SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER L’UMBR IA · DOTT. SALVATORE SFRECOLA UDIENZA DEL 28 GIUGNO...

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SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER L’UMBRIA GIUDIZIO DI PARIFICAZIONE DEL RENDICONTO GENERALE DELLA REGIONE UMBRIA PER L’ESERCIZIO FINANZIARIO 2015 RELAZIONE ORALE DEL PRESIDENTE DELLA SEZIONE DOTT. SALVATORE SFRECOLA UDIENZA DEL 28 GIUGNO 2016

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SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER L’UMBRIA

GIUDIZIO DI PARIFICAZIONE DEL RENDICONTO GENERALE

DELLA REGIONE UMBRIA

PER L’ESERCIZIO FINANZIARIO 2015

RELAZIONE ORALE DEL PRESIDENTE DELLA SEZIONE

DOTT. SALVATORE SFRECOLA

UDIENZA DEL 28 GIUGNO 2016

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER L’UMBRIA

GIUDIZIO DI PARIFICAZIONE DEL RENDICONTO GENERALE

DELLA REGIONE UMBRIA

PER L’ESERCIZIO FINANZIARIO 2015

Relazione orale del Presidente della Sezione

Dott. Salvatore Sfrecola

UDIENZA DEL 28 GIUGNO 2016

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Relazione

del Presidente della Sezione regionale di controllo

della Corte dei conti per l’Umbria

Salvatore Sfrecola

nel giudizio sul rendiconto generale della Regione Umbria

per l’esercizio finanziario 2015

Perugia, 28 giugno 2016

È questo il terzo anno che la Sezione, convocata nelle forme proprie della

giurisdizione contabile, e pertanto con l’intervento del Procuratore regionale

rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, è chiamata a

pronunciarsi in pubblica udienza sul rendiconto generale della regione (art. 1,

comma 5, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7

dicembre 2012, n. 213). Questo adempimento si colloca temporalmente tra

l’approvazione del rendiconto generale da parte della Giunta Regionale e

l’adozione, da parte della stessa, del disegno di legge rimesso alla decisione del

Consiglio Regionale – Assemblea legislativa, cui perviene, insieme alla decisione

che accerta la veridicità dei dati, la relazione con la quale la Corte dà conto delle

verifiche effettuate in corso di esercizio, delle rilevazioni e degli approfondimenti

che riguardano singoli aspetti della gestione, dall’andamento e dai tempi della

spesa e dell’entrata, alla gestione del personale, ai contratti, al contenzioso che

vede la Regione parte attiva o passiva in giudizi dinanzi ai giudici civili e/o

amministrativi.

Questo complesso di rilevazioni offre al Consiglio regionale, nell’esercizio

della sua funzione di controllo politico sull’organo di governo della Regione, e

alla comunità dei cittadini, elementi di valutazione in ordine all’attuazione di

quanto disposto dalle leggi statali e regionali e alla utilizzazione delle risorse

provenienti dal prelievo fiscale, cui i contribuenti volentieri si sottopongono in

una visione virtuosa del rapporto con le istituzioni, purché neppure un centesimo

sia inutiliter dato, in conseguenza di sprechi determinati da errata previsione

della spesa o dei suoi effetti sulla vita dei cittadini e delle imprese, considerati i

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tempi delle prestazioni pubbliche e la loro efficacia sull’economia degli utenti. La

legittimità dei provvedimenti adottati dagli uffici amministrativi è infatti

fondamentale, ma ugualmente importanti sono i tempi dei decisori pubblici

perché il tempo ha un valore economico, costituisce un costo per i cittadini e per

le imprese. Sempre avendo presente che sprechi e ritardi spesso sono originati

da comportamenti illeciti.

La relazione della Corte dei conti concorre pertanto ad assicurare quel

“diritto alla conoscenza” che altra volta ho ricordato come espressione massima

della democrazia nella quale per prevenire la malagestio è necessaria

trasparenza “totale”.

Conoscenza e trasparenza che, attraverso il potenziamento dei controlli

affidati alla Corte dei conti, il Parlamento nazionale ha inteso perseguire allo

scopo “di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i

livelli di governo statale e regionale e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari

derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea” ed “a tutela dell’unità

economica della Repubblica”, come ha ricordato la Corte costituzionale nella

sentenza n. 39 del 2014.

“Tutela dell’unità economica” significa, in primo luogo, gestione imparziale

delle risorse, sicché il giudice delle leggi è tornato a ribadire, con la sentenza n.

107 del 12 maggio di quest’anno, l’esigenza che prima di tutto lo Stato assicuri

il “rispetto delle regole di convergenza e di stabilità dei conti pubblici, regole

provenienti sia dall’ordinamento comunitario che da quello nazionale”. E se “ai

fini del concorso degli enti territoriali al rispetto degli obblighi comunitari della

Repubblica ed alla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica,

[lo Stato deve vigilare affinché] il disavanzo di ciascun ente territoriale non […]

super[i] determinati limiti, fissati dalle leggi finanziarie e di stabilità che si sono

succedute a partire dal 2002 (ex multis sentenza, di questa Corte, n. 36 del

2004)” (sentenza n. 138 del 2013), “nel suo compito di custode della finanza

pubblica allargata lo Stato deve tenere comportamenti imparziali e coerenti per

evitare che eventuali patologie nella legislazione e nella gestione dei bilanci da

parte delle autonomie territoriali possa riverberarsi in senso negativo sugli

equilibri complessivi della finanza pubblica”. In proposito, la Corte ha già

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precisato che il coordinamento degli enti territoriali deve essere improntato a

«canoni di ragionevolezza e di imparzialità nei confronti dei soggetti chiamati a

concorrere alla dimensione complessiva della manovra [di finanza pubblica]”

(sentenza n. 19 del 2015).

In queste parole c’è un richiamo severo allo Stato da parte della Consulta

la quale precisa che il “controllo di legittimità delle leggi finanziarie regionali non

può non essere improntato alla assoluta imparzialità, trasparenza e coerenza dei

comportamenti di fronte ad analoghe patologiche circostanze caratterizzanti i

bilanci degli enti stessi. In tale caso, infatti, la tutela degli equilibri finanziari dei

singoli enti pubblici di cui all’art. 97, primo comma, Cost. si riverbera

direttamente sulla più generale tutela degli equilibri della finanza pubblica

allargata, in relazione ai quali la situazione delle singole amministrazioni assume

la veste di fattore determinante degli equilibri stessi”.

L’esigenza del rispetto di questi canoni di ragionevolezza e di imparzialità

evidenzia il ruolo di questa magistratura, non a caso il primo giudice che ha

esteso la propria giurisdizione sull’intero territorio del neoistituito stato nazionale

all’indomani del 1861, istituzionalmente posta a presidio della buona finanza,

tanto dello Stato quanto degli enti territoriali come conferma il fatto che quello

“Stato” cui spetta, secondo le formule della giurisprudenza costituzionale,

l’esercizio del controllo non è lo stato amministrazione, il governo, ma

l’ordinamento, lo Stato istituzione, in posizione di supremazia rispetto alle altre

istituzioni.

Le regioni e gli enti locali saranno certamente grati alla Consulta per aver

delimitato gli spazi di decisione e le regole dell’agire del Parlamento e del

Governo e segnatamente del Ministero dell’economia.

In un’ottica di conoscenza si collocano, altresì, due documenti di questa

Corte, la Relazione annuale sulla tipologia della copertura finanziaria delle leggi

regionali di spesa e l’analogo referto sull’evoluzione del quadro normativo

nazionale e regionale e sulle conseguenti problematiche relative alle

Amministrazioni controllate dalla Sezione regionale di controllo per l’Umbria.

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Il decreto legge n. 174/2012, all’art. 1, comma 2, stabilisce, infatti, che

“Annualmente le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti trasmettono

ai consigli regionali una relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie

adottate nelle leggi regionali approvate nell'anno precedente e sulle tecniche di

quantificazione degli oneri”. La relazione viene inoltre trasmessa “alla Presidenza

del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze per le

determinazioni di competenza” (comma 8).

La normativa estende alle Regioni un tipo di controllo già previsto per la

legislazione statale, al fine di dare maggiore effettività al principio della

copertura finanziaria (art. 81 della Costituzione), per il quale ogni legge, anche

regionale, deve indicare le risorse necessarie a sostenere i nuovi o maggiori oneri

che essa comporta, a salvaguardia degli equilibri economico-finanziari.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 39 del 2014, nel dichiarare non

fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 2 e 8, del

decreto legge n. 174/2012, con riferimento al nuovo compito assegnato alle

Sezioni regionali ha evidenziato che “il controllo introdotto trova fondamento

costituzionale e riveste natura collaborativa”. Inoltre è stato precisato che “alla

luce della [...] giurisprudenza della Corte, l’istituto disciplinato dalla norma […]

risulta funzionale da un lato ad ampliare il quadro degli strumenti informativi a

disposizione del Consiglio, per consentire […] la formulazione di meglio calibrate

valutazioni politiche del massimo organo rappresentativo della Regione, anche

nella prospettiva dell’attivazione di processi di ‘autocorrezione’ nell’esercizio

delle funzioni legislative e amministrative (sentenza n. 29 del 1995; nonché

sentenza n. 179 del 2007), e, dall’altro, a prevenire squilibri di bilancio (tra le

tante, sentenze n. 250 del 2013; n. 70 del 2012)”

La Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, a sua volta, con la

delibera n. 10 del 20 marzo 2013, ha individuato le prime linee di orientamento

per le relazioni sulla tipologia delle coperture finanziarie e sulle tecniche di

quantificazione degli oneri delle leggi regionali. In particolare è stato precisato

che le Regioni sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti ai principi

fondamentali del coordinamento della finanza pubblica espressi dalla disciplina

di attuazione dell’art. 81 della Costituzione e contenuti, in particolare, nella legge

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“rinforzata” 24 dicembre 2012 n. 243, contenente norme fondamentali relative

alla legge di bilancio e criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le

spese dei bilanci e la sostenibilità del debito complessivo delle Pubbliche

amministrazioni.

La Sezione, in particolare, ha evidenziato che dall’espresso rinvio alle

tecniche di copertura finanziaria previste dall’art. 17 per le leggi statali deriva

che “le Regioni sono tenute ad uniformare la propria legislazione di spesa non

solo ai principi ed alle regole tecniche previsti dall’ordinamento in vigore, ma

anche ai principi di diritto che la giurisprudenza costituzionale ha enucleato dalla

pluridecennale attuazione del principio di copertura finanziaria sancito dall’art.

81 Cost.”,

Oggi dobbiamo nuovamente rappresentare all’Assemblea legislativa

considerazioni sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate dalle leggi

regionali e delle tecniche di quantificazione degli oneri (art. 1, commi 2 e 8, del

D.L. n. 174/2012), funzione preziosa per chi amministra la cosa pubblica, perché

la corretta individuazione dei mezzi con i quali fare fronte alle nuove o maggiori

spese evita di appesantire quel debito che da anni grava sulla finanza statale, a

dimostrazione che non sempre la copertura delle leggi di spesa, a Roma, ha

rispettato i canoni costituzionali.

L’analisi delle leggi adottate dalla Regione continua ad evidenziare, come

risulta dalla apposita deliberazione collegiale adottata dalla Sezione, non solo

difformità rispetto alla normativa nazionale e regionale di riferimento ma anche

lacune ed imprecisioni, che non hanno messo in condizione la Corte di verificare

la correttezza della quantificazione degli oneri recati dalle singole leggi e

l’individuazione precisa delle modalità di copertura finanziaria.

Ciò, in primo luogo, per effetto delle metodologie adottate nell’adozione

dei disegni di legge e nella verifica degli oneri connessi, diverse a seconda

dell’organo proponente, come risulta dai rispettivi Regolamenti, del Consiglio e

della Giunta. Le relazioni tecniche, infatti, e le relative schede degli elementi

finanziari sono spesso generiche, incomplete, lacunose, e prive degli elementi

essenziali, o comunque difformi dai modelli normativi di riferimento. Con la

conseguenza che dette relazioni sono inidonee a fornire gli elementi necessari

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per una valutazione organica degli impegni finanziari assunti dalla Regione,

specie per gli emendamenti che comportano nuove spese, che non trovano

illustrazione nelle relazioni.

Inoltre, per le leggi che assumono l’inesistenza di oneri non risulta

dimostrata con certezza la neutralità finanziaria, anche con riferimento agli

esercizi futuri (art. 17, comma 7, della legge di contabilità n. 196 del 2009).

Nella relazione sono indicati casi specifici, i dubbi e le perplessità.

L’invito ad adeguare la normativa ai più recenti interventi legislativi che

regolano la materia, in particolare alla legge n. 196/2009, conformandosi ai

principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e ai dettami

contenuti nella delibera della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti (n.

10 del 20 marzo 2013) va dunque reiterato. Così che l’Assemblea legislativa

possa esprimere le proprie valutazioni “anche nella prospettiva dell’attivazione

di processi di ‘autocorrezione’ nell’esercizio delle funzioni legislative e

amministrative” (Corte Costituzionale, sentenza n. 39 del 2014).

Il referto sull’evoluzione del quadro normativo nazionale e regionale e sulle

conseguenti problematiche relative alle Amministrazioni controllate dalla

Sezione regionale di controllo per l’Umbria (art. 11 bis, comma 2 del

Regolamento della Corte dei conti), ha dato luogo ad una indagine su un

campione di Enti Locali, costituito dai Comuni umbri con una popolazione

superiore ai quindicimila abitanti (Assisi, Bastia Umbra, Castiglione del Lago,

Città di Castello, Corciano, Foligno, Gualdo Tadino, Gubbio, Marsciano, Narni,

Orvieto, Spoleto, Todi e Umbertide).

Alla data del 6 giungo 2016 hanno risposto all’istruttoria soltanto i Comuni

di Bastia Umbra, Città di Castello, Corciano e Gubbio, nonché la Regione

dell’Umbria, pari al 25% circa degli Enti interpellati. In particolare, l’Assemblea

legislativa non ha segnalato alcuna particolare criticità nell’applicazione delle

norme indicate.

La scarsa risposta all’indagine effettuata, tuttavia, potrebbe già essere

interpretata non come espressione di disinteresse nei confronti del quadro

normativo implementato dal nostro Legislatore, quanto, piuttosto, come

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conseguenza di un ulteriore adempimento da svolgere, in coda rispetto a quelli

sicuramente più urgenti, quali, tanto per menzionarne alcuni, la

programmazione di bilancio, la chiusura dei rendiconti, le procedure di

riaccertamento dei residui, sia ordinarie che straordinarie, la predisposizione dei

piani di riorganizzazione delle società partecipate e le procedure anticorruzione

e trasparenza.

In particolare, l’istruttoria della Sezione di Controllo è stata incentrata, con

riferimento alla legislazione statale e regionale, sulle normative concernenti la

riduzione della spesa pubblica, l’indebitamento, il patto di stabilità interno per il

triennio 2014-2016, le spese per il personale, le imposte comunali,

l’indebitamento e i bilanci.

La quasi totalità degli Enti ha lamentato una cronica carenza di personale

in uno alle sempre maggiori incombenze che rendono difficoltosa la puntuale

applicazione delle norme. I Comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti

sono caratterizzati da una organizzazione di tipo semplice e con risorse appena

sufficienti a garantire l'erogazione dei servizi a cui sono deputate. L'evoluzione

del quadro normativo, già a partire dagli anni ’90, ha avuto un impatto

importante sugli Enti di questa dimensione, i quali si sono dovuti adeguare ad

un modello organizzativo disegnato per strutture medie o grandi senza tener

conto delle peculiari esigenze delle amministrazioni di piccole dimensioni. La

normativa degli ultimi due anni ha poi inciso maggiormente sull'organizzazione

e sulla gestione dei servizi con conseguenze spesso negative.

Gli Enti segnalano le problematiche attinenti l'applicazione del patto di

stabilità in uno con la riduzione costante delle risorse finanziarie senza un

vero progetto di autonomia tributaria che possa permettere una

programmazione annuale e triennale sulla base di entrate certe e

soprattutto conosciute all'inizio dell’esercizio finanziario e non alla fine

dell'anno, come avviene da diversi anni.

I Comuni di piccole dimensioni versano nella impossibilità di governare

ragionevolmente i flussi di cassa così come richiesto dal patto di stabilità ed

hanno manifestato la preoccupazione per il conseguimento degli obiettivi fissati

dal patto stesso, unitamente all’impossibilità di ricorrere all’indebitamento,

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all’esiguità delle entrate da oneri concessori ed all’inesistenza di entrate da

alienazione di beni immobili non utilizzabili per esigenze istituzionali (gare

deserte).

Sul fronte organizzativo si lamentano nuovi e sempre maggiori

adempimenti burocratici richiesti agli uffici comunali che, in assenza di una

effettiva semplificazione dell’organizzazione e delle procedure, finiscono con

l’appesantire di molto l'attività amministrativa ordinaria. Il riferimento è, in

particolare, ai molteplici adempimenti previsti dalla legge anticorruzione che

comportano difficoltà anche a causa di una diffusa incertezza in ordine alla

portata applicativa della normativa, ed, altresì, all’organizzazione ed al

funzionamento della centrale unica di committenza, al registro delle fatture

soggette ad Iva, alla realizzazione del piano di riorganizzazione delle società

partecipate ed alla loro eventuale dismissione.

Le difficoltà interpretative, che secondo alcuni Comuni non vengono

chiarite dalle circolari, dai pareri e dalle interpretazioni giurisprudenziali,

spesso contraddittorie, riguardano anche altre norme di immediata

applicazione per gli EE.LL., come le sopravvenute disposizioni in ordine ai

pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili in conto capitale o all’utilizzo

delle economie derivanti da rinegoziazione dei mutui.

Quanto all’attuazione del progetto di digitalizzazione della pubblica

amministrazione, di cui si riconosce l'indubbia utilità, si richiede una sempre più

elevata specializzazione tecnica degli operatori e l’ammodernamento informatico

delle reti e delle attrezzature degli Enti locali che, depauperati nella loro

autonomia organizzativa e finanziaria, si trovano a percorrere un cammino tutto

in salita nella direzione del necessario adeguamento.

In definitiva, soprattutto i piccoli Comuni si lamentano del fatto che

garantire ai cittadini servizi adeguati e di qualità risulta un compito sempre più

arduo e difficoltoso che richiede un impegno costante ed un rischio elevatissimo,

con risultati pesantemente condizionati dalle carenze finanziarie e dalla

mancanza di chiarezza normativa.

Oltre agli adempimenti ordinari, in questo periodo è stata riscontrata anche

la forte difficoltà interpretativa ed attuativa del D. Lgs. n. 118/2011 e s.m.i., che

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impone agli Enti la rivisitazione di tutti i propri residui attivi e passivi, per

comprendere la portata di quelli che devono essere definitivamente cancellati,

quelli che vanno reimputati agli esercizi seguenti, mediante la costituzione del

Fondo Pluriennale Vincolato e quelli che devono essere svalutati, andando a

costituire il Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità.

Nel tradizionale spirito di collaborazione, ben prima che fosse

legislativamente così qualificato, il controllo della Corte dei conti affianca nei loro

compiti amministratori e funzionari, da ultimo attraverso una funzione consultiva

che i numeri dicono essere gradita dagli enti locali dell’Umbria.

Il rendiconto generale della Regione è stato approvato il 21 giugno (con

atto n. 697), in ritardo rispetto alla previsione normativa che colloca tale

adempimento al 30 di aprile. Su di esso si è espresso il Collegio dei revisori dei

conti che ha fornito nella stessa data il proprio parere, documento, come

s’intende, essenziale, che concorre ab interno alle valutazioni di competenza di

questa Sezione la quale, tuttavia, si è avvalsa di un “preconsuntivo” messo a

disposizione, sia pure in ritardo, che ha consentito taluni riscontri anche

direttamente, mediante accesso alle banche dati della Regione attuato nel corso

dell’esercizio finanziario, dopo le sollecitazioni delle quali si è dato atto negli anni

precedenti, anche con riferimento alla specifica normativa, la legge europea (art.

30, comma 3, della legge 30 ottobre 2014, n. 161).

Sul punto desidero dare atto agli Uffici della Regione di aver assicurato una

costante collaborazione ai funzionari della Sezione in sede di approfondimento

dei dati del rendiconto.

Tuttavia devo rilevare che il tempo che residua dopo l’approvazione del

rendiconto da parte della Giunta in vista del termine del 31 luglio, stabilito per

l’approvazione, da parte del Consiglio regionale, del disegno di legge che fa

proprio il rendiconto è assolutamente insufficiente, tanto per rilevare i dati

quanto, soprattutto, per valutarne gli effetti che esigono approfondimenti e

confronti, anche con le osservazioni, sempre puntuali, del Collegio dei revisori

dei conti (pervenute il 21 giugno) che stimolano ulteriori analisi che in alcuni casi

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è stato possibile solamente avviare. La Sezione si riserva di farne oggetto di

ulteriori pronunce.

In questo ambito in cui maturano le analisi sulla gestione finanziaria la

legge (art. 1, comma 6, del decreto legge n. 174/2012, convertito dalla legge n.

213/2012) assegna un ruolo importante alla relazione del Presidente della

Regione “sullo stato di attuazione del programma di governo e

sull’amministrazione regionale”, che lo scorso anno fu approvata

tempestivamente, anche con il dichiarato intento di fornire al Consiglio regionale,

“ma anche ai cittadini, alle imprese ed al mondo scientifico” uno strumento utile

per “interpretare correttamente l’attuazione delle diverse politiche” regionali. Al

21 giugno non era ancora disponibile. Nelle controdeduzioni se ne preannuncia

la presentazione nel corso del mese.

Quanto alla relazione sul sistema dei controlli interni e sui controlli

effettuati nell’anno 2015 si deve ancora una volta segnalare che questo

documento continua a presentarsi come una descrizione meramente formale del

sistema come definito dagli atti normativi e regolamentari adottati dalla Regione,

in attuazione delle vigenti disposizioni statali. Al vertice politico

dell’Amministrazione regionale si richiede, invece, di dare conto di come i

controlli hanno in concreto operato, come prevede l’apposito questionario dove

sono formulate domande specifiche, come l’indicazione delle criticità

eventualmente individuate e delle misure correttive e/o integrative adottate per

il loro superamento.

Il 20 giugno, in sede di audizione sulla bozza di relazione, che attua il

contraddittorio di rito, alla presenza del Procuratore regionale, è stato

rappresentato dalla Regione l’intento di meglio formulare, a decorrere

dall’esercizio 2016, quel documento. Ne prendiamo volentieri atto. Ugualmente

prendiamo atto del fatto che la Regione attesta di aver messo in campo nel corso

del 2015 azioni in materia di controlli sulle attività delle Aziende Sanitarie con

riferimento alla qualità e appropriatezza delle prestazioni sanitarie rese; al

rispetto degli indirizzi stabiliti dalla programmazione regionale; al monitoraggio

sulla definizione e sul rispetto delle linee guida per la stipula degli accordi

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contrattuali; alle modalità di svolgimento dell’attività libero-professionale, anche

con l’obiettivo di ridurre le liste di attesa; alla conformità e congruità su bilanci,

dotazione organica, atti di programmazione delle Aziende Sanitarie; al

monitoraggio delle azioni intraprese dalle Aziende sanitarie a seguito dei

rilievi/suggerimenti dei Collegi Sindacali.

In proposito la Sezione ha avviato accertamenti diretti a verificare in quale

misura siasi provveduto alla razionalizzazione anche territoriale delle strutture

sanitarie e delle attrezzature impiegate, in considerazione dell’andamento delle

prestazioni richieste, in particolare nel settore della chirurgia specialistica, in

aree ospedaliere ravvicinate.

È un tema importante in relazione all’incremento della spesa, che esige

l’individuazione di ogni possibile area di risparmio perché sia assicurata la più

ampia ed efficiente fruizioni di servizi alla salute in modo da assicurare

tempestivamente le cure necessarie, un valore di civiltà a misura delle esigenze

del cittadino. Le Aziende sanitarie, infatti, devono guardare ai conti al fine di

riuscire a perseguire l’equilibrio economico-finanziario ma nel rispetto del diritto

fondamentale alla salute fornendo servizi di elevata qualità in termini di equità

di accesso.

Nell’esercizio del controllo la Corte si è uniformata alle tecniche di controllo

tradizionali ed a quelle più recenti adottate in sede internazionale dalle Istituzioni

Superiori di Controllo sulle Finanze Pubbliche, periodicamente messe a punto

dall’Organizzazione Internazionale nella quale esse si riconoscono (INTOSAI,

International Organization of Supreme Audit Institutions), per assicurare rigore

finanziario nella gestione delle misure di contrasto alla crisi economica, avendo

presenti esigenze di crescita equilibrata in funzione di sviluppo e di recupero

dell’occupazione. Per cui la finalizzazione delle verifiche e dei riscontri ad

accertare se effettivamente siano stati perseguiti gli obiettivi di efficienza e di

economicità indicati nelle leggi e nelle direttive amministrative. In particolare in

una fase storica nella quale alle regioni si chiede di concorrere al generale

equilibrio dei conti pubblici ed a mantenere, con risorse ridotte, i livelli dei servizi

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essenziali al cittadino, in particolare di quelli sanitari, laddove nell’assistenza ai

deboli ed ai bisognosi si misura il grado di civiltà di un popolo.

Fin dal momento del loro impianto, le istruttorie condotte sulla gestione

del bilancio sono state, pertanto, orientate a fornire un quadro ricognitivo che

comprende sia i profili contabili e finanziari, essenziali per la parificazione del

Rendiconto, sia gli indicatori di risultato delle missioni e dei programmi assegnati

alla Regione, nonché a verificare lo stato di attuazione delle misure di

razionalizzazione degli assetti organizzativi, di semplificazione normativa e

procedimentale e di quelle ispirate alla lotta alla corruzione e alla promozione

della trasparenza, oggetto di un recente, importante intervento normativo (la

legge n. 69 del 27 maggio 2015) che ha accentuato il profilo preventivo del

contrasto alla corruzione in un contesto integrato di prevenzione e repressione.

Contesto nel quale la Corte dei conti ha uno specifico ruolo quale organo di

controllo, mentre opportunamente il legislatore che pur prevede riparazione

pecuniaria e pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero

all’ammontare di quanto indebitamente percepito, fa salvo in ogni caso il diritto

erariale all’eventuale risarcimento del danno, così riconoscendo che il danno

prodotto dall’illecito può essere, e di fatto è frequentemente, assai maggiore del

semplice prodotto del reato perché scarica su lavori e forniture gli effetti di

indebiti guadagni.

Ciò premesso, l’impressione generale che si trae dall’esame del rendiconto

generale è che la considerevole attività posta in essere dalla Regione nel corso

del 2015 ed i risultati conseguiti, malgrado la difficile situazione finanziaria, nei

vari campi di competenza – da quello della efficienza della P.A. alle politiche

sociali, per la tutela della salute, per la competitività del sistema economico

produttivo, per il capitale umano e per lo sviluppo del territorio e delle

infrastrutture – si collocano prevalentemente sulla linea dell’attuazione e della

implementazione di politiche e programmi già definiti in passato. Con ciò

mostrando tutta la difficoltà di realizzare in concreto quella “sintesi virtuosa di

continuità e di innovazione” che è stata posta come elemento caratterizzante del

DAP 2014-2016.

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Il processo di riorganizzazione dell’Amministrazione regionale individuato

dalla Giunta appare ispirato ad un significativo ridimensionamento dell’assetto

complessivo delle posizioni dirigenziali e di quelle organizzative nell’ambito di un

percorso che, tuttavia, richiede ulteriori, necessari e più incisivi interventi.

La Corte non si nasconde la difficoltà che incontra l’Amministrazione

nell’incidere su situazioni persistenti nel tempo, ma è evidente che i numeri al

31 dicembre 2015 non risultano significativamente ridotti rispetto allo scorso

anno: n. 71 posizioni dirigenziali e n. 279 posizioni organizzative non diri-

genziali.

Considerata la complessiva dotazione organica del comparto (in totale n.

933 unità, al netto delle posizioni organizzative e dei dirigenti) ed il numero dei

dipendenti che avrebbero titolo all’assegnazione della posizione organizzativa

compresi quelli provenienti dalle Province (n. 657 unità di personale di categoria

D a tempo indeterminato), il numero delle posizioni organizzative di secondo

livello (n. 279), risulta elevato e superiore a quello rideterminato dalla Giunta

con atto n. 1215/2014 e da conseguire entro il 31 dicembre 2015.

Infatti la situazione organizzativa descritta determina la presenza di n. 1

posizione organizzativa ogni n. 3,3 unità di personale.

Anche per l’Assemblea legislativa valgono le stesse considerazioni in ordine

al numero delle posizioni organizzative particolarmente elevato.

Il ricorso agli incarichi esterni è tradizionalmente un tema critico e spesso

criticato in sede politica e di mass media. Nella disciplina legislativa l’incarico

conferito ad un estraneo alla Pubblica Amministrazione deve conseguire ad

un’esigenza straordinaria, non perseguibile con personale della stessa o di altre

amministrazioni pubbliche, comprese le università e le altre istituzioni

scientifiche presenti sul territorio.

Non è, all’evidenza, solamente un problema di contenimento dei costi.

L’esigenza di non mortificare le professionalità presenti nell’amministrazione,

come invita a fare l’art. 97 della Costituzione, che richiama il buon andamento

come regola fondamentale nell’utilizzazione delle risorse pubbliche deve essere

il faro che deve guidare l’azione amministrativa. Anche nel caso di incarichi

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caratterizzati da un rapporto fiduciario, laddove l’esercizio di una ragionevole

discrezionalità non esime da una considerazione dei requisiti professionali la cui

mancanza, tra l’altro, determina situazioni di disagio dagli effetti negativi

nell’ambito delle strutture dell’Amministrazione.

I costi (€ 1.641.585,48 contro € 1.475.307,00 del 2014, - + 11%) e

metodi di assegnazione degli incarichi sono illustrati nella relazione nella quale

si rappresenta l’opportuna di una riflessione che conduca ad un intervento

legislativo idoneo a rendere le norme regionali coerenti con l’orientamento della

Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 252 del 30 luglio 2009.

L’approvazione del bilancio di previsione è intervenuta in ritardo rispetto

al termine previsto dall’art. 75 dello Statuto, con conseguente ricorso

all’esercizio provvisorio (autorizzato con legge regionale 19 dicembre 2014, n.

27).

Le previsioni definitive di entrata mostrano un aumento della parte

corrente (+ 111 milioni di euro) e della parte in conto capitale (+ 76 milioni di

euro).

Relativamente alla spesa, le previsioni definitive evidenziano una

contrazione della parte corrente (- 49 milioni di euro) e degli altri titoli (spese di

investimento – 71 milioni di euro e spese per rimborso di mutui e prestiti – 1

milione di euro).

Anche per l’esercizio 2015 l’equilibrio di competenza è stato raggiunto

mediante l’iscrizione in entrata di somme derivanti dalla precedente gestione a

titolo di avanzo di amministrazione, somme interamente destinate a coprire

economie di spesa suscettibili di reiscrizione nel nuovo esercizio poiché realizzate

su autorizzazioni di spesa già finanziate con entrate a destinazione vincolata,

che non hanno, pertanto, comportato alcun accrescimento della capacità di

spesa dell’Amministrazione.

Relativamente ai risultati complessivi della gestione finanziaria, il saldo

contabile della gestione di competenza evidenzia un dato positivo pari a 64

milioni di euro, in netto miglioramento rispetto al risultato negativo dell’esercizio

2014 (- 140 milioni di euro).

15

Positivo anche il risultato della gestione dei residui, pari a 136 milioni di

euro, che, unitamente al fondo di cassa iniziale (74 milioni di euro), determina

un avanzo di amministrazione pari a 107 milioni di euro, pur in flessione rispetto

all’esercizio 2014 (358 milioni di euro).

Anche il saldo di cassa al netto delle contabilità speciali al 31 dicembre è

positivo (110 milioni di euro) e in miglioramento rispetto al 2014 (saldo negativo

di 242 milioni di euro), per effetto del saldo positivo di cassa della gestione

residui (395 milioni di euro) che assorbe quello negativo tra le riscossioni e i

pagamenti in conto competenza (- 285 milioni di euro). Nel complesso tale

andamento risente del miglioramento della capacità di riscossione (68% nel

2015 contro 56% nel 2014) a fronte di una sostanziale stabilità della capacità di

pagamento (67% nel 2015 e nel 2014).

Relativamente all’analisi dei risultati a consuntivo, la gestione di parte

capitale presenta un modesto tasso di realizzazione degli interventi

programmati, peraltro in peggioramento rispetto al 2014, con accertamenti ed

impegni inferiori alle relative previsioni, rispettivamente dell’80% e del 82%.

L’analisi della gestione dei residui evidenzia un tasso di riscossione dei

residui attivi del 33%, in riduzione (39% nel 2014).

Anche la gestione dei residui passivi evidenzia un peggioramento del tasso

di smaltimento complessivo (31% nel 2015 contro 39% del 2014), in particolare

per la spesa corrente, un andamento consolidato nel tempo e già più volte

segnalato da questa Corte.

Per quanto attiene all’indebitamento la consistenza al 31 dicembre 2015,

come risulta dai dati del conto del patrimonio, è pari ad 487 milioni di euro,

(540 nel 2014) ed è riferita per 397 milioni di euro a mutui e prestiti a carico

della Regione e per 90 milioni di euro a quelli con oneri a carico dello Stato.

Tra i debiti di finanziamento sono inoltre ricompresi i debiti per

anticipazioni di liquidità dallo Stato, attivate dalla Regione per la

ricapitalizzazione degli enti del Servizio sanitario regionale in relazione agli

ammortamenti non sterilizzati antecedenti l’applicazione del decreto legislativo

n. 118/2011 (debito residuo al 31.12.2015 pari a 28,4 milioni di euro).

16

Relativamente alla contabilizzazione di tali anticipazioni la Regione nel

corso del 2015, in attuazione della disposizione contenuta nell’art. 1, comma 7,

del decreto legge n. 179/2015, ha costituito il Fondo anticipazioni di liquidità

mediante accantonamento di una quota del proprio risultato di amministrazione.

Per effetto di tale operazione la Regione ha conseguito un maggiore

disavanzo al 1° gennaio 2015 di 29 milioni di euro da ripianare secondo le

modalità indicate dalla normativa a decorrere dall’anno 2016.

Il limite di indebitamento risulta rispettato.

Relativamente agli strumenti finanziari derivati in essere, anche nel 2015,

la Regione ha sostenuto un differenziale netto negativo, pari a 1,5 milioni di euro

(- 1,6 milioni di euro nel 2014).

La gestione delle entrate evidenzia una contrazione della capacità di

accertamento complessiva pari, nel 2015, all’84% (91% nel 2014) e un lieve

aumento della capacità di riscossione pari, nel 2015, al 74% (73% nel 2014).

Per la gestione delle spese la capacità di impegno diminuisce, passando

dall’81% del 2014 al 76% del 2015, in controtendenza rispetto all’esercizio

precedente.

Per quanto riguarda le spese per rappresentanza, convegni, mostre e

pubblicità si ribadisce che la diposizione (lett. f) della D.G.R. n. 138 del 22

febbraio 2011), tuttora in vigore, con la quale sono stati individuati i presupposti

per l’ammissibilità delle spese per mostre e convegni non appare sempre in linea

con gli orientamenti giurisprudenziali in materia, ormai consolidati.

In particolare, come già evidenziato nella relazione concernente il

precedente esercizio finanziario, considerato lo stretto legame con i fini

istituzionali dell’Ente e l’idoneità a mantenere o ad accrescere il ruolo dell’Ente

stesso nel contesto sociale e i requisiti che una spesa deve presentare per poter

essere qualificata “di rappresentanza”, la legittimità consegue ad una rigorosa

giustificazione e documentazione, con indicazione, caso per caso, dell’interesse

istituzionale perseguito.

17

Riguardo alla spesa sostenuta si rileva che la stessa continua ad attestarsi

su livelli eccessivamente superiori a quelli stabiliti dal legislatore.

Quanto alla spesa per il personale pur in assenza delle certificazioni riferite

al rispetto dei limiti normativamente fissati, nella Relazione della Giunta al

Rendiconto è attestato il rispetto di quanto disposto dall’art. 1, comma 557, della

legge n. 296/2006.

È stata avviata, e proseguirà nei prossimi mesi, una ricognizione del

contenzioso in essere dinanzi alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa che,

fatti salvi specifici approfondimenti delle singole vertenze, che non è stato

possibile condurre per l’incompletezza dei dati trasmessi, potrebbe denunciare

una inadeguata tutela degli interessi regionali o una insufficiente attenzione per

i diritti dei cittadini e delle imprese.

Va ricordato, in proposito, che il cittadino, in virtù del Trattato di Nizza, è

titolare di un diritto alla “buona amministrazione”, che per la verità dovrebbe

essere in ogni caso proprio dell’esercizio di pubbliche funzioni di interesse della

comunità in virtù del più volte richiamato articolo 97 della Costituzione.

Il Servizio Sanitario Regionale assorbe oltre la metà dell’intero bilancio

regionale con impegni che rappresentano il 76% di quelli assunti

complessivamente nel 2015.

Per la spesa di beni e servizi si rileva che la percentuale degli acquisti

centralizzati nel 2015 è rimasta sostanzialmente invariata, passando dal 49%

circa del 2014 al 51% del 2015 (261 milioni di euro su un totale di 508 milioni

di euro).

Inoltre, i verbali dei Collegi sindacali delle Aziende, segnalano il ricorrente,

reiterato utilizzo di proroghe contrattuali e scarsa tempestività nel rinnovo delle

convenzioni, con conseguente adozione di atti in sanatoria o ricorso a procedure

di urgenza. Comportamenti che destano preoccupazione, spesso determinano

sprechi, in ogni caso attuano condotte sospette di compiacenze, che producono

18

contenzioso e costituiscono nelle determinazioni dell’Autorità Nazionale

Anticorruzione indice di fattori di rischio.

In materia di spesa per incarichi e consulenze, in particolare con riguardo

alle misure adottate e ai risultati conseguiti nell’anno 2015 per il contenimento

della stessa, le informazioni trasmesse dalla Regione risultano generiche e

soprattutto non in linea con quanto comunicato dalle singole Aziende del S.S.R.

nell’ambito delle istruttorie condotte dalla Sezione sulla base delle relazioni-

questionari dei Collegi sindacali sul bilancio d’esercizio 2014 (art. 1, comma 170,

della legge n. 266 del 23 dicembre 2005).

A tale proposito si rinvia a quanto segnalato nelle pronunce adottate dalla

Sezione nell’ambito di dette verifiche.

Per la spesa farmaceutica territoriale i dati desunti dalle relazioni-

questionario dei Collegi sindacali delle aziende sanitarie (trasmesse alla Sezione

ai sensi dell’art. 1, comma 170, della legge n. 266/2005) e dalla ulteriore

documentazione acquisita in sede istruttoria, evidenziano, per entrambe le

aziende sanitarie, un lieve superamento per il 2014 dell’obiettivo fissato dalla

Regione (circa dell’1%).

Anche per la spesa farmaceutica ospedaliera, i dati trasmessi dai Collegi

sindacali evidenziano per le due aziende sanitarie il superamento del limite (+

7% Ausl Umbria 1, + 138% Ausl Umbria 2). I dati sono estratti dal rapporto sul

coordinamento della finanza pubblica non disponibili, per il 2015, per singola

regione.

I dati sul patrimonio delle aziende sono stati trasmessi solo il 10 giugno in

tempi non utili per l’analisi.

Anche per quanto riguarda il contenzioso per alcune aziende è stato

necessario richiedere ulteriori informazioni e/o dati aggregati secondo le

richieste formulate, pervenuti solo da pochi giorni.

I tempi non hanno quindi consentito analisi approfondite. Nella relazione

si fa rinvio all’esame della regolarità contabile per il bilancio 2015 delle aziende.

Il conto economico della Regione evidenzia un risultato negativo di € 225

milioni di euro (in peggioramento rispetto all’esercizio precedente) influenzato

sia dall’area della gestione finanziaria sia dall’area della gestione straordinaria

19

per effetto dell’incremento delle insussistenze dell’attivo generate

dall’eliminazione dei residui attivi in applicazione del principio contabile della

competenza finanziaria potenziata.

Di conseguenza il netto patrimoniale espone un pari decremento.

Riguardo alla rappresentazione della consistenza patrimoniale la Regione

si è in parte adeguata alle indicazioni formulate dal Collegio dei revisori nella

Relazione al Rendiconto generale 2014 provvedendo a depurare le valutazioni

degli immobili delle rivalutazioni Istat.

Tra i crediti si segnalano in particolare i Crediti v/Società partecipate per

€ 13 milioni di euro riferiti al residuo dell’anticipazione erogata alla società

Umbria TPL e Mobilità S.p.A. nel corso del 2013 per 17 milioni di euro, crediti

peraltro invariati rispetto alla situazione al 31.12.2014 atteso che nel corso

dell’anno la Regione, per effetto delle numerose moratorie concesse, non ha

incassato alcuna delle quote di rimborso previste per il 2015, né quelle residue

del 2014.

Nella Relazione della Giunta al Rendiconto 2015 (come peraltro in quella

riferita ai precedenti esercizi) non è fatta alcuna menzione di tale anticipazione

e della connessa restituzione, con conseguente mancanza di chiarezza e

trasparenza nei confronti dei destinatari del Rendiconto, in particolare

dell’Assemblea legislativa-Consiglio regionale.

Sul punto inoltre il Collegio dei revisori, con verbale n. 10 del 20 giugno

2016, ha sollevato ulteriori problematiche che ritiene meritevoli di

approfondimento anche in merito ai rapporti credito/debito con la società in

relazione al mancato ricorso all’art. 1241.

Relativamente alla gestione del patrimonio immobiliare le locazioni passive

costano 654 mila euro, in riduzione rispetto ai precedenti esercizi per effetto, in

particolare, della cessazione della locazione del fabbricato “Palazzo Fioroni” (nel

corso del 2014) e del fabbricato "Palazzo Gazzoli" di Terni (nel corso del 2015).

I canoni attivi (per affitti e concessioni) sono pari a € 650 mila euro, in

riduzione rispetto ai precedenti esercizi (2014 € 770 mila euro). Resta comunque

non valutabile la congruità dei canoni indicati con le caratteristiche dei relativi

20

immobili. Per gli immobili oggetto di concessione a titolo gratuito, i dati tramessi

non evidenziano né i concessionari, né, nella maggior parte dei casi, la

motivazione della concessione.

Inoltre, nel corso del 2015 sono intervenute modifiche nella classificazione

e/o utilizzazione dei beni per i quali la documentazione trasmessa non consente

di appurare le motivazioni (ad esempio, nel 2015 risultano n. 18 immobili del

patrimonio indisponibile “Utilizzati senza titolo” per i quali l’Ente dichiara che

sono “in corso azioni volte al rientro in possesso del bene” che nel 2014 erano

stati dichiarati come “occupati senza titolo”; oppure immobili classificati nel 2014

a patrimonio indisponibile, oggetto di occupazione abusiva, che nel 2015 sono

stati classificati a patrimonio disponibile e “Utilizzati senza titolo”).

Riguardo agli immobili non utilizzati di cui agli allegati D, E, F, G, I al

Programma di Politica Patrimoniale 2014-2016, non è stata fornita nessuna

informazione sullo stato di attuazione degli interventi previsti per gli stessi.

Immobili utilizzati senza titolo od oggetto di occupazione abusiva

alimentano un contenzioso del quale sono state fornite insufficienti informazioni.

Relativamente alle partecipazioni si osserva che non stono stati trasmessi

i bilanci delle società e delle aziende al 31 dicembre 2015 e che pertanto le

valutazioni sono riferite ai bilanci 2014.

Con riferimento, in particolare, alla partecipazione nella società UMBRIA

T.P.L. e MOBILITA’ S.p.A., l’assenza dei documenti di bilancio riferiti a tale

esercizio, non consente di esprimere alcuna valutazione sullo stato attuale della

situazione finanziaria della società.

In ordine al modello di governance adottato dalla Regione, né dalla

richiamata Relazione del Presidente della Giunta, né dai documenti presentati in

fase istruttoria emergono notizie specifiche in ordine all’effettiva

implementazione delle descritte procedure e all’esito delle stesse. Peraltro,

anche le informazioni sugli organismi partecipati contenute nella Relazione della

Giunta allegata al Rendiconto non sono idonee ad offrire un’adeguata

prospettazione degli effetti che la gestione degli stessi produce sulle finanze

regionali, facendo supporre che la stessa Amministrazione non ne abbia piena

cognizione. Si riafferma la necessità che la Regione si attivi per garantire il

21

funzionamento, in concreto, dei sistemi di governance e di monitoraggio che la

stessa riferisce di aver attuato.

Relativamente agli enti dipendenti si osserva che anche per l’esercizio

2015 risultano sostanzialmente disattese le disposizioni contenute nell’art. 52,

comma 4, della legge regionale n. 13/2000, poiché sono stati allegati i rendiconti

al 31 dicembre 2014 e non quelli al 31 dicembre 2015, che avrebbero dovuto

essere approvati entro il 30 aprile 2016 e comunque antecedentemente alla

presentazione del Rendiconto da parte della Giunta, anche al fine di consentire

la valutazione dell’impatto della gestione di tali Enti sul rendiconto stesso.

In via generale, come già segnalato per i precedenti esercizi, si osserva

che sarebbe opportuno completare il Conto Economico, il Prospetto di

conciliazione ed il Conto del Patrimonio, con la redazione di una specifica “nota

integrativa”, nella quale dare conto in maniera chiara e analitica di quanto

esposto nei richiamati documenti, atteso che le informazioni contenute nella

richiamata Relazione della Giunta non sono comunque sufficienti a fornire una

completa e chiara rappresentazione dei fenomeni.