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Previdenza sociale – Indebito previdenziale: ripetizione - Indebita erogazione di somme a titolo previdenziale – Periodo 87/96 – Restituzione di quote dell’indebito in base a requisiti reddituali - Ripetizione – Presupposti – Previdenza sociale – Prescrizione e decadenza – Indebita erogazione di somma titolo previdenziale – Ripetizione – Prescrizione estintiva decennale del diritto - Irripetibilità - Rif.Leg.art.2033 cc;art.52 L.88/89;art.13 L.412/91;art.1 L.662/96;artt.20, 21,40 Dpr 488/68; Sentenza n. 286/05 Pronunziata il 28/09/2005 Depositata il 24/10/2005

REPUBBLICA ITALIANA-TRIBUNALE DI MODENA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

All'udienza del 28.09.05 il Tribunale di Modena in composizione monocratica ed in funzione di Giudice del Lavoro di primo grado nella persona del dott.Claudio Bisi ha pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa da: XX, rappresentato e difeso in forza di procura speciale apposta in ricorso dall'Avv. Maria Cristina Bergamini, nel cui studio in Modena è elettivamente domiciliata.

parte attrice CONTRO

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Roma, sede provinciale di Modena, rappresentato e difeso in forza di procura generale alle liti dall'Avv. Isabella Basile ed elettivamente domiciliato nel proprio ufficio legale presso la sede provinciale predetta.

parte convenuta Conclusione di parte attrice dichiararsi irripetibile l'indebito de quo e condannarsi l'Inps alla restituzione delle somme trattenute, in subordine dichiarasi ripetibile solo quanto afferente al periodo non prescritto, spese rifuse e distratte. Conclusioni di parte convenuta: rigettarsi le domande attoree, spese come per legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il ricorso introduttivo della lite parte ricorrente, esponeva che l'Inps in data 30.01.98 le aveva notificato un indebito pari a già lire. 49.021.650, afferente l'arco temporale 1/1/87-31/12/96. L'indebito, deduceva la ricorrente, era totalmente irripetibile ex art 52 della legge n. 88/89 e ex art 13, comma 1 della legge n. 412/91, e non già solo parzialmente limitatamente ad un quarto, come dall'Inps, (da ultimo), opinato, in base allo jus superveniens di cui all'art 1 comma 260 e seguenti della legge n. 662/96, e di cui all'art 38 della legge 448/01, posto che di tale normativa non era possibile una applicazione

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retroattiva; in subordine il diritto di ripetizione era comunque parzialmente prescritto, posto che la richiesta di rimborso era stata ricevuta solamente nella data predetta. L'Inps chiedeva il rigetto della domanda attorea, posto che unicamente applicabile doveva ritenersi la legge finanziaria del relativo all'anno 2002 o ove in parte più favorevole la legge finanziaria relativa all'anno 1997. E nella specie sia il reddito relativo all'anno 95 sia quello relativo all'anno 2000 conduceva solo alla parziale irripetibilità come dall'ente già ritenuto in sede amministrativa e come da ultimo affermato anche dalla sezioni unite civili del giudice di legittimità. Infondata poi doveva ritenersi l'eccezione di prescrizione, risultando la medesima interrotta da precedenti richieste prodotte dalla stessa parte ricorrente. All'odierna udienza la causa,sulle conclusioni trascritte in epigrafe, era definita come da separato dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE L'applicabilità del diritto alla speciale retentio di cui all'art 52 della legge n.88/89 (o ratione temporis) del previgente art 80 del RD n.1422/24 si era nel tempo (a seguito di copiosa giurisprudenza anche di legittimità a volte inevitabilmente contraddittoria, causa l'elevato numero delle controversie e le particolarità delle relative fattispecie) assai ristretta. Ne rimanevano da ultimo estranei gli indebiti relativi ad assegni familiari (SU 1316/95), quelli relativi all'integrazione al tm ex art 6 della legge n.638/83 (SU 1965/95) Si veda tale ultimo arresto: "La ripetibilità delle somme versate a titolo di integrazione al trattamento minimo e non dovute per mancanza dei presupposti di cui all'art. 6, comma 1, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito nella l. 11 novembre 1983 n. 638 - a norma del quale l'erogazione dell'integrazione al minimo è ammissibile soltanto nel caso in cui non venga superato un dato limite di reddito - prescinde dalla sussistenza di un errore commesso dall'INPS nella fase di erogazione delle suddette somme (e non è pertanto sussumibile nelle ipotesi disciplinate dagli art. 2033 c.c., 80 del r.d. 28 agosto 1924 n. 1422, 52 della l. 9 marzo 1989 n. 88, e 13 della l. 30 dicembre 1991 n. 412, che attribuiscono rilievo all'errore), ma è ammessa in quanto espressamente prevista dall'art. 6, comma 11-quinquies, del d.l. n. 463 del 1983 citato che, nel presupporre una fisiologica sfasatura temporale tra il momento in cui deve avvenire l'erogazione della pensione ed il momento in cui può venir meno il requisito reddituale, esclude la rilevanza dell'errore da parte dell'istituto nell'erogazione di somme non dovute."

Cassazione civile sez. un., 22 febbraio 1995, n. 1965 Con sentenza n. 3058/95 sempre a sezioni unite la Corte Suprema aveva ribadito (quanto alle indebite erogazioni conseguenti all'assenza del requisito reddituale ex art DL n. 463/83, le stesse osservazioni svolte in tema di integrazione al tm e cioè che, postulando la normativa (si veda l'art 8 del DL n.463/83 convertito nella legge n.638/83), una sfasatura temporale tra la corresponsione della pensione di invalidità e la comunicazione delle condizioni reddituali, attesi anche i tempi tecnici amministrativi di

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esame delle relative dichiarazioni, non ricorreva un errore in senso proprio imputabile all'ente previdenziale, ma l'indebito era per così dire fisiologico ed inevitabile (onde l'inapplicabilità- nella specie tutte le dichiarazioni reddituali sono state inoltrate successivamente o al massimo contestualmente agli anni di riferimento - della retentio di cui all'art 80 dei RD n. 1422/24 o all’art 52 della legge n.88/89 La si veda sia in massima che per esteso: "in tema di indebito pagamento della pensione d'invalidità per superamento del limite di reddito previsto dalla legge, la ripetibilità delle relative somme è fondata sulla specifica norma dell'art. 8 del d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito nella l. 11 novembre 1983 n. 638, che, non consentendo di configurare l'errore supposto dall'art. 2033 c.c. e previsto dagli artt. 80 r.d. 28 agosto 1924 n. 1472, 52, l. 9 marzo 1989 n. 88 e 13, l. 30 dicembre 1991 n. 412, esclude l'applicabilità delle relative discipline dell'indebito previdenziale succedutesi nel tempo."

Cassazione civile sez. un., 16 marzo 1995, n. 3058 Inps c. Giacometti Giust. civ. Mass. 1995, 619 Informazione previd. 1995, 508 Foro it. 1995, 1, 1817 Orient. giur. lav. 1995, 752 Sentenza N° 3058 deI 16-03-1995 Sez. UU Previdenza ed assistenza (assicurazioni sociali) - Assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti - Pensioni - Pagamento - Indebito - Ripetibilità - Condizioni - Art. 8 d.l. n. 463 del 1983. SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli lll.mi Sigg. Magistrati: Dott. Antonio BRANCACCIO Primo Presidente Onofrio FANELLI Pres. di Sez. Antonio IANNOTTA Pres. di Sez. Raffaele NUOVO Consigliere Girolamo GIRONE Consigliere Renato SGROI Consigliere Vincenzo BALDASSARRE Consigliere Francesco AMIRANTE Consigliere Erminio RAVAGNANI Consigliere Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 13459-91 del R.G. AA.CC., proposto da ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - INPS -, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso gli Avv.ti Angelo Antonino, Maria Teresa Ricci, Aldo Catalano, Luigi Maresca che lo rappresentano e difendono per procura in calce al ricorso; Ricorrente contro GIACOMETTI PAOLO, elettivamente domiciliato in Roma, via Arno n. 47, presso l'Avv. Franco Agostini che lo rappresenta e difende per procura a margine del controricorso; Controricorrente avverso la sentenza n. 176-91 del Tribunale di Gorizia in data 16.5.1991 dep. il 16.7.1991 (R.G. n. 9-90); udita - nella pubblica udienza tenutasi il giorno 21.10.1994 - la relazione della causa svolta dal Cons. Rei. Dott. Ravagnani; udito l'Avv. De Angelis per delega Catalano;

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udito il P.M. nella persona deI Dr. Mario Di Rienzo Avv. Gen. Presso la Corte Suprema di Cassazione che conclude con l'accoglimento del ricorso. * * * FATTO Il Tribunale di Gorizia - riformando la decisione del Pretore di quella città - ha ritenuto che Paolo Giacometti - titolare di pensione di invalidità a carico dell'INPS - non avesse diritto ai ratei della stessa per il periodo 1 gennaio 1984 - 31 dicembre 1986 ai sensi degli artt. 6 e 8 L. 638-83 - avendo superato i limiti di reddito in conseguenza della riscossione di trattamenti di cassa integrazione relativi ad anni precedenti. Il Tribunale ha ritenuto che per accertare il superamento del limite reddituale va fatto riferimento all'anno in cui gli emolumenti vengono incassati e non a quello cui sono relativi. Ha escluso, tuttavia, che l'INPS potesse ripeterli, in quanto l'art. 52 L. 88-89 ha posto come limite alla non ripetibilità delle somme erroneamente erogate dall'istituto previdenziale solo la sussistenza del dolo dell'assicurato, non avendo alcun rilievo la natura dell'errore che ha determinato l'indebito. La decisione è stata impugnata dall'INPS con ricorso per cassazione; resiste il Giacometti con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria * * * DIRITTO Con l'unico complesso motivo l'INPS, deducendo "violazione e falsa applicazione degli artt. 52 legge 9 marzo 1989 e n. 88 e 8 legge 11 novembre 1983 n. 633", censura la decisione impugnata giacché esso è venuto a conoscenza del superamento del limite reddituale solo per effetto della dichiarazione dei redditi dell'assicurato. Allorché avvenne l'indebita erogazione esso non era a conoscenza del predetto superamento, sicché non poteva non corrispondere i ratei di pensione per tali periodi; non sussiste - pertanto - errore da parte dell'istituto previdenziale e manca di conseguenza il presupposto per l'applicazione dell'art. 52 L. 88-89. Inoltre, il penultimo comma dell'art. 8 della L. 638-83 dispone il recupero delle somme indebitamente erogate: tale norma ha carattere speciale rispetto all'art. 52 e pertanto non è rimasta abrogata da quest'ultimo. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. La fattispecie in esame è sussumibile nell'ipotesi di cui all'art. 8 D.L. 12 settembre 1983 n. 463, di integrazione dell'art. 10 R.D.L. 14 aprile 1939 n. 636, e come risultante dalla legge di conversione 11 novembre 1983 n. 638. Da tale norma è previsto che: a) sia sospesa la pensione di invalidità allorché il pensionato sia percettore di reddito da lavoro dipendente superiore ad un certo limite, e sia ripristinata la prestazione per i periodi in cui non si verifichino le condizioni di reddito che abbiano determinato la sospensione stessa; b) i ratei di pensione indebitamente erogai dal 1 gennaio di ogni anno siano recuperati in sedi di ripristino della prestazione, anche in deroga ai limiti posti dalla normativa vigente; c) per l'accertamento del reddito gli interessati debbano presentare all'Istituto, con le modalità da questo indicate, la dichiarazione di cui all'art. 24 legge 13 aprile 1977 n. 114. Il sistema adottato dal legislatore, dunque, determinando nel tempo anche ripetute sospensioni e correlativi ripristini della pensione di invalidità, a seguito delle dichiarazioni reddituali che il pensionato è tenuto a rilasciare all'INPS - dichiarazioni necessariamente successive alla percezione del reddito - obbliga l'Istituto previdenziale a pagare la pensione a titolo anticipatorio, salvo conguaglio, anche per il periodo in cui l'assicurato sia parte di un rapporto di lavoro subordinato, ma non abbia ancora reso la dichiarazione predetta, non potendo la pensione stessa essere sospesa senza che esso venga prima a conoscenza dei redditi da lavoro dell'interessato. E' evidente quindi che la corresponsione della pensione da parte dell'INPS, qualora il pensionato non ne abbia più il diritto per motivi reddituali, non avviene per errore, ma per adempiere ad un obbligo "ex lege" nella consapevolezza che quanto pagato potrebbe non spettare e sia quindi destinato ad essere recuperato. In tale senso si è più volte espressa questa Corte (sent. 27 ottobre 1992 n. 11634; 6 ottobre 1993 n. 9916) che ha significatamente parlato di fisiologica sfasatura temporale tra momento in cui deve avvenire l'erogazione della pensione e il momento in ci può venir meno,

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oggettivamente, la condizione reddituale, quale evento giustificativo degli effetti risolutori previsti dall'art. 8, ultimo comma, in esame, introdotto dalla legge di conversione, ed ha rilevato che la norma attribuisce rilievo retroattivo al fatto - della cui verificazione è già prevista dall'ente erogatore la possibilità - che il pensionato abbia ricevuto un reddito superiore al limite di legge, con conseguente recupero, e, cioè, con ripetibilità delle somme risultate indebite, anche in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente. Per la previsione espressa di tale deroga, quindi, la norma dell'art. 8 in esame, oltre che speciale rispetto all'ipotesi generale di "repetitio indebiti" di cui all'art. 2033 cod. civ., può qualificarsi di natura affatto distinta, sia rispetto a tale norma, sia anche rispetto alle ipotesi limitative dell'obbligazione restitutoria di cui a tale ultimo articolo, e cioè alle ipotesi previste dagli artt. 80 R.D. n. 1422 del 1924, 52 legge n. 88 del 1989 e 13 legge n. 412 del 1991. Invero, la ripetibilità dei ratei di pensione di invalidità non dovuti per ragioni di reddito è ammessa non perché si possa far questione di errori commessi dall'Istituto, come previsto dagli artt. 80, 52 e 13 cit., ovvero dell'errore che, pur non espressamente previsto dall'art. 2033 cod. civ., è però, secondo autorevole dottrina, da questo supposto, ma perché essa è prevista espressamente dal particolare sistema emergente dall'art. 8 cit. Si condivide quindi, in materia, la giurisprudenza di questa Corte già pronunciatasi in tal senso (v. sent. 11 634-92 e 9916-93) cit., ed è appena il caso di rilevare che non risulta al riguardo il contrasto - segnalato dalla sezione lavoro - con la sentenza n. 4805 del 1989, relativa invero a fattispecie affatto diversa, e cioè alla ripetibilità o non della pensione di invalidità a seguito della revoca della stessa per riacquisto della capacità di guadagno, e, quindi, con riferimento esclusivo all'art. 52 legge n. 88 del 1989 e senza adeguata e corretta soluzione del problema di diritto intertemporale con riferimento alla fattispecie concreta verificatasi nel vigore dell'art. 80 R.D. n. 1422 del 1924. Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad un giudice di pari grado, che si designa nel Tribunale di Udine e che si atterrà al seguente principio: in tema di indebito pagamento della pensione di invalidità per superamento del limite di reddito previsto dalla legge, la ripetibilità delle relative somme è fondata sulla specifica norma dell'art. 8 D.L. 12 settembre 1989 n. 463 convertita nella legge 11 novembre 1983 n. 638, che, non consentendo di configurare l'errore supposto dall'art. 2033 cod. civ. e previsto dagli artt. 80 R.D. 28 agosto 1924 n. 1472, 52 legge 9 marzo 1989 n. 88 e 13 legge 30 dicembre 1991 n. 412, esclude l'applicabilità delle relative diverse discipline dell'indebito previdenziale succedutesi nel tempo. Al medesimo Tribunale è rimessa altresì la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. * * * P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Udine anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, il 21 ottobre 1994. Per ovviare a tale restrittiva (ancorché ad avviso dell'adito Tribunale del tutto condivisibile interpretazione, solo in parte mitigata per effetto della sentenza n. 166/96 della Corte Costituzionale ricordata da parte ricorrente), è intervenuto il legislatore del 1996, che ha emanato la innovativa disciplina, di cui all'art 1, comma 260 -265 della legge n. 662/96 (applicabile, comunque, d'ufficio quale jus superveniens), prevedendo transitoriamente (per gli indebiti createsi in parte a tutto il 31 /12/95 come nella specie), il più ampio diritto alla nuova retentio ivi disciplinata, che non postula più un errore dell'ente previdenziale, ma semplicemente il carattere indebito della corresponsione, l'assenza del dolo del percipiente ed il possesso da parte dell'assicurato di un requisito reddituale pari o inferiore a L. 16.000.000 per l'anno 1995. Ove, tale requisito reddituale non sia posseduto (come pacificamente nella specie) il diritto alla retentio compete limitatamente ad un quarto della indebita percezione.

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La Corte Suprema si è pronunciata più volte sulla nuova normativa, ritenendola (salvo due isolati e superati arresti) completamente sostitutiva (nei limiti temporali predetti) a quella preesistente, rilevabile d'ufficio ed applicabile anche in riferimento agli indebiti già recuperati (attenendo il comma 264 alle sole pensioni di guerra) - si vedano le sentenze n. 2333/97, 3728/97, 4424/97, 4786/97- Si vedano invero i seguenti arresti: "In tema di indebita erogazione, prima del 1 gennaio 1996, da parte dell'Inps, di somme a titolo di pensione integrativa ad ex dipendenti dell'Inam, l'art. 52, l. 9 marzo 1989 n. 88 (che comunque sarebbe inapplicabile in ragione della natura non obbligatoria di detta pensione, siccome istituita con regolamento e non con legge) non trova applicazione per effetto della sopravvenuta l. 23 dicembre 1996 n. 662 (recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica ed entrata in vigore in data 1 gennaio 1997), la quale, nei commi 260, 261, 262, 263 e 265 dell'art. 1, sostituendo retroattivamente e per il periodo di tempo fino alla data suddetta la precedente normativa (costituente eccezione all'art. 2033 c.c.), disciplina l'indebito versamento per periodi anteriori al 1 gennaio 1996, di prestazioni pensionistiche, trattamenti familiari e rendite a carico degli enti pubblici di previdenza obbligatoria, senza distinzione tra i vari tipi di pensione (come invece prevedeva l'art. 52 cit.), stabilendo la ripetibilità a seconda del reddito del pensionato, e salvo in ogni caso il dolo di quest'ultimo, con riferimento esclusivo agli enti erogatori a carico dei quali sono poste tali prestazioni (e tra questi l'Inps, presso cui è costituita, a norma dell'art. 75 d.P.R. n. 761 del 1979, una gestione speciale ad esaurimento per l'erogazione dei trattamenti, a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, in favore del personale già dipendente dell'Inam che abbia optato per il mantenimento della originaria posizione assicurativa)."

Cassazione civile sez. un., 17 marzo 1997, n. 2333 Inps c. Mellini Giust. civ. Mass. 1997, 405 "In relazione alla disciplina di esclusione totale o parziale (a seconda del livello del reddito imponibile ai fini Irpef) della ripetibilità di prestazioni pensionistiche, trattamenti di famiglia o rendite corrisposti indebitamente da enti pubblici di previdenza per periodi anteriori al 1 gennaio 1996, prevista dall'art. 1, commi 260 e 261, l. 23 dicembre 1996 n. 662, e alla previsione del comma 265 che il recupero si esegue invece sull'intera somma in caso di dolo dell'assicurato, l'assenza di dolo costituisce un elemento costitutivo della fattispecie (una condizione dell'azione di ripetizione) e, quindi, il relativo accertamento può essere compiuto dal giudice di merito indipendentemente dal fatto che sia stato eccepito dall'istituto previdenziale. Tuttavia sull'assicurato non grava l'onere di provare l'assenza di dolo, il quale ultimo ai fini della decisione può ritenersi sussistente solo se positivamente provato. (Nella specie la S.C. ha fatto applicazione della normativa richiamata quale jus superveniens e ha confermato la decisione impugnata, disattendendo il motivo di ricorso diretto a lamentare che il dolo non era stato tempestivamente eccepito in primo grado dall'lnps, ma rilevato d'ufficio)."

Cassazione civile sez. lav., 29 aprile 1997, n. 3728 "Le indebite erogazioni di prestazioni pensionistiche per integrazioni al minimo relative al periodo anteriore al 1 gennaio 1996 sono regolate esclusivamente dalle norme retroattive di cui ai commi 260, 261, 262, 263 e 265 dell'art. 1, l. 23 dicembre 1996 n. 662, che sostituiscono, per il periodo indicato, la precedente normativa e che si applicano anche alle somme già recuperate dall'ente previdenziale."

Cassazione civile sez. lav., 17 maggio 1997, n. 4424 Inps c. Marelli Giust. civ. Mass. 1997, 783

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"Gli indebiti previdenziali verificatisi anteriormente al 1 gennaio 1996 sono regolati dalla disciplina prevista dall'art. 1, commi 260 ss., della legge n. 662 del 1996, disciplina applicabile d'ufficio, quale jus superveniens, in tutti i giudizi ancora non definiti con sentenza, ancorché la nuova normativa sia intervenuta nelle more tra la decisione e la pubblicazione della sentenza; tali indebiti devono pertanto ritenersi fonte costitutiva dell'obbligazione restitutoria solo quando si tratti di erogazioni eseguite nei confronti di pensionati con reddito personale Irpef per l'anno 1995 di importo non superiore ai sedici milioni, e nei soli limiti di un quarto dell'erogazione, salvo che si accerti il dolo del pensionato in ordine all'esecuzione delle prestazioni non dovute."

Cassazione civile sez. lav., 30 maggio 1997, n. 4786 Inps c. Mezzadri Giust. civ. Mass. 1997, 869 Il principio è stato ribadito dalle sentenze nn. 240, 401, 931, 3063 del 1998, sulla basa di considerazioni di indole letterale e sistematica, nonché dalla recente sentenza n. 11320/99 e da quella n. 30/2000 s.u. Si veda, per esempio sia in massima, che per esteso la sentenza n. 3063/98: "Agli indebiti pagamenti di prestazioni previdenziali verificatisi anteriormente al 1 gennaio 1996 (e specificamente agli indebiti per integrazioni della pensione al minimo effettivamente non dovute - anche in dipendenza di liquidazione di pro rata estero - e per ingiustificati pagamenti di assegni familiari) si applica in via esclusiva la norma di cui all'art. 1, comma 260 I. 23 dicembre 1996 n. 662, in quanto la stessa, come evidenziato da una serie di elementi letterali e logici, introduce, con effetto retroattivo ed in via transitoria, un assetto normativo incompatibile con il precedente."

Cassazione civile sez. lav., 23 marzo 1998, n. 3063 Lombardi e altro c. Inps Giust. civ. Mass. 1998, 640 Sentenza N° 3063/98. Previdenza ed assistenza (assicurazioni sociali) - Assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti - Pensione in genere - Pagamento - Pagamenti indebiti - Di integrazioni al minimo (anche in relazione a pro rata esteri) e assegni familiari - Fattispecie anteriori al 1996 - Disciplina retroattiva e transitoria ex art. 1, commi 260 e 262, legge n. 662 del 1996 - Applicabilità - Carattere esclusione. SEZIONE LAVORO Composta dagli lll.mi Sigg. Magistrati: Dott. Paolino DELL'ANNO Presidente Fernando LUPI Consigliere Stefano Maria EVANGELISTA Consigliere Maura LA TERZA Consigliere Rel. Raffaele FOGLIA Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LOMBARDI LILIA, PAGLIAI ROSA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA ARNO 47, presso lo studio dell'avvocato FRANCO AGOSTINI, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;

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Ricorrente contro INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA BARBUTO, CARLO DE ANGELIS, GABRIELLA PESCOSOLIDO, giusta delega in atti; Controricorrente e sul ricorso n. 14963-95 proposto da: INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17 presso l'Avvocatura Centrale dell'istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA BARBUTO, CARLO DE ANGELIS, GABRIELLA PESCOSOLIDO, giusta delega in atti; Ricorrente incidentale nonché contro SARTINI IDA, GRAZIANO ANNA, MONTINI AURORA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA ARNO 47, presso lo studio dell'avvocato FRANCO AGOSTINI, che li rappresenta e difende, giusta delega in atti; Controricorrente al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 918-94 deI Tribunale di PRATO, depositata il 23-1 1-94 N.R.G. 1824-92; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11-12-97 dal Consigliere Dott. Maura LA TERZA; udito l'Avvocato BARBARIA su delega dell'avvocato De Angelis; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto CINQUE che ha concluso per l'accoglimento del ricorso incidentale, accoglimento per quanto di ragione. * * * FATTO Con distinti ricorsi al pretore del lavoro di Prato Sartini Ida, Fraziano Anna, Lombardi Lilia, Montini Aurora, e Pagliai Rosa premesso che l'Inps aveva loro richiesto la restituzione delle somme rispettivamente indicate, essendo state indebitamente corrisposte per integrazione al minimo non spettante per incompatibilità con la fruizione di altro trattamento pensionistico, sostenevano di non essere tenute alla restituzione invocando l'art. 52 della legge n. 88 deI 1989, perché l'indebito non era stato cagionato da un loro comportamento doloso, ma da un errore dell'Inps, che ben poteva conoscere l'esistenza della seconda pensione integrata, essendo l'erogatore di entrambe le prestazioni. Costituitosi l'Inps che si opponeva alla domanda, questa con sentenza del 6 aprile 1992 veniva accolta per tutte le ricorrenti, facendo applicazione dell'art. 52 legge 88-89. Sull'appello dell'Inps la Statuizione veniva parzialmente riformata dal Tribunale di Prato con sentenza del 23 novembre 1994. Il Tribunale distingueva le varie posizioni delle pensionate ed affermava la ripetibilità dell'indebito relativa alla Pagliai, che si era formato per integrazione al minimo corrisposta in periodo successivo alla erogazione del pro rata da parte di ente assicurativo straniero, in forza dell'espressa previsione dell'obbligo di recupero dell'anticipazione della pensione integrata sancito dall'art. 8 e legge 153-69. Parimenti ripetibile, a giudizio del Tribunale, era l'indebito relativo alla Lombardi che atteneva alla riscossione di assegni familiari non più spettanti a seguito del decesso del coniuge, non essendo applicabile l'art. 52 legge 88-89. Confermava invece la irripetibilità dell'indebito facente capo alle altre pensionate Graziano, Montini e Sartini ritenendo applicabile l'art. 52 legge 88-89 che trova applicazione in tutti i casi di errore dell'Inps salva che sussista il dolo del pensionato. Il Tribunale condannava quindi la Pagliai e la Lombardi alla rifusione della spese a favore dell'Inps e condannava l'Inps alla rifusione delle spese delle altre pensionate. Avverso detta sentenza propongono distinti ricorsi l'Inps soccombente nei confronti di Graziano, Montini e Sartini, nonché le pensionate Lombardi e Pagliai nei confronti dell'Inps. Gli Intimati di entrambi i ricorsi si sono costituiti con controricorso, e la Lombardi e la Pagliai hanno depositato memoria. DIRITTO I due ricorsi vanno preliminarmente riuniti. L'Inps, con un unico motivo, censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 52 legge 88-89 e dell'art. 6 legge 638-83 (NDR: D.L. 12.09.1983 n. 463 art. 6) in relazione all'art.

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360 nn. 3 e 5 cpc, deducendo che, trattandosi di indebito formatosi per integrazione al minimo non dovuta non dovrebbe essere applicato l'art. 52 della legge 88-89 ma l'art. 6 della legge 638-83 comma 11 quinquies, ove si prevede che le gestioni previdenziali possono procedere al recupero delle somme erogate in eccedenza anche in deroga ai limiti posti dalla normativa vigente; che peraltro con sentenza della Sez. un. 1965-95 si era ritenuto che nella fattispecie non al trattava di errore dell'Inps, stante la rilevata fisiologica sfasatura nel rapporto erogazione dell'integrazione al minimo ed accertamento del reddito. Le pensionate Lombardi Lilia e Pagliai Rosa con il primo motivo, che attiene invero solo alla posizione della Pagliai, censurano la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 8 della legge 153-69, dell'art. 52 della legge 88-89, dell'art. 80 RD 28 agosto 1924 n. 1422, dell'art. 2033 cod. civ nonché per motivazione insufficiente e contraddittoria, osservando che, pur essendo fisiologica la sfasatura temporale tra l'erogazione del pro rata provvisoriamente integrata al minimo e la liquidazione del trattamento estero, tuttavia occorre, pur sempre accertare se vi sia stato un errore dell'Inps nell'omettere la cessazione dell'integrazione in epoca successiva alla conoscenza della liquidazione della prestazione da parte dell'ente assicurativo straniero, perché in tal caso l'indebito non sarebbe più fisiologico, ma sarebbe appunto frutto di errore. La sentenza viceversa aveva omesso del tutto di accertare se l'Inps avesse avuto conoscenza dell'erogazione del pro rata straniero e quindi era perciò, stesso meritevole di annullamento. Con il secondo motivo la Lombardi e la Pagliai censurano la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 152 disposizioni di attuazione al cod. proc. civ. in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 134 del 13.4.94 e per vizio di motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 cpc), per essere stato condannato alla rifusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio a favore dell'Inps, dal momento che l'art. 4 secondo comma della legge 14.11.92 n. 438 (NDR: D.L. 19.09.1992 n. 384 art. 4), che aveva abrogato l'art. 152 disp. att. cpc, era stato dichiarato incostituzionale con la citata sentenza della Corte Costituzionale. Entrambi i ricorsi sono fondati per quanto di ragione. Per stabilire se tutti gli indebiti per cui è causa siano ripetibili, la norma da applicare è quella intervenuta nelle more del presente giudizio di legittimità con la legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1 commi 260 e 261, trattandosi di indebiti relativi a periodo anteriore al primo gennaio 1996. Poiché detta legge è stata emanata in momento successivo alla proposizione del ricorso per cassazione, va seguito il principio generale per cui lo ius superveniens che introduca una nuova disciplina del rapporto in contestazione è rilevabile d'Ufficio in ogni stato e grado del procedimento (cfr. ex plurimis Cass. 398-95). La norma sopra citata pone come criterio per la recuperabilità dell'indebito formatosi per il periodo anteriore al primo gennaio 1996, relativo a pensioni o quote di pensione, ovvero assegni di famiglia l'ammontare del reddito del pensionato, imponibile ai fini Irpef per l'anno 1995, disponendo che l'indebito non può essere recuperato ove il reddito sia di importo pari o inferiore a 16 milioni, mentre è recuperabile nel limite dei tre quarti ove il reddito sia superiore a detto ammontare. Gli indebiti formatesi a seguito di percezione della integrazione al minimo (ancorché dipendente dalla liquidazione del pro rata estero, come nel caso della Pagliai) e assegni familiari non dovuti rientrano quindi nella previsione normativa. La norma sopra ricordata della legge finanziari deve essere applicata in via esclusiva, per gli indebiti formatesi prima del primo gennaio 1996, poiché introduce, con effetto retroattivo ed in via transitoria, una disciplina incompatibile con l'assetto normativo precedente (contenuto nelle varie leggi succedutesi nel tempo, ed aventi ciascuna natura speciale rispetto all'art. 2033 cod. civ., come già rilevato dalle sentenze delle Sezioni unite di questa Corte n. 3058 del 1995, nn. 1965 e 1967 del 1995), e ad essa pertanto si deve riconoscere carattere globalmente sostitutivo di tutte le disposizioni previgenti in materia. Deve infatti riconoscersi una sostanziale inconciliabilità con le disposizioni anteriormente vigenti, escludendosi, in particolare, che essa detti regola di secondo livello, applicabili cioè solo nel caso in cui l'indebito sia ripetibile secondo la normativa previgente. Si consideri infatti che: a) è stato introdotto, per determinare la ripetibilità o meno dell'indebito, il criterio oggettivo della consistenza reddituale del pensionato e dunque un criterio completamente diverso da quelli posti dalla normativa precedente di cui all'art. 80 RD 1422 del 1924, all'art. 52 L. 88 del 1989 e all'art. 13 L. 412-91, che si ispiravano al criterio soggettivo della non addebitabilità al

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pensionato del pagamento non dovuto, posto in luce come "principio di settore" dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 1996; si consideri anche la assoluta novità della norma sulla non estensibilità del recupero agli eredi , di cui al comma 263, e l'inclusione nella disciplina dei trattamenti di famiglia (che nella normativa precedente erano esclusi, cfr. Sez. Un. n. 1316 del 1995) per cui non sembra ipotizzabile un concorso di norme, ma piuttosto l'effetto abrogativo prodotto dalla norma più recente ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale; b) le nuove norme sono formulate con letterale riferimento all'"indebito", senza alcuna distinzione e non già con riferimento all"'indebito ripetibile secondo la normativa previgente": la parte eventualmente riconosciuta irripetibile in forza di tale regime, non perderebbe per ciò solo il connotato dell'indebito, ossia di erogazione senza titolo e quindi non si sottrarrebbe, per sua natura, alla nuova disciplina. Né si può sostenere che con la parola "recupero" si intenda riferirsi alla fase esecutiva e non alla qualificazione giuridica in termini di "ripetibilità", in quanto anche nelle leggi precedenti si è fatto uso del termine recupero, ed infatti all'art. 52 dalla L. 88-89 si dispone: "Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo ai recupero... "; all'art. 6 comma 11 quinquies della legge 638-83 si dispone analogamente: "Le gestioni previdenziali possono procedere al recupero sul trattamento di pensione delle somme erogate in eccedenza ..."; c) la normativa ha un'evidente pretesa di esaustività, come dimostrato dalla latitudine della previsione, tale da coprire ogni ipotesi di indebito e dall'autosufficienza del sistema conseguente all'applicazione del suddetto criterio oggettivo. Peraltro essa elimina innovativamente la possibilità di ripetizione totale dell'indebito, che pure era prevista da tutta la normativa precedente, prevedendo il recupero solo di tre quarti di quanto ricevuto senza titolo; d) Il comma 264, che concerne esclusivamente l'indebito relativo a pensioni di guerra, richiama però integralmente i commi 260, 261 e 262 sugli indebiti per prestazioni Inps e Inali per cui, salve le eccezioni espressamente previste nello stesso comma 264, la disciplina e la stessa sia per l'indebito previdenziale sia per l'indebito relativo a pensioni di guerra. Il comma 264, prevedendo la salvezza dei provvedimenti di revoca e di recupero già emanati "in base alla precedente disciplina", sta a dimostrare che la disciplina introdotta dai commi 260, 261 e 262 prescinda dall'applicazione della normativa precedente, dal momento che, quando la si è voluta far salva, lo si è specificato espressamente; e) la ratio di una legge che, come la n. 662 del 1996, ha la dichiarata funzione di dettare misura di razionalizzazione della finanza pubblica, mentre suggerisce una chiave di lettura delle disposizioni da essa introdotte improntate ad una logica di equo contemperamento delle esigenze di bilancio con gli interessi privati, appare, invece, inconciliabile con un'interpretazione che abbia l'effetto di restringere ancora di più l'area del recupero; ed infatti ipotizzando il concorso tra la precedente normativa e quella introdotta dalla finanziaria, il recupero sarebbe consentito alla duplice condizione di essere l'indebito ripetibile secondo la previgente normativa (così escludendo a priori dal recupero tutti i casi in cui l'indebito sarebbe da considerarsi irripetibile alla luce del contesto (normativa precedente) e di avere l'interessato un reddito superiore ai sedici milioni nel 1995; e ove pure entrambe le condizioni si verificassero non vi sarebbe in nessun caso un recupero integrale ma solo limitato ai tre quarti della somma indebitamente riscossa; f) Né si può diversamente argomentare dal richiamo alle "più favorevoli disposizioni della presente legge" che si rinviene nel comma 264, e ciò per una pluralità di ragioni; anzitutto perché introdurre modifiche alla legislazione di spesa, ove ciò sia necessario per salvaguardare l'equilibrio del bilancio statale ed a perseguire gli obiettivi della programmazione finanziaria (v. Corte Cost. 31 marzo 1995 n. 99). Accertata dunque che le uniche disposizioni da applicare, per determinare la recuperabilità o meno dell'indebito per cui è causa, sono quelle di cui ai commi 260 e seg. dell'art. 1 legge 662-96, spetterà al giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di Pistoia, di accertare la misura del reddito personale imponibile Irpef per l'anno 1995 delle pensionate e quindi decidere se l'indebito sia irripetibile nella sua interezza, ovvero nei limiti di un quarto dell'importo riscosso. La cassazione della sentenza determina l'assorbimento della censura mossa dalle ricorrenti Lobardi Lilia e Pagliai Rosa in ordine alla condanna alle spese disposte dal Tribunale. Lo stesso giudice provvederà a regolare le spese anche del presente giudizio.

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* * * P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, e li accoglie entrambi per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Pistoia. Così deciso in Roma l'11 dicembre 1997Pm enP nnd argomento Cass. 8 agosto 1997 n. 7373; Cass. 14 luglio 1997 n.rot eul369; Cass. 17 marzo 1997 n. 2333. L'interpretazione, dunque, proposta dall'ente previdenziale è, si ribadisce, del tutto coerente con l'elemento letterale e sistematico tenuto conto della ratio legis. A nulla sarebbe valso l'intervento (omogenizzatore ed estensivo) del legislatore (per il periodo a tutto il 31/12/95), se condizione di applicabilità della (nuova) normativa fosse l'inapplicabilità di quella preesistente. E nel quadro di contemperamento fra gli interessi del pensionato e quelli della finanza pubblica allargata (e la manovra di bilancio esprime appunto un contemperamento), pare coerente con il sistema il discrimine reddituale, posto che per coloro che hanno posseduto nell'anno 1995 un reddito superiore a 16.000.000 è ragionevole una più attenuata tutela dell'affidamento, tenuto conto anche del principio di rateazione (oltre che della parziale irripetibilità) normativamente sancito. Conclusivamente la domanda attorea principale va respinta, atteso che nulla, alla data dell'entrata in vigore della nuova normativa, era già stato recuperato. A stessa conclusioni deve giungersi, (si veda Cass su n. 4809/05), quanto alla interpretazione della legge 448/01 in parte qua, che quindi deve ritenersi, di nuovo, sostitutiva delle precedenti, salvo quanto già recuperato, (ma parte ricorrente ciò non allega in guisa specifica), e la legittimità di quanto già eventualmente recuperato necessariamente dopo, attesa la data di richiesta di restituzione de qua, l'entrata in vigore della novella del 96, va scrutinato alla luce delle disposizioni di quest'ultima legge e non già della novella del 91 Semplicemente la Corte Suprema ha ribadito i principi cui già l'ente si era attenuto in sede amministrativa e cioè che l'indebito, prima eventualmente, parzialmente ripetibile, in relazione al reddito del 95, può diventare per la parte ancora eventualmente non recuperata all'atto di entrata in vigore dell'ultima novella, totalmente irrepetibile, ove per l'anno 2000 divenga sussistente il requisito reddituale prima mancante Nella specie è incontestato che sia per l'anno 95 sia per l'anno 2000 non sussistesse il requisito reddituale di legge, onde l'infondatezza della pretesa circa la irripetibilità dei residui 3/4 alla stregua delle disposizioni di entrambe le novelle. Va, invece, accolta quella svolta in via gradata, posto che non sussiste la prova dell'esistenza di atti interruttivi antecedenti a quello allegato dalla stessa parte ricorrente e che il termine relativo è pacificamente decennale.

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Infatti, osserva il tribunale, la comunicazione di cui al doc n. 1 semplicemente, per quanto qui rileva, recita "entro brevissimo tempo le invieremo il prospetto dettagliato contenente i nuovi elementi di liquidazione e comunicazione circa l'eventuale debito costituitosi", né vi è prova della relativa ricezione. Né vi è prova, a fronte delle contestazioni di parte ricorrente all'odierna udienza, della recezione del doc n. 2, anche ritenendo, ma è dubitabile, che le contro eccezioni di interruzione non siano precluse dalla tardiva costituzione dell'ente, come ex adverso, tempestivamente eccepito. Quanto alla domanda di restituzione circa eventuale trattenute effettuate in relazione alla parte dell'indebito divenuto irrepetibile per intervenuta prescrizione del diritto di ripetizione, delle stesse non vi è prova, onde la reiezione anche di tale capo della domanda Spese compensate alla luce della reciproca soccombenza

P.Q.M.

definitivamente pronunciando,ogni diversa domanda od eccezione disattesa e respinta: dichiara irrepetibile per intervenuta prescrizione estintiva decennale quanto corrisposto indebitamente nel decennio calcolato a ritroso dalla recezione della richiesta di rimborso (30.01.98 ). Respinge le domande attoree residue Compensa le spese di lite Modena, li 28.09.05

IL G.D.L. Dott. Claudio Bisi

Depositato in Cancelleria il 24 OTT 2005