Rassegna stampa 23 luglio 2013

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Contact Center 800.90.10.10 - www.unar.it Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI RASSEGNA STAMPA MONITORAGGIO E APPROFONDIMENTO DEI FENOMENI DISCRIMINATORI NEI MEDIA E SUL WEB Anno IV - Roma,23 Luglio 2013 A cura di Fernando FRACASSI Resp. Comunicazione Contact Center Collaborazione Monica D’Arcangelis, Alessandro Tudino

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ

UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI

RASSEGNA STAMPA MONITORAGGIO E APPROFONDIMENTO

DEI FENOMENI DISCRIMINATORI NEI MEDIA E SUL WEB

Anno IV - Roma,23 Luglio 2013

A cura di

Fernando FRACASSI Resp. Comunicazione

Contact Center

Collaborazione

Monica D’Arcangelis,

Alessandro Tudino

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 23/07/2013

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Volantino di Turenci contro il Ministro

Kyenge affisso per le strade a Cortona

Alcuni turisti lo notano e fanno segnalazione

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'Kyenge Vattene'. E' titolato cosi' un volantino affisso in alcune strade di Cortona e firmato

da Mauro Turenci, ex esponente del Msi, poi di An e, successivamente di alcune liste

civiche, conosciuto nella cittadina ma, ormai, come dice il sindaco Andrea Vignini (Pd),

fuori dalla politica. Vignini prende le distanze dopo le proteste di alcuni turisti e cittadini su

fb, ricordando che da 15 anni non e' piu' stato eletto, ''evidentemente e giustamente le sue

parole e i suoi scritti lo squalificano agli occhi dei cittadini cortonesi e al loro senso di

civilta''', aggiunge il sindaco. ''La nostra pazienza e' finita'' si legge nel volantino dove

Turenci scrive anche che ''gli italiani piu' tolleranti desiderano che se ne vada al piu' presto,

i meno comprensivi vorrebbero imbarcarla su un gommone con una tanica d'acqua e un

cesto di banane affinche' possa lasciare il nostro Paese come c'e' entrata''. Il volantino

continua con una serie di offese e di inviti a lasciare l'Italia. Su fb molti i commenti e le

critiche all'ennesima iniziativa razzista.

(fonte http://www.arezzooggi.net)

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“Roberto Calderoli è un orango”

Manes Bernardini, capogruppo leghista a Bologna, si arrabbia per una

foto di Sel

La Lega nord esige immediate dimissioni dei quattro consiglieri comunali di Sel a Bologna

dopo aver visto comparire sulla porta dell’ufficio del gruppo vendoliano a Palazzo

D’Accursio una immagine in cui una ragazza di colore si rivolge ad un piccolo orango

dall’espressione imbronciata e gli dice, sorridendo: “Dai, scherzavo quando ti chi ho

chiamato Calderoli”. La cosa e’ piaciuta pochissimo al Carroccio: “Si da’ della scimmia a

Calderoli”.

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Manes Bernardini @manesbernardini

SEL razzismo al contrario. Affisso alla porta dell'ufficio del

gruppo consigliare di Bologna l'orango Calderoli.

pic.twitter.com/a0mikqqXLt

ROBERTO CALDEROLI E’ UN ORANGO - Il capogruppo leghista in Comune e

consigliere regionale, Manes Bernardini, ha quindi diffuso la foto con l’immagine indigesta

e insieme la richiesta di dimissioni dei vendoliani. “Un gravissimo episodio di razzismo al

contrario che fa il paio col caso Garbin e dimostra come i ‘puritani’ di Sel siano in realta’ i

piu’ intolleranti della piazza politica. Il loro e’ autentico razzismo al contrario” accusa

Bernardini e annuncia: “Chiederemo oggi in Consiglio comunale le dimissioni in tronco dei

rappresentanti di Sel. E’ una vergogna che siedano ancora tra questi banchi”. La dose viene

ancora rincarata: “Siamo indignati dal doppiopesismo sinistrorso, dalla loro morale a senso

unico e dal livello di intolleranza e xenofobia dimostrati dai vendoliani nei confronti degli

avversari politici. Chiediamo al Pd e ai vertici nazionali di Sel- dice infine Bernardini- di

prendere immediatamente le distanze da questo inqualificabile gesto e di espellere, come

fatto con Garbin, i quattro consiglieri, cosi’ da azzerare la presenza del partito tra i banchi

consiliari” (Dire)

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KYENGE. CALDEROLI-ORANGO, RAINIERI

(LEGA): SCUSE SEL NON BASTANO

"IL CENTROSINISTRA LA SMETTA CON

INSULTI E PAGLIACCIATE"

Bologna - "Sel ha superato il limite della decenza. Le scuse e i cori di indignazione non

bastano piu'. Serve che tutto il centrosinistra metta la parola fine agli insulti e alle

pagliacciate. C'e' bisogno di lavorare, non di fare cinema. La presidente Boldrini e Vendola

dicano basta alle sceneggiate puerili e alle bambinate a cui alcuni esponenti del loro partito

ci stanno tristemente abituando. E si inizi a parlare di cose serie". Lo dice il segretario della

Lega Nord Emilia Fabio Rainieri, intervenendo nella polemica divampata dopo che Sel, in

Comune a Bologna, ha affisso manifesti fuori dai suoi uffici raffiguranti una giovane di

colore che, rivolgendosi a una scimmia, le dice: "Dai, scherzavo quando ti ho chiamato

Calderoli".

La misura "e' colma- protesta Rainieri in una nota- da settimane fioccano insulti e

strumentalizzazioni contro la Lega che -puntualmente- si sono ritorti contro il

centrosinistra, ora schiacciato dagli errori imputati ad altri. Prima il caso Garbin, ora il

razzismo al contrario dei consiglieri comunali vendoliani di Bologna. Evidentemente molti

esponenti di Sel sono 'recidivi'. E' responsabilita' di Boldrini e Vendola fermare questo

'gioco al massacro' che sta solo danneggiando il Paese. Gli insulti non sono certo il modo

per rilanciare l'economia, esanime, di questo Paese. I vendoliani pensino a lavorare

piuttosto che a offendere, 'mestiere' in cui hanno gia' dimostrato di eccellere".(DIRE)

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Razzismo: Toscana parte civile in caso

reati

Approvato atto da Giunta regionale, anche per apologia fascismo

FIRENZE, La Regione Toscana potra' costituirsi parte civile nei confronti di reati di

apologia di fascismo e in casi di razzismo che avvengano sul territorio regionale. E' quanto

deciso oggi dalla Giunta regionale approvando un apposito atto. Il provvedimento

contiene specifiche indicazioni e indirizzi per l'avvocatura regionale.

Secondo quanto spiegato dal presidente della Regione Enrico Rossi ''porre argini contro

l'ideologia razzista e fascista e' un compito fondamentale istituzioni insieme alla societa'

civile piu' sensibile''.(ANSA).

Calcio ad un mendicante: un consigliere

accusa il sindaco di Sanremo

SANREMO- L’ex coordinatore provinciale del Pd

contro il sindaco per un calcio nei confronti di un

mendicante, avvenuto in pieno centro. Leandro

Faraldi denuncia su Facebook: «Ti ho visto tirare un

calcio a quel poveraccio ho solo il rammarico di non

essere stato pronto ad attaccarti al muro!». È stato

l’esponente del Pd Alfredo Schiavi a rivelare, sempre

sul social network, che il «protagonista» era appunto Maurizio Zoccarato: «Sanremo è

diventata la città dei calci».

Il sindaco «sceriffo» (Pdl), che ha fatto della battaglia ai venditori delle false griffe il suo

cavallo di battaglia e che, al suo insediamento, aveva firmato un pacchetto di ordinanze per

il decoro della città (niente torso nudo, no alla sosta e al consumo di cibi e bevande su

panchine, come pure ai bordi delle fontane), nega di aver colpito il giovane: «Non ho tirato

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calci a nessuno: ho soltanto indicato con il piede il cartone che uno zingaro stava lasciando

per strada, dopo che i vigili gli avevano detto di andarsene».

E accusa Faraldi di strumentalizzare la vicenda a fini politici. Pronta la replica: «E’ stato un

gesto da vero maleducato che ho visto benissimo, in via Matteotti, e come me anche mio

figlio quindicenne - dice Faraldi - Stavo spiegandogli che, con la crisi che stiamo

attraversando, in un attimo ci si può ritrovare seduti su un marciapiedi, quando il sindaco

ha sferrato un calcio sul fondoschiena di un ragazzo che stava facendo l’elemosina.

Zoccarato, quando mi ha visto, è arrossito ed è subito andato via». L’esponente della

minoranza, di professione medico, precisa che non si è trattato di un gesto violento, ma di

un’«azione simbolica molto pesante». Non ha denunciato il caso alle autorità competenti,

ma non esclude di sollevare il caso nel prossimo Consiglio comunale.

Il primo cittadino prende al balzo l’occasione per ribadire la sua tolleranza zero nei

confronti degli abusivi: «Si trattava di uno zingaro, e io non ne voglio vedere neppure uno

a Sanremo. Sono dalla parte di chi paga le tasse, e se qualcuno vuole difendere i delinquenti

non lo faccia in questa città. Gli zingari, ma anche i mendicanti, infastidiscono i turisti e i

negozianti: dovremo trovare il modo per farli andare via tutti». Conclude Faraldi: «Speravo

che Zoccarato ammettesse di avere avuto un gesto d’ira o stress, seppure non giustificato.

Ora che ha anche negato tutto, ha minato definitivamente i nostri rapporti personali, e non

quelli politici: non intendevo strumentalizzare nulla».

(fonte http://lastampa.it)

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Magi alla Ministra Kyenge: “garantiamo ai

bambini stranieri il diritto allo sport”

Stefania Magi ha partecipato, ieri a Roma, all’incontro tra la Ministra Cecile Kyenge e il

Network Le Città del dialogo. Erano presenti il Coordinatore nazionale Franco Corradini e

Youssif Salm, assessore del comune di Novellara in provincia di Reggio Emilia. Due i temi:

l’accesso allo sport dei bambini stranieri e il ruolo dei Comuni nel Piano nazionale

antirazzismo. Sul primo il Comune di Arezzo si era già fatto promotore di un incontro

nazionale in palazzo comunale nel dicembre scorso con enti locali, federazioni sportive,

comunità straniere

“L’ingresso nel mondo dello sport – ha ricordato l’assessora all’integrazione – è il primo scoglio che

rende evidente la diversità dai loro coetanei già ad 11 anni, quando restano in panchina per la

difficoltà di tesseramento. Le Città del dialogo hanno iniziato a lavorare mettendo intorno ad un

tavolo tutti gli stakeholder registrando sia i problemi che le disponibilità. Le federazioni sportive

hanno le loro ragioni a porre limiti al tesseramento, soprattutto per prevenire la “tratta” dei

giovani calciatori. Poi ci sono aspetti economici più discutibili e il solito eccesso di burocrazia

inutile. La FIGC ha recentemente recepito alcune proposte, semplificando in parte le norme per il

tesseramento dei giovani stranieri”.

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Stefania Magi ha quindi messo a disposizione del Ministero il tavolo di lavoro costruito

dalle città del dialogo con UNAR, UISP, CONI, federazioni sportive, Sport alla rovescia,

per lavorare su proposte tese a garantire l’accesso allo sport.

“Il valore di questo tavolo – ha ricordato l’assessora all’integrazione del Comune di Arezzo – è il

coinvolgimento di molti stakeholder, compresi quelli che hanno le leve decisionali. Proposte che

dovranno ovviamente essere formulate nel contesto complesso di norme UEFA e Coni”.

Quanto al Piano nazionale antirazzismo, il Network delle città del dialogo ha

sottoposto alla Ministra Kyenge cinque punti: semplificazione burocratica, diritto allo

studio e alla formazione, accesso allo sport, formazione dei dipendenti pubblici e in modo

particolare degli addetti alla sicurezza, nuova strategia di comunicazione che faccia leva sul

valore delle società multietniche.

“Su questi temi – ha concluso Stefania Magi – è possibile un’azione condivisa di Stato e Comuni.

Fondamentale è la semplificazione burocratica: diritto di ognin cittadino e, in modo particolare, di

coloro che per lingua e cultura hanno maggiori difficoltà. La scuola rimane la chiave di volta per

costruire una vera società multietnica e multiculturale: da qui la si inizia a costruire. Quanto allo

sport, non bastano gli striscioni antirazzisti negli stadi ma è importante garantire ai bambini

stranieri il diritto di svolgere pienamente un’attività sportiva”.

(fonte http://www.arezzonotizie.it)

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Il consiglio comunale di Verona sceglie

l'omofobia e il razzismo

Bocciato l'ordine del giorno che chiedeva l'abolizione di una vecchia

mozione che definisce l'omosessualità "contro natura". La

maggioranza lascia l'aula quando si vota in sostegno di Cecile Kyenge

Il Consiglio Comunale di Verona ha bocciato l'Ordine del Giorno presentato da Mauro De

Robertis consigliere del Psi, con l'intento di revocare la mozione n.336 del 1995 con la

quale il Comune guidato dal leghista Flavio Tosi «s’impegna a non deliberare

provvedimenti che tendano a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle

famiglie “naturali” costituite da un uomo e una donna» e in cui si afferma che

«l’omosessualità contraddice la stessa legge naturale e l’applicazione della succitata

risoluzione avrebbe effetti fortemente negativi sulla formazione psicologica ed umana dei

giovani».

«Fanno riflettere in merito - fa notare il radicale Mattia del Re - non tanto le dichiarazioni

del noto fondamentalista religioso Alberto Zelger e dell’esponente dell’estrema destra

veronese Vittorio Di Dio, quanto quelle della moderata Donatella Bovo, eletta nella lista

civica che appoggiava Tosi Sindaco che ha dichiarato di non poter votare a favore

dell’ordine del giorno in quanto il documento riporta un passaggio sulle adozioni

omosessuali, che lei, da mamma, non può accettare perché dannose per la salute psichica

dei bambini". Un posizione chiaramente omofoba, secondo Del Re che la ritiene "dovuta

probabilmente a ignoranza in materia di psicopatologia infantile (a volte essere mamme

non basta)».

Ma la bocciatura della mozione De Robertis non è l'unica nota negativa dell'ultima seduta

del consiglio comunale di Verona che ha visto la maggioranza abbandonare l'aula quando

al voto c'era un'altra mozione, quella a sostegno della Ministra Kyenge, troppe volte

vittima di xenofobia. In una sola seduta, dunque, i consiglieri veronesi hanno scelto di non

schierarsi né contro l'omofobia né contro il razzismo.

(fonte http://www.gay.it)

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OMOFOBIA: ASS. LGBT A BOLDRINI,

GARANTISCA RISPETTO TEMPI DI

DISCUSSIONE

'ORA LEGGE CHE INDIVIDUI E PUNISCA

CRIMINI ODIO PER ORIENTAMENTO

SESSUALE'

Roma, 22 lug. (Adnkronos) - "Rispetto dei tempi previsti per l'iter della proposta di legge

e sventare ogni tentativo di rinvio, su un tema che e' ben conosciuto dai gruppi politici, che

da alcune legislature discutono senza approdare a un risultato concreto". Lo chiedono in

una lettera inviata alla presidente della Camera Laura Boldrini e per conoscenza ai

Capogruppo, una lettera dove si chiede il le associazioni nazionali lgbt (Agedo, Arcigay,

ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Famiglie Arcobaleno, Equality Italia, Mit -

Movimento Identita' Transessuale), mentre in Commissione Giustizia della Camera e'

iniziata la maratona per discutere e votare i quattrocento emendamenti sul testo base che

estenderebbe la legge Mancino per i reati commessi contro le persone omosessuali e

transessuali.

Le associazioni ribadiscono nella lettera la necessita' di un provvedimento chiaro ed

efficace, ''una legge che individui e punisca adeguatamente i crimini d'odio dovuti

all'orientamento sessuale o all'identita' di genere della vittima. Da anni il movimento Lgbt

in Italia chiede a gran voce che le persone gay, lesbiche e trans siano integralmente coperte

in questo senso dalla legge Mancino. Ai reati compiuti per razzismo, xenofobia, odio

religioso si devono aggiungere a pari livello i reati compiuti per omofobia e transfobia''.

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Omofobia/Circoli M.Mieli contro

Scalfarotto: Complice norma vuota

Pronta iniziativa presso i deputati 'diritti non in vendita'

Roma - "L`emendamento dei relatori Ivan Scalfarotto e Antonio Leone alla proposta di

legge su omofobia e transfobia svuota ulteriormente di senso la norma e la rende del tutto

inutile, eliminando le aggravanti previste invece per le altre fattispecie discriminatorie come

razzismo e religione. Un arretramento inaccettabile che di fatto cede ai ricatti della destra:

si rischia di approvare una legge-spot, che guarda solo agli equilibri della maggioranza di

Governo e lascia prive di protezione le persone gay, lesbiche, bisessuali e trans". I Circoli

Mario Mieli denunciano con forza le modifiche alla legge contro l'omofobia e annunciano

per "le prossime ore il lancio della campagna "I miei diritti non sono in vendita" rivolta a

tutti i deputati in cui chiameremo tutta la società civile a reagire con forza e indignazione".

"Siamo profondamente delusi e arrabbiati della piega surreale che ha preso il dibattito nelle

ultime ore. Il Partito Democratico e Sel alla Camera - hanno scritto in una nota- hanno una

maggioranza numerica solida e devono dimostrare di saper tener fede ai loro impegni

approvando l`integrale e completa estensione della legge Mancino ad orientamento

sessuale e identità di genere, con un testo efficace, completo e applicabile. Altrimenti li

considereremo complici degli omofobi e potremo dichiarare ufficialmente il voto a questo

centro-sinistra un voto inutile e un voto truffa" -attacca Andrea Maccarrone, presidente dl

Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli - "I nostri diritti e la nostra dignità non sono

in vendita. Vogliamo dirlo in particolare al relatore democratico Scalfarotto, da cui ci

aspettavamo una maggiore capacità di tenere alta la barra e il livello della legge,

dimostrando di resistere alle pesanti pressioni al ribasso. La sua credibilità nella difesa dei

diritti civili a questo punto è al lumicino" (TMNews)

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Omofobia: Cattoi, da Campidoglio

impegno per lotta a discriminazione

Roma - ''Dopo anni e anni passati a discutere, ci auguriamo che anche l'Italia possa

finalmente introdurre una legge contro l'omofobia e la transfobia, allineandosi cosi' alla

maggioranza dei Paesi europei. Una decisione che non e' piu' rinviabile''. Cosi' in una nota

l'assessore alla Scuola, Infanzia, Giovani e Pari Opportunita' di Roma Capitale, Alessandra

Cattoi, ricordando che ''Roma e' stata negli ultimi anni troppe volte ferita da gesti di

violenza e discriminazione. La politica e le istituzioni hanno l'obbligo di prendere impegni

precisi per l'inserimento di una norma di civilta', che da un lato punisca chi si macchia di

violenza, e dall'altra punti alla prevenzione per il rispetto di diritti fondamentali''. ''Come

Roma Capitale - conclude Cattoi - il nostro impegno sara' di promuovere progetti di

sensibilizzazione all'interno di tutte le scuole medie e superiori contro qualsiasi forma di

discriminazione''. (ASCA)

NASCE LIBERA RUGBY CLUB, LA PRIMA

SQUADRA ITALIANA DI RUGBY COMPOSTA DA

ATLETI DICHIARATAMENTE GAY

CONFERENZA STAMPA

Lo sport combatte la discriminazione

MERCOLEDI’ 24 LUGLIO

ORE 12,00

PALAZZO DELLE FEDERAZIONI DEL CONI

SALA CONSIGLIO

VIALE TIZIANO, 74 - ROMA

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Intervengono

on. Bruno MOLEA, Presidente nazionale Aics Associazione Italiana Cultura Sport

Ciro TURCO, Responsabile nazionale Sport Aics

Andrea CIMBRICO, Media Manager FIR - Federazione Italiana Rugby

Adriano BARTOLUCCI PROIETTI, Coord. Nazionale Gaycs Dipartimento LGBT Aics

Stefano IEZZI, Presidente “Libera Rugby Club”

Massimiliano ALARI, Vice Presidente “Libera Rugby Club”

E’ nata Libera Rugby Club il primo club di rugby italiano composto prevalentemente da

atleti gay. Libera Rugby Club (federata Gaycs), infatti, è la prima associazione sportiva

dilettantistica che promuove la diffusione del gioco del rugby nella comunità LGBT,

fornendo un ambiente sociale e sportivo dove tutti si sentono accettati e rispettati

indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Un’esperienza inedita per il nostro

Paese ma che prende le mosse da analoghe iniziative già attive all’estero. L’idea nasce infatti

dalla passione e dalla tenacia di chi questo sport lo pratica già da tempo, come il presidente

Stefano Iezzi, anche oltre i confini nazionali.

“I tempi erano maturi per lanciare Libera Rugby Club – racconta Iezzi – considerando

che nel mondo squadre come la nostra possono già contare su un folto numero di seguaci e

sostenitori. Si pensi che attualmente solo negli Stati Uniti sono presenti 23 club, mentre in

Europa se ne contano ben 22. Tante importanti realtà sportive che contribuiscono con la

loro visibilità a combattere l’omofobia e gli episodi di discriminazione basati

sull’orientamento sessuale”.

L’appartenenza di Libera Rugby Club a Gaycs, dipartimento LGBT di Aics – Associazione

Italiana Cultura Sport, garantisce il giusto supporto per le attività di promozione di questa

disciplina sportiva all’interno della comunità LGBT grazie alla rete territoriale che conta

oltre 120 sedi operative con 9.600 associazioni affiliate e oltre 800.000 soci. Un impegno

che ha già prodotto rilevanti risultati nel mondo del calcio con il torneo nazionale A5 “Un

calcio all’omofobia” giunto alla sua seconda edizione.

Il presidente nazionale dell’Aics, on.Bruno Molea, promotore della Commissione

interparlamentare sullo sport e del Forum Sport di Cittadinanza segue con attenzione

l’importante lavoro che il dipartimento LGBT svolge da due anni all’interno ed all’esterno

dell’ente, contributo che ha consentito di sensibilizzare la vasta rete territoriale sui temi

dell’inclusione nella pratica dello sport. “Attraverso una politica di maggiore apertura verso

i diritti LGBT il mondo dello sport può offrire un supporto fondamentale al miglioramento

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della qualità della vita per le generazioni presenti e per quelle future” – ha sottolineato

Molea. La presenza poi, al fianco di questa iniziativa, della Federazione Italiana Rugby (a

cui Libera Rugby Club si accinge ad aderire) attraverso il suo presidente Alfredo Gavazzi ha

un significato molto speciale perché sottolinea l’impegno del Coni sul fronte della tutela dei

diritti LGBT anche nel mondo dello sport. Impegno finalizzato innanzitutto al

superamento di quei pregiudizi che ancora coinvolgono quegli atleti LGBT che non

riescono a dichiararsi pubblicamente.

(Fonte http://www.digayproject.org)

Illegittima la discriminazione degli

stranieri nella fruizione di prestazioni

sociali regionali, ma se queste non

attengono a diritti e bisogni fondamentali

della persona non sono irragionevoli

requisiti di anzianità di residenza sul

territorio regionale

Sentenza Corte Cost. n. 222 del 16/07/2013 sulla legislazione del FVG.

Corte Costituzionale, sentenza n. 222 del 16/07/2013

(http://www.asgi.it/public/parser_download/save/corte_cost_222_2013.pdf)

Con la sentenza n. 222 depositata il 16 luglio scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato

l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, dell’art. 8 comma 2 e dell’art. 9 della legge regionale

del FVG 30 novembre 2011, n. 16 per contrasto con l’art. 3 della Costituzione (principio

costituzionale di uguaglianza), ma ha dichiarato nel contempo non fondate le questioni di

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legittimità costituzionale poste dal ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei

confronti degli articoli 3, 5, 6 comma 1, e 7 della medesima legge regionale.

La Corte Costituzionale ha innanzitutto dichiarato incostituzionale la disparità di

trattamento introdotta nella normativa regionale del FVG per cui per i cittadini di Paesi

terzi non membri dell’UE residenti nel FVG non lungo soggiornanti, nè rifugiati o titolari

della protezione sussidiaria, veniva previsto un requisito aggiuntivo di anzianità di residenza

di cinque anni nel territorio nazionale al fine della fruizione di prestazioni di welfare relative

al contrasto alla povertà, al sostegno del reddito familiare e al diritto sociale all’abitazione,

mentre per i cittadini italiani e di altri Paesi membri UE e loro familiari, nonchè per

lungosoggiornanti e rifugiati, veniva previsto unicamente un requisito di anzianità di

residenza biennale sul territorio regionale.

Al riguardo, il giudice delle leggi afferma l’illegittimità della disparità di trattamento in

quanto la distinzione fondata sulla cittadinanza e sull’ anzianità di residenza sul territorio

nazionale non ha una correlazione logica con le finalità degli istituti di protezione sociale,

rivolte a porre rimedio alle situazioni di bisogno e di disagio riferimenti alla persona in

quanto tale, con questo rivelandosi criteri arbitrari ed intrinsecamente discriminatori.

Ugualmente, nel giudizio della Corte, il nesso sufficiente tra il cittadino straniero e la

comunità ove risiede, appare assicurato già dalla titolarità di un permesso di soggiorno

della durata di almeno un anno, previsto dall’art. 41 del T.U. immigrazione, quale

condizione per esercitare il diritto alla parità di trattamento in materia di fruizione delle

prestazioni di assistenza sociale. La Corte costituzionale, qui, implicitamente sembra offrire

un criterio interpretativo dell’art. 41 T.U. diverso da quello strettamente letterale, per cui la

norma non esigerebbe un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno,

riconducibile, nelle attuali norme sull’immigrazione, allo svolgimento di un’attività

lavorativa con contratto a tempo indeterminato o determinato della durata almeno annuale,

ovvero ad uno stato di disoccupazione consentito dall’art. 22 c. 11 del d.lgs. n. 286/98, ma

identificherebbe una soglia minima di pregressa durata legale della permanenza in Italia. In

tale modo, la Corte sembra schivare possibili rilievi di illegittimità costituzionale della

previsione normativa, che se interpretata letteralmente, potrebbe condurre a situazioni di

manifesta irragionevolezza, rendendolo non idonea a riflettere quel criterio di sufficiente

radicamento e nesso con la comunità nazionale, identificato dalla Corte Costituzionale a

partire dalla sentenza n. 306/2008. Pensiamo ad esempio al caso di un cittadino di Paese

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terzo appena entrato in Italia con un contratto a tempo determinato della durata di un

anno, che quindi potrebbe vantare il principio di parità di trattamento di cui all’art. 41 del

T.U., negato invece ad un cittadino straniero che, sebbene già presente in Italia da diversi

anni, potrebbe trovarsi temporaneamente occupato con un contratto a tempo determinato

della durata di soli sei mesi, e conseguentemente essere in possesso di un permesso di

soggiorno di pari durata. Sotto il profilo del radicamento e nesso con la società nazionale,

sarebbe difficile da sostenere che il primo presenti migliori standard rispetto al secondo.

Il passaggio della sentenza della Corte Costituzionale, pertanto, dovrebbe spingere

ulteriormente il legislatore a porre mano con urgenza alla delicata questione del

coordinamento tra l’art. 41 del T.U. immigrazione e le norme in materia di durata dei

permessi di soggiorno, che ha perso di razionalità e coerenza dopo le note modifiche

introdotte dalla legge “Bossi-Fini” che ha eccessivamente legato la durata del permesso di

soggiorno alla durata del contratto di lavoro.

L’occasione potrebbe offerta dalla normativa di attuazione della direttiva europea n.

2011/98 i cui termini scadono il prossimo 25 dicembre 2013. Tale direttiva, infatti, estende

anche ai lavoratori di Paesi terzi che soggiornano in uno Stato membro a fini lavorativi il

principio di parità di trattamento nei settori della sicurezza sociale definiti dal regolamento

(CE) n. 883/2004, che comprende anche le ‘prestazioni familiari’ volte cioè a sostenere i

carichi familiari, nonchè le prestazioni di assistenza sociale c.d. “miste”, ovvero

assistenziali in quanto non finanziate da contributi previdenziali individuali, ma che

costituiscono diritti soggettivi ai sensi della legislazione vigente.

Riguardo alla valutazione della legittimità o meno del criterio dell’anzianità di residenza nel

territorio regionale, quale condizione di accesso alle prestazioni sociali regionali, la Corte

Costituzionale, con la sentenza n. 222/2013, fonda un’ambigua distinzione tra prestazioni

finalizzate intrinsecamente al soddisfacimento dei bisogni della persona - che non

ammettono distinzioni all’interno del ‘corpus’ dei residenti - e prestazioni sociali che

sarebbero invece destinate al sostegno dei membri della comunità regionale e per le quali

possono invece legittimarsi distinzioni volte a favorire coloro che hanno operato nella

comunità regionale per almeno un ragionevole lasso di tempo. Di conseguenza, i giudici

costituzionali hanno dichiarato illegittimo il requisito di anzianità di residenza biennale sul

territorio regionale con riguardo alle prestazioni sociali riservate ai ‘casi di indigenza’, per

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 23/07/2013

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l’evidente correlazione con il soddisfacimento di bisogni primari dell’individuo in quanto

tale, così come hanno dichiarato illegittimo il medesimo requisito con riferimento a

prestazioni collegate al ‘diritto allo studio’, avente per sua natura intrinseca una portata

‘universalistica’, in quanto legato ad un diritto umano fondamentale, e come tale spettante a

tutti. Al contrario, il giudice costituzionale ha ritenuto non irragionevole il medesimo

requisito di residenza riferito a prestazioni sociali volte a sostenere la famiglia, se eccedenti

i livelli essenziali che identificherebbero il nucleo intangibile dei diritti fondamentali della

persona, in quanto –seguendo le parole della Corte- in questi casi le prestazioni non

verrebbero incontro ad un bisogno primario dell’individuo, che non tollera distinzioni

correlate al radicamento territoriale, ma premierebbero il contributo offerto dalla famiglia,

quale formazione sociale, al progresso morale e materiale della comunità costruita su base

regionale.

La distinzione operata dalla Corte appare assai discutibile in quanto la funzione di istituti

quali un ‘assegno di natalità’ ovvero una ‘carta famiglia’ per il sostegno ai nuclei familiari a

basso reddito con figli minori a carico, appaiono obiettivamente legati a finalità sociali di

supporto dei carichi familiari e delle funzioni genitoriali, e dunque di redistribuzione del

reddito, nonchè a garantire un migliore benessere dei minori, funzioni e finalità per loro

natura universali. Inoltre, compito primario del welfare dovrebbe essere innanzitutto

quello di assicurare una migliore inclusione sociale ed una più equa redistribuzione del

reddito funzionale ad una politica di pari opportunità e coesione sociale, e non quello di

premiare il radicamento della famiglia sul territorio come valore in sè. Ugualmente, non si

vede regione logica sufficientemente fondata per ritenere aprioristicamente come

l’asserita funzione del contributo offerto dalla famiglia al progresso morale e materiale della

comunità costituita su base regionale, verrebbe meglio assicurata da nuclei familiari già da

tempo apprezzabile residenti sul territorio regionale piuttosto che da nuclei familiari neo

residenti, per cui –per usare le parole della Corte – solo i primi risulterebbero “parti vitali

della comunità”. Se un nucleo familiare od un individuo, per ragioni di lavoro e/o di

servizio, deve spostarsi frequentemente da una regione all’altra, così come anche sempre

più spesso richiedono le ragioni della moderna economia, solo per questo fatto questo

nucleo familiare o questa persona perde lo status di ‘parte vitale della comunità” e dunque

non diviene meritevole allo stesso livello di politiche di welfare e sostegno al reddito dei

soggetti con maggiore stanzialità?

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Appare inoltre di dubbia compatibilità tale conclusione della Corte Costituzionale con i

principi e le politiche dell’Unione europea volte invece ad incoraggiare la libera

circolazione dei lavoratori e l’integrazione dei mercati del lavoro soprattutto nelle regioni di

confine tra Stati membri, come il FVG appunto. Come più volte sostenuto dalla Corte di

Giustizia europea (da ultimo la sentenza del 20 giugno 2013, causa C-20/2012), anche la

previsione di un mero requisito di residenza ai fini dell’accesso a prestazioni sociali,

costituisce una evidente discriminazione vietata dal diritto dell’Unione europea nei

confronti dei lavoratori frontalieri. Per i giudici di Lussemburgo, infatti, l’esercizio di

attività lavorativa nel Paese membro e, conseguentemente, il contributo alle politiche

sociali di detto Stato, costituisce per il lavoratore dell'Unione, incluso quello frontaliero, un

nesso di per sè sufficiente con la comunità sociale di detto Stato per rivendicare il principio

di parità di trattamento ed il divieto di discriminazioni, anche indirette, in quanto fondate

sul criterio della reasidenza e/o dell'anzianità di residenza.

Anche la giustificazione addotta dalla Corte Costituzionale per sostenere la legittimità del

requisito di anzianità di residenza biennale nel territorio regionale con riguardo alle

prestazioni sociali legate al soddisfacimento del bisogno abitativo, non appare convincente.

Secondo la Corte – “l’accesso ad un bene di primaria importanza e a godimento

tendenzialmente duraturo, come l’abitazione, si colloca a conclusione del percorso di

integrazione della persona presso la comunità locale e, per altro verso, può richiedere

garanzie di stabilità, che nell’ambito dell’assegnazione di alloggi pubblici in locazione,

scongiurino avvicendamenti troppo ravvicinati tra conduttori, aggravando l’azione

amministrativa e riducendone l’efficacia”. Se il ragionamento della Corte, centrato su un

nesso di possibile – ma non dimostrata - correlazione tra sufficiente radicamento

territoriale del beneficiario e maggiore razionalità dell’azione amministrativa, può avere

qualche fondamento con riferimento a quegli interventi incidenti nel diritto sociale

all’abitazione aventi un carattere di lunga durata, quali le assegnazioni di alloggi in edilizia

residenziale pubblica ovvero l’accesso al credito agevolato, diverso invece appare il discorso

in relazione al fondo per il sostegno alle locazioni. Quest'ultimo, infatti, svolge invece

proprio una funzione immediata di supporto all’inclusione sociale attraverso l’aiuto

all’inserimento del soggetto debole nel mercato delle locazioni private. Peraltro, in questo

caso, il rischio di dispersione delle risorse a favore di soggetti che non siano dotati di un

livello sufficiente di stabilità appare già fugato dal fatto che il contributo viene assegnato

ex–post in relazione alle spese sostenute per la locazione abitativa nell’anno precedente a

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quello di emissione del bando. La ratio e funzione sociale della prestazione sociale

denominata “contributo affitto”, pertanto, avrebbe meritato un trattamento ed un giudizio

diverso sulla compatibilità del requisito di anzianità di residenza sul territorio regionale

rispetto ai principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, rispetto agli altri istituti

considerati come aventi un carattere ‘duraturo’ nel tempo. Sotto questo punto di vista,

appare maggiormente rigorosa l’ analisi compiuta dal giudice amministrativo della

Lombardia, con la sentenza n. 5988/2010. Questi, infatti, pur ritenendondo compatibile

con i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza e con i principi di libera

circolazione e di non discriminazione di cui al diritto UE, la norma della Regione

Lombardia che prescrive, ai fini dell’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il

requisito della residenza o dello svolgimento di attività lavorativa in Regione da almeno

cinque anni, pur sempre aveva affermato che il medesimo ragionamento non poteva valere

per il ‘contributo affitti’ ed istituti affini, che sebbene ugualmente inerenti al diritto sociale

all’abitazione, hanno caratteristiche, ratio e finalità diverse da doverli rendere accessibili a

tutti, senza distinguo correlati al diverso radicamento territoriale.

La sentenza della Corte Costituzionale appare dunque aprire alcune problematiche

meritevoli di ulteriori e più approfondite riflessioni sui rischi di una sempre maggiore

diffusione di un welfare locale e regionale sempre più arroccato su logiche

‘municipalistiche’ piuttosto che orientato ad esigenze ed obiettivi di effettiva inclusione e

coesione sociale.

(fonte www.asgi.it)

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Juventus, polemica sul ritiro.

“Disabili umiliati al Brunod. Sembrava di

stare in una gabbia”

I bianconeri hanno lasciato Châtillon. Intanto una mamma protesta per il trattamento

riservato agli handicappati: “Eravamo ghettizzati”

Il ritiro della Juventus in Valle d’Aosta è stata una festa per oltre 50 mila tifosi. Per alcuni di

loro lo è stata un po’ meno. Anzi: «Per noi è stata una situazione veramente umiliante». Lo

denuncia Annunziata Tripodi, che sabato pomeriggio ha accompagnato la figlia di 10 anni,

tifosa dei campioni d’Italia, all’allenamento al campo Brunod di Châtillon: una ragazzina

disabile, costretta a muoversi in carrozzella.

«Non vedeva l’ora di vedere tutti quei giocatori famosi, ci teneva a farlo e allora abbiamo

deciso di andare allo stadio. Ci hanno accompagnato nello spazio riservato ai diversamente

abili» racconta Tripodi. E lì la brutta sorpresa per chi sperava di mettere da parte per una

volta le difficoltà che è costretto a vivere ogni giorno: «Lo spazio per i disabili era di pochi

metri quadrati - dice Tripodi - e ci potevano stare tre o quattro persone con gli

accompagnatori, qualcuna di più non accompagnata. I ragazzi in carrozzina erano messi in

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due file da tre, e sembrava di essere in una gabbia, con una rete davanti, una accanto e una

transenna a dividerci dal resto della tribuna. Eravamo ghettizzati, non potevamo muoverci

in alcun modo e solo i tre disabili che riuscivano a stare in prima fila potevano vedere il

campo e l’allenamento dei giocatori». Anche la madrina del ritiro bianconero Cristina

Chiabotto, passando davanti alla tribuna, ha visto i disabili nello spazio a loro riservato, e

passando si è lasciata scappare una battuta: «Ci ha detto “sembrate carcerati”, l’ha messa sul

ridere anche se tra noi c’era un pizzico di disperazione», spiega Tripodi.

Oltre alla cocente delusione per i ragazzi in carrozzina e per i loro accompagnatori, Tripodi

parla di una questione di sicurezza: «Capisco che creare uno spazio per i disabili sia un

impegno - spiega - ma accatastarci lì, costringendo tutti a rimanere immobili, è stato

umiliante». Poco dopo, lampi e tuoni hanno annunciato qualche scroscio di pioggia: «Mia

figlia ha paura dei temporali - dice Tripodi - e abbiamo preferito andarcene, anche perché

se tutti i disabili presenti nella “gabbia” a loro riservata fossero dovuti uscire rapidamente

sarebbe stato un problema. Non ci si riusciva a muovere, era impossibile andare via tutti da

quello spazio in pochi minuti». Tripodi conclude: «Forse è andata bene perché i disabili non

erano tanti. Ma sono dovuti intervenire i carabinieri per aiutare un ragazzino a mettersi in

prima fila perché fino ad allora non aveva potuto vedere nulla dell’allenamento. Non so se

chi ha organizzato il ritiro temeva un’invasione di campo da parte di ragazzi in carrozzina e

ha voluto tenerli dietro a una rete metallica. Segnalerò la situazione alla Regione e a chi ha

organizzato il tutto. Speravo che da parte di una società grande come la Juve ci fosse più

attenzione e che i disabili potessero essere accolti meglio».

Il secondo ritiro valdostano della Juve si è concluso ieri con la partenza della squadra per

Reggio Emilia, subito dopo l’ultimo allenamento mattutino al Brunod. In Emilia la squadra

affronterà il Trofeo Tim, torneo contro Milan e la neopromossa Sassuolo; ieri mattina

Antonio Conte ne ha approfittato per fare gli ultimi esperimenti in vista delle prime

amichevoli di livello, schierando titolai contro riserve nell’ultima partitella del ritiro. In

Valle è tempo di bilanci: l’assessore regionale al Turismo e sport Aurelio Marguerettaz parla

di «soldi ben spesi» e di «un investimento in grado di portare un ritorno sul territorio in

tutta le Media Valle», oltre che a un «buon riscontro di immagine sui giornali e in tv». Il

sindaco di Châtillon Henri Calza è soddisfatto: «Ci rivolgiamo a un turismo fatto di famiglie

ed è lì che vogliamo puntare. Abbiamo avuto gli alberghi pieni, con i biglietti d’ingresso

riusciremo a coprire gran parte delle spese organizzative e anche i commercianti sono

rimasti molto soddisfatti».

(fonte http://lastampa.it)

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Posto invalidi occupato da rami tagliati:

Servizio Giardini in "divieto di sosta

ROMA - Servizio Giardini del comune di Roma in "divieto di sosta". E' quanto accade in

via Filippo Smaldone, a Centocelle.

L'assurda storia ha inizio venerdì mattina quando il Comune decide di intervenire per

effettuare una potatura degli alberi. Un intervento tanto urgente quanto scriteriato, visto

che gli operari del Servizio Giardini a fine lavori hanno pensato bene di abbandonare i rami

tagliati lungo il marciapiede, occupando persino i posti riservati al parcheggio per gli

invalidi.

A nulla sono valse le proteste e le segnalazioni ai vigili urbani, e al Servizio Giardini stesso,

dei titolari dei parcheggi per disabili. Come quelle della signora Maria Roncaccia, mamma di

Sofia, una ragazza di 14 anni costretta su una sedia a rotelle da una malattia genetica rara.

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«Vi scrivo perché non so più a chi rivolgermi - racconta la signora Roncaccia - Da ormai 5

giorni il nostro parcheggio è occupato dai rami abbandonati dagli operai del Servizio

Giardini. Eppure il cartello del parcheggio disabili è bello visibile, soprattutto ora che

hanno potato i rami. Ho chiamato i vigili urbani addetti alle rimozioni e loro mi hanno

detto che non è di loro competenza. Allora, su loro consiglio, ho chiamato la direzione del

Servizio Giardini e una signora mi ha dirottato su un altro numero al quale non mi

risponde nessuno. Insomma, una scariabarile continuo. Possibile che dobbiamo continuare

a essere amministrati da questa incompetenza?».

Dopo cinque giorni di inutili segnalazioni e proteste la signora Maria è costretta a far fare a

sua figlia Sofia, peraltro operata di recente, gimcane tra i rami e lunghi e tortuosi percorsi

tra il portone di casa e l'auto che purtoppo deve parcheggiare dove capita ma non sul posto

invalidi, regolarmente assegnatogli ma abusivamente occupato dal Servizio Giardini.

(http://www.ilmessaggero.it/)

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Scuola, il caso Sassari: “A rischio

trasporto e assistenza disabili”

E’ estate ma c’è si pensa al prossimo anno scolastico. “Se

la Regione non assegnerà le risorse necessarie per colmare

i debiti contratti negli anni passati e consentire la

programmazione del servizio di assistenza e di trasporto

agli alunni disabili che frequentano le scuole superiori della

provincia di Sassari, non sarà possibile neanche dare avvio

ai servizi richiesti dagli istituti e dalle famiglie”.

Così la Cisl Scuola raccoglie il grido d’allarme lanciato oggi dalla presidente della Provincia

di Sassari, Alessandra Giudici, e denuncia come la situazione sia “preoccupante” in tutta

l’Isola. “Dai dati esibiti e dalle successive verifiche effettuate nei diversi territori, risulta una

situazione realmente a rischio in tutta la Sardegna – spiega la segretaria generale di categoria

Maria Giovanna Oggiano – Tutte le Province sarde hanno subito un forte taglio di risorse

sia dalla Regione che dallo Stato, hanno perciò seria difficoltà, se non impossibilità, nel

garantire lo stesso livello di servizi, come finora erogato”. La Cisl, che ha annunciato

iniziative a sostegno della richiesta di ripristino delle risorse, chiede di “risolvere

immediatamente il problema per evitare di mettere ulteriormente in sofferenza chi già vive

una condizione di oggettiva difficoltà”

(fonte http://www.sardiniapost.it/)

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Le auto 'invadono' i marciapiedi "Non c’è

spazio per i disabili"

Modena - Modena non è una città per

disabili. «Ma nemmeno per mamme con i

bambini in passeggino, per ciclisti o

pedoni». La denuncia, dopo il caso di

Roberto Malagoli — il disabile multato

perché circolava sul suo veicolo macchina

per invalidi in strada invece che sul marciapiede, dove «tra buche, auto e bici parcheggiate

non posso transitare in sicurezza»—, arriva dal cittadino Franco Palazzi, residente in via

De’ Fogliani, che ogni mattina si sveglia e percorre a piedi i tre chilometri circa che lo

separano dal lavoro, al direzionale 70. Siamo andati con lui a scoprire il livello di inciviltà

dei parcheggiatori modenesi, e il metro non mente: lo spazio transitabile nei marciapiedi si

aggira intorno a una media di 50 centimetri, con minime di 30 e massime di 70 centimetri.

Ma, ricordiamolo, per il codice della strada deve restare libero almeno un metro di spazio

(articolo 157 comma 2).

Il percorso a ostacoli parte in via De’ Fogliani, e subito sulla destra giriamo in via Barbieri:

«Ora la scuola è chiusa (il retro delle Pascoli dà sulla strada), ma durante l’anno qui non si

passa. Il marciapiede è sempre occupato dalle auto, almeno per la metà», spiega Palazzi. Lui

vive nella zona da diversi anni e ci racconta come il problema esista da sempre: «Ora i miei

figli sono grandi, ma quando erano piccoli e andavamo in giro con il passeggino, era un

continuo salire e scendere dal marciapiede». Proseguiamo verso via Giovanni Battista

Amici, e anche qui la situazione non cambia: nonostante il periodo (la città è deserta) i

marciapiedi sono per lo più impraticabili. Viene da chiedersi come sia la situazione durante

l’anno. Da via Amici arriviamo in via Guarini e giriamo a destra, in via Lana: qui il

marciapiede, in curva, presenta una piccola rampa per facilitare la salita, si suppone, di

passeggini o carrozzine. Peccato che a pochi centimetri ci sia già un’auto parcheggiata, che

rende difficile il passaggio anche ai pedoni.

Poi ancora in via Vaccari, stesso scenario, e in via Pillio da Medicina: qui arriviamo ai

fatidici 30 centimetri dal muro al cofano di un’auto parcheggiata davanti al marciapiede.

Continuiamo lungo la strada, finché non si trasforma in via Agnini: sia a destra che a

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sinistra auto parcheggiate senza ritegno ostruiscono la parvenza di marciapiede presente.

Ma non solo: dove non arrivano le auto, ci pensano i rifiuti a bloccare il passaggio. Ed ecco

che di fianco a dei cassonetti sbuca una poltrona abbandonata trasversalmente sul

marciapiede. Qui passare è impossibile non solo per i disabili, ma per chiunque. Scegliamo

due laterali a caso di via Agnini: sulla destra via Tintoretto e sulla sinistra via Allegri. Non

importa dove si va, l’auto che ostruisce i passaggi è una costante. Fino a viale Amendola,

dove finalmente si rivede una pista ciclabile.

Ora, non ci si aspetta che una bacchetta magica risolva il problema, già diverse volte

affrontato, del ‘parcheggio selvaggio’. «Un appello però lo possiamo fare — dice Palazzi —

alla civiltà della gente. Basta poco per vivere tutti meglio, in una città piccola come Modena

dove usare l’automobile spesso non è necessario». E soprattutto basta poco, giusto un

pizzico di senso civico, per prevenire situazioni di disagio che possono arrivare al

paradosso. Come è successo al disabile Roberto Malagoli: «Le persone che devono essere

multate sono quelle che parcheggiano auto e bici sul marciapiede», ha detto a nome di tutti

i disabili di Modena.

(fonte http://www.ilrestodelcarlino.it)

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'Hitler non ha ucciso abbastanza rom',

shock in Francia

Bufera su parlamentare centrista Bourdouleix,espulso dal partito

(di Paolo Levi)

PARIGI - ''Forse Hitler non ne ha uccisi abbastanza'': bufera in Francia per le parole shock

di Gilles Bourdouleix, un deputato centrista dell'UDI, che si e' espresso in questi termini

per riferirsi a nomadi e rom durante una disputa con gli occupanti di un campo illegale di

Chloet, il comune di cui e' sindaco, nel dipartimento Maine-et-Loire. Il partito ha

annunciato la sua espulsione.

Tutto comincia ieri, quando il deputato si reca nel campo per invitare i nomadi, tra cui

molti evangelici, ad abbandonare quel luogo. I toni si infiammano sin da subito. ''Per me

questi sono una setta...'', ironizza il deputato, suscitando la rabbia degli occupanti, che

cominciano ad accusare il sindaco di razzismo, con tanto di saluti hitleriani. E' a quel punto

che Bourdouleix, rivolgendosi agli agenti di polizia che lo stavano accompagnando,

pronuncia quell'agghiacciante osservazione su Hitler e lo sterminio nazista.

A riportarla per primo e' stato un giornalista locale del 'Courrier de l'Ouest', che era li' con

lui. Il parlamentare nega tutto e denuncia il quotidiano per diffamazione. Ma il 'Courrier'

passa immediatamente alla controffensiva e nel primo pomeriggio di oggi pubblica sul suo

sito internet la registrazione di quelle parole. A Parigi, l'Udi - che fa parte della coalizione di

centrodestra, oggi all'opposizione in Francia - convoca immediatamente una riunione

d'urgenza per decidere sulla sua espulsione. Le parole di Bourdouleix sono ''inqualificabili e

incompatibili con i valori del nostro partito'', afferma il segretario generale Jean-Christophe

Lagarde, annunciando per primo l'espulsione del deputato. Mentre il presidente dell'Udi,

Jean-Louis Borloo ''condanna'' l'uscita del parlamentare.

Reazioni indignate sono giunte anche da molti esponenti del mondo politico e istituzionale.

Il presidente dell'Assemblea Nazionale, Claude Bartolone, esprimendosi a nome ''della

rappresentanza nazionale'', ha definito quelle parole ''inqualificabili e insostenibili. Fanno

male alla Francia, sono un insulto alla nostra storia e rappresentano una violenza rispetto ai

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nostri valori comuni''. Durissima la maggioranza socialista del presidente Francois

Hollande. ''Sono esterrefatto, e' stato superato ogni limite. Invito tutte le forze repubblicane

a dar prova di responsabilita'', ha detto il portavoce del Ps, David Assouline.

Mentre su twitter, subito invasa da un fiume interminabile di reazioni, c'e' chi traccia un

parallelo con quanto successo appena pochi giorni fa in Italia, con gli insulti razzisti del vice

presidente del Senato, Roberto Calderoli, alla ministra dell'Integrazione, Cecile Kyenge.

Intanto, Bourdoulieux si difende dicendo che quella registrazione e' falsa, un ''regolamento

di conti'' studiato ad arte dal 'Courrier de l'Ouest'. Per lui, il cronista ha ''truccato quel

nastro, facendomi pronunciare parole che lui stesso aveva appena finito di dire e che ho

ripetuto. Ma non passero' il resto della mia vita a giustificarmi rispetto ai trucchi di un

piccolo merdoso giornalista''.

Che Bourdoulieux non amasse i nomadi non era mistero. Gia' nel 2010, in occasione di

un'uscita pubblica, si era espresso nei seguenti termini: ''Di quella gente abbiamo paura,

hanno tutti i diritti per loro. Sono pronto a prendere un camion pieno di m... per

versarglielo in mezzo ai camper''. Gia' a quei tempi, La Lega per Diritti Umani sporse

denuncia contro il parlamentare francese.(ANSA).

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ

UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI

unar.it