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rassegna mensile socio-culturale n.1-2-3 Gennaio - Febbraio - Marzo 2011 della anrp mensile socio-culturale Giorno della Memoria - Memory Day L’Urlo - Foto di Stefano Esposito Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma

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rassegnamensile socio-culturale

n.1-2-3Gennaio - Febbraio - Marzo 2011

della anrp

mensile socio-culturale

Giorno della Memoria - Memory Day

L’Urlo - Foto di Stefano Esposito

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gli articoli firmati impegnanosolo la responsabilità dell’Autore.tutti gli articoli e i testidi “rassegna” possono essere,citandone la fonte, ripresi epubblicati.

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StampaEdizioni Grafiche Manfredi sncVia Gaetano Mazzoni, 39/a00166 RomaDato alle stampe il 14 marzo 2011

sommariogennaio - febbraio - marzo 2011

Anno XXXIII - n. 1-2-3gennaio - Marzo 2011

DIRezIone e ReDAzIone

00184 Roma - Via Labicana, 15a

Tel. 06.70.04.253

Fax 06.77.255.542

internet: www.anrp.it

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PReSIDente onoRARIo

Francesco Cavalera

PReSIDente nAzIonALe

Umberto Cappuzzo

PReSIDente eSeCutIvo

Enzo Orlanducci

DIRettoRe ReSPonSABILe

Salvatore Chiriatti

ReDAttoRe CAPo

Giovanni Mazzà

ReDAzIone

Barbara Bechelloni

Maristella Botta

Matteo Cammilletti

Alvaro Riccardi

Rosina Zucco

SeDe LegALe

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- Tribunale di Roma

n. 17530 - 31 gennaio 1979

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3 Editoriale

4 Cerimonie: - 27 gennaio: giorno della memoria - 10 febbraio: giorno del ricordo 8 La nostra Italia bella e perduta di R. Zucco

10 ANRP e cittadinanza attiva nel 150° di M. Cammilletti

11 l’associazionismo combattentistico e d’arma di A. Ferioli

14 La responsabilità e l’arroganza di V. Porcasi

15 Un osservatorio internazionale per il dialogo interculturale e sociale di G. Puligheddu

16 Le operazioni del SOE per rovesciare il Duce di M. Coltrinari

17 Un triste e glorioso parallelo di F. Ferrucci

19 Il tribunale di Brescia rimette alla Corte di Giustizia di G. Slaviero

21 Cronaca e fotocronaca

25 L’ANRP alla Marymount International School di Roma a cura di M. Botta

26 Golem - Il fango e il sangue

28 Recensioni

Un target mirato di 12.000 lettori

Archivio NazionaleRicordo e Progresso

HAnno CoLLABoRAto

Massimo Coltrinari

Alessandro Ferioli

Ferruccio Ferrucci

Carlotta Monteverde

Vincenzo Porcasi

Giuseppe Puligheddu

Germano Slaviero

FotogRAFIe

Fabrizio Latini (pag. 26-27)

AssociazioneNazionaleReduci dalla

Prigioniadall’Internamento

dalla Guerra di Liberazione

e loro familiari

rassegnadella anrp

mensile socio-culturale

Rinnova l’iscrizioneper l’anno 2011

€ 25,00

c/c postale 51610004

intestato: ANRP Roma

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3editoriale

Questo primo numerodi rassegna del 2011esce in un momentoparticolare sconvoltodalla più grave crisiumanitaria e socioeco-nomica del nordAfrica, dove si tornaalla guerra del pane,mentre da un latoeuropa e Stati unitiinseguono un modello

di sviluppo degli interessi globali, scollato dalle reali esi-genze delle società civili, impreparati e incapaci di pre-vedere i futuri equilibri, e la Cina, dall’altro, scambia inAfrica infrastrutture con terre per soddisfare le proprieesigenze alimentari.L’AnRP si fa sostenitore di un nuovo approccio a taleproblematica, in linea con le esigenze sollevate dallaConferenza episcopale delle Diocesi del nord Africa(CeRnA) sui mezzi per vivere insieme e la necessità dicontribuire allo sviluppo economico delle aree interes-sate. L’obiettivo è un’azione di concerto con le popola-zioni locali, nel rispetto delle identità culturali e religio-se, per lo sviluppo economico sostenibile e del dialogotra società e istituzioni, che contribuisca, con solidarietàe armonizzazione, ad evitare catastrofi umanitarie, benoltre i flussi legali che attendono accoglienza per unavita dignitosa, come ha sottolineato il ponteficeBenedetto XvI in occasione della giornata Mondialedei Rifugiati.

Questo è il messaggio con il quale l’AnRP intende sen-sibilizzare sulla necessità di: - offrire sviluppo sostenibile a quel ceto scolarizzato

che, dopo essere stato soffocato e svalorizzato da unaclasse dirigente spesso corrotta o incapace, ricercastabilità del reddito e uniformità dei costumi nell’eradell’informazione;

- richiamare l’attenzione dei media sul rischio umani-tario e occupazionale, tenendo conto dell’impoveri-mento reale di tali paesi;

- richiamare l’europa a un nuovo realismo politico chetravalichi il mero rapporto tra i governi e le esigenzedelle società civili.

Auspichiamo che lo sdegno rappresentato con forza datutti gli stati, a detti epocali avvenimenti, sia sincero eche non serva, come si lascia intendere in alcuni casi, asviare l’attenzione dell’opinione pubblica da gravisituazioni interne.L’impegno primario dell’AnRP in oltre sessant’anni èstato quello di comprendere e di rappresentare all’ester-no ciò che i Reduci hanno acquisito con le loro sofferen-ze nei campi di prigionia e di internamento: l’inutilitàdella guerra, il bisogno della comprensione dell’altro, lacoesistenza pacifica tra i popoli, il ripudio del totalitari-smo, nonché l’amore alla libertà individuale e collettivadel pensiero e dell’espressione, il senso della solidarietà,il rispetto della vita e della dignità umana.Purtroppo sembra che ci si appresti ad affrontare unperiodo pregno di razzismo, egoismo, immoralità,disconoscimento dell’uomo con conseguente perdita divalori e credibilità.

SoStieni la noStra azione aderendo e facendo aderire all’anrP

versando il contributo annuale di € 25.00 sul c/c postale 51610004 intestato: ANRP Roma

verso il futuro: da associazione a fondazione

PER UNA COESISTENZA PACIFICATRA I POPOLI

di Enzo Orlanducci

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4cerimonie

Intervento del Presidente della

Repubblica Giorgio Napolitano

“nell’ascoltare il discorso delProfessor galasso - cui siamo,credo, tutti grati per il rigoroso eispirato contributo che ci ha offertoper questo “giorno della Memoria”- nel sentir da lui rievocare gli “spi-riti liberali e democratici”, le “con-vinzioni laiche e moderne”, l’ade-sione ai principi di libertà, indipen-

denza e autodeterminazione deipopoli, che motivarono gli ebreipatrioti risorgimentali, mi dicevoche a quella schiera avrebbe benpotuto appartenere e potrebbe ideal-mente ben affiancarsi tullia zevi, lasua personalità, la sua storia, il suoimpegno. e valgano queste mieparole come omaggio alla cara gran-de amica che abbiamo perduto e chenon dimenticheremo.

Quel che ci ha detto l’amicogalasso ci conferma nel convinci-mento che il 150° anniversariodell’unità d’Italia sia un’occasionepreziosa, da non perdere - e per for-tuna : o meglio, per volontà semprepiù diffusa, non sarà commessol’assurdo errore di perderla - perrichiamare alla nostra memoria,all’attenzione delle giovani genera-zioni e alla coscienza collettiva

27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA

Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la celebra-

zione del “Giorno della Memoria”.

Erano presenti il Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, Ugo De Siervo, la senatrice Simona Vicari

in rappresentanza del Senato della Repubblica, il Presidente della Corte Costituzionale, il Ministro dell’Interno,

Roberto Maroni, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, i rappresentanti

delle associazioni dei reduci, degli ex internati e dei deportati, nonché numerose autorità politiche, civili e militari.

Hanno fatto seguito le testimonianze di alcuni studenti di scuole che hanno partecipato ai viaggi della memoria.

Quindi il prof. Giuseppe Galasso ha svolto una prolusione sull’apporto degli ebrei all’Uunità d’Italia.

Nel corso della cerimonia è stato proiettato il filmato “Memory day: 10 anni” sulla deportazione nazista in Italia e

sono state premiate dal Capo dello Stato le scuole vincitrici della IX edizione del concorso “I giovani ricordano la

Shoah”.

Sono intervenuti il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e il Ministro

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini.

Precedentemente, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, aveva conse-

gnato 43 Medaglie d’Onore ad ex deportati e internati nei lager nazisti (legge 27.12.2006 n. 296).

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5cerimonie

della nazione, quel “da dove venia-mo” che è premessa di ogni slancioverso il futuro di una società ricca distoria.La ricchezza, appunto, della nostrastoria è fatta anche di apporti pecu-liari, come quello degli ebrei italianial movimento per l’unità e allacostruzione dello Stato unitario.Sentimento nazionale italiano ecoscienza ebraica, “rinascimentodell’Italia” e “rinascimento dellagiudea” - secondo le parole diMoses Hess nel suo “Roma egerusalemme” - non si ponevano intermini di reciproca esclusione, enulla poteva motivare - se non uncieco razzismo persecutorio - laespulsione decretata dal fascismodegli ebrei e delle loro comunità dalconsorzio civile italiano, da ogniresidua garanzia di diritti basilari.Perciò è così importante che in que-sti ultimi anni si siano riaccesi iriflettori sulle aberranti leggi del1938 : che se ne sia fatto un tema disevera rievocazione e denuncia,specie tra i giovani e nelle scuole. ein generale non si può mai apprez-zare abbastanza l’impegno ormaicostante, e sempre più diffuso, apromuovere in ogni grado del siste-ma scolastico - ne va dato merito alMinistero dell’Istruzione e a tanticapi d’Istituto e docenti - lo studio el’approfondimento della mostruosavicenda della Shoah, delle premessee delle componenti di un aberranteiter ideologico e politico che appro-dò a quello spaventoso esito di ster-minio di inermi innocenti. Perchéconta sapere e ricordare non solocosa accadde ma come ci si arrivò.Il cosa accadde è raccontato o rico-struito grazie al moltiplicarsi di con-tributi di memoria e di indagine sto-rica. C’è stata in questi anni, da ulti-mo nel 2010, e in tal senso ha ope-rato anche lo stimolo delle celebra-zioni del 27 gennaio, una fioritura -possiamo dire, penso che gli amicidelle Comunità ebraiche converran-no - di pubblicazioni di grande inte-resse e forza comunicativa. Le piùdiverse: ad esempio, quella assai

recente sulla ricerca, che è stata daalcuni compiuta, dei giusti d’Italiarimasti sconosciuti, non fattisi avan-ti per modestia e pudore. eppure -ha scritto Denise epstein - “i giustihanno diritto al nostro amore nonmeno dei nostri morti”.Denise epstein è la figlia maggioredi Irene nemirovsky, grande scrittri-ce rivelata al pubblico italiano dal-l’editore Adelphi. Il libro dellaepstein pubblicato nell’aprile scorsooffre il quadro della tragedia dellamadre e sua, dei genitori - ebrei russiche vivevano in Francia - e deiragazzi, lei e la sorella più piccola.videro la madre portata via brutal-mente dalla gestapo, scomparire inpochi minuti e per sempre nel nullail 13 luglio 1942 - sarebbe stata ucci-sa ad Auschwitz - e poi il padreegualmente arrestato e deportato,anche lui condannato a non tornare.Ma insieme con la tragedia dei geni-tori, l’odissea delle due bambine,della loro fuga disperata, braccatedalla polizia francese e dallagestapo, della paura e della fame,dell’estremo rifugio in un poveroconvitto di suore. e di lì il traumasconvolgente - di “enfants cachés” -che non le avrebbe più abbandonateper tutta la vita.Ancora in questi giorni abbiamoletto ricordi angosciosi di deportatiitaliani nei campi nazisti, salvatisi

sopravvivendo a prove terribili: daultimo quelli di gianfranco Marisdeportato a Mauthausen. Ai deporta-ti e internati in quei campi abbiamoreso omaggio con i riconoscimenticonsegnati dal Sottosegretario Letta.Ma come si arrivò a tanto? Perl’estrema, criminale degenerazionedel totalitarismo nazista (e orrendedegenerazioni conobbe anche l’altrototalitarismo del ‘900, quello sovie-tico). Ma dobbiamo sapere che ilprimo seme avvelenato, il primogerme distruttivo fu ed è quellodell’intolleranza, del nazionalismo edel populismo che si traducono indemonizzazione e odio del diverso edello straniero (abbiamo sentitopoco fa rievocare anche la persecu-zione contro i Rom e i Sinti). e allo-ra, attenzione, vigilanza e prontereazioni dovunque quel germe simanifesti e in qualsiasi forma, anchein paesi che si sono dati dichiarazio-ni di principi e Costituzioni demo-cratiche.I principi debbono farsi vivere, deb-bono sempre richiamarsi perchésiano pienamente rispettati.Ragazzi che oggi venite premiati,ragazzi che sulla storia di un passatonon poi così lontano, da studiare ericordare senza mai stancarcene, esui principi da affermare e riaffer-mare nel presente, vi impegnate ediscutete con ricerche, componi-menti, seminari, viaggi della memo-ria e sempre nuovi progetti, è in voi,è nelle vostre generazioni che noiriponiamo la nostra fiducia in unfuturo libero dagli spettri e dalleinsidie del razzismo, dell’antisemiti-smo, dell’intolleranza.e al di là di quello che voi rappre-sentate per l’Italia, e tanti come voirappresentano per altri paesid’europa e non soltanto d’europa, ilnostro auspicio è che anche in terrad’Israele e in quella tormentataregione possa finalmente costruirsiun avvenire di convivenza pacifica eserena, senza pregiudizi e contrap-posizioni fatali.Arrivederci al 27 gennaio 2012”.

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Saluto del Presidente della

Repubblica Giorgio Napolitano

Ringrazio voi tutti per avere accoltoanche quest’anno l’invito a celebra-re qui, insieme, il giorno delRicordo, rinnovando un sentimentoe un clima di autentica vicinanza esolidarietà tra le istituzioni dellademocrazia repubblicana e le rap-presentanze dei famigliari delle vit-time di orribili stragi come quellecompiute nelle foibe, insieme con lerappresentanze delle popolazioniitaliane costrette all’esodo dalle

terre istriane, fiumane e dalmate.Il mio primo discorso del 10 febbra-io, nel 2007, - quello di oggi è ilnostro quinto incontro - volle porrefine a ogni residua “congiura delsilenzio”, a ogni forma di rimozionediplomatica o di ingiustificabiledimenticanza rispetto a così tragicheesperienze. e’ importante che quellanostra scelta, per legge dello Stato eper iniziativa istituzionale, sia statavia via compresa al di là dei nostriconfini, che certe reazioni polemi-che nei confronti anche di mie paro-

le si siano dissolte. In ciascun paesesi ha il dovere di coltivare le propriememorie, di non cancellare le traccedelle sofferenze subite dal propriopopolo. Si adempie questo dovere anche sulpiano storico ed educativo con ini-ziative come quella del bel libro,appena consegnatomi dal senatoretoth e dai curatori, sulle vicende delconfine orientale, destinato allescuole per decisione della compe-tente direzione del Ministerodell’Istruzione.

6cerimonie

10 FEBBRAIO: GIORNO DEL RICORDO

Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la cerimonia

di commemorazione del Giorno del Ricordo.

Erano presenti il Vice Presidente del Senato della Repubblica, Rosi Mauro, il Vice Presidente della Camera dei

Deputati, Antonio Leone, il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, il Giudice della Corte Costituzionale, Paolo

Maria Napolitano, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, il Presidente

dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Lucio Toth, il Presidente della Commissione incaricata del-

l’esame delle domande per la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati, amm. sq. Alessandro

Picchio, rappresentanti del Parlamento, autorità e familiari delle vittime delle foibe.

Nel corso della cerimonia sono intervenuti il Sottosegretario Gianni Letta e lo scrittore Enzo Bettiza. Ha fatto segui-

to un concerto dell’orchestra “I Cameristi Triestini”, diretta dal Maestro Fabio Nossal.

Precedentemente il Sottosegretario Gianni Letta aveva consegnato i diplomi e le medaglie commemorative del

Giorno del Ricordo ai familiari delle vittime delle foibe.

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L’essenziale è però “non restareostaggi” - come ho avuto modo didire incontrando il Presidente türk -né in Italia, né in Slovenia, né inCroazia “degli eventi laceranti delpassato”. L’essenziale è, secondo leparole dello stesso Presidente türk,non far nascere ancora “conflitti dairicordi”.Possiamo finalmente guardare avan-ti, costruire e far progredire una pro-spettiva di feconda collaborazionesulle diverse sponde dell’Adriatico.Ringrazio per il suo contributo diriflessione storica e di passionenazionale e civile enzo Bettiza : nes-suno meglio di lui poteva, grazie allasua sapienza di scrittore-analistadella realtà internazionale e graziealla sua storia personale, cogliere ilsignificato dell’incontro di triestedello scorso luglio e della visita diStato a Roma, meno di un mese fa,del Presidente sloveno, la prima cheabbia avuto luogo dopo il riconosci-mento dell’indipendenza di quelpaese amico.Con lui abbiamo qui guardato insie-me al passato travagliato dellenostre genti, alle pagine oscure dellanostra storia, alle tragedie umaneche oggi onoriamo e ricordiamo. enello stesso tempo abbiamo guarda-to al ben diverso presente che ciaccomuna, come classi dirigenti ecomunità democratiche in unatrieste, in un’Istria, in una Dalmaziaaperte a italiani, a sloveni, a croati ;come partner nella nAto enell’unione europea che, presto, ciauguriamo, accoglierà anche

zagabria. e’ questo nuovo orizzonteche vedevo a trieste, attraversandole strade di quella straordinaria eamata città insieme con loro, riflet-tersi nell’atteggiamento dei colleghitürk e Josipovic, rappresentanti diuna generazione nata negli anni ‘50,che non ha vissuto i decenni delfascismo, dei nazionalismi e di unaguerra distruggitrice. L’Adriatico, dopo aver sofferto alungo lacerazioni e conflitti, vieneoggi trasformato dalla prospettivaeuroatlantica. Le nuove generazioni,slovene, croate, italiane si ricono-scono in una comune appartenenzaeuropea che arricchisce le rispettiveidentità nazionali.La presenza di minoranze nazionalinei nostri tre Paesi rievoca vincolistorici e culturali che si snodanoattraverso secoli di civiltà e costitui-sce una ricchezza comune di cui faretesoro. Il quadro di fondo e’ dunque unanuova comunità di valori fra i trepaesi. Siamo ormai, o stiamo perdiventare, tutti cittadini europei.Possiamo perciò guardare al passatocome sono riusciti a fare tanti altriStati dell’unione e dell’AlleanzaAtlantica dopo essersi combattutiaspramente e con devastazioni pro-fonde e reciproche in epoche nonremote. Il sacrificio delle generazio-ni che ci precedono non e’ stato ver-sato invano se oggi possiamo insie-me costruire un avvenire miglioreper i nostri popoli e per l’europa.vorrei concludere esprimendo il mioapprezzamento per la sintonia col

governo quale si è espressa nelloschietto intervento delSottosegretario Letta - che presiedecon senso di viva partecipazione allasignificativa cerimonia della conse-gna di medaglie e diplomi. e mipiace concludere anche facendomiei gli accenti di fiducia nel futuroche hanno coronato il discorso del-l’amico Bettiza, pure impegnato anon cancellare nulla nel richiamareil terribile passato vissuto negli anni‘40 del secolo scorso. Fiducia in par-ticolare nel significato che può assu-mere “la costruzione di un comuneparco della pace da Caporetto aDuino : lungo quella striscia di terraeuropea, insanguinata dalla primaguerra mondiale, lungo la qualemorirono un milione di europei.Sarebbe un modo visibile di restitui-re alla nostra memoria, affinché ilmale non si ripeta più, il ricordo ditutti gli innocenti caduti, o assassi-nati, fra le petraie del Carso, nelletrincee del ‘15-’18 e nelle foibe del1945”. ecco, ritroviamoci tutti in questeparole e progetti lungimiranti, einsieme richiamiamoci all’ereditàdel Risorgimento e del concorso ditanti patrioti delle terre adriatiche;facciamolo nello spirito di serene eriflessive celebrazioni del 150°dell’unità d’Italia. guardando avan-ti continueremo a condividere ildolore di famiglie colpite ed esulicome le vostre e ad onorare il sacri-ficio di quanti caddero senza colpeper l’altrui violenza.

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Curiosando qualche tempo fa tra le tantepubblicazioni esposte in libreria, ci ha subi-to colpito il pregevole lavoro di Luciovillari, di cui abbiamo parafrasato il titolo,e una sorta di struggente sentimento, unmoto sincero e spontaneo ci ha fatto balzareil cuore: bella e perduta, l’Italia delRisorgimento. La “nostra” Italia, propria-mente simboleggiata da quell’allegoria in copertina, “LaMeditazione”, capolavoro di Hayez, una figura femmi-nile con lo sguardo basso, malinconico e pensieroso.un’immagine dalla luce un po’cre-puscolare, in contrasto con i baglio-ri eroici di quell’affresco corale delRisorgimento che ha accompagnatole fantasie della nostra adolescenza eche, malgrado la corrosione deltempo, noi, nati nell’immediatosecondo dopoguerra, abbiamoancora dentro. Ricordi di scuola…Chissà dove saràandato a finire quel libricino realiz-zato per il centenario dell’unitàd’Italia. era il 1961 e ne era statagratuitamente distribuita a ciascunalunno una copia, accattivante nellasua semplicità, con la copertina bianca e quella coccardatricolore, evocativa di copricapo rivoluzionari e dipatriottici moti popolari. titolo: “Gli ideali delRisorgimento”. Quanti di noi lessero quelle pagine?Quali potevano essere gli ideali affermati e quale l’in-tento divulgativo per un pubblico di giovanissimi stu-denti? Il Risorgimento, allora, per noi che andavamoalle scuole elementari e medie negli anni ‘60, era panequotidiano. L’insegnante di canto ci insegnava non solol’Inno di Mameli, ma anche quella canzone che faceva“…E la bandiera di tre colori sempre è stata la piùbella…noi vogliamo sempre quella, noi vogliam laLIBERTA’ ”. un canto memorizzato in un lontano passa-to e riaffiorato chissà come sulle nostre labbra, pocotempo fa, quando ci siamo sorpresi a canticchiarlo ainostri nipotini. Chi di noi non si è lasciato prendere daun impeto di commozione sull’onda di “Va pensiero

sull’ali dorate…” ? Quelle note ci eranofamiliari, perché riascoltate tante volte allaradio, o sentite risuonare in casa, quando siaveva la fortuna di avere un nonno che,seduto assorto accanto al suo grammofono,poggiava la “puntina” su uno dei suoi 78giri di musica lirica e ascoltava il celebrecoro del nabucco di giuseppe verdi. tutti

gli scolaretti di quinta elementare sapevano che vIvAveRDI significava viva vittorio emanuele Re d’Italia.e le poesie? un po’ a cantilena venivano recitati i versi

di Luigi Mercantini e della sua“Spigolatrice di Sapri”, dal tristeritornello: “Eran trecento, erangiovani e forti e sono morti”. tantierano i racconti che arricchivano lepagine del libro di storia, come quelbrano tratto da “Le mie prigioni”diSilvio Pellico, quella rosa diMaroncelli nel carcere delloSpielberg. Per non parlare di quelliche intramezzavano le pagine lette erilette del libro “Cuore”: la piccolavedetta lombarda… il tamburinosardo… Piccoli e grandi eroi. e poic’era il programma di Storia, con le

sue date da imparare e i fatti da ripetere con doverosaprecisione al maestro o al professore. Le società segretee i moti carbonari; Mazzini e la giovine Italia; Dio epopolo, pensiero e azione…vedevamo come in un film,alimentato dalla nostra fantasia, le barricate nel centro diMilano, quelle cinque giornate che avevano coinvolto ilpopolo tutto, uomini, donne, bambini, partecipi di unasommossa collettiva, catartica, un anelito di libertà chesi era acceso finalmente di fronte alla violenza repressi-va della dominazione austriaca. Avevamo tifato per ipatrioti che confidavano nella buona volontà di CarloAlberto (grazie per lo Statuto albertino!), ma che nonavevano saputo prevedere le sue incertezze, le sue esita-zioni; come anche era stata cocente la delusione per quelPio IX, il papa appena eletto e nel cui aiuto avevano spe-rato, attribuendogli una liberalità che forse non era sua.Figure grandi e significative, alle prese con eventi daicontorni appena delineati, dagli esiti ancora non ponde-rabili, più grandi di loro. eravamo affascinati all’ideadel triumvirato, Mazzini, Armellini e Saffi, e dellarepubblica romana, acerbo tentativo di un’agognatademocrazia per la quale con tanto coraggio si era e sisarebbe combattuto. Certamente ci interessava il sottilegenio politico di Cavour, foriero di ambiti successi incampo diplomatico internazionale. Ma l’eroe che predi-ligevamo, bello nella sua camicia rossa e impetuoso perle sue gesta, era garibaldi. Alla testa dei Mille era riu-scito a compiere il miracolo e l’Italia, a parte la questio-ne romana risolta con successo qualche anno dopo gra-zie ad altre concause, era unita da nord a Sud el’Aspromonte non era più un impervio massiccio dellapunta dello Stivale, ma era Italia, era comunque Italia.Ieri, forse, ancor più di oggi...

LA “NOSTRA”

ITALIA BELLA E PERDUTA

di Rosina Zucco

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9anniversari

Il 17 marzo 1861 il primo Parlamento italiano, riunitosia torino, come suo primo atto di assemblea approvavala legge in base alla quale vittorio emanuele assumevail titolo di “re d’Italia, per grazia di Dio e per volontàdella nazione” .Libertà, uguaglianza, fraternità, democrazia. La demo-crazia italiana nel 1961 aveva appena quindici anni e inostri genitori, i nostri nonni il percorso faticoso dellasua costruzione se l’erano vissuto sulla propria pelle, tradue guerre mondiali e una dittatura. una sorta di incon-scio collettivo trasmetteva certi input che noi ragazziriuscivamo a cogliere e che facevamo propri. non ave-vamo ancora la televisione in casa, ma leggevamo,ascoltavamo la radio. non eravamo passivi fruitori diimmagini in movimento. vivevamo la retorica dellecelebrazioni con naturalezza e non ci sarebbe mai venu-to in mente di contestarne la validità. obbedivamo confiducia, anche se non sempre volentieri, ai ripetuti no digenitori e insegnanti che guidavano la nostra crescita ederavamo consapevoli che dietro le loro parole ci fosserovalori importanti, rassicuranti.Quando è finito tutto questo? Quando abbiamo smessodi sognare, di sperare? La nostra “percezione” delRisorgimento italiano si è frammentata nella miriade diinformazioni che punteggiano il nostro quotidiano. Ilbombardamento mediatico ci frastorna, inducendoci amodalità di approccio con il passato e con il presentesempre più capillari, razionali, incalzanti; un modo dipensare per mappe concettuali, con tanti link che non ciappagano mai, perché non sono solo le informazioniquelle di cui abbiamo bisogno, ma è la motivazione alsapere, il bisogno di credere in qualcosa. Di credere nelfuturo e nella possibilità che il mondo possa finalmentecambiare. Ci chiediamo quale possa essere oggi l’ideadel Risorgimento per i ragazzi del terzo millennio e checosa i nostri giovani si stiano vivendo. nel mondo deisocial network è possibile un’ interconnessione reticola-re dei contatti e dei più diversi saperi culturali, semprepiù fitta, sempre più complessa. Ma è molto difficileanche soffermarsi ad approfondire. La curiosità deglistudenti è soddisfatta con immediatezza grazie ai nuovistrumenti didattici interattivi, alla LIM, a internet. tuttoè vissuto in fretta, fagocitato dal poi. Il Risorgimento èlontano. un trapassato remoto che incuriosisce solo selegato al gesto eclatante, d’impatto, come l’Inno diMameli chiosato brillantemente da Roberto Benigni alfestival di San Remo. Di contrappunto, la bellissimamostra dei Pittori del Risorgimento, allestita con grandecura a Roma presso le Scuderie del Quirinale, è passataquasi in sordina, le sale semideserte, nonostante la pre-senza di tanti artisti, nonché patrioti, testimoni deglieventi storici raffigurati nei grandi quadri, adagiati su undrappo tricolore che correva lungo tutto il percorso. unconcetto chiave legava tutte quelle opere: combattereper la libertà. Per concludere, a questo punto ci sembrano doverosealcune considerazioni, che inducono a superare l’ama-rezza per quella sonnolenta indifferenza e ci aprono allasperanza. Qualcosa di nuovo forse si sta muovendo. non

possiamo infatti rimanere insensibili di fronte a quantosta accadendo nell’Africa del Mediterraneo, una rivoltadi popolo, all’insegna di una richiesta, di un grido, “panee libertà”, nata proprio attraverso il tam tam di “facebook” e di “twitter” (chissà come avrebbe utilizzato que-sti mezzi giuseppe Mazzini!). e’ impossibile prevederel’evolversi degli eventi e non nascondiamo al riguardouna certa ansietà. Ma se crediamo nei “corsi e ricorsistorici” di vichiana memoria, forse non tutto è perduto eun Risorgimento potrebbe finalmente coinvolgere lenuove generazioni ad una presa di coscienza, accomu-nandole in un unico corale movimento di lotta per lalibertà, per i diritti umani, contro le disuguaglianze, con-tro la violenza, per un mondo di giustizia e di pace.

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ANRP E CITTADINANZA ATTIVA NEL 150°di Matteo Cammilletti

nel 2011 ricorre il 150° anniversario dell’unità d’Italia,150 anni di storia che hanno visto la nostra nazioneimpegnata su tutti i fronti: civile, militare, politico eculturale. Per una concomitante coincidenza, l’unioneeuropea ha deciso di dedicare quest’anno, il 2011, alvolontariato e alle forme di cittadinanza attiva. tuttitemi ai quali l’AnRP ha da sempre dedicato attenzionee per i quali quest’anno sta promuovendo in tutta la suacompagine nazionale incontri e iniziative, finalizzate ariflettere su questo duplice percorso. È questa, infatti,un’occasione da non perdere, utile e fruttuosa per l’op-portunità che offre di partire e ripartire dalla nostra sto-ria. L’AnRP vuole testimoniare, discutere e sottolineare ilfatto che l’Italia non è solo semplicemente il frutto di150 anni di macroscopici eventi politico-militari e disostanziali cambiamenti nel campo socio-economico,ma è anche la storia “scritta dal basso”da tante donne euomini che hanno, con il loro agire e il loro riflettere,allargato gli spazi di cittadinanza in questo paese. È allaloro memoria che sentiamo il dovere di dedicare unmomento di riflessione, prendendo le distanze dallequelle celebrazioni che, quando diventano ufficiali, ècome se fossero colpite dalla maledizione dei monu-menti: diventano monumentali, si ossidificano, si stac-cano dalle proprie radici fino a seccarsi. Il rischio dellecerimonie ufficiali è quello di raggiungere l’effettoopposto allo scopo che si propongono; è come se la loro

pesantezza favorisse più la rimozione che il ricordo, piùla voglia di oblio che il desiderio di sapere.L’Associazione, pertanto, non vuole che l’anno europeodel volontariato sia dedicato a sterili cerimonie, ma chesia invece occasione per offrire all’europa la descrizio-ne del modo che ha l’Italia di essere solidale. Per coniugare il binomio unità d’Italia e Italia solidale,nell’ambito degli incontri che l’AnRP intende organiz-zare su tutto il territorio nazionale saranno raccoltememorie e testimonianze, biografie, storie di donne e diuomini che con il loro agire, con il loro riflettere hannofatto in modo che i diritti, la tutela dei più deboli, l’in-clusione sociale, facessero parte della nostra storianazionale. obiettivo finale: realizzare un banner anima-to in Flash attraverso il quale far conoscere l’Italia di ierie di oggi con storie di vita, individuale e collettiva.Ricordare queste persone non è solo un gesto di omag-

gio, ma anche la dimostrazione che pensare alla ricor-renza dell’unità d’Italia significa parlare anche di inclu-sione sociale e di solidarietà. Ricostruire questo percorso storico, vuol dire rifletteresul significato che ha oggi l’agire solidale, sulle nuovesfide e le cambiate esigenze storiche; e in altre paroledalla memoria all’identità e dall’identità al futuro. undocumento, un punto di vista comune per presentarsi.Il percorso può essere riassunto con questo slogan: dagliuomini alla storia, dalla storia all’identità, dall’identitàalle azioni per il futuro.

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non da oggi mi chiedo quali siano lepotenzialità, attualmente ancora ine-spresse, delle associazioni combat-tentistiche, d’arma e di specialità nelconcorso alla realizzazione di unacrescita deontologica del personalemilitare in servizio, che sicuramenteavviene in via prevalente nel corsodella formazione iniziale e presso ireparti, ma che si arricchisce altresìattraverso esperienze e incontrisignificativi giorno dopo giorno. Midomando, inoltre, quale apportopossano fornire le stesse associazio-ni alla divulgazione dell’etica mili-tare a favore dei giovani che, nonnecessariamente interessati all’ar-ruolamento, guardano con simpatiaal nostro mondo.Certamente alcuni sodalizi, partico-larmente attivi per vocazione, dalungo tempo si segnalano comegelosi custodi della storia che espri-mono o delle tradizioni dell’Armad’appartenenza, talvolta rivestendoruoli d’avanguardia nella raccolta evalorizzazione di cimeli o nellagestione di monumenti o luoghidella memoria. È un bene quandociò avviene per iniziativa di singolesezioni, è ancor più positivo quandosi verifica per impulso o per affida-mento delle presidenze nazionali.

Accanto agli esempi positivi di“buone pratiche” si colloca peròanche, talvolta, una concezione di“vita associativa” che si esauriscesostanzialmente nella partecipazionealle cerimonie con il labaro e nellamera amministrazione sezionale.Questa breve riflessione vorrebbequi incentrarsi sulla necessità diestendere la militanza dell’associa-zionismo militare nella società, alloscopo di alimentare ulteriormente leenergie spirituali dei giovani attual-mente alle armi e di far conoscere aun più vasto pubblico le basi etichedella professione militare. A questoproposito sono convinto che l’asso-ciazionismo possa darsi degnamenteil compito di affiancare l’Istituzionemilitare, in maniera sistematica,nella divulgazione e trattazione ditematiche deontologiche, per contri-buire ad affermare la consapevolez-za che la professione militare èsostenuta da un’etica robusta, laquale impegna l’intera esistenza dichi la accetta facendo ingresso inuna vita lavorativa davvero atipica.Sarebbe importante che ogni voltache si parla di etica militare si ram-mentasse pubblicamente che la cre-dibilità delle nostre Forze Armatenel dopoguerra deriva in larga parte

dalla scelta resistenziale di moltisuoi appartenenti – di carriera, dicomplemento e di leva – che hannocontribuito all’opzione democraticadella nostra nazione. Sarebbe inoltreproficuo stabilire un intreccio fra letematiche etiche – a partire da quellepiù generali – e le tradizioni chehanno contribuito a costruire l’iden-tità dei militari italiani.Il punto di partenza per qualsivogliainiziativa va individuato nelle finali-tà generali dello strumento militareitaliano, come ridefinite dall’art. 1della Legge 14 novembre 2000, n.331. Questa recita, al comma 1, che«le Forze Armate sono al serviziodella Repubblica»: dunque per chi,dalla posizione di congedo, intendefarsi promotore di un sano rapportocon le Forze Armate, il primo valoreda divulgare, sostenere e difendere èl’apoliticità del personale militare(un tema che, assieme alla relativa-mente collegata opzione professio-nismo/coscrizione, rimase a lungo indiscussione nel dopoguerra). Inoltrela medesima legge, ai commi suc-cessivi, definisce tre ambiti specificidi impiego: «[…] 3) Compito priori-tario delle Forze armate è la difesadello Stato. 4) Le Forze armatehanno altresì il compito di operare al

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L’ASSOCIAZIONISMO COMBATTENTISTICO ED’ARMA: I VALORI DELLA PROFESSIONE MILITARE

di Alessandro Ferioli

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fine della realizzazione della pace edella sicurezza, in conformità alleregole del diritto internazionale edalle determinazioni delle organizza-zioni internazionali delle qualil’Italia fa parte. 5) Le Forze armateconcorrono alla salvaguardia dellelibere istituzioni e svolgono compitispecifici in circostanze di pubblicacalamità e in altri casi di straordina-ria necessità ed urgenza».Da qui, perciò, bisogna muovere nelrapportarsi all’opinione pubblica,poiché questi sono i fondamentilegislativi che legittimano oggi l’esi-stenza e l’operato delle nostre ForzeArmate. Poi si può discutere l’im-piego che dei nostri soldati viene divolta in volta fatto: ma ancheun’eventuale contrarietà aperta aspecifiche missioni deve esserericondotta alle scelte politiche delParlamento e non strumentalizzataper negare l’etica dei militari o –peggio – propagandare l’inutilitàdelle Forze Armate. Anzi, tantoimportanti sono i loro compiti istitu-zionali, e così essenziali alla sicurez-za della nazione, che non possonoessere svolti avendo come orienta-mento soltanto le leggi dello Stato, iregolamenti e la relativa giurispru-denza: infatti anche una perfettaconoscenza dei testi che normano leprocedure e i comportamenti su unpiano strettamente giuridico, stabi-lendo oggettivamente obblighi eresponsabilità personali, non puònon essere sostenuta da una dimen-sione interiore trasformatasi in veroe proprio stile di vita. Sicché – comeho già scritto più volte – l’etica mili-

tare, in una società come quellaodierna, complessa e soggetta amutamenti rapidi e profondi, conti-nua a porsi come un punto di riferi-mento saldo su ciò che intendiamoconservare del passato, ma soprat-tutto come un fondamentale regola-tore pedagogico e culturale dellamodernizzazione dello strumentomilitare, che ci mostra come siamodisposti a muoverci, e con qualivalori, fra le tante alternative possi-bili, mantenendo una sostanzialefedeltà ai valori di sempre.Lo scenario che attualmente ci siprospetta è quello di un pianeta dovei nostri soldati sono chiamati a inter-venire non soltanto con una profes-sionalità valida sotto il profilo tecni-co e nel pieno rispetto del diritto, maanche con la disposizione d’animodi chi opera in difesa della persona,allo scopo di riconsegnare ai sogget-ti più deboli i principî della dignità edell’integrità umana, spesso in situa-zioni sociali gravemente disgregate,dove i diritti e i doveri di cittadinan-za non sono attuati né fanno partedella cultura locale. In tale contesto,la deontologia professionale – vera epropria stella polare di militariesemplari – si pone oggi a garanziadel perseguimento di valori positivi,consentendo la piena e consapevoleattuazione delle norme statuali invista del bene comune.Dico subito che, se vogliamo inter-cettare i giovani su argomenti etici –oggi – dobbiamo impegnarci nellavalorizzazione delle esperienzematurate nelle missioni all’estero.Se le operazioni internazionali

hanno fatto incontrare i nostri solda-ti con popoli diversi, richiedendo unefficace coordinamento con autoritàcivili e militari locali e di altri Stati,provocando interazioni positive escambio di esperienze, è dunqueopportuno che anche tutto ciò che dibuono è stato compiuto negli ultimidecenni si trasformi in tradizione, eche come tale sia rielaborato nellamemoria dei reparti e amorevolmen-te raccolto dalle associazioni com-battentistiche e d’arma. Dunque,occorrerebbe a mio avviso dare piùampio spazio, nella progettualitàassociativa, alla raccolta e alla pub-blicazione di una memorialisticaspecifica sulle missioni all’estero(da rendere evidente nei siti Internetdelle associazioni stesse), a confe-renze con proiezioni di diapositive efilmati, a manifestazioni e rievoca-zioni significative, alla celebrazionedei Caduti in azione, a riflessionicapaci di fornire ampie visioni d’in-sieme, sostenendo comunque sem-pre l’impegno di costruire e definireun patrimonio culturale comune, cherichiami e rafforzi i valori e le normemorali di riferimento. L’integrazionepiù opportuna e apprezzabile, invista delle iniziative pubbliche,sarebbe sempre quella tra Istituzionemilitare, associazioni combattenti-stiche con il loro specifico apporto eassociazioni d’Arma/Specialità.Le associazioni, nella loro qualità dimediatrici tra militari in servizio, incongedo e società civile, potrebberoinoltre valorizzare le feste d’Arma,di Corpo e di Specialità per aprire aun più vasto pubblico le proprie tra-

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dizioni, attraverso conferenze/con-vegni su temi deontologici, median-te approfondimenti su problemi ine-renti a compiti specifici d’impiego especialità professionali, e con la pre-sentazione delle migliori pratichesperimentate a livello di reparto.Ricordiamoci che quando i giovanisi avvicinano all’ambiente militare èperché esso desta un’aspettativa chenon è individuabile soltanto nellatecnologia o nella retribuzione: essisperano di imparare, di cre-scere, di scoprire cose nuove,di trovare un “senso”, offren-do in cambio il proprioimpegno e gli anni tra i piùimportanti della loro vita.Chi ha l’opportunità di avvi-cinarsi ai giovani rivestendouna carica associativa, osemplicemente indossandola cravatta del sodaliziod’appartenenza, ha da partesua il compito di indicareloro una “strada” possibile:perciò non può mai permet-tersi di essere banale. Lastrada a cui mi riferisco èquella dell’etica militare, checi aiuta a individuare proprioquel “senso” delle azionicompiute in uniforme cuialludevo poc’anzi: se altriaspetti della formazionerispondono ai “che cosa” e“come”, è soltanto la dimen-sione deontologica che dà rispostacompiutamente ai “perché”, permean-do così anche tutto il resto di un signi-ficato più profondo e consapevole.È però necessario dare spazio all’at-tualità, a mio avviso, anche per favo-rire uno scambio sempre più profi-cuo sul piano internazionale. Dietroalle persone che operano all’esterova riconosciuta un’etica militaredecisamente più “moderna” rispettoa quella a noi più consueta: un’eticacertamente nutrita del passato mameglio adeguata, forse, alle esigenzedi un incontro con le diversità,impostata sulla base del rispettodella dignità umana e della “sacrali-tà” della persona in tutte le dimen-

sioni che la compongono. È inoltresul livello mondiale che avvienel’integrazione fra le truppe di diversiStati, in un contesto dove il dirittosopranazionale regola le decisionidei comandanti e i comportamentidei singoli militari, ma dove èsostanzialmente ancora l’etica acostituire l’elemento unificante piùprezioso, capace di amalgamare,all’insegna di propositi nobili, uomi-ni e donne provenienti da contesti

molto eterogenei per tradizioninazionali, sensibilità sociali, abitudi-ni alimentari, vissuti ideologici eprofessioni religiose.È soltanto con l’approfondimento eil rafforzamento della conoscenzareciproca che si può rintracciare erealizzare una tradizione identitariamilitare che ci accomuni con i pro-fessionisti militari degli Stati amici.Declinata in una prospettiva tran-snazionale, l’appartenenza a unastessa Forza Armata, Arma oSpecialità concorre già di per sé adagevolare, pur nella varietà dei luo-ghi d’origine, la scoperta di unacondivisione di tradizioni. gliscambi in tal senso già avvengono

nella formazione e nell’espletamen-to dei compiti d’istituto di una partesempre più consistente del persona-le in servizio, seppur forse con unafrequenza ancora insufficiente a farparlare di piena integrazione. Permuoversi nella direzione auspicataresta perciò da incrementare laconoscenza delle memorie d’Armaspecifiche dei colleghi stranieri,promuovendo al tempo stesso ancorpiù le nostre in tutte le sedi interna-

zionali possibili.La conseguenza principaledi uno sforzo di tal generesarebbe senz’altro, a mioavviso, una migliore cogni-zione della “cultura milita-re” dei partner coinvolti e,quindi, una più fedele com-prensione del loro specificoapproccio a operazioni e adazioni di comando e delleloro peculiari modalità ope-rative nell’affrontare e risol-vere (o meno) i problemi enell’accostarsi alle popola-zioni locali e alle diverseparti in gioco. Ciò si rivelaancora più importante se siriflette che, nelle odiernemissioni, anche dopo averraggiunto la superioritàmilitare si è il più delle volteben lontani dalla conclusio-ne delle operazioni, poiché aquesta tiene dietro l’impiego

continuativo della forza militare perla stabilizzazione e la ricostruzionedel territorio. e in quest’ultima fase– spesso tutt’altro che breve –meglio si esprime, forse, lo specificoapporto “nazionale”, che riflette lasensibilità civile del popolo d’appar-tenenza.Perciò vanno sviluppati, in tal senso,quei fatti storici e quei valori dellatradizione che concorrono realmentea costruire uno stile di vita che trovala più evidente esplicazione in sedeoperativa. In tutto ciò, un maggiorecoinvolgimento dell’associazioni-smo nel processo di “passaggio deltestimone” sarebbe senz’altro positi-vo e utile a tutti.

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Pochi conoscono quella sentenza della Corte Costituzio-nale tedesca che subordina i regolamenti e le direttive dell’unione europea, nonché le sentenze della Corte digiustizia europea, al sindacato della Corte Costituzionalegermanica, il quale consente al cittadino tedesco di chie-dere giustizia alla stessa senza la mediazione di alcungiudice che riconosca fondata la ragione di quisque de

populo.Il mondo occidentale e, su delega delle nazioni unite,l’europa avevano la responsabilità di creare una fascia distabilità per la sicurezza e la prosperità nell’area balcanicae mediterranea, anche al fine di garantire la sopravvivenzanecessaria dello stato d’Israele.L’unione europea ha interpretato la sua missione soste-nendo i cosidetti paesi moderati in ogni modo e proponen-do un modello di sviluppo di tipo europeo e cioè la crea-zione di un ceto medio laico e borghese, abbarbicato nelladifesa delle posizioni raggiunte, di fatto esprimente il cetodominante; incapace di creare  vere occasioni di svilupposostenibile, compatibile e sistemico, ma teso solo al perse-guimento di una accumulazione finanziario capitalistica,spesso investita al di fuori del territorio di originaria pro-venienza. Si potrebbe forse parlare di autoriciclaggio: è ilcaso della grecia, per esempio, in piena violazione delpensiero solidale di stampo cattolico e islamico.La borghesia, divenuta modello di riferimento nel compor-tamento sociale di tutti i paesi, ha portato all’inurbamento,alla massiccia uniforme scolarizzazione, al bisogno di unlavoro capace di produrre reddito, per dare la sensazione diessere finalmente uguali nell’uniformità del vestire, delmangiare, dell’agire, trascurando la qualificazione delsaper fare e la relativa conoscenza anche sapienzale.Intanto il sistema paese andava finanziato; ma dal momen-to che il ceto dominante tendeva a eludere, se non ad eva-dere, per costituire disponibi-lità all’estero,   l’amministra-zione finanziaria, timorosa dipoter guardare alle renditefinanziarie, attacca la piccolaborghesia. e lo fa con tutta lasua kafkiana potestà d’impe-rio, fondata su una legisla-zione speciale che priva il cit-tadino delle guarentigie costi-tuzionali, che assume diavere ragione per definizioneautoreferenziale, al di là diqualsiasi atto pubblico su cuiil cittadino contribuente

possa fondare il proprio diritto, al di là di qualsiasi docu-mento probatorio disponibile nelle evidenze della pubblicaamministrazione che si   chiami, come per esempio inItalia, agenzia del territorio o cassetto fiscale; pretendepagamenti a mezzo di infondati e approssimativi accerta-menti, lasciando al cittadino il compito di pagare avvocati,sempre che ne abbia il coraggio, la pazienza e la disponi-bilità finanziaria, libero di ricorrere alle varie sedi giurisdi-zionali competenti. Il piccolo ceto professionale e  produttivo che ha investitonel lavoro proprio, nella qualità specialistica dello stesso,nella dignità dei percorsi formativi fatti nel territorio daipropri figli, non potendosi loro pagare le accademie inglesi,statunitensi e francesi, schiacciato dalla forma di governopresente e dalle sue vessazioni organizzate, esplode inermee mite nelle piazze della libertà, via Ben Ali, via Mubarak,via domani altri, che certamente non comprendono il passodella storia che non hanno avuto il tempo di digerire:  i pic-colo borghesi di Londra e Carlo I°, i piccolo borghesi diFrancia e Luigi Capeto, i gandhi e i borghesi di Boston.Ben venga la nuova germania con la sua carta costituzio-nale, quel paese che con il concilio di Hagenau condannavaa morte chiunque avesse accusato il popolo ebraico, maerano i tempi dell’imperatore Federico II° , stupor mundi epuer Apulie, a chiedere che il debito pubblico deve esisteresolo in stringati limiti, fissati dalla costituzione; ben vengaun cittadino contribuente garantito dalla costituzione edifeso dalla sua Corte Costituzionale, direttamente e senzamediazioni dalle vessazioni del potere che ignora le normeche dovrebbe applicare, atteso che,  come sembra afferma-re la corona inglese e la normativa tedesca vigente, memo-re anche di Rosa e di Hans, è il cittadino a formare lo Statoe non lo Stato a ridurre i diritti soggettivi e inalienabili ameri interessi legittimi ben poco meritevoli di tutela.

Se mai dovesse avvenire unatale riorganizzazione epocalee onnicratica, forse sarannogarantite la sicurezza e laprosperità dei cittadini equindi dei contribuenti che,alla maniera inglese, chiedo-no la destinazione data a cia-scun centesimo speso e, nonme ne voglia Sua Maestà, seoso citare l’esempio della suavera democrazia partecipati-va, non solo cantata, comeavviene da queste parti medi-terranee.

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LA RESPONSABILITÀ E L’ARROGANZAdi Vincenzo Porcasi

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nell’ambito delle iniziative per unacultura giuridica armonizzata dei cit-tadini che si contraddistingua per ilrispetto dei diritti umani, dell’am-biente, delle pari opportunità e per lacooperazione e la solidarietà tra ipopoli, in un frangente di particolarecrisi per il nord Africa e, di conse-guenza, per l’intero Mediterraneo,l’AnRP, d’intensa con qualificatipartners nazionali e di otto paesidell’area Mediterranea-Balcanica-Mar nero, ha promosso, nel corso delSeminario tenutosi nei giorni 4 e 5marzo 2011 a villacidro (Sardegna)la costituzione di un osservatorioInternazionale per il DialogoInterculturale e Sociale.Il coinvolgimento di paesi comeItalia, tunisia, Libia, Romania,Albania, Slovenia, Croazia, Serbia,egitto, si è profilato come particolar-mente importante, nell’attuale qua-dro, ai fini del recupero della libertà edell’uguaglianza sociale, anche tra-mite il dialogo politico, economico,sociale e culturale, che persegua fina-lità di democrazia economica e socia-le partecipata dai cittadini a livelloterritoriale, specie quanto al rapportotra istituzioni e società civile. Lelacune imputabili all’assenza di unparadigma di riferimento condiviso alivello globale avallano la cernita dinuovi e mirati approcci in tal senso,suscettibili di aggregare un comunesentire trasversale e dal basso e, quin-di, di fornire una risposta partecipati-va frutto di sinergie adeguatamenteconcordate tra i diversi attori.All’evento hanno contribuito con laloro partecipazione esponenti delmondo politico, diplomatico, accade-mico, economico e culturale: S.e.Mons. Domenico Mogavero, già vice-Presidente della Conferenzaepiscopale Italiana e Presidente del

Centro Mediterraneo di StudiInterculturali, S.e. Mons. giovanniDettori, vescovo della Diocesi di Ales-terralba, Mons. Angelo Pittau, neopresidente del CIDIS, il Prof. vasilePuşcaş, già Ministro della Romania peril negoziato con l’unione europea eMinistro per le Politiche Comunitarie,il Prof. Darko tanaskovic, giàAmbasciatore della Serbia presso laSanta Sede e il Sovrano ordineMilitare di Malta, l’on. Aurelio Juri,già Parlamentare ed europarlamentaresloveno, il Prof. Alberto gasparini,Direttore dell’Istituto di SociologiaInterna-zionale di gorizia, i Professori

giovanni Bechelloni, dell’ Ateneo fio-rentino, gianluigi Cecchini e vincenzoPorcasi, dell’Ateneo triestino, ernesti-na giudici e Roberto Malavasi,dell’Ateneo cagliaritano, Michelegutierrez, dell’Ateneo sassarese,Liborio Furco, dell’Ateneo palermita-no, il Dottor Luan Pustina, dell’As-sociazione nazionale albanese incuba-tori d’impresa, il Sen. Habib Mastouri,direttore de “Il Dialogo Mediterraneo”giornale dei tunisini nel mondo e ladelegazione dell’AnRP, capeggiata dalProf. enzo orlanducci, coadiuvato daidottori giuseppe Puligheddu ed emiliogardini.L’armonizzazione effettivamentecomplementare verso un contesto dipace e prosperità diffusa e condivisapassa difatti non solo per il recuperodei livelli e dei valori delle relazionieconomiche e commerciali ma ancheper l’inclusione sociale e lavorativadei flussi migratori, la sinergia dellepolitiche alimentari e di sicurezza ali-mentare, il microcredito nella funzio-ne di strumento di opportunità di red-dito, di prospettiva di riscatto socialee, quindi, di democratizzazione disocietà altrimenti oligarchiche; essaagisce inoltre in qualità di viatico perserie opportunità di sviluppo sosteni-bile dell’economia reale, legate a unarinnovata concezione delle politicheambientali e, in primis, del capitaleumano, a fondamento di quell’econo-mia solidale che sempre più risulta ilpercorso utile per il raggiungimentodi quegli obiettivi del Millennio chenon appaiono ulteriormente procra-stinabili nell’azione delle nazioniunite, dell’unione europea e, soprat-tutto, delle società civili, che ne sonoal contempo il maggiore protagoni-sta, il maggior beneficiario e il moto-re dei valori universali e dei dirittiumani che li ispirano.

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UN OSSERVATORIO INTERNAZIONALE PER IL DIALOGO INTERCULTURALE E SOCIALE

di Giuseppe Puligheddu

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16tra storia e memoria

LE OPERAZIONI DEL SOE PER ROVESCIARE IL DUCE

di Massimo Coltrinari

In piena guerra venne creata, dalla fusione di tre preesi-stenti organismi che si occupavano della sicurezza nazio-nale, una branca di intelligence britannico, denominataSpecial operations executive (Soe), cui venne affidato ilcompito di gestire le covert operations e dirigere i movi-menti di resistenza armata nei territori occupati dai tede-schi. Anche all’Italia questo organismo riservò una grandeattenzione e cercò di stabilire contatti con quasi tutti i set-tori dell’opposizione al regime, dall’antifascismo azionistasino alla fronda istituzionale.Il ruolo svolto dai servizi segreti inglesi per la destabilizza-zione del regime fascista e i rapporti stabiliti con ambientidella Resistenza in Italia sono stati oggetto, a partire dallaseconda metà degli anni ottanta, in coincidenza con l’aper-tura degli archivi inglesi, di numerosi e rigorosi studi, maanche, purtroppo, di servizi giornalistici semplicistici, fon-dati sull’utilizzazione acritica di documenti spesso diseconda mano. Ai lavori di Massimo De Leonardis su Lagran Bretagna e la Resistenza Partigiana in Italia (elsevier,1988), di tommaso Piffer su gli Alleati e la Resistenza ita-liana (Il Mulino, 2010), di Mauro Canali su Leo valiani eMax Salvadori. I servizi segreti inglesi e la Resistenza(nuova Storia Contemporanea, 2010) si aggiunge ora unimportante volume di Mireno Berrettini, dal titolo La granBretagna e l’antifascismo italiano. Diplomazia clandestina,intelligence, operazioni speciali (Le Lettere) in libreria afine mese. Si tratta della prima parte di una meticolosaricerca sulla politica della gran Bretagna nei confrontidella resistenza partigiana in Italia fino al 1945, effettuatada uno studioso che ha setacciato gli archivi inglesi e quelliitaliani con un rigore metodologico e una intelligenza cri-tica che gli hanno consentito di evitare il rischio di sempli-ficazioni e generalizzazioni.uno dei risultati più significativi del lavoro sta nell’avercolto l’esistenza di una pluralità di linee politiche e diapprocci strategici nei confronti dell’antifascismo italianoall’interno dei vari organismi di intelligence e di altri set-tori dell’amministrazione britannica. Le posizioni, per

esempio, di Baker Street (cioè dello Special operationsexecutive) e quelle del Foreign office erano spesso diver-genti e alcune iniziative, studiate o sponsorizzate all’inter-no dell’una o dell’altra struttura, erano addirittura ascrivi-bili all’attivismo individuale e circoscritto di alcuni funzio-nari. vi era, poi, in linea generale, una valutazione profon-damente diversa da parte di Baker Street e del Foreignoffice nei confronti dell’atteggiamento da riservareall’Italia. Lo Special operation Service, in realtà, avevacominciato a interessarsi in maniera davvero concretadell’Italia (anche se erano state coltivate da tempo, senzagrandi successi, relazioni con il fuoruscitismo negli Statiuniti), più o meno, a partire dal marzo 1943, quando cioèl’ormai prevedibile vittoria in Africa settentrionale rendevanon solo plausibile ma addirittura prioritaria la prospettivadi uno sbarco nelle isole italiane e di una avanzata lungo lapenisola che avrebbe dovuto concludersi con la capitola-zione di Roma. L’attivismo del Soe, per la verità, venivaguardato con perplessità dal Foreign office, dal WarCabinet e da altri ambienti istituzionali per più motivi. Inprimo luogo, perché le operazioni iniziali messe in piedidal Soe, dai tentativi di «reclutamenti» fra i prigionierialle attività sovversive imbastite durante il primo trienniodi guerra, non avevano dato risultati soddisfacenti. Insecondo luogo, perché certe «simpatie» italiane all’internodel Soe confliggevano con l’indirizzo politico, sostanzial-mente «punitivo», adottato dal Foreign office e fatto pro-prio dall’intero War Cabinet nei confronti dell’Italia. AlSoe, in sostanza, si lasciava mano libera solo per avviarecauti sondaggi operativi con quanti si dimostravano dispo-nibili a collaborare con gli inglesi.Ambiguità e incertezza, insomma, caratterizzarono, permolto tempo, i contatti segreti con l’antifascismo. Dallaseconda metà del 1942 e all’inizio del 1943 crebbero for-temente le quotazioni del maresciallo Badoglio. Il Foreignoffice nutriva scarsa considerazione per il conte Sforza,leader naturale dell’emigrazione antifascista ma senzaseguito nella penisola, e aveva, invece, un «occhio di

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riguardo» per Badoglio, visto come personalità «critica»nei confronti del regime e, certo, più forte. Si prestò atten-zione - e ve n’è traccia in rapporti informativi - a voci diuna possibile assunzione del potere da parte del Principe diPiemonte assistito da un triumvirato composto daBadoglio, Bottai e grandi, al punto che si decise di provarea stabilire un collegamento con Badoglio, destinato poi afallire.Più consistenti furono i contatti del Soe col partitod’Azione a ridosso del 25 luglio e, poi, tra il 25 luglio e l’8settembre 1943. essi si concretizzarono nelle «missioni»,ricostruite in dettaglio da Berrettini, del console di Lugano,Filippo Caraccio duca di Melito, e di ugo La Malfa aLondra. Sempre nell’estate del 1943, il Soe, grazie all’in-teressamento di Dulles, aprì un contatto con l’industrialeAdriano olivetti, ritenuto particolarmente adatto per la suaascendenza ebraica e per le sue assicurazioni di antifasci-smo, testimoniate, malgrado l’affiliazione al Pnf nel 1933,da una serie di attività contrarie al regime e dalla sua con-tiguità con gli ambienti di giustizia e Libertà. olivetti fornìagli inglesi un quadro prezioso della «fronda» moderatache andava da Badoglio a Ivanoe Bonomi, dalla

Principessa di Piemonte al maresciallo d’Italia enricoCaviglia fino al generale Cadorna, tuttavia consideratotroppo legato a umberto. La collaborazione fra il Soe el’industriale non portò grandi frutti perché gli interlocutoriavevano visioni diverse: olivetti pensava a una soluzionepolitica - giunse persino a giocare la carta del «coinvolgi-mento» della Santa Sede come possibile intermediario dicolloqui tra la Famiglia Reale italiana e il governo britan-nico - laddove, invece, il Soe si era convinto che si doves-se ormai puntare sulle azioni sovversive e su una «nonopposizione» all’invasione. Dalla ricostruzione, effettuatacon puntigliosa cura da Berrettini, di covert operations,«diplomazie clandestine» (emilio Lussu e PietroBadoglio), «missioni» (Caracciolo, La Malfa, olivetti) evia dicendo emerge un quadro pieno di chiaroscuri centratosull’immagine di un antifascismo, in particolare il fuoru-scitismo, spesso velleitario e di una gran Bretagna prigio-niera di pregiudizi e stereotipi sugli italiani. Ma emergeanche il fatto che, alla lunga, nel dopoguerra, le relazioniprivilegiate con gli inglesi, stabilite in quel periodo, avreb-bero dato i loro frutti.

UN TRISTE E GLORIOSO PARALLELOLERO 15 - 16 NOVEMBRE 1943

FERRARA 15 - 17 NOVEMBRE 1943

di Ferruccio Ferrucci

gli avvenimenti più importanti deitre giorni di metà novembre 1943,quelli che hanno lasciato un partico-lare segno nella storia dellaResistenza, sono la caduta dellaguarnigione di Lero del 16 novem-bre e gli eccidi ferraresi del Castelloe del Doro del 15 e 17 novembre. Senza entrare nel tema rigorosamen-te militare del primo evento ed inquello politico e sociale del secondo,non è mai superfluo sottolineare iltragico parallelo che corre tra l’uno el’altro per la efferatezza dei “giusti-zieri”, che a Ferrara furono i fascistidella “repubblica” di Salò e a Lero isoldati di Hitler, gli uni e gli altrianimati dallo spirito di violenza e divendetta.La “lunga notte” del ’43 di Ferraranon fu dissimile da quella di Lero,

dove le truppe naziste fecero scem-pio, dopo la cattura e dopo la resa, diundici ufficiali, rei di avere resistitocontro la loro invasione. A Ferrara

uguale sorte fu riservata alle perso-nalità più quotate del primo e delsecondo Comitato di Liberazionenazionale, (C.L.n.) che dalla cittàestense prese le mosse per sviluppar-si in tutta l’Italia settentrionale, ini-ziando e concludendo il movimentopiù vasto del Popolo italiano con lasua definitiva liberazione dal fasci-smo e dal nazismo.Ci vollero due anni per uscire dallaguerra ed un terzo per la vittoriadella democrazia e la nascita dellaRepubblica con radici tanto forti,che i tentativi eversivi degli annisuccessivi non sono riusciti a farealtro che sfociare in un profondosenso di marezza, dopo aver deter-minare ancora morte e lutti in unaoscura trama ancora allo studio dichi di dovere.

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Fallito il piano di “seminazione arti-ficiale” della discordia, i nemici del-l’ordine democratico si sono datianima e corpo per la nascita d’unanuova Repubblica, la “seconda”,regolata da una nuova Costituzione.Morta, secondo loro, la Repubblicanata dalla Resistenza, che è stata edè volontà concreta della maggioran-za del Popolo italiano, si dovrebbedare vita ad una diversa Repubblica– alle repubbliche, secondo i fautoridelle leghe – partorita dalla loroviscerale ostilità alla giustizia e allapace. Da qui emerge sempre più evi-dente intervenire concretamente ecostantemente specie sui giovani,allo scopo di coinvolgerli negli idea-li di veri cittadini, coscienti dei dirit-ti e dei doveri sanciti dallaCostituzione del 1947. non è forseallo studio dei responsabili delMinistero della Istruzione l’introdu-zione del Diritto in ogni istitutosecondario superiore? e alle normegiuridiche che regolano i rapportipubblici e privati non fa capo laCostituzione? Se fino ad oggi la curadi pochi e scrupolosi insegnanti èstata resa vana dalla trascuratezza odalla indifferenza di molti, spessogiustificata e non sempre a tortodalla farraginosa mole dei program-mi scolastici, ben venga il nuovomovimento a porre in primo piano lalettura sistematica e l’illustrazionedei 139 articoli della Costituzione,che, una volta assimilata, potrà esse-

re richiamata dai giovani in modonaturale, istintivo, deciso ed univocoanche tra gli anziani, affinché nonsia più negletta o anche violata ecomunque non rispettata. Anche seciò non basterà per stanare i denigra-tori della Resistenza, che si masche-rano dietro lo schermo della campa-gna di modifica o revisione dei prin-cipi stessi della nostra legge fonda-mentale senza averli mai appresi edassimilati e molto spesso, senzaaverli neppure letti. nostro compitoprimario rimane la difesa dellaCostituzione contro qualsiasi tristedivisione dei cittadini, continuandoa lottare per lo sviluppo della demo-crazia.

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19sentenze

La Prima sezione civiledel tribunale di Bresciaha disposto, con ordi-nanza del 12 gennaio eresa nota il 22 febbraio2011, l’accoglimentodell’istanza di remissio-ne alla Corte di giustiziadell’unione europea ela sospensione del giudi-zio relativo ai cosiddettiex ‘Schiavi di Hitler’. La vicenda riguarda lerichieste di risarcimentoavanzate dai reduci dei campi di lavoro nazisti e dai loroeredi. Da Mantova sono partiti due processi: il primoriguarda le richieste avanzate da Spartaco gamba, già pre-sidente della Federazione provinciale AnRP, recentementescomparso, e da 40 ex militari deportati in germania dopol’8 settembre 1943. Il secondo è il processo Currà, capofi-la di altri 40 e passa ex schiavi di Hitler. unica differenzatra i due procedimenti è la data d’inizio: dicembre 2008 ilprimo, un anno dopo il secondo. Cosa chiedono i reduci ei loro eredi? Di essere risarciti per quei due anni trascorsida prigionieri militari (si tratta infatti di ex soldati del-l’esercito Italiano) a lavorare in stato di schiavitù nelleindustrie belliche tedesche. L’avvocato Joachim Lau ha giàabbozzato una richiesta risarcitoria, ovvero che ai reduci eai loro eredi il governo tedesco paghi lo stipendio di dueanni di lavoro, rivalutato secondo i parametri monetariattuali (la cifra calcolata è di 100 mila euro a testa). Larichiesta dell’avvocato Lau è basata su una sentenza del tri-bunale di torino che, per una causa analoga, ha liquidatocon 20 mila euro il risarcimento all’unico richiedente.La germania sostiene che i tribunali italiani sono incompe-tenti nella vicenda degli ex schiavi di Hitler e solleva, trale altre eccezioni, quella di immunità.I giudici bresciani – si legge nell’ordinanza – hanno ritenu-to meritevole di accoglimento la richiesta di rimessioneall’organismo di giustizia europeo, anche alla luce dellaprecisa richiesta degli attori i quali ”al pari di questotribunale ritengono necessaria, oltre alla pretesa del risar-cimento chiesto, anche una puntualizzazione sulla questio-ne dell’immunità, eccepita in relazione anche alla legisla-

zione europea oltre che atrattati internazionali”.Senza dimenticare ”l’ef-fettiva complessità dellamateria trattata, che havisto anche decisioni ditribunali italiani avver-se e quindi decisioni inmerito affatto univo-che”. Pertanto, concludeil documento, iltribunale di Brescia”dispone la sospensionedel presente giudizio.

Manda alla Cancelleria per la trasmissione della presenteordinanza e degli allegati alla Corte di giustiziadell’unione europea”. I giudici lussemburghesi sono quin-di chiamati a decidere sulle eccezioni di immunità eincompetenza sollevate dalla Repubblica Federale tedescariguardo al procedimento promosso dai mantovani reducidei lager nazisti. La decisione, riguardo al processo schiavi di Hitler-bis, orasospeso, non potrà non ripercuotersi su quello in diritturad’arrivo (si fa per dire) per l’aprile del 2012, data chepotrebbe di fatto essere procrastinata perché non si sa perora quando i giudici lussemburghesi delibereranno se laquestione è o non è compatibile con il trattato di Lisbona.Il ricorso presentato dagli avvocati Arria, Lau, e Soldà puòessere letto in due maniere: da un lato la volontà di chiarirecompetenze e responsabilità, dall’altro un modo per parareil colpo del governo tedesco (e italiano), dove quello diBerlino ha sollevato le medesime questioni alla CorteInternazionale di giustizia dell’Aja, sollevando il giudiziocontro l’Italia. In questa sede la controversia riguarda glistati e di fatto esclude dalla discussione le parti in causa aBrescia, che tornerebbero in gioco con il ricorso lussem-burghese; sempre che la germania non si avvalga di quellaprerogativa, che pochi conoscono, che subordina i regola-menti e le direttive dell’ unione europea, nonché le senten-ze della Corte di giustizia europea, al sindacato della CorteCostituzionale germanica, che invece consente al cittadinotedesco di chiedere giustizia alla stessa, senza la mediazio-ne di alcun giudice che riconosca fondata la ragione di qui-

sque de populo.

EX SCHIAVI DI HITLER

IL TIBUNALE DI BRESCIA RIMETTEALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE

di Germano Slaviero

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20cronaca e foto-cronaca

AROSIO (CO)

gli alunni dellequinte classi dellascuola elementare“Casati” hannocoinvolto gli aro-siani in un profon-do momento di

riflessione sul tema del giorno dellaMomoria.nell’auditorium comunale hannopresentato lo spettacolo “Io ho dettono” ovvero la storia di LuigiMolinaro, schiavo di Hitler.Molinaro ha raccontato la sua espe-rienza ai bambini, è stata la figliaMariuccia, insegnante, a seguirepasso per passo tutto il lavoro con-dotto sia in classe che fuori. “Quelloche abbiamo voluto fare – spiega – èraccontare che oltre alla Resistenzaarmata, è esistita anche unaResistenza silenziosa, fatta da 650

mila militari che dopo l’8 settembre,dissero “no!” e quindi furono cattu-rati e internati”.I campi di lavoro coatto raccontatida chi li ha vissuti in prima persona,un’esperienza forte, ma senza dub-bio dal forte valore educativo per ibambini.

GENAZZANO (ROMA)

Sabato 29 gennaio si è svolta agenazzano organizzata dalle asso-ciazioni combattentistiche partigia-ne una manifestazione per celebrareil giorno della Memoria.A testimoniare la tragedia dei nostrisoldati, non considerati prigionieridi guerra, ma internati – uno status

giuridico creato apposta per aggirarele norme della Convenzione diginevra – Antonio Bazzo (toni) exIMI –Kz e consigliere nazionaledell’AnRP.Prima dell’incontro Bazzo ha visita-to una mostra sulla Shoah.Bazzo ha raccontato la sua storia:l’armistizio lo coglie a Pinerolo,assieme ai suoi commilitoni vienecatturato dai tedeschi e deportato in

germania. trasferito dapprima aDeblin (Polonia) e poi nell’of.lag. dioberlangen, in Bassa Sassonia, vici-no al confine olandese. Il 15 settem-bre ’44 viene trasferito ageorsmarienhutte per lavorare allafonderia Klokner-Werk (era una vio-lazione delle norme dellaConvenzione di ginevra, ma gli ita-liani non erano prigionieri di guerra,quindi nessuno poteva protestare). La commozione coglie l’uditorioquando toni racconta dei massa-cranti turni di lavoro, dove per otte-nere una supplemento alla scarsissi-ma razione, bisognava lavorare 12ore al giorno, dei compagni morti,del freddo intenso, delle punizionisubite dalle SS per non essere passa-ti alla condizione di ‘civili’.Anche il suo materiale del “ricor-do”: le piastrine di riconoscimento,la cartamoneta usata nel lager, lagavetta con incise le tappe del suocalvario e un bellissimo libro didisegni del pittore milaneseAlessandro Berretti, ha suscitato ungrande interesse nei presenti. Lasimpatia e la gioia di vivere che tonisprizza da tutti i pori, alla fine conta-giato tutti che hanno chiesto a Bazzodi tornare a trovarli. (Roberto

Salvatori)

MELBOURNE (AUSTRALIA)

nella sede del vizzini Social Club,la Sezione australiana dell’AnRP,unitamente all’AnCFARgL haricordato l’anniversario della batta-glia di Montelungo che rappresentò

Sono state in tutte Italia decine e decine le cerimonie per la consegna della medaglia d’onore ai cittadini (militari

e civili) deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto e dei deceduti ai loro familiari.

Riconoscimento disposto con legge 27 dicembre 2006 n. 296, art.1 commi 1271-1276.

Le cerimonie sono avvenute prevalentemente il 27 gennaio Giorno della Memoria, istituito in ricordo dello sterminio

e delle persecuzioni del popolo ebraico, dei militari e degli oppositori politici italiani nei lager nazisti.

Si tratta di una medaglia conferita quale riconoscimento “soprattutto” morale per il calvario subito dagli 700 mila

italiani (ebrei, rom, omosessuali, testimoni di geova, oppositori politici, lavoratori civili e soprattutto militari) nei

territori del Terzo Reich dai quali oltre 100 mila non tornarono mai più.

Per i deportati e internati italiani viventi è stata una occasione per “rivivere” sensazioni che, anche tacendo non si

possono dimenticare tanto sono incise profondamente nelle loro menti e nei corpi e per noi una “fortuna” poiché

possiamo apprendere direttamente dalla loro viva voce cosa è stato.

Questa che segue è una cronaca – incompleta e in ordine sparso – di alcune manifestazioni (ne riporteremo altre

nei prossimi numeri) che hanno visto i nostri associati protagonisti.

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il riscatto, la resurrezione e l’orgo-glio del nostro Paese e delle nostreForze Armate, dopo il tragico armi-stizio dell’8 settembre 1943 e chequest’anno assume un significatopatriottico, in occasione delle cele-brazioni del 150° anniversariodell’unità d’Italia.numerosa è stata la partecipazionedi associazioni clus sociali.Presenti le bandiere dell’AnRP edella AnCFASRgL con le loro scor-te. Sono stati eseguiti gli inni nazio-nali australiano e italiano ed il“Silenzio fuori ordinanza” per ono-rare i gloriosi Caduti. Il presidente Pasquini dopo il ben-venuto agli ospiti e convenuti, harievocato brevemente gli storicieventi: “ In questa ricorrenza chesegnò il battesimo di fuoco per inostri reparti combattenti a fiancodelle truppe alleate nella campagnad’Italia 1943-1945, rivolgo il miopensiero riconoscente a tutti i com-battenti che con il loro sacrificiohanno permesso alla nostra amataPatria di conquistare la stima e lafiducia di tutte le nazioni civili”.“noi anche se lontani, rinnoviamol’impegno di eterna dedizione allanostra Patria e ci auguriamo di vede-re conservati i beni più preziosi: lapace e l’indipendenza nazionale.” La festa si è conclusa con l’estrazio-ne di una ricca lotteria, con premidonati da privati ed associazioni.

AGRIGENTO

I reduci di guerra vito valone,giovanni Alotto (ha ritirato lavedova Rosaria Lo greco), ildefunto Michele trapani (ha ritiratoil nipote vincenzo trapani),Antonino Fiorica e Filippo Pilato,sono stati insigniti dai bambinidella quinta elementare dell’Istituto

comprensivo “Anna Frank” diAgrigento, alla presenza delle altecariche civili e militari della città edei sindaci dei comuni nei qualirisiedono i veterani.

La conclusione della cerimonia èavvenuta con il saluto del prefettoFrancesca Ferrandino che ha detto:”I giovani oggi devono cercare di

guardare i fatti della nostra storia

con onestà per prendere coscienza

di ciò che è successo,per non dimen-

ticare”.

AOSTA

La testimonianza di quei cittadiniche, ancora oggi, portano ben vivo ildolore della deportazione, «deve

rimanere un punto fermo ed essen-

ziale della memoria collettiva per

chi ha visto e vorrebbe dimenticare,

per chi è cresciuto sentendo raccon-

tare, per chi oggi è giovane e rischia

di non percepire del tutto la dram-

maticità della storia», ha detto ilpresidente della Regione Augusto

Rollandin. La cerimonia di consegnasi è svolta a Palazzo regionale.Il presidente ha proseguito il discor-so affermando che «ogni volta che

partecipo a celebrazioni come que-

sta, che ho l’occasione di confron-

tarmi con il sacrificio più grande,

quello della vita offerta affinché

altri potessero continuare a vivere,

crescere e prosperare finalmente in

un futuro più libero, giusto e lumino-

so – un futuro da lasciare in eredità

ai propri figli, ai propri fratelli, ai

propri cari – ogni volta che mi sof-

fermo a pensare alla generosità e

all’esempio di chi è morto per tutto

questo, ogni volta sento un senti-

mento di profonda partecipazione,

di infinita gratitudine».

AVELLINO

Presso la prefettura di Avellino ilvice Prefetto vicario Silvanatizzano, insieme al Capo gabinettoArmando Amabile hanno conferitootto medaglie d’onore.«E’ un momento di memoria - ha sot-tolineato la dottoressa tizzano - non

sterile ma un momento sentito. Una

presa di coscienza per poter con-

trastare ogni forma di violenza». 

BOLZANO

Il prefetto Fulvio testi ha consegna-to il riconoscimento a quattro citta-dini, militari e civili, deportati einternati nei lager nazisti durante

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22parliamone

l’ultimo conflitto mondiale. Il prefetto ha sottolineato nel suointervento che: “l’onorificenzavuole essere un riconoscimento pertutte le persone che hanno vissuto ladrammatica esperienza della depor-tazione nei lager nazisti e del lavorocoatto durante la seconda guerramondiale”. 

BORMIO (SO)

Ad aprire la cerimonia è stato ilcommissario prefettizio di BormioLuigi Scipioni che ha sottolineatol’importanza dell’incontro che servea riflettere ed a ricordare il sacrificioe la dedizione di tante persone.“Forse arriva con troppo ritardo – haaggiunto il prefetto – questo ricono-scimento; la storia la scrivono i vin-citori e c’è voluto tempo per capireche anche quello dei deportati edegli internati nei capi di lavoro èstato un sacrificio fondamentale perla costruzione della nostra democra-zia”.

CAMPOBASSO

Celebrata nel palazzo della prefettu-ra il giorno della Memoria con laconsegna da parte del prefettoStefano trotta di 12 medaglied’onore. nell‘occasione l’attrice Menavasellino, accompagnata dalle musi-che eseguite dal maestro Fabio DeSimone, ha ripercorso la tragedia

recitando brani tratti dalle lettere diLouise Jacobson, ebrea francesearrestata per non aver portato la stel-la gialla e morta a 19 anni adAuschwitz e da ‘viaggio nellamemoria’, libro di ricordi del moli-sano Michele Morelli, ufficialeinternato prima in Polonia e poi ingermania.

CASARANO (LE)

Il sindaco Ivan De Masi nell’ambitodi una semplice ma toccante cerimo-nia, ha consegnato la medagliad’onore a Luigi Rainò Classe 1920,Rainò soldato partecipa alle opera-zioni di guerra presso la frontieraitalo-jugoslava nelle fila del 2°Reggimento Fanteria “Re”.Catturato a Fiume nel settembre del1943 viene deportato ed internatonel campo di “Kroner”, dove ècostretto a lavorare presso una fab-brica di locomotive e da dove vieneliberato solo due anni dopo, all’arri-vo degli Alleati. Il sindaco ha defi-nito “questo simbolico riconosci-mento è il giusto coronamento diuna vita difficile ma… esemplare,come quella di altra gente comuneche la guerra ha fatto diventareeroi”.

CASERTA

Presso il salone di rappresentanzadella Prefettura di Caserta, sonostate consegnate le Medaglied’onore dal Prefetto  ezio Monaco,che ha detto nel suo interessanteintervento: “è il messaggio idealeche fa emergere dall’oblio una dellepiù significative pagine della nostrarecente storia, nonché momento dicollettiva riflessione, perché graziealle loro sofferenze hanno a noi con-segnato il prezioso dono della libertàe della democrazia”.

CATANZARO

Il Prefetto di Catanzaro, AntonioReppucci, ha consegnato le meda-glie d’onore a Cizza Aldo, Proscianicola, Belcamino Rosario (decedu-to), todisco Francesco (deceduto),di Catanzaro; D’Amico Antonio,Cavaliere Antonio, Mastroianninatale(deceduto), di Lameziaterme; Feudale giuseppe, di Iscasullo Ionio (deceduto); PoscaSebastiano, di Cardinale (deceduto).Per gli insigniti deceduti hanno riti-rato il prestigioso riconoscimento ifamiliari.

CONEGLIANO (TV)

Il sindaco Alberto Maniero ha con-segnato il riconoscimento a tre inter-nati, con la seguente motivazione:“La Repubblica italiana riconosce atitolo di risarcimento soprattutto

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morale il sacrificio dei propri citta-dini deportati ed internati nei lagernazisti dell’ultimo conflitto mondia-le con la concessione di una meda-glia d’onore”.

CUNEO

nella Sala San giovanni di viaRoma in Cuneo si è svolta la conse-gna delle medaglie d’onore. Hannoassistito alla cerimonia di conferi-mento anche il Sindaco diCostigliole Saluzzo, dott.ssa MilvaRinaudo ed il vice sindaco, LivioAllisiardi.

FERMO

Presso l’Auditorium San Martino diFermo, promosso dall’Amministra-zione Provinciale, si è svolto l’in-contro con le scuole secondarie delFermano per la consegna dellemedaglie d’onore. una celebrazioneche ha visto coinvolte numerose isti-tuzioni del territorio. Hanno presoparte alla cerimonia il Presidente

della Provincia Fabrizio Cesetti el’Assessore provinciale alla Culturagiuseppe Buondonno, che ha ribadi-to “Sta ai giovani accogliere conimpegno il testimone della coscien-za e conservare intatte queste occa-sioni di incontro che la giornatadella Memoria ci consente di orga-nizzare”.

FERRARA

Presso la sala conferenze di FerraraFiere si è svolta la cerimonia di con-segna ai cittadini residenti nella pro-vincia di Ferrara, militari e civili, eai familiari dei deceduti del presti-gioso riconoscimento.

FIRENZE

“una giornata importante in cui tuttele istituzioni si stringono intorno acoloro che hanno patito la deporta-zione nei campi nazisti, e che sonola testimonianza non solo del nostroricordo, ma anche della nostra grati-

tudine. La presenza qui dei rappre-sentanti delle collettività locali, ditanti sindaci con la fascia tricolore, èil segno di quanto sia a loro vicinal’intera comunità”. Con queste paro-le il prefetto Paolo Padoin ha apertola cerimonia di consegna svolta nelsalone dei Cinquecento di Palazzovecchio, in un’atmosfera di grandeemozione.

PIACENZA

È iniziata con le struggenti note delSilenzio, la consegna delle medaglied’onore ai piacentini, seguite dal-l’intervento del Prefetto AntoninoPuglisi che ha sottolineato l’impor-tanza  di ricordare le esperienze deideportati e degli internati a tutte lenuove generazioni.È stata la volta poi del sindaco diPiacenza Roberto Reggi, che hainvitato tutti a non dimenticare ini-ziando il suo discorso con questeparole: “L’oblio e l’ignoranza sonoelementi complici di un possibileripetersi dell’orrore”.

VENEZIA

Il vicesindaco di Caorle, gianniStival ha consegnato la medagliad’onore a Dorigo giuseppe, inPrefettura.Il Prefetto nel suo discorso ha sotto-lineato l’importanza della cerimoniaquale segno tangibile della sentitavicinanza delle istituzioni e di tuttala società civile per non dimenticare

23parliamone

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24cronaca e foto-cronaca

affinchè quella negazione violentaed inaudita del rispetto della vita edella dignità umana non possa maipiù ripetersi. 

VERBANO

Presso la Casa della Resistenza averbania, il Prefetto ha consegnato asei cittadini verbanesi, civili e mili-tari, internati, la medaglia d’onore.Consegnando le medaglie il Prefettoha evidenziato il valore dell’onorifi-cenza, simbolo della volontà delloStato di conferire un riconoscimentomorale a chi ha vissuto le drammati-che vicende della deportazione edell’internamento.

Ma quale medaglia... e soprattutto quale onore?

Finalmente dopo circa due anni di attesa, ho ricevuto la Medagliad’Onore che avevo richiesto per mio padre, l’ho ricevuta per postain un piccolo pacchetto raccomandato dalla Prefettura di Milano...

Certe cose non si possono accettare, certe cose offendono la memoria dichi ti è caro e allora ho scritto al Governo, al Prefetto e buona parte dellastampa...“Sono Manuela Valletti, sono una giornalista e scrivo libri. Miopadre Ferdinando Valletti, cattolico liberale, già giocatore del Milan vennedeportato a Mauthausen in seguito allo sciopero dell’Alfa Romeo del 1944e si salvò e salvò molti amici proprio perchè sapeva giocare a calcio. Dopomolti mesi rientrò in Italia, pesava 39 Kg , ne aveva persi 40, ma non silagnò, si rimboccò le maniche e nel tempo divenne dirigente dell’AlfaRomeo, Maestro del Lavoro e ricevette l’Ambrogino d’Oro, morì il 23 lugliodel 2007 dopo una lunga malattia.Per onorare la sua memoria ho scritto il libro “ deportato I57633 vogliadi non morire” che è un buon successo editoriale, da questo libro è statotratto un bellissimo documentario che porta lo stesso titolo e che è statorealizzato dal regista Mauro Vittorio Quattrina, dallo scorso anno il docu-mentario e il libro girano nelle scuole superiori nel Giorno della Memoria,a lui sarebbe piaciuto, anche se non gli ho mai sentito dire una parola con-tro i Nazisti.Quasi due anni fa sentii dell’esistenza di questa Medaglia d’Onore e decisidi richiederla per lui che se ne era appena andato, oggi ho la medaglia PER POSTA, in una piccola busta raccomandata con un dattiloscrittocredo a firma del prefetto... due righe di circostanza per una medaglia dicircostanza...Mi sono indignata per il poco rispetto per le persone, mi sono indignataperchè mio padre, come i molti altri internati e deportati che subirannoprobabilmente lo stesso trattamento irriguardoso, è stato un cittadinobenemerito di questa città ed è stato un galantuomo che si è fatto onoreper tutta la vita e meritava l’attenzione di qualche carica istituzionale.Credo che restituirò la medaglia, non voglio l’elemosina di un pezzo di bronzose a questo pezzo di bronzo non si da un valore istituzionale sincero chevuole dire ricordo, che vuole dire onore, che vuole dire gratitudine.Io credo che molte persone si debbano vergognare per questa triste vicen-da e certamente non sono gli internati e i deportati che, con o senzamedaglia, saranno ricordati da chi li ama e ama la Patria e la Libertà.(Manuela Valletti)

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25cronaca e foto-cronaca

gli studenti della MarymountInternational School hanno incontra-no i veterani di guerra Italiani. tutto ècominciato dal desiderio di approfon-dire un soggetto ricorrente in moltecitazioni nel programma di studi deiragazzi di ottava (pari alla III Media).La Seconda guerra Mondiale avevaavuto un ruolo importante nella lette-ratura di quell’epoca.La guerra stessa è presente nei varitesti di letteratura, sia come ambien-tazione che come sviluppo delle sto-rie. gli studenti si sono resi contoperò che nei vari racconti venivarappresentato il punto di vista ameri-cano o tedesco , ma raramente veni-va espresso il punto di vista italiano.Come è stato l’impatto della guerranegli animi dei cittadini del paese

che ci ospita?. Avevano a disposi-zione moltissimo materiale cinema-tografico del ruolo americano, ingle-se, tedesco, giapponese ma moltopoco del ruolo italiano. Così il 15febbraio il nostro Presidente vicarioMichele Montagano accompagnatodai consiglieri Antonio Bazzo egiovanni tucci si sono recati nellaScuola e hanno incontrato una rap-

presentanza di studenti, si sono fattiintervistare raccontando in modoesaustivo le loro esperienze e por-tando i loro cimeli come effettivatestimonianza visiva. I ragazzi sonorimasti affascinati dai loro racconti.La storia non era più righe in unlibro o scene di un film, ma era vivanelle parole di questi valorosi vete-rani italiani. Da queste interviste nascerà un docu-mentario che verrà conservato nellaloro biblioteca a disposizione deifuturi studenti e per onorare i soldatiitaliani e riconoscerne i sacrifici.Il filmato dovrebbe essere pronto neiprossimi mesi e i ragazzi hannosalutato i dirigenti dell’AnRP con lapromessa che torneranno per la pre-sentazione ufficiale.

L’ANRP ALLA MARYMOUNTINTERNATIONAL SCHOOL DI ROMA

di Maristella Botta

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26arte e memoria

10 febbraio: giorno dell’inaugurazio-ne della mostra/evento dell’artista diadozione romana georges de Canino,presso la galleria opera unica, maanche giorno della Memoria di effe-ratezze e atrocità, ed ancora data incui si è spento giovanni Palatucci,golem moderno, simbolo e oggetto diquesta installazione.In quest’opera d’arte contemporanea,di memoria e di storia, nomi, luoghi enumeri ricorrono, ritornano, si intrec-ciano.Il 27 gennaio è il giorno dellaMemoria, con legge dello Stato volutoper celebrare e commemorare, ricor-dare e mantenere vive nelle nostrecoscienze le vittime del nazifascismo, della Shoah, maanche tutti coloro che hanno messo a repentaglio la pro-pria vita per evitare che questo abominio fosse commes-so.giovanni Palatucci (1909 – 1945) era un funzionario diPolizia della Questura di Fiume, un uomo di mondo e didiritto, un uomo che ha messo il suo “potere” al serviziodel Bene; dottore in Legge, che attraverso la conoscenzadella legge ha potuto mettere in salvo, far fuggire, resti-tuire alla vita si stima circa 5.000 persone; strappati allamorte grazie al suo coraggio e a quello dei suoi giovanicollaboratori. Servo di Dio, giusto tra le nazioni, uccisoil 10 febbraio del 1945 nel campo di sterminio diDachau, condannato dai tedeschi per aver salvato e pro-tetto ebrei, slavi ed antifascisti.Questi eventi si fondono, si fanno tutt’uno, dando vita almondo poetico di questa mostra. una storia scritta colcolore e fatta di comunione, che parla di sangue e di

bene, di fango e di terra, di ricordo edi memoria.giovanni Palatucci è un golemmoderno, simbolo di Bene e verità.La sua figura, a cui georges deCanino ha dedicato più di 20 anni distudio, diviene il fulcro dell’installa-zione. e’ colui che ispira il dipinto inbianco e nero che riempie la galleriaopera unica: plastico e vivido, quan-to mobile ed evanescente, si stendedall’alto per mostrarci ai suoi piedi,sparsi sul pavimento della galleria,riviste e quotidiani d’epoca, fascisti enazisti, testimoni delle atrocità cui ilpopolo ebraico e tutti coloro conside-rati non-uomini hanno dovuto sotto-

stare, testimoni della forza necessaria a combatterli.non è la semplice celebrazione della persona. Palatuccisi fa strumento attraverso il quale compiere un gesto col-lettivo: presso la takeawaygallery (via della Reginella11) sono stati accesi da coloro che sono intervenutiall’evento, un centinaio di lumini bianchi.gesto laico ma sacro, dove una comunità di persone simuove all’unisono per ricordare le vittime innocenti, leproprie vittorie, le proprie speranze.Importante è anche la scelta delle gallerie: entrambe sitein via della Reginella, una delle vie più significative del-l’ex ghetto di Roma, non solo perché, così stretta elunga, è ancora simbolo e memoria dei luoghi angusti incui, per secoli, gli ebrei sono stati costretti a vivere, maanche perché è stata una delle ultime vie annesse alquartiere (inizio ‘800), in cui si permetteva per la primavolta agli ebrei di vivere in case fatte di pietra piuttostoche di fango. Simbolo di rinascita e di diritti negati,

GOLEM - IL FANGO E IL SANGUEGIOVANNI PALATUCCI 10 FEBBRAIO 1945-2011

L’ANRP ha voluto realizzare questo nuovo evento perché convinta che l’arte contemporanea è capace di

fondere e comunicare contenuti etici e estetici. Oggi, ancor più che nel passato, fare cultura, avvicinare

l’arte alla gente, significa offrire in particolare ai giovani, dei punti di riferimento per trasmettere la memo-

ria storico-culturale delle generazioni che li hanno preceduti, aprendo un dialogo sull’esperienza reale,

umana, affrontando problematiche vive, certezze ed incertezze di un’epoca che sempre più necessita di

testimoni.

Sono intervenuti per l’ANRP il Dott. Michele Montagano (Presidente Vicario) e il Prof. Enzo Orlanducci

(Segretario Generale), per la Comunità il Prof. Claudio Procaccia (direttore del Dipartimento di Cultura

Ebraica) il dott. Nicola De Cristoforo in rappresentanza del Capo della Polizia e il Dott. Massimo Zanni in

rappresentanza del Questore di Roma.

Progetto realizzato con il Patrocinio del Comune di Roma, della Provincia di Roma e della Comunità

Ebraica di Roma.

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27arte e memoria

diritti spezzati e spazzati via dal ‘900, dove una piccolastrada divenuta emblema di integrazione diviene la prin-cipale via attraverso la quale deportazioni e sangue sifanno largo.georges de Canino, italo-francese, artista di fama inter-nazionale, da oltre trent’anni lavora sulle immaginiebraiche e sull’immagine dell’identità dell’eroe, nelsegno e nel colore, tra installazione e pittura. Con questamostra vuole rendere omaggio, attraverso la figura stra-ordinaria di giovanni Palatucci, a tutti coloro che ognigiorno lottano ed hanno lottato per perseguire il benecomune, la verità; vuol regalare un momento di parteci-pazione collettiva ed attiva; vuol dimostrarci che l’artericorda e non dimentica l’antifascismo, la resistenza e ladeportazione. L’installazione è stata accompagnata dai suoni del musi-cista Maurice uzzan (nato a Roma, vive tra tel Aviv eRoma): una colonna sonora di sottofondo composta perl’occasione, che interpreta, attraverso sonorità elettroni-che, le atmosfere dell’opera. “Il ritmo sensuale e posses-sivo evoca la potenza fisica del golem e di un eroe reale,vero, i cui muscoli ci trascinano in una libertà dell’ani-ma e dell’aria.”

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28recensioni

KOS 1943-1948.

LA STRAGE, LA STORIA

Isabella Insolvibile, edizioni Scientifiche Italiane,napoli 2010, pp 300 € 27,00

Il nuovo libro di Isabella Insolvibile,borsista dell’Istituto nazionale perla Storia del Movimento diLiberazione in Italia e già autrice diuno studio sulla Divisione Acqui aCefalonia pubblicato dall’AnRP nel2004, si concentra, in modo specifi-co, attento e inedito, sulla storia deimilitari italiani nell’isola di Kos.Facendo di questo contesto storico ilcentro di un’analisi precisa e ampia-mente documentata, l’autrice inseri-sce gli eventi avvenuti nell’isola inun quadro complesso e variegatoche diviene uno scacchiere belliconel quale si scontrano forze militariprima nemiche, poi alleate, e nelquale si intrecciano i destini, spessotragici, di singoli e intere comunità. Dopo una panoramica sul Dode-caneso e l’isola di Kos tra il 1912 el’armistizio italo-alleato, il volumeapprofondisce gli eventi accaduti trail settembre e l’ottobre del 1943,dall’arrivo sull’isola di un contin-gente alleato di circa 1500 uominiallo sbarco tedesco e, quindi, allabreve quanto accanita resistenza chei 4000 italiani appartenenti al XReggimento della Divisione Reginaseppero opporre, insieme ai britanni-ci, agli invasori. La sorte degli italia-ni e degli inglesi, tuttavia, fu segnata

dalle acute divergenze tra i comandialleati, i cui vertici – Churchill eRoosevelt – si scontrarono duramen-te sull’entità dell’impegno da dedi-care a Kos e all’intero scacchiere delMediterraneo orientale. La resistenza italo-britannica del-l’isola venne così messa a tacere, eper i soldati italiani si mise in motoil meccanismo della “vendetta”tedesca. novantasei furono, secondole stime – sostenute da una riccadocumentazione – della studiosa, gliufficiali italiani massacrati dai tede-schi per rappresaglia, dopo la resadel reggimento. I loro corpi vennerosommariamente sepolti in alcunefosse comuni in una zona perifericadell’isola, e non recuperati fino al1945. Successivamente, altro obliosarebbe stato riservato alla storiadell’atroce rappresaglia, la cui docu-mentazione sarebbe sparita, perdecenni, nel famigerato “armadiodella vergogna”. Kos 1943-1948. La strage, la storia

esamina dettagliatamente anche lalunga occupazione tedesca dell’iso-la, occupazione di cui fecero lespese, oltre ai soldati italiani utiliz-zati perlopiù come manodoperacoatta, gli abitanti dell’isola e, inparticolare, la comunità ebraica, chenell’estate del 1944 venne deportatae scomparve nell’inferno dei campidi sterminio. Dopo la liberazione di Kos e dell’in-tero arcipelago, giunta solo alla finedella guerra, Kos fu amministrata daun governo militare britannico, e inseguito, con il trattato di pace, passòalla sovranità greca. Il trasferimentodi sovranità provocò l’esodo, ancoraoggi del tutto sconosciuto, dellanutrita comunità italiana che abitavail Dodecaneso fin dal 1912. La ricca documentazione, prove-niente da archivi italiani, tedeschi ebritannici, è la base di un’accurataricerca, avvalorata inoltre da unapparato fotografico costituito daimmagini finora inedite. oltre adaver fornito importanti chiarimenti eparametri interpretativi riguardo adalcuni “nodi” della vicenda specifica

di Kos – le responsabilità della scon-fitta, l’entità della strage, il rinveni-mento dei corpi dei caduti, la trage-dia dell’occupazione tedesca, il col-laborazionismo italiano, la storiadimenticata degli esuli, il sempredifficile discorso relativo allamemoria – lo studio di Insolvibile hail merito di aver inserito una vicendacomplessa e solo apparentementemarginale all’interno della “grandestoria”, e di aver offerto agli italianiun ulteriore e importante tassellodella loro identità nazionale, attra-verso le storie di coloro che la fece-ro. (Valentina Antignani)

GLI EBREI SOTTO LA

PERSECUZIONE IN ITALIA.

DIARI E LETTERE 1938-1945

Mario Avagliano e Marco Palmiericon prefazione di Michele Sarfatti,edizioni einaudi 2011, pp.469 € 15,00

La persecuzione degli ebrei in Italia,dalle leggi razziali del 1938 al ritor-no dei pochi sopravvissuti dai campidi sterminio tra il 1945 e il 1946,raccontata per la prima volta attra-verso la viva voce delle vittime,“registrata” giorno per giorno incentinaia di lettere e diari per lo piùinediti dell’epoca. È uscito in questigiorni nelle librerie un nuovo libro

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29recensioni

di Mario Avagliano e MarcoPalmieri, due autori che con lo stes-so metodo di ricerca, anche con lacollaborazione dell’AnRP, si eranogià occupati della deportazione edella resistenza degli InternatiMilitari Italiani.“Gli ebrei sotto la

persecuzione in Italia. Diari e lette-

re 1938-1945”, edito da einaudi conprefazione di Michele Sarfatti, rico-struisce l’intera vicenda storica dellabufera razziale in Italia attraversogli scritti coevi, inquadrati da unampio saggio storico e raccolti informa di antologia.Dall’inizio dell’anno, in occasionedella giornata della memoria, il libroè stato presentato in numerose cittàitaliane e soprattutto in numerosiluoghi simbolo di questa drammati-ca storia: a Roma nel ghetto che futeatro della retata del 16 ottobre1943, a Milano alla StazioneCentrale a pochi passi dal Binario 21dal quale partivano i treni diretti adAuschwitz, a Campagna e urbi-saglia dove furono allestiti campid’internamento per gli ebrei e aFossoli sede del più grande campodi raccolta italiano per i deportati nelcampi di sterminio nazisti.Il libro – come scrive MicheleSarfatti nella prefazione – ci conse-gna “una storia corale di quell’even-to, tramite le parole di chi ne fu vit-tima, fissate sul momento in formadi lettera o diario”. Così, seguendole annotazioni quotidiane, si vadall’incredulità per il Manifesto e leleggi razziali («Sarò tagliato fuoridalla vita del mio paese che ho tantoamato» scrive il poeta umbertoSaba; «Come è possibile che non siapiù ritenuto degno di essere figliod’Italia?» si domanda un reducedella prima guerra mondiale), allascelta estrema del suicidio perl’umiliazione e l’emarginazionesubita («debbo dimostrare l’assurdi-tà malvagia dei provvedimenti razzi-sti» è l’ultimo scritto dell’editoremodenese Formiggini); dalla reclu-sione nei campi di internamento ita-liani («volentieri mi tramuterei in un

uccello per respirare l’aria libera»scrive una bimba a Ferramonti), allacronaca dal vivo degli eccidi (comeall’Hotel Meina) e delle retate (aRoma il 16 ottobre 1943 e in altrecittà); dalla fuga in Svizzera alla vitain clandestinità, alla partecipazionealla Resistenza, fino alla cattura, allaraccolta nei campi di Fossoli eBolzano e agli ultimi disperatibiglietti lanciati di treni (“Con ilcuore afflitto lascio la mia terranatia”, “Siamo in viaggio per terrelontane pieni di fiducia”, “ti scrivoin treno. Salvatevi!”). Il flusso dellascrittura s’interrompe solo con ladeportazione e il vuoto che ne derivaè colmato solo in parte dagli scrittidei pochi sopravvissuti durante ilritorno a casa che chiudono il volu-me (Primo Levi, in una di queste let-tere inedite, anticipa i contenuti deLa Tregua).gli autori delle lettere e dei diarisono sia personaggi noti e affermati -come umberto Saba, gino Luzzatto,Leone ginzburg, vittorio Foa,emanuele Artom, emilio Sereni,Leone ginzburg e Primo Levi – sia“persone comuni”, uomini, donne ebambini di tutta Italia e di ogni cetosociale. La raccolta è frutto di un’ac-curata ricerca durata anni negli archi-vi pubblici, privati e di famiglia inItalia e all’estero. ne viene fuori unlibro che, come osservano i due auto-ri nell’introduzione, è “un affrescostorico che assume un significatoparticolare anche perché costituito diparole scritte dalle vittime di unapersecuzione e di un crimine che ilnazifascismo voleva mettere a tacereed annientare, e che invece sono arri-vate fino a noi, lasciandoci tracciatangibile, prova storica inconfutabilee memoria indelebile di ciò che èstato”. Cercando di non dimenticareche “l’invito di Primo Levi a medita-re su ciò che è stato – scrive Sarfattinella prefazione - vale non solo perciò che accadde ad Auschwitz, maper tutto ciò che è documentato daibrani riuniti da Avagliano e Palmierinelle pagine di questo libro”.

LA CAMPAGNA DI TUNISIA

1942 – 1943

Pierivo Facchini edizioni nuova Cultura, Roma 2010, pp 258 - € 18,00

Anno 1942, dopo quasi due anni dicombattimento il teatro Mediterra-neo e nordafricano, considerato ini-zialmente di secondaria importanza,diviene di primario interesse sia pergli Alleati sia per le forze dell’Asse.I vertici politico-militari anglo-ame-ricani, comprendono che l’AfricaSettentrionale rappresenta l’ulteriorefronte che deve essere aperto alloscopo di distogliere i contingentiitalo-tedeschi dagli altri fronti (comepromesso a Stalin) e di favorire lapenetrazione nel continente europeosecondo l’approccio strategico“indiretto” tanto caro allo StatoMaggiore inglese. Di contro, il con-trollo del nord Africa e, soprattuttodell’egitto, rappresenta per l’Asse laporta privilegiata per il Mediooriente ed i suoi giacimenti petroli-feri. Inoltre, entrambi i contendentisi rendono conto che un’estromis-sione dal continente africano signifi-cherebbe la definitiva perdita del-l’altalenante superiorità aeronavalenel Mediterraneo.Il mese di novembre 1942 rappre-senta il punto di volta delle opera-zioni in Africa Settentrionale.L’Armata Corazzata Italo-tedesca(A.C.I.t.) comandata dal Feldmare-

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30recensioni

sciallo Rommel, dopo la sconfittasubita nella seconda battaglia di elAlamein inizia la sua ritirata verso laLibia (4 novembre), quattro giornidopo gli Alleati, sotto il comandooperativo del generale eisenhower,sbarcano nel Marocco Francese edin Algeria (Operazione Torch) e solitre giorni dopo, con inaspettata rapi-dità, le forze dell’Asse avviano unponte aero-navale con la tunisia chein breve gli consente di consolidareuna testa di ponte includente Bisertae tunisi ed a porre in sicurezza lalinea di collegamento con la Libia. Ha così inizio la Campagna ditunisia che, a dispetto della velocecorsa verso tunisi prevista dagliAlleati per accerchiare ed annientarel’A.C.I.t., si trasforma in una lungateoria di operazioni belliche.L’autore, con uno stile volutamenteprivo di enfasi e di retorica, dopoaver delineato il quadro politico,economico, sociale e militare di cia-scuna delle potenze che hanno presoparte alle attività belliche nel conti-nente africano, descrive in ordinecronologico gli avvenimenti chehanno caratterizzato la Campagna ditunisia, attirando il lettore in unalettura senza pause. Inoltre, le carti-ne, le foto, i grafici delle varie batta-glie, gli ordini di battaglia e gli orga-nigrammi dei vertici politico-milita-ri dei Paesi coinvolti nelle operazio-ni si integrano perfettamente neltesto e rendono agevole la compren-sione delle varie vicende.Il testo descrive i sei mesi di com-battimenti, poco conosciuti e perlo-più trattati come “appendice” della

più famosa battaglia di el Alamein,durante i quali a felici intuizioni tat-tiche si contrappongono macrosco-pici errori a livello strategico, opera-tivo e tattico che influenzano ilcorso delle operazioni belliche por-tando alternativamente una delle dueparti vicina al raggiungimento delproprio obiettivo. A dispetto, infatti,di quanto superficialmente scrittocirca l’inevitabilità della vittoriaalleata in considerazione della note-vole sproporzione delle forze che sifronteggiano, la condotta delle ope-razioni dimostra chiaramente l’im-preparazione del vertice italo-tede-sco di poter affrontare un conflittosu larga scala. Lo sviluppo dellaCampagna di tunisia dimostra comele ragioni di un successo o di unasconfitta, invero, derivano da unamolteplicità di fattori che spazianodall’ambito politico a quello milita-re, all’intelligence, allo sviluppo tec-nologico ma, soprattutto, derivanodalla capacità professionale del ver-tice politico e militare che, nel casodell’Asse, si rileva particolarmentecarente. La sconfitta delle forzedell’Asse in tunisia, nonostante latenace resistenza offerta dalle arma-te italo-tedesche al fine di respingeregli Alleati od, almeno, di ritardarel’evacuazione del nord Africa, a cuiinevitabilmente sarebbe seguita l’in-vasione della penisola italica, risiedesoprattutto in una non adeguataorganizzazione politico-militare alivello sia strategico, sia operativo. I vertici politico–militari dell’Assepalesano una pervicace incapacità dicomprendere lo sviluppo delle

vicende belliche e, contrariamente aquanto posto in essere dal Comandooperativo alleato, non sono in gradodi analizzare gli errori commessi e dimodificare di conseguenza le lineedi azione, facendo sì che la pianifi-cazione delle operazioni risulti scri-teriata e non in armonia con la realesituazione sul campo.La mancanza di una visione coeren-te della situazione in AfricaSettentrionale e le conseguentiimprecise direttive emanate dal ver-tice militare portano ad un insucces-so che ha influenzato notevolmentesulle sorti dell’intera Secondaguerra Mondiale.La sconfitta italo-tedesca nellaCampagna di tunisia, infatti, resaancor più devastante dalla catturadelle due importanti ed espertearmate dell’Asse (la v ArmataPanzer del generale von Arnim e laI Armata del generale Messe per untotale di circa 175.000 uomini) edalla perdita di 12.200 uomini tramorti e dispersi, faciliterà, infatti, losbarco alleato in Sicilia e l’aperturadi un nuovo fronte direttamente ineuropa costringendo, nel contempo,le forze dell’Asse ad alleggerire lapressione sugli altri fronti.Il libro si conclude con un’analisialquanto dettagliata della vicendastorica per ottenere degli ammae-stramenti che dal punto di vista stra-tegico ed operativo possano esseretutt’oggi validi ed applicabili nellavasta gamma di operazioni condottedalle nostre Forze Armate.

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“C’è chi vorrebbe dimenticare,c’è chi vorrebbe falsificare.

Noi cerchiamo di difendere la verità e la memoria storica”

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31luoghi della memoria

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La foto di Stefano Esposito “L’Urlo”, è l’opera scelta dall’ANRP per celebrare ilGiorno della Memoria 2011.

“L’Urlo” è una fotografia del 2007, parte di un ciclo, il più longevo nella produzio-ne dell’artista, che ha come oggetto i sassi: sassi naturali, che senza aver subitointervento alcuno dalla mano dell’uomo, si svelano ai nostri occhi in forme singo-lari, antropomorfe, fantastiche o surreali. “Oggetti inermi, frammenti di memoria,forme inconsuete capaci di generare meccanismi associativi, metafore o bellez-za archetipica; eppure ancora sassi, Echi di pietra”.In questo caso un volto straziato dal dolore, proprio come quel grido di panicotracciato da Munch, a cui il titolo dell’opera rende omaggio. Dolore, paura, pani-co, pietà, sofferenza, uno scheletro, uno spasmo nel soffocamento di un grido.Due buchi neri infossati che ci fissano, penetrando a fondo della nostra anima,facendoci percepire il sibilo della morte, l’orrore ed il terrore di troppe vite inno-centi distrutte.Per il Giorno della Memoria, per i milioni di persone uccise dal nazismo, unomaggio semplice, una pietra, frammento minuto senza retorica, capace, però,di raggiungere tutti, comunicare, attraverso la propria forza ed incisività, un mes-saggio di denuncia e di orrore, per evitare l’oblio.

Stefano Esposito (Roma 1959) ha iniziato la sua attività di fotografo viaggiandoin giro per il mondo, cogliendo con la semplicità dell’autodidatta immagini fiabe-sche di terre lontane. Dal 2001 la sua produzione subisce una sterzata, con lavo-ri più circoscritti e concettuali, in una ricerca in cui il minimo comune denomina-tore diviene il tempo, indagato in tutte le sue accezioni. (Carlotta Monteverde)