispetto ai dati già

precedentemente forniti, relativi ai decorsi rendiconti, per quanto riguarda l’iscrizione

tra i beni patrimoniali dello Stato dei cespiti residuati dalle descritte procedure di

passaggio.

Roma, 20 giugno 2007

IL PROCURATORE GENERALE