RELAZIONE FINALE · scenario competitivo e individuati i fattori che contribuiscono a rendere...

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CUP: B73D09000380006 DRD n° 195 del 22/11/2013 PSR Campania 2007-2013 mis. 124 (ambito PIF) RELAZIONE FINALE 82100 Benevento – Piazza Arechi II, Palazzo De Simone P.I. 01114010620 Tel. 0824/305210-12-14 fax 0824/305229 e-mail [email protected] – P.E.C. [email protected]

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CUP: B73D09000380006

DRD n° 195 del 22/11/2013 PSR Campania 2007-2013 mis. 124 (ambito PIF)

RELAZIONE FINALE

82100 Benevento – Piazza Arechi II, Palazzo De Simone P.I. 01114010620 Tel. 0824/305210-12-14 fax 0824/305229

e-mail [email protected] – P.E.C. [email protected]

Indice

Introduzione: la misura 124 dei P.I.F……..………………………………………………..4

1. Analisi economico-agraria, di Giuseppe Marotta, Concetta Nazzaro, Francesco

Frattolillo, Valentina Iacoviello, Alessia Lombardi, Francesca Rivetti, Marcello Stanco,

Konstantinos Karantininis

1.1 Introduzione………………………………………………………………………………6

1.2 Theoretical background………………………………………………………………….8

1.2.1 L’innovazione agroalimentare nell’ottica della responsabilità sociale……........11

1.2.2 L’innovazione nel comparto vitivinicolo: verso un processo di filiera……...….17

1.3 L’innovazione implementata nella filiera vitivinicola oggetto di indagine: il

framework teoororico…………………..…………………………………….…………21

1.4 Obiettivi e finalità della ricerca…………………..……………………………….........23

1.5 Metodologia……………………………………………………………………………...24

1.6 Risultati e discussione…………………………………………………………………..27

1.6.1 Lo sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare: un processo collettivo…...….28

1.6.2 Il valore creato: effetti interni ed esterni………………....……………………...34

1.7 Conclusioni……………………….……………………………………………………...39

Bibliografia………………………………………………………………………………….41

2. Analisi economico-finanziaria, di Arturo Capasso e Giacomo Pascarella

2.1 Introduzione……………………………………………………………………………..47

2.2 Obiettivi e finalità della ricerca……………………..………………………………….50

2.3 Metodologia.......................................................................................................................51

2.4 Risultati e discussione…………………………………………………………………..53

2.5 Conclusioni…………………………………………………………................................69

Bibliografia………………………………………………………………………………….67

3. Analisi organizzativo-aziendale, di Vincenza Esposito e Luigi Capobianco

3.1 Introduzione……………………………………………………………………………..70

3.2 Theoretical background………………………………………………………………...72

3.2.1 Il concetto di integrazione delle conoscenze……………………...……………....73

3.2.2 Integrazione di conoscenze e azione organizzativa di progetto…………………75

3.3 Obiettivi e finalità della ricerca…………………………………………...……………78

2

3.4 Metodologia………………….…………………………………………………………..79

3.5 Risultati e discussione………………………………………………………………..…82

3.5.1 Il contesto della ricerca………...………………………………………………….82

3.5.2 Fasi del progetto e meccanismi d’integrazione delle conoscenze………...……..84

3.6 Conclusioni……………………………………………………………………………....92

Bibliografia………………………………………………………………………………….93

4. Analisi di marketing e strategie di comunicazione, di Antonella Garofano e Maria

Rosaria Napolitano

4.1 Introduzione……………………………………………………………………………..97

4.2 Theoretical background………………………………………………………………...99

4.3 Obiettivi e finalità della ricerca..……………………………………………………...101

4.4 Metodologia…………………………………………………………………………….102

4.5 Risultati e discussione…………………………………………………………………109

4.5.1 Il comportamento di acquisto e di consumo: l’analisi della domanda..............109

4.5.2 La segmentazione dei consumatori campani……………………...…………....125

4.5.3 Il ruolo del terroir nelle percezioni dei produttori: l’analisi dell’offerta……..129

4.6. La strategia di marketing per il nuovo prodotto………………………………..…..132

4.6.1 Il marketing mix………………...………………………………………………..133

Bibliografia…………………………………………………………………………….......138

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Il presente Report espone i risultati della ricerca svolta dal Dipartimento di Diritto, Economia, Management e Metodi Quantitativi (DEMM), dell’Università del Sannio, nell’ambito del Progetto V.I.T.I.S. “Valutazione dell’attitudine delle uve Falanghina e Aglianico coltivate nel Sannio, alla produzione di vino spumante di qualità" - CUP: B73D09000380006; DRD n° 195 del 22/11/2013 - PSR Campania 2007-2013 mis. 124 (ambito PIF).

Il Progetto, con soggetto capofila la Cooperativa vitivinicola “La Guardiense”, e Responsabile Scientifico il prof. Giuseppe Marotta, ha visto coinvolte le seguenti Unità di Ricerca:

Università degli Studi di Napoli “Federico II” - Portici - (referenti proff. Luigi Frusciante, unità Genetica, e Luigi Moio, unità Enologia);

Università degli Studi del Sannio (referente prof. Giuseppe Marotta).

Nello specifico, l’Unità di Ricerca DEMM dell’Università del Sannio, risulta essere composta da: gruppo economico-agrario Giuseppe Marotta Concetta Nazzaro Francesco Frattolillo Valentina Iacoviello Alessia Lombardi Francesca Rivetti Marcello Stanco Konstantinos Karantininis gruppo economico-finanziario Arturo Capasso Giacomo Pascarella gruppo organizzativo-aziendale Vincenza Esposito Luigi Capobianco gruppo marketing Maria Rosaria Napolitano Antonella Garofano

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Introduzione: la misura 124 dei Progetti Integrati di Filiera

La misura 124, attivabile nell’ambito dei Progetti Integrati di Filiera, riguardante la “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e settore forestale” ha la finalità di promuovere la collaborazione tra tutti i segmenti della filiera, incentivando la cooperazione tra produttori, imprese di trasformazione, operatori commerciali e strutture operanti nell’ambito della ricerca e della sperimentazione, al fine di individuare e sviluppare percorsi innovativi. Tale misura, quindi, presenta degli obiettivi volti ad aumentare la competitività del settore agricolo attraverso una serie di azioni riguardanti:

- l’introduzione di nuove tecnologie ed innovazioni di prodotto e di processo tese a rendere più dinamiche le filiere caratterizzate da una bassa innovazione;

- l’internazionalizzazione delle imprese e delle loro produzioni; - la maggiore sicurezza sul lavoro, l’igiene e il benessere degli animali; - la promozione e l’introduzione di innovazioni nella fase di commercializzazione

attraverso la creazione di reti o circuiti brevi; - la diffusione di tecnologie che utilizzano prodotti agricoli e residui per la produzione

di imballaggi e biopolastiche e, in generale, quelle innovazioni di processo e di prodotto che possano arrecare benefici anche all’ambiente;

- il miglioramento della corrispondenza dei prodotti e dei processi agli standard qualitativi richiesti dal mercato;

- la promozione di iniziative che introducano innovazioni di processo e di prodotto, atte a ridurre l’impatto ambientale delle colture ed il risparmio idrico ed energetico.

Tutti gli interventi e la sperimentazione di nuovi prodotti o processi produttivi, si basano sul principio della sostenibilità, al fine di garantire la tutela ambientale e la salvaguardia delle risorse naturali e della biodiversità, che rappresenta la priorità tematica, a valenza orizzontale, di tutte le misure attivabili nell’ambito dei Progetti Integrati. La specifica misura, proprio attraverso la cooperazione, intende incentivare la creazione di solide reti relazionali tra istituti di ricerca, Università e imprenditori che operano nella filiera, che sono interessate ad incrementare il valore delle produzioni e la redditività dei prodotti e servizi aziendali. La creazione di solide reti relazionali può favorire, inoltre, sia l’attivazione di meccanismi di emulazione e moltiplicazione di comportamenti collaborativi e innovativi, sia effetti di ricaduta più ampi lungo le filiere e i territori rurali1. Va detto che la misura 124 ha contribuito a coprire anche operazioni preliminari quali: la progettazione, lo sviluppo e il collaudo di prodotti, processi e tecnologie, nonché gli investimenti di carattere materiale e/o immateriale connessi alla cooperazione, precedenti all’uso commerciale delle innovazioni, oltre che servizi di consulenza di base.

1 Cristiano S., Proietti P. (2013), Farm Innovation through Rural Development Programmes: experiences and pathways of innovation in Italy, paper presentato al 21st Esee, Antalya, Turkey, 2-6 September 2013

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1. Analisi Economico-Agraria

di Giuseppe Marotta, Concetta Nazzaro, Francesco Frattolillo, Valentina Iacoviello,

Alessia Lombardi, Francesca Rivetti, Marcello Stanco, Konstantinos Karantininis

1.1 Introduzione: la misura 124 e il Progetto VITIS

Gli ultimi decenni hanno fatto registrare un cambiamento nei modelli di acquisto e di

consumo, specialmente per effetto di una maggiore sensibilità dei consumatori rispetto a

tematiche che investono la tutela dell’ambiente e del territorio nonché la salvaguardia delle

tradizioni rurali. Il consumatore, che alcuni studiosi hanno definito “cittadino-consumatore”

critico e responsabile (Marotta & Nazzaro, 2012), è particolarmente attento a scegliere

prodotti realizzati tenendo conto di tali questioni, dando prova di favorire lo sviluppo

sostenibile, anche fornendo informazioni dettagliate sulla provenienza delle materie prime, di

tutelare la sfera etica e di valorizzare la cultura del territorio. Agli occhi di questa nuova

figura di consumatore il prodotto assume una valenza del tutto nuova, non essendo

unicamente finalizzato a soddisfare i propri bisogni; viene piuttosto considerato un mezzo

attraverso il quale soddisfare le nuove esigenze emerse in considerazione della nozione di

valore sociale che crea.

Alla luce di questi mutamenti, i soggetti istituzionali, l’UE fra tutti, hanno cercato di creare le

condizioni affinché le imprese agroalimentari potessero operare facendo leva sulle nuove

esigenze rinvenibili nel mercato. Alcuni interventi, tra cui la riforma della Politica Agricola

Comunitaria (PAC), vanno letti in tale ottica.

Questo apre nuovi scenari e crea opportunità di business per le imprese agricole

multifunzionali (Marotta & Nazzaro, 2013), che operano nel’ottica della sostenibilità e della

responsabilità sociale e che sono in grado di creare prodotti che veicolino valori immateriali

legati alla sfera sociale e che tutelino l’ambiente. Tali imprese, facendo sulla propria capacità

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di innovazione, potranno quindi tentare di costruire un vantaggio competitivo difendibile

attraverso la realizzazione di innovazioni di prodotto e di processo nell’ottica della

sostenibilità, con un ritorno potenzialmente significativo in termini di reputazione (Marotta &

Nazzaro, 2012).

Sulla base di queste premesse, nell’ambito dell’area di competenza di Economia

Agroalimentare si è provveduto ad analizzare il progetto V.I.T.I.S., dedicato allo sviluppo di

un nuovo prodotto, considerando le singole fasi che lo caratterizzano, esaltando la

cooperazione tra i diversi attori della filiera, valutando il ruolo di ogni soggetto coinvolto nel

processo nonché le esternalità potenzialmente derivanti dalla sua realizzazione e diffusione.

Lo studio è articolato come segue. Nel paragrafo 1.2 si presenta il background teorico su cui

si è costruita l’indagine, e in particolare: è realizzata innanzitutto una panoramica sugli

aspetti relativi alla letteratura sull’innovazione che saranno al centro dello studio; ci si

concentra quindi sull’innovazione concepita nell’ottica della Responsabilità Sociale, con

riferimento specifico al comparto agroalimentare, e considerando gli elementi del valore che

scaturiscono dai progetti di innovazione; ci si sofferma sulle caratteristiche dell’innovazione

nel settore vitivinicolo si enfatizza il carattere collettivo e socialmente responsabile che la

connota sempre più; nel paragrafo 1.3 si presenta il framework teorico di riferimento, che fa

riferimento al tipo di innovazione al centro dello studio, ossia l’innovazione sostenibile di

filiera, rispetto alla quale sono esaltati gli aspetti della cooperazione e della Responsabilità

Sociale. Il paragrafo 1.4 è dedicato all’obiettivo della ricerca, che si sostanza nell’analisi del

progetto d’innovazione concepito nell’ottica della CSR e delle esternalità derivanti dallo

stesso, e rispetto al quale vengono individuati gli elementi oggetto d’indagine. Nel paragrafo

1.5 si provvede ad illustrare la metodologia d’indagine seguita soffermandosi sulle fasi che

hanno caratterizzato la ricerca. Il paragrafo 1.6 presenta i risultati dell’indagine empirica, che

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vengono discussi alla luce di quanto riportato in teoria. Infine, nel paragrafo 1.7 si riportano

le conclusioni dello studio.

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1.2. Theoretical background

Questo lavoro si fonda su una base teorica che investe sia gli studi sull’innovazione sia i

contributi concernenti la creazione di valore, con specifico riguardo alla letteratura sviluppata

in ambito agroalimentare in generale e nel comparto vitivinicolo in particolare.

Quanto all’innovazione, diversi sono stati gli ambiti della letteratura presi in considerazione,

necessari per impostare l’indagine empirica. Innanzitutto, si è fatto riferimento agli studi

pioneristici sul ruolo dell’innovazione ai fini dello sviluppo economico (Schumpeter, 1934,

1942), a partire dai quali si è destata l’attenzione degli studiosi, che nel corso degli scorsi

decenni hanno sviluppato una vasta letteratura sia in ambito economico che manageriale. Al

sempre maggior interesse attorno al tema si è accompagnata una crescente complessità dello

scenario competitivo, caratterizzato sempre più da turbolenza e incertezza, che ha esaltato il

ruolo dell’innovazione quale leva chiave della competizione, mediante la quale le imprese

hanno la possibilità non solo di affrontare, ma anche di anticipare i mutamenti del mercato.

Questo ha contribuito allo sviluppo di una serie di studi che prendono a riferimento la

capacità d’innovazione delle imprese (si vedano ad esempio Forsman, 2011; Prajogo &

Ahmed, 2011; Rohrbeck & Gemünden, 2011), indispensabile per poter costruire un

vantaggio competitivo durevole (Barney, 1991), strettamente connessa al bagaglio di risorse e

competenze di cui dispongono e che devono essere in grado di arricchire continuamente in

modo dinamico (Eisenhardt & Martin, 2000; Teece, Pisano, & Schuen, 1997).

Rilevata l’estrema importanza dell’innovazione ai fini della competizione nell’attuale

scenario competitivo e individuati i fattori che contribuiscono a rendere l’impresa in grado di

innovare continuamente, sfruttandola come leva fondamentale per porsi in una condizione di

vantaggio rispetto alla concorrenza, ci si è concentrati sulla letteratura concernente le

molteplici forme dell’innovazione. Riprendendo quanto affermato da Schilling (2009, pp. 60-

67), l’innovazione può essere:

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• di prodotto o di processo, a seconda che si sostanzi in un nuovo prodotto o investa un

particolare processo;

• radicale o incrementale, in base al grado di novità;

• competence enhancing o destroying, in funzione dell’effetto che produce sulla base

di conoscenza;

• architetturale o modulare, considerando l’architettura in cui si inserisce.

Un’altra branca della letteratura sull’innovazione, ampiamente investigata in quanto ritenuta

di grande importanza ai fini dello studio, consiste nel complesso degli studi sviluppati con

riferimento al processo di sviluppo di un nuovo prodotto (“New Product Development”). Ci

si è focalizzati sia sui modelli sequenziali (si veda sul punto Cooper, 1995) che sui modelli

paralleli (Schilling, 2009). Questo ha consentito di concentrarci sulle singole fasi che

compongono il processo, rinvenendone obiettivi e specificità, ma anche di apprezzare i

benefici connessi ad una parziale sovrapposizione delle stesse, alla luce delle problematiche e

le esigenze generalmente connesse al New Product Development (tra cui il contenimento dei

tempi e dei costi, connesso, tra gli altri, alla necessità di centrare i bisogni dei consumatori ed

al raggiungimento di determinati standard qualitativi).

La collaborazione ai fini dell’innovazione, altro topic di grande rilievo ai fini della ricerca, è

largamente enfatizzata negli studi. Il processo innovativo il più delle volte è realizzato in

collaborazione con altre imprese, ma anche interagendo con clienti, istituzioni, università e

centri di ricerca, parchi scientifici e tecnologici, etc. I motivi che portano a cooperare con

diversi soggetti sono da ricondurre al fatto che spesso le singole imprese non possiedono

risorse e competenze sufficienti a realizzare in house l’intero processo innovativo. La

cooperazione porta con sé sì benefici, ma è altresì accompagnata da aspetti critici che devono

essere necessariamente disciplinati. Infatti, potrebbero manifestarsi problemi in grado di

mettere a repentaglio la riuscita dei progetti e di creare pericoli per quel che concerne il

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patrimonio di risorse e competenze delle singole imprese, per effetto di potenziali

comportamenti opportunistici. Questo rende necessario disciplinare adeguatamente le

relazioni, renderle funzionali rispetto agli specifici obiettivi da raggiungere nelle singole fasi

del processo e a valle dello stesso, predisporre adeguate modalità di verifica, specificare a

livello contrattuale tutto quel che concerne la condivisione di risorse e competenze.

Un aspetto centrale della ricerca concerne la creazione di valore, variamente inteso.

L’innovazione, come ampiamente enfatizzato in letteratura (si vedano ad esempio Drucker,

1985; Teece, 1986; Jacobides, Knudsen & Augier, 2006), è di per sé strumentale alla

creazione di valore. Quel che risulta di particolare interesse ai fini della ricerca è l’enfasi sul

fatto che non viene creato unicamente valore per i destinatari dell’output e per l’impresa, ma

si generano effetti anche per altri soggetti, che spesso sfuggono ad ogni considerazione in

sede di pianificazione. Questo perché molte innovazioni sono in grado di dar vita alle

cosiddette “esternalità”. Il concetto di esternalità, ampiamente dibattuto da più di un secolo,

può essere in generale inquadrato in funzione degli effetti, positivi o negativi, che non sono

conseguenti alle decisioni dei soggetti che li sopportano (Fariselli, 2014). Nel corso del

tempo sono state proposte diverse tassonomie di esternalità, la cui trattazione esula dagli

scopi di questo lavoro, specialmente in ambito economico (tra i molti contributi, si vedano ad

esempio Johansson, 2005; Scitovsky, 1954; Sterner, 1992). Il concetto di esternalità, in

generale, è molto ampio e investe diversi ambiti di ricerca. Il focus in questo lavoro è sulle

esternalità positive derivanti dall’innovazione. Questi effetti, che possono manifestarsi

rispetto a diversi soggetti, legati o meno all’impresa possono generare per l’impresa problemi

di appropriabilità (es. Teece, 1986). Più recentemente, estendendo il concetto di valore oltre il

profitto, si sono esaltati i contenuti immateriali legati alla realizzazione e alla diffusione

dell’innovazione e si è sempre più posta l’attenzione non semplicemente sui diversi tipi di

soggetti che vengono investiti da tali effetti, ma anche sul territorio e sull’ambiente in

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generale. L’enfasi sui contenuti immateriali relativi all’innovazione si deve all’affermazione

del paradigma basato sulla conoscenza (es. Grant, 1996), nel corso degli scorsi decenni.

L’ampliamento del tipo di effetti da considerare nel pianificare l’innovazione e del ventaglio

dei destinatari è invece riconducibile alla Corporate Social Responsibility, che ha posto le

imprese dinanzi a nuove sfide, legate alle ripercussioni che, attraverso la propria attività,

possono avere rispetto alle sfere ambientali e sociali.

In definitiva, la letteratura sviluppata con riferimento all’innovazione, relativa alle specifiche

forme, al processo, alla collaborazione, alla creazione di valore e alle esternalità, ha costituito

un primo substrato teorico su cui si è costruito lo studio, riferito allo sviluppo di un nuovo

prodotto.

Il prosieguo del paragrafo andrà ad inquadrare l’innovazione nell’ottica della Responsabilità

Sociale (CSR), con specifico riferimento al comparto agroalimentare, e successivamente

tenterà di cogliere le peculiarità dell’innovazione in ambito vitivinicolo, soffermandosi sul

concetto di innovazione di filiera.

1.2.1 L’innovazione agroalimentare nell’ottica della responsabilità sociale

Come accennato in precedenza, in tempi relativamente recenti si è affermato negli studi

d’impresa il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR). Molteplici definizioni sono

state proposte nel corso del tempo, anche grazie alla precisa volontà di inquadrare la

Responsabilità Sociale da parte della Commissione Europea, che si è mostrata

particolarmente impegnata a promuovere i temi legati alla tutela del paesaggio e del territorio

in generale, l’attenzione alle ripercussioni sulla società, e la loro integrazione nelle strategie

delle imprese. Nel Libro Verde della Commissione Europea (2001, p. 7) la responsabilità

sociale è vista come: “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche

delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. In

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quest’ottica, “essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli

obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo “di più” nel capitale

umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate” (Libro Verde della

Commissione Europea, 2001, p. 7). Ne discende la necessità, per le imprese, di predisporre

prassi definite “socialmente responsabili”, che coinvolgono primariamente i dipendenti, e

“prassi ecologiche responsabili”, concernenti l’ambiente e le risorse naturali di cui l’impresa

si serve, entrambe considerate strumentali a competere in uno scenario sempre più instabile,

con particolare attenzione alle tematiche sociali (Libro Verde della Commissione Europea,

2001, p. 8). Partendo da tali considerazioni, il concetto di Responsabilità Sociale è stato

sviluppato e precisato da Molteni (2004, p. 4) che la concepisce come una “tensione

dell’impresa (…) a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di

legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei vari portatori

d’interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle proprie attività”.

Successivamente, la Commissione Europea ha proposto una nuova definizione, mediante la

quale la responsabilità sociale è vista come “la responsabilità delle imprese per quanto

concerne il loro impatto sulla società”, per affrontare le quali non basta il rispetto della

normativa, ma è necessario che le imprese integrino le “questioni sociali, ambientali, etiche,

ovvero le questioni riguardanti i diritti dell’uomo e i consumatori, all’interno delle proprie

strutture gestionali e delle proprie strategie di base, in stretta collaborazione con i propri

partecipanti interessati, allo scopo di: – massimizzare la creazione di un valore condiviso per

i propri partecipanti interessati/proprietari nonché per altri partecipanti interessati e per la

società più in generale; – individuare, prevenire e mitigare i loro possibili effetti negativi”

(Comunicazione della Commissione Europea, 24 ottobre 2011, p. 7).

Gli aspetti legati all’integrazione nelle strategie e alla creazione di valore sono diventati

sempre più centrali nel dibattito in ambito accademico e intorno ad essi si sta concentrando

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l’attenzione di gran parte degli studiosi. La Responsabilità Sociale è stata così definita come

“una strategia di sviluppo competitivo che fa leva sull’idea che le imprese possano farsi

carico di bisogni sociali più ampi, andando oltre la sola sfera economica” (Marotta &

Nazzaro, 2012, p. 31). In altre parole, sarebbe inquadrabile nell’ambito delle strategie

competitive dell’impresa, strumentale pertanto al conseguimento di un vantaggio competitivo

sostenibile, con effetti sulla performance, e si fonderebbe sulla generazione di benefici

collettivi, seguendo schemi cosiddetti di “common law” (Marotta & Nazzaro, 2012). Operare

nell’ottica della CSR significa tendere ad ampliare il portafoglio di valori, definito come

“l’insieme dei valori materiali e immateriali creati dall’impresa, su cui essa costruisce il suo

posizionamento di mercato e il suo ruolo sociale” (Marotta e Nazzaro, 2012, p. 40).

Il comparto agroalimentare è sicuramente tra i maggiormente coinvolti nell’ambito del

dibattito sulla Responsabilità Sociale. Questo è dovuto a molteplici motivi, riconducibili

prevalentemente ad aspetti problematici che si associano alla competizione e più in generale

alla gestione di tali imprese. Ciò crea “aspettative” da parte degli stakeholder e pone le

imprese agroalimentari dinanzi alla necessità di operare nell’ottica della Responsabilità

Sociale, poiché si rende necessario difendere la loro “licenza di operare” (Heyder &

Theuvsen, 2009; Wiese & Toporowski, 2013). Nello specifico, come fa notare Hartmann

(2011, p. 310) tra gli aspetti problematici di cui sopra è possibile rinvenire i seguenti: le

imprese sono fortemente dipendenti da risorse naturali da utilizzare nel processo produttivo,

con un potenziale impatto sull’ambiente, che dovrebbero tentare di contenere il più possibile;

in secondo luogo, sono poste dinanzi a problematiche di carattere sociale che si inseriscono

nelle dinamiche competitive; infine, devono misurarsi con questioni etiche che concernono

prevalentemente il mercato di approvvigionamento.

Ma come si lega l’innovazione alla Responsabilità Sociale? Ai fini dello studio,

l’innovazione è considerata un mezzo che consente alle imprese del comparto di tendere al

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conseguimento di un vantaggio competitivo concepito nell’ottica della CSR. Questo è

evidente se si considera che nell’agroalimentare è possibile cogliere, ancor più rispetto ad

altri comparti, l’importanza delle esternalità che si legano al processo innovativo e alla

diffusione delle innovazioni, che si riflettono sull’ambiente, sul territorio, sulla società in

generale. Un altro aspetto di innegabile rilievo, che consente di cogliere il legame tra

innovazione e CSR, concerne la nascita di una nuova figura di consumatore, particolarmente

attento alle questioni legate alla Responsabilità Sociale, dalla cui considerazione dipendono

le proprie scelte di consumo, che gli studiosi hanno definito “cittadino critico e responsabile”

(Marotta & Nazzaro, 2012). Progetti d’innovazione finalizzati alla realizzazione di nuovi

prodotti/processi centrando le questioni ambientali e sociali evidenziate dalla letteratura sulla

CSR dovrebbero quindi costituire, in quest’ottica, uno strumento imprescindibile ai fini di un

vantaggio competitivo durevole.

Sulla base di queste osservazioni è possibile comprendere perché gli studiosi hanno

cominciato ad interessarsi all’innovazione nell’ottica della Responsabilità Sociale con focus

specifico sull’agroalimentare. Sebbene ad oggi non siano rinvenibili molti contributi sul

tema, va registrato il tentativo di proporre alcuni concetti di innovazione che incorporino le

tematiche centrali proposte nell’ambito della letteratura sulla CSR, tenendo conto delle

peculiarità del comparto. Tra questi emerge il concetto di “eco-innovation” (Klemmer et al.,

1999; Rennings, 2000).

Come sottolinea Rennings (2000, p. 322), l’elemento qualificante delle eco-innovation,

realizzabili sia in ambito profit che no-profit, collocabili o meno sui mercati, di varia natura

(tecnologica, sociale, etc.), consiste nel fatto che contribuiscono a pervenire “ad una

riduzione degli oneri ambientali o a target di sostenibilità ecologicamente specificati”. Questo

anche grazie al contenimento dell’utilizzo delle risorse naturali (EIO, 2011:VII). In generale,

a questo tipo di innovazioni si riconduce il cosiddetto “problema di doppia esternalità”

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(Rennings, 2000), che determina “spillover positivi sia nella fase di innovazione che di

diffusione (…) [e] gli spillover positivi nella fase di diffusione sembrano dovuti ad un minore

ammontare di costi esterni, comparati ai beni ed ai servizi sul mercato” (Rennings, 2000, p.

325). Questo consente di cogliere la potenziale importanza di tale tipo di innovazioni, la cui

realizzazione dovrebbe essere incentivata dai policy makers, orientando opportunamente le

politiche pubbliche (Blasi et al., 2014). Va sottolineato, comunque, che questo impegno

dovrebbe essere associato ad un tentativo di superare la scarsa familiarità con l’innovazione

che caratterizza molte imprese, di norma piccole o piccolissime e connotate da una scarsa

base tecnologica (Blasi et al., 2014, p. 2). A tal fine potrebbe tornare utile predisporre

specifici programmi di apprendimento volti ad alfabetizzare le imprese con riferimento ai

progetti di innovazione e ai benefici della collaborazione con potenziali partner, in grado di

metterle nelle condizioni di innovare.

Al di là degli sforzi definitori, alcuni studiosi hanno cercato anche di comprendere quali

fossero i fattori che favoriscono la realizzazione di questo tipo di innovazioni. Muscio et al.

(2013, pp. 345-347), con particolare riferimento al comparto vitivinicolo, sottolinea

l’importanza di: aspetti regolatori, caratteristiche della domanda, opportunità di mercato,

utilizzo efficiente delle risorse, caratteristiche organizzative e strutturali. Si tratterebbe dei

“driver” che indurrebbero le imprese a sviluppare eco-innovation, secondo pratiche che non

sono state ancora oggetto approfondito di studio (Muscio et al., 2013, p. 347). Infatti,

estremamente esigui sono i contributi che esaminano le modalità attraverso cui tali imprese

innovano e quali aspetti impattano sulla loro capacità di innovazione. Un esempio è dato dal

contributo di Muscio et al. (2013, p. 355), che esplorano il legame tra caratteristiche delle

imprese vitivinicole e probabilità di sviluppare questo tipo di innovazioni. Secondo gli

Autori, la dimensione delle imprese e gli investimenti in ricerca e sviluppo non impattano

sull’attività di eco-innovation, che risulta invece influenzata dalla natura delle imprese e dalla

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partecipazione a programmi di sperimentazione scientifica (Muscio et al., 2013, p. 355). Un

altro interessante aspetto emerso concerne l’impossibilità di considerare l’eco-innovation in

modo avulso rispetto alle altre innovazioni riconducibili alle imprese, poiché va considerata

frutto della capacità di innovazione associabile all’impresa (Muscio et al., 2013, p. 355).

Accanto al concetto di eco-innovation è stato introdotto quello di “innovazione sostenibile”

(Sarkis et al., 2010; Wüstenhagen et al., 2008). Non è ancora ben chiaro quali siano le

differenze tra i due tipi di innovazione, e in molti casi le due espressioni sono utilizzate in

modo intersostituibile. Quel che viene messo in evidenza, nel definire l’innovazione

sostenibile, è il ruolo di “driver chiave per l’impresa sostenibile” (Sarkis et al., 2010, p. 13),

ossia di strumento che consenta di competere nell’ottica della sostenibilità, il che è

pienamente riconducibile anche al concetto di eco-innovation. Inoltre, un aspetto che viene

enfatizzato nella nascente letteratura concerne il fatto che tale tipo di innovazione riesce a

coniugare il concetto di sostenibilità, “una condizione ideale di equilibrio (…) [con] lo

sviluppo sostenibile [che] è un percorso che va dagli attuali insostenibili sistemi socio-tecnici

verso tale equilibrio” (Sarkis et al., 2010, p. 3). Più specificamente, riportando quanto

affermato dall’Autore, “mentre la sostenibilità è relativa all’equilibrio e alla permanenza,

l’innovazione è relativa al cambiamento del modo in cui le cose sono fatte. È una forma di

apprendimento per risolvere specifici problemi in un contesto altamente differenziato e

volatile (Dicken, 2006), ed implica incertezza relativamente agli effetti. L’innovazione

finalizzata a fornire nuove tecnologie come una soluzione per proteggere gli ecosistemi può

spostare l’uso delle risorse e impattare su sistemi sociali e naturali in modi nuovi e

inaspettati” (Sarkis et al., 2010, p. 2).

Come visto, la letteratura che mira ad inquadrare l’innovazione nell’ottica della sostenibilità,

specialmente in ambito agroalimentare, è ad oggi estremamente scarna. Tuttavia, va

registrato lo sforzo degli studiosi di introdurre concetti relativi a tipi di innovazione che

17

incorporino elementi tipici della sostenibilità e della Responsabilità Sociale e di cominciare

ad interrogarsi sui fattori che stimolano ed influenzano l’attività innovativa dell’impresa. Gli

spazi d’indagine sono enormi, e gli studiosi del comparto agroalimentare sono chiamati a

discernere tutti gli aspetti che si legano ad un tema sempre più d’interesse per gli stessi

practitioners e policy makers.

1.2.2 L’innovazione nel comparto vitivinicolo: verso un processo di filiera

L’importanza dell’innovazione nel comparto vitivinicolo è stata lungamente sottovalutata (si

veda sul punto Aylward, 2005) e soltanto negli scorsi anni gli studiosi si sono resi conto di

quanto possa essere importante per competere in uno scenario sempre più turbolento. Giuliani

(2008, p. 13) nota, in particolare, che le principali innovazioni introdotte hanno riguardato il

processo di produzione e, sottolineando che “questo ha cambiato il modo in cui i produttori di

vino operano, al punto che il comparto vitivinicolo non è più un comparto tradizionale in cui

predomina la conoscenza tacita. (…) Come risultato di ciò, questo settore ha subito un

periodo di cambiamento dinamico nei metodi e nelle tecnologie di produzione”. Inoltre,

sempre maggiore è il peso che sta rivestendo la realizzazione di nuovi prodotti e il

miglioramento di quelli esistenti (cit.).

La presa di coscienza dell’importanza e del potenziale attribuibile all’innovazione, gli

studiosi hanno cominciato ad interrogarsi sulle dinamiche, sulle pratiche strumentali alla

realizzazione di specifici progetti nonché sulle caratteristiche in generale attribuibili

all’innovazione nel comparto. Anche in questo caso la letteratura non è ancora consolidata,

sebbene sia possibile rintracciare contributi che stanno contribuendo ad un significativo

avanzamento degli studi.

Un primo aspetto che si è cercato di chiarire concerne le caratteristiche dell’innovazione. Sul

punto, partendo da quanto affermato da Smith (2007), Doloreux & Lord-Tarte (2013, p. 176),

18

sottolineano che l’innovazione “è complessa e sofisticata. Si basa su conoscenza tecnologica

per lo sviluppo tecnologico con riferimento a fermentazione, vinificazione, botanica e

gestione del suolo, così come su conoscenza di business e manageriale per la vendita di vino

e la commercializzazione”. Queste osservazioni consentono di cogliere un aspetto

fondamentale che caratterizza l’innovazione nel comparto, ossia l’eterogeneità della

conoscenza che si rende necessaria per portare avanti specifici progetti, che coinvolge diversi

ambiti disciplinari anche lontani tra loro. Partendo da quanto notato da Doloreux & Lord-

Tarte (2013), è possibile comprendere che si tratta di conoscenza, tacita ed esplicita (Nonaka

& Takeuchi, 1995), relativa ad ambiti che riguardano il processo di produzione, concernenti

ad esempio la genomica e l’enologia, estendendosi sino al mercato. Quanto all’ultimo

aspetto, va precisato che l’acquisizione di conoscenza dai consumatori è indispensabile non

solo per comprendere quali siano le caratteristiche del prodotto ricercate, creando le premesse

per avere successo sul mercato (es. Doloreux & Lord-Tarte, 2013); sarebbe invece opportuno

predisporre adeguati meccanismi di customer knowledge management (es. Garcia-Murillo &

Annabi, 2002; Gibbert et al., 2002) che consentano, attraverso l’interazione con il

consumatore, di acquisire conoscenza che possa essere utile all’impresa al di là degli specifici

progetti.

Un tratto evidente che caratterizza l’innovazione è dato quindi dall’eterogeneità della

conoscenza da impiegare nei progetti nel comparto, accompagnata dalla molteplicità delle

risorse indispensabili per realizzarli. Questo, anche alla luce di alcune caratteristiche

strutturali che caratterizzano il settore, come la dimensione delle imprese, generalmente

piccole o piccolissime e fortemente specializzate (Pacman Newsletter, 2012), quindi

difficilmente in grado di realizzare in house gli specifici progetti, consente di cogliere un

aspetto fortemente caratterizzante le attività innovative. Si tratta del carattere “collettivo”

19

dell’innovazione in ambito vitivinicolo, la quale il più delle volte coinvolge molteplici

soggetti nella filiera (potendo estendersi anche al di là della stessa) (Rebelo & Muhr, 2012).

L’innovazione si realizza nell’ambito di network che “sono più frequenti nella parte superiore

della filiera, collegando viticoltori e produttori di vino, vale a dire network di produzione, ma

si trovano anche nelle fasi di distribuzione e fornitura di servizi (Caffagi & Imacieli, 2010)”

(Rebelo & Muhr, 2012, p. 112). Come precisano Rebelo e Muhr (2012), tali network possono

essere di vario genere (contrattuali, organizzativi e misti); costituiscono l’ambiente in cui

vengono condivise risorse e conoscenza tra i vari soggetti che vi si inseriscono, ognuno con

un preciso ruolo nell’ambito dei progetti (Velluzzi, 2010; Giuliani & Bell, 2005, in Doloreux

& Lord-Tarte, 2013, p. 176).

La letteratura non sembra offrire ulteriori evidenze, ma dalla breve rassegna risulta evidente

che l’innovazione sta diventando un tema di grande interesse tra gli studiosi focalizzati sul

comparto. Ad oggi il tratto maggiormente significativo emerso, ossia il carattere “collettivo”

dell’innovazione (Doloreux & Lord-Tarte, 2013) può costituire la prospettiva attraverso cui

approcciare lo studio del processo di innovazione in ambito vitivinicolo. I diversi soggetti che

partecipano ai progetti di innovazione tipicamente si fanno carico soltanto di una parte del

rischio e si appropriano di una fetta del valore creato. Ognuno ha compiti ben definiti e

fornisce al progetto specifiche risorse, conoscenze e competenze. Si tratta, come accennato,

di un insieme eterogeneo di soggetti, che interagiscono ai fini del conseguimento di un

obiettivo comune, e le cui relazioni possono essere più o meno disciplinate formalmente nel

dettaglio. Il dibattito, estremamente recente, sulla cooperazione ai fini dell’innovazione in

ambito vitivinicolo si è concentrato sulle problematiche connesse all’interazione tra i soggetti

che prendono parte al processo, con particolare enfasi su quelli esterni al settore (Lambrecht

et al., 2014). L’interazione è spesso difficile soprattutto a causa del fatto che molti operatori

del settore non hanno una base di conoscenze sufficiente ad interagire costantemente con

20

coloro che sono “esterni” rispetto ad esso (ad esempio i policy makers e le università)

(Lambrecht et al., 2014). Questo costituisce un limite importantissimo che impedisce alle

imprese di beneficiare appieno di tali relazioni.

L’interazione può realizzarsi attraverso relazioni verticali o orizzontali. Gli studiosi

forniscono osservazioni molto interessanti sulle relazioni di filiera in ambito vitivinicolo.

Come notato da Kühne et al. (2010, p. 2): “le reti orizzontali sono costituite da imprese

appartenenti allo stesso settore, quindi principalmente concorrenti o pari. Le reti verticali

sono composte dai vari partner della catena agroalimentare coinvolti in tutti i flussi, a monte

e a valle, di prodotti, servizi, risorse finanziarie e informazioni. La rete verticale comprende

tutte le organizzazioni dalla filiera diretta (fornitore, produttore alimentare, cliente) alla filiera

estesa (fornitori di fornitori e clienti di clienti) (Van der Vorst, 2000;. Mentzer et al, 2001).

Oltre a ciò, terze parti stanno contribuendo alla filiera, come ad esempio fornitori di servizi

finanziari, fornitori di logistica di terze parti, e imprese che realizzano ricerche di mercato

(Van der Vorst, 2000; Mentzer et al., 2001)”.

Le relazioni, come già accennato, possono essere formali o informali. Gellyinck et al. (2011,

p. 15) sottolineano che “i fornitori, i produttori di alimenti e i clienti nelle filiere alimentari

tradizionali regolano le loro relazioni principalmente attraverso rapporti non contrattuali con

partner in grado di fornire una certa qualifica o una certificazione di terze parti”; questo

significa che le relazioni informali sono piuttosto consuete nel comparto.

La scarna letteratura offre alcune evidenze sul legame tra le relazioni nella filiera e la

capacità d’innovazione dell’intera filiera (Kühne et al., 2010). In particolare, è stato

dimostrato da Kühne et al. (2010, p. 15) che la capacità d’innovazione di filiera dipende

dall’interazione tra i diversi operatori nonché che il ruolo del networking a livello orizzontale

risulta, ai fini di un rafforzamento di tale capacità, particolarmente importante. Ulteriori

evidenze hanno portato gli studiosi a definire una tipologia di filiere nell’agroalimentare,

21

sulla base del livello di performance dell’innovazione, considerando anche alcune

caratteristiche del settore (Gellynck et al., 2011, p. 14).

Questi sono i principali aspetti ad oggi esplorati dagli studiosi, che hanno consentito di

cogliere, partendo dalla rilevazione del carattere “collettivo” dell’innovazione nel comparto

(Doloreux & Lord-Tarte, 2013), il fatto che essa si manifesta spesso come frutto di uno

sforzo che coinvolge i diversi operatori della filiera e spesso si estende a terze parti. È

possibile affermare, quindi, sulla base di quanto affermato in letteratura (Kühne et al., 2010),

che le innovazioni in ambito vitivinicolo sono qualificabili frequentemente come

“innovazioni di filiera”.

1.3. L’innovazione implementata nella filiera vitivinicola oggetto di indagine:

il framework teorico

A partire dalla letteratura sull’innovazione inquadrata nell’ottica della responsabilità sociale,

sulla creazione di valore e sul processo di filiera, alla quale sono stati dedicati i precedenti

sottoparagrafi, si è costruito il framework teorico su cui si baserà l’indagine empirica.

Oggetto d’indagine del presente lavoro sarà la realizzazione di filiera nell’ottica della

responsabilità, che è possibile quindi definire “sostenibili” (o “socialmente responsabili”). Si

prenderanno in considerazione le modalità attraverso cui tali innovazioni vengono realizzate

nella filiera vitivinicola nonché le esternalità che ne derivano. Le innovazioni “sostenibili”

sono promosse da imprese vitivinicole socialmente responsabili, che “introducono

componenti di valore sociale nel loro portafoglio di valori, chiaramente riconoscibili, che

assumono una precisa connotazione nella strategia di sviluppo aziendale orientata alla

creazione di valore nel medio-lungo periodo (Marotta & Nazzaro, 2014, p. ?). Sono

generalmente frutto della collaborazione tra i soggetti nella filiera (Fig. 1), che tendono a

realizzare strategie competitive di carattere collettivo nell’ottica della sostenibilità.

22

Fig. 1.1 - Innovazioni sostenibili nella filiera agroalimentare

Fonte: ns elaborazione

Nell’ambito della filiera, a titolo esemplificativo, abbiamo evidenziato la presenza di un certo

numero di operatori (chain operators), che si collocano tra le farm, e l’impresa leader

socialmente responsabile (socially responsible leader company). L’impresa leader è

generalmente il promotore dei progetti d’innovazione, a cui concorrono anche gli altri

soggetti facenti parte della filiera, che pertanto devono essere mossi da obiettivi comuni

nell’ottica della responsabilità sociale.

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23

Realizzando innovazioni sostenibili, le imprese del comparto creano sì valore economico, che

si traduce in maggiori profitti, ma anche valore sociale, a beneficio della collettività, rispetto

al quale vengono coinvolti valori immateriali (Marotta & Nazzaro, 2012, p. 36). Questo

perché, mediante la realizzazione e la diffusione di tali innovazioni, si generano esternalità

positive che si riflettono sull’ambiente, sul territorio, sulla società, ma producono altresì un

effetto indiretto sulle imprese stesse si fanno promotrici dei progetti, in termini di reputazione

(Marotta & Nazzaro, 2012, p. 40). Va sottolineato che le imprese, anche in virtù

dell’eterogeneità del valore creato, riescono ad appropriarsi solo di una parte dello stesso.

La necessità di una costante interazione tra molteplici soggetti nel corso del progetto di

innovazione e le molteplici dimensioni del valore scaturente dallo stesso rendono opportuno

mettere a punto appropriati meccanismi di governance. Ciò si rende indispensabile per

regolare opportunamente le relazioni, in modo da evitare problemi riconducibili a potenziali

comportamenti opportunistici nonché al fine di preservare il raggiungimento degli obiettivi

del processo di innovazione in termini di valore creato. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto,

Marotta e Nazzaro (2012, p. 43) concepiscono i meccanismi di governance ai fini

dell’”ottimalità del valore creato”.

Sulla base di queste osservazioni verrà costruita l’indagine empirica, i cui obiettivi verranno

specificati nel seguente paragrafo.

1.4 Obiettivi e finalità della ricerca

Il presente studio, nella parte di competenza del gruppo di Economia Agroalimentare, si pone

l’obiettivo di esaminare il progetto V.I.T.I.S., ossia un progetto d’innovazione nel settore

vitivinicolo, concepito nell’ottica della Responsabilità Sociale. Si tratta di un progetto

promosso da un’azienda campana leader nel settore, nell’ambito del quale, come si vedrà,

costituisce una delle più importanti realtà imprenditoriali d’Italia.

24

Facendo riferimento al framework teorico proposto nel precedente paragrafo, verrà analizzato

il processo di sviluppo del prodotto che costituisce l’output del progetto, ossia un “vino

spumante di qualità prodotto con uve Falanghina e Aglianico, coltivate nel Sannio”. Al di là

dell’esame delle singole fasi che rientrano nel processo di sviluppo del prodotto, ad essere

oggetto approfondito di studio saranno gli aspetti legati a:

- cooperazione tra i soggetti che popolano la filiera vitivinicola, coinvolti a vario titolo

nell’ambito del processo, e con soggetti esterni alla stessa;

- effetti legati all’innovazione introdotta, nell’ottica della creazione del valore.

Considerando quanto evidenziato nel paragrafo 2, con riferimento al primo punto si porrà

l’enfasi sulle relazioni orizzontali e verticali, interne ed esterne rispetto alla filiera, e si

considererà il ruolo dei singoli soggetti coinvolti. Per quanto riguarda il secondo punto,

verranno esaminati i diversi effetti che si legano all’innovazione, sia in interni (ad esempio la

riduzione dei costi di produzione, l’incremento del fatturato, etc.), che esterni (in termini di

esternalità positive rispetto all’ambiente, al territorio, alla società in generale). Per quel che

concerne gli effetti esterni, si considereranno in particolare:

- il potenziale impatto sull’ambiente del minor utilizzo di agenti chimici e del minor

dispendio di risorse naturali nel processo produttivo;

- il potenziale impatto sull’economia del territorio della diffusione del nuovo prodotto, che si

fa veicolo della conoscenza del territorio, in termini di crescita dell’occupazione e di un

incremento dei flussi turistici, grazie al fenomeno del wine tourism.

1.5 Metodologia

La ricerca si è svolta nel periodo maggio 2014 - settembre 2015, secondo lo schema proposto

nella tabella 1.1.

25

I primi mesi (da maggio a settembre 2014) sono stati dedicati essenzialmente ad attività di

analisi della letteratura sui temi costituenti l’oggetto di indagine. Ad essere stati esaminati

sono i contributi sviluppati con riferimento a:

• modelli di creazione del valore, con specifico riferimento al comparto vitivinicolo;

• innovazione, sia di prodotto e di processo, e caratteristiche del processo innovativo

nell’ambito del comparto vitivinicolo;

• caratteri di innovatività concernenti i prodotti vitivinicoli;

• esternalità scaturenti dai progetti di innovazione nel comparto di riferimento;

• aspetti legati alla sostenibilità dell’innovazione.

Tab. 1.1 - L’iter della ricerca

Parallelamente è stata effettuata una raccolta di dati secondari concernenti le imprese

vitivinicole operanti in Campania, al fine di cogliere la struttura del comparto e le

caratteristiche di base delle singole unità.

• Ricerca bibliografica Fase 1a

• Analisi della letteratura Fase 1b

• Raccolta e analisi di dati secondari Fase 2

• Design della ricerca Fase 3

• Raccolta di dati primari Fase 4

• Analisi dei dati Fase 5

• Redazione report ricerca Fase 6

26

Lo studio della letteratura e l’analisi dei dati di cui sopra hanno costituito la base su cui si è

costruita l’indagine empirica. Hanno consentito, in particolare, di avere consapevolezza delle

problematiche e degli aspetti da indagare con riferimento specifico alla realtà imprenditoriale.

Vista la complessità del tema, e in considerazione della novità dello stesso, si è optato per un

metodo qualitativo. Si è realizzato un caso di studio (Yin, 1994) concernente un progetto di

innovazione socialmente responsabile che vede come capofila un’azienda del Beneventano

costituente da diversi decenni un punto di riferimento imprescindibile nel comparto: la

Cooperativa “La Guardiense”. Il progetto in questione, “Valutazione dell’attitudine delle uve

Falanghina ed Aglianico, coltivate nel Sannio, alla produzione di vino spumante di qualità” si

caratterizza per essere stato concepito nell’ottica della cooperazione tra i diversi operatori

della filiera, che concorrono, con diversi ruoli, alla realizzazione del nuovo prodotto.

Grazie alla disponibilità del management della Cooperativa “La Guardiense”, si sono resi

disponibili dati secondari (bilanci e altri documenti interni) che hanno consentito di

sviluppare una certa conoscenza della realtà aziendale. Sono state inoltre realizzate diverse

visite presso la sede della Cooperativa, nel corso delle quali si è fatto leva sul metodo di

osservazione non partecipante per comprendere come fossero realizzati alcuni processi, tra

cui quello di produzione. Grande peso, ai fini della raccolta di dati primari, hanno rivestito i

focus group, realizzati sia con riferimento agli altri componenti del gruppo di ricerca, in

particolare genetisti e enologi, che al personale della Cooperativa. Le interviste “interne” al

gruppo scientifico sono state strumentali a discernere alcuni aspetti fortemente tecnici,

concernenti specifiche fasi del processo innovativo di competenza delle anime genetiche ed

enologiche, in modo da comprendere appieno quale fosse il ruolo spettante alle diverse aree

di competenza nello sviluppo dell’innovazione, nonché ad avere un’idea dei possibili benefici

per l’azienda ed il territorio in termini di economie interne ed esternalità. Gli incontri con il

personale dell’azienda, invece, hanno consentito di discutere di tutto ciò che ruota attorno al

27

processo di produzione, alla cooperazione tra i soci e con gli altri operatori di filiera, di

indagare approfonditamente le economie interne e le esternalità legate al progetto. Le

interviste sono durate tra i 90 e i 120 minuti; in totale stati realizzati dieci incontri. È stata

quindi condotta l’attività di trascrizione delle stesse.

I dati, così raccolti, sono stati analizzati ed incrociati, al fine di esplorare i temi centrali della

ricerca. Nel dettaglio, si è:

- valutata l’innovazione di prodotto;

- valutata la sostenibilità economica dell’innovazione di prodotto;

- effettuata l’analisi delle economie interne e delle esternalità derivanti dall’innovazione;

- valutato l’ingresso in nuovi mercati e l’impiego di peculiari modalità di

commercializzazione.

1.6 Risultati e discussione

Il progetto V.I.T.I.S. è strumentale alla realizzazione di un’innovazione di prodotto in ambito

vitivinicolo. Il nuovo prodotto, un vino spumante realizzato con uve Falanghina e Aglianico,

coltivate nel Beneventano, si caratterizza prevalentemente, come sarà in seguito meglio

specificato, per alta qualità e notevole tipicità. Il nuovo prodotto è sviluppato grazie al

partenariato tra i seguenti soggetti: la Cooperativa “La Guardiense”, capofila del progetto,

con i propri soci, il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, sedi di

Portici e Mercogliano, il Dipartimento DEMM dell’Università del Sannio. A tali soggetti se

ne sono poi affiancati altri, che hanno fornito un supporto tecnico-specialistico indispensabile

per completare determinate fasi del progetto. Ciascuno degli attori coinvolti ha apportato

specifiche competenze e si è inserito in determinate fasi del processo di innovazione. Il

progetto, quindi, si connota indubbiamente per la compartecipazione di più soggetti, che sono

28

stati chiamati ad interagire costantemente nel corso delle sperimentazioni, tendendo verso un

obiettivo comune.

Altro aspetto rilevante concerne le economie interne, concernenti i soci e la Cooperativa, ed

esterne, relative all’ambiente ed al territorio in generale, derivanti della realizzazione del

prodotto e che verranno valorizzate appieno mediante la sua produzione e diffusione. Si

tratta, come si vedrà, di effetti che si manifestano sia con una riduzione dei costi di

produzione e un potenziale incremento di produttività, per quel che riguarda gli effetti interni,

sia con un incremento dei flussi turistici, con conseguenti positive ricadute occupazionali, e

una riduzione dell’inquinamento. Ciò lascia ben intendere quale possa essere l’impatto, in

termini di effetti interni ed esterni, derivante dall’introduzione del nuovo prodotto sul

mercato.

Il prosieguo del paragrafo è così articolato: inizialmente si illustrerà il processo di

innovazione attraverso le principali fasi che lo hanno caratterizzato e le aree di competenza

coinvolte, cercando di comprendere quale sia stato il ruolo dei principali soggetti coinvolti.

Successivamente ci si soffermerà sugli effetti, interni ed esterni, che è presumibile si

legheranno alla produzione e alla diffusione del nuovo prodotto, e che risaltano in

considerazione delle diverse dimensioni del valore coinvolte nel processo di innovazione.

1.6.1 Lo sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare: un processo collettivo

Come già accennato in precedenza, il processo di sviluppo del nuovo prodotto, vino

spumante ottenuto da uve Falanghina e Aglianico coltivate nel Sannio Beneventano, è stato

frutto di un’intensa collaborazione tra i soggetti che hanno costituito il partenariato, ma anche

tra costoro e altri agenti esterni. È pertanto inquadrabile come un processo di sviluppo

“collettivo”, che discende dall’interazione tra le diverse parti coinvolte, ognuna portatrice di

particolari competenze indispensabili per realizzare specifiche fasi. Tale caratteristica si è

29

resa necessaria proprio in virtù della complessità e dell’eterogeneità di tali competenze, che

avrebbero reso estremamente difficile uno sviluppo stand alone.

Lo sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare può essere articolato in tre momenti

principali, che possono essere sommariamente descritti come segue: una fase “di campo”, in

cui si sono concentrate tutte le attività strumentali alla produzione di uva da utilizzare per la

realizzazione del prodotto; una fase “di cantina”, dedicata alla trasformazione dell’uva; una

fase di commercializzazione del nuovo prodotto, che ad oggi non risulta compiuta, per cui

non viene analizzata analiticamente. A queste si aggiunge la valutazione dell’innovazione,

che ne ha preso in esame la fattibilità economica, le esternalità riconducibili alla stessa, le

dinamiche organizzative sottese all’intero processo. Ciascuna fase del processo è stata

caratterizzata dall’utilizzo prevalente di competenze riconducibili ad aree disciplinari diverse,

ma in un’ottica di reciproca integrazione. Il prosieguo del paragrafo prenderà in

considerazione gli aspetti più rimarchevoli concernenti il processo di innovazione,

riconducibili prevalentemente alle sperimentazioni in ambito genetico ed enologico.

Fig. 1.2 - Le principali fasi del processo di innovazione

Fase di campo

Fase di cantina

Commercializzazione

30

La sperimentazione genetica

Le attività rientranti nella fase “di campo” di competenza di un gruppo di genetisti del

dipartimento di Agraria dell’Università Federico II possono essere schematizzate,

evidenziandone gli aspetti essenziali, come riportato nella tabella 1.2.

Tab. 1.2 - Gli aspetti chiave della sperimentazione genetica

• Figure chiave: viticoltori, genetisti.

• Attività chiave sperimentazione: mappatura del genoma, analisi globale del trascrittoma, analisi del

metaboloma.

• Competenze chiave: competenze tecnico-specialistiche, di ambito genomico e agricolo; competenze

relazionali.

• Obiettivo delle attività di sperimentazione: identificare le caratteristiche di tipicità, che rendono “unici” i

vitigni, consentendo di identificarli come vitigni “sanniti”. Comprendere come si esprimono i geni

interagendo con il territorio, fino ad arrivare ad individuare le condizioni che favoriscono la qualità del

prodotto “uva”.

• Sequenza delle attività realizzate:

1) campionamento del materiale vegetale in 5 fasi fenologiche: riposo, prefioritura, fioritura, invaiatura e

maturazione;

2) congelamento dei campioni ed estrazione degli acidi nucleici;

3) analisi del materiale strumentali a: identificazione dei metaboliti primari, secondari e volatili,

sequenziamento di genoma e trascrittoma.

Le singole attività in cui si è declinata la sperimentazione di competenza dell’area genetica

sono analizzate nel dettaglio di seguito. Va sottolineato che per effettuare la sperimentazione

si è seguito un protocollo innovativo già utilizzato in Italia, ma mai collaudato sul territorio

sannita né con riferimento ai vitigni in questione, e migliorato dal punto di vista tecnologico

rispetto ai precedenti utilizzi.

31

Per quanto riguarda i campionamenti del materiale vegetale, si è deciso di effettuarli in due

aree diverse, una collinare ed una in pianura, in modo da rintracciare le differenze nella

descrizione e nel comportamento dei geni. Sono stati effettuati in cinque fasi fenologiche, e

specificamente: riposo, prefioritura, fioritura, invaiatura e maturazione. Con riferimento a

ciascuna delle fasi fenologiche, il gruppo di ricerca ha interagito costantemente con l’Azienda

e con alcuni soci coinvolti nella sperimentazione per individuare il momento migliore per

realizzare il campionamento del materiale. Al campionamento hanno seguito

immediatamente il congelamento del materiale, dal quale sono stati poi estratti gli acidi

nucleici, e le analisi sullo stesso. I risultati delle analisi sono stati poi studiati

approfonditamente. Si è così arrivati al sequenziamento del genoma e del trascrittoma, che

hanno consentito di comprendere le modalità d’interazione dei geni con la particolare area, al

fine di individuare le caratteristiche ambientali che impattano sui vitigni nello specifico

territorio.

Come detto, sono stati coinvolti nella sperimentazione alcuni soci della cooperativa. Inoltre,

fondamentale ai fini delle analisi è stato il coinvolgimento di un laboratorio di genomica

facente capo all’Università di Verona e dell’Enea di Roma. Questo ha richiesto notevoli

capacità relazionali da parte di tutti i soggetti coinvolti, che si sono rese necessarie per

“dialogare” continuamente nel corso di tutta la sperimentazione.

I risultati della sperimentazione, e in particolare la mappatura del genoma e del metaboloma,

hanno posto le basi per la produzione di un vino spumante di qualità. La comprensione delle

modalità di interazione dei geni con le caratteristiche del territorio di riferimento ha reso

possibile individuare le attività da realizzare, il modo in cui farlo e lo scadenzamento

temporale delle stesse che favoriscono l’ottenimento di un prodotto di alta qualità, scarti

minimi e un contenuto utilizzo di sostanze chimiche potenzialmente inquinanti.

32

La sperimentazione enologica

Le attività di sperimentazione che ricadono nell’area enologica hanno risposto all’obiettivo di

ottenere un vino di alta qualità e tipico dell’area sannita, come specificato nella tabella 1.3. Il

gruppo di lavoro che si è occupato di tale insieme di attività è composto da enologi facenti

parte del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II, che nelle prime fasi della

sperimentazione hanno lavorato in costante contatto con viticoltori soci della cooperativa

nonché con personale alle dipendenze della stessa con competenze di stampo enologico. La

sperimentazione ha investito sia la fase di campo, ossia di coltivazione, che quella di cantina

o di trasformazione.

Tab. 1.3 - Gli aspetti chiave della sperimentazione enologica

• Figure chiave: viticoltori, enologi

• Attività chiave sperimentazione: individuazione di aree particolarmente vocate all’ottenimento di basi

spumante di alta qualità; selezione dei lieviti ed utilizzo degli stessi; prove di spumantizzazione finalizzate

all’ottenimento di una miscela ottimale tra vini Falanghina e Aglianico e analisi chimico-sensoriale;

definizione di protocolli di lavorazione.

• Competenze chiave: competenze tecnico-specialistiche, di ambito enologico e agricolo; competenze

relazionali.

• Obiettivo delle attività di sperimentazione: realizzazione di un vino che sia di alta qualità e caratterizzato da

una forte “tipicità”.

• Sequenza delle attività realizzate:

1) Definizione del progetto e scelta dei siti

2) campionature

3) monitoraggio della cinetica di maturazione dell’uva

4) preparazione del mosto mediante pressatura

5) scelta e inoculo dei lieviti

6) fermentazione, con monitoraggio continuo fisico-chimico

7) prove di spumantizzazione dei vini base

8) definizione di protocolli di lavorazione standard.

33

Nel dettaglio, si è proceduto a scegliere quattro siti che si riteneva presentassero le

caratteristiche ideali per la coltivazione di uve Falanghina e Aglianico da utilizzare come

base. Si è provveduto poi a monitorare la cinetica di maturazione dell’uva, interagendo

costantemente con i viticoltori, in modo da individuare il momento più opportuno per la

raccolta. Sono state quindi effettuate le campionature ed il mosto è stato preparato mediante

pressatura. Un momento chiave della sperimentazione ha riguardato la scelta dei lieviti da

inoculare. Sono state fatte prove con due lieviti: uno commerciale, poi scartato, ed un altro

selezionato dalla microflora del Vesuvio, che è stato ritenuto più adatto ai fini della

realizzazione del prodotto. Alla scelta dei lieviti ha fatto seguito la fermentazione,

caratterizzata da un continuo monitoraggio fisico e chimico, relativo a zuccheri e

temperatura, nonché sensoriale. La preparazione del vino base è avvenuta in modo da

eliminare residui zuccherini. In particolare, grazie alla fermentazione omano lattica, si è

cercato di ridurre il livello degli acidi. In totale sono stati preparati due vini base per sito, uno

per ciascun vitigno, per un totale di otto; inoltre, è stata effettuata una replica della

sperimentazione, per cui si è arrivati a sedici vini base. Preparati i vini base e selezionati

lieviti per la seconda fermentazione alcolica, ha avuto inizio la fase di spumantizzazione

secondo il metodo classico, con presa di spuma e maturazione del vino rifermentato sugli

stessi lieviti. I risultati della sperimentazione ad oggi non possono essere apprezzati appieno,

dovendo trascorrere ancora un lungo periodo affinché il prodotto possa ritenersi pronto.

Parallelamente alle sperimentazioni effettuate presso il dipartimento di Agraria

dell’Università Federico II, sede di Mercogliano, è stata realizzata, per una comparazione,

una prova di spumantizzazione presso la Cooperativa, in autoclave. A valle, completato l’iter,

si potrà effettuare un confronto tra gli spumanti così realizzati.

34

Quanto agli attributi di “tipicità” da conferire al prodotto, si è fatto riferimento ai disciplinari

di produzione per vini DOC Falanghina e Aglianico, che orientano tutta l’attività di

produzione definendo le norme a cui attenersi sia per quanto riguarda gli aspetti qualitativi

che per quelli quantitativi, sia infine per valorizzare il legame con il territorio. Nel rispetto di

quanto stabilito dai disciplinari, si è lavorato al fine di definire protocolli di lavorazione

strumentali all’ottenimento di un prodotto di alta qualità, puntando sulla massima efficienza

ed efficacia dei metodi di produzione. In particolare, grazie all’interazione con i genetisti, si

sono comprese la tempistica e le modalità ottimali relative alle attività di campo.

Fig. 1.3 - Il processo di sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare

Fonte: ns elaborazione

35

1.6.2 Il valore creato: effetti interni ed esterni

L’innovazione derivante dalla realizzazione del progetto V.I.T.I.S. sarà origine di effetti che

andranno a beneficio non solo della Cooperativa e dei singoli soci, ma anche dell’ambiente,

dell’economia locale e del territorio nel suo complesso. Si parla, come già specificato in

precedenza, di effetti interni ed esterni. Come si vedrà, il progetto è un chiaro esempio di

come un’innovazione possa arrecare beneficio non solo a chi la promuove, dando vita ad una

serie di ripercussioni all’esterno, alcune dei quali di difficile previsione.

La possibilità che si verifichino determinati effetti è apprezzabile considerando le attività che

ricadono nella sperimentazione. Innanzitutto, i risultati della sperimentazione dell’area

genetica, e in particolare la mappatura del genoma e del metaboloma, hanno consentito di

arrivare a determinare, nell’ottica della qualità del prodotto, ma anche della massima

efficacia ed efficienza del processo produttivo, valorizzando la strategia di responsabilità

sociale: le attività, in termini di modalità e tempistica, da realizzare nella fase di campo. Ciò

si è reso possibile grazie all’interazione non solo con i viticoltori soci della Cooperativa, ma

anche con i ricercatori competenti dell’area enologica. I risultati della sperimentazione hanno

quindi messo i viticoltori nelle condizioni di sapere cosa fare, quando e come farlo per

arrivare a soddisfare i seguenti obiettivi: alta qualità del prodotto, riduzione degli scarti,

limitato impiego della chimica. Questo si ritiene che possa contribuire non solo ad un

contenimento dei costi di produzione, ad un incremento delle vendite, difficili da determinare

con precisione, ma anche determinare un impatto ambientale molto ridotto.

Al raggiungimento di tali obiettivi concorrono anche le attività di competenza dell’area

enologica, che sembrano impattare in particolare sulla riduzione dell’impatto ambientale in

fase di trasformazione, grazie al limitato impiego di agenti chimici.

Va sottolineato, comunque, che la riduzione dell’impatto ambientale si amplifica grazie alla

realizzazione di specifici investimenti da parte della Cooperativa. Infatti, nel corso degli anni

36

l’Azienda ha mostrato una costante attenzione all’innovazione nell’ottica della sostenibilità,

che si è tradotta in diverse sperimentazioni, volte a definire metodi innovativi in sede di

trasformazione con la finalità di ridurre l’impatto ambientale. Sono stati così realizzati

importanti investimenti in impianti di produzione, alimentati attraverso l’uso di energia

rinnovabile. In particolare, è stato realizzato un impianto fotovoltaico innovativo che oggi

viene utilizzato per alimentare il processo produttivo e che sarà impiegato anche nella nuova

produzione, determinando anch’esso al contenimento degli effetti negativi in termini di

inquinamento.

Un altro potenziale effetto derivante dall’innovazione introdotta, e in particolare

all’incremento del volume di produzione, è dato dal possibile incremento del personale nella

fase di coltivazione e di cantina. Sul punto, l’Azienda ritiene che la forza lavoro attuale possa

consentire ampiamente di far fronte alla nuova produzione, per cui al momento non si ritiene

possano manifestarsi effetti di questo genere.

Un’ulteriore serie di potenziali effetti è legata alla diffusione del prodotto come veicolo del

territorio. Il nuovo prodotto è infatti concepito come strumento attraverso il quale diffondere

la conoscenza dell’area territoriale di riferimento. Questo grazie al forte tratto di tipicità che

si è conferito al vino spumante da uve Falanghina e Aglianico, grazie soprattutto alle

sperimentazioni realizzate da parte del gruppo di genetisti ed enologi (estremamente

importanti a tal fine, ad esempio, la mappatura del genoma e del metaboloma, la

considerazione di diversi siti dell’area di riferimento), ma in prospettiva anche alle attività

riconducibili all’area marketing, con campagne promozionali volte a far emergere tale

carattere come elemento di differenziazione del prodotto. La percezione del prodotto come

“tipico” del territorio sannita e la diffusione dello stesso anche oltreconfine dovrebbero

destare nei consumatori interesse verso l’area di riferimento. Questo si potrebbe tradurre in

un incremento dei flussi turistici, soprattutto legati al fenomeno del wine tourism, che

37

l’Azienda sarebbe pronta a fronteggiare. Infatti, la Cooperativa da diversi anni organizza

eventi e percorsi legati al turismo del vino, per cui non è assolutamente nuova a questo tipo di

avvenimenti. Tuttavia, come sottolineato dal personale dell’Azienda, un incremento notevole

delle presenze potrebbe rendere necessario assumere nuove unità dedicate esclusivamente al

settore ospitalità, il che si configurerebbe come un ulteriore effetto legato all’innovazione.

In definitiva, è possibile schematizzare gli effetti derivanti dall’innovazione come segue:

• effetti interni: incremento delle vendite e riduzione dei costi di produzione;

• effetti esterni: riduzione dell’impatto ambientale, incremento occupazionale, crescita

dei flussi turistici.

Determinati i possibili effetti interni ed esterni, si è cercato di procedere ad una

quantificazione degli stessi (Fig. 1.4).

Fig. 1.4 - Effetti interni ed esterni

Fonte: ns elaborazione

38

Innanzitutto, con riferimento agli effetti interni, si è effettuata una stima relativa

all’incremento delle vendite riconducibile all’immissione sul mercato del nuovo prodotto

realizzato in seno al progetto. Si ritiene che esso possa determinare nei prossimi tre anni un

incremento del 30% delle vendite concernenti lo spumante, ammontante a circa 400.000€.

In secondo luogo, sempre relativamente agli effetti interni, si è concentrata l’attenzione sugli

effetti che l’innovazione introdotta potrebbe avere sui costi di produzione. Sul punto va fatto

un discrimine tra riduzione dei costi di produzione per le aziende socie e per la Cooperativa.

Va sottolineato che le uve destinate alla spumantizzazione sono raccolte anticipatamente

rispetto a quanto dovrebbe essere fatto normalmente. Tale pratica fa sì che le uve subiscano

meno trattamenti, determinando un risparmio per le aziende socie; inoltre, le uve arrivano in

cantina con una minore carica microbiologica, consentendo un minor utilizzo di sostanze

chimiche in fase di fermentazione, il che si traduce in minori costi per l’azienda. L’utilizzo di

impianti ad alta tecnologia, e in particolare del filtro tangenziale isobarico, fanno sì che vi sia

un abbattimento dei costi di filtrazione (-10%, pari allo 0,5% dei costi totali).

Complessivamente, vi sarà una riduzione del 20% dei costi di trattamento per la Cooperativa

(-5% dei costi totali). Inoltre, in fase di trasformazione, l’utilizzo dell’impianto fotovoltaico

determina un abbattimento del 15% dei costi di energia. Infine, sempre in fase di

trasformazione, il recente potenziamento tecnologico dell’impianto di spumantizzazione,

consente un abbattimento dei costi di produzione nella fase di refrigerazione dei mosti.

Passando agli effetti esterni, si è considerato innanzitutto il ridotto impatto ambientale

riconducibile al minor utilizzo di sostanze chimiche nel corso del processo di produzione

nonché all’utilizzo di impianti all’avanguardia che funzionano mediante l’utilizzo di energia

pulita. Il fatto che le uve arrivino in cantina con una minore carica microbiologica, come

specificato sopra, consente una fermentazione più “pulita” e quindi un ridotto impiego di

agenti chimici. Un ulteriore impatto è riconducibile alla maggiore efficienza in fase di

39

refrigerazione dei mosti, a cui si è fatto cenno in precedenza, che non implica unicamente un

abbattimento dei costi di produzione ma anche una riduzione dell’impatto ambientale. Inoltre,

l’utilizzo dell’impianto fotovoltaico in fase di trasformazione si prevede possa determinare

nei prossimi 30 anni, in base a studi condotti in sede di progettazione, una riduzione

dell’immissione di anidride carbonica in atmosfera di 2.000 tonnellate, oltre a 2.500 kg di

anidride solforosa e 100 kg di polveri sottili.

Sempre nell’ambito degli effetti esterni, va sottolineato che la diffusione del nuovo prodotto,

quale veicolo di conoscenza del territorio in quanto fortemente “tipico”, potrà determinare,

come detto precedentemente nel paragrafo, una crescita dei flussi turistici legati al wine

tourism nel territorio del Beneventano e di Guardia Sanframondi in particolare. L’Azienda è

già abituata a confrontarsi con fenomeno del turismo del vino, e attualmente i flussi in entrata

ammontano a 2.000 unità all’anno. Sono organizzati diversi eventi, tra cui visite guidate in

cantina, che consentono al turista di seguire le fasi di produzione, e degustazioni guidate. Si

ipotizza che, grazie alla diffusione del nuovo prodotto, i flussi turistici possano aumentare di

1.000 unità annue entro il prossimo triennio. Questo indubbiamente porrà l’Azienda nella

necessità di amplificare i propri sforzi nella gestione dei flussi, anche mediante

l’organizzazione di ulteriori eventi. Ciò, si ritiene, possa avere un impatto occupazionale sul

territorio, difficilmente quantificabile, oltre che incrementare il personale alle dipendenze

dell’Azienda. Con riferimento a quest’ultimo punto, il management ritiene di poter assorbire

tre nuove unità nel settore ospitalità della Cooperativa.

1.7 Conclusioni

Il progetto V.I.T.I.S. ha portato alla realizzazione di un nuovo prodotto al quale hanno

cooperato diversi soggetti, appartenenti non solo al mondo imprenditoriale, ma anche

scientifico. Nel nuovo prodotto sono condensati elementi di forte tipicità, che lo rendono

40

veicolo di conoscenza del territorio d’origine. Tale prodotto si ritiene possa essere l’origine di

una serie di ricadute positive, che si ripercuoteranno non solo direttamente sull’Azienda

capofila e sulle socie, ma anche sull’economia del territorio e sull’ambiente.

In seno al progetto, la ricerca di competenza dell’area economico-agraria ha preso a

riferimento sia le fasi salienti del processo di innovazione, esaltando il ruolo dei diversi

soggetti coinvolti, sia gli effetti interni ed esterni legati allo stesso, enfatizzando le diverse

dimensioni del valore creato. Nell’esaminare il processo di innovazione si è tenuto conto di

un framework teorico concepito nell’ottica dell’innovazione sostenibile di filiera, frutto di

una strategia condivisa dai singoli soggetti che la compongono.

Per quanto riguarda le fasi salienti del processo di innovazione, si sono individuate nella

sperimentazione genetica e enologica, che hanno gettato le basi per la realizzazione di un

prodotto caratterizzato da alta qualità e forte tipicità, consentendo altresì di innescare effetti

legati ad un risparmio di costi e ad un minor impiego di agenti chimici nel corso della

produzione di uva e della trasformazione. A tali sperimentazioni hanno contribuito diversi

soggetti: due gruppi di ricercatori che fanno capo al Dipartimento di Agraria dell’Università

Federico II, che hanno collaborato con altri agenti esterni al progetto, l’Azienda capofila e le

socie. La ricerca è stata altresì supportata da indagini condotte in ambito economico-

aziendale, che hanno provato la fattibilità economica dell’innovazione, ma anche le

implicazioni organizzative e di marketing.

Passando agli effetti legati alla realizzazione e alla diffusione del nuovo prodotto, si ritiene

che possano essere così schematizzati: effetti interni, per la Cooperativa ed i soci,

riconducibili alla potenziale riduzione dei costi di produzione e all’incremento del fatturato;

effetti esterni, dovuti ad un ridotto impatto ambientale, ad un incremento dei flussi turistici ed

al conseguente impatto occupazionale. L’incremento dei flussi turistici, in particolare, sarà

determinato dalla diffusione della conoscenza del territorio attraverso il nuovo prodotto.

41

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47

2. Analisi economico-finanziaria

di Arturo Capasso e Giacomo Pascarella

2.1 Introduzione

La Break Even Analysis (BEA) è una tecnica utilizzata per valutare in via preventiva o

consuntiva gli effetti di determinate scelte aziendali sul reddito attraverso le variazioni delle

vendite, dei costi fissi, dei costi variabili e dei prezzi. Essa permette di studiare, in un dato

momento, il comportamento delle relazioni tra costi totali, ricavi totali e risultati economici2.

Basandosi sulla classificazione tra costi variabili e fissi, la tecnica consente di determinare

matematicamente e graficamente il punto di equilibrio ovvero il punto in corrispondenza del

quale si realizza un dato un volume di produzione in grado di garantire l’uguaglianza tra costi

totali e ricavi totali. In altre parole, consente di conoscere come deve modificarsi il livello di

output per raggiungere il pareggio tra costi e ricavi totali e ottenere prefissati obiettivi di

profitto.

La determinazione matematica dei volumi di produzione e di vendita per coprire tutti i costi

di gestione passa attraverso l’equazione fondamentale del conto economico in ipotesi di utile

pari a zero. Tale concetto si realizza ponendo la condizione di uguaglianza tra ricavi totali

(RT) e costi totali (CT).

Equazione fondamentale:

RT=CT

dove

CT = Costi fissi + Costi Variabili

2 F. Lizza, Break even analysis e controllo di gestione, Clua, Ancona, 1992; G.M. Golinelli, Struttura e governo dell’azienda, Cedam, Padova, 1992; S. Beretta, L’analisi costi volumi risultati, in Misurazione d’azienda, Giuffrè, Milano, 1998.

48

Se indichiamo con:

p il prezzo per unità prodotta

x la quantità di prodotto realizzata

otteniamo che:

Ricavi Totali = px

Assumendo che:

Costi fissi = a

Costo variabile unitario = b

Costi variabili totali = bx

l’equazione del BEP sarà

px = a + bx

oppure, risolvendo per x

𝑩𝑬𝑷 = x = a(𝑝−𝑏)

𝑩𝑬𝑷 = CF(𝑃𝑉𝑈−𝐶𝑉𝑈)

Il denominatore della formula (PVU-CVU) rappresenta anche il margine di contribuzione

unitario ovvero contributo che la vendita di ogni unità apporta alla copertura dei costi fissi e

alla formazione del profitto dopo la copertura dei suoi costi variabili.

49

Fig. 1 – Rappresentazione grafica del Break Even Point

Per la rappresentazione grafica del Break Even Point (BEP) bisogna riportare sull’asse delle

ascisse le quantità (X), mentre sull’asse delle ordinate i costi e i ricavi. I costi fissi sono

rappresentati da una retta parallela all’asse delle ascisse, mentre i costi variabili vengono

rappresentati da una funzione ad inclinazione positiva con partenza dall’origine degli assi

cartesiani. I costi fissi non variano al variare di un determinato livello di produzione

programmato. I costi variabili, in genere, variano in misura proporzionale al variare delle

quantità prodotte. La curva dei costi totali mantiene la stessa inclinazione e origine di quella

dei costi variabili. Infine, si riporta la curva dei ricavi totali con partenza dall’origine degli

assi in ipotesi di produzione pari a zero e inclinazione dettata dal prezzo unitario del prodotto.

Il punto P rappresenta il punto di pareggio ovvero il punto in corrispondenza del quale i

ricavi totali eguagliano i costi totali e il reddito è pari a zero. Qualsiasi combinazione

produttiva a destra del BEP ricade nell’area dei profitti, mentre a sinistra è soggetta a reddito

negativo.

50

Nel caso di un’azienda multiprodotto occorre sostituire nella formula ai valori unitari di

prezzo (PVU) e costo variabile (CVU), rispettivamente, i valori medi ponderati PMP e

CVMP calcolati sulla base del mix dei volumi3.

𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 =CF

∑ (𝑃𝑉𝑚𝑝 − 𝐶𝑉𝑚𝑝)

2.2 Obiettivi e finalità della ricerca

Il presente lavoro ha come obiettivo l’analisi economico-finanziaria per la produzione di vini

spumanti secondo il metodo Classico e il metodo Charmat. Più nello specifico il lavoro si

propone di realizzare:

A) il calcolo del punto di pareggio al fine di individuare la quantità minima che

garantisce un pareggio tra i costi (fissi e variabili) e i ricavi aziendali;

B) la valutazione degli investimenti attraverso l’uso delle tecniche di Capital

Budgeting.

La valutazione della fattibilità economico-finanziaria di un progetto si fonda sullo sviluppo di

un modello economico-finanziario che consente di valutare correttamente, sulla base di

ipotesi di ingresso fornite dall’azienda, la convenienza economica e la sostenibilità

finanziaria della produzione degli spumanti.

La convenienza economica deve intendersi come la capacità di creazione del valore e la

generazione di un livello di redditività adeguato alle aspettative aziendali. La sostenibilità

finanziaria, invece, è la capacità di generare flussi monetari necessari a garantire il rimborso

degli eventuali finanziamenti richiesti.

Il raggiungimento di tali obiettivi ha richiesto lo sviluppo di una pluralità di attività quali:

1. La determinazione dei costi fissi e dei costi variabili,

3 Poiché il BEP può essere espresso anche in termini di fatturato, in tal caso i valori medi ponderati devono essere calcolati sulla base del mix dei valori di fatturato. A. M. Arcari, Programmazione e controllo, McGraw-Hill, Milano, 2010.

51

2. La determinazione dei ricavi totali,

3. Il calcolo del punto di pareggio e del margine di contribuzione,

4. La misurazione delle potenzialità economico-strutturali del processo di produzione.

Nello specifico lo studio ha richiesto:

• l’esame della letteratura;

• l’analisi dei dati di bilancio al fine di individuare le principali voci di costo e

ricavo;

• l’analisi del processo produttivo e delle diverse linee di produzione allo scopo di

individuare le principali direttrici di costo;

• la determinazione, in modo dettagliato, dei costi della produzione e la successiva

determinazione della loro natura (ovvero se trattasi di costi fissi o variabili),

• l’individuazione dei costi e dei ricavi imputabili alla “Linea vini spumanti prodotti

con metodo classico” e alla “Linea vini spumanti prodotti con il metodo Martinotti

o Charmat”;

• la realizzazione di una “matrice costo-risorse e attività” di tutte le linee di

produzione, compresa quella oggetto di studio, al fine di tracciare i costi fissi diretti

e indiretti sulle due linee di produzione definite.

2.3. Metodologia

Il percorso metodologico seguito è stato quello tipico di una ricerca sul campo, a diretto

contatto con il management aziendale. Tutte le attività, infatti, sono state svolte presso “La

Guardiense” a stretto contatto con i responsabili e i dipendenti esperti in materia della stessa

Cooperativa.

Ogni incontro ha avuto ad oggetto una tematica specifica, seguendo una schematicità utile

alla individuazione dei processi e dei costi ad essi connessi.

52

Nello specifico il primo incontro ha avuto ad oggetto l’analisi del processo produttivo, al fine

di comprendere la specificità operativa della Guardiense e l’importanza che la produzione di

spumanti ha all’interno della gestione tipica dell’impresa.

Successivamente con il management aziendale si è proceduto all’analisi dei dati di bilancio,

per la determinazione dei costi diretti e indiretti, nonché per la determinazione dei ricavi

imputabili alla produzione di vino e di quelli attribuibili alla produzione di spumanti.

Altri incontri hanno avuto ad oggetto l’individuazione delle principali direttrici di costo e

l’analisi dettagliata di alcuni costi produzione, per determinare e verificare i costi fissi e

quelli variabili.

Ulteriori meeting con il management sono stati necessari per la focalizzazione dello studio

sulle linee spumanti e la realizzazione della matrice costo-risorse e attività delle linee di

produzione oggetto del lavoro.

Il prospetto sottostante indica le attività effettivamente svolte e quelle da dover realizzare nel

prosieguo, successivamente alla messa a disposizione di dati da parte della Guardiense.

ATTIVITA’ SVOLTE

INDIVIDUAZIONE DEI RICAVI PER LA PRODUZIONE DI SPUMANTE

INDIVIDUAZIONE DEI COSTI FISSI E DEI COSTI VARIABILI IMPUTABILI ALLA

PRODUZIONE DI SPUMANTI

INDIVIDUAZIONE DEL BEP

CALCOLO DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE

ATTIVITA’ IN CORSO

CALCOLO DEL VAN DELL’INVESTIMENTO PER LA PRODUZIONE DELLO SPUMANTE

CON IMPIANTO EX NOVO

53

2.4 Risultati e discussione

La cooperativa produce e commercializza vino sfuso, vino imbottigliato e vini spumanti. In

particolare, l’azienda offre i vini fermi imbottigliati in tre diverse linee destinate a differenti

target commerciali: Janare, Fremondo e Guardiense-Antiche Torri.

I vini spumanti si caratterizzano principalmente per il metodo di lavorazione: metodo

Classico e metodo Martinotti o Charmat. Le “bollicine” prodotte col metodo Martinotti sono

cinque (Quid spumante brut di falanghina; Quid spumante brut rosato, Quid spumante dolce

di falanghina, Quid Aroma spumante dolce, Teano spumante extra dry rosato), mentre il

Cinquantenario di falanghina rappresenta la linea di prodotti spumante realizzato col metodo

classico.

Alla richiamata produzione, di recente, l’azienda ha affiancato vini frutto dei c.d. “Progetti

Speciali”: Calvese-falanghina e Coste del Duca-Aglianico, prodotti senza solfiti aggiunti

(ProgettoWRT) e lo splendido Aglianico figlio del progetto “I mille per l’aglianico”.

La Cooperativa, infine, vende sottoprodotti (fecce e vinacce), prodotti ad uso agricolo

(destinati ai soli soci e con margini minimi) e grappa (produzione davvero trascurabile dal

momento che il fatturato ammonta a €9.405, dati 2014).

La vendita all’ingrosso di vino sfuso rappresenta circa il 47,40% delle vendite totali,

l’imbottigliato all’incirca il 42%, mentre la vendita al dettaglio di vino sfuso, imbottigliato e

altri prodotti pressappoco il 5,5%.

Impianti e macchinari sono utilizzati in comune per tutte le produzioni. Relativamente alla

produzione di spumanti, invece, gli stessi risultano completamente ammortizzati.

La Cooperativa nel corso degli anni si è attivata per la realizzazione di un sistema di controllo

di gestione al fine di migliorare i processi gestionali e razionalizzare l’uso delle risorse.

Attualmente, tuttavia, l’azienda non impiega tecniche BEA per valutare in via preventiva o

consuntiva gli effetti di determinate scelte aziendali sul reddito attraverso le variazioni delle

54

vendite, dei costi fissi, dei costi variabili e dei prezzi. Qualsiasi decisione di convenienza

economica è, così, demandata all’intuizione e all’esperienza del management.

Limitando lo studio alla sola ricerca del punto di pareggio, trattandosi di un’azienda

multiprodotto, la letteratura in materia suggerisce che, in mancanza di dati analitici e di

appropriati driver in grado di tracciare sulle diverse produzioni i costi fissi comuni, l’analista

può determinare il suo break even point a valori medi ponderati calcolati sulla base del mix di

volumi oppure in termini di fatturato. Tali determinazioni richiedono, in ogni caso, la

capacità di individuare per ogni prodotto i suoi costi variabili, il prezzo di vendita e la

percentuale di fatturato attribuita a ciascun prodotto. La possibilità di calcolare il break even

a livello di singolo prodotto o di singola area di business, senza ricorrere a valori medi

ponderati, è subordinata invece alla disponibilità di informazioni di costo fisso specifico di

prodotto o di singola area di business.

Partendo dai dati di bilancio (Tabella 2.1), ai referenti aziendali è stato richiesto un dettaglio

dei costi della produzione (Tabella 2.2) al fine di valutare la possibilità di determinare un

BEP per singolo prodotto anziché su valori medi ponderati.

Lo studio del prospetto analitico dei costi della produzione ha rappresentato il secondo

momento fondamentale del lavoro: attraverso una serie di incontri e di verifiche su dati

disponibili, si è cercato di comprendere la loro natura di costi fissi o variabili, nonché, sempre

rispetto alle linee di produzione, la loro natura di costi diretti ovvero indiretti. La figura 2.2

descrive il processo di ripartizione dei costi della produzione operata al fine di determinare

BEP separati per le due linee di produzione spumanti.

Attraverso la realizzazione di una matrice costo-risorse-attività i costi della produzione sono

stati suddivisi prima sulle due linee di produzione vino sfuso e vino imbottigliato.

Successivamente, i costi di quest’ultima, sono stati ripartiti tra imbottigliato vino e

imbottigliato spumante. Infine, si è definito il costo di produzione delle due produzioni di

55

spumante metodo Classico e metodo Charmat ripartendo tra gli stessi i costi di produzione

dell’imbottigliato spumante. A questo punto, un primo obietto del lavoro poteva considerarsi

centrato in quanto era adesso possibile effettuare analisi di convenienza economica sulle

produzioni di spumante, anche alla luce del nuovo investimento in fase di realizzazione.

56

Tab. 2.1 – Il conto economico de “La Guardiense”

57

Tab. 2.2 – Dettaglio dei costi della produzione

FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOMaterie prime, suss idiarie di consumo e merci 8.591.002Uva conferi ta 6.117.702Acquis to vino 215.600Acquis to materie aus i l iarie 2.128.710Acquis to mosto concentrato 381.398Acquis ti materie suss idiarie 24.146 Altri servizi 70.163Confezioni e imbal l i 181.887 Lavorazioni di terzi 3.584Acquis ti imbal laggi vari 5.057 Spese posta l i 4.160Acquis ti Tappi 216.727 Spese bancarie 24.089Acquis to etichette 180.134 Premi di ass icurazioni non obbl igatorie 32.216Acquis to vetro 718.037 Pul izie e vigi lanza 4.429Acquis ti capsule 60.811 Servizi smaltimento ri fiuti 1.685Acquis ti pedane 26.136 Godimento beni di terzi 21.146Acquis ti interfa lde 23.771 Canoni di locazione di immobi l i 14.409Acquis ti Prodotti Enologici 310.606 Canoni di locazione di attrezzature 6.737Acquis to a l tri prodotti 128.990 Tir imbottigl iamento 3.900Acquis to beni e attrezzatura minuta 832 Cassoni di fferenziata 2.837Combustibi l i per lavorazione 2.600 Personale 823.989Acquis to materia le pubbl ici tario 29.460 Personale impiegatizio 355.386Acquis ti prodotti a l imentari 4.426 Personale opera io a tempo indet. 178.295Materia le vario di consumo 87.914 Personale opera io a tempo deter. 290.308Abiti da lavoro 3.758 Ammortamenti e sva lutazioni 162.890Acquis to ferti l i zzanti 28.118 Ammortamenti immateria l i 6.048Acquis to antiparass i tari 166.357 Altre sva lutazione del le imm. 0Acquis to barbatel le 4.219 Svalutazione credi ti 156.842Acquis ti dis ti l lati 63.419 Ammortamenti materia l i 727.437Abbuoni e arrotond.attivi su acquis ti -28 Amm.to fabbricati s trument. 100.848Servizi 2.287.843 Amm.to impianti e macchinari 588.443Costi per utenze 224.181 Amm.to mobi l i e macchine da uffic. 11.250Costi per consulenze 344.005 Amm.to autovetture 4.013Costi di manutenzione (ordinaria , ri feri ti a impianti 181.474 Amm.to autoveicol i 5.458Compens i organi socia l i 100.297 Amm.to barriques 6.791Spese commercia l i 1.367.723 Amm.to fusti 10.634Pubbl ici tà , inserzioni e affi s s ioni 26.058Contributi promozional i 154.124Fiere, mostre, convegni deducibi l i 54.245Spese commercia l i varie 17.524Ass icurazione credi ti 26.278Provvigioni pass ive 675.807Spese di trasporti 326.149Quote ENASARCO 28.975Indennita cessaz.rapporto di agenzia 12.312Spese di rappresentanza 46.251

58

Fig. 2.2 – Il work flow dello studio

Mediante il direct trace e il driver tracing, i costi della produzione sono stati prima di tutto

imputati e ripartiti tra le due principali aree di business della Cooperativa di vino sfuso e vino

imbottigliato (quest’ultima comprende anche le quantità che nel processo produttivo verranno

trasformate in spumante). La tabella 3 illustra il risultato di questa operazione. Laddove la

risorsa è utilizzata in comune, si può affermare che il criterio prescelto risulta piuttosto

appropriato. Ciò vale principalmente per le materie prime, sussidiarie di consumo e merci,

per l’aggregato “godimento beni di terzi”, per i costi del personale (ripartiti sulla base di

tabelle di rilevazione interne della Cooperativa), per gli ammortamenti (i vini impiegano tutti

gli stessi impianti) e per le spese commerciali. Mentre, per quanto riguarda l’aggregato “altri

servizi”, i costi per utenze, consulenze, manutenzione e per compensi agli organi collegiali, si

è adottato un criterio soggettivo (che poco rispetta il principio funzionale o causale), ma che è

in linea con quanto si sarebbe probabilmente fatto in fase di avvio di un sistema di contabilità

analitica dei costi. Infine, i costi per acquisto di fertilizzanti, antiparassitari, barbatelle e

59

distillati non sono stati imputati ad alcuna produzione in quanto prodotti collaterali venduti

direttamente ai soci e alla clientela (per i distillati) e non impiegati nella produzione.

La tabella 2.4 mostra, invece, la ripartizione dei costi operata tra imbottigliato vino e

imbottigliato spumante. In pratica, si è trattato di tracciare alle due linee di produzione,

mediante la scelta di opportuni drivers, la quota di costo che nella precedente fase era stata

attribuita all’imbottigliato vino. Si ricorda, infatti, che l’imbottigliato vino comprende sia il

quantitativo destinato alla produzione di vini che di “bollicine”. In merito ai criteri utilizzati,

in aggiunta a quanto in precedenza già detto, riteniamo che qualche precisazione sia doverosa

per i “canoni di locazione di immobili”. Si tratta, in sostanza, del punto vendita di Benevento

i cui locali sono stati presi in affitto dalla Cooperativa. Premesso che il costo del locale è

comune alle due linee di produzione, gli ettolitri di vino e spumanti venduti rappresentano un

criterio appropriato di ripartizione in quanto il consumo della risorsa (il locale) è legato

maggiormente al quantitativo piuttosto che al valore del venduto (peraltro, quest’ultimo

anche noto all’azienda).

In tabella 2.5, infine, viene illustrato il processo che ha portato alla definizione del costo dei

fattori produttivi impiegati per la produzione di spumanti con metodo classico e con metodo

Charmat. Confezioni e imballi, tappi, etichette, bottiglie e capsule sono stati considerati

diretti in quanto differenziati per le due linee di prodotti. Acquisto di beni e attrezzatura

minuta, nonché i combustibili per lavorazione vengono impiegati esclusivamente per la

produzione di spumante con metodo Charmat. Allo stesso modo le consulenze enologiche

(lavorazioni di terzi) sono state imputate esclusivamente all’unica linea di produzione che ne

ha richiesto l’impiego.

Con i dati così originati è stato, successivamente, possibile effettuare la distinzione in costi

fissi e variabili (Tabella 2.6) e procedere al calcolo del BEP per le due linee di produzione

(Tabella 2.7), sapendo che il Cinquantenario di falanghina prodotto col metodo classico viene

60

venduto al prezzo medio di 9,99 euro, mentre i prodotti dal metodo Charmat a €3,42 (il

prezzo di vendita è unico per tutti gli spumanti della linea in quanto le differenze di prodotto

sono finalizzate esclusivamente a soddisfare le preferenze dei consumatori).

61

Tab. 2.3 – La ripartizione dei costi tra vino sfuso e vino imbottigliato

FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOCRITERIO DI

RIPARTIZIONEMISURA

DRIVER SFUSOMISURA DRIVER IMBOTTIGLIATO

% RIPARTO VINO SFUSO

% RIPARTO VINO IMBOTTIGLIATO

QUOTA COSTO VINO SFUSO

QUOTA COSTO VINO IMBOTTIGLIATO

Materie prime, sussidiarie di consumo e merci 8.591.002 68,94% 31,06% 5.922.209 2.668.793Uva conferita 6.117.702 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 4.994.021 1.123.681Acquisto vino 215.600 Direct Trace 215.600Acquisto materie ausil iarie 2.128.710 29,83% 70,17% 634.953 1.493.757Acquisto mosto concentrato 381.398 Direct Trace 100,00% 381.398Acquisti materie sussidiarie 24.146 Direct Trace 100,00% 24.146Confezioni e imballi 181.887 Direct Trace 100,00% 181.887Acquisti imballaggi vari 5.057 Direct Trace 100,00% 5.057Acquisti Tappi 216.727 Direct Trace 100,00% 216.727Acquisto etichette 180.134 Direct Trace 100,00% 180.134Acquisto vetro 718.037 Direct Trace 100,00% 718.037Acquisti capsule 60.811 Direct Trace 100,00% 60.811Acquisti pedane 26.136 Direct Trace 100,00% 26.136Acquisti interfalde 23.771 Direct Trace 100,00% 23.771Acquisti Prodotti Enologici 310.606 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 253.555 57.051Acquisto altri prodotti 128.990 60,19% 39,81% 77.636 51.354Acquisto beni e attrezzatura minuta 832 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 679 153Combustibil i per lavorazione 2.600 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 2.122 478Acquisto materiale pubblicitario 29.460 Direct Trace 100,00% 29.460Acquisti prodotti alimentari 4.426 Direct Trace 100,00% 4.426Materiale vario di consumo 87.914 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 71.766 16.148Abiti da lavoro 3.758 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.068 690Acquisto ferti l izzanti 28.118 Non ImputabileAcquisto antiparassitari 166.357 Non ImputabileAcquisto barbatelle 4.219 Non ImputabileAcquisti disti l lati 63.419 Non ImputabileAbbuoni e arrotond.attivi su acquisti -28 Non ImputabileServizi 2.287.843 37,05% 62,95% 847.625 1.440.218Costi per utenze 224.181 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 183.004 41.177Costi per consulenze 344.005 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 280.819 63.186Costi di manutenzione (ordinaria, riferiti a impiant 181.474 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 148.141 33.333Compensi organi sociali 100.297 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 81.875 18.422Spese commerciali 1.367.723 7,27% 92,73% 99.436 1.268.287Pubblicità, inserzioni e affissioni 26.058 Direct Trace 100,00% 26.058Contributi promozionali 154.124 Direct Trace 100,00% 154.124Fiere, mostre, convegni deducibil i 54.245 Direct Trace 100,00% 54.245Spese commerciali varie 17.524 Direct Trace 100,00% 17.524Assicurazione crediti 26.278 Direct Trace 100,00% 26.278Provvigioni passive 675.807 Direct Trace 14,71% 85,29% 99.436 576.371Spese di trasporti 326.149 Direct Trace 100,00% 326.149Quote ENASARCO 28.975 Direct Trace 100,00% 28.975Indennita cessaz.rapporto di agenzia 12.312 Direct Trace 100,00% 12.312Spese di rappresentanza 46.251 Direct Trace 100,00% 46.251Altri servizi 70.163 77,46% 22,54% 54.350 15.813Lavorazioni di terzi 3.584 Direct Trace 100,00% 3.584Spese postali 4.160 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.396 764Spese bancarie 24.089 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 19.664 4.425Premi di assicurazioni non obbligatorie 32.216 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 26.299 5.917Pulizie e vigilanza 4.429 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.615 814Servizi smaltimento rifiuti 1.685 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 1.376 309Godimento beni di terzi 21.146 73,65% 26,35% 15.574 5.572Canoni di locazione di immobili 14.409 Hl Venduti 351 151 69,92% 30,08% 10.075 4.334Canoni di locazione di attrezzature 6.737 81,63% 18,37% 5.500 1.237Tir imbottigliamento 3.900 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.184 716Cassoni differenziata 2.837 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 2.316 521Personale 823.989 47,22% 52,78% 389.048 434.941Personale impiegatizio 355.386 % Tempo 44,10% 55,90% 156.730 198.656Personale operaio a tempo indet. 178.295 % Tempo 31,84% 68,16% 56.773 121.522Personale operaio a tempo deter. 290.308 % Tempo 60,47% 39,53% 175.545 114.763Ammortamenti e svalutazioni 162.890 0,80% 99,20% 1.300 161.590Ammortamenti immateriali 6.048 Direct Trace 100,00% 6.048Altre svalutazione delle imm. 0Svalutazione crediti 156.842 Direct Trace 0,83% 99,17% 1.300 155.542Ammortamenti materiali 727.437 575.144 152.293Amm.to fabbricati strument. 100.848 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 82.325 18.523Amm.to impianti e macchinari 588.443 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 480.360 108.083Amm.to mobili e macchine da uffic. 11.250 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 9.184 2.066Amm.to autovetture 4.013 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.276 737Amm.to autoveicoli 5.458 Direct Trace 100,00% 5.458Amm.to barriques 6.791 Direct Trace 100,00% 6.791Amm.to fusti 10.634 Direct Trace 100,00% 10.634

62

Tab. 2.4 – La ripartizione dei costi tra imbottigliato vino e imbottigliato spumante

FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOCRITERIO DI

RIPARTIZIONE

MISURA DRIVER IMBOTTIGLIATO

VINO

MISURA DRIVER IMBOTTIGLIATO

SPUMANTE

% RIPARTO IMBOTTIGLIATO

VINO

% RIPARTO IMBOTTIGLIATO

SPUMANTE

QUOTA COSTO IMBOTTIGLIATO

VINO

QUOTA COSTO IMBOTTIGLIATO

SPUMANTEMaterie prime, sussidiarie di consumo e merci 2.668.793 90,34% 9,66% 2.410.958 257.835Uva conferita 1.123.681 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 1.045.237 78.444Acquisto vino 0Acquisto materie ausil iarie 1.493.757 88,23% 11,77% 1.317.951 175.806Acquisto mosto concentrato Acquisti materie sussidiarie 24.146 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 22.460 1.686Confezioni e imballi 181.887 Direct Trace 77,31% 22,69% 140.624 41.263Acquisti imballaggi vari 5.057 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 4.704 353Acquisti Tappi 216.727 Direct Trace 85,44% 14,56% 185.165 31.562Acquisto etichette 180.134 Direct Trace 94,62% 5,38% 170.441 9.693Acquisto vetro 718.037 Direct Trace 89,81% 10,19% 644.900 73.137Acquisti capsule 60.811 Direct Trace 82,49% 17,51% 50.165 10.646Acquisti pedane 26.136 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 24.311 1.825Acquisti interfalde 23.771 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 22.112 1.659Acquisti Prodotti Enologici 57.051 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 53.068 3.983Acquisto altri prodotti 51.354 93,02% 6,98% 47.769 3.585Acquisto beni e attrezzatura minuta 153 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 142 11Combustibil i per lavorazione 478 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 444 33Acquisto materiale pubblicitario 29.460 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 27.403 2.057Acquisti prodotti alimentari 4.426 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 4.117 309Materiale vario di consumo 16.148 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 15.021 1.127Abiti da lavoro 690 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 642 48Acquisto ferti l izzanti Non ImputabileAcquisto antiparassitari Non ImputabileAcquisto barbatelle Non ImputabileAcquisti disti l lati Non ImputabileAbbuoni e arrotond.attivi su acquisti Non ImputabileServizi 1.440.218 92,79% 7,21% 1.336.343 103.875Costi per utenze 41.177 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 38.302 2.875Costi per consulenze 63.186 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 58.775 4.411Costi di manutenzione 33.333 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 31.006 2.327Compensi organi sociali 18.422 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 17.136 1.286Spese commerciali 1.268.287 93,02% 6,98% 1.179.749 88.538Pubblicità, inserzioni e affissioni 26.058 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 24.239 1.819Contributi promozionali 154.124 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 143.365 10.759Fiere, mostre, convegni deducibil i 54.245 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 50.458 3.787Spese commerciali varie 17.524 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 16.301 1.223Assicurazione crediti 26.278 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 24.444 1.834Provvigioni passive 576.371 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 536.135 40.236Spese di trasporti 326.149 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 303.381 22.768Quote ENASARCO 28.975 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 26.952 2.023Indennita cessaz.rapporto di agenzia 12.312 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 11.453 859Spese di rappresentanza 46.251 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 43.022 3.229Altri servizi 15.813 71,94% 28,06% 11.375 4.438Lavorazioni di terzi 3.584 Direct Trace 100,00% 3.584Spese postali 764 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 711 53Spese bancarie 4.425 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 4.116 309Premi di assicurazioni non obbligatorie 5.917 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 5.504 413Pulizie e vigilanza 814 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 757 57Servizi smaltimento rifiuti 309 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 288 22Godimento beni di terzi 5.572 72,18% 27,82% 4.021 1.550Canoni di locazione di immobili 4.334 Hl Venduti 100 51 66,23% 33,77% 2.870 1.464Canoni di locazione di attrezzature 1.237 93,02% 6,98% 1.151 86Tir imbottigliamento 716 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 666 50Cassoni differenziata 521 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 485 36Personale 434.941 91,38% 8,62% 397.444 37.497Personale impiegatizio 198.656 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 184.788 13.868Personale operaio a tempo indet. 121.522 % Tempo Speso 90 10 90,00% 10,00% 109.370 12.152Personale operaio a tempo deter. 114.763 % Tempo Speso 90 10 90,00% 10,00% 103.287 11.476Ammortamenti e svalutazioni 161.590 93,28% 6,72% 150.732 10.858Ammortamenti immateriali 6.048 Direct Trace 100,00% 6.048Altre svalutazione delle imm.Svalutazione crediti 155.542 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 144.684 10.858Ammortamenti materiali 152.293 142.878 9.415Amm.to fabbricati strument. 18.523 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 17.230 1.293Amm.to impianti e macchinari 108.083 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 100.538 7.545Amm.to mobili e macchine da uffic. 2.066 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 1.922 144Amm.to autovetture 737 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 686 51Amm.to autoveicoli 5.458 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 5.077 381Amm.to barriques 6.791 Direct Trace 100,00% 6.791Amm.to fusti 10.634 Direct Trace 100,00% 10.634

63

Tab. 2.5 – Determinazione del costo delle linee di produzione spumanti

FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOCRITERIO DI

RIPARTIZIONE

MISURA DRIVER SPUMANTE METODO

MARTINOTTI

MISURA DRIVER SPUMANTE METODO CLASSICO

% RIPARTO METODO

MARTINOTTI

% RIPARTO METODO CLASSICO

QUOTA COSTO METODO

MARTINOTTI

QUOTA COSTO METODO CLASSICO

Materie prime, sussidiarie di consumo e merci 257.835 88,57% 11,43% 228.359 29.475Uva conferita 78.444 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 77.346 1.098Acquisto vinoAcquisto materie ausil iarie 175.806 83,89% 16,11% 147.478 28.328Acquisto mosto concentrato Acquisti materie sussidiarie 1.686 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.662 24Confezioni e imballi 41.263 Direct Trace 25.712 15.551Acquisti imballaggi vari 353 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 348 5Acquisti Tappi 31.562 Direct Trace 29.947 1.615Acquisto etichette 9.693 Direct Trace 8.621 1.072Acquisto vetro 73.137 Direct Trace 63.693 9.444Acquisti capsule 10.646 Direct Trace 10.133 513Acquisti pedane 1.825 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.799 26Acquisti interfalde 1.659 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.636 23Acquisti Prodotti Enologici 3.983 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 3.927 56Acquisto altri prodotti 3.585 98,62% 1,38% 3.535 50Acquisto beni e attrezzatura minuta 11 Direct Trace 100,00% 11Combustibil i per lavorazione 33 Direct Trace 100,00% 33Acquisto materiale pubblicitario 2.057 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 2.028 29Acquisti prodotti alimentari 309 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 305 4Materiale vario di consumo 1.127 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.111 16Abiti da lavoro 48 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 48 1Acquisto ferti l izzanti Acquisto antiparassitari Acquisto barbatelle Acquisti disti l lati Abbuoni e arrotond.attivi su acquisti Servizi 103.875 95,20% 4,80% 98.887 4.988Costi per utenze 2.875 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 2.834 40Costi per consulenze 4.411 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 4.349 62Costi di manutenzione (ordinaria, riferiti a impia 2.327 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 2.294 33Compensi organi sociali 1.286 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.268 18Spese commerciali 88.538 98,60% 1,40% 87.299 1.239Pubblicità, inserzioni e affissioni 1.819 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.794 25Contributi promozionali 10.759 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 10.609 151Fiere, mostre, convegni deducibil i 3.787 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 3.734 53Spese commerciali varie 1.223 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.206 17Assicurazione crediti 1.834 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.809 26Provvigioni passive 40.236 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 39.673 563Spese di trasporti 22.768 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 22.450 319Quote ENASARCO 2.023 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.994 28Indennita cessaz.rapporto di agenzia 859 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 847 12Spese di rappresentanza 3.229 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 3.184 45Altri servizi 4.438 18,97% 81,03% 842 3.596Lavorazioni di terzi 3.584 Direct Trace 100,00% 3.584Spese postali 53 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 53 1Spese bancarie 309 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 305 4Premi di assicurazioni non obbligatorie 413 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 407 6Pulizie e vigilanza 57 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 56 1Servizi smaltimento rifiuti 22 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 21 0Godimento beni di terzi 1.550 94,37% 5,63% 1.463 87Canoni di locazione di immobili 1.464 Hl Venduti 48 3 94,12% 5,88% 1.378 86Canoni di locazione di attrezzature 86 98,60% 1,40% 85 1Tir imbottigliamento 50 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 49 1Cassoni differenziata 36 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 36 1Personale 30.363 115,07% 8,42% 34.940 2.557Personale impiegatizio 13.868 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 13.674 194Personale operaio a tempo indet. 12.152 % Tempo Speso 9 1 90,00% 10,00% 10.937 1.215Personale operaio a tempo deter. 11.476 % Tempo Speso 9 1 90,00% 10,00% 10.329 1.148Ammortamenti e svalutazioni 10.858 184,14% 2,56% 19.995 278Ammortamenti immaterialiAltre svalutazione delle imm.Svalutazione crediti 10.858 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 10.706 152Ammortamenti materiali 9.415 9.289 126Amm.to fabbricati strument. 1.293 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.275 18Amm.to impianti e macchinari 7.545 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 7.440 106Amm.to mobili e macchine da uffic. 144 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 142 2Amm.to autovetture 51 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 51 1Amm.to autoveicoli 381 Direct Trace 100,00% 381 0Amm.to barriques 0 0 0Amm.to fusti 0 0 0

64

Tab. 2.6 – Classificazione costi fissi e costi variabili

COSTI FISSI COSTI VARIABILI COSTI FISSI COSTI VARIABILI

Uva conferi ta 77.346 1.098 77.346 1.098

Acquis ti materie suss idiarie 1.662 24 1.662 24

Confezioni e imbal l i 25.712 15.551 25.712 15.551

Acquis ti imbal laggi vari 348 5 348 5

Acquis ti Tappi 29.947 1.615 29.947 1.615

Acquis to etichette 8.621 1.072 8.621 1.072

Acquis to vetro 63.693 9.444 63.693 9.444

Acquis ti capsule 10.133 513 10.133 513

Acquis ti pedane 1.799 26 1.799 26

Acquis ti interfa lde 1.636 23 1.636 23

Acquis ti Prodotti Enologici 3.927 56 3.927 56

Acquis to beni e attrezzatura minuta 11 11 0

Combustibi l i per lavorazione 33 33 0

Acquis to materia le pubbl ici tario 2.028 29 2.028 29

Acquis ti prodotti a l imentari 305 4 305 4

Materia le vario di consumo 1.111 16 1.111 16

Abiti da lavoro 48 1 48 1

Costi per utenze 2.834 40 2.834 40

Costi per consulenze 4.349 62 4.349 62

Costi di manutenzione 2.294 33 2.294 33

Compens i organi socia l i 1.268 18 1.268 18

Pubbl ici tà , inserzioni e affi s s ioni 1.794 25 1.794 25

Contributi promozional i 10.609 151 10.609 151

Fiere, mostre, convegni deducibi l i 3.734 53 3.734 53

Spese commercia l i varie 1.206 17 1.206 17

Ass icurazione credi ti 1.809 26 1.809 26

Provvigioni pass ive 39.673 563 39.673 563

Spese di trasporti 22.450 319 22.450 319

Quote ENASARCO 1.994 28 1.994 28

Indennita cessaz.rapporto di agenzia 847 12 847 12

Spese di rappresentanza 3.184 45 3.184 45

Lavorazioni di terzi 3.584 0 3.584

Spese posta l i 53 1 53 1

Spese bancarie 305 4 305 4

Premi di ass icurazioni non obbl igatorie 407 6 407 6

Pul izie e vigi lanza 56 1 56 1

Servizi smaltimento ri fiuti 21 0 21 0

Canoni di locazione di immobi l i 1.378 86 1.378 86

Tir imbottigl iamento 49 1 49 1

Cassoni di fferenziata 36 1 36 1

Personale impiegatizio 13.674 194 13.674 194

Personale opera io a tempo indet. 10.937 1.215 10.937 1.215

Personale opera io a tempo deter. 10.329 1.148 10.329 1.148

Svalutazione credi ti 10.706 152 10.706 152

78.936 295.419 6.832 30.427

METODO MARTINOTTI METODO CLASSICO

TOTALE

FATTORI DELLA PRODUZIONEQUOTA COSTO

METODO MARTINOTTIQUOTA COSTO

METODO CLASSICO

65

Tab. 2.7 – Il break even point con margine di contribuzione

Dalla lettura dei dati in tabella 2.7 si evince distintamente che il BEP dello spumante

realizzato con metodo classico è negativo. Osservando i margini di contribuzione, il prospetto

chiarisce come ogni unità prodotta/venduta di spumanti realizzati col metodo Charmat

contribuisce alla copertura dei costi fissi aziendali in misura di 1,84 euro, mentre ciascuna

bottiglia di Cinquantenario di falanghina prodotta e venduta “assorbe” risorse finanziarie in

ragione di €1,42 ad unità, nonostante il suo prezzo di vendita di circa tre volte quello del

primo prodotto. Limitando l’osservazione alla sola produzione di spumanti, i dati

suggeriscono che i prodotti a metodo Charmat, oltre alla produzione del reddito,

contribuiscono alla copertura di quella parte di perdita generata dalla vendita di ciascuna

bottiglia di Cinquantenario.

A questo punto potrebbe risultare utile per l’azienda conoscere il giusto mix di produzione

per garantirsi profitti nulli. I costi fissi diventano comuni per entrambe le linee di prodotti, si

conoscono i prezzi unitari, i costi variabili unitari e i volumi di vendita degli stessi (Tabella

2.8).

Tab. 2.8 – Prospetto per il calcolo del punto di pareggio in termini di quantità

PRODOTTI METODO MARTINOTTI METODO CLASSICO

CF 78.936 6.832CVU 1,57 11,41PUV 3,42 9,99BEP 42.819MdC 1,84 -1,42

PRODOTTI VOLUMI DI VENDITA MIX % SU VOLUMI PREZZOCOSTO

VARIABILE

COSTI FISSI

TOTALIM-MARTINOTTI 187.867 98,60% 3,42 1,57M-CLASSICO 2.667 1,40% 9,99 11,41

190.533 100%

85.768

66

Applicando la formula vista in precedenza:

𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 =CF

∑ (𝑃𝑉𝑚𝑝 − 𝐶𝑉𝑚𝑝)

sostituendo ai dati richiesti i valori in tabella 8,

𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 =85.768

[(3,42− 1,57) ∗ 98,60%] + [(9,99− 11,41) ∗ 1,40%

è stato possibile determinare la quantità a valori medi ponderati calcolata sul mix di volumi:

𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 = 47.706

Sapendo la percentuale di vendita di ciascuna produzione, i successivi steps sono stati la

determinazione delle unità di pareggio per linea (Tabella 2.9), il calcolo del margine di

sicurezza (Tabella 2.10) e la verifica del risultato attraverso il prospetto con margine di

contribuzione (Tabella 2.11). Premesso che la Cooperativa opera con un ampio margine di

sicurezza, osservando la tabella 11 si può comprendere l’utilità dell’esercizio svolto: per

coprire le perdite derivanti dalla realizzazione dello spumante prodotto con metodo classico

occorre produrre e vendere un quantitativo più elevato di prodotti “Martinotti” dal momento

che, attraverso i propri ricavi, deve contribuire alla copertura di parte dei costi variabili

generati dalla commercializzazione del prodotto con “Metodo Classico”. Ovviamente, poi, ad

ogni composizione di mix di prodotti, saranno associati diversi punti di pareggio in termini di

quantità e differenti risultati economici.

Tab. 2.9 – Quantità di pareggio per linea di produzione

PRODOTTI BEPmp MIX % SU VOLUMI MIX PRODOTTI

M-MARTINOTTI 98,60% 47.038M-CLASSICO 1,40% 668

100%

47.706

67

Tab. 2.10 – Calcolo del margine di sicurezza

Tab. 2.11 – Prospetto con margine di contribuzione

2.5 Conclusioni

L’attività di ricerca svolta dimostra che nella produzione degli spumanti la Guardiense

riesce a coprire totalmente i costi sostenuti e a collocarsi nell’area dei profitti.

Considerando l’ipotesi che la quantità venduta corrisponda alla quantità prodotta, si

evince che la produzione di spumanti è pari a circa 190.500 bottiglie a fronte di un

punto di pareggio unico per le due linee di spumanti di 47.706 bottiglie (cfr. tabella 8). Il

dato aggregato, però, non fa emergere le difficoltà legate alla produzione dello

spumante metodo Classico. Difatti, con la struttura dei costi aziendali alla data del

31/07/2014, realizzare tale prodotto non è remunerativo, ciò a causa degli elevati costi

variabili di produzione, che rappresentano circa l’81,6% dei costi totali del

Cinquantenario. Dai colloqui avuti con il management aziendale, è emerso, però, che la

caratterizzazione di questo prodotto, in termini di qualità e packaging, è nota e,

peraltro, desiderata al fine di migliorare l’immagine percepita dal consumatore. In altre

PRODOTTI BEPmp Q-venduta MARGINE DI SICUREZZA

M-MARTINOTTI 187.867M-CLASSICO 2.667

190.533

47.706 142.827

M-MARTINOTTI M-CLASSICO TOTALERICAVI 160.683 6.671 167.354COSTI VARIABILI 73.967 7.618 81.586MdC 86.715 -947 85.768COSTI FISSI TOTALI 85.768REDDITO NETTO 0

68

parole, il prodotto è strumentale alla creazione di una strategia di leadership

territoriale, indipendentemente dal processo di razionalizzazione dei costi operato

nell’ultimo biennio.

Per contro, lo spumante metodo Martinotti garantisce una buona redditività, dimostrata

anche dal margine di contribuzione unitario, che potrebbe addirittura migliorare se

l’azienda modificasse la struttura dei costi. Dalla ripartizione dei costi operata, infatti,

emerge che il 79% dei costi di produzione sono variabili, il che rende difficile sfruttare

le c.d. economie di scala.

Inoltre, analizzando il prospetto della ripartizione tra le due linee di produzione in

esame, emerge il peso significativo delle seguenti voci sul totale dei costi variabili:

1. confezioni e imballi, pari a 51,10% per il metodo Classico;

2. acquisto vetro, 21,5% per il metodo Martinotti;

3. acquisto tappi, 10,1% sempre per il metodo Charmat.

L’attività di ricerca potrebbe svilupparsi considerando gli ulteriori e nuovi investimenti

che il management sta realizzando sulle linee di produzione degli spumanti. Questo

comporterà un nuovo calcolo del BEP sulle produzioni osservate e la valutazione dei

nuovi investimenti secondo le tecniche del Capital Budgeting.

69

Bibliografia

Anthony R.N., Controllo di gestione per il settore non profit, McGraw-Hill, Milano, 1992.

Arcari A. M., Programmazione e controllo, McGraw-Hill, Milano, 2010.

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Delta Publishing).

Siegel, Joel, and Shim, Jae K., Barron’s Accounting Handbook (New York: Barron’s, 2005).

70

4. Analisi Organizzativo-Aziendale

di Vincenza Esposito e Luigi Capobianco

3.1 Introduzione

Lo studio descritto in questa sezione è finalizzato all’interpretazione e alla rappresentazione

delle caratteristiche del modello organizzativo emergente e le forme di cooperazione tra gli

altri soggetti coinvolti attivamente nella realizzazione del Progetto V.I.T.I.S.. In particolare,

la ricerca analizza il ruolo dei meccanismi d’integrazione delle conoscenze adottati nelle fasi

di progettazione esecutiva e in quella di attuazione del progetto di ricerca tra l’azienda

capofila, la Cooperativa La Guardiense, e gli altri attori (istituzionali e universitari) coinvolti

nel processo di valutazione dell’attitudine delle uve Falanghina e Aglianico coltivate nel

Sannio rispetto alla possibilità di produrre con esse vino spumante di qualità.

La ricerca approfondisce la letteratura teorica di riferimento sul concetto di integrazione delle

conoscenze, con particolare riguardo per l’adozione di differenti meccanismi organizzativi a

livello inter-organizzativo. La principale questione alla base di questa ricerca è il provare a

comprendere quali siano le combinazioni di meccanismi di coordinamento più adatte per

promuovere l’integrazione delle conoscenze nell’ambito di una collaborazione strategica fra

un’azienda e diversi dipartimenti accademici.

L’esperienza di progetto selezionata come caso studio offre un quadro coerente, differenziato

e ricco di informazioni idonee all’esplorazione del fenomeno in oggetto. Si sono utilizzate tre

tecniche di raccolta dati: analisi dei documenti interni, visite sul campo e interviste semi-

strutturate. L’analisi documentale è stata utilizzata al fine di ottenere una conoscenza

approfondita della struttura organizzativa e per individuare sia eventuali problematiche

correlate al coordinamento, sia implicazioni concernenti il controllo in merito alla creazione

di conoscenza. Le osservazioni e le visite sul campo condotte nei laboratori di ricerca

71

universitari e nella sede operativa dell’azienda sono state compiute al fine di ricavare

maggiori informazioni riguardo sia questioni culturali, sia eventuali criticità legate al

processo di analisi, e a quello di generazione e diffusione delle conoscenze relative alle

materie prime, ai prodotti e al loro potenziale commerciale.

Le implicazioni di questo studio riguardano principalmente una migliore comprensione delle

scelte adottate a livello inter-organizzativo in termini di processi d’integrazione della

conoscenza. Lo studio ha permesso di migliorare la comprensione della cooperazione inter-

organizzativa a livello di progetto sotto almeno due punti di vista. In primis, si osservi che

solo pochi studi precedenti hanno adottato l’intelaiatura del progetto di ricerca per far luce sui

meccanismi di coordinamento inter-organizzativi intercorrenti fra imprese e università.

Inoltre, lo studio ha un ruolo esplorativo in termini di analisi, che può essere utile per

generare ipotesi di ricerca in lavori futuri, mettendo insieme le caratteristiche peculiari dei

progetti inter-organizzativi con lo sviluppo di processi d’integrazione della conoscenza.

I risultati della ricerca possono essere giudicati utili per altre imprese operanti nello stesso

settore, ma anche per i policy maker che vogliono stimolare questa industria. I produttori

vitivinicoli sono in questo periodo alle prese con un rallentamento globale del consumo di

vino e con una competizione sempre più spinta, e ciò li ha spronati a intensificare gli sforzi

compiuti per migliorare la qualità di prodotto e per tentare l’ingresso in redditizie nicchie di

mercato nel commercio internazionale. Per questi motivi, il comparto vitivinicolo è stato

coinvolto in un profondo processo d’innovazione nel cui ambito i processi d’integrazione

della conoscenza vanno assumendo un ruolo via via più importante. Nel presente lavoro si

prova quindi a comprendere come i collegamenti fra università e imprese possano

potenzialmente rappresentare un’imperdibile opportunità di creazione di conoscenza.

72

3.2 Theoretical background

Il comparto vitivinicolo si caratterizza per un complesso e ricercato insieme di conoscenze

facenti capo a molte aree tecnologicamente differenti, come la fermentazione e la produzione

del vino da una parte, e le competenze manageriali inerenti la vendita del prodotto finito

dall’altra (Doloreux et al., 2013).

Questo settore ha subito negli ultimi decenni un rilevante processo d’innovazione tecnologica

e manageriale al cui interno l’integrazione delle conoscenze a livello inter-organizzativo

riveste un ruolo sempre più influente (Pezzillo Iacono et al., 2013). In particolare, si osserva

come la maggior parte dei progressi in termini di ricerca agronomica, chimica o

ingegneristica sul mondo del vino si basino sulle scienze applicate correlate al dominio

accademico (Paul, 2002).

Un numero crescente di studi manageriali documenta la rilevanza delle connessioni fra

università e imprese nel settore del vino (McDermott et al., 2007; Morrison e Rabellotti,

2007; Smith, 2007; Aylward, 2003). Giuliani e Arza (2009) affermano che le imprese

vitivinicole non si rapportano all’università per completare il loro bagaglio di conoscenze,

quanto piuttosto per rafforzare le loro capacità di produrne di nuova. Queste imprese, infatti,

elaborano internamente le conoscenze acquisite dalle università e le sfruttano nei loro

processi di produzione e/o innovazione, aprendo così la strada alla generazione di nuove

abilità e competenze.

I ricercatori universitari, in generale, offrono ad esempio consulenze tecniche sia formali sia

informali ai produttori su tematiche che vanno dal come riconoscere e trattare particolari

parassiti, a come analizzare un terreno. Per questi motivi, le università sono viste come una

vera e propria sorgente di conoscenze e competenze, con cui le imprese possono intrattenere

attività di ricerca congiunta. Da qui la conclusione che un’innovazione di successo non

dipenda esclusivamente dalle capacità tecnologiche dell’impresa o dalle potenzialità del

73

mercato, quanto piuttosto dagli sforzi in termini d’integrazione delle conoscenze, in un’ottica

di mobilitazione e combinazione di un vasto set di competenze eterogenee (Sammarra e

Biggiero, 2008; Acworth, 2008).

3.2.1 Il concetto di integrazione delle conoscenze

L’integrazione delle conoscenze (Knowledge Integration, KI) è un tradizioale argomento di

ricerca in diversi ambiti scientifici. Tell (2011) ha individuato più di trenta definizioni

pertinenti a campi come teoria dell’organizzazione, sviluppo nuovi prodotti, sistemi

informativi, Project Management, gestione delle risorse umane e business internazionale. In

una tale eterogeneità, secondo Tell (2011), è possibile isolare tre principali significati di

ricerca:

1. Condividere o trasferire la conoscenza;

2. Utilizzo di conoscenze simili/correlate;

3. Combinazione di conoscenze specialistiche, differenti, tuttavia complementari.

In questo studio si propone di adottare il terzo approccio tra quelli indicati in precedenza,

identificando l’integrazione delle conoscenze come una combinazione di conoscenze

specialistiche e differenziate. Seguendo questa prospettiva, il principale motivo per cui le

imprese tendono a integrare le proprie conoscenze è l’efficienza. La riduzione dei costi,

infatti, è l’obiettivo che le organizzazioni dovrebbero raggiungere per sfruttare al meglio il

vantaggio della specializzazione. A tal proposito, Grant afferma (1996:113): “Considerati i

guadagni in termini di efficienza dovuti alla specializzazione, è compito fondamentale

dell’organizzazione il coordinamento di sforzi di molti specialisti diversi”.

Come testimoniato nella revisione della letteratura compiuta da Tell, in tutte e tre le accezioni

la KI va ben oltre l’assegnazione dei compiti, andando a toccare molti altri elementi e

variabili. Ad esempio, Mitchell (2006:923) afferma: “L’accesso a della conoscenza esterna

74

rappresenta un trasferimento dall’esterno verso l’interno della stessa, mentre l’integrazione

di conoscenze interne rappresenta un trasferimento di conoscenza da e verso l’interno”.

Mitchell adotta un approccio cognitivo e considera la conoscenza come un oggetto gestito a

livello individuale. Huang e Newell (2003:167) asseriscono invece che l’integrazione delle

conoscenze sia “un processo continuato e collettivo di costruzione, articolazione e

ridefinizione di convinzioni condivise attraverso l’interazione sociale dei membri di

un’organizzazione”.

Nonostante la complessità e varietà del concetto di KI, un punto comune alle definizioni e

agli sforzi di concettualizzazione teorica concerne il processo di divisione del lavoro nel

processo di genesi della conoscenza e la conseguente necessità d’integrazione tra gli attori

che vi hanno preso parte. Come affermato da Tell (2011): la letteratura sul tema

dell’integrazione delle conoscenze non tratta principalmente del ‘problema economico della

cooperazione’, ad es., incentivare l’allineamento fra agenti economici, ma si focalizza

piuttosto sul ‘problema del coordinamento’, ad es, come le conoscenze differenziate possono

essere efficacemente integrate nelle attività economiche (Grant, 1996; Roberts, 2004). Per

comare questo gap, è necessario esaminare il funzionamento dei meccanismi di integrazione,

al fine di facilitare i processi di integrazione delle conoscenze. La finalità specifica del

presente studio è in effetti la comprensione del ruolo di alcune soluzioni organizzative di

supporto alla cooperazione tra attori e delle criticità che si riferiscono al coordinamento in un

processo di KI nell’impostazione di un progetto: il progetto infatti, come affermano

Söderlund and Tell (2011), rappresenta un tipico scenario di creazione di KI e nonostante vi

siano molti studi sui processi di integrazione della conoscenza, ben pochi hanno riguardato lo

studio del processo di KI in un progetto di ricerca.

75

3.2.2 Integrazione di conoscenze e azione organizzativa di progetto

L’integrazione della conoscenza è spesso necessaria nell’impostazione dei progetti per

garantire un coordinamento appropriato e un efficace raggiungimento degli obiettivi. Le

preparazioni dei progetti sono spesso caratterizzate da forti tensioni: necessità di

coordinamento delle attività e di integrazione delle conoscenze, da un lato, e decentramento e

autonomia lavorativa, dall’altra. Anche le caratteristiche dei progetti possono influenzare

l’integrazione delle conoscenze: i limiti temporali permettono alle persone di essere coinvolte

più velocemente, così come di raggiungere risultati migliori. Ciononostante, la condivisione

delle conoscenze potrebbe essere superficiale. L’esperienza specifica non è trasmessa

automaticamente all’interno del progetto o attraverso strutture di progetti.

Sono necessari degli opportuni meccanismi di coordinamento per garantire che le attività

progettuali siano implementate in ossequio delle interdipendenze esistenti. Pianificazione

condivisa, assegnazione delle mansioni, riunioni, strutture sociali, sono tutti esempi di

specifiche caratteristiche del progetto che permettono alle persone di creare e condividere

conoscenza organizzativa. Un progetto genera specifiche opportunità di integrare conoscenze

diverse. La sfida dell’integrazione delle conoscenze risiede nella combinazione di conoscenze

individuali al fine di creare conoscenza collettiva. Tale processo implica interazioni fra

possessori individuali di conoscenza specifica e membri di squadre di progetto.

Numerose ricerche in passato hanno investigato il processo d’integrazione delle conoscenze

nell’impostazione dei progetti. Si sono raggiungi numerosi risultati riguardo il processo di

integrazione e i fattori che lo influenzano; ciò permette di rapportarsi agli aspetti relazionali

del processo. Huang e Newell (2003) suggeriscono che i membri dei team di progetto

debbano possedere conoscenze e competenze varie e specifiche; di modo che i team possano

avere accesso a diverse basi di conoscenza, ma devono altresì risolvere i problemi

dell’integrazione dovuti a prospettive diverse. Nella letteratura esistente sono state poste delle

76

questioni di ricerca concernenti la gestione dell’integrazione delle conoscenze a diversi livelli

in un progetto. Ad esempio, Fong (2003) mostra come siano necessari dei meccanismi di tipo

“boundary spanners” nei progetti disciplinari per gestire al meglio conoscenze e competenze

differenziate.

Nel contesto di sviluppo nuovo progetto, Enberg et al. (2006) sottolineano l’importanza

dell’accumulo dell’esperienza da parte degli individui e il ruolo complementare del collettivo

per l’articolazione della conoscenza. Essi propongono un modello iterativo delle dinamiche

individuo/gruppo basato sull’interazione e sull’azione e dipendente dalle caratteristiche delle

mansioni per comprendere l’integrazione delle conoscenze. I loro principali risultati

suggeriscono che l’integrazione delle conoscenze in un progetto non abbia bisogno di

uguaglianza nella partecipazione. Schmickl e Kieser (2008) argomentano che le persone non

sempre necessitano di un apprendimento di tipo “cross-learning” per fornire prestazioni più

efficaci; piuttosto, queste preferiscono integrare le proprie conoscenze attraverso meccanismi

strutturali. Tell (2011) elenca tre tipologie di fattori che influenzano l’integrazione della

conoscenza: caratteristiche delle mansioni (complessità, incertezza, novità, eterogeneità),

caratteristiche della conoscenza (intera o esterna, tacita o esplicita, correlata o non correlata),

e caratteristiche relazionali (capitale sociale, livello d’interazione, storia).

Fra tutti i fattori che influenzano il processo d’integrazione delle conoscenze nei progetti,

molti (ad es. mancanza di familiarità o conoscenza fra le persone, lingue differenti,

sensemaking, mancanza di fiducia, distanza fisica) possono provocare un fallimento in questo

scopo.

Grant (1996, p. 114) identifica quattro modalità diverse per ottenere un’integrazione delle

conoscenze efficace: regole e orientamento, sequenziamento, routine, problem solving di

gruppo e decision making:

77

1. Regole e direttive: includono piani, programmi, previsioni, regole, politiche e

procedure, e informazioni standardizzare e sistemi di comunicazione (Van de Ven et

al., 1976, p. 323) e si può guardare ad esse come standard che regolano le interazioni

fra individui.

2. Sequenziamento: che comporta un’organizzazione delle attività in una sequenza di

tempo modellata, in modo che l’input di ogni specialista avvenga indipendentemente

attraverso l’assegnazione di uno spazio di tempo separato.

3. Routine: Una routine è “un modello relativamente complesso di

comportamento…innescato da un numero relativamente ridotto di segnali d’avvio o

scelte e funzionante come unità riconoscibile in uno stile relativamente automatico”

(Winter, 1986, p. 165).

4. Problem solving di gruppo e decision making: che si concretizza in una variegata

combinazione di soluzioni di coordinamento £attraverso il confronto diretto” come, ad

esempio l’interazione faccia a faccia tra soggetti nel corso di una riunione). Alcuni

compiti possono richiedere delle forme d’integrazione più personali e più basate sulla

comunicazione. Galbraith (1973) indica il bisogno di affiancare a un coordinamento

“impersonale” effettuato attraverso regole e piani dei modelli coordinamenti di tipo

“personale” e di “gruppo”, quest’ultimo tipo avente la forma delle riunioni.

Nella letteratura concernente il dominio di ricerca Università-Industria la questione della

conoscenza è stata studiata all’interno di un framework ben definito. Molti studiosi hanno

provato a guardare al processo di creazione/trasformazione della conoscenza, adottando il

ben noto modello SECI al fine di interpretare i loro dati (Hermans e Castiaux, 2007;

Matysiewicz e Smyczek, 2013). Questa prospettiva considera le anzidette tipologie di attività

di ricerca nel seguente modo: “Una collaborazione fra università e/o industria può assumere

forme molto diverse, compresi programmi di ricerca congiunta, finanziamenti aziendali di

78

ricerche accademiche e consulenze fornite dallo staff accademico” (Matysiewicz e Smyczek,

2013: 110). Il project team di ricerca è visto come una sorta di comunità di pratica, mentre a

volte lo stesso si rappresenta meglio attraverso l’idea di comunione di pratica (Lindvist,

2005). Questo tipo di gruppo è altamente autonomo dal punto di vista della fissazione degli

obiettivi, in termini di tempi, risorse finanziarie e qualità dell’outcome. È composto di

membri che rappresentano diverse specializzazione con differenti basi e modalità di

interpretazione delle esperienze. (Lindvist, 2005). In tali contesti non c’è particolare bisogno

di avere scambi di conoscenza mentre il ruolo del coordinamento emerge come molto

significativo, e fissati esplicitamente, specifici obiettivi di progetto rivestono grande

importanza nell’abilitazione della attività di coordinamento (Lindvist, 2005).

Nel presente studio si intende discutere di come diversi membri del progetto di ricerca

conducano il loro lavoro nei diversi momenti della ricerca, investigando sul come e quando

essi abbisognino di sovrapposizione o integrazione delle conoscenze. Infine, s’intende

scoprire quali tipi di meccanismi d’integrazione sono adottati quando questo processo si

rende necessario.

3.3 Obiettivi e finalità della ricerca

Il sotto-programma di ricerca realizzato nell’ambito degli studi organizzativi ha mirato a

rappresentare e indagare le modalità di coordinamento e integrazione sviluppate in seno al

progetto tra i partner istituzionali e quelli aziendali allo scopo di sostenere al meglio le

attività di sperimentazione e di innovazione nella produzione di vino spumante di qualità con

vitigni autoctoni. In particolare gli obiettivi del sotto-programma sono stati:

A) Analizzare ed interpretare i modelli organizzativi sottostanti ai processi di produzione e

di innovazione selezionati come focus del progetto di ricerca;

79

B) Interpretare i fenomeni e le soluzioni organizzative adottate dai partecipanti al progetto

per il coordinamento delle attività specialistiche utili alla sperimentazione, il controllo

delle relazioni inter-organizzative e la condivisione delle conoscenze generate,

utilizzando la prospettiva teorica tracciata in precedenza per indagare il tema

dell’integrazione delle conoscenze.

Il valore atteso dalla ricerca in esame è stato correlato alla possibilità di codificare e

modellizzare le prassi e le soluzioni di coordinamento, adottate in via sperimentale

nell’ambito del macro-progetto di ricerca, tra i partner universitarie e aziendali e contribuire,

in tal modo, all’avvio di un processo di knowledge creation e knowledge sharing sui processi

di innovazione attuati, sui risultati conseguiti e le criticità riscontrate.

3.4 Metodologia

L’analisi empirica è stata basata su un’indagine qualitativa. Si è analizzato il materiale

raccolto empiricamente presso la Cooperativa “La Guardiense”, una media impresa

vitivinicola che si trova nella regione del Sannio. Lo studio è stato sviluppato nell’ambito di

un sondaggio più ampio condotto all’interno dell’industria del vino sannita, finanziata dal

MIUR.

Si è scelta questa Azienda in particolare come caso studio poiché ha offerto un’impostazione

di base molto ricca per lo studio della conoscenza. Sulla base delle informazioni reperite

tramite il sondaggio precedente (Pezzillo Iacono et al., 2013), l’Azienda ha dimostrato,

attraverso significative innovazioni di prodotto e di processo in termini sia di tecnologia che

di “semantica”, di avere una forte trazione verso l’internazionalizzazione e un approccio

cosciente verso l’acquisizione di conoscenza sia implicita sia esplicita. In aggiunta, il

modello organizzativo – una cooperative viti-vinicola – è piuttosto comune sia in Italia che

80

nell’area locale. In Italia, le cooperative processano circa il 60% della produzione d’uva e

sono responsabili di una consistente fetta di produzione di vino nella regione del Sannio.

Il ricorso a un caso studio forte è consigliato quando i confini fra fenomeno e contest non

sono interamente ovvi, ad esempio, in merito alla relazione fra meccanismi di coordinamento

e integrazione delle conoscenze (Dubois e Gadde, 2002). Ciò è in linea con Dyer e Wilkins

(1991), i quali hanno sostenuto la causa dei casi studio intensi, raccomandando ai ricercatori

di considerare i benefici derivanti da “lo studio accurato di un singolo caso che porta [loro] a

vedere nuove relazioni teoriche nuove e mettere in discussione quelle già note” (p. 614). Si

sono usate tre tecniche di raccolta dati: analisi della documentazione interna,

visite/osservazioni sul campo e interviste semi-strutturate. L’analisi documentale ha

permesso la comprensione della struttura del progetto e l’identificazione delle questione

correlate all’integrazione delle conoscenze. Le osservazioni sono state compiute per esplorare

cultura, responsabilità e questioni relative al coordinamento afferenti ai diversi partner del

progetto. Si sono condotte sei interviste semi-strutturate con il presidente della Cooperativa e

con 5 ricercatori del dipartimento di Agraria coinvolti con responsabilità formali

nell’attuazione del progetto. Tutte le interviste sono state registrate. Esse hanno puntato a

ottenere dati sulle fonti di conoscenza e sull’adozione di differenti tipologie di meccanismi di

coordinamento. La raccolta di dati ha interessato il periodo Ottobre 2014 - Aprile 2015.

La prima fase di ricerca bibliografica, finalizzata a definire i paradigmi teorici utili a

interpretare il fenomeno, ha consentito di analizzare le pratiche connesse alla generazione e

condivisione della conoscenza, al coordinamento e al controllo organizzativo in condizioni di

stabilità operativa e/o di innovazione. In seguito si è proceduto alla definizione dell’impianto

teorico e metodologico selezionato dal gruppo di ricerca organizzativa, per la comprensione

delle dinamiche e delle azioni messe in campo nella definizione del progetto di

sperimentazione sulla spumantizzazione di vino prodotto con uve autoctone. Si sono quindi

81

potute definire le variabili e le relazioni di causa-effetto da indagare attraverso le attività di

studio e di ricerca empirica. A tal fine, mediante il coordinamento con i partner del Progetto,

si è compiuta un’analisi field, corredata da interviste ai referenti dei diversi gruppi di ricerca e

a quelli dell’Azienda capofila, le quali hanno permesso l’osservazione diretta delle varie fasi

di implementazione della sperimentazione.

In particolare, grazie alle interviste condotte con il gruppo di lavoro afferente all’area

genetica del Dipartimento di Agraria è stato possibile raccogliere gli elementi utili non

soltanto alla ricostruzione delle principali ripercussioni in termini di validazione scientifica

dell’attività di sperimentazione, ma anche ad evidenziare le dinamiche di interazione con il

gruppo di lavoro dell’area enologica dello stesso Dipartimento universitario. Con

quest’ultimo gruppo di ricercatori si è quindi provveduto a raccogliere ulteriori informazioni

utili a ricostruire gli impatti organizzativi della sperimentazione, con particolare focus sulla

possibilità di generare dei protocolli di lavorazione standard mirati all’ottenimento di prodotti

di qualità. Tutto ciò con l’obiettivo di comprendere le scelte adottate in termini di

integrazione della conoscenza e di cooperazione inter-organizzativa, soprattutto alla luce

della diversa natura dei soggetti coinvolti. L’innovazione di processo, infatti, è analizzata

soprattutto nell’ottica degli sforzi di integrazione delle conoscenze, i quali risultano

fondamentali per garantire un coordinamento appropriato e un raggiungimento degli obiettivi

efficace, contestualmente alla capacità tecnologica e alle potenzialità del mercato. In questo

senso, l’indagine qualitativa ha consentito la comprensione delle dinamiche e

l’identificazione delle questioni relative ai meccanismi di condivisione della conoscenza e al

coordinamento tra i diversi gruppi di lavoro. L’analisi e l’interpretazione combinata di dati

economici, informazioni tecniche e previsioni, raccolti mediante gli incontri di cui sopra, ha

permesso, invece, la valutazione della portata innovativa della sperimentazione, nonché di

82

evidenziare la sua originalità in termini sia in termini di coinvolgimento dei partner sia di

contributi teorici apportati agli studi in materia.

3.5 Risultati e discussione

L’attività di ricerca descritta e il caso di studio elaborato hanno condotto all’elaborazione di

due paper discussi nell’ambito di due convegni di cui uno nazionale e uno internazionale.

1. International Forum on Knowledge Asset Dynamics, Bari, Giugno 2015;

2. Workshop on “Business Model and Business Sustainability”, Kore University, Enna

(italy), 19th–20th june 2014.

Dalla discussione in seno alla comunità scientifica di riferimento per gli studi organizzativo

sono emerse considerazioni e proposte per rivisitare i paper prodotti e pervenire ad un terzo

paper attualmente in fase di seconndo referaggio da parte della rivista internazionale

Measuring Business Excellence.

3.5.1 Il contesto della ricerca

Il progetto di ricerca VITIS è nato dalla collaborazione fra la Regione Campania, l’azienda

cooperativa La Guardiense e due Dipartimenti dell’Università, Università Federico II

(Scienze Naturali) e l’Università del Sannio (Dipartimento di Management).

La Guardiense è il partner capofila, l’unico operante come un’azienda commerciale.

Quest’impresa tipicamente mette insieme un gran numero di operatori attivi nel comparto

viti-vinicolo (agricoltori, produttori di vino) in un’ampia area geografica.

Attraverso questo progetto la Regione Campania esercita il suo ruolo di policy maker, con

l’obiettivo di favorire lo sviluppo della filiera produttiva nel Sannio specialmente nelle

varietà di vino Aglianico e Falanghina.

83

Le attività incluse nel progetto sono: a) ricerca di base; b) analisi e c) sperimentazione di

innovazioni di processo e prodotto.

Gli obiettivi del progetto sono stati:

1. Razionalizzazione dei prodotti nella filiera produttiva vitivinicola;

2. Sviluppo delle piene potenzialità dei prodotti esistenti;

3. Sviluppo di nuovi prodotti.

Con riferimento al primo obiettivo, il progetto ha mirato a sviluppare conoscenze peculiari

riguardanti le coltivazioni tradizionali de La Guardiense (tassi di crescita sui diversi suoli,

riguardanti sia gli alberi che i grappoli) al fine di migliorare la distribuzione sull’ampia area

del Sannio, così come di mettere in luce la rilevanza delle tecniche adottate in passato.

Per ciò che attiene invece al secondo obiettivo, il progetto ha puntato a creare conoscenze

idonee a rinforzare la peculiare identità delle uve e dei vini di questa specifica filiera

produttiva, rafforzandole attraverso delle iniziative di marketing mirate.

Infine, il progetto ha avuto ad obiettivo anche la generazione e l’integrazione delle

conoscenze derivanti dalla produzione di vino spumante a partire dalle uve locali attraverso

un processo innovativo.

I pacchetti di lavoro del progetto sono stati:

- programmazione del progetto ed esecuzione

- studio e analisi del genoma delle uve

- sperimentazione produttiva di vino spumante

- miglioramenti di progetto e di prodotto relativi a vini già prodotti e venduti dall’Azienda.

84

3.5.2 Fasi del progetto e meccanismi d’integrazione delle conoscenze

Per ogni pacchetto di lavoro si descrivono gli obiettivi principali, le esigenze in termini di

integrazione delle conoscenze e i meccanismi organizzativi messi in campo per gestire tali

questioni.

A. Programmazione del progetto ed esecuzione

A seguito di una complessa decisione e una pianificazione di processo che ha interessato un

arco temporale di molti mesi, la Regione Campania ha finanziato il progetto di ricerca e

sviluppo proposto da La Guardiense e dalle due compagini universitarie.

Da principio i contenuti e gli obiettivi del progetto necessitarono di allineamento con un più

ampio processo di programmazione e allocazione di risorse europee, fornite per favorire lo

sviluppo di aree disagiate del Sud Italia.

La configurazione finale del progetto è stata raggiunta attraverso il mutuo coordinamento di

una pluralità di attori: dirigenti regionali e nazionali incaricati della gestione di fondi europei,

figure manageriali de La Guardiense, rappresentanti di associazioni professionali a supporto

del processo di pianificazione strategica della Regione Campania, membri delle Università

partecipanti ed esperti del settore nel campo delle tecnologie e delle tecniche della

coltivazione dell’uva.

In questa fase l’esigenza di integrazione di conoscenze disponibili presso i vari attori

coinvolti è stata correlata alla necessità di stabilire un progetto allo stesso tempo realizzabile

per le aziende ma anche rilevante per le esigenze delle istituzioni partecipanti.

La visione strategica del policy maker girante intorno allo sviluppo di una filiera produttiva

vitivinicola locale ha avuto bisogno di essere integrata con quella più tecnica (apportata

dall’Azienda che stava progettando investimenti futuri) e quella più scientifica appartenente

ai ricercatori coinvolti nella sperimentazione.

85

Al fine di ottenere la massima fattibilità, l’analisi di dati economici di derivazione Regione

Campania ha avuto bisogno di interpretazione e allineamento sia con i processi di sviluppo

prodotto che con le dinamiche organizzative interne de La Guardiense.

I meccanismi organizzativi adottati in questa fase sono stati: a) analisi e interpretazione

combinata di dati economici, previsioni e informazioni tecniche riguardanti le innovazioni di

progetto prefigurate; b) valutazione e negoziazioni fra differenti strade percorribili.

In entrambi i casi la soluzione di coordinamento adottata è consistita di strumenti tradizionali

e standardizzati (come Diagramma di flusso, Diagramma di GANTT, controllo di budget e

WBS).

B. studio e analisi del genoma delle uve

Il Dipartimento universitario di scienze agrarie ha coordinato per 12 mesi una sezione del

progetto riguardante la mappatura e la trascrizione del genoma delle uve prodotte nei territori

coltivati da La Guardiense. Più precisamente, la trascrizione del genoma delle uve è stata solo

avviata ma non ancora conclusa poiché ciò sarebbe possibile soltanto qualora si ripetesse lo

studio su tutti le parti di terreno coltivate da La Guardiense.

La trascrizione del genoma del vino è un’iniziativa originale che è tuttora ai suoi primordi in

Europa. È un’attività molto complessa poiché gli esperti hanno bisogno di tracciare tutti gli

step evolutivi dell’albero di vite ricorrendo a dei metodi rigorosi per evitare possibili

alterazioni provocate da una varietà di fattori esterni.

Il raggiungimento di un obiettivo così complesso potrebbe arrecare importanti vantaggi per le

aziende coinvolte, giacché permette di definire scientificamente l’identità delle viti,

rafforzando i tratti unici di ciascuna di esse e definendo così un forte legame con i terroir

locali.

86

Da un punto di vista tecnico, foglie e gemme sono asportate a giugno; in seguito, uve e foglie

sono raccolte in passi susseguenti al processo di maturazione, fino allo stato di potatura,

quello finale, mutualmente condiviso dal produttore e dall’enologo. Durante tutti gli step, si

rendono necessarie delle peculiari tecniche di raccolta, conservazione e trasporto per

prevenire ogni tipo di contatto e alterazione con agenti esterni.

Mentre si eseguiva la campionatura del materiale organico, ci sono state numerose interazioni

fra i partner di progetto. Il team dei biologi dovette impostare i dettagli della campionatura

(intervalli temporali e metodi di selezione dei materiali), mentre si interagiva con i produttori

coinvolti nelle differenti varietà di vino per molti giorni nelle settimane programmate.

Lo sviluppo dinamico della pianta, che è stato disegnato e standardizzato in anticipo

dell’enologo al fine di prelevare i campioni nei momenti cruciali, mostra specifiche

variazioni che il produttore interpreta e ritiene basate sulle informazioni che egli sostiene,

innanzitutto, propria conoscenza sulla varietà di vino e sul suolo in oggetto.

In particolare, decidere il momento più efficace per la raccolta del campione nei stadi di

sviluppo, il livello di altezza su cui tagliare il grappolo, e le sotto-aree da dove scegliere i

diversi campioni, ha richiesto di affiancare alla conoscenza scientifica del ricercatore quella

esperienziale propria del produttore.

L’approccio al coordinamento adottato è stato quello di organizzare un gruppo di lavoro

composto di biologi e produttori, al fine di condurre al meglio le varie attività di

campionatura. Dei giovani ricercatori esperti nello studio delle caratteristiche della vite,

unitamente a dei produttori dotati di un’esperienza maggiore proprietari di terreni agricoli e

membri di vecchia data della Cooperativa, hanno messo a punto un piano di visite alle viti,

durante un numero variabile di giorni intorno ad un data fissata nel progetto stesso.

Attraverso l’osservazione diretta, queste visite sono servite per stabilire gli intervalli

temporali esatti e le procedure tecniche necessarie per l’implementazione delle attività.

87

Una volta che le varie campionature si sono concluse – e immediatamente dopo l’ultimo

campione è stato raccolto – i biologi specialisti hanno condotto le loro analisi e

rappresentazioni e inviato i dati ad un centro specializzato operante a livello nazionale per la

trascrizione finale del genoma delle varietà di uve analizzate.

C. Sperimentazione produttiva di vino spumante

Tutto il team di progetto ha lavorato per 18 mesi sulla sperimentazione di un nuovo prodotto:

un vino spumante realizzato a partire da uve Aglianico e Falanghina del Sannio di viti già

adulte di circa 1000 membri della Cooperativa, con produzioni di successo sia a livello di

mercato nazionale che internazionale.

L’obiettivo è stato quello di identificare le aree del Sannio più appropriate per la produzione

di vino spumante, e la migliore combinazione fra i vini base Falanghina e Aglianico per

ottenere uno spumante di qualità.

Le analisi e gli studi sono stati condotti sia sul campo sia in laboratorio, e insieme a tutte le

fasi del processo produttivo del vino spumante realizzato con tecniche tradizionali, accanto

alla produzione di altri vini già inclusi nella gamma.

I ricercatori hanno condotto le loro attività di potatura, raccolta, schiacciamento,

fermentazione, imbottigliamento e conservazione. Al momento di disegnare il progetto, il

team era in attesa degli ultimi risultati delle analisi sul prodotto finito al termine del periodo

di maturazione, il quale non dura meno di 12 mesi.

In ogni stadio del processo di vinificazione, i ricercatori hanno condotti campionature, analisi

sul campo e test in laboratorio al fine di rappresentare le caratteristiche delle uve e del vino

spumante.

88

L’interazione fra specialisti (enologi e biologi) e i produttori è servita per interpretare i dati

delle analisi di laboratori sull’ipotesi di ottenere un vino spumante ideale attraverso

l’intreccio di due uve diverse.

A causa della mancanza di un vino “prototipo”, lo scambio fra i membri del gruppo di lavoro

si è basato sulla creazione di una serie di ipotesi su: a) la migliore origine delle uve fra le

tante varietà disponibili; b) la combinazione ottima delle uve; c) le migliori tecniche di

coltivazione possibili; d) le soluzioni tecniche ottimali per la gestione del processo di

realizzazione dello spumante.

L’obiettivo comune di raggiungere un protocollo sperimentale ha condotto numerose

iniziative di scambio.

L’esperienza precedente comune fra i membri della ricerca permette la creazione di modelli

comportamentali e procedurali ricorrenti. Allo stesso tempo, gli specialisti nelle scienze

sociali hanno operato con una differente forma d’integrazione con i ricercatori in

management. In questo caso, l’approccio adottato per integrare e generare conoscenze sul

nuovo prodotto è stato quello di condurre delle sessioni preliminari per diffondere i dati del

test e una “nuova codificazione” delle proprietà delle uve e dei vini spumanti oggetto della

sperimentazione.

I ricercatori hanno dovuto coniare termini ed aggettivi ad hoc per rappresentare i risultati

delle loro analisi, al fine di garantire l’allineamento con i ricercatori di organizzazione e

marketing nella comprensione del fenomeno che si sviluppava nel progetto.

Il gruppo di lavoro ha dovuto coniare termini ad hoc anche per identificare le procedure e le

attività tipiche necessarie alla conduzione del processo produttivo, e aggettivi collettivi per

codificare gradualmente l’identità del vino spumante. Ciò ha reso possibile di offrire alle

attività di test un’altra fonte informativa non tanto correlata al prodotto in oggetto, quanto alla

89

sua identità agli occhi del consumatore, il suo posizionamento di mercato in relazione ai

concorrenti, e alla sostenibilità economica di una sua produzione futura.

D. Innovazioni di processo e di prodotto relativi a vini già prodotti e venduti dall’Azienda

La profonda analisi delle proprietà organolettiche ed enologiche delle uve e dei vini prodotti

durante le sperimentazioni al fine di tracciare il genoma delle varietà vinicole della

Cooperativa ha permesso l’accesso a delle basi informative di particolare valore, utili per

rivedere e migliorare gli attuali processi produttivi e i prodotti dell’Azienda.

La rappresentazione dei risultati scientifici ha reso possibile la conferma di numerose

intuizioni rivelate dall’esperienza dei produttori e degli enologi. In alcuni casi, ad esempio,

l’altitudine del terreno può avere un importante impatto sul livello degli zuccheri e di altri

composti presenti nell’uva, con un chiaro effetto sul potenziale del processo di vinificazione.

In altri casi, le specifiche tecniche di coltivazioni possono avere un’influenza, migliorando

consistentemente la qualità delle uve. Soprattutto nelle ultime campionature, i mosti hanno

evidenziato particolari specificità fra le uve provenienti da terreni diversi.

Ciononostante in tutti questi casi, la diffusione di nuova conoscenza scaturente dai test di

laboratorio sulle proprietà dei campioni di uve ha avuto ricadute a cascate nei processi di

integrazione delle prospettive tecniche e commerciali fra i produttori, e fra produttori ed

esperti esterni (enologi ed esperti in materia manageriale), il cui aiuto è invocato al fine di

apportare esperte consulenze nei processi sia di vinificazione sia di vendita.

Sono stati lanciati dei workshop con i produttori al fine di divulgare i risultati ottenuti dai test

laboratoriali, così come dei focus group frequentati dai manager della Cooperativa, produttori

ed enologi interni, per stabilire delle comuni interpretazioni sulle caratteristiche e le

potenzialità delle uve e delle viti.

90

Uno specifico focus group è stato organizzato in tre diversi stadi del progetto, con il

coinvolgimento di ricercatori, manager delle Cooperativa ed enologi di comprovata

esperienza internazionale prelevati all’esterno dell’Azienda, con la finalità di impostare un

piano di sviluppo dei modelli organizzativi e produttivi in generale.

91

Tab. 3.1 – I meccanismi di coordinamento adottati nel progetto per integrare le conoscenze

Fase del progetto Attività Strumento

Meccanismi di integrazione

dominanti (Grant, 1996)

Programmazione ed esecuzione del

progetto

a) analisi ed interpretazione congiunta dei dati

economici, delle previsioni e delle informazioni

tecniche relative ai processi di innovazione immaginati.

b) valutazione e negoziazioni fra le strade

alternativamente percorribili

Diagramma di flusso Diagramma di GANTT Controllo di budget WBS

Regole

Studio ed analisi del genoma delle

uve

Giovani ricercatori esperti nello studio delle

caratteristiche della vite, unitamente a dei produttori

dotati di un’esperienza maggiore proprietari di

terreni agricoli e membri di vecchia data della

Cooperativa, hanno messo a punto un piano di visite alle

viti, durante un numero variabile di giorni intorno

ad un data fissata nel progetto stesso

Riunioni tradizionali

Problem solving di gruppo, decision

making e sequenziamento

Sperimentazione produttiva di vino

spumante

Interazioni faccia a faccia fra specialisti afferenti a

domini tecnici complementari (enologi e

biologi). Esperienze in comune precedenti hanno permesso la creazione di

modelli procedurali e comportamentali ricorrenti.

Validazione di un protocollo di ricerca

nel tempo Routine

Miglioramenti di progetto e di

prodotto relativi a vini già prodotti e

venduti dall’Azienda

Divulgazione dei risultati ottenuti dai test

laboratoriali. Inquadramento delle

interpretazioni comuni circa le caratteristiche e le

potenzialità di uve e viti.

Workshop interni Focus group

Problem solving di gruppo e decision

making

92

3.6 Conclusioni

Le implicazioni di questo studio sono anzitutto correlate a una migliore comprensione delle

scelte adottate a livello inter-organizzativo in termini di processi d’integrazione delle

conoscenze. Lo studio ha reso possibile espandere la comprensione della cooperazione inter-

organizzativa sotto due aspetti. Innanzitutto, va notato come solo un esiguo numero di studi

ha adottato l’intelaiatura del progetto al fine di investigare i meccanismi di coordinamento

esistenti fra Università e imprese.

In seguito, lo studio ha un ruolo esplorativo di analisi, il che può essere utile per la

generazione di ipotesi ricerca in lavori futuri, collegando le caratteristiche dei progetti inter-

organizzativi con i processi di sviluppo e integrazione delle conoscenze.

I nostri risultati possono essere utili per altre imprese operanti nello stesso settore, ma anche

per il policy maker che intende stimolare questo comparto.

I produttori vitivinicoli sono in questo periodo alle prese con un rallentamento globale del

consumo di vino e con una competizione sempre più spinta, e ciò li ha spronati a intensificare

gli sforzi compiuti per migliorare la qualità di prodotto e per tentare l’ingresso in redditizie

nicchie di mercato nel commercio internazionale.

Per questi motivi, il comparto vitivinicolo è stato coinvolto in un profondo processo

d’innovazione nel cui ambito i processi d’integrazione della conoscenza vanno assumendo un

ruolo via via più importante. Nel presente lavoro si prova quindi a comprendere come i

collegamenti fra università e imprese possano potenzialmente rappresentare un’imperdibile

opportunità di creazione di conoscenza.

93

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97

4. Analisi di Marketing e strategie di comunicazione

di Antonella Garofano e Maria Rosaria Napolitano

4.1 Introduzione

Lo scenario competitivo nel settore del vino ha raggiunto livelli di complessità

paragonabili a quelli di industrie meno tradizionali, in conseguenza di cambiamenti radicali

che hanno caratterizzato negli ultimi anni sia il fronte dell’offerta che quello della domanda. I

produttori dei paesi europei che tradizionalmente hanno dominato il mercato a livello

internazionale – come Italia, Francia e Spagna – si sono trovati a fronteggiare la pressione

competitiva esercitata dai produttori del cosiddetto “nuovo mondo” – Australia, Cile,

Argentina, California e Sud-Africa, solo per citarne alcuni (Anderson, 2004). A ciò si è

aggiunto una crescita del peso della moderna distribuzione organizzata, che ha apportato le

proprie logiche nella filiera, con effetti talvolta dirompenti (Mattiacci et al., 2006). Sul fronte

della domanda si è assistito all’evoluzione dei processi e degli stili di consumo, con la

progressiva sostituzione di modelli tradizionali con modelli sperimentali e la sempre

maggiore influenza di fattori inerenti la sfera dei bisogni psicologici e sociali (Smith,

Solgaard, 2000; Groves, Charters, Reynolds, 2000; Moulton e Lapsley, 2001; Howard e

Stonier, 2002). Inoltre, per effetto della globalizzazione, si è assistito ad una progressiva

riduzione delle differenze negli stili di consumo tra aree geografiche, con l’affermazione di

“gusti internazionali” di consumo tra i diversi paesi produttori (Smith e Mitry, 2007). Nel

contempo, la qualità del prodotto è divenuto un elemento determinante nel processo di

acquisto, specialmente nei paesi tradizionalmente caratterizzati da volumi più elevati di

consumo, dove i clienti orientano le proprie scelte verso vini per i quali il “locus” di

produzione viene ad avere una propria specifica riconoscibilità (Mattiacci, 2004). La

dialettica globale-locale si afferma, pertanto, in questo settore come una variabile dagli effetti

98

particolarmente significativi e raramente riscontrabili in altri ambiti competitivi.

In questo scenario estremamente dinamico, la sfida che si trovano a fronteggiare i

produttori è di dimostrare capacità di “ascolto del cliente”, individuandone aspettative,

bisogni e percezioni. In particolare, l’acquisizione di una conoscenza approfondita circa il

profilo socio-demografico e le principali componenti del processo di acquisto e di consumo

costituiscono una necessità ineluttabile ai fini della corretta pianificazione ed

implementazione di strategie competitive efficaci (posizionamento, comunicazione,

promozione etc.).

In questo contesto si inserisce l’attività di ricerca svolta dal gruppo Marketing e

Comunicazione afferente al DEMM nell’ambito del progetto “V.I.T.I.S”, finalizzato alla

valutazione dell’attitudine delle uve Falanghina ed Aglianico, coltivate nel Sannio, alla

produzione di un vino spumante di qualità. Il progetto, infatti, rappresenta un caso di

particolare rilievo, date le potenzialità che le specifiche caratteristiche ambientali e strutturali

locali, unitamente alle tecniche di produzione adottate, rivestono per il conseguimento di un

vantaggio competitivo duraturo nel panorama sempre più complesso del sistema vitivinicolo

nazionale e internazionale.

Alla luce di queste considerazioni introduttive, nell’ambito dell’area Marketing e

Comunicazione si è proceduto ad un’analisi della domanda – realizzata attraverso

un’indagine sul campo finalizzata ad individuare distinti gruppi di clienti connotati da un

punto di vista socio-demografico e comportamentale – a cui è stata affiancata un’analisi

dell’offerta, indirizzata a comprendere in che modo il concetto di terroir viene utilizzato per

comunicare l’unicità e l’irripetibilità di un vino, ovvero di uno spumante, fortemente legato al

proprio luogo d’origine.

Dopo una sintetica analisi del background teorico di riferimento, nei paragrafi che seguono

vengono più dettagliatamente illustrati gli obiettivi e la metodologia della ricerca e vengono,

99

successivamente, presentati i risultati relativi all’indagine sul campo. Infine, vengono

discusse le implicazioni del percorso di ricerca per la Cooperativa “La Guardiense”.

4.2 Theoretical background

Come è noto dalla fiorente letteratura sul marketing del vino, i nuovi stili di consumo sono

caratterizzati da una forte componente edonistica, che rende necessarie strategie di

differenziazione basate su dimensioni simboliche e psicologiche. Accanto al prezzo, infatti,

numerosi sono gli attributi del prodotto in grado di influenzare significativamente la

decisione d’acquisto, resa particolarmente complessa dalla natura intrinsecamente cognitiva

del vino (Mattiacci et al., 2006). Tra questi, il luogo d’origine emerge come un fattore in

grado di conferire unicità al prodotto non soltanto per via delle caratteristiche organolettiche

che mutano in base alla provenienza geografica ma anche, e soprattutto, per l’irripetibilità

delle componenti intangibili racchiuse nella terra che genera un vino.

Come evidenziato dai numerosi contributi sul comportamento d’acquisto del vino (Lockshin,

2003; Orth et al., 2005; Charters e Pettigrew, 2006; Mattiacci et al., 2006), una migliore

conoscenza del prodotto da parte del consumatore generalmente determina un maggior livello

di coinvolgimento e la reputazione del luogo d’origine diventa uno dei principali fattori che

guidano la scelta. La crescente importanza attribuita al legame tra vino e territorio di origine

ha determinato un rinnovato interesse intorno al “terroir”, concetto dal forte potere evocativo

che ha avuto origine in Francia nella metà del XIX secolo e ancora oggi è utilizzato per

connettere i prodotti, in particolar modo quelli agroalimentari, ad uno specifico luogo

(Spielmann e Gélinas-Chebat, 2012).

Negli ultimi anni, numerosi studi incentrati sul vino hanno contribuito a svelare le molteplici

dimensioni del terroir, riconducibili non solo alle condizioni ambientali e pedoclimatiche in

cui le uve sono coltivate, ma anche ai fattori umani, storici e culturali che direttamente o

100

indirettamente influenzano le caratteristiche dei vini legati a uno specifico territorio (Morlat,

1989; Vaudour, 2001, 2002; Deloire et al., 2005; Charters, 2006; Fort e Fort, 2006; Van

Leewen e Seguin, 2006; Spielmann e Charters, 2013). Ciò nonostante, intorno al concetto di

terroir persiste tuttora una notevole ambiguità, come dimostrano le differenze riscontrate in

letteratura nella percezione che ne hanno le diverse categorie di soggetti che intervengono

nella produzione e nel consumo del vino (Spielmann e Gélinat-Chebat, 2012).

Nell’ambito degli studi manageriali, diversi sono i contributi che hanno investigato il

concetto di terroir nell’intento di descriverne le molteplici dimensioni e approfondirne le

potenzialità quale strumento di differenziazione nell’ambito di una più ampia strategia di

marketing del vino (Charters, 2006; Fort e Fort, 2006). Negli ultimi anni, infatti, il terroir è

stato indagato tra i fattori di scelta a disposizione del consumatore di vino nell’ambito del più

ampio filone di studi finalizzati ad analizzare empiricamente il legame esistente tra

l’immagine di un’area territoriale e le percezioni dei consumatori circa la qualità del vino che

in essa affonda le proprie radici (Johnson e Bruwer, 2007, 2010).

Al contempo, molti studi sono stati realizzati negli ultimi anni a livello nazionale ed

internazionale con l’obiettivo di pervenire ad una segmentazione del mercato del vino in

grado di evidenziare diverse modalità di fruizione del prodotto (ad esempio: Johnson et al.,

1991; Bruwer et al., 2002; Thach e Olsen, 2006; Mattiacci et al., 2006; Kolyesnikova et al.,

2008). Diverse sono le prospettive adottate in questi studi, riconducibili alle tradizionali

variabili di segmentazione note nella letteratura di marketing: geografica, demografica,

psicografica e comportamentale (Kotler e Keller, 2006).

Alla luce di queste considerazioni, si è ritenuto opportuno adottare la prospettiva

comportamentale e considerare, dunque, l’intero processo di acquisto e consumo, con un

approccio di tipo olistico volto ad indagare contestualmente diverse variabili che incidono sul

processo di scelta del consumatore. Contestualmente, dato il focus del progetto in cui si

101

inserisce l’attività di ricerca in oggetto, si è inteso comprendere l’analisi delle percezioni e

delle interpretazioni del concetto stesso di terroir da parte di una categoria specifica di

soggetti in grado di influenzare il legame tra un vino e il luogo in cui esso ha origine: i

produttori, la cui prospettiva è stata finora abbondantemente trascurata dalla letteratura.

4.3 Obiettivi e finalità della ricerca

Le attività di ricerca dell’area Marketing e Comunicazione sono state finalizzate al

raggiungimento dei seguenti obiettivi: analisi del mercato e dell’ambiente di marketing

attuali, alla ricerca di opportunità attrattive per il nuovo prodotto oggetto di sperimentazione;

definizione della strategia di targeting più adeguata al nuovo prodotto e del posizionamento

competitivo che si intende raggiungere; determinazione del mix comunicazionale più adatto

al mercato target.

A tal fine, è stata realizzata in primo luogo un’ampia rassegna della principale letteratura

esistente sul marketing del vino, sinteticamente discussa nel paragrafo precedente, con

particolare attenzione alle seguenti tematiche: comportamento di acquisto e consumo nel

mercato del vino; ruolo del territorio e delle denominazioni di origine nelle strategie

competitive e di comunicazione adottate nel settore vitivinicolo. In secondo luogo, si è

proceduto alla raccolta di dati secondari sui livelli di consumo di vino e spumante e relativi

trend di crescita nei mercati nazionali e internazionali.

Al fine di pervenire ad una più chiara identificazione di principali fattori di scelta nel mercato

del vino, i dati secondari sono stati integrati con dati primari sui consumatori finali,

finalizzati a ricostruire il comportamento del consumatore nelle diverse fasi, dalla percezione

del bisogno alla ricerca di informazioni, dalla valutazione delle alternative fino al

comportamento post-acquisto.

102

In terzo luogo, sono state realizzate interviste in profondità finalizzate a comprendere le

percezioni dei produttori vitivinicoli locali in merito alle potenzialità del terroir quale fonte di

vantaggio competitivo e sulle strategie di marketing adottate per valorizzare e comunicare il

legame tra vino e territorio di origine.

4.4. Metodologia

Con specifico riferimento all’analisi di mercato, la ricerca sul campo ha inteso indagare le

principali componenti del processo di acquisto e di consumo del vino, acquisire informazioni

riguardanti il profilo socio-demografico dei responsabili dell’acquisto del vino, che siano allo

stesso tempo utilizzatori del prodotto, ed infine evidenziare le differenze tra diversi segmenti

di domanda. Le informazioni raccolte attraversano, infatti, tutte le fasi del processo di

acquisto e consumo del prodotto – dal comportamento pre-acquisto al comportamento post-

acquisto – e hanno consentito di definire il profilo di quattro diversi segmenti di acquirenti e

consumatori di vino.

Figura 4.1 – Le fasi del processo di acquisto e di consumo del vino: il concept dell’indagine

Comportamento post-acquisto

Fedeltà alla

marca

Utilizzo del prodotto

Occasioni a

di consumo Vissuto del

prodotto

Decisione e Acquisto

Luogo di

acquisto Fattori di

scelta Spesa

Valutazione delle alternative

Tipologia di

vino Provenienza

del vino

Ricerca delle informazioni

Natura delle

fonti (interne, esterne)

Percezione del bisogno

Natura delle

motivazioni (utilitaristiche, sociali, esperienziali, etc.)

103

L’obiettivo risponde alla consapevolezza ormai maturata negli operatori di marketing circa

l’opportunità di focalizzare l’attenzione sull’intero processo decisionale dei clienti piuttosto

che sulla sola decisione d’acquisto e fare ricorso all’indispensabile processo di

segmentazione del mercato. In accordo con la letteratura di marketing, si è dunque proceduto

a scomporre il processo decisionale in sei stadi, per ciascuno dei quali sono stati valutati i

principali profili di scelta e comportamento. Al fine di pervenire ad una più approfondita

conoscenza delle caratteristiche della domanda, si è inoltre effettuata una ricostruzione dei

profili caratterizzanti i diversi segmenti di acquirenti e consumatori, indispensabile per

orientare la formulazione e implementazione di strategie di marketing specifiche per ciascuno

di essi. La metodologia di analisi dei dati raccolti è stata, dunque, integrata dall’impiego della

cluster analysis, che ha consentito di individuare i gruppi di clienti più significativi,

evidenziando i diversi modi di fruire il prodotto vino.

Sotto il profilo della struttura e dei contenuti, il concept dell’indagine è stato dunque

definito con l’intento di fornire informazioni riguardanti il profilo socio-demografico

dell’acquirente e consumatore del vino e le principali componenti del processo di acquisto e

di consumo del prodotto stesso. Come noto, il processo di acquisto ha inizio molto prima

della decisione vera e propria e presenta conseguenze di estremo interesse che perdurano nel

tempo. In tal senso, a partire dalla letteratura di marketing, tale processo è stato scomposto in

sei fasi (Figura 4.1):

• la percezione del bisogno: fa riferimento ai diversi fattori situazionali e agli stati

mentali che innescano il processo decisionale che conduce all’acquisto. Sono state oggetto di

rilevazione le principali motivazioni alla base della scelta di acquistare un vino/spumante,

facendo riferimento alle seguenti componenti: la componente utilitaristica (es. per

accompagnare i pasti, perché fa bene alla salute), la componente sociale (es. perché bevuto da

104

parenti e amici, per motivi di status e prestigio) e la componente culturale ed esperienziale

(es. per apprezzarne le proprietà organolettiche, per gratificazione personale);

• la ricerca delle informazioni: comprende l’insieme delle azioni intraprese dal cliente

potenziale per l’individuazione del prodotto più idoneo alla soluzione del problema percepito.

La rilevazione ha avuto ad oggetto le principali fonti di informazione dell’acquirente,

ricondotte a due macro-categorie: le fonti di natura interna o empiriche, riconducibili alle

esperienze di consumo già avute in passato, e le fonti di natura esterna, a loro volta

suddivisibili in fonti personali (ossia parenti e amici, la cui opinione è in grado di influenzare

il potenziale acquirente), fonti commerciali (ossia informazioni fornite attraverso le diverse

leve di comunicazione utilizzate dai produttori) e fonti pubbliche (ossia le forme di

comunicazione non direttamente controllate dai produttori: film, libri etc.);

• la valutazione delle alternative: riguarda l’insieme dei prodotti che compongono il

“consideration set” tra cui l’acquirente sceglie l’alternativa che meglio risponde alle sue

esigenze. Con riferimento a tale aspetto, l’indagine ha considerato la tipologia e la

provenienza del vino abitualmente acquistato. È stata inoltre indagata l’immagine percepita

delle diverse regioni italiane rispetto al vino, cercando di individuare le regioni più

direttamente e spontaneamente associate dai consumatori al vino (“top of mind”).

• la decisione e l’acquisto: il riferimento è all’insieme delle scelte e delle azioni che

conducono all’effettivo acquisto del prodotto. Sono state, dunque, oggetto d’indagine il luogo

in cui il vino viene acquistato, i fattori di scelta considerati al momento dell’acquisto e la

spesa media sostenuta per l’acquisto;

• l’utilizzo del prodotto: include l’insieme dei fattori che nel complesso determinano le

modalità di consumo del vino. In particolare sono stati oggetto d’indagine le occasioni di

consumo, anche in relazione alla frequenza di consumo e il vissuto del vino, ovvero gli

attributi che vengono associati al vino e che ne determinano l’esperienza di consumo;

105

• il comportamento post-acquisto: come noto, la soddisfazione rispetto al prodotto

conduce al riacquisto. Con riferimento a questo aspetto, è stata indagata in particolare la fedeltà

dichiarata alla marca di vino abitualmente acquistata.

Con riferimento al disegno della ricerca, la popolazione target dell’indagine è composta

dagli acquirenti e consumatori di vino. In particolare, l’indagine è stata focalizzata sui

responsabili dell’acquisto di vino, che fossero a loro volta user del prodotto, residenti nella

regione Campania. Al fine di garantire l’appartenenza degli intervistati alla popolazione sono

state predisposte alcune domande iniziali con funzione di “filtro”: solo coloro che hanno

dichiarato sia di acquistare che di consumare vino sono stati oggetto dell’indagine; inoltre,

solo ai residenti in Campania è stato sottoposto il questionario.

La numerosità campionaria è pari a 630 individui. La procedura di campionamento

adottata è stata di tipo non probabilistico “per quote”. Al fine di garantire sufficiente ed

equilibrata rappresentatività qualitativa alla popolazione regionale, sono state pre-

determinate delle quote di interviste da realizzare in ciascuna provincia. Le quote sono

state, in particolare, fissate in modo da rispecchiare il più possibile la distribuzione della

popolazione regionale tra le province stesse. Gli intervistatori sono stati pertanto suddivisi

in gruppi e localizzati in punti strategici dei capoluoghi di provincia per intercettare

facilmente le persone da intervistare.

Con riferimento allo strumento di rilevazione, si è utilizzato un questionario strutturato,

contenente domande a risposta multipla relative alle diverse fasi del processo di acquisto del

vino. Nell’ultima sezione sono state rilevate le principali caratteristiche socio-demografiche

degli intervistati. Infine, il metodo di contatto prescelto nell’indagine è stato la

somministrazione personale: ciascun intervistatore è stato incaricato di intercettare le persone

– con arbitrarietà nella scelta, ma nel rispetto delle quote pre-fissate – ottenere

l’autorizzazione a partecipare all’indagine, formulare le domande filtro e proseguire

106

nell’intervista in caso di sussistenza dei requisiti richiesti. Tale procedura ha consentito di

ridurre al minimo il numero di risposte mancanti.

Le caratteristiche del campione

Dal punto di vista socio-demografico, il campione ottenuto risulta prevalentemente

composto da maschi, che rappresentano il 63% degli intervistati, a fronte del 37% di donne.

Gli intervistati sono rappresentativi di ogni fascia d’età, con una prevalenza del segmento

medio-giovane; la fascia 25-44 anni rappresenta infatti il 50% del totale (Figura 4.2).

Figura 4.2 – Distribuzione degli intervistati per classe di età

Il livello culturale degli intervistati risulta mediamente elevato: oltre il 30% ha conseguito

una laurea o un titolo post-laurea e ben oltre l’80% possiede almeno un diploma di scuola

media superiore. Il profilo occupazionale vede prevalere tra gli intervistati gli impiegati (20%

circa), gli imprenditori e i liberi professionisti (17%), gli studenti (16%), i commercianti

(9%), gli operai (7%), i pensionati (6%).

Con riferimento alla residenza, il campione riflette per grandi linee la distribuzione della

popolazione tra le province campane4. Prevalgono, pertanto, i residenti a Napoli e provincia,

4 In base agli ultimi dati disponibili sulla popolazione regionale, l’esatta suddivisione tra le province risulta essere la seguente: Napoli 52,8%; Salerno 19,2%; Caserta 15,5%; Avellino 7,5%; Benevento 4,9%.

18-24 anni 14%

25-34 anni 31% 35-44

19%

45-54 19%

55-64 11%

Oltre 65 6%

107

che rappresentano il 38% degli intervistati; seguono i residenti a Salerno e provincia (21%), a

Caserta e provincia (18%), ad Avellino e provincia (13%) e, infine, a Benevento e provincia

(10%) (Figura 3).

Figura 4.3 – Distribuzione degli intervistati per provincia di residenza

Tutti gli intervistati sono acquirenti e consumatori di vino. In particolare, si riscontra una

leggera prevalenza degli acquirenti occasionali – coloro i quali acquistano vino almeno una

volta al mese o più raramente – che rappresentano il 57% degli intervistati, mentre gli

acquirenti abituali – coloro i quali acquistano vino almeno una volta a settimana o

quotidianamente – rappresentano il 43% (Figura 4.4). Con riferimento, invece, alla frequenza

di consumo si riscontra una netta prevalenza degli “heavy user” – coloro i quali consumano

vino almeno una volta a settimana o quotidianamente – che rappresentano il 68% degli

intervistati, mentre i consumatori moderati – coloro i quali bevono vino almeno una volta al

mese o più raramente – rappresentano il 32% (Figura 4.4).

Figura 4.4 – Distribuzione degli intervistati per frequenza di acquisto e di consumo

Frequenza di acquisto:

Quotidianamente 8%

Almeno 1 volta a settimana

35%

Almeno 1 volta al mese 25%

Raramente 32%

Avellino e provincia 13%

Benevento e provincia 10%

Caserta e provincia 18%

Napoli e provincia 38%

Salerno e provincia 21%

108

Frequenza di consumo:

A fronte di un consumo regolare ed abituale, si riscontra pertanto una frequenza di

acquisto più “diluita”, ad indicare la tendenza a comprare più unità di prodotto in ciascuna

occasione di acquisto. In particolare, dall’incrocio delle variabili – frequenza di acquisto e

frequenza di consumo – emerge come la maggioranza dei consumatori abituali tenda a

comprare il vino settimanalmente.

4.5 Risultati e discussione

Di seguito vengono presentati e discussi i risultati dell’indagine compiuta sia per analizzare il

lato della domanda e, dunque, per identificare i principali segmenti di consumatori attraverso

le principali variabili comportamentali, sia per analizzare il lato dell’offerta, ossia per

cogliere le percezioni degli imprenditori locali riguardo alle potenzialità di un vino/spumante

strettamente connesso al luogo d’origine, nonché per indagare lo stato dell’arte delle politiche

integrate finalizzate a migliorare l’immagine dell’area e con essa la competitività delle

eccellenze locali.

4.5.1 Il comportamento di acquisto e di consumo: l’analisi della domanda

In coerenza con le finalità della ricerca, sono state raccolte informazioni relative a

ciascuno dei sei stadi in cui il processo decisionale e di consumo è stato scomposto:

percezione del bisogno; ricerca delle informazioni; valutazione delle alternative; decisione e

Quotidianamente 35%

Almeno 1 volta a settimana

33%

Almeno 1 volta al mese 11%

Raramente 21%

109

acquisto; utilizzo del prodotto; attitudini post-acquisto. Si presentano nel prosieguo i

principali risultati ottenuti.

La percezione del bisogno

Al fine di valutare il tipo di bisogno a cui corrisponde l’acquisto del vino, sono state

oggetto di indagine le motivazioni alla base della decisione di procedere all’acquisto. La

spinta principale all’acquisto risulta essere per la maggioranza degli intervistati (66% del

campione) il desiderio di accompagnare i pasti; altra motivazione ricorrente (indicata dal

33% degli intervistati) è il fatto che è bevuto dalla famiglia, partner o amici; per regalarlo

(28%); e perché è preferito rispetto ad altre bevande alcoliche (22%). Significativa è anche la

quota di coloro che acquistano vino perchè fa bene alla salute (15%), per abitudine (9%),

perché è gratificante (8%) e per apprezzarne le proprietà organolettiche (8%). Meno citate

invece altre motivazioni, come quelle di prestigio sociale (4%). A livello emotivo-spontaneo

l’acquisto del vino è dunque motivato innanzitutto dalla possibilità di abbinamento con il

cibo e, più in generale, dalle abitudini familiari, che segnalano uno spiccato desiderio di

feeling personale e sociale.

Figura 4.6 – Distribuzione degli intervistati per motivazione prevalente dell’acquisto del vino

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Altro

Status e prestigio sociale

Proprietà organolettiche

Gratificazione

Abitudine

Salute

Preferenza rispetto ad altre bevande

Regalo

Bevuto da famiglia/partner/amici

Accompagnare i pasti

Acquirenti occasionali

Acquirenti abituali

110

Alcune divergenze si registrano laddove si considerino separatamente gli acquirenti

abituali e quelli occasionali (Figura 4.6). Da notare infatti come per gli acquirenti occasionali

risulti maggiormente marcata l’influenza di famiglia e amici, così come la scelta del vino

come regalo. Per gli abituali acquirenti sono invece più marcate le motivazioni “cognitive” e

razionali: salute, proprietà organolettiche, preferenza rispetto ad altre bevande alcoliche.

La ricerca delle informazioni

Con riferimento al principale mezzo utilizzato per acquisire informazioni sul vino, dai

risultati dell’indagine emerge con assoluta evidenza il ruolo fondamentale delle fonti

empiriche e personali: le precedenti esperienze di acquisto e consumo rappresentano la fonte

di informazioni più citata (68% degli intervistati), seguita dal passaparola di amici e parenti

(58% degli intervistati) e dalle sagre (20% circa del campione). I risultati dell’indagine

evidenziano la scarsissima penetrazione delle tradizionali forme di comunicazione “above the

line”: spot televisivi (4%) e radiofonici (0,3%) e manifesti pubblicitari (2%). Molto limitato

risulta anche il ruolo dei quotidiani e settimanali (3%). Relativamente più significativa è,

invece, la percentuale di coloro che consultano riviste specializzate (7%). Rilevante, ma

tuttora non paragonabile alle fonti personali, risulta essere il ruolo di Internet quale strumento

d’informazione in questo mercato: rappresenta, infatti, il canale utilizzato per documentarsi

dal 9% degli intervistati.

Figura 4.7 – Distribuzione degli intervistati per fonte d’informazione sul vino

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Spot in radio

Manifesti pubblicitari

Spot in TV

Riviste specializzate

Passaparola di Parenti/amici

Acquirenti occasionali

Acquirenti abituali

111

Il ruolo di Internet sembra essere più significativo con riferimento agli acquirenti

occasionale, dato che, come ampiamente prevedibile, le fonti impersonali rivestono un peso

relativamente maggiore per chi ha avuto minori esperienze dirette di consumo (Figura 4.7).

Il peso delle tradizionali fonti di natura commerciale e pubblica, in definitiva, è piuttosto

limitato rispetto alle fonti di natura interna, a quelle personali e, anche se in modo meno

evidente, rispetto al canale web.

La valutazione delle alternative

Nella valutazione delle alternative sono state indagate la tipologia e la provenienza del

vino prevalentemente acquistato. Con riferimento alla tipologia prescelta, la maggioranza

degli intervistati (70%) ha espresso una preferenza per il vino rosso, rispetto al vino bianco

(acquistato in prevalenza dal 20% del campione), al rosato (2% circa) o allo spumante (5%

circa) (Figura 8).

Figura 4.8 – Distribuzione degli intervistati per tipologia di vino acquisita in prevalenza

Con riferimento alla provenienza del vino, la maggioranza degli intervistati (oltre il 60%)

dichiara di acquisire esclusivamente vini italiani. Molto significativa la percentuale di coloro

i quali acquistano, in particolare, solo vini campani (20% circa). Tale percentuale risulta

Rosso 70%

Bianco 21%

Rosato 2%

Spumante 5%

Altro 2%

112

essere superiore a quella di coloro che scelgono indifferentemente tra vini di provenienza

nazionale e internazionale (16%). Praticamente nulla l’incidenza di coloro che hanno

dichiarato di preferire esclusivamente i vini stranieri (0,2%) (Figura 9). Sicuramente i risultati

dell’analisi risentono della circostanza che la stessa sia stata focalizzata in Campania.

Orgoglio campanilistico e vicinanza/conoscenza condizionano senza dubbio le scelte di

acquisto. Sembra tuttavia emergere una spiccata e convinta predilezione per i vini nazionali e,

in particolare, per quelli regionali da parte dei consumatori campani.

Figura .4.9 – Distribuzione degli intervistati per provenienza del vino acquisito in prevalenza

Una conferma ulteriore di quanto appena asserito sembra derivare dall’analisi

dell’immagine delle regioni italiane rispetto al vino. Come noto, nel processo che conduce

dalla valutazione delle alternative alla decisione di acquisto un ruolo assolutamente critico è

svolto dall’immagine percepita delle diverse alternative considerate; in tal senso, si è

proceduto anche ad indagare quanto l’immagine delle diverse regioni italiane fosse associata

dagli intervistati al vino, per interpretarne le scelte d’acquisto. Tale analisi sembra

confermare i risultati prima commentati: la preferenza per i vini italiani e campani in

particolare è “giustificata” da un’immagine molto positiva della regione associata dagli

Solo vini campani 20%

Solo vini italiani 64%

Solo vini stranieri 0%

Indifferentemente vini italiani e stranieri

16%

113

intervistati al vino. Alla domanda “qual è la regione italiana che più associa al vino?” la

maggioranza degli intervistati ha indicato, infatti, la Campania (41%), seguita da Toscana

(28%) e Piemonte (8%), che distanziano abbondantemente le altre regioni citate.

Focalizzando l’analisi sulla nostra regione, ad un maggior livello di dettaglio è stato

chiesto agli intervistati quale fosse la provincia campana più immediatamente associata al

vino (“top of mind”): Avellino risulta essere nell’immaginario degli acquirenti e consumatori

di vino campani la provincia più legata a questo prodotto, essendo stata indicata da oltre la

metà degli intervistati (55% circa); segue la provincia di Benevento (37% circa); mentre tra

gli attributi che connotano l’immagine delle altre province non sembra esserci con particolare

forza il vino (Figura 4.10).

Figura 4.10 – Regioni italiane e province campane più associate al vino (“top of mind”)

La decisione e l’acquisto

Sono stati oggetto dell’indagine il luogo in cui il vino viene acquistato, i fattori di scelta

considerati al momento dell’acquisto e la spesa media sostenuta per l’acquisto. Dai risultati

Salerno 4%

Caserta 1,4%

Benevento 37,5%

Avellino 54,6% Napoli

2,5%

Piemonte 7,1%

Toscana 28,4%

Campania 41,6%

114

raccolti emerge con una certa evidenza il ruolo della grande distribuzione organizzata (GDO)

nel processo di acquisto del vino (indicata dalla maggioranza degli intervistati, oltre il 38%):

in particolare come primo e più ricorrente luogo di acquisto del vino è stato indicato il

supermercato o ipermercato (38,4%), mentre del tutto trascurabile è il peso del discount

(0,1%), a testimonianza forse di una diffusa attenzione alla qualità del prodotto. Il canale che

emerge immediatamente dopo è l’acquisto diretto presso il produttore o la cantina (indicato

dal 28% degli intervistati). Di peso leggermente inferiore, ma comunque ragguardevole,

risulta essere il canale horeca (adoperato dal 23% circa del campione): in particolare, il 18%

circa acquista vino prevalentemente in enoteca o wine bar, mentre il 5% è solito acquistare

vino al ristorante o in hotel. Meno significativi risultano essere gli altri luoghi di acquisto. Tra

questi sembra mantenere un ruolo non trascurabile la distribuzione non organizzata (il

piccolo negozio di alimentari è prescelto come più ricorrente luogo di acquisto dal 5,5% degli

intervistati), a fronte di canali alternativi che non sembrano recitare un ruolo di primo piano

(Internet, ad esempio, è indicato solo dallo 0,1% del campione).

Alcune differenze sembrano emergere laddove si considerino separatamente gli acquirenti

abituali e quelli occasionali (Tabella 4.1). Per gli acquirenti abituali la distribuzione

organizzata rappresenta in assoluto il luogo preferenziale d’acquisto (indicato dalla metà

circa degli intervistati riconducibili a questa categoria); segue il canale horeca (che è

prescelto da poco più del 20% degli intervistati, laddove si considerino congiuntamente

enoteche e ristoranti), che quasi si equivale con l’acquisto diretto presso il produttore

(indicato da poco meno del 20%). Per gli acquirenti occasionali, invece, è proprio l’acquisto

diretto in cantina il canale che emerge come prioritario (indicato da oltre il 30%); segue la

distribuzione organizzata e il canale horeca (che, essendo indicato da oltre il 24%, riveste per

questa categoria di intervistati un peso relativamente maggiore). Tali dati sembrano indicare

una maggiore capacità di autodeterminazione da parte dell’acquirente abituale, che,

115

basandosi sulle sue precedenti esperienze d’acquisto, ricorre alla distribuzione consapevole di

cosa cerca. Al contrario, l’acquirente occasionale si basa maggiormente sulla conoscenza e i

consigli del produttore ovvero del personale addetto alla ristorazione.

Tabella 4.1 – Distribuzione degli intervistati per luogo di acquisto del vino

Quanto appena affermato sembra trovare conferma dall’analisi dei fattori di scelta

considerati al momento di effettuare l’acquisto. Se si considerano gli acquirenti che sono

soliti ricorrere alla distribuzione organizzata (Tabella 4.2) emerge con immediatezza come il

prezzo, la qualità e la provenienza geografica del vino siano i fattori determinanti per la scelta

del prodotto. Tutti e tre questi fattori sembrano avere un peso ancora maggiore per gli

acquirenti abituali, che, con ogni probabilità, conoscono il prodotto che acquistano e sono in

grado di valutare le diverse offerte in base al prezzo.

Dove acquista

prevalentemente il vino?

Totale

Intervistati

Acquirenti

abituali

Acquirenti

occasionali

Supermercato/Ipermercato 38,4% 47,5% 32,6 %

Produttore/Cantina 28,2% 18,9% 33,9 %

Enoteca/Wine Bar 17,7% 18,4% 17,3 %

Negozio di alimentari 5,5% 8,4% 3,9 %

Ristorante/Hotel 5,2% 2,6% 6,8 %

Trattoria/Osteria/Agriturismo 1,7% 1,6% 1,8 %

Altro 1,7% 1,3% 1,8 %

Sagre/Fiere 0,9% 0,8% 1,1 %

Pizzeria 0,5% 0,3% 0,6 %

Discount 0,1% 0,2% 0 %

Internet 0,1% 0% 0,2 %

TOTALE 100,00% 100% 1100%

116

Tab. 4.2 – Distribuzione degli intervistati che acquistano il vino prevalentemente presso la

GDO per fattore di scelta principale

Relativamente più importanti risultano invece essere per gli acquirenti occasionali rispetto

agli acquirenti abituali fattori quali la presenza di certificazione di qualità (IGT, DOC,

DOCG), la marca, le promozioni e i consigli di parenti e amici, tutti segnali “indiretti” che

guidano la scelta da parte di chi ha meno dimestichezza con il prodotto. Tali fattori, tuttavia,

Quando acquista il vino al

supermercato/ipermercato, in

base a quale fattore sceglie?

Totale intervistati

che acquistano al

supermercato/

ipermercato

Acquirenti

abituali

Acquirenti

occasionali

Prezzo 30,6% 32,6% 28,7%

Qualità 28,7% 30,1% 26,8%

Provenienza geografica 15,0% 16,4% 13,9%

Certificazione di qualità 6,3% 5,1% 7,8%

Marca 5,2% 2,3% 6,9%

Tipologia di vitigno 4,1% 4,3% 3,9%

Soddisfazione precedenti

acquisti 2,7% 3,1% 2,7%

Abbinamento con il cibo 2,2% 2,3% 2,1%

Promozioni 1,4% 1,1% 1,9 %

Gusto/sapore/odore 1,1% 1,2% 1,0 %

Consigli partner/parenti/amici 1,1% 0,5% 1,9 %

Fiducia nel produttore 1,1% 0,9% 1,7%

Gradazione alcolica 0,5% 0,1% 0,6%

Confezione/bottiglia 0% 0% 0%

Altro 0% 0% 0%

TOTALE 100,00% 100% 100%

117

al pari degli altri esaminati, rivestono in generale un peso di gran lunga inferiore ai primi tre

menzionati. Se si considerano invece gli acquirenti che sono soliti acquistare il vino nel

canale horeca (Tabella 4.3) emerge come fattore più importante la qualità del prodotto,

mentre il prezzo riveste un ruolo relativamente meno decisivo.

Tab. 4.3 – Distribuzione degli intervistati che acquistano il vino prevalentemente nel canale

horeca per fattore di scelta principale

118

Si conferma tra i fattori di scelta più importanti la provenienza geografica del prodotto –

una variabile che sembra essere realmente determinante per tutti gli acquirenti – e, più in

generale, sembrano assumere maggior peso anche altre variabili decisionali. In particolare, i

consigli del sommelier e del ristoratore diventano, al pari dei consigli di parenti e amici, un

fattore di scelta molto rilevante, specie per gli acquirenti meno regolari. Come prevedibile,

anche la tipologia di vitigno e l’abbinamento con il cibo diventano fattori prioritari di scelta,

molto più frequentemente citati rispetto agli acquirenti presso la GDO.

Un ulteriore fattore indagato con riferimento alla fase di acquisto del prodotto è relativo

alla spesa in media sostenuta dagli intervistati per una bottiglia di vino. Ovviamente i risultati

risultano fortemente influenzati dal luogo di acquisto solitamente utilizzato (Figura 4.11).

Figura 4.11 – Distribuzione degli intervistati per spesa media per bottiglia di vino

Acquisto al supermercato/ipermercato:

Acquisto in enoteca/hotel/ristorante:

La quasi totalità di coloro i quali sono soliti acquistare il vino presso la GDO (88%)

dichiara di non spendere più di 10 € per una bottiglia, con una piccolissima fetta di

consumatori (3%) che solitamente supera i 15 €. In particolare, per questa categoria di

Meno di 3 € 15%

3-6 € 44%

7-10 € 29%

11-15 € 9%

Oltre 15 € 3%

Meno di 6 € 6%

7-15 € 55%

16-25 € 27%

26-35 € 7%

Oltre 35 € 5%

119

acquirenti la fascia di spesa più frequentemente citata (44% circa) è quella compresa tra 3 e 6

€. Le risposte cambiano sensibilmente per gli acquirenti che solitamente acquistano il vino

presso il canale horeca: in questo caso, la quasi totalità degli intervistati (89%) sostiene una

spesa che mediamente risulta essere superiore ai 25 € e una fetta non trascurabile (il 5%

circa) spende abitualmente oltre 35 €. In particolare, la fascia di spesa più citata risulta essere

in questo caso quella compresa tra 7 e 15 €.

Dai risultati, nel complesso, emerge il peso che hanno nelle scelte del consumatore i

luoghi tradizionali di acquisto, mentre sembrano ancora “stentare” i canali alternativi e, tra

questi, Internet in primo luogo. Anche i fattori di scelta sembrano rispecchiare un

comportamento piuttosto “tradizionale” con una grossa attenzione per la qualità e,

soprattutto, la provenienza del prodotto acquistato. Il comportamento tende tuttavia a variare

sensibilmente in relazione al canale di acquisto, cosa che viene evidenziata dalla differente

propensione alla spesa mostrata tra gli acquirenti che ricorrono alla GDO e quelli che

ricorrono al canale horeca. Appare dunque fondamentale cercare di incrementare il valore

creato per i clienti attraverso l’evoluzione da un approccio “di massa”, finalizzato unicamente

a creare consapevolezza e conoscenza del prodotto verso un pubblico indifferenziato, ad una

strategia “personalizzata”, in grado di creare preferenza attraverso la proposta di soluzioni ad

alto valore aggiunto nei confronti di segmenti specifici di clientela.

La fase di consumo

Sono stati oggetto d’indagine le occasioni di consumo, indagate anche in relazione alla

frequenza di consumo, e il vissuto del vino, ovvero le percezioni in merito alle connotazioni

del prodotto che ne determinano l’esperienza di consumo. Con riferimento alle occasioni in

cui il vino viene abitualmente bevuto, oltre la metà degli intervistati (58% circa) ha fatto

riferimento alla presenza di ospiti a casa; poco meno quelli che hanno genericamente indicato

120

di consumare vino a casa durante i pasti (50%) oppure fuori con amici o parenti (47%). Molto

citate anche altre motivazioni, quali la partecipazione a feste informali con amici o parenti

(30%) e ad eventi importanti e formali (22%). Meno citate altre motivazioni che rimandano

ad uno uso meno “tradizionale” del vino: solo una piccola fetta degli intervistati, ad esempio,

è solito bere vino come aperitivo (6%) o dopo il lavoro per rilassarsi (2%). Tali risposte

sembrano essere perfettamente in linea con le motivazioni d’acquisto precedentemente

indagate e commentate.

Alcune interessanti differenze emergono in merito alle occasioni di consumo laddove si

considerino separatamente gli utilizzatori regolari di vino – coloro i quali lo consumano

almeno una volta a settimana o quotidianamente – e i consumatori moderati – coloro i quali

bevono vino almeno una volta al mese o più raramente (Figura 4.12). Se ne deduce che, come

prevedibile, il consumo casalingo, per accompagnare i pasti (61%) o per ricevere ospiti

(58%), rappresenta l’occasione più frequente per i bevitori regolari, con una percentuale

significativa che indica pure i pranzi o le cene fuori casa con amici e parenti (45%). Per i

consumatori moderati, invece, sono le occasioni “speciali”, come la visita di ospiti a casa

(61%), i pranzi o le cene fuori casa (50,5%), le feste (36,5%) e gli eventi importanti (28,5%)

a rappresentare il pretesto per bere vino. In generale, dunque, sembrano recitare un ruolo più

significativo per i bevitori moderati le occasioni che rimandano ad un consumo di status e di

immagine, rispetto ai bevitori abituali, maggiormente legati al piacere e gusto del prodotto.

121

Figura 4.12 – Distribuzione degli intervistati per occasioni di consumo del vino

Un ulteriore fattore indagato è relativo al vissuto del prodotto vino. In particolare sono

state sottoposte agli intervistati alcune affermazioni associate al consumo del vino ed è stato

richiesto di esprimere un giudizio di accordo/disaccordo utilizzando una scala a 5 punti (dove

il valore 1 = per niente d’accordo; il valore 5 = molto d’accordo). Ne emerge una percezione

generalizzata estremamente positiva del vino, che ne “giustifica” la scelta di consumo, in

quanto prodotto della tradizione, adatto ad accompagnare la dieta mediterranea, genuino e

salutare; al contrario, non viene percepito come prodotto sofisticato o adatto solo ad

occasioni speciali, così come non sembra essere considerato il motivo principale in funzione

del quale scegliere la meta di un viaggio (Figura 4.13).

0 10 20 30 40 50 60 70

Altro

Dopo il lavoro per rilassarsi

Come aperitivo

A feste informali con amici/parenti

Quando ci sono ospiti a casa

Consumatori moderati

Consumatori regolari

122

Figura 4.13 – Distribuzione degli intervistati per vissuto del prodotto vino

In particolare, il vino viene considerato: “un prodotto della nostra tradizione”(il 72% degli

intervistati ha indicato il valore 5 per questa affermazione); “adatto a molti piatti” (il 61%

degli intervistati ha indicato il valore 5 per questa affermazione); “più salutare di altre

bevande alcoliche” (il 48% degli intervistati ha indicato il valore 5 per questa affermazione).

Il vino non viene considerato: “solo per occasioni speciali”(il 63% degli intervistati ha

indicato il valore 1 per questa affermazione); “un buon motivo per scegliere la meta di un

viaggio” (il 59% degli intervistati ha indicato il valore 1 per questa affermazione); “un

prodotto giovane e moderno” (il 53% degli intervistati ha indicato il valore 1 per questa

affermazione).

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

1

4

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

1

4

Il vino è adatto a molti piatti: Il vino è un prodotto della tradizione:

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%

1

4

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

1

4

Il vino è genuino e naturale: Il vino è elegante e sofisticato:

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

1

4

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

1

4

Il vino è più salutare di altri alcolici: Il vino è solo per occasioni speciali:

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

1

4

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

1

4

Il vino è un prodotto giovane e moderno: Il vino è un buon motivo per un viaggio:

123

Il comportamento post-acquisto

Quale fase conclusiva del processo di acquisto e di consumo, è stata indagata la fedeltà

dichiarata alla marca del vino abitualmente acquistata. Ne è emersa una spiccata tendenza tra

gli intervistati a scegliere tra 2-3 marche di riferimento, rispetto alle quali dunque viene

dichiarata una notevole fedeltà (Tabella 4.4). Non trascurabile la percentuale di coloro i quali

acquistano sempre e soltanto la stessa marca (15% circa), che risulta tuttavia inferiore alla

percentuale di coloro i quali non dichiarano alcuna fedeltà comportamentale, ma scelgono di

volta in volta a seconda della disponibilità del venditore o di altri fattori (18% circa).

Tabella 4.4 – Distribuzione degli intervistati per fedeltà dichiarata alla marca del vino

Alcune significative differenze emergono dall’analisi disgiunta degli acquirenti abituali e

di quelli occasionali. Pur risultando confermata per entrambe le tipologie di consumatori la

tendenza a scegliere tra un ristrettissimo set di alternative, risulta essere più elevata tra gli

acquirenti abituali la percentuale dei fedeli ad una marca ben precisa (17% rispetto al 14%

degli acquirenti occasionali); viceversa la percentuale di coloro che acquistano la marca che

Con riferimento alla

marca del vino, Lei:

Totale

Intervistati

Acquirenti

abituali

Acquirenti

occasionali

Acquista sempre la

stessa marca 15,4% 16,6% 13,7%

Cambia tra 2-3 marche 66,2% 71,9% 62,8%

Prende la marca che

capita 18,4% 11,3% 23,5%

TOTALE 100,00% 100% 1100%

124

capita tra gli acquirenti occasionali risulta essere più che doppia rispetto agli acquirenti

regolari (23% rispetto all’11%)

Nel complesso, emerge dall’analisi dei comportamenti post-acquisto un approccio

piuttosto abituale e fedele, con la scelta del vino da acquistare concentrata su poche marche

ricorrenti, rispetto alle quali si è maturato un certo livello di fiducia e soddisfazione.

4.5.2 La segmentazione dei consumatori campani

Dopo aver analizzato i profili comportamentali legati al consumo di vino, si è provveduto

all’individuazione dei principali segmenti di domanda, allo scopo di supportare la definizione

di strategie di marketing specifiche per ciascuno di essi.

Dal punto di vista metodologico, l’elaborazione è stata condotta mediante gli step tipici

della cluster analysis secondo il metodo gerarchico; i diversi segmenti sono stati ottenuti

considerando come variabili di input le caratteristiche demografiche e le diverse fasi dal

processo di scelta e utilizzo del vino. Allo scopo di favorire una più chiara interpretazione

delle caratteristiche della domanda, i diversi segmenti emersi dall’analisi sono stati collocati

all’interno di una mappa a due fattori (Figura 4.13), ciascuno dei quali sintetizza le

dimensioni che sembrano meglio caratterizzare il profilo del consumatore di vino campano.

La prima dimensione prescelta – rappresentata sull’asse verticale della mappa – si presta

alla lettura delle caratteristiche psicografiche e motivazionali del consumatore. All’estremo

superiore dell’asse si collocano gli individui caratterizzati da un atteggiamento maggiormente

improntato alla tradizione, per i quali il consumo del vino risponde prevalentemente a

motivazioni di natura funzionale (es. accompagnare i pasti, abitudine, salutismo, etc.) e le cui

modalità di acquisto e consumo sono improntate ad un atteggiamento più razionale e

conservatore. All’estremo inferiore dell’asse si collocano invece gli individui che

manifestano una più spiccata tendenza verso l’edonismo; tale attitudine si riflette sia nelle

125

motivazioni di acquisto, che di norma sono maggiormente connesse a fattori di natura

esperienziale (status, prestigio sociale, convivio, etc.), sia al processo di scelta, nel quale si

registra il prevalere di criteri di natura premium (es. marca, provenienza geografica,

abbinamento con il cibo, etc.), sia infine nelle modalità di acquisto, per il quale si rileva

l’utilizzo prevalente di punti vendita a più elevata specializzazione.

La seconda dimensione prescelta – rappresentata sull’asse orizzontale della mappa – si

presta invece alla lettura dei luoghi prevalenti in cui avviene il consumo del vino. All’estremo

sinistro dell’asse si collocano dunque gli individui i quali consumano il vino prevalentemente

in casa, mentre all’estremo opposto vi sono invece coloro che associano il consumo di vino a

luoghi ed occasioni non domestiche (es. ristorante, feste, etc.).

Sulla base delle dimensioni analitiche individuate sono stati definiti quattro segmenti di

visitatori, rappresentati nella mappa sottostante.

Figura 4.13 – I principali segmenti di consumatori in Campania

126

Gli Spartani

Si tratta di individui caratterizzati da un’età medio-alta (in prevalenza 45 anni e oltre) e da

un livello di istruzione leggermente inferiore alla media degli intervistati. Prevalentemente di

sesso maschile, i membri di tale segmento sono forti estimatori del vino, che consumano

quotidianamente in occasione del pranzo e della cena in quanto ne apprezzano le proprietà

organolettiche e lo prediligono rispetto altre bevande di accompagnamento dei pasti. Il loro

comportamento di acquisto è fortemente improntato al tradizionalismo; gli spartani sono

infatti sono scarsamente influenzati dai principali mezzi di comunicazione e poco propensi ad

affidarsi ai suggerimenti di parenti e amici. Le principali fonti di informazione sono infatti

rappresentate dalle precedenti esperienze con il prodotto. Una logica conseguenza è l’elevato

livello di fidelizzazione: i membri di tale segmento si caratterizzano infatti per una scarsa

attitudine al cambiamento e tendono ad acquistare sempre lo stesso brand, scegliendo in

massima parte vini locali, che spesso acquistano direttamente presso le cantine.

Gli spartani rappresentano il 22,7% del totale dei consumatori campani intervistati.

Gli Eclettici

E’ il segmento caratterizzato da maggiore varietà nelle scelte di acquisto e consumo; di

sesso maschile o femminile e di età compresa tra i 45 e i 54 anni, gli eclettici si caratterizzano

per un livello di scolarizzazione medio-alto. Il consumo del vino è associato a diverse

occasioni, indifferentemente in casa o presso i locali pubblici; si tratta, infatti, di forti

estimatori di tale bevanda, che considerano genuina e naturale. Il loro comportamento di

acquisto è prevalentemente orientato verso attributi funzionali: il principale criterio di scelta è

infatti rappresentato dal rapporto prezzo/qualità, pur con una discreta attenzione verso

l’immagine luogo di produzione. Per quanto concerne le fonti di informazione, gli eclettici

presentano caratteristiche in gran parte simili agli spartani: al pari di questi ultimi, sono infatti

127

poco attenti sia alle tradizionali forme di comunicazione commerciale che alle fonti personali

rappresentate dal passaparola di parenti e amici, e preferiscono scegliere i prodotti da

consumare sulla base della propria esperienza. Pur essendo tendenzialmente fedeli, restano

tuttavia aperti alle novità e al cambiamento, scegliendo il vino da consumare tra 2-3

alternative differenti.

Gli eclettici rappresentano il 33,5% del totale degli intervistati

I Viveur

Si tratta del segmento di consumatori più edonista. In massima parte giovani (meno di 34

anni), uomini o donne, i viveur consumano il vino quasi esclusivamente fuori casa, in

occasione di feste e cene con gli amici. Per i membri di tale gruppo il vino rappresenta uno

status symbol e, in quanto tale, lo utilizzano come strumento di affermazione della propria

immagine sociale. Di conseguenza, il comportamento di acquisto e consumo riflette in

massima parte attributi di tipo aspirazionale: i viveur infatti traggono piacere e soddisfazione

dalla scelta della marca “giusta” con cui accompagnare i propri momenti conviviali e

prediligono prodotti di brand molto noti e di prezzo elevato, associando ad essi una maggiore

qualità. Oltre alla notorietà di marca e al prezzo, tra gli attributi di scelta principali un ruolo

preminente spetta anche all’immagine del luogo di provenienza del prodotto e alle possibilità

di abbinamento con il cibo. A tali attributi di scelta in molti casi non corrisponde tuttavia una

reale e profonda conoscenza del prodotto, trattandosi in molti casi di consumatori alle prime

fasi del processo di consumo del vino. Di conseguenza, i viveur pongono in essere un’intensa

attività di raccolta delle informazioni e sono fortemente influenzati da soggetti esterni, tra cui

in particolare i sommelier e coloro che considerano come opinion leader.

Tale segmento rappresenta il 23,7% del totale degli intervistati.

128

I Casalinghi Conviviali

Tale segmento è composto prevalentemente da individui di sesso femminile, di età compresa

tra i 35 e i 54 anni e con un elevato livello di istruzione. Analogamente ai viveur, i membri di

tale segmento associano il vino ad occasioni di socialità e limitano il consumo del prodotto

prevalentemente a questi momenti. A differenza del segmento precedente, tuttavia, i

casalinghi conviviali preferiscono trascorrere i propri momenti conviviali in casa, ospitando o

visitando parenti e amici, in massima parte durante il fine settimana, per condividere pranzi e

cene. Il loro comportamento di acquisto riflette una visione più “matura” del prodotto: poco

influenzati dalle diverse forme di comunicazione, sia commerciali che personali,

attribuiscono un’importanza preminente all’immagine del luogo di provenienza, che

considerano come la principale garanzia di qualità, pur mantenendo una discreta attenzione

alla variabile prezzo. In quanto consumatori “esperti”, i casalinghi conviviali si caratterizzano

per una buona conoscenza delle diverse alternative di prodotto ed un comportamento di scelta

alquanto deciso; il loro consideration set è infatti limitato ad una ristretta cerchia di brand, tra

i quali alternano la scelta finale.

I casalinghi conviviali rappresentano il 33,5% del totale dei consumatori regionali

intervistati.

4.5.3. Il ruolo del terroir nelle percezioni dei produttori: l’analisi dell’offerta

Pur essendo la Valle Sannita un’area vocata tradizionalmente alla coltivazione della vite e

alla produzione del vino, i produttori locali hanno faticato a lungo per scrollarsi di dosso

un’immagine associata più ai volumi della produzione realizzata rispetto all’intera regione

(oggi oltre il 50%) che non al valore organolettico dei vini realizzati. Negli ultimi decenni,

tuttavia, si è registrato un graduale miglioramento dell’immagine territoriale agli occhi di

129

esperti ed eno-appassionati, con evidenti effetti positivi sulle percezioni degli stessi in merito

alla qualità dei vini del territorio.

Accanto ai notevoli investimenti realizzati dalle aziende locali per innovare i propri processi

produttivi, un passo decisivo per migliorare il posizionamento dell’area vitivinicola sannita e

rafforzarne la competitività rispetto ad altri territori dalle caratteristiche simili è stato il

riconoscimento delle denominazioni di origine, attribuite ai vini del Sannio prodotti seguendo

specifici disciplinari. Un’ulteriore spinta in questa direzione è provenuta dalla costituzione

nel 1999 del “Sannio Consorzio Tutela Vini”, che oggi raccoglie oltre 400 membri tra

viticoltori e imprenditori vinicoli. Sin dalla costituzione, il Consorzio ha offerto un contributo

fondamentale alla tutela e alla valorizzazione delle denominazioni di origine dell’area, oggi

riconducibili alle seguenti: Aglianico del Taburno DOCG; Falanghina del Sannio DOC;

Sannio DOC; Benevento IGT.

L’intensa relazione che intercorre tra la “terra” e il vino, tuttavia, non può essere letta e

interpretata solo attraverso l’etichetta posta sulla bottiglia per contrassegnarne l’origine, ma

necessita di un’analisi più profonda, che consenta di cogliere appieno l’anima di un territorio

e le molteplici sfaccettature attraverso cui essa si manifesta. Da qui il dibattito sempre più

vivace sul concetto di terroir, che negli ultimi tempi ha coinvolto anche i produttori del

Sannio, concordi nel legare saldamente la tipicità e l’unicità dei propri vini agli elementi

distintivi del territorio di appartenenza.

A partire da queste considerazioni, attraverso una serie di interviste in profondità con

proprietari e manager di 15 imprese vitivinicole del Sannio beneventano - che hanno

ovviamente coinvolto anche i vertici aziendali della Cooperativa “La Guardiense” - si è

tentato di identificare i valori che i produttori associano al concetto di terroir e comprendere

in che modo esso può essere utilizzato per comunicare l’unicità e l’irripetibilità di un vino

fortemente legato al proprio luogo d’origine. Dalle interviste realizzate emergono definizioni

130

di terroir talvolta nebulose e piuttosto diverse tra loro. Al termine terroir, infatti, gli

intervistati associano prevalentemente i diversi elementi dell’ambiente fisico, la cui ottimale

combinazione in una terra vocata crea le condizioni per la produzione di vini dalla personalità

unica ed irripetibile. L’analisi condotta ha anche rivelato che in molti casi il termine terroir è

usato come sinonimo di territorio, mentre a volte esso rappresenta una sorta di fotografia in

grado di catturare ciò che il Sannio vitivinicolo rappresenta nell’immaginario degli

imprenditori. Il peso della componente umana nell’identità del terroir, invece, è messo in

evidenza solo in alcuni casi. Sebbene l’analisi condotta abbia evidenziato l’esistenza di un

legame profondo e indissolubile tra i produttori vitivinicoli e la loro terra, davvero poche

sono le iniziative collettive poste in essere per valorizzare l’immagine dell’intera area e, in tal

modo, migliorare le percezioni dei consumatori circa la qualità e l’identità dei prodotti locali.

Significativo è stato il contributo offerto dalla Cooperativa “La Guardiense” alla

riqualificazione del paesaggio vitivinicolo nonché al progresso tecnologico-produttivo

dell’intera area. Ancora carenti, però, appaiono le azioni collettive finalizzate a valorizzare il

terroir in un’ottica integrata, ovvero in grado di connettere ambiente, cultura e storia per

rafforzare il vantaggio competitivo non della singola azienda ma dell’intera area di

riferimento. La necessità di progetti comuni per migliorare la reputazione del territorio e del

vino, in un circuito virtuoso di rafforzamento reciproco, è avvertita in modo sempre più

pressante dagli imprenditori intervistati, molti dei quali lamentano lo svantaggio di

appartenere ad un’area vitivinicola il cui richiamo territoriale non è paragonabile a quello

delle cosiddette top wine regions.

4.6. La strategia di marketing per il nuovo prodotto

Dall’analisi discussa nei paragrafi precedenti sono emerse indicazioni utili alla formulazione

di una strategia di marketing finalizzata a creare valore per il mercato target, costituito

131

prevalentemente dai potenziali acquirenti che attribuiscono alla tipicità e al legame con il

territorio un ruolo di particolare rilievo nel processo di acquisto e consumo di un vino.

La segmentazione basata sull’intero processo di acquisto e consumo ha consentito di

identificare segmenti di mercato distinti, con evidenti implicazioni per la strategia di

marketing da seguire e per le politiche di marketing operativo da attuare.

La Cooperativa “La Guardiense” ha adottato negli ultimi anni una strategia di marketing

differenziato ed è presente in più segmenti di mercato con vini differenti per ciascun

segmento. In linea con tale strategia, il nuovo prodotto potrà agevolmente inserirsi nel già

ampio ed eterogeneo portafoglio aziendale, e sarà indirizzato al segmento che occupa la

fascia medio-alta del mercato.

Dopo aver identificato bisogni e aspettative dei consumatori potenzialmente interessati al

prodotto oggetto di sperimentazione, la strategia di marketing da porre in essere per il lancio

del prodotto stesso sul mercato dovrà essere orientata alla definizione di un posizionamento

chiaro e univoco, in modo che i consumatori-obiettivo riconoscano l’immagine distintiva e

quindi le qualità superiori di un vino-spumante di qualità prodotto con sole uve coltivate nel

Sannio.

La strategia di marketing per il lancio del nuovo prodotto dovrà, dunque, essere progettata e

tradotta sul piano operativo in modo che la sua immagine occupi un posto ben definito nelle

menti dei consumatori del segmento-obiettivo. A tal fine, sarà necessario definire e

comunicare somiglianze e differenze tra il prodotto e i concorrenti. Nello specifico, la

definizione della strategia di posizionamento richiederà la determinazione di uno schema di

riferimento competitivo, l’identificazione degli elementi di parità e di differenza ottimali da

associare al prodotto, la creazione di un brand (da inserire nell’architettura di marca

complessiva dell’azienda) che sintetizzi il posizionamento e l’essenza del nuovo prodotto.

132

Il brand così identificato diventerà quindi la promessa al mercato e il payoff (ovvero il

vantaggio, costituito in questo caso dal legame inscindibile del vino-spumante con il territorio

in cui le uve sono coltivate e raccolte), in altri termini il rendimento per il consumatore che

sceglie il prodotto. Il payoff dovrà dunque essere racchiuso in un messaggio che esprima con

massima sintesi ciò che il prodotto offre in modo unico e distintivo rispetto ai concorrenti,

evidenziandone il carattere altamente innovativo e al contempo valorizzando il legame con il

territorio e con la tradizione che da sempre contraddistinguono la politica aziendale.

In tale direzione, emerge in tutta evidenza la necessità di utilizzare in maniera coerente e

coordinata le leve del marketing mix al fine di sostenere il posizionamento competitivo del

vino spumante di qualità oggetto della sperimentazione, il cui vantaggio rispetto ai prodotti

concorrenti dovrà essere necessariamente basato su una strategia di differenziazione.

4.6.1 Il marketing-mix

Le attività di marketing da realizzare per ottenere un posizionamento di successo per il nuovo

prodotto sono sintetizzabili nelle cosiddette quattro P, da combinare opportunamente nel

marketing-mix: prodotto, prezzo, promozione (intesa nel senso più ampio di comunicazione)

e distribuzione (place).

Prodotto

Uno degli elementi che dovrà contraddistinguere fortemente il nuovo prodotto da lanciare sul

mercato è la capacità di far emergere l’identità del luogo di origine. Il rispetto della terra e

della tradizione ma al contempo la capacità di accogliere sempre nuovi sfide e promuovere

innovazione e cambiamento per migliorare la qualità dei prodotti. L’incontro tra tradizione e

innovazione, lo sguardo fiero dei soci che accettano la sfida dell’innovazione e si aprono al

futuro, mantenendo saldamente il legame con la propria terra e con il proprio passato. Il

133

nuovo prodotto dovrà esprimere questi valori ed esservi fedele, riuscendo a manifestare la

propria personalità e il proprio carattere attraverso le caratteristiche tangibili e intangibili che

lo contraddistinguono. Fondamentale, in tal senso, il ruolo del packaging e dell’etichetta, che

accanto alle caratteristiche tecniche del vino e ai servizi annessi costituiscono il prodotto

“ampliato” oggetto delle attività di marketing operativo da realizzare per un efficace

posizionamento. Particolare attenzione, dunque, dovrà essere posta verso il packaging,

l’etichetta e l’esposizione del prodotto, da progettare in maniera unitaria e coerente quali

elementi estetici che guideranno il comportamento d’acquisto del vino.

Accanto alla primaria funzione tecnica della bottiglia, come di tutto il packaging, ovvero

quella di confezionare e conservare il vino nel miglior modo possibile, occorrerà operare

scelte che riflettano la strategia di marketing prescelta per il prodotto. In particolare,

l’etichetta dovrà riflettere lo stile distintivo del nuovo prodotto, assolvendo non solo alla

fondamentale funzione informativa secondo l’apposita normativa, ma comunicando

attraverso forma, colori e qualità del supporto un’immagine coerente con il posizionamento

prescelto e con il mercato cui si rivolge.

Particolare attenzione dovrà essere posta anche alle scelte relative al branding, ovvero alla

marca con cui commercializzare il nuovo prodotto rispetto a quelle già esistenti ovvero alla

marca aziendale (corporate brand). Dato il discreto successo riscosso negli ultimi anni dalla

linea top della Cooperativa (Janare) e considerati gli investimenti in marketing e

comunicazione realizzati per accrescere la brand awareness e migliorare la brand image

dell’intera linea, sembrerebbe opportuno utilizzare proprio questo brand (il più consolidato

nel portafoglio prodotti aziendale) per introdurre il nuovo prodotto, operando un’estensione

di marca che, tuttavia, dovrebbe caratterizzarsi per la combinazione di vecchi e nuovi

elementi (con un naming specifico che richiami le caratteristiche uniche e distintive del

nuovo prodotto) in un’architettura di marca idonea ad evitare cannibalizzazioni.

134

Prezzo

Come è facile immaginare, il prezzo di vendita del nuovo prodotto dovrà essere definito in

funzione del posizionamento desiderato, del mercato target e dei prodotti concorrenti. Date le

caratteristiche specifiche del prodotto, particolare attenzione dovrà essere posta per

identificare il prezzo psicologico che i clienti target sono disposti a pagare, considerando che

essi interpretano il prezzo nel quadro di una forbice di accettabilità, che sistematicamente

vede associare un prezzo elevato ad un simbolo di qualità. Ferma restando la necessità di

considerare, accanto alla domanda e alla concorrenza, il prezzo di costo quale variabile

essenziale nella determinazione del prezzo, alcune indicazioni sono utili a identificare le

componenti essenziali del prezzo psicologico, che assumono centrale rilevanza nelle

decisioni d’acquisto dei clienti target.

Sebbene il prezzo sia strettamente connesso al canale di distribuzione, il prezzo tondo

(ovvero a cifre intere) è generamente associato ad un’immagine di cattiva qualità o, al

contrario, a quella di un prodotto troppo caro, secondo un meccanismo sostanzialmente

inconscio che porta automaticamente a non valorizzare il prodotto.

Ad ogni modo, la strategia di pricing da preferire per il lancio del nuovo prodotto dovrebbe

essere tesa a “scremare” il mercato, attraverso l’applicazione di un prezzo inizialmente

elevato, riservato ai clienti che percepiscono il valore del nuovo prodotto, frutto di un

processo di innovazione adeguatamente comunicato. Ciò non esclude la possibilità di

procedere successivamente a progressive riduzioni, sia per rendere accessibile il prodotto a

fasce più ampie di consumatori, sia per evitare che lo sviluppo del mercato sia guidato da

imprese potenziali “imitatrici” che si presentano con prezzi più contenuti.

Nel caso del vino-spumante oggetto di sperimentazione, la scelta di una strategia di

scrematura del mercato – da applicare a margine di un’attenta analisi dei costi – troverebbe

135

giustificazione nel contenuto fortemente innovativo del prodotto e nei connessi elementi di

differenziazione di difficile imitabilità nel breve periodo.

Promozione (Comunicazione)

Dato l’elevato valore attribuito dal cliente target agli elementi che meglio esprimono l’unicità

e l’irripetibilità di un vino-spumante prodotto con particolari uve coltivate in un’area

specifica, appare indispensabile identificare e adoperare un mix di strumenti che, in maniera

sinergica e coerente, riescano a comunicare tali elementi. In tale direzione, assumono

particolare rilievo la promozione di attività di valorizzazione del territorio, nonché

l’organizzazione di visite in cantina ed eventi che consentano al cliente di entrare in contatto

diretto con il prodotto. Al fine di stimolare contestualmente la percezione cognitiva ed

emozionale del prodotto, si rende opportuno sviluppare una strategia di comunicazione che

agisca su svariati mezzi di comunicazione, attraverso cui veicolare un messaggio chiaro e

coerente. Tale messaggio, oltre ad informare il cliente sui benefici di un prodotto così

indissolubilmente legato al territorio di origine, dovrà essere in grado di stimolarne la

curiosità attraverso associazioni sempre nuove tra il mondo del vino e i diversi aspetti della

vita dell’individuo.

Il mix comunicazionale da utilizzare per il lancio del nuovo prodotto non dovrebbe in ogni

caso trascurare gli strumenti tradizionali, in primis le inserzioni su guide o riviste

specializzate, senza sottovalutare le opportunità offerte dalla presenza su alcuni canali

televisivi tematici, generalmente più accessibili rispetto alla pubblicità sui più noti mezzi

nazionali. Le indicazioni emerse dall’analisi, inoltre, confermano solo in parte l’efficacia e le

potenzialità di Internet e dei diversi strumenti del marketing online per raggiungere il mercato

target in maniera interattiva e dinamica. Emerge con forza, come si è anticipato, la necessità

di comunicare il vino-spumante esaltandone l’aspetto conviviale e relazionale, possibilmente

136

nel contesto territoriale d’origine, affiancando agli eventi indoor (da svolgere all’interno della

cantina) una di serie attività outdoor, finalizzate non solo a far conoscere il nuovo prodotto

ma anche a promuovere e migliorare la reputazione dell’area territoriale in cui esso affonda le

proprie radici.

Place (Distribuzione)

Affinché la strategia di comunicazione da pianificare e implementare per il lancio del nuovo

prodotto si riveli efficace, tuttavia, è indispensabile che essa sia opportunamente mirata verso

il target di riferimento e, soprattutto, che sia coerente con le decisioni relative alle altre leve

del marketing mix. Nello specifico, per la distribuzione del nuovo prodotto dovrebbero essere

preferiti canali specializzati, con una forte attenzione alla dimensione del servizio.

L’obiettivo dell’azienda, infatti, dovrà essere quello di offrire al cliente non un semplice

prodotto ma una vera e propria esperienza, affiancando all’offerta enologica quella

gastronomica nell’ambito di speciali eventi di degustazione e garantendo costantemente la

presenza di personale competente e informato.

137

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