Rassegna stampa 21/05/2018 - Toscana Film Commission

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INDICE RASSEGNA STAMPA

Indice Rassegna Stampa

Rassegna stampa 21/05/2018

Pagina I

Festival Cinematografici

19/05/2018 p. XVII Prato Film Festival omaggia Malaparte e Il Posto di TroisiTirreno PratoPistoia Montecatini

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Segnalazioni

18/05/2018 p. 9 Cercasi giovani attori per «Shakespeare in facebook»Bisenzio 7 2

19/05/2018 p. 29 Don Chisciotte, finalmente Gilliam ce l'ha fatta Andrea MartiniQn 3

18/05/2018 p. 88 Rinascimento al festivalInternazionale 4

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Prato Film Festival1111omaggia Malapartee D Postino di TroisiSi comincia domani con cortometraggi e il film La pelleDue le location: il teatro Cicognini e il cinema Eden

di Azelio Biagioni1 PRATO

Sesta edizione e due location(il teatro del Cicognini e il cine-ma Eden) per il "Prato film fe-stival" che, da domani a merco-ledì 23 maggio, trasporterà lacittà all'interno del mondo delcinema con proiezioni di pelli-cole, incontri ed anche unamostra. Il festival fondato e di-retto da Romeo Conte , in colla-borazione con il Comune e conaltre realtà del territorio, tornadopo un anno di pausa. La pre-sentazione dell'evento si è svol-ta al teatro intitolato a GabrieleD'Annunzio all'interno del Ci-cognini che vedrà l'aperturadella kermesse doomani alle17 con i primi cortometraggi ingara seguiti dalla proiezione di"Fratelli Conforti - una storiapratese" in occasione dei 70 an-ni dell'azienda. L'appunta-mento clou la sera alle 21 con ilfilm (fuori concorso) "La pelle"di Liliana Cavani , tratto dall'o-

Quest'annoricorronoi 120 anni

dalla nascita delloscrittore pratesee il film di Liliana Cavanirappresenta un primotributo della città

monimo romanzo di CurzioMalaparte e che vuole essereun omaggio allo scrittore.«Quest'anno - spiega l'assesso-re Daniela Toccafondi - ricor-rono i 120 anni dalla sua nasci-ta e questa serata si inseriscenella scia di quelle che sarannole iniziative del Comune perpromuovere Malaparte».

Maurizio Donadoni inter-preterà alcuni passi tratti da"Maledetti toscani" e poi Ga-briele Tozzi reciterà D'Annun-zio ('La morte del cervo') chedel Cicognini fu un convittore.

Una scena dei film Il Postino di Massimo Troisi

Durante i giorni del festival ver-ranno proiettati anche filmfuori concorso. Il 21 e 22 mag-gio (cinema Eden) il copionevede al mattino la proiezionedelle pellicole fuori concorso ea partire dalle 18 i corti in gara.Alle 17 (del 21 e 22 maggio), in-vece, in piazza delle Carceri in-contri con alcuni degli artistiche prenderanno parte al festi-val. E' previstala presenza, fragli altri, di Mirko Frezza, Mat-teo Branciamore , MicheleVannucci , Erika Blanc, Fran-cesco Bruni , Gianna Gissi, Lo-renzo Baraldi, Luisa Ranieri,Massimiliano Gallo, DiegoOlivares , Renato Scarpa, Car-men Di Pietro , Isabella DeBernardi . Tra i fuori concorsosi potranno vedere (ore 21 dimartedì) anche "Fuecu e cira-si" e "Veleno". Quest'annoospiti delle proiezioni al matti-no ci saranno gli studenti delconvitto Cicognini e del liceomusicale Cicognini - Rodari.Mercoledì 23 alle 16 alla saletta

Campolmi in piazzetta Landi-ni verrà inaugurata la mostra«Il postino - metafora dellapoesia» che sarà visitabile finoal4 giugno con ingresso libero.E nella mostra, curata da Gian-na Gissi e Lorenzo Baraldi, siparla del celebre film "Il posti-no" con Massimo Troisi.«Esposta - spiega Romeo Con-te - ci sarà anche la biciclettautilizzata nel film così come laborsa da portalettere di Massi-mo Troisi. E poi si potrannoammirare le foto da set del filmrealizzate da Angelo Frontoni.In apertura della mostra l'or-chestra del liceo musicale Cico-gnini - Rodari suonerà alcunipezzi tratti dalla colonna sono-ra del film». 'Il Postino' saràproiettato all'Eden in chiusuradel festival il 23 maggio alle ore22, dopo le premiazioni deicorti in gara e l'incontro con gliautori della pellicola che videprotagonista Troisi.

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Cercasi giovani attoriper «Shakespeare in facebook»

CAMPI BISENZIO (tvt) Il Teatrodante Carlo nuova produzione «Shakespeare in face- velli, il periodo prove sarà nel mese di luglioMonni indice un casting per la ricerca di book», progetto realizzato con il sostegno e dal 15 ottobre all'8 novembre, il casting sidieci giovani attori e attrici trai 18 e i 30 anni. della Fondazione Cassa di Risparmio di Fi- svolgerà giovedì 31 maggio (dalle 16 alle 19)I soggetti selezionati prenderanno parte alla renze. La regia sarà di Andrea Bruno Sa- e venerdì 1 giugno (dalle 10 alle 13).

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Don Chisciotte, finalmenteGilliam ce l'ha fatta .

Il debutto del film dopo vent'anni di lavoro e guaiAndrea Martini

CANNES

Si PUÒ scrivere un romanzonell'arco di venti anni; ed è succes-so. Ma non si può realizzare unfilm nell'arco di due decadi. L'ecce-zione invece c'è ed è "The ManWho Killed Don Quixote", presen-tato già ieri alla stampa e scelto perchiudere stasera il Festival. TerryGilliam (foto) ha iniziato a lavora-re al progetto nel 1990. Già allorala sceneggiatura prevedeva di inse-rire nel contesto di un film d'epocaun Sancho Panza moderno: nelruolo che oggi è di Adam Driver so-no passati interpreti tra cui John-ny Depp e Ewan McGregor, cosìcome altrettanti hanno temporal-mente indossato i panni dell'Hidal-go (da Jean Rochefort a Robert Du-vall) che nel film sono appannag-gio di Jonhatan Pryce.Il primo set fu distrutto da un'allu-vione, poi ci furono problemi fi-nanziari e assicurativi. Rochefortsi ammalò dopo alcune riprese, al-tri strani incidenti fecero pensare a

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una maledizione: del resto era nau-fragato anche il disegno di OrsonWelles che si era misurato col capo-lavoro di Cervantes. Tentativi si so-no susseguiti nel 2002, 2004, 2008,2010: falliti.

MA A inizio del 2017 il set è rinatosulle antiche ceneri e, nonostantediatribe legali ancora in corso, eccopronte le due ore e mezzo di film:la caparbietà talvolta vince. Gil-liam è riuscito a trarre dal passatoenergia per il presente grazie al suotalento visivo in cui nessuna sugge-stione va perduta. Il sottilissimo fi-lo logico che innerva l'orgia di car-tapesta e di fantasy homemade di

Gilliam è offerto dal ritorno di unregista celebre che sta girando unaversione spettacolare del Don Chi-sciotte sui luoghi dove molti anniprima, da studente di cinema, harealizzato un piccolo film con po-chi soldi. Il passato prende il so-pravvento sul presente e Adam Dri-ver messosi sulle tracce dell'anticoset si fa coinvolgere in avventuresempre più rocambolesche dal vec-chio interprete del suo film, Jonha-tan Pryce, che nel frattempo si cre-de davvero Don Chisciotte.

FANTASIA e realtà debordano reci-procamente. Duelli, corse a cavalloe in moto, catture e liberazioni, in-cendi, recite, processioni in un cre-scendo che solo negli ultimissimiminuti si avvale di costosi effettispeciali. Il budget di 17 milioni didollari ha ispirato una pellicolascomposta, a tratti sguaiata ma per-fettamente in linea con la poeticadi Gilliam che (nessuno gli daràpiù dollari) deve ringraziare il castche lo ha sostenuto nell'impresacredendogli fino in fondo. Non èescluso un ravvedimento.

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Rinascimentoal festivalAureliano Tonet , Le Monde , Francia

Gli ultimi film di AliceRohrwacher e Matteo Garronerappresentano lo stato di graziadel cinema italiano a Cannes

I ', gni aprile , durante la confe-renza stampa che precede ilfestival di Cannes, si ripete unbuffo rituale. Appena vienesvelata la selezione ufficiale,

una voce rauca tuona dal fondo della sala.Gli sguardi si posano su una giornalista ita-liana, pronta ad appropriarsi del microfonoe a ripetere, anno dopo anno, la stessa la-mentela: "Signor presidente e signor dele-gato generale", comincia la nostra collega,con un pathos che aumenta di edizione inedizione, "come mai sono stati selezionaticosì pochi film italiani?".

Un lamento che questa primavera si èspento. Due film in concorso (Lazzaro felicedi Alice Rohrwacher e Dogman di MatteoGarrone), uno nella sezione Un certain re-gard (Euforia di Valeria Golino) e due allaQuinzaine des réalisateurs (La strada deiSamouni di Stefano Savona e Troppa graziadi Gianni Zanasi), in cui c'è anche il corto-metraggio La lotta del maestro Marco Bel-locchio. Era da un tanto che la flotta italianasulla Croisette non si mostrava così fiera.

Cervello malatoNon c'è bisogno di guardare lontano pertrovare la polena della nave: dall'alto deisuoi trentasei anni e del suo volto senza età,metà Madonna e metà bambina, AliceRohrwacher incarna a meraviglia questoritorno. Il suo secondo film, Le meraviglie,

avevavinto il Grand prix nel 2014, mentre ilprimo, Corpo celeste, aveva svelato il suo ta-

lento alla Quinzaine del 2011. La terza voltaha valore simbolico: sotto la protezione delsanto che compare nel titolo, Lazzaro feliceracconta addirittura di una resurrezione.

Giovane contadino di una valle remotadel Lazio, Lazzaro è dolce come un agnello.Questo non gli impedisce di comunicarecon i lupi che si aggirano nei paraggi, pro-prio come san Francesco d'Assisi. Siamo inpiena estate: lui è piegato dalla fatica. Per-ché lo sfruttamento che subisce, insieme aun'altra cinquantina di lavoratori agricoli, ècrudele quanto arcaico. Il cervello malato diquesta inverosimile servitù è una marchesasempre all'erta: nessuno nella sua comuni-tà deve avere il minimo sentore dei progres-si sociali diffusi nel resto del paese.

Della morte di Lazzaro e del suo ritorno

alla vita non diremo niente, se non che locondurranno, qualche decennio più tardi, afrequentare una banda di marginali, nel

cuore di una Milano invernale, a metà traun terreno abbandonato e l'atrio glaciale diuna multinazionale. "È un film sulla possi-

bilità della bontà, che racconta il passaggioda un medioevo a un altro", glissa con gra-zia la regista, raggiunta al telefono a Gine-vra, mentre è al missaggio del film.

Del resto, chiunque ami estrapolare saràtentato di vedere in questa rinascita anchequella di un gesto cinematografico a lungodato per morto: il neorealismo. Era statodefinito così, all'indomani della secondaguerra mondiale, il modo in cui Roberto

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Rossellini, Vittorio De Sica, Federico Felli-ni, Michelangelo Antonioni e Pier PaoloPasolini riprendevano la realtà italiana, intutta la sua bellezza e brutalità, fino a darleuna dimensione mitologica.

"Il cinema italiano ha conosciuto unalunga età dell'oro. Poi, a partire dagli anni

ottanta, ha attraversato un periodo disa-strato durante il quale si è lasciato inghiotti-re da un immaginario pacchiano e televisi-vo", analizza Olivier Père, a lungo criticocinematografico e responsabile del pro-gramma della Quinzaine des réalisateurs,oggi direttore di Arte France Cinéma e co-produttore del film di Alice Rohrwacher."Sta emergendo tutta una generazione diregisti provenienti in larga misura dal sud

dell'Italia che riprendono le due facce delgrande cinema italiano, quella realistica equella onirica. Un film dopo l'altro, pur re-stando fedele ad alcuni motivi conduttori,dall'universo del racconto alla pellicola ar-gentata, Alice è più audace, più moderna.Lazzaro felice mi fa pensare aMiracolo aMi-

lano, film del1951 di De Sica: è un film mol-

to spirituale, ma profondamente legato allarealtà della sua epoca".

Un'eredità che di certo intimidisce e chela regista si assume solo in punta di piedi:"Certo, adoro l'umanità dei film di Rossel-lini, Fellini e via di seguito, ma non avreimai la pretesa di rivendicarla", si scansa,preferendo citare tra le sue fonti di ispira-zione un libro per bambini, San Francesco e

illupo (2013) della medievalista Chiara Fru-goni, la canzone Lazzari felicidel napoleta-no Pino Daniele, o i documentari sulle tribùindigene dell'Amazzonia visti su YouTube."L'unico termine di paragone pertinente èforse nella dimensione collaborativa: gliautori neorealisti si aiutavano molto tra lo-ro, convinti che il paese si racconta megliose si è in tanti. Da qualche anno gli italianihanno smesso finalmente di mettersi i ba-stoni tra le ruote avicenda. Ho molti scambicon altri giovani registi, Pietro Marcello,Jonas Carpignano o Stefano Savona: il col-lettivo è tornato di moda".

Lavatrice spaziotemporaleAnche se è meglio evitare generalizzazioniaffrettate, il campione di film italiani sele-

zionati a Cannes testimonia di alcune pre-occupazioni comuni. Prima di tutto un forte

ancoraggio alla realtà. Forse non è un casose la maggior parte delle pellicole affonda-no le radici della loro drammaturgia diret-tamente nella terra. Troppagrazia raccontai dubbi di una geometra, interpretata daAl-ba Rohrwacher, sorella di Alice, che esita asvelare i rischi geologici di un cantiere mu-nicipale. Ai contadini di Lazzaro felice ri-

spondono quelli di La strada dei Samouni,civili palestinesi vittime di un attacco

dell'esercito israeliano nel 2009. StefanoSavona, che con il suo documentario indu-gia sulla vegetazione devastata dalla guer-ra, ha studiato archeologia, e oggi di quegli

studi conserva la consapevolezza che la ter-ra, a osservarla bene, è una riserva inesauri-bile di storie.

Dogman, se da un lato racconta la ven-detta del proprietario di un salone di toelet-tatura per cani, umiliato da un malviventemetà colosso metà molosso, dall'altro mo-stra soprattutto come a furia di marcaretroppo il territorio si finisca per bruciarlo.Come per molti altri dei suoi film, da L'im-

balsamatore (2002) a Reality (2012), Matteo

Garrone si è ispirato a un fatto di cronacaparticolarmente sordido. Con l'aggiunta diforti elementi lenitivi, gli ha fatto fare diver-si giri di lavatrice spaziotemporale, spostan-do l'intreccio dal 1988 ai giorni nostri, dallaperiferia romana al litorale campano: "È

una storia che mi perseguita da quindici an-ni", confessa il regista di Gomorra (2008)."Mici sono rituffato tra un film e l'altro, mo-dificando di volta in volta la sceneggiatura.Ho cominciato a interessarmene mentre

raccoglievo materiali per L'imbalsamatore.

Del resto ho deciso di girare Dogman nello

stesso posto, il villaggio Coppola, sul litora-le a nord di Napoli, una terra di frontiera,desolata, che mi affascina molto. La città èstata costruita intorno a una base statuni-tense dopo la guerra. Una volta partiti i sol-dati, è sprofondata".

Anche Alice Rohrwacher, come ispira-zione per il suo film, si è ricordata di un tra-filetto letto sui giornali locali quando anda-va al liceo, nella provincia umbra al confine

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Cinemacon Toscana e Lazio, dove vive ancora."L'articolo raccontava la storia di una nobi-le che disdegnava la legge sull'abolizionedella servitù e manteneva i suoi `sudditi' inuna condizione di oscurantismo", spiega."Per me questo è stato solo il punto di par-tenza: volevo filmare soprattutto la piccolaruralità italiana in via di estinzione".

Pur vivendo ormai da quindici anni aParigi, Stefano Savona ha mantenuto un

piede in Italia e un occhio sulla sua produ-zione cinematografica grazie al corso di ci-nema che tiene a Palermo, la città dove ènato. "Negli anni novanta, forse per reazio-ne di fronte all'influenza della tv, il paese è

stato scosso da un'ondata di documentari:sono stati riscoperti registi come Vittorio

De Seta o Angela Ricci Lucchi e YervantGianikian", spiega Savona, compagno diliceo del regista di Chiamami col tuo nome,

Luca Guadagnino. "Da quel periodo di ef-fervescenza sono emersi grandi documen-taristi, da Gianfranco Rosi a Roberto Mi-nervini o Michelangelo Frammartino, maanche dei registi come Rohrwacher, Garro-ne, Marcello o Guadagnino: hanno tuttibazzicato, da vicino o da lontano, quellastraordinaria scuola dello sguardo che è ildocumentario".

Fellini o Rossellini?Savona ci ha messo quasi dieci anni a con-cludere La strada dei Samouni, che vuole"mettere in prospettiva il recupero politico

che si è abbattuto su una famiglia di conta-dini trasformati in martiri". Questa gesta-

zione lunga è dovuta anche alle molte se-quenze animate, realizzate con gli studentidi una delle migliori scuole del genere in

Italia, a Viterbo, nel Lazio: "Sono 'immagi-ni raschiate': come i contadini raschiano laterra, gli studenti hanno raschiato la carta,per infondere un tocco di immaginario neldocumentario, rappresentare ciò che lamiacinepresa non ha potuto filmare: sogni, in-cubi, ricordi. Nel corso del primo dei miei

due soggiorni a Gaza nel 2009 ero arrivatopochi giorni dopo gli attacchi israeliani, eho voluto ricostruirli".

Savona tocca di sfuggita l'altra grandefonte d'ispirazione del cinema italiano: ilgusto per la favola, simmetrico a quello peril reale. Accomodatevi allora negli uffici diGarrone, tre capannoni di legno circondatida rose e statue, nascosti dietro grandi studitelevisivi nel quartiere Tiburtino, a Roma:

vi mostrerà, fissato con delle puntine allepareti della sala montaggio, lo storyboarddel suo adattamento di Pinocchio, su cui ri-mugina da due anni e che ha messo tempo-raneamente da parte per completare Dog-man. "Temo che Pinocchio sarà il mio DonChisciotte, lo sogno da quando ho sei anni",svela presentandoci i suoi primi scaraboc-chi, tracciati con mano infantile. "Vedo unlegame tra le inchieste di Roberto Saviano ei racconti di Giambattista Basile, che hoadattato per Gomorra e per Il racconto deiracconti: cerco sempre d'infondere imma-ginario nel realismo e viceversa. Perché maisi dovrebbe essere costretti a scegliere traRossellini e Fellini?".

Dopo la separazione dalla moglie, avve-nuta tre anni fa, Matteo Garrone ha lasciatoil suo appartamento a piazza Vittorio, doveaveva tra i suoi vicini di pianerottolo PaoloSorrentino, pervivere qui, in mezzo a com-puter e attrezzi da palestra. Il suo sguardo siaccende ricordando il protagonista di Dog-

man, Marcello Fonte, che paragona ai mae-stri del burlesque. O quando parla del filmcome di un western che si richiama a un im-maginario fatto di saloon, sceriffi e cowboy."Per Pinocchio voglio ritrovare la nefandez-za del testo originale di Carlo Collodi: saràun film sulla povertà", conclude, appog-giando la mano su un tavolo da poker dovetroneggiano una raccolta di Lovecraft eun'antologia di letteratura greca.

Greca a metà, per parte di madre, è Va-leria Golino. L'attrice e regista napoletana,che incontriamo sulla terrazza di un palaz-zo nei pressi di piazza del Popolo, per de-scrivere il suo film Euforia, la storia di unuomo scialbo che in punto di morte si riav-vicina al fratello, più vivo e carismatico, faricorso a una terminologia erudita, comeepanalessi (l'arte di suggerire un sentimen-to attraverso la ripetizione di un determina-

Matteo Garrone parladiDogman come di unwestern, che sirichiama a unimmaginario fatto disaloon, sceriffi ecowboy

to gruppo di parole). "In Miele, il mio primofilm, gli eroi si assumevano le loro respon-

sabilità: qui le sfuggono", commenta la re-gista che, pur basandosi sulla storia di uncaro amico, si è divertita a giocare con gliarchetipi della commedia e della tragediadell'antica Grecia.

L'arte di arrangiarsiIn Lazzaro felice, Alba Rohrwacher divideuna breve scena con Daria Deflorian, attri-ce emblematica del miglior teatro italiano,in grado di ricamare epopee a partire da po-co o nulla, aneddoti banali, un diario inti-mo, fantasticherie. Quest'arte dell'arran-giarsi, che tocca al tempo stesso la visionepiù alta e la più grande semplicità, rimandain modo implicito all'economia di questocinema, finanziato in modo avventuroso econ coproduzioni europee non sempre bencongegnate. In Troppa grazia, di cui esaltaper telefono "l'ironia sottilmente dolcea-mara", il suo personaggio fa un incontrosorprendente con una giovane rifugiata chegli chiede di costruire una chiesa.

L'immagine è bella. Dal suo monasteroNanni Moretti non è più il solo a predicarecontro i pontificati catodici: il cinema italia-no è tornato a essere abbastanza plurale daavere le sue cappelle, romaniche, gotiche,barocche.

Con i suoi giochi di luci e ombre, i suoipaesaggi alla Giotto, il suo respiro mistico emisericordioso, Lazzaro felice sarebbe unabasilica del primo rinascimento, in cui sipotrebbe, con un filo di carità, accoglierel'essenziale dei film selezionati a Cannes.

Niente ache vedere con le cattedrali de-cadenti di un Sorrentino o di un Guadagni-no, in cui le trovate rococò amoreggianocon un manierismo più ostentato: sebbenedati per favoriti, Loro, fantasia berlusconia-na divisa in due parti, e Suspiria, remakefassbinderiano del classico horror di DarioArgento, non hanno ricevuto la benedizio-ne di Cannes.

Maperché? Proviamo a chiederlo a Car-lo Cresto-Dina, produttore dei film di AliceRohrwacher. Da Londra, dove ha sede lasua società di produzione, Cresto-Dina ri-sponde con una magnifica stoccata da ge-suita: "Theyoungpope, la serie di Paolo Sor-rentino, è stata presentata a Venezia, Chia-mami col tuo nome di Guadagnino è andatoa Berlino. Se Dio esiste, sono sicuro cheadorala diversità". •gim

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