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RELAZIONE GENERALE

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RELAZIONE GENERALE

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 1

Università della Calabria

Dipartimento di Difesa del Suolo Arcavacata di Rende (CS)

Convenzione per una consulenza tecnico-scientifica avente come oggetto l'esecuzione

di una indagine idrologico-idraulica per la messa in sicurezza idraulica dell’abitato di

Mirto, nel comune di Crosia (CS).

Indagine conoscitiva e proposte d’intervento

INDICE

Premessa

1. Caratterizzazione del territorio comunale di Crosia

1.1 Caratterizzazione idrologica

1.2 Inquadramento geologico

1.3 Aspetti geomorfologici

2. Il rischio idraulico nel territorio dell’abitato di Mirto

2.1 Informazioni sul dissesto idrogeologico da fonti territoriali tecniche (PAI)

2.2 Eventi alluvionali da fonti storico-archivistiche (emeroteche, banche dati)

2.3. Criticità documentate: rischio idraulico

3. Metodi di stima della portata al colmo

3.1 Metodo VAPI

3.2 Modellistica afflussi-deflussi

3.3 Metodo del coefficiente udometrico

3.4 Calcoli idraulici per il dimensionamento di massima dei canali

4. Interventi proposti

4.1 Fosso Petraro 4.1.1 Allargamento tombino del sottopasso ferroviario con relativa canalizzazione fino al mare (con

eventuale laminazione della portata con cassa di espansione a monte del sottopasso).

4.2 Fosso Decanato 4.2.1 Vasca di laminazione in linea nei pressi della palestra comunale.

4.2.2 Ripartizione del canale in corrispondenza della curva a 180° in area Centro Fontane.

4.2.3 Allargamento del canale chiuso a vetri di Viale Ionio, con escavazione e ricostituzione della

carreggiata stradale al di sopra di un tombino a sezione chiusa ispezionabile fino al mare.

4.2.4 Adeguamento canale di drenaggio da Centro Fontane a Viale degli Oleandri.

4.3 Frazione Sorrento 4.3.1 Adeguamento del sistema di canalizzazione del deflusso superficiale dalle colline e conferimento

al fiume Trionto (con eventuale vasca di carico e valvola a una via inserita nell’argine).

4.4 Pantano Martucci 4.4.1 Smaltimento acque piovane con ripartizione della canalizzazione in due percorsi, a partire da

attraversamento stradale preesistente

4.5 Torrente Fiumarella

5. Conclusioni

Appendici

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 2

PREMESSA

In generale, uno dei problemi più complessi che occorre risolvere al fine di contrastare il dissesto

idrogeologico è senza dubbio la regimazione delle acque, ovverosia la progettazione e l’esecuzione

delle opere di sistemazione idraulica che permettono di contenere l'azione, a volte distruttrice, delle

acque di pioggia che producono eventi di piena lungo gli alvei di torrenti e fiumi. Tale problema

diventa sicuramente di più articolata soluzione quando la regimazione interessa un centro urbano

privo di un piano territoriale che identifichi una corretta canalizzazione delle acque di pioggia.

La progettazione delle opere idrauliche necessarie per la mitigazione del rischio di esondazione

comporta necessariamente l'analisi del fenomeno delle portate di piena nelle sezioni di interesse. Se,

come purtroppo spesso accade, non vi sono dati misurati sulle portate defluenti in un corso d'acqua,

si deve ricorrere a metodi probabilistici che, con diverso grado di approfondimento in relazione al

caso di studio, utilizzano i dati pluviometrici ma che sono basati, almeno in parte, su relazioni

empiriche in grado di fornire la stima della portata con un certo livello di approssimazione.

Questo elaborato costituisce la relazione idrologico-idraulica per l’identificazione di proposte

progettuali per la messa in sicurezza idraulica dell’abitato di Mirto nel comune di Crosia (CS),

oggetto specifico di una consulenza tecnico-scientifica del Dipartimento di Difesa del Suolo

dell'Università della Calabria a favore dell’Amministrazione Comunale di Crosia (CS).

Nel dettaglio, la relazione contiene un inquadramento fisico-territoriale dell’area esaminata, le

indagini di massima, i sopralluoghi e i calcoli di fattibilità sviluppati per l’identificazione di

interventi di sistemazione idraulica della frazione di Mirto nel comune di Crosia (CS), che allo stato

attuale evidenzia un elevato livello di disordine idraulico causato dalla scarsa capacità della rete

artificiale di raccolta delle acque piovane nello scarico verso i corpi idrici ricettori.

La situazione nella zona oggetto è sicuramente delicata, com’è apparso chiaro a seguito dei

sopralluoghi guidati che hanno messo in luce le problematiche relative alla canalizzazione delle

acque piovane dell’area costiera del Comune di Mirto. L’attività svolta dal gruppo di studio,

supportata nei sopralluoghi e per il dettaglio cartografico dai tecnici comunali, si è concretizzata

nella predisposizione di alcune proposte d’intervento per la mitigazione di effetti connessi alle

precipitazioni intense, da finalizzare in progettazioni strutturali mediante studi specifici

necessariamente più accurati. Tali interventi riguardano essenzialmente:

la manutenzione e il ripristino di opere idrauliche già presenti sul territorio;

la predisposizione di nuove opere finalizzate alla laminazione delle piene e alla ripartizione delle

acque dei canali interessati.

Si vuole ribadire a questo punto, che tutte le nuove canalizzazioni relative agli interventi proposti,

nonché quelle già esistenti dei tratti non considerate esplicitamente in questo studio, devono essere

adeguatamente mantenute con mezzi meccanici atti a tenere fondo e sponde libere da vegetazione

densa, con periodici sfalci e ripristino della massima officiosità possibile. La non ottemperanza di

tale accorgimento renderebbe ovviamente inefficaci gli studi effettuati, a causa dell’enorme

scabrezza che assumerebbero gli alvei (che se considerate nei calcoli darebbero luogo a sezioni

sovradimensionate), con diminuzione della velocità in alveo e conseguente esondazione della

portata.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 3

1. CARATTERIZZAZIONE DEL TERRITORIO COMUNALE DI CROSIA

Il territorio comunale di Crosia, un comune costiero del Basso Ionio Cosentino, è localizzato nel

settore ionico settentrionale della Calabria (figura 1). Il territorio comunale ha un’estensione pari a

circa 21.3 km2, con una quota massima di 277 m s.l.m. e un’altitudine media di 230 m s.l.m.

L’area di studio, rappresentata sostanzialmente dal centro urbano di Mirto, oltre a trovarsi in una

posizione facilmente raggiungibile grazie alla rete buona viaria esistente, è anche caratterizzata da

risorse ambientali di un certo interesse (alvei fluviali imponenti, folta vegetazione, sviluppo

costiero), che ne aumentano la potenzialità territoriale e possono costituire punti di forza per una sua

riqualificazione, quanto meno a livello provinciale.

Ben visibile è lo sviluppo attuale degli insediamenti abitativi e l’agricoltura intensiva rispetto alla

situazione che si evidenziava nella cartografia in scala 1:10000, rilevata negli anni 1957-59 dalla

Cassa del Mezzogiorno (figura 1.1).

Il territorio in esame è adesso caratterizzato dalla presenza di due tipologie di sviluppo:

1) il centro storico con viuzze, palazzi antichi ed il castello di Mirto che propone spunti di interesse

naturalistico ed a carattere ambientale, mostrando ancora diverse tracce della strutturazione

originaria del territorio;

2) il centro urbano della frazione di Mirto con il Lido Centro Fontane, il Pantano Martucci, i nuclei

di Sorrenti e Quadricelli che hanno proiettato l'antico centro di Crosia verso uno sviluppo

urbanistico, demografico e commerciale più moderno.

Purtroppo, però, il territorio di Mirto, soggetto come tutti i comuni costieri calabresi ad evidenti

pressioni antropiche (sovraffollamento estivo, problemi di depurazione e gestione delle acque,

inquinamento diffuso), è gravemente afflitto anche da fenomeni di degrado urbano e abusivismo

molto diffusi (discariche abusive, orti urbani, cave in abbandono, aree industriali dismesse, impluvi

interrati e canalizzazioni artificiali di scarsa officiosità), a cui sarebbe necessario porre rimedio per

dare maggiore visibilità alle valenze turistiche e naturalistiche del territorio.

1.1 Caratterizzazione idrologica

Il corso d’acqua più importante dell’area è sicuramente il Fiume Trionto, cui compete un bacino

idrografico di 288 km2. Tra gli altri bacini minori dell’area si segnalano il Torrente Fiumarella (31.9

km2), il Fosso Petraro (2.4 km

2), il Fosso Decanato (2 km

2) e la rete minore compresa tra Petraro e

Fiumarella (1.9 km2).

Il territorio del centro urbano di Mirto è sicuramente ad elevato rischio idraulico, come testimoniato

dai numerosi allagamenti che nel recente passato hanno colpito direttamente il centro urbano e il

territorio compreso tra il litorale ionico, l’argine destro del fiume Trionto e le alture alle spalle

dell’abitato. Tale problema, la cui analisi costituisce l’interesse principale di questo studio, è dovuto

alla insufficiente rete di canalizzazione artificiale delle acque di pioggia.

Un primo elenco delle criticità rilevate, più diffusamente trattate nel paragrafo dedicato agli eventi

storici, è sintomatico del notevole grado di disordine idraulico della zona.

Tanto per citare alcune delle diverse situazioni di rischio idraulico di allagamento per esondazione e

inefficiente delle acque piovane identificate nel sopralluogo, le acque di deflusso superficiale causate

da piogge intense, ancorché non adeguatamente sfiorate in caso di piena, sono fatte affluire senza la

dovuta attenzione verso l’impianto di depurazione situato all’interno del Pantano Martucci,

causandone il frequente allagamento e creando seri problemi di funzionamento dell’impianto e di

sicurezza per l’area.

La frazione Sorrento è molto spesso allagata per le acque di pioggia che non riescono ad essere

collettate e smaltite correttamente verso l’argine del fiume Trionto, con gravissimi problemi di

circolazione stradale e allagamenti di abitazioni civili.

La gradevole zona litoranea è frequentemente allagata per l’inadeguato conferimento a mare del

deflusso superficiale dovuto ad eventi pluviometrici intensi. La situazione è aggravata in questo caso

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da ulteriori problemi di crollo della carreggiata stradale del lungomare, oggetto di una recente

riqualificazione urbana.

Figura 1.1. Cartografia dell’area in scala 1:10000, rilevata negli anni 1957-59 dalla Cassa del Mezzogiorno,

confrontata con l’attuale vista aerea (da google earth).

Lo studio presentato in questa relazione riguarda la mitigazione del rischio idraulico di allagamento

della fascia di territorio che interessa l’area urbana del Comune di Crosia racchiuso tra la costa

ionica, l’argine destro del fiume Trionto e le colline poste alle spalle del centro urbano. In

particolare, lo studio si è incentrato sulle problematiche idrauliche presenti nelle aree di Fosso

Petraro, Fosso Decanato, Pantano Martucci, Frazione Sorrento e Torrente Fiumarella.

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Figura 1.2. Corografia dell’area (in azzurro, i confini comunali di Crosia).

Sottobacino A (km2) Hmed (m) Pendmed

bacino (%)

Bacino non identificato (Pantano Martucci)(*)

4.03 0.0 0.0

Fosso Petraro 4.76 60.0 13.3

Canale Bura 0.32 12.6 6.5

Fosso Trentuno I 0.56 28.7 7.2

Fosso Trentuno II 0.29 17.6 6.6

Canale Valle di Carro 0.76 48.7 9.1

Torrente Fiumarella(*)

31.9 201.1 22.53

Fiume Trionto (frazione Sorrento)(*)

288.82 804.6 36.12

Tabella 1.1. Grandezze morfologiche caratteristiche dei sottobacini. (*) Valori numerici riferiti all’intero sottobacino, con aree esterne al confine comunale.

Il dettaglio delle diverse aste fluviali presenti nei vari sottobacini è riportato nella figura 1.3, ottenuta

mediante tracciamento automatico delle linee di deflusso e degli spartiacque idrologici da un modello

digitale del terreno in scala 1:1000. Le aree riportate per i vari sottobacini saranno utilizzate per la

stima della portata nelle varie sezioni drenanti prese in esame nello studio.

Bacino non identificato

(Pantano Martucci)

Fosso Petraro

Canale Valle di Carro

Fiume Trionto

(Frazione Sorrento)

Torrente Fiumarella

Fosso Trentuno II

Fosso Trentuno I

Canale Bura

Fosso Decanato

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1.2 Inquadramento geologico

Le caratteristiche geologiche del territorio comunale di Crosia si possono desumere dal foglio n. 230

I SO “Calopezzati” della Carta Geologica d’Italia a scala 1:25.000 dell’I.G.M. (Carta Geologica della

Calabria). Il territorio presenta una forma sub-triangolare, i cui lati sono elementi naturali

caratterizzanti:

• la fiumara Trionto, con andamento N-S;

• il torrente Fiumarella, con andamento NE-SO;

• un tratto di costa ionica con andamento NO-SE.

Tali confini naturali possono essere considerati delle vere e proprie invarianti del paesaggio, con un

rapporto di influenza reciproca con il resto del territorio circostante, cioè con la collina plio-

pleistocenica, i depositi alluvionali quaternari (collegati al sistema fluviale principale) ed i depositi

del litorale, modellati dalle correnti marine e dal vento. L'area analizzata è costituita prevalentemente

dai terreni plio-pleistocenici e, in misura minore, da depositi del Miocene superiore.

La giacitura dei terreni, partendo dai più antichi a quelli più recenti e da monte verso valle, si articola

come di seguito descritta:

a) Argille marnose con sottili intercalazioni arenacee (Miocene superiore);

b) Arenarie stratificate con interstrati limosi e marnosi (Miocene superiore);

c) Sabbie monogranulari gialle, con locali intercalazioni calcarenitiche (Pliocene inferiore);

d) Argille siltose grigio-azzurre (Pliocene medio-superiore);

e) Conglomerati alluvionali terrazzati (Pleistocene);

f) Conglomerati e sabbie bruno-rossastre (Pleistocene);

g) Dune e sabbie eoliche, stabilizzate (Olocene);

h) Dune e sabbie eoliche, mobili (Olocene);

i) Alluvioni, ciottolose e sabbiose, dei letti fluviali e del litorale (Olocene);

Dal punto di vista tettonico, l'area indagata è interessata da un sistema di faglie dislocate intorno al

centro storico di Crosia, che possono essere aggregate allo stesso stile tettonico, avendo mediamente

una direzione est-ovest. Alle faglie è da attribuire la scomposizione degli strati, che nel loro assetto

normale possono considerarsi monoclinalici, con immersione nord-est e una pendenza media di circa

25°.

1.3 Aspetti geomorfologici

Da un'analisi di massima, possiamo dividere l'area indagata in due zone. La parte a monte è

caratterizzata da un sistema di dossi e colline delimitati da larghi letti di fiumara (soprattutto ad

ovest, per la presenza Trionto). Il paesaggio è prevalentemente ondulato, con larghe vallate e pendii

lievi, a volte interrotti da gradini morfologici; tali caratteristiche favoriscono soprattutto un'erosione

per ruscellamento diffuso. La seconda zona è costituita dalla fascia costiera, che in corrispondenza

delle foci fluviali si allarga e si espande nell'entroterra, modellata soprattutto dalle acque marine e

vento. L'area che raccorda le due zone prima descritte, coincide con la piana alluvionale del delta del

Trionto e, in misura minore, del torrente Fiumarella. Quest'area ha subito le maggiori trasformazioni

antropiche, iniziate con le opere di bonifica avvenute tra il 1860 e il 1870 a seguito della costruzione

della linea ferroviaria Taranto-Reggio Calabria, che ha condizionato lo sviluppo urbanistico

successivo.

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Figura 1.3. Dettaglio CAD dei sottobacini delle varie aste fluviali.

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Figura 1.4. Stralcio della Carta geologica di parte dell’area del Comune di Crosia e relativa legenda.

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2. IL RISCHIO IDRAULICO NEL TERRITORIO DELL’ABITATO DI MIRTO

La collocazione geografica della frazione di Mirto del comune di Crosia (CS) e la sua altitudine

conferiscono all’area un clima temperato caldo tipicamente mediterraneo, con estati calde e inverni

in genere miti, e un massimo di precipitazioni durante l’inverno. In altri termini, il clima è

generalmente asciutto e costante, con cielo prevalentemente sereno.

Il regime delle precipitazioni è caratterizzato da piogge invernali, principalmente tra novembre e

marzo, e da un periodo prevalentemente arido compreso tra maggio e ottobre. Le precipitazioni sono

influenzate anche dalla presenza delle propaggini dell’altopiano silano, che fanno da sbarramento

alle correnti umide provenienti dallo Ionio, per cui la zona interna riceve maggiori quantità di

pioggia rispetto a quella costiera.

La particolare configurazione orografica della zona influisce, oltre che sulla quantità e sulla

distribuzione delle piogge, anche sulle caratteristiche termometriche. In generale la temperatura

media annua si aggira intorno ai 17°C, con medie mensili del periodo estivo che raggiungono valori

prossimi ai 30-35°C e valori delle temperature medie invernali quasi sempre al di sopra dei 5°C.

2.1 Informazioni sul dissesto idrogeologico da fonti territoriali tecniche (PAI)

Il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) della Calabria, adottato dall’Autorità di Bacino Regionale in

data 29/10/2001, costituisce un primo intervento unitario e organico di pianificazione sul territorio

regionale a partire dalle tematiche sulla sicurezza e sulla difesa del suolo. Nato come piano stralcio

del più esteso e complesso piano di bacino, il PAI nasce con l’intento di fornire un accettabile quadro

di riferimento territoriale per la programmazione delle attività antropiche in modo compatibile con le

dinamiche evolutive del territorio.

La cartografia prodotta nel piano stralcio persegue l’obiettivo di garantire al territorio di competenza

dell’Autorità di Bacino Regionale (ABR) adeguati livelli di conoscenza necessari per lo sviluppo di

interventi (strutturali e non) atti a mettere in sicurezza il territorio rispetto all’assetto geomorfologico

(dinamica dei versanti e conseguente pericolo di frana), idraulico (dinamica dei corsi d’acqua e

conseguente pericolo d’inondazione), e costiero (dinamica della linea di riva e conseguente pericolo

di erosione costiera).

Il PAI riporta la situazione cartografica relativa ad un certo rischio naturale, così come identificato

dall’Autorità di Bacino al 31 ottobre 2001 tramite indagini e/o rilevamento storico estese a tutto il

territorio di sua competenza. Tale quadro informativo è aggiornato con i risultati di successive

indagini che dovrebbero essere attuate e rese disponibili all’Autorità di Bacino. Sulla base delle

caratteristiche dei fenomeni rilevati o attesi, il PAI disciplina quindi l’uso del territorio nelle:

aree perimetrate mediante modellazione analitica con attribuzione delle classi R1, R2, R3, R4;

aree storicamente inondate e/o localizzate dai Piani di Protezione Civile;

aree all’intorno di tratti e punti critici rilevati (riduzioni di sezioni, ostruzioni, rotture d’argine,

ecc), indicate negli elaborati del PAI come aree, linee e punti di attenzione.

Di conseguenza sono identificate quattro classi di rischio:

• R1 (rischio moderato): danni sociali, economici e ambientali marginali;

• R2 (rischio medio): possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale

che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle

attività economiche;

• R3 (rischio elevato): possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici

e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, interruzione di funzionalità delle attività

socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale;

• R4 (rischio molto elevato): possibili perdite di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi

agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale.

Dalle cartografie di base e di sintesi contenute negli elaborati del PAI è possibile dedurre utili

informazioni per una caratterizzazione generale del territorio del comune di Mirto Crosia.

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Ad esempio, dalla carta dei vincoli (PAI, elaborato n. 9, scala 1:250.000) si evince che tutta la

superficie di indagine è soggetta a vincolo idrogeologico, con alcuni siti soggetti anche a vincolo

archeologico. Da un punto di vista più generale, non risultano aree PIP (Piani degli Insediamenti

Produttivi) né aree ASI (Aree di sviluppo industriale). Dalla carta delle permeabilità (PAI, elaborato

n.3, scala 1:250.000) è possibile riscontrare un valore di permeabilità elevata in prossimità delle zone

vallive ed in prossimità della linea di costa, mentre nelle restanti zone del territorio comunale,

prevalentemente di tipo collinare, il valore della permeabilità può essere considerato pari ad un

valore di grado molto basso.

Lo sfruttamento del territorio, secondo quanto riportato dalla carta di uso del suolo (PAI, elaborato

n.4, scala 1:250.000), è basato principalmente su un’economia agricola poiché sono presenti sull’area

di interesse quasi totalmente terreni agricoli (oliveti, seminativi e frutteti).

Passando ai diversi rischi naturali, dalle tavole del PAI è evidente il fenomeno di erosione costiera

che coinvolge l’intero litorale di Crosia. In alcuni tratti il fenomeno erosivo ha assunto dimensioni

notevoli con arretramento della linea di battigia dell’ordine dei 60 m. Di conseguenza l’intera costa è

a rischio R3 e molti edifici presenti sul litorale risultano essere tra gli elementi esposti.

Per quanto riguarda il rischio idrogeologico, dalla carta degli elementi vulnerabili (PAI, elaborato

n.11, scala 1:250.000) in combinazione con la carta inventario delle frane relativa alle infrastrutture e

beni culturali ed ambientali (PAI, elaborato n.15.3, scala 1:25.000) è possibile identificare come

vulnerabili alcuni elementi infrastrutturali e di trasporto del territorio, come ad esempio le strade di

collegamento tra i comuni pedemontani, i centri abitati, ed infine il tratto di ferrovia e di strada

statale (106) che si snodano lungo la costa attraversando il territorio comunale.

In particolare, dalla carta delle aree vulnerate e degli elementi a rischio (PAI, tav. AV 078047 Crosia,

scala 1:25.000) si evidenziano come punti in condizioni di rischio accertato gli attraversamenti

stradali e ferroviari del fiume Trionto, e diversi punti che hanno subito danni nelle località Sorrento e

nel centro abitato.

Ancora, dalla carta inventario dei centri abitati instabili (PAI, elaborato n. 15.1, scala 1:10.000), nel

comune di Crosia si rileva la presenza di due frane attive di tipologia complessa poste a valle del

centro storico e una serie di frane quiescenti di diverse tipologie (complessa e di scorrimento-

colamento) al margine meridionale del centro storico. Per quanto riguarda la frazione di Mirto è

presente una sola frana quiescente per scorrimento. Inoltre, dall’analisi della carta inventario delle

frane e delle relative aree a rischio (PAI, elaborato n.15.2, scala 1:10.000) si segnala la presenza di

due zone interessate da rischio R4 e di un tratto lungo la strada provinciale in località Sorrento

interessato da rischio R1. Per quanto riguarda la frazione di Mirto è presente una sola area

classificata come R2.

Per quanto riguarda più propriamente il rischio idraulico, di precipuo interesse per la presente analisi,

le carte relative alla perimetrazione delle aree a rischio segnalano aree a rischio nel tratto terminale

del fiume Trionto (che costituisce il confine naturale tra i comuni di Rossano e Crosia) mentre per

l’asta del torrente Fiumarella sono individuate alcune aree e zone di attenzione. Per il centro abitato

della frazione di Mirto è indicato un solo punto di attenzione, in prossimità dell’intersezione tra il

tratto tombato del Fosso Decanato e gli attraversamenti stradali (SS 106) e ferroviari (Linea Taranto -

Reggio Calabria).

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Figura 2.1. Punti/zone/aree di attenzione e livelli di rischio individuati dal PAI per il comune di Crosia.

2.2 Eventi alluvionali da fonti storico-archivistiche (emeroteche, banche dati)

Una corretta ricerca dell’informazione storica sui principali eventi di dissesto idraulico che hanno

colpito una località, come nel nostro caso l’area dell’abitato di Mirto Crosia, può essere effettuata sia

consultando le banche dati on line rese disponibili da Centri di ricerca e/o di documentazione, sia

esaminando direttamente materiale cartaceo, documentaristico o fotografico, da biblioteche o archivi

di enti pubblici o privati. Nel primo caso, la banca dati più facilmente accessibile sul dissesto

idrogeologico in Calabria è sicuramente la banca dati ASICAL, di pubblico dominio sul sito web del

laboratorio Camilab dell’Università della Calabria (www.camilab.unical.it).

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Da questa banca dati, costituita da brevi note di cronaca giornalistica sui casi storici di dissesto,

integrata, per quanto è stato possibile, con ulteriori informazioni tecnico-scientifiche relative agli

eventi di dissesto idrologico più recenti, si è potuto ricavare il seguente elenco di notizie storiche di

eventi alluvionali che hanno interessato il Comune di Crosia:

Nel 1817 in località Sorrento, Pantano, Martucci c’è la notizia di un evento nel quale “...I

circoscritti fondi furono distrutti dal fiume Trionto” (livello di pericolo 2).

Il 13 dicembre 1905, c’è la notizia di un evento nel quale “a seguito al fortissimo temporale dei

giorni scorsi, oltre ai molti gravissimi danni cagionati alle private proprietà e lo straripamento del

F. Trionto e del T. Fiumarella, si ebbero ancora più gravi danni alle strade sia interne che esterne

di questo comune e per le innumerevoli frane avvertite in diversi punti dell’abitato e del territorio”

(livello di pericolo 2).

Nel dicembre 1905 a seguito del fortissimo temporale i fiumi Trionto e Fiumarella straripano e

provocano danni (livello di pericolo 4).

l’1 novembre 1964 l`alluvione nel bacino del fiume Trionto provoca danni ai centri abitati ed alle

colture (livello di pericolo 2).

Il 18 ottobre 1969 nell’abitato sono in piena tutti i corsi d`acqua che qua e la sono straripati;

abitazioni, negozi e magazzini sono rimasti allagati ed inondati (livello di pericolo 3).

Il 17 febbraio 1975 la SS531 è interrotta in prossimità del paese (livello di pericolo 2).

Il 5 febbraio 1981 a Mirto i danni del maltempo sono stati ingenti, soprattutto nel settore

dell’agricoltura, con uliveti e aranceti distrutti (livello di pericolo 2).

Il 2 gennaio 1985 a Mirto le incessanti piogge hanno causato una frana che, oltre al crollo parziale

della frana in pieno centro abitato, ha provocato danni alle tubature dell’acqua e

dell’illuminazione (livello di pericolo 1).

L’11 dicembre 1988 a Mirto marina la mareggiata ha causato ingenti danni. diverse case costruite

vicino al litorale sono state seriamente danneggiate e alcune sono state ritenute pericolanti per il

crollo di parte della struttura (livello di pericolo 2).

L’11 settembre 2000 nella frazione di Mirto esonda il Decanato ed inonda strade ed abitazioni

(livello di pericolo 2).

Il 10 settembre 2000 a Mirto la fortissima pioggia allaga la ferrovia e la blocca. Abitazioni, garage

e coltivazioni sono inondate dalle acque, la SS106 è bloccata, il F. Trionto ha superato il livello di

guardia (livello di pericolo 2).

Il 12 settembre 2000 in C.da Fiumarella sono state tratte in salvo due persone la cui abitazione è

stata invasa dalle acque (livello di pericolo 2).

Il 10 settembre 2000 a Mirto si sono allagate la stazione ferroviaria e molte abitazioni, le via più

colpite sono Via Telesio e Via Allende; strade impraticabili, la statale 531 Mirto-Longobucco e la

SS106 sono invase dai detriti nel tratto Mirto-Cariati. Il T. Trionto ha superato il livello di guardia

(livello di pericolo 3).

L’11 settembre 2000 a Mirto in via Allende è straripato il canalone Decanato inondando molte

abitazioni e binari ferroviari (livello di pericolo 3).

Il 12 settembre 2000 a Mirto, in contrada Fiumarella, e nelle zone di sottoferrovia le abitazioni

sono inondate dalle acque (livello di pericolo 3).

Più recentemente, nell’area si sono verificati episodi piovosi molto intensi che hanno provocato

l’allagamento di alcune aree. Di questi eventi più recenti si possono trovare alcune notizie

direttamente sul web. In particolare, il 25 novembre 2011 un evento pluviometrico molto intenso ha

colpito tutta la costa ionica cosentina. I vigili del fuoco hanno eseguito una decina d’interventi a

Rossano Scalo e Mirto-Crosia per liberare garage, scantinati e altri locali invasi dall'acqua a causa

delle forti piogge, senza peraltro conseguenze per le persone né danni gravi. Un breve filmato degli

effetti prodotti da questo evento pluviometrico, in cui è molto evidente la situazione di scarso

deflusso delle acque di pioggia nelle aree più depresse del centro urbano, si può trovare al sito web

www.youreporter.it.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 13

2.3. Criticità documentate: rischio idraulico

La conoscenza del territorio ottenuta attraverso il sopralluogo del 20 febbraio 2012 è stata necessaria

per familiarizzare con le problematiche locali, ascoltando anche i punti di vista di chi vive quelle

realtà territoriali. Successivamente, però, si sono cercati riscontri più oggettivi e una visione del

territorio basata su studi essenzialmente idraulico-idrologici.

Nella tematica del rischio idraulico è stata svolta un’accurata ricerca nel reperimento di materiale

documentale riguardante eventi alluvionali che hanno colpito l’abitato di Mirto marina. In tal senso

si è avuta la possibilità di costruire uno strato di conoscenze più concreto e oggettivo in merito ai

punti e alle zone di criticità idraulica.

Per ragioni di praticità e in via del tutto esemplificativa ci si riferisce alla figura di seguito illustrata

per individuare le criticità idrauliche documentate. Per maggiori dettagli si rimanda alle tavole

cartografiche allegate alla presente relazione d’indagine conoscitiva.

Figura 2.2. Criticità idrauliche documentate.

I

II

III

IV

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Fotogrammi A - Centro storico zona corso d’Italia. Raffronto canale Decanato vuoto e pieno in attraversamento

della strada principale. N° (I) criticità idraulica.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 15

Fotogrammi B – Le prime due foto ritraggono il sottopasso ferroviario (Viale della Pace) con evidenti problemi di

allagamento. Le successive due, il canale che drena anche le acque provenienti dal sottopasso ferroviario. L’ultima foto

è l’area non canalizzata che degrada verso Piazza Centro Fontane. N° (II) criticità idraulica.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 16

Fotogrammi C - Tratto artificializzato del fosso Decanato. Zona sub-urbana a valle del centro abitato di Mirto

caratterizzata da scampoli di campagna e orti, con prevalente presenza di agrumeti e uliveti. In destra idraulica, la

presenza di abitazioni della tipologia condominio con fenomeni di allagamento per esondazione del fosso Decanato.

N° (III) criticità idraulica.

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Fotogrammi D – Viale Ionico e zona Centro Fontane. N° (IV) criticità idraulica.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 18

3. STIMA DELLA PORTATA AL COLMO

La valutazione della portata di piena riferita a un prefissato periodo di ritorno è ottenuta, in genere,

mediante metodi probabilistici a partire dalle serie dei massimi annuali della portata al colmo di

piena, tramite l’identificazione di una funzione di probabilità cumulata che interpreti adeguatamente

la variabile casuale in esame e la stima dei parametri che la caratterizzano. Nel frequente caso di

mancanza di dati storici relativi alle portate, è ancora possibile adottare metodi probabilistici purché

si usi un approccio regionalizzato. In altre parole, la procedura probabilistica è strutturata in modo

tale da utilizzare, per la stima di alcuni (o tutti) i parametri di definita variabilità spaziale (da

verificare), campioni di sufficiente numerosità ottenuti mettendo insieme le serie storiche disponibili

nelle porzioni di territorio che si dimostrano spazialmente omogenee rispetto al parametro da

stimare.

Per un confronto delle stime di portata ottenute con modelli probabilistici, come suggerito

dall’Autorità di Bacino regionale, si sono eseguite alcune simulazioni anche con un semplice

modello di trasformazione afflussi-deflussi, per il cui impiego occorre determinare le curve di

probabilità pluviometrica caratteristiche dell’area in esame.

Una valutazione di prima approssimazione della portata al colmo è stata inoltre ottenuta ricorrendo a

un studio regionale dei coefficienti udometrici, recentemente redatto per la regione Calabria

(Dipartimento di Difesa del Suolo, 2010), che si rileva molto utile soprattutto per bacini di piccole

dimensioni per i quali non appare necessario sviluppare più impegnative e complesse procedure di

calcolo. L’applicazione dei modelli per la stima delle portate al colmo è comunque vincolata alla

conoscenza dei valori caratteristici di alcune grandezze morfologiche e idrologiche dei bacini in

esame. In particolare si tratta dei valori dell’area del bacino, di lunghezza e pendenza delle aste

principali, dei parametri temporali caratteristici, per la cui determinazione è necessario procedere a

un’analisi morfologica preliminare dei bacini.

Dati pluviometrici

Poiché la stazione di misura di Crosia non possiede dati pluviometrici sufficienti per le elaborazioni

statistiche richieste, l’informazione concernente la piovosità intensa dell’area oggetto dell’indagine è

stata desunta dalle stazioni di misura dotate di pluviografo registratore che ricadono nelle immediate

vicinanze del territorio in oggetto. In particolare si è fatto riferimento alle curve di probabilità

pluviometrica (CPP) determinate per le stazioni di Rossano (50 anni di osservazione, 300 m s.l.m.) e

di Pietrapaola (50 anni di osservazione, 300 m s.l.m.). Le due stazioni sono poste a circa 12 km

dall’abitato di Mirto e quindi entrambe influiscono sulla stima della CPP di Mirto con peso pari a

0.5. Le corrispondenti serie dei massimi di piogge orarie sono riportate in appendice.

Figura 3.1. Stazioni di misura pluviometriche utilizzate (Rossano e Pietrapaola).

Le espressioni delle curve di probabilità pluviometrica corrispondenti a T=200 anni per Rossano e

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 19

Pietrapaola, ottenute con il modello probabilistico TCEV al primo livello di regionalizzazione (vedi

paragrafo seguente), sono le seguenti:

Rossano

Pietrapaola

Considerando un peso pari a 0.5 per ciascuna stazione si ottiene:

area urbana Mirto Crosia (modello TCEV, I livello)

Al secondo livello di regionalizzazione il modello probabilistico TCEV fornisce le seguenti stime:

Rossano

Pietrapaola

Le due curve, praticamente simili, forniscono l’espressione della curva di probabilità pluviometrica:

area urbana Mirto Crosia (modello TCEV, II livello)

Mediando aritmeticamente le due espressioni ottenute per la curva di probabilità pluviometrica

dell’area urbana di Mirto Crosia con i due livelli del modello TCEV, si ottiene infine la seguente

espressione:

(modello TCEV, media stima di I e II livello)

che sia assume valida per il proseguimento delle indagini statistiche.

Tempi caratteristici

La conoscenza del tempo di corrivazione (o di concentrazione) del deflusso superficiale di un bacino

idrografico in una particolare sezione è un’informazione essenziale per alcune delle procedure di

stima delle portate di piena. In assenza di misure dirette, le varie formule utilizzate per la

determinazione di questo parametro considerano nel calcolo le caratteristiche morfologiche

specifiche del bacino. La formula più impiegata in Italia è senza dubbio quella proposta da Giandotti

(1933) che nell’ipotesi di coincidenza tra isoipse e isocorrive (Viparelli) si scrive:

tC 4√A 1.5L

0.8√(hmed hmin)

dove tC è il tempo di corrivazione (h), A l’area del bacino (km2), L la lunghezza dell’asta principale

(km), hmed la quota media del bacino (m s.l.m.) e hmin la quota della sezione di chiusura (m s.l.m.).

Per tenere conto della copertura vegetale e della permeabilità dei suoli, il peso moltiplicativo

dell’area nella formula di Giandotti, posto dall’autore pari a 4, può essere scomposto nel rapporto

1/Mδ, dove M è legato alla copertura vegetale (2/3 terreni nudi; 1/4 terreni coperti da erbe rade; 1/5

terreni coperti da bosco; 1/6 terreni coperti da prati permanenti) e dipende dalla permeabilità in

grande dei terreni (1.27 terreni impermeabili; 1.12 terreni semimpermeabili; 0.96 terreni poco

permeabili; 0.81 terreni mediamente permeabili; 0.69 terreni molto permeabili) (Aronica e

Paltrinieri, 1954).

Un secondo parametro temporale caratteristico è il tempo di ritardo, necessario per l’uso delle

formule empiriche che richiedono la stima del valore medio dell’intensità di pioggia di durata pari,

appunto, al tempo di ritardo. In particolare, il tempo di ritardo si può ricavare con l’espressione:

tR hmed hmin

hma hmin

tC

Sul valore stimato per il tempo di ritardo tR si può eseguire un controllo indiretto, basato sul valore

che ne deriva per la celerità, in base all’espressione:

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 20

tR 1.5

3.6

√A

c c

1.5

3.6

√A

tR

dove c è la celerità (m/s). Poiché i valori di celerità sono assunti compresi tra 2 e 3 m/s (Ermini e

Fiorentino, 1992), in tutti i casi in cui si sono ottenute stime di c esterne a tale intervallo, le stime di

tR in genere sono corrette in maniera tale da avere valori di c corrispondenti all’estremo più vicino

dell’intervallo. Per evitare comunque di ottenere intensità di precipitazione poco realistiche e troppo

alte, per tR si fissa un valore minimo pari a 0.5.

3.1 Metodo VAPI

Il progetto VAPI (VAlutazione delle Piene in Italia) sviluppato dal Consiglio Nazionale delle

Ricerche è stato strutturato impiegando come distribuzione probabilistica delle serie di massimi

annuali di portata al colmo della Calabria, spesso caratterizzate da valori eccezionali, il modello a

doppia componente denominato TCEV (acronimo di Two Component Extreme Value), rappresentato

da una funzione di probabilità cumulata del tipo:

TX T 1 T 1 2 T 2F x exp Λ exp x θ Λ exp x θ xT0

dove XT è il valore massimo annuale della portata al colmo con tempo di ritorno T e Λ1, θ1, Λ2, θ2

sono i quattro parametri della distribuzione.

La distribuzione TCEV è stata strutturata con il metodo della portata indice, mediante il quale si

analizza, in luogo di XT, una variabile adimensionale indicata come fattore di crescita X′T=XT/XI,

dove XI è un valore caratteristico della distribuzione di XT che assume il nome di portata indice.

Nelle applicazioni, in genere, si utilizza come portata indice la media teorica della distribuzione e

si analizza pertanto la variabile X′T=XT/.

Seguendo tale approccio, la stima della portata xT si ottiene con due passi distinti: la stima del fattore

di crescita ′T relativo al tempo di ritorno T e quella del valore indice (in genere stimato con la

media campionaria ), ottenendo in definitiva la stima di xT tramite il prodotto xT ′T· .

Per il fattore di crescita X′T relativo alla distribuzione dei massimi annuali della portata al colmo si

assumono, in genere, i valori riportati in indagini scientifiche svolte appositamente a scala regionale.

In questo caso specifico, si adottano i valori dei fattori di crescita ottenuti nel progetto VAPI per la

sottozona omogenea centrale, determinati in Calabria da Versace et al. (1989).

T (anni) Sottozona Centrale

50 3.07

100 3.67

200 4.27

500 5.07

Tabella 3.1. Fattori di crescita delle portate al colmo in Calabria (Versace et al., 1989).

Per ottenere la stima della portata indice anche in mancanza assoluta di dati idrometrici, come nel

caso delle sezioni fluviali in esame, si ricorre al livello di regionalizzazione più elevato, in cui anche

il momento statistico del primo ordine (in questo caso la media aritmetica, prescelta come indicatore

della portata indice), di variabilità spaziale molto accentuata, si stima mediante un approccio

prettamente empirico. In particolare, le semplici relazioni di regressione per la stima del valore

medio annuale della portata al colmo, utilizzate in questo studio per un calcolo speditivo della

portata, impiegano l’area del bacino e il valore medio dell’intensità di pioggia di durata pari al tempo

di ritardo:

0.839ridX 1.578A

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1.3671.277trridX 0.0032A I

3.2 Modellistica afflussi-deflussi

Per la simulazione dei deflussi di piena sul bacino in oggetto si è utilizzato il modello idrologico

HEC-HMS (US Army Corps of Engineers), in grado di simulare il deflusso superficiale in

corrispondenza di una data precipitazione. Il processo di trasformazione afflussi-deflussi è suddiviso

in una prima fase in cui si determinano le piogge nette, seguita poi dalla successiva trasformazione

delle piogge nette in deflussi superficiali.

A tal fine, è necessario definire un pluviogramma, che viene considerato uniformemente distribuito

sull’intero bacino. Le piogge nette si calcolano, a partire dal pluviogramma, secondo il metodo del

Curve Number proposto dall’SCS (Soil Conservation Service).

Nel dettaglio, definiti con R, P e S rispettivamente il deflusso, la precipitazione e le perdite fino

all’istante t (mm), l’equazione di continuità:

R= P-S

è modificata ipotizzando che vi sia una relazione di proporzionalità tra le perdite S e la massima

altezza immagazzinabile nel terreno a saturazione, S′ (mm):

S R

S' P

Pertanto l’equazione di continuità assume la forma seguente:

2PR

P S'

(mm)

che definisce l’andamento nel tempo del deflusso R nota la precipitazione P e la massima

infiltrazione S′. Considerando che un’aliquota di P s’invasa nelle depressioni superficiali o si infiltra

prima che il deflusso abbia inizio, si può scrivere:

2

P IaR

P Ia S'

(mm)

essendo Ia (mm) la perdita iniziale (Initial abstraction).

L’unico parametro del modello che tiene conto delle perdite idrologiche è quindi l’altezza massima

immagazzinabile nel terreno a saturazione S′ (mm), che si ricava dalla seguente formula:

25400S' 254

CN

dove il parametro CN (Curve Number) è un indice compreso tra 0 e 100 fornito dalle tabelle SCS in

funzione del tipo di terreno, dell’utilizzazione del suolo e delle condizioni antecedenti di umidità.

La trasformazione afflussi-deflussi è, quindi, ottenuta tramite l’idrogramma unitario SCS di seguito

riportato, che richiede come unico parametro il tempo tlag (ore) pari al ritardo tra il baricentro del

diagramma delle piogge nette e il picco dell’idrogramma unitario. Generalmente si può porre tlag=0,6

tc, con tc tempo di corrivazione del bacino in esame.

L’istante e la portata di picco rispetto alla precipitazione unitaria sono calcolati come:

picco lag

picco

picco

t 0,5 t t

AU 0,2084

t

dove tpicco è il tempo in ore del picco dell’idrogramma unitario, Δt è l’intervallo di calcolo espresso in

ore, Upicco è la portata massima dell’idrogramma unitario espressa in m3s

-1mm

-1 e A è l’area del

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 22

sottobacino misurata in km2.

U/

Up

icco

Figura 3.2. Idrogramma unitario adimensionalizzato SCS.

La portata è ottenuta tramite la sommatoria che discretizza l’integrale di convoluzione:

i

j 1

Q i U j P i j 1

dove Q(i) è la portata alla fine dell’intervallo i-esimo, U(j) è la j-esima ordinata dell’idrogramma

unitario, ricavabile dalla precedente figura, e P(i) è la pioggia netta all’intervallo i-esimo.

Il pluviogramma sintetico di progetto si ottiene per la curva di probabilità pluviometrica

. Per tutte le sezioni fluviali nelle quali è stata calcolata la portata al colmo utilizzando tale

modello, il CN è stato stimato con riferimento alle condizioni antecedenti di umidità di tipo II,

utilizzando la mappa delle permeabilità elaborata nel PAI Calabria. Come valori dei parametri sono

stati assunti il valore tlag= 0.6 tc e Ia = 2 mm. I risultati sono riportati nei vari paragrafi del capitolo 4

dedicato alle proposte progettuali di mitigazione del rischio.

3.3 Metodo del coefficiente udometrico

Nell’ambito dello “Studio e sperimentazione di metodologie e tecniche per la mitigazione del rischio

idrogeologico”, eseguito dal Dipartimento di Difesa del Suolo per la regione Calabria nel periodo

2009-10, sono state prese in esame diverse procedure di stima della portata di piena con prefissato

tempo di ritorno, di diversa complessità in funzione del livello d’informazione di cui si dispone nello

specifico bacino in esame (Dipartimento di Difesa del Suolo, 2010).

Al primo livello della modellistica proposta nell’ambito del progetto per la stima della portata al

colmo per il caso di sezioni fluviali di bacini non strumentati, del tutto privi d’informazione

idrologica, si è fatto ricorso al metodo del coefficiente udometrico. Tale metodo, desunto mediante

un’ampia calibrazione estesa alle centinaia di sezioni fluviali caratteristiche dei reticoli idrografici

della regione, consente una valutazione speditiva e immediata del valore di prima approssimazione

della portata al colmo, soprattutto per bacini di piccole dimensioni o per i quali non appare

necessario sviluppare più impegnative e complesse procedure di calcolo.

La procedura è finalizzata alla stima del coefficiente udometrico nei diversi fiumi calabresi. Si

definisce coefficiente udometrico u (m3·s

-1·km

-2) il rapporto tra un valore di portata Q (m

3/s),

defluente in un’assegnata sezione, e la superficie sottesa del bacino A (km2):

In una prima fase la metodologia di calcolo ha riguardato la stima del coefficiente udometrico

relativo alla media dei massimi annuali di portata al colmo nelle sezioni fluviali dotate monitorate. In

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 23

una fase successiva, utilizzando opportuni fattori di crescita KT, si sono ottenuti i coefficienti

udometrici relativi ad assegnati valori del periodo di ritorno T.

Utilizzando i dati idrometrici relativi ad alcuni bacini monitorati della Calabria, si è ottenuto un

campione di valori della media dei massimi annuali di portata al colmo. Noti questi valori

campionari di , Adottando la formula razionale:

in cui (-) è il coefficiente di afflusso, (mm/h) è l’intensità media di pioggia di durata pari al

tempo di ritardo tR del bacino e 3.6 è un fattore correttivo per esprimere la portata in m3/s, si sono

ottenuti per calibrazione i valori campionari dei coefficienti di afflusso per gli stessi bacini.

Per consentire la stima regionale del coefficiente di afflusso anche in sezioni fluviali non monitorate,

è stata quindi realizzata un’analisi di regressione del coefficiente con il CN (Curve Number)

medio areale calcolato a scala di bacino. In effetti, si sono presi in esame tre diversi valori del CN

relativi a condizioni crescenti di umidità, corrispondenti a vari livelli di umidità del suolo connessi

alle piogge antecedenti (SCS, 1964). In particolare sono state prodotte tre diverse stime: coefficiente

udometrico con periodo di ritorno T=200 anni per bacino idrografico in condizioni di umidità media,

, coefficiente udometrico con periodo di ritorno T=200 anni per bacino idrografico in

condizioni di umidità elevata, , coefficiente udometrico con periodo di ritorno T=1000 anni

per bacino idrografico in condizioni di umidità elevata, .

Si sono quindi calcolati in più di 800 sezioni i valori dei coefficienti udometrici u per i diversi valori

di T, regredendo il valore di sul valore del CN calcolato per il bacino sotteso e quindi utilizzando

in modo diretto la formula razionale descritta sopra. Partendo dai valori dei coefficienti udometrici u

così calcolati, si sono ricostruite per 27 aree omogenee le regressioni dei coefficienti udometrici

sull’all’area del bacino sotteso, disponibili per una rapida stima del coefficiente udometrico in

qualunque sezione fluviale.

I risultati ottenuti, inoltre, sono stati confrontati con le stime derivanti dall’applicazione delle

metodologie VAPI e PAI Calabria, la prima basata sui dati idrometrici campionari, la seconda basata

solo sul regime pluviometrico e sul CNIII del bacino oggetto di studio. Dal confronto si evince che i

coefficienti udometrici forniscono stime intermedie tra quelle ottenute con le metodologie

VAPI e PAI, le stime di sono in media uguali a quelle del PAI, mentre le stime relative a

forniscono valori del coefficiente udometrico superiori rispetto alle stime del PAI.

Procedura indiretta per la stima del coefficiente udometrico

Per la valutazione del coefficiente udometrico in sezioni non investigate con la stima diretta, si può

utilizzare la suddivisione in zone omogenee, comprendenti uno o più bacini con sezione di chiusura

alla foce, per ciascuna delle quali è stata ricostruita un’accettabile regressione tra i valori del

coefficienti udometrici determinati con la stima diretta e l’area A del corrispondente bacino

idrografico. Le zone omogenee che ricadono in prossimità del territorio comunale di Crosia sono

presentate in figura 3.3.

In particolare le regressioni identificate nello studio citato (Dipartimento di Difesa del Suolo, 2010)

mostrano un andamento lineare dei coefficienti udometrici in campo logaritmico per valori di A≥5

km2 e valori invece costanti per bacini di area inferiore (per tenere conto del limite inferiore che è

bene considerare per il parametro tR).

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Figura 3.3. Zone omogenee per il coefficiente udometrico nel territorio comunale di Crosia.

In particolare, per le zone omogenee su cui insiste la zona in esame (J12 e J13), sono state

identificate le seguenti espressioni empiriche di regressione dei coefficienti udometrici (m3·s

-1·km

-2)

sull’area A (km2):

zona omogenea J12

A ≤ 5 km2

A > 5 km2

zona omogenea J13

A ≤ 5 km2

A > 5 km2

Tabella 3.2. Relazioni empiriche di regressione dei coefficienti udometrici per le zone J12 e J13.

Per la stima della portata effettuata con questo metodo, utilizzata nel dimensionamento di massima

dei canali, si è assunto il coefficiente udometrico relativo a T=200 anni e bacino idrografico in

condizioni di umidità media, .

3.4 Calcoli idraulici per il dimensionamento di massima dei canali

Nota la portata al colmo, in questo studio il dimensionamento idraulico di massima della sezione del

canale è eseguito risolvendo l’equazione del moto uniforme delle correnti idriche negli alvei fluviali.

La formula utilizzata è quella di Gauckler-Strickler, che nella semplificativa ipotesi di sezione

rettangolare si esprime con l’equazione:

Q A bh k (bh

b 2h)

2 3⁄

i1 2⁄

Nella formula, k indica il coefficiente di scabrezza di Strickler, espresso in m1/3

/s, che è estesamente

tabellato nei manuali d’idraulica fluviale per varie tipologie di canali naturali e artificiali. In questo

caso, per la maggior parte delle sezioni a cielo aperto, previste in lastroni di cemento e/o pietre con

malta di cemento, è stato adottato un valore cautelativo pari a 25 m1/3

/s, considerando invece sezioni

meno lisce, quali quelle scavate in terra, con fondo lapideo e vegetazione incolta sulle sponde (Mays,

2004, capitolo 3, scabrezza per la tipologia C.1.b.5; Ferro, 2002). Per situazioni specifiche si sono

J12

J13

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 25

però assunti valori ancora più cautelativi della scabrezza, come nel caso di canalizzazioni con sezioni

scatolari molto larghe, chiuse in sommità da solette necessarie per la realizzazione di carreggiate

stradali o comunque intubate. In questo caso si è fatto riferimento nei calcoli a un valore pari a 20

m1/3

/s, a causa della meno agevole manutenzione con mezzi meccanici, che dovrà comunque essere

necessariamente effettuata anche per tale tipologia di sezione.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 26

4. INTERVENTI PROPOSTI

Per una mitigazione efficace del rischio di allagamento, comunque compatibile con un’ipotesi di

sviluppo a lungo termine del centro urbano, la sezione idraulica dei canali di scolo delle acque

pluviali deve essere riferita al deflusso di una portata idrica con tempo di ritorno dell’ordine di

almeno 50 anni. Ciò è in accordo con quanto si adotta normalmente per il dimensionamento dei

condotti fognari, la cui durata in genere non supera tale orizzonte temporale a causa del degrado del

materiale della tubazione.

Per mantenersi comunque in condizioni di sicurezza, seguendo le indicazioni fornite dall’Autorità di

Bacino della Regione Calabria, il dimensionamento di massima è riferito a una portata con tempo di

ritorno 200 anni. Si segnala fin da adesso che un’efficiente manutenzione dei canali di drenaggio

delle acque pluviali per una situazione idraulica come quella presente nell’abitato di Mirto, pur se

apparentemente improduttiva, è da annoverare tra le maggiori priorità di gestione del territorio. Tale

aspetto, molto spesso trascurato anche in sede progettuale, può addirittura influire sulla scelta delle

opere di mitigazione del rischio in quanto a forma e tipologia costruttiva delle sezioni canalizzate.

Per tale motivo, nei limiti del ragionevole, gli interventi proposti riguarderanno soprattutto canali di

tipo aperto, più facilmente ispezionabili e soggetti a una più agevole manutenzione con mezzi

meccanici, che deve essere periodicamente eseguita per l’efficace funzionamento dell’intera rete di

canalizzazione.

In sintesi, gli interventi migliorativi proposti nel presente studio per la mitigazione della situazione di

disordine idraulico concernente la canalizzazione di raccolta e smaltimento di acqua piovana

nell’area urbana di Mirto Crosia sono i seguenti:

Fosso Petraro

Allargamento tombino del sottopasso ferroviario con relativa canalizzazione fino al mare (con

eventuale laminazione della portata con cassa di espansione a monte del sottopasso).

Fosso Decanato

Vasca di laminazione in linea nei pressi della palestra comunale.

Ripartizione del canale in corrispondenza della curva a 180° in area Centro Fontane.

Allargamento del canale chiuso a vetri di Viale Ionio con escavazione e ricostituzione della

carreggiata stradale al di sopra di un tombino a sezione chiusa ispezionabile fino al mare.

Adeguamento canale di drenaggio da Centro Fontane a Viale degli Oleandri.

Frazione Sorrento

Adeguamento del sistema di canalizzazione del deflusso superficiale dalle colline e conferimento

al fiume Trionto (con eventuale vasca di carico e valvola a una via inserita nell’argine).

Pantano Martucci

Smaltimento acque piovane con ripartizione della canalizzazione in due percorsi, a partire da

attraversamento stradale preesistente.

Torrente Fiumarella

Ripristino dell’officiosità dell’alveo e verifica idraulica di dettaglio dei tombini.

Nel seguito della relazione sono descritte, con un dettaglio diverso a secondo dei casi, le proposte di

mitigazione del rischio individuate nel presente studio, precedute da una breve presentazione della

problematica idraulica, dall’inquadramento territoriale e dai calcoli di prima approssimazione che

permettono comunque di valutarne le dimensioni e l’impatto territoriale.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 27

4.1 Fosso Petraro

Nella zona in esame (figura 4.1.1.a), i problemi idraulici rilevati riguardano sostanzialmente il

sottopasso ferroviario con tombino laterale per il deflusso delle acque di ruscellamento, che nel

passato si è dimostrato insufficiente per le portate di piena più elevate, con conseguente fuoriuscita

delle acque verso il sottopasso ferroviario e ampia inondazione dei terreni a valle del sottopasso

(vedasi la relazione di sopralluogo). Sono evidenti altresì problemi di crolli della carreggiata stradale

adibita a lungomare in prossimità della costa. La situazione potrà essere migliorata con

l’adeguamento della sezione del tombino in corrispondenza del sottopasso ferroviario e della

canalizzazione del deflusso superficiale verso il mare.

4.1.1 Allargamento tombino del sottopasso ferroviario con relativa canalizzazione fino al mare

(con eventuale laminazione della portata con cassa di espansione a monte del sottopasso).

L’attraversamento fluviale nell’area Gesinale costituisce un elemento di criticità per i forti

restringimenti di alcune sezioni chiuse del canale a servizio del tombino ferroviario. A valle del

tombino, la sezione del canale è assolutamente inadeguata per la portata defluente, anche per

l’innalzamento del fondo alveo a causa del materiale solido trasportato dal corso d’acqua. Inoltre la

canalizzazione di conferimento del deflusso al mare, in buona parte tombata (fig. 4.1.1.a), si dimostra

largamente inefficace, producendo allo sbocco verso la costa crolli per erosione della carreggiata

stradale adibita a lungomare.

L’asportazione del materiale sedimentato sul fondo del canale, anche se ovviamente consentirebbe di

aumentare il franco esistente in corrispondenza degli attraversamenti, mitigando in un qualche

misura l’esondazione del fosso Petraro nella zona immediatamente a monte dell’attraversamento

ferroviario, non sarebbe comunque risolutiva della situazione. Inoltre, come già detto, il tratto

limitrofo di lungomare, dove il canale segue la sua naturale pendenza verso il mare, presenta evidenti

problemi di erosione costiera e crolli del bordo stradale (vedasi la relazione di sopralluogo).

Pertanto, la proposta fatta in questo studio riguarda l’adeguamento del tombino e della successiva

canalizzazione del deflusso verso il mare.

Figura 4.1.1.a. Localizzazione del tombino in corrispondenza dei sottopassi del Fosso Petraro.

Canale

tombato

tombino

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 28

Figura 4.1.1.b. Canale di deflusso delle acque di

pioggia in corrispondenza del sottopasso ferroviario. Figura 4.1.1.c. Canale di deflusso delle acque di

pioggia in corrispondenza del sottopasso stradale.

L’area drenante della canalizzazione in questione è costituita dall’intero sottobacino 9 (figura 1.3), di

dimensione pari a 2.43 km2. Utilizzando il metodo VAPI al terzo livello di regionalizzazione, in cui

si assume il valore 4.27 come fattore di crescita delle portate al colmo in corrispondenza di T=200

anni, si ottiene:

( ) m3/s

m3/s

Con il modello di trasformazione afflussi-deflussi, considerando il pluviogramma di progetto

evidenziato nel paragrafo 3.2, con una superficie di 2.5 km2, un valore di tlag=0.39 ore, un ammontare

di perdite iniziali pari a 3.0 mm e un valore di CN pari a 72.5, discretizzando il calcolo con un passo

temporale di 5 minuti, si ottiene una portata al colmo pari a 37.7 m3/s.

Figura 4.1.1.d. Idrogramma di progetto del metodo SCS-CN per il canale dei sottopassi del Fosso Petraro.

Con il metodo dei coefficienti udometrici, considerando a vantaggio di sicurezza il valore di

determinato nella zona omogenea J12 per i bacini con area drenante minore di 5 km2, si ottiene:

m3/s

Poiché nell’applicazione del modello di trasformazione afflussi-deflussi si sono adottati valori un pò

troppo cautelativi dei parametri, per il dimensionamento di massima dell’intervento proposto si

assume il valore di portata determinato con il metodo dei coefficienti udometrici, pari a m3/s.

Considerando una pendenza media dell’asta finale pari a 0.012, desunta dalle quote topografiche, e

assumendo un valore della scabrezza di Strickler pari a 25 m1/3

/s (vedasi paragrafo 3.4), nel caso

semplificato di canale di forma rettangolare la risoluzione dell’equazione del moto uniforme di

Gauckler-Strickler per b 4 m fornisce una stima dell’altezza pari a circa 2.67 m. Per il canale

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 29

rettangolare si possono quindi assumere le dimensioni: altezza 3 m, larghezza 4 m (sezione

complessiva ≈ 12 m2). Come si può vedere invece nelle immagini riportate nell’allegato fotografico

della relazione di sopralluogo, la sezione attuale del canale ha dimensioni molto minori soprattutto in

corrispondenza di alcuni restringimenti.

Nel caso in cui risulti difficilmente praticabile l’allargamento del tombino idraulico di servizio al

sottopasso ferroviario secondo le dimensioni sopra individuate, si può pensare, in alternativa e/o

come intervento ausiliario, di trovare un’area da adibire a vasca di laminazione della portata a monte

della zona degli attraversamenti fluviali in questione. La canalizzazione del sottopasso ferroviario

dovrebbe in tal modo essere dimensionata per la sola portata in eccesso rispetto alla laminazione

operata dalla vasca. Poiché però l’adeguamento del sottopasso sembra effettivamente possibile e data

la minima urbanizzazione dell’area da difendere, che consiste in alcune infrastrutture di servizio sul

lungomare, nel presente studio preliminare l’analisi di massima riguardante la fattibilità di un tale

tipo d’intervento è stata trascurata.

4.2 Fosso Decanato

Il nucleo urbano di Mirto è stato il principale oggetto d’indagine in fase di sopralluogo per le

frequenti esondazioni della corrente idrica in corrispondenza del fosso Decanato, che costituiscono

uno dei problemi più seri per la sicurezza del centro urbano. La zona sub-collinare del centro di

Mirto attraversata dal fosso Decanato è, infatti, caratterizzata da un tipo di conurbazione che ha

molto contribuito ad artificializzare e a restringere, spesso in modo scriteriato, il corso d’acqua in

questione. L’allagamento della parte principale del centro urbano di Mirto, che si verifica spesso per

le cospicue portate inalveate nei canali esistenti a seguito di piogge molto intense, è proprio dovuto

all’insufficiente sezione artificiale del fosso Decanato in corrispondenza dell’attraversamento del

nucleo centrale dell’abitato. A monte del centro urbano la canalizzazione del fosso Decanato è

abbastanza ampia anche se non pienamente adeguata, mentre a partire dall’attraversamento in ia

Bernardino Telesio la canalizzazione, seguendo un percorso caratterizzato da una curvatura

accentuata, è caratterizzato da una sezione chiaramente insufficiente, con sviluppo stagionale di

densa vegetazione sulle sponde e sul fondo.

La proposta di mitigazione del rischio in questa zona prevede un sistema integrato di opere, che

consistono in una vasca di laminazione a monte, nell’adeguamento della sezione in curva della

canalizzazione principale del fosso Decanato, con derivazione di parte della portata verso un canale

attiguo, che scorre intubato seguendo il percorso che va dall’area Centro Fontane al mare, anch’esso

fatto oggetto di ampliamento in questa relazione. Tale ultima canalizzazione intubata, se adeguata

alla portata di progetto, può assumere funzione di collettore finale di buona parte delle acque piovane

ruscellanti per deflusso superficiale nel bacino del Fosso Decanato.

4.2.1. Vasca di laminazione in linea nei pressi della palestra comunale.

Le esondazioni di cui soffre il nucleo urbano centrale dell’abitato di Mirto attraversato dal fosso

Decanato sono dovute all’inadeguatezza del canale costruito per lo smaltimento delle acque piovane.

In particolare, la canalizzazione artificiale in questione presenta sezioni ristrette negli attraversamenti

stradali del centro urbano, come nel caso del piccolo sovrappasso stradale in Via Bernardino Telesio

(dimensioni della sezione intubata del sovrappasso: 2.6 m di larghezza, 1.2 m di profondità), spesso

sormontato dalle acque di pioggia che invadono la carreggiata stradale e allagano le aree abitate

circostanti (figure 4.2.1.a,b). In realtà, in corrispondenza dell’attraversamento la canalizzazione non

sembra facilmente adeguabile perché il restringimento delle sezioni del canale è causato, oltre che

dalla carreggiata stradale, anche dalla presenza di civili abitazioni e infrastrutture viarie con annesso

arredo urbano (marciapiedi, recinzioni, staccionate).

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 30

Figura 4.2.1.a. Canalizzazione del fosso Decanato

delimitata da abitazioni e strade (direzione mare).

Figura 4.2.1.b. Canalizzazione del fosso Decanato

delimitata da abitazioni e strade (direzione monte).

Se si esclude pertanto una soluzione di questo tipo, l’alternativa più efficace consiste

nell’individuazione di un’area disponibile per la laminazione delle portate dovute agli eventi

pluviometrici molto intensi. Le indagini preliminari condotte sul territorio di Mirto marina hanno

portato a individuare nella parte sub-collinare del fosso Decanato una zona idonea, per morfologia

ma anche per caratteristiche di scarsa urbanizzazione, ad essere inondata dalle acque fluviali nel caso

di eventi alluvionali e di piena di una certa importanza (figura 4.2a-2).

Figura 4.2.1.c. Localizzazione dell’area per vasca di laminazione (fosso Decanato).

Salendo lungo via Canova si evidenzia, infatti, a sinistra un’ampia area di pertinenza fluviale

naturale del Fosso Decanato, che in parte è attrezzata per attività sportive. Dalle prime analisi

effettuate nella zona, la conformazione di quest’area sembra idonea ad accogliere un’espansione del

corso d’acqua, qualora si realizzasse una sezione di controllo proprio dove attualmente insiste la

recinzione che chiude gli spazi sportivi sul loro lato Nord. Ove mai non fosse possibile disporre di

quest’area per una ipotesi di laminazione dell’idrogramma di piena, si potrebbe provare a cercare più

a monte la presenza di un adeguato volume di invaso, anche se le pendenze e le conformazioni

morfologiche potrebbero renderne più costosa la predisposizione.

mare

mare

4.2

.1.d

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 31

Se invece la disponibilità dell’area in questione fosse possibile, un calcolo di massima conduce ad

affermare che portate intorno a 10 m3/s potrebbero essere laminate facendo espandere il torrente con

specchi d’acqua di estensione massima intorno a 10.000 m2 e profondità medie intorno a 1.5 m.

L’invaso sarebbe in funzione esclusivamente in caso di piena, mentre i normali deflussi del corso

d’acqua transiterebbero sotto la sezione di controllo, come avviene attualmente, senza modifiche del

regime idraulico del fosso Decanato.

Figura 4.2.1.d. Canalizzazione del fosso Decanato a

monte del centro urbano (Via A. Canova).

Figura 4.2.1.e. Canalizzazione del fosso Decanato a

monte del centro urbano prima di Via Canova.

Riguardo all’indagine esplorativa per il dimensionamento di massima della cassa di espansione, le

caratteristiche morfologiche del fosso Decanato sono state desunte con riferimento al bacino

idrografico sotteso dalla sezione a quota 31.2 m s.l.m., oltre la quale si prevede vi possa essere

l’inizio dell’espansione golenale del corso d'acqua in esubero rispetto alle attuali capacità dell'alveo

inciso. L’intervento è integrato più a valle dalla realizzazione di una traversa con sezione di controllo

in asse con l'attuale alveo fluviale a quota 30 m s.l.m.

Le caratteristiche morfometriche del bacino imbrifero del fosso Decanato sotteso dalla sezione di

quota hmin=31.2 m s.l.m., sono state stimate dalla cartografia in scala 1:10.000 e 1:5.000. In

particolare, il bacino presenta una superficie di 0.90 km2, lunghezza dell’asta principale 1.70 km e

altitudine media hmed=93.8 m s.l.m. I valori della curva ipsografica, ricavati dalla rappresentazione

del bacino a curve di livello con equidistanza 5 m, sono riportati nella tabella 4.2.1.a.

Quota

(m) s.l.m.

Parziale

(km2)

Progressiva

(km2)

Quota

(m) s.l.m.

Parziale

(km2)

Progressiva

(km2)

156.6 0.0000 0.0000 90 0.0637 0.5184

155 0.0022 0.0022 85 0.0568 0.5752

150 0.0115 0.0138 80 0.0500 0.6252

145 0.0109 0.0246 75 0.0450 0.6702

140 0.0146 0.0392 70 0.0464 0.7165

135 0.0144 0.0536 65 0.0371 0.7536

130 0.0295 0.0830 60 0.0328 0.7864

125 0.0509 0.1340 55 0.0322 0.8186

120 0.0399 0.1738 50 0.0251 0.8437

115 0.0356 0.2094 45 0.0227 0.8664

110 0.0412 0.2506 40 0.0217 0.8882

105 0.0660 0.3165 35 0.0139 0.9021

100 0.0691 0.3857 31.2 0.0034 0.9055

95 0.0690 0.4547

Tabella 4.2.1.a. Valori della curva ipsografica per il Fosso Decanato sotteso dalla sezione di quota 31.2 m.

La caratterizzazione morfometrica svolta consente di determinare correttamente il tempo di

corrivazione del bacino, che applicando la formula di Giandotti risulta pari a 1.04 ore. Poiché il

bacino è molto piccolo, si ricorre ad una espressione modificata della formula, segnalata nel capitolo

3, che tiene conto della copertura vegetale e permeabilità dei terreni (Ferro, 2002). In particolare,

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 32

assumendo i valori M=0.4 (terreni in parte nudi e in parte coperti da erbe rade, uliveti, seminativi) e

=0.96 (terreni poco permeabili) e adottando come percorso idraulico più lungo il valore 1.84 km,

con la formula di Giandotti corretta si ottiene una stima pari a 0.83 h (vale a dire quasi 50 minuti),

che si adotta come valore maggiormente cautelativo. I parametri morfometrici fin qui calcolati

relativi al bacino idrografico del fosso Decanato sono raccolti nella tabella 4.2.1.b.

Fosso DECANATO - Sezione di chiusura 31.2 m s.l.m.

Area (km2) 0.90

Perimetro (km) 5.63

Lunghezza asta principale (km) 1.70

Percorso idraulicamente più lungo (km) 1.84

hmin (m s.l.m.) 31.2

hmax (m s.l.m.) 156.6

hmed (m s.l.m.) 93.82

tempo di corrivazione (Giandotti modificato) (h) 0.83

Tabella 4.2.1.b. Parametri morfologici caratteristici per il Fosso Decanato.

La curva di probabilità pluviometrica adottata per questa verifica preliminare, a favore di sicurezza, è

quella ottenuta per la stazione di misura di Rossano utilizzando la legge probabilistica a doppia

componente TCEV al primo livello. Il risultato per T=200 anni è l’equazione:

Per una durata di pioggia pari a tc, l’afflusso totale complessivamente caduto sul bacino è pari a 82.5

mm, che considerato costante su un’area sottesa di 0.90 km2 corrisponde ad un volume affluito di

quasi 75000 m3.

Per la progettazione della vasca, è necessario conoscere il volume da invasare durante un evento di

piena con caratteristiche eccezionali. Si ipotizza che tra la sezione di quota 31.2 m e la sezione di

controllo a quota 30.0 m non vi siano sottrazioni e/o immissioni di portata liquida. In corrispondenza

della sezione di controllo, come già specificato, si prevede la realizzazione di una traversa per il

contenimento temporaneo delle piene.

Il software utilizzato per la ricostruzione dell’idrogramma di piena è HEC-RAS dell’US Army Corps

of Engineers, che necessita di un pluviogramma di progetto d’ingresso al modello. Per semplicità, tra

tutte le possibili onde di piena di progetto con T=200 anni legate ad una durata di pioggia variabile,

si assume in prima approssimazione che l’evento critico di progetto sia determinato proprio da una

pioggia di durata pari al tempo di corrivazione del bacino. La distribuzione temporale dell’evento

pluviometrico critico, discretizzata con intervallo temporale 10 minuti, è stata supposta variabile nel

tempo secondo un andamento crescente, decrescente e simmetrico.

Nella modellazione idrologica si è eseguito il calcolo con passo temporale di 1 minuto, scegliendo

opportuni metodi tra quelli proposti nel software HEC-HMS per il calcolo delle perdite e la

trasformazione afflussi-deflussi, mentre i deflussi profondi sono stati invece trascurati a vantaggio di

sicurezza.

Il metodo utilizzato per il calcolo delle perdite è il metodo SCS-CN (paragrafo 3.2), avendo fissato

per i parametri un valore di 2 mm per le perdite iniziali (Ia) e una percentuale di bacino

impermeabile nulla. Per il valore caratteristico del parametro CN, tabellato in funzione delle

caratteristiche idrologiche e pedologiche dei suoli e delle condizioni di umidità antecedenti l’evento

critico (AMC), per il bacino in questione si è utilizzato il web-gis del laboratorio Camilab, attivato

presso il Dipartimento di Difesa del Suolo dell’Università della Calabria.

Il bacino del Decanato ricade per gran parte in aree cui corrispondono valori di CN pari a 62 e 78,

per cui, con riferimento alla condizione AMCII, cautelativamente ai fini del calcolo per l’area in

questione si assume un valore di CN=75.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 33

Il metodo utilizzato per la trasformazione degli afflussi in deflussi è il metodo SCS-UH, che richiede

come unico parametro tlag, posto in questo caso pari a 0.6 tc, cioè 0.5 h (30 minuti).

I diversi idrogrammi di piena relativi ad un tempo di ritorno di 200 anni in ingresso nella vasca,

calcolati in corrispondenza della sezione di interesse con gli andamenti temporali del pluviogramma

di progetto segnalati sopra, assumono le caratteristiche evidenziate nella figura 4.2.1.f.

Figura 4.2.1.f. Idrogrammi di piena con T=200 anni relativi a vari andamenti del pluviogramma di progetto

(software HEC-HMS).

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 34

Tra tutti i tre idrogrammi ottenuti, si sceglie come idrogramma di progetto quello relativo

all’andamento crescente del pluviogramma, che a parità di volume defluito fa risultare il valore

maggiore di portata al colmo (12.6 m3/s).

L’indagine idrologico-idraulica sulla capacità di laminazione dell’onda di piena in ingresso per

mezzo di una cassa di espansione in linea con il corso d’acqua, presentata nel prosieguo di questo

paragrafo, è da considerare come un primo orientamento utile per indirizzare eventuali scelte

tecnico-politiche di gestione del territorio. Il semplice modello idraulico utilizzato per inserire una

cassa di espansione in linea con il corso d'acqua può essere schematizzato classicamente con

l’equazione di continuità della massa idrica scritta in questi termini:

Qi(t)–Qu(h(t))=V/t

dove h(t) è il tirante idrico, A la sezione di uscita della portata, Qu(h(t)) =A·(2gh(t))0,5

è la portata in

uscita, V=(h(t))·S(h(t)) è il volume invasato, mentre S(h(t)) è la superficie orizzontale dello

specchio liquido del volume temporaneamente invasato.

Allo stato attuale la geometria dell'invaso è nota solo in via approssimativa attraverso una

rappresentazione del territorio con curve di livello aventi equidistanza pari a 5 m. Di fatto esistono

dei punti e delle zone singolari nell'attuale morfologia del terreno che occorre rilevare: presenza di

campi-gioco e relative strutture a servizio dell'attività sportiva, presenza di scarpate sia in adiacenza

ai campi-gioco che in prossimità della strada comunale, alveo a tratti tombinato (ad esempio in

attraversamento dell'area dove è presente la struttura sportiva segnalata).

Figura 4.2.1.g. Schema grafico dell’equazione di continuità.

Oltre alle rappresentazioni cartografiche e fotografiche che sono parte integrante del presente studio,

per dare un'idea più tangibile della zona da adibire a cassa di espansione in linea si è simulato lo stato

attuale e futuro mediante visioni prospettiche realizzate in ambiente CAD, con le riserve però già

espresse legate alla disponibilità di un piano quotato non completo. Di seguito si mostrano due viste

prospettiche dell'area d’interesse (figure 4.2.1.h,i).

Lo specchio d'acqua che si genererebbe durante un evento di piena eccezionale è stato simulato con

l’isoipsa di quota 35 m s.l.m. In tal caso, dalle informazioni topografiche disponibili, la massima area

potenzialmente allagabile della cassa si calcola essere pari a circa 10.000 m2.

Nell'ipotesi più gravosa che la luce di efflusso a battente in previsione di progetto (a quota 30 m

s.l.m.) sia chiusa, si avrebbe una tracimazione della traversa al termine dell'evento di piena di durata

pari circa 3 ore (valutato attraverso lo studio idrologico) in quanto il volume che può produrre la

piena è maggiore del volume della cassa di espansione in rapporto all'area potenzialmente allagabile.

Dall’idrogramma simulato, si è stimato che la piena con T 200 anni possa produrre un volume

d'acqua pari a poco più di 35.000 m3, mentre considerando una profondità media della cassa di

Sez 31.2 m

s.l.m.

Sez 30.0 m

s.l.m.

Qi (t)

Qu (t)

(t)

Traversa con sezione

di controllo

capacità di deflusso propria del fiume con

contenimento delle acque nell'alveo inciso

h

h

A = area sezione circolare

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 35

espansione in progetto pari a 2.50 m si stima un volume invasabile massimo orientativamente pari a

25.000 m3, con un esubero quindi di 10.000 m

3.

Figura 4.2.1.h. Prospettiva verso monte dell’area

dove si può localizzare una cassa di espansione. Figura 4.2.1.i. Prospettiva verso valle dell’area dove

si può localizzare una cassa di espansione.

Se però la luce di efflusso a battente, in previsione di progetto a quota 30 m s.l.m., è aperta, avendo

previsto una sezione circolare di diametro nominale D=1 m (valore di prima approssimazione), con

un battente medio di 3 m e un coefficiente pari a 0.82 (luce con tubo addizionale esterno), la

massima portata defluibile attraverso detta luce verso la canalizzazione di valle è pari a circa 5 m3/s:

Qu(h=3m)=·D2/4)·(2gh)

0.5≈5 m

3/s

La portata calcolata è idraulicamente compatibile con le dimensioni dell'alveo inciso del fosso

Decanato a valle della sezione a quota 30 m. Infatti, dal sopralluogo effettuato, salvo altre verifiche

topografiche e approfondimenti di calcolo da eseguirsi in fase di progettazione, è risultato un alveo

inciso di forma pressoché rettangolare con potenziale sezione liquida compresa tra 1÷3 m2 e

pendenza media maggiore del 2%. In applicazione della formula di Gauckler-Strickler, assumendo i

valori k=25 m1/3

/s, i=0.02, A=2 m2

e R=0.5 m (sezione di larghezza 2 m e altezza 1 m), si ottiene un

valore di poco superiore a circa 5 m3/s.

Inoltre si osserva che nel considerare il battente medio di 3 m (variabile per la precisione tra le quote

31 m e 35 m) è sufficiente una durata temporale di poco più di 30 min per erogare dalla luce di

efflusso un volume d'acqua pari a 10.000 m3 ossia pari a quello in esubero nel caso di luce chiusa.

Nel seguito sono mostrate alcune viste prospettiche della proposta d’intervento (figure 4.2.1.l, m).

In sintesi, dai calcoli svolti per un primo orientamento, risulta che l'area da adibire a cassa di

espansione della piena con T=200 anni individuata lungo via Canova è sufficiente a contenere il

volume prodotto durante l'evento alluvionale di progetto, a condizione che la sezione di controllo

delle portate del tipo a battente sia in grado di erogare mediamente e in contemporanea con

l'evoluzione dell'evento di piena una portata intorno a 5 m3/s.

Tale portata è compatibile, come si è già detto, con le attuali dimensioni del canale Decanato a valle

della futura traversa, risultando in alcuni tratti naturale, in altri artificializzato e in entrambi i casi

tombinato e/o a cielo aperto. Tale affermazione è basata sulla convinta supposizione che il canale

nell’attraversamento del centro urbano sia fatto oggetto di regolare manutenzione con sfalcio della

vegetazione e pulizia dei sedimenti depositati sul fondo dopo eventi pluviometrici intensi.

In applicazione del modello idraulico sopra descritto, ma sempre in via di prima approssimazione per

le limitazioni di calcolo più volte specificate, si determina in termini percentuali la laminazione del

picco di piena risultante dallo studio idrologico svolto.

Fosso Decanato

Campetti -sport Spogliatoio

V i a A . C a n o v a

Fosso Decanato “tombato”

M o n t e

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 36

Figura 4.2.1.l. Traversa di contenimento delle

sole portate di piena vista da nord (Quota di

coronamento savanella: 35 m s.l.m.).

Figura 4.2.1.m. Situazione di normale deflusso del corso

d’acqua con deflusso al di sotto della traversa.

Figura 4.2.1.n. Schema grafico della laminazione con valori delle portate massime in entrata ed in uscita.

Figura 4.2.1.o. Simulazione area inondabile dopo circa

1 ora dall'inizio dell'evento di piena ipotizzato.

Figura 4.2.1.p. Simulazione area inondabile alla

fine dell'evento di piena, con efflusso sotto battente

nella sezione di controllo a quota alveo 30 m s.l.m.

Traversa con

sezione di controllo

Qu,max ≈ 5 m3/s

Sezione 30.0 m s.l.m.

Qpicco = 12.6 m3/s h

sezione circolare D=1 m

33.0 m s.l.m.

D e c a n a t o

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 37

Figura 4.2.1.q. Simulazione area inondabile per evento con T>200 anni

o malfunzionamento della luce a battente.

Nel caso di luce di efflusso a battente chiusa, in corrispondenza dell’isoipsa 34 m lo specchio d'acqua

risulta pari a 7.500 m2, con profondità massima dell’invaso di 4 m e profondità media 2 m. In tal

caso il volume della cassa di espansione è di 15.000 m3.

Nel caso di luce di efflusso a battente aperta, con battente medio 2 m, Qu=4 m3/s e =0.82 (luce con

tubo addizionale esterno), per t=0.5 ore=1800 s il volume di uscita è 7.200 m3. In corrispondenza

dell’isoipsa 33 m lo specchio d'acqua è pari a circa 5.000 m2, con profondità massima dell’invaso di

3 m e profondità media 1.5 m. Il volume laminato complessivamente è quindi pari a circa 7.800 m3,

con riduzione del picco di piena intorno al 60%.

Si illustrano, infine, alcuni particolari costruttivi della sezione di controllo della traversa.

Figura 4.2.1.r. Particolari costruttivi della traversa. Figura 4.2.1.s. Particolari costruttivi della traversa.

4.2.2 Ripartizione del canale in corrispondenza della curva a 180° in area Centro Fontane.

Il canale artificiale del Fosso Decanato, che scorre praticamente pensile in prossimità dell’area

Centro Fontane con una curva a 180° (vedasi la relazione di sopralluogo), presenta un elevato

rischio di esondazione per le dimensioni chiaramente insufficienti al deflusso delle portate più

elevate (3.5 m di larghezza, 0.9 m di profondità), anche per l’aggravio costituito dal sopralzo della

corrente in curva.

Le abitazioni situate a fianco del canale in cemento, poste più in basso rispetto al fondo alveo del

canale, sono state più volte allagate nel passato, con invasione di fango nei piani bassi e nel cortile

antistante ai fabbricati e un apprezzabile rischio per l’incolumità fisica degli abitanti della zona.

La proposta di mitigazione del rischio di esondazione in quest’area consiste nello sfioro di parte della

portata defluente con un apposito canale scolmatore in corrispondenza del lato sinistro della

curvatura, che si innesta con una tubazione chiusa verso il tombino scatolare di viale Ionio (che sarà

discusso nel paragrafo 4.2.3), in prossimità dell’area di piazza Centro Fontane.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 38

Figura 4.2.2.a. Localizzazione del canale con curva 180° in area Centro Fontane (fosso Decanato).

Figura 4.2.2.b. Vista verso monte. Figura 4.2.2.c. Vista verso mare.

Figura 4.2.2.d. Esondazione canale (vista verso

mare). Sulla sinistra si vedono abitazioni allagate.

Figura 4.2.2.e. Esondazione canale (vista verso

mare).

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 39

La pendenza dell’alveo canalizzato del fosso Petraro in corrispondenza della curvatura a 180° è pari

a 0.004, mentre più a monte è sensibilmente maggiore (circa 0.025). Considerando un deflusso che

riempia completamente la sezione disponibile, una stima approssimativa della massima portata

defluente in moto uniforme nel canale in curva (trascurando però, come già detto, il sovralzo sulla

sponda esterna della curva) è la seguente:

(

) ⁄

√ (

) ⁄

√ m3/s

L’area sottesa dal canale in corrispondenza della curva è minore dell’area corrispondente ai due

sottobacini 8.1 e 8.2, che complessivamente raggiungono alla foce una superficie di 1.83 km2 (fig.

1.3). Tale area drenante si può ritenere pari a circa 1.6 km2. In effetti, però, per il calcolo della

portata di piena che defluisce in questa sezione di canale, si deve sommare alla massima portata in

uscita dalla vasca di laminazione a monte (vedasi paragrafo precedente), pari a 5 m3/s, la portata

idrica corrispondente all’area compresa tra il bacino sotteso dalla sezione in esame (1.6 km2) e l’area

sottesa dalla vasca di laminazione (0.9 km2), vale a dire 0.7 km

2. In corrispondenza di quest’area, il

metodo VAPI fornisce la stima:

( ) m3/s

m3/s

Con il metodo dei coefficienti udometrici, considerando il valore di determinato per la zona

omogenea J12 relativo ad un’area drenante minore di 5 km2, si ottiene invece:

m3/s

Se si assume questo valore di portata e lo si somma ai 5 m3/s provenienti dalla laminazione, si ottiene

un valore complessivo di 14 m3/s. Poiché il canale del Fosso Petraro riesce a contenerne al più 3.5

m3/s, il canale scolmatore da costruire ex-novo per deviare l’acqua verso il tombino (che sarà oggetto

del paragrafo successivo) deve essere dimensionato per una portata di circa 11 m3/s. Considerando

per questo canale scolmatore una pendenza pari a 0.015, si ottiene una sezione rettangolare di

dimensioni 2.5 m di larghezza per una altezza di 2.1 m, escluso un franco di sicurezza che può essere

limitato a 50 cm.

4.2.3 Allargamento del canale chiuso a vetri di Viale Ionio, con escavazione e ricostituzione della

carreggiata stradale al di sopra di un tombino a sezione chiusa ispezionabile fino al mare.

Nel sopralluogo eseguito si è messa in luce la situazione critica a notevole rischio di allagamento di

un’ampia zona prospiciente piazza Centro Fontane, nella parte nord-occidentale del fosso Decanato.

In quest’area, compresa tra il centro urbano e il litorale, alcune canalizzazioni raccolgono le acque

provenienti dalle zone circostanti a piazza Centro Fontane, che sono poi convogliate fino al mare con

un tratto completamente intubato con vetrate sul marciapiede, che percorre tutto il Viale Ionio

(vedasi la relazione di sopralluogo).

Per porre rimedio a tale situazione critica una possibile soluzione è rappresentata dall’allargamento

del canale che scorre intubato al di sotto del piano stradale di Viale Ionio. L’intervento prevede

l’escavazione della carreggiata stradale e la ricostituzione della stessa al di sopra di una sezione

scatolare larga, ispezionabile fino al deflusso in mare (che dovrà essere attuato evitando i possibili

rigurgiti del livello idrico marino, soprattutto in occasione di mareggiate).

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 40

Figura 4.2.3.a. Canale tombato sotto Viale Ionio congiungente l’area Centro Fontane al mare.

Figura 4.2.3.b. Canale tombato sotto Viale Ionio (vista verso mare). Figura 4.2.3.c. Particolare solette.

L’area drenante di questa canalizzazione esistente è data dai sottobacini 7.1 e 7.2 (fig. 1.3), pari

complessivamente a 1.11 km2. Le dimensioni della canalizzazione devono essere adeguate per tenere

conto dell’arrivo di altro deflusso dal canale che passa adiacente all’area Centro Fontane, nei pressi

della quale assume una curvatura molto accentuata (si veda il paragrafo precedente). In pratica, la

portata corrispondente all’area drenante dei sottobacini 7.1 e 7.2 va aggiunta la portata in arrivo dal

canale scolmatore discusso al paragrafo precedente (11 m3/s).

Il metodo VAPI fornisce la stima:

( ) m3/s

m3/s

Con il metodo dei coefficienti udometrici, considerando il valore di determinato per la zona

omogenea J12 relativo ad un’area drenante minore di 5 km2, si ottiene:

m3/s

Essendo più cautelativo di quello della stima API, quest’ultimo valore può essere assunto come

stima della portata drenata dalla superficie dei due sottobacini. Aggiungendo l’ulteriore incremento

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 41

di 11 m3/s, la portata massima proveniente dalla vasca di laminazione (si veda il paragrafo

precedente), si ottiene una portata complessiva di circa 25.6 m3/s.

Considerando una pendenza dell’asta finale pari a 2.6/400=0.0065 e un valore della scabrezza di

Strickler pari a 20 m1/3

/s, ancora più cautelativo a causa della tipologia del canale (sezione chiusa con

soletta superiore resa necessaria dalla costruzione di carreggiata stradale), la risoluzione

dell’equazione del moto uniforme di Gauckler-Strickler nel caso di canale di forma rettangolare per

una larghezza pari a 5 m fornisce una stima dell’altezza pari a ≈ 2.7 m. Pertanto, considerando anche

un franco minimo, le dimensioni del canale rettangolare possono quindi essere: altezza 3.2 m,

larghezza 5 m (sezione complessiva del canale ≈ 16 m2).

Relativamente a questa proposta, non sembra inutile segnalare che il tombino scatolare di Viale Ionio

potrebbe avere dimensioni ancora maggiori se si considera il prevedibile, anche se non enorme,

aumento di deflusso causato dall’impermeabilizzazione di alcune aree dei sottobacini in esame,

destinate a future urbanizzazioni. Ovviamente, si ribadisce che tale sezione chiusa dovrà essere

mantenuta sgombra da vegetazione con l’impiego di mezzi meccanici ed essere ispezionabile fino

alla foce.

Oltre al rifacimento della canalizzazione che convoglia le acque piovane lungo tutto Viale Ionio fino

al mare, il sopralluogo ha reso evidente la necessità di segnalare che i canali che raccolgono i vari

contributi di acqua piovana drenata dalle zone circostanti dovranno essere resi pienamente funzionali

con un controllo specifico, da effettuare canale per canale. E’ il caso, ad esempio, del canale che

partendo da Via S. Allende scorre a cielo aperto per quasi 400 m (linea gialla della figura 4.2.3.d),

ma che poi perde la forma artificiale in calcestruzzo per defluire attraverso uno strettissimo alveo di

magra (comunque esondando regolarmente durante piogge anche di non particolare intensità) nei

terreni coltivati intorno all’area di Piazza Centro Fontane (linea rossa della figura seguente).

In questo caso, l’alveo naturale in terra segnato in rosso nella figura 4.2.3.d, che, si ripete, canalizza

inefficacemente le acque piovane nella zona rurale prossima all’area Centro Fontane con frequenti

esondazioni lungo il percorso, deve essere adeguatamente dimensionato e ristrutturato con pareti e

fondo cementizio, in modo da costituire la regolare prosecuzione del canale in cemento armato che,

drenando i deflussi superficiali da ia S. Allende fino all’area Centro Fontane, s’immette infine nel

tombino scatolare di Viale Ionio.

Figura 4.2.3.d. Planimetria del punto critico dell’area Centro Fontane.

Inizio canale

(Via S. Allende)

Alveo

naturale

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 42

Figura 4.2.3.e. Canale Fosso Decanato in Via S.

Allende (vista monte). Figura 4.2.3.f. Canale Fosso Decanato in Via S.

Allende (vista mare).

4.2.4 Adeguamento canale di drenaggio da Centro Fontane a Viale degli Oleandri.

Poco più a ovest del sottopasso ferroviario del paragrafo precedente, la canalizzazione delle acque di

pioggia lungo l’asta fluviale del fosso Decanato che incrocia Viale degli Oleandri, nei pressi del

lungomare appena fuori dall’abitato di Mirto (figura 4.2.4.a), sembra insufficiente per il deflusso di

piena, come appare visibile nel caso del tratto ispezionato durante il sopralluogo in corrispondenza di

un attraversamento stradale, che appare pieno per metà anche senza un evento pluviometrico

particolare. In questo caso l’attraversamento stradale, realizzato in modo piuttosto semplice, ha un

evidente deficit di franco idraulico (vedasi la relazione di sopralluogo). L’eventuale esondazione in

questa zona porterebbe all’allagamento delle aree prospicienti il lungomare, in parte coltivate e in

parte dotate di un minimo arredo urbano a servizio della spiaggia.

Figura 4.2.4.a. Canale di scolo da zona Centro Fontane a Viale degli Oleandri (fosso Decanato).

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 43

Figura 4.2.4.b. Tombino del Fosso Petraro (vista

verso monte). Figura 4.2.4.c. Tombino del Fosso Petraro (vista

verso mare).

Per il dimensionamento di massima di questo canale, si fa l’ipotesi che la massima portata in arrivo

da monte calcolata in corrispondenza della canalizzazione con curva a 180°, discussa al punto

precedente, sia stata debitamente derivata, lasciando nel canale la sola portata di 3.5 m3/s. A tale

portata si deve comunque aggiungere la portata corrispondente all’area ottenuta dalla differenza tra

l’area complessiva dei due sottobacini 8.1 e 8.2 (1.83 km2) e l’area considerata per la canalizzazione

con curva a 180° (1.6 km2). Per la stima di questo secondo contributo di portata, considerando quindi

un’area drenante pari a 0.23 km2, se si utilizza il metodo VAPI si ottiene:

( ) m3/s

m3/s

Con il metodo dei coefficienti udometrici, considerando, a vantaggio di sicurezza, il valore di

determinato per la zona omogenea J12 relativo ad un’area drenante minore di 5 km2, si ottiene:

m3/s

Per il dimensionamento di massima si assume quindi un valore di portata pari a m3/s.

Considerando 0.01 come pendenza dell’asta finale, un valore della scabrezza di Strickler pari a 25

m1/3

/s e assumendo una forma rettangolare per il canale, la risoluzione dell’equazione del moto

uniforme di Gauckler-Strickler per b 2.5 m fornisce una stima dell’altezza pari a circa 1.38 m.

Considerando un franco adeguato, le dimensioni del canale rettangolare possono quindi essere:

altezza 2.0 m, larghezza 2.5 m (sezione complessiva ≈ 5 m2).

Se invece non si mette in atto la proposta di derivazione della portata in arrivo da monte in

corrispondenza della canalizzazione con curva a 180°, il canale in esame risulta ampiamente

insufficiente, come d’altra parte ampiamente testimoniato dai frequenti allagamenti causati dalle

esondazioni nella parte di canale a monte del tronco in esame (vedasi la relazione di sopralluogo).

4.3 Frazione Sorrento

Il sopralluogo effettuato nella frazione Sorrento nonché le numerose notizie e le immagini relative

agli eventi pluviometrici critici della frazione evidenziano come l’area, ormai estesamente

urbanizzata, sia molto vulnerabile agli allagamenti per le piogge torrenziali che spesso colpiscono

questa parte del litorale ionico.

L’elevato rischio idraulico di allagamento dell’area è legato essenzialmente alle caratteristiche

morfologiche e geologiche assai sfavorevoli al deflusso delle acque piovane, essendo la zona

praticamente confinata tra le colline ad forte impermeabilità poste alle spalle del centro urbano

(Serricelle di Mirto, Carrubba, Furco) e l’argine destro del Fiume Trionto.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 44

Come descritto nel paragrafo dedicato agli eventi storici di dissesto idrogeologico, ci si può rendere

conto del notevole pericolo che si crea in quest’area addirittura anche visualizzando i filmati relativi

agli eventi più recenti resi disponibili in rete.

In sintesi, la principale problematica idraulica riscontrata in tale zona è l’inefficace drenaggio delle

acque pluviali per incompleta e/o inadeguata canalizzazione, con ampie zone di criticità lungo la SS

531 (estesi allagamenti con interessamento di civili abitazioni, pericolosi fenomeni di aquaplaning e

presenza di fango sulla carreggiata stradale) che si manifestano in concomitanza di brevi periodi

caratterizzati da piogge molto intense.

Figura 4.3.1.a. Planimetria della zona Sorrento.

4.3.1.a Ripristino delle cunette drenanti l’acqua piovana dalle colline, con convogliamento del

sistema di cunette ai collettori e di questi verso il Trionto (con eventuale vasca di carico e

valvola a una via inserita nell’argine).

La situazione relativa alla rete di canali per il drenaggio delle acque pluviali e lo sversamento al

fiume Trionto a ridosso dell’abitato della frazione Sorrento è assai critica, sia per la peculiare

situazione morfologica e geologica dell’area descritta sopra, sia per la difficoltà di conoscere, pur

disponendo di un’aggiornata informazione catastale e cartografica, quanti e quali tronchi siano stati

realizzati e coperti sotto marciapiedi e/o rete stradale, oltre alla canalizzazione a cielo aperto

identificata nel sopralluogo.

I canali che raccolgono le acque degli impluvi trasversali che scendono in direzione ovest dalle

colline verso il fiume Trionto sono in parte naturali e in parte artificiali. Tale canalizzazione, nel suo

complesso, è largamente inadeguata a causa dell’irregolare raccolta e immissione delle acque dagli

impluvi collinari. La canalizzazione consiste in una prima serie di tubazioni e/o canali, in parte

interrati, che drenano le acque pluviali dagli impluvi collinari, con probabile immissione (non sempre

visibile) nel canale collettore che, a tratti, scorre longitudinalmente in parallelo a Viale della

Repubblica. Questa serie di tubazioni, che possiamo definire di primo livello, è insufficiente poiché

non tutti i pendii ne sono dotati, ma è anche molto disordinata, perché verosimilmente attuata nel

tempo senza un criterio di drenaggio complessivo delle copiose acque di pioggia, che durante gli

eventi intensi ruscellano dalle colline miste a suolo, sabbia e inerti.

La mancata razionalizzazione di questi canali complica la connessione alla rete fognaria delle

canalizzazioni ad uso delle civili abitazioni costruite a ridosso delle colline, che oltre tutto aumentano

il grado di impermeabilizzazione dell’area. Questo primo livello di tubazioni necessita, pertanto, di

un adeguamento totale, nel senso che per l’insieme complessivo di tutti gli impluvi occorrerà

procedere al dimensionamento di una canalizzazione a cielo aperto per la raccolta delle acque

superficiali, e se è il caso anche delle acque di falda con sezione chiusa interrata a servizio di trincee

drenanti.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 45

La canalizzazione di ordine superiore parallela alla strada statale 531 (Viale Europa Unita) risulta

avere elementi di discontinuità del fondo alveo in corrispondenza di incroci stradali ed è, inoltre, non

adeguatamente connessa con l’alveo del fiume Trionto. Il canale collettore longitudinale passa

frequentemente da cielo aperto a intubato, con evidenti strozzature per la presenza di solette che da

semplici sovrappassi per il necessario transito sul canale diventano improvvisamente estese (e

discutibili) tombature dell’alveo artificiale, tali da costituire un serio ostacolo al deflusso delle acque

piovane per le curvature accentuate e i restringimenti soggetti a continui intasamenti.

La canalizzazione è completata con alcuni canali a cielo aperto che al sottodimensionamento, che

raggiungono l’argine del fiume Trionto, diramandosi in senso ortogonale dal canale di raccolta

principale che corre parallelo alla carreggiata stradale di Viale Europa Unita. L’area urbana relativa a

questa canalizzazione, che raccoglie in ultima analisi tutte le acque superficiali provenienti dalle

colline, è allagata molto frequentemente. Il motivo di ciò, oltre a un sottodimensionamento dei

canali, è dovuto sia alla difficile connessione idraulica con il fiume Trionto (l’esigua pendenza dei

canali, infatti, non aiuta il deflusso dell’acqua verso il fiume), sia alla mancanza di manutenzione

(sfalcio della vegetazione) e alla complicata connessione con la canalizzazione longitudinale (con

forzata tombatura del canale e sbocco rigurgitabile).

La stessa connessione con l’argine è, inoltre, resa più complicata dalla presenza di alcune discariche

incontrollate di residui di cantieri edili, anche se lo sbocco al piede dell’argine destro del Trionto è

generalmente protetto con pennelli in gabbioni.

Figura 4.3.1.b. Vista (verso monte) dell’argine del

fiume Trionto. Figura 4.3.1.c. Vista (verso mare) dell’argine del

fiume Trionto.

Per la stima della portata della rete di canali, è necessario distinguere i piccoli canali che raccolgono

l’acqua piovana direttamente alla base delle colline, il lungo canale di raccolta longitudinale alla

carreggiata stradale principale e quelli finali che si dipartono da essa per il conferimento all’argine

del Trionto, seguendo per lo più la direzione di alcune strade esistenti. In alcune parti la rete di

canalizzazioni dovrà essere costruita ex novo, mentre in altre si dovranno attuare solo l’adeguamento

della sezione e delle varie connessioni.

Nel caso della rete di impluvi naturali che raccolgono l’acqua piovana direttamente dalle colline

(canali di primo livello), considerando per cautela l’area maggiore tra i piccolissimi sottobacini

drenanti identificati nello studio CAD, si può assumere per tutti i canali un valore pari a 0.50 km2

(sottobacini da 16 a 24 riportati nella figura 1.3).

Utilizzando il metodo VAPI con 4.27 come fattore di crescita per T=200 anni si ottiene:

( ) m3/s

m3/s

Con il metodo dei coefficienti udometrici, considerando il valore di determinato per la zona

omogenea J12 in relazione a bacini con area drenante minore di 5 km2, si ottiene:

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 46

m3/s

Assumendo quest’ultimo valore e considerando per ciascun canale una pendenza media pari a 0.03 e

un valore della scabrezza di Strickler pari a 25 m1/3

/s, risolvendo l’equazione del moto uniforme di

Gauckler-Strickler nel caso di sezione rettangolare, per b=2 m si ottiene una stima dell’altezza pari a

1.15 m. Le dimensioni del canale rettangolare, comprensive di un franco adeguato, possono quindi

essere poste pari a: altezza 1.5 m, larghezza 2 m (sezione complessiva del canale ≈ 3 m2). Si

suggerisce però che i canali in questione siano visibili, con facile manutenzione e rimozione del

fango e della vegetazione e assolutamente non tombati.

Per la canalizzazione longitudinale di secondo livello, che deve convogliare nella sezione terminale

la portata complessivamente raccolta dalla rete di canali di primo livello, si propone di realizzare un

canale, in parte esistente, che segue Viale Europa Unita con pendenza naturale (da sud a nord). Come

bacino drenante si considera cautelativamente la somma delle aree dei sottobacini indicati nel

dettaglio CAD da 15 a 19 (figura 1.3), pari a circa 2.48 km2.

Utilizzando il metodo VAPI con 4.27 come fattore di crescita per T=200 anni si ottiene:

( ) m3/s

m3/s

Impiegando il metodo dei coefficienti udometrici, se si considera il valore di determinato nella

zona omogenea J12 per bacini con area drenante minore di 5 km2, si ottiene:

m3/s

Assumendo quest’ultimo valore come portata di progetto e considerando una pendenza media pari a

0.012 e un valore della scabrezza di Strickler k=25 m1/3

/s, la risoluzione dell’equazione del moto

uniforme di Gauckler-Strickler nel caso di sezione rettangolare, per b=4 m fornisce una stima

dell’altezza pari a 2.72 m. Le dimensioni del canale rettangolare, comprensive di un franco adeguato,

possono quindi essere poste pari a 3.25 m di altezza e 4 m di larghezza (sezione complessiva del

canale ≈ 13 m2). Il canale dovrà svilupparsi il più possibile a cielo aperto per una più facile

manutenzione con mezzi meccanici. Nei brevi tratti interrati che si rendono necessari (sottopassi

della carreggiata stradale) dovrà comunque essere garantita l’agevole ispezione e la frequente pulizia

da vegetazione e fango con mezzi meccanici.

Per la canalizzazione di terzo livello, destinata a convogliare verso l’argine destro del Trionto le

acque piovane ruscellanti trasportate dal collettore longitudinale di secondo livello, si possono

utilizzare, almeno in parte, alcuni canali a cielo aperto che già adesso svolgono, seppure

parzialmente, tale funzione. Si tratta di canalizzazioni che si dipartono trasversalmente da Viale

Europa Unita (alcune visibili ma da adeguare, altre da costruire ex novo) e che percorrono le aree

comprese tra la SS 531 e l’argine destro del fiume Trionto.

Partendo da nord a sud si propone la costruzione di 6 canali, identificati mediante la toponomastica

delle strade comunali, la cui direzione rappresenta, grosso modo, quella prevista per il canale: Via

Germania Ovest (n°1), Via Islanda/Via Amsterdam (n°2), Via Inghilterra (n°3), Via Danimarca

(n°4), canale parallelo a Via Andorra (n°5), canale parallelo alla trasversale che nasce all’incrocio

con Via Georgia (n°6).

Il dimensionamento di questi canali è attuato tenendo conto di quanto dimensionato per i tronchi di

primo e secondo livello. In particolare, il canale di terzo ordine n°6 dovrà essere dimensionato come

un normale canale di primo livello, in quanto posto all’inizio del tronco longitudinale di secondo

livello, a cui compete una quota topografica maggiore. Se rettangolare, una possibile sezione del

canale è quella di altezza 1.5 m e larghezza 2m.

All’estremo opposto della serie, il canale di terzo ordine n°1 dovrà essere, per motivi di sicurezza, di

dimensioni analoghe a quelle del collettore longitudinale di secondo livello. Se rettangolare, la

sezione potrà avere come dimensioni: altezza 3.2 m e larghezza 4 m.

Ai canali localizzati in posizione intermedia tra l’1 ed il 6, pur dovendo svolgere la funzione di

derivare solo parte della portata del canale collettore principale (di secondo livello) in modo analogo

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 47

al canale n°6, tuttavia si propone un dimensionamento cautelativo degli stessi, con sezioni di

grandezza intermedie tra quelle identificate per il n° 1 e il n°6. In tal modo, l’eventuale intasamento

di uno dei canali trasversali non si ripercuoterebbe sull’officiosità dell’intero canale trasversale.

Anche questi canali dovranno svilupparsi il più possibile a cielo aperto per una più facile

manutenzione con mezzi meccanici. Se fossero necessari tratti interrati, questi dovranno essere della

minore lunghezza possibile, di dimensioni non minori di quella di progetto, di facile manutenzione e

ispezione.

Nell’argine del fiume Trionto si propone, inoltre, di aumentare il deflusso delle acque di pioggia

mediante la raccolta delle acque piovane veicolate dai collettori in una vasca di carico e l’eventuale

inserimento di una tombinatura nell’argine con valvola a una via, per consentire il deflusso dei

volumi idrici al fiume senza il pericolo di possibili rigurgiti causati dalle piene del fiume Trionto.

4.4 Pantano Martucci

4.4.1 Smaltimento acque piovane con ripartizione della canalizzazione in due percorsi, a partire da

attraversamento stradale preesistente.

La zona conosciuta come Pantano Martucci, un’area di antichi depositi fluviali a topografia sub-

orizzontale, confinata dall’argine destro del fiume Trionto, dal litorale costiero e dal centro urbano, è

caratterizzata dal problematico ristagno delle acque pluviali, la cui canalizzazione verso il mare è

assolutamente insufficiente e addirittura inesistente per lunghi tratti. Nella zona, inoltre, è localizzato

l’impianto di depurazione a servizio del centro urbano, che in occasione di eventi pluviometrici

molto intensi si è spesso completamente allagato, a causa dell’impossibilità dello stesso di trattare i

notevoli quantitativi idrici risultanti dall’arrivo di copiose portate di acque bianche, conferite

all’impianto senza alcun supporto razionale, che si aggiungono a quelle nere in entrata. Poiché è

verosimile che l’area debba sopportare il carico idraulico depurativo di nuove urbanizzazioni,

localizzate nella zona del Pantano posta a sud della SS106, è necessario intervenire per adeguare e/o

costruire la rete di canali appropriata per il conferimento delle acque di pioggia al recettore finale,

che, per parte delle portate bianche debitamente sfiorate, può anche essere il mare.

Figura 4.4.1.a. Planimetria della zona Pantano Martucci.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 48

La proposta progettuale consiste nell’adeguamento/costruzione della canalizzazione di raccolta e

conferimento al recettore finale (sversamento a mare) delle acque piovane che affluiscono nel

sottopasso ferroviario in corrispondenza della zona Pantano Martucci, mediante la ripartizione del

deflusso idrico in due canali da dimensionare seguendo due percorsi separati.

Un primo canale dovrebbe essere eseguito ex novo, in direzione nord lungo la strada che conduce al

depuratore, raccordandosi in prossimità dell’ARSSA con un preesistente canale che conduce

direttamente al mare.

Il secondo canale riguarda invece un percorso esistente, tombato nel tratto finale, che passa

anch’esso in prossimità della sede dell’ARSSA. Le dimensioni dei due canali sono da adeguare alle

dimensioni che si ottengono dal calcolo idraulico.

Per la stima della portata, considerando cautelativamente un’area drenante pari a 1.3 km2 (sottobacini

4, 5.1 e 5.2 riportati nel dettaglio CAD della fig. 1.3), se si utilizza il metodo VAPI si ottiene:

( ) m3/s

m3/s

Impiegando il metodo dei coefficienti udometrici e considerando, a vantaggio di sicurezza, il valore

di u determinato per la zona omogenea J12, essendo l’area drenante minore di 5 km2 si ottiene:

m3/s

Per cautela si assume nel progetto quest’ultimo valore della portata, che ripartita nei due canali

previsti per il deflusso a mare dell’acqua piovana, fornisce come portata defluente in ciascun canale

il valore Q200 ≈ 8.5 m3/s.

Considerando per il canale a sinistra dell’intervento una pendenza pari a 0.0085 e un valore della

scabrezza di Strickler k=25 m1/3

/s (Mays, 2004), e assumendo una forma rettangolare, la risoluzione

dell’equazione del moto uniforme in corrispondenza di b 3 m fornisce una stima dell’altezza della

sezione pari a 1.50 m. Considerando un franco adeguato, le dimensioni del canale rettangolare

possono quindi assumere i valori: altezza 2 m, larghezza 3 m (sezione complessiva del canale ≈ 6

m2).

Lo stesso calcolo condotto per il canale a destra, caratterizzato da una pendenza pari a 0.0125, per

b 2.5 m fornisce una stima dell’altezza pari a 1.55 m. Le dimensioni del canale rettangolare possono

quindi assumere i valori: altezza 2 m, larghezza 2.5 m (sezione complessiva del canale ≈ 5 m2).

4.5 Torrente Fiumarella

Il bacino del torrente Fiumarella, secondo quanto evidenziato nel PAI Calabria, costituisce un’area di

attenzione per quanto concerne il rischio idraulico, soprattutto nella parte di foce interessata da civili

abitazioni. Dal sopralluogo è risultato evidente che la zona, abbastanza urbanizzata in corrispondenza

degli attraversamenti stradali e ferroviari, è potenzialmente allagabile (e storicamente allagata) a

causa del frequente ristagno delle acque pluviali dovuto alle insufficienti luci dei tombini.

Ripristino dell’officiosità dell’alveo e verifica idraulica di dettaglio dei tombini.

Vista la segnalazione ufficiale del PAI, la proposta per questa zona è quella di procedere per l’area in

questione ad un dettagliato rilievo dell’alveo fluviale, per la conseguente redazione di uno studio

idrologico-idraulico approfondito capace di verificarne il rischio di esondazione. Anche in mancanza

di uno studio più dettagliato, è consigliabile comunque ripristinare l’officiosità del letto fluviale con

sfalcio della vegetazione in alveo e controllare la pervietà dei tombini con regolarità nell’alveo della

Fiumarella, almeno a partire dalla zona topograficamente nota come Masseria Filippelli (dove

insistono una serie di briglie) fino alla foce.

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 49

Figura 4.5. Planimetria della zona di foce del Torrente Fiumarella.

Una sintesi dei punti critici e delle aree di attenzione nel bacino del torrente Fiumarella è

rappresentata nella carta delle criticità, che fa parte del materiale prodotto in questo studio insieme

alla presente indagine conoscitiva.

5. Conclusioni

Gli eventi degli ultimi inverni hanno notevolmente evidenziato, qualora ve ne fosse stato bisogno, la

vulnerabilità del territorio di Crosia ed in particolare della frazione di Mirto che presenta delle

situazioni di elevato rischio idraulico, come testimoniato dai numerosi allagamenti che nel recente

passato hanno colpito il centro urbano, il litorale e l’area stretta tra l’argine destro del fiume Trionto

e le alture alle spalle dell’abitato. Dalle informazioni storiche disponibili e dalle indagini effettuate

nei tratti critici, parte dell’area del centro urbano risulta allagabile in seguito a eventi idrologici anche

modesti, con tempi di ritorno dell’ordine dei 5 anni, a causa di alcune sezioni particolarmente

ristrette che provocano rigurgiti nelle aree circostanti.

L’area presenta, infatti, molti più punti di attenzione (per restringimento e/o tombatura di alcuni

tratti) rispetto a quelli censiti nel PAI (per i dettagli, si veda la tavola 2: Carta delle criticità).

L’interferenza del reticolo idrografico con il centro abitato è in alcuni casi assai problematica,

costringendo il deflusso in sezioni inadeguate rispetto a quanto di competenza del corso d’acqua e

seguendo percorsi non naturali. E’ quanto succede, ad esempio, nel caso di recenti canalizzazioni di

raccolta delle acque a monte dell’abitato, che poi perdono gran parte della loro officiosità più a valle,

in special modo nell’attraversamento del centro urbano, a causa di ponticelli stradali del tutto

inadeguati e di altre non meglio specificate opere d’arte che ne ostruiscono il deflusso.

E’ altresì evidente anche un’incauta e pericolosa commistione tra la rete di drenaggio delle acque

bianche e la rete fognaria, con conseguente malfunzionamento del sistema di depurazione che si è

spesso allagato in occasione di eventi pluviometrici intensi ma non rari.

In definitiva, anche se l’area del comune di Crosia non è classificata come area a rischio né di

attenzione se si eccettua una zona prospiciente il fiume Trionto e l’area del Torrente Fiumarella,

l’indagine conoscitiva ha messo in luce che la situazione attuale di quasi tutta l’area urbana è

estremamente vulnerabile e da considerare con estrema attenzione.

Tale area, a valle di un’analisi conoscitiva come quella descritta in questa relazione, presenta cioè un

evidente rischio idraulico di esondazione e allagamento che è necessario mitigare mediante un rilievo

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 50

topografico di dettaglio che permetta un’analisi idraulica completa, a cui dovranno fare seguito

verosimilmente interventi infrastrutturali di adeguamento e/o costruzione di canalizzazioni e opere

idrauliche del tipo di quelle prospettate nella presente relazione.

La complessità dei problemi presenti ed i notevoli squilibri del territorio impongono soluzioni

complesse, in grado di agire su diversi fronti, col concorso di più interventi ed un’articolazione delle

attività in fasi. Il problema principale è legato alla rete di canalizzazione artificiale delle acque di

pioggia, la cui evoluzione è sicuramente avvenuta in modo irrazionale e disordinato, tanto che la

sicurezza idraulica della zona, almeno ai fini del rischio di allagamento, è da ritenere molto scarsa.

La messa in sicurezza dell’area richiede, pertanto, un programma organico di interventi sia di tipo

strutturale che non strutturale, che preveda oltre alla realizzazione di opere in alcuni punti critici,

anche interventi estensivi finalizzati soprattutto alla regimazione delle acque piovane.

Nel presente studio si sono prese in esame tali situazioni di criticità, individuando i punti più

importanti e proponendo interventi di mitigazione.

Gli interventi previsti si possono raggruppare sostanzialmente in tre tipologie:

A. Interventi di ripristino dell’officiosità del reticolo idrografico (compreso il centro abitato).

B. Regimazione delle acque superficiali lungo le strade di versante.

C. Interventi di riduzione delle portate al colmo (laminazione)

A. Interventi di ripristino dell’officiosità del reticolo idrografico

Il reticolo idrografico che attraversa il territorio di Crosia è costituito da aste fluviali di piccola

dimensione e da valloni e fossi con superficie imbrifera dell’ordine di qualche ettaro. Questa rete

naturale è stata negli anni profondamente alterata da interventi di natura antropica che hanno

ristretto, deviato, ostruito molti percorsi naturali riducendo nel complesso in modo significativo

l’officiosità idraulica dei diversi collettori. Per molti anni, per effetto del particolare regime

pluviometrico della zona, i fossi hanno convogliato portate irrisorie e questo ha potuto indurre a

ritenere eccessive le loro dimensioni e a considerare sostanzialmente privo di effetti un loro

significativo ridimensionamento. Si è perciò proceduto a realizzare tombini di dimensione modesta e

a creare diversioni e collegamenti che è difficile ricostruire.

In occasione di eventi meteorologici intensi come quelli delle ultime tre stagioni invernali, il sistema

idrografico mostra tutta la sua inadeguatezza producendo danni rilevanti e pericolo elevato per

l’incolumità delle persone.

Alla luce di queste considerazioni, appare fondamentale procedere al ripristino dell’officiosità

idraulica dei tratti di reticolo fluviale nella zona in cui si sviluppa il centro abitato di Mirto, in

particolare ripristinando la continuità idraulica di alcuni canali che attraversano l’intero l’abitato in

direzione nord-sud.

Inoltre per quanto riguarda la rete dei canali di raccolta che attraversa l’abitato, questa deve essere

ripristinata nella sua funzionalità garantendo per ognuno di essi la continuità idraulica e la perfetta

funzionalità ripristinando l’officiosità di tutti i canali che risultano parzialmente ostruiti o peggio

ancora completamente otturati.

B. Regimazione delle acque superficiali lungo le strade di versante

L’intervento prevede la raccolta e il collettamento superficiale dei deflussi che interessano,

direttamente o indirettamente, il fitto reticolo delle strade che si inerpicano lungo i versanti. In

particolare è prevista la realizzazione di cunette di bordo strada e il ripristino di quelle già esistenti.

Particolare cura dovrà essere in ogni caso rivolta al punto di recapito di tale sistema di drenaggio

superficiale.

C. Interventi di riduzione delle portate al colmo (laminazione)

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 51

L’intervento prevede la realizzazione di opere che consentono l’accumulo e la successiva

restituzione (laminazione) nel reticolo idrografico delle portate di piena. Come meglio dettagliato nel

paragrafo 4 queste opere sarebbero da realizzare a monte dell’abitato di Mirto ed in particolare sul

Fosso Decanato e sul Fosso Petraro.

Per gli interventi proposti è stata eseguita una stima di larga massima dei costi necessari alla loro

realizzazione. La tabella seguente riporta i valori dei costi accorpati per tipologia d’intervento.

Per quanto riguarda le priorità con cui realizzare i vari interventi sono state assegnati dei valori non

ai singoli interventi ma alle tipologie. Le priorità (si veda tavola 3: Carta degli interventi) sono state

assegnate in funzione dell’efficacia (relativamente alla mitigazione del rischio idraulico) e della

velocità di realizzazione degli stessi, pertanto sono stati individuati come prioritari gli interventi di

ripristino dell’officiosità del reticolo idrografico che dovranno essere seguiti da quelli di regimazione

delle acque superficiali lungo le strade di versante e infine dagli interventi di riduzione della portata

al colmo.

Interventi Descrizione Costo intervento

Interventi di ripristino

dell’officiosità del

reticolo idrografico

Adeguamento della sezione idraulica mediante

risagomatura del canale, allargamento dei tombini e

dei sottopassi, protezione al piede delle opere

esistenti.

2.000.000 €

Regimazione delle

acque superficiali lungo

le strade di versante

Ripristino delle cunette già esistenti e la realizzazione

di nuovi canali lungo il bordo delle strade.

Realizzazione dei collettori verso il F. Trionto e

realizzazione/ripristino dei canali di scolo nell’area

Pantano Martucci.

1.500.000 €

Interventi di riduzione

della portata al colmo

Realizzazione di una vasca di laminazione (Decanato)

e di una cassa di espansione (Petraro). 1.000.000 €

Totale 4.500.000 €

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 52

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 53

Appendice

Serie dei massimi annuali di

piogge orarie

Pluviografo di

ROSSANO

Quota=300 m s.l.m.

Codice Centro Funzionale

1330

Anno Max 1 h Max 3 h Max 6 h Max 12 h Max 24 h

1926 » » » » 247.6

1928 38.5 57.2 110.8 110.8 110.8

1929 50.0 63.0 76.0 » 139.7

1930 12.2 26.0 29.0 51.5 71.5

1932 20.0 28.0 51.0 79.0 148.1

1933 17.0 32.5 38.0 58.0 105.0

1934 36.0 56.2 79.2 114.0 224.1

1935 25.0 33.0 52.0 66.0 75.2

1936 20.0 35.8 52.2 84.8 133.9

1937 18.0 39.0 58.8 87.8 108.8

1938 27.6 32.2 58.6 74.0 106.8

1939 27.0 59.0 80.0 96.0 137.7

1943 » » 90.0 123.5 »

1946 20.0 42.0 55.0 86.0 110.1

1947 45.6 69.8 92.0 165.3 211.7

1948 43.0 70.0 124.1 152.1 178.1

1949 35.4 40.6 49.6 51.4 64.6

1950 » » 68.0 101.1 »

1951 38.0 54.0 66.0 96.0 175.7

1953 24.0 40.0 61.0 94.0 117.7

1954 22.6 47.0 64.0 88.0 118.1

1955 28.6 32.2 62.8 86.0 129.1

1957 57.0 86.0 102.7 120.7 141.7

1958 24.6 45.0 54.0 77.6 94.8

1959 24.0 53.0 89.0 151.1 220.3

1960 17.0 43.6 57.8 69.0 94.4

1961 13.0 35.0 56.4 81.2 88.4

1962 33.0 51.6 51.8 71.2 89.2

1964 35.4 55.4 98.2 139.3 159.7

1965 52.2 59.0 67.4 104.8 189.7

1966 38.0 72.2 100.1 102.1 123.5

1967 17.2 26.0 36.6 55.6 78.4

1968 21.4 47.5 76.0 95.0 103.0

1969 24.0 38.4 61.0 92.0 139.1

1970 37.2 68.0 106.1 174.1 198.7

1971 20.0 68.4 73.4 98.8 106.5

1972 24.8 26.8 38.8 66.2 77.6

1973 38.6 91.8 151.1 250.7 399.1

1974 15.2 21.8 34.4 43.2 43.2

1977 16.0 33.2 45.8 45.8 48.4

1978 16.6 27.2 39.0 51.8 77.4

1979 20.2 36.6 66.2 96.0 124.5

1980 23.8 43.0 55.0 56.2 61.4

1982 33.4 54.0 102.1 142.5 165.9

1983 33.4 69.4 79.2 81.4 89.0

1984 14.0 23.2 37.8 65.6 75.2

1985 21.6 46.8 82.0 124.6 174.1

1986 63.4 119.3 134.5 170.1 301.1

1987 13.8 32.4 55.6 104.1 170.9

1988 30.8 62.2 78.2 103.8 123.1

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Indagine conoscitiva e proposte di intervento 54

Appendice

Serie dei massimi annuali di

piogge orarie

Pluviografo di

PIETRAPAOLA

Quota=400 m s.l.m.

Codice Centro Funzionale

1400

Anno Max 1 h Max 3 h Max 6 h Max 12 h Max 24 h

1959 40.0 70.6 97.4 118.1 230.3

1960 20.0 38.6 59.0 90.0 136.3

1961 20.4 50.0 81.0 138.3 161.3

1962 21.0 34.6 36.0 59.2 77.2

1963 21.8 28.6 38.0 61.2 85.0

1964 79.0 103.5 109.8 160.7 207.5

1965 22.8 28.0 50.0 74.6 132.9

1966 26.0 40.6 69.8 94.2 121.3

1967 27.2 31.0 42.2 74.0 99.2

1968 38.8 42.8 66.0 81.8 109.6

1969 38.4 54.4 68.2 68.2 146.7

1970 47.0 103.1 135.7 163.3 164.5

1971 36.0 43.2 71.8 110.8 124.3

1972 28.2 64.0 107.1 161.3 213.1

1977 23.4 30.0 50.4 72.0 75.8

1978 17.6 28.4 53.2 83.6 108.1

1979 23.0 53.2 95.0 132.5 151.1

1980 20.0 32.4 57.4 86.0 96.8

1981 16.6 28.2 45.0 49.6 62.4