Rassegna - ISLE · Leyland - Franco Modugno - Valerio Onida - Mario Patrono Otto Pfersmann -...

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Rassegna Parlamentare Rivista trimestrale 2013 Gennaio/Marzo Anno LV Jovene editore 1 1

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ISSN 0486-0373

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2013Gennaio/MarzoAnno LV

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INDICEgennaio-marzo 2013

SAGGI

MARIO FIORILLO, Il ripudio della guerra nell’officina della Costituente........................................................................ p. 7

FRANCESCA SGRÒ, Garanzie e preclusioni nei processi di riforma del sistema elettorale italiano ............................. » 35

OSSERVATORIO PARLAMENTARE

FEDERICO GUSTAVO PIZZETTI, Può una legge elettorale essere adottata con decreto-legge?............................................... » 81

ALBERTO TABACCHI, L’equilibrio dei bilanci: una regola costi-tuzionale “europea” per le finanze pubbliche ................... » 109

SILVIO TRAVERSA, Regolamenti parlamentari e procedimento di formazione delle leggi costituzionali ............................ » 151

ANTONIO ZITO, Alla fine della XVI legislatura: la crisi del go-verno Monti e lo scioglimento anticipato delle Camere ... » 163

OSSERVATORIO PARLAMENTARE COMPARATO

ROBERTO CERRETO, Regolamenti parlamentari e sindacato di costituzionalità nel diritto comparato .............................. » 185

OSSERVATORIO GIURISPRUDENZIALE

DANIELE BUTTURINI, Lo status del Presidente della Repub-blica: spunti di riflessione dalla sentenza n. 1/2013 della Corte costituzionale .......................................................... » 223

PASQUALE COSTANZO, Postilla ................................................. » 243

Elenco collaboratori ................................................................ » 247

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IL RIPUDIO DELLA GUERRA NELL’OFFICINA DELLA COSTITUENTE*

di MARIO FIORILLO

SOMMARIO: 1. Il contesto. – 2. Il testo. – 3. Le radici, l’eredità.

1. Il contesto

A metà del XX secolo due devastanti conflitti mondiali –guerre “totali”, per la dimensione della macchina militare messain moto, il coinvolgimento delle popolazioni civili, l’uso di armidi distruzione di massa – non solo sanciscono il fallimento dellepolitiche di espansione territoriale a mezzo delle armi, che ave-vano segnato la nascita e il trionfo dello Stato moderno, ma san-zionano anche un nuovo fondamento politico culturale per loStato di diritto liberale. Infatti, alla conclusione della secondaguerra mondiale, emerge prepotentemente in Occidente la con-sapevolezza della indispensabilità di una dimensione giurisdizio-nale, fondata sulla negazione dell’uso indiscriminato della forza,per la risoluzione dei conflitti armati interstatuali, con l’obiettivodi superare quella che Costantino Mortati definiva la «fase in-candescente del bellum omnium contra omnes»1. È questo, e nonaltro, a ben vedere, il fondamento della democrazia costituzio-nale occidentale: l’idea che non solo all’interno di un corpo so-ciale organizzato in ordinamento, ma anche nelle relazioni tracomunità politiche sovrane, possano evidenziarsi interessi sociali,

* Questo saggio rappresenta una rielaborazione della relazione su Guerra e Co-stituente, presentata al convegno Il segno di Caino. Dimensioni contemporanee dellaviolenza bellica, tenuto ad Avezzano il 26 novembre 2010.

1 C. MORTATI, La Costituente. La teoria. La storia. Il problema italiano, Roma(1945), ora in Raccolta di scritti, I, Milano, 1972, 243.

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economici, politici anche contrapposti. Interessi differenziati iquali, però, non vanno negati, ma ricomposti in un processo digiurisdizionalizzazione continuo, ove l’avversario non è un ne-mico da annientare una volta per tutte in una sorta di finale giu-dizio di Dio, ma il naturale competitor di una partita che può edeve essere rinnovata più volte, e nella quale dunque ai suoi gio-catori va riconosciuta la stessa legittimazione2.

Ebbene, è su tali presupposti che nella Costituzione italiana– come all’interno di tutte le democrazie costituzionali sorte inOccidente nel secondo dopoguerra – la pace assume il ruolo difine costituzionale primario, un principio/valore cui orientaretutte le scelte della comunità politica. Un fine che colloca la vio-lenza, nella risoluzione delle controversie internazionali, in unaposizione del tutto residuale, demandando l’uso della forza, invia generale, ad organismi super partes, come, in primis, il Consi-glio di Sicurezza dell’ONU. Si afferma insomma un’immaginedella guerra che sembra in qualche modo la trasposizione, su diun piano politico e costituzionale, della nozione di Civitasmaxima e pace perpetua kantiana, attraverso la mediazione distudiosi dell’epoca del calibro di Hans Kelsen3.

Tutto ciò si traduce nella formalizzazione costituzionale delpacifismo come limite e guida della pratica delle relazioni inter-nazionali, sicché, ad esempio, all’interno della Costituzione ita-liana, una delle grandi novità è la scoperta delle dimensione in-ternazionale della Repubblica. Dimensione internazionale che

2 Richiamo ovviamente qui l’idea schmittiana di amico/nemico, ma in una ma-niera meno sbrigativa (il “nemico assoluto” semplicemente da distruggere), come pro-veniente da una diffusa pubblicistica corrente: v. C. SCHMITT, Teoria del partigiano(1963), trad. it., Milano, 2005, 19; ID., Il concetto di “politico” (1932), in Le categoriedel ‘politico’, a cura di G. Miglio e P. Schiera, Bologna, 1998. 120, nt. 25. Sul punto no-tazioni più ampie possono trovarsi, se si vuole, in M. FIORILLO, Guerra e diritto, RomaBari, 2009, 47, 153 e passim.

3 Come noto, Hans KELSEN (V. fra l’altro ID., La pace attraverso il diritto [1944],trad. it., Torino, 1990, 36 e 55), teorizzava un ordinamento cosmopolitico teso a supe-rare i limiti mostrati dalla Società per le Nazioni. Una visione, peraltro, non utopistica,perché lo studioso praghese era pienamente consapevole che la creazione di un ordineuniversale presuppone una rivoluzione della coscienza culturale, dunque un «compitoinfinito» (ID., Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale [1920],trad. it., Milano, 1989, 469).

8 MARIO FIORILLO

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GARANZIE E PRECLUSIONINEI PROCESSI DI RIFORMA

DEL SISTEMA ELETTORALE ITALIANO

di FRANCESCA SGRÒ*

SOMMARIO: 1. Democrazia rappresentativa e sistema elettorale. – 2. Natura politicadella legge elettorale e preclusioni nel percorso di riforma. – 3. I vincoli alreferendum abrogativo sulla legge elettorale. – 4. Il giudizio di legittimità co-stituzionale della legge elettorale e le sedi in cui promuoverlo: una questioneaperta. – 4.1. La valutazione sull’ammissibilità del referendum abrogativoquale possibile giudizio a quo. – 4.2. Dalla «verifica dei poteri» al «conflittotra poteri»: gli altri contesti ipotizzati dalla dottrina per promuovere il va-glio di costituzionalità. – 4.3. I ricorsi individuali presentati dai singoli elet-tori e gli epiloghi negativi: le pronunce che dichiarano il difetto assoluto digiurisdizione e la sentenza della Corte di Strasburgo del 2012. – 4.4. Le in-novazioni procedurali prospettate de iure condendo. – 5. Metodi e garanzieper presidiare la democraticità nel controllo di costituzionalità della leggeelettorale.

1. Democrazia rappresentativa e sistema elettorale

Se l’esigenza di democraticità nelle scelte politiche di go-verno ha costituito il motore trainante per l’affermazione primadello Stato liberale e poi dello Stato costituzionale, la concretatraduzione istituzionale di questa istanza di partecipazione poli-tica è segnata dall’approdo alla c.d. democrazia rappresentativa,che ha trovato una compiuta realizzazione – dogmaticamente estoricamente – attraverso il riconoscimento del diritto di voto1 e

* Questo contributo del gennaio 2013 fa parte di uno studio realizzato con la«Dote ricerca» finanziata dall’Università degli Studi di Milano, dal FSE e dalla Re-gione Lombardia.

1 Cfr. C. LAVAGNA, Il sistema elettorale nella Costituzione italiana, in Rivista tri-mestrale di diritto pubblico, 1952, 849 ss.; G. FERRARI, Elezioni (teoria generale), in En-

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la sua estensione ad un numero sempre maggiore di gruppi so-ciali per giungere poi alla consacrazione del suffragio universalequale metodo ordinario per la designazione dei membri dellaCamera bassa (e quindi di entrambi i rami del Parlamento, pres-soché ovunque)2.

Il sistema elettorale è, pertanto, l’indice tecnico più rilevanteper delineare i contorni democratici delle istituzioni costituzio-nali in qualunque ordinamento giuridico-statuale, in quanto – aldi là e a prescindere dai concreti programmi politici che i partitiintendono realizzare una volta conquistati i seggi – incide diret-tamente sul cuore della democrazia, dovendo presiedere alla edi-ficazione di quell’istituzione che identifica la sovranità popolaree che rappresenta la massima espressione della partecipazionepolitica della società.

Attraverso la legge elettorale si dettano, in sostanza, le re-gole del gioco della democrazia, le quali costituiscono la prima

ciclopedia del diritto, XIV, 1965, 607 ss.; D. FISICHELLA, Elezioni (Sistemi elettorali), inEnciclopedia del diritto, XIV, 1965, 649 ss.; A. LIPHART, Le democrazie contemporanee,Bologna, 2001, 163 ss.; S. CECCANTI, I «nuovi» sistemi elettorali: regolarità, anomalie,utilizzazioni previste e impreviste, 20 ottobre 2005, in www.federalismi.it; C. DE FIORES,Rappresentanza politica e sistemi elettorali in Italia, in C. DE FIORES (a cura di), Rap-presentanza politica e legge elettorale, Torino, 2007, 11 ss.; R. D’ALIMONTE, C. FUSARO

(a cura di), La legislazione elettorale italiana, Bologna, 2008, 11 ss.; C. DE FIORES, Si-stema elettorale e Costituzione, in R. CERRETO (a cura di), La democrazia italiana: forme,limiti, garanzie, Roma, 2010, 77 ss.; E. DE MARCO, Sistemi elettorali e forma di governo,in E. DE MARCO, Istituzioni in cammino. Scritti di diritto costituzionale italiano ed eu-ropeo, Milano, 2010, 1 ss.; L. TRUCCO, Democrazie elettorali e Stato costituzionale, To-rino, 2011; M. PALMA, Dal sistema elettorale alla forma di governo, Bari, 2011, 69 ss.; E.DE MARCO, Democrazia maggioritaria e principio della divisione dei poteri. Spunti peruna problematica «rilettura» del principio in un mutato scenario costituzionale, inAA.VV., Alle frontiere del diritto costituzionale. Scritti in onore di Valerio Onida, Mi-lano, 2011, 701 ss.; A. MANZELLA, Legge elettorale e democrazia, Introduzione al con-vegno dell’Associazione ex parlamentari, Camera dei deputati, 29 febbraio 2012.

2 La Camera dei Lord nel Regno Unito rappresenta uno pochi dei modelli di Ca-mera alta non elettiva. Sul tema cfr. G. CARAVALE, Il bicameralismo britannico nel due-mila, in Quaderni costituzionali, 2000, 545 ss.; M. RUSSELL, M. SCIARA, The House ofLords in 2006: Negotiating a Stronger Second Chamber, London, 2007, 40 ss.; E. GIAN-FRANCESCO, La riforma della House of Lords: uno stretto sentiero tra molteplici paradossicostituzionali, in C. DECARO, Il bicameralismo in discussione: Regno Unito, Francia, Ita-lia. Profili comparati, Roma, 2008, 145 ss.; A. TORRE, Regno Unito, in P. CARROZZA, ADI GIOVINE, G.F. FERRARI (a cura di), Diritto costituzionale comparato, 2010, 84 ss.

36 FRANCESCA SGRÒ

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PUÒ UNA LEGGE ELETTORALE ESSERE ADOTTATA CON DECRETO-LEGGE?

di FEDERICO GUSTAVO PIZZETTI

1. Rispondendo il 6 novembre 2012 alle domande postegli da al-cuni giornalisti nel corso del Vertice Asem di Ventiane, il Presidentedel Consiglio Monti ha ritenuto “tecnicamente possibile” (o “immagi-nabile”) un intervento del Governo con decreto-legge per sbrogliare lamatassa della riforma della legge elettorale vigente, la n. 270/2005 (c.d.“Porcellum”), di fronte alle lentezze e ai ritardi delle forze politiche inParlamento1.

L’affermazione del Presidente del Consiglio tocca un nodo parti-colarmente complesso, e mai del tutto risolto, circa il perimetro che ladecretazione d’urgenza incontra, sollevando, di conseguenza, l’interro-gativo se un atto governativo di parziale riscrittura della legge eletto-rale possa, oppure no, considerarsi costituzionalmente legittimo.

Ora, è noto che l’art. 15, comma 2, lett. b) della l. n. 400/1988 di-spone che il Governo «non può» mediante un decreto-legge «provve-dere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma, della Costi-tuzione»: materie, queste, fra le quali rientra anche quella «elettorale».

Di primo acchito, dunque, si dovrebbe rapidamente e pacifica-mente concludere nel senso dell’impossibilità (o dell’inimmaginabilità)di una parziale riscrittura della legge elettorale per opera del GovernoMonti, contrariamente a quanto il Professore ha, invece, affermato.

Vero è, però, che il divieto in discorso, essendo contenuto in unafonte primaria non dotata di forza superiore a quella delle altre fonti

1 Le quali, peraltro, con voto favorevole del P.d.l., della Lega Nord, dell’U.d.c.,dell’A.p.i. e dell’M.p.a., hanno approvato, nello stesso giorno, in Commissione Affaricostituzionali del Senato, una modifica volta ad attribuire il c.d. “premio di maggio-ranza”, pari al 55% dei seggi, al partito o alla coalizione che ottenga il 42,5% dei votivalidi e non, come ora accade, al partito o alla coalizione che ottiene la maggioranzadei voti, qualunque sia la soglia raggiunta.

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sue parigrado, non è in grado di vincolare il successivo esercizio dellafunzione legislativa, compresa quella d’urgenza.

Fra la legge n. 400/1988, da una parte, ed un ipotetico decreto-legge che intervenisse in materia elettorale, dall’altra, il secondo, inquanto atto successivo nel tempo, prevarrebbe, dunque, sulla prima, anorma degli artt. 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale di cuial r.d. n. 262/1942, e la dichiarazione del Presidente Monti sarebbe per-fettamente corretta dal punto di vista dei rapporti fra le fonti del diritto.

La questione – tuttavia – si rivela ancor più complessa.Qualora, infatti, si ritenesse, da un lato, che l’art. 15, comma 2,

lett. b) della l. n. 400/1988 non fa altro che “esplicitare” una regola giàimplicita in Costituzione, e, dall’altro lato, si riscontrasse che un de-creto-legge che abbia per contenuto la riformulazione dei meccanismidella legge elettorale difetta dei requisiti richiesti dall’art. 77 Cost., al-lora si sarebbe in presenza di un contrasto fra livelli di fonti nonequiordinate fra di loro con la conseguenza che la via del decreto-leggenon sarebbe “tecnicamente” percorribile, contrariamente a quanto so-stenuto invece dal Presidente Monti.

Che il divieto di cui all’art. 15, comma 2, lett. b) della l. n.400/1988 trovi sicuro ancoraggio in Costituzione dal punto di vistadell’esclusione in generale della «materia elettorale» dal novero diquelle disciplinabili per decreto-legge è, in effetti, perlomeno dubbio,tant’è vero che, in passato, si è riscontrata almeno l’adozione di un de-creto-legge in tale ambito2.

Di solito, però, si ritiene che, se non è esclusa dalla decretazioned’urgenza “tutta” la materia elettorale, lo sia almeno quel “settore”specifico che attiene ai meccanismi di elezione dei parlamentari (la c.d.legislazione elettorale “in senso stretto”3), tant’è che anche il sopraci-tato intervento del Governo aveva riguardato solamente la c.d. legisla-zione elettorale “di contorno” (in particolare, si trattava della disci-plina della propaganda elettorale attraverso il mezzo radiotelevisivo) efu comunque all’origine di vivaci dibattiti e di non poche polemiche,così che, alla fine, non venne convertito in legge.

Nel caso presente, invece, il Presidente Monti ventila un’azionegovernativa direttamente incidente sui meccanismi (fra i più delicati e

2 Trattasi del d.l. n. 83/1993, c.d. “decreto Gambino”, più volte reiterato. V. al-tresì i casi riportati infra nella postilla.

3 Si v., in proposito, quanto affermato da Corte cost., sent. n. 161/1995.

82 FEDERICO GUSTAVO PIZZETTI

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L’EQUILIBRIO DEI BILANCI: UNA REGOLA COSTITUZIONALE “EUROPEA”

PER LE FINANZE PUBBLICHE

di ALBERTO TABACCHI

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’evoluzione delle regole nazionali: dalla Costituzionealla legge finanziaria. – 3. Le regole numeriche di bilancio tra Unione euro-pea e ordinamento interno. – 4. La riforma costituzionale del 2012. – 5. Lenuove regole per le finanze pubbliche. – 6. Conclusioni.

1. Premessa

L’introduzione del principio dell’equilibrio di bilancio nella Costi-tuzione italiana costituisce un elemento di forte innovazione delle re-gole di finanza pubblica applicate nel nostro ordinamento. Significati-vamente, la revisione operata dalla legge costituzionale 20 aprile 2012,n. 1, rappresenta la prima riscrittura delle norme fondamentali in mate-ria di bilancio contenute nella Carta costituzionale, in precedenza rivi-ste solo con riferimento alla disciplina dei rapporti finanziari tra loStato e gli enti territoriali e dell’autonomia di entrata e di spesa di talienti, in occasione della riforma del Titolo V della parte seconda dellaCostituzione operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

La disciplina introdotta dalla legge costituzionale n. 1 del 2012,tuttavia, pur rappresentando una decisa soluzione di continuità ri-spetto all’assetto preesistente, non costituisce una rottura rispetto alpassato: il principio dell’equilibrio del bilancio, infatti, non è ignotoalla tradizione costituzionale del nostro Paese, come è evidente dall’a-nalisi degli orientamenti dei costituenti è noto, del resto, che nella piùcelebre (e controversa) pronuncia della Corte costituzionale in materiadi copertura finanziaria delle leggi di spesa, la Consulta affermò che ildisposto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione «attiene ailimiti sostanziali che il legislatore ordinario è tenuto a osservare nella

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sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata non già dall’auto-matico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento dell’e-quilibrio tra le entrate e la spesa» (sentenza 7 gennaio 1966, n. 1).

Nella Carta costituzionale non era tuttavia individuato un precisovincolo di contenuto per le scelte di politica economica e finanziaria dellegislatore, in quanto l’articolo 81 della Costituzione, secondo l’inter-pretazione prevalente, stabiliva essenzialmente vincoli di carattere pro-cedurale, mentre il raggiungimento di specifici obiettivi di bilancio re-stava rimesso alla prudenza del decisore politico. Non deve, però, tra-scurarsi come le regole costituzionali e la normativa interna in materiadi contabilità da tempo non costituiscano più le uniche fonti per la di-sciplina della finanza pubblica nel nostro Paese. A seguito degli svi-luppi del processo di integrazione economica e finanziaria a livello eu-ropeo, culminato con l’adozione del Trattato sull’Unione europea, fir-mato a Maastricht il 7 febbraio 1992, il sistema delle regole di finanzapubblica applicabili nell’ordinamento italiano è divenuto sempre piùun corpus complesso, nel quale alle regole nazionali si affiancano – e sisovrappongono – quelle adottate nell’ordinamento dell’Unione euro-pea. È, quindi, attraverso quest’ultimo canale di produzione normativache si sono per la prima volta imposti vincoli di contenuto alle sceltedel legislatore nazionale, che è stato chiamato a confrontarsi con la ne-cessità di rispettare i parametri di riferimento fissati dal Trattato perl’indebitamento e il debito e di dare attuazione alle regole del Patto distabilità e crescita, definite, in vista del passaggio alla moneta unica, nel1997. A loro volta, le regole dell’ordinamento dell’Unione europeasono il prodotto di un dibattito avviatosi da tempo nella dottrina eco-nomica e rafforzatosi a seguito della forte crescita del debito pubbliconegli anni ’70 e ’80 del secolo scorso in ordine all’opportunità dell’im-posizione di regole di rango legislativo in materia di bilancio che preve-dano limiti alle scelte del decisore politico attraverso la fissazione dispecifici obiettivi di carattere quantitativo. Non sorprende, pertanto,che oltre alle regole di carattere generale riferite ai rapporti tra debito eindebitamento, da un lato, e prodotto interno lordo, dall’altro, che de-rivano direttamente dall’ordinamento europeo, esistono – e sono esi-stite – nel nostro Paese ulteriori regole numeriche di bilancio di carat-tere settoriale, riferite essenzialmente alla finanza degli enti territoriali.

L’irrompere nel 2008 della crisi economica e finanziaria e la suaprogressiva estensione dai mercati finanziari al debito sovrano hannocostituito un fattore rilevante di accelerazione dell’evoluzione della go-

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REGOLAMENTI PARLAMENTARI E PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE

DELLE LEGGI COSTITUZIONALI

di SILVIO TRAVERSA*

Prima di svolgere alcune riflessioni sul tema oggetto di questagiornata di studio in onore di Stefano Maria Cicconetti consentitemi diriferirvi le ragioni che mi hanno indotto ad aderire con entusiasmo aquesta iniziativa. Tali ragioni sono rappresentate non soltanto dalla no-stra più che quarantennale conoscenza ed amicizia, ma altresì da un’al-tra circostanza, del tutto casuale, legata a particolarissimi collegamentifamiliari che sono venuti alla luce mano a mano che la nostra frequen-tazione da meramente occasionale veniva trasformandosi in vera ami-cizia. E questo, naturalmente, ha concorso a rendere per me partico-larmente lieta questa occasione.

I nostri rispettivi nonni, paterno il mio, materno quello di Ste-fano, si erano conosciuti a Napoli, dove entrambi risiedevano, all’iniziodel secolo scorso e la loro frequentazione era proseguita negli anni buidel fascismo a Roma, nel quartiere «Prati» dove entrambi abitavano,vicino a Piazza Mazzini e dove anche Stefano ha poi stabilito la sua re-sidenza. Il nonno di Stefano, Errico Presutti, aveva conseguito la liberadocenza in diritto amministrativo e costituzionale a Napoli, allievo diGiorgio Arcoleo, che era stato anche il Maestro di mio padre Antonio.Arcoleo aveva seguito mio padre nel suo primo lavoro sullo «Stato dinecessità nel diritto pubblico interno» al quale l’Ateneo napoletano at-tribuì il premio per il concorso di diritto pubblico del 1914 constampa a spese degli Istituti della Facoltà giuridica. La scomparsa diArcoleo in quello stesso anno, cui successe nella cattedra di diritto co-

* Relazione tenuta il 18.1.2013 presso il Dipartimento di Giurisprudenza del-l’Università Roma 3 in occasione della giornata di studio in onore di Stefano Cicco-netti.

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stituzionale Errico Presutti, comportò che mio padre iniziasse a colla-borare presso quella cattedra con il nonno di Stefano. Gli eventi bellicie le successive scelte professionali – mio padre vinse il concorso perfunzionario parlamentare nel 1919/20 – interruppero quella collabora-zione ma non certo i sentimenti di stima e cordialità che si erano in-staurati.

Sento il dovere di richiamare alcuni di questi antichi ricordi fami-liari, al di là di una mera visione «amarcord», discutibile in questasede, perché hanno avuto una certa incidenza nelle scelte professionalimie e ritengo anche in quelle di Stefano. L’influenza culturale che lapersonalità del nonno materno esercitò su Stefano fu così intensa chenon lo fece deflettere dall’obiettivo che si era dato, in spirito di conso-nanza con il suo congiunto, di percorrere la carriera universitaria da luiritenuta prioritaria pur dopo il superamento del concorso per funzio-nario della Camera dei deputati. Penso di poter affermare che il nonbreve periodo nel quale Stefano ha esercitato le funzioni di consigliereparlamentare, pur estremamente significativo sotto il profilo della suaformazione e dei successivi interessi verso i quali ha orientato la sua at-tività di ricerca scientifica, rappresenti pur sempre una parentesi, siapure luminosa, rispetto alle sue più profonde scelte di vita. Il forte,privilegiato legame della componente materna della famiglia di originedi Stefano risulta convalidata e confortata dalla circostanza che Stefanoha dedicato al nonno Errico Presutti la sua prima monografia su «Larevisione della Costituzione» del 1972 ed a sua madre, Nella, donnastraordinaria per cultura ed umanità, che ho avuto l’onore di cono-scere ed apprezzare, il suo ultimo importante lavoro, il manuale di Di-ritto parlamentare, la cui seconda edizione aggiornata è stata stampatanel luglio del 2010.

Al di là delle componenti affettive, che grande influenza eserci-tano nella vita di ciascuno di noi, Stefano aveva ben donde di sentireparticolari affinità elettive con il nonno materno, personalità eminentenel campo scientifico, politicamente impegnato quale Sindaco nellacittà partenopea, quindi parlamentare liberale prima e costituente poi.Fece dell’opposizione al fascismo il suo credo, tanto che nel 1925 par-tecipò alla protesta dei deputati aventiniani e, successivamente, fu unodei soli 16 cattedratici su 1251 docenti italiani che si rifiutarono di ade-rire al giuramento di fedeltà al fascismo e, per ciò stesso, fu allontanatodall’insegnamento universitario. Ebbe peraltro la soddisfazione, dopola caduta del fascismo, di vedersi riconosciuto dall’Università di Na-

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ALLA FINE DELLA XVI LEGISLATURA: LA CRISI DEL GOVERNO MONTI

E LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLE CAMERE

di ANTONIO ZITO

1. Nell’arco di dicembre del 2012, a pochi mesi dalla scadenza na-turale della XVI legislatura, prevista per il 29 aprile 2013, si compievala crisi del governo Monti, che portava allo scioglimento anticipatodelle Camere e a nuove elezioni, indette per il 24 e 25 febbraio succes-sivi. La cronaca di questi fatti offre l’occasione di svolgere alcune con-siderazioni dirette a inquadrare, nella prospettiva del diritto costituzio-nale, la vicenda politica.

Prima di tutto, conviene soffermarsi brevemente sull’antefatto. Ilgoverno Monti si era formato nel novembre 2011 a seguito della crisidel governo Berlusconi IV, per far fronte all’aggravarsi della crisi deldebito pubblico e al peggioramento delle condizioni economiche delPaese, nel quadro di una perdurante crisi finanziaria internazionale edi forti tensioni all’interno dell’Unione monetaria europea. Si trattavadi un Governo privo di una base parlamentare predefinita corrispon-dente ad una coalizione votata alle elezioni, guidato da una personalitàindividuata dal Presidente della Repubblica, composto da Ministri nonimpegnati direttamente in politica e dotati di competenze specifiche,con un programma volto ad affrontare l’emergenza e dal quale eranoescluse materie come la riforma costituzionale ed elettorale, rimesse alconfronto delle forze parlamentari. In Parlamento, il Governo avevaottenuto la fiducia e il sostegno, nel corso della propria attività, princi-palmente di tre forze politiche, il Pdl, il Pd e l’Udc, che nelle prece-denti elezioni del 2008 si erano presentate su fronti contrapposti.

Soprattutto a partire dall’autunno 2012, si erano progressiva-mente acuite le tensioni nei rapporti tra i partiti di maggioranza e traquesti e il Governo, in relazione all’avvicinarsi delle nuove elezioni,che avrebbero visto le forze politiche nuovamente in competizione tra

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loro, e a fronte di un crescente disagio economico e sociale nel Paese.In particolare, la stabilità del Governo aveva risentito della sempre piùprobabile decisione dell’on. Berlusconi, Presidente del Pdl, di ripro-porsi quale leader della coalizione di centro-destra nel prossimo con-fronto elettorale, e della prospettiva di una eventuale partecipazionealle elezioni di componenti del Governo, a partire dal Presidente delConsiglio.

In tale contesto, la crisi del governo Monti si sviluppava essen-zialmente in due fasi: il preannuncio delle dimissioni del Governo e laloro successiva formalizzazione.

Il 6 dicembre, a seguito di alcune dichiarazioni televisive del Mi-nistro dello Sviluppo Economico Passera in merito agli effetti del ri-torno di Berlusconi quale leader del centro-destra, il Pdl decideva dinon votare la questione di fiducia posta dal Governo su due provvedi-menti all’esame delle Camere. In particolare, al Senato i senatori delPdl non partecipavano al voto di fiducia sulla conversione del secondodecreto-legge «sviluppo» (d.l. n. 179 del 2013), pur garantendo il nu-mero legale: il provvedimento otteneva 127 voti a favore, 17 contrari e23 astenuti. Alla Camera, nella seduta pomeridiana, i deputati del me-desimo gruppo si astenevano sul voto di fiducia sulla conversione deldecreto-legge in materia di finanza degli enti locali (d.l. n. 174 del2013): l’Assemblea approvava il provvedimento con 281 voti favore-voli, 77 contrari e 140 astenuti1.

Il giorno successivo, 7 dicembre, il Segretario del Pdl on. Alfanoe i Presidenti dei relativi Gruppi parlamentari venivano ricevuti dalPresidente della Repubblica, al quale comunicavano la decisione delPdl di considerare conclusa l’esperienza del governo Monti, assicu-rando tuttavia l’intenzione di contribuire ad una conclusione ordinatadella legislatura, con particolare riguardo all’approvazione dei docu-menti di bilancio, e riservandosi di decidere su tutti gli altri provvedi-menti all’esame del Parlamento. L’on. Alfano, nello stesso giorno, con-fermava e rendeva pubblica nell’Aula della Camera tale dichiarazione.

1 La scelta del Pdl di passare ad una posizione di astensione nei confronti delGoverno si manifestava nei due rami del Parlamento con modalità diverse, conse-guenza com’è noto del differente criterio di computo degli astenuti tra Camera e Se-nato. Analogamente era accaduto con il Governo Andreotti III, all’inizio della VII le-gislatura, il c.d. Governo della non sfiducia, ma si può dire che questo sia l’unico pro-filo di analogia tra i due casi, risultando profondamente diversi il contesto dellevicende e il significato politico delle astensioni.

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REGOLAMENTI PARLAMENTARI E SINDACATO DI COSTITUZIONALITÀ

NEL DIRITTO COMPARATO

di ROBERTO CERRETO

SOMMARIO: 1. Introduzione: i regolamenti parlamentari come oggetto del giudiziodi costituzionalità e come parametro del sindacato sul procedimento legisla-tivo. – 2. Francia. – 3. Germania. – 4. Spagna. – 5. Stati Uniti. – 6. Conclu-sioni.

1. Introduzione: i regolamenti parlamentari come oggetto del giudiziodi costituzionalità e come parametro del sindacato sul procedimentolegislativo

Questo scritto prende in esame le risposte di alcuni ordinamentistranieri alle seguenti due domande: se i regolamenti parlamentari pos-sano formare oggetto del giudizio di costituzionalità e se essi possanorappresentare un parametro del sindacato sul procedimento legisla-tivo. Il termine implicito della comparazione, che giustifica la stessaformulazione delle domande, è dato dall’Italia, dove, come noto, en-trambe le domande hanno ricevuto un’espressa risposta negativa daparte della Corte costituzionale1, senza per questo smettere di suscitarel’interesse della dottrina2.

1 Rispettivamente con le sentenze n. 154 del 1985 e n. 9 del 1959.2 Dopo l’entrata in vigore della Costituzione (ma in una certa misura già in

epoca statutaria), tali questioni sono state affrontate, più o meno diffusamente, damolti dei maggiori studiosi di diritto costituzionale e parlamentare, le cui opere hannotalvolta anticipato e spesso criticato l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale inmateria. Anche negli ultimi dieci anni, nonostante l’apparente consolidarsi di dettagiurisprudenza, non sono mancati contributi significativi: si vedano, tra gli altri: L.CASSETTI, I regolamenti parlamentari nei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato,in Le Camere nei conflitti, a cura di G. Azzariti, Torino, 2002, 139 ss.; V. DI CIOLO, L.CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, Milano, 2003, 30 ss.;A. MANZELLA, Il parlamento, III ed., Bologna, 2003, 56 ss.; G. RIVOSECCHI, Il Parla-

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Sebbene tra quelli esaminati vi siano Paesi in cui simili questioninon ricevono grande attenzione da parte degli operatori giuridici (è ilcaso, in particolare, degli Stati Uniti), resta il fatto che esse attengono,oggettivamente, a snodi essenziali di ogni ordinamento costituzionaledemocratico, quali il rapporto tra il potere legislativo e gli altri poteridello Stato e la tutela dei diritti delle minoranze (in primis di quelleparlamentari).

La scelta degli ordinamenti stranieri da confrontare è stata con-dotta secondo i criteri della differenziazione e della rappresentatività,nel tentativo di rendere tanto più significativa la comparazione. Questicriteri sono stati seguiti con riferimento sia alla forma di governo in ge-nerale sia, più in particolare, al modello di giustizia costituzionaleadottato.

Per quanto riguarda la forma di governo, quelli francese, tedesco,spagnolo e statunitense possono essere considerati, insieme a quelloitaliano, cinque dei sette «prototipi» delle forme di governo contem-poranee3.

mento nei conflitti di attribuzione, Padova, 2003; ID., Quali rimedi all’inattuazione del«Premier Question Time»? A proposito di statuto dell’opposizione e giustiziabilità dei re-golamenti parlamentari per conflitto di attribuzione, in Quaderni costituzionali, 4/2004;S.M. CICCONETTI, Diritto parlamentare, Torino, 2005, 16 ss.; T. MARTINES, Le fonti deldiritto parlamentare, in T. MARTINES, G. SILVESTRI, C. DE CARO, V. LIPPOLIS, R. MO-RETTI, Diritto parlamentare, Milano, 2005, 37 ss.; G.L. CONTI, I regolamenti parlamen-tari, in L’accesso alla giustizia costituzionale: caratteri, limiti, prospettive di un modello,a cura di R. Romboli, Napoli, 2006, 437 ss.; L. GIANNITI, N. LUPO, Corso di diritto par-lamentare, Bologna, 2008, 32 ss.; M. MANETTI, La lunga marcia verso la sindacabilità delprocedimento legislativo, in Quaderni costituzionali, 4/2008; F. SORRENTINO, Le fonti deldiritto italiano, Padova, 2009, 241 ss.; P. CARETTI, U. DE SIERVO, Istituzioni di dirittopubblico, X ed., Torino, 2010, 149 ss.; G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale, VIIed., Padova, 2010, 251 ss. e 683 ss.; T. GROPPI, Cinquanta (e più) anni dopo: brevi ri-flessioni sul sistema italiano di giustizia costituzionale nel nuovo millennio, in La demo-crazia italiana: forme, limiti, garanzie, a cura di R. Cerreto, Roma, 2010, 201 ss.; R. BIN,G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, XII ed., Torino, 2011, 224 ss., 372 ss. e 442 ss.;A. PIZZORUSSO, Delle fonti del diritto, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca,a cura di F. Galgano, II ed., Bologna-Roma, 2011, 569 ss.; M. MANETTI, Procedimenti,controlli costituzionali e conflitti nella formazione degli atti legislativi, in ASSOCIAZIONE

ITALIANA DEI COSTITUZIONALISTI, Decisione conflitti controlli. Procedure costituzionali esistema politico, Atti del XXV Convegno annuale, Parma, 29-30 ottobre 2010, Napoli,2012, 3 ss.; N. LUPO, I tradimenti delle «promesse» sulla sindacabilità del procedimentolegislativo contenute nella sentenza n. 9 del 1959 della Corte costituzionale, ivi, 141 ss.

3 Gli altri essendo, secondo questa classificazione, quello britannico, dove peròmanca un sistema di giustizia costituzionale, e quello svizzero: così G. DE VERGOTTINI,Diritto costituzionale comparato, I, VIII ed., Padova, 2011, 89 e 631 ss.

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LO STATUS DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: SPUNTI DI RIFLESSIONE DALLA SENTENZA N. 1/2013

DELLA CORTE COSTITUZIONALE

di DANIELE BUTTURINI

1. L’oggetto del conflitto fra poteri

Con sentenza 15 gennaio 2013 n. 1 la Corte costituzionale si è pro-nunciata sul conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato instauratocon ricorso del Presidente della Repubblica nei confronti della Procuradella Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo. Tale sen-tenza presenta profili di interesse, determinati non solo dalla rilevanzadella questione sottoposta al giudizio della Corte, ma anche perché con-sente di effettuare riflessioni di più ampio respiro riguardanti, in parti-colare, il ruolo del Presidente nell’ambito del sistema costituzionale e leconnesse funzioni e garanzie, la relazione fra le prerogative presiden-ziali e quelle dei titolari di altri organi costituzionali e la natura del re-gime della responsabilità e dell’immunità del Capo dello Stato.

Come noto, il conflitto ha ad oggetto la delimitazione della sferadelle attribuzioni costituzionalmente attribuite all’ufficio del pubblicoministero con riferimento all’attività di intercettazione telefonica, com-piuta dalla Procura della Repubblica di Palermo, su utenze telefonichedi persona sottoposta ad indagini nell’ambito di un procedimento pe-nale, ove tale attività di intercettazione ha inciso sulle competenze dicui è titolare il Presidente della Repubblica. Più precisamente, il pro-cedimento penale concerne l’inchiesta sulla c.d. trattativa Stato-mafia,nell’ambito della quale le intercettazioni telefoniche hanno captatoconversazioni effettuate dal Presidente della Repubblica1. Va eviden-

1 Sugli argomenti addotti dal Capo dello Stato e dalla Procura della Repubblicadi Palermo cfr. E. TIRA, Il conflitto di attribuzione tra il Presidente della Repubblica e laProcura di Palermo in materia di intercettazioni indirette o casuali, in www.rivistaaic.it,n. 4/2012.

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ziato che, nel caso di specie, le captazioni delle conversazioni tra il sog-getto sottoposto ad indagini e il Capo dello Stato sono di tipo indirettoo casuale, il contenuto delle quali è irrilevante ai fini del richiamatoprocedimento penale. Tuttavia, non è tanto la circostanza che vi sia in-tercettazione indiretta o casuale a venire in rilievo, quanto il fatto chela medesima sia assunta come lesiva di prerogative presidenziali, l’im-portanza delle quali va ben al di là del concreto conflitto di attribu-zione dal quale prende spunto.

Il ricorso è stato sollevato per asserita violazione dell’art. 90 Cost.e delle disposizioni, di questo attuative, contenute nella l. 5 giugno 1989n. 219 recante «Nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati pre-visti dall’art. 90 della Costituzione». A fondamento del ricorso del Pre-sidente della Repubblica sta la considerazione che la Procura della Re-pubblica di Palermo, attraverso missive e interviste giornalistiche rila-sciate dal suo Procuratore capo e da alcuni sostituti procuratori,avrebbe aderito all’orientamento secondo il quale la disciplina del pro-cesso penale né prescrive né autorizza l’immediata cessazione dell’a-scolto e della registrazione di un’intercettazione telefonica legalmentedisposta, qualora sia casualmente ascoltata una conversazione tra la per-sona sottoposta a intercettazione e un terzo nei cui confronti non puòesserne disposta alcuna2. Detto altrimenti, sarebbe necessario osservarel’art. 269 cod. proc. pen., il quale prevede un’udienza camerale davantiad un giudice per la distruzione delle registrazioni e dei verbali le cuiconversazioni non risultino necessarie ai fini del procedimento.

Invece, secondo quanto prospettato nel ricorso presidenziale, l’in-terpretazione della disposizione codicistica cui aderisce la Procura dellaRepubblica di Palermo è lesiva di attribuzioni presidenziali: l’art. 90Cost., nel sancire che «il Presidente della Repubblica non è responsa-bile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che peralto tradimento e attentato alla Costituzione», imporrebbe, infatti, il di-vieto assoluto di qualsiasi intercettazione di conversazioni compiute dal

2 Cfr. G. AZZARITI, Un conflitto senza regole, in il Manifesto, 17 luglio 2012; M.LUCIANI, Se il conflitto è inevitabile, in l’Unità, 17 luglio 2012; U. DE SIERVO, Ristabi-lire il senso del limite, in La Stampa, 17 luglio 2012; M. AINIS, Le istituzioni e le per-sone, in Corriere della sera, 17 luglio 2012; M.A. CALABRÒ, «Un’iniziativa corretta. Sipuò ascoltare il Quirinale solo per alto tradimento», intervista a V. Onida, in Corrieredella sera, 17 luglio 2012; G. ZAGREBELSKY, Napolitano la Consulta e quel silenzio dellaCostituzione, in la Repubblica, 17 agosto 2012; G. FERRARA, Le ragioni del diritto (e delconflitto), in il Manifesto, 21 luglio 2012.

224 DANIELE BUTTURINI

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Postilla. L’analisi recata dal contributo che precede investe unosnodo cruciale della vita delle istituzioni repubblicane del nostroPaese, già in fibrillazione a causa sia dell’incertezza e scarsa decifrabi-lità del contesto politico, sia dell’attesa ormai quasi palingenetica diriforme ritenute, pressoché unanimemente, di vitale importanza. Delresto, questa stessa Rivista non ha mai mancato di sottoporre ad op-portuna riflessione le iniziative formulate in tal senso con la sensibilitàe l’approfondimento che il delicato argomento richiede.

Nell’occasione, peraltro, come il contributo stesso mette in evi-denza, è toccato alla Consulta impegnarsi in un esercizio ricostruttivosu un punto dell’ordito costituzionale di notevole ed imprevedibilecomplessità. Della soluzione data dalla Corte costituzionale, non puònon apprezzarsi lo sforzo di originale razionalizzazione del regime giu-ridico delle intercettazioni casuali del Capo dello Stato, nei cui con-fronti viene statuita l’immunità assoluta, ostativa, pertanto, di qualsiasiprovvedimento od effetto che non sia quello della (quanto più accele-rata possibile) distruzione delle intercettazioni medesime.

A tale ricostruzione, si potrebbe obiettare come intercettazionicasuali solo in maniera contraddittoria potrebbero essere in via asso-luta obliterate nel caso che il Pubblico Ministero, già chiamato, se-condo la stessa Corte, a richiedere il provvedimento di distruzione, siconvinca, invece, d’essere in presenza di una notitia criminis attinenteai reati di cui all’art. 90 Cost., e, dunque, di doversi rapportare, amente dell’art. 5 della l. n. 219 del 1989, col Presidente della Cameradei Deputati per gli incombenti procedurali ivi previsti, o, alternativa-mente, della necessità di procedere, anche mediante avviso di garanziaex art. 369 c.p.p., per ipotizzati reati extrafunzionali (e si trascura quivolutamente il pur essenziale aspetto della tutela del diritto fondamen-tale di difesa di soggetti incisi da situazioni apprezzabili soltanto inbase al contenuto delle intercettazioni).

Ad allontanare, tuttavia, il sospetto di qualche visione sacrale, daparte della Corte, del ruolo presidenziale, va, peraltro, richiamata la ri-badita esigenza (nella medesima sentenza n. 1 del 2013) della «sogge-zione alla giurisdizione penale» del Capo dello Stato, così come, a

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chiare lettere, è riconosciuta la legittimità della «ricerca della prova ri-guardo ad eventuali reati extrafunzionali» mediante «documenti, testi-monianze ed altro», che, però, non si riverberi in una «lesione allasfera di comunicazione costituzionalmente protetta del Presidente».

Ma de iure come stanno le cose in proposito? Può osservarsi che,mentre per il «reato presidenziale», la normativa prevede esplicita-mente la possibilità d’intercettazione, sia pure subordinandola all’av-venuta sospensione dalla carica e alla deliberazione (preventiva o in viadi ratifica) degli organi dell’accusa, nel caso del «reato extrafunzio-nale», pare di essere in presenza di una vera a propria anomia.

Sussisterebbero, malgrado ciò, secondo la Corte, esigenze sostan-ziali di ordine costituzionale, di cui dà ampia ragione la sentenza inquestione, collegate alla funzione presidenziale, la cui tutela sarebbe ir-rimediabilmente compromessa, se fosse aperta la possibilità di inter-cettazione del Capo dello Stato al di fuori dei casi espressamente con-templati. La detta anomia andrebbe, pertanto, per necessità sistemi-che, riconfigurata in un divieto indiscriminato dell’«utilizzazione distrumenti invasivi di ricerca della prova, quali sono le intercettazionitelefoniche».

L’argomentazione, anche per l’autorevolezza e la posizione costi-tuzionale dell’organo da cui proviene, può senza eccessive difficoltàcondividersi in base al rischio connesso alla «costruzione» della provain fieri e non ex post facto, dato che non potrebbe assolutamente esclu-dersi la violazione dell’immunità presidenziale quando non si fosse an-cora concretizzata la compromissione di altri beni costituzionali. Menoconvincente appare, invece, il caso in cui, appunto, quest’ultima situa-zione sia ragionevolmente già ipotizzabile in base ad intercettazioni ca-suali legalmente effettuate: per altro verso, non s’intende da quale in-terferenza indebitamente molesta dovrebbe essere protetto il Capodello Stato per un’azione già consumatasi, potendo qui piuttosto deplano prevalere la salvaguardia del generale sistema democratico, chenon potrebbe ammettere, se non in via eccezionale e per motivi con-grui e dichiarati (non è forse già il caso degli eventuali reati funzionalidiversi da quelli indicati nell’art. 90 Cost.?) nemmeno casualmente si-tuazioni di privilegio, e non tanto per un esasperato fiat iustitia et pe-reat mundus¸ quanto per insopprimibili ragioni di coerenza e credibi-lità del sistema stesso (si noti, d’altro canto, come, esemplarmente, exart. 11, comma 1, l. n. 219 del 1989, debbano svolgersi in piena pub-

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