Rassegna - ISLE · Leyland - Franco Modugno - Nicola Occhiocupo - Valerio Onida - Mario Patrono -...

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Rassegna Parlamentare Rivista trimestrale 2013 Ottobre/Dicembre Anno LV Jovene editore 4 4

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RassegnaParlamentare

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ISSN 0486-0373

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Rivistatrimestrale

2013Ottobre/DicembreAnno LV

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13 mm 3ª COPERTINA2ª COPERTINA

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INDICEottobre-dicembre 2013

SAGGI

TOMMASO EDOARDO FROSINI, Il costituzionalismo di Bruno Leoni ................................................................................ p. 751

MICHELA MANETTI, La deroga all’art. 138 Cost. e la mossa del cavallo ........................................................................ » 771

CARMELA SALAZAR, Crisi economica e diritti fondamentali ... » 785

OSSERVATORIO PARLAMENTARE

MARCELLO DI FRANCESCO TORREGROSSA, Le reali innovazioni della nuova legge sui rimborsi elettorali ......................... » 835

OSSERVATORIO SULLE REGIONI

STEFANIA MABELLINI, La disciplina dei beni pubblici tra Statoe Regioni alla luce della giurisprudenza costituzionale:dalla «valorizzazione funzionale» alla «valorizzazione finanziaria» ...................................................................... » 857

OSSERVATORIO PARLAMENTARE COMPARATO

ANDREA RAZZA, Liste transnazionali e procedura elettorale uniforme: verso una «legge elettorale europea» .............. » 881

TEORIA E TECNICA DELLA LEGISLAZIONE

ISLE - SCUOLA DI SCIENZA E TECNICA DELLA LEGISLAZIONE

«MARIO D’ANTONIO», Cerimonia di chiusura del XXV Corso (2012-2013) ........................................................... » 911

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AUGUSTO BARBERA .................................................................. p. 913SILVIO TRAVERSA ...................................................................... » 915MICHELA MANETTI .................................................................. » 919PIETRO GRASSO ....................................................................... » 925

RECENSIONI

P. ARMAROLI, Lo strano caso di Fini e il suo doppio nell’Ita-lia che cambia. Tutte le anomalie della XVI legisla-tura e oltre (GINEVRA CERRINA FERONI) ........................... » 931

V. DI CIOLO - L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teo-ria e nella pratica. Quinta edizione, Giuffrè, Milano, 2013 (EDUARDO GIANFRANCESCO) ................................... » 939

Elenco collaboratori ................................................................ » 943

Indice generale 2013 .............................................................. » 945

I contributi proposti per la pubblicazione su questa Rivista sono esa-minati in via preliminare dalla Direzione anche per stabilirne la con-gruità tematica. I Saggi sono poi sottoposti a valutazione da parte diun Comitato di revisori esterno. Le note destinate alle varie rubrichesono soggette a valutazione da parte di revisori interni, oltre che deiresponsabili delle rubriche.

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IL COSTITUZIONALISMO DI BRUNO LEONI*

di TOMMASO EDOARDO FROSINI

SOMMARIO: 1. Leoni e il costituzionalismo come liberalismo. – 2. Libertà econo-mica e libertà giuridica. – 3. Iperlegislazione vs. costituzionalismo. – 4. Esa-sperazione rappresentativa vs. costituzionalismo. – 5. La “rivoluzione silen-ziosa” della Rule of Law. – 6. Rappresentanza e rappresentatività partitica. –7. Dalla parte del costituzionalismo.

1. Leoni e il costituzionalismo come liberalismo

Se il costituzionalismo è la “tecnica della libertà” – come so-stiene Boris Mirkine Guetzévitch1 – allora tutta la produzionescientifica di Bruno Leoni è intrisa di costituzionalismo. Vogliodire che nelle opere di Leoni, e soprattutto in Freedom and Law,il ragionamento si sviluppa sempre come tecnica della libertà, equindi come una continua ricerca sul come affermare e garantireil diritto di libertà individuale. Allora, il costituzionalismo diBruno Leoni non è diritto costituzionale2, ma piuttosto dottrina

* Relazione tenuta al Convegno internazionale “Libertas, Libertates. Bruno Leoninel Centenario della nascita”, Università della Calabria, 30-31 ottobre 2013, e destinataagli “Studi in onore di Giuseppe de Vergottini”.

1 B. MIRKINE GUETZÉVITCH, Droit Constitutionnel International, Paris, 1933. Sulmodello del costituzionalismo di derivazione liberale, v. le chiare pagine di G. DE VER-GOTTINI, Le transizioni costituzionali, Bologna, 1998, 63 ss.

2 «Non sono un costituzionalista nel senso tecnico del termine […] sono inoltreincline a considerare la Costituzione assai meno sotto un profilo di uno stretto tecnici-smo da specialisti che sotto quello del comune buon senso di ogni persona adulta do-tata di media cultura […]. La nostra Costituzione è ambigua come l’oracolo di Delfo.Noi, cittadini qualunque, non siamo mai in grado di sapere che cosa essa realmentedice. I sacerdoti soltanto (intendo: i sacerdoti dell’oracolo, ossia i giudici della CorteCostituzionale) potranno informacene, se e quando noi cittadini riusciremo indiritta-mente ad investirli della questione»: così B. LEONI, Attività economiche, partecipazionistatali, Costituzione e trattati internazionali (1958), ora in ID., La sovranità del consu-matore, intr. di S. Ricossa, Roma, 1997, 82, 88.

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politica e metodo giuridico. Non è, quindi, esegesi di norme eistituti costituzionali, che si intrecciano entro la letteralità o lamaterialità della costituzione. È un percorso attraverso il quale sidelinea l’assetto del convivere civile, dove si costruisce un si-stema ordinamentale che si fonda sulla libertà dell’individuo.Come afferma Leoni: «chi apprezza la libertà individuale rivalutiil ruolo dell’individuo entro l’ordinamento giuridico nel suo com-plesso»3. E l’ordinamento giuridico, ovvero il diritto vivente, è ilrisultato effettivo dei comportamenti e dell’incontro spontaneodelle “pretese” di innumerevoli individui, ciascuno dei quali per-segue i propri scopi sotto l’usbergo del valore della libertà comefine e l’ordine sociale spontaneo come mezzo.

Leoni non si confronta con le costituzioni ma con le idee co-stituzionali, e lo fa secondo un approccio storico e comparato. Eallora, per Leoni, la costituzione è insieme un sistema e una sto-ria4: non c’è un potere costituente che fissa e regola, c’è piuttostoun processo graduale, continuo, coordinato alle istituzioni fon-damentali e incentrato sulla libertà dell’individuo. È il costitu-zionalismo anglosassone, privato di una costituzione scritta mafortemente saldo nelle radici del common law. È il costituzionali-smo della separazione dei poteri e dei limiti all’attività delloStato. È il liberalismo che si fa tutt’uno con il costituzionalismo.

Ecco, qui credo che si possa già provare a fissare un primopunto sul costituzionalismo di Bruno Leoni: liberalismo è costi-tuzionalismo, e così viceversa. Provo a chiarire meglio questa af-fermazione indagando il pensiero di Leoni.

2. Libertà economica e libertà giuridica

Assumo come parametro per l’indagine il libro Freedom andLaw. Certo, farò anche riferimenti ad altri scritti, ma Freedomand Law rappresenta davvero la sintesi di quello che possiamo

3 B. LEONI, Freedom and Law [1961], tr. it. La libertà e la legge, intr. di R. Cu-beddu, IV rist., Macerata, 2000, 12 (c.vo nel testo). È all’edizione italiana che qui sifarà riferimento.

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LA DEROGA ALL’ART. 138 COST. E LA MOSSA DEL CAVALLO

di MICHELA MANETTI

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Un’inspiegabile coazione a ripetere. – 3. Lo specialevalore del procedimento di revisione costituzionale. – 4. Inammissibilitàdelle leggi di rottura dell’art. 138 Cost. – 5. Verso l’apertura di una nuovafase di riflessione.

1. Premessa

Il disegno di legge costituzionale A.S. 813, nel quale è disci-plinato lo speciale procedimento da seguire per le riforme istitu-zionali, ha suscitato un vivace dibattito nel Parlamento e nelPaese.

Non si può non plaudire a questo risultato, che dimostra lacapacità dell’opinione pubblica nazionale – spesso definita indif-ferente ed ignava1 – di cogliere e seguire, nel mare delle iniziativepolitiche, le questioni veramente scottanti, quali sono indiscuti-bilmente quelle che attengono alla revisione della Carta. Il fattoè tanto più positivo se si considera che i problemi venuti aglionori della cronaca sono di natura prettamente tecnica, e quindipiù difficili da presentare alla platea dei cittadini.

Si tratta invero di un buon auspicio non solo per la vitalitàdella nostra democrazia, ma anche per la speciale attenzione che– ai fini del mantenimento della stessa – le norme sulla revisionecostituzionale meritano. A prescindere dalle sorti del disegno dilegge in discorso, il dibattito che si è svolto al riguardo sembrainvero aver intaccato, sia pure in modo liminare, la disinvoltura

1 Così ad esempio il Rapporto CENSIS relativo all’anno 2013, per il quale nel-l’Italia di oggi «circola troppa accidia».

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con la quale i soggetti politici – trovando talvolta avallo nella cul-tura costituzionalistica – utilizzano il procedimento di revisione,e in genere i procedimenti di produzione del diritto.

2. Un’inspiegabile coazione a ripetere

Si consideri che il progetto delle riforme istituzionali ha ac-quisito, nella corrente legislatura, ben altra concretezza che inpassato: non solo perché il Capo dello Stato ha condizionato lapropria permanenza in carica alla realizzazione di tali riforme,ma anche perché un Governo bipartisan ne ha assunto, per laprima volta, l’impegno.

Contemporaneamente, la nomina di una Commissione disaggi o esperti, scelti dall’Esecutivo su designazione di tutte leforze politiche, è apparsa in grado di assicurare un supporto tec-nicamente adeguato, e pur tuttavia non intrusivo, rispetto ai la-vori parlamentari2.

Il dibattito sul merito delle riforme sembrava dunque po-tersi svolgere in termini adeguati e proficui, rispettando – comenon è avvenuto per molti anni – la lettera e lo spirito dell’art. 138Cost. Anziché dedicarsi a progettare le riforme tanto attese, lamaggioranza ha tuttavia ritenuto necessario introdurre prelimi-narmente un apposito procedimento di revisione, analogo aquello seguito per le riforme istituzionali proposte nel 1993 e nel1997, e mai approvate.

È difficile spiegare perché, pur in presenza di condizioni di-verse, e ben più favorevoli, i soggetti politici abbiano rifiutatoancora una volta la disciplina dell’art. 138 Cost., come se questa– pur ritenuta valida in generale – non sia adatta a varare riforme

2 Si è evitato così l’illegittimo ingresso in Parlamento di soggetti esterni, quale sisarebbe realizzato con il Comitato misto di parlamentari ed esperti, proposto da (tredei) «quattro saggi» nominati dal Presidente della Repubblica. L’ingerenza è stata poiancora minore del previsto, dato che la Commissione, benché incaricata di redigere untesto (o eventualmente più testi alternativi), si è limitata a depositare una relazione. Suicontenuti di quest’ultima v. se vuoi M. MANETTI, Le proposte di riforma della Commis-sione governativa: alcuni interrogativi, in Italianieuropei, 2013, nn. 9 /10, 36 ss.

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CRISI ECONOMICA E DIRITTI FONDAMENTALI*

di CARMELA SALAZAR

Finestra sull’utopiaLei è all’orizzonte [….]. Mi avvicino di due passi,

lei si allontana di due passi.Cammino per dieci passi e l’orizzonte

si sposta di dieci passi più in là.Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai.

A cosa serve l’utopia?Serve proprio a questo: a camminare.

E. GALEANO, Parole in cammino (1993), tr. it. di M. Trambaioli, Milano, 2006.

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La crisi e l’identità costituzionale degli Stati membridell’Unione europea. – 3. (Segue) I diritti fondamentali e il “dialogo” tra leCorti. – 4. Diritti fondamentali e “pareggio di bilancio”: qualche notazione.– 5. La discrezionalità del legislatore, il limite delle risorse disponibili e i“diritti condizionati”: tra passato e presente. – 6. Quale ragionevolezza perle misure “anti-crisi”? Notazioni sulla più recente giurisprudenza costituzio-nale. – 7. Conclusioni.

1. Premessa

Quando ho iniziato a riflettere su questo tema, mi è capitatodi sperimentare un effetto déjà vu. Il contrasto tra l’insaziabilitàdei diritti fondamentali1 e la limitatezza delle risorse finanziarienon è certo un tema nuovo, essendosi imposto prepotentementeall’attenzione del dibattito scientifico a partire dall’ultimo ven-tennio del secolo scorso. Tuttavia, la sensazione è ingannevole,poiché molte cose sono cambiate da allora.

* Testo rielaborato della relazione svolta dall’A. al XXVIII Convegno dell’AICsu «Spazio costituzionale e crisi economica», Padova, 17-19 ottobre 2013.

1 Per questa efficace formula, v. A. PINTORE, Diritti insaziabili, in L. FERRAJOLI,Diritti fondamentali, Roma-Bari, 2001, 79.

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Un’evidente novità che ogni discorso sui diritti fondamen-tali non può fare a meno di tenere in conto è data dall’arricchi-mento dei meccanismi di tutela che li riguardano, meccanismiormai distribuiti nello “spazio giuridico europeo”, lungo letraiettorie su cui si snoda il “dialogo” tra Corte costituzionale,Corte di Strasburgo e Corte di Giustizia dell’Unione europea.

L’ulteriore fenomeno degno di nota va nella direzione oppo-sta: al consolidarsi della proiezione dei diritti fondamentali oltrelo Stato, secondo le direttrici tracciate negli artt. 10, 11 e 117, c.1, Cost., fa in un certo senso da contraltare la potenziale minac-cia cui essi sono esposti – in via di fatto e su scala planetaria – inconseguenza del consolidarsi del processo di globalizzazioneeconomico-finanziaria.

Come si sa, quando si riflette su questo fenomeno si ha l’im-pressione di avere a che fare con una «nebulosa di confuse realtàe intricati problemi»2, ma è opinione comune che, se si osser-vano i meccanismi di funzionamento dell’“economia-mondo”, ladimensione globale risulti poco accogliente per i diritti fonda-mentali, benché anch’essi, come si è appena visto, esibiscano in-tatta la loro pretesa di riconoscimento e di giustiziabilità nono-stante la dissoluzione dello Stato-nazione. Mentre però l’econo-mia, una volta sganciatasi dalla statualità, è in grado di affermarese stessa attraverso regole stabilite per via contrattuale da attoriprivati, regole che si saldano a usi commerciali, a dispositivi disentenze (ma più spesso, di decisioni di organi “quasi giudi-ziari”), a princìpi generali e a criteri procedurali tratti dal dirittointernazionale, «che permettono di stabilire regole per il trafficogiuridico nelle infinite vie del mondo globale»3, per i diritti fon-damentali le cose vanno diversamente. Essi necessitano di istanzegiurisdizionali che ne assicurino l’azionabilità, oltre che di Carteche ne proclamino l’inviolabilità: come si sa, queste sono nume-rose e in continuo aggiornamento, ma ciò nonostante la lex mer-

2 Così, G. ZAGREBELSKY, V. MARCENÒ, Giustizia costituzionale, Bologna, 2012,552.

3 M.R. FERRARESE, Globalizzazione giuridica, in Enc. dir., Ann. IV, Milano, 2011,564.

786 CARMELA SALAZAR

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LE REALI INNOVAZIONI DELLA NUOVA LEGGE SUI RIMBORSI ELETTORALI

di MARCELLO DI FRANCESCO TORREGROSSA

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La normativa in materia dei rimborsi elettorali. –3. La relazione quantitativa e qualitativa tra la spesa e il rimborso elettorale.– 4. La legge 6 luglio 2012, n. 96. – 5. I controlli della Corte dei Conti edella nuova Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti deipartiti e dei movimenti politici. – 6. Iniziativa legislativa parlamentare e par-tecipativa.

1. Premessa

L’attuale momento di crisi sociale ed economica ha evidenziato lanecessità di un intervento del legislatore sul fenomeno dei contributipubblici verso partiti politici e movimenti.

Più voci, provenienti dalla società civile, hanno chiesto l’emana-zione di una ennesima e contrapposta normativa volta a regolarizzareil movimento di denaro in questione.

Purtroppo, una richiesta, posta in questi termini, rispecchia fe-delmente il modo di lavorare e ragionare che ha caratterizzato gli ul-timi vent’anni: intervenire con nuove leggi nella emotività del mo-mento patologico, senza valutare e sfruttare le disposizioni esistenti ela loro effettiva incidenza.

Ciò comporta, la maggior parte delle volte, avanzare pretese ecercare obiettivi facilmente attuabili attraverso le norme già in vigore,che non si raggiungono unicamente attraverso una operazione di de-molizione, ma anche, e principalmente, attraverso un lavoro di rico-struzione sistematica e di sforzo interpretativo.

Tramite tale premesse metodologiche, il lavoro si pone l’intentodi evidenziare una continuità giuridica della materia e la completezzasostanziale delle norme vigenti, nelle quali sono già presenti le condi-zioni esplicite ed implicite per maturare il diritto al rimborso eletto-

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rale. Nonostante le criticità, da cui derivano le richieste di intervento,si manifestino nel momento applicativo della normativa, esse si riferi-scono ad un problema più “a monte”: il rapporto tra potestà legislativaparlamentare e partecipativa.

Finanziamento, contributo e rimborso pubblico sono i vari nomiutilizzati per indicare la dazione di somme di denaro dallo Stato ai par-titi.

Prima di procedere ad una analisi dell’istituto, occorre procederead un esame cronologico della normativa, partendo dalla c.d. “leggePiccoli” del 1974.

2. La normativa in materia di rimborsi elettorali

La legge n. 195/1974 ha introdotto il finanziamento pubblico aipartiti “a titolo di concorso nelle spese elettorali”, all’art. 1, primocomma. Successivamente, la normativa è stata modificata dalla l. n.659 del 18 novembre 1981, aumentando i contributi finanziari, vie-tando i finanziamenti dalla P.A., da enti pubblici o a partecipazionestatale, nonché prevedendo una forma pubblica di rendicontazione1.

La “legge Piccoli” è stata espressamente abrogata attraverso la l.n. 515/1993, emanata a seguito del successo di un referendum a favoredel divieto del finanziamento pubblico ai partiti, avvenuto nello stessoanno.

Secondo l’art. 9 della legge 515/1993, “Il contributo finanziariodi cui alla legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni, è at-tribuito, in relazione alle spese elettorali sostenute per i candidati nellacampagna per il rinnovo del Senato della Repubblica e della Cameradei deputati, ai partiti o movimenti, alle liste o ai gruppi di candidati”.

La stessa normativa prevede, all’art. 10, un limite economico allespese dei partiti e, all’art. 11, un elenco della tipologia delle spese.Nello specifico, “per spese relative alla campagna elettorale si inten-dono quelle relative: a) alla produzione, all’acquisto o all’affitto di ma-teriali e di mezzi per la propaganda; b) alla distribuzione e diffusione

1 Secondo l’art. 1, primo comma, della legge 2 maggio 1974, n. 195 – Contributodello Stato al finanziamento dei partiti politici – “A titolo di concorso nelle spese elet-torali sostenute per il rinnovo delle due Camere, i partiti politici di cui al presentearticolo hanno diritto a contributi finanziari nella misura complessiva di lire 15 milamilioni”.

836 MARCELLO DI FRANCESCO TORREGROSSA

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LA DISCIPLINA DEI BENI PUBBLICI TRA STATO E REGIONI ALLA LUCE DELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE:

DALLA «VALORIZZAZIONE FUNZIONALE» ALLA «VALORIZZAZIONE FINANZIARIA»

di STEFANIA MABELLINI

SOMMARIO: 1. La questione dell’autonomia patrimoniale delle Regioni nel vecchiotitolo V Cost. – 2. Patrimonio “proprio” delle Regioni e principio di sussi-diarietà, nella novella costituzionale del 2001. – 3. Obiettivi di “valorizza-zione finanziaria” e “federalismo demaniale”. – 4. La disciplina dei benipubblici tra Stato e Regioni e l’emersione del principio dominicale come ti-tolo attributivo di competenze statali. – 5. Beni pubblici e “ordinamento ci-vile”. – 6. Beni pubblici e “valorizzazione finanziaria”.

1. La questione dell’autonomia patrimoniale delle Regioni nel vecchiotitolo V Cost.

Quella dell’autonomia patrimoniale ha rappresentato, nell’assettoprecedente la riforma del titolo V della Costituzione, una tra le que-stioni più emblematicamente espressive della posizione di subalternitàdegli enti regionali.

Non può, d’altro canto, tacersi come, a determinare tale risultato,abbia contribuito direttamente la stessa disciplina costituzionale, laquale, nel quadro di un modello di autonomia finanziaria «dai con-torni» tutt’altro che «ben delineati»1, si limitava ad affermare generi-camente la spettanza, in capo alle Regioni, di beni demaniali e patri-moniali2.

1 In questi termini, A. D’ATENA, Diritto regionale, Torino, 2010, 199.2 Cfr., in argomento, A. PUBUSA, Art. 119, in G. BRANCA (a cura di), Commenta-

rio della Costituzione, Le Regioni, Le province, I Comuni, I, Artt. 114-120, Bologna,Roma, 1985, 431 ss.; A. CATELANI, L’autonomia pubblica delle Regioni, Padova, 1989,156 s.; T. MARTINES, A. RUGGERI, Lineamenti di diritto regionale, IV ed., Milano, 1997,370 s.

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In mancanza di una garanzia costituzionale sulla consistenza delpatrimonio delle Regioni, si registrava la più ampia indeterminatezzasui criteri che avrebbero dovuto presiedere al concreto conferimento. Ilquale risultava, in definitiva, interamente rimesso al legislatore statale3.

Vero è che un esito diverso si sarebbe potuto prospettare assu-mendo l’esistenza di un rapporto di strumentalità tra bene e funzione4,ovverosia ritenendo la dotazione dei beni pubblici condizionata all’a-dempimento delle funzioni, statali o regionali, al cui “disimpegno”siano chiamati5.

3 V., L. PALADIN, Diritto regionale, VII ed., Padova, 2000, 260 ss.; E. GIZZI, Ma-nuale di diritto regionale, Milano, 1991, 252 ss.; F. LEVI, In tema di demanio regionale,in Giur. cost., 1971, 1678 ss. Cfr., sul punto, A. MANGIA, Sindacato di ammissibilità e reivindicatio nel conflitto di attribuzioni, in Le Regioni, 1994, 842, che evidenzia lo “svuo-tamento” a cui è andato incontro il contenuto dell’art. 119, comma 4, Cost., v.f.

4 Ammettendo l’esistenza di una implicazione tra la spettanza delle funzioni am-ministrative e la titolarità dei beni ad esse strumentali sembrerebbe enfatizzata la pe-culiare natura della proprietà pubblica (cfr., E. GUICCIARDI, Il demanio, Padova, 1934,8 ss.). La quale, invero, dovrebbe essere strutturalmente orientata, diversamente daquella privata, alla destinazione pubblica, tanto da tradursi in termini di funzione an-ziché di diritto soggettivo. Cfr., in questo senso, F. SANTORO-PASSARELLI, F. SANTORO-PASSARELLI, Proprietà, in Enc. del Novecento, (1980) reperibile in http://www.trec-cani.it/enciclopedia/proprieta_(Enciclopedia-Novecento)/, che rileva che «la proprietàprivata è diritto soggettivo e libertà, la proprietà pubblica è funzione e vincolo»; V. CA-PUTI JAMBRENGHI, Beni pubblici, in Enc. giur., Roma, 2004, 2; nonché ID., Proprietà e do-vere dei beni in titolarità pubblica, in AA.VV., AIPDA Annuario 2003, Titolarità pub-blica e regolazione dei beni. La dirigenza nel pubblico impiego, Milano, 2004, 62 s., incui si sottolinea che «proprietà pubblica e proprietà privata (o proprietà pubbliche eproprietà private) non sono, dunque, due (serie di) species dell’unico genus. Proprietàè diritto, mentre nella proprietà pubblica prevalgono nettamente eisgenze, finalità e, diconseguenza, discipline normative specifiche che vedono il soggetto pubblico “pro-prietario” quale centro di imputazioni giuridiche tutte qualificate per doverosità»; D.SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Una introduzione, Bologna, 2005, 151s. In senso diverso M.S. GIANNINI, I beni pubblici, Roma, 1963, 125; V. CERULLI IRELLI,Proprietà pubblica e diritti collettivi, Padova, 1983, 26 ss.; ID., Beni pubblici, in Dig.disc. pubbl., II, Torino, 1987, 289, il quale conclude che, nonostante le “anomalie”, «ilrapporto di appartenenza concernente i beni pubblici [sia], di norma, un rapporto diproprietà».

5 Cfr., M. NIGRO, Trasferimento di beni pubblici e successione nella funzione, inGiur. cost., 1977, 300 ss.; S. BARTOLE, Demanio regionale e norme di attuazione, in Giur.cost., 1971, 2181 ss.; G. FALZONE, I beni delle regioni a statuto ordinario, in Riv. trim.dir. pubbl., 1971, 294 ss.; P.A. CAPOTOSTI, Le foreste tra Stato e Regioni: un conflittoproprio inammissibile?, in Giur. cost., 1976, 1456 ss.; A. PUBUSA, Art. 119, cit., 433 ss.;A. CATELANI, L’autonomia pubblica delle Regioni, cit., 155; A. MANGIA, Sindacato di am-missibilità e rei vindicatio nel conflitto di attribuzioni, cit., 840 ss.; M. PERINI, Rei vin-

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LISTE TRANSNAZIONALI E PROCEDURA ELETTORALE UNIFORME: VERSO UNA «LEGGE ELETTORALE EUROPEA»

di ANDREA RAZZA

SOMMARIO: 1. Il Parlamento come Assemblea di delegati nell’originaria concezionedella CECA e il cammino verso l’elezione diretta. – 2. Dalle prime propostedi liste transnazionali e procedura elettorale uniforme all’abolizione deldoppio mandato nel 2002: un percorso storico. – 3. La composizione e i po-teri del Parlamento europeo nel post-Lisbona: la sentenza BVerfG del 30giugno 2009 – 4. La proposta Duff per le elezioni europee del 2014. –5. Conclusioni: verso una “legge elettorale europea” – 6. Appendice – 7. Bi-bliografia

1. Il Parlamento come Assemblea di delegati nell’originaria conce-zione della CECA e il cammino verso l’elezione diretta

Nella nuova Europa, il Parlamento decide. Con queste parole siapre lo spot ufficiale italiano per le ultime elezioni europee del 2009.

Quello del principio rappresentativo del Parlamento europeo èun tema molto dibattuto fin dal 2007, quando ancora si negoziava ilTrattato di Lisbona.

Il problema nasce dalla natura peculiare del Parlamento europeo– la più grande assemblea elettiva del mondo per numero di votantidopo la Camera del popolo dell’India1 – sia dal fatto che la sua com-posizione ha dovuto adeguarsi alle varie modificazioni dei trattati, chegli hanno assegnato sempre più competenze tenendo anche conto del-l’allargamento dell’Unione stessa, con l’inclusione di nuovi Stati mem-bri. Ciò ha comportato un naturale ampliamento del Parlamento ma

1 A partecipare alle elezioni del Parlamento europeo hanno diritto infatti più di388 milioni di votanti, mentre per la Lok Sabha, la Camera bassa dell’India, possonovotare oltre 415 milioni di persone, v. D. AMIRANTE e C. DECARO (a cura di), La Costi-tuzione dell’Unione indiana, Giappichelli, 2013, specif. L. COLELLA, Il Parlamento in-diano: lo “specchio” della democrazia più grande del mondo, capp. VII e ss.

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ha creato al contempo un problema di bilanciamento tra l’omogeneitàe l’unità della rappresentanza dei cittadini con la questione degli inte-ressi nazionali.

Un problema che ha inciso e continua ad incidere sulla formulaelettorale adottata per le elezioni europee. Dal passaggio dal sistema didelegazione all’elezione diretta alle proposte di uniformare i sistemielettorali europei all’abolizione del doppio mandato, l’idea di una“procedura elettorale uniforme” ha sempre contraddistinto i temi delleriforme istituzionali nel Parlamento europeo. E parallelamente ha ac-compagnato tutto il dibattito dottrinale sui partiti politici europei, illoro finanziamento e la loro disciplina statutaria2.

Originariamente il Parlamento europeo non era direttamenteeletto bensì era composto da delegati dei sei Stati membri (Italia, Fran-cia, Germania occidentale, Benelux), delegati soggetti al doppio man-dato, perché eletti anche al proprio parlamento nazionale.

Il 18 aprile 1951 veniva istituita a Strasburgo l’Assemblea comunedella Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) con il com-pito di affiancare e svolgere una funzione di controllo sull’organo ese-cutivo costituito dall’Alta Autorità, organo centrale delle prime istitu-zioni europee. L’Assemblea era composta da delegati designati unavolta all’anno tra i membri dei Parlamenti degli Stati membri, i qualivoteranno l’11 maggio 1954 all’unanimità come proprio Presidente l’i-taliano Alcide De Gasperi.

L’Assemblea comune si organizza così come un vero e proprio an-tenato del Parlamento europeo, dotandosi di tutti gli istituti propri diun’assemblea elettiva, primo tra tutti un sistema di Commissioni arti-colate per materia (Commissione sul mercato comune, Commissioneper gli investimenti, le questioni finanziarie e lo sviluppo della produ-zione, Commissione per gli affari sociali, Commissione per gli affaripolitici e le relazioni esterne della Comunità, Commissione per i tra-sporti, Commissione sulla contabilità e amministrazione della Comu-

2 I riferimenti sono a G. GRASSO, I partiti politici europei (voce), in A. ANGELETTI,R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, E. PALICI DI SUNI (a cura di), Digesto delle disci-pline pubblicistiche. Aggiornamento, Utet, 2008; I. INGRAVALLO, I partiti politici a livelloeuropeo: analisi e prospettive, in Annali della facoltà di giurisprudenza di Taranto, AnnoV, Cacucci Editore, 2012; P. CACCAVALE, Partiti politici europei e gruppi parlamentarinella sesta legislatura del Parlamento europeo, in Rassegna parlamentare, n. 4, Jovene,2006; J. DE WAELE e R. COMAN, Les partis politiques européens, Synthèse n. 134,www.robert-schuman.org, 17.5.2004.

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ISLE – SCUOLA DI SCIENZA E TECNICA DELLA LEGISLAZIONE

«MARIO D’ANTONIO»

CERIMONIA DI CHIUSURA DEL XXV CORSO

Il 10 dicembre 2013, nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica,ha luogo la cerimonia conclusiva del XXV corso della Scuola di scienza etecnica della legislazione dell’ISLE.

La cerimonia ha inizio con gli interventi del Presidente dell’ISLE,prof. Augusto Barbera, e del Segretario Generale, prof. Silvio Traversa.

La prof.ssa Michela Manetti illustra l’ipotesi di progetto di leggeconcernente «Disposizioni in materia di servizio pubblico generale radio-televisivo e RAI - Radiotelevisione italiana S.p.a.».

La cerimonia si conclude con l’intervento del Presidente del Senato,Pietro Grasso, che provvede altresì alla consegna dei diplomi e delle me-daglie ai frequentatori del XXV Corso.

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PAOLO ARMAROLI, Lo strano caso di Fini e il suo doppio nell’Italia checambia. Tutte le anomalie della XVI legislatura e oltre, Mauro Pa-gliai Editore, Firenze, 2013.

1) È per me un grande piacere recensire questo libro di Paolo Ar-maroli. Non solo per l’affetto, l’amicizia e la stima che a Paolo mi le-gano da tanti anni, ma perché è un libro di straordinario interesse, chemerita di essere letto e riletto, ma vorrei aggiungere studiato nelle uni-versità, trattandosi di un’ottima fonte non solo di informazione, ma divera e propria formazione di diritto costituzionale e parlamentare. Sec’è un appunto che devo rivolgere all’Autore è che il titolo non rendemerito al suo contenuto: non si tratta infatti soltanto di una divertentecronaca politico-costituzionale degli ultimi anni di legislatura, conditada gustosi aneddoti, ma è un libro di sostanza, la cui ricostruzione edanalisi è condotta con rigore metodologico e completezza di citazioni,peraltro assai colte. I fatti non solo vengono sezionati e spiegati, mal’Autore li colloca in una cornice storica, politica, istituzionale che su-pera la spicciola cronaca quotidiana e che ben spiega cosa è accadutoin Italia negli ultimi 20 anni.

Con la sua brillante scrittura, Armaroli non fa sconti a nessuno eper così dire ci va giù duro. Ho ad esempio apprezzato molto del librol’ironia, il sarcasmo – sovente dal gusto amaro (che poi del resto è unpo’ nelle corde dell’Autore) – lo spiccato senso del grottesco che èdato cogliere nelle tante storie raccontate. Emblematico il richiamo atalune caratteristiche della nostra italianità (che però non è nostraesclusiva prerogativa): i ribaltoni, il trasformismo, la tendenza a saliresempre sul carro dei vincitori, a cambiare casacca, partito, ideali, va-lori, fedi, rinnegando tutto, la propria storia e anche la propria dignità,pur di restare attaccati ad una poltrona.

E penso anche alle tante questioni di procedura parlamentare chevengono evocate nel libro, peraltro utilissime quali veri e propri prece-denti di studio. Tra tutte segnalo la vicenda che riguardò la decisionesulle modalità del voto segreto/palese all’autorizzazione all’arresto del-l’onorevole Papa e che si concluse – come si ricorderà – formalmentecon il voto segreto, ma sostanzialmente col voto palese. Vicenda che

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oggi si ripropone, con drammatica attualità, per il voto sulla decadenzadel sen. Berlusconi rispetto al quale la Giunta, sia pur a stretta mag-gioranza, ha deciso debba essere palese, in dispregio del regolamento:una delle pagine più buie della vita parlamentare degli ultimi anni euna ferita profonda per la democrazia.

2) Il tema centrale del libro è il ruolo svolto dal Presidente dellaCamera Fini nella XVI legislatura. Un ruolo invero molto difficile cheFini ha dovuto gestire in una situazione istituzionale di assoluta straor-dinarietà, quasi di rottura del sistema. Non era facile fronteggiare unasituazione come quella creatasi, né era facile mantenere l’imparzialitàquando si era fatti oggetto, quotidianamente, di attacchi politici vio-lenti fuori e dentro le mura parlamentari. Si aggiunga a ciò la paralisidell’ordinario processo decisionale dato dall’inflazione di decreti legge,dalla presentazione di maxi emendamenti, dal sistematico ricorso alvoto di fiducia. Tutta la legislatura scorsa ha visto uno schiacciamentodel ruolo del Parlamento a favore del Governo.

Ciò nondimeno Fini ha rappresentato una autentica anomalia chemerita una riflessione sotto il profilo costituzionale. Ed infatti dal mo-mento in cui si consumerà la rottura con Silvio Berlusconi il 22 aprile2010, Fini opererà come si usa dire “due parti in commedia” (e ciòcontinuerà a farlo anche dopo la bocciatura a Montecitorio della mo-zione di sfiducia al Governo Berlusconi il 14 dicembre 2010). Ovveroimparziale e attento Presidente nella conduzione dei lavori assemblearie nell’applicazione del Regolamento, da un lato (e questo gli viene ri-conosciuto un po’ da tutti, anche dai suoi antagonisti politici), ma po-litico militante all’esterno, in rotta di collisione con il Governo, in par-ticolare con il suo leader e con il suo programma, dall’altro.

Una anomalia istituzionale assolutamente inedita poiché il Presi-dente della Camera esprimeva fuori dal Parlamento, in televisione, suigiornali, nei comizi, sui social media, tale ruolo politico militante, addi-rittura per modificare il quadro politico e le decisioni del programmadel Governo Berlusconi votato dalle Camere, ma – e qui sta il punto –usando il prestigio, l’autorevolezza, il peso politico, la visibilità che gliderivava dalla sua carica istituzionale, carica che non lascerà fino allascadenza della legislatura.

3) Non vi è dubbio che la figura dei Presidenti delle Camere è didifficile inquadramento. Siamo infatti di fronte ad organi – lo si è af-fermato a più riprese (da ultimo si veda, per tutti, V. LIPPOLIS, Le me-tamorfosi dei Presidenti delle Camere, in www.associazionedeicostituzio-

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V. DI CIOLO - L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pra-tica, 5ª ed., Giuffrè, Milano, 2013.

È con viva soddisfazione che la «comunità degli interpreti del di-ritto parlamentare» (nella quale possono farsi rientrare accademici,funzionari parlamentari, membri delle Camere, laureati aspiranti allecarriere parlamentari, studenti dei corsi di diritto parlamentare ed, ingenerale, l’opinione pubblica interessata alle vicende del Parlamento)deve accogliere la pubblicazione della quinta edizione del noto ma-nuale curato da Vittorio Di Ciolo e Luigi Ciaurro.

Si tratta, infatti, di un’opera unica nel suo genere e con una fisio-nomia ben distinta rispetto agli altri, pur pregevoli, manuali di dirittoparlamentare presenti nella pubblicistica italiana i quali vengono arric-chendo in numero sempre crescente la riflessione giuridica sul Parla-mento e sulle Assemblee legislative sovra- ed infra-nazionali, come glistessi Autori ricordano nell’avvertenza alla nuova edizione.

Le ragioni di tali specificità sono evidenziate sin dal titolo dell’o-pera, ove la contrapposizione tra «teoria» e «pratica» non va intesacerto nel senso di una contrapposizione tra i due termini; una contrap-posizione che rischia di essere particolarmente perniciosa se applicata aldiritto parlamentare… Sin dalla prima edizione – e con rilievo sempremaggiore man mano che il corpus di precedenti richiamati e consideratiè andato crescendo nelle edizioni successive – il filo rosso di quest’o-pera è costituito, invece, dalla consapevolezza (che si traduce in conse-guente testimonianza scientifica e culturale) che l’inquadramento piùfruttuoso del diritto parlamentare deve poggiare su due pilastri che nonsi escludono ma si richiamano tra loro: un sicuro metodo giuridico diindagine, che postula la piena integrazione di tale esperienza nel si-stema costituzionale vigente (la «teoria») e l’esigenza di fare necessaria-mente riferimento, per questo ramo del diritto pubblico, ad una pecu-liarissima law in action, rappresentata da una ricca congerie di dirittonon scritto (dalle consuetudini ai dicta presidenziali, nelle varie sedi eforme nelle quali essi sono resi), fino ad arrivare ai confini della norma-tività (gli atti di indirizzo politico ed i comportamenti tenuti in concretodai soggetti politici presenti all’interno delle Camere).

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A parere di chi scrive, uno dei pregi principali dell’opera è quellodi evidenziare costantemente la relazione necessaria, ancorché dialet-tica, tra queste due polarità: il principio di legalità costituzionale im-pone di rivisitare criticamente alcuni tradizionali istituti espressividella flessibilità del diritto parlamentare, (persino quello, classico,della derogabilità delle sue fonti), mentre la specificità del diritto par-lamentare, nel senso del carattere composito e complesso delle fontiche lo alimentano, richiede l’affinamento di una sensibilità particolarenell’interprete e, soprattutto, la conoscenza dei precedenti.

Sotto questo ultimo punto di vista, il volume di Di Ciolo eCiaurro costituisce una miniera preziosissima di reperimento ed analisidi dati di esperienza. Si può anzi arrivare a sostenere che, nella perdu-rante opacità delle fonti ufficiali di cognizione del diritto parlamentarein action, il manuale che qui si recensisce svolga egregiamente una fun-zione pubblicitaria surrogatoria di tali fonti.

Al tempo stesso – e torniamo al primo dei due pilastri – i prece-denti considerati vengono costantemente raffrontati al parametro co-stituzionale e regolamentare, evidenziandosene gli eventuali scosta-menti, nonché le oscillazioni delle soluzioni nel tempo.

Questa ultima dimensione problematica del diritto parlamentareitaliano ci consente di svolgere un’ulteriore e conclusiva riflessione chescaturisce dalla lettura della quinta edizione del manuale. Non sfugge,infatti, alla sensibilità dei due Autori che il bene della certezza del di-ritto (ivi compreso quello parlamentare), il quale costituisce un capo-saldo dello Stato di diritto costituzionale, rischia di essere posto a ri-schio da una stratificazione sempre più complessa, non univoca espesso contraddittoria di precedenti, che fanno talvolta riferimento, aloro volta, a novellazioni puntuali, se non talvolta contingenti, dei re-golamenti.

L’assenza di stabilità del sistema delle regole parlamentari è poiaccentuata dall’ombra che viene proiettata su di esse dalla tormentataesperienza delle legislature del maggioritario, con la preferenza per lavalorizzazione del “peggior precedente” – secondo l’efficace defini-zione di Nicola Lupo – ove, invece, dovrebbe ricercarsi – esattamenteall’opposto – la stabilità e la certezza delle soluzioni regolamentari edel diritto da esse tratto.

Di qui, un ulteriore – e rilevantissimo, a parere di chi scrive – pre-gio dell’opera: la dichiarata consapevolezza che un pieno adeguamentoal principio di legalità costituzionale, nonché la salvaguardia della fun-

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