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CORTE DEI CONTI ----------------- SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO ---------------- Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica Maggio 2011

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CORTE DEI CONTI ----------------- SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO ----------------

Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica

Maggio 2011

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Il Rapporto è stato approvato dall’adunanza delle Sezioni riunite in sede di controllo del 18 maggio 2011 (DEL. 28/CONTR/11), relatori il Presidente Luigi Mazzillo e i magistrati Maurizio Pala, Mario Nispi Landi, Enrico Flaccadoro, Massimo Romano, Natale A.M. D’Amico e Giancarlo Astegiano. Hanno collaborato i funzionari: Chiara Grassi, Elisabetta Marcatili, Lucia Marra e Anna Rinonapoli. Per l’elaborazione dei dati hanno collaborato: Rosaria Calafato, Matilde De Rosa, Fabrizio Ferrari, Caterina Francione, Renato Manzoni, Giuseppe Marseglia e Nicoletta Rizzi. L’editing è stato curato da Marina Mammola e Giuseppina Scicolone. Ha collaborato all’attività di fotoriproduzione: Maria Di Lollo.

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CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica I Sezioni riunite in sede di controllo 2011

INDICE SINTESI E CONCLUSIONI 1

PARTE PRIMA L’ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA: IL RUOLO DEGLI STRUMENTI DI

COORDINAMENTO

19 Crisi economica ed evoluzione dei conti pubblici 21 Il superamento della recessione 23 I risultati di finanza pubblica nel 2010: un confronto con gli obiettivi programmatici

25

L’andamento della spesa per sottosettori 31 LA NUOVA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA 37 La riforma della governance e gli effetti sulla finanza pubblica italiana 39 Disavanzo e debito pubblico: uno sguardo retrospettivo 40 Verso una riduzione del debito pubblico 42 Conclusioni 48

PARTE SECONDA

IL GOVERNO DELLE ENTRATE 59

L’andamento delle entrate tributarie nel 2010 61 Gli effetti delle manovre di finanza pubblica 62 Evoluzione nelle fonti e nelle modalità di acquisizione delle entrate: il contrasto all’evasione

65

Altre fonti e modalità compensative di acquisizione di entrate 91 Il problema del coordinamento delle politiche tributarie emergenti dalle manovre finanziarie e dall’attuazione del federalismo

101

GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA STATALE 103 Il contenimento della spesa nel 2010: il DL 112/08 105 La spesa statale un confronto tra previsioni e consuntivo 107 Rendiconto dello Stato e contabilità nazionale 111

IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO 121 Le amministrazioni locali: obiettivi programmatici e risultati 123 Il Patto di stabilità interno delle Regioni nel 2010 126 I primi risultati del monitoraggio delle regioni 127 Il Patto per le Regioni per il triennio 2011-2013 139 Il Patto per gli Enti locali nel 2010 141 Il Patto territoriale 154 I riflessi del Patto sulla realizzazione degli investimenti e gestione dei residui 158 I Comuni e la manovra per il 2011 163

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II Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Una simulazione del calcolo degli obiettivi del Patto 2011 per i comuni 166 Il coordinamento della finanza pubblica nel federalismo fiscale 171 IL PATTO PER LA SALUTE 191 I risultati economici complessivi: il conto consolidato della Sanità 193 I risultati regionali 195 La spesa farmaceutica 201 Il monitoraggio 2010 205 I costi e i fabbisogni standard nel settore sanitario: quali implicazioni per il coordinamento

217

GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE DELLE

AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

233 L’andamento della spesa per redditi da lavoro dipendente nel 2010 235 I redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni statali e di quelle locali 237 Gli effetti della manovra finanziaria per il 2011 e il quadro tendenziale per il quadriennio 2011-2014

242

PARTE TERZA PROBLEMI E CRITICITÀ EMERSI DALL’ATTIVITÀ DI CONTROLLO E CONSULTIVA

DELLA CORTE DEI CONTI

247 Le attività di controllo e indirizzo della Corte 249 Problemi e criticità emerse: uno sguardo d’insieme 250 Il Patto di stabilità interno 253 Il debito e la sua gestione 258 Gli enti locali nelle manovre di finanza pubblica 2009 e 2010 260 Società ed organismi partecipati 265 Spesa di personale e vincoli finanziari nella gestione delle risorse umane 267 Alcune questioni in merito alle entrate proprie degli enti locali 271 I problemi del coordinamento: sviluppi e prospettive 273

INDICE DEI RIQUADRI

PARTE PRIMA

LA NUOVA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA Il semestre europeo e le modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica 50 Verso un nuovo quadro normativo di governance europea 52 Le proposte della Commissione europea 54

PARTE SECONDA

IL GOVERNO DELLE ENTRATE I termini del fisco 73 Evoluzione normativa del diritto penale tributario 86 L’evoluzione normativa nel coinvolgimento dei Comuni nel contrasto all’evasione 88

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CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica III Sezioni riunite in sede di controllo 2011

INDICE DELLE TAVOLE

PARTE PRIMA L’ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA: IL RUOLO DEGLI STRUMENTI DI COORDINAMENTO

Perdita e recupero di prodotto in Italia nel recente ciclo economico 24 Saldi di bilancio pubblico dell’Italia 26 Le entrate delle Amministrazioni Pubbliche 27 Gli scostamenti delle entrate dai valori programmatici: anno 2010 27 La spesa delle Amministrazioni Pubbliche 28 Spesa primaria corrente: i risultati del 2010 in prospettiva storica 28 Gli scostamenti della spesa dai valori programmatici: anno 2010 30 Andamenti dei saldi di bilancio per livelli di amministrazione nel 2010 31 Andamento delle spese per livelli di amministrazione nel 2010 32 Le spese nel conto economico delle Amministrazioni centrali: obiettivi e consuntivi 33 Le spese nel conto economico delle Amministrazioni locali: obiettivi e consuntivi 33 Le spese nel conto economico degli Enti di previdenza e assistenza: obiettivi e consuntivi 33 Entrate da trasferimenti fra Amministrazioni Pubbliche: confronto fra risultati e previsioni 34 LA NUOVA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

Alcune principali grandezze macroeconomiche e di finanza pubblica nel DEF 43 Ipotesi di crescita del Pil del 2,1 per cento dal 2015 – entrate necessarie per rispettare il vincolo di riduzione del debito

48

Ipotesi di crescita del Pil del 1,1 per cento dal 2015 – entrate necessarie per rispettare il vincolo di riduzione del debito

48

PARTE SECONDA

IL GOVERNO DELLE ENTRATE

L’andamento delle entrate tributarie 61 I provvedimenti per il 2010 – verifica degli effetti sull’indebitamento netto della PA 64 Il VAT GAP in sei paesi europei nel 2009 69 IL VAT GAP: confronto fra le stime MEF e quelle Reckon 69 Gli effetti finanziari di maggior gettito atteso dalle misure di contrasto all’evasione nelle manovre 2006 – 2010

75

Il ruolo della lotta all’evasione 2006 – 2013 76 Recupero di base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, Iva e Irap derivante dall’attività di controllo sostanziale

77

Incassi da attività di accertamento e controllo 77 Gli studi di settore: estensione, adeguamento spontaneo e maggior base imponibile 80 I reati fiscali 83 Condannati con sentenza irrevocabile per sole contravvenzioni commesse in materia di evasione di imposta sui redditi e sul valore aggiunto

84

Condanne nel 2009 per reati di evasione fiscale nelle sedi centrali dei tribunali 85 Andamento delle riscossioni: carico affidato al netto di sgravi e sospensioni, riscosso e percentuali di riscossioni su carico netto per anno di consegna e di riscossione totale ruoli

92

Riscossioni a mezzo ruoli 93 Andamento della raccolta da giochi 95 Entrate erariali dai giochi 96 Utile erariale rispetto alla raccolta dei giochi 96 Entrate erariali da giochi: composizione percentuale 97 Versamenti totali per titoli ed incidenza % sulle entrate correnti e le entrate finali 98 Proventi da dismissioni: versamenti totali 2001-2010 101

GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

La spesa delle Amministrazioni pubbliche e dello Stato nell’ultimo quindicennio 108 La spesa statale nel 2010: confronto tra previsioni e consuntivo 110

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IV Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

I consumi intermedi nel bilancio dello Stato: impegni di spesa per tipologia 114 Riduzione disposte dai provvedimenti taglia-spese dell’ultimo decennio 116 Stanziamenti “aggredibili” nei provvedimenti taglia-spese 116 La variazione tra stanziamenti iniziali e definitivi di competenza 117 Analisi per categorie economiche dei pagamenti del rendiconto dello Stato per spesa in conto capitale

118

Analisi per tipologie dei pagamenti per investimenti fissi lordi registrati nel rendiconto finanziario dello Stato. Anni 2007-2010

119

IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

Il conto consolidato delle amministrazioni locali 124 Il conto economico delle amministrazioni locali – confronto previsioni e risultati 125 Il patto di stabilità: i risultati delle regioni a statuto ordinario – pagamenti (RSO esclusi Lazio e Puglia)

128

Il patto di stabilità. I risultati delle regioni a statuto ordinario – impegni (RSO esclusi Lazio e Puglia)

129

Il patto di stabilità interno. I risultati delle regioni a statuto ordinario che hanno compensato – pagamenti e impegni

131

Il patto di stabilità. I risultati delle regioni a statuto speciale - pagamenti 132 Il patto di stabilità: I risultati delle regioni a statuto speciale – impegni 133 Il patto di stabilità. I risultati della regione Trentino Alto Adige e delle province autonome di Trento e Bolzano

134

Spesa regionale nel triennio 2008-2010 136 La spesa regionale nel triennio 2008-2010. Le regioni a statuto ordinario 137 La spesa regionale nel triennio 2008-2010. Le regioni a statuto speciale 138 Il patto di stabilità interno: il grado di adempienza dei comuni per regione e per classe demografica

142

Il patto di stabilità interno. I risultati dei comuni nel 2010 143 Gli effetti delle misure espansive nei comuni 145 Gli effetti prodotti dalle misure espansive sui saldi finanziari dei comuni 146 La spesa in conto capitale teoricamente sostenibile ed il livello dei pagamenti effettivi per area geografica

147

La spesa in conto capitale teoricamente sostenibile ed il livello dei pagamenti effettivi per dimensione demografica

148

Un confronto tra i dati finanziari dei comuni 149 Il patto di stabilità dei comuni: monitoraggio per semestri 151 Il patto di stabilità interno: i risultati delle province nel 2010 153 Misura della flessibilizzazione del patto 2010 delle province 153 Pagamenti in conto capitale autorizzati dalle regioni 155 La spesa in conto capitale dei comuni al netto delle concessioni di crediti-impegni 2007-2009 159 La spesa in conto capitale dei comuni al netto delle concessioni di crediti-residui 2007-2009 160 La manovra complessiva dei comuni nel triennio 2011-2013 ripartita tra riduzione dei trasferimenti e obiettivo di saldo finanziario

165

Una stima del saldo obiettivo 2011 per un insieme di comuni 167 Il percorso di correzione del saldo obiettivo 2011 167 Distribuzione del saldo obiettivo 2011 per fascia demografica e livello di spesa corrente media 169 La manovra 2011 in rapporto al livello di spesa sostenuto nel 2010 170 Ipotesi di riduzione delle spese per funzioni non fondamentali 170

IL PATTO PER LA SALUTE

La spesa sanitaria nei documenti di finanza pubblica 193 Il conto economico consolidato della sanità. Le variazioni 194 La sanità: i risultati di esercizio 2009-2010 196 I costi del servizio sanitario per funzione di spesa nel 2009 197 I costi del servizio sanitario per funzione di spesa nel 2010 198 I costi del servizio sanitario per funzione di spesa. Variazioni 2009- 2010 199 La verifica del rispetto del tetto di spesa nella farmaceutica territoriale-i risultati del 2010 202 La verifica del rispetto del tetto di spesa nella farmaceutica ospedaliera - i risultati del 2010 203

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CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica V Sezioni riunite in sede di controllo 2011

La spesa farmaceutica convenzionata 204 La spesa farmaceutica convenzionata – valori procapite 2009-10 204 I risultati del monitoraggio 2009 e 2010: uno sguardo complessivo 207 Il monitoraggio 2009 e 2010: uno sguardo complessivo 208 I risultati del monitoraggio: le regioni non in piano di rientro. Anni 2009 e 2010 210 I risultati del monitoraggio: le regioni in piano di rientro. Anni 2009 e 2010 211

GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE DELLE AMMINISTRAZIONI

PUBBLICHE

Andamento delle retribuzioni lorde per unità di lavoro nel periodo 1992-2009 239 Unità di lavoro delle amministrazioni locali per sottosettore. Anni 2001-2009 241

INDICE DEI GRAFICI E DELLE FIGURE

PARTE PRIMA

L’ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA: IL RUOLO DEGLI STRUMENTI DI COORDINAMENTO

Pil reale: variazioni congiunturali e livelli (2008 : i = 100) 23 Livelli del Pil nominale: valori previsti ed effettivi 25 LA NUOVA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

Indebitamento netto (1982 – 2010) 40 Saldo primario (1982 – 2010) 41 Debito pubblico italiano in percentuale sul Pil (1982 – 2010) 42 Proiezione della riduzione del rapporto debito / Pil dal 2015 43 Simulazione avanzo primario 2011 - 2034 45 Simulazione indebitamento netto 2011 – 2034 45 Andamento saldo primario - confronto tra il 1993 – 2010 e il 2011 – 2028 per alta crescita 46 Andamento saldo primario - confronto tra il 1993 – 2010 e il 2011 – 2028 per bassa crescita 47

PARTE SECONDA

IL GOVERNO DELLE ENTRATE

L’economia sommersa in Italia : 2000 – 2008 (quota percentuale del valore aggiunto prodotto dall’area del sommerso economico)

68

Il VAT GAP 1980 – 2009 : differenza tra la base imponibile potenziale e quella effettiva nelle ipotesi di evasione con e senza consenso

70

L’elasticità del gettito Iva nel periodo 2008 -2010: Italia, Eurozona e complesso UE 72 L’elasticità del gettito Iva in Italia: 2008 – 2011 73 Andamento 2000 – 2010 della raccolta giochi e delle entrate erariali dai giochi 97 Versamenti totali entrate extra tributarie: incidenza percentuale sul totale delle entrate correnti e finali

99

IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

Andamenti di alcuni indicatori della spesa in conto capitale 2007 – 2009 162 Grado di realizzazione degli investimenti 2007 – 2009 per area geografica 162 Valore medio dell’indicatore della situazione finanziaria dei Comuni 180 Indicatore sintetico della situazione finanziaria dei Comuni 181 Indicatore sintetico della situazione finanziaria dei Comuni. Classificazione per macro area geografica

182

Indicatore sintetico della situazione finanziaria dei Comuni. Classificazione per dimensione 183 Valore medio della situazione finanziaria delle Province 184 Indicatore sintetico della situazione finanziaria delle Province 186 Indicatore sintetico della situazione finanziaria delle Province : classificazione per macro area geografica

186

Indicatore sintetico della situazione finanziaria delle Province : classificazione per dimensione 187 GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE DELLE AMMINISTRAZIONI

PUBBLICHE

Retribuzioni lorde pro capite (anni 1992 – 2009) 239

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 1 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

SINTESI E CONCLUSIONI

1. Nel Rapporto dello scorso anno, l’analisi sul funzionamento degli strumenti di

coordinamento della finanza pubblica aveva, come necessario riferimento, un quadro

congiunturale fortemente compromesso dal propagarsi della crisi finanziaria mondiale.

Le condizioni di profonda recessione in cui era scivolata l’Italia, al pari dell’intera

Europa, si traducevano, infatti, in una progressiva revisione degli obiettivi di

indebitamento e nella messa a punto di strumenti orientati al sostegno di breve termine

dell’economia. Si determinava così una sovrapposizione con il percorso delineato nel

dPEF 2009-2013 - il primo documento programmatico di legislatura - inteso a

correggere gli andamenti tendenziali di medio periodo e ad assicurare il riequilibrio del

saldo di bilancio entro il 2012. Stante la volontà di mantenere sostanzialmente invariata

la pressione fiscale, il conseguimento di un simile obiettivo richiedeva una riduzione del

valore della spesa di circa tre punti in percentuale di Pil. Con il DL 112/2008 venivano

difatti adottate misure di contenimento della spesa tendenziale per circa 25 miliardi di

euro.

A seguito della crisi finanziaria, in Italia il prodotto fletteva però dell’1,3 per cento nel

2008 e del 5,2 per cento nel 2009, quando si registrava una forte contrazione anche del

Pil nominale (-3,2 per cento). Di fronte a questi eventi, che avevano natura interamente

esogena, non ricollegabile a fattori di squilibrio della nostra economia, il Governo

decideva, dapprima, di rallentare, e, poi, di dare momentanea interruzione, al percorso

di riequilibrio dei saldi di bilancio. Come la Corte ha evidenziato nel Rapporto dello

scorso anno, i provvedimenti anti-crisi annullavano, di fatto, il risparmio di spesa atteso

per il 2009; a interventi di natura straordinaria, come lo scudo fiscale e il riallineamento

dei valori contabili IAS, era affidata la parziale tenuta delle entrate in un quadro di

pronunciata caduta del reddito.

A consuntivo, le uscite correnti aumentavano nel 2009 del 4,2 per cento, le entrate

diminuivano del 3,2 per cento e l’indebitamento saliva fino al 5,4 per cento del Pil. In

quota di prodotto, le spese risultavano in incremento al 48,1 per cento nella sola

componente corrente, al 52,5 per cento nella loro dimensione totale.

Nonostante il chiaro allontanamento dai valori programmatici fissati prima che le

dimensioni della crisi fossero conosciute, la Corte osservava, nel Rapporto dello scorso

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

anno, come il quadro di finanza pubblica, rimodulato dal Governo in considerazione

della recessione dell’economia, mostrasse una sostanziale tenuta.

2. Le analisi presentate in questo Rapporto, possono basarsi su una situazione per larghi

versi più favorevole. Nel 2010 il Pil ha ripreso ad aumentare (+1,3 per cento) e, con il

ritorno della congiuntura economica a condizioni di normalità, sono venute meno le

esigenze di sostegno straordinario dell’economia; le misure di correzione del DL

112/2008 sono pertanto tornate a incidere sulla dinamica della spesa. Proprio il

contenimento delle uscite ha permesso, nel 2010, di ottenere risultati di particolare

rilievo nel controllo della finanza pubblica.

L’indebitamento è disceso al 4,6 per cento del Pil, sopravanzando l’obiettivo del 5 per

cento fissato dal governo. Anche nel confronto europeo, la correzione del disavanzo è

stata più rapida. Le spese si sono ridotte per la prima volta in valore assoluto, non solo

in quota di Pil, segnando una flessione superiore di oltre 14 miliardi rispetto a quanto

previsto dal Governo. Le entrate, pur in aumento rispetto al 2009, sono invece rimaste al

di sotto dei valori programmatici.

Il significato di questo risultato deve essere tuttavia considerato, in prospettiva, alla luce

della perdita permanente di prodotto lasciata in eredità dalla grande recessione del

2008-2009, che trova immediata rappresentazione nel confronto fra le previsioni

elaborate in avvio di legislatura e gli aggiornamenti, peggiorativi, apportati nei

successivi documenti programmatici, da ultimo nel Documento di Economia e Finanza.

Da questo punto di vista, gli andamenti del 2010, per quanto positivi e, con riferimento

alle spese, finanche straordinari nella prospettiva storica di lungo periodo, conservano

una forte criticità. La dimensione della spesa totale sul prodotto resta quasi 3 punti al di

sopra del valore del 2007 (3,5 punti per la sola spesa corrente) e il ripristino dei valori

programmatici necessita di una consistente azione di natura discrezionale.

Coerentemente, una volta preso atto del superamento della recessione, la manovra

correttiva è stata rafforzata. Gli interventi del DL 78/2010 si aggiungono alle misure già

adottate con il DL 112/2008 e, presa al suo valore di facciata, la correzione che il

combinato disposto di queste manovre impone sulla spesa primaria futura è di quasi 60

miliardi di euro.

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 3 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

La fine della recessione economica non comporta, quindi, il ritorno a una gestione

ordinaria del bilancio pubblico, richiedendosi piuttosto sforzi maggiori di quelli

prefigurati a inizio legislatura.

3. La riflessione che il Rapporto svolge sull’impostazione della manovra di bilancio,

necessariamente centrata sul contenimento della spesa, apre la questione di come porsi

di fronte all’obiettivo di ripristinare più robuste condizioni di crescita, almeno tali da

riportare l’economia italiana in linea con la media europea. Non può sottacersi, anche

all’interno di questo Rapporto, il rischio che una manovra di bilancio impostata col

dovuto rigore, ma non sostenuta da un’adeguata strategia di crescita, eserciti effetti

depressivi non auspicati e si riveli, per questo, non pienamente sostenibile. Ne è in

qualche modo testimonianza il fatto, a più riprese sottolineato nel Rapporto, che il

ridimensionamento dei programmi di spesa si sia concentrato, soprattutto nelle

Amministrazioni locali e anche per l’operare degli strumenti di coordinamento, sugli

investimenti. Si tratta di una soluzione non efficiente, in considerazione della capacità di

accrescimento del potenziale di sviluppo che viene comunemente riconosciuta al

processo di accumulazione pubblica. Pur non dovendosi ignorare gli effetti dei limiti

imposti alla capacità di spesa in conto capitale dalla inadeguatezza di procedure,

progettazione e monitoraggio.

Specifica attenzione viene poi prestata, nel Rapporto, all’inasprimento dei vincoli

europei, che potrebbe acuire ulteriormente il conflitto fra gli obiettivi di riequilibrio del

bilancio e di conseguimento di più brillanti risultati di crescita. Le simulazioni

presentate segnalano, a tal riguardo, come il rispetto dei nuovi vincoli europei richieda

un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli

anni Novanta, per l’ingresso nella moneta unica. A differenza di allora, gli elevati valori

di saldo primario andrebbero però conservati nel lungo periodo, rendendo permanente

l’aggiustamento sui livelli della spesa.

4. Le dettagliate analisi svolte nel Rapporto consentono di verificare quanto gli

strumenti per il coordinamento della finanza pubblica possano contribuire al

conseguimento di questo ambizioso obiettivo. Un elemento di cautela va però avanzato.

L’impostazione del Rapporto prevede che si centri l’analisi sul funzionamento degli

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

4

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

strumenti utilizzati per il contenimento della spesa pubblica o per il rafforzamento delle

entrate, effettuando un tentativo di verifica dei fattori determinanti del successo,

dell’insuccesso o del parziale successo degli strumenti stessi.

Una verifica di questo tipo ha bisogno di elementi di informazione (ex ante ed ex post)

che consentano di separare nettamente gli effetti sostanziali delle misure discrezionali

dagli andamenti che, anche ove orientati nella stessa direzione, discendono da fattori di

natura affatto diversa (si pensi per la spesa alle complesse riclassificazioni della

contabilità nazionale o al mero rinvio di pagamenti; o, ancora, ai criteri di

contabilizzazione delle operazioni relative al settore della difesa).

E’ un approccio che vorrebbe assumere almeno il carattere di stimolo verso una

maggiore attenzione, delle istituzioni ma anche della cultura economica, ai confronti tra

obiettivi e risultati; ma soprattutto a colmare un vuoto e uno squilibrio attualmente

molto ampio, tra l’eccesso di analisi, misurazioni, proiezioni e dibattiti che

caratterizzano il momento della presentazione-approvazione di provvedimenti di finanza

pubblica e la quasi totale mancanza di relazioni e studi dedicati a verificare a posteriori

se, quanto e come abbiano in realtà funzionato gli strumenti impiegati.

Si tratta, però, di un approccio che, al momento, non può essere, se non in minima parte,

concretizzato, a causa della mancanza di gran parte delle informazioni necessarie. Ne è

esempio il tentativo che viene effettuato nel Rapporto di fornire un puntuale riscontro

degli effetti ottenuti con gli interventi dal lato delle entrate, che deve necessariamente

essere limitato a un numero molto ristretto di misure, soprattutto in materia di minori

entrate, per le quali è peraltro possibile confermare l’elevato grado di realizzazione

degli obiettivi. Resta auspicabile l’implementazione di una metodologia di valutazione

ex-post che consenta di dare un’oggettiva misurazione all’impatto che le politiche

esercitano sulle dinamiche delle spese e delle entrate.

5. Le valutazioni avanzate nella prima parte del Rapporto evidenziano le difficoltà del

percorso di riequilibrio dei conti pubblici nella prospettiva di medio-lungo periodo. E

ciò in relazione sia ai severi impegni che discendono dalle nuove regole di governance

europea che alla necessità di procedere lungo un sentiero obbligato, quello della

riduzione e della riqualificazione della spesa pubblica, che offre margini d’azione

sempre più stretti in un contesto di bassa crescita economica.

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 5 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

La complessità della prospettiva non deve, tuttavia, sottovalutare l’importanza del

risultato che la finanza pubblica ha conseguito nel 2010, un anno che sembra delineare

un punto di svolta nella gestione dei conti ai diversi livelli di governo. Il rafforzamento

e il continuo adattamento degli strumenti di regolazione avrebbero, pertanto, consentito

di munirli di un’efficacia non sempre riscontrata nel recente passato.

Tra il 2000 e il 2009, infatti, la spesa pubblica primaria è aumentata di circa il 5 per

cento in media all’anno, accrescendo l’incidenza sul prodotto di quasi otto punti. Nel

2010, l’inversione è netta: sia la spesa totale che quella primaria si riducono. Un

risultato che, per la prima volta da molti decenni, riguarda tanto la spesa statale quanto

quella delle amministrazioni locali (se dai conti regionali si scorpora la spesa sanitaria,

che risponde a meccanismi di espansione più rigidi).

E’, dunque, naturale interrogarsi sulla portata di tale positivo mutamento di rotta,

verificando se si sia di fronte ad un episodio isolato, determinato da circostanze

favorevoli anche di natura meramente contabile, o se, invece, si tratti di un segnale di

una più solida tendenza verso un abbassamento strutturale del livello della spesa

pubblica. Un traguardo obbligato se, come ricordato, si considerano la perdita

permanente di Pil indotta dalla crisi internazionale e la scelta necessaria di non

aumentare la già elevata pressione fiscale.

Per tentare di rispondere all’interrogativo, il Rapporto si sviluppa nella logica di offrire

una valutazione ad ampio raggio dell’evoluzione registrata nei conti pubblici del 2010.

Da un lato, infatti, si esaminano diffusamente gli andamenti delle entrate e, sul fronte

della spesa, quelli che emergono dalla gestione del bilancio dello Stato e, distintamente,

dalla finanza decentrata; dall’altro, i risultati conseguiti vengono analizzati con

riferimento agli strumenti di intervento adottati, consentendo in tal modo di esprimere

un giudizio sull’efficacia, anche in prospettiva, delle strategie di riequilibrio e, se del

caso, di segnalare criticità e distorsioni da superare.

6. I risultati del 2010 registrano un’apprezzabile ripresa delle entrate tributarie, con una

chiara inversione di tendenza rispetto agli andamenti cedenti del biennio precedente.

Particolarmente vivace è stata la dinamica delle imposte indirette, più tempestiva nel

registrare i legami con la base imponibile di riferimento (in particolare, l’accenno di

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

6

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

ripresa dei consumi delle famiglie e la forte accelerazione delle importazioni, anche per

effetto dell’impennata dei prezzi dei prodotti petroliferi).

Più limitato, invece, il contributo dell’imposizione diretta, in cui alla forza trainante

dell’Irpef si contrappone la caduta dell’imposta sostitutiva sugli interessi (anche a

seguito della riduzione dei tassi di remunerazione del risparmio).

In direzione opposta ha, invece, agito il venir meno delle entrate una tantum

(riallineamento dei valori contabili per l’adozione IAS e scudo fiscale) che avevano

impresso una forte spinta alle entrate in conto capitale del 2009.

Nel complesso, questi diversificati andamenti hanno determinato una limitata discesa

della pressione fiscale.

Dietro l’evidenza dei dati aggregati, il Rapporto cerca di mettere a fuoco gli

orientamenti della politica tributaria, allo scopo di valutarne le più recenti evoluzioni e

di esaminare gli strumenti d’intervento adottati, verificandone l’efficacia e l’incidenza

sui risultati di gettito realizzati.

L’obiettivo perseguito negli ultimi anni in materia di entrate è stato chiaramente quello

di mantenere elevato il livello complessivo, senza accrescere la pressione tributaria da

gestione ordinaria. Gradualmente abbandonato ( o ridotto) il ricorso alle entrate una

tantum, alle entrate extra tributarie e alle dismissioni di attivi pubblici, la politica di

reperimento di nuove entrate si è orientata verso diversi strumenti. Nel 2010 la scelta si

è concentrata su tre indirizzi principali:

- l’intensificazione ed il potenziamento delle attività di contrasto all’evasione;

- l’ulteriore promozione delle attività di gioco;

- l’efficientamento dell’attività di riscossione, insieme con l’incentivazione delle

anticipazioni e dei recuperi di pagamento.

In una visione di prospettiva, viene poi delineata un’azione di ridimensionamento

dell’erosione delle basi imponibili, riconducibile agli effetti delle esenzioni e delle

agevolazioni.

L’analisi dei risultati conseguiti conferma l’efficacia degli strumenti utilizzati, anche se

appare dubbia la loro capacità di assicurare anche per il futuro la tenuta del livello

complessivo delle entrate. Si tratta di un’incertezza che sembra motivata se si guarda

alle entrate da giochi e agli interventi in materia di riscossioni. Si può, infatti, osservare

come, essendo la quota delle entrate erariali sulla raccolta dei nuovi giochi (apparecchi)

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 7 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

molto più contenuta rispetto a quella dei giochi tradizionali (lotto e super enalotto),

diventi sempre più difficile ottenere significativi incrementi dei proventi al margine; con

la prospettiva, quindi, di una tendenza alla sostanziale stabilizzazione di questa tipologia

di proventi. Ed è quanto emerge anche osservando le difficoltà che si prospettano per

l’accelerazione e l’anticipazione delle riscossioni, dopo che sono state sfruttate le

principali possibilità di recupero consentite dalla razionalizzazione della gestione e dalla

incentivazione del versamento anticipato dei debiti d’imposta pregressi.

Molto più complesso si presenta, poi, il tema della lotta all’evasione, uno strumento che

ha progressivamente assunto un ruolo preponderante nelle previsioni sul gettito

tributario: circa 63 miliardi, il 58,5 per cento delle maggiori entrate nette complessive

stimate dal 2006 al 2013, ma con un “crescendo” che, nelle manovre 2009 e 2010,

attribuisce alla lotta all’evasione la quasi totalità delle maggiori entrate previste.

Anche in questo caso va dato atto degli importanti risultati conseguiti e dell’opportunità

di continuare e di rafforzare l’azione di contrasto. Ma va nel contempo prestata

particolare attenzione alle condizioni da rispettare per consentire allo strumento di

essere utilizzabile anche negli anni a venire. Di qui l’importanza riservata nel Rapporto

ad un esame articolato del fenomeno dell’evasione, dalla valutazione delle sue

dimensioni e della sua distribuzione, all’efficacia degli strumenti di contrasto apprestati.

Per quanto riguarda le dimensioni, le stime richiamate convergono tutte nell’indicare

come il fenomeno evasivo raggiunga in Italia un livello di punta nel panorama europeo,

con l’eccezione della Grecia e della Spagna. Dalle stesse analisi emerge, tuttavia, anche

la maggiore accuratezza, il rigore e la comprensività con cui il fenomeno viene stimato

nel nostro paese rispetto a quanto avviene negli altri paesi europei. Così come va

segnalato che gli indicatori utilizzati evidenziano un aumento di compliance a partire

dal quarto trimestre del 2009, dopo un riacutizzarsi del fenomeno evasivo negli anni

della crisi.

Quanto all’efficacia degli strumenti di contrasto utilizzati, l’accento è stato posto

prevalentemente sull’attività di repressione e meno sulla predisposizione di misure e di

azioni idonee a favorire il consolidamento di comportamenti di massa più corretti. In

prospettiva gli effetti finanziari del contrasto dell’evasione fiscale potranno continuare

ad essere determinanti nella misura in cui si riuscirà a trovare il necessario equilibrio fra

l’azione repressiva e l’induzione della tax compliance .

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

8

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Resta, d’altra parte, l’esigenza di accelerare e completare il percorso di ricognizione,

riflessione e proposta di recente avviato dal Governo in vista di una riforma

complessiva del sistema impositivo che tenga conto anche dei condizionamenti, così

come delle opportunità, legati all’attuazione del federalismo fiscale. E’ in tale quadro

che si potranno concretamente verificare anche gli spazi di manovra per un incisivo

processo di ridimensionamento di esenzioni ed agevolazioni finalizzato all’ampliamento

delle basi imponibili.

7. Nel 2010 la spesa pubblica si è ridotta in valore assoluto, se si esclude la spesa

sanitaria, sia nelle amministrazioni centrali che negli enti locali.

Per lo Stato, il contenimento della spesa risulta superiore alla media: le spese totali

diminuiscono dell’1,5 per cento, la spesa primaria di quasi il 2 per cento; per entrambe

le componenti la quota sul Pil scende di circa un punto.

Il quadro complessivamente positivo segnala, tuttavia, un’evoluzione non bilanciata,

che desta preoccupazione soprattutto nella prospettiva di medio periodo. Con un

andamento sostanzialmente invariato delle spese per interessi, infatti, le spese correnti

restano stabili, mentre le spese in conto capitale si riducono di oltre il 16 per cento.

La caduta delle spese in conto capitale è superiore alle stesse previsioni governative ma,

allo stesso tempo, non del tutto sorprendente. Basti, in proposito, considerare che, fino

dal 2002, i ripetuti provvedimenti che hanno disposto tagli, lineari o non, alla spesa

statale non hanno salvaguardato gli investimenti e le spese in conto capitale, palesando

un orientamento contraddittorio con gli impegni programmatici, di natura strutturale,

verso il rilancio e l’accelerazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture.

Nel Rapporto si evidenzia, anzi, come i tagli siano stati sempre proporzionalmente

molto più severi per le spese in conto capitale. Un dato è particolarmente indicativo: con

il DL 112/2008 l’ammontare di spesa in conto capitale “aggredibile” dai tagli nel 2010

supera, addirittura in valore assoluto, quello relativo alla spesa corrente. In altri termini,

sono stati sottoposti alle riduzioni lineari poco meno del 4 per cento delle spese correnti

al netto degli interessi e, invece, oltre il 50 per cento della spesa in conto capitale. Sui

risultati del 2010, peraltro, incide significativamente la flessione dei contributi agli

investimenti in ragione della ritardata sottoscrizione del contratto di programma con le

Ferrovie dello Stato.

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 9 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Nell’ambito delle spese correnti, un importante risparmio di spesa è da attribuire alle

spese di personale (che, a consuntivo, segnano una minore spesa di oltre 3 miliardi

rispetto alle previsioni) e ad un’ulteriore pesante limatura dei consumi intermedi, una

voce di spesa ormai prossima al plafond minimale per il funzionamento delle

amministrazioni.

Quanto ai redditi da lavoro, il risultato conseguito nel 2010 sembra doversi attribuire

all’operare congiunto di diversi fattori di segno discordante. Da un lato, infatti, l’anno è

stato caratterizzato da un’intensa attività contrattuale, in relazione alla decisione di

concludere tutti gli accordi relativi alla tornata contrattuale 2006-2009. Sono stati

siglati, in particolare, quasi tutti i contratti relativi alla dirigenza pubblica per l’intero

quadriennio, con una conseguente componente di arretrati a carico dell’esercizio – di

entità rilevante, ma comunque inferiore a quella di pertinenza dell’esercizio 2009.

Dall’altro, si sono dispiegate appieno le misure di contenimento della spesa di personale

previste nel DL n. 112 del 2008, con particolare riguardo alle misure di riduzione del

personale della scuola, già evidenti, ma in misura minore, nel 2009. Concorre, poi, al

contenimento della crescita della spesa di personale una generalizzata diminuzione del

complesso dei dipendenti pubblici, dovuta all’introduzione di più stringenti limiti alla

possibilità di trattenimento in servizio oltre l’età ordinariamente prevista per il

collocamento a riposo e alla revisione della modalità di erogazione dell’importo della

buonuscita contenute nel DL n. 78 del 2010, che ha favorito l’anticipo del collocamento

a riposo dei dirigenti e del personale appartenente alle fasce di reddito più elevate.

Nel corso del 2010, inoltre, il cosiddetto “slittamento salariale”, cioè la crescita inerziale

della spesa per redditi, indipendente dalla sottoscrizione nell’anno di accordi collettivi

nazionali, dovuto agli effetti della contrattazione integrativa e agli automatismi

stipendiali, risulta drasticamente ridotto per effetto dei limiti posti dal citato DL 112 alla

crescita dei fondi per i trattamenti accessori ed alla soppressione di alcuni emolumenti

previsti da leggi speciali.

8. Nel 2010 le uscite complessive delle amministrazioni locali si sono ridotte dell’1,9

per cento (contro una crescita dell’1,9 per cento dell’anno precedente), un andamento

dovuto alla forte caduta della spesa in conto capitale, ma anche ad una spesa corrente

tenuta su tassi di variazione (+1,1 per cento) ben al di sotto della variazione del Pil

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

nominale. Al netto della spesa sanitaria (cresciuta nell’esercizio del 2,7 per cento), la

spesa corrente segna una sensibile flessione. Entrate da trasferimenti inferiori alle attese

sono alla base, tuttavia, di un contributo all’indebitamento complessivo in seppur lieve

peggioramento.

Si tratta di andamenti che trovano conferma nei risultati desumibili dall’esame del

funzionamento dei meccanismi di coordinamento della finanza decentrata e ne

testimoniano l’efficacia.

Secondo i primi dati del monitoraggio, sia le regioni a statuto ordinario che quelle a

statuto speciale hanno nel 2010 rispettato gli obiettivi previsti. La spesa complessiva al

netto della sanità si riduce dell’11 per cento in termini di pagamenti (del 10 in termini di

impegni). Un andamento, tuttavia, dovuto alla flessione, non solo della spesa in conto

capitale, ma anche di quella corrente non sanitaria, per il primo anno in calo del 7 per

cento. Un risultato importante anche alla luce degli obiettivi posti alle regioni nel 2011,

che richiederanno, secondo prime stime, una flessione dei pagamenti per spesa non

sanitaria superiore al 12 per cento rispetto al 2010.

Egualmente positivo il risultato ove si guardi ai comuni e alle province.

Per le province si realizza, per la prima volta, un saldo finale positivo, pari a 61,8

milioni. Rimane inadempiente una sola provincia, che registra uno scostamento

negativo determinato da un elevato livello di pagamenti in conto capitale.

Viene centrato nel 2010 anche l’ obiettivo dei comuni, che erano tenuti a conseguire un

saldo di competenza mista per la prima volta positivo, con un concorso alla manovra

complessiva di 2.350 milioni. Solo il 2,2 per cento degli enti (la percentuale in assoluto

più bassa mai registrata nelle pur differenti versioni del Patto) non rispetta l’obiettivo: si

tratta soprattutto di enti di piccole dimensioni (fino a 20.000 abitanti).

Anche scontando l’adozione da parte di alcuni enti, per il rispetto del Patto, di

comportamenti (scelte gestionali o semplici meccanismi di contabilizzazione) di per sé

legittimi, ma che assumono una connotazione elusiva, si tratta di un risultato

significativo.

Un risultato ottenuto nonostante che nell’esercizio le esclusioni dai pagamenti in conto

capitale finalizzate a correggere la compressione degli investimenti ed il rallentamento

dei pagamenti per le opere giunte in fase di liquidazione siano state – almeno per i

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 11 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

comuni - di consistenza ridotta (421 milioni contro 1.690 milioni del 2009) e minore sia

stato il beneficio di pagamenti autorizzati dalle regioni con il Patto regionale.

Entrambe le misure di flessibilizzazione hanno avuto, inoltre, un’efficacia limitata. Per

oltre il 50 per cento degli enti soggetti al Patto le agevolazioni si sono dimostrate

superflue. Gli enti sarebbero risultati adempienti anche non escludendo le quote di

pagamenti autorizzate dalla regione e concesse dallo Stato nel limite dello 0,75 per

cento dei residui passivi in conto capitale.

Inoltre, nonostante un saldo corrente positivo (+2.236 milioni) in grado di coprire il

disavanzo di parte capitale (-1.037 milioni) e di generare un ulteriore margine di

risparmio che supera ampiamente l’avanzo richiesto dall’obiettivo stesso, la spesa in

conto capitale rimane ben al di sotto dei limiti consentiti dal Patto. Una crescente

difficoltà per l’avanzo di parte corrente di tradursi in avanzo di cassa sembra

aggiungersi alla scarsa capacità degli enti di programmare i pagamenti, alla prudenza

dettata dai vincoli del Patto e al disallineamento temporale tra stati di avanzamento delle

opere e margini finanziari consentiti dal Patto alla base della flessione della spesa per

investimenti. Una difficoltà evidenziata dai dati relativi ai pagamenti rilevanti ai fini del

Patto che si conferma anche a livello di impegni.

E’ proseguita nell’anno la sperimentazione del sistema di flessibilizzazione del Patto

gestito in ambito regionale. Al così detto Patto regionale verticale si sono aggiunte,

limitatamente ad alcuni ambiti territoriali, le prime attuazioni del patto regionale

orizzontale, previsto dal DL 112/2008 e confermato nella legge n. 42/2009, che dà

facoltà alle regioni di adattare le regole dettate dalla disciplina nazionale alla diversità e

specificità delle situazioni finanziarie degli enti locali del proprio territorio. Si tratta di 5

regioni, di cui solo 3 operative già nel 2010. I modelli di coordinamento regionale

proposti sono risultati, tuttavia, molto diversificati tra loro e tali da rendere la regola

fiscale molto complessa. La definizione di linee guida (predisposte dal Ministero

dell’economia e delle finanze e ora all’esame della Conferenza Unificata) potrebbe

garantire unitarietà al sistema-Patto, consentendo di sfruttare al meglio la flessibilità

regionale.

Un ruolo di concertazione a livello regionale appare rilevante, sia come presidio al

conseguimento dei risparmi attesi da comuni e province, sia per sostenere lo sviluppo

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

del territorio anche, e soprattutto, alla luce della manovra per il 2011, realizzata

attraverso il taglio dei trasferimenti erariali e la ricomposizione dei saldi obiettivo.

9. La spesa sanitaria si rivela, nel consuntivo 2010, inferiore alle attese: le uscite

complessive hanno raggiunto i 113,5 miliardi, inferiori di oltre 1.500 milioni al dato

previsto per l’anno e riconfermato, da ultimo, lo scorso settembre, nel quadro di

preconsuntivo contenuto nella Decisione di finanza pubblica. L’incidenza in termini di

Pil si conferma, tuttavia, sui livelli del 2009, il 7,3 per cento, mentre è in crescita il peso

sul complesso della spesa primaria.

E’ l’anno in cui si riducono di quasi un terzo le perdite prodotte dal sistema (e che

devono essere in ogni caso coperte dalle amministrazioni regionali). Un risultato frutto,

soprattutto, della riduzione dei costi registrata in alcune regioni in piano di rientro, cui si

accompagnano, in alcuni casi, anche aumenti dei ricavi.

Si fanno più consistenti segnali incoraggianti per un sistema di responsabilizzazione

delle regioni, fondato su un meccanismo di monitoraggio attento sia a garantire la

copertura dei disavanzi, che a prevedere interventi in grado di contrastare l’emergere di

squilibri strutturali (piani di rientro). La definizione di un meccanismo di tutoraggio, pur

nel rispetto della autonomia delle singole gestioni, si conferma in grado di stimolare la

formazione di una consapevolezza delle criticità gestionali, non rinunciando ad

affrontare i principali fattori di crescita della spesa.

Ma è anche l’anno in cui le regioni interessate da Piani di rientro salgono a dieci: due

regioni - Piemonte e Puglia - sottoscrivono un piano di rientro aggiungendosi alle sei

realtà, per le quali il piano è ancora operativo e che ne hanno protratto l’esecuzione, e

alle due, che con diverse fortune ne hanno concluso l’iter.

E’ un anno segnato ancora dalla evidente difficoltà di definire con precisione, almeno in

alcune regioni, i confini entro cui misurare il risultato economico delle aziende sanitarie.

Riaffiorano perdite del passato anche in realtà in cui si erano da poco compiuti

complessi processi di riordino e di valutazione delle condizioni patrimoniali,

accompagnati da interventi finanziari di rilievo. Episodi che, ove ve ne fosse bisogno,

pongono in maggior evidenza la necessità di contare al più presto su sistemi contabili

omogenei e trasparenti, non solo nei criteri, ma nelle metodiche gestionali. Un elemento

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 13 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

indispensabile di un indirizzo politico efficace, prima ancora che di un sistema federale

destinato a garantire solidarietà ed efficienza.

10. Il 2010 è il primo anno di vigenza del nuovo accordo sottoscritto nel dicembre 2009

e recepito con la legge finanziaria; sempre in tale esercizio, viene a maturazione il

disegno di riforma del sistema di finanziamento delle regioni: in esso prende corpo la

definizione dei costi standard in sanità (approvati poi nel marzo del 2011), con la

sostanziale riconferma del modello frutto della sperimentazione gestionale sviluppata a

partire dal 2000.

Le modifiche introdotte con i decreti di attuazione del federalismo fiscale non sembrano

destinate ad incidere sull’assetto istituzionale a cui è affidata la gestione della sanità.

Anzi le necessità di governo della spesa sembrano spingere verso una semplificazione

del sistema e nei rapporti tra strutture. E’ riconfermato, nella sua configurazione attuale,

il ruolo dei diversi tavoli di monitoraggio (Lea ed economico finanziario) e il rapporto

di questi con gli organismi politici e tecnici deputati al coordinamento.

L’affinamento delle informazioni disponibili e l’arricchimento degli indicatori di qualità

dei Lea, utilizzati per la valutazione delle performance dei servizi regionali, potranno

consentire, non solo di garantire un andamento equilibrato, ma anche di indurre

modifiche e miglioramenti nella qualità delle prestazioni rese ai cittadini, convergendo

su standard di qualità ottimali.

La garanzia, in termini di risorse riconosciute alla sanità quale settore LEP, è

controbilanciata da un sistema di monitoraggio molto stringente. Una scelta destinata a

essere seguita anche nel caso della gestione degli altri livelli essenziali di assistenza.

Questa la strada per rendere compatibile il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica

con il progressivo decentramento delle responsabilità di spesa. Se per la sanità, tuttavia,

la concentrazione delle responsabilità nelle amministrazioni regionali rende gestibile

una soluzione così complessa, andrà valutato se in settori come, ad esempio,

l’assistenza, che dipendono oggi da diversi livelli di governo, le necessità poste dal

coordinamento non richiederanno innanzitutto, oltre che la definizione di livelli minimi

e costi standard, anche il ridisegno delle competenze e delle responsabilità complessive

e delle loro interazioni.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

14

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

11. A migliorare l’efficacia delle misure di contenimento della spesa ha certamente

contribuito la capillare attività di controllo svolta dalle Sezioni regionali della Corte che

ha ricevuto nel 2010 un ulteriore impulso anche per il procedere dell’attuazione del

federalismo fiscale e la sempre più ampia autonomia degli Enti locali.

Efficacia a cui non è estranea anche la attività consultiva svolta dalle Sezioni regionali

che ha, in più occasioni, permesso che le disposizioni finanziarie e contabili di

contenimento della spesa venissero applicate in modo uniforme. Ciò è avvenuto, ad

esempio, in relazione alle diverse limitazioni in tema di contenimento della spesa per il

personale, di spesa per incarichi esterni, di spese per sponsorizzazioni e di

rappresentanza e per la formazione dei dipendenti pubblici. Una funzione consultiva

affidata alle Sezioni regionali e per la quale ci si è avvalsi del coordinamento unitario

delle Sezioni riunite (art. 17, co. 31 del DL n. 78 del 2009).

Dall’attività di controllo sono emerse anche indicazioni delle difficoltà che

accompagnano il percorso di riequilibrio dei conti pubblici.

Nell’anno lo svolgimento delle verifiche ha fatto rilevare un numero crescente di

situazioni di disequilibrio finanziario, riguardanti non solo Enti locali di piccole

dimensioni, ma anche Comuni capoluogo di Provincia. Sono in aumento le situazioni

nelle quali gli Enti locali approvano il rendiconto in disavanzo; sempre maggiore è

l’utilizzo delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immobili o di partecipazioni

societarie per finanziare la spesa corrente; si fanno più frequenti i ricorsi ad operazioni

finanziarie o contrattuali, di per sé legittime, ma che vengono utilizzate a fini elusivi

degli obblighi del Patto di stabilità interno.

Di rilievo anche le criticità evidenziate sul fronte della gestione del debito. Un

fenomeno destinato a crescere anche per le modifiche apportate a fine 2010 al TUEL,

con il rafforzamento dei limiti all’indebitamento degli enti locali. In aumento appare

non solo il fenomeno della prestazione di garanzie fideiussorie, che costituiscono, dal

punto di vista contabile, un limite alla capacità di indebitamento dell’ente, ma anche il

rilascio di lettere di patronage, in favore delle società partecipate, in alcuni casi

assimilabili a vere e proprie fideiussioni con obblighi a carico dell’ente locale, e

l’utilizzo del contratto di sale and lease back, per porre in essere operazioni di

finanziamento utilizzando il proprio patrimonio immobiliare, di fatto assimilabili ad

operazioni di indebitamento pluriennale.

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SINTESI E CONCLUSIONI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 15 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Si accentuano, poi, le problematiche già evidenziate lo scorso anno nei rapporti

finanziari fra gli enti locali e le società partecipate: in crescita il ricorso

all’indebitamento della società per acquistare beni immobili dell’ente di riferimento e

l’esecuzione di opere pubbliche di interesse dell’ente locale da parte della società

partecipata ricorrendo al debito. In entrambe i casi l’esposizione non figura formalmente

in capo all’ente locale, anche se, di fatto, grava su di esso in virtù di specifici impegni

contrattuali o per previsione legislativa. Si tratta di fenomeni che richiamano l’urgenza

nella definizione di un quadro normativo in cui sia previsto il consolidamento dei conti

e l’obbligo del rispetto dei vincoli di finanza pubblica in modo unitario fra ente locale e

società interamente partecipate ed in cui sia definita compiutamente l’individuazione dei

soggetti destinatari dei vincoli di finanza pubblica.

12. Al termine di un’analisi ad ampio raggio sul governo della finanza pubblica la Corte

ritiene di poter trarre un giudizio di sintesi, che può solo assumere la natura di stimolo e

di auspicio. Dai diversi fronti esplorati dalle nostre indagini - dal governo delle entrate,

agli strumenti di controllo della spesa dello Stato e delle Amministrazioni locali -

emergono segnali univoci di significativi progressi e di risultati importanti.

L’apparato pubblico, nel suo complesso, può dunque essere ricondotto su condizioni di

equilibrio strutturale anche in virtù dell’affinamento degli strumenti di regolazione, via

via corretti sulla base degli insufficienti risultati conseguiti negli anni passati.

Il segnale positivo, tuttavia, non può essere confinato alle risultanze di un solo esercizio

finanziario. Al contrario, deve tradursi in un impegno rafforzato per affrontare i

problemi che restano e le sfide, non meno gravose, del futuro.

Qualche anno addietro, nel guardare alle “riforme necessarie”, si rilevava come la

risorsa più scarsa per evitare il declino strutturale del Paese fosse paradossalmente il

tempo. Nelle nuove prospettive, segnate dai vincoli severi di finanza pubblica e

dall’urgenza di una strategia di recupero di più elevati livelli di crescita economica, la

Corte si sente di dover ricorrere ancora alla metafora del “tempo”.

Concludendo con l’auspicio che, diversamente dal passato, gli strumenti disponibili per

realizzare obiettivi così complessi - che manifestano un’efficacia da valorizzare – siano

in grado di far funzionare al meglio l’apparato pubblico a livello di sistema,

contribuendo per questa via allo sviluppo del Paese.

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Parte prima

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 19 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

L’ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA:

IL RUOLO DEGLI STRUMENTI DI COORDINAMENTO

CRISI ECONOMICA ED EVOLUZIONE DEI CONTI PUBBLICI IL SUPERAMENTO DELLA RECESSIONE I RISULTATI DI FINANZA PUBBLICA NEL 2010: UN CONFRONTO

CON GLI OBIETTIVI PROGRAMMATICI I SALDI LE ENTRATE LE USCITE L’ANDAMENTO DELLA SPESA PER SOTTOSETTORI

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 21 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

CRISI ECONOMICA ED EVOLUZIONE DEI CONTI PUBBLICI 1. Gli andamenti di finanza pubblica sono stati, nel 2010, più favorevoli di quanto

atteso. Un risultato che si qualifica per tre elementi. In primo luogo, per essere stato conseguito interamente dal lato della spesa, che

per la prima volta si è ridotta in valore assoluto e non soltanto in quota di Pil. Di contro, la dinamica delle entrate, pur in recupero per il venir meno della recessione economica, è rimasto al di sotto dei valori programmatici.

Il secondo elemento, che più direttamente attiene ai temi trattati in questo Rapporto, è la dispersione degli andamenti per livelli di governo. In presenza di una riduzione dei trasferimenti a favore delle Amministrazioni locali, queste ultime hanno registrato un aumento dell’indebitamento, conservandolo peraltro in linea con gli obiettivi, mentre del tutto particolare è stata l’evoluzione dei conti degli Enti di previdenza e assistenza, migliorati ben oltre il risultato medio.

Il terzo aspetto di rilievo è il contributo fornito dalla spesa in conto capitale alla riduzione del disavanzo. Contributo che è stato di molto superiore al peso che questa tipologia di spesa ha sul totale delle uscite pubbliche.

Il significato di questi tre elementi deve essere considerato, in prospettiva, alla luce della perdita permanente di prodotto lasciata in eredità dalla grande recessione del 2008-2009, che trova immediata rappresentazione nel confronto fra le previsioni elaborate in avvio di legislatura e gli aggiornamenti, peggiorativi, apportati nei successivi documenti programmatici, da ultimo nel Documento di Economia e Finanza Pubblica.

Come segnalavamo nel Rapporto dello scorso anno, una perdita permanente di prodotto abbassa il livello tendenziale del gettito fiscale e obbliga, di conseguenza, a rivedere in senso più restrittivo gli obiettivi di spesa. Anche qualora questi restino fissati in quota di Pil, la contrazione del denominatore richiede di intervenire direttamente sui livelli della spesa, non solo sui suoi saggi di variazione, almeno fintanto che non vengano ristabiliti i valori di riferimento pre-recessivi.

Da questo punto di vista i risultati del 2010, per quanto positivi e, con riferimento alle spese, finanche straordinari nella prospettiva storica di lungo periodo, conservano una forte criticità. La dimensione della spesa totale sul prodotto resta quasi 3 punti al di sopra del valore del 2007 (3,5 punti per la sola spesa corrente) e una sua riduzione necessita di un’azione di natura discrezionale, non potendo essere affidata all’operare dei cosiddetti stabilizzatori automatici del bilancio pubblico. Nel contesto italiano, dove limitato è l’operare degli ammortizzatori sociali e di altre spese indotte dalla flessione del ciclo economico, migliori condizioni di crescita si riflettono infatti prevalentemente sul gettito tributario, il cui aumento è però limitato dalla volontà di non aumentare la pressione fiscale e di rispettare, in tal modo, uno degli obiettivi qualificanti della corrente legislatura.

La priorità da assegnare alla riduzione dei livelli di spesa ispira il rafforzamento della manovra correttiva varata nel 2010 (DL 78/2010), che si aggiunge alle misure già adottate nel 2008 (DL 112/2008) e momentaneamente abbandonate nel 2009 con l’adozione dei provvedimenti anti-crisi. Presa al suo valore di facciata, la correzione che il combinato disposto di queste manovre impone sulla spesa primaria futura è di quasi 60 miliardi di euro. La fine della recessione economica non comporta, quindi, il ritorno a una gestione ordinaria del bilancio pubblico, richiedendosi piuttosto sforzi maggiori di quelli prefigurati a inizio legislatura.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

22 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Gli strumenti di coordinamento sono, necessariamente, elemento portante di questa strategia di contenimento della spesa. La piena attuazione della riforma federalista potrà accrescere, a livello locale, la corrispondenza fra responsabilità di spesa e titolarità del gettito, creando le condizioni perché gli equilibri di bilancio siano più facilmente conseguiti. Anche con il passaggio al nuovo assetto istituzionale, la coerenza fra le dinamiche decentrate della finanza pubblica e gli obiettivi generali di indebitamento resterà affidata all’operare di strumenti pattizi, che distribuiscano l’onere del riequilibrio sui diversi livelli di amministrazione. E di nuovo va rilevato, in questo caso con riferimento al livello locale, come il superamento della recessione non sia, di per sé, un fattore di sollievo per la gestione del bilancio.

La struttura di finanza decentrata che ancora caratterizza l’assetto italiano ha inizialmente preservato i bilanci delle Amministrazioni decentrate, dal momento che l’ammontare delle risorse trasferite era stato definito prima che si verificasse la sorpresa recessiva. Ora che quest’ultima è stata pienamente incorporata nei quadri programmatici, si assiste però a un inaridimento dei flussi di trasferimento dal centro alla periferia e, di conseguenza, al pieno dispiegarsi, anche sui bilanci delle Amministrazioni decentrate, dell’inasprimento dei vincoli di spesa.

La riflessione sull’impostazione della manovra di bilancio pubblico, necessariamente centrata sul contenimento della spesa, apre inoltre la questione di come porsi di fronte all’obiettivo di ripristinare più robuste condizioni di crescita, almeno tali da riportare l’economia italiana in linea con la media europea.

Nella strategia adottata dal governo, in coerenza con l’impostazione europea, alla manovra di finanza pubblica è affidato il compito prevalente di correggere l’andamento tendenziale dei saldi, mentre il rafforzamento della crescita è demandato a provvedimenti di riforma che non comportino oneri finanziari per lo Stato e per questo definiti al di fuori della manovra stessa. Sono le stesse valutazioni del governo che però evidenziano i limiti a cui va incontro, nei fatti, questa impostazione.

Il Piano Nazionale di Riforma quantifica l’accelerazione che le riforme fin qui realizzate sarebbero in grado di imprimere ai saggi di crescita del prodotto. Come rilevato dalla Corte in sede di audizione presso il Parlamento, si tratta di impulsi complessivamente modesti; probabilmente non sufficienti a compensare gli effetti di segno opposto che derivano dalla restrizione del bilancio pubblico. L’urgenza di affrontare la questione della crescita economica, pur nel rispetto dei vincoli di bilancio, è alla base dell’adozione del recente decreto-legge n. 70/2011.

L’implementazione di una rigorosa manovra di contenimento della spesa, in un contesto di bassa crescita, pone evidenti problemi di credibilità, tanto più all’indomani della peggiore crisi economica degli ultimi ottant’anni. Non sorprende, date queste condizioni di fondo, che il ridimensionamento dei programmi di spesa si sia concentrato, soprattutto nelle Amministrazioni locali e anche per l’operare degli strumenti di coordinamento, sugli investimenti fissi lordi. Si tratta, in generale, di una soluzione non efficiente, in considerazione della capacità di accrescimento del potenziale di sviluppo che viene comunemente riconosciuta al processo di accumulazione pubblica. Un’osservazione estendibile all’orizzonte programmatico, che descrive per i prossimi anni ulteriori flessioni della spesa in conto capitale. Anche se, va osservato, il ridimensionamento del programma in conto capitale può derivare dalla presa d’atto di una capacità di spesa ridotta, soprattutto delle Amministrazioni locali, e dalla conseguente scelta di fissare gli obiettivi in termini più realistici, senza gravare il bilancio pubblico di previsione di uscite che non potranno essere realizzate.

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 23 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Ciò riconosciuto, non può comunque sottacersi dunque, anche all’interno di questo Rapporto, il rischio che una manovra di bilancio impostata col dovuto rigore, ma non sostenuta da un’adeguata strategia di crescita, eserciti effetti depressivi non auspicati e si riveli, per questo, non pienamente sostenibile. L’inasprimento dei vincoli europei può rendere ancora più acuto un simile problema di credibilità.

Gli effetti del superamento della recessione, il significato di più stringenti vincoli di spesa in un contesto di bassa crescita e i possibili effetti delle nuove regole europee per la conduzione della finanza pubblica italiana, vengono esaminati da un punto di vista generale nel resto di questo primo capitolo, per essere poi approfonditi in maggior dettaglio nel resto del Rapporto. I dati della ripresa economica e la misura della perdita di prodotto conseguita alla recessione vengono illustrati nel successivo paragrafo. Si descrivono poi gli andamenti dei saldi di finanza pubblica, per passare a una più puntuale ricognizione delle uscite e del contributo fornito dai singoli livelli di governo al contenimento della spesa. L’intento delle analisi proposte è di fornire un primo contributo che valuti se gli andamenti del 2010 possano configurare un primo passo verso la richiamata necessità di abbassare i livelli della spesa pubblica o se i buoni risultati ottenuti siano invece riconducibili a fattori occasionali, non rappresentativi di una effettiva inversione di tendenza delle dinamiche di bilancio. Il capitolo si chiude con una simulazione numerica sugli ulteriori vincoli che le nuove regole di governance europea potrebbero comportare per la manovra del bilancio pubblico. Un esercizio che conferma l’attenzione che dovrà essere posta sulla riduzione dei livelli di spesa primaria.

IL SUPERAMENTO DELLA RECESSIONE 2. La recessione dell’economia è terminata in Italia, al pari degli altri grandi paesi

europei, nel secondo trimestre 2009. Il recupero del ciclo è proseguito lungo tutto il 2010, con una temporanea accelerazione nella prima parte dell’anno; a partire dai mesi estivi, i ritmi della crescita hanno tuttavia assunto un passo più moderato (grafico 1).

Grafico 1

100

99,3

98,2

96,2

93,393,0

93,4 93,493,9

94,494,7 94,8

88

90

92

94

96

98

100

102

-3,5

-3,0

-2,5

-2,0

-1,5

-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

2008:I 2008:II 2008:III 2008:IV 2009:I 2009:II 2009:III 2009:IV 2010:I 2010:II 2010:III 2010:IV

Pil reale: variazioni congiunturali e livelli (2008:I = 100)

Variazioni congiunturali LIvelli

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

24 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Nel Documento di Economia e Finanza (DEF), il Governo ha ribassato le stime di crescita rispetto alla Decisione di Finanza Pubblica dello scorso settembre, sia per il 2011 (con una previsione ora fissata all’1,1 per cento e non più all’1,3 per cento), sia per il biennio 2012-13, per il quale gli incrementi attesi scendono dal 2 all’1,5 per cento . Il ridimensionamento delle stime non è dovuto agli andamenti del 2010, che sono stati anzi migliori di quanto previsto, ma a una valutazione più prudente sulle potenzialità di sviluppo dell’economia italiana.

Complessivamente, a fine 2010 il prodotto era tornato di circa due punti al di

sopra del minimo recessivo, con una perdita residua, rispetto ai livelli pre-crisi, di oltre cinque punti (tavola 1). Il recupero risulta incompleto anche nei valori nominali. In questo caso, l’incremento dal punto di minimo ciclico è del 2,8 per cento, a fronte di una flessione cumulata del 3,2 per cento. A motivo del forte deterioramento delle ragioni di scambio, il prodotto nominale è inoltre tornato a contrarsi nell’ultimo trimestre del 2010.

Tavola 1 PERDITA E RECUPERO DI PRODOTTO IN ITALIA NEL RECENTE CICLO ECONOMICO

Perdita di prodotto nella recessioneRecupero di prodotto

nell'espansione Perdita residua

Inizio recessione (2008:I)

Fine recessione (2009:II)

al IV:09 al IV:10

Livelli (2008:I = 100) Pil reale 100,0 93,0 93,4 94,8 5,2

Pil nominale 100,0 96,2 96,7 98,8 1,2

Tassi cumulati di variazione Pil reale - -7,0 0,4 1,5 -5,2

Pil nominale - -3,8 0,5 2,2 -1,2

Il ritorno a saggi di crescita positivi non configura, dunque, alcun rimbalzo

dall’eccezionale caduta dei livelli produttivi del precedente biennio. Si ripropongono, piuttosto, i bassi saggi di espansione che, già prima della crisi, penalizzavano l’economia italiana nel confronto internazionale.

Convivono attualmente in Europa tre distinte dinamiche di crescita, a seconda che gli incrementi

del Pil superino, siano in linea o al di sotto dei saggi osservati prima della recessione. La prima tipologia caratterizza la sola Germania, nella seconda rientra la gran parte dei paesi membri, compresa l’Italia, nella terzo si trovano le economie del Sud Europa e dell’Irlanda. All’interno di simili andamenti, anche nel 2010 la crescita dell’economia italiana è risultata inferiore a quella dell’Unione europea (1,3 contro 1,7 per cento). I risultati di primo trimestre 2011 confermano il posizionamento dell’Italia fra i paesi a bassa crescita relativa.

Ampia è la distanza dai livelli prefigurati a inizio legislatura: il livello del Pil

nominale è, a fine 2010, più basso dell’8,3 per cento rispetto alla previsione contenuta nel dPEF del giugno 2008 (-140 miliardi di euro); in termini reali, lo scostamento è di 7,5 punti.

La perdita di prodotto persiste nell’orizzonte programmatico (grafico 2). Secondo il recente aggiornamento contenuto nel DEF, il livello del Pil nominale supererebbe il valore del 2008 a partire dal prossimo anno. Ma rispetto alle previsioni elaborate in avvio di legislatura non viene prefigurato alcun recupero; al contrario, nel 2013 la differenza inglobata nelle nuove stime di crescita sale a 160 miliardi. Questo output gap

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 25 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

permanente è il vincolo all’interno del quale deve essere necessariamente collocata l’analisi sul funzionamento degli strumenti di coordinamento della finanza pubblica.

Grafico 2 LIVELLI DEL PIL NOMINALE: VALORI PREVISTI ED EFFETTIVI

14000001450000150000015500001600000165000017000001750000180000018500001900000

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Previsione Dpef 2009-13 Consuntivo Istat marzo 2011Previsione DEF 2011

I RISULTATI DI FINANZA PUBBLICA NEL 2010: UN CONFRONTO CON GLI

OBIETTIVI PROGRAMMATICI I saldi 3. In coincidenza con la ripresa del ciclo economico, è ripreso il percorso di

riequilibrio dei saldi di finanza pubblica (tavola 2). L’indebitamento delle pubbliche amministrazioni è sceso dal 5,4 al 4,6 per cento del Pil, sopravanzando gli obiettivi programmatici, fissati al 5 per cento nella RUEF dell’aprile 2010 e confermati nella più recente DFP, lo scorso settembre. Il saldo primario è tornato in prossimità del pareggio (dal -0,7 al -0,1 per cento), mentre il saldo corrente è diminuito dal -2,1 all’1,6 per cento del Pil. La spesa per interessi è rimasta sostanzialmente invariata in quota di prodotto (dal 4,6 al 4,5 per cento).

Nei livelli, l’indebitamento è diminuito di 10,5 miliardi e di ammontare equivalente è stata la riduzione del saldo primario. La flessione del disavanzo corrente è stata invece più contenuta, a motivo del forte contributo fornito dal conto capitale al contenimento del disavanzo.

Nell’Unione europea, l’indebitamento pubblico è sceso dal 6,4 al 6,0 per cento del Pil, una

riduzione meno pronunciata di quella italiana, nonostante il più elevato tasso di crescita del prodotto. L’Italia è inoltre l’unico, fra i grandi paesi, a registrare un saldo primario in prossimità del pareggio.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

26 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 2 SALDI DI BILANCIO PUBBLICO DELL’ITALIA

(milioni di euro)

anni variazioni

2007 2008 2009 2010 2008 2009 2010

Milioni di euro

Indebitamento netto -23.541 -42.705 -81.741 -71.211 -19.164 -39.036 10.530

Saldo corrente 34.441 12.277 -31.248 -24.499 -22.164 -43.525 6.749

Saldo primario 53.911 38.608 -11.333 -1.059 -15.303 -49.941 10.274

In % del Pil Indebitamento netto -1,5 -2,7 -5,4 -4,6 -1,2 -2,7 0,8

Saldo corrente 2,1 0,8 -2,0 -1,6 -1,3 -2,8 0,4

Saldo primario 3,5 2,5 -0,7 -0,1 -1,0 -3,2 0,6

Per memoria, altri paesi europei (% del Pil) Indebitamento

Germania 0,3 0,1 -3,0 -3,3 -0,2 -3,1 -0,3 Francia -2,7 -3,3 -7,5 -7 -0,6 -4,2 0,5 Spagna 1,9 -4,2 -11,1 -9,2 -6,1 -6,9 1,9 Unione europea 0,6 -2,1 -6,4 -6,0 -2,7 -4,3 0,4 Saldo primario Germania 2,7 2,5 -0,7 -1,1 -0,2 -3,2 -0,4 Francia -0,5 -0,8 -5,3 -4,8 -0,3 -4,5 0,5 Spagna 3,0 -3,1 -9,9 -7,8 -6,1 -6,8 2,1

La riduzione del disavanzo, e il generalizzato miglioramento dei saldi di bilancio pubblico, riflette il venir meno dei provvedimenti anti-crisi che, come rilevato nel Rapporto dello scorso anno, nel 2009 avevano di fatto annullato l’effetto delle misure di contenimento della spesa varate in avvio di legislatura (DL 112/2008). Il ritorno alla piena operatività degli interventi correttivi significa che nel 2010 hanno agito, almeno nominalmente, misure di contenimento delle uscite pubbliche per 11,6 miliardi, di cui 6,2 a carico delle Amministrazioni decentrate. Per costruzione, queste correzioni erano peraltro incorporate nei quadri programmatici della RUEF e successivamente della DFP. Come meglio si illustrerà nel corso del Rapporto, altri fattori hanno quindi operato nel contenimento del disavanzo e, in particolare, nella compressione delle dinamiche di spesa.

Le entrate

4. La ripresa dell’economia ha trainato un recupero delle entrate tributarie,

aumentate nel 2010 dell’1 per cento, dopo la contrazione del 2009 (-3,2 per cento, tavola 3). L’aumento è stato più pronunciato per le imposte indirette (+5,1 per cento). L’incremento della disoccupazione ha invece contento l’aumento dei contributi sociali, la cui crescita si è arrestata allo 0,5 per cento. Il venir meno di alcuni dei provvedimenti straordinari varati nel 2009 ha poi determinato un una flessione particolarmente rilevante (-54,1 per cento) delle imposte in conto capitale, fra le quali erano stati iscritti, nel 2009, gli introiti derivanti dal riallineamento ai criteri contabili IAS.

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 27 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 3 LE ENTRATE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

(milioni di euro)

importi variazioni %

2009 2010 2009/2008 2010/2009

Totale entrate tributarie 441.112 445.416 3,2 1,0Imposte dirette 222.857 225.494 -7,0 1,2Imposte indirette 206.000 216.530 -4,5 5,1Contributi sociali 213.542 214.508 -1,3 0,5Altre entrate correnti non tributarie 57.692 58.583 2,3 1,5Totale entrate correnti 700.091 715.115 -3,8 2,1Imposte in conto capitale 12.255 3.392 2.411,3 -72,3Entrate in conto capitale non tributarie 3.392 3.795 -2,6 11,9Totale entrate in conto capitale 15.647 7.187 294,1 -54,1Totale entrate 715.738 722.302 -2,2 0,9

A sintesi di questi andamenti il totale delle entrate ha registrato lo scorso anno un

aumento contenuto delle entrate (0,9 per cento), che fa comunque seguito alla riduzione del 2,2 per cento osservata nel 2009.

Più rilevante, per l’analisi di questo capitolo, è l’aderenza agli obiettivi dei risultati di gettito. Come si indica nella tavola 4, la situazione che si osserva, in questo caso, è opposta a quella determinatasi dal lato delle uscite: i valori realizzati sono infatti inferiori ai valori programmatici. Nel confronto con la DFP, il minor gettito ammonta a oltre 8 miliardi, per la gran parte concentrato nella componente corrente. Rispetto alle stime vi sono oltre 2,7 miliardi in meno di contributi e circa 3,3 miliardi di minor gettito nel complesso delle entrate dirette e indirette.

Tavola 4 GLI SCOSTAMENTI DELLE ENTRATE DAI VALORI PROGRAMMATICI: ANNO 2010

(milioni di euro)

Rispetto a DFP Rispetto a RUEFPer memoria: DFP-RUEF

Imposte dirette 6.313 -8.017 -14.330 Imposte indirette -9.825 4.703 14.528 Contributi sociali -2.730 -3.446 -716 Altre entrate correnti non tributarie -821 1.111 1.932 Totale entrate correnti -7.063 -5.649 1.414 Imposte in conto capitale 1.142 1.749 607 Entrate in conto capitale non tributarie -2.305 -1.410 895 Totale entrate in conto capitale -1.163 339 1.502 Totale entrate -8.226 -5.310 2.916

Significativo è il fatto che gli scostamenti siano parimenti importanti, ma di

dimensioni inferiori, nel confronto con gli obiettivi enunciati nella RUEF (-5,3 miliardi). Il governo ha cioè aumentato le stime di gettito nella DFP, esprimendo un’aspettativa che nei fatti non sembra essersi realizzata.

Anche se l’andamento delle entrate nel 2010 riflette alcuni fattori particolari, come un ammontare non previsto di compensazioni (quantificate nel DEF in quasi 3,5

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

28 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

miliardi) e una revisione peggiorativa della base 2009, non può non rilevarsi come lo scostamento dagli obiettivi segnali un andamento ancora molto incerto del gettito e un contributo modesto al rientro dell’indebitamento. Una situazione che aumenta ancor più i vincoli sull’andamento delle spese e che viene esaminata in dettaglio nella seconda parte del Rapporto.

Le uscite 5. Per la prima volta dal 1980, le spese totali sono diminuite, con una contrazione

dello 0,5 per cento (tavola 5). Tale risultato è ascrivibile alla caduta delle uscite in conto capitale (-18,5 per cento), ma la spesa corrente ha comunque segnato l’incremento più basso dal 1999 (1,1 per cento). Nella componente primaria, l’aumento della spesa (1,3 per cento) è stato il più basso dal 1952; in precedenza, un incremento tanto contenuto era stato riscontrato solo nel 1995 (1,8 per cento).

Tavola 5 LA SPESA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

milioni di euro variazioni % 2009 2010 2009/2008 2010/2009

Redditi da lavoro dipendente 171.026 171.905 0,8 0,5Consumi intermedi 136.177 137.009 6,1 0,6Pensioni e altre prestazioni 291.468 298.199 5,2 2,3Altre spese correnti 62.260 62.349 0,1Totale spese correnti al netto interessi 660.931 669.462 4,2 1,3Interessi passivi 70.408 70.152 -13,4 -0,4Totale spese correnti 731.339 739.614 2,2 1,1Investimenti fissi 38.060 31.879 8,8 -16,2Contributi c/capitale 23.822 20.442 6,6 -14,2Altri trasferimenti 4.258 1.578 158,7 -62,9Totale spese in conto capitale 66.140 53.899 12,2 -18,5Totale spese complessive 797.479 793.513 3,0 -0,5

La tavola 6 propone una ricostruzione degli andamenti di lungo periodo della

spesa primaria. Considerando per il passato le media decennali, il risultato del 2010 risulta essere il migliore mai conseguito, sia nell’aggregato, sia per le due voci dei redditi da lavoro e dei consumi intermedi.

Tavola 6

SPESA PRIMARIA CORRENTE: I RISULTATI DEL 2010 IN PROSPETTIVA STORICA (VARIAZIONI %)

medie annue variazione annua 52-59 60-69 70-79 80-89 90-99 00-08 2009/2008 2010/2009

Valori nominali (var.%) Redditi da lavoro 9,4 11,9 18,9 16,1 5,1 4,0 0,8 0,5 Consumi intermedi 7,9 10,2 18,6 18,1 5,5 5,5 6,5 0,4 Prestazioni sociali 15,5 12,7 20,0 17,1 7,2 4,3 5,2 2,3 Totale spesa primaria corrente 10,1 11,9 19,5 16,6 5,9 4,6 4,2 1,3Valori reali (var%) Redditi da lavoro 6,5 7,3 5 3,7 0,6 1,4 -1,5 -0,1 Consumi intermedi 5 5,8 4,8 5,6 0,1 2,9 4,2 -0,2 Prestazioni sociali 12,4 8,1 5,9 4,7 2,6 1,7 2,9 1,7 Totale spesa primaria corrente 7,8 7,4 5,5 4,2 1,4 2,0 1,9 0,7In % del Pil (var. assolute) Redditi da lavoro n.d. 0,1 0,1 0,1 -0,2 0,0 0,4 -0,2 Consumi intermedi n.d. 0,0 0,1 0,2 -0,1 0,1 0,5 -0,1 Prestazioni sociali n.d. 0,2 0,2 0,3 0,2 0,1 1,5 0,1 Totale spesa primaria corrente n.d. 0,4 0,4 0,5 0,0 0,4 3,0 -0,3

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 29 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

In termini reali, variazioni negative sono state registrate sia dai redditi da lavoro,

sia dai consumi intermedi. In quota di Pil, la contrazione ha interessato, oltre a queste due voci, l’intero aggregato delle spese correnti, con una sostanziale stabilità delle prestazioni sociali.

Nel Conto delle Risorse e degli Impieghi, i redditi dei dipendenti pubblici e i consumi intermedi

sono contabilizzati come Spesa delle Pubbliche Amministrazioni, che a sua volta è una componente dei Consumi finali interni. Nel 2010, la riduzione reale di questa voce di spesa ha sottratto un decimo di punto alla crescita del Pil. Il contributo era stato invece positivo per due decimi di punto nel 2009. Nell’ultimo biennio la Spesa delle Pubbliche Amministrazioni ha pertanto esibito un movimento anticiclico, sia pur di moderata entità.

La flessione della spesa in conto capitale è stata pronunciata in tutte le sue

componenti. Gli investimenti lordi sono diminuiti del 16,2 per cento, collocandosi 4 miliardi al di sotto dei livelli pre-recessivi. I contributi in conto capitale si sono ridotti del 14,2 per cento e in questo caso la differenza rispetto ai valori del 2007 è superiore ai 4,5 miliardi. Le altre uscite in conto capitale hanno registrato la contrazione più rilevante in termini percentuali (-62,9 per cento), ritornando tuttavia sugli medesimi valori degli anni passati. Il dato del 2009 incorporava infatti 2,6 miliardi di rimborsi straordinari a favore dei imprese, previsti dal DL 185/2008.

La flessione degli investimenti è la più elevata in serie storica, dopo quella del 2002. Più volatile è

l’andamento dei contributi agli investimenti, che hanno registrato riduzioni più consistenti di quelli dello scorso anno nel 1991, nel 1996-97 e nel 2007.

L’andamento della spesa in conto capitale si inscrive in un contesto di generale

debolezza del processo di accumulazione pubblica, da una parte sacrificato alle esigenze di contenimento dei saldi di bilancio, dall’altra rallentato dai lunghi tempi che intercorrono fra il momento dello stanziamento delle risorse e quello della loro definitiva utilizzazione.

La contrazione degli investimenti pubblici contribuisce alla recessione che, da ormai un triennio,

interessa il settore dell’edilizia. Gli investimenti in costruzioni sono diminuiti in termini reali del 3,7 per cento nel 2010 e del 14,6 per cento dal 2007. Il valore aggiunto del settore è diminuito del 3,4 per cento lo scorso anno e del 13,3 per cento dal 2007. Significativamente, il Programma di Riforma, diffuso dal Governo lo scorso aprile, non propone alcuna misura dell’impatto dell’accumulazione pubblica sulla crescita economica.

6. I risparmi di spesa conseguiti nel 2010 sono tanto più significativi in quanto

superiori ai valori programmatici, assunti dapprima nella RUEF dell’aprile 2010 e poi confermati, nella DFP dello scorso settembre. Nel confronto con quest’ultimo documento (tavola 7), il maggiore risparmio realizzato ammonta a oltre 14 miliardi e consegue per oltre il 40 per cento da una minore spesa in conto capitale (-5,5 miliardi), per poco meno del 50 per cento da un più forte contenimento della spesa primaria corrente (6,7 miliardi), per la restante parte da un minore esborso per interessi (1,9 miliardi).

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

30 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 7

GLI SCOSTAMENTI DELLA SPESA DAI VALORI PROGRAMMATICI: ANNO 2010 (milioni di euro)

Rispetto a DFP Rispetto a RUEFPer memoria: DFP-RUEF

Redditi da lavoro dipendente -3.059 -3.619 -560,0 Consumi intermedi -2.519 -1.846 673,0 Pensioni e altre prestazioni 69 169 100,0 Altre spese correnti -1.174 -30 1.144,0 Totale spese correnti al netto interessi -6.683 -5.326 1.357,0 Interessi passivi -1.917 -1.211 706,0 Totale spese correnti -8.600 -6.537 2.063,0 Investimenti fissi -1.568 -1.368 200,0 Contributi c/capitale -3.236 -3.574 -338,0 Altri trasferimenti -736 -736 0,0 Totale spese in conto capitale -5.540 -5.678 -138,0

Totale spese complessive -14.140 -12.215 1.925,0

Sia la spesa in conto capitale, sia quella per interessi, hanno contribuito al risparmio aggiuntivo in una proporzione maggiore rispetto al loro peso sul totale delle uscite pubbliche (rispettivamente pari all’8 e al 7 per cento). Per la sua eccezionalità nella prospettiva storica, è tuttavia il superamento degli obiettivi di spesa primaria corrente ad assumere particolare rilevanza, tanto da costituire una sorpresa per lo stesso governo.

Nella DFP il valore atteso per la spesa primaria corrente era stato infatti elevato di quasi 1,5 miliardi rispetto agli obiettivi fissati nella RUEF, portando la variazione programmata rispetto al 2009 dal 2 al 2,2 per cento. La sorpresa dal lato della spesa è cioè maturata, quasi interamente, nel periodo intercorso fra la pubblicazione della DFP e la diffusione del consuntivo ISTAT. Di limitata entità è stato, inoltre,l’effetto indotto dalla consueta revisione della basi storiche e, nel caso specifico, dalla nuova quantificazione di consuntivo per l’anno 2009, che riduce l’ammontare della sposa totale di 1,4 miliardi e quello della spesa primaria corrente di 1,7 miliardi.

La favorevole dinamica del 2010 non è stata incorporata nei nuovi quadri programmatici, nei

quali la variazione cumulata della spesa primaria corrente rimane inalterata rispetto alla stima elaborata per la RUEF (+4,4 per cento al 2013). La valutazione tendenziale sull’indebitamento resta parimenti inalterata per il biennio 2011-2012 (rispettivamente 3,9 e 2,7 per cento del Pil), mentre peggiora per il 2013 (dal 2,2 al 2,7 per cento) del Pil.

Lo scostamento numericamente più rilevante, fra i dati notificati dall’ISTAT e la

valutazione della DFP, oltre 3 miliardi, riguarda i redditi da lavoro dipendente. Rispetto alla RUEF, questa voce di spesa era già stata ribassata (-500 milioni), a segnalare come vi fosse comunque la percezione di un andamento più moderato rispetto alle attese. I minori esborsi per consumi intermedi (-2,5 miliardi), e altre spese correnti (-1,1 miliardi) rappresentano invece una sorpresa a tutti gli effetti, dal momento che l’ammontare programmatico era stato elevato nel passaggio fra la RUEF e la DFP. Un’analisi più approfondita sulle determinanti di questi andamenti virtuosi è condotta nella seconda parte del Rapporto.

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 31 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Nel comunicato dell’ISTAT, il contenimento dei redditi da lavoro dipendente è attribuito, tra

l’altro, a una flessione dell’occupazione, che viene quantificata nell’1 per cento. Nei quadri di contabilità nazionale, pubblicati successivamente, la diminuzione dell’occupazione pubblica, misurata dalle Altre attività di servizi al netto delle attività svolte da familiari e conviventi, risulta di entità più contenuta (-0,7), costituendo comunque la prima variazione negativa dopo quella del triennio 1992-93. Ciò è dovuto a un rallentamento registrato dall’occupazione nei comparti della sanità e degli altri servizi pubblici, a fronte della tendenza ormai consolidata alla riduzione di personale nei servizi generali della pubblica amministrazione e a quella, più recente, nell’istruzione. Nel 2010 l’occupazione in questi ultimi due settori di attività è diminuita, rispettivamente, di 9 e 23mila (15 e 55mila unità nell’ultimo triennio). Se si considerano le Unità di lavoro dipendente, il quadro cambia lievemente. La contrazione complessiva è in linea con quella misurata dal numero fisico degli occupati, mentre differente è la prospettiva temporale. Il processo di riduzione delle unità di lavoro dipendente nella PA prosegue infatti dal 2008 ed episodi di diminuzione si sono osservati, oltre che nel sopra ricordato triennio, nel 1994, nel 1998 e nel 2003.

Con riferimento alla spesa in conto capitale, lo scostamento maggiore si riscontra

invece per i contributi, rimasti oltre 3 miliardi al di sotto del valore indicato nella DFP, anche in questo caso rialzato rispetto alla RUEF. Per gli investimenti, la minore spesa ammonta a 1,5 miliardi.

L’ANDAMENTO DELLA SPESA PER SOTTOSETTORI

7. Se si passa all’analisi per livelli di governo, gli andamenti del 2010 appaiono

molto differenziati e di non immediata lettura (tavola 8). La riduzione dell’indebitamento netto è in larga misura realizzata all’interno del conto degli Enti di previdenza e assistenza. Per questi soggetti si registra un minor disavanzo per oltre 9 miliardi, mentre per le Amministrazioni centrali il miglioramento conseguito è inferiore a 4 miliardi. Rispetto al Pil, gli Enti di previdenza riducono il proprio indebitamento di 6 decimi di punto, esattamente il doppio di quanto realizzato dalle Amministrazioni centrali. Peggiora, invece, la posizione delle Amministrazioni locali, di 6,7 miliardi nel saldo corrente e in misura inferiore nel saldo primario (1,1 miliardi) e nel disavanzo complessivo (2,3 miliardi), data la fortissima contrazione registrata dalle spese in conto capitale.

Tavola 8 ANDAMENTO DEI SALDI DI BILANCIO PER LIVELLI DI AMMINISTRAZIONE NEL 2010

Variazioni assolute (milioni di euro) Variazioni in quota di Pil

Amministrazioni centrali

Amministrazioni locali

Enti previdenza e

assistenza

Amministrazioni centrali

Amministrazioni locali

Enti previdenza e

assistenza

Saldo primario 4.114 -1.123 9.190 0,3 -0,2 0,6

Saldo corrente 8.635 -6.722 8.152 0,4 -0,7 0,5

Indebitamento netto 3.757 -2.375 9.148 0,3 -0,2 0,6

Il dettaglio delle dinamiche di spesa, riportato nella tavola 9, non dà interamente

conto delle diverse evoluzioni dell’indebitamento per livelli di governo.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

32 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 9 ANDAMENTO DELLE SPESE PER LIVELLI DI AMMINISTRAZIONE NEL 2010

Variazioni assolute Variazioni % 2010/2009

Amministrazioni

centrali Amministrazioni

locali

Enti previdenza e

assistenza Amministrazioni

centrali Amministrazioni

locali

Enti previdenza e

assistenza

Spese correnti 1.299 2.331 7.726 0,3 1,1 2,6

Spese correnti primarie 942 3.095 7.684 0,3 1,5 2,6

-redditi da lavoro -373 1.171 81 -0,4 1,6 2,2

-consumi intermedi -1535 2.056 311 -5,8 1,9 12,2

Spese in conto capitale -6.806 -6.994 -996 -17,1 -18,5 -82,2

-investimenti fissi lordi -760 -4.425 -996 -8,4 -15,9 -82,2

Spese totali -5.507 -4.663 6.730 -1,2 -1,9 2,3

La spesa corrente primaria resta quasi stabile nelle Amministrazioni centrali, ma

aumenta dell’1,5 per cento nelle Amministrazioni locali e del 2,6 per cento negli Enti previdenziali. Sia i redditi, sia i consumi intermedi si riducono a livello centrale - i secondi per un ammontare significativo (-5,8 per cento) - mentre aumentano al di sopra dell’1,5 per cento per le Amministrazioni locali e, nel caso dei consumi intermedi, di oltre il 12 per cento negli Enti previdenziali.

La spesa in conto capitale si riduce a tutti i livelli di governo, ma la contrazione degli investimenti è, in valore assoluto, particolarmente significativa per le Amministrazioni locali (4,4 miliardi a fronte dei 760 milioni di riduzione riscontra per il livello centrale). Percentualmente, la diminuzione più consistente è quella degli Enti previdenziali (-82,2 per cento).

Nell’aggregato, le spese totali si riducono nelle Amministrazioni centrali e locali di 2,2 e 4,6 miliardi (rispettivamente –0,5 e –1,9 per cento), mentre aumentano negli Enti di previdenza di 6,7 miliardi (+2,3 per cento).

Al fine di verificare se le spese si siano o meno mosse in linea con gli obiettivi, le tabelle 10-12 confrontano, per livello di governo, gli andamenti fin qui richiamati con i valori programmatici della DFP. Si osserva come la riduzione della spesa totale delle Amministrazioni centrali e locali non fosse prevista e come essa abbia avuto determinanti diverse. Nelle Amministrazioni centrali sono stati realizzati risparmi inattesi nella spesa per redditi, mentre nelle Amministrazioni locali si è avuto un minore incremento della spesa sia per redditi, sia per consumi intermedi. La spesa in conto capitale si contrae più del previsto in entrambi i livelli di governo, ma solo per le Amministrazioni locali si registra, rispetto ai valori programmatici, una maggiore flessione degli investimenti fissi lordi (-15,9 invece che -4,7). Le dinamiche relative agli Enti previdenziali hanno invece sostanzialmente rispettato gli obiettivi, con l’eccezione dei consumi intermedi, per i quali è però intervenuta una sostanziosa revisione del dato 2009.

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 33 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 10

LE SPESE NEL CONTO ECONOMICO DELLE AMMINISTRAZIONI CENTRALI: OBIETTIVI E CONSUNTIVI (*) (milioni di euro)

DFP settembre 2010 Consuntivo Istat marzo 2011

2009 2010 Var % 2009 2010 Var % Redditi da lavoro dipendente 96.263 98.088 1,9 95.603 95.230 -0,4Consumi intermedi 27.011 25.478 -5,7 26.663 25.128 -5,8

Totale spese correnti netto interessi (°) 353.255 368.625 4,4 352.967 357.225 1,2Totale spese correnti 420.601 436.578 3,8 420.159 424.774 1,1 Totale spese in c/capitale 40.532 36.465 -10,0 39.710 32.904 -17,1Investimenti fissi lordi 8.809 7.631 -13,4 9.050 8.290 -8,4

Totale spese complessive netto interessi 393.787 405.090 2,9 392.677 390.129 -0,6Totale spese complessive 461.133 473.043 2,6 459.869 457.678 -0,5(*) Al netto dei riversamenti per entrate in eccesso da parte delle Regioni

Tavola 11

LE SPESE NEL CONTO ECONOMICO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI: OBIETTIVI E CONSUNTIVI (*) (milioni di euro)

DFP settembre 2010 Consuntivo Istat marzo 2011

2009 2010 Var % 2009 2010 Var % Redditi da lavoro dipendente 71.720 73.228 2,1 71.763 72.934 1,6Consumi intermedi 107.259 111.078 3,6 106.958 109.014 1,9Totale spese correnti netto interessi 207.765 215.642 3,8 207.348 210.443 1,5 Totale spese correnti 212.406 220.454 3,8 211.208 213.539 1,1 Totale spese in c/capitale 36.589 35.456 -3,1 37.834 30.840 -18,5Investimenti fissi lordi 26.996 25.717 -4,7 27.798 23.373 -15,9 Totale spese complessive netto interessi 244.354 252.107 3,2 245.182 241.283 -1,6Totale spese complessive 248.995 256.919 3,2 249.042 244.379 -1,9(*) al netto dei riversamenti a favore dello Stato per entrate in eccesso percepite negli anni precedenti

Tavola 12

LE SPESE NEL CONTO ECONOMICO DEGLI ENTI DI PREVIDENZA E ASSISTENZA: OBIETTIVI E CONSUNTIVI (milioni di euro)

DFP settembre 2010 Consuntivo Istat marzo 2011

2009 2010 Var % 2009 2010 Var % Redditi da lavoro dipendente 3.595 3.648 1,5 3.660 3.741 2,2Consumi intermedi 2.929 2.972 1,5 2.556 2.867 12,2Totale spese correnti netto interessi 296.883 304.539 2,6 297.046 304.730 2,6 Totale spese correnti 297.075 304.733 2,6 297.293 305.019 2,6 Totale spese in c/capitale 1.235 100 -91,9 1.212 216 -82,2Investimenti fissi lordi 1.235 100 -91,9 1.212 216 -82,2 Totale spese complessive netto interessi 298.118 304.639 2,2 298.258 304.946 2,2Totale spese complessive 298.310 304.833 2,2 298.505 305.235 2,3

La sola dinamica di spesa, se considerata nel suo aggregato e nel confronto con gli

obiettivi, non spiega quindi né l’aumento dell’indebitamento delle Amministrazioni locali né il minor disavanzo degli Enti di previdenza. Movimenti più che compensativi si sono evidentemente registrati dal lato delle entrate.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

34 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Si deve, al riguardo, rilevare come i conti dei singoli livelli di amministrazione siano stati influenzati da un andamento delle entrate diverso da quello atteso. Le quantificazioni del DEF segnalano scostamenti contenuti rispetto alle previsioni, con un maggior gettito di 1,7 miliardi per lo Stato e minori entrate per 600 milioni per gli Enti territoriali. Nelle attuali condizioni di finanza derivata, la variabile significativa per la valutazione degli strumenti di coordinamento della finanza pubblica è tuttavia rappresentata dai trasferimenti, attraverso i quali viene finanziata l’attività delle amministrazioni locali. Per questa voce le differenze rispetto agli obiettivi sono invece consistenti.

La tavola 13 evidenzia la forte compressione dei trasferimenti ricevuti dagli enti locali, sia nel confronto con il 2009 (-5,9 per cento), sia in relazione alle precedenti quantificazioni programmatiche (oltre 10 miliardi). Il vincolo di cassa così determinatosi si è riflesso nella compressione delle spese.

Tavola 13

ENTRATE DA TRASFERIMENTI FRA AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE: CONFRONTO FRA RISULTATI E PREVISIONI (milioni di euro)

DFP settembre 2010 Consuntivo Istat marzo 2011

2009 2010 Var % 2009 2010 Var %

Amministrazioni centrali 7.401 7.139 -3,5 7.589 6.217 -18,1

trasferimenti correnti 7.401 7.139 -3,5 7.589 6.217 -18,1

trasferimenti in c/c 0 0 - 0 0 -

Amministrazioni locali 118.681 121.877 2,7 118.864 111.823 -5,9

trasferimenti correnti 106.095 109.298 3,0 106.248 99.244 -6,6

trasferimenti in c/c 12.586 12.579 -0,1 12.616 12.579 -0,3

Enti di previdenza 82.611 96.224 16,5 82.593 97.475 18,0

trasferimenti correnti 82.611 96.224 16,5 82.593 97.475 18,0

trasferimenti in c/c 0 0 0,0 0 0 -

Il risultato di questa compressione di trasferimenti è che le Amministrazioni locali

hanno conseguito, nel 2010, gli obiettivi di indebitamento loro assegnati, ma attraverso un percorso diverso da quello programmato. Le dinamiche della spesa sono state infatti contenute al di sotto dei valori iscritti nei documenti di programmazione, compensando il tal modo il ridimensionamento delle risorse trasferite. L’emergere di restrizioni di cassa si è riflessa soprattutto sulla spesa in conto capitale, che ha registrato la riduzione più consistente. In sostanza, l’equilibrio di bilancio è stato raggiunto in corrispondenza di una dimensione di bilancio inferiore a quella prevista in sede di fissazione degli obiettivi. Un risultato che, presumibilmente, determina forti difficoltà di funzionamento alle amministrazioni decentrate.

L’analisi svolta in questa prima parte del Rapporto evidenzia peraltro come la riduzione della spesa sia, a fronte della perdita permanente di prodotto derivata dalla grande recessione e in assenza di efficaci strategie di rilancio della crescita, una scelta obbligata per la conservazione degli equilibri di bilancio. A tal fine, si dovrà operare affinché la riduzione assoluta della spesa, conseguita per la prima volta nel 2010, non rimanga episodio isolato, ma funga da innesco per una tendenza futura che riporti il

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I. ANDAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL 2010

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 35 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

livello delle uscite in linea con la più bassa dimensione del prodotto. La pressione esercitata sui bilanci delle amministrazioni locali sembra, pertanto,

destinata ad approfondirsi nei prossimi anni, come d’altronde già esplicitato nella manovra correttiva varata col DL 78/2010. I riflessi che i vincoli di liquidità hanno già manifestato sulla spesa in conto capitale evidenziano, tuttavia, come il riequilibrio del bilancio pubblico possa determinare risultati indesiderati e, in linea di principio, tali da nuocere alle prospettive di sviluppo.

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 37 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

LA NUOVA GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

LA RIFORMA DELLA GOVERNANCE E GLI EFFETTI SULLA

FINANZA PUBBLICA ITALIANA DISAVANZO E DEBITO PUBBLICO: UNO SGUARDO

RETROSPETTIVO VERSO UNA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO CONCLUSIONI RIQUADRO: IL SEMESTRE EUROPEO E LE MODIFICHE ALLA LEGGE DI CONTABILITÀ E FINANZA PUBBLICA RIQUADRO: VERSO UN NUOVO QUADRO NORMATIVO DI GOVERNANCE EUROPEA RIQUADRO: LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 39 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

LA RIFORMA DELLA GOVERNANCE E GLI EFFETTI SULLA FINANZA PUBBLICA

ITALIANA 1. Nell’agosto del 2007 ha preso avvio una gravissima crisi finanziaria, che si è

velocemente tramutata nella più severa crisi economica di questo dopoguerra. La crisi ha messo in evidenza alcune gravi debolezze nella costruzione europea, e

più in particolare nella costruzione della moneta unica. Sul fronte delle finanze pubbliche, si è assistito a un forte e generalizzato

peggioramento dei saldi, esteso alla generalità dei paesi; in alcuni casi tanto forte da mettere a repentaglio la solvibilità di debitori sovrani.

E’ così emersa la inadeguatezza del Patto di Stabilità e Crescita, che non ha impedito questo peggioramento, e che non era stato capace di indurre i paesi dell’area a comportamenti più prudenti nella precedente fase espansiva.

E’ altresì emerso che anche paesi con conti pubblici in apparente equilibrio possono essere soggetti a forti instabilità: perché, come nel caso della Grecia, l’equilibrio dei conti pubblici era appunto solo apparente; perché, come nel caso della Irlanda, costretti a intervenire per risanare banche nazionali in crisi; perché, come in altri casi, avevano accumulato forti squilibri nei conti con l’estero, ovvero avevano conosciuto una bolla nel prezzo degli immobili destinata prima o poi a sgonfiarsi.

Nelle fasi più acute della turbolenza, è apparsa addirittura messa in discussione la sopravvivenza della moneta unica.

E’ quindi emersa con forza la questione relativa alla riforma complessiva degli strumenti di governo economico dell’Unione, e il problema di un più efficace coordinamento delle politiche nazionali.

Nel riquadro “Il semestre europeo e le modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica” sono riassunti gli interventi e le proposte che mirano a modificare tempi, metodi e procedure delle decisioni comuni; nei due riquadri successivi si descrivono le nuove regole riguardo ai nuovi contenuti che queste decisioni devono assumere perché in futuro l’Unione in quanto tale e i singoli stati che la compongono siano meno esposti al rischio della crisi.

Qui di seguito si procede a una descrizione degli effetti che le nuove regole e le nuove procedure eserciteranno sulla conduzione della finanza pubblica italiana.

Volendo proiettare lo sguardo su un tempo che si misura non con la dimensione dei trimestri e degli anni, ma con quella dei lustri e dei decenni, le proiezioni sulla finanza pubblica devono essere assunte con la necessaria cautela; variazioni anche relativamente piccole nell’andamento delle variabili rilevanti, quali il tasso di crescita o il tasso d’interesse, potranno portare a scostamenti cumulati rilevanti rispetto alle proiezioni. E tuttavia a questo esercizio non ci si può sottrarre; anche perché così come negli ultimi 15 anni il dibattito interno di politica economica è stato dominato dal come fare a rispettare i cosiddetti parametri di Maastricht, ovvero dal come fare a rientrare entro i parametri una volta che li si era sforati, non è difficile immaginare che i prossimi quindici anni saranno dominati dalla necessità di rispettare le nuove regole che l’Unione in questi mesi si sta dando.

Le novità introdotte con la riforma in corso della governance economica europea

sono numerose; molti dettagli sono ancora in fase di definizione; i testi normativi definitivi si avranno solo a giugno prossimo; come si è già osservato, e come testimonia

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

40 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

l’esperienza del vecchio Patto di stabilità e crescita, le prassi conteranno almeno quanto le norme scritte.

Per tutto ciò, in questa prima valutazione si concentra l’attenzione sulla principale modifica quantitativa introdotta nei vincoli che sono imposti alle finanze pubbliche degli stati membri: la nuova regola, assistita da apposita sanzione, secondo la quale i paesi che registrano un rapporto fra il debito pubblico e il prodotto superiore al 60 per cento dovranno ridurre lo scarto fra il dato effettivo e questo valore-soglia di un ventesimo all’anno.

Per inquadrare l’analisi, è utile ripercorrere velocemente l’andamento dei principali aggregati di finanza pubblica negli ultimi anni, per poi concentrarsi sui possibili percorsi futuri.

DISAVANZO E DEBITO PUBBLICO: UNO SGUARDO RETROSPETTIVO

2. Dopo un periodo abbastanza lungo nel quale il bilancio delle amministrazioni pubbliche italiane si era chiuso con un indebitamento dell’ordine di grandezza del 10-12 per cento del prodotto (figura 1), a partire dal 1992 - anno del Trattato di Maastricht – il deficit si riduce, con velocità diseguale ma con una direzione pressoché costante, fino al 2000, quando la finanza pubblica si avvicina – ma non raggiunge – il pareggio di bilancio. L’anno in cui si realizza il massimo aggiustamento – circa il 4 per cento del Pil - è il 1997, decisivo per consentire l’ingresso dell’Italia nella moneta unica fin dal suo primo avvio; ma a parte un piccolissimo effetto di rimbalzo nell’anno successivo, il processo di riduzione del deficit prosegue, come si è detto, fino al 2000. Da lì comincia un percorso altalenante, ma con una tendenza all’aumento del deficit che si manifesta parecchio tempo prima della crisi finanziaria (che, ricordiamolo, principia nell’agosto del 2007), tanto è vero che già nel 2005 l’indebitamento supera il 4 per cento del Pil, ben oltre il limite fissato nel trattato di Maastricht. A seguito della procedura per disavanzo eccessivo avviata in sede europea nel 2005 si intraprende una nuova fase di riequilibrio, che riporta nel 2007 l’indebitamento italiano entro i limiti di Maastricht; poi la crisi travolge tutti, non solo l’Italia, e il deficit ritorna ad aumentare; nel 2010 si ferma al 4,6 per cento del prodotto.

Figura 1

Indebitamento netto (in % del PIL)

0

2

4

6

8

10

12

14

1982

1984

1986

1988

1990

1992

1994

1996

1998

2000

2002

2004

2006

2008

2010

anni

Fonte dati: Eurostat - Istat

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 41 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Soprattutto per un paese fortemente indebitato come l’Italia, questo andamento

del saldo finale di bilancio risente fortemente dell’andamento dei tassi di interesse, andamento che è in larga misura sottratto al governo delle autorità nazionali. Ecco perché è il caso di concentrare l’attenzione sull’andamento del saldo primario (Figura 2), che esclude dal computo la spesa per interessi. Diviene allora evidente che già negli anni precedenti il 1992, per evitare che il livello degli interessi portasse la finanza pubblica italiana del tutto fuori da ogni controllo, la politica di bilancio era stata costretta a imboccare un sentiero restrittivo, e il saldo primario aveva cominciato a migliorare già a partire dal 1989. E’ altresì evidente che lo sforzo di risanamento delle finanze pubbliche italiane ha conosciuto il suo impegno massimo nel 1997, quando il saldo primario ha superato il 6 per cento del Pil; dopo di allora l’andamento dell’indebitamento che si è prima descritto è tutto determinato da una riduzione nel peso degli interessi, effetto congiunto del calo generalizzato dei tassi di mercato e del calo dello spread che l’Italia è chiamata a pagare a causa di una maggiore rischiosità dei propri titoli percepita dal mercato. Infatti a partire dal 1997 il saldo primario si riduce progressivamente fino ad approssimare lo zero nel 2005; il tentativo di ricostruire un margine positivo viene poi bruscamente interrotto dalla crisi, che incide sostanzialmente sulle entrate; e nel 2009 si ritorna al saldo negativo mai più toccato dai primi anni ’90. Nel 2010 il saldo torna prossimo a zero.

Figura 2

Saldo primario (in % sul PIL)

-6

-4

-2

0

2

4

6

8

1982

1984

1986

1988

1990

1992

1994

1996

1998

2000

2002

2004

2006

2008

2010

anni

Fonte dati: Eurostat - Istat

Il rapporto fra debito pubblico e prodotto (figura 3) è conseguenza di questi

andamenti (nonché degli scarti – in alcuni anni notevoli – fra indebitamento e fabbisogno). Il rapporto peggiora fino al 1994 compreso, quando raggiunge il suo valore record, superiore al 120 per cento; declina fino al 2007, quando si approssima, senza raggiungerlo, al 100 per cento; aumenta di nuovo e velocemente negli anni della crisi, fino a ritornare nel 2010 su valori prossimi a quello record del 1994; cioè su valori pressoché doppi di quel 60 per cento fissato come limite massimo nelle regole europee.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

42 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Figura 3

Debito pubblico italiano in % sul Pil dal 1982 al 2010

40,050,060,070,080,090,0

100,0110,0120,0130,0

1982

1986

1990

1994

1998

2002

2006

2010

anni

Dp/

Pil Italia

Media Area EuroMedia UE

Fonte dati: Eurostat - Istat

VERSO UNA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

Si è già ricordato come la nuova “regola” europea preveda che i Paesi nei quali il debito pubblico eccede il 60 per cento del prodotto debbano ridurre questo scarto di almeno un ventesimo all’anno. Di qui la necessità di comprendere quale effetto questo nuovo vincolo produrrà sulla conduzione della finanza pubblica italiana.

E’ noto che l’evoluzione del rapporto fra debito e prodotto dipende – oltre che dal saldo primario – dal livello del tasso d’interesse e dal livello del tasso di crescita del prodotto.

Nell’esercizio che segue si partirà dai dati di consuntivo relativi al 2010; fino al 2014 compreso si assumeranno come conseguiti i risultati previsti dal DEF nello scenario programmatico; per il periodo successivo si proietteranno in avanti le ipotesi di scenario formulate nel DEF.

Sul periodo 2010-2014 merita soffermarsi un momento (tavola 1). Nel 2010 il rapporto fra indebitamento e prodotto è stato pari al 4,6 per cento. Nello scenario programmatico del DEF questo rapporto raggiungerà nel 2014 lo 0,2 per cento. Cioè l’Italia da qui a quattro anni dovrà conseguire nella gestione delle finanze pubbliche un inusitato pareggio. L’aggiustamento necessario per conseguire questo obiettivo è pari a 4,4 punti percentuali: quanto a 1,9 punti è previsto venga realizzato entro il 2012, senza misure di correzione aggiuntive ma sulla base della legislazione vigente (che incorpora gli effetti della manovra finanziaria varata nel 2010); quanto ai 2,5 punti residui – da conseguire nel biennio 2013-2014, il risultato è affidato a misure che dovranno essere decise. Questo risultato dovrà essere conseguito in un contesto di crescita contenuta, stimata nella media del 2011-2014 nell’1,4 per cento annuo; e in un contesto di tassi di interesse in salita; tant’è vero che, per raggiungere il risultato descritto in termini di indebitamento, sarà necessario un aggiustamento ancora più consistente del saldo primario, pari fra il 2010 e il 2014 a 5,3 punti percentuali.

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 43 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 1

ALCUNE PRINCIPALI GRANDEZZE MACROECONOMICHE E DI FINANZA PUBBLICA NEL DEF DEF per gli anni 2012-2014

2011 2012 2013 2014

Crescita Pil reale 1,1 1,3 1,5 1,6 Debito Pubblico/ Pil (tendenziale) 120,0 119,4 118,1 116,3 Debito Pubblico/Pil (programmatico) 120,0 119,4 116,9 112,8 Indebitamento/Pil (tendenziale) -3,9 -2,7 -2,7 -2,6 Indebitamento/Pil (programmatico) -3,9 -2,7 -1,5 -0,2 Saldo Primario/Pil (tendenziale) 0,9 2,4 2,7 2,9 Saldo Primario/Pil (programmatico) 0,9 2,4 3,9 5,2 Tasso d’interesse a breve 1,6 3,2 4,2 4,6 Tasso d’interesse a lungo 5,0 5,3 5,7 6,0

La simulazione che qui si conduce presuppone quindi il raggiungimento entro il

2014 di un risultato nella gestione della finanza pubblica finanziaria molto impegnativo; per disporre di un utile termine di paragone, più avanti si confronterà il percorso disegnato da qui in avanti con quello seguito al momento dell’ingresso dell’Italia nella moneta comune europea.

Dunque il rapporto fra il debito e il Pil fino al 2014 compreso seguirebbe i valori indicati nel quadro programmatico del DEF, da allora dovrebbe ridurre di un ventesimo all’anno il suo scarto rispetto al valore soglia del 60 per cento (figura 4); scendendo così nel periodo 2015-2034 da 113 a 79 per cento.

Figura 4

Proiezione della riduzione del rapporto debito/Pil dal 2015

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

140,00

2010

2012

2014

2016

2018

2020

2022

2024

2026

2028

2030

2032

2034

Deb

ito/P

il

Riduzione di 1/20 l'anno

Fonte: Elaborazione Corte dei conti su fonte dati DEF 2012-2014

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

44 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Le implicazioni di questa discesa obbligata del rapporto fra il debito e prodotto sull’indebitamento netto (ed a cascata sul saldo primario, sull’andamento della spesa e sulla pressione fiscale) dipendono dall’andamento del tasso di crescita del Pil e dalla dinamica del costo del debito.

Quanto al tasso di crescita, verranno proiettate in avanti entrambe le ipotesi formulate nel DEF, sia quella di crescita alta (2,1 per cento all’anno), sia quella di crescita bassa (1,1 per cento). Per un utile confronto, si abbia presente che il medesimo DEF nello scenario di base ipotizza un tasso di crescita del Pil nell’anno terminale del periodo di programmazione, il 2014, pari all’1,6 per cento (che sconta l’effetto economico della manovra); e che le stesse previsioni di crescita formulate dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale per l’economia italiana e relative ai prossimi anni ipotizzano tassi di crescita del prodotto (1,3–1,4 per cento) intermedi fra le due ipotesi prime descritte, anche se più prossimi alla ipotesi di crescita bassa.

Quanto al tasso d’interesse, si proietterà in avanti il costo medio del debito (4,9 per cento) implicito nello scenario programmatico del DEF per il 2014, mantenendolo costante per tutto l’arco della previsione.

L’ipotesi merita un qualche approfondimento. In una visione di lungo periodo, un’ipotesi il più possibile “neutrale” dovrebbe assumere un tasso d’interesse pari al tasso di crescita dell’economia. Invece l’ipotesi qui assunta ipotizza un tasso d’interesse che, con un tasso d’inflazione annuo pari al 2 per cento, è maggiore del tasso di crescita dell’economia dello 0,8 per cento nello scenario di crescita alta e dell’1,8 per cento nello scenario di crescita bassa.

Tuttavia si ritiene utile confermare l’ipotesi appena descritta. Anzitutto perché l’Italia partecipa a un’area che ha una moneta comune, e quindi ha un unico tasso d’interesse “free risk”; assumere a livello di area dell’euro l’ipotesi neutrale di un tasso d’interesse eguale al tasso di crescita dell’economia comporta assumere per l’Italia – che ha un tasso di crescita dell’economia minore della media dell’area dell’euro – uno scarto positivo fra tasso d’interesse e tasso di crescita. Inoltre l’ipotesi qui rilevante non riguarda il tasso “free risk”, bensì il costo medio del debito, Ed è un fatto che negli ultimi lustri l’Italia ha sempre pagato sul proprio debito un tasso d’interesse che incorporava un premio per il rischio, di entità variabile ma sempre positivo. Anche per questa via sembra ragionevole ipotizzare quindi un costo medio del debito pubblico italiano negli anni a venire superiore al tasso di crescita dell’economia nazionale.

Sulla base di questi assunti, è possibile calcolare il livello del saldo primario e il livello dell’indebitamento compatibili con il rispetto del nuovo vincolo relativo alla graduale riduzione del rapporto fra debito e prodotto.

Quanto al saldo primario (figura 5), una volta inerpicatosi da qui al 2014 fino al 5,2 per cento del Pil, come previsto dal DEF, potrebbe sì scendere, ma solo molto lentamente, mantenendosi in area positiva per tutto il periodo esaminato, e potendo calare sotto il 3 per cento solo nel 2019 nell’ipotesi di crescita elevata e addirittura nel 2028 nell’ipotesi di crescita bassa.

Quanto all’indebitamento netto complessivo (figura 6), anch’esso – dopo la ripidissima correzione verso il pareggio di bilancio previsto dal DEF nel 2014 - potrebbe peggiorare, anche se ancora più lentamente di quanto potrà fare il saldo primario, mantenendosi comunque sempre – anche nel caso di crescita sostenuta - ben inferiore a quel deficit massimo del 3 per cento del prodotto fissato a Maastricht.

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 45 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Figura 5

Simulazione avanzo primario 2011-2034 (dal 2011 al 2014 stima DEF)

-1,0%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

2010 2014 2018 2022 2026 2030 2034

Crescita del Pil = 2,1% Crescita del Pil = 1,1%

Figura 6

Simulazione indebitamento netto 2011- 2034

-5,0%

-4,5%

-4,0%

-3,5%

-3,0%

-2,5%

-2,0%

-1,5%

-1,0%

-0,5%

0,0%

2010 2014 2018 2022 2026 2030 2034

Crescita del Pil = 2,1%

Crescita del Pil = 1,1%

Fonte: Elaborazione Corte dei conti su fonte dati DEF 2012-2014

Non vi è dubbio sul fatto che si tratti di un percorso severo. Occorre inoltre

considerare che il nostro Paese si è impegnato a raggiungere il “sostanziale” pareggio di bilancio entro il 2014. Che le nuove regole europee prevedono una conduzione delle finanze pubbliche “incentrata sulla convergenza verso l’obiettivo di medio termine del pareggio di bilancio”. E che – come già accennato – il Governo si è impegnato nel DEF a presentare un progetto di riforma dell’art. 81 della nostra Carta fondamentale che dovrebbe andare, con quanta cogenza lo si potrà giudicare solo sulla base del testo proposto, nella direzione di costituzionalizzare il pareggio di bilancio. Nell’esercizio qui presentato – e rappresentato nelle due figure precedenti – appare evidente come il nuovo

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

46 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

vincolo relativo alla riduzione progressiva del rapporto fra debito e Pil sia sì più stringente del vecchio vincolo di Maastricht, relativo a un rapporto massimo fra indebitamento e prodotto inferiore al 3 per cento, ma sia in generale meno stringente di un vincolo che renda permanente l’obiettivo di pareggio del bilancio1; il vincolo relativo alla riduzione del debito diverrebbe più stringente del vincolo di pareggio di bilancio solo in ipotesi estremamente negative riguardo l’evoluzione del tasso di crescita dell’economia italiana negli anni a venire, inferiore alla soglia (1,1 per cento) minore fissata nel nostro esercizio, che è ricalcata sullo scenario qualificato di crescita bassa nel DEF.

Ciò chiarito, per dare un giudizio almeno comparativo riguardo la severità del percorso qui delineato, è utile produrre un confronto con lo sforzo che il nostro Paese fu chiamato a fare per essere ammesso nella moneta unica fin dal suo avvio.

A questo scopo sono stati sovrapposti l’andamento del saldo primario dal 1993 ad oggi e l’andamento futuro, risultante dagli obiettivi inseriti nel DEF fino al 2014 e dal rispetto del vincolo relativo alla riduzione del debito dal 2015 in avanti. Il confronto è stato compiuto con riferimento sia allo scenario di alta crescita (figura 7), sia allo scenario di crescita bassa (figura 8).

Anche in questa prospettiva comparata rispetto al passato, emerge come lo sforzo di risanamento richiesto alle nostre finanze pubbliche nell’immediato futuro comporti un rilevantissimo impegno: l’aggiustamento del saldo primario programmato fra oggi e il 2014 è infatti della stessa dimensione della correzione che il Paese dovette compiere fra il 1994 e il 1997. Con la differenza che allora, compiuto lo sforzo, vi fu un allentamento delle condizioni di finanza pubblica, che condusse, con una ripida discesa, al sostanziale azzeramento del saldo primario. Le nuove regole europee renderanno invece un allentamento simile impossibile, anche una volta che si fosse pienamente realizzato il severo percorso di risanamento previsto fino al 2014. Infatti, come si è già osservato (e come risulta dalle figure 7 e 8), il saldo primario dopo il 2014 potrà sì calare, ma mantenendosi da qui al 2027 superiore al 2 per cento del prodotto nello scenario più favorevole di crescita sostenuta, e superiore al 3 per cento nello scenario di crescita più bassa.

Figura 7 Andamento saldo primario - confronto tra il 1993-2010 e il 2011-2028 per alta crescita

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

% s

ul P

il

Saldo primario1993 - 2010

Saldo primario2011 - 2028

2011 2015 2019 2023 2027

1993 1997 2001 2005 2009

Fonte: elaborazione Corte dei conti su fonte dati DEF 2012-2014

1 A conclusioni analoghe giungeva la Banca d’Italia in un esercizio condotto a partire dal quadro dei conti definito nella Decisione di Finanza Pubblica (DFP) per il 2010-2013 e presentato dal Vice Direttore Generale Ignazio Visco in una audizione presso le Commissioni riunite V e XIV di Camera e Senato il 10 aprile 2010.

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 47 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Figura 8 Andamento saldo primario - confronto tra il 1993-2010 e il 2011-2028 per bassa crescita

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0%

sul

Pil

Saldo primario1993 - 2010

Saldo primario2011 - 2028

2011 2015 2019 2023 2027

1993 1997 2001 2005 2009

Fonte: Elaborazione Corte dei conti su Fonte dati DEF 2012-2014

Occorre ora tentare di comprendere quali implicazioni questo percorso abbia

sull’andamento futuro delle entrate e delle spese, tenendo conto che – come si è accennato nel riquadro che descrive le proposte legislative della Commissione Europea – sembra ormai definito un ulteriore vincolo che imporrà ai Paesi che devono condurre aggiustamenti di finanza pubblica di contenere la dinamica della spesa primaria entro il tasso di crescita di lungo periodo del Pil.

Si è quindi calcolato – sia nella ipotesi di crescita alta (tavola 2a), sia nella ipotesi di crescita bassa (tavola 2b) – quale sia il volume delle entrate totali in rapporto al Pil necessario per rispettare il vincolo di riduzione del debito. Come sempre, i dati relativi al 2010 sono quelli di consuntivo, i dati fino al 2014 sono quelli previsti nello scenario programmatico del DEF; dopo di allora si ipotizza una crescita della spesa primaria eguale alla crescita del Pil (rispettivamente nello scenario di crescita alta e bassa 2,1 e 1,1 per cento annuo), ovvero una spesa primaria costante in valore reale.

Nello scenario di crescita alta, le conseguenze sulle entrate del nuovo vincolo di riduzione del debito sono le seguenti:

- con crescita della spesa primaria eguale alla crescita del prodotto (il che equivale a dire con spesa primaria in rapporto al prodotto costante), le entrate in rapporto al prodotto dovranno aumentare nel 2015; poi potranno scendere ma molto lentamente; a distanza di dieci anni il margine complessivo per una riduzione delle entrate sarebbe pari ad appena lo 0,5 per cento del Pil;

- con una spesa primaria costante in termini reali nell’intero periodo, le entrate potrebbero diminuire lievemente in rapporto al prodotto già dal 2015; nell’arco di 10 anni le entrate potrebbero diminuire di un più consistente 1,4 per cento del Pil.

Nello scenario di crescita del Pil bassa, le cose si fanno più difficili: - con crescita della spesa primaria eguale alla crescita del prodotto (in questo

scenario l’1,1 per cento all’anno) per rispettare l’obiettivo di riduzione del debito nel 2015 le entrate dovrebbero aumentare drasticamente; potrebbero poi diminuire lentamente, ma ancora nel 2024 dovrebbero restare sopra il livello del 2014 (e anche del 2010);

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

48 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

- anche con un tasso di crescita della spesa primaria pari a zero, nel 2015 le entrate dovrebbero aumentare; poi potrebbe scendere lentamente, ritornando nel 2024 su un livello molto prossimo a quello del 2014.

Tabella 2a IPOTESI DI CRESCITA DEL PIL DEL 2,1 PER CENTO DAL 2015

ENTRATE NECESSARIE PER RISPETTARE IL VINCOLO DI RIDUZIONE DEL DEBITO

Crescita reale spesa primaria Entrate totali/Pil

2010 2014 2015 2018 2021 2024

2,1% 46,6 46,4 47,0 46,6 46,2 45,9

0% 46,6 46,4 46,2 45,7 45,3 45,0

Saldo primario/Pil -0,1 5,2 3,5 3,1 2,7 2,4

Debito Pubblico/Pil 119,0 112,8 110,2 103,0 96,9 91,6

Tabella 2b IPOTESI DI CRESCITA DEL PIL DEL 1,1 PER CENTO DAL 2015

ENTRATE NECESSARIE PER RISPETTARE IL VINCOLO DI RIDUZIONE DEL DEBITO

Crescita reale spesa primaria Entrate totali/Pil

2010 2014 2015 2018 2021 2024

1,1% 46,6 46,4 48,1 47,6 47,2 46,8

0% 46,6 46,4 47,7 47,2 46,7 46,3

Saldo primario/Pil -0,1 5,2 4,6 4,1 3,7 3,3

Debito Pubblico/Pil 119,0 112,8 110,2 103,0 96,9 91,6

CONCLUSIONI

4. Una valutazione preliminare intorno agli effetti delle nuove regole europee, in particolare di quella relativa alla progressiva riduzione del debito pubblico, conduce in conclusione a mettere in evidenza quanto sia impervio il percorso al quale la finanza pubblica italiana è chiamata nei prossimi anni. Già di per sé la traiettoria fissata nel DEF da qui al 2014, che ci dovrà condurre al pareggio di bilancio, è paragonabile per la dimensione dell’aggiustamento a quanto si dovette fare alla metà degli anni ’90 per poter essere ammessi nella moneta unica fin dal suo avvio. Ma, mentre dopo il 1997 si resero possibili politiche meno severe, le nuove regole europee impediranno che ciò possa avvenire dopo il 2014. Ancora per molti anni la finanza pubblica sarà costretta a mantenere un avanzo primario consistente.

Fra le altre cose, le nuove regole europee imporranno agli stati membri costretti ad aggiustare le finanze pubbliche di contenere la spesa primaria entro il limite del tasso di crescita di lungo periodo della loro economia. Questo limite è particolarmente severo per l’Italia, la cui crescita economica prevista è particolarmente bassa.

Tuttavia, neanche rispettare questo severo limite alla dinamica della spesa primaria sarebbe sufficiente per consentire quella riduzione della pressione fiscale e

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 49 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

contributiva che da molte parti è considerata necessaria al fine di rilanciare la crescita economica.

Anche nella ipotesi macroeconomica più favorevole fra quelle considerate nel DEF, e anche con una crescita zero della spesa primaria in termini reali, da qui al 2025 si aprirebbe uno spazio per la riduzione della pressione fiscale pari ad appena 1,5 punti di Pil; forse troppo poco per esercitare un effetto sensibile sul rilancio della crescita economica.

Così il sentiero si va facendo molto stretto. Il rispetto più probabile e più agevole dei nuovi vincoli richiede una crescita economica più sostenuta di quella prevedibile; è difficile ipotizzare questa accelerazione della crescita senza una riduzione sensibile della pressione fiscale e contributiva; ma affinché questa riduzione possa avvenire nel rispetto dei nuovi vincoli europei (e senza innalzare il tasso d’interesse che il mercato richiede per finanziare un debito pubblico tanto grande) non è sufficiente che la spesa primaria rimanga costante in rapporto al prodotto, e neanche che rimanga costante in termini reali, ma è addirittura necessario che si riduca in termini reali rispetto al livello già compresso previsto nel DEF per il 2014.

Ciò vuol dire che non sarà sufficiente limare al margine la spesa pubblica, ma bisognerà, di nuovo, ridefinire i confini e i meccanismi dell’intervento pubblico in economia.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

50 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Riquadro - Il semestre europeo e le modifiche alla legge di contabilità e finanza

pubblica Al fine di introdurre un meccanismo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali, con la propria decisione del 7 settembre 2010 il Consiglio ECOFIN ha istituzionalizzato, a partire dal 2011, il cosiddetto “semestre europeo”, apportando alcune modifiche al Codice di condotta sull’attuazione del Patto di stabilità e crescita. Si tratta di una armonizzazione dei tempi e in parte anche dei modi della programmazione economico-finanziaria, concentrata nella prima metà dell’anno, in modo tale che i Governi nazionali abbiano già ottenuto una valutazione preventiva ed eventuali indirizzi in sede europea prima ancora della presentazione ai rispettivi Parlamenti delle proprie proposte di bilancio. In particolare, la nuova procedura di sorveglianza multilaterale delle politiche nazionali si articola nelle seguenti fasi: - Gennaio: la Commissione europea presenta il proprio Rapporto Annuale sulla Crescita; - Febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio cui gli Stati membri sono chiamati ad attenersi; - Aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo; - Giugno: sulla base delle linee guida, visti i PNR e i PSC, la Commissione europea elabora le proprie raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri; - Luglio: il Consiglio ECOFIN approva le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;- Seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nel Rapporto Annuale sulla Crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse. L’istituzione del semestre europeo ha comportato una modifica nel ciclo di programmazione italiano, che era appena stato riformato con la legge 196 del 2009; il Parlamento ha celermente provveduto approvando la legge 7 aprile 2011 n. 39, recante “Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n.196, conseguenti alle nuove regole adottate dall’U.E. in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri”. Le principali modifiche appena introdotte possono essere così sintetizzate: - esplicito richiamo alla necessaria coerenza degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale – al cui perseguimento devono concorrere tutte le amministrazioni pubbliche – con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione europea (art. 1, comma 1 della L. 39/2011); - soppressione della Relazione sull’economia e la finanza pubblica che, secondo il testo della legge di contabilità, andava presentato entro il 15 aprile; - presentazione entro il 10 aprile di ciascun anno del Documento di economia e finanza (DEF), che si compone di tre sezioni: la prima reca lo schema del Programma di stabilità, la seconda contiene Analisi e tendenze della finanza pubblica e la terza

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 51 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

sezione il Programma nazionale di riforma; - sostituzione della Nota di aggiornamento alla Decisione di finanza pubblica con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, che dovrà essere presentata entro il 20 settembre; - modificazione in senso restrittivo della disposizione contenuta nell’art. 11, comma 6, della L. 196/2009 riguardo la utilizzabilità a fini di copertura finanziaria della legge di stabilità degli eventuali margini di miglioramento del risparmio pubblico risultanti dal bilancio di previsione a legislazione vigente rispetto all’assestamento relativo all’esercizio precedente; infatti, lì ove era prevista detta utilizzabilità ai fini della copertura sia di nuove spese sia di minori entrate, ora viene limitata solo alle minori entrate (fermo restando il vincolo, introdotto dalla l. 196/2009, secondo il quale deve comunque essere assicurato un valore positivo del risparmio pubblico); - introduzione, all’art. 17 della legge n. 196, di una nuova disposizione la quale stabilisce che “Le maggiori entrate rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente non possono essere utilizzate per la copertura finanziaria di nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate e sono finalizzate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica”; - modificazione del principio della delega legislativa per la revisione della struttura del bilancio di cui all’art. 40, comma 2, lett. h), della legge n. 196 del 2009, volta ad estendere alle spese non rimodulabili la facoltà, attualmente prevista solo per le spese rimodulabili, di fissare in linea di massima con la Decisione di economia e finanza, e di adottare poi con la legge di bilancio, limiti di spesa coerenti con la programmazione triennale delle risorse. Il nuovo ciclo di programmazione ha preso concretamente avvio il 13 aprile 2011, con la presentazione da parte del Governo del primo Documento di economia e finanza, così come ora previsto dalla legge. Occorre ricordare che uno degli obiettivi della riforma introdotta con la L. 196/2009 era stato quello di ridefinire il momento nel quale venivano presentati i quadri tendenziali per gli anni a venire, in modo tale che potessero essere basati su dati più certi relativi all’andamento delle spese, e soprattutto delle entrate, nell’anno in corso. Si erano infatti registrati significativi scostamenti fra i dati esposti nel dPEF con riferimento all’anno di volta in volta in corso e i dati di consuntivo riferiti al medesimo anno. Con la L. 39/2011 si ritorna sui propri passi, e la scadenza ora prevista per il DEF è addirittura anticipata rispetto a quella originariamente prevista per il dPEF. Non c’era alternativa: la previsione di una fase di coordinamento e di indirizzo a livello di Unione europea esige una dilatazione dei tempi del ciclo di programmazione nazionale; ed espone al rischio di disporre di quadri a legislazione vigente basati su dati di partenza approssimativi. Di tutto ciò occorrerà tener conto, sia rendendo maggiormente trasparenti ed espliciti metodi, criteri e procedure utilizzati per formulare tali quadri, sia dedicando la necessaria cura ed attenzione alla nota di aggiornamento al DEF da presentare nel settembre di ciascun anno.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

52 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Riquadro - Verso un nuovo quadro normativo di governance europea

Il vasto programma di riforma della governance europea, innescato come si è detto dalle gravi insufficienze messe in evidenza dalla crisi economica e finanziaria, ha preso formale avvio nella riunione del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2010, allorché il Consiglio dell’Unione ha dato incarico a una Task Force coordinata dal Presidente Van Rampuy di predisporre un piano di riforma nel quale fossero indicate “le misure necessarie per conseguire l’obiettivo di un quadro perfezionato di soluzione delle crisi e una migliore disciplina di bilancio, esplorando tutte le opzioni per rafforzare il quadro giuridico”. La Task Force ha presentato il proprio rapporto il 21 ottobre 2010, formulando proposte e raccomandazioni in cinque principali direzioni: - un rafforzamento del Patto di stabilità e crescita in particolare nella fase cosiddetta preventiva, cioè prima ancora che si manifesti un disavanzo eccessivo ma qualora si manifestino orientamenti e tendenze divergenti rispetto all’obiettivo; nonché la proposta di avviare la procedura sanzionatoria non solo nel caso di disavanzo eccessivo ma anche nel caso un Paese il cui debito pubblico ecceda il 60 per cento del prodotto non riduca il debito ad un ritmo soddisfacente; tutto ciò accompagnato dalla proposta di introdurre nel processo che porta alla adozione di sanzioni finanziarie nei confronti degli stati le cui finanze pubbliche divergono dagli obiettivi il cosiddetto meccanismo della “reverse majority rule”, secondo il quale le proposte di adozione delle sanzioni formulate dalla Commissione saranno considerate approvate salvo che una maggioranza qualificata le respinga; - un nuovo meccanismo di sorveglianza macroeconomica, che possa portare, nel caso di disequilibri macroecomici eccessivi e di mancata adozione da parte dello Stato membro interessato delle misure di riequilibrio indicate dal Consiglio europeo, a sanzioni simili a quelle previste dal Patto di stabilità e crescita; - un più ampio e più incisivo coordinamento delle politiche economiche, incentrato sul semestre europeo di cui si è già detto; - un più robusto meccanismo per la gestione delle crisi, capace di istituzionalizzare e rafforzare il meccanismo transitorio costituito per fronteggiare la crisi greca; - un rafforzamento delle istituzioni sia a livello nazionale che a livello dell’Unione che renda più efficace la governance economica. Nel frattempo la Commissione europea ha presentato una dettagliata ed articolata serie di proposte legislative, sulle quali si riferisce in dettaglio nell’apposito riquadro. Il complesso processo di riforma ha compiuto un passo decisivo nel Consiglio europeo del 24 e 25 marzo dell’anno in corso, allorché Capi di Stato e di Governo hanno fatto proprie le conclusioni della Task Force e della Commissione. Ha preso quindi avvio la fase di negoziazione con il Parlamento europeo che dovrà condurre, secondo l’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo, a una approvazione definitiva dei testi normativi entro il prossimo giugno. Nella stessa riunione del 24 e 25 marzo scorso, sulla base di una originaria proposta franco-tedesca avanzata nel mese di febbraio, i Capi di Stato e di Governo dell’area dell’euro hanno adottato un patto aggiuntivo – detto “Euro Plus Pact” – con il quale si sono vincolati a un più stretto coordinamento delle politiche economiche nella direzione di quattro obiettivi fondamentali: - stimolare la competitività

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 53 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

- accrescere l'occupazione - concorrere ulteriormente alla sostenibilità delle finanze pubbliche - rafforzare la stabilità finanziaria. Il Patto è aperto all’adesione degli altri Stati membri non aderenti all’Euro; allo stato delle cose hanno aderito al Patto i governi di Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. Fra le altre cose, il Patto prevede un impegno esplicito degli stati aderenti a recepire negli ordinamenti nazionali le regole fissate nel Patto di stabilità e crescita. Con il Documento di economia e finanza, nella sezione I dedicata al “Programma di stabilità dell’Italia”, il Governo si è impegnato a presentare in Parlamento “un appropriato testo di riforma costituzionale". All’insieme di misure riguardanti il coordinamento delle finanze pubbliche nazionali, una loro più attenta gestione in un’ottica di sostenibilità di lungo periodo, una maggiore attenzione verso le riforme di struttura finalizzate ad accelerare la crescita lungo le linee indicate dalla Commissione Europea nella sua comunicazione intitolata “Europa 2020”, si accompagnano le decisioni assunte sempre nel Consiglio Europeo del marzo scorso riguardo l’ampliamento delle disponibilità finanziarie del meccanismo transitorio di sostegno agli Stati membri in difficoltà denominato European Financial Stability Facility, nonché la decisione di istituzionalizzare un meccanismo permanente di gestione delle crisi chiamato European Stability Mechanism. Quest’ultimo avrà un capitale sottoscritto pari a 700 miliardi di euro, che lo metterà in grado di concedere prestiti per 500 miliardi. Il capitale effettivamente versato sarà pari a 80 miliardi, che saranno versati dagli stati membri, ciascuno nella stessa proporzione della propria partecipazione al capitale della BCE, in cinque rate annuali a partire dal 2013 (per l’Italia, quasi 3 miliardi all’anno). La parte residua del capitale sarà costituito o da garanzie o da capitale richiamabile in caso di necessità Come evidente, il processo di riforma è esteso e radicale; comporta la costruzione di nuove istituzioni; si articola su una vasta pluralità di strumenti normativi; comporta modifiche rilevanti in procedure e prassi interne agli stati membri. Sicuramente va nella direzione giusta per tentare di fronteggiare i maggiori punti di criticità emersi nel corso della crisi. Come sempre avvenuto nel caso della costruzione europea, ma si potrebbe dire come sempre avvenuto nella costruzione di ordinamenti federali, la effettiva incidenza di nuove regole, di nuovi strumenti, di nuove procedure sarà determinata più dagli equilibri che si determineranno sul campo fra i diversi, numerosi protagonisti – stati membri, commissione, consiglio, parlamenti nazionali e parlamento europeo, corte di giustizia e corti costituzionali nazionali – che non dal disegno iniziale.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

54 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Riquadro - Le proposte della Commissione Europea

La Commissione Europea ha presentato il 29 settembre 2010 un pacchetto di sei proposte legislative (cinque regolamenti e una direttiva), volte a dare attuazione alle linee di rafforzamento della governance economica già concordate dal Consiglio europeo nel giugno precedente. Le proposte concernono, in particolare, due ambiti d’intervento indicati dal Consiglio europeo: 1) la creazione di una più forte sorveglianza macroeconomica, che includa meccanismi di allerta e di sanzione, per affrontare gli squilibri di competitività e crescita; 2) l’applicazione più rigorosa del Patto di stabilità e crescita; Al primo ambito d’intervento fanno riferimento due proposte di regolamento che mirano a creare un sistema di sorveglianza macroeconomica attraverso meccanismi preventivi e correttivi, sul modello del PSC. In particolare, la proposta di regolamento sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (COM(2010)527), prevede che la Commissione proceda periodicamente ad una valutazione dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro. La valutazione si baserebbe su un numero limitato di indicatori economici per i quali dovranno essere individuate soglie di criticità. Qualora venga accertata l’esistenza o il rischio di una situazione di squilibrio, il Consiglio potrebbe rivolgere delle raccomandazioni allo Stato interessato. In caso di squilibri particolarmente gravi, tali da compromettere il corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria, potrebbe essere avviata una procedura per “situazione di squilibrio eccessivo” per cui lo Stato sottoposto a tale procedura dovrebbe presentare un piano d’azione correttivo al Consiglio, il quale fisserebbe un termine per l’adozione di misure correttive. L’altra proposta di regolamento sulle misure per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell’area dell’euro (COM(2010)525) prevede che lo Stato dell’eurozona che ometta ripetutamente di dare seguito alle raccomandazioni del Consiglio formulate nel quadro della procedura per gli squilibri eccessivi, pagherebbe un’ammenda annua pari allo 0,1 per cento del suo PIL. L’ammenda sarebbe restituita al Paese interessato qualora desse seguito alle raccomandazioni del Consiglio. Con riferimento al secondo ambito d’intervento (l’applicazione più rigorosa del Patto di stabilità e crescita), tre proposte di riforma della Commissione europea prospettano, per un verso, modificazioni ai due regolamenti vigenti relativi all’attuazione del PSC; per altro verso introducono parametri di valutazione e meccanismi di rafforzamento del Patto. La proposta di modifica del regolamento (CE) n. 1466/97 mira a rafforzare la dimensione preventiva del PSC, attraverso un controllo delle finanze pubbliche basato sul nuovo concetto di una politica di bilancio prudente, incentrata sulla convergenza verso l’obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio. A questo scopo gli Stati membri dovrebbero non soltanto impegnarsi a migliorare il proprio saldo strutturale di almeno lo 0,5 per cento del prodotto l’anno, ma anche rispettare il vincolo alla crescita della spesa, il cui tasso non dovrebbe superare il tasso di crescita di medio periodo dell’economia. In questo modo si eviterebbe che, nelle fasi favorevoli del ciclo economico, i paesi soddisfino il requisito riguardante il saldo strutturale grazie all’incremento delle entrate determinato dalla congiuntura favorevole.

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I. GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 55 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

La Commissione europea interviene inoltre nella dimensione correttiva del PSC, con la proposta di modifica del regolamento (CE) n.1467/97, che mira ad accelerare e chiarire le modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi. La proposta prevede, tra le altre cose, che l’andamento del debito sia monitorato con più rigore e trattato alla stessa stregua del disavanzo ai fini dell’adozione delle decisioni nel quadro della procedura per i disavanzi eccessivi. Secondo la proposta, gli Stati membri il cui debito supera il 60 per cento del PIL dovrebbero adottare misure per ridurlo ad un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione annua di 1/20 della differenza rispetto alla soglia del 60 per cento. La valutazione dovrebbe tuttavia tener conto di alcuni fattori di rischio, quali: tassi di crescita della ricchezza nazionale particolarmente bassi; livello d’indebitamento del settore privato; struttura del debito. Per rendere più vincolanti le prescrizioni del Patto, la Commissione prevede l’introduzione di una serie di sanzioni finanziarie progressive a carico degli Stati dell’eurozona che violino le regole della parte sia preventiva sia correttiva del Patto di stabilità e crescita. Per quanto riguarda la parte preventiva, deviazioni significative da una “politica di bilancio prudente” comporterebbero per lo Stato membro interessato l’obbligo di costituire un deposito fruttifero pari allo 0,2 per cento del PIL. Il deposito, con gli interessi maturati, verrebbe restituito una volta che il Consiglio abbia verificato che la situazione di bilancio sia stata risanata. Per quanto riguarda la parte correttiva, ai Paesi che registrano un disavanzo eccessivo si applicherebbe un deposito non fruttifero pari allo 0,2 per cento del PIL. Esso verrebbe convertito in ammenda in caso di non osservanza della raccomandazione di correggere il disavanzo eccessivo2. Infine, la proposta di direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (COM(2010)523), fissa le regole minime che dovranno essere rispettate dagli Stati membri nella raccolta, redazione e trasmissione dei dati di bilancio. In particolare, la Commissione propone di introdurre la corrispondenza tra i sistemi contabili nazionali ed il sistema ESA95 (sistema europeo dei conti nazionali e regionali), attraverso la fornitura di dati di cassa su base mensile, che verrebbero riportati nel sistema ESA su base trimestrale. In secondo luogo, la proposta impone agli Stati membri di introdurre nei propri ordinamenti regole di bilancio e parametri numerici che recepiscano i valori di riferimento previsti a livello europeo e fissino procedure di controllo, precisando gli effetti del mancato rispetto delle medesime regole da parte dei soggetti interessati. In terzo luogo, viene proposta l’introduzione di una pianificazione pluriennale (almeno triennale) del bilancio nazionale, con la indicazione di entrate e spese programmate e degli aggiustamenti richiesti per realizzare l’obiettivo di finanze pubbliche solide. Infine si prevede l’obbligo, per il quadro di finanza nazionale, di comprendere l’intero sistema di finanza pubblica, in particolare nei Paesi con assetti decentrati: l’assegnazione delle responsabilità di bilancio tra i diversi livelli di governo dovrebbe essere chiaramente definita e soggetta ad adeguate procedure di controllo.

2 Il Consiglio europeo del 24/25 marzo 2011 ha stabilito che “le sanzioni finanziarie, applicate agli Stati membri nell’ambito del patto di stabilità e crescita e delle procedure per gli squilibri macroeconomici, confluiranno nel Meccanismo europeo di stabilità (MES)”.

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Parte seconda

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 59 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

IL GOVERNO DELLE ENTRATE

L’ANDAMENTO DELLE ENTRATE TRIBUTARIE NEL 2010 GLI EFFETTI DELLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA EVOLUZIONE NELLE FONTI E NELLE MODALITÀ DI ACQUISIZIONE DELLE

ENTRATE: IL CONTRASTO ALL’EVASIONE LE POLITICHE DI CONTRASTO ALL’EVASIONE FISCALE: STIME, RISULTATI OTTENUTI ED EFFICACIA DELL’AZIONE DI CONTRASTO

L’OCCASIONE PER UN APPROFONDIMENTO: IL RUOLO DEI PROVENTI DELLA

LOTTA ALL’EVASIONE NEL MIGLIORAMENTO DEI CONTI PUBBLICI E LA

RELAZIONE AL PARLAMENTO SUI RISULTATI DELLA LOTTA ALL’EVASIONE LE DIMENSIONI DELL’EVASIONE E LA SUA EVOLUZIONE

Evasione fiscale ed economia sommersa Il rendimento dell’Iva e il VAT gap L’elasticità comparata del gettito Iva

I RISULTATI DELLA LOTTA ALL’EVASIONE: DALLE PREVISIONI DI BILANCIO AI

RISULTATI DELL’ATTIVITÀ DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA L’EFFICACIA DELL’ATTIVITÀ DI CONTRASTO

L’attività di accertamento Gli studi di settore Le sanzioni amministrative Le sanzioni penali

LA LOTTA ALL’EVASIONE NELLA PROSPETTIVA DEL FEDERALISMO FISCALE IL CONSENSO INTORNO ALLA LOTTA ALL’EVASIONE

ALTRE FONTI E MODALITÀ COMPENSATIVE DI ACQUISIZIONE DI ENTRATE L’ACCRESCIUTA EFFICIENZA DELLA RISCOSSIONE LA CRESCITA DEI PROVENTI DELLE ATTIVITÀ DI GIOCO LE ENTRATE EXTRA TRIBUTARIE L’OBIETTIVO DI RIDIMENSIONAMENTO DEL FENOMENO DELL’EROSIONE I PROVENTI DA DISMISSIONE IL PROBLEMA DEL COORDINAMENTO DELLE POLITICHE TRIBUTARIE

EMERGENTI DALLE MANOVRE FINANZIARIE E DALL’ATTUAZIONE DEL

FEDERALISMO

RIQUADRO: I TERMINI DEL FISCO RIQUADRO: EVOLUZIONE NORMATIVA DEL DIRITTO PENALE TRIBUTARIO RIQUADRO: L’EVOLUZIONE NORMATIVA NEL COINVOLGIMENTO DEI COMUNI NEL CONTRASTO ALL’EVASIONE

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

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L’ANDAMENTO DELLE ENTRATE TRIBUTARIE NEL 2010

1. I risultati del 2010 registrano un’apprezzabile ripresa delle entrate tributarie

complessive, con una chiara inversione di tendenza rispetto agli andamenti cedenti del biennio precedente. Ciononostante, restano lontane le performance pre-crisi: i livelli assoluti di gettito approssimano, appena, quelli del 2007; quelli relativi (con una pressione fiscale in discesa di mezzo punto, rispetto al 43,1 per cento del 2009) segnalano, a loro volta, una dinamica del gettito più contenuta rispetto all’evoluzione del prodotto nominale.

A determinare tali esiti concorrono diversi fattori. Intanto, il positivo andamento dell’imposizione indiretta, più tempestiva nel

registrare i legami con la base imponibile di riferimento (in particolare, l’accenno di ripresa dei consumi delle famiglie e la forte accelerazione delle importazioni, anche per effetto dell’impennata dei prezzi dei prodotti petroliferi).

Più limitato, invece, il contributo dell’imposizione diretta, in cui alla forza trainante dell’Irpef si contrappone la caduta dell’imposta sostitutiva sugli interessi (anche a seguito della riduzione dei tassi di remunerazione del risparmio).

Infine, il contributo, di segno opposto del fattore “straordinario” rappresentato dal venir meno delle entrate una tantum (riallineamento dei valori contabili per l’adozione IAS e scudo fiscale) che avevano impresso una forte spinta alle entrate in conto capitale 2009. La riduzione del fenomeno delle compensazioni d’imposta a seguito dell’entrata in vigore dal 2010 di alcune misure di controllo preventivo in materia di Iva ha ovviamente accresciuto la resa delle entrate, ma si è contabilmente tradotta in una riduzione di spesa.

Tavola 1 L'ANDAMENTO DELLE ENTRATE TRIBUTARIE

(milioni di euro) Amministrazioni pubbliche Amministrazioni centrali Amministrazioni locali

2009 2010 Variaz. 2009 2010 Variaz. 2009 2010 Variaz. importi % importi % importi % importi % importi % importi %

Entrate tributarie 441.112 100,0 445.416 100,0 0,98 348.466 100,0 350.182 100,0 0,49 92.646 100,0 95.234 100,0 2,79

Imposte dirette 222.857 50,5 225.494 50,6 1,18 193.246 55,5 194.414 55,5 0,60 29.611 32,0 31.080 32,6 4,96

Imposte indirette 206.000 46,7 216.530 48,6 5,11 142.993 41,0 152.400 43,5 6,58 63.007 68,0 64.130 67,3 1,78Imposte in conto capitale 12.255 2,8 3.392 0,8 -72,32 12.227 3,5 3.368 1,0 -72,45 28 0,0 24 0,0 -14,29

Pressione fiscale (*) 43,1 42,6 23,1 22,7 6,2 6,2

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati DEF - Analisi e tendenze della finanza pubblica. (*) in % Pil. La pressione fiscale del complesso delle Amministrazioni pubbliche comprende anche i contributi sociali.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

62 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

In attesa del federalismo fiscale ed invertendo la tendenza affermatasi l’anno scorso, il 2010 segnala un significativo aumento del gettito tributario degli enti locali. Nell’insieme, una dinamica cinque volte più sostenuta di quella registrata dalle entrate delle amministrazioni centrali (+2,8 per cento vs 0,5 per cento) porta al 21,4 per cento (dal 21 per cento del 2009) la quota di entrate tributarie di competenza delle amministrazioni locali e spiega almeno la metà della crescita acquisita dalla categoria a livello di conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche.

Il fenomeno, tuttavia, si manifesta su direttrici opposte di quelle proprie delle amministrazioni centrali. In particolare:

diversamente dalle amministrazioni centrali, la dinamica del gettito delle amministrazioni locali è guidata dalle imposte dirette. Sul risultato (+5 per cento circa) ha influito la sostenuta crescita del gettito delle addizionali regionale e comunale, segnata per un verso dalla base imponibile riferita ai dipendenti pubblici, che ha risentito dei rinnovi contrattuali, e per altro verso dagli aumenti di aliquota originati dagli obblighi di ripiano dei deficit sanitari ricadenti su diverse realtà regionali;

in controtendenza rispetto alle amministrazioni centrali risulta invece la dinamica del gettito delle imposte indirette degli enti locali. La sostanziosa divaricazione (+1,8 per cento a fronte del +6,6 per cento) sintetizza l’operare di due effetti contrapposti. Da un lato, per quanto riguarda l’amministrazione centrale, la sostenuta dinamica dell’Iva. Dal’altro, sul versante delle amministrazioni regionali e locali, una sostanziale stasi del gettito Irap (dopo la flessione di 12 punti del 2009), condizionata dal negativo risultato della componente privata, e un non positivo andamento del gettito Ici, che risente delle “sterilizzazioni” di base imponibile operate con effetto dal 2008.

GLI EFFETTI DELLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA

2. La verifica ex post degli effetti di gettito delle manovre correttive degli

andamenti di finanza pubblica dovrebbe essere una pratica normale ed ordinaria, non solo per misurare l’attendibilità delle previsioni formulate nelle relazioni tecniche dei provvedimenti normativi “sottostanti”, ma anche per assicurare al legislatore e all’amministrazione un utile ritorno circa l’impatto dei provvedimenti e le reazioni di comportamento innescatesi.

Tale pratica, come più volte rimarcato dalla Corte, è poco seguita nel nostro sistema di finanza pubblica: manca un sistematico monitoraggio degli effetti dei provvedimenti normativi; il momento della previsione sembra esaurire le esigenze conoscitive del legislatore e dell’amministrazione; il riscontro di eventuali scostamenti è legato all’emergere di esigenze contingenti e, proprio per tale motivo, non può contare né sulle economie di scala, né sulle metodiche, né sulla completezza dell’informazione che sarebbero assicurate da un impegno strutturato e continuativo.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 63 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Le conseguenze di un siffatto deficit informativo si ripropongono ogni anno, ma raggiungono intensità particolari per il 2010: un’annualità, in cui si concentrano gli effetti di misure contenute in ben otto provvedimenti di finanza pubblica, può contare su una verifica ex post del tutto provvisoria e limitata.

Informazioni ex post sono, ad oggi, disponibili solo per una minima parte degli effetti attesi dai provvedimenti di entrata: 2,4 miliardi, ossia poco più del 10 per cento del gettito complessivo “movimentato” per il 2010. Ciò si è reso possibile essenzialmente per le misure assistite dalla presenza di specifici codici tributo e/o capitoli di bilancio.

Come emerge dalla tabella allegata, la verifica ex post ha condotto a rettificare sia le previsioni di minori entrate (dai 6,2 miliardi ex ante ai 6,9 ex post), sia quelle recanti maggiori entrate (da 16,9 a 17,7 miliardi).

Ma le rettifiche si sono concentrate su pochissime misure (quelle, appunto, per le quali l’amministrazione dispone d’informazioni), intestatarie di una piccola parte del gettito complessivo. In particolare:

dal lato delle minori entrate, la verifica ha interessato il 31,5 per cento del gettito, ma si è sostanzialmente esaurita su due importanti misure previste dal DL 185/2008 (il riallineamento volontario dei soggetti IAS e la detrazione dell’imposta finalizzata al risparmio energetico) e sulla proroga della detassazione dei contratti di produttività riconducibile alla legge finanziaria 2010;

dal lato delle maggiori entrate, invece, le valutazioni ex post dell’amministrazione hanno riguardato solo il 2,6 per cento del maggior gettito atteso, riconducibile essenzialmente al provvedimento di rivalutazione del valore di acquisto dei terreni agricoli (Legge finanziaria 2010) e allo scudo fiscale. Nel secondo caso, peraltro, l’integrazione ex post si è risolta nel riconoscere un gettito ad un provvedimento che in sede di relazione tecnica non era stato oggetto di alcuna quantificazione.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

64 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 2 I PROVVEDIMENTI PER IL 2010 – VERIFICA DEGLI EFFETTI SULL’INDEBITAMENTO NETTO DELLA PA

(milioni di euro)

Norme Effetto atteso

2010 Effetto ex

post

Differenza rispetto alla stima

iniziale DL 112/2008 ( Legge 133 06/08/2008) A) Minori entrate: 555,0 B) Maggiori entrate, di cui: 5.516,0 5.491,5 -limiti alla deducibilità spese prestazioni alberghiere 80,0 55,5 -24,5Legge finanziaria 2009 (L. 203 22/12/2008) A) Minori entrate, di cui: 531,0 461,7 -agevolazioni imprese esercenti la pesca costiera e lagunare 17,5 17,5 0,0-detrazione autoformazione docenti 73,5 4,2 -69,3B) Maggiori entrate 210,0 DL 185/2008 (Legge 2 28/01/2009) A) Minori entrate, di cui: 1.598,4 2.301,5 -riallineamento volontario soggetti IAS - imposta sostitutiva, Ires, Irap 416,9 912,6 495,7-detrazione imposta risparmio energetico (55%) (1) 259,6 467,0 207,4B) Maggiori entrate 2.532,0 DL 5/2009 (Legge 33 09/04/2009) A) Minori entrate, di cui: 232,0 30,1 -detrazioni mobili, elettrodomestici - Irpef (2) 259,2 57,3 -201,9B) Maggiori entrate 301,0 DL 78/2009 (Legge102 03/08/2009) A) Minori entrate, di cui: 2.006,2 1.942,9 -agevolazioni aumenti capitale PMI 28,2 6,1 -22,1-svalutazione crediti banche 39,0 1,2 -37,8-proroga agevolazioni disagio abitativo 5,5 2,1 -3,4B) Maggiori entrate 3.442,5 Legge finanziaria 2010 (L. 191 23/12/2009) A) Minori entrate, di cui: 1.199,5 1.523,2 -proroga per l'anno 2010 della detassazione contratti di produttività- Irpef, addizionali regionali e comunali 800,0 1.123,7 323,7B) Maggiori entrate, di cui: 4.520,5 4.731,5 -rivalutazione terreni 350,0 561,0 211,0DL 194/2010 (L. 25 26/02/2010) A) Minori entrate, di cui: 40,8 37,8 -agevolazioni piccola proprietà contadina 40,0 37,0 -3,0B) Maggiori entrate, di cui: 84,6 727,6 -imposta sostitutiva operazioni di rimpatrio o regolarizzazione capitali detenuti all'estero 0,0 643,0 643,0DL 40/2010 (L. 73 22/05/2010) A) Minori entrate 0,0 B) Maggiori entrate, di cui: 295,5 295,3 -Iva sui servizi postali 1,9 1,7 -0,2 Totale importi % Minori entrate totali attese 6.162,9 100,0 -interventi con verifica ex post 1.939,4 31,5 -altri interventi 4.223,6 68,5 Minori entrate totali ex post 6.852,2 Variazione su minori entrate attese totali 11,2 Maggiori entrate totali attese 16.902,1 100,0 -interventi con verifica ex post 431,9 2,6 -altri interventi 16.470,2 97,4 Maggiori entrate totali ex post 17.731,4 Variazione su maggiori entrate attese totali 4,9 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati MEF, Dipartimenti Rgs e Finanze. (1): Il Dipartimento delle finanze osserva che si potrebbe considerare anche un maggior gettito aggiuntivo dovuto alle spese ed agli investimenti indotti dalla misura, che ridurrebbe la differenza di minor gettito a 107 milioni. (2): Alla perdita Irpef pari a 259,2 milioni la RT associava un maggior gettito Ires/Irap per 88,5 milioni che portava l'effetto totale della misura a 170,7 milioni di minori entrate.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 65 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

EVOLUZIONE NELLE FONTI E NELLE MODALITÀ DI ACQUISIZIONE DELLE

ENTRATE: IL CONTRASTO ALL’EVASIONE 3. Nel rapporto dello scorso anno si era visto come il limitato calo di gettito delle

entrate fosse riconducibile all’apporto di un complesso di fonti e di modalità compensative e di stabilizzazione cui si era fatto ricorso:

le entrate straordinarie, soprattutto nel comparto delle entrate extra tributarie; i proventi netti delle attività di gioco, la cui crescita è legata all’adozione del

modello industriale per la loro gestione; i risultati derivanti dall’intensificazione della lotta all’evasione e dall’insieme

delle misure e dei comportamenti posti in essere allo scopo di spingere il contribuente, con sconti e facilitazioni, da una parte, e con l’apprestamento di programmi di controlli fiscali e con l’efficientamento del sistema di riscossione, dall’altra, a versare in misura ridotta, ma in tempi brevi, le maggiori imposte e le sanzioni accertate nei suoi confronti.

Questa strategia è stata seguita anche nel 2010 ed è stata ora ampliata con l’inserimento dell’obiettivo del ridimensionamento dell’area dell’erosione, che dovrebbe creare le premesse per una successiva riduzione delle aliquote. Particolarmente rilevante è comunque il ruolo attribuito ai risultati della lotta all’evasione, alle cui tematiche è pertanto quest’anno dedicata particolare attenzione.

Dall’analisi che segue risulta evidente come siano andati progressivamente restringendosi i margini per politiche tributarie affidate al maturare di extra gettiti indipendenti da espliciti inasprimenti della pressione tributaria formale. Da un lato, infatti, le potenzialità di un gettito incrementale derivante dalle attività di gioco sembrano cozzare contro la difficoltà di espandere la raccolta, a parità di rendimento per l’Erario. Dall’altro, appare sempre più difficile ottenere risultati di gettito crescenti dalle entrate una tantum ed extra tributarie, nella considerazione che sono state ormai largamente esplorate tutte le possibilità di anticipare un gettito futuro (anche a costo di comprometterne il profilo temporale naturale). E, ancora, i proventi attesi dalla lotta all’evasione, pur teoricamente fattibili, date le vaste dimensioni del fenomeno, appaiono incerti, e comunque sovradimensionati, in presenza di alcuni persistenti limiti nella strategia di contrasto, puntualmente segnalati nel prosieguo dell’analisi. Infine, mentre va preso atto della sostanziale rinuncia a possibili proventi da cessione di attivi pubblici, va apprezzato l’obiettivo inteso ad ottenere risultati significativi dal ridimensionamento del fenomeno dell’erosione, anche se non va sottovalutata la portata della sfida, nella consapevolezza delle difficoltà che sono state incontrate con i precedenti tentativi in materia.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

66 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Le politiche di contrasto all’evasione fiscale: stime, risultati ottenuti ed efficacia dell’azione di contrasto

L’occasione per un approfondimento: il ruolo dei proventi della lotta

all’evasione nel miglioramento dei conti pubblici e la relazione al Parlamento sui risultati della lotta all’evasione

4. Sono almeno tre le ragioni che suggeriscono di fare in questa sede il punto sulla

questione evasione, nonostante che nessuna di esse aggiunga elementi di particolare novità ai fini della conoscenza del fenomeno e degli esiti dell’attività di contrasto.

La prima ragione è rappresentata dal ruolo che risulta affidato alla lotta all’evasione (unitamente alla revisione del sistema di agevolazioni) per finanziare l’appena annunciata riforma fiscale. L’esigenza di salvaguardare gli equilibri di finanza pubblica e la difficoltà di reperire risorse attraverso un contenimento della spesa pubblica sono all’origine di un approccio che sembra promettere una dilatazione delle strategie utilizzate per assicurare gli equilibri di bilancio.

La seconda ragione sta proprio nelle evidenze di tali strategie: le manovre di finanza pubblica dell’ultimo biennio suggeriscono che la quasi totalità delle maggiori entrate attese provengono da misure intestate alla lotta all’evasione.

La terza, e più contingente, è rappresentata dalla circostanza che il Governo ha recentemente trasmesso al Parlamento la Relazione sugli esiti della lotta all'evasione, ottemperando così all'obbligo introdotto con la Legge finanziaria per il 2007.

Per quanto attiene, più specificatamente, all’ultimo aspetto, va rammentato che l’idea di fondo perseguita dal legislatore era quella di poter disporre di uno strumento aggiornato, trasparente ed affidabile che consentisse al Parlamento di verificare strumenti, metodologie e, soprattutto, risultati della lotta all'evasione. Si intendeva, in altri termini, ovviare all’assenza di un’affidabile verifica ex post del maggior gettito ottenuto, distinguendo quello che è effettivamente recupero di evasione dagli effetti imputabili al ciclo economico o a fattori normativi, o puramente e semplicemente ad errori di stima. Un deficit d’informazione che, come da molti anni la Corte sottolinea, si riflette in diverse direzioni. L’impossibilità, innanzitutto, di rivedere e correggere gli errori e le approssimazioni con cui vengono formulate le valutazioni degli effetti finanziari dei provvedimenti; limite che, come è intuitivo, incide negativamente sulla trasparenza delle manovre anti-evasione. L’impossibilità, in secondo luogo, di disporre di preziosi feedback: per il Parlamento, onde consentirgli di valutare, ed eventualmente riconsiderare, le proprie scelte legislative; per l’Amministrazione finanziaria, perché abbia la possibilità di promuovere opportune revisioni degli indirizzi applicativi.

L’introduzione di un obbligo di informazione non si è tuttavia rivelata ancora sufficiente ad assicurare un’adeguata conoscenza del fenomeno evasivo; anche perché la prescrizione del legislatore ha avuto a tutt’oggi un seguito inferiore alle attese. A cominciare dal rispetto della tempistica: il lieve ritardo registrato in occasione della prima relazione (relativa al 2007) si è dilatato a dismisura in occasione della seconda (2008) e della terza (2009), con uno slittamento che, da ultimo, ha toccato i quindici mesi. Sono ritardi che in buona parte si spiegano sia con le difficoltà connesse alla prescrizione formale di dover riferire sui risultati di un esercizio finanziario non ancora concluso, sia con l’inadeguatezza dei meccanismi di rilevazione e le complessità delle metodologie di stima.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 67 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Problemi, tuttavia, si pongono anche per ciò che attiene al potenziale informativo recato dalla relazione, che è andato progressivamente scemando, fino a segnare una evidente marcia indietro rispetto all’obiettivo di fondo perseguito dal legislatore: analizzare gli effetti della lotta all’evasione sul miglioramento della tax compliance, ovvero dell’adempimento spontaneo dei contribuenti. Limitate erano state le indicazioni scaturenti dalla prima relazione (in cui veniva effettuato un tentativo, sia pure poco convincente, di isolare un extragettito “residuo” imputabile ad un cambiamento del grado di fedeltà fiscale da parte dei contribuenti). La seconda relazione, nel concentrarsi quasi esclusivamente sui dati relativi all’attività di accertamento e controllo, ha delineato un corretto percorso metodologico per garantire in futuro il soddisfacimento dell’esigenza conoscitiva del legislatore. La terza recente relazione (febbraio 2011) si è limitata ad una tardiva, ancorché articolata, riproposizione dei risultati 2009 dell’attività dell’Agenzia delle entrate (diffusi dalla stessa Agenzia un anno prima); con l’effetto, così, di rischiare di contribuire ad accreditare l’idea riduttiva che la tax compliance possa essere migliorata solo attraverso il processo di controllo e di repressione.

Le dimensioni dell’evasione e la sua evoluzione

Evasione fiscale ed economia sommersa

5. Anche se l’evasione fiscale è uno degli argomenti più discussi e presenti sui

media, delle sue dimensioni si ha ancora in Italia una conoscenza spesso approssimativa ed incontrollata. All’oggettiva difficoltà di indagare un fenomeno dai contorni sicuramente incerti e sfuggenti, finiscono infatti per aggiungersi le riserve e lo scetticismo con cui è accolto ogni tentativo di stima; soprattutto quando ci si spinge a voler misurare l’evoluzione del fenomeno e la sua distribuzione per aree impositive, per settori economici e sul territorio. Questi atteggiamenti di ritrosia aiutano a comprendere come, per lungo tempo, gli approfondimenti e le analisi sull’evasione siano rimasti confinati nel mondo accademico; e come, all’assenza di un’azione di monitoraggio ufficiale, sistematica e trasparente, si tenda spesso a supplire attingendo alle sole stime relative al più ampio fenomeno dell’economia sommersa.

In effetti, le elaborazioni dell’Istituto centrale di statistica (aggiornate ogni biennio nel rispetto delle metodologie Eurostat) rappresentano un punto di partenza significativo nell’affrontare il tema dell’evasione fiscale. E’ questo, d’altra parte, l’approccio seguito in seno ad uno dei quattro Gruppi di lavoro (quello sull’Economia non osservata e flussi finanziari) incaricati dal Ministro dell’Economia di approfondire il contesto di una prefigurata riforma fiscale. Secondo le più recenti stime dell’Istat, dunque, l’economia sommersa potrebbe avere raggiunto nel 2008 il 17,5 per cento del Pil, ossia circa 275 miliardi di euro, interrompendo la tendenza al ridimensionamento avviata sette anni prima (Figura1).

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

68 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

FIGURA 1 - L’ECONOMIA SOMMERSA IN ITALIA: 2000-2008

(QUOTA % DEL VALORE AGGIUNTO PRODOTTO DALL’AREA DEL SOMMERSO ECONOMICO)

Fonte: Istat

Ma, se l’economia sommersa rappresenta la cornice (si veda il riquadro “I termini

del fisco”) qual è lo spazio occupato dall’evasione fiscale? Il rendimento comparato dell’Iva e il VAT gap

6. Le valutazioni condotte al riguardo dall’amministrazione finanziaria hanno

subito una significativa evoluzione nel tempo. Dopo una lunga fase in cui ci si è limitati a proporre, in modo episodico e semi-riservato, spaccati solo parziali del sistema tributario, frutto di iniziative individuali di ricercatori e funzionari, si registra un’inversione di tendenza che sembra testimoniare il diffondersi in seno all’amministrazione della consapevolezza dell’esigenza di supportare l’operatività del contrasto all’evasione con la più ampia ed articolata conoscenza delle dimensioni del fenomeno evasivo e della sua distribuzione settoriale e territoriale.

Un tentativo di monitorare il fenomeno dell’evasione è stato recentemente posto in essere dal Dipartimento Finanze (DF) del MEF e si basa su una valutazione comparata del rendimento dell’Iva in Italia e in altri paesi europei nel 2009 (Tavola 3).

Considerando come “rendimento” il rapporto tra base Iva effettiva (rinveniente dalle dichiarazioni rese al fisco) e imponibile teorico (desunto dalla contabilità nazionale), il complemento a 100 costituisce il gap in base al quale si arriva a collocare l’Italia in una posizione elevata (con uno scarto superiore al 36 per cento), sopravanzata solo dalla Spagna (39,45 per cento). Il Vat gap risulta, invece, largamente inferiore (più che dimezzato) nel caso del Regno Unito e dell’Olanda (entrambi al di sotto del 15 per cento) e tocca i livelli più contenuti (all’incirca un quarto di quello italiano) nel caso di Francia e Germania.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 69 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 3

IL VAT GAP IN SEI PAESI EUROPEI NEL 2009 (milioni di euro)

Variabili Italia Francia Spagna GermaniaRegno Unito

(**) Olanda

entrate nette 85.261 125.933 39.831 176.320 81.729 35.265

AMP 15,02% 15,00% 10,56% 16,84% 11,67% 15,63%

Imponibile teorico (*) 892.551 933.642 622.907 1.149.358 823.462 263.706

base Iva effettiva 567.720 839.725 377.189 1.046.867 700.307 225.595

rendimento Iva 63,61% 89,94% 60,55% 91,08% 85,04% 85,55%

Diff. base effettiva / imponibile teorico 36,39% 10,06% 39,45% 8,92% 14,96% 14,45%

Fonte: MEF – Dipartimento delle finanze. (*) Stima anno 2007. (**) Importi in milioni di sterline.

Può essere interessante provare a confrontare queste stime del MEF (Dipartimento

Finanze) con quelle ottenute dalla società inglese di consulenza Reckon per l’anno 2006 a conclusione di uno studio sul gap dell’Iva nei paesi membri condotto su incarico della Commissione Europea1.

Tavola 4 IL VAT GAP: CONFRONTO FRA LE STIME MEF E QUELLE RECKON

Paesi Reckon 2006 MEF 2009

Francia 7% 10,06% Germania 10% 8,92%

Italia 22% 36,39% Olanda 3% 14,45% Spagna 2% 39,45%

Regno Unito 17% 14,96%

E’ possibile rilevare che, mentre per Germania, Francia e Regno Unito le valutazioni appaiono sostanzialmente convergenti, esse sono invece molto diverse negli altri tre casi, in due dei quali molto pronunciate. Più precisamente, nelle stime del MEF il gap-Iva risulta spostato verso l’alto, con le “punte” della Spagna (dal 2 per cento al 39,45 per cento) e dell’Italia (dal 22 per cento al 36,39 per cento). In termini relativi, la differenza è notevole anche per l’Olanda (il gap si quintuplica, dal 3 al 14,45 per cento). Si tratta di differenze che in parte si spiegano, presumibilmente, anche con la diversità degli anni di stima. Ma, per la parte più significativa, esse sono molto probabilmente dovute al fatto che, nonostante che la metodologia applicata sia sostanzialmente la stessa, le stime possono risentire del condizionamento di una serie di fattori. Nel caso dell’Italia, in particolare, dovrebbero avere influito i rilevanti aggiustamenti operati dall’amministrazione finanziaria sia sul versante dei dati di contabilità nazionale, sia sul versante del gettito effettivo Iva (per effetto dell’adozione di una nozione più restrittiva e rigorosa, “nettata” della variazione dei crediti e delle compensazioni d’imposta).

1 Reckon LLP, Study to quantify and analyse the Vat gap in the EU-25 Member States, 21 September 2009.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

70 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Indicazioni aggiuntive si desumono dagli approfondimenti condotti sul medesimo tema dall’Agenzia delle entrate. L’approccio seguito si caratterizza per tre aspetti: i) è proiettato nel lungo periodo, analizzando il Vat gap (ottenuto sottraendo la base imponibile effettiva a quella potenziale e rapportando il risultato ottenuto al Prodotto interno lordo) stimato dal 1980 al 2009; ii) adotta una metodologia correntemente impiegata per il calcolo delle risorse proprie Iva da devolvere alla UE, integrandola con delle ipotesi sulle modalità con le quali si può manifestare l’evasione Iva, assumendo che essa possa avvenire sia con il consenso delle parti (cioè che acquirente e venditore si accordino per non pagare l’imposta), sia senza consenso (cioè che il venditore fatturi l’Iva al cliente e poi non la versi); così facendo, si ottiene un limite minimo ed uno massimo per la stima del Vat gap; iii) presta particolare attenzione ad un fenomeno – lo stock di crediti Iva vantati dai contribuenti - la cui variazione può riflettere non solo l’operare di fattori fisiologici, ma anche un mutamento della propensione all’evasione.

Il significativo arco temporale su cui spazia l’analisi (figura 2) consente all’Agenzia delle entrate di sottolineare tre fenomeni:

FIGURA 2 – IL VAT GAP 1980-2009: DIFFERENZA TRA LA BASE IMPONIBILE POTENZIALE E

QUELLA EFFETTIVA NELLE IPOTESI DI EVASIONE CON E SENZA CONSENSO (IN % DEL PIL)

10.00%

12.00%

14.00%

16.00%

18.00%

20.00%

22.00%

24.00%

26.00%

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

BIND/PIL - con consenso BIND/PIL - senza consenso

Fonte: Agenzia delle entrate

a) un andamento ciclico nella propensione del sistema alla non compliance, con un Vat gap caratterizzato, seppur con forti variazioni periodiche, da tassi medi differenti nei tre decenni considerati (dal 20,44 per cento degli anni ’80, ad uno leggermente più basso nel decennio successivo, al 17,82 per cento degli anni duemila); b)una tendenza di lungo periodo al miglioramento della compliance. Il Vat gap, dopo aver toccato il valore massimo nel 1989 (22,38 per cento senza consenso e 24 per cento con consenso), si colloca ai minimi nel 2009 (16,36 per cento nell’ipotesi con consenso e 14,15 per cento senza consenso); c) l’incidenza del fenomeno dei crediti d’imposta nella misurazione della compliance. E’ quanto si registra, in particolare, nell’ultimo decennio: prima con il raddoppio dello stock fra il 1999 ed il 2006 (quando cresce fino a 45 miliardi di euro); poi, con la decelerazione del 2007 e la riduzione del 2008 e, soprattutto, del 2009. Nell’andamento dell’ultimo biennio hanno

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 71 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

influito, secondo l’Agenzia, non solo fattori legati alla crisi economica (flessione degli acquisti più accentuata rispetto alle vendite, decumulo di scorte di prodotti finiti delle imprese) ma anche l’annuncio delle manovre restrittive sulle compensazioni (entrate in vigore dal gennaio 2010) e i controlli mirati svolti nei confronti di soggetti che hanno dichiarato un credito Iva in dichiarazione.

Queste conclusioni sono accompagnate dall’Agenzia dalla precisazione che il Vat gap non misura unicamente l’evasione, ma comprende anche le somme non versate da contribuenti che non sono in grado di farlo. Una parte di questo fenomeno, ad esempio, può essere ascritta al mancato gettito proveniente da imprese che cessano la loro attività a causa di difficoltà economico finanziarie. Fenomeno che si è particolarmente accentuato nella parte finale del 2008 e nel corso del 2009, a causa dell’acuirsi della crisi economica, ma che, tuttavia, nel nostro Paese ha anche natura endemica.

E’ in tale contesto che vanno a collocarsi gli ulteriori sviluppi condotti dall’Agenzia delle entrate nel quadro della recente costruzione di “db Geo: un database per l’analisi territoriale”, finalizzato a supportare l’attività di contrasto all’evasione affidata alle direzioni provinciali dell’Agenzia. L’iniziativa ruota intorno alla definizione di una mappa dell’Italia mediante il raggruppamento delle direzioni provinciali per “affinità”, sulla scorta delle informazioni fornite da 49 variabili, raggruppate in sette aree. Nell’area “pericolosità fiscale” un ruolo di rilievo è assegnato alla variabile tax gap, che individua l’ammontare delle imposte evase e il loro rapporto con le imposte versate. La novità non consiste tanto nell’approccio seguito (che riflette la sperimentata metodologia del confronto fra dati fiscali e dati di contabilità nazionale), quanto nel livello di dettaglio: il tax gap è calcolato, annualmente, su base provinciale. Si tratta certamente di un tentativo costretto a misurarsi con i problemi di rarefazione delle informazioni disponibili a un livello territoriale pronunciato. Cionondimeno, l’iniziativa testimonia dell’impegno dell’Agenzia per cercare di ampliare la conoscenza del fenomeno dell’evasione ed offre un modello di riferimento per ulteriori verifiche ed approfondimenti, assegnando all’Amministrazione finanziaria italiana una posizione di avanguardia a livello internazionale in tema di analisi della distribuzione territoriale del fenomeno dell’evasione. Così come testimonia della possibilità di fare un uso operativo di tali stime.

L’elasticità comparata del gettito Iva

7. L’Agenzia delle entrate ha analizzato il fenomeno evasivo e l’evoluzione della compliance anche attraverso un confronto – inevitabilmente più grezzo, ma sicuramente molto utilizzato dagli analisti di finanza pubblica – della dinamica segnata dagli aggregati macroeconomici (le risorse interne, pari alla somma del Pil e delle importazioni nette) e dal gettito Iva.

Rapportando la variazione tendenziale del gettito dell’imposta con l’analoga variazione delle risorse interne, si ottiene un indicatore (elasticità), che va interpretato come una perdita di compliance quando assume un valore negativo, per effetto di una dinamica dell’Iva inferiore a quella delle risorse interne e che, invece, esprime un aumento della compliance nel caso in cui assume valori positivi.

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72 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

L’elasticità cosi calcolata consente di effettuare dei confronti internazionali. Dalla figura 3 si osserva che:

durante tutto il 2008 e nei primi tre trimestri del 2009 l’elasticità è risultata inferiore a zero sia per l’EU27 che per l’Eurozona, analogamente a quanto accaduto in Italia. Il fenomeno della perdita di compliance sarebbe insomma generalizzato, anche se risulta di entità maggiore nel nostro paese: ciò che renderebbe plausibile presupporre che sia prevalentemente legato alla negativa congiuntura economica, iniziata sul finire del 2008 e proseguita per tutto il 2009;

fra la fine del 2009 e il terzo trimestre 2010 si determina il fenomeno opposto di un generalizzato recupero di compliance, anche se, nel confronto con l’Europa, la situazione italiana si segnala per i risultati meno brillanti. FIGURA 3 - L’ELASTICITÀ DEL GETTITO IVA NEL PERIODO 2008-2010: ITALIA, EUROZONA E

COMPLESSO UE

-10,00%

-8,00%

-6,00%

-4,00%

-2,00%

0,00%

2,00%

4,00%

6,00%

8,00%

2008

_I°

2008

_II°

2008

_III°

2008

_IV°

2009

_I°

2009

_II°

2009

_III°

2009

_IV°

2010

_I°

2010

_II°

2010

_III°

Italia Eurozona UE Fonte: Agenzia delle Entrate.

Se poi si focalizza l’attenzione solo sull’Italia (utilizzando una misura più precisa

dell’elasticità, al netto delle compensazioni d’imposta), l’Agenzia osserva che dal quarto trimestre 2009 al primo trimestre 2011 si registra un sensibile miglioramento della compliance. L’indicatore netto segnala un andamento migliore di quello lordo, con una differenza macroscopica nel primo trimestre 2010, periodo nel quale si assiste ad un crollo delle compensazioni indotto dalle novità normative introdotte. L’indicatore netto rimane sensibilmente al di sopra di quello lordo anche per i restanti trimestri del 2010 e per il primo 2011, lasciando presagire che lo shock positivo nelle compensazioni sia di tipo strutturale.

Da ciò la conclusione dell’Agenzia secondo cui l’indicatore dell’elasticità fornirebbe delle evidenze a supporto della tesi che nel 2010 sia continuato il recupero di compliance già registrato nel 2009.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 73 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

FIGURA 4 - L’ELASTICITÀ DEL GETTITO IVA IN ITALIA: 2008-2011(*)

-0,15

-0,05

0,05

0,15

0,25

0,35

2008

_I°

2008

_II°

2008

_III°

2008

_IV°

2009

_I°

2009

_II°

2009

_III°

2009

_IV°

2010

_I°

2010

_II°

2010

_III°

2010

_IV°

2011

_I°

IVAog lordo comp. IVAog netto comp.

Fonte: Agenzia delle entrate. (*) Variazione del gettito Iva da ordinaria gestione rispetto alla variazione delle risorse interne.

Riquadro: I termini del fisco

Abuso di diritto: costruzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche su impulso della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, secondo cui è immanente nell’ordinamento un principio generale antiabuso, in quanto espressione dei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione (art. 53 Cost.). In virtù di tale principio, il contribuente non può trarre indebiti vantaggi dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dalla mera aspettativa del risparmio d’imposta. L’abuso, rilevabile anche d’ufficio, determina l’inopponibilità dell’operazione al fisco, con effetti retroattivi, e la ripresa a tassazione di base imponibile non dichiarata. Economia sommersa: in contrapposizione all’economia ufficiale, identifica le attività economiche sconosciute alla pubblica amministrazione e di difficile rilevazione statistica. In particolare: i) quelle che, pur realizzandosi in una produzione legale, sfociano in violazioni della normativa tributaria e di quella sul lavoro (sicurezza, salario minimo, ecc.) o nel mancato rispetto di regole amministrative (ad esempio, quelle ambientali); ii) quelle poste in essere violando le norme penali, in sé (si pensi al traffico di stupefacenti), ovvero per le modalità con cui sono svolte (contrabbando, usura, ecc.); iii) quelle, infine, che sfuggono all’osservazione statistica in quanto svolte da unità produttive con particolari caratteristiche strutturali (basso livello di organizzazione, scarsa o nulla distinzione fra capitale e lavoro, rapporti di lavoro occasionali basati su relazioni personali o familiari). Elusione: identifica i metodi di riduzione legale del prelievo che sfruttano le scappatoie ed i sotterfugi consentiti dall’interpretazione e dall’applicazione di norme tributarie disegnate per finalità diverse (ad esempio, utilizzo della disciplina prevista per le operazioni di fusione al fine di compensare utili e perdite di due società, riducendo così il carico fiscale). Evasione: quella parte di economia sommersa che, attraverso attività e metodi illegali, è diretta a ridurre o ad eliminare l’onere dell’imposizione. Le manifestazioni più semplici consistono nell’effettuazione di vendite “in nero” ovvero nella deduzione di costi “non inerenti” o inesistenti.

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74 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Frode fiscale: variante (più grave) dell’evasione, basata sull’impiego di meccanismi sofisticati che creano un’apparenza di regolarità, dietro la quale si cela tuttavia l’evasione, rendendo così più difficoltosa l’azione di accertamento dell’amministrazione finanziaria (ad esempio, l’inserimento in contabilità di fatture di acquisto false, per ridurre l’imponibile. Mentre l’evasione fiscale viene punita (anche) penalmente solo oltre una certa soglia di sottrazione di imponibile, la frode fiscale fa scattare sempre ed in ogni caso le sanzioni penali. Erosione: comprende i trattamenti fiscali differenziati che consentono di ridurre l’imponibile o il debito d’imposta. Può assumere forme diverse: esclusione, esenzione o trattamento preferenziale, concessione di detrazioni e deduzioni, rinvio nel tempo dell’onere dell’imposta, concessione di crediti d’imposta, applicazione di aliquote differenziate, riconoscimento di criteri vantaggiosi di determinazione e accertamento delle basi imponibili. Risparmio d’imposta: identifica i metodi di riduzione legale del prelievo basati sul corretto utilizzo di norme agevolatrici (ad esempio, deduzione dei versamenti per la previdenza integrativa). Tax compliance: adesione spontanea del contribuente agli obblighi fiscali, per effetto della deterrenza dell’attività di controllo ovvero in conseguenza di un clima sociale di condanna dell’evasione e di apprezzamento dei servizi pubblici. Tax gap: comprende non solo le somme intenzionalmente occultate al fisco (evasione) ma anche quelle non dichiarate a causa di errori nella dichiarazione dei redditi o di stato di insolvenza del contribuente.

I risultati della lotta all’evasione: dalle previsioni di bilancio ai risultati

dell’attività dell’amministrazione finanziaria 8. Le incertezze che circondano l’evasione fiscale non riguardano solo le

dimensioni del fenomeno, ma anche i risultati dell’azione di contrasto. Ma, mentre nel primo caso la spiegazione risiede nell’oggettiva difficoltà di delimitare i contorni di un fenomeno per sua natura sconosciuto, nel secondo, più che di deficit informativo si tratta, da una parte, di difficoltà ad orientarsi in un panorama affollato da dati che hanno significati molto diversi, e, dall’altra, del mancato apprestamento di adeguati meccanismi di monitoraggio.

Una prima tipologia di dati è rappresentata dalle stime relative al gettito atteso dal varo di misure intestate alla lotta all’evasione. Si tratta di valutazioni ex ante, che trovano collocazione nella Relazione tecnica predisposta dalla Ragioneria generale dello stato e che concorrono a definire le poste di entrata e i saldi del bilancio di previsione. Ove ci si fermasse a misurare attraverso tali dati il livello della lotta all’evasione, si otterrebbero indicazioni insufficienti.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 75 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 5 GLI EFFETTI FINANZIARI DI MAGGIOR GETTITO ATTESO DALLE MISURE DI CONTRASTO ALL’EVASIONE NELLE

MANOVRE 2006 - 2010 (milioni di euro)

Manovra Misure

Effetti sull'Indebitamento netto della PA

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

2006- 1.550,5 2.106,6 2.339,2 di cui: finanziaria -

legge 266/2005 cessioni fabbricati 500,0 467,6 481,5 di cui: legge 248/2005

(DL 203/2005) dividend washing - Ires 435,0 483,0 483,0

2007 5.121,1 5.413,1 6.573,7

di cui: finanziaria - legge 296/2006

accertamento e contrasto evasione ed elusione fiscale -

studi di settore 3.288,0 3.753,0 4.864,0

di cui: legge 286/2006 (DL 262/2006)

maggiore attività di accertamento e controllo 460,4 460,4 460,4

2008 104,4 372,2 678,6

2009 2.948,0 5.424,0 6.606,0 2.219,0

di cui: legge 102/2009 (DL 78/2009)

incremento compensazioni crediti fiscali Iva 0 200,0 1.000,0 1.000,0 1.000,0

contrasto arbitraggi fiscali internazionali 0,0 606,0 346,0 346,0

contrasto paradisi fiscali 0,0 415,0 650,0 473,0 pignoramento v/o terzi - obbligo

ritenuta somme liquidate dal terzo 174,0 261,5 224,0 224,0

2010 657,5 5.863,2 7.999,7 6.698,1

di cui: legge 122/2010 (DL 78/2010)

preclusione all'autocompensazione in

presenza di debito su ruoli definitivi 0,0 700,0 2.100,0 1.900,0

potenziamento processi riscossione 0,0 400,0 1.500,0 1.300,0

comunicazioni telematiche all'Agenzia delle entrate 0,0 627,5 836,7 836,7

contrasto di interessi 354,5 755,5 559,1 -167,7Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati MEF - Rgs

E’ quanto emerge dall’osservazione delle manovre di finanza pubblica varate

negli ultimi cinque anni: puntando sostanzialmente su alcuni grossi e non di rado innovativi filoni (tavola 5) si sono identificate maggiori entrate da lotta all’evasione per quasi 63 miliardi di euro: il 58,5 per cento delle maggiori entrate complessive stimate (tavola 6). Ma cosa ci dicono questi dati? Essi testimoniano, innanzitutto, di un crescente impiego della lotta all’evasione come strumento di politica di bilancio, una sorta di “terza via” rispetto alla riduzione della spesa pubblica o ad espliciti aumenti del prelievo. Ci dicono, in secondo luogo, che tale orientamento registra un’improvvisa impennata con le manovre 2009 e 2010, allorquando quasi ogni nuovo euro di maggiore entrata appare riconducibile alla lotta all’evasione; una scelta che certamente risponde all’esigenza di non deprimere un sistema produttivo teso a recuperare spazi di mercato e margini di competitività ed all’obiettivo di non penalizzare la domanda interna. E ci dicono, infine, che – andando oltre la proiezione contabile limitata (prima triennale, successivamente quadriennale) dei documenti di bilancio - gli effetti di ogni misura di contrasto dovrebbero via via consolidarsi nel tempo e divenire strutturali.

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76 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Ciò che invece questi dati non ci dicono – e non ci possono dire – sono gli esiti della lotta all’evasione. Perché una cosa è utilizzarli in sede di bilancio di previsione, come una sorta di strumento straordinario di copertura della politica di bilancio. Altro è poterli richiamare per spiegare puntualmente, a consuntivo, la dinamica del gettito di specifici comparti impositivi. Ciò richiede, infatti, la disponibilità di meccanismi idonei a rilevare, in modo affidabile, ex post gli effetti finanziari delle misure legislative (e delle azioni amministrative) di contrasto all’evasione.

Tavola 6

IL RUOLO DELLA LOTTA ALL’EVASIONE 2006 – 2013 (milioni di euro)

Manovra (in % delle maggiori entrate nette complessive) Effetti 2006-2013

Anno Effetti sull'anno entrate lotta entrate nette

(a) in %

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 evasione

(a) complessive (b) (b) 2006 (1) 21,5 32,4 35,2 5.946,3 20.139,8 29,5

2007 (2) 30,2 41,1 42,6 17.107,9 45.566,8 37,5

2008 -- -- -- 1.155,2 -8.178,5 ..

2009(3) 32,0 80,0 110,4 127,0 17.197,4 23.722,0 72,5

2010 (4) 67,9 87,0 78,6 85,5 21.218,5 25.718,3 82,5

2006-10 21,5 30,8 44,9 47,3 120,7 98,0 85,7 85,5 62.625,3 106.968,4 58,5 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati MEF – Rgs. (1): legge finanziaria – 266/2005, legge 248/2005 (DL 248/2005). (2): legge finanziaria – 296/2006, legge 286/2006 (DL 262/2006). (3): legge 102/2009 (DL 78/2009). (4): legge 122/2010 (DL 78/2010).

Una seconda e una terza tipologia di dati che frequentemente vengono utilizzate

per misurare gli esiti della lotta all’evasione provengono dall’Agenzia delle entrate: una è rappresentata dalla maggiore imposta accertata, l’altra riguarda invece gli incassi prodotti dall’attività di controllo. Si tratta, senza dubbio, di due importanti indicatori della missione di contrasto dell’evasione assegnata all’Agenzia. Ma da essi non si può pretendere di trarre puntuali informazioni circa gli effettivi recuperi di evasione realizzati in un determinato anno.

Ciò vale innanzitutto per gli accertamenti: la maggiore imposta accertata definisce, infatti, solo una pretesa erariale, che prima di acquisire il requisito della certezza e della stabilità (maggiore imposta definita) dovrà superare il vaglio di un contraddittorio e dell’eventuale contenzioso; e che, prima di tradursi in incasso effettivo, dovrà anche superare indenne la fase della riscossione. Desta dunque qualche perplessità l’esercizio contenuto nella Relazione sui risultati della lotta all’evasione, laddove direttamente si risale dagli esiti dell’attività di controllo sostanziale condotta nel 2009 dall’Agenzia (poco più di 24 miliardi di euro accertati), alle dimensioni della base imponibile recuperata all’evasione (oltre 132 miliardi). Perplessità insorgono non soltanto perché si muove dall’assioma maggiore imposta accertata = maggiore imposta recuperata, ma anche perché per risalire alla maggiore base imponibile recuperata si sommano basi imponibili relative a imposte diverse, ma non di rado coincidenti (Tavola 7). Così, in particolare, non sembra economicamente corretto considerare distintamente, duplicandoli, il maggiore imponibile accertato per l’Irpef e quello relativo all’addizionale regionale. Così come non sembra che i maggiori accertamenti Irap possano essere riferiti ad una base imponibile diversa da quella ricostruita per i soggetti

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 77 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Irpef e Ires (su cui l’Irap insiste). E infine, non si può ignorare che il maggior volume d’affari accertato ai fini Iva estende i suoi effetti sull’imposizione diretta, alimentando una pluralità di imposte, ma non di basi imponibili.

Tavola 7 RECUPERO DI BASE IMPONIBILE AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI, IVA E IRAP

DERIVANTE DALL’ATTIVITA’ DI CONTROLLO SOSTANZIALE (milioni di euro)

Tipologia di rilievi effettuati Maggiori importi

accertati Maggiore imponibile accertato addizionale regionale 24.403 Maggiore imponibile accertato Irap 38.618 Maggiore imponibile accertato Irpef 22.637 Maggiore imponibile accertato Irpeg/Ires 20.465 Maggiore imponibile accertato Ritenute 897 Maggiore imponibile accertato Imposte sostitutive 1.075 Maggiore imponibile accertato tassazione separata 470 Maggior volume d'affari accertato 23.554

Totale 132.119 Fonte: Relazione concernente i risultati derivanti dalla lotta all'evasione fiscale al 31 dicembre 2009, presentata alla Presidenza del Senato il 9 febbraio 2011.

A conclusioni analoghe si perviene anche quando si passa a valutare il potenziale

informativo dei dati, sempre di fonte Agenzia delle entrate, relativi agli incassi prodotti dall’attività di controllo. Anche in questo caso il rischio è che cifre che esprimono origini, cause e riferimenti temporali diversi e che in comune hanno solo un elemento (la riscossione), siano utilizzate per misurare le performance annuali sul versante della lotta all’evasione. E in effetti, con riferimento ai 9,1 miliardi di recupero di somme sottratte a tassazione nel 2009 (+32 per cento rispetto al 2008) evidenziato nella più volte menzionata Relazione sui risultati della lotta all’evasione al 31 dicembre 2009, va tenuto presente che (tavola 8):

Tavola 8 INCASSI DA ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO E CONTROLLO

(miliardi di euro) 2009 2008

Riscossione complessiva 9,1 6,9 di cui relativi a: 1) entrate erariali 7,0 6,0 1.1. entrate tributarie 5,2 4,2 1.1.1. ruoli 2,7 2,6 1.1.2. accertamento con adesione e acquiescenza 2,3 1,5 1.1.3 conciliazione giudiziale 0,2 0,1 1.2.. interessi e sanzioni 1,8 1,8 2) Recuperi aiuti di Stato 0,6

0,9 3) Riscossioni c/ Regioni e EE.LL. 1,5

Fonte: Relazione concernente i risultati derivanti dalla lotta all'evasione fiscale al 31 dicembre 2009, presentata alla Presidenza del Senato il 9 febbraio 2011.

dei 9,1 miliardi di riscossione complessiva conseguente all’attività di

accertamento e controllo, quelli riferiti a recupero di imposta erariale evasa o dichiarata

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

78 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

e non versata sono 7 miliardi, escludendo le somme riscosse per conto di regioni ed enti locali e per recupero di aiuti di stato. In tal modo la crescita rispetto al 2008 si dimezza (16 per cento);

dei 7 miliardi, 1,8 sono costituiti da sanzioni e interessi; i proventi specificatamente riferibili al recupero di base imponibile evasa

sono quelli derivanti dall’attività di accertamento e dai controlli formali 36-ter ed ammontano (incluse le sanzioni e gli interessi) a 5,7 miliardi; i restanti 3,4 miliardi, infatti, sono derivati dagli esiti della liquidazione delle dichiarazioni ex art. 36-bis (soprattutto omessi versamenti di imposte dichiarate e relativi interessi e sanzioni);

tali importi, peraltro, sono solo in parte riconducibili all’attività di controllo operata nell’anno, in quanto una quota non insignificante è il frutto dell’attività di contrasto posta in essere in annualità precedenti. Con la conseguenza che una crescita di incassi interpretata come un’accentuazione dell’azione di contrasto potrebbe in realtà nascondere anche fenomeni di accelerazione della riscossione, una sorta di aumento del ritmo di smaltimento delle pratiche.

C’è poi una quarta tipologia di dati frequentemente utilizzati a livello mediatico per testimoniare i successi della lotta all’evasione: gli esiti delle verifiche diffusi annualmente dalla Guardia di Finanza. Anche in questo caso, tuttavia, si tratta solo di elementi che testimoniano dell’impegno con cui il Corpo contribuisce alla lotta all’evasione. Ma, prima di poterli qualificare come recuperi effettivi di evasione occorre che essi abbiano superato indenni tutti gli stadi, dall’accertamento alla riscossione, già indicati a proposito dell’Agenzia delle entrate.

C’è infine una caratteristica comune a tutte le tipologie di dati fin qui esaminati e che ne accentua la parzialità informativa. Tutti i dati trattano (e misurano) la lotta all’evasione solo come effetto di una specifica norma o attività repressiva. In nessun caso essi registrano gli effetti indiretti che possono prodursi per dissuasione o, più in generale, per il mutamento della tax compliance. Vanno pertanto impostate e svolte le opportune analisi – fattibili sulla base dei dati disponibili – sulle variazioni di comportamento inducibili dai provvedimenti di deterrenza e di efficientamento della gestione. Ciò consentirebbe alla stessa amministrazione di poter disporre di uno strumento per valutare compiutamente l’efficacia delle politiche intraprese, il grado di realizzabilità delle singole misure, gli effettivi ritorni sotto il profilo del gettito.

L’efficacia delle attività di contrasto L’attività di accertamento

9. L’azione di contrasto dell’evasione ha continuato a basarsi, come già in

passato, su un articolato insieme di misure che, a seconda dei casi, presentano finalità più direttamente repressive, o essenzialmente persuasive, allo scopo di indurre maggiore tax compliance nei contribuenti. Ricadono nell’ambito delle misure repressive l’attività di controllo e di accertamento e la relativa gestione del contenzioso, il sistema sanzionatorio amministrativo e penale. Rientrano nell’ambito degli strumenti persuasivi gli studi di settore e altre misure indirette finalizzate a far emergere spontaneamente le basi imponibili, quali il tracciamento dei pagamenti, gli obblighi di comunicazione di talune operazioni, ecc.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 79 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Venendo all’azione di accertamento nei confronti delle aree ove si concentra l’evasione, cioè nel settore delle attività economiche indipendenti relativamente all’Iva ed alle imposte sul reddito, dai dati relativi all’attività svolta nel 20102 emerge un incremento delle maggiori imposte accertate determinato dall’attività svolta nei settori dei soggetti di grandi e di medie dimensioni3. Nel settore delle grandi dimensioni, infatti, le maggiori imposte accertate nel 2010 si sono incrementate dell’81 per cento rispetto al corrispondente dato dell’anno precedente, passando da 3.027 a 5.490 milioni, mentre nel settore delle medie dimensioni la maggiore imposta accertata è passata da 2.533 a 6.265 milioni, con un incremento del 145 per cento.

Al contrario, nel settore delle imprese di minori dimensioni e dei professionisti si registra una rilevante diminuzione della maggiore imposta accertata, che passa da 17.751 nel 2009 a 12.599 milioni nel 2010, con una flessione del 29 per cento.

Analoghi andamenti si registrano sul piano numerico, sia pure con variazioni proporzionalmente minori rispetto alle variazioni in aumento e in diminuzione verificatesi nella maggiore imposta accertata. Complessivamente i controlli nei confronti delle attività economiche indipendenti passano da 253.385 nel 2009 a 238.011 nel 2010, con una flessione numerica del 6 per cento circa.

Risulta essere stato l’incremento degli accertamenti con determinazione sintetica eseguiti ai fini delle imposte sul reddito (nel 2010 ne sono stati eseguiti 30.443, con una maggiore imposta accertata di 501 milioni; l’incremento rispetto al 2009 è stato dell’8 per cento in termini numerici e del 9 per cento in termini di maggiore imposta). Non immediatamente valutabili le ragioni dell’incremento del numero e della maggiore imposta degli accertamenti sintetici definiti mediante adesione o acquiescenza (rispettivamente +50 per cento e +63 per cento rispetto ai valori dell’anno precedente).

Modesto l’incremento del numero di accertamenti che hanno comportato anche indagini finanziarie (passati da 8.756 a 9.371) e in flessione la relativa maggiore imposta accertata.

In sostanza, dai dati relativi alla maggiore imposta accertata e alla numerosità degli accertamenti, pur nel loro relativo significato, emerge come la strategia degli accertamenti eseguiti nei confronti delle attività economiche indipendenti abbia puntato essenzialmente su un rafforzamento dei controlli nei confronti dei soggetti economici di maggiore consistenza. Per esercitare un’effettiva deterrenza ciò si dovrebbe accompagnare ad un rafforzamento dei controlli anche nei settori delle imprese minori e delle attività professionali, nei quali, come è noto, si concentra una buona parte dell’evasione.

Con riguardo all’andamento del contenzioso conseguente all’attività di accertamento, dai dati forniti dall’amministrazione emerge la tendenza ad un progressivo incremento della litigiosità dei contribuenti, a fronte di una diminuzione del numero delle decisioni, sia in primo che in secondo grado. La percentuale di ricorsi presentati presso le Commissioni tributarie provinciali rispetto agli accertamenti effettuati è passata dal 42,8 per cento del 2008 al 44,6 per cento del 2009 fino al 45,3 per cento del 2010. Va verificato se ed in quale misura tale tendenza, se valutata anche in rapporto alle riduzioni del livello delle sanzioni applicabili in sede di definizione

2In mancanza della Relazione al parlamento sui risultati 2010, si fa riferimento ai dati forniti in occasione dell’audizione del 19 aprile 2011 del direttore dell’Agenzia delle entrate alla Commissione finanze della Camera dei Deputati. 3 Sono considerati soggetti di grandi dimensioni quelli con valore aggiunto o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro e soggetti di medie dimensioni quelli con valore aggiunto o ricavi ricompresi tra 5,165 e 99,999 milioni di euro.

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80 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

bonaria degli accertamenti, sia indicativa solo di una maggiore incisività nell’azione di accertamento o, anche, di un’accresciuta difficoltà dell’amministrazione nell’individuazione dei fenomeni evasivi che deve contrastare.

Gli studi di settore

10. Quanto agli effetti degli studi di settore, essi vanno valutati essenzialmente in

termini di compliance indotta nei contribuenti. Secondo quanto emerge dai dati forniti dall’amministrazione (Tabella 9), mentre dal 1998 al 2006 il numero di contribuenti che si è adeguato al risultato degli studi in sede di dichiarazione e la relativa maggiore base imponibile emersa erano progressivamente aumentati (rispettivamente da meno di 182 mila a 654 mila e da 4 a 7,9 miliardi), dal 2007 si è avuta un’inversione di tendenza, con una flessione che si è accentuata nell’ultimo anno.

Tavola 9

GLI STUDI DI SETTORE: ESTENSIONE, ADEGUAMENTO SPONTANEO E MAGGIOR BASE IMPONIBILE

Periodo di imposta

Numero contribuenti che hanno applicato

gli studi di settore

Contribuenti con adeguamento in dichiarazione

Maggior base imponibile

Numero

Incidenza sui contribuenti che hanno applicato

gli studi di settore (%)

migliaia di euro valore medio in

euro (1)

1998 1.025.926 181.656 17,7 742.696 4.088

1999 1.464.927 260.701 17,8 1.147.803 4.403

2000 2.048.650 306.062 14,9 1.579.980 5.162

2001 2.558.897 368.257 14,4 1.968.020 5.344

2002 2.918.883 393.921 13,5 2.201.053 5.588

2003 3.123.179 327.959 10,5 2.362.546 7.204

2004 3.193.175 470.693 14,7 2.977.593 6.326

2005 3.275.227 533.400 16,3 3.401.154 6.376

2006 3.572.108 653.980 18,3 5.160.180 7.890

2007 3.734.932 615.356 16,5 4.406.763 7.161 2008 3.520.765 523.394 14,9 4.083.490 7.802 2009 3.497.610 425.830 12,2 3.077.077 7.226

TOTALE 5.061.209 33.108.355 Fonte: MEF - Dipartimento delle finanze, aprile 2011. (1): per contribuente con adeguamento in dichiarazione.

Con riferimento a tale fenomeno, l’amministrazione fa presente che due fattori

possono aver influito sul calo delle frequenze dei contribuenti nonché sulla minore base imponibile emersa rispetto agli anni precedenti: l’incidenza della crisi che ha colpito l’economia italiana, a seguito della quale è stata effettuata una revisione congiunturale speciale degli studi4, di cui hanno usufruito nel periodo d’imposta 2009 oltre 2.700.000 soggetti, e la già ricordata introduzione del nuovo regime agevolato dei contribuenti

4 Art. 8 del DL 29 novembre 2008, n. 185 in base al quale sono state apportate modifiche all’analisi di normalità economica e sono stati introdotti specifici correttivi, da applicare ai risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore, che prendono in considerazione le contrazioni più significative dei margini e delle redditività; il minor grado di utilizzo degli impianti e dei macchinari; gli andamenti congiunturali negativi intervenuti nell’ambito dei diversi settori, anche in relazione al territorio; i ritardati pagamenti ai professionisti a fronte di prestazioni rese.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 81 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

minimi (legge n. 244/2007), che nel periodo d’imposta 2009 è stato scelto da circa 600.000 contribuenti. In aggiunta a questi fattori, andrebbero, peraltro, tenuti presenti anche quelli legati all’indebolimento di valenza probatoria che gli studi di settore hanno subito per effetto delle innovazioni normative, ma anche della giurisprudenza e della prassi amministrativa, e che hanno portato ad escludere che un accertamento possa essere validamente motivato con il solo scostamento rispetto agli stessi studi.

Da approfondire sono altresì le cause del progressivo aumento anche nel 2009 del numero dei contribuenti congrui naturali che sono saliti al 68,4 per cento. Ciò, infatti, se da un lato sembra confermare quanto pure viene prospettato dall’amministrazione, in ordine allo sforzo dei contribuenti per adeguarsi ai risultati degli studi nel corso dell'anno, dall’altro richiederebbe di verificare se ciò non dipenda anche da fattori almeno in parte legati ad una maggiore capacità degli stessi contribuenti di padroneggiare i vincoli imposti dallo strumento, senza che ciò si traduca in effettiva maggiore compliance.

Le sanzioni amministrative

11. Nell’ambito degli strumenti di contrasto dell’evasione, una riflessione

particolare richiedono le modificazioni apportate al sistema sanzionatorio amministrativo e lo stato del sistema repressivo penale tributario.

Relativamente all’evoluzione del sistema sanzionatorio amministrativo, va rilevato come esso abbia subito recentemente interventi non sempre coerenti e sistematici. Fino al 1997 il sistema si è caratterizzato per l’eccessivo rigore formale e per l’insufficiente capacità di deterrenza, a causa soprattutto delle lungaggini del contenzioso, delle ricorrenti sanatorie e dell’inefficacia della riscossione coattiva. Le previsioni normative davano luogo all’applicazione di un cumulo di sanzioni spesso sproporzionate nel loro complesso all’oggettiva consistenza delle violazioni e, in qualche misura, tutto ciò finiva per compromettere la stessa efficienza dell’azione amministrativa di controllo e di accertamento, in quanto induceva gli uffici a porre attenzione piuttosto alla trasgressione di singoli obblighi formali che non alla realizzazione dell’evasione5.

Conseguentemente, sulla base della delega conferita al Governo dalla legge 662 del 1996, si ritenne opportuno riformare il sistema sanzionatorio tributario non penale con i decreti legislativi 471, 472 e 473 del 18 dicembre 1997 in vigore dal 1° aprile 1998. A seguito della riforma, furono superate le preesistenti distinzioni tra pena pecuniaria e soprattassa, con la previsione della sanzione pecuniaria, e fu realizzato un netto avvicinamento del sistema all’ordinamento penale, con conseguente applicazione

5 Quali esempi degli eccessi dell’ordinamento allora in vigore si faceva il caso di un’evasione di entità non molto rilevante realizzata da un imprenditore commerciale che, vendendo al pubblico merci di modesto valore unitario, era tenuto all’emissione di scontrini fiscali. Un’evasione Iva realizzata occultando corrispettivi per venti milioni di lire mediante omissione di scontrini fiscali per un valore medio di quattromila lire ciascuno e quindi di cinquemila scontrini, avrebbe comportato, per la sola omissione degli scontrini, una sanzione minima di due miliardi di lire rispetto ad un comportamento suscettibile di realizzare un’evasione di imposta di tre milioni e ottocento mila lire, a sua volta poi sanzionato, rispetto alla ipotesi di dichiarazione infedele, con ulteriore sanzione pari, nel minimo, all’imposta evasa. La sproporzione tra repressione dei comportamenti prodromici e repressione dei comportamenti evasivi era dunque evidente.

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82 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

dei principi di legalità, imputabilità e colpevolezza e, aspetto senz’altro più rilevante, con l’introduzione del concorso di violazioni e della continuazione6.

Una forte attenuazione delle sanzioni amministrative applicabili in caso di definizione bonaria dei rapporti tributari è stata prevista con l’art. 83, comma 18, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 che, nell’introdurre la possibilità di definizione agevolata dei processi verbali della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate, ha ridotto al 12,5 per cento (cioè del 50 per cento) la già tenue sanzione prevista per l’accertamento con adesione e per l’acquiescenza.

Peraltro, poiché per effetto delle modifiche apportate dal citato art. 83 le misure delle sanzioni applicabili in caso di ravvedimento erano divenute eccessive rispetto a quelle applicabili a seguito di definizione bonaria dell’indagine fiscale, con l’art. 16 del d.l. 185 del 2008 anche le misure delle sanzioni previste in caso di ravvedimento venivano ridotte7.

In sostanza, a seguito degli interventi legislativi del 2008, le sanzioni amministrative applicabili nei casi di definizione “bonaria” dei rapporti hanno subito una drastica attenuazione. Il drastico abbattimento della misura delle sanzioni nei casi di definizione non conflittuale ha reso sicuramente più facile il raggiungimento di positivi risultati operativi per l’amministrazione finanziaria, rischiando, però, di indebolire la deterrenza complessiva del sistema.

Ciò spiega l’inversione di tendenza rispetto all’impostazione del 2008 che si è avuta con la legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità per il 2011), che ha elevato le sanzioni, sia nei casi di accertamento con adesione e di acquiescenza, sia in quelli di definizione diretta dei processi verbali e degli inviti al contraddittorio, nonché di ravvedimento e di conciliazione giudiziale8.

Negli ultimi anni ci troviamo, dunque, in presenza di una strategia del legislatore alquanto mutevole, i cui riflessi sui comportamenti dei contribuenti e sulla capacità dell’amministrazione di conseguire un effettivo miglioramento della tax compliance andrebbero attentamente analizzati.

6 Un importante aspetto della riforma del sistema sanzionatorio entrata in vigore nel 1997 è costituito dalla messa a punto dei c.d. strumenti deflativi del contenzioso (ci si riferisce all’adesione all’accertamento, all’acquiescenza, alla conciliazione giudiziale e al ravvedimento operoso) attraverso i quali la misura della sanzione viene a ridursi in ragione della ricerca di un equilibrio tra esigenze di deterrenza del sistema e composizione bonaria delle vertenze attuali o anche solo potenziali. Così, nel caso dell’adesione era prevista la riduzione della sanzione al 25 per cento della misura minima edittale, nel caso dell’acquiescenza del 25 per cento della sanzione irrogata, mentre nel caso del ravvedimento operoso una sanzione del 30 per cento veniva ridotta ad 1/8 (cioè al 3,75 per cento) se il pagamento veniva eseguito entro 30 giorni dalla scadenza prescritta e ad 1/5 (cioè al 6 per cento) se il pagamento veniva effettuato entro un anno dalla violazione. 7 Rispettivamente, al 2,5 per cento per il ravvedimento entro i 30 giorni dal mancato adempimento e al 3 per cento per il ravvedimento operato entro l'anno. 8 In base alla nuova normativa, operante dal 1° febbraio scorso, le sanzioni nei casi di accertamento con adesione e di acquiescenza vengono elevate da 1/4 a 1/3, cioè dal 25 per cento al 33,33 per cento del minimo edittale. Tali sanzioni nei casi di definizione diretta dei processi verbali e degli inviti al contraddittorio passano da 1/8 a 1/6, cioè dal 12,5 per cento al 16,66 per cento. A loro volta, anche le sanzioni applicabili in caso di ravvedimento sono state aumentate: a seconda dei casi, sono passate da 1/12 (2,5 per cento) a 1/10 (3 per cento) o da 1/10 (3 per cento) a 1/8 (3,75 per cento). Per quanto concerne la conciliazione giudiziaria prevista dall’art. 48, comma 6, del d.lgs. n. 546/1992, l’art. 1, comma 19, della legge. n. 220/2010 ha elevato la misura delle sanzioni applicabili da 1/3 a 2/5 di quelle applicate con il provvedimento impugnato.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 83 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Le sanzioni penali 12. In ordine al sistema repressivo penale-tributario, va rilevato come lo stesso

risenta da tempo delle più gravi difficoltà accusate dall’ordinamento penale generale. Nonostante le importanti riforme attuate dapprima con il decreto-legge 10 luglio

1982, n. 429, convertito dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, che portò al superamento della pregiudiziale tributaria ed all’introduzione di fattispecie di reato prodromiche all’evasione (omessa contabilizzazione di ricavi, ecc.), e successivamente con il d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, con il quale è stata prevista una nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto9, l’applicazione della sanzione penale non è apparsa fino ad oggi in grado di costituire un argine adeguato alle frodi e alle gravi evasioni che continuano ad emergere dall’attività di controllo.

Come risulta dalla Tavola 10, l’effettuazione dei controlli fiscali ha portato negli anni la Guardia di finanza a denunciare all’Autorità giudiziaria un numero crescente di soggetti e di violazioni accertate, con un raddoppio fra il 2005 ed il 2010 (rispettivamente da 6.120 a 11.230 soggetti denunciati e da 5.717 a 11.490 di violazioni accertate, con una prevalenza delle dichiarazioni fraudolente: 3.703 nel 2010). Il numero dei denunciati in stato di arresto, dopo essere diminuito da 170 a 105 tra il 2005 ed il 2008, è nuovamente aumentato - a 144 nel 2009 ed a 234 nel 2010.

Tavola 10

I REATI FISCALI

2005 2006 2007 2008 2009 2010

Soggetti denunciati 6.120 7.231 7.342 7.389 11.489 11.230

di cui in stato di arresto 170 186 148 105 144 234 Totale violazioni accertate 5.717 7.410 7.513 7.866 10.907 11.490

Emissione fatture per operazioni inesistenti 1.502 1.813 1.628 1.516 2.305 2.060

Dichiarazione fraudolenta 1.812 2.418 2.412 2645 3.695 3.703

Dichiarazione infedele 400 684 593 849 1.093 1.182

Omessa dichiarazione 809 1.129 1.094 1.196 1.706 2.106

Occultamento/distribuzione documenti contabili 1.194 1.366 1.626 1.453 1.759 2.011

Fonte: Guardia di finanza.

Per il 2010 è anche noto che nei confronti di soggetti responsabili di reati fiscali

sono stati operati sequestri penali per un ammontare complessivo pari a 510 milioni. Meno imponenti risultano, tuttavia, i dati relativi ai processi conclusisi con una

sentenza di condanna. In particolare, l’andamento registrato fra il 2001 e il 2008 (tavola 11) relativo alle condanne per soli reati contravvenzionali consente di sottolineare i seguenti aspetti:

le condanne per evasione fiscale (di Iva e imposte sui redditi) hanno segnato un drastico ridimensionamento all’indomani del varo della nuova disciplina penale (d.lgs. 74/2000). Se nel 2001 rappresentavano una quota apprezzabile (1,22 per cento)

9 Sulla base della delega conferita dall'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205.

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84 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

dell’insieme delle condanne per contravvenzioni (comprensive anche di quelle concernenti il codice della strada, l’ordine pubblico, le norme in materia edilizia e di igiene alimentare, ecc.), nel 2008 tale quota risulta del tutto marginale. E’ uno sviluppo peraltro che si spiega con il nuovo assetto definito dal d.lgs. n. 74/2000, dichiaratamente volto al contrasto selettivo di comportamenti autenticamente offensivi degli interessi erariali, rispetto alla precedente logica della legge 516/1992, orientata, invece, alla repressione diffusa di trasgressioni prodromiche all’evasione;

alla riduzione del numero delle condanne si è accompagnata una progressiva e drastica diminuzione anche delle condanne alla pena dell’arresto. Nel 2001, gli arrestati per reati contravvenzionali di evasione risultavano poco meno di 250, con un buon 40 per cento destinatario di una pena superiore ai tre mesi; nel 2008 i condannati all’arresto sono appena 5, uno solo dei quali con pena eccedente i tre mesi;

nulla è invece cambiato in ordine al massimo della pena inflitta: la condanna all’arresto oltre i 12 mesi è stato sempre un’eccezione, interessando nell’arco di otto anni appena dieci evasori in complesso.

Tavola 11

CONDANNATI CON SENTENZA IRREVOCABILE PER SOLE CONTRAVVENZIONI COMMESSE IN MATERIA DI

EVASIONE D'IMPOSTA SUI REDDITI E SUL VALORE AGGIUNTO

Anno Totale

Per pena inflitta Solo ammenda Arresto

fino a 3 mesi oltre 3 e fino

a 12 mesi oltre 12 mesi 2001 1.078 836 133 108 12002 309 215 45 47 22003 443 330 62 49 22004 490 470 11 8 12005 123 114 3 5 12006 27 12 5 9 12007 16 7 3 4 22008 10 5 4 1 0

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Istat.

Ma quello appena descritto è un quadro molto parziale in quanto si riferisce solo

ai reati contravvenzionali e non anche ai delitti previsti dal d.lgs. 74/2000. Per quanto riguarda questi ultimi, non si dispone di risultanze affidabili in ordine agli esiti giudiziari dell’azione di contrasto. Non si può, a tal proposito, non ribadire la precarietà delle informazioni, la limitatezza delle fonti e la loro instabilità. Gli unici dati, peraltro parziali, di fonte Ministero di giustizia, si riferiscono al 2009 e sono riportati nella sottostante tavola 12.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 85 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 12 CONDANNE NEL 2009 PER REATI DI EVASIONE FISCALE NELLE SEDI CENTRALI DEI TRIBUNALI

Reati tributari Fatti

delittuosi accertati

Condanne

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto 389 166Evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto mediante false dichiarazioni 422 172Evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto per omessa dichiarazione 253 140Evasione dell'imposta di fabbricazione di oli minerali 2 Occultamento o distruzione di documenti contabili al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto 481 327Omesso versamento di ritenute certificate 10 9

Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte 6 3Totale reati tributari 1.563 817Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali 3.591 2.197Totale generale 6.717 3.831

Fonte: Elaborazioni Corte dei conti su dati Guardia di finanza e Ministero di giustizia Note: 1. I dati sono parziali in quanto: a) si riferiscono alle sole sedi centrali dei tribunali, escluse le sezioni distaccate (che trattano solo reati di competenza del giudice monocratico) e gli Uffici GIPGUP; b) non sono incluse le sedi di Palermo, Napoli, Genova, Firenze, Lucca che hanno un registro informatizzato nuovo dal quale al momento non è possibile trarre tali informazioni; c) non è stato possibile verificare l’esistenza di condanne per violazioni ad alcuni articoli del DL 74/2000 (in particolare agli articoli 10-ter e quater). 2. Essendo conteggiate le condanne promiscue in sede di giudizio ordinario (53 per i soli reati tributari e 82 nel complesso), potrebbero esserci duplicazioni.

Tenuto conto che il quadro presentato è comunque incompleto, venendo a

mancare l’apporto di numerose sedi, alcune di particolare rilevanza, come quelle di Palermo e di Napoli, si può notare che il numero dei fatti delittuosi accertati (1.563 per i soli reati tributari e 6.717 includendovi gli omessi versamenti di ritenute previdenziali ed assistenziali) e delle condanne pronunciate dai tribunali (817 per reati fiscali ed oltre 3 mila se si includono anche le condanne per omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali) sembrano comunque avere una qualche significatività.

Dall’analisi che è stato possibile svolgere appare sicuramente evidente che, con la riforma del d.lgs. 74/2000, si è sicuramente ottenuto il risultato di porre termine alla polverizzazione delle fattispecie repressive ed al contestuale ingolfamento della via giudiziaria rimproverati alla legge 516/1982. Tuttora parziali e limitati, ancorché non trascurabili, appaiono, invece, i risultati in termini di individuazione di un numero adeguato di quei diffusi comportamenti autenticamente offensivi degli interessi erariali che si intendeva sanzionare con una reclusione oscillante da un minimo di sei mesi ad un massimo di sei anni.

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Riquadro: Evoluzione normativa del diritto penale tributario

La prima disciplina organica in materia di violazioni penali tributarie si configura con la Legge n. 4 del 7 gennaio 1929, recante “Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie”, provvedimento che contemplava una pregiudiziale tributaria, subordinando l’avvio del procedimento penale all’avvenuto definitivo accertamento dell’imposta sul piano amministrativo. Tale struttura normativa, rivelatasi progressivamente inadeguata a contenere il crescente fenomeno evasivo, ha richiesto successivi assestamenti intervenuti, in una prima fase, con i decreti delegati degli anni ’70 in materia di Iva (dPR. n. 633/1972) e di Imposte dirette (dPR n. 600/10973), e, in un secondo momento, con la più generale e radicale riforma del sistema penale tributario operato dalla Legge n. 516/1982, che ha avuto il merito di rimuovere il condizionamento rappresentato dalla permanente vigenza della pregiudiziale. La legge 516/1982 prevedeva un’ampia gamma di reati contravvenzionali (di mero pericolo) in materia di dichiarazioni e di adempimenti contabili, di adempimenti del sostituto d’imposta, di reati in materia di stampati, di reati di frode fiscale. Ma prevedeva anche, all’art. 4, alcuni reati di frode fiscale (rilascio o utilizzazione di documenti contraffatti o alterati, distruzione o occultamento di scritture contabili o di documenti ad obbligatoria conservazione, falsa indicazione normativa negli elenchi allegati alla dichiarazione annuale o nella dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, falsità ideologica in fatture ed altri documenti, falsa certificazione di ritenute alla fonte a titolo di acconto, falsa indicazione nella dichiarazione dei redditi o nel bilancio di componenti di reddito). La legge 516/1982 non è riuscita a conseguire gli attesi effetti equitativi e di recupero erariale connessi agli obiettivi di prevenzione e contenimento dei comportamenti trasgressivi; e ciò in quanto la disciplina, pur avendo abrogato la pregiudiziale tributaria – configurava prevalentemente reati contravvenzionali di puro pericolo, polverizzando le fattispecie trasgressive e finendo, in concreto, con l’indurre una sorta di “banalizzazione” della condotta criminale ed ingolfando contestualmente la via giudiziaria. Sul piano statistico, nei quasi due decenni di operatività del sistema normativo riconducibile alla legge n. 516, venivano avviati – secondo stime attendibili – oltre un milione/anno di procedimenti penali per reati fiscali, con risultati repressivi tuttavia minimi e con nessun effetto obiettivamente deterrente, così come testimoniato dal permanere delle eccezionali dimensioni del fenomeno evasivo. Dopo la legge 15 maggio 1991, n. 154, che modificava alcune delle norme della L. 516/1992, interveniva, pertanto, il d.lgs. n. 74/2000, emanato a seguito della legge-delega n. 205 del 25 giugno 1999, che ha abrogato tutte le fattispecie di reato previste dalla L. 516/1982, introducendo un innovativo sistema penale tributario, che, colpendo i reati di evasione e/o di frode, si caratterizza per una chiara declaratoria di separatezza del procedimento penale rispetto al procedimento tributario, con il passaggio da una disciplina di repressione diffusa – in ordine a comportamenti di scarsa lesività – ad una logica di intervento penale, numericamente contenuto, in quanto inteso come extrema ratio, volto al contrasto severo di individuati, ristretti comportamenti autenticamente offensivi degli interessi erariali, configurati come delitti e sanzionati con reclusione oscillante da un minimo di sei mesi a un massimo di sei anni.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 87 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Il d.lgs. 74/2000, con le successive modifiche e integrazioni (art. 1, comma 414 della L. 311/2004 e art. 35, comma 7, della L. 223/2006) , sanziona i delitti in materia di documenti (emissione di fatture per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili) e di pagamento di imposte (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento Iva, indebita compensazione), oltre che le condotte incidenti sulla correttezza della dichiarazione (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione).

La lotta all’evasione nella prospettiva del federalismo fiscale 13. Il ridisegno dell’ordinamento fiscale in chiave federalista ha comportato, fra

l’altro, anche l’attribuzione ai comuni di un ruolo più significativo che nel passato nell’azione di contrasto dell’evasione, anche se il tentativo di tale coinvolgimento ha formalmente avuto inizio quarant’anni fa, come risulta dall’evoluzione normativa dalla riforma tributaria del 1971-1973 in avanti, riepilogata nel riquadro che segue.

Le previsioni normative riportate nel riquadro ed anteriori al 2008 sono rimaste in larga parte inattuate, ma anche quelle da ultimo adottate si presentano con connotazioni di problematicità e di efficacia relativa.

Su un piano generale, va segnalato come anche i meccanismi di incentivazione, nella loro formulazione iniziale, non sembrano aver prodotto risultati significativi, a causa soprattutto del limitato interesse di molte amministrazioni locali ad impegnarsi in un’attività amministrativa onerosa e scarsamente popolare, quale quella dell’accertamento fiscale, dalla quale non derivano immediati benefici finanziari. Peraltro, va positivamente valutato l’impegno di alcune amministrazioni locali che hanno colto nell’opportunità offerta dal legislatore con il ricordato meccanismo di incentivazione una concreta prospettiva di incremento delle loro entrate.

Quanto all’effettiva utilità delle misure sopra ricordate ai fini del contrasto dell’evasione fiscale e dell’incremento del gettito fiscale complessivo, si deve notare come all’accresciuto ruolo dei comuni nell’azione di contrasto dell’evasione dei tributi erariali non si sia finora accompagnato un significativo potenziamento operativo dell’amministrazione fiscale. Pertanto, se la quantità di procedimenti accertativi che l’amministrazione è in grado di produrre non subirà in futuro apprezzabili incrementi, l’apporto dei comuni rischia di risolversi in un mero trasferimento alla finanza locale di una parte delle entrate da accertamento e controllo prima contabilizzate dallo Stato. Si può, comunque, ipotizzare che l’apporto dei comuni possa rendere maggiormente proficua l’azione degli uffici dell’Agenzia delle entrate che, tuttavia, in termini di numero di controlli positivi sul totale dei controlli eseguiti e di somme accertate (non certo di quelle recuperate), appare già altamente proficua.

Quanto, più in particolare, all’istituzione dei consigli tributari prevista dall’art. 18 del DL n. 78 del 2010, va rilevato lo scarso seguito che la prescrizione ha avuto tra i comuni, probabilmente per le negative esperienze fornite in passato dagli stessi consigli tributari, la cui istituzione risale, come è noto, addirittura alla fine del periodo bellico (d.lgs. legge 8 marzo 1945, n. 77). Negli anni ’80, infatti, un esiguo numero di comitati era stato istituito in attuazione di quanto prevedeva l’art. 44, comma terzo, del dPR n. 600 del 1973, dando molto spesso luogo a criticità nei rapporti con l’amministrazione

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

88 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

finanziaria dello Stato per la connotazione a-tecnica e sostanzialmente politica di molti dei componenti dei consigli stessi.

In conclusione, l’impostazione delle attuali strategie di coinvolgimento dei comuni nel contrasto all’evasione andrebbe definita tenendo conto che la difficoltà è meno quella di individuare gli evasori - tanto sono evidenti e diffusi i comportamenti irregolari, o almeno quelli tipici come l’occultamento di ricavi - e più quella di impedire che i comportamenti irregolari abbiano a reiterarsi nel tempo, sulla base di una spregiudicata analisi costi-benefici posta in essere dagli evasori. Pertanto, mentre ci si può sicuramente attendere che le misure adottate negli ultimi anni per coinvolgere i comuni nella repressione dell’evasione con ogni probabilità indurranno una maggiore attenzione degli stessi verso i fenomeni evasivi presenti sul loro territorio, e segnatamente verso quelli relativi alla fiscalità immobiliare, resta ancora irrisolta la questione di fondo, relativa al contributo che i comuni dovrebbero dare per favorire l’attuazione di una strategia complessiva per pervenire ad una effettiva ed incisiva riduzione dei livelli di evasione.

Riquadro: L’evoluzione normativa nel coinvolgimento dei Comuni nel contrasto all’evasione Dopo le insoddisfacenti esperienze dei primi anni di attuazione della riforma tributaria del 1971-73, che avevano assegnato ai comuni una funzione collaborativa nell’accertamento delle imposte sui redditi (artt. 44 e 45 del dPR n. 600 del 1973), essenzialmente per controbilanciare la soppressione dell’Imposta di famiglia, fino al 2005 le strategie legislative in materia di contrasto dell’evasione sembravano puntare soprattutto sulle capacità operative ed investigative dell’amministrazione finanziaria dello Stato (Agenzia delle entrate e Guardia di finanza). Con l’art. 1 del DL 203 del 2005 si è invertita la tendenza e il legislatore ha cercato di favorire un ruolo più concretamente attivo dei comuni nel contrasto dell’evasione, incentivandone l’azione con l’attribuzione di una quota “pari al 30 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del comune che abbia contribuito all’accertamento stesso”. L’art. 83, commi 16 e 17, del DL 112 del 2008, ha poi introdotto una ulteriore, specifica forma di collaborazione dei comuni per il controllo (obbligatorio) della posizione anagrafica delle persone fisiche che richiedono l’iscrizione all’Aire. Anche in questo caso la collaborazione è stata incentivata con il riconoscimento della quota pari al 30 per cento delle maggiori somme relative ai tributi statali riscosse a titolo definitivo. Con l’art. 18 del DL 78 del 2010 il legislatore è nuovamente intervenuto in materia, allo scopo di dare maggiore impulso al ruolo delle amministrazioni comunali nell’accertamento tributario e contributivo. A tal fine è stato previsto, in primo luogo, l’obbligo di istituzione dei consigli tributari (in forma consortile per i comuni con meno di cinquemila abitanti). Lo stesso art. 18 del DL 78 del 2010 ha poi aggiornato alle nuove procedure telematiche le disposizioni relative alla consultabilità delle dichiarazioni tributarie da parte dei comuni e ha previsto la comunicazione preventiva agli stessi degli accertamenti sintetici Irpef basati sulla capacità di spesa e sul c.d. “redditometro”. Inoltre, quella che nella precedente formulazione dell’art. 44 del dPR n. 600 era una facoltà di segnalazione degli elementi integrativi delle dichiarazioni individuati dai

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 89 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

comuni è divenuta un obbligo. Ulteriori modifiche introdotte dall’art. 18 citato hanno riguardato la procedura e i tempi previsti per l’esame delle segnalazioni di accertamento inviate dall’Agenzia delle entrate ai comuni (ormai limitate, come si è detto, al solo accertamento sintetico) e le modalità di accesso degli enti territoriali alle banche dati dell’Anagrafe Tributaria. Tra le modifiche più significative recate dall’art. 18 in commento, vi è poi l’innalzamento dal 30 al 33 della percentuale di partecipazione agli introiti a titolo definitivo generati dall’azione collaborativa dei comuni e l’inclusione nella base di commisurazione degli stessi delle sanzioni civile applicate sui maggiori contributi riscossi (comma 5, lett. a). Lo stesso innalzamento è stato pure previsto per l’incentivazione dei controlli degli iscritti all’Aire di cui all’art. 83 del DL 112 del 2008. Va notato come alle disposizioni dell’art. 18 del DL 78 del 2010 non sono stati ascritti effetti finanziari. Quanto al ruolo dei comuni nella gestione della fiscalità immobiliare, con l’art. 1, comma 336, della legge 311 del 2004, è stato previsto un ruolo attivo delle amministrazioni comunali ai fini della individuazione di immobili non dichiarati in catasto o non più coerenti con i classamenti catastali per effetto di successive variazioni edilizie. Tale disposizione, tuttavia, non sembra finora avere pienamente corrisposto alle aspettative del legislatore, in parte per le difficoltà tecniche che hanno ostacolato l’individuazione delle situazioni irregolari e in parte per l’insufficiente coinvolgimento degli enti locali nell’operazione. Sempre in tema di fiscalità immobiliare va pure ricordato il disposto dell’art. 34-quinquies del DL n. 4 del 2006 che ha istituito il modello unico digitale per l'edilizia ai fini della presentazione telematica ai comuni delle pratiche edilizie e dei conseguenti adempimenti catastali, stabilendo un sistema di interscambio delle informazioni tra comuni e Agenzia del territorio nella fase transitoria. Ulteriori importanti modifiche della normativa che regola la collaborazione dei comuni all’accertamento fiscale sono intervenute recentemente con il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in materia di federalismo fiscale municipale. Con tale provvedimento, che come è noto ha comportato la devoluzione ai comuni della gran parte della fiscalità immobiliare, sono state rafforzate le misure finalizzate a favorire ed incentivare la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario. Più specificamente, con l’art. 2, comma 10, del d.lgs. n. 23, è stato prevista l’attribuzione al comune interessato del maggior gettito derivante dall'accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto. Inoltre, è stata elevata al 50 per cento la quota incentivante del 33 per cento prevista dall’articolo 1, comma 1, del DL n. 203 del 2005, ed è stato stabilito che tale quota sia attribuita ai comuni in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo, demandandosi poi ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione delle modalità di recupero di tali somme quando rimborsate ai contribuenti. Lo stesso comma 10, inoltre, prevede la messa a disposizione dei comuni dei dati dell’Anagrafe Tributaria relativi agli immobili e ai soggetti che risiedono nel relativo territorio o che vi svolgono un’attività di lavoro indipendente.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

90 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Il consenso intorno alla lotta all’evasione 14. Dall’esame condotto sull’efficacia degli strumenti impiegati emerge

chiaramente come il problema da risolvere sia, in definitiva, quello di indurre e consolidare comportamenti spontanei di massa più corretti. Completando e rafforzando le misure che possono favorire la naturale emersione delle basi imponibili (generalizzata acquisizione dei dati relativi ai rapporti clienti - fornitori, comunicazione annuale al fisco dei dati finanziari di sintesi di tutte le posizioni censite nell’anagrafe dei rapporti, ecc.). Ed assicurandosi che il sistema sanzionatorio - la cui forza di dissuasione era stata forse eccessivamente indebolita, soprattutto nei confronti delle evasioni più diffuse, in conseguenza di un impiego “agevolato” finalizzato a premiare la deflazione del contenzioso, e con essa l’acquisizione certa ed immediata, anche se ridotta, di entrate – si connoti per un livello di effettiva deterrenza.

Accanto a tutto questo si pone, tuttavia, anche l’importanza che può avere un clima di maggior fiducia dei cittadini nei confronti della gestione della finanza pubblica, alimentato dai positivi ritorni che essi vorrebbero percepire dal lato dei servizi pubblici; così come dalla redistribuzione del dividendo fiscale realizzato con la lotta all’evasione.

Per quanto concerne il primo aspetto, una recente indagine della Banca d’Italia10 ha consentito di confermare l’esistenza di una significativa correlazione fra morale fiscale e grado di efficienza della spesa pubblica: la propensione a pagare le tasse, in sostanza, risulterebbe più pronunciata nei Comuni in cui si percepisce che le risorse prelevate dagli enti locali sono spese in maniera più efficiente.

La centralità della questione evasione nella percezione dei cittadini è invece testimoniata dai risultati di due recenti indagini campionarie11, dedicate al rapporto fisco-contribuenti. Da entrambe emerge un netto giudizio di condanna dell’evasione fiscale (oltre l’80 per cento degli intervistati), nella consapevolezza delle distorsioni che essa provoca, sia dal lato di un’equa distribuzione del prelievo, sia dal lato della fornitura di servizi pubblici adeguati.

Va peraltro valutato in quali termini e con quali modalità, ferma restando la priorità da riservare al soddisfacimento dell’esigenza di migliorare i saldi di finanza pubblica, possa essere rafforzato il consenso intorno alla lotta all’evasione fiscale con la destinazione, anche soltanto di una quota, dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione a “premiare” i contribuenti il cui curriculum fiscale si connoti per una sicura e consolidata compliance.

10 Barone G. – Mocetti S., Tax Morale and Public Spending Inefficiency, Banca d’Italia, Temi di discussione n. 732, novembre 2009. 11 La prima curata dal Censis per il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (cfr. Censis, Rapporto sulla situazione sociale del paese, 2010) e la seconda commissionata all’Ispo dalla Confesercenti (cfr. http://www.confesercenti.it/documenti/allegati/indaginefisco.pdf).

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 91 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

ALTRE FONTI E MODALITÀ COMPENSATIVE DI ACQUISIZIONE DI ENTRATE L’accresciuta efficienza della riscossione 15. Nel dare certezza e continuità all’andamento delle entrate un contributo

rilevante è venuto dall’accresciuta efficienza della riscossione. Una funzione, che in passato rappresentava la strozzatura dell’attività di accertamento e controllo e che finiva per drasticamente ridimensionare l’impatto di ogni sforzo nel contrasto all’evasione, ha subito un forte rilancio a partire dalla fine del 2006, a seguito del passaggio alla gestione pubblica: alla tradizionale incertezza degli esiti ed alla sostanziale deresponsabilizzazione nel conseguire gli obiettivi di gettito è progressivamente subentrata la programmazione (e la capacità di conseguire) precisi obiettivi. Le evidenze di tale trasformazione scaturiscono da (tavola 13):

il volume della riscossione a mezzo ruoli che, in quattro anni, è cresciuta quasi del 63 per cento, passando dai 5 miliardi del 2006 (3,7 nel 2005) agli 8,3 del 2010;

il carico affidato ad Equitalia che, al netto di sgravi e sospensioni, è balzato da 38 miliardi nel 2005 ai poco più di 50 nel triennio successivo, per poi segnare un’ulteriore impennata nel 2009 (con 60,6 miliardi) e nel 2010 (oltre 72 miliardi);

la dinamica del tasso di riscossione (rapporto fra il riscosso e il carico netto) che, dopo la caduta del 2006 (al 2,79 per cento), proprio in ragione della rilevante lievitazione del carico netto, è poi tornato ad attestarsi al di sopra del 3 per cento (3,12 nel 2009), prima di evidenziare un nuovo ridimensionamento nel 2010 (2,88 per cento), peraltro anch’esso più che spiegabile con l’eccezionale crescita del carico netto (da 60,6 a 72 miliardi, pari al +19 per cento);

il livello del tasso di riscossione totale che, come si rileva per le annualità ormai “assestate” (i primi anni 2000) , tende a collocarsi intorno al 20 per cento; valori quasi doppi rispetto a quello rilevato da precedenti indagini della Corte, relative agli accertamenti emessi dall’Agenzia delle entrate in specifici anni.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

92 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 13 ANDAMENTO DELLE RISCOSSIONI: CARICO AFFIDATO AL NETTO DI SGRAVI E

SOSPENSIONI, RISCOSSO E PERCENTUALI DI RISCOSSIONE SU CARICO NETTO PER

ANNO DI CONSEGNA E DI RISCOSSIONE TOTALE RUOLI (milioni di euro)

Anno affidamento del carico

Carico netto (*)

febbr-2011

Riscosso totale per anni % Riscosso su carico netto per anni

2000-2004

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 (genn-febbr)

Totale (genn2000-

febbr 2011)

2005 2006 2007 2008 2009 2010

totale (genn2000-

febbr 2011)

2000 39.646 5.934 379 383 341 290 254 227 25 7.834 0,96% 0,97% 0,86% 0,73% 0,64% 0,57% 19,76%

2001 21.909 2.987 284 285 242 185 150 129 18 4.287 1,30% 1,30% 1,11% 0,85% 0,69% 0,59% 19,57%

2002 19.336 2.116 315 297 246 182 139 110 15 3.428 1,63% 1,54% 1,27% 0,94% 0,72% 0,57% 17,73%

2003 20.820 1.904 490 473 398 292 216 200 19 4.005 2,35% 2,27% 1,91% 1,40% 1,04% 0,96% 19,24%

2004 26.815 889 1.079 741 546 367 318 216 26 4.200 4,02% 2,76% 2,04% 1,37% 1,18% 0,81% 15,66%

2005 37.817 1.141 1.475 851 506 392 304 34 4.723 3,02% 3,90% 2,25% 1,34% 1,04% 0,80% 12,49%

2006 51.879 1.449 2.785 1.452 895 743 79 7.422 2,79% 5,37% 2,80% 1,73% 1,43% 14,31%

2007 50.214 1.414 2.085 1.105 860 80 5.560 2,82% 4,15% 2,20% 1,71% 11,07%

2008 50.041 1.589 2.240 1.298 118 5.256 3,17% 4,48% 2,59% 10,50%

2009 60.615 1.888 2.156 193 4.243 3,12% 3,56% 7,00%

2010 72.032 2.072 398 2.475 2,88% 3,44%

genn-febbr2011

16.319 14 14 0,09%

data non corretta

47 21 19 16 11 6 5 0 126

Totale 467.443 13.830 3.688 5.104 6.824 6.948 7.596 8.314 1.019 53.449

Fonte: Equitalia, Stato della Riscossione (dati al 28 Febbraio 2011). (*): per carico netto si intende l'importo del carico affidato al netto della quota oggetto di sgravi e sospensioni.

Nel valutare la significatività di tali evidenze va naturalmente tenuto conto del

fatto che le riscossioni rendicontate da Equitalia comprendono anche la riscossione fisiologica (es. TARSU di molti comuni) e molte quote che non sono di vera evasione (una parte dei ruoli 36-bis e 36-ter derivano da errori). Più specificamente, i ruoli dell’Amministrazione finanziaria centrale (Agenzie entrate e dogane) si aggirano intorno al 50 per cento del totale, laddove la restante metà si distribuisce fra Enti previdenziali ed enti locali (Tavola 14).

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

93

Tavola 14

RISCOSSIONI A MEZZO RUOLI (milioni di euro)

Genn.–dic.

2008

Genn.–dic.

2009

Genn.–dic.

2010

Variazione

2010/2009

Variazione

2010/2009

Totale Equitalia 7.014 7.735 8.876 14,8% 26,6% Ruoli erariali (Agenzie entrate e dogane) 3.580 3.801 4.290 12,9% 19,9% Ruoli previdenziali (Inps, Inail) 2.140 2.454 2.839 15,7% 32,6% Ruoli altri enti statali 144 165 322 95,3% 124,0% Ruoli enti non statali 1.150 1.315 1.425 8,4% 23,9%

Fonte: Equitalia. Questi risultati sembrano complessivamente testimoniare di una ritrovata

efficienza e, in ogni caso, riflettono nuove possibilità di azione offerte da significative modifiche normative e da un loro intenso e diffuso utilizzo. E’ il caso, in particolare, dell’estensione delle misure cautelari (DL 185/2008 e DL 78/2009) ai processi verbali di constatazione e agli inviti al contraddittorio e con riferimento non alle sole sanzioni, ma all’intera pretesa tributaria; della possibilità di acquisire informazioni di natura finanziaria finalizzate all’iscrizione d’ipoteca e al sequestro conservativo; della validità, anche per Equitalia, delle ipoteche e dei sequestri conservativi ottenuti dall’Agenzia delle entrate.

Ma è anche il caso degli sviluppi operativi realizzati nel corso del 2010, con riferimento a:

il completamento delle procedure necessarie a consentire l’applicazione dello strumento della compensazione ruoli/rimborsi;

l’applicazione della procedura di sospensione dei pagamenti di ammontare superiore a 10 mila euro da parte della P.A. e delle società a prevalente partecipazione pubblica nei confronti dei soggetti morosi, nel pagamento di somme iscritte a ruolo;

l’utilizzo da parte degli agenti della riscossione degli elementi informativi contenuti nel c.d. Archivio dei Rapporti Finanziari, prima nei confronti dei soli contribuenti iscritti a ruolo per mancato adempimento degli obblighi connessi alle sanatorie fiscali (ex legge n. 289/2002) e successivamente anche nei confronti dei c.d. “morosi rilevanti” (debitori per importi superiori a 500 mila euro).

Con la crescita dei volumi della riscossione, sono stati opportunamente compiuti sforzi per migliorare i rapporti con i cittadini, anche attraverso l’adozione di strumenti quali l’invio di solleciti e di avvisi e la concessione di rateazioni ai contribuenti in temporanea situazione di difficoltà economica. A partire dal 2008 – ossia da quando la competenza è stata trasferita agli agenti della riscossione – sono state concesse oltre 1 milione di rateazioni (poco meno della metà nel solo 2010).

Ciononostante, negli ultimi tempi si sono andate moltiplicando le reazioni di malcontento per l’applicazione di stringenti misure cautelari da parte delle società di riscossione (ipoteca, pignoramento conti, blocco pagamenti PA, fermo amministrativo). Malcontento che rischia di ulteriormente estendersi ed accentuarsi nella prospettiva

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

dell’entrata in vigore, il 1° luglio prossimo, della norma sulla concentrazione della riscossione nell’accertamento.

La crescita dei proventi delle attività di gioco 16. Anche i proventi delle attività di gioco, che in passato risentivano

dell’incertezza e dell’aleatorietà derivanti dal legame con specifiche scelte di consumo dei contribuenti, hanno finito per assumere connotati di continuità e strutturalità, assicurando all’erario risorse rilevanti e crescenti. Ma tale esito, favorito dall’applicazione di logiche e di metodologie gestionali di tipo industriale, ha richiesto sforzi sempre più sostenuti in direzione di un ampliamento della domanda e della raccolta.

L’anno di svolta è stato il 2004: le entrate erariali da giochi sono raddoppiate in valore assoluto (da 3,5 a 7,3 miliardi), in corrispondenza di una forte crescita della raccolta lorda (da 15,1 a 24,8 miliardi), ma anche della circostanza dell’eccezionale andamento del gioco del lotto che – caso unico nella storia - in quell’anno aveva fatto registrare una raccolta di oltre 11 miliardi (rispetto ad una media, ante e post, tra i 6,5 e i 7,5 miliardi) e un’entrata per utile di 4,9 miliardi, a seguito del record di ritardo del numero 53 sulla ruota di Venezia. Negli anni successivi si è assistito, prima, ad un assestamento dei proventi netti su un livello più contenuto (meno di 6,2 miliardi nel 2005), e, poi, ad una ripresa ed alla ininterrotta continuazione della crescita fino agli 8,7 miliardi del 2010, in leggera flessione rispetto al 2009 (-0,7 per cento).

I risultati in termini di entrate erariali sono stati resi possibili da un’ancora più sostenuta crescita della raccolta (Tavola 15), che nel 2010 ha raggiunto i 61,5 miliardi, portando ad oltre 339 miliardi la raccolta del decennio 2001-2010: con un valore medio annuo (circa 34 miliardi) superiore di oltre il 140 per cento rispetto a quello registrato nel periodo 1996-2000.

A fronte della sostenuta crescita della raccolta, le entrate di competenza dell’Erario sono cresciute ad un ritmo sostanzialmente dimezzato (Tavola 16): 152,6 per cento, a fronte del 306,3 per cento, nell’arco di tempo compreso fra il 2003 e il 2010. In sostanza, un aumento senza dubbio significativo sul versante delle entrate ha presupposto una vera e propria dilatazione della raccolta sul mercato dei giochi. Un fenomeno, questo, che trova conferma nella forbice che si è venuta a creare, ed a progressivamente allargare, fra le due variabili nell’ultimo settennio (figura 5) e nella progressiva riduzione dell’incidenza dell’utile erariale sulla raccolta (era il 30,3 per cento nel 2000, è stata del 14,2 per cento nel 2010) (Tavola 17). Evidenze che, peraltro, sembrano destinate ad accentuarsi alla luce dei risultati dell’ultimo biennio: nel 2009, un aumento delle entrate erariali da giochi per poco più di 1 miliardo ha richiesto quasi 7 miliardi di aumento della raccolta; nel 2010, ulteriori 7 miliardi di aumento della raccolta non hanno impedito una sia pure lieve flessione delle entrate erariali. Risulta dunque confermata la tendenza ad una progressiva diminuzione della resa media dei giochi in termini di utili netti per l’erario, con il corrispondente aumento della quota delle spese per vincite corrisposte e per spese di gestione. E’ una tendenza che merita sicuramente ulteriori approfondimenti, posto che la spinta ad accrescere il volume delle entrate nette da giochi nasce come alternativa all’aumento della pressione impositiva, facendo affidamento, anche in materia di giochi, su logiche e metodologie gestionali di tipo industriale: dagli sforzi per interpretare la domanda di gioco, alle segmentazioni del

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

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mercato ed all’arricchimento ed al sistematico rinnovo del portafoglio prodotti, alla distribuzione dell’offerta sul territorio attraverso l’impiego dell’istituto delle concessioni. In particolare, l’analisi dell’evoluzione del “portafoglio prodotti” evidenzia la capacità dimostrata nel corso dell’ultimo decennio di più che compensare con quelli di nuovi giochi i minori apporti dei giochi tradizionali. Alla perdita di peso delle lotterie tradizionali, dei giochi a base sportiva ed a base ippica e più recentemente del lotto (tavola 18), si contrappone, infatti, la rapida crescita dell’incidenza sul totale delle entrate erariali delle lotterie istantanee, del superenalotto e degli apparecchi (questi ultimi passati dal 7 per cento nel 2004 al 43 per cento nel 2010).

In definitiva, dall’analisi svolta emerge un quadro caratterizzato da due evidenze. La prima, e più attuale, è quella di una fonte di entrata sostanzialmente affidabile, che sembra aver perduto la sua tradizionale connotazione di aleatorietà per acquistarne una di tendenza ad una progressiva e stabile crescita, oltre a costituire un argine alle attività criminali da sempre ampiamente presenti nel settore. La seconda, a valenza prospettica, di una fonte di entrata che sta incontrando i primi limiti alla propria carica espansiva, non potendosi ipotizzare la continuazione di un’esponenziale dilatazione del mercato della raccolta.

Tanto più che il consumo dei giochi interessa prevalentemente le fasce sociali più deboli ed è legato alla scarsa diffusione della cultura scientifica, oltre che al desiderio di comprarsi un sogno. La crescita del pensiero razionale, ovviamente da favorire in tutti gli strati della società, è destinata a riportare anche in Italia il livello delle scelte di consumo per i giochi in linea con quello di paesi, come la Francia, in cui la cultura scientifica, molto più diffusa, induce a scegliere in modo più informato e consapevole, con la conseguenza di portare ad escludere scelte per definizione perdenti.

Tavola 15

ANDAMENTO DELLA RACCOLTA DA GIOCHI (milioni di euro)

Macrocategorie di giochi media 1996-2000

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Lotto 6.310 7.339 7.863 6.938 11.689 7.315 6.588 6.177 5.852 5.664 5.232 Lotto tradizionale 6.310 7.339 7.863 6.938 11.689 7.315 6.542 6.126 5.811 5.469 4.720 Gioco opzionale del lotto 0 0 45 51 41 195 512Superenalotto (giochi numerici a totalizzatore nazionale)

1.598 2.441 2.222 2.066 1.836 1.981 2.000 1.940 2.509 3.776 3.524

Superenalotto 1.598 2.441 2.222 2.066 1.836 1.981 1.700 1.526 1.902 2.404 2.067 Superstar 0 0 300 414 607 940 858 Vinci per la vita - Win for Life 0 0 0 0 0 431 599Lotterie 1.051 231 302 282 594 1.546 3.970 7.955 9.274 9.434 9.368 Lotterie differite 67 53 86 88 97 63 51 Lotterie istantanee 527 1.492 3.884 7.866 9.178 9.372 9.317Giochi a base sportiva 2.257 1.755 1.656 1.620 1.747 1.847 2.586 2.820 4.085 4.170 4.496 Concorsi pronostici 1.488 777 546 497 443 314 274 210 163 134 93 Scommesse a quota fissa 769 978 1.110 1.123 1.304 1.489 2.281 2.591 3.909 4.026 4.396 Scommesse a totalizzatore 0 45 30 19 12 10 6Giochi a base ippica 2.843 2.754 2.793 2.962 2.903 2.775 2.908 2.748 2.272 1.981 1.730 Tris - Ippica Nazionale 853 502 449 602 596 563 760 689 600 623 530 Scommesse ippiche 1.873 2.196 2.301 2.329 2.284 2.190 2.135 2.053 1.672 1.357 1.199 Totip e V7 117 56 43 31 24 22 14 5 0 1 1Bingo 15 784 1.257 1.542 1.553 1.755 1.726 1.636 1.512 1.954Apparecchi 4.474 11.470 15.436 18.827 21.685 25.525 32.004 Apparecchi "comma 6" 2.451 10.705 15.227 18.608 21.483 25.235 31.707 Apparecchi "comma 7" 2.023 765 208 219 201 291 297Giochi di abilità a distanza 0 0 0 0 242 2.348 3.146Totale 14.059 14.535 15.620 15.125 24.786 28.487 35.243 42.192 47.554 54.410 61.453Fonte: dati AAMS, aprile 2011.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 16

ENTRATE ERARIALI DAI GIOCHI (milioni di euro)

Macrocategorie di giochi 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Lotto 2.299 1.763 2.452 1.565 4.919 2.425 1.959 1.747 1.565 1.591 1.249 Lotto tradizionale 2.299 1.763 2.452 1.565 4.919 2.425 1.946 1.733 1.553 1.563 1.184 Gioco opzionale del lotto 0 0 13 15 12 27 65Superenalotto (giochi numerici a totalizzatore nazionale)

1.338 1.320 1.182 1.100 976 1.054 1.013 962 1.235 1.736 1.576

Superenalotto 1.338 1.320 1.182 1.100 976 1.054 903 810 1.011 1.280 1.108 Superstar 0 0 110 152 224 355 329 Vinci per la vita - Win for Life 0 0 0 0 0 100 139Lotterie 144 91 125 114 219 426 891 1.526 1.659 1.663 1.545 Lotterie differite 24 17 20 20 21 12 8 Lotterie istantanee 195 409 871 1.506 1.638 1.651 1.537Giochi a base sportiva 290 292 237 222 199 271 286 230 249 218 214 Concorsi pronostici 242 230 168 151 135 106 93 71 55 45 32 Scommesse a quota fissa 48 62 69 71 64 153 186 155 191 171 181 Scommesse a totalizzatore 0 12 8 4 2 2 1Giochi a base ippica 183 197 189 205 164 156 145 134 110 97 83 Tris - Ippica Nazionale 46 50 44 60 54 50 46 41 36 37 32 Scommesse ippiche 115 130 133 136 103 99 96 92 74 59 51 Totip e V7 22 17 12 9 7 6 4 1 0 0 0Bingo 3 153 251 308 311 351 345 327 270 215Apparecchi 513 1.514 2.072 2.250 2.594 3.150 3.757 Apparecchi "comma 6" 331 1.445 2.056 2.233 2.578 3.127 3.733 Apparecchi "comma 7" 182 69 17 17 16 23 24Giochi di abilità a distanza 0 0 0 0 7 70 94Totale 4.254 3.666 4.338 3.457 7.298 6.157 6.718 7.195 7.747 8.793 8.734Fonte: dati AAMS, aprile 2011.

Tavola 17 UTILE ERARIALE RISPETTO ALLA RACCOLTA DEI GIOCHI (%)

Macrocategorie di giochi Entrate erariali

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Lotto 36,4 24,0 31,2 22,6 42,1 33,1 29,7 28,3 26,7 28,1 23,9 Lotto tradizionale 36,4 24,0 31,2 22,6 42,1 33,1 29,7 28,3 26,7 28,6 25,1 Gioco opzionale del lotto 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 29,6 29,2 29,3 14,1 12,7Superenalotto (giochi numerici a totalizzatore nazionale)

83,7 54,1 53,2 53,2 53,2 53,2 50,7 49,6 49,2 46,0 44,7

Superenalotto 83,7 54,1 53,2 53,2 53,2 53,2 53,1 53,1 53,2 53,3 53,6 Superstar 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 36,8 36,8 36,9 37,7 38,3 Vinci per la vita - Win for Life 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 23,3 23,3Lotterie 13,7 39,4 41,4 40,4 36,9 27,6 22,4 19,2 17,9 17,6 16,5 Lotterie differite 0,0 0,0 0,0 0,0 35,1 31,9 22,8 22,2 21,6 18,9 14,8 Lotterie istantanee 0,0 0,0 0,0 0,0 37,1 27,4 22,4 19,1 17,8 17,6 16,5Giochi a base sportiva 12,8 16,6 14,3 13,7 11,4 14,7 11,1 8,1 6,1 5,2 4,8 Concorsi pronostici 16,3 29,6 30,8 30,4 30,4 33,8 33,8 33,8 33,8 33,8 33,8 Scommesse a quota fissa 6,2 6,3 6,2 6,3 4,9 10,3 8,1 6,0 4,9 4,2 4,1 Scommesse a totalizzatore 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 26,3 25,2 20,0 20,0 20,0 20,0Giochi a base ippica 6,4 7,2 6,8 6,9 5,6 5,6 5,0 4,9 4,8 4,9 4,8 Tris - Ippica Nazionale 5,4 10,0 9,8 10,0 9,0 8,9 6,0 6,0 6,0 6,0 6,0 Scommesse ippiche 6,1 5,9 5,8 5,8 4,5 4,5 4,5 4,5 4,4 4,3 4,3 Totip e V7 18,8 30,4 27,9 29,0 28,6 28,6 28,6 27,7 0,0% 0,0% Bingo 0,0 20,0 19,5 20,0 20,0 20,0 20,0 20,0 20,0 17,8 11,0Apparecchi 0,0 0,0 0,0 0,0 11,5 13,2 13,4 12,0 12,0 12,3 11,7 Apparecchi "comma 6" 0,0 0,0 0,0 0,0 13,5 13,5 13,5 12,0 12,0 12,4 11,8 Apparecchi "comma 7" 0,0 0,0 0,0 0,0 9,0 9,0 8,0 8,0 8,0 8,0 8,0Giochi di abilità a distanza 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 3,0 3,0 3,0Totale 30,3 25,2 27,8 22,9 29,4 21,6 19,1 17,1 16,3 16,2 14,2Fonte: dati AAMS, aprile 2011.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

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Tavola 18

ENTRATE ERARIALI DA GIOCHI: COMPOSIZIONE PERCENTUALE Macrocategorie di giochi 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Lotto 54,0 48,1 56,5 45,3 67,4 39,4 29,2 24,3 20,2 18,1 14,3 Lotto tradizionale 54,0 48,1 56,5 45,3 67,4 39,4 29,0 24,1 20,0 17,8 13,6 Gioco opzionale del lotto 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 0,2 0,2 0,3 0,7Superenalotto (giochi numerici a totalizzatore nazionale)

31,5 36,0 27,2 31,8 13,4 17,1 15,1 13,4 15,9 19,7 18,0

Superenalotto 31,5 36,0 27,2 31,8 13,4 17,1 13,4 11,3 13,1 14,6 12,7 Superstar 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,6 2,1 2,9 4,0 3,8 Vinci per la vita - Win for Life 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,1 1,6Lotterie 3,4 2,5 2,9 3,3 3,0 6,9 13,3 21,2 21,4 18,9 17,7 Lotterie differite 0,0 0,0 0,0 0,0 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3 0,1 0,1 Lotterie istantanee 0,0 0,0 0,0 0,0 2,7 6,6 13,0 20,9 21,1 18,8 17,6Giochi a base sportiva 6,8 8,0 5,5 6,4 2,7 4,4 4,3 3,2 3,2 2,5 2,4 Concorsi pronostici 5,7 6,3 3,9 4,4 1,8 1,7 1,4 1,0 0,7 0,5 0,4 Scommesse a quota fissa 1,1 1,7 1,6 2,1 0,9 2,5 2,8 2,2 2,5 1,9 2,1 Scommesse a totalizzatore 0,0 0,0 0,0 0,0% 0,0 0,2 0,1 0,1 0,0 0,0 0,0Giochi a base ippica 4,3 5,4 4,4 5,9 2,2 2,5 2,2 1,9 1,4 1,1 1,0 Tris - Ippica Nazionale 1,1 1,4 1,0 1,7 0,7 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,4 Scommesse ippiche 2,7 3,5 3,1 3,9 1,4 1,6 1,4 1,3 1,0 0,7 0,6 Totip e V7 0,5 0,5 0,3 0,3 0,1 0,1 0,1 0,0 0,0% 0,0 0,0Bingo 0,0 0,1 3,5 7,3 4,2 5,0 5,2 4,8 4,2 3,1 2,5Apparecchi 0,0 0,0 0,0 0,0 7,0 24,6 30,8 31,3 33,5 35,8 43,0 Apparecchi "comma 6" 0,0 0,0 0,0 0,0 4,5 23,5 30,6 31,0 33,3 35,6 42,7 Apparecchi "comma 7" 0,0 0,0 0,0 0,0 2,5 1,1 0,2 0,2 0,2 0,3 0,3Giochi di abilità a distanza 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,8 1,1Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0Fonte: AAMS, dati aprile 2011.

Figura 5

Andamento 2000-2010 della raccolta giochi e delle entrate erariali dai giochi

0

10.000

20.000

30.000

40.000

50.000

60.000

70.000

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Mili

oni d

i Eur

o

RACCOLTA GIOCHI ENTRATE ERARIALI DAI GIOCHI

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati AAMS, aprile 2011

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Le entrate extra tributarie 17. Le entrate extra tributarie rappresentano una quota limitata sia delle entrate

finali che delle entrate correnti e si segnalano per la loro disomogeneità, oltre che per la scarsa conoscenza che se ne ha e per la loro conseguente inaffidabilità. Dopo l’esercizio finanziario 2005, quando avevano inciso per il 7,23 per cento sulle entrate correnti e per il 7,05 per cento su quelle finali, il loro peso si è ridimensionato intorno al 6 per cento nel biennio successivo. E’ seguito, grazie all’apporto delle una tantum, un forte aumento nel 2008 (+19,2 per cento, da 26,4 miliardi a 30,6) ed il trend positivo è continuato in ulteriore crescita nel 2009 (+29,5 per cento da 30,6 miliardi a 39,6) con l’incidenza, sia sulle entrate correnti che su quelle finali, dell’8,7 per cento. Un‘inversione di tendenza si registra tuttavia nel 2010, con un calo dei versamenti totali del 15,9 per cento (da 39,6 miliardi a 33,3). Conseguentemente, nell’ultimo anno l’incidenza sulle entrate correnti è scesa di 1,2 punti percentuale (al 7,5 per cento sia sulle entrate correnti che su quelle finali).

Diversamente dal 2009, quando, con il loro aumento, le entrate extra tributarie avevano contribuito ad in parte compensare la contrazione delle entrate tributarie, nel 2010 il calo delle entrate extra tributarie si è aggiunto a quello delle entrate tributarie (da 414 a 409 miliardi), che hanno, ovviamente, visto la loro incidenza aumentare dal 91,27 al 92,48 per cento delle entrate correnti e dal 90,75 al 92,09 per cento delle entrate finali. In definitiva, nel 2010 il gettito sia delle entrate correnti sia delle entrate finali è, in termini nominali, diminuito (rispettivamente -2,5 per cento e -2,6 per cento) in misura ben maggiore di quello delle sole entrate tributarie (-1,2 per cento).

Le entrate extra tributarie risultano in calo anche nel primo trimestre del 2011 (-2.689,1 milioni e -35,43 per cento), in continuità con il più negativo risultato dello stesso periodo del 2010 (-6.396,3 milioni e -45,73 per cento). In questo caso le entrate extra tributarie hanno contribuito a ridimensionare l’aumento delle entrate correnti e di quelle finali, rispettivamente all’1,4 ed al 3,09 per cento rispetto alla crescita del 4,92 per cento delle sole entrate tributarie.

Questi andamenti, eloquentemente illustrati dalla tabella e dal grafico allegati, confermano l’inaffidabilità, e comunque la non strutturalità, delle entrate extra tributarie. Così come confermano i limiti della loro utilizzabilità come effettivo strumento di governo delle entrate alternativo a quello della manovra delle entrate tributarie ad ordinaria modalità di gestione della riscossione.

Tavola 19

VERSAMENTI TOTALI PER TITOLI ED INCIDENZA % SULLE ENTRATE CORRENTI E LE ENTRATE FINALI

(miliardi di euro)

2005 2006 2007 2008 2009 2010*

Vers. Tot.

%/EE Correnti

%/EE Finali

Vers. Tot.

%/EE Correnti

%/EE Finali

Vers. Tot.

%/EE Correnti

%/EE Finali

Vers. Tot.

%/EE Correnti

%/EE Finali

Vers. Tot.

%/EE Correnti

%/EE Finali

Vers. Tot.

%/EE Correnti

%/EE Finali

Titolo I 365 92,77 90,45 399 93,54 93,12 418 94,05 92,77 423 93,25 92,81 414 91,27 90,75 409 92,48 92,09Titolo II 28 7,23 7,05 28 6,46 6,43 26 5,95 5,87 31 6,75 6,71 40 8,73 8,68 33 7,52 7,49Titolo III 10 2,49 2 0,45 6 1,36 2 0,47 3 0,57 2 0,42Entrate Correnti 394 426 444 453 454 442

Entrate Finali 404 428 450 455 456 444

Fonte: Dati S.I. Rgs aggiornati al 16/03/2011. *Anno non consuntivato.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

99

Figura 6

Versamenti Totali entrate extra tributarie: incidenza % sul totale delle entrate correnti e finali

5,00%

5,50%

6,00%

6,50%

7,00%

7,50%

8,00%

8,50%

9,00%

2005 2006 2007 2008 2009 2010

Inc. %/EE Correnti Inc. %/EE Finali

Fonte: elaborazioni Cdc su dati S.I. Rgs.

L’obiettivo di ridimensionamento del fenomeno dell’erosione

18. Un’ulteriore linea d’intervento finalizzata a governare nel prossimo futuro

l’andamento delle entrate è quella fondata sul programma di drastico ridimensionamento del fenomeno dell’erosione.

L’erosione identifica i trattamenti fiscali differenziati che consentono di ridurre l’imposta secondo forme diverse: esclusioni, esenzioni o trattamenti preferenziali, detrazioni e deduzioni, rinvii nel tempo dell’onere dell’imposta, crediti d’imposta, aliquote differenziate, criteri vantaggiosi di determinazione e accertamento delle basi imponibili. L’Irpef esclude quasi tutti i redditi da capitale, soggetti a imposte sostitutive, non comprende gran parte delle plusvalenze, prevede un trattamento catastale di favore per i redditi immobiliari (da ultimo, la cedolare secca sugli affitti) e da attività agricola. Effetti analoghi per l’Iva sono prodotti da regimi forfetari o semplificati per il lavoro autonomo, l’impresa e l’agricoltura.

Nel delimitare l’area dell’erosione un ruolo particolare rivestono le cosiddette agevolazioni fiscali: trattamenti tributari differenziati rispetto al regime normale che rispondono a obiettivi selettivi (per aree geografiche, settori produttivi, ecc.) di incentivazione (strumento di politica industriale e territoriale) e di tutela sociale (finalità sociali, culturali, ambientali, ecc..) perseguiti dalla politica tributaria. Esse sono definite anche tax expenditures, per sottolinearne l’appartenenza alla più generale categoria dei sussidi, con la particolarità di poter essere attuate attraverso il sistema fiscale e di poter essere riferite ad ogni tipo d’imposta.

La spinta a ricorrervi è riconducibile a tre ordini di fattori, comuni a molti paesi: l’importanza delle imposte sul reddito, accompagnata da un continuo tentativo di allargamento delle basi imponibili e dalla loro progressiva “manipolazione” (ciò che ha esteso la possibilità di ottenere un trattamento differenziato); la resistenza verso ulteriori

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

100

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

allargamenti della spesa pubblica (e, dunque, la necessità di ricercare fonti di erogazioni a carico del bilancio pubblico meno palesi e non soggette a scrutinio periodico in sede di approvazione del bilancio medesimo); la maggiore semplicità amministrativa delle tax expenditures, caratterizzate da automatismi applicativi, rispetto ai vincoli burocratici che contraddistinguono qualunque sistema di incentivi basato sulle spese pubbliche dirette. La progressiva estensione dei trattamenti agevolati ha finito per complicare enormemente la struttura dell’imposizione, rendendo meno trasparente il processo di destinazione e prelievo delle risorse attraverso il bilancio pubblico e sollevando interrogativi in termini di equità, efficacia e oneri per la finanza pubblica. E’ per tali motivi che la riduzione delle agevolazioni è non di rado associata ad ipotesi di ridisegno del sistema tributario, quale soluzione per reperire le risorse necessarie all’intervento.

La verifica della praticabilità di una simile soluzione è stata di recente affidata ad un Gruppo di esperti incaricati di pervenire ad un inventario dei trattamenti agevolativi, dell’onere che essi comportano e della loro distribuzione. Le agevolazioni identificate sono risultate poco più di 240, distribuite fra le imposte dirette (e coinvolgenti le persone fisiche, gli Enti non commerciali e le imprese) e le indirette (accise, Iva, registro e imposte ipocatastali). Il loro effetto, in termini di minore gettito, è stato stimato in quasi 150 miliardi (ossia il 9,7 per cento del Pil), mentre la loro frequenza (quasi 126 milioni) testimonia di una distribuzione che coinvolge (sia pure con benefici differenziati) la quasi totalità dei contribuenti e una larghissima quota di transazioni.

Rispetto al censimento effettuato venti anni fa (e mosso dall’obiettivo, allora, di creare gli spazi per l’introduzione del quoziente familiare, prefigurata dalle leggi 408/1990 e 413/1991), si registrano una conferma e una novità: la conferma riguarda il numero dei trattamenti agevolati (all’epoca le stime si concentrarono su 255); la novità è invece rappresentata dall’onere complessivo, che oggi risulta pressoché triplicato in valore assoluto (da 50 a 150 miliardi di euro) e aumentato di un terzo in rapporto al Pil (dal 7,3 per cento al 9,7 per cento).

Nonostante le difficoltà che presenta, come testimoniato dall’insuccesso dei precedenti analoghi tentativi, la manovra di riduzione della spesa fiscale appare come un percorso obbligato e doveroso, anche nella prospettiva che all’allargamento delle basi imponibili possa seguire una riduzione delle aliquote.

I proventi da dismissioni 19. Diversamente da quanto era accaduto nella prima parte del decennio, negli

ultimi anni è stata sostanzialmente abbandonata la strategia di cessione di attivi pubblici finalizzata alla riduzione del debito.

Nel corso del decennio 2001 – 2010, infatti, i proventi da dismissioni hanno comportato introiti per circa 54 miliardi, ma si sono concentrati per il 90 per cento negli anni 2001 – 2005, con una coda di una certa consistenza (3,6 miliardi) nel 2007, grazie solo alla riduzione del fondo di dotazione della SACE (di 3,5 miliardi).

La componente legata agli immobili, per complessivi 15,3 miliardi (28,4 per cento sul totale) è essenzialmente riconducibile ai proventi derivanti dalla privatizzazione degli immobili degli enti pubblici previdenziali attuata attraverso le operazioni di cartolarizzazione. Mentre gli introiti da partecipazioni, per complessivi 38,5 miliardi (71,6 per cento del totale), derivano dai proventi relativi alla vendita di partecipazioni pubbliche da destinare esclusivamente al fondo per l'ammortamento dei titoli di stato.

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II. GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLE ENTRATE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

101

Tavola 20 PROVENTI DA DISMISSIONI: VERSAMENTI TOTALI 2001 – 2010

(milioni di euro)

Anni

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010*

Totale proventi da dismissioni 6.428 9.088 17.022 10.665 5.629 226 3.625 107 817 120- di cui: da dismissione immobili 2.073 7.430 432 3.129 1.556 187 124 88 135 111- di cui da dismissione partecipazioni 4.355 (1) 1.657 16.590 (2) 7.535(3) 4.073 (4) 38 3.500 (5) 19 681 (6) 9Fonte: dati Si.RGS - Cdc, maggio 2011. (*): esercizio non consuntivato. (1): di cui introiti per 2,7 miliardi dall’operazione Eni5. (2): di cui: 11 miliardi dalla cessione alla CDP S.p.A. di quote Enel, Eni e Poste Italiane, 2,3 miliardi dalla cessione dell’ETI e 2,2 miliardi dall’operazione Enel2 e 1.050 milioni per la cessione a 66 Fondazioni del 30% del capitale di CDP S.p.A.. (3): di cui 7,5 miliardi dall’operazione Enel3. (4): di cui 4 miliardi dall’operazione Enel4 (5): introito di 3,5 miliardi dalla riduzione del capitale sociale della Sace. (6): di cui 666 milioni dalla cessione a CDP S.p.A. della quota spettante al MEF dei diritti di opzione relativi all’aumento di capitale Enel

Allo stato appare improbabile una ripresa del processo di privatizzazione delle partecipazioni pubbliche, tanto più in presenza di una dichiarata strategia di difesa della presenza dello Stato nei settori strategici (energia, industrie della difesa, ecc.) e di argine all’estensione del controllo delle nostre imprese da parte di soggetti stranieri, con la recente attribuzione a Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. della facoltà di assumere a tal fine – direttamente o attraverso veicoli societari o fondi d’investimento – partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato, ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del paese (art. 7 DL 31 marzo 2011, n. 34).

Parimenti non risultano definite strategie operative di dismissione di altri attivi pubblici, a cominciare dagli immobili.

IL PROBLEMA DEL COORDINAMENTO DELLE POLITICHE TRIBUTARIE EMERGENTI

DALLE MANOVRE FINANZIARIE E DALL’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO 20. La necessità di acquisire entrate aggiuntive, a sostegno di una dinamica

naturale del gettito penalizzata dalla crisi economica, e la propensione a privilegiare forme di prelievo “volontario” (giochi, rivalutazioni, dismissioni, …) o basate sul recupero di evasione non può relegare in secondo piano l’obiettivo di definire (e attuare) una strategia di politica tributaria strutturata.

Ciò è tanto più importante in riferimento al processo di attuazione del federalismo fiscale e di ricomposizione di ruoli e di responsabilità che esso inevitabilmente comporterà. Scelte impositive che in passato erano quasi del tutto frutto di una gestione “centralizzata” risentiranno, infatti, del concorso decisionale di una molteplicità di attori: ciascuno attento, comprensibilmente, a gestire e difendere, in una prospettiva rigidamente ancorata al territorio di competenza, il livello e la distribuzione del prelievo. Bene ha fatto, quindi, il Governo ad attivare un percorso di ricognizione, riflessione e proposta per una riforma complessiva del sistema impositivo che possa

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

102

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

tener conto sia degli sviluppi maturati ed attesi nel quadro di riferimento globale, sia dei condizionamenti, così come delle opportunità, legate all’attuazione del federalismo fiscale.

Le esigenze di un coordinamento “attivo” delle politiche tributarie saranno messe alla prova da una serie di fattori.

Innanzitutto il controllo della base imponibile: alle leve riconosciute all’autonomia impositiva locale corrisponderà un significativo e crescente ridimensionamento dell’area su cui la politica fiscale nazionale potrà graduare i propri obiettivi. E’ indicativa, in proposito, la previsione recata dal decreto legislativo sul federalismo regionale, laddove si precisa che la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica non solo “monitora, ….gli effetti del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva e propone al Governo le eventuali misure correttive”, ma anche “concorre alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, con specifico riguardo al limite massimo di pressione fiscale”.

Ma, a ben vedere, non si tratta soltanto di rammentare che il federalismo comporterà la “cessione” di una quota di base imponibile del sistema tributario (soluzione, peraltro, perseguita in sostituzione di una pratica dei trasferimenti rivelatasi deresponsabilizzante), ma anche di sottolineare che il concreto utilizzo dell’autonomia tributaria da parte di regioni e di enti locali comporterà problemi di intreccio e di sovrapposizione con la politica fiscale nazionale. Il terreno più fertile sarà quello dell’IMU (Comuni), dell’addizionale regionale all’Irpef (Regioni) e delle forme di prelievo (Imposta sulla RC auto, IPT) affidate alle scelte di ogni Provincia: ambiti, tutti, in cui l’autonomia impositiva locale potrà (legittimamente) partorire significative differenze di prelievo e rispetto ai quali la politica fiscale nazionale sarà chiamata a misurare l’efficacia della propria azione redistributiva.

Ci sono, infine, da segnalare le implicazioni per la politica tributaria delle trasformazioni (da progressive a proporzionali) che attendono nuove rilevanti quote di base imponibile e di gettito. E’ il fenomeno che ha segnato l’Irpef fin dalle origini (con il prelievo sostitutivo sulle attività finanziarie e con la definizione catastale dell’imponibile immobiliare). E’ il fenomeno che ogni tanto si rinnova, con “fughe” dall’area della progressività (prestazioni pensionistiche complementari, premi di produttività aziendali, regimi forfettari e dei minimi). Ma è anche il fenomeno che trarrà ulteriore impulso con la transizione al federalismo municipale, a seguito di forme di prelievo (cedolare secca sugli immobili locati, IMU sugli immobili non locati) in cui il gettito atteso (circa 5 miliardi) sarà soprattutto lo specchio di una base imponibile che ha abbandonato il regime dell’Irpef progressiva.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 103 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

IL CONTENIMENTO DELLA SPESA NEL 2010: IL DL 112/08 LA SPESA STATALE: UN CONFRONTO TRA PREVISIONI E

CONSUNTIVO RENDICONTO DELLO STATO E CONTABILITÀ NAZIONALE REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE CONSUMI INTERMEDI GLI INVESTIMENTI E LA SPESA IN CONTO CAPITALE

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 105 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

IL CONTENIMENTO DELLA SPESA NEL 2010: IL DL 112/08

1. Tra un mese la Corte dei conti effettuerà la parifica del rendiconto generale dello Stato per il 2010, affiancando, come di consueto, alla “Decisione” giurisdizionale una Relazione che analizza in termini generali e a livello delle singole amministrazioni l’evoluzione della spesa statale nello scorso esercizio.

Da anni, tuttavia, la relazione ha posto in evidenza la graduale, ma continua, perdita di significato economico del bilancio consuntivo dello Stato, ai fini delle verifiche sull’andamento della finanza pubblica imposte dalle regole europee. Una ridotta significatività che si deve attribuire a due diversi principali fattori: da un lato, il peso crescente delle amministrazioni locali nella gestione della spesa finale, in conseguenza del percorso di attuazione del decentramento e del federalismo; dall’altro, le regole (SEC‘95) secondo le quali sono costruiti i conti pubblici ai fini della contabilità nazionale e delle notifiche alla Commissione europea. Tali regole, infatti, impongono di sottoporre i bilanci consuntivi dei diversi sottosettori della finanza pubblica (e, dunque, non solo il rendiconto dello Stato, ma anche i consuntivi delle amministrazioni locali e quelli degli altri numerosi enti che appartengono all’aggregato Amministrazioni pubbliche) a rilevanti operazioni di integrazione e di correzione, allo scopo di approssimare al meglio una contabilizzazione per “competenza economica”.

Con riguardo al bilancio dello Stato, in particolare, le correzioni – peraltro, rese note dall’ISTAT prima dell’estate dell’anno successivo a quello “rendicontato” – attengono a criteri di classificazione tra parte corrente e conto capitale, alla scelta del momento contabile più appropriato (in linea generale, gli impegni per la spesa corrente e i pagamenti per le spese in conto capitale) e alla considerazione delle operazioni di tesoreria che, ove non configurino mere intermediazioni finanziarie rispetto alla gestione di bilancio, possono determinare ritardi di spesa o, viceversa, flussi aggiuntivi che è necessario prendere in conto come elementi qualificanti di un più significativo bilancio di cassa.

Questa preliminare puntualizzazione ha la natura di avvertimento per la lettura dei dati quantitativi esposti nei due ravvicinati documenti della Corte: il presente Rapporto sul coordinamento e la Relazione sul rendiconto generale dello Stato. Il primo, essenzialmente costruito sull’analisi dei quadri di finanza pubblica coerenti con la contabilità nazionale; la seconda, dedicata a illustrare le risultanze della contabilità finanziaria.

Non è infrequente che i diversi criteri adottati producano, a livello dei saldi e delle varie categorie economiche delle entrate e delle spese statali, scostamenti divergenti anche nel segno (aumenti a fronte di diminuzioni) nel confronto tra i due modelli di conto. Come si vedrà più avanti, il divario è ampio anche nelle risultanze del 2010.

In questo paragrafo, si tenta di offrire una lettura integrata, che consenta di verificare in modo trasparente quali siano stati, nel 2010, i fattori principali di divergenza tra rendiconto e conto economico dello Stato. E ciò non per una esigenza formale di chiarezza statistica – finalità che non è propria della Corte – ma, invece, per favorire una verifica più accurata del grado di efficacia degli interventi correttivi dell’andamento tendenziale della spesa statale che hanno operato sui conti del 2010.

Tali interventi correttivi, infatti, sono stati affidati, come sempre, a provvedimenti di legge intesi ad incidere, in primo luogo, sui “momenti contabili” propri della contabilità finanziaria (stanziamenti, impegni e pagamenti), anche se gli obiettivi da

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

106 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

perseguire sono necessariamente espressi con riguardo al livello o alla dinamica della spesa e ai saldi così come definiti nella contabilità nazionale.

L’impostazione del Rapporto prevede che si centri l’analisi sul funzionamento degli strumenti utilizzati per il contenimento (o per l’accelerazione) della spesa pubblica, effettuando un tentativo di verifica dei fattori determinanti del successo, dell’insuccesso o del parziale successo degli strumenti stessi. Una verifica di questo tipo ha bisogno di elementi di informazione (ex ante ed ex post) che consentano di separare nettamente gli effetti sostanziali delle misure di contenimento (o di accelerazione) della spesa, dagli andamenti che, anche ove orientati nella stessa direzione, discendono da fattori di natura affatto diversa (si pensi alle complesse riclassificazioni della contabilità nazionale o al mero rinvio di pagamenti; o, ancora, ai criteri di contabilizzazione delle operazioni relative al settore della difesa).

Il controllo della spesa statale nel 2010 è stato, prevalentemente, affidato al pieno operare delle disposizioni del DL n. 112/2008 che prevedevano, per il triennio 2009-2011, la riduzione delle dotazioni delle missioni di spesa di ciascun Ministero negli importi resi “aggredibili” dall’esclusione delle dotazioni finanziarie connesse a specifiche categorie di spesa (stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse; spese per interessi; trasferimenti a favore degli enti territoriali aventi natura obbligatoria ecc.).

Il decreto 112 si iscrive in un tracciato di ripetuti provvedimenti di controllo che, a partire dal decreto “taglia-spese” del 2002, hanno via via introdotto strumenti intesi a limitare l’evoluzione tendenziale della spesa statale. Infatti, in questo processo a catena, anche ai fini della quantificazione delle riduzioni degli stanziamenti previste dal DL n. 112, si è tenuto conto, per il 2009, della quota di risorse rese indisponibili a seguito dei “tagli” disposti con l’articolo 1, commi 507 e 508, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

La proiezione delle spese statali per il triennio 2009-2011, al netto di quelle non soggette a riduzioni, indicava una “massa aggredibile” di 37.142 milioni per l’anno 2009, 37.176 milioni per l’anno 2010 e 37.562 milioni per l’anno 2011, ivi compresa la componente relativa a competenze predeterminate per legge. L’effetto di contenimento attribuito ex ante al DL 112, in sede di relazione tecnica, era valutato per singole categorie economiche applicando una riduzione lineare, rispettivamente pari al 21,9 per cento per l’anno 2009, 22,9 per cento per l’anno 2010 e 40,5 per cento per l’anno 2011. Ne risultava un taglio previsto di stanziamenti di bilancio di 8,1 miliardi nel 2009, di 8,5 nel 2010 e di 15,2 miliardi nel 2011. In termini di contabilità nazionale, invece, le riduzioni erano previste in 5,1 miliardi nel 2009, in 8,6 miliardi nel 2010 e 14,5 miliardi nel 2011, soprattutto a causa dell’effetto ritardato sui pagamenti in conto capitale.

Il regime dei tagli era attenuato dalla espressa previsione di adattamenti e di una certa flessibilità di gestione assegnata ad ogni amministrazione.

In primo luogo, era stabilito che i Ministeri interessati potessero rivedere i propri programmi di spesa nell’ambito di ciascuna missione, individuando quelli considerati prioritari. Tenuto conto delle potenziali criticità in corso di gestione, in conseguenza della complessiva riduzione delle risorse disponibili nell’ambito di ciascun programma di spesa, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze era prevista la possibilità di rimodulazioni, tra i programmi, delle dotazioni finanziarie di ciascuna missione di spesa.

Tale margine di flessibilità restava peraltro contenuto, nel rispetto dell’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica e dell’obiettivo di pervenire al consolidamento dell’articolazione per missioni e per programmi di ciascuno stato di previsione,

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 107 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

dall’esclusione di alcune specifiche tipologie di spesa (spese di natura obbligatoria, le spese in annualità e a pagamento differito).

Inoltre, analogamente a quanto previsto per l’anno 2008 dal decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, in corso di gestione il margine di flessibilità era limitato dalla disposizione che consentiva le variazioni tra spese di funzionamento e quelle per interventi entro il limite massimo del 10 per cento delle risorse stanziate nell’ambito del programma interessato dalla riduzione. Restava, inoltre, precluso l’utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti.

LA SPESA STATALE: UN CONFRONTO TRA PREVISIONI E CONSUNTIVO 2. Come si è detto, il taglio di spesa statale attribuito al decreto 112 si “appoggia”

a previsioni tendenziali necessariamente mutevoli e che, nel periodo più recente, hanno registrato i riflessi del forte peggioramento del ciclo economico, non privo di effetti anche sulla dinamica di alcune categorie della spesa pubblica.

Per effettuare una valutazione ex post dell’efficacia delle misure di contenimento della spesa statale nel 2010 è, dunque, necessario operare un tentativo di scorporo delle riduzioni di spesa imputabili al DL 112 da quelle eventualmente determinate da una tendenza riflessiva “spontanea”.

Un primo passaggio può consistere nel confrontare i risultati di consuntivo del 2010 del conto dello Stato (sia di contabilità nazionale che di rendiconto finanziario), con le previsioni formulate un anno fa in sede RUEF (e, successivamente, aggiornate con la DFP in settembre).

In via preliminare, è opportuno un breve riepilogo dell’evoluzione della spesa pubblica, con particolare attenzione alla spesa statale, nell’ultimo quindicennio (tavola 1).

Se si misura in rapporto al prodotto interno lordo, le spese complessive delle amministrazioni pubbliche (nella definizione della contabilità nazionale) avevano superato il 52 per cento a metà degli anni novanta, per poi toccare un livello minimo (46,2 per cento) nel 2000. Nel decennio successivo la spesa torna a salire fino a raggiungere nuovamente un’incidenza sul Pil del 52,5 per cento (2009).

Nel primo quinquennio (1995-2000), il tasso medio annuo di aumento della spesa risulta di poco inferiore al 2 per cento, in presenza di una crescita del Pil nominale del 4,7 per cento (1,9 per cento in termini reali).

Tra il 2000 e il 2009, invece, l’incremento medio annuo delle spese supera il 4 per cento, mentre quello del Pil arretra al 2,7 per cento (1,5 per cento in termini reali).

Nel primo quinquennio, è la rapida flessione delle spese per interessi sul debito – effetto positivo dell’avvio della terza fase dell’Unione europea – a favorire la crescita contenuta delle spese complessive. Se, infatti, si guarda alla spesa al netto degli interessi (la spesa “primaria”), l’incremento medio annuo è intorno al 4 per cento e l’incidenza sul Pil resta sostanzialmente stabile tra il 1995 e il 2000. Nel decennio successivo, invece, la spesa primaria cresce più rapidamente della spesa totale (ad un tasso di circa il 5 per cento medio annuo), vedendo aumentare di quasi otto punti percentuali l’incidenza sul Pil.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

108 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 1 LA SPESA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E DELLO STATO NELL'ULTIMO

QUINDICENNIO

Anni

Amministrazioni pubbliche Stato Amministrazioni

pubbliche Stato

Pil nominale

Totale uscite Totale uscite netto interessi

Totale uscite Totale uscite netto interessi

Totale uscite

Totale uscite al

netto interessi

Totale

uscite

Totale uscite netto

interessi

Variazioni percentuali in % di Pil

1995 5,8 4,7 6,7 5,0 52,7 41,2 37,8 26,5 7,9

1996 5,7 5,8 - 1,3 - 4,1 52,6 41,1 35,2 24,0 6

1997 - 0,0 4,3 - 3,1 3,0 50,3 41,1 32,7 23,7 4,5

1998 1,3 4,2 - 8,3 - 7,6 49,0 41,1 28,8 21,0 4,1

1999 1,4 4,4 - 0,5 4,1 48,1 41,5 27,7 21,2 3,3

2000 1,5 1,4 - 1,6 - 2,4 46,2 39,9 25,8 19,6 5,7

1995-2000 2,0 4,0 - 3,0 - 1,4 4,7

2001 9,2 10,0 12,2 15,4 48,1 41,8 27,7 21,6 4,8

2002 2,2 3,9 0,8 3,3 47,4 41,9 26,9 21,5 3,7

2003 5,6 6,9 2,1 4,0 48,6 43,4 26,6 21,7 3,1

2004 3,0 3,8 2,6 4,1 48,0 43,3 26,2 21,6 4,2

2005 3,8 4,2 4,3 5,1 48,5 43,9 26,6 22,1 2,7

2006 5,3 5,5 6,6 7,3 49,2 44,5 27,3 22,9 3,9

2007 2,4 1,3 3,3 1,9 48,4 43,4 27,1 22,4 4,1

2008 3,5 3,4 0,7 - 0,1 49,4 44,2 26,9 22,0 1,4

2009 3,0 4,9 8,5 3,0 52,5 47,8 30,1 25,7 -3,1

2000-2010 4,2 4,9 4,6 6,0 2,8

2010 - 0,5 - 0,5 - 1,5 - 1,9 51,2 46,7 29,1 24,8 1,9 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati ISTAT

Il contrasto tra i due periodi appare ancora più accentuato se si esamina la spesa statale.

Nel conto economico dello Stato (sempre nella definizione di contabilità nazionale), infatti, le spese totali riducono il proprio peso sul Pil di ben dodici punti percentuali tra il 1995 e il 2000 (con un tasso di decremento medio annuo di quasi il 3 per cento). Nel periodo 2000-2009, l’incidenza sul Pil torna a salire, “recuperando” oltre quattro punti percentuali, per effetto di una crescita medio annua della spesa del 4,4 per cento (2,7 per cento per il Pil nominale). Ancora meno rassicurante è l’espansione della spesa al netto degli interessi, che cresce nel periodo del 6 per cento in media annua e vede aumentare di sei punti anche l’incidenza sul prodotto.

Nel 2010 si registra una evidente inversione di tendenza negli andamenti della spesa pubblica.

Per il complesso delle amministrazioni pubbliche sia le spese totali che la spesa primaria diminuiscono dello 0,5 per cento rispetto al 2009, mentre in quota di Pil la riduzione è, rispettivamente, di 1,3 e 1,1 punti percentuali.

Per lo Stato, il contenimento della spesa risulta ancora maggiore: le spese totali diminuiscono dell’1,5 per cento, la spesa primaria di quasi il 2 per cento; per entrambe le componenti la quota sul Pil scende di circa un punto.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 109 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Il quadro complessivamente positivo segnala, tuttavia, un’evoluzione non bilanciata, che desta preoccupazione soprattutto nella prospettiva di medio periodo. Con un andamento sostanzialmente stabile delle spese per interessi, infatti, le spese correnti aumentano ancora di poco più dell’1 per cento (restano stabili nel conto dello Stato), mentre le spese in conto capitale si riducono del 18,5 per cento (-16,6 per cento anche per lo Stato).

3. Nella prima parte del Rapporto è stato proposto un commento generale degli

andamenti di finanza pubblica nel quadro dell’evoluzione macroeconomica, offrendo anche una lettura delle tendenze emerse per i diversi livelli di governo.

Qui di seguito si analizza, in modo particolare, il contributo fornito dal bilancio dello Stato nel 2010 al riequilibrio dei conti pubblici, ma concentrando l’attenzione soprattutto sul funzionamento delle misure di controllo della spesa utilizzate per correggere andamenti tendenziali indesiderati.

Come si è anticipato, difficoltà metodologiche e oggettive carenze di informazione rendono arduo il tentativo di elaborare in modo puntuale una misurazione ex post degli effetti di contenimento della spesa statale, nelle principali categorie economiche. L’approccio seguito vuole, tuttavia, assumere almeno il carattere di stimolo verso una maggiore attenzione, delle istituzioni ma anche della cultura economica, ai confronti tra obiettivi e risultati; ma soprattutto a colmare un vuoto e uno squilibrio attualmente molto ampio, tra l’eccesso di analisi, misurazioni, proiezioni e dibattiti che caratterizzano il momento della presentazione-approvazione di provvedimenti di finanza pubblica e la quasi totale mancanza di relazioni e studi dedicati a verificare a posteriori se, quanto e come abbiano in realtà funzionato gli strumenti impiegati. Un primo passaggio consiste nel prendere in esame il conto dello Stato predisposto dall’ISTAT secondo le regole della contabilità nazionale. In tal modo è possibile confrontare i risultati del 2010 con le previsioni-obiettivo che erano state messe a punto già un anno fa, in sede di Relazione unificata sull’economia e la finanza (RUEF), e poi aggiornate in occasione della presentazione della Decisione di finanza pubblica (DFP), nell’autunno scorso.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

110 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 2

LA SPESA STATALE NEL 2010: CONFRONTO TRA PREVISIONI E CONSUNTIVO.

VOCI ECONOMICHE

2009 Milioni di euro

2010 Milioni di euro

2010 variazioni %

Ruef maggio

2010

Istat marzo 2011

Diff. Ruef maggio

2010

Istat marzo 2011

Diff. Diff. Cons. 2010-2009

Prev. Ruef

Cons. Istat

A B C=(B-A) D E F=(E-D) G=(E-B) H=D/A I=E/B

USCITE

Redditi da lavoro dipendente 92.659 92.116 -543 95.136 91.803 -3.333 -313 2,7 -0,3

Consumi intermedi 22.951 22.050 -901 20.915 20.540 -375 - 1.510 -8,9 -6,8

Prestazioni sociali in denaro 5.344 5.405 61 3.545 3.431 -114 - 1.974 -33,7 -36,5

Altre spese correnti 230.721 232.008 1.287 235.622 234.988 -634 2.980 2,1 1,3

Uscite correnti al netto interessi 351.675 351.579 -96 355.218 350.762 -4.456 - 817 1,0 - 0,2

Interessi passivi 67.254 67.113 -141 67.067 67.470 403 357 -0,3 0,5

Totale uscite correnti 418.929 418.692 -237 422.285 418.232 -4.053 - 460 0,8 -0,1

Totale uscite in c/capitale 39.937 39.123 -814 36.506 32.647 -3.859 - 6.476 -8,6 -16,6

Investimenti fissi lordi 6.048 6.394 346 4.946 5.638 692 -756 -18,2 -11,8

Contributi agli investimenti 30.390 29.267 -1.123 30.106 26.230 - 3.876 -3.037 -0,9 -10,4

Altre uscite in c/capitale 3.499 3.462 - 37 1.454 779 -675 - 2.683 -58,4 -77,5

TOTALE SPESE FINALI (netto int.) 391.612 390.702 -910 391.724 383.409 -8.315 - 7.293 0,0 -1,9

Totale uscite complessive 458.866 457.815 -1.051 458.791 450.879 - 7.912 -6.936 -0,0 -1,5 Fonte: elaborazione Corte dei conti su previsioni predisposte in occasione di RUEF maggio 2010 e consuntivo ISTAT di marzo 2011

Dunque, nel maggio dell’anno scorso, la RUEF - incorporando, ovviamente, gli

effetti attesi delle misure di contenimento già adottate (in sostanza, il DL 112/2008) - assumeva, come ipotesi previsionale per il 2010, l’invarianza della spesa statale, sia totale che primaria, sul livello del 2009.

Tale andamento complessivo sarebbe stato l’esito di tendenze contrapposte: una lieve crescita delle spese correnti (poco meno dell’1 per cento) e una flessione non lieve delle spese in conto capitale (quasi il 9 per cento). A sua volta, la spesa corrente avrebbe visto aumentare ancora i redditi da lavoro dipendente (poco meno del 3 per cento), bilanciando però l’aggravio soprattutto attraverso una ulteriore riduzione dei consumi intermedi (-9 per cento); quasi tutta la prevista flessione delle spese in conto capitale era attribuita agli investimenti fissi lordi (-18 per cento).

I dati di consuntivo provvisori, messi a punto dall’ISTAT, segnalano risultati difformi dalla previsione. Le spese complessive registrerebbero una diminuzione di circa l’1,5 per cento rispetto al 2009, con un risparmio di risorse di circa 8 miliardi rispetto al livello ipotizzato nella RUEF (poco di più se si considerano le spese al netto degli interessi). Più del 90 per cento dello scostamento è da attribuire a due sole categorie di spesa: i redditi da lavoro che, a consuntivo, segnano un’inattesa riduzione (-0,3 per cento), che equivale ad un minore esborso di oltre 3 miliardi rispetto alla previsione, e i contributi agli investimenti (in diminuzione del 10 per cento sul 2009) dai quali discende un alleggerimento di quasi 4 miliardi rispetto alla previsione.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 111 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

RENDICONTO DELLO STATO E CONTABILITÀ NAZIONALE 4. Nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica dello scorso anno, la

sezione dedicata al controllo della spesa statale aveva prestato particolare attenzione all’andamento dei consumi intermedi, una categoria di spese oggetto, da anni, di ripetuti “tagli”. Nell’occasione, un larghissimo scostamento tra risultati e obiettivi (una crescita dei consumi intermedi dello Stato di oltre il 14 per cento, a fronte di una previsione di riduzione di oltre il 3 per cento) aveva suggerito di condurre l’analisi oltre le risultanze aggregate della contabilità nazionale, scomponendo gli andamenti nei principali fattori e fornendo, in tal modo, una lettura meno superficiale delle tendenze di fondo. Per il 2009, in sintesi, si evidenziava come l’ampio sconfinamento della spesa fosse, in realtà, determinato per intero dall’operare di fattori di natura straordinaria (come la registrazione di un ammontare rilevante di debiti pregressi) o meramente contabile (come la registrazione dei servizi di intermediazione finanziaria e le consegne di armamenti e mezzi della Difesa), che le regole internazionali dei sistemi di contabilità nazionale impongono come correzioni da apportare alle risultanze del rendiconto generale dello Stato. Al netto di tali fattori (di alta variabilità e, pertanto, di difficile trattamento in sede di elaborazione delle previsioni) che nel 2009 avevano segnato una crescita fortissima, i consumi intermedi dello Stato avrebbero registrato la riduzione prevista, a conferma dell’efficacia delle misure di contenimento della spesa.

Il richiamo alla vicenda dello scorso anno spinge ad estendere quel tipo di verifica ex post anche ai risultati del 2010, prendendo in esame le principali voci di spesa. La scomposizione di ogni categoria di spesa tra risultanze del rendiconto finanziario e “correzioni” richieste dal SEC’95 per pervenire ai dati del conto dello Stato della contabilità nazionale rivela, infatti, andamenti molto discordanti, quando anche non di segno opposto. Un aspetto delicato, in quanto è evidente come un giudizio sui risultati della finanza statale, centrato principalmente sull’efficacia degli strumenti di controllo adottati e sulla capacità, ex ante, di formulare affidabili previsioni, non può non tenere conto della difficoltà supplementare di fronteggiare l’evoluzione di fattori contabili in larga misura imprevedibili ed erratici. E, dunque, la valutazione deve mantenere ben solido il riferimento al bilancio consuntivo dello Stato che, pur rivelandosi poco significativo come indicatore delle tendenze dei saldi e della spesa (che richiedono solo la lettura dei dati di contabilità nazionale), resta il quadro di riscontro più adatto per misurare gli effetti (attesi e realizzati) dei provvedimenti di controllo.

L’illustrazione degli andamenti del 2010 sarà limitata a quelle componenti della spesa statale che hanno un impatto diretto sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche.

Redditi da lavoro dipendente 5. Per i redditi da lavoro dipendente, il consuntivo del 2010 evidenzia, già a

livello del conto delle amministrazioni pubbliche, un rallentamento molto significativo (+0,5 per cento rispetto al 2009) ed inatteso, visto che, ancora in sede di Decisione di finanza pubblica, nell’autunno scorso, si ipotizzava una crescita del 2 per cento. Dall’esame dei conti dei sottosettori istituzionali emerge una diminuzione dello 0,3 per cento per lo Stato, a fronte di una crescita dell’1,6 per cento per le amministrazioni locali. Nel paragrafo “gli strumenti di controllo della spesa di personale delle amministrazioni pubbliche” del presente Rapporto viene offerta una valutazione più

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

112 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

approfondita dei fattori alla base di questo positivo – e, per certi versi, sorprendente – risultato, unitamente a prime considerazioni di prospettiva sull’efficacia degli strumenti messi a punto per il controllo delle spese di personale nell’orizzonte di medio periodo.

Per quanto riguarda, in particolare, la spesa a carico dello Stato (circa il 53 per cento del totale dei redditi da lavoro) gli impegni di spesa registrati sul rendiconto generale segnalano un lieve aumento (circa l’1 per cento), che si trasforma nella citata riduzione dello 0,3 per cento per effetto delle “correzioni” di contabilità nazionale.

Il risultato conseguito nel 2010 sembra doversi attribuire all’operare congiunto di

diversi fattori di segno discordante. Da un lato, infatti, il 2010 è stato caratterizzato da un’intensa attività contrattuale, in relazione alla decisione di concludere entro l’anno tutti gli accordi relativi alla tornata contrattuale 2006-2009. Sono stati siglati, in particolare, quasi tutti i contratti relativi alla dirigenza pubblica per l’intero quadriennio, con una conseguente forte componente di arretrati a carico dell’ esercizio. Dall’altro, si sono dispiegate appieno le misure di contenimento della spesa di personale previste nel DL n. 112 del 2008, con particolare riguardo alle misure di riduzione del personale della scuola, già evidenti, ma in misura minore, nel 2009. Concorre, poi, al contenimento della crescita di personale una generalizzata diminuzione del complesso dei dipendenti pubblici, dovuto all’introduzione di più stringenti limiti alla possibilità di trattenimento in servizio oltre l’età ordinariamente prevista per il collocamento a riposo e alla revisione della modalità di calcolo per l’importo della buonuscita contenute nel DL n. 78 del 2010, che ha favorito l’anticipo del collocamento a riposo dei dirigenti e del personale appartenente alle fasce di reddito più elevate.

Nel corso del 2010, inoltre, il cosiddetto “slittamento salariale” cioè la crescita inerziale della spesa per redditi, indipendente dalla sottoscrizione nell’anno di accordi collettivi nazionali, dovuto agli effetti della contrattazione integrativa e agli automatismi stipendiali, risulta drasticamente ridotto per effetto dei limiti posti dal citato DL 112 alla crescita dei fondi per i trattamenti accessori ed alla soppressione di alcuni emolumenti previsti da leggi speciali.

Consumi intermedi 6. Nei consumi intermedi sono ricomprese spese per acquisto di beni e servizi di

varia natura, da quelle per il funzionamento delle amministrazioni, a quelle per aggi e commissioni di riscossione dei tributi erariali, ai servizi di ricerca e sviluppo, alla formazione del personale, agli acquisti di farmaci. Secondo il SEC’95, la registrazione per competenza economica – che implica di cogliere il momento in cui i beni e servizi si trasferiscono da un operatore ad un altro per essere impiegati nel processo produttivo – viene approssimata al meglio utilizzando, nella costruzione dei conti pubblici, gli impegni giuridici di bilancio, piuttosto che le risultanze di cassa. L’impegno, infatti, si concreta al momento del perfezionamento di un contratto di fornitura dei beni e servizi, con il conseguente obbligo di pagamento da parte dell’amministrazione (non necessariamente regolato nello stesso esercizio finanziario).

Nel 2010, i consumi intermedi dello Stato, sono diminuiti del 6,8 per cento, una riduzione appena un po’ inferiore a quella programmata (- 9 per cento circa).

E’ da osservare che si tratta di una categoria di spesa che ammonta complessivamente a circa 20 miliardi e che, per metà, consiste di impegni di

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 113 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

competenza del bilancio dello Stato e, per l’altra metà, di “correzioni” imposte dalle regole di classificazione e contabilizzazione del SEC95.

Le due componenti, come anticipato, mostrano nel 2010 andamenti divergenti, soprattutto, però, per l’operare di fattori di natura meramente contabile.

Secondo il rendiconto dello Stato, gli impegni per consumi intermedi sono diminuiti, nel 2010, del 25,2 per cento, mentre le correzioni di contabilità nazionale agiscono nella direzione di una significativa attenuazione del decremento. Nella sostanza, gran parte dello scostamento è da riferire ai criteri di contabilizzazione dei debiti pregressi, per i quali il DL n. 185/2008 (art. 9, comma 1) aveva disposto l’estinzione dei corrispondenti crediti maturati alla fine dell’esercizio 2008.

consumi intermedi 2008 2009 2010 2009/2008 2010/2009

milioni di euro variazioni percentuali Rendiconto dello Stato 11.341 13.107 9.799 15,57 -25,24Correzione di contabilità nazionale 7.779 8.943 10.741 14,97 20,10Totale 19.120 22.050 20.540 15,32 -6,85

Nel rendiconto del 2009, pertanto, gli impegni di spesa per tale regolazione (circa 2 miliardi) figuravano registrati come maggiori consumi intermedi dell’anno stesso. Nel conto dello Stato di contabilità nazionale, invece, l’intero importo è azzerato, poiché le regole della competenza economica impongono di distribuire l’onere nei diversi esercizi nei quali gli acquisti di beni e servizi sono effettivamente intervenuti, indipendentemente dall’impegno formale delle risorse.

Tra le altre principali “correzioni” da apportare al rendiconto nel passaggio al conto economico dello Stato - e che si muovono, anch’esse, nella direzione di un aumento della spesa - vanno segnalati gli incrementi significativi da riferire alle istituzioni non ricomprese nei consumi intermedi del bilancio dello Stato, ma incluse nella contabilità nazionale (Presidenza del Consiglio, Agenzie fiscali, organi costituzionali ecc.) In particolare, nel 2010 si sono registrati maggiori impegni di spesa per le Agenzie fiscali e per la Presidenza del Consiglio, la quale ha visto aumentare, in particolare, gli interventi della protezione civile.

Va messa in evidenza, altresì, la minore spesa per forniture militari che, nel 2009, aveva superato i 6 miliardi. E’ opportuno ricordare che si tratta di voci di spesa relative ad acquisizioni di mezzi e attrezzature militari, iscritte in bilancio tra le spese in conto capitale e, invece, contabilizzate, secondo il SEC’95, tra i consumi intermedi.

Inoltre, il criterio di contabilizzazione prescelto in sede EUROSTAT prevede l’iscrizione dell’intero valore del bene militare acquisito nell’anno della effettiva consegna del bene, indipendentemente dalla distribuzione temporale degli impegni e dei pagamenti di bilancio. Il criterio, rispetto al quale nel Rapporto dello scorso anno la Corte ha avanzato riserve e formulato l’auspicio di un ripensamento, ha generato, nel 2009, un’impennata dei consumi intermedi dello Stato (nella definizione della contabilità nazionale) a causa della consegna, in quell’anno, di un mezzo militare di valore molto elevato (la portaerei “Cavour”).

Volgendo l’attenzione alle risultanze del rendiconto finanziario (Tavola 3), nelle quali sono ricomprese tutte le spese per acquisti di beni e servizi che, più propriamente riguardano il funzionamento delle amministrazioni centrali, si possono mettere in evidenza alcuni aspetti specifici.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

114 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 3

I CONSUMI INTERMEDI NEL BILANCIO DELLO STATO: IMPEGNI DI SPESA PER TIPOLOGIA

A. IMPEGNI DA RENDICONTO B. IMPEGNI RETTIFICATI *

TIPOLOGIE 2007 2008 2009 2010 08/07 09/08 10/09 2008 2009 2010 08/07 09/08 10/09

milioni di euro variazioni percentuali milioni di euro variazioni percentuali

beni di consumo 1.877 1.669 1.841 1.332 -11,1 10,3 -27,7 1.737 1.513 1.332 - 7,5 - 12,9 -12,0

pubblicazioni periodiche 34 28 26 19 -20,0 -6,9 -27,7 28 25 19 - 17,9 - 11,8 -25,7 armi e materiale bellico per usi militari 259 323 492 448 24,6 52,2 -9,0 323 492 448 24,6 52,2 - 9,0

ACQUISTO DI BENI 2.171 2.020 2.358 1.798 -7,0 16,8 -23,8 2.089 2.030 1.798 - 3,8 - 2,8 -11,4

noleggi, locazioni e leasing operativo 979 1.071 1.218 1.045 9,5 13,7 -14,2 1.086 1.170 1.045 11,0 7,7 -10,7

manutenzione ordinaria e riparazioni 1.599 1.548 1.721 1.421 -3,2 11,2 -17,4 1.585 1.657 1.421 - 0,9 4,6 -14,2 utenze, servizi ausiliari, spese di pulizia 729 740 1.091 551 1,5 47,5 -49,5 938 527 551 28,7 - 43,8 4,5

spese postali e valori bollati 54 53 65 32 -1,1 22,8 -50,2 58 59 32 8,2 0,7 -44,5

corsi di formazione 369 284 186 223 -22,9 -34,5 20,0 284 185 223 -22,9 - 34,9 20,8

spese per accertamenti sanitari resi necessari dall'attività lavorativa 67 56 201 69 -17,2 261,4 -66,0 118 201 69 75,5 -66,0 spese di rappresentanza, relazioni pubbliche, convegni e mostre, pubblicità 152 161 199 91 6,4 23,4 -54,5 161 145 91 6,4 -10,0 -37,6

commissioni, comitati, consigli 173 191 152 329 10,3 -20,6 117,4 191 152 329 10,3 - 20,6 117,4

compensi per incarichi continuativi 143 170 188 172 18,7 10,6 -8,4 171 188 172 19,8 9,6 - 8,4

studi, consulenze, indagini 104 72 80 118 -31,0 11,3 47,2 72 80 118 - 31,0 11,3 47,2

aggi di riscossione 684 755 338 504 10,3 -55,2 49,1 755 338 504 10,3 - 55,2 49,1

commissioni su titoli 512 587 837 759 14,8 42,5 -9,3 587 837 759 14,8 42,5 -9,3

indennità di missione e rimborsi spese viaggi 458 447 368 387 -2,4 -17,6 5,0 447 368 387 - 2,4 -17,6 5,0

altri servizi 2.588 2.940 3.984 2.176 13,6 35,5 -45,4 3.419 3.100 2.176 32,1 - 9,3 -29,8

canoni fip 111 117 119 123 5,2 2,2 3,1 117 119 123 5,2 2,2 3,1 ACQUISTO DI SERVIZI EFFETTIVI 8.722 9.193 10.748 8.001 5,4 16,9 -25,6 9.990 8.949 8.001 14,5 -10,4 -10,6

ACQUISTO SERVIZI FIGURATIVI 0 - 0 0 0,0 - 0 0

spesa non imputata 87 129 - - 47,7-

100,0 129 - - 47,7 -

100,0 TOTALE IMPEGNI PER CONSUMI INTERMEDI 10.980 11.341 13.107 9.799 3,3 15,6 -25,2 12.208 10.979 9.799 11,2 -10,1 -10,7 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati SI RGS-CDC. Dati di preconsuntivo per il 2010. * Negli anni 2008 e 2009 per ogni categoria gli impegni sono espressi al netto (per il 2009) e al lordo (per il 2008) delle somme destinate all'estinzione dei crediti maturati fino al 31 dicembre 2008. La stima è basata sulla presunzione che gli stanziamenti per debiti pregressi siano stati interamente impegnati.

Nel “valore facciale” degli impegni, la diminuzione di circa un quarto, rispetto ai livelli del 2009, si estende tanto agli acquisti di beni – che pesano per meno del 20 per cento sul totale della categoria – quanto agli acquisti di servizi, con differenziazioni significative per le singole sottocategorie di spesa. Una valutazione più affidabile – che misuri meglio le tendenze effettive dell’ultimo anno – richiede, tuttavia, che il confronto sia effettuato rispetto ai dati di consuntivo del 2009 depurati della ricordata concentrazione, in tale esercizio, di tutti i crediti maturati dai fornitori fino a fine 2008.

L’attribuzione dei “debiti pregressi” alle sottocategorie evidenzia importi rilevanti nei “beni di consumo” (328 milioni), nelle “utenze, servizi ausiliari e spese di pulizia” (oltre 500 milioni), negli accertamenti sanitari per attività lavorativa (più di 150 milioni) e, soprattutto, negli “altri servizi” (quasi 900 milioni), nei quali sono ricomprese le

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 115 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

spese di giustizia, le spese per la difesa e, voce non trascurabile nel 2009, le spese per vaccini.

Al netto di tali aggravi contabili, si rileva: - una flessione notevole degli acquisti di beni, anche se inferiore a quella stimata

sui dati grezzi (-11,4 per cento contro -23,8 per cento); - una sostanziale costanza del livello delle spese per utenze, spese di pulizia ecc.,

ormai ridotte ad una soglia molto bassa (poco più di 500 milioni per l’insieme delle amministrazioni dello Stato);

- una forte riduzione delle spese di rappresentanza, per relazioni pubbliche, convegni e mostre e pubblicità, che passano da circa 150 milioni a circa 90 milioni;

- una diminuzione molto forte (oltre il 30 per cento) degli altri servizi, nei quali si comprimono sia le spese di giustiziA e per la difesa, sia le spese per vaccini, lievitate nel 2009 per la campagna di prevenzione delle malattie infettive;

- un incremento largamente superiore al 50 per cento dell’insieme delle spese per il funzionamento di Commissioni, comitati e consigli (da circa 160 a oltre 320 milioni), delle spese per incarichi continuativi (da 150 a più di 170 milioni) e di quelle per studi, consulenze e indagini (da poco più di 90 a circa 120 milioni).

Gli investimenti e la spesa in conto capitale 7. Le spese in conto capitale dello Stato comprendono gli investimenti fissi lordi, i

contributi agli investimenti di enti esterni all’amministrazione statale e altri trasferimenti in conto capitale.

Nei risultati di contabilità nazionale, come già ricordato, la spesa in conto capitale dello Stato ha segnato, nel 2010, una flessione molto accentuata (-16,6 per cento), che riguarda, in diversa misura, tutte le componenti: gli investimenti fissi lordi diminuiscono di oltre l’11 per cento, i contributi agli investimenti di oltre il 10 per cento e, in misura maggiore, gli altri trasferimenti in conto capitale, ma solo per effetto della concentrazione sul 2009, per circa 2,5 miliardi, dei rimborsi straordinari riconosciuti alle imprese in applicazione della deduzione del 10 per cento dell’Irap, a fronte dei maggiori versamenti di Ire ed Ires effettuati nei periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2008.

La caduta delle spese in conto capitale è superiore alle stesse previsioni governative ma, allo stesso tempo, non del tutto sorprendente. Basti, in proposito, considerare che, fino dal 2002, i ripetuti provvedimenti che hanno disposto tagli, lineari o non, alla spesa statale non hanno salvaguardato gli investimenti e le spese in conto capitale, palesando un orientamento contraddittorio con gli impegni programmatici, di natura strutturale, verso il rilancio e l’accelerazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture.

Nella tavola 4 sono calcolate, in percentuale sul totale della spesa corrente primaria e sul totale della spesa in conto capitale, le riduzioni apportate agli stanziamenti di bilancio dello Stato a partire dal decreto “taglia-spese” del 2002. Come si può osservare, i tagli sono stati sempre proporzionalmente molto più severi per le spese in conto capitale.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

116 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 4 RIDUZIONI DISPOSTE DAI PROVVEDIMENTI TAGLIA- SPESE DELL'ULTIMO DECENNIO

% incidenza riduzione delle spese

provvedimenti anno corrente primaria conto capitale spesa finale primaria

DL 194 del 2002 (L 246/2002)* 2002 1,00 5,97 1,81 DL 168 del 2004 (L 191/2004)** 2004 0,59 3,67 0,99 DL 223 del 2006 (L 248/2006)*** 2006 0,16 0,13 0,16 LF 2007 art.1,c. 507 2007 0,53 1,30 0,62

2008 0,93 2,21 1,11 2009 0,63 3,69 0,92

DL 112 del 2008 (L 133/2008) 2009 0,86 9,81 1,85 2010 0,93 11,03 1,92 2011 1,61 21,51 3,48

DL 78 del 2010 (L 122/2010) 2011 0,20 3,83 0,55 *Fonte: accantonamenti risultanti dalle riduzioni disposte con dm 29 novembre 2002, poi rettificato con successivi dm del 17 e 19 dicembre dello stesso anno, sugli stanziamenti definitivi. ** riduzioni apportate con dmt 84340 in attuazione del DL n. 168 del 2004. *** accantonamenti disposti dall'allegato alla legge n. 248/2006.

Un dato è particolarmente indicativo: con il DL 112/2008 l’ammontare di spesa in conto capitale“aggredibile” dai tagli supera, addirittura in valore assoluto, quella relativa alla spesa corrente. In altri termini, sono sottoposti alle riduzioni lineari poco meno del 4 per cento delle spese correnti al netto degli interessi e, invece, oltre il 50 per cento della spesa in conto capitale (Tavola 5).

Tavola 5

STANZIAMENTI "AGGREDIBILI" NEI PROVVEDIMENTI TAGLIA-SPESE

milioni di euro composizione percentuale incidenza percentuale su spesa

primaria

provvedimenti taglia-spese anno

conto corrente

conto capitale

spesa finale

conto corrente

conto capitale

spesa finale

conto corrente

conto capitale

spesa finale

LF 2007 art.1, c. 507

2007 26.938 10.759 37.697 71,5 28,5 100,0 7,26 21,77 8,96 2008 26.523 9.914 36.437 72,8 27,2 100,0 6,80 15,46 8,02 2009 24.838 14.575 39.414 63,0 37,0 100,0 5,10 28,81 7,33

DL 112 del 2008 (L 133/2008)

2009 15.332 21.810 37.142 41,3 58,7 100,0 3,78 43,11 8,14 2010 16.258 20.919 37.177 43,7 56,3 100,0 3,89 45,83 8,01 2011 15.822 21.740 37.562 42,1 57,9 100,0 3,89 51,65 8,38

Anche l’integrazione di risorse finanziarie intervenuta in corso di gestione sembra

confermare questa tendenza riflessiva. Gli stanziamenti definitivi di competenza, calcolati al netto delle attività finanziarie, ammontano nel 2010 a 47 miliardi (contro i 56 dell’esercizio 2009), in conseguenza di variazioni disposte con atti amministrativi o legislativi di portata nettamente inferiore rispetto ad anni precedenti. Infatti, come si vede dalla tavola 6, l’aumento rispetto agli stanziamenti iniziali, pari a 2,6 miliardi circa, risulta dell’ordine del 6 per cento, mentre nel 2009 era stato di poco inferiore al 12 per cento).

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 117 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 6 LA VARIAZIONE TRA STANZIAMENTI INIZIALI E DEFINITIVI DI COMPETENZA

CATEGORIE ECONOMICHE 2007 2008 2009 2010 variazioni percentuali Investimenti fissi lordi 11,73 11,32 43,94 44,16 Contributi agli investimenti alle AP 14,91 4,00 9,75 21,71 Contributi agli investimenti alle imprese 33,94 7,73 32,93 23,33 Contributi agli investimenti alle famiglie e isp 67,70 11,08 5,50 5,88 Contributi agli investimenti a estero 409,79 110,26 317,77 42,41 Altri trasferimenti in conto capitale -12,57 -17,33 -17,02 -45,69 Conto capitale al netto attività finanziarie 9,59 0,94 11,71 5,86 Acquisizioni di attività finanziarie 175,93 2,13 1.209,68 372,36 Spesa in conto capitale 10,84 1,12 20,00 15,11

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati estratti da SI RGS-CDC Allo scopo di meglio comprendere il raccordo tra i dati di contabilità nazionale e

le risultanze del bilancio statale, va ricordato che gli investimenti pubblici sono registrati, in contabilità nazionale, secondo criteri misti, che privilegiano, laddove disponibili, le informazioni sullo stato di avanzamento dei lavori, utilizzando, in alternativa, gli effettivi pagamenti erogati dalle amministrazioni, il momento contabile che costituisce la migliore approssimazione possibile al principio della competenza economica.

Per l’attività di trasferimento di risorse – e, quindi, tanto per i contributi agli investimenti quanto per gli altri trasferimenti in conto capitale – viene, invece, adottato il criterio di cassa, che consente di registrare i pagamenti effettuati dallo Stato in favore di beneficiari esterni.

Nel prospetto seguente si conferma come, anche per gli investimenti fissi lordi, i risultati del 2010 (ma anche quelli del 2009) derivino da un andamento divergente tra il dato di contabilità nazionale e le risultanze del bilancio dello Stato: la flessione di quasi il 12 per cento rispetto al 2009 costituisce, infatti, il valore medio tra un lieve incremento dei pagamenti registrati dal rendiconto dello Stato e, al contrario, un effetto fortemente riduttivo da attribuire alle complesse operazioni di raccordo e “correzione” effettuate in sede di costruzione dei conti economici nazionali.

2008 2009 2010 2009/2008 2010/2009 Milioni di euro Variazioni percentuali

Rendiconto dello Stato (pagamenti) 6.284 5.781 6.107 -8,0 5,6 Correzione di contabilità nazionale -1.330 613 - 469 Totale 4.954 6.394 5.638 29,1 -11,8

La differenza registrata tra il dato finanziario e quello di contabilità nazionale è

riconducibile a fattori di diversa natura. Conviene ricordarne i principali. Il SEC’95 richiede, innanzitutto, la riclassificazione nei consumi intermedi – con

conseguente correzione di segno negativo per i pagamenti per investimenti fissi – di spese relative a forniture di mezzi e attrezzature militari (circa 2,5 miliardi di euro sia nel 2009 che nel 2010). Un percorso contabile inverso riguarda il software acquisito dalle amministrazioni pubbliche, che il bilancio registra come spesa corrente per consumi intermedi e la contabilità nazionale tra gli investimenti.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

118 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Le maggiori differenze con il 2009 sono, invece, riconducibili a minori spese per la protezione civile, all’incidenza sui soli conti del 2009 delle spese per il G8 e a minori tiraggi dalla tesoreria.

Per i contributi alle imprese - la voce di dimensioni più rilevanti della spesa in conto capitale dello Stato (circa il doppio degli investimenti fissi) – la diminuzione del 2010 si riscontra sia nei dati finanziari (-6,3 per cento) che in quelli di contabilità nazionale (-10 per cento).

Si deve sottolineare come, in sostanza, la flessione sconti, in misura rilevante, il ritardo nella sottoscrizione del nuovo contratto di programma con le Ferrovie dello Stato (con minori trasferimenti al gruppo per più di 2,2 miliardi).

Per questa categoria di spese le operazioni di rettifica nel passaggio dal rendiconto alla contabilità nazionale sono prevalentemente riferibili, in aumento, alle altre operazioni di tesoreria (che segnalano un tiraggio molto maggiore di quello registrato nel 2009) e, in riduzione, ai crediti di imposta per rottamazione. Tra le operazioni di riclassificazione, invece, si segnalano quella relativa ai lavori per il sistema MOSE, che la contabilità nazionale registra tra gli investimenti fissi lordi e quella relativa al Fondo per le opere strategiche, incluso tra i contributi alle imprese mentre nel bilancio dello Stato è classificato tra le altre spese in conto capitale.

Esaminando più diffusamente le risultanze di cassa del rendiconto dello Stato, si osserva che la complessiva riduzione dei pagamenti totali in conto capitale al netto delle acquisizioni di attività finanziarie (-12 per cento, contro -2 per cento del 2009) è il risultato di andamenti differenti nelle singole sottocategorie di spesa (Tavola 7).

Tavola 7

ANALISI PER CATEGORIE ECONOMICHE DEI PAGAMENTI DEL RENDICONTO DELLO STATO PER SPESA IN

CONTO CAPITALE CATEGORIE ECONOMICHE 08/07 09/08 10/09

variazioni percentuali Investimenti fissi lordi -3,1 -8,0 5,6 Contributi agli investimenti alle AP 12,1 -7,3 -8,8 Contributi agli investimenti alle imprese -10,6 27,8 -6,3 Contributi agli investimenti alle famiglie e isp -13,0 20,3 -54,8 Contributi agli investimenti a estero 69,0 -47,1 43,1 Altri trasferimenti in conto capitale 114,1 -7,8 -42,5 Conto capitale al netto di attività finanziarie

16,0 -1,7 -12,4

Acquisizioni di attività finanziarie 1073,1 -72,6 175,3 Totale spesa in conto capitale 33,4 -12,0 -4,0 Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati estratti da SI RGS-CDC

Gli investimenti fissi lordi (nella delimitazione rigorosa del rendiconto che non

coincide con quella adottata per le stime di cassa del DEF) segnano un aumento di oltre il 5 per cento (nel 2009 vi era stata una riduzione dell’8 per cento).

Si evidenzia, in particolare, un notevole incremento (quasi 15 per cento circa) dei pagamenti in conto competenza, nell’ambito dei quali sono registrati, tuttavia, soprattutto quelli derivanti dalle reiscrizioni nella competenza dell’anno dei residui passivi avviati alla perenzione amministrativa negli scorsi esercizi.

Gli investimenti fissi lordi registrati nel bilancio finanziario dello Stato sono ripartiti in nove tipologie, simili, nella denominazione, a quelle utilizzate in contabilità nazionale (tavola 8).

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA STATALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 119 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 8

ANALISI PER TIPOLOGIE DEI PAGAMENTI PER INVESTIMENTI FISSI LORDI REGISTRATI NEL RENDICONTO

FINANZIARIO DELLO STATO. ANNI 2007-2010

TIPOLOGIE 2007 2008 2009 2010 08/07 09/08 10/09 2007 2008 2009 2010

importi in milioni variazioni percentuali composizione percentuale Mezzi di trasporto 149 134 134 226 -9,82 0,23 68,13 2,29 2,13 2,32 3,70

Mobili, macchinari, attrezzature 157 141 132 133 -10,33 -6,45 1,02 2,42 2,24 2,28 2,18

Fabbricati residenziali 32 26 84 72 -17,09 220,62 -14,65 0,49 0,42 1,46 1,18

Fabbricati non residenziali 133 127 182 389 -4,50 43,65 113,33 2,05 2,02 3,15 6,37

Opere pubbliche 760 564 681 487 -25,87 20,88 -28,58 11,73 8,97 11,78 7,97

Software e hardware 523 453 473 400 -13,35 4,31 -15,27 8,07 7,21 8,17 6,56

Infrastrutture militari 126 135 151 170 6,35 11,94 12,96 1,95 2,14 2,60 2,79

Armi leggere e veicoli per sicurezza pubblica

65 77 79 84 19,43 1,78 7,00 1,00 1,23 1,36 1,38

Altri investimenti 4.450 4.561 3.855 4.134 2,50 -15,49 7,26 68,64 72,59 66,68 67,70

Acquisti di terreni e di beni materiali non prodotti

88 58 10 11 -34,25 -82,10 9,27 1,36 0,92 0,18 0,19

Spesa non imputata 0 8 - - 0,01 0,13 0,00 0,00

Totale complessivo 6.483 6.284 5.781 6.107 -3,07 -8,00 5,64 100,00 100,00 100,00 100,00

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati estratti da SI RGS-CDC

Nel 2010, si osservano incrementi per l’acquisto di mezzi di trasporto (68 per

cento) e di mobili, macchinari e attrezzature (1 per cento), per le spese per fabbricati non residenziali (113 per cento), per infrastrutture militari (13 per cento) e per armi leggere e veicoli di sicurezza pubblica (7 per cento), nonché per “altri investimenti”(7 per cento), una voce che rappresenta poco meno del 70 per cento del totale dei pagamenti per investimenti fissi.

La voce comprende spese di diverse amministrazioni, anche se, nel 2010, al Ministero della difesa è imputabile circa il 50 per cento del totale per pagamenti relativi a tutti i settori della componente aerea e spaziale, ai mezzi per l'assistenza al volo militare, ai radar ed ai sistemi per la difesa aerea delle forze armate e a spese connesse con la costruzione, l'acquisizione, l'ammodernamento, il rinnovamento di impianti e sistemi e alla prosecuzione e completamento dei principali programmi interforze.

Di rilievo è, anche, la spesa erogata dal Ministero dello sviluppo economico per l’assegnazione di risorse al Commissario delegato per la ricostruzione dei territori della provincia e della regione Abruzzo, colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (circa un miliardo, contro una media di 51 milioni di euro pagati negli esercizi precedenti), per la parziale ricostruzione delle strutture didattiche e amministrative dell'Università dell'Aquila danneggiate, per la ricostruzione e messa in sicurezza degli edifici scolastici danneggiati, per la riparazione e ricostruzione delle unità immobiliari classificate A, B, C ed E e per la ricostruzione di 27 edifici pubblici della città e della provincia dell'Aquila. Per tali esigenze, è stato istituito, in corso di esercizio, un apposito capitolo di bilancio (cap. 8358) finanziato da risorse del FAS con due decreti di variazione, per un ammontare pari a circa 884 milioni di euro versati interamente su un conto di tesoreria intestato al Commissario delegato per la ricostruzione della provincia e della Regione Abruzzo. Questi pagamenti, imputati nel rendiconto finanziario dello Stato interamente agli investimenti fissi lordi, sono invece ripartiti, secondo i criteri della

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

120 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

contabilità nazionale, tra diverse categorie di spesa, con particolare riferimento ai consumi intermedi.

Da segnalare, ancora, i pagamenti del Ministero dell’interno per l'acquisizione di un servizio di telecomunicazione in standard TETRA per le esigenze delle forze di polizia (138 milioni).

Incrementi si registrano anche nei pagamenti del Ministero delle infrastrutture (60 milioni di euro circa destinati a interventi nel settore idrico e più di 18 milioni attribuiti a spese per gli interventi di sicurezza stradale, ivi compresi quelli per l'educazione stradale e per la redazione dei piani urbani del traffico e per le attività inerenti alla redazione, all'attuazione e all’aggiornamento del piano nazionale della sicurezza stradale). Quasi 16 milioni di pagamenti si riferiscono a interventi per lo sviluppo della componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera.

Aumenti contenuti riguardano anche i pagamenti del Ministero della giustizia, destinati al servizio delle industrie e delle bonifiche agrarie degli istituti di prevenzione e di pena e all'acquisto e installazione di opere prefabbricate, strutture e impianti, nonché acquisto, ampliamento, ristrutturazione, restauro e manutenzione straordinaria di immobili, sia per gli uffici dell'amministrazione centrale che periferica.

Nell’ambito delle altre tipologie di investimenti fissi lordi, come sopra rilevato, si osserva un incremento, pari a circa il 36 per cento, delle spese per acquisto di mezzi di trasporto, tra le quali sono registrate le spese di adeguamento e potenziamento della componente aeronavale in uso al Corpo delle Capitanerie di porto e dei mezzi per la Polizia di Stato.

Apprezzabile aumento si riscontra per i fabbricati non residenziali. Gli incrementi sono riconducibili a pagamenti per la costruzione, il completamento, l'adattamento e la permuta degli edifici destinati ad istituti di prevenzione e pena, per le relative progettazioni e direzione dei lavori, per le rilevazioni geognostiche, per interventi di manutenzione eseguiti dai Ministeri delle infrastrutture e della giustizia.

La spesa per opere pubbliche incide solo per l’8 per cento sul totale dei pagamenti per investimenti fissi lordi e risulta in flessione del 28 per cento rispetto al precedente esercizio. I pagamenti sono stati eseguiti, nell’esercizio 2010, soprattutto dal Ministero delle infrastrutture per la costruzione, sistemazione, manutenzione e completamento di edifici pubblici statali, per altri immobili demaniali, per edifici privati destinati a sede di uffici pubblici statali e di altri immobili di proprietà dello Stato, nonché dal Ministero delle politiche agricole per opere concernenti il piano irriguo sul territorio nazionale.

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 121 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

LE AMMINISTRAZIONI LOCALI: OBIETTIVI PROGRAMMATICI E

RISULTATI IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI NEL 2010 IL PATTO PER LE REGIONI PER IL TRIENNIO 2011-2013 IL PATTO PER GLI ENTI LOCALI NEL 2010 PRIMI RISULTATI DEI COMUNI ALCUNE CRITICITA’ DEL SISTEMA PRIMI RISULTATI DELLE PROVINCE IL PATTO TERRITORIALE I RIFLESSI DEL PATTO SULLA REALIZZAZIONE DEGLI

INVESTIMENTI E GESTIONE DEI RESIDUI I COMUNI E LA MANOVRA PER IL 2011 UNA SIMULAZIONE DEL CALCOLO DEGLI OBIETTIVI DEL PATTO 2011 PER I COMUNI IL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL

FEDERALISMO FISCALE APPENDICE: INDICE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DEGLI

ENTI LOCALI: AGGIORNAMENTO AL 2009

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 123 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

LE AMMINISTRAZIONI LOCALI: OBIETTIVI PROGRAMMATICI E RISULTATI 1. Lo scorso anno, in occasione della presentazione della Relazione unificata

sull’economia e la finanza pubblica, è stato rideterminato il quadro delle proiezioni-obiettivo coerenti con un graduale rientro del nostro paese, già a partire dal 2010, dal disavanzo registrato nel precedente biennio in ragione del forte deterioramento del quadro congiunturale. La disponibilità di previsioni, che incorporavano gli effetti delle misure assunte con l’approvazione della manovra finanziaria per il 2010 anche per livelli di governo, offre uno strumento importante per valutare gli effetti attesi dalle misure di contenimento sulla struttura e sulla composizione della spesa. Per questa via è possibile avere una prima misura dell’efficacia degli strumenti posti a presidio del coordinamento della finanza pubblica.

Un elemento informativo che, tuttavia, non annulla gli ostacoli posti alla valutazione della coerenza degli andamenti gestionali, legati, da un lato, alle diverse caratteristiche e regole di costruzione dei conti (in termini di contabilità nazionale, per la definizione degli obiettivi di finanza pubblica, e di contabilità finanziaria, per i bilanci delle amministrazioni locali) e, dall’altro, ai mutevoli confini di riferimento per l’operare degli enti pubblici, sempre meno corrispondenti alla sola area istituzionale, a causa del crescente ricorso a società partecipate (si veda al riguardo la Parte terza), o ad altre modalità di organizzazione territoriale.

Su questi aspetti, quanto previsto di recente dalla riforma delle regole di contabilità, introdotte con la legge 196/2009, rappresenta un progresso essenziale su cui si misurerà l’effettiva capacità di governo della spesa e di efficacia dei meccanismi di coordinamento della finanza pubblica nel nuovo quadro disposto con il federalismo fiscale.

Nel quadro programmatico per il 2010 le amministrazioni locali erano previste

conseguire un disavanzo pari allo 0,4 per cento del prodotto, mantenendosi sui livelli del 2009.

Come si è visto nell’analisi svolta nella prima parte del rapporto, il contributo delle amministrazioni locali al risultato complessivo di finanza pubblica è stato, anche se di poco, inferiore alle attese: il disavanzo registrato è cresciuto allo 0,5 per cento del prodotto. Ma, soprattutto, ciò è avvenuto sulla base di andamenti significativamente diversi rispetto alle previsioni: una riduzione della spesa cui ha fatto fronte un più accentuato calo delle entrate.

Le uscite complessive si sono ridotte nell’anno dell’1,9 per cento (contro una crescita dell’1,9 per cento dell’anno precedente): un andamento dovuto alla forte caduta della spesa in conto capitale, ma anche ad una spesa corrente tenuta su tassi di variazione ben inferiori alla variazione del Pil.

La spesa corrente al netto degli interessi è aumentata dell’1,5 per cento, in ulteriore frenata rispetto agli esercizi precedenti (+2,5 per cento nel 2009, +6,5 per cento nel 2008). Un risultato migliore delle attese: nella previsione di aprile 2010 erano indicati aumenti del 3,7 per cento, riconfermati nel settembre al 3,8 per cento.

I consumi intermedi sono cresciuti nell’anno di circa l’1,9 per cento, mentre i redditi da lavoro dipendente, dopo la flessione dello scorso anno (-1,1 per cento) sono risultati in aumento dell’1,6 per cento, proprio per l’incidenza sull’esercizio dei rinnovi contrattuali.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

124 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

In entrambi i casi, il dato 2010 si rivela nettamente inferiore alle attese: nel quadro di previsione, i redditi da lavoro erano attesi in aumento del 2,1 per cento, i consumi intermedi del 3,3 per cento (variazione rivista in cresciuta al 3,8 per cento lo scorso settembre).

Da non trascurare il contributo offerto al risultato complessivo dalla flessione delle altre spese correnti tra cui figurano, nel caso degli enti locali, i contributi alla produzione e i trasferimenti alle famiglie e alle imprese. Una riduzione contenuta, a fronte di un incremento atteso di poco meno del 9 per cento.

Ha continuato a contrarsi in misura consistente la spesa per interessi, a testimonianza della forte riduzione del costo del denaro che ha interessato le amministrazioni anche nel 2010, ma, anche, del crescente ruolo dei servizi finanziari imputati, cresciuti nell’anno di un ulteriore 5 per cento, ma dislocati, secondo quanto previsto dall’Eurostat, tra i consumi intermedi. La flessione della spesa per interessi nell’anno è di circa il 20 per cento (il 31,3 per cento nel 2009).

Ben superiore alle attese è stato il calo della spesa in conto capitale. La flessione è nel complesso dell’18,5 per cento, contro il -5 per cento previsto. Un risultato inatteso, dato che ad ottobre la flessione era stata rivista al ribasso (-3,1 per cento). Particolarmente consistente il calo dei contributi agli investimenti (-28 per cento, a fronte di una previsione in crescita dell’1,4 per cento) e di poco inferiore al -16 per cento quello degli investimenti fissi, per i quali, nel quadro di previsione, si prefigurava una seppur limitata crescita (+1,8 per cento).

Tavola 1 IL CONTO CONSOLIDATO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI

valori assoluti - milioni variazione % in % del Pil SPESE 2008 2009 2010 08/07 09/08 10/09 2007 2008 2009 2010 Redditi da lavoro dipendente 72.577 71.763 72.934 7,6 - 1,1 1,6 4,36 4,63 4,72 4,71Consumi intermedi 102.040 106.958 109.014 4,3 4,8 1,9 6,32 6,51 7,04 7,04Contributi alla produzione 9.172 10.214 10.075 9,1 11,4 - 1,4 0,54 0,59 0,67 0,65Prestazioni sociali in denaro 2.990 3.036 3.019 14,9 1,5 - 0,6 0,17 0,19 0,20 0,19Trasferimenti ad enti pubblici 883 989 922 32,0 12,0 - 6,8 0,04 0,06 0,07 0,06Trasferimenti correnti diversi 6.673 6.401 6.003 10,8 - 4,1 - 6,2 0,39 0,43 0,42 0,39Altre spese correnti 7.949 7.987 8.476 13,4 0,5 6,1 0,45 0,51 0,53 0,55Spese correnti al netto interessi 202.284 207.348 210.443 6,5 2,5 1,5 12,29 12,90 13,64 13,59Interessi passivi 5.622 3.860 3.096 10,6 - 31,3 - 19,8 0,33 0,36 0,25 0,20Spese correnti 207.906 211.208 213.539 6,6 1,6 1,1 12,61 13,26 13,90 13,79 Investimenti fissi lordi 26.943 27.798 23.373 - 1,6 3,2 - 15,9 1,77 1,72 1,83 1,51Contributi agli investimenti 8.788 9.208 6.636 - 11,2 4,8 - 27,9 0,64 0,56 0,61 0,43Altri trasferimenti in c/capitale (*) 823 828 831 26,8 0,6 0,4 0,04 0,05 0,05 0,05Spese in C/capitale 36.554 37.834 30.840 - 3,6 3,5 - 18,5 2,45 2,33 2,49 1,99Spese complessive al netto interessi 238.838 245.182 241.283 4,8 2,7 - 1,6 14,74 15,23 16,13 15,58Spese complessive 244.460 249.042 244.379 4,9 1,9 - 1,9 15,07 15,59 16,39 15,78 valori assoluti -milioni variazione % in % del Pil E N T R A T E 2008 2009 2010 08/07 09/08 10/09 2007 2008 2009 2010 Imposte indirette 70.248 63.007 64.130 - 6,5 - 10,3 1,8 4,86 4,48 4,15 4,14Imposte dirette 32.944 29.611 31.080 11,8 - 10,1 5,0 1,91 2,10 1,95 2,01Contributi sociali 1.335 1.354 1.345 3,2 1,4 - 0,7 0,08 0,09 0,09 0,09Trasferimenti da enti pubblici (*) 90.680 106.248 99.244 15,4 17,2 - 6,6 5,08 5,78 6,99 6,41Altre entrate correnti 28.119 28.819 28.849 3,8 2,5 0,1 1,75 1,79 1,90 1,86Entrate corrente 223.326 229.039 224.648 5,5 2,6 - 1,9 13,69 14,24 15,07 14,50 Imposte in conto capitale 33 28 24 312,5 - 15,2 - 14,3 0,00 0,00 0,00 0,00Contributi agli investimenti 13.827 13.716 11.149 - 23,5 - 0,8 - 18,7 1,17 0,88 0,90 0,72Altre entrate c/capitale 1.251 1.077 1.001 13,4 - 13,9 - 7,1 0,07 0,08 0,07 0,06Entrate in c/capitale 15.111 14.821 12.174 - 21,2 - 1,9 - 17,9 1,24 0,96 0,98 0,79Entrate complessive 238.437 243.860 236.822 3,3 2,3 - 2,9 14,93 15,21 16,05 15,29 Indebitamento (-) o Accredit.(+) - 6.023 - 5.182 - 7.557 -0,14 -0,38 -0,34 -0,49Fonte elaborazioni Corte conti su dati Istat (provvisori) (*) Dalle entrate e dalle spese delle A.L. sono stati esclusi nel 2009 e 2010 gli effetti di una'operazione contabile tra lo Stato e le Regioni che non ha influenzato il conto consolidato delle A.P.. Le regioni hanno prelevato nei due anni, rispettivamente 2009 e 2010, 6,1 e 2,7 miliardi dai loro conti di tesoreria statale riversandoli al Bilancio dello Stato.

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 125 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 2 IL CONTO ECONOMICO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI – CONFRONTO PREVISIONI E RISULTATI

Ruef aprile 2010 Dfp settembre 2010 Istat aprile 2011

SPESE 2008 2009 var

09/08 2010 var

10/092010 var

10/09 2008 2009 var

09/08 2010 var

10/09Redditi da lavoro dipendente 72.718 71.720 -1,4 73.239 2,1 73.228 2,1 72.577 71.763 -1,1 72.934 1,6Consumi intermedi 102.259 107.259 4,9 110.842 3,3 111.078 3,6 102.040 106.958 4,8 109.014 1,9Altre spese correnti 27.839 28.786 3,4 31.327 8,8 31.336 8,9 27.667 28.627 3,5 28.495 -0,5Spese correnti al netto interessi 202.816 207.765 2,4 215.408 3,7 215.642 3,8 202.284 207.348 2,5 210.443 1,5

Interessi passivi 5.589 4.641 -17,0 4.930 6,2 4.812 3,7 5.622 3.860 -31,3 3.096 -19,8

Spese correnti 208.405 212.406 1,9 220.338 3,7 220.454 3,8 207.906 211.208 1,6 213.539 1,1Investimenti fissi 26.747 26.996 0,9 25.016 -7,3 25.717 -4,7 26.943 27.798 3,2 23.373 -15,9Altre spese in c/capitale (*) 9.463 9.593 1,4 9.727 1,4 9.739 1,5 9.611 10.036 4,4 7.467 -25,6Spese in conto capitale 36.210 36.589 1,0 34.743 -5,0 35.456 -3,1 36.554 37.834 3,5 30.840 -18,5Spese complessive al netto interessi 239.026 244.354 2,2 250.151 2,4 251.098 2,8 238.838 245.182 2,7 241.283 -1,6Spese complessive 244.615 248.995 1,8 255.081 2,4 255.910 2,8 244.460 249.042 1,9 244.379 -1,9di cui Spesa sanitaria 108.486 110.588 1,9 114.707 3,7 114.962 4,0 108.468 110.435 1,8 113.457 2,7

Ruef aprile 2010 Dfp settembre 2010 Istat aprile 2011

E N T R A T E 2008 2009 var

09/08 2010 var

10/092010 var

10/09 2008 2009 var

09/08 2010 var

10/09Entrate tributarie 103.492 92.541 -10,6 93.781 1,3 92.278 -0,3 103.225 92.646 -10,2 95.234 2,8Contributi sociali 1.338 1.344 0,4 1.361 1,3 1.363 1,4 1.335 1.354 1,4 1.345 -0,7Altre entrate correnti (*) 119.735 134.932 12,7 136.588 1,2 137.838 2,2 118.799 135.067 13,7 128.093 -5,2Entrate correnti 224.565 228.817 1,9 231.730 1,3 231.479 1,2 223.359 229.067 2,6 224.672 -1,9Entrate in conto capitale 14.967 14.760 -1,4 16.620 12,6 16.872 14,3 15.078 14.793 -1,9 12.150 -17,9Entrate complessive 239.532 243.577 1,7 248.350 2,0 248.351 2,0 238.437 243.860 2,3 236.822 -2,9

Saldo corrente 16.160 16.411 1,6 11.392 11.025 15.453 17.859 15,6 11.133

Indebitamento -5.083 -5.418 6,6 -6.731 -7.559 -6.023 -5.182 -14,0 -7.557

Saldo primario 506 -777 -253,6 -1.801 -2.747 -401 -1.322 229,7 -4.461

PIL 1.567.851 1.520.870 -3,0 1.554.347 1.554.718 1.567.761 1.519.702 -3,1 1.548.816

Tasso di crescita nominale PIL -3,00 2,20 2,23 -3,07 1,92 Pressione tributaria 6,69 6,17 6,03 6,02 6,58 6,10 6,15

Pressione fiscale (*) Dalle entrate e dalle spese delle A.L. sono stati esclusi nel 2009 e 2010 gli effetti di una operazione contabile tra lo Stato e le Regioni che non ha influenzato il conto consolidato delle A.P.. Le regioni hanno prelevato nei due anni 6,1 e 2,7 miliardi dai loro conti di tesoreria statale riversandoli al Bilancio dello Stato. Fonte elaborazioni Corte dei Conti su dati MEF ,DFP e Istat (aprile 2011).

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

126 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Anche dal lato delle entrate, il risultato ottenuto risulta sostanzialmente diverso da quello previsto. Le entrate totali si sono ridotte del 2,9 per cento (erano aumentate del 2,3 per cento nel 2009), mentre nel quadro programmatico si era prevista una crescita complessiva del 2 per cento.

Un risultato frutto di andamenti contrastanti. Le entrate tributarie sono aumentate del 2,8 per cento (contro l’1,3 per cento previsto), mentre si sono ridotte di oltre il 5 per cento le altre entrate correnti, in larga parte costituite da trasferimenti da amministrazioni pubbliche. Dopo la forte crescita del 2009, era prevista per il 2010 una variazione positiva anche se ridotta (+1,2 per cento); a consuntivo, la riduzione è del 5,2 per cento. Su tale andamento pesa una riduzione del 6,6 per cento dei trasferimenti dello Stato alle amministrazioni territoriali.

Ancora più netto il risultato nel caso delle entrate in conto capitale: a fronte di una crescita prevista del 12,6 per cento, a consuntivo il calo è di poco inferiore al 18 per cento. Sono i contributi agli investimenti a segnare una flessione del 18,7 per cento.

IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO DELLE REGIONI NEL 2010 2. Nel 2010 si è confermato l’impianto di base della disciplina del Patto di

stabilità interno per le regioni, introdotto con la finanziaria per il 2007 e il DL 112/2008, con la rilevazione dei due obiettivi programmatici (uno per la gestione di cassa e l’altro per la gestione di competenza) riferiti al complesso delle spese finali1. Il livello degli impegni e dei pagamenti non può essere superiore al corrispondente complesso delle spese finali dell’anno precedente (calcolato assumendo il pieno rispetto del patto di stabilità interno nell’anno) aumentato dell’1 per cento.

Sono state, tuttavia, disposte alcune modifiche di un certo rilievo nelle modalità e nelle spese considerate ai fini del rispetto del Patto.

La prima, introdotta con il decreto legge 25 gennaio 2010 n. 2, ha previsto che le regioni, cui si applicano limiti alla spesa, possono ridefinire il proprio obiettivo di cassa attraverso una corrispondente riduzione dell’obiettivo degli impegni di parte corrente relativi agli interessi passivi e oneri finanziari diversi, alla spesa di personale, alla produzione di servizi in economia e all’acquisizione di servizi e forniture. Il beneficio è calcolato con riferimento agli impegni correnti dell’ultimo esercizio in cui la regione ha rispettato il patto2.

1 Il DL 78/2010 ha, tuttavia, reso più stringente il regime sanzionatorio in caso di mancato rispetto del patto. La regione o la provincia autonoma è tenuta a versare all’entrata del bilancio statale l’importo corrispondente allo scostamento tra il risultato e l’obiettivo prefissato. In caso di mancato versamento, le somme sono recuperate sulle giacenze nei conti aperti presso la tesoreria statale. Rimangono immutate le altre disposizioni sanzionatorie previste per il triennio 2008-2011 dal DL 112/08. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno la Regione o la provincia autonoma inadempiente non può nell’anno successivo a quello dell’inadempienza impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio, né ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. Inoltre, per gli enti inadempienti al patto di stabilità interno è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale (ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto). E' fatto, altresì, divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi del divieto. 2 Le regioni devono comunicare al MEF entro il 30 giugno l’obiettivo programmatico di cassa rideterminato, l’obiettivo programmatico di competenza relativo alle spese compensate e alle spese non compensate

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 127 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Una seconda ha interessato la regione Trentino Alto Adige e le province di Trento e Bolzano. Con la legge finanziaria 20103 si è disposto che tali enti concordino con il MEF gli obblighi relativi al Patto di stabilità interno con riferimento ai saldi di bilancio4.

Infine, il DL 135/2009 ha previsto per le regioni l’esclusione dal Patto delle spese derivanti dalla progettazione ed esecuzione del 6° censimento generale dell’agricoltura nei limiti delle risorse trasferite dall’ISTAT.

Oltre a quelle previste originariamente5, sono confermate, poi, altre disposizioni già operative nel 2009. Si tratta, in particolare, dell’esclusione dalla base di calcolo e dai risultati delle spese in conto capitale per interventi cofinanziati correlati ai finanziamenti dell’Unione europea (vigente dal 2008) e di quelle correnti con esclusione delle quote di finanziamento statale e regionale, vigente dal 2009 (DL 5/2009).

Sono, poi, non considerate ai fini del calcolo del Patto le maggiori spese correnti realizzate con la quota di coofinanziamento nazionale e riconducibili alle finalità degli assi prioritari “Adattabilità” e “Occupabilità” conseguenti all’accordo Stato Regioni del febbraio 2009 (DL 5/2009); le spese sostenute nel 2009 e nel 2010 dalla regione Abruzzo per fronteggiare gli eccezionali eventi sismici (DL 39/2009); i pagamenti che vengono effettuati a valere sui residui passivi di parte corrente a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali (DL 78/2009).

E’ stata, infine, estesa al 2010 (DL 2/2010) la possibilità di rideterminare l’obiettivo programmatico delle regioni, per un ammontare pari all’entità dei pagamenti che le regioni autorizzano ad escludere dal saldo finanziario degli enti locali (DL 5/2009).

I PRIMI RISULTATI DEL MONITORAGGIO DELLE REGIONI 3. Secondo i primi dati del monitoraggio6, nel 2010 sia le regioni a statuto

ordinario che quelle a statuto speciale hanno rispettato gli obiettivi previsti. L’esame dei risultati è reso quest’anno più complesso per l’operare di diversi sistemi che richiedono di guardare a quattro tipologie di enti: le regioni a statuto ordinarie (13 regioni) che rispondono alla disciplina del Patto secondo le tradizionali modalità di calcolo, quelle che hanno utilizzato la possibilità prevista di ridefinire il proprio obiettivo di cassa attraverso una corrispondente riduzione dell’obiettivo degli impegni di parte corrente (2 regioni), le regioni a statuto speciale che concordano con il Mef l’obiettivo annuale e le spese da escludere nel calcolo dei risultati ma che hanno mantenuto come riferimento

3 Legge 23 dicembre 2009, n. 191 all’articolo 2, comma 107. 4 Per le altre regioni a statuto speciale le modalità del concorso al conseguimento degli obiettivi posti dal Patto di stabilità interno continuano ad essere concordate con il Ministero dell’economia e delle finanze in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica. Le regioni a statuto speciale e le province autonome, le quali hanno tutte competenza legislativa primaria in materia di enti locali (ordinamento e finanza), estendono l’applicazione del Patto agli enti locali dei rispettivi territori e, se lo ritengono opportuno, agli enti strumentali che da essa dipendono. 5 Si tratta delle spese per la sanità, cui si applica la specifica disciplina di settore, delle spese per la concessione di crediti che, trattandosi di operazioni finanziarie, non sono rilevanti ai fini del conto economico delle amministrazioni pubbliche, delle spese sostenute per la corresponsione alle aziende di trasporto pubblico locale degli importi ad esse assegnati e delle spese in conto capitale per interventi correlati ai finanziamenti dell’UE. 6 L’esame dei risultati relativi al Patto per le regioni a statuto ordinario e speciale si basa sui dati trasmessi dagli enti entro il 3 maggio 2011. Si tratta dei dati delle 15 regioni a statuto ordinario, e delle 5 regioni e 2 province a statuto speciale.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

128 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

gli obiettivi di spesa (4 regioni) e quelle che, invece, hanno assunto un obiettivo in termini di saldo.

Tavola 3 IL PATTO DI STABILITA'. I RISULTATI DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO – PAGAMENTI

(RSO esclusi Lazio e Puglia) (milioni di euro)

Totale Nord Centro Sud

2009 2010 var% 2009 2010 var% 2009 2010 var% 2009 2010 var%

Totale titolo 1° 87.863,2 87.161,6 -0,8 53.325,4 54.126,0 1,5 13.196,4 13.505,1 2,3 21.341,4 19.530,5 -8,5

Spese per la sanità 72.726,3 72.196,4 -0,7 44.896,3 45.586,5 1,5 10.780,2 11.027,4 2,3 17.049,9 15.582,5 -8,6Spese per rinnovo contratto settore trasporto pubblico locale 412,0 430,7 4,6 277,9 262,3 -5,6 47,3 42,1 -11,1 86,8 126,3 45,6Spese correlate agli eventi sismici del mese di aprile 2009 (solo Regione Abruzzo) 1,1 1,1 1,5 0,0 0,0 0,0 0,0 1,1 1,1 1,5Spese correlate ai cofinanziamenti UE -escluse quote statali e regionali 376,3 413,5 9,9 184,8 275,2 48,9 45,3 89,4 97,4 146,2 48,8 -66,6Maggiori spese accordo ammortizzatori sociali-esclusa quota europea 90,4 96,8 7,1 18,7 76,3 308,1 0,0 0,0 71,7 20,5 -71,5Pagamenti in c/residui a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali 600,2 460,7 -23,2 248,0 129,4 -47,8 84,0 96,0 14,3 268,2 235,3 -12,3Spese derivanti da progettazione ed esecuzione censimento,nei limiti risorse trasferite da ISTAT 0,0 3,9 0,0 3,6 0,0 0,2 0,0 0,1 SPESE CORRENTI NETTE 13.656,8 13.558,4 -0,7 7.699,7 7.792,6 1,2 2.239,6 2.250,0 0,5 3.717,5 3.515,8 -5,4

Totale titolo 2° 12.429,6 9.623,9 -22,6 5.228,9 4.700,5 -10,1 1.586,5 1.494,7 -5,8 5.614,1 3.428,7 -38,9

Spese per la sanità 915,6 521,2 -43,1 380,0 223,2 -41,3 201,5 150,7 -25,2 334,1 147,3 -55,9Spese per concessione di crediti 191,2 192,2 0,5 148,8 161,4 8,5 2,5 8,9 249,2 39,8 21,9 -45,0Spese correlate agli eventi sismici del mese di aprile 2009 (solo Regione Abruzzo) 0,3 0,0

-100,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,3 0,0

-100,0

Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 1.480,0 723,9 -51,1 239,7 134,6 -43,8 123,6 97,3 -21,2 1.116,8 491,9 -55,9SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE 9.842,6 8.186,6 -16,8 4.460,5 4.181,3 -6,3 1.258,9 1.237,7 -1,7 4.123,1 2.767,6 -32,9RISULTATO SPESE FINALI 23.499,4 21.745,1 -7,5 12.160,2 11.973,9 -1,5 3.498,5 3.487,7 -0,31 7.840,7 6.283,4 -19,9OBIETTIVO PROGRAMMATICO SPESE FINALI 22.928,7 12.547,7 3.677,2 6.703,9 QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI 224,1 157,7 63,9 2,6 OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMINATO 22.704,6 12.390,0 3.613,3 6.701,3 DIFFERENZA TRA SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERMINATO -959,5 -416,0 -125,6 -417,9 Fonte : elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 129 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 3

IL PATTO DI STABILITÀ. I RISULTATI DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO -IMPEGNI (RSO esclusi Lazio e Puglia)

(milioni di euro) Totale Nord Centro Sud

2009 2010 var% 2009 2010 var% 2009 2010 var% 2009 2010 var%

Totale titolo 1° 87.627,3 88.753,1 1,3 53.467,8 54.773,2 2,4 13.307,7 13.754,9 3,4 20.851,8 20.224,9 -3,0

Spese per la sanità 71.608,6 73.310,5 2,4 44.378,3 46.000,9 3,7 10.766,5 11.164,7 3,7 16.463,8 16.144,9 -1,9Spese per rinnovo contratto settore trasporto pubblico 485,4 379,6 -21,8 310,1 245,7 -20,8 44,6 46,7 4,8 130,7 87,2 -33,3Spese correlate agli eventi sismici del mese di aprile 2009 (solo Regione Abruzzo) 1,9 1,5 -23,2 0,0 0,0 0,0 0,0 1,9 1,5 -23,2Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 490,1 489,5 -0,1 262,1 315,5 20,4 91,7 103,9 13,3 136,4 70,1 -48,6Maggiori spese accordo ammortizzatori sociali - esclusa quota europea 168,2 79,6 -52,7 79,6 39,9 -49,8 2,7 0,0

-100,0 85,9 39,7 -53,8

Spese derivanti da progettazione ed esecuzione censimento,nei limiti risorse trasferite da ISTAT 0,0 9,6 0,0 8,4 0,0 0,3 0,0 0,9

SPESE CORRENTI NETTE 14.873,1 14.482,8 -2,6 8.437,8 8.162,8 -3,3 2.402,2 2.439,3 1,5 4.033,1 3.880,7 -3,8

Totale titolo 2° 12.727,2 11.329,6 -11,0 5.680,0 5.450,0 -4,0 1.638,0 1.773,9 8,3 5.409,1 4.105,7 -24,1

Spese per la sanità 972,6 791,3 -18,6 457,0 311,3 -31,9 167,9 323,5 92,7 347,6 156,5 -55,0Spese per concessione di crediti 316,9 212,0 -33,1 244,5 163,1 -33,3 5,9 10,7 82,1 66,5 38,2 -42,6Spese correlate agli eventi sismici del mese di aprile 2009 (solo Regione Abruzzo) 0,5 0,0

-100,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,5 0,0

Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 1.392,0 1.167,6 -16,1 181,2 241,5 33,3 100,9 120,0 19,0 1.109,9 806,1 -27,4SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE 10.045,2 9.158,7 -8,8 4.797,3 4.734,1 -1,3 1.363,4 1.319,7 -3,2 3.884,6 3.104,9 -20,1RISULTATO SPESE FINALI 24.918,3 23.641,5 -5,1 13.235,1 12.896,9 -2,6 3.765,5 3.759,0 -0,2 7.917,7 6.985,6 -11,8OBIETTIVO PROGRAMMATICO ANNUALE SPESE FINALI 0,0 26.320,4 0,0 13.535,1 0,0 4.153,1 0,0 8.632,2 DIFFERENZA TRA RISULTATO SPESE FINALI E OBIETTIVO PROGRAMMATICO 0,0 -2.678,9 0,0 -638,2 0,0 -394,2 0,0 -1.646,6 Fonte : elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Le tredici regioni che hanno mantenuto le modalità di calcolo tradizionali hanno

conseguito l’obiettivo in termini di competenza con relativa facilità, presentando un livello di spesa complessiva netta di oltre il 10 per cento inferiore a quella obiettivo. Più stretto il margine in termini di pagamenti rilevanti per il Patto, risultati inferiori all’obiettivo di solo il 4 per cento. Molto diversi i risultati se si guarda alle regioni per area territoriale. Anche negli impegni, il margine delle regioni del Nord è risultato limitato: di poco superiore al 5 per cento la differenza tra impegni di spesa netti e obiettivo. Sono le regioni meridionali a presentare i margini maggiori, circa il 20 di scarto con l’obiettivo del Patto.

Nei pagamenti, lo scostamento tra risultato e obiettivo si fa ancora più lieve. Nelle regioni del Nord e del Centro è di poco superiore al 3 per cento, per crescere a quasi l’8 nelle regioni del Sud.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

130 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tale risultato è stato ottenuto in un quadro di forte rallentamento della spesa

corrente, cresciuta in termini di impegni dell’1,3 per cento. Al netto della spesa per la sanità (cresciuta nell’anno del 2,4 per cento) e delle altre spese non considerate ai fini del Patto (di limitato ammontare), si registra invece una flessione del 2,6 per cento. Di segno negativo anche gli impegni in c/capitale: escludendo gli investimenti sanitari, le concessioni di credito e le spese correlate ai cofinanziamenti UE (comunque tutte in flessione rispetto al 2009), gli impegni di capitale si riducono di circa il 9 per cento. Una flessione molto limitata nel Nord (-1,3 per cento), ma superiore al 20 per cento nel Mezzogiorno.

In riduzione i pagamenti correnti (-0,8 per cento) e quelli in conto capitale (-22,6 per cento). Flessione che si ridimensiona solo parzialmente ove si guardi alle sole spese correnti e capitali soggette al Patto, calate, rispettivamente, dell’1 e del 17 per cento. Anche in questo caso, si conferma la forte differenziazione territoriale, con il forte calo del Sud (-33 per cento). Le regioni centrali conoscono la flessione minore (-2 per cento), mentre il Nord riduce del 6,3 per cento i pagamenti netti.

Un risultato, quello in termini di pagamenti, che risulta sostanzialmente omogeneo tra regioni

all’interno delle aree Nord e Sud, mentre é invece l’esito di andamenti anche contrastanti nelle regioni del Centro. Nel Nord tutte le regioni presentano una flessione della spesa corrente complessiva, e tutte, tranne la Lombardia, di quella corrente netta. Il calo dei pagamenti in conto capitale complessivi è comune a tutte le regioni, tranne il Veneto, che presenta una crescita della spesa netta. Nel Sud in flessione le spese correnti in tutte le regioni (tranne la Basilicata), mentre quella netta si conferma in calo solo nel Molise e in Campania; in sensibile calo i pagamenti in conto capitale, sia complessivi che netti delle voci escluse.

Anche le due regioni a statuto ordinario che hanno optato per il regime che

consente compensazioni hanno rispettato gli obiettivi posti con il Patto. Diverso tuttavia il risultato conseguito. Per il Lazio, la compensazione ha consentito di rivedere in crescita di 600 milioni l’obiettivo posto in termini di pagamenti.

Ciò è stato possibile a seguito di un ridimensionamento dell’obiettivo in termini di impegni per le

spese di personale, per la produzione di servizi in economia, per l’acquisizione di servizi e forniture per la spesa per interessi. La base di riferimento di queste spese è stato il 2009, anno in cui la regione aveva rispettato il Patto. In quell’esercizio la somma delle spese compensabili era stata pari a 1.624 milioni. L’obiettivo di questa quota di spesa (in termini di impegni) sarebbe risultato pari a 1.640 milioni (aggiungendo l’un per cento previsto). La regione ha ridotto di 600 milioni tale limite, potendo così aumentare dello stesso ammontare il proprio limite in termini di pagamenti.

Tale incremento è stato pressoché completamente utilizzato, sia per i pagamenti

della regione, sia per rideterminare l’obiettivo programmatico di 152 milioni e consentire di escludere dal saldo finanziario degli enti locali della regione uno stesso importo.

Il rispetto dell’obiettivo in termini di spese compensate è stato ottenuto soprattutto con una forte riduzione degli acquisti di beni e servizi (-49 per cento) e grazie alla flessione del 25 per cento degli oneri per interessi.

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 131 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 4 IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO. I RISULTATI DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO CHE HANNO

COMPENSATO – PAGAMENTI E IMPEGNI (milioni di euro)

Pagamenti Lazio Puglia Impegni Lazio Puglia

2010 2010 2010 2010

Totale titolo 1° 12.686,7 8.429,3 Totale titolo 1° 16.180,6 8.630,3

Spese per la sanità 10.505,3 7.213,4 Spese correnti soggette a compensazione 1.267,2 272,5

Spese per rinnovo contratto settore trasporto pubblico locale 121,0 34,1 Spese relative a voci escluse 259,6 0,0Spese correlate ai cofinanziamenti UE -escluse quote statali e regionali 37,6 84,8

SPESE CORRENTI NETTE SOGGETTE A COMPENSAZIONE 1.007,6 272,5

Maggiori spese accordo ammortizzatori sociali-esclusa quota europea 0,0 0,0

OBIETTIVO SPESE CORRENTI SOGGETTE A COMPENZAZIONE 1.040,2 275,0

Pagamenti in c/residui a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali 362,8 49,5

DIFFERENZA TRA RISULTATO SPESE CORRENTI SOGGETTE A COMPENSAZIONE E OBIETTIVO -32,6 -2,5

Spese derivanti da progettazione ed esecuzione censimento,nei limiti risorse trasferite da ISTAT 0,0 0,0 Spese correnti non soggette a compensazione 14.913,4 8.357,8

SPESE CORRENTI NETTE 1.660,0 1.047,3 Spese per la sanità 13.207,8 7.278,6

Totale titolo 2° 1.316,4 867,8 Spese per rinnovo contratto settore trasporto pubblico 0,0 34,1

Spese per la sanità 63,8 187,4Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 193,3 55,0

Spese per concessione di crediti 0,0 0,0Maggiori spese accordo ammortizzatori sociali - esclusa quota europea 0,0 0,0

Spese correlate agli eventi sismici del mese di aprile 2009 (solo Regione Abruzzo) 0,0 0,0

Spese derivanti da progettazione ed esecuzione censimento,nei limiti risorse trasferite da ISTAT 7,1 1,1

Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 57,0 155,6 Spese correnti nette non soggette a compensazione 1.505,2 1.261,5SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE 1.195,6 524,8 Totale titolo 2° 1.885,3 1.218,7

RISULTATO SPESE FINALI 2.855,6 1.572,2 Spese per la sanità 112,9 120,4Obiettivo programmatico prima delle compensazioni 2.423,4 1.683,4 Spese per concessione di crediti 40,0 0,0

Compensazione 600,0 104,7Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 219,2 451,1

OBIETTIVO PROGRAMMATICO ANNUALE SPESE FINALI 3.023,4 1.788,1 Spese in conto capitale nette 1.513,2 647,2QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI 152,0 0,0

RISULTATO SPESE NON SOGGETTE A COMPENSAZIONE 3.018,3 1.908,8

OBIETTIVO ANNUALE SPESE FINALI RIDETERMINATO 2.871,4 1.788,1

OBIETTIVO SPESE NON SOGGETTE A COMPENZAZIONE 3.841,6 2.400,2

DIFFERENZA TRA RISULTATO ANNUALE SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERMINATO -15,8 -216,0

DIFFERENZA TRA RISULTATO SPESE NON SOGGETTE A COMPENSAZIONE E OBIETTIVO SPESE NON SOGGETTE A COMPENSAZIONE -823,3 -491,5

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Nel caso della regione Puglia, il ridimensionamento degli impegni e il

corrispettivo incremento dei pagamenti è stato di minori dimensioni (104 milioni). Esso, tuttavia, non sembra avere inciso sull’operatività dell’ente (se non facendogli conseguire un positivo effetto di contenimento degli impegni correnti). A consuntivo,

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

132 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

infatti, i pagamenti sono stati di oltre 215 milioni inferiori all’obiettivo corretto, rendendo, almeno sotto questo aspetto, ininfluente il beneficio acquisito.

Anche nel caso delle Regioni a statuto speciale (RSS), l’obiettivo risulta

rispettato, sia in termini di pagamenti che di impegni e, come nel caso delle regioni a statuto ordinario, il vincolo sugli impegni è stato meno stringente di quello sui pagamenti. Il risultato è stato inferiore del 7 per cento al limite nel caso degli impegni (importo che cresce all’8,7 per cento nelle regioni del Nord ed è del 6,4 per cento nel Sud) e dell’1,8 per cento nel caso dei pagamenti. In questo caso, mentre le regioni del Nord si sono mantenute ampiamento al di sotto del livello obiettivo (con una differenza di circa il 9 per cento), quelle del Sud hanno avuto margini molto limitati (la differenza con l’obiettivo di solo lo 0,2 per cento).

La riduzione degli impegni correnti è nel complesso limitata (-1,1 per cento), mentre si fa più consistente quella in conto capitale (-8,1 per cento). Gli andamenti evidenziati sono tuttavia il risultato di variazioni molto diverse tra regioni, senza una definita omogeneità territoriale e frutto, probabilmente, di elementi particolari di cui risente la gestione e che si riverberano anche nelle esclusioni dal calcolo del Patto concordate in sede di definizione degli obiettivi individuali.

Tavola 5 IL PATTO DI STABILITÀ. I RISULTATI DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE– PAGAMENTI

(RSS esclusi Trentino Alto Adige e Province di Trento e Bolzano) (milioni di euro)

Totale Nord Sud

2009 2010 var% 2009 2010 var% 2009 2010 var%

Totale titolo 1° 27.149 25.550 -5,9 6.460 5.432 -15,9 20.689 20.118 -2,8

Spese per la sanità 14.432 14.153 -1,9 2.737 2.552 -6,7 11.695 11.601 -0,8Spese per rinnovo contratto settore trasporto pubblico locale 24 16 -34,0 0 0 24 16 -34,0

Spese non considerate in sede di accordo 4.075 2.362 -42,0 2.589 1.610 -37,8 1.486 751 -49,4Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 91 65 -28,1 3 2 -51,9 88 64 -27,2Maggiori spese accordo ammortizzatori sociali - esclusa quota europea 0 0 0,0 0 0 0,0 0 0 0,0Pagamenti in c/residui a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali 277 278 0,4 0 0 277 278 0,4Spese derivanti da progettazione ed esecuzione censimento,nei limiti risorse trasferite da ISTAT 0 2 0,0 0 0 0,0 0 2 0,0

Spese correnti nette 8.250 8.674 5,1 1.131 1.268 12,1 7.119 7.407 4,0Totale titolo 2° 5.918 4.855 -18,0 2.029 1.420 -30,0 3.889 3.435 -11,7

Spese per la sanità 280 372 33,1 88 143 61,6 191 229 19,9

Spese per concessione di crediti 481 82 -82,9 480 65 -86,4 1 17 3.026,1

Spese non considerate in sede di accordo 396 341 -14,1 396 334 -15,7 0 6 Spese correlate ai cofinanziamenti UE(escluse quote statali e regionali) 822 448 -45,5 28 10 -63,1 794 437 -44,9

Spese in conto capitale nette 3.939 3.612 -8,3 1.036 867 -16,3 2.903 2.745 -5,5

Risultato spese finali 12.171 12.333 1,3 2.149 2.181 1,5 10.022 10.152 1,3Obiettivo spese finali determinato in sede di accordo 0 12.560 0,0 0 2.394 0,0 0 10.167 0,0

QUOTA OBIETTIVO ANNUALE ATTRIBUITO AGLI ENTI LOCALI 0 0 0,0 0 0 0,0 0 0 0,0OBIETTIVO SPESE FINALI RIDETERMINATO 0 12.560 0,0 0 2.394 0,0 0 10.167 0,0DIFFERENZA TRA RISULTATO SPESE FINALI E OBIETTIVO RIDETERMINATO 0 -227 0,0 0 -212 0,0 0 -15 0,0

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 133 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 5 segue

IL PATTO DI STABILITÀ. I RISULTATI DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE (RSS) – IMPEGNI (RSS esclusi Trentino Alto Adige e Province di Trento e Bolzano)

(milioni di euro) Totale Nord Sud

2009 2010 var% 2009 2010 var% 2009 2010 var%

Totale titolo 1° 27.287 26.993 -1,1 5.805 6.009 3,5 21.482 20.984 -2,3

Spese per la sanità 14.251 14.939 4,8 2.567 2.593 1,0 11.684 12.346 5,7Spese per rinnovo contratto settore trasporto pubblico 31 8 -73,6 0 0 31 8 -73,6

Spese non considerate in sede di accordo 3.634 2.826 -22,2 2.095 2.074 -1,0 1.539 752 -51,1

Spese correlate ai cofinanziamenti UE - escluse quote statali e regionali 240 25 -89,5 5 3 -36,6 235 22 -90,7

Maggiori spese accordo ammortizzatori sociali - esclusa quota europea 0 0 0,0 0 0 0,0 0 0 0,0Spese derivanti da progettazione ed esecuzione censimento,nei limiti risorse trasferite da ISTAT 0 10 0,0 0 2 0,0 0 8 0,0

Spese correnti nette 9.131 9.185 0,6 1.138 1.338 17,5 7.993 7.847 -1,8Totale titolo 2° 6.392 5.874 -8,1 2.061 1.553 -24,6 4.331 4.321 -0,2

Spese per la sanità 448 397 -11,4 126 148 17,3 322 249 -22,6

Spese per la concessione dei crediti 484 93 -80,7 483 47 -90,2 1 46 ns

Spese non considerate in sede di accordo 416 388 -6,7 416 374 -10,0 0 14

Spese correlate ai cofinanziamenti UE(escluse quote statali e regionali) 765 665 -13,1 24 27 13,7 741 638 -13,9

Spese in conto capitale nette 4.280 4.331 1,2 1.012 956 -5,5 3.267 3.375 3,3Risultato spese finali 13.411 13.516 0,8 2.151 2.294 6,7 11.260 11.222 -0,3

Obiettivo spese finali determinato in sede di accordo 0 14.500 0,0 0 2.511 0,0 0 11.989 0,0Differenza tra obiettivo e risultato spese finali 0 -984 0,0 0 -217 0,0 0 -767 0,0

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Positivo il riscontro anche nel caso dell’ultima “tipologia” di Patto, basata su obiettivi concordati, calcolati in termini di competenza mista e relativa alle province di Trento e Bolzano e alla regione Trentino Alto Adige. Nel caso di entrambe le province, il saldo ottenuto nel 2010 si pone ampiamente al di sopra di quello concordato. Semmai stupisce la dimensione assoluta dei disavanzi ammessi che, seppur in miglioramento, rispetto al 2009 (quando erano al di sopra dei 2.000 milioni), rimangono sempre superiori ai 1.500 milioni nel complesso regionale, un importo di rilievo, specie se comparato con l’obiettivo di disavanzo e il miglioramento dello stesso posto (in termini di contabilità nazionale) al complesso delle regioni.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

134 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 6

IL PATTO DI STABILITA': I RISULTATI DELLA REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE E DELLE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

(milioni di euro)

PROVINCIA AUTONOMA

DI BOLZANO

PROVINCIA AUTONOMA

DI BOLZANO

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

TRENTINO-ALTO ADIGE

TRENTINO-ALTO ADIGE

2009 2010 2009 2010 2009 2010

AC

CE

RT

AM

EN

TI

TOTALE TITOLO 1°-TRIBUTI PROPRI E DEVOLUZIONI 3.923 4.035 3.826 4.248 403 400

TOTALE TITOLO 2° - CONTRIBUTI E TRASFERIMENTI 634 473 58 70 14 14

TOTALE TITOLO 3-ENTRATE EXTRATRIBUTARIE 116 123 68 74 0 0

Totale entrate correnti 4.673 4.630 3.952 4.391 417 414

a detrarre: Gettiti arretrati 1.059 687 552 749 76 74

TOTALE ENTRATE CORRENTI NETTE 3.614 3.943 3.401 3.642 342 339

INC

AS

SI

TOTALE TITOLO 4°-ENTRATE DERIVANTI DA ALIENAZIONI BENI E TRASFERIMENTI IN C/CAPITALE E DA RISCOSSIONI CREDITI 23 45 111 188

a detrarre: Entrate derivanti dalla riscossione di crediti 3 2 15 56

a detrarre: Entrate derivanti da alienazione di beni e diritti patrimoniali, affrancazioni 15 11 3 1

TOTALE ENTRATE IN CONTO CAPITALE NETTE 5 31 94 131

IMP

EG

NI

Spese correnti per la sanità 1.188 1.249 1.035 1.068 0 0

Altre spese correnti 2.263 2.293 1.694 1.762 240 236TOTALE TITOLO 1° - SPESE CORRENTI 3.451 3.542 2.729 2.830 240 236

Maggiori spese corr. per leggi di settore e nuove funzioni trasferite 0 0 0 35

PA

GA

ME

NT

I

Spese in conto capitale per la sanità 67 77 127 62

Altre spese in conto capitale 1.133 1.119 1.740 1.493 124 133

TOTALE TITOLO 2° - SPESE IN CONTO CAPITALE 1.200 1.196 1.867 1.555 124 133

a detrarre: Spese derivanti dalla concessione di crediti 25 48 25 46 0 0

a detrarre: Partecipazioni azionarie e conferimenti 7 20 2 2 0 0

TOTALE SPESE IN CONTO CAPITALE NETTE 1.167 1.129 1.841 1.507 124 133

Maggiori spese c/cap. per leggi di settore e nuove funzioni trasferite 0 0 0 25 0 0

CO

MP

ET

EN

ZA

MIS

TA

TOTALE ENTRATE FINALI NETTE (ECOR+ECAP) 3.619 3.974 3.495 3.773 342 339

TOTALE SPESE FINALI NETTE (SCOR + SCAP + MSCOR + MSCAP) 4.619 4.671 4.569 4.397 364 370

SALDO FINANZIARIO in termini di competenza mista (EFIN - SFIN) -1.000 -698 -1.074 -624 -23 -30OBIETTIVO PROGRAMMATICO CONCORDATO in termini di competenza mista 0 -798 0 -733 0 -31

DIFFERENZA TRA IL SALDO FIN. E OBIETTIVO PROGR.(SAL10 - OBT10) 0 101 0 109 0 0

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 135 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

4. Nel complesso, quindi, si conferma il conseguimento da parte delle regioni del Patto concordato per il 2010.

I risultati del monitoraggio consentono alcune osservazioni sull’operare del meccanismo che ha regolato il contributo regionale agli obiettivi di finanza pubblica alla vigilia di un nuovo cambiamento.

Va, innanzitutto, rilevato che la riproposizione di alcune misure di alleggerimento del Patto, che lo scorso anno erano state per alcune regioni determinanti, come l’esclusione delle somme corrisposte agli enti e relative ad esercizi pregressi, si è rilevata utile solo in alcuni casi e per importi non rilevanti.

Si conferma limitato l’effetto riconducibile alle spese correnti correlate a finanziamenti UE (in totale una variazione per circa 20 milioni) e a quelle relative agli accordi sugli ammortizzatori sociali, che si mantengono sostanzialmente sui livelli del 2009 (97 milioni).

In crescita del 45 per cento sono, invece, gli utilizzi della revisione degli obiettivi regionali a fronte di maggiori margini di spesa per le amministrazioni locali. Le regioni che hanno autorizzato nell’anno pagamenti ai rispettivi enti locali sono sei, per la somma complessiva di 376,1 milioni (erano stati 257,7 nel 2009). Si tratta di Basilicata (2,5 milioni), Emilia Romagna (92,7 milioni), Lazio (152 milioni), Piemonte (65 milioni), Toscana (60 milioni) e Umbria (3,8 milioni). Alcune regioni che avevano attivato tale possibilità nel 2009 non hanno ritenuto o potuto replicarla: si tratta della Lombardia e della Liguria (rispettivamente, 40 milioni e 2,9 milioni nel 2009).

Quanto alle modifiche introdotte al funzionamento del Patto nel 2010, esse hanno ulteriormente differenziato le modalità di funzionamento delle regioni a statuto ordinario da quelle delle regioni a statuto speciale, con ricadute sulla gestibilità e sulla leggibilità degli andamenti della gestione che dovranno essere attentamente valutati. Anche da questo punto di vista, l’aver rinunciato, sin dalla predisposizione della legge 42/2009, ad una riforma che riconducesse entro un impianto unico, pur attento alle diversità, sia le caratteristiche di base del sistema di finanziamento sia le regole valide per il concorso di tutte le realtà territoriali agli obiettivi di finanza pubblica, potrebbe rappresentare un’occasione mancata e incidere sul governo della spesa

5. Pur nella diversità dei regimi che regolano gli apporti delle regioni, i dati del

Patto consentono uno sguardo d’assieme agli andamenti regionali degli ultimi anni. Nel 2010 la spesa complessiva delle regioni si riduce in termini di pagamenti di

circa il 4,5 per cento. Una flessione che si mantiene, in termini di impegni, di poco al di sotto dell’1 per cento. Il calo riguarda (in termini di pagamenti) sia la spesa corrente (anche la non sanitaria, -6,9 per cento), che quella in c/capitale.

La più ridotta contrazione degli impegni è da attribuire ad un seppur contenuto (+2,1 per cento) incremento degli impegni correnti: un risultato da ricondurre alla spesa per la sanità, mentre la spesa rilevante per il Patto si contrae di oltre l’8 per cento.

Nelle regioni a statuto ordinario è il primo anno che si evidenzia, oltre ad una flessione complessiva dei pagamenti (-3,5 per cento), che si accentua rispetto a quella registrata lo scorso anno, anche un calo (-11,2 per cento) della spesa complessiva al netto della sanità. Un risultato frutto, oltre che del forte decremento degli esborsi in conto capitale, anche del calo della spesa corrente nella sua componente non sanitaria, in riduzione per la prima volta del 4,6 per cento.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

136 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Simili, ma con accentuazioni maggiori, anche i risultati, in flessione, delle regioni a statuto speciale. La spesa complessiva si riduce dell’8 per cento, quella soggetta al Patto di oltre l’11,6 per cento, con un calo della spesa corrente non sanitaria di oltre il 10 per cento. Una maggiore intensità da ricollegare agli incrementi più pronunciati conosciuti negli anni più recenti.

Tavola 7

SPESA REGIONALE NEL TRIENNIO 2008 - 2010 (tutte le regioni ad eccezione del Trentino Alto Adige e delle Province di Trento e Bolzano)

Totale Nord Centro Sud Valori in milioni

Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 140.219 136.586 133.828 56.673 59.786 59.558 31.113 26.740 26.192 52.434 50.060 48.078Spesa corrente al netto sanità 28.370 31.970 29.759 10.749 12.152 11.419 4.126 5.143 4.659 13.494 14.675 13.681Spesa in c/capitale 18.610 20.961 16.663 6.554 7.258 6.121 2.325 2.682 2.811 9.730 11.021 7.731Spesa in c/capitale al netto concessioni 17.532 18.776 15.244 6.162 6.161 5.528 2.117 2.307 2.588 9.253 10.308 7.128Spesa complessiva 158.829 157.547 150.491 63.228 67.044 65.679 33.437 29.422 29.003 62.164 61.081 55.809Spesa complessiva netta 45.902 50.746 45.003 16.911 18.313 16.947 6.243 7.450 7.247 22.747 24.983 20.809Impegni Spesa corrente 144.291 137.720 140.557 58.775 59.273 60.782 32.569 27.496 29.936 52.948 50.951 49.839Spesa corrente al netto sanità 31.559 34.320 31.562 12.088 12.327 12.189 4.908 5.998 5.304 14.563 15.995 14.069Spesa in c/capitale 23.834 24.349 20.308 7.375 7.741 7.003 4.352 4.610 3.659 12.107 11.998 9.645Spesa in c/capitale al netto concessioni 21.835 21.260 18.541 6.759 6.430 6.333 3.796 4.000 3.172 11.281 10.829 9.036Spesa complessiva 168.125 162.069 160.865 66.150 67.014 67.786 36.921 32.106 33.595 65.055 62.949 59.484Spesa complessiva netta 53.394 55.580 50.103 18.847 18.758 18.522 8.703 9.998 8.476 25.844 26.825 23.105

Variazioni % Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 8,0 -2,6 -2,0 2,1 5,5 -0,4 22,0 -14,1 -2,1 7,5 -4,5 -4,0Spesa corrente al netto sanità 2,3 12,7 -6,9 6,4 13,1 -6,0 -0,4 24,6 -9,4 0,0 8,8 -6,8Spesa in c/capitale 1,2 12,6 -20,5 -0,3 10,7 -15,7 4,2 15,4 4,8 1,5 13,3 -29,8Spesa in c/capitale al netto concessioni 2,4 7,1 -18,8 2,6 0,0 -10,3 2,4 9,0 12,2 2,2 11,4 -30,8Spesa complessiva 7,2 -0,8 -4,5 1,9 6,0 -2,0 20,5 -12,0 -1,4 6,5 -1,7 -8,6Spesa complessiva netta 2,3 10,6 -11,3 5,0 8,3 -7,5 0,5 19,3 -2,7 0,9 9,8 -16,7Impegni Spesa corrente 6,7 -4,6 2,1 4,8 0,8 2,5 18,5 -15,6 8,9 2,4 -3,8 -2,2Spesa corrente al netto sanità 7,5 8,8 -8,0 19,7 2,0 -1,1 -0,7 22,2 -11,6 1,8 9,8 -12,0Spesa in c/capitale 6,4 2,2 -16,6 1,8 5,0 -9,5 16,8 5,9 -20,6 6,0 -0,9 -19,6Spesa in c/capitale al netto concessioni 3,7 -2,6 -12,8 1,2 -4,9 -1,5 8,0 5,4 -20,7 3,8 -4,0 -16,6Spesa complessiva 6,6 -3,6 -0,7 4,4 1,3 1,2 18,3 -13,0 4,6 3,1 -3,2 -5,5Spesa complessiva netta 5,9 4,1 -9,9 12,3 -0,5 -1,3 2,9 14,9 -15,2 2,6 3,8 -13,9

Pro capite (euro) Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 2.392 2.314 2.256 2.171 2.267 2.243 2.637 2.252 1.860 2.518 2.400 2.302Spesa corrente al netto sanità 484 542 502 412 461 430 350 433 331 648 704 655Spesa in c/capitale 318 355 281 251 275 230 197 226 200 467 528 370Spesa in c/capitale al netto concessioni 299 318 257 236 234 208 179 194 184 444 494 341Spesa complessiva 2.710 2.669 2.537 2.422 2.542 2.473 2.834 2.478 2.060 2.985 2.929 2.673Spesa complessiva netta 783 860 759 648 694 638 529 627 515 1.092 1.198 997Impegni Spesa corrente 2.462 2.333 2.370 2.251 2.248 2.289 2.760 2.316 2.126 2.542 2.443 2.387Spesa corrente al netto sanità 538 581 532 463 467 459 416 505 377 699 767 674Spesa in c/capitale 407 413 342 282 294 264 369 388 260 581 575 462Spesa in c/capitale al netto concessioni 373 360 313 259 244 238 322 337 225 542 519 433Spesa complessiva 2.868 2.746 2.712 2.534 2.541 2.552 3.129 2.704 2.386 3.124 3.018 2.849Spesa complessiva netta 911 942 845 722 711 697 738 842 602 1.241 1.286 1.106

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 137 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 7.2

LA SPESA REGIONALE NEL TRIENNIO 2008 – 2010- LE REGIONI A STATUTO ORDINARIO (variazioni percentuali)

Totale Nord Centro Sud Valori in milioni

Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 113.997 109.437 108.278 51.986 53.325 54.126 31.113 26.740 26.192 30.898 29.372 27.960Spesa corrente al netto sanità 17.780 19.254 18.362 8.292 8.429 8.539 4.126 5.143 4.659 5.362 5.682 5.164Spesa in c/capitale 12.838 15.043 11.808 4.997 5.229 4.701 2.325 2.682 2.811 5.516 7.132 4.297Spesa in c/capitale l netto concessioni 12.054 13.618 10.844 4.694 4.700 4.316 2.117 2.307 2.588 5.243 6.611 3.940Spesa complessiva 126.835 124.480 120.086 56.983 58.554 58.826 33.437 29.422 29.003 36.415 36.504 32.256Spesa complessiva netta 29.834 32.872 29.206 12.985 13.129 12.855 6.243 7.450 7.247 10.605 12.293 9.104Impegni Spesa corrente 115.109 110.433 113.564 53.039 53.468 54.773 32.569 27.496 29.936 29.502 29.469 28.855Spesa corrente al netto sanità 19.168 21.285 19.508 8.792 9.089 8.772 4.908 5.998 5.304 5.468 6.198 5.432Spesa in c/capitale 16.864 17.957 14.434 5.651 5.680 5.450 4.352 4.610 3.659 6.862 7.667 5.324Spesa in c/capitale al netto concessioni 15.583 15.799 13.157 5.181 4.979 4.976 3.796 4.000 3.172 6.607 6.821 5.009Spesa complessiva 131.974 128.391 127.998 58.690 59.148 60.223 36.921 32.106 33.595 36.364 37.137 34.180Spesa complessiva netta 34.751 37.084 32.665 13.973 14.068 13.748 8.703 9.998 8.476 12.074 13.018 10.441

Variazione % Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 7,7 -4,0 -1,1 2,3 2,6 1,5 22,0 -14,1 -2,1 4,7 -4,9 -4,8Spesa corrente al netto sanità 4,6 8,3 -4,6 6,5 1,7 1,3 -0,4 24,6 -9,4 5,9 6,0 -9,1Spesa in c/capitale -0,7 17,2 -21,5 -0,6 4,6 -10,1 4,2 15,4 4,8 -2,7 29,3 -39,8Spesa in c/capitale al netto concessioni 0,3 13,0 -20,4 1,8 0,1 -8,2 2,4 9,0 12,2 -1,7 26,1 -40,4Spesa complessiva 6,8 -1,9 -3,5 2,1 2,8 0,5 20,5 -12,0 -1,4 3,5 0,2 -11,6Spesa complessiva netta 2,8 10,2 -11,2 4,7 1,1 -2,1 0,5 19,3 -2,7 2,0 15,9 -25,9Impegni Spesa corrente 4,2 -4,1 2,8 3,2 0,8 2,4 18,5 -15,6 8,9 -6,6 -0,1 -2,1Spesa corrente al netto sanità 5,5 11,0 -8,3 13,1 3,4 -3,5 -0,7 22,2 -11,6 0,3 13,4 -12,4Spesa in c/capitale 3,4 6,5 -19,6 0,4 0,5 -4,0 16,8 5,9 -20,6 -1,3 11,7 -30,6Spesa in c/capitale al netto concessioni 2,1 1,4 -16,7 0,4 -3,9 -0,1 8,0 5,4 -20,7 0,4 3,2 -26,6Spesa complessiva 4,1 -2,7 -0,3 2,9 0,8 1,8 18,3 -13,0 4,6 -5,7 2,1 -8,0Spesa complessiva netta 4,0 6,7 -11,9 8,0 0,7 -2,3 2,9 14,9 -15,2 0,3 7,8 -19,8

Pro capite (euro) Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 2.254 2.148 2.113 2.099 2.132 2.148 2.665 2.266 2.206 2.187 2.076 1.974Spesa corrente al netto sanità 352 378 358 335 337 339 353 436 392 379 402 365Spesa in c/capitale 254 295 230 202 209 187 199 227 237 390 504 303Spesa in c/capitale al netto concessioni 238 267 212 190 188 171 181 196 218 371 467 278Spesa complessiva 2.508 2.443 2.344 2.301 2.341 2.335 2.864 2.494 2.443 2.577 2.580 2.277Spesa complessiva netta 590 645 570 524 525 510 535 631 610 750 869 643Impegni Spesa corrente 2.276 2.167 2.217 2.142 2.138 2.174 2.789 2.331 2.521 2.088 2.083 2.037Spesa corrente al netto sanità 379 418 381 355 363 348 420 508 447 387 438 383Spesa in c/capitale 333 352 282 228 227 216 373 391 308 486 542 376Spesa in c/capitale al netto concessioni 308 310 257 209 199 197 325 339 267 468 482 354Spesa complessiva 2.610 2.519 2.498 2.370 2.365 2.390 3.162 2.721 2.830 2.573 2.625 2.413Spesa complessiva netta 687 728 638 564 562 546 745 847 714 854 920 737

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

138 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Tavola 7.3 LA SPESA REGIONALE NEL TRIENNIO 2008 – 2010- LE REGIONI A STATUTO SPECIALE

escluso Trentino Alto Adige e Province Trento e Bolzano (variazioni percentuali)

Totale Nord Sud Valori in milioni

Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 26.222 27.149 25.550 4.687 6.460 5.432 21.535 20.689 20.118 Spesa corrente al netto sanità 10.590 12.716 11.397 2.458 3.723 2.880 8.132 8.993 8.517 Spesa in c/capitale 5.772 5.918 4.855 1.558 2.029 1.420 4.214 3.889 3.435 Spesa in c/capitale al netto concessioni 5.478 5.157 4.401 1.468 1.460 1.212 4.010 3.697 3.188 Spesa complessiva 31.994 33.067 30.405 6.245 8.489 6.852 25.749 24.577 23.553 Spesa complessiva netta 16.068 17.874 15.797 3.926 5.184 4.092 12.142 12.690 11.706 Impegni Spesa corrente 29.182 27.287 26.993 5.736 5.805 6.009 23.446 21.482 20.984 Spesa corrente al netto sanità 12.391 13.036 12.054 3.296 3.238 3.417 9.095 9.798 8.637 Spesa in c/capitale 6.969 6.392 5.874 1.724 2.061 1.553 5.246 4.331 4.321 Spesa in c/capitale al netto concessioni 6.252 5.460 5.384 1.578 1.452 1.358 4.674 4.008 4.027 Spesa complessiva 36.151 33.679 32.867 7.460 7.867 7.563 28.691 25.812 25.305 Spesa complessiva netta 18.643 18.496 17.438 4.873 4.690 4.774 13.770 13.806 12.664

Variazioni % Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 9,3 3,5 -5,9 -0,4 37,8 -15,9 11,7 -3,9 -2,8 Spesa corrente al netto sanità -1,5 20,1 -10,4 6,3 51,5 -22,7 -3,6 10,6 -5,3 Spesa in c/capitale 5,8 2,5 -18,0 0,8 30,2 -30,0 7,7 -7,7 -11,7 Spesa in c/capitale al netto concessioni 7,1 -5,9 -14,7 5,4 -0,5 -17,0 7,8 -7,8 -13,8 Spesa complessiva 8,7 3,4 -8,0 -0,1 35,9 -19,3 11,0 -4,6 -4,2 Spesa complessiva netta 1,3 11,2 -11,6 5,9 32,0 -21,1 -0,1 4,5 -7,8 Impegni Spesa corrente 17,6 -6,5 -1,1 21,6 1,2 3,5 16,7 -8,4 -2,3 Spesa corrente al netto sanità 10,8 5,2 -7,5 41,7 -1,7 5,5 2,7 7,7 -11,8 Spesa in c/capitale 14,5 -8,3 -8,1 6,9 19,6 -24,6 17,3 -17,4 -0,2 Spesa in c/capitale al netto concessioni 7,6 -12,7 -1,4 3,9 -8,0 -6,5 9,0 -14,2 0,5 Spesa complessiva 17,0 -6,8 -2,4 17,8 5,5 -3,9 16,8 -10,0 -2,0 Spesa complessiva netta 9,8 -0,8 -5,7 26,8 -3,8 1,8 4,8 0,3 -8,3

Pro capite (euro) Pagamenti 2008 2009 2010 2008 2009 2010 2008 2009 2010 Spesa corrente 3.260 3.366 3.163 3.477 4.757 3.988 3.216 3.084 2.996 Spesa corrente al netto sanità 1.317 1.576 1.411 1.823 2.742 2.114 1.215 1.340 1.268 Spesa in c/capitale 718 734 601 1.156 1.494 1.043 629 580 511 Spesa in c/capitale al netto concessioni 681 639 545 1.089 1.075 890 599 551 475 Spesa complessiva 3.978 4.099 3.764 4.633 6.251 5.031 3.846 3.663 3.507 Spesa complessiva netta 1.998 2.216 1.956 2.913 3.817 3.004 1.813 1.892 1.743 Impegni Spesa corrente 3.628 3.383 3.342 4.255 4.275 4.412 3.502 3.202 3.125 Spesa corrente al netto sanità 1.541 1.616 1.492 2.445 2.384 2.509 1.358 1.460 1.286 Spesa in c/capitale 866 792 727 1.279 1.518 1.140 783 645 643 Spesa in c/capitale al netto concessioni 777 677 667 1.171 1.069 997 698 597 600 Spesa complessiva 4.495 4.175 4.069 5.534 5.793 5.553 4.285 3.848 3.768 Spesa complessiva netta 2.318 2.293 2.159 3.615 3.453 3.505 2.057 2.058 1.886

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 139 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Dal lato degli impegni le differenze tra regioni a statuto ordinario e speciale non

mutano in misura rilevante. Una flessione della spesa sanitaria è alla base del calo delle spese correnti nelle regioni a statuto speciale, a fronte di un seppur limitato incremento di quelle ordinarie (+2 per cento). Il minor calo della spesa in conto capitale delle regioni a statuto speciale si inquadra in una tendenza riflessiva che si estende al biennio 2009-2010. Mentre le regioni ordinarie ottenevano nel 2009 una seppur limitata crescita.

IL PATTO PER LE REGIONI NEL TRIENNIO 2011-2013 6. Con la finanziaria per il 2011 si è nuovamente intervenuti sul Patto delle

regioni. Per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario continua ad applicarsi la regola

del controllo della spesa finale (corrente e in conto capitale), ma con la fissazione di obiettivi distinti in termini di competenza e di cassa. A differenza del passato, il complesso delle spese considerate è calcolato sulla media del triennio 2007-2009. Per ciascun anno, il complesso delle spese di competenza e di cassa non deve superare la media del triennio 2007-2009 ridotta rispettivamente del 12,3 e del 13,6 per cento nel 2011, del 14,6 e del 16,3 per cento nel 2012 e del 15,5 e del 17,2 per cento nel 2013.

Rimangono confermate le esclusioni finora previste7. Per il 2011 è riproposta la possibilità per gli enti cui si applicano limiti alla spesa

di ridefinire il proprio obiettivo di cassa attraverso una corrispondente riduzione dell'obiettivo degli impegni di parte corrente relativi agli interessi passivi e oneri finanziari diversi, alla spesa di personale, alla produzione di servizi in economia e all'acquisizione di servizi e forniture calcolati con riferimento, in questo caso, alla media dei corrispondenti impegni del triennio 2007-2009.

Per le regioni a statuto speciale la maggiore novità è la predeterminazione della ripartizione tra gli enti delle somme complessive di contributo agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dal DL 78/2010 (500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013) Ciascuna regione e provincia autonoma dovrà ridurre il proprio tetto di spesa tendenziale (o migliorare il proprio saldo tendenziale nel caso della regione Trentino-Alto Adige e delle due province di Trento e di Bolzano) di tale importo.

L’intesa tra ciascun ente e il MEF deve intervenire entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente all’esercizio di riferimento, per determinare il livello complessivo delle spese e dei pagamenti, anche se la misura del concorso agli obiettivi di finanza pubblica è già determinato8.

7 Come nella precedente disciplina sono escluse dal calcolo le spese per la sanità, soggette a disciplina specifica, le spese per la concessione di crediti, le spese correnti e in conto capitale per interventi cofinanziati dall’Unione europea, relativamente ai finanziamenti comunitari, i pagamenti effettuati a favore di enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente, a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali. Per il 2011 sono poi escluse le spese relative ai beni trasferiti alle regioni e a fondi immobiliari ricevuti dallo Stato in attuazione del D.Lgs. n. 85/2010 sul federalismo demaniale e le spese concernenti i censimenti. 8 Viene poi modificato il termine, spostandolo al 30 novembre (limitatamente al 2011, entro il 31 marzo), entro cui la regione deve inviare la proposta di intesa e viene confermata inoltre l’applicazione della disciplina stabilita per le regioni a statuto ordinario qualora l’intesa non sia raggiunta entro il termine definito .

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

140 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Per la regione Trentino Alto Adige e per le province di Trento e di Bolzano, come nel 2010, gli obiettivi di risparmio sono calcolati in riferimento al saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, anziché sul complesso delle spese; per il resto la disciplina ricalca quella comune alle altre regioni a statuto speciale.

La legge 220/2010 ha poi previsto modifiche all'ordinamento finanziario della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ai fini dell'attuazione dei principi del federalismo fiscale. Le norme, tra l'altro, disciplinano il Patto a decorrere dall'esercizio 2011, in riferimento al "sistema integrato regionale", comprensivo, oltre che della regione, di tutti gli enti e organismi finanziati direttamente dalla regione stessa. Ai fini della determinazione dell'accordo annuale relativo al patto di stabilità interno, si continua a considerare il complesso delle spese finali.

Viene, poi, riproposta la disciplina concernente la rimodulazione delle regole per

gli enti locali, sia verticale che orizzontale. Le regioni possono autorizzare gli enti locali compresi nel proprio territorio a

peggiorare il saldo programmatico, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati9.

Si ripropone, infine, anche la possibilità per le regioni di integrare e modificare le regole per gli enti locali compresi nel proprio territorio "in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti", fermo restando l’obiettivo determinato complessivamente dalle regole del Patto di stabilità per gli enti locali. I criteri per l'applicazione di tali disposizioni sono definiti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con la Conferenza unificata .

Una prima valutazione dell’operare del nuovo Patto emerge ponendo a confronto

gli obiettivi programmatici previsti per il 2010, l’obiettivo per il 2011 calcolato sulla base del DL 112/08 e quello che deriva da una prima applicazione della nuova normativa introdotta con la legge 220/2010. Si tratta di una stima necessariamente approssimativa condotta utilizzando i dati comunicati dalle regioni con i prospetti del Patto nei diversi anni. Essa si basa, infatti, su informazioni incomplete: non si dispone, in particolare, dei dati degli esercizi 2007 e 2008 relativi alle spese per interventi cofinanziati dell’Unione europea, ne dei pagamenti effettuati in favore degli enti locali soggetti al Patto di stabilità a valere sui residui passivi di parte corrente a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali.

Inoltre, il riferimento è a dati comunicati in occasione del monitoraggio annuale e non ai consuntivi annuali. L’esercizio pertanto può comportare una sovrastima della media 2007-2009 di impegni e pagamenti e quindi livelli obiettivo 2011 più “generosi” di quelli che effettivamente saranno posti alle regioni a statuto ordinario.

Nella lettura dei risultati va innanzitutto considerato che il nuovo Patto sconta l’operare dei tagli dei trasferimenti alle regioni a statuto ordinario disposto dal DL 78/2010.

9 A “compensazione” del maggiore onere assunto dalla regione, la norma dispone che parte dei trasferimenti che la regione riceve dallo Stato sia sottratta al vincolo di destinazione, nella misura del doppio delle somme cedute a compensazione degli obiettivi peggiori degli enti locali.

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 141 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Una prima misura del rilievo dell’aggiustamento richiesto si trae dall’entità delle riduzione dell’obiettivo 2011 rispetto al livello posto per il 2010. Nel complesso delle regioni si tratta di una flessione dei pagamenti superiore al 12 per cento (l’11,4 per cento nel caso degli impegni); una riduzione che presenta differenze tra aree territoriali da ricondurre all’operare del Patto e alla minor incidenza delle voci escluse negli anni passati.

La differenza tra i due obiettivi, quello posto dal DL 112/08 e quello dalla legge 220/2010, dovrebbe segnare l’incidenza sulla spesa regionale del taglio dei trasferimenti. Una differenza che risulta, nel caso dei pagamenti, nettamente inferiore al taglio disposto con il DL 78/2010 (raggiunge solo i 3 miliardi), mentre supera, in termini di impegni, i 3,6 miliardi.

IL PATTO PER GLI ENTI LOCALI NEL 2010 Primi risultati dei Comuni 7. Nel 2010 i comuni erano tenuti a conseguire un saldo di competenza mista per

la prima volta positivo; il concorso alla manovra per il 2010 è stato quantificato in 2.350 milioni, correzione necessaria per consentire al comparto di conseguire un saldo programmatico di indebitamento netto pari a 474 milioni10 .

L’obiettivo complessivo si è poi tradotto in obiettivi individuali, calcolati secondo le stesse modalità dell’anno precedente, ma applicando coefficienti di correzione in parte più onerosi (fino al 110 per cento di miglioramento del saldo base) che, tuttavia, non hanno determinato per tutti i comuni assoggettati ai vincolo il passaggio ad obiettivi di saldo positivo.

Dei 2.269 comuni monitorati11, infatti, 1.147 presentavano ancora un saldo programmatico negativo che nel 70 per cento dei casi, peraltro, si è trasformato a fine anno in un saldo finanziario di segno positivo (fino al 75 per cento nei comuni di grandi dimensioni).

Se si dovesse valutare lo strumento cardine della fiscal governance italiana semplicemente sulla base dei risultati di rispetto dell’obiettivo, non potrebbe che sottolinearsi l’efficacia della regola, stanti le performances particolarmente positive dei comuni, i quali centrano in maniera massiva gli obiettivi fissati, con un grado di inadempienza che può definirsi marginale: il 2,2 per cento, la percentuale in assoluto più bassa mai registrata nelle pur differenti versioni del Patto.

La mappa dell’adempienza mostra che a livello regionale sono ben sei gli ambiti

territoriali in cui si raggiunge il rispetto da parte di tutti i comuni soggetti, e nelle altre aree non si scende comunque sotto il 94 per cento (la Calabria presenta la percentuale più elevata di inadempienti – 5,3 per cento – che risulta tuttavia molto inferiore alla percentuale nazionale registrata lo scorso anno, 9,8 per cento). Sotto l’aspetto dimensionale si conferma la concentrazione delle inadempienze nei comuni di piccole dimensioni (fino a 20.000 abitanti).

10 Dalla RT al DL 112/2008. 11 Per la presente indagine sono stati utilizzati i dati presenti nel sistema di monitoraggio della Ragioneria Generale dello Stato alla data del 7 aprile 2011.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

142 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Il DL 78/2010 ha inasprito le sanzioni per gli enti inadempienti, prevedendo, in particolare, la corrsipondenza

tra scostamento dall’obiettivo programmatico e riduzione dei trasferimenti erariali al fine di garantire, nell’anno successivo, l’integrale recupero del differenziale negativo. Ciò potrebbe determinare, in alcuni casi, un taglio molto rilevante sulle risorse a disposizione per l’esercizio successivo, che, aggiungendosi alla riduzione prevista per tutti gli enti locali quale contributo agli obiettivi di finanza pubblica per il 2011, potrebbe mettere a rischio la sostenibilità della manovra. Tuttavia il meccanismo sanzionatorio è elemento di chiusura indispensabile per il corretto funzionamento dell’intero impianto di vincoli e l’incidenza dei casi di sforamento del Patto risulta, nell’anno sotto osservazione, così marginale che la facoltà riconosciuta alle regioni di adattare i contributi individuali, nonché di partecipare finanziariamente agli obiettivi degli enti locali, appare essere lo strumento più adeguato per fronteggiare queste situazioni critiche e garantirne il riassorbimento nell’ambito del sistema regionale.

Tavola 8

IL PATTO DI STABILITA' INTERNO: IL GRADO DI ADEMPIENZA DEI COMUNI PER REGIONE E PER CLASSE

DEMOGRAFICA

(migliaia di euro)

Regione n. comuni monitorati

differenza tra saldo netto e

obiettivo

n. comuni adempienti

differenza tra saldo netto e

obiettivo

% adempienti

n. comuni inadempienti

differenza tra saldo netto e

obiettivo

% inadempienti

Abruzzo 54 35.221 53 35.383 98,1 1 -162 1,9

Basilicata 32 13.898 32 13.898 100,0

Calabria 75 17.476 71 20.380 94,7 4 -2.904 5,3

Campania 207 125.146 202 127.288 97,6 5 -2.142 2,4

Emilia-Romagna 189 68.278 188 69.146 99,5 1 -868 0,5

Lazio 124 88.321 123 88.800 99,2 1 -479

Liguria 52 24.446 50 27.990 96,2 2 -3.544 3,8

Lombardia 451 64.615 436 92.287 96,7 15 -27.671 3,3

Marche 67 21.689 67 21.689 100,0

Molise 11 3.954 11 3.954 100,0

Piemonte 134 25.796 134 25.796 100,0 0,0

Puglia 172 74.536 167 76.966 97,1 5 -2.430 2,9

Sardegna 64 30.210 64 30.210 100,0

Sicilia 186 90.864 179 114.375 96,2 7 -23.511 3,8

Toscana 152 56.755 151 58.127 99,3 1 -1.372 0,7

Umbria 32 14.481 32 14.481 100,0

Veneto 267 57.169 259 66.672 97,0 8 -9.503 3,0

Totale complessivo 2269 812.856 2.219 887.442 97,8 50 -74.586 2,2

fascia demografica n. comuni monitorati

differenza tra saldo netto e

obiettivo

n. comuni adempienti

differenza tra saldo netto e

obiettivo

% adempienti

n. comuni inadempienti

differenza tra saldo netto e

obiettivo

% inadempienti

tra 5000 e 10000 1123 146.463 1.095 173.793 97,5 28 -27.330 2,5

tra 10000 e 20000 652 153.620 634 179.814 97,2 18 -26.194 2,8

tra 20000 e 60000 397 267.607 393 288.669 99,0 4 -21.062 1,0

tra 60000 e 250000 86 164.269 86 164.269 100,0

> 250000 11 80.897 11 80.897 100,0

Totale complessivo 2269 812.856 2.219 887.442 97,8 50 -74.586 2,2 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 143 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

In termini finanziari il saldo obiettivo aggregato, pari ad un avanzo di 339,7

milioni, viene ampiamente conseguito, visto che i comuni monitorati registrano un saldo finanziario complessivo di 1.152,5 milioni. Come negli anni precedenti, quindi, gli enti sono riusciti a realizzare un extra risparmio (812,8 milioni di surplus), anche a fronte di un obiettivo decisamente più impegnativo. Le entrate correnti si sono dimostrate in crescita (+4,02 per cento) rispetto allo scorso anno, soprattutto per l’effetto trainante delle entrate tributarie, nell’ambito delle quali i comuni sembra abbiano sfruttato pienamente l’unica leva fiscale rimasta libera dal blocco delle aliquote operativo dal 2008, la tassa sullo smaltimento dei rifiuti, il cui significativo incremento risulta confermato anche dai dati relativi agli incassi.12 Il margine positivo generato dalle entrate viene peraltro eroso dall’aumento, di pari entità, degli impegni correnti (+4,06 per cento), mentre la spesa in conto capitale complessiva si abbatte di oltre il 20 per cento e quella al netto delle concessioni di credito più del 15 per cento.

Tavola 9

IL PATTO DI STABILITA' INTERNO: I RISULTATI DEI COMUNI NEL 2010 migliaia di euroentrate tributarie 16.988.501contributi e trasferimenti correnti 16.015.391entrate extratributarie 8.515.936totale entrate correnti 41.519.828entrate correnti sterilizzate 390.079altre voci escluse 151.156totale entrate correnti nette 40.978.614entrate da alienazioni, trasferimenti di capitale e riscossione di crediti 8.411.822entrate derivanti dalla riscossione di crediti (art. 77-bis, comma 5, legge n. 133/2008) 1.467.255entrate in conto capitale sterilizzate 686.404altre voci escluse 80.870totale entrate in conto capitale nette 6.177.293spese correnti 39.132.638spese correnti sterilizzate 390.379totale spese correnti nette 38.742.259spese in conto capitale 9.612.703spese derivanti dalla concessione di crediti (art. 77-bis, comma 5, legge n. 133/2008) 1.194.454pagamenti in conto capitale autorizzati dalle regioni (art. 4, comma 4-sexies, legge n. 42/2010) 159.919pagamenti in conto capitale nei limiti dello 0,75% dei residui passivi 2008 (art.14,comma11/33-ter, DL n.78/2010) 261.568spese in conto capitale sterilizzate 781.263altre voci escluse 741totale spese in conto capitale nette 7.214.758entrate finali nette 47.155.907spese finali nette 45.957.018SALDO FINANZIARIO 1.198.889effetti finanziari delle sanzioni per mancato rispetto 2009 46.309SALDO FINANZIARIO NETTO 1.152.580OBIETTIVO PROGRAMMATICO ANNUALE 2010 339.724differenza 812.856Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Come di consueto, il saldo è depurato di alcune voci. Le esclusioni dalle entrate e

dalle spese rilevanti rispondono a due differenti esigenze: da una parte, sterilizzare gli effetti in entrata ed in uscita di poste connesse a specifici interventi, finanziati spesso da

12 I dati SIOPE mostrano un aumento dell’11 per cento della TARSU riscossa mediante i ruoli e del 37,5 per cento di quella riscossa attraverso altre forme.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

144 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

soggetti diversi dall’ente erogatore della spesa finale13. Così, sia per evitare che i vincoli del patto rallentino gli impegni e i pagamenti per interventi considerati prioritari e strategici, sia per correggere eventuali effetti anomali che potrebbero determinarsi sui saldi a causa del non allineamento temporale tra entrata e spesa, ne è prevista la depurazione dalle entrate e dalle spese finali .

A questo tipo di esclusioni si affiancano quelle riferite ai soli pagamenti in conto capitale e finalizzate a correggere la compressione degli investimenti ed il rallentamento dei pagamenti per le opere giunte in fase di liquidazione . Si tratta di una replica delle misure agevolative disposte già nel 2009, anche se per il 2010 la consistenza degli incentivi è notevolmente ridotta (il totale dei pagamenti esclusi grazie alle quote autorizzate dalle regioni e alla detrazione dei pagamenti effettuati nei limiti dello 0,75 per cento dei residui in conto capitale 2008 ammonta a 421 milioni per i 2.269 comuni del monitoraggio, contro 1.690 milioni scontati dal Patto 2009 da parte di 2.244 comuni). Come lo scorso anno, le misure dirette a contrastare l’eccessiva compressione dalla spesa in conto capitale hanno consentito, in diversi casi, di elevare il livello dei pagamenti senza compromettere il rispetto degli obiettivi del Patto: la percentuale di comuni che sono riusciti a conseguire il saldo programmatico in virtù delle esclusioni autorizzate dalla regione e dallo Stato si attesta al 32 contro il 51 per cento del 2009.

Il totale dei pagamenti non più soggetti ai vincoli è stato per questi enti pari a 287,4 milioni, vale a

dire il 7,1 per cento della rispettiva spesa in conto capitale, al netto delle concessioni di credito, e questa esclusione ha evitato uno sforamento dall’obiettivo che si sarebbe aggirato intorno ai 217,4 milioni. Questi comuni realizzano, tra tutti gli adempienti, lo scostamento positivo minore rispetto all’obiettivo (70 milioni). Sulla base di tali elementi si è, pertanto, indotti a ritenere che a questo gruppo appartengano gli enti che più proficuamente hanno sfruttato i pur limitati i margini espansivi consentiti dal Patto.

Tuttavia, anche nel 2010 le misure di flessibilizzazione hanno avuto un’efficacia

limitata. Per 1.493 comuni (oltre il 50 per cento di quelli soggetti al Patto) le agevolazioni si sono dimostrate superflue, perché gli enti sarebbero risultati adempienti anche non escludendo le quote di pagamenti autorizzate dalla regione e concesse dallo Stato nel limite dello 0,75 per cento dei residui passivi in conto capitale. In realtà, già l’obiettivo aggregato riferito a questo gruppo di enti risultava più agevole per la presenza di diversi comuni con saldo obiettivo negativo, e pertanto, anche senza applicare alla spesa in conto capitale alcuna agevolazione, in tutte le aree territoriali sarebbe stato conseguito comunque un saldo finanziario positivo. Per i 50 comuni non rispettosi del Patto le misure agevolative non hanno esplicato alcuna efficacia e sono risultate del tutto insufficienti a coprire la differenza negativa dall’obiettivo.

13 Entrate e spese destinate all’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza (art. 77-bis, comma 7-bis, DL 112/2008); entrate e spese connesse ai grandi eventi (art. 4, comma 4-novies, l. 42/2010);entrate e spese connesse ai progetti cofinanziati dall’Unione europea (art. 77-bis, comma 7-quater, DL 112/2008); entrate e spese per fronteggiare gli eventi sismici in Abruzzo (art. 6, comma 1, l. 77/2009); entrate e spese connesse alla progettazione ed esecuzione dei censimenti ISTAT (art. 50, comma 3, DL 78/2010); entrate e spese connesse ai trasferimenti di cui ai commi 704 e 707 dell’art. 1 l. 296/2006.

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IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 145 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Tavola 10

GLI EFFETTI DELLE MISURE ESPANSIVE NEI COMUNI (in migliaia di euro)

Zona n. enti

art. 4, comma 4-sexies, l. n. 42/2010

art. 14, commi 11 e 33-ter, DL 78/2010

totale pagamenti

in c/capitale esclusi dal patto per incentivi

agli investimenti

spesa in conto

capitale al netto delle concessioni

di crediti

incidenza % delle voci escluse sulla spesa in conto capitale

rilevante per il patto pagamenti in conto residui

autorizzati dalle

regioni (a)

pagamenti per

investimenti autorizzati

dalle regioni (b)

pagamenti in c/capitale

nei limiti dello 0,75% dei residui

2008

1 2 3 4= (1+2+3) 5 6=1/5 7=2/5 8=3/5 9=4/5

tutti i comuni

Centro 375 60.542 1.834 36.301 98.677 1.636.677 3,70 0,11 2,22 6,0

Isole 250 4.414 102 34.832 39.348 909.477 0,49 0,01 3,83 4,3

Nord-est 456 36.037 179 37.374 73.590 1.434.001 2,51 0,01 2,61 5,1

Nord-ovest 637 44.179 5.346 67.843 117.368 2.479.657 1,78 0,22 2,74 4,7

Sud 551 6.463 823 85.218 92.504 1.958.437 0,33 0,04 4,35 4,7

Italia 2269 151.635 8.284 261.568 421.487 8.418.249 1,80 0,10 3,11 5,0

comuni che avrebbero

rispettato il patto anche in assenza delle

misure correttive

Centro 253 9.731 834 20.087 30.652 1.073.333 0,91 0,08 1,87 2,9

Isole 181 206 14 24.906 25.126 642.387 0,03 0,00 3,88 3,9

Nord-est 304 4.734 0 18.439 23.173 804.555 0,59 0,00 2,29 2,9

Nord-ovest 410 2.459 246 14.113 16.818 808.902 0,30 0,03 1,74 2,1

Sud 345 1.287 77 34.795 36.159 920.614 0,14 0,01 3,78 3,9

Italia 1493 18.417 1.171 112.340 131.928 4.249.791 0,43 0,03 2,64 3,1

comuni che non hanno rispettato il

patto

Centro 2 35 35 4.299 0,00 0,00 0,81 0,8

Isole 7 185 105 290 22.008 0,84 0,00 0,48 1,3

Nord-est 9 478 478 20.514 0,00 0,00 2,33 2,3

Nord-ovest 17 0 58 430 488 42.727 0,00 0,14 1,01 1,1

Sud 15 813 813 24.296 0,00 0,00 3,35 3,3

Italia 50 185 58 1.861 2.104 113.844 0,16 0,05 1,63 1,8

comuni che hanno

rispettato il patto grazie

all'applicazione delle misure

correttive

Centro 120 50.811 1.000 16.179 67.990 559.045 9,09 0,18 2,89 12,2

Isole 62 4.023 88 9.821 13.932 245.082 1,64 0,04 4,01 5,7

Nord-est 143 31.303 179 18.457 49.939 608.932 5,14 0,03 3,03 8,2

Nord-ovest 210 41.720 5.042 53.300 100.062 1.628.028 2,56 0,31 3,27 6,1

Sud 191 5.176 746 49.610 55.532 1.013.527 0,51 0,07 4,89 5,5

Italia 726 133.033 7.055 147.367 287.455 4.054.614 3,28 0,17 3,63 7,1 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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146

Tavola 11

GLI EFFETTI PRODOTTI DALLE MISURE ESPANSIVE SUI SALDI FINANZIARI DEI COMUNI (in migliaia di euro)

Zona n. enti obiettivo 2010

saldo finanziario

2010

saldo finanziario al netto degli effetti delle

misure correttive migliorative

(incentivi alla spesa capitale concessi dalle regioni e dallo

Stato)

differenza differenza

a b c b-a c-a

tutti i comuni

Centro 375 -9.852 171.394 72.717 181.246 82.569

Isole 250 56.566 177.641 138.293 121.075 81.727

Nord-est 456 67.551 192.998 119.408 125.447 51.857

Nord-ovest 637 173.386 288.244 170.876 114.857 -2.511

Sud 551 52.072 322.303 229.799 270.231 177.727

Italia 2269 339.724 1.152.580 731.093 812.856 391.369

comuni che avrebbero

rispettato il patto anche in assenza

delle misure correttive

Centro 253 -44.438 124.737 94.085 169.175 138.523

Isole 181 27.831 169.363 144.237 141.532 116.406

Nord-est 304 31.632 150.010 126.837 118.378 95.205

Nord-ovest 410 90.478 221.941 205.123 131.463 114.645

Sud 345 -28.310 228.612 192.453 256.922 220.763

Italia 1493 77.193 894.663 762.735 817.469 685.541

comuni che non hanno rispettato

il patto

Centro 2 -432 -2283 -2318 -1.851 -1.886

Isole 7 9198 -14313 -14603 -23.511 -23.801

Nord-est 9 4988 -5383 -5861 -10.371 -10.849

Nord-ovest 17 14420,2 -16795 -17283 -31.215 -31.703

Sud 15 3971 -3667 -4480 -7.638 -8.451

Italia 50 32145,2 -42441 -44545 -74.586 -76.690

comuni che hanno rispettato il patto grazie

all'applicazione delle misure

correttive

Centro 120 35.018 48.940 -19.050 13.922 -54.068

Isole 62 19.537 22.591 8.659 3.054 -10.878

Nord-est 143 30.931 48.371 -1.568 17.440 -32.499

Nord-ovest 210 68.488 83.098 -16.964 14.610 -85.452

Sud 191 76.411 97.358 41.826 20.947 -34.585

Italia 726 230.385 300.358 12.903 69.973 -217.482Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati RGS

Guardando al livello di pagamenti che ciascun comune avrebbe potuto sostenere

senza compromettere il rispetto del Patto e mantenendo invariato il volume di entrate e di spesa corrente, si nota che gli enti, nel loro complesso, si sono mantenuti al di sotto del target consentito di circa il 10 per cento; in particolare, i comuni che avrebbero rispettato il Patto anche in assenza di misure agevolative hanno effettuato pagamenti per spesa in conto capitale per un importo del 18 per cento inferiore a quello consentito, mentre i comuni per i quali i benefici previsti dall’art. 4, comma 4sexies, della l. 42/2010 e dall’art. 14, commi 1 e 33ter del DL 78/2010 sono stati determinanti, presentano uno scostamento tra i pagamenti sostenibili e quelli effettivi del -2 per cento.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

147

L’analisi per area mostra che tra i 726 comuni che hanno rispettato il Patto grazie alla quota di spesa esclusa, i comuni del centro hanno elevato il livello di pagamenti del 13,3 per cento rispetto a quello teoricamente sostenibile; mentre sotto il profilo dimensionale il maggior effetto incrementale della spesa per investimenti si può rintracciare nei comuni piccoli.

Tavola 12

LA SPESA IN CONTO CAPITALE TEORICAMENTE SOSTENIBILE ED IL LIVELLO DEI PAGAMENTI EFFETTIVI PER

AREA GEOGRAFICA (migliaia di euro)

Zona n. enti livello teorico di pagamenti

in conto capitale

sostenibile

pagamenti conto

capitale sostenuti al lordo delle

misure incentivanti

pagamenti in conto

capitale sostenuti al netto delle

misure incentivanti

scostamento % tra livello

teorico e spesa

effettivamente sostenuta al lordo degli incentivi

scostamento % tra livello

teorico e spesa effettivamente

sostenuta al netto degli incentivi

tutti i comuni

Centro 375 1.526.182 1.438.577 1.339.900 -5,7 -12,2

Isole 250 951.763 861.826 822.478 -9,4 -13,6

Nord-est 456 1.488.009 1.429.988 1.356.398 -3,9 -8,8

Nord-ovest 637 2.330.800 2.314.006 2.196.638 -0,7 -5,8

Sud 551 1.777.170 1.638.833 1.499.344 -7,8 -15,6

Italia 2269 8.073.923 7.683.230 7.214.758 -4,8 -10,6

comuni che avrebbero

rispettato il patto anche in assenza delle

misure correttive

Centro 253 1.118.008 974.449 943.797 -12,8 -15,6

Isole 181 729.164 606.937 581.811 -16,8 -20,2

Nord-est 304 902.461 801.624 778.451 -11,2 -13,7

Nord-ovest 410 933.476 803.676 786.858 -13,9 -15,7

Sud 345 1.031.786 849.328 767.448 -17,7 -25,6

Italia 1493 4.714.895 4.036.014 3.858.365 -14,4 -18,2

comuni che non hanno rispettato il

patto

Centro 2 2.413 4.299 4.264 78,2 76,7

Isole 7 596 22.008 21.718 3592,6 3544,0

Nord-est 9 10.197 20.514 20.036 101,2 96,5

Nord-ovest 17 11.968 42.699 42.211 256,8 252,7

Sud 15 15.022 23.294 22.481 55,1 49,7

Italia 50 40.196 112.814 110.710 180,7 175,4

comuni che hanno

rispettato il patto grazie

all'applicazione delle misure

correttive

Centro 120 405.761 459.829 391.839 13,3 -3,4

Isole 62 222.003 232.881 218.949 4,9 -1,4

Nord-est 143 575.351 607.850 557.911 5,6 -3,0

Nord-ovest 210 1.385.356 1.467.631 1.367.569 5,9 -1,3

Sud 191 730.362 766.211 709.415 4,9 -2,9

Italia 726 3.318.833 3.534.402 3.245.683 6,5 -2,2 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

148

Tavola 12a

LA SPESA IN CONTO CAPITALE TEORICAMENTE SOSTENIBILE ED IL LIVELLO DEI PAGAMENTI EFFETTIVI PER

DIMENSIONE DEMOGRAFICA (migliaia di euro)

fascia demografica n. enti livello teorico di pagamenti

in conto capitale

sostenibile

pagamenti conto

capitale sostenuti al lordo delle

misure incentivanti

pagamenti in conto

capitale sostenuti al netto delle

misure incentivanti

scostamento % tra livello

teorico e spesa

effettivamente sostenuta al lordo degli incentivi

scostamento % tra livello

teorico e spesa effettivamente

sostenuta al netto degli incentivi

tutti i comuni

tra 5000 e 10000 1123 1.387.930 1.292.129 1.222.585 -6,9 -11,9

tra 10000 e 20000 652 1.427.942 1.328.068 1.260.701 -7,0 -11,7

tra 20000 e 60000 397 2.149.611 1.977.326 1.869.524 -8,0 -13,0

tra 60000 e 250000 86 1.543.435 1.519.192 1.377.840 -1,6 -10,7

> 250000 11 1.565.005 1.566.515 1.484.108 0,1 -5,2

Toale complessivo 2269 8.073.923 7.683.230 7.214.758 -4,8 -10,6

comuni che avrebbero

rispettato il patto anche in assenza delle

misure correttive

tra 5000 e 10000 767 989.366 834.953 812.560 -15,6 -17,9

tra 10000 e 20000 414 949.539 792.336 772.044 -16,6 -18,7

tra 20000 e 60000 259 1.438.001 1.198.492 1.158.635 -16,7 -19,4

tra 60000 e 250000 48 899.736 820.892 748.841 -8,8 -16,8

> 250000 5 438.253 389.341 366.285 -11,2 -16,4

Toale complessivo 1493 4.714.895 4.036.014 3.858.365 -14,4 -18,2

comuni che non hanno rispettato il

patto

tra 5000 e 10000 28 20.311 44.782 43.986 120,5 116,6

tra 10000 e 20000 18 15.303 42.350 41.296 176,7 169,9

tra 20000 e 60000 4 4.582 25.682 25.428 460,5 455,0

Toale complessivo 50 40.196 112.814 110.710 180,7 175,4

comuni che hanno

rispettato il patto grazie

all'applicazione delle misure

correttive

tra 5000 e 10000 328 378.254 412.394 366.039 9,0 -3,2

tra 10000 e 20000 220 463.100 493.382 447.361 6,5 -3,4

tra 20000 e 60000 134 707.028 753.152 685.461 6,5 -3,1

tra 60000 e 250000 38 643.699 698.300 628.999 8,5 -2,3

> 250000 6 1.126.752 1.177.174 1.117.823 4,5 -0,8

Toale complessivo 726 3.318.833 3.534.402 3.245.683 6,5 -2,2 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Alcune criticità del sistema 8. Scendendo ad un livello più disaggregato dei dati, è possibile svolgere alcune

riflessioni sul funzionamento dello strumento. Si nota, innanzitutto, che l’obiettivo fissato dal Patto viene raggiunto dal comparto grazie ad un saldo corrente positivo (+ 2.236 milioni) in grado di coprire il disavanzo di parte capitale (-1.037 milioni) e di generare un ulteriore margine di risparmio che supera ampiamente l’avanzo richiesto dall’obiettivo stesso. Nonostante un risultato così positivo non sembra, tuttavia, che ciò abbia favorito una ripresa degli investimenti, il pagamento dei quali avrebbe potuto teoricamente trovare spazio proprio nel margine positivo di parte corrente. Una dinamica della spesa in conto capitale ben al di sotto dei limiti consentiti dal Patto

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

149

potrebbe trovare spiegazione (come già sottolineato in passato) in una scarsa capacità degli enti di programmare i pagamenti, nella eccessiva prudenza nel gestire le spese dettata dai vincoli del Patto, ovvero nel disallineamento temporale tra stati di avanzamento delle opere e margini finanziari consentiti dal Patto in un determinato anno. Ma a queste motivazioni ormai note, sembra potersi affiancare un ulteriore condizionamento che non può non destare qualche preoccupazione. Non va dimenticato, infatti, che il saldo rilevante per il Patto è calcolato in termini di competenza mista, pertanto l’avanzo di parte corrente è di pura competenza e se non si traduce in avanzo di cassa non costituisce una risorsa effettivamente utilizzabile per elevare il livello di spesa capitale. Rimarrebbe la possibilità di finanziare i pagamenti con la liquidità accumulata in precedenti esercizi o con indebitamento nei limiti consentiti dalle norme.

La situazione di avanzo corrente registrata a livello di comparto si conferma anche nei dati

analitici riferiti ai singoli comuni: 2007 enti presentano un saldo corrente positivo, che esprime una sana gestione di competenza e crea i presupposti teorici per assicurare il rispetto del Patto non esclusivamente attraverso la compressione della spesa capitale. Infatti, gli enti che ottengono i risultati migliori, sia in termini di Patto che di sostegno agli investimenti locali, sembrano essere quei comuni che, pur avendo un saldo obiettivo positivo, riescono a conseguirlo sfruttando pienamente le misure di incentivo ai pagamenti previste sia a livello regionale che centrale, ma anche realizzando un avanzo corrente che consente (ai fini del rispetto del Patto) il finanziamento del disavanzo di parte capitale: si tratta di 218 comuni, distribuiti su tutte le fasce demografiche e su tutto il territorio, che hanno un obiettivo di saldo positivo superiore al dato medio nazionale (35 euro pro capite), un livello più elevato di entrate correnti, cui corrisponde un livello di impegni correnti più basso; la liquidità assicurata dalla realizzazione delle entrate accertate o dall’esistenza di un fondo cassa consente di mantenere sopra media anche i pagamenti per investimenti. La quasi totalità di questi comuni rientra nei parametri del Patto con il minor scarto rispetto all’obiettivo assegnato. E’ in quest’area che si potrebbero quindi identificare i comuni più virtuosi, quelli cioè che riescono a contemperare le esigenze del meccanismo del patto con scelte di gestione del bilancio dirette a sostenere lo sviluppo locale. All’area che rappresenta invece la maggiore criticità sotto il profilo dell’efficienza - nonostante il rispetto formale degli obiettivi sia comunque assicurato - appartengono alcuni comuni (38) che, pur avendo anch’essi obiettivi positivi, presentano un saldo corrente negativo ed un saldo di parte capitale positivo. In questi casi, peraltro marginali, il disavanzo corrente viene coperto dagli incassi di parte capitale. Il livello medio pro capite di entrate correnti è decisamente più basso rispetto a quello del gruppo precedente, mentre la spesa corrente non sembra contrarsi proporzionalmente; i pagamenti in conto capitale registrano livelli medi pro capite più bassi. Questi comuni sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma sotto il profilo dimensionale non superano la soglia dei 60.000 abitanti.

Tavola 13 UN CONFRONTO TRA I DATI FINANZIARI DEI COMUNI

importi medi pro capite in euro

tutti i

comuni

comuni adempienti al

Patto

comuni che hanno rispettato il Patto grazie alle misure

espansive della spesa c/capitale

comuni che hanno rispettato il Patto grazie alle misure espansive e che avevano un

obiettivo positivo

con saldo corrente positivo e saldo di parte

capitale negativo

con saldo corrente

negativo e saldo di parte capitale

positivo

n. comuni 2269 2219 726 380 218 38 entrate correnti (accertamenti) 763 765 775 767 801 707

spese correnti (impegni) 712 713 723 708 722 725 spesa conto capitale (pagamenti al netto delle concessioni di crediti) 149 148 156 142 164 109

saldo obiettivo 2010 14 13 20 47 35 31 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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Un secondo aspetto che suggerisce di guardare oltre il rispetto formale del Patto

concerne la rilevanza crescente che, nel conseguimento degli obiettivi, va assumendo l’adozione di comportamenti (scelte gestionali o semplici meccanismi di contabilizzazione) di per sé legittimi, ma che sembrano presentare una connotazione elusiva della normativa sul Patto, in quanto posti in essere solo al fine di far risultare l’ente adempiente.

Così, ad esempio, la contabilizzazione delle concessioni/riscossioni di crediti è risultata, a volte,

piegata a tale finalità e sono state iscritte come tali in bilancio poste che non si riferivano ad operazioni meramente finanziarie, finalizzate all’investimento temporaneo della liquidità dell’ente, ma che si sostanziavano in veri e propri prestiti concessi a società totalmente partecipate dall’ente locale e sulle quali veniva così scaricato l’onere dei pagamenti degli investimenti, evitando di soggiacere ai limiti imposti dal Patto.

Al riguardo va detto che, a livello aggregato, il fenomeno non sembra destare preoccupazioni, anche perché vengono esclusi dalle entrate 1.467 milioni di riscossioni e, dalle spese, 1.194 milioni di concessioni e, nonostante il disallineamento svantaggioso per gli enti, il comparto raggiunge senza difficoltà l’obiettivo. Diversa, invece, è la valutazione sulle risultanze individuali di alcuni comuni (47 enti) in cui, ad esempio, la voce in questione risulta registrata solo in uscita e non in entrata; questo comportamento è vantaggioso per il rispetto del Patto in quanto consente di abbattere il livello della spesa rilevante di un importo superiore alla differenza positiva prodotta rispetto all’obiettivo. Ciò rende evidente che, per alcuni comuni, l’esclusione di questi importi è risultata determinante per l’adempienza al Patto. L’incidenza della voce per concessione crediti sul totale della spesa in conto capitale in tali enti presenta una elevata variabilità: da poco più dell’1 per cento ad oltre il 90 per cento. Si tratta di comuni prevalentemente piccoli (con meno di 10.000 abitanti) e concentrati nelle regioni del centro-nord. Solo un comune supera i 60.000 abitanti.

Un numero più elevato di comuni (90) presenta una spesa per concessione di crediti superiore alla relativa voce di entrata. Per oltre la metà di essi la detrazione risulta determinante nel conseguimento degli obiettivi, indice della difficoltà dei comuni rispetto al Patto. Anche in questo secondo caso, si tratta soprattutto di comuni di piccole dimensioni e collocati nelle regioni centrali e settentrionali.

Da ultimo, alcuni spunti di riflessione sono offerti da un confronto tra i dati di

monitoraggio distinti per semestri. Come noto, gli enti soggetti al Patto trasmettono tramite il sito web della Ragioneria Generale dello Stato le risultanze finanziarie con cadenza semestrale. Il raffronto tra il monitoraggio del primo semestre e quello finale fornisce delle informazioni utili in ordine alle modalità di gestione del Patto da parte degli enti.

Considerando solo gli aggregati principali del Patto (accertamenti correnti ed incassi di parte capitale, impegni correnti e pagamenti in conto capitale), nei primi sei mesi dell’anno i comuni hanno accertato complessivamente il 55 per cento delle entrate correnti totali ed hanno incassato il 39 per cento di quelle in conto capitale; mentre gli impegni per spese correnti hanno superato al 30 giugno il 63 per cento del totale (con punte del 71 e del 68 per cento nelle regioni del nord) ed i pagamenti in conto capitale hanno rappresentato il 57 per cento di quelli finali.

La ripartizione percentuale delle spese tra I e II semestre dà un’indicazione sulla velocità con cui nella prima parte dell’anno gli accertamenti alimentino gli impegni senza che la spesa corrente venga a risentire dei vincoli del Patto (probabilmente anche per l’assunzione nei primi mesi dell’anno degli impegni per i contratti di servizio); ugualmente, oltre la metà dei pagamenti in conto capitale viene effettuata entro giugno (in tutte le aree territoriali e classi dimensionali) mentre non si evidenzia, nel II semestre dell’anno, quell’accelerazione che le misure contenute nella manovra estiva del DL 78/2010 e gli interventi regionali avrebbero dovuto imprimere a tale tipologia di spesa.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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Questi andamenti hanno fatto sì che, al momento della verifica infrannuale, solo circa la metà dei comuni si trovasse in linea con l’obiettivo di saldo programmato e complessivamente il comparto genera un cospicuo margine negativo dagli obiettivi (-3,5 miliardi), recuperato al termine dell’esercizio grazie ad una forte ripresa delle entrate straordinarie ed alla contrazione della spesa mirata soprattutto agli impegni correnti.

Tavola 14

IL PATTO DI STABILITA' DEI COMUNI: MONITORAGGIO PER SEMESTRI

migliaia di euro I semestre II semestre var%

entrate tributarie 8.662.738 8.325.763 -3,9

contributi e trasferimenti correnti 10.630.157 5.385.234 -49,3

entrate extratributarie 3.551.819 4.964.117 39,8

entrate correnti totali 22.844.714 18.675.114 -18,3

totale voci a detrarre 137.124 404.111 194,7

totale entrate correnti nette 22.707.590 18.271.024 -19,5 entrate da alienazioni, trasferimenti di capitale e riscossione di crediti 3.374.302 5.037.520 49,3

totale voci a detrarre 953.996 1.280.533 34,2

totale entrate in conto capitale nette 2.420.306 3.756.987 55,2 spese correnti 24.678.876 14.453.762 -41,4

totale voci a detrarre 99.046 291.333 194,1

totale spese correnti nette 24.579.830 14.162.429 -42,4 spese in conto capitale 5.192.047 4.420.656 -14,9

totale voci a detrarre 1.086.404 1.311.541 20,7

totale spese in conto capitale nette 4.105.643 3.109.115 -24,3

saldo finanziario -3.557.577 4.710.157 -232,4 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Anche se la normativa non prevede più come in passato la declinazione

infrannuale degli obiettivi, e non può essere quindi attribuito alle rilevazioni del primo semestre valore significativo ai fini del rispetto del Patto, tuttavia i risultati emersi consentono di svolgere alcune riflessioni di carattere generale sul funzionamento del meccanismo che sembra risentire fortemente di una carenza a livello programmatorio e di procedere per aggiustamenti progressivi. I vincoli del Patto fanno fatica ad incidere in maniera diffusa sulle scelte di governance e di gestione del bilancio, non determinando una reale riqualificazione della spesa. Anche le misure tese ad incentivare la spesa più “virtuosa” esplicano un’efficacia limitata, poiché destinate, di fatto, ad assicurare l’adempimento formale del Patto. Comportamenti, questi, in parte indotti anche dalle modalità di regolamentazione dei vincoli caratterizzate, molto spesso, dall’affastellamento di interventi correttivi, deroghe e revisioni introdotti in corso di esercizio che, non di rado, possono aver creato aspettative negli amministratori e favorito una sorta di rinuncia ad avviare tempestivamente una reale programmazione del bilancio, coerente con le previsioni di cassa, sì da riuscire non solo a rispettare formalmente i vincoli, ma a sfruttare altresì tutti gli spazi finanziari residuali. Lo scostamento negativo dall’obiettivo di saldo registrato al 30 giugno, forte e diffuso, rende, infatti, particolarmente arduo recuperare negli ultimi mesi dell’anno i margini espansivi, seppur limitati, che il Patto avrebbe consentito, anche operando una forte restrizione degli impegni correnti (-42 per cento) e traendo vantaggio, invece, da un incremento degli incassi di entrate straordinarie (+55,2 per cento).

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Primi risultati delle Province 9. Nel 2010 alle province era richiesto di migliorare il disavanzo in termini di

competenza mista e, in base alle previsioni contenute nella relazione tecnica al DL 112/2008, il contributo alla manovra per il 2010, quantificato in 550 milioni, era correzione necessaria per consentire al sottocomparto di conseguire un indebitamento netto pari a -1.013 milioni.

Tale obiettivo si era tradotto in termini di Patto di stabilità in un saldo programmatico complessivo di -66 milioni, ottenuto come sommatoria degli obiettivi individuali calcolati applicando al saldo base di riferimento (il 2007) coefficienti di correzione differenziati – da -10 a 82 per cento – a seconda del grado di virtuosità dell’ente. Nonostante il miglioramento ambizioso richiesto in alcuni casi, ancora nel 2010, solo il 33,6 per cento delle province arriva a determinare un obiettivo di avanzo.

I risultati aggregati sono positivi: l’intero sottocomparto realizza, per la prima volta, un saldo finale positivo, pari a 61,8 milioni, corrispondente ad un surplus di risparmio di circa 128 milioni. Rimane inadempiente una sola provincia, che registra uno scostamento negativo rispetto all’obiettivo piuttosto consistente (-24 milioni), determinato da un elevato livello di pagamenti in conto capitale che, a fronte di scarse entrate straordinarie ed in assenza di interventi di recupero regionale, non ha trovato adeguata compensazione, nonostante il margine positivo realizzato nella parte corrente del bilancio.

Il saldo positivo complessivo viene conseguito grazie all’avanzo generato dagli accertamenti correnti rispetto agli impegni (810,6 milioni), tale non solo da assicurare il rispetto dell’obiettivo, ma anche di creare un’eccedenza di risorse che, tuttavia, non sembra si siano tradotte in una ripresa degli investimenti provinciali. Da un confronto con il 2009, infatti, si rileva che il livello di pagamenti in conto capitale (al netto delle concessioni di credito) flette del 16,3 per cento. Nessun vantaggio sembra produrre anche la correzione della spesa corrente dell’1,4 per cento rispetto al 2009 ed un buon andamento delle entrate straordinarie (+6,7 per cento).

Anche le misure di flessibilizzazione del Patto, hanno avuto un’efficacia limitata

dal punto di vista della potenziale espansione degli investimenti, mentre sono risultate determinanti ai fini del rispetto degli obiettivi nel 59 per cento dei casi. Particolarmente positivo il ruolo giocato dai contributi resi disponibili dalle regioni che dai 25 milioni del 2009, sono passati ad oltre 220 nel 2010.

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Tavola 15

IL PATTO DI STABILITA' INTERNO: I RISULTATI DELLE PROVINCE NEL 2010 migliaia di euroentrate tributarie 4.719.274contributi e trasferimenti correnti 4.110.680entrate extratributarie 707.950totale entrate correnti 9.537.904entrate correnti sterilizzate ed escluse 270.360totale entrate correnti nette 9.267.544entrate da alienazioni, trasferimenti di capitale e riscossione di crediti 1.884.704entrate derivanti dalla riscossione di crediti (art. 77-bis, comma 5, legge n. 133/2008) 427.977entrate in conto capitale sterilizzate ed escluse 107.252totale entrate in conto capitale nette 1.349.475spese correnti 8.729.116spese correnti sterilizzate ed escluse 272.255totale spese correnti nette 8.456.861spese in conto capitale 2.771.090spese derivanti dalla concessione di crediti (art. 77-bis, comma 5, legge n. 133/2008) 244.207pagamenti in conto capitale autorizzati dalle regioni (art. 4, comma 4-sexies, legge n. 42/2010) 220.184Pagamenti(cc e cr) effettuati sensi art.14,comma11/33-ter,decreto n.78/2010,come convertito(importo minore 0,75% ammontare residui pass. in c/c al 31 dic 100.954altre spese in conto capitale sterilizzate ed escluse 109.547totale spese in conto capitale nette 2.096.198entrate finali nette 10.617.019spese finali nette 10.553.059SALDO FINANZIARIO 63.960effetti finanziari delle sanzioni per mancato rispetto 2009 2.064SALDO FINANZIARIO NETTO 61.896OBIETTIVO PROGRAMMATICO ANNUALE 2010 -66.002differenza 127.898

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Tavola 16 MISURA DELLA FLESSIBILIZZAZIONE DEL PATTO 2010 DELLE PROVINCE

CENTRO ISOLE NORD-EST NORD-OVEST SUD Totale complessivo

n. province 21 17 16 23 23 100

(migliaia di euro)

Pagamenti in conto residui di cui art.7-quater,comma1, lett.a) della legge n. 33/2009 (art.4, comma4-sexies,legge n.42/2010) 152.000 0 40.800 17.846 1.712 212.358Pagamenti per spese in conto capitale di cui art.7-quater,comma1,lett.b) della legge n.33/2009 (art.4,comma4 -sexies,legge n.42/2010) 0 826 7.000 0 0 7.826Pagamenti (cc e cr) effettuati sensi art.14,comma11/33-ter,decreto n.78/2010 (importo minore 0,75% ammontare residui pass. in c/c al 31 dicembre 2008) 17.992 9.931 12.812 26.469 33.750 100.954

Totale voci escluse ai sensi della legge 42/2010 e del DL 78/2010 169.992 10.757 60.612 44.315 35.462 321.138Spesa in conto capitale rilevante per il patto senza le esclusioni previste dalla legge 33/2009 e dal d.l. 78/2010 554.516 196.971 439.805 610.747 615.297 2.417.336Inc. % delle voci escluse sulla spesa in conto capitale complessiva (al netto delle concessioni di credito) 30,7 5,5 13,8 7,3 5,8 13,3Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

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IL PATTO TERRITORIALE 10. Come già detto, il sistema di flessibilizzazione del Patto 2010 si regge

fondamentalmente su due pilastri: da una parte la possibilità di escludere dal saldo rilevante i pagamenti in conto capitale per un importo non superiore allo 0,75 per cento dei residui passivi in conto capitale rendicontati nel 2008, a condizione che l’ente abbia rispettato il Patto 2009, dall’altra, la quota di spesa svincolata su autorizzazione regionale e della quale la regione stessa si fa carico peggiorando il proprio obiettivo di saldo. I dati del monitoraggio mostrano che rispetto al 2009 l’entità finanziaria dei pagamenti autorizzati dalla regione ai comuni è diminuito, passando da 213 a 160 milioni, e si è ridotto anche il numero di comuni che beneficia di questa misura, da 337 a 204; aumenta in percentuale, invece, il numero di comuni per i quali l’esclusione di questi pagamenti è divenuta determinante ai fini del rispetto dell’obiettivo.

I dati del monitoraggio mostrano che, rispetto al 2009, l’entità finanziaria dei pagamenti autorizzati dalla regione agli enti locali è cresciuta, ma si è distribuita diversamente tra province e comuni: le prime hanno ottenuto un beneficio di circa 200 milioni in più rispetto allo scorso anno, mentre nei comuni la quota svincolata è passata da 213 milioni del 2009 a 160 milioni; si è ridotto anche il numero di comuni che ha avuto accesso al beneficio (da 337 a 204), ma è aumentato, in percentuale, il numero degli enti per i quali l’esclusione di questi pagamenti è divenuta determinante ai fini del rispetto dell’obiettivo.

A 150 comuni, sui 204 che hanno utilizzato la quota di pagamenti autorizzata dalla regione, questa

misura ha permesso di rispettare il saldo programmatico; complessivamente la spesa in conto capitale esclusa dal Patto a tale titolo ha rappresentato il 19,8 per cento dei pagamenti totali - al netto delle concessioni di credito - sostenuti dai comuni interessati, mentre l’incidenza scende all’1,9 per cento sulla spesa in conto capitale registrata dall’intero sottosettore. Dei 159,9 milioni di pagamenti autorizzati, l’89,2 per cento appartiene a tre regioni – Piemonte, Emilia Romagna e Toscana – che presentano, quindi, anche l’incidenza percentuale più elevata di tale spesa rispetto al totale dei pagamenti registrati nella regione.

La contrazione della quota concessa ai comuni, risultante dal monitoraggio, va

letta alla luce dell’evoluzione che, limitatamente ad alcuni ambiti territoriali, ha avuto il patto regionale orizzontale14.

Già nel 2010, infatti, al Patto regionale c.d. verticale si sono affiancate le prime sperimentazioni di Patto c.d. orizzontale, previsto dall’art. 77ter, comma 11, della l. 133/2008 e confermato nella l. 42/2009 di delega in materia di federalismo fiscale, che dà facoltà alle regioni di adattare le regole dettate dalla disciplina nazionale alla diversità e specificità delle situazioni finanziarie degli enti locali del proprio territorio.

14 Sul travaso di risorse dai comuni alle province gioca un ruolo fondamentale il meccanismo del Patto

regionalizzato deliberato dalla regione Lazio, che ha messo a disposizione degli enti locali 152 milioni (recuperati dal proprio obiettivo di cassa) ripartendoli in senso “verticale” tra le province; queste, a loro volta avrebbero messo a disposizione dei comuni una parte del beneficio ricevuto attraverso un meccanismo di compensazione orizzontale.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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Tavola 17

PAGAMENTI IN CONTO CAPITALE AUTORIZZATI DALLE REGIONI (migliaia di euro)

Regione

Enti che hanno

effettuato pagamenti autorizzati

dalla Regione

Enti che hanno

rispettato il patto grazie

all'esclusione dei

pagamenti autorizzati

dalla Regione

Spese in conto

capitale al netto delle concessioni

di crediti

Pagamenti autorizzati

dalla Regione ai sensi art. 7quater l.

33/09

Pagamenti autorizzati sulla spesa capitale al netto delle concessioni

pagamenti conto

capitale al netto

concessioni relativi a

tutti i comuni

della regione

inc% dei pagamenti autorizzati

sul totale dei pagamenti

in conto cap al netto

delle concessioni

a b c=b/a d e=b/d

Abruzzo 1 321 4 1,2 197.068 0,0

Basilicata 3 1 14.414 3.843 26,7 98.327 3,9

Calabria 6 5 11.561 1.377 11,9 223.303 0,6

Campania 2 2 7.745 1.405 18,1 930.832 0,2

Emilia-Romagna 25 21 62.712 35.757 57,0 654.272 5,5

Lazio 2 1 6.458 986 15,3 421.448 0,2

Liguria 1 3.515 71 2,0 327.768 0,0

Lombardia 13 4 30.828 2.186 7,1 1.516.318 0,1

Piemonte 112 89 343.251 47.268 13,8 635.571 7,4

Puglia 2 2 2.725 657 24,1 477.708 0,1

Sardegna 1 2.247 104 4,6 338.539 0,0

Sicilia 9 4 11.580 4.412 38,1 570.938 0,8

Toscana 19 15 255.214 59.692 23,4 729.905 8,2

Umbria 3 2 42.333 1.698 4,0 287.509 0,6

Veneto 5 4 13.294 459 3,5 779.729 0,1

Italia 204 150 808.198 159.919 19,8 8.418.249 1,9 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS

Le regioni che risulta abbiano provveduto a deliberare una disciplina in deroga

rispetto alle regole nazionali sono: il Piemonte (regione pilota già nel 2009), la Toscana, il Lazio, l’Emilia Romagna e la Sardegna (per queste ultime due regioni la disciplina è stata introdotta a fine 2010 per l’anno 2011).

REGIONE PIEMONTE con la DGR n. 90-1162 la Regione ha dato attuazione al Regolamento n.

3/R del 2010 con cui aveva provveduto a disciplinare il patto di stabilità interno degli enti locali piemontesi, con la finalità di raggiungere il pieno utilizzo delle capacità finanziarie del territorio e consentire agli enti con maggiori criticità finanziarie di adempiere agli obblighi imposti dal Patto. La Regione, pertanto, può procedere ad una rimodulazione degli obiettivi individuali privilegiando gli enti più in difficoltà, identificati sulla base delle risultanze emerse dal sistema di monitoraggio previsto dal regolamento e articolato su base trimestrale. Il meccanismo di compensazione riguarda essenzialmente i comuni, mentre per le province vengono attivati meccanismi di modulazione concertata dei trasferimenti regionali in conto capitale, così da rendere più agevole il rispetto degli obiettivi. Si osserva in proposito che il procedimento di compensazione si attiva da parte della Regione solo dopo il monitoraggio di fine settembre ed è quindi chiaramente finalizzato al rientro nei parametri da parte degli enti in condizioni di criticità; è inoltre previsto un piano di rientro, per gli enti che hanno ottenuto un peggioramento del proprio obiettivo, articolato secondo un profilo temporale da concordare con la regione stessa e che viene inevitabilmente a sovrapporsi con nuove regole nazionali del Patto, e quindi con i nuovi obiettivi sia aggregati che individuali.

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Il 2010 è stato il primo anno di applicazione del Patto regionalizzato ed il bilancio appare positivo: i dati di fonte regionale mostrano che tutti gli enti locali soggetti alle regole del Patto (142) hanno rispettato gli obiettivi ed hanno conseguito rispetto ad essi una differenza positiva di oltre 24 milioni. Gli enti coinvolti nel meccanismo compensativo sono stati 39, dei quali 16 (15 comuni ed una provincia) hanno offerto margine finanziario migliorando il proprio obiettivo individuale, mentre altri 23 hanno ottenuto un aumento del fabbisogno, con conseguente peggioramento del saldo obiettivo. La compensazione ha permesso di redistribuire 4,4 milioni di euro, che, aggiunti al plafond di 65 milioni messo a disposizione dalla Regione per consentire maggiori pagamenti per spese di investimento, hanno reso possibile una maggiore spesa per circa 70 milioni, senza effetti negativi sui saldi obiettivo della regione. In assenza dell’intervento regionale, verticale ed orizzontale, circa i 2 terzi degli enti, con questi livelli di spesa, non avrebbero rispettato gli obiettivi e, a livello aggregato, si sarebbe generato uno scostamento negativo dall’obiettivo regionale di circa 40 milioni.

REGIONE TOSCANA: la Regione Toscana ha disciplinato il patto di stabilità territoriale con la legge regionale n. 46/2010 stabilendo che gli obiettivi dei singoli enti locali possono essere modificati con deliberazione della giunta in senso peggiorativo o migliorativo al fine di garantire il pieno utilizzo delle capacità finanziarie degli enti contestualmente al rispetto dei vincoli sui saldi. La selezione degli enti ai quali concedere una rimodulazione peggiorativa dell’obiettivo avviene sulla base di alcuni criteri e priorità: non vengono ammesse le richieste a copertura di spesa corrente, prioritariamente sono considerate le richieste finalizzate all’attuazione di piani e programmi regionali, allo smaltimento di residui passivi pregressi in conto capitale o ad interventi legati a situazioni di emergenza non considerate a livello nazionale. Anche per la regione Toscana il presupposto della rimodulazione degli obiettivi è la verifica della sussistenza di condizioni tali che pregiudichino il raggiungimento degli obiettivi aggregati di Patto. Il secondo strumento del Patto regionalizzato è ovviamente l’intervento regionale sussidiario tramite cessione di margini dell’obiettivo programmatico regionale, al fine di incrementare la capacità di spesa del territorio. Come per il Patto territoriale della regione Piemonte, è previsto il recupero del fabbisogno finanziario aggiuntivo, ottenuto dagli enti che hanno peggiorato il proprio obiettivo, in un arco temporale anche ultrannuale da definire con la Regione. Il 27 settembre 2010, al Tavolo di concertazione istituzionale tra la Giunta e gli enti locali è stata raggiunta l’intesa in merito ai criteri di riparto per la compensazione orizzontale e verticale e le priorità. I comuni che per il 2010 hanno ottenuto la rimodulazione degli obiettivi sono stati 13 su 70 tra comuni e province, che ne avevano fatto richiesta; dei comuni “compensati”, 4 hanno offerto un margine finanziario pari, complessivamente, a 871mila euro con i quali sono state in parte soddisfatte le richieste di margine di 9 comuni.

REGIONE LAZIO: con la legge regionale n. 3/2010 “assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2010-2012” la regione Lazio ha previsto l’attuazione del patto di stabilità regionalizzato ed a tal fine ha istituito il Tavolo tecnico per la definizione delle specifiche modalità. Sulla base dei criteri generali approvati dal CAL è stata data attuazione al Patto territoriale per il 2010 che si fonda su obiettivi individuati su base provinciale ed assegna alle province un ruolo di coordinamento territoriale. Alla regione è lasciato il compito di garantire un coordinamento complessivo dell’intero sistema regionale. La regione ha, quindi, determinato nella misura di 152 milioni la quota del proprio obiettivo di cassa da cedere al sistema locale, quota che è stata ripartita tra le province sulla base di due criteri: il margine realizzato da queste ultime rispetto al patto 2009 e la mole di residui passivi in conto capitale (16,7 milioni alla provincia di Frosinone, 18,6 milioni alla provincia di Latina, 10,1 milioni alla provincia di Rieti, 95,6 milioni alla provincia di Roma, 11 milioni alla provincia di Viterbo). Una quota degli importi assegnati alle province doveva però essere ceduta da queste, in termini di peggioramento del proprio obiettivo di saldo, agli enti locali del territorio.

Alla luce del risultato ottenuto nel 2010, la Regione si sta muovendo nella direzione di una disciplina organica attraverso una legge regionale specifica che disciplini il Patto 2011, sulla scia dei modelli di Patto territoriale regolamentato dalle altre regioni pilota.

REGIONE EMILIA ROMAGNA: la regione Emilia Romagna ha disciplinato il patto di stabilità territoriale con la legge regionale n. 12/2010, con l’obiettivo di introdurre, a partire dal 2011, un sistema di regolazione e di coordinamento della finanza pubblica territoriale che, in armonia con il nuovo sistema di federalismo fiscale, punti a salvaguardare la qualità dei servizi pubblici ed a realizzare un programma di investimenti strategici. Il patto territoriale prevede un unico obiettivo programmatico regionale (inteso come sommatoria degli obiettivi determinati per i comuni, le province e la regione stessa) per il raggiungimento del quale sono previste forme di compensazione orizzontale e verticale tra i diversi comparti. Gli obiettivi individuali sono determinati in termini di saldi di competenza pura, positivi, e solo per la fase transitoria ancora in termini di competenza mista e ad essi si aggiunge anche

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un obiettivo riferito al livello di indebitamento (esteso a tuti gli enti della Regione, anche a quelli non soggetti al Patto di stabilità). L’indebitamento massimo è quantificato in relazione agli obiettivi di finanza pubblica e correlato all’importo complessivo della restituzione di quote di capitali per prestiti.

La Regione si pone quale unico interlocutore istituzionale per tutto il territorio ed ente di garanzia nei rapporti con lo Stato al fine di assicurare il conseguimento dell’obiettivo unico aggregato (determinato in base alla normativa nazionale). La giunta regionale, con propria delibera, entro il 31 ottobre di ciascun anno può procedere a rimodulare gli obiettivi individuali degli enti nei limiti della sommatoria dei differenziali positivi e negativi comunicati; inoltre può riconoscere il fabbisogno finanziario o, invece, riassorbire l’eccedenza derivante da eventuali differenze tra offerte e domande degli enti attraverso una partecipazione finanziaria diretta.

E’ prevista una fase transitoria in cui, per garantire il rispetto dell’obiettivo unico territoriale, la giunta regionale quantifica il saldo obiettivo di ciascun comune e di ciascuna provincia in termini di competenza mista, assumendo come criteri di riferimento per il calcolo un set di indicatori (il rimborso della quota capitale sui prestiti in essere, la popolazione, il livello del debito e la consistenza dei residui passivi riferiti alle spese in conto capitale) individuati per favorire la progressiva convergenza all’obiettivo calcolato in termini di competenza pura. La rimodulazione dell’obiettivo di competenza mista può avvenire solo per consentire il pagamento degli interventi di investimento coerenti con la programmazione regionale, per sostenere e garantire la realizzazione di opere e altri interventi di investimento di rilevanza strategica, la tutela ambientale e del territorio, la mobilità, l’istruzione, la qualità delle condizioni abitative, sociali e culturali, ovvero per consentire lo smaltimento di residui passivi in conto capitale.

Al fine di garantire l’efficacia e l’efficienza della cabina di regia regionale, è prevista l’implementazione di un sistema di monitoraggio delle grandezze finanziarie (in aggiunta a quello nazionale), ed è disciplinato un sistema autonomo di sanzioni ed incentivi.

REGIONE SARDEGNA: con la legge regionale n. 16 del 19 novembre 2010 la regione Sardegna ha approvato la disciplina del Patto di stabilità territoriale per il 2011, sul modello di coordinamento scelto dal Piemonte e dalla Toscana. E’ previsto, quindi, un obiettivo aggregato regionale che è dato dalla somma degli obiettivi individuali delle province e dei comuni del territorio, e alla giunta regionale spetta il compito di rimodulare gli obiettivi individuali, assicurando, attraverso le compensazioni tra enti, l’incontro tra domanda e offerta di margine finanziario. Inoltre, al fine di incrementare la capacità di spesa del sistema regionale, la Regione può cedere quote del proprio obiettivo programmatico.

La rassegna della normativa regionale sul Patto di stabilità mostra che nel corso

del 2010 le previsioni dell’art. 77ter del DL 112/2008 e dell’art. 17, comma 1, lett. c) della l. 42/2009, sono state riempite di contenuti. Seppure con tempistiche diverse sul territorio nazionale, questa nuova modalità di gestione del meccanismo che garantisce il contributo delle amministrazioni territoriali al miglioramento dei saldi di finanza pubblica sta muovendo i primi passi, giusto nel momento di passaggio al sistema federale che ridisegna i rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo.

Per le regioni partite già nel 2010 si è trattato di una sorta di sperimentazione, con risultati ancora limitati in termini di enti che hanno partecipato alla procedura di compensazione e di spazi finanziari recuperati. Non sempre, infatti, si è realizzata una condizione di equilibrio tra enti disposti a cedere e quelli nella necessità di richiedere margini finanziari; in altri casi, gli enti con fabbisogno finanziario sono risultati carenti sotto il profilo dei requisiti necessari per accedere al beneficio; un ulteriore limite alla piena operatività dei sistemi regionali potrebbe essere stata la sovrapposizione delle misure agevolative concesse dallo Stato, in alcuni casi già sufficienti a consentire il rispetto degli obiettivi.

Considerando anche le regioni a statuto speciale che hanno impiantato già da tempo sistemi differenziati sulla base di accordi con il Ministero dell’economia e delle finanze, le regioni che nel 2011 si presentano con un Patto “adattato” sono circa la metà (Valle d’Aosta, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna, Provincia autonoma di Trento e Provincia autonoma di Bolzano) ed i modelli

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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di coordinamento regionale proposti sono molto diversificati tra loro: si va dalla gestione del sistema in totale autonomia, propria delle regioni a statuto speciale, ad un ruolo molto più ridimensionato, come stanza di compensazione, in cui la regione si limita a redistribuire le eccedenze ed i fabbisogni finanziari; in altri casi ancora si delinea una co-gestione Stato-regione, in cui quest’ultima, nel quadro di riferimento nazionale, assume un coordinamento forte della finanza locale, fissa criteri e priorità nella revisione degli obiettivi, individua un sistema di vincoli parallelo e aggiuntivo rispetto a quello nazionale e si pone quale soggetto garante della flessibilizzazione delle regole nel rispetto della stabilità dei saldi aggregati.

Il coordinamento delle diverse forme attraverso le quali si esprimerà da qui in avanti la regola fiscale che disciplina il concorso del mondo delle autonomie al risanamento dei conti pubblici si fa dunque complesso; non aiuta a tal fine la mancanza di una chiara definizione della relazione che lega il sistema nazionale e quello regionale. La sovrapposizione a volte non coordinata delle regole può mettere a rischio il corretto funzionamento del meccanismo ed indebolirne le potenzialità. A titolo di esempio, si ricorda che nelle normative regionali è ricorrente la previsione di piani di rientro/recupero per gli enti “compensati” di durata pluriennale: ma in tal modo il riassorbimento graduale degli obiettivi peggiorati/migliorati non andrà forse a costituire un’ipoteca sulle possibilità di compensazione degli anni successivi, erodendo in parte la quota di margine finanziario che si renderà disponibile sul mercato?

Va pertanto vista con favore l’elaborazione di linee guida che il Ministero dell’economia e delle finanze si accinge a varare e che sono al momento all’esame della Conferenza Unificata per il preventivo parere: potranno essere un presidio per assicurare l’unitarietà del sistema Patto nonostante le sue differenti declinazioni territoriali.

Da non sottovalutare, infine, in tale contesto, la strategicità di un sistema di monitoraggio centrale, che faccia da collettore di tutte le informazioni di provenienza locale e regionale e che sia in grado di interfacciarsi con i controlli e le verifiche attivati a livello regionale15.

I RIFLESSI DEL PATTO SULLA REALIZZAZIONE DEGLI INVESTIMENTI E GESTIONE

DEI RESIDUI 11. La sofferenza della spesa per investimenti degli enti locali, evidenziata dai dati

relativi ai pagamenti rilevanti ai fini del Patto, si conferma anche a livello di impegni, sintomo di una stasi che colpisce il ciclo di ideazione e programmazione di nuove opere pubbliche, ancor prima della loro liquidazione. Tra le motivazioni che concorrono a determinare tale situazione, si rinviene sicuramente la difficoltà di conciliare lo sviluppo economico del territorio con i limiti posti dalla disciplina del Patto, anche mediante l’operatività dell’art 9 del DL 78/200916. Da non sottovalutare, peraltro, che la politica 15 I dati per il 2010 presenti nel sistema con cui la Ragioneria monitora obiettivi e saldi del Patto mostrano, infatti, qualche incongruenza o disallineamento rispetto agli atti regionali con cui si è disposta la rimodulazione degli obiettivi, ovvero indicano rideterminazione dei saldi obiettivo per comuni appartenenti a regioni che non risulta abbiano ancora proceduto alla disciplina del Patto in deroga 16 Comma 1, lett. a): “..il funzionario che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha l'obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica; la violazione dell'obbligo di accertamento di cui al presente numero comporta responsabilità disciplinare ed amministrativa..”.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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degli investimenti locali è espressione spesso di una governance territoriale multilivello, che risulta gravata dalla sovrapposizione di competenze, dalla carenza di un chiaro quadro finanziario di riferimento, dalla diffusa fragilità di meccanismi di coordinamento e di monitoraggio su tempi e costi dei lavori17.

Un’analisi dei dati del triennio 2007-2009 mostra, infatti, impegni di competenza crescenti nel 2008 in valore assoluto, con un aumento di volume soprattutto nelle regioni del sud, mentre nel 2009 il calo registrato in quasi tutte le regioni (eccetto Lazio e Calabria) si riflette sui risultati complessivi, con una perdita a livello nazionale di oltre 1 miliardo; il confronto nel triennio dei valori medi pro capite mostra un contenuto decremento nel 2008 (-0,6), mentre nel 2009 la contrazione si fa più consistente (-14,4 per cento; si confermano in controtendenza solo Lazio e Calabria, rispettivamente con +21,3 per cento e 17,8 per cento).

Dal punto di vista dimensionale, mentre nel 2008 la flessione degli impegni era concentrata nei comuni tra 20.000 e 250.000 abitanti, nel 2009 si estende a tutte le fasce demografiche con punte più rilevanti nei comuni tra 10.000 e 20.000 abitanti (-18,7 per cento del valore medio pro capite) ed in quelli oltre i 250.000 abitanti (- 25,3 per cento del valore medio pro capite).

Tavola 18

LA SPESA IN CONTO CAPITALE DEI COMUNI AL NETTO DELLE CONCESSIONI DI CREDITI - IMPEGNI 2007-2009

valori assoluti in milioni valori medi pro capite in euro var%

per regione 2007 2008 2009 2007 2008 2009 2008_2007 2009_2008

Piemonte 868 766 662 290 254 219 -12,4 -13,8

Lombardia 1.765 1.822 1.614 275 281 247 2,3 -12,2

Liguria 293 357 280 249 303 238 21,7 -21,5

Veneto 928 933 759 240 238 193 -0,7 -19,1

Emilia Romagna 1.045 970 756 282 258 199 -8,5 -22,8

Toscana 818 946 752 270 310 245 14,6 -21,0

Umbria 312 269 261 505 431 413 -14,6 -4,0

Marche 207 234 185 203 227 180 11,8 -21,0

Lazio 387 397 487 205 206 250 0,1 21,3

Abruzzo 251 153 133 327 197 171 -39,6 -13,3

Molise 23 15 11 356 226 172 -36,6 -23,7

Campania 1.450 1.311 1.109 331 299 252 -9,6 -15,6

Puglia 581 520 479 212 190 175 -10,6 -8,0

Basilicata 117 85 80 317 231 217 -27,1 -6,0

Calabria 235 261 308 230 254 300 10,8 17,8

Sardegna 325 468 330 310 443 312 43,0 -29,6

Sicilia 496 609 493 130 159 129 22,6 -19,1

Italia 10.103 10.116 8.701 259 258 221 -0,6 -14,4

valori assoluti in milioni valori medi pro capite in euro var%

per classe 2007 2008 2009 2007 2008 2009 2008_2007 2009_2008

tra 5000 e 9999 1.669 1.735 1.522 257 264 230 2,8 -12,9

tra 10000 e 19999 1.702 1.799 1.473 221 231 188 4,5 -18,7

tra 20000 e 59999 2.445 2.420 2.236 221 217 199 -1,8 -8,1

tra 60000 e 249999 1.898 1.689 1.621 259 229 219 -11,7 -4,4

da 250000 in su 2.389 2.473 1.849 376 390 292 3,7 -25,3

Totale complessivo 10.103 10.116 8.701 259 258 221 -0,6 -14,4 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Sirtel

17 Cfr. Banca d’Italia, “Le infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione”, maggio 2011

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La flessione negli impegni e nei pagamenti di parte capitale investe anche la gestione dei residui. Se può essere considerata positivamente la contrazione dei residui riferiti ad esercizi pregressi, indice di uno sforzo profuso per smaltire la mole di residui passivi accumulati, non altrettanto positiva è l’indicazione di un –13,8 per cento di residui di competenza del 2009 rispetto al 2008. Un calo speculare a quello registrato dagli impegni assunti nell’anno e che non sembra pertanto il risultato di una velocizzazione nei pagamenti. Le uniche due regioni che presentano una variazione di segno positivo sono Lazio (22,6 per cento) e Calabria (26,7 per cento); mentre dal punto di vista dimensionale la flessione riguarda tutte le fasce, con un picco nei comuni più grandi (-25,1 per cento).

Lo smaltimento dei residui passivi risalenti negli anni evidenzia un positivo trend discendente, ma, mentre nel biennio 2007-2008 il volume complessivo era diminuito del 6,5 per cento (ed in tutte le regioni, eccetto una, si registrava una flessione rispetto all’anno precedente), nel 2009 la variazione negativa nel volume dei residui si ferma al 4,8 per cento ed in diversi ambiti regionali (Lombardia, Liguria, Toscana, Calabria e Sardegna) si ha un’inversione di tendenza, anche se contenuta, nonostante fossero operative le misure di flessibilizzazione del patto, che avrebbero dovuto privilegiare proprio lo smaltimento di residui passivi pregressi.

Tavola 19

LA SPESA IN CONTO CAPITALE DEI COMUNI AL NETTO DELLE CONCESSIONI DI CREDITI - RESIDUI 2007-2009 (milioni di euro)

residui di competenza residui da residui

Regione 2007 2008 2009 var%

2008_2007var%

2009_2008 2007 2008 2009 var%

2008_2007 var%

2009_2008

Piemonte 776 680 575 -12,3 -15,5 1.854 1.735 1.563 -6,4 -9,9 Lombardia 1.394 1.609 1.414 15,5 -12,1 4.540 4.111 4.154 -9,4 1,1 Liguria 253 297 251 17,4 -15,5 841 786 793 -6,6 0,9 Veneto 783 772 634 -1,4 -18,0 2.576 2.324 2.113 -9,8 -9,1 Emilia Romagna 871 794 630 -8,8 -20,7 1.652 1.685 1.642 2,0 -2,5 Toscana 652 799 632 22,6 -21,0 1.719 1.527 1.537 -11,2 0,7 Umbria 231 222 215 -4,0 -2,8 960 852 790 -11,2 -7,3 Marche 172 194 155 12,4 -20,2 477 417 397 -12,7 -4,6 Lazio 340 360 441 6,0 22,6 1.376 1.360 1.360 -1,1 0,0 Abruzzo 217 135 118 -37,9 -12,2 484 513 468 5,9 -8,6 Molise 23 14 10 -36,5 -27,0 94 92 88 -1,7 -5,1 Campania 1.206 1.195 982 -0,9 -17,8 4.656 4.579 4.314 -1,7 -5,8 Puglia 519 474 426 -8,7 -10,1 2.050 1.950 1.682 -4,9 -13,7 Basilicata 102 72 66 -29,6 -7,9 487 450 400 -7,6 -11,0 Calabria 213 228 289 7,1 26,7 1.103 1.052 1.060 -4,6 0,8 Sardegna 305 422 294 38,3 -30,2 1.441 1.278 1.302 -11,3 1,9 Sicilia 435 509 430 16,9 -15,5 3.053 2.747 2.469 -10,0 -10,1 Italia 8.491 8.775 7.562 3,3 -13,8 29.364 27.459 26.135 -6,5 -4,8

residui di competenza residui da residui

Classe 2007 2008 2009

var% 2008_2007

var% 2009_2008 2007 2008 2009

var% 2008_2007

var% 2009_2008

tra 5000 e 9999 1.413 1.468 1.287 3,9 -12,3 3.485 3.280 3.173 -5,9 -3,3 tra 10000 e 19999 1.448 1.544 1.240 6,6 -19,7 3.648 3.423 3.348 -6,2 -2,2 tra 20000 e 59999 2.074 2.120 1.966 2,2 -7,2 7.332 6.900 6.518 -5,9 -5,5 tra 60000 e 249999 1.647 1.461 1.434 -11,3 -1,9 6.156 5.903 5.396 -4,1 -8,6 da 250000 in su 1.909 2.182 1.635 14,3 -25,1 8.743 7.953 7.700 -9,0 -3,2 Totale complessivo 8.491 8.775 7.562 3,3 -13,8 29.364 27.459 26.135 -6,5 -4,8

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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Segue Tavola 19

residui di competenza - valori medi pro capite in

euro

residui da residui - valori medi pro capite in

euro

Regione 2007 2008 2009 var%

2008_2007 var%

2009_2008 2007 2008 2009 var%

2008_2007 var%

2009_2008 Piemonte 174 197 155 12,6 -21,0 419 384 362 -8,3 -5,8 Lombardia 183 202 151 9,9 -25,2 343 322 317 -6,2 -1,5 Liguria 245 261 209 6,8 -19,9 590 549 561 -6,9 2,2 Veneto 184 190 129 3,4 -32,3 406 365 343 -10,1 -6,1 Emilia Romagna 206 184 133 -10,6 -27,4 320 322 308 0,9 -4,6 Toscana 230 237 200 2,8 -15,6 465 461 467 -0,7 1,3 Umbria 492 428 424 -12,8 -1,0 1873 1678 1542 -10,4 -8,2 Marche 173 223 162 28,7 -27,3 400 344 341 -14,0 -1,0 Lazio 216 218 296 0,7 35,8 649 641 646 -1,2 0,7 Abruzzo 216 164 166 -24,3 1,1 576 548 500 -4,9 -8,8 Molise 370 251 169 -32,3 -32,5 1480 1385 1322 -6,4 -4,5 Campania 206 239 225 16,3 -6,0 995 860 814 -13,6 -5,4 Puglia 201 192 171 -4,6 -10,9 663 627 563 -5,5 -10,1 Basilicata 345 226 236 -34,4 4,1 1093 1046 939 -4,3 -10,2 Calabria 243 249 325 2,6 30,2 678 670 696 -1,2 3,8 Sardegna 368 452 350 23,0 -22,5 1243 1159 1183 -6,8 2,1 Sicilia 136 126 132 -7,3 4,7 497 468 412 -5,9 -12,0 Italia 206 212 182 2,9 -14,1 554 516 494 -6,9 -4,3

residui di competenza - valori medi pro capite in

euro

residui da residui - valori medi pro capite in

euro

Classe 2007 2008 2009 var%

2008_2007 var%

2009_2008 2007 2008 2009 var%

2008_2007 var%

2009_2008 tra 5000 e 9999 221 227 200 2,8 -11,9 553 513 492 -7,2 -4,1

tra 10000 e 19999 190 199 158 5,2 -20,6 474 441 428 -7,1 -2,8

tra 20000 e 59999 188 194 172 2,9 -11,5 613 574 546 -6,4 -5,0

tra 60000 e 249999 221 188 183 -14,7 -2,8 802 768 700 -4,2 -8,8

da 250000 in su 257 308 227 19,9 -26,2 1327 1185 1128 -10,7 -4,8

Totale complessivo 206 212 182 2,9 -14,1 554 516 494 -6,9 -4,3 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Sirtel

Le difficoltà della spesa per investimenti emergono anche dall’osservazione di

alcuni indicatori: il grado di realizzazione degli investimenti (impegni di competenza rispetto agli stanziamenti), la velocità di pagamento degli investimenti dell’anno (pagamenti di competenza rispetto agli impegni), tasso di smaltimento dei residui passivi (pagamento in conto residui rispetto ai residui conservati), la velocità di pagamento di investimenti residui (pagamenti in conto residui rispetto agli impegni in conto residui).

Le figure che seguono mostrano un calo del grado di realizzazione degli investimenti che passa dal 62,9 per cento del 2007 al 53,45 del 2009; decisamente più lievi le oscillazioni relative agli altri indicatori, che nel triennio rimangono pressocchè stabili, ma su livelli piuttosto bassi: la media della velocità di pagamento degli investimenti dell’anno si aggira intorno al 18 per cento, e quello della velocità di pagamento degli investimenti residui al 32 per cento, il tasso di smaltimento dei residui passa dal 31,01 del 2007 al 30, 85 del 2009.

L’andamento di questi indici sembra mostrare una scarsa sensibilità rispetto alle misure messe in atto già nel 2009 per la velocizzazione dei pagamenti in conto capitale e lo sblocco degli investimenti locali. Ma è la flessione del tasso di realizzazione degli stessi - che nelle grandi città, tra il 2008 ed il 2009, scende di oltre 14 punti percentuali

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- a meglio rappresentare il sintomo di una difficoltà degli enti già nella fase di programmazione delle opere. Sotto il profilo territoriale si nota che, mentre nel 2007 in tutte le aree, con eccezione del sud, l’indicatore si posiziona ben al di sopra del 50 per cento, con punte di oltre il 70 per cento nel nord est e nord ovest, nel 2009 si abbassa sensibilmente, perdendo, a livello nazionale, oltre 9 punti percentuali nel triennio. Solo il nord ovest continua ad emergere con oltre il 60 per cento di investimenti impegnati rispetto a quanto stanziato in bilancio sia nel 2008 che nel 2009; mentre i comuni del sud, nel triennio, perdono 8 punti percentuali e registrano, nell’ultimo anno, un tasso di realizzazione del 35 per cento.

Figura 1

ANDAMENTI DI ALCUNI INDICATORI DELLA SPESA IN CONTO CAPITALE 2007 - 2009

62,91

57,5553,45

18,04 17,65 18,68

31,01 30,69 30,8532,61 32,34 32,65

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

70,00

2007 2008 2009

grado realizzazione investimenti velocità pagamento investimenti di competenza

tasso smaltimento residui passivi in conto capitale velocità pagamento investimenti residui

Figura 2

GRADO DI REALIZZAZIONE DEGLI INVESTIMENTI 2007-2009 PER AREA GEOGRAFICA

0,00

10,00

20,00

30,00

40,00

50,00

60,00

70,00

80,00

Centro 63,35 54,45 55,57

Isole 57,31 54,30 50,36

Nord Est 71,18 64,60 58,79

Nord Ovest 74,24 68,86 64,08

Sud 43,17 40,56 35,05

2007 2008 2009

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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I COMUNI E LA MANOVRA PER IL 2011 12. Il concorso degli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza

pubblica è assicurato per il 2011 non solo attraverso la disciplina del Patto di stabilità interno, ma anche mediante una serie di altre misure, sia di carattere finanziario che ordinamentale, che vanno ad ampliare la rosa degli strumenti di coordinamento individuati dal legislatore per garantire il conseguimento degli obiettivi di miglioramento dei conti pubblici del Paese.

Alcune di queste misure sono state già introdotte nel 2010 con la L. 191/2009, come modificata dal DL 2/2010 convertito in L. n. 42/2010, e nel 2011 esplicano parte dei loro effetti. Si tratta in particolare delle misure che dispongono:

1) la riduzione del fondo ordinario di un importo pari a 10 milioni di euro per i trasferimenti ai piccoli comuni18;

2) la riduzione del contributo ordinario base spettante agli enti locali per il 2011 di 7 milioni di euro per le province e di 86 milioni per i comuni. Il taglio, che sarà quantificato in base alla popolazione residente, riguarderà le amministrazioni interessate dal rinnovo dei consigli. Conseguentemente a tali riduzioni di contributi, sempre per gli enti che vanno a rielezione degli organi, è prevista la riduzione del numero di consiglieri ed assessori19;

3) il definanziamento delle comunità montane20; 4) la soppressione del difensore civico, delle circoscrizioni di

decentramento, del direttore generale e dei consorzi di funzioni tra gli enti, possibilità riconosciuta al sindaco di delegare le proprie funzioni a soli due consiglieri (limitatamente agli enti che vanno a rielezione degli organi o nel caso di scadenza dei singoli incarichi) 21.

Con il DL 78/201022 è stato poi quantificato il contributo specifico delle autonomie territoriali (distinto per regioni, province e comuni) alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011-2013. In particolare, per il comparto enti locali, la manovra 2011 pone a carico delle province un contributo di 300 milioni e dei comuni di 1.500 milioni, e la realizzazione degli obiettivi è assicurata, da una parte con la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti soggetti alle regole del Patto e, dall’altra, mediante la vigenza della regola fiscale disciplinata dal DL 112/2008, che impedisce un peggioramento dei saldi delle amministrazioni locali rispetto agli andamenti tendenziali come possibile conseguenza del taglio dei trasferimenti.

La ripartizione del taglio tra i singoli enti è avvenuta con il decreto del Ministro dell’interno del 9

dicembre 2010 sulla base di criteri proporzionali (il 22,9 per cento per ciascuna provincia e l’11,7 per cento per ciascun comune rispetto al totale generale dei trasferimenti attribuiti in spettanza alla data del 16 novembre 2010), non essendo stata raggiunta, nei tempi previsti, l’intesa in Conferenza Stato-Città e autonomie locali per individuare criteri distributivi che tenessero conto del rispetto degli obiettivi del Patto, della minore incidenza della spesa per il personale rispetto alla spesa corrente e del conseguimento di adeguati indici di autonomia finanziaria.

18 Art. 2, comma 23. 19 Art. 2, commi 183 – 185. 20 Art. 2, comma 187. 21 Art. 2, comma 186. 22 Art. 14, commi 1-2.

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Alla definizione del contributo specifico individuato dall’art. 14 del DL 78/2010 fa da corollario una serie di misure che si possono definire ad adiuvandum ai fini del rispetto degli obiettivi di miglioramento dei saldi, i cui effetti finanziari positivi sui bilanci dei singoli enti saranno calcolabili solo a consuntivo: la riduzione della spesa per gli apparati politici ed amministrativi, ma, soprattutto, la riduzione dei costi per il personale degli enti soggetti al Patto di stabilità23.

Completano il quadro normativo per il 2011 le disposizioni contenute nei commi da 26 a 31 dell’art. 14 del citato decreto legge. Si tratta di norme finalizzate a contenere i costi sostenuti dai comuni per le funzioni fondamentali, delle quali si dispone l’esercizio obbligatorio in forma associata per gli enti appartenenti alle classi demografiche più basse24.

All’interno di questo scenario si inserisce la riforma del Patto di stabilità interno approvata con la l. n. 220/2010 (commi da 87 a 124) che rivede profondamente i meccanismi della regola fiscale. Come già detto, il contributo degli enti locali alla manovra 2011 (quantificato nel DL 78/2010) viene realizzato attraverso il taglio dei trasferimenti, misura funzionale al raggiungimento degli obiettivi di saldo del Patto, di cui aggrava l’entità. La nuova architettura della regola fiscale, invece, ha effetti meramente redistributivi del contributo per il 2011, e non presenta alcun impatto sugli obiettivi di comparto individuati in precedenza, lasciando così invariate le previsioni di saldo di cui al DL 112/2008 e sulle quali gli enti hanno già effettuato la programmazione fino al 2011.

Due le novità più significative del nuovo Patto: da una parte l’impegno di rendere stabile nel tempo la regola fiscale enucleando un obiettivo strutturale che consiste nel conseguimento di un saldo finanziario, in termini di competenza mista, pari a zero; dall’altra la previsione di uno specifico obiettivo connesso al contributo che annualmente il comparto è tenuto a conseguire e che viene imputato al singolo ente sulla base, non più del saldo di un esercizio precedente, bensì del livello di spesa corrente mediamente sostenuto nel triennio 2006-2008. Il riferimento alla sola spesa corrente è finalizzato a ripartire il contributo in misura proporzionale alla capacità di spesa di ciascuno, e l’arco temporale ultrannuale come base di riferimento dovrebbe evitare, o quantomeno ridurre, il fenomeno spesso registrato in passato e relativo ad obiettivi eccessivamente onerosi, legati a fatti gestionali straordinari verificatisi nell’anno base.

Applicando un coefficiente agli impegni di spesa come sopra individuati si ottiene un valore assoluto che costituisce il saldo (positivo) da conseguire nell’anno. Tale saldo va però sterilizzato dagli effetti già prodotti dal taglio delle risorse trasferite che non debbono riverberarsi anche sul saldo finale, peggiorandolo ulteriormente.

23 Artt. 5, 6 e art. 14, commi 7-10. 24 Art. 14, commi 26 – 31. Con dPCM (al momento non ancora emanato) si sarebbero dovuti indicare i termini per l’attuazione delle norme, mentre alla legislazione regionale è stata rimessa l’individuazione della dimensione ottimale, omogenea per area geografica, per lo svolgimento in forma associata delle funzioni sul proprio territorio.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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Tavola 20

LA MANOVRA COMPLESSIVA DEI COMUNI NEL TRIENNIO 2011-2013 RIPARTITA TRA RIDUZIONE DEI

TRASFERIMENTI E OBIETTIVO DI SALDO FINANZIARIO (migliaia di euro)

2011 2012 - 2013

Classe popolazione

saldo obiettivo calcolato all'11,4%

della sepsa corrente

media 2006-2008

trasferimenti erariali tagliati

saldo obiettivo al netto del taglio dei

trasferimenti

saldo obiettivo

con applicazione

correttivi

saldo obiettivo calcolato

all'14% della sepsa corrente media 2006-

2008

trasferimenti erariali tagliati

saldo obiettivo al netto del taglio dei

trasferimenti

fino a 9999 ab 372.656 113.877 258.779 170.486 457.648 188.670 268.978

tra 10000 e 200000 ab. 2.349.693 753.132 1.596.561 1.260.533 2.885.587 1.247.777 1.637.810

oltre 200000 ab. 982.900 355.238 627.662 524.027 1.207.070 588.553 618.517

Totale complessivo 3.705.248 1.222.247 2.483.002 1.955.046 4.550.305 2.025.000 2.525.305Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS, Ministero dell'interno e Sirtel

Per l’anno 2011, a partire dall’importo così imputato ad ogni ente, sono previsti,

poi, due livelli successivi di aggiustamento dell’obiettivo, al fine di riequilibrare la manovra complessiva e mitigare gli obiettivi per renderli sostenibili rispetto al bilancio dell’ente.

Il primo intervento correttivo riguarda tutti gli enti ed è reso necessario per attenuare le differenze che il cambio di modalità di calcolo genera rispetto a quello già determinato ai sensi dell’art. 77bis del DL n. 112/2008. Il passaggio da una base di riferimento in termini di saldo ad una fondata sulla spesa corrente potrebbe produrre situazioni di rilevante vantaggio o svantaggio.

Osservando i dati analitici, infatti, le situazioni estreme - rappresentate da quei comuni che

rispetto al vecchio metodo guadagnano o perdono oltre 4 milioni di euro – emerge che gli enti che si avvantaggerebbero in misura rilevante della nuova disciplina presentano un livello di spesa corrente media pro capite piuttosto contenuto (97 euro) a fronte di un saldo obiettivo ex art. 77bis fortemente positivo (circa 264 euro pro capite), mentre ai comuni più penalizzati dal cambiamento appartiene un livello di spesa corrente media pro capite più elevato (128 euro pro capite) che si accompagna ad un saldo obiettivo non particolarmente oneroso (in media 22 euro pro capite).

Al fine di attenuare questi effetti, quindi, ciascun ente individua il proprio

obiettivo finale come media tra quello calcolato sulla spesa corrente e quello calcolato sul saldo di competenza mista 2007.

Un secondo intervento correttivo riguarda solo quegli enti che, al termine della fase precedente, presentano ancora un’incidenza elevata dell’obiettivo sulla spesa corrente media del triennio 2006-2008 tale da rendere difficilmente sostenibile la manovra di bilancio; a tal proposito, il comma 93 della L. 220/2010 dispone un alleggerimento del Patto, nei limiti complessivi di 480 milioni, da ripartire tra gli enti al fine di rendere più equo il contributo.

Con il Dpcm in corso di pubblicazione, quindi, sono stati fissati i criteri di redistribuzione del

contributo statale al Patto degli enti locali: una parte dell’importo è destinata alla copertura di una quota delle spese che il comune e la provincia di Milano dovranno sostenere per l’Expo 2015 (130 milioni), l’ammontare residuo (40 milioni per le province e 310 milioni per i comuni) viene attribuito, sulla base di

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un criterio puramente demografico, agli enti che dovrebbero sostenere una manovra eccessivamente onerosa.25

Quest’ultima fase conclude la procedura di calcolo dell’obiettivo 2011, salva la

possibilità di ulteriori revisioni legate all’operatività del Patto regionale e finalizzate, attraverso interventi compensativi di eventuali eccessi o fabbisogni finanziari dei singoli enti, ad assicurare la massima efficacia dello strumento sul territorio .

UNA SIMULAZIONE DEL CALCOLO DEGLI OBIETTIVI DEL PATTO 2011 PER I

COMUNI 13. Sulla base dei dati di rendiconto sono stati ricostruiti gli obiettivi

programmatici per un insieme di comuni (1.760) al fine di approssimare l’entità complessiva ed individuale della manovra 2011.

Partendo da un valore programmatico iniziale calcolato come 11,4 per cento della spesa corrente media del triennio 2006-2008 (in valore assoluto), la sequenza delle correzioni evidenzia chiaramente l’intento redistributivo del contributo richiesto: da un avanzo complessivo di oltre 3,7 miliardi, infatti, si passa, dopo la sterilizzazione dei trasferimenti, ad un saldo di 2,4 miliardi (obiettivo che torna in linea con il saldo programmatico quantificato in base all’art. 77bis del DL 112/2008); il confronto, poi, con l’obiettivo calcolato in base al meccanismo precedente, redistribuisce il contributo tra gli enti e tende a riequilibrare lo sforzo che era richiesto ai comuni più piccoli. Pertanto, a valle di tale intervento correttivo si presenta una situazione in cui i comuni fino a 200.000 abitanti sono chiamati a conseguire un avanzo ridimensionato rispetto a quello quantificato ex art. 77bis , e compensato da una maggiorazione dell’obiettivo dei comuni con popolazione superiore.

L’applicazione, infine, dei tetti di incidenza tra saldo programmatico e spesa corrente rende ancora più evidente tale risultato: i comuni più piccoli vedono dimezzarsi l’obiettivo complessivo ad essi assegnato rispetto al saldo calcolato con le regole precedenti; i comuni della fascia intermedia ottengono uno sconto finale di circa 400 milioni, mentre le grandi città mantengono un obiettivo di risparmio superiore a quello richiesto con le regole previgenti26.

I dati pro capite, aggregati per classe dimensionale, mostrano che, mentre il precedente obiettivo 2011 allineava gli enti attorno al dato medio complessivo di 59 euro pro capite e poneva a carico dei comuni piccoli il saldo obiettivo più oneroso (65 euro pro capite), il nuovo meccanismo di calcolo – attraverso aggiustamenti progressivi – arriva a determinare un obiettivo decisamente crescente in base alla dimensione

25 Le province che presentano un’incidenza percentuale della riduzione dei trasferimenti sulla media delle spese correnti superiore al 7 per cento, riducono il proprio saldo obiettivo 2011 di un importo pari alla somma dell’incidenza della propria popolazione e l’incidenza della propria superficie territoriale sulla popolazione e sulla superficie territoriale delle province, moltiplicata per 20 milioni. Per i comuni sono fissate, invece, soglie massime di incidenza del saldo obiettivo sulla spesa corrente media in base alla dimensione dell’ente: il 5,4 per cento per i comuni fino a 10.000 abitanti, il 7 per cento per i comuni fino a 200.000 abitanti, ed il 10,5 per cento per i comuni oltre i 200.000 abitanti. 26 Va considerato che il calcolo del saldo obiettivo 2011 ex art. 77-bis del DL 112/2008 è stato effettuato sulla base dei soli dati di rendiconto dai quali non è stato possibile enucleare le entrate straodinarie escluse dal acluni comuni ai sensi dell’art. 7-quater, comma 10, del DL 5/2009. Ciò può aver comportato una sovrastima degli stessi che si è riverberata anche sui successivi interventi correttivi fino a determinare un effetto negativo complessivo sui saldi superiore ai 310 milioni previsti dalla norma .

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dell’ente (dai 33 euro pro capite dei comuni fino a 10.000 abitanti ai 74 euro per i comuni oltre i 200.000 abitanti).

Tavola 21

UNA STIMA DEL SALDO OBIETTIVO 2011 PER UN INSIEME DI COMUNI migliaia di euro

Classe popolazione manovra

all'11,4 per cento

saldo obiettivo al

netto trasferimenti

saldo obiettivo

2011 ex art. 77bis

saldo obiettivo

2011 corretto

saldo obiettivo 2011 con

applicazione tetto alla manovra

fino a 9999 ab 372.656 258.779 337.103 297.941 170.486

tra 10000 e 200000 ab. 2.349.693 1.596.561 1.641.531 1.619.046 1.260.533

oltre 200000 ab. 982.900 627.662 478.447 553.054 524.027

Totale complessivo 3.705.248 2.483.002 2.457.081 2.470.041 1.955.046 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS, Ministero dell'Interno e Sirtel

Tavola 22

IL PERCORSO DI CORREZIONE DEL SALDO OBIETTIVO 2011 dati medi pro capite in euro

Classe popolazione n. enti

spesa corrente media 2006-2008

obiettivo 2011 all'11,4 % della spesa

corrente media

obiettivo al netto dei

trasferimenti

obiettivo 2011 ex

art. 77bis DL

112/2008

saldo dopo I^ correzio

ne

saldo dopo II^ correzio

ne (applica

zione soglie ex DPCM)

var% tra

primo e

ultimo obietti

vo

var% tra saldo

dopo I^ correz. E saldo dopo II^ correz.

a b c d e f f/b f/e

fino a 9999 ab 690 635 72 50 65 58 33 -54 -43

tra 10000 e 200000 ab. 1057 673 77 53 55 54 41 -46 -23

oltre 200000 ab. 13 1.228 140 90 62 76 74 -47 -3

Totale complessivo 1760 662 75 52 59 55 38 -49 -31 dati medi pro capite in euro per area

geografica

Centro 302 725 83 59 63 61 42 -49 -30

Isole 178 774 88 62 67 64 45 -49 -30

Nord Est 389 622 71 50 58 54 36 -49 -33

Nord Ovest 497 669 76 54 62 58 39 -49 -33

Sud 394 594 68 41 50 46 34 -50 -26

Italia 1760 662 75 52 59 55 38 -49 -31 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS, Ministero dell'Interno e Sirtel

La correzione rispetto al saldo ex art. 77bis è migliorativa del contributo per il

43,4 per cento dei comuni del campione (caratterizzati da un saldo precedente più oneroso in parte recuperato nell’obiettivo calcolato con le nuove regole); viceversa, il 56,5 per cento dei comuni può applicare una correzione peggiorativa, in quanto il confronto con il precedente saldo obiettivo risulta eccessivamente penalizzante.

La riforma del meccanismo del Patto fondata sulla spesa corrente e non più sul saldo privilegia pertanto – in assenza di interventi correttivi - il primo gruppo di

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comuni, formato prevalentemente da amministrazioni di piccole dimensioni, e quindi con un ridotto volume di spesa corrente27.

Il resto dei comuni, invece, sembrerebbe essere penalizzato dalle nuove regole, ma, trattandosi prevalentemente di comuni con elevata spesa corrente e saldo obiettivo ex art. 77bis non particolarmente oneroso, essi riescono a rimanere, dopo la prima fase correttiva, ben al di sotto della soglia massima nel rapporto percentuale tra saldo e spesa corrente media (tutte le grandi città appartengono a questo gruppo e solo una si troverà a dover sostenere una manovra 2011 pari al 10,5 per cento della spesa corrente media del triennio 2006-2008).

Il riferimento alla spesa corrente, che richiede ad ogni amministrazione un

contributo proporzionale alla propria capacità di spesa, corretto in modo significativo dal fattore demografico, determina una relazione diretta tra onerosità del vincolo e dimensione dell’ente, nel tentativo di correggere la distorsione generata dalle precedenti versioni del Patto, che rendeva particolarmente difficile per i comuni piccoli risultare adempienti. Tuttavia gli obiettivi 2011, condizionati ancora fortemente dal confronto con la precedente metodologia, risultano avere nei comuni di maggiori dimensioni un peso specifico in alcuni casi più ridotto che nelle piccole realtà.

Gli obiettivi 2011 così calcolati riflettono chiaramente il criterio di progressività con cui lo sforzo

si distribuisce sia per fascia dimensionale che per classi di spesa corrente; tuttavia, nella fascia di spesa media pro capite più elevata (oltre 1.000 euro), il saldo obiettivo delle grandi città risulta in media più contenuto (71 euro pro capite) rispetto a quello dei comuni appartenenti alle classi demografiche inferiori e che hanno beneficiato dell’applicazione del tetto massimo alla manovra (76 e 83 euro pro capite).

Per un insieme più ristretto di enti è stato possibile allineare i dati relativi al

calcolo dell’obiettivo con le informazioni sugli impegni di spesa corrente sostenuti nel 2010 e risultanti dal monitoraggio del Patto di stabilità, al fine di poter svolgere qualche considerazione sull’impatto che la manovra complessiva avrebbe su un livello di spesa più attuale. Il trend moderatamente crescente che ha caratterizzato la spesa corrente in questi ultimi anni, attenua l’incidenza dei saldi obiettivo sulla spesa: in media il rapporto si attesta al 4,8 per cento nei comuni più piccoli e al 5,6 per cento per entrambe le classi demografiche superiori.

Va considerato, peraltro, che sul bilancio del singolo ente pesa anche la riduzione del contributo ordinario dallo Stato, per cui la manovra complessiva 2011 arriva ad avere un’incidenza media sulla spesa corrente pari circa al 9 per cento (8 per cento per gli enti fino a 10.000 abitanti, 9 per cento per quelli fino a 200.000 e 9,5 per cento per le grandi città).

27 Quasi la totalità di questi enti accede anche all’ulteriore fase correttiva, che consente di attestare l’obiettivo 2011 non oltre la soglia massima prevista per la fascia di appartenenza, al fine di neutralizzare gli squilibri prodotti dal precedente metodo di calcolo degli obiettivi.

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Tavola 23

DISTRIBUZIONE DEL SALDO OBIETTIVO 2011 PER FASCIA DEMOGRAFICA E LIVELLO DI SPESA CORRENTE MEDIA enti con obiettivo fissato alla soglia massima prevista per la classe di appartenenza

(valori medi pro capite in euro)

Classe popolazione Dati

spesa corrente

media pro capite fino a

500 euro

spesa corrente media

pro capite >500 euro e fino a

700 euro

spesa corrente media

pro capite >700

euro e < 1000 euro

spesa corrente media

pro capite

da 1000 euro in

su

Totale

tra 5000 e 10000 abitanti

n. enti 136 242 108 34 520 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 50 67 92 160 74

saldo obiettivo dopo ultima correzione 24 32 44 76 35

differenza 26 35 48 84 39

tra 10000 e 200000 abitanti

n. enti 101 230 151 29 511 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 50 69 94 135 76

saldo obiettivo dopo ultima correzione 31 42 57 83 47

differenza 19 27 36 52 29

oltre 200000 abitanti

n. enti 1 1 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 150 150

saldo obiettivo dopo ultima correzione 138 138

differenza 12 12

tutti gli enti 237 472 259 64 1032 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 50 68 93 148 75

saldo obiettivo dopo ultima correzione 27 37 52 80 41

differenza 23 31 41 68 34

enti con obiettivo sotto la soglia massima prevista per la classe di appartenenza tra 5000 e 10000 abitanti n. enti 55 80 30 5 170 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 51 67 92 124 68

saldo obiettivo dopo ultima correzione 19 27 38 55 27

differenza 31 40 53 69 40

tra 10000 e 200000 abitanti n. enti 86 258 168 34 546 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 51 69 92 134 77

saldo obiettivo dopo ultima correzione 23 32 43 67 36

differenza 28 37 48 67 41

oltre 200000 abitanti n. enti 4 8 12 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 108 155 139

saldo obiettivo dopo ultima correzione 63 71 68

differenza 45 84 71

tutti gli enti 141 338 202 47 728 saldo obiettivo al'11,40% della Spesa corrente 51 68 92 136 76

saldo obiettivo dopo ultima correzione 22 31 43 67 35

differenza 29 38 49 70 41 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS, Ministero dell'Interno e Sirtel

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

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Nell’ipotesi teorica in cui la manovra dovesse essere condotta esclusivamente

sulla spesa corrente, va tenuto presente che circa l’80 per cento di essa risulterebbe difficilmente comprimibile, essendo la quota che – nella fase transitoria di attuazione del federalismo fiscale e fino alla definizione dei costi e dei fabbisogni standard – si presume destinata alle funzioni fondamentali; quindi il taglio medio da operare sulla spesa 2010 residuale, tale da ottenere un risparmio di oltre 3,7 miliardi, comporterebbe una riduzione della stessa dell’ordine del 45 per cento. In termini pro capite ciò significherebbe una riduzione media della spesa per le funzioni non fondamentali che va dai 55 euro dei comuni più piccoli fino a 123 euro per quelli oltre i 200.000 abitanti.

Tavola 24 LA MANOVRA 2011 IN RAPPORTO AL LIVELLO DI SPESA SOSTENUTO NEL 2010

(migliaia di euro)

Classe popolazione

Somma di Popolazione residente al 31/12/2009

spese correnti

2010

obiettivo 2011

definitivo

rapporto % tra obiettivo

2011 e spesa

corrente 2010

riduzione trasferimenti

2011

manovra complessiva

rapporto tra manovra

2011 e spesa corrente

2010

fino a 9999 ab 5022142 3.445.602 166.057 4,8 110.415 276.472 8,0

tra 10000 e 200000 ab. 27180541 21.620.396 1.214.864 5,6 725.203 1.940.068 9,0

oltre 200000 ab. 6798791 9.297.490 524.027 5,6 355.238 879.265 9,5

Totale complessivo 39001474 34.363.488 1.904.949 5,5 1.190.856 3.095.805 9,0

IPOTESI DI RIDUZIONE DELLE SPESE PER FUNZIONI NON FONDAMENTALI

valori assoluti in migliaia di euro dati medi pro capite in euro

Classe popolazione spese

correnti 2010

spesa fondamentale 2010 (80 per

cento)

spesa 2010 per funzioni

non fondamentali

incidenza della

manovra 2011 sulla spesa 2010 per funzioni

non fondamentali

riduzione delle sole spese non

fondamentali

spesa corrente

2010

spesa corrente 2010 per funzioni

fondamentali

spesa corrente

2010 per altre funzioni

taglio ipotizzabile sulle spesa

corrente non fondamentale

fino a 9999 ab 3.445.602 2.756.482 689.120 40,1 412.648 690 552 138 55

tra 10000 e 200000 ab. 21.620.396 17.296.317 4.324.079 44,9 2.384.012 735 588 147 66

oltre 200000 ab. 9.297.490 7.437.992 1.859.498 47,3 980.233 1.305 1.044 261 123

Totale complessivo 34.363.488 27.490.790 6.872.698 45,0 3.776.893 721 577 144 65 Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati RGS, Ministero dell'Interno e Sirtel

Rilevante è, quindi, l’obiettivo di risparmio richiesto ai comuni, a fronte del quale

il contributo alla manovra dal lato delle entrate potrebbe rimanere ancora limitato alla politica tariffaria dei servizi a domanda individuale, che potrà orientarsi verso un maggior grado di copertura dei costi, salva la possibilità riconosciuta dal D.lgs. n. 23 del 2011 di una graduale cessazione della sospensione del potere dei comuni di istituire, ovvero aumentare, l’addizionale Irpef; nello stesso tempo, poi, l’avvio della fase transitoria della fiscalità municipale potrebbe recare maggiori incertezze circa la disponibilità di risorse a disposizione a seguito della fiscalizzazione dei trasferimenti erariali e regionali.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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La manovra da condurre sulla spesa risulta ugualmente complessa in quanto la riduzione o l’efficientamento della stessa - necessari per conseguire gli obiettivi di avanzo richiesti nonostante la riduzione delle risorse sia erariali che regionali – andrà coniugata con il mantenimento del livello quali/quantitativo dei servizi comunali. Non va trascurato a tal proposito che il DL 78/2010 richiama le funzioni fondamentali degli enti locali come già individuate dalla l. n. 42/2009 che, pure in uno scenario di tagli e riduzioni di spesa, si dovranno comunque assicurare. Ne consegue che, vista l’incomprimibilità di alcune spese, sarà necessario che l’ente individui per ciascuna funzione/servizio specifiche azioni di risparmio effettivamente realizzabile, e indichi percorsi in grado di migliorare l’efficienza gestionale e soluzioni innovative relativamente alle forme di gestione dei servizi, anche al fine di ridurre l’incidenza della spesa di personale.

Per realizzare la manovra richiesta non appaiono adeguate, dunque, manovre di aggiustamento progressivo agli equilibri di bilancio; si rendono necessarie, invece, operazioni strutturali a valenza pluriennale che, individuate le priorità, concentrino su di esse le azioni e le risorse, riducendo selettivamente gli interventi in altri ambiti. In assenza di un rigoroso percorso di programmazione del bilancio, rimarrà alto il rischio, in un sistema di vincoli che continua ad individuare un unico obiettivo di saldo tra entrate e spese finali, di un ulteriore abbattimento della spesa destinata agli investimenti.

Nell’ambito di tale scenario, poi, appare sempre più rilevante il ruolo di una concertazione a livello regionale di azioni e di iniziative che sia di presidio al conseguimento dei risparmi attesi da comuni e province e che nello stesso tempo coadiuvi le realtà locali per sostenere lo sviluppo del territorio.

IL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA NEL FEDERALISMO FISCALE 14. Nel ridisegno del sistema di finanziamento delle amministrazioni territoriali

previsto con la legge 42/2009, il tema del coordinamento della finanza pubblica e delle modalità di gestione della politica economica tra soggetti istituzionali dotati di autonomia finanziaria svolge un ruolo fondamentale.

Confermata l’impostazione attuale che prevede, quale criterio generale, l’adozione, per le politiche di bilancio di regioni, province e comuni, di regole coerenti con quelle derivanti dall'applicazione del Patto di stabilità e crescita, la legge delega ha previsto l’estensione dell’ambito delle attività di coordinamento della finanza pubblica, affiancando al meccanismo di monitoraggio e al controllo della spesa e dei saldi degli enti decentrati, nuovi meccanismi di carattere premiale e/o sanzionatorio, volti a garantire sia il rispetto degli equilibri di bilancio, sia l’adeguatezza dei livelli, dei costi e della qualità dei servizi pubblici resi da regioni ed enti locali.

Nuove norme di “coordinamento dinamico”, da inserire annualmente nell’ambito della legge di stabilità, o in provvedimenti ad essa collegati, tramite un apposito “Patto di convergenza (art. 18 della legge 42) che, oltre a stabilire, per ciascun livello di governo, i valori dei saldi da rispettare, le modalità di ricorso al debito nonché l’obiettivo programmato della pressione fiscale, dovrebbe aiutare la convergenza dei costi e dei fabbisogni standard, nonché delineare un percorso di riconduzione degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali degli enti territoriali (articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione).

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Oltre a riaffermare l’attribuzione alle regioni di uno specifico ruolo di coordinamento a garanzia del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, è stata inoltre prevista l’individuazione di indicatori di efficienza e di adeguatezza, volti a garantire una più elevata qualità dei servizi regionali e locali.

Qualora l’attività di monitoraggio del Patto di convergenza rilevasse che uno o più enti non hanno raggiunto gli obiettivi loro assegnati, la legge ha previsto l’attivazione, da parte dello Stato - previa intesa in sede di Conferenza unificata – del “Piano per il conseguimento degli obiettivi di convergenza”, sul modello del Piano di rientro in sanità. Un piano, da riservare agli enti che hanno presentato i maggiori scostamenti e volto ad accertarne le cause e a stabilire le azioni correttive da intraprendere, anche fornendo agli enti assistenza tecnica. Qualora gli scostamenti abbiano carattere permanente e sistematico, il Governo è chiamato, infine, ad adottare sanzioni commisurate all’entità degli scostamenti, che possono comportare l’applicazione di misure automatiche di incremento delle entrate tributarie ed extra-tributari e, nei casi più gravi, l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

Meccanismi sanzionatori di carattere automatico sono inoltre previsti a carico degli organi di governo e amministrativi sempre nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari, con l’individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario, oltre che dei casi di interdizione dalle cariche in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

Finora, la messa a sistema del complesso processo di definizione di regole di

coordinamento è stata rallentata dalla necessità di adattare il ciclo e gli strumenti della programmazione finanziaria al nuovo semestre europeo e di individuare le funzioni fondamentali, i livelli essenziali delle prestazioni e i rispettivi fabbisogni e costi standard. Ne è stato condizionato l’effettivo coinvolgimento delle amministrazioni territoriali nella definizione del progetto complessivo di finanza pubblica e la possibilità di arricchire di nuovi strumenti la gestione delle misure di intervento per il riequilibrio dei conti pubblici da parte della amministrazione centrale.

Con le modifiche introdotte dalla legge 196/09 si è disposta l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica sul Documento di economia e finanza pubblica, ma la si è prevista entro margini temporali molto ristretti, limitando di fatto la possibilità di un effettivo contributo delle amministrazioni territoriali alla programmazione complessiva.

Con il decreto legislativo sui fabbisogni standard (d.lgs. 216/2010) e, più di recente, con quello dedicato al finanziamento delle regioni (d.lgs. n. 68/2011) si sono creati i presupposti sia per l’individuazione dei parametri cui orientare il meccanismo di valutazione, sia per la stima delle risorse da garantire per i livelli essenziali di assistenza e per i fabbisogni standard. Si è avviata, infatti, con il primo provvedimento, una complessa opera di raccolta di informazioni sulle amministrazioni locali volta a dar corpo al concetto di fabbisogni standard per funzioni fondamentali. Mentre con il secondo, relativamente ai livelli essenziali di prestazione non ancora definiti, si è disposto di assumere a riferimento macro-aree di intervento e di prevedere che, nella fase transitoria, il Governo proponga durante la sessione di bilancio norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica volte a realizzare l’obiettivo della

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convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo, nonché un percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali. Nel calcolo dei costi standard non sanitari si è previsto, infine, (come nel caso della misurazione dei fabbisogni degli enti locali) il coinvolgimento della SOSE spa.

15. Pur essendo al momento prematura una valutazione complessiva del disegno

di attuazione della legge 42/2009, vanno tuttavia poste all’attenzione alcune scelte, tra quelle finora operate, che rischiano di incidere, non sempre favorevolmente, sulla possibilità di garantire un efficace coordinamento tra livelli di governo in un disegno unitario. Scelte che attengono alla estensione dei soggetti interessati al ridisegno normativo, alla certezza delle risorse disponibili per la gestione degli enti e alla flessibilità nell’utilizzo della leva fiscale per l’esercizio della funzione redistributiva propria del livello centrale di governo.

Come è noto, con tale disegno si è rinunciato a cogliere l’occasione di rivedere

l’intero sistema che regola i rapporti finanziari tra livelli di governo, estendendo il campo degli interventi più direttamente anche ai soggetti a autonomia differenziata. Pur recuperando e attualizzando le ragioni che giustificano il permanere di regimi particolari per gli enti delle regioni ad autonomia speciale, si sarebbero potute superare la forte disomogeneità nelle caratteristiche e nelle fonti di finanziamento ad esse destinate, rafforzando i meccanismi alla base del coordinamento della finanza pubblica e accompagnando l’autonomia gestionale con una analisi dei costi e dei fabbisogni standard che ne garantisse trasparenza ed efficacia.

Oltre a rinunciare ad una rilettura radicale dell’assetto esistente si è, invcce, di molto ridotto l’impatto diretto su tali enti anche delle modifiche che proponevano elementi di omogeneità (nella flessibilità) per il sistema fiscale, ridisegnavano il sistema di perequazione tra realtà territoriali e proponevano una attribuzione di risorse in base ad una chiara identificazioni di costi e fabbisogni.

L’articolo 1, comma 2, della legge 42/09, infatti, prevede che alle regioni a statuto speciale ed alle province

autonome di Trento e di Bolzano si applichino, in conformità con gli statuti, esclusivamente le disposizioni introdotte con gli articoli 15, 22 e 27.

Si tratta cioè del finanziamento delle città metropolitane (articolo 15) e della cosiddetta perequazione infrastrutturale (articolo 22). L’articolo 27 dispone poi che le regioni a statuto speciale e le province autonome, nel rispetto degli statuti speciali, concorrano al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà, al patto di stabilità interno e all’assolvimento degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario, secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti (articolo 27, comma 1). Le norme di attuazione degli Statuti speciali è previsto che definiscano, inoltre, il coordinamento tra le leggi statali in materia di finanza pubblica e le corrispondenti leggi regionali e provinciali, i principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario e le forme di fiscalità di sviluppo (comma 2).

Si prevedono, infine, criteri ulteriori rispetto a quelli già richiamati nella delega per la generalità degli enti: le norme di attuazione degli Statuti devono tener conto della dimensione della finanza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome rispetto alla finanza pubblica complessiva, delle funzioni da esse effettivamente esercitate e dei relativi oneri, anche in considerazione degli svantaggi strutturali permanenti, dei costi dell'insularità e dei livelli di reddito pro capite che caratterizzano i rispettivi territori rispetto a quelli corrispondentemente sostenuti, per le medesime funzioni, dallo Stato o dal complesso delle Regioni.

Nella fase di attuazione, il legame delle regioni a statuto speciale con il ridisegno

sembra perdere ulteriore forza. Accade, innanzitutto, sul fronte del calcolo dei costi e dei fabbisogni delle

amministrazioni locali. Con il decreto legislativo 216/2010 relativo ai fabbisogni

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standard di comuni e province (il terzo decreto adottato dopo l’approvazione della legge 42/09) si sono esclusi dalla rilevazione affidata alla SOSE gli enti appartenenti a tali regioni.

Come osservato anche dalla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, tale scelta appare indebolire il disegno complessivo.

Sarebbe stato, infatti, opportuno estendere la rilevazione anche agli enti di tali regioni, almeno a fini conoscitivi e statistico informativi, evitando di procedere con analisi e percorsi parcellizzati e diversificati nel tempo e nello spazio: pur tenendo conto delle diverse condizioni, l’eliminazione delle inefficienze deve riguardare, infatti, l’intero territorio nazionale.

Anche per quanto riguarda il contributo di tali enti al processo perequativo (ci si riferisce in questo caso alle realtà territoriali del Nord), le scelte contenute nella finanziaria per il 2011 (legge 220/2010), con la previsione di un “contributo finanziario per il federalismo fiscale” in quantità predefinite e da raggiungere in un arco pluriennale, si discostano in misura significativa dal modello previsto per i livelli di governo delle altre regioni. Sembrano destinate ad aumentare le differenze nel funzionamento del sistema finanziario complessivo.

16. Un indirizzo cardine prefigurato nella legge delega ha disposto che il nuovo

sistema offra adeguati elementi di certezza nella disponibilità di risorse e margini di manovrabilità della disciplina fiscale sia in termini di prelievo, che di adattabilità alle caratteristiche delle amministrazioni decentrate.

Come già osservato nel corso delle audizioni della Corte sugli schemi di decreto legislativo, una ulteriore difficoltà nella gestione degli enti e, quindi, nella stessa adesione ai meccanismi di coordinamento può derivare dall’eccessiva complessità del sistema di finanziamento e dalla conseguente incertezza sull’ammontare delle risorse. Sia nella fase transitoria che in quella a regime, le risorse attribuite dipendono, infatti, in misura rilevante dall’operare di fondi di riequilibrio statali, regionali (previsti per accompagnare “in forma progressiva e territorialmente equilibrata il passaggio dai trasferimenti a compartecipazioni al gettito di tributi) e dai fondi perequativi.

La forte sperequazione dei tributi individuati, la necessità di sostituire una complessa rete di trasferimenti con un riferimento a tributi non omogeneamente distribuiti sul territorio attribuisce ai fondi di riequilibrio, oggi, e ai fondi perequativi, domani, un ruolo crescente, ma soprattutto lega la conoscenza sulla disponibilità di risorse del singolo ente al completarsi di un processo di ripartizione particolarmente complesso.

L’ancoraggio ad una diversa composizione di tributi delle compartecipazioni che dovrebbero sostituire i trasferimenti dalle regioni alle realtà locali può far maturare, poi, differenze regionali anche significative nella dinamica delle risorse.

Ha trovato limitata attenuazione, nella versione definitiva del decreto legislativo sul fisco municipale, la solo parziale corrispondenza tra soggetti beneficiari dei servizi e contribuenti nella definizione del tributo che rappresenta il nucleo fondamentale del federalismo municipale. Un principio che è ritenuto, dallo stesso disegno della 42/2009, elemento cardine di un efficace sistema di controllo e di stimolo all’efficienza gestionale. Sia nella fase transitoria che in quella a regime, il finanziamento dei servizi comunali ricade soprattutto sui possessori nel territorio di immobili non adibiti a

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residenza principale e, quindi, solo in misura minore sui residenti. E’ soprattutto su tali tributi che si fonderà l’esercizio della flessibilità fiscale municipale.

17. Complessa è anche l’attuazione delle disposizioni con cui viene introdotta la

possibilità per le regioni di prevedere con propria legge detrazioni in favore della famiglia, con perdita di gettito che rimane a carico del bilancio regionale.

La possibilità di graduare su base territoriale politiche sociali mirate risponde all’esigenza di tararne l’entità e la distribuzione sulle caratteristiche della platea di riferimento (la composizione del nucleo familiare, il tasso di occupazione femminile, l’incidenza di minori e di anziani, la tipologia reddituale prevalente,…).

L’inserimento di ulteriori detrazioni (distinte da quelle previste a livello nazionale) e da scontare sulla addizionale regionale andrebbe valutata in rapporto alla necessità di garantire sia la razionalità del sistema (non viene, in particolare, posta nessuna limitazione né fissato nessun criterio alle modalità di esercizio di tale facoltà), sia la coerenza con i criteri di progressività dell’imposta. Il sistema è reso ancora più complesso dalla possibilità di disporre, con legge regionale, l’introduzione di detrazioni per l’erogazione di sussidi o misure di sostegno del reddito e per il quale si accentuerebbero i problemi connessi all’incapienza dei possibili beneficiari degli interventi agevolativi, a meno di non prevederne la liquidazione diretta (ad esempio come avviene con gli assegni familiari).

A tutto ciò si aggiungono le considerazioni, più ampiamente sviluppate nel precedente capitolo sugli strumenti di governo delle entrate per quanto attiene il raccordo della nuova fiscalità di regioni e di enti locali con l’assetto del sistema impositivo, sussunto come stabile nella definizione dei decreti legislativi della legge 42, ma candidato ad essere oggetto di un già programmato ampio processo di riforma.

L’impegnativo processo di miglioramento dei conti pubblici che attende il Paese e la conseguente necessità di gestire una attenta calibratura delle risorse necessarie per garantire livelli dei servizi adeguati alle reali necessità dei cittadini, rende oggi particolarmente necessaria una piena attuazione della delega.

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Appendice L’indice sintetico della situazione finanziaria degli Enti locali: aggiornamento al 2009

1. Introduzione

Nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica presentato dalla Corte nel maggio 2010, davamo conto dei primi risultati di un esercizio volto a costruire un indice sintetico della situazione finanziaria degli Enti Locali. Si argomentava, in quella sede, che l’esigenza di disporre di un indicatore composito, capace di cogliere in maniera integrata i principali fenomeni che caratterizzano l’evoluzione della finanza locale, nasce da una sorta di sensazione di smarrimento che talvolta viene generata dalla grande mole di dati e dalla varietà delle situazioni che connotano i tantissimi Comuni e le tante Province italiane. Si affermava, conseguentemente, la convinzione che fosse utile poter collocare le analisi micro che la Corte conduce e dalle quali ben emerge la suddetta eterogeneità di situazioni – dentro un quadro che cerchi anche di dar conto, sinteticamente, della situazione strutturale della finanza locale e della sua evoluzione temporale. Le ragioni che ci hanno spinto a lavorare, sperimentalmente, intorno alla costruzione di un indicatore sintetico di situazione finanziaria restano tuttora valide e, pertanto, nel presente Riquadro, proponiamo un aggiornamento dell’esercizio dello scorso anno, in base ai dati del 2009 ora disponibili. Le analisi effettuate hanno preso in considerazione Amministrazioni comunali e provinciali separatamente; si riferiscono, per entrambi gli aggregati, al periodo 2003-2009 e sono costruite sulla base dei dati sui Rendiconti di bilancio relativi agli impegni di competenza. L’impianto metodologico, di cui si forniscono tutti i dettagli nell’allegata Appendice, è analogo per Comuni e Province mentre la base dati approssima per queste ultime la totalità delle Amministrazioni e si concentra, per i primi, su un campione di enti con popolazione superiore ai 20 mila abitanti. 2. L’esercizio sulle Amministrazioni Comunali

Come evidenziato nella tavola 1, il campione di comuni considerato rappresenta, al 2006, anno base su cui è costruito l’indicatore, il 45,5% della popolazione italiana e quote tra il 50 e il 60% dei principali voci di bilancio: in termini assoluti si tratta di circa 53 miliardi di entrate totali a fronte dei circa 90 miliardi complessivi (58,3%) e di altrettanti miliardi di spese sui circa 91 miliardi complessivi (58,2%). Il campione oltre ad essere considerato nella sua interezza viene disaggregato nelle cinque macroaree geografiche del Paese e sulla base di una ulteriore disaggregazione dimensionale degli enti nell’ambito di quelli sopra i 20 mila abitanti.

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Tavola 1

Caratteristiche e rappresentatività del campione (dati 2006, anno base per la costruzione dell’indice; milioni di euro)

Campione Totale comuni % Numero comuni 450 (su 473) 8100 5,5 (6,2) Numero di abitanti (unità) 25.943.000 57.000.000 45,5 Totale generale delle entrate 52.735 90.477 58,3 Entrate tributarie 15.058 26.347 57,1 Contributi e trasferimenti 6.910 12.679 54,4 Extratributarie 6.506 11.330 57,4 Entrate c/capitale 14.474 22.957 63,0 Entrate da accensione prestiti 5.220 8.932 58,4 Entrate da servizi c/terzi 4.565 8.230 55,5 Totale generale delle spese 53.159 91.335 58,2 Spese correnti 26.633 46.850 56,8 Spese c/capitale 17.523 29.317 59,8 Spese per rimborso prestiti 4.436 6.938 63,9 Spese c/terzi 4.566 8.230 55,5

In particolare sulla base della popolazione dell’ultimo censimento vengono considerati Piccoli i comuni tra 20 mila e 25 mila abitanti, Medio-Piccoli quelli tra i 25 mila e 30 mila abitanti, Medi quelli tra i 30 mila e i 40 mila abitanti, Medio-Grandi quelli tra i 40 mila e 60 mila abitanti e infine Grandi quelli con popolazione superiore ai 60 mila abitanti.

Tavola 2 Numero di comuni nel campione per area geografica ed anno

2003 2004 2005 2006 2007 2008

2009

TOTALE (*)

Nord-Ovest 99 99 99 99 98 97 94 99 Nord-Est 69 67 69 69 69 68 67 70 Centro 94 91 92 87 88 84 85 94

Sud 140 137 139 135 133 117 121 140 Isole 69 65 59 60 63 54 65 70

TOTALE 471 459 458 450 451 420 432 473

(*) sulla base della popolazione del Censimento Istat del 2001 La puntuale distribuzione del numero dei comuni nel campione per area geografica, dimensione ed anno viene evidenziata nelle tavole 2 e 3.

Tavola 3 Numero di comuni nel campione per dimensione ed anno

2003 2004 2005 2006 2007 2008

2009

TOTALE (*)

Grandi 96 92 94 95 93 91 90 96 Medio-Grandi 84 84 81 81 78 73 77 85

Medi 110 108 105 103 105 97 101 111 Medio-Piccoli 65 62 63 60 62 58 61 65

Piccoli 116 113 115 111 113 101 103 116 TOTALE 471 459 458 450 451 420 432 473

(*) sulla base della popolazione del Censimento Istat del 2001 2.1 Il modello e l’andamento aggregato dell’indice della situazione finanziaria Il modello, nella versione fin qui sviluppata, considera quali variabili esplicative della situazione finanziaria complessiva dei Comuni, i seguenti 5 indicatori: 1) rapporto tra spesa per interessi ed entrate correnti (x1); 2) rapporto tra saldo primario corrente ed entrate correnti (x2); 3) livello relativo (Italia=100) delle entrate tributarie pro capite (x3); 4) rapporto tra spese per il personale e spese correnti primarie (x4); 5) indice di

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179

autonomia finanziaria calcolato come rapporto tra la somma di entrate tributarie ed extra-tributarie e le entrate correnti (x5).

Tavola 4 ANNO 2009 DISTRIBUZIONE DELLE VARIABILI ESPLICATIVE DEL MODELLO

Amministrazioni comunali

Interessi passivi / Entrate correnti

Saldo corrente primario /

Entrate correnti

Entrate tributarie procapite

(Italia=100)

Spese personale /

Spese correnti primarie

(Entrate tributarie + extratributarie)/Entrate

correnti

1° decile 1,4 2,1 62,3 24,5 43,6

Mediana 3,8 8,9 94,8 32,1 62,2

9° decile 7,0 16,7 139,3 41,8 73,6

Media 4,0 9,2 100,0 32,6 60,4

Massimo 11,8 42,0 549,1 55,3 85,9

Minimo 0,0 -17,4 16,9 10,5 17,8

Le statistiche puntuali relative alla distribuzione, al 2009, dei valori dei cinque ratios considerati nel modello sono riportate nella tavola 4. Per quanto riguarda il loro andamento nel tempo, il database evidenzia i seguenti tratti rilevanti:

interessi passivi/entrate correnti: erano pari, nel 2006, l’anno base, al 4,5% con un valore dell’1,7% per il primo decile e del 7,7% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 4,4 al 4%, dopo aver toccato il 4,7% nel 2008;

saldo primario corrente/entrate correnti: era pari, nel 2006, al 9,9% con un valore dell’1% per il primo decile e del 18,5% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dall’11,1% al 9,2%;

entrate tributarie pro-capite (proxy del contesto economico con Italia=100): pari

in media a 100 per definizione presentava nel 2006 un valore del 55,9% per il primo decile e del 142,5% per l’ultimo decile;

spese del personale/spese correnti primarie: era pari, nel 2006, al 35,2% con un valore del 27% per il primo decile e del 43,8% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 34% al 32,6%.

indice di autonomia finanziaria: il valore medio del 2006 era pari al 75,5% con un valore de 47,8% per il primo decile e del 94% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 72,8% al 60,4%.

Pur consapevoli della complessità delle dinamiche che possono caratterizzare i singoli enti, con il modello si fa un esercizio di sintesi estrema e si individuano 5 grandi aree tematiche come determinanti della performance di finanza pubblica delle Amministrazioni considerate: la situazione debitoria dell’ente (approssimata dalla variabile x1); la capacità dell’ente di generare avanzo primario corrente (approssimata dalla variabile x2); il contesto economico/sociale dove l’ente opera e quindi la sua dotazione ambientale relativa (approssimata dalla variabile x328); i margini di manovra nel governo della spesa corrente primaria e quindi il diverso grado di rigidità della spesa (approssimata dalla variabile x4); l’autonomia finanziaria (approssimata dalla variabile 28Naturalmente l’indicatore più adeguato a cogliere il contesto economico sarebbe quello del reddito. Non essendo disponibili statistiche affidabili sul Pil per comune si è utilizzata una proxy che risulta abbastanza interconnessa con lo sviluppo economico dell’ente considerato: l’indice di correlazione tra le entrate tributarie pro-capite ed il valore aggiunto a livello provinciale è risultata intorno al 60% nel periodo 2003-2007.

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x5). Nell’esercizio si considera quale rappresentativo della situazione d’assieme il valore medio (e mediano) dell’indicatore prodotto; inoltre, si considerano i valori del primo e dell’ultimo decile della distribuzione quali rappresentativi degli enti rispettivamente particolarmente virtuosi e particolarmente problematici.

Grafico 1

8,7 8,5 8,3 8,9 9,3 9,4 7,8

8,7 9,7 10,6 9,8 10,2 11,010,7

10,3 10,2 10,2 10,1 10,310,5

10,4

8,4 8,5 8,0 9,6 8,1 7,67,2

9,2 8,1 7,87,7

11,613,5

13,9

45,2 45,0 44,946,2

49,552,0

50,0

0

10

20

30

40

50

60

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

(Entrate tributarie +extratributarie)/Entratecorrenti

Spese personale /Spese correnti primarie

Entrate tributarieprocapite (Italia=100)

Saldo corrente primario /Entrate correnti

Interessi passivi /Entrate correnti

Valore medio dell'indicatore della situazione finanziaria dei Comuni (situazione massima criticità = 100)

Nota: Per come è stato definito, l’indice segnala un peggioramento della situazione finanziaria quando sale ed un miglioramento quando scende. Esso può pertanto essere pensato come indicatore di stress/sofferenza finanziaria degli Enti.

Il grafico 1 presenta i risultati dell’esercizio ed evidenzia come nel 2009 l’indicatore sintetico costruito (ISF_C) abbia assunto il valore di 50, a cui contribuisce per 13,9 punti il livello di autonomia finanziaria, per 11 punti il saldo corrente primario, per 10,5 punti il contesto socio-economico, per 9,4 punti la situazione debitoria e per 7,6 punti l’incidenza della spesa del personale sulla spesa primaria corrente. Il grafico dà conto dell’evoluzione dell’ISF_C durante l’intero periodo esaminato sia in aggregato che a livello delle singole cinque determinanti che lo costituiscono. Nei sette anni considerati l’indice passa da 45,2 a 50 e mostra come, dopo una iniziale fase di sostanziale stabilità, si sia registrato un tendenziale peggioramento della situazione finanziaria dei Comuni con un picco nel 2008 ed un leggero miglioramento nel 2009. Come viene evidenziato dettagliatamente nella tavola 5, il miglioramento del 2009 si misura in 2 punti percentuali. Grafico 1 e tavola 5 mostrano anche che l’ISF_C migliora non per una generalizzata tendenza positiva, ma perché fattori positivi prevalgono su fattori negativi; fondamentalmente, il tono leggermente migliore della situazione finanziaria complessiva dei comuni risulta dalla “somma algebrica” di tendenze contrastanti. In particolare, l’indice tenderebbe al peggio se si considerasse la sola autonomia finanziaria la quale registra un regresso; incidono invece positivamente le altre quattro determinanti: straordinariamente favorevole - con una variazione mai verificata prima nel periodo esaminato - è l’evoluzione degli interessi passivi (in rapporto alle entrate) e quindi della situazione debitoria; evolve verso il meglio anche la capacità di generare avanzo primario corrente; migliora marginalmente la situazione di

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181

contesto; si registra un allentamento della rigidità della spesa corrente primaria. I 2 punti di miglioramento sono algebricamente ascrivibili per 1,6 punti all’allentamento della pressione degli oneri finanziari, per 3 decimi di punto al saldo corrente primario in rapporto alle entrate correnti, per 1 e 4 decimi di punto a contesto socio-economico e rigidità della spesa, rispettivamente; l’evoluzione dell’’indicatore dell’autonomia finanziaria gioca, come già si notava, un ruolo negativo (per 4 decimi di punto).

Tavola 5 ISF dei COMUNI: variazione 2008-2009 e sue determinanti

2008 2009 Diff. 2009-08 Autonomia finanziaria (x5) 13,5 13,9 +0,4 Spese personale/Spese correnti primarie (x4) 7,6 7,2 -0,4 Entrate tributarie procapite; (Italia=100) (x3) 10,5 10,4 -0,1 Saldo corrente primario/Entrate correnti (x2) 11,0 10,7 -0,3 Interessi passivi/Entrate correnti (x1) 9,4 7,8 -1,6 Totale ISF 52,0 50,0 -2,0

Grafico 2

0

10

20

30

40

50

60

70

80

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

enti locali insituazionepiù critica

Media

Mediana

enti locali inmiglioresalute

INDICATORE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DEI COMUNI (situazione di massima criticità = 100)

Il grafico 2 evidenzia come nel periodo esaminato si sia leggermente riallargata la distanza tra l’ISF_C dei comuni più virtuosi e quello dei comuni meno efficienti: i primi che nel 2008 presentavano un indice pari a 34,1 hanno messo a segno un ulteriore lieve miglioramento portandosi a 32,5; i secondi, che nel 2008 registravano un indice pari a 70,5 (quindi oltre il doppio del valore del primo gruppo) hanno denunciato un marginale ulteriore deterioramento della propria salute finanziaria passando a 71,5. 2.2. L’indice disaggregato per aree territoriali e per dimensione degli enti

Il grafico 3 mostra l’andamento dell’ISF_C disaggregato per area geografica. Vi si evidenzia, in media, una situazione più favorevole (indice più vicino a zero) nel caso dei comuni del Nord-Ovest e meno favorevole nel caso dei comuni delle Isole; per quelli delle altre macroaree si ha un forte addensamento intorno al valore medio.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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Grafico 3

0

10

20

30

40

50

60

70

80

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Isole

Italia

INDICATORE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DEI COMUNI Classificazione per macroarea geografica

(situazione di massima criticità = 100)

Molti sono gli elementi che si possono osservare, in un quadro in cui tuttavia la cosa più rilevante è che la differenza tra la situazione dei comuni delle Isole e quelle del Nord-Ovest (rispettivamente gli enti peggio e meglio posizionati) è fatta - oltre che dal contesto economico - dall’autonomia finanziaria, dalla minor rigidità della spesa e dalla capacità di generare avanzo primario corrente.

In altre parole, i comuni collocati nel Nord-Ovest sembrano presentare un migliore stato di salute finanziaria perché operano in un contesto capace di generare maggiore ricchezza economica, perchè hanno una maggior capacità di generare avanzo primario corrente, per la minore rigidità della spesa e soprattutto perchè hanno una maggiore autonomia finanziaria (il che dipende non soltanto dalle condizioni di contesto, colte dalla variabile precedente, ma anche, probabilmente, dalla maggiore capacità di sfruttare il contesto stesso). Per quel che concerne la situazione debitoria, i comuni delle Isole sembrano invece essere in una situazione migliore di quelli del Nord-Ovest e più in generale di tutte le altre macro-circoscrizioni. Ad ulteriore riprova della varietà delle situazioni a cui si faceva riferimento nella parte introduttiva di questo Riquadro, giova considerare che i Comuni più virtuosi (quelli appartenenti al primo decile della distribuzione) della macro area geografica più problematica (le Isole) presentano comunque indici migliori di quelli medi italiani: nel 2009 rispettivamente 41,5 contro 50. Il grafico 4 espone infine l’ISF_C disaggregato in base alle cinque fasce dimensionali considerate e lo raffronta con quello medio complessivo. Risulta evidente come, in ragione del fatto che il campione utilizzato già discrimina all’origine in base alla

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popolazione (considerando soltanto gli enti con più di 20 mila abitanti), la ulteriore disaggregazione dimensionale non sembrerebbe indurre forti differenziazioni: a fronte del valore medio dell’ISF pari, nel 2009, a 50, si riscontra un valore minimo di 48,5 ed un valore massimo di 51,6, quindi con una dispersione intorno alla media molto contenuta. Il fenomeno è chiaramente visibile in chiave grafica allorquando si contrasta la dispersione su base territoriale riportata nel grafico 3 con quella su base dimensionale del grafico 4, elaborato con la stessa scala per l’asse delle ordinate proprio per esaltarne le differenze. Comunque, nel 2009, i comuni di dimensione Piccola risultano quelli con un indice migliore rispetto alla media nazionale, mentre i comuni a maggiore sofferenza finanziaria risultano quelli definiti Medio-Grandi e Grandi.

Grafico 4

0

10

20

30

40

50

60

70

80

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Grande

Medio-grande

Media

Medio-piccola

Piccola

Italia

INDICATORE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DEI COMUNI Classificazione per dimensione

(situazione di massima criticità = 100)

3. L’esercizio sulle Amministrazioni provinciali

Il dataset sulle Amministrazioni provinciali è costituito, al 2009, da 100 enti sui 104 totali. La distribuzione per macro aree evidenzia 22 (su 23) enti per il Nord-Ovest, 20 per il Nord-Est (su 20), 20 (su 21) per il Centro, 22( su 23) per il Sud e 16 (su 17) per le Isole; la distribuzione per dimensioni include invece 7 Amministrazioni provinciali di grandi dimensioni, 14 medio-grandi, 23 medie, 42 medio-piccole e 14 piccole. Il grafico 5 presenta i risultati del nostro esercizio per le Amministrazioni Provinciali nel periodo 2003-09. Vi si mostra come nell’ultimo anno per il quale si dispone dei dati, le Province, a differenza dei Comuni, sono andate incontro ad un peggioramento della loro situazione finanziaria, con l’ISF che è passato da 49,9 a 50,8. Come mostra la tavola 6, anche nel 2009 l’ISF tende a variare come risultato dell’interazione di fattori positivi e negativi; in particolare peggiora a causa soprattutto

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del saldo corrente primario e marginalmente per un riduzione di autonomia finanziaria ed un aumento di rigidità della spesa; migliora invece lievemente a riflesso dell’andamento del contesto esterno e significativamente, anche se non nella misura riscontrata nel caso dei comuni, per la riduzione dell’incidenza degli interessi passivi sulle entrate correnti. Nel periodo si registra una certa convergenza tra enti virtuosi ed enti sofferenti con i primi che peggiorano la loro situazione ed i secondi che invece evidenziano un leggero miglioramento.

Grafico 5

6,9 7,5 7,9 8,4 9,0 9,3 8,0

9,9 10,312,9 11,8 11,7 11,9 13,8

9,69,8

10,1 10,4 10,5 10,5 10,3

6,37,4

6,8 8,0 7,2 7,0 7,2

12,310,7

11,4 10,2 11,3 11,2 11,545,0 45,7

49,1 48,9 49,6 49,9 50,8

0

10

20

30

40

50

60

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

(Entrate tributarie +extratributarie)/Entratecorrenti

Spese personale /Spese correnti primarie

Imposta di trascrizioneprocapite (Italia=100)

Saldo corrente primario /Entrate correnti

Interessi passivi /Entrate correnti

Valore medio dell'indicatore della situazione finanziaria delle Province(situazione massima criticità = 100)

Nota: Per come è stato definito, l’indice segnala un peggioramento della situazione finanziaria quando sale ed un miglioramento quando scende. Esso può pertanto essere pensato come indicatore di stress/sofferenza finanziaria degli Enti.

Tavola 6

ISF DELLE PROVINCE: VARIAZIONE 2008-2009 E SUE DETERMINANTI 2008 2009 Diff. 2009-08

Autonomia finanziaria (x5) 11,2 11,5 +0,3 Spese personale/Spese correnti primarie (x4) 7,0 7,2 +0,2 Entrate tributarie procapite; (Italia=100) (x3) 10,5 10,3 -0,2 Saldo corrente primario/Entrate correnti (x2) 11,9 13,8 +1,9 Interessi passivi/Entrate correnti (x1) 9,3 8,0 -1,3 Totale ISF 49,9 50,8 -0,9

Le statistiche puntuali relative alla distribuzione, al 2009, dei valori dei cinque ratios considerati sono riportate nella tavola 7.

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Tavola 7

ANNO 2009 DISTRIBUZIONE DELLE VARIABILI ESPLICATIVE DEL MODELLO

Amministrazioni provinciali

Interessi passivi / Entrate correnti

Saldo corrente primario / Entrate

correnti

Imposta di trascrizione procapite

(Italia=100)

Spese personale / Spese correnti

primarie

(Entrate tributarie + extratributarie)/Entrate

correnti

1° decile 1,4 4,8 83,8 20,1 31,7

Mediana 3,9 12,4 98,4 28,1 51,7

9° decile 8,3 21,3 115,7 45,6 68,7

Media 4,4 12,8 100,0 29,8 52,0

Massimo 11,5 38,0 142,8 54,2 77,6

Minimo 0,0 1,2 72,9 15,3 16,9

Per quanto riguarda il loro andamento nel tempo, il database evidenzia i seguenti tratti rilevanti:

interessi passivi/entrate correnti: erano pari, nel 2006, l’anno base, al 4,6% con un valore dell’1,6% per il primo decile e dell’8,5% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 4 al 4,4% con un punto di massimo al 4,8% nel 2008;

saldo primario corrente/entrate correnti: era pari, nel 2006, al 14,9% con un

valore del 7,7% per il primo decile e del 25,4% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 16,6% al 12,8%;

entrate tributarie pro-capite (proxy del contesto economico con Italia=100: pari

in media a 100 per definizione in ciascun anno, presentavano nel 2006 un valore del 80,5% per il primo decile e del 119,6% per l’ultimo decile;

spese del personale/spese correnti primarie: erano pari, nel 2006, al 30,5% con

un valore del 21,5% per il primo decile e del 44,4% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 28,4% al 29,8%;

indice di autonomia finanziaria: il valore medio del 2006 era pari al 55,2% con il

38,8% per il primo decile e del 73% per l’ultimo decile; tra il 2003 ed il 2009 il valore medio è passato dal 50,8% al 52%.

3.1 L’indice delle Province disaggregato per area geografica e dimensioni Come nel caso dei Comuni, anche per le Province l’indice è disaggregato tenendo conto sia delle macro aree geografiche che della dimensione; per quest’ultima le Amministrazioni sono state ripartite sulla base del seguente schema: sono state considerate Piccole quelle con popolazione fino a 200 mila abitanti; Medio-Piccole quelle con popolazione tra 200 mila e 400 mila abitanti; Medie quelle tra 400 mila ed 800 mila abitanti; Medio-Grandi quelle tra 800 mila e 1 milione e 500 mila abitanti e Grandi quelle con popolazione superiore a 1 milione e 500 mila abitanti. Per quanto riguarda l’area geografica il grafico 7 mostra il posizionamento migliore per le province del Nord-Est, del Nord-Ovest e del Centro e peggiore per quelle del Sud e delle Isole. La differenza tra la situazione delle Amministrazioni provinciali delle Isole e del Nord-

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Est è determinata oltre che dal contesto economico, dalla rigidità della spesa, dall’autonomia finanziaria e, in misura più limitata, dalla capacità di generare avanzo primario corrente. In altre parole, le Province collocate nel Nord-Est presentano un migliore stato di salute perché operano in un contesto capace di generare maggiore ricchezza economica, perché l’incidenza della spesa per il personale su quella primaria corrente è relativamente più bassa, perchè hanno una maggior capacità di generare avanzo primario corrente e perchè, infine, hanno una maggiore autonomia finanziaria (il che dipende non soltanto dalle condizioni di contesto, colte dalla variabile precedente, ma anche dalla maggiore capacità di sfruttare il contesto stesso).

Grafico 6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

enti localiinefficienti

Media

Mediana

enti locali insalue

INDICATORE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLE PROVINCE (situazione di massima criticità = 100)

Grafico 7

0

10

20

30

40

50

60

70

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Isole

Italia

INDICATORE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLE PROVINCE Classificazione per macroarea geografica

(situazione di massima criticità = 100)

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A differenza dei Comuni, per i quali la nostra ulteriore disaggregazione per dimensione di un campione che già esclude in partenza la grande maggioranza dei comuni piccoli non ha evidenziato capacità di selezione, per le province la differenziazione dimensionale risulta valida: il grafico 8 mostra in particolare come siano in una situazione finanziaria più favorevole le province di dimensioni Medio-Grandi e Grandi; in condizioni simili a quelle prevalenti per il complesso degli enti, le province Medie e Medio-Piccole e in situazione relativamente più sfavorevole le province di Piccole dimensioni.

Grafico 8

0

10

20

30

40

50

60

70

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Grande

Medio-grande

Media

Medio-piccola

Piccola

Italia

INDICATORE SINTETICO DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLE PROVINCEClassificazione per dimensione

(situazione di massima criticità = 100)

Confrontando la classe di Province di dimensione Medio-Grande con quella di dimensione Piccola, rispettivamente meglio e peggio posizionate, si osserva che le Province Medio-Grandi operano in un contesto economico migliore, hanno una minore rigidità della spesa, una maggiore autonomia finanziaria e una maggiore capacità di generare surplus corrente primario. Le Province di minori dimensioni, invece, mostrano una migliore situazione debitoria rispetto a quello Medio-Grandi.

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Nota metodologica L’indice sintetico della situazione finanziaria di Comuni (ISF_C) e Province (ISF_P) è stato costruito sulla base della seguente formula: ISF i,t = ISFx1i,t + ISFx2 i,t + ISFx3 i,t + ISFx4 i,t + ISFx5 i,t ; per i = 1…..n; t = 2003-2009 [ con n=104 per le Province e 473 per i Comuni29] dove il valore di ISFx1-ISFx5 riflette 3 diversi parametri:

a) il peso, predeterminato ad hoc, attribuito a ciascuna delle variabili x1-x5; b) il valore assunto da x1-x5; c) la distribuzione dei valori assunti da x1-x5 da tutti gli enti considerati nell’anno

base

In particolare: per x1<= limite inferiore del primo decile, ISFx1 = 2030 (pari al massimo peso pre-attribuito a x1); per x1>= limite superiore del nono decile, ISFx1 = 0 (pari al valore minimo assumibile da ognuno degli indici ISFx1-ISFx5); per x1 dentro i limiti ISFx1 = [20/(limite nono decile – limite primo decile) * (x1-limite primo decile)]. Sia il limite inferiore che quello superiore sono stati determinati osservando la distribuzione dei valori assunti dall’indice, nei Comuni facenti parte del campione, in uno specifico anno (anno base) e sono state quindi mantenuti costanti nel tempo. Nelle elaborazioni fin qui effettuate si è scelto di considerare come anno base il 2006 in quanto in tale anno le finanze dei Comuni sono risultate in miglior salute rispetto agli altri anni considerati (il peso del deficit dei Comuni, rispetto al deficit della PA è stato infatti appena pari all’1,7%)31. Con procedura analoga si definiscono i valori dei restanti indici ISFx2-ISFx5. L’ISF oscilla dunque tra 0 e 100: è pari a 0 nel caso di situazione finanziaria massimamente virtuosa; è viceversa pari a 100 nel caso di situazione finanziaria massimamente critica. Nello scenario di base32, i cui risultati vengono commentati nel testo, alle 5 variabili esplicative si attribuisce peso uniforme (20 punti). Il grado di bontà del modello viene testato attraverso un’analisi di correlazione tra le variabili esplicative e tra i risultati degli indici sintetici nel tempo: la prima evidenzia la relativa bassa correlazione tra le variabili esplicative e la seconda una soddisfacente elevata correlazione positiva a testimonianza di una buona stabilità dei risultati. E’ da notare che l’algoritmo è scelto in maniera tale da “tagliare le ali”, nel senso che oltre i valori di confine delle distribuzioni, il punteggio attribuito è lo stesso; ciò significa che quando si considera per esempio, per le Province, la variabile interessi passivi/entrate correnti i cui limiti inferiori e superiori sono

29 La effettiva numerosità degli enti varia con gli anni; un esercizio condotto su un campione bilanciato, cioè costituito sempre dagli stessi enti, ha confermato, nella sostanza, i risultati ottenuti utilizzando il campione non bilanciato di cui, per quanto riguarda i Comuni, alle tavole 1-3 del testo. 30 Naturalmente il valore 20 è solo un esempio. 31 Cfr. IFEL Fondazione ANCI, Luglio 2009, Il quadro finanziario dei Comuni, pag. 61. 32 Esercizi con pesi differenziati sono stati condotti al fine di testare la sensitività dello strumento.

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II. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

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189

rispettivamente quelli del 1° e 9° decile (pari rispettivamente a 1,6% e 8,5% nel 2006) enti che hanno per esempio questo rapporto allo 0,2 o allo 0,9% si vedono attribuire entrambi 0 punti (punteggio massimo). Tecnicamente questo processo è detto di “windsorization”.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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191

IL PATTO PER LA SALUTE

I RISULTATI ECONOMICI COMPLESSIVI: IL CONTO

CONSOLIDATO DELLA SANITÀ I RISULTATI REGIONALI LA SPESA FARMACEUTICA IL MONITORAGGIO 2010 IL MONITORAGGIO 2010: LE REGIONI NON IMPEGNATE NEI PIANI DI RIENTRO IL MONITORAGGIO 2010: LE REGIONI CON PIANI DI RIENTRO I COSTI E I FABBISOGNI STANDARD NEL SETTORE SANITARIO:

QUALI IMPLICAZIONI PER IL COORDINAMENTO APPENDICE

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

193

I RISULTATI ECONOMICI COMPLESSIVI: IL CONTO CONSOLIDATO DELLA SANITÀ

1. Anche nel 2010 i risultati del conto consolidato della sanità1 indicano, come già

osservato nello scorso triennio, un consuntivo in valore assoluto migliore delle attese. Le uscite complessive hanno raggiunto i 113,5 miliardi (110,4 e 108,5 miliardi, rispettivamente, nel 2009 e nel 2008), inferiori di oltre 1.500 milioni ai 114,9 miliardi previsti da ultimo con la Decisione di finanza pubblica del settembre scorso.

Tavola 1

LA SPESA SANITARIA NEI DOCUMENTI DI FINANZA PUBBLICA

(milioni di euro) 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Def aprile 2011

Spesa sanitaria (in milioni) 101.376 101.743 108.486 110.435 113.457 114.836 117.391

variazione su anno precedente 5,54 0,36 6,63 1,80 2,74 1,22 2,22

incidenza sulla spesa primaria PA 15,32 15,17 15,65 15,19 15,68 15,82 16,10

in percentuale del Pil 6,82 6,58 6,92 7,27 7,33 7,21 7,15

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Dfp ottobre 2010

Spesa sanitaria (in milioni) 101.376 101.743 108.486 110.588 114.962 116.116 119.048

variazione su anno precedente 5,54 0,36 6,63 1,94 3,96 1,00 2,53

incidenza sulla spesa primaria PA 15,32 15,17 15,64 15,20 15,63 15,83 16,07

in percentuale del Pil 6,82 6,58 6,92 7,27 7,39 7,24 7,15

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Ruef maggio 2010

Spesa sanitaria (in milioni) 101.376 101.743 108.486 110.588 114.707 117.134 120.786

variazione su anno precedente 5,54 0,36 6,63 1,94 3,72 2,12 3,12

incidenza sulla spesa primaria PA 15,32 15,17 15,64 15,20 15,62 15,79 15,97

in percentuale del Pil 6,82 6,58 6,92 7,27 7,38 7,29 7,24

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

RPP ottobre 2009

Spesa sanitaria (in milioni) 101.417 101.952 108.747 112.996 114.919 118.564 122.969

variazione su anno precedente 5,58 0,55 6,66 3,91 1,70 3,17 3,72

incidenza sulla spesa primaria PA 15,34 15,22 15,67 15,51 15,76 16,08 16,29

in percentuale del Pil 6,83 6,61 6,92 7,38 7,34 7,30 7,30

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Dpef luglio 2009

Spesa sanitaria (in milioni) 101.417 101.952 108.747 112.929 114.719 118.364 122.769

variazione su anno precedente 5,58 0,55 6,66 3,85 1,59 3,18 3,72

incidenza sulla spesa primaria PA 15,34 15,22 15,67 15,50 15,78 16,11 16,32

in percentuale del Pil 6,83 6,61 6,92 7,42 7,40 7,37 7,36

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

RPP ottobre 2008

Spesa sanitaria (in milioni) 101.506 102.290 110.478 113.284 115.436 119.085 123.185

variazione su anno precedente 5,58 0,77 8,00 2,54 1,90 3,16 3,44

incidenza sulla spesa primaria PA 15,34 15,12 15,71 15,77 15,83 16,17 16,30

in percentuale del Pil 6,83 6,66 6,93 6,91 6,84 6,84 6,84

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Mef e Istat

1 I dati relativi al conto consolidato della sanità, che si basa sui conti economici delle Aziende sanitarie, sono aggiornati al IV trimestre 2010.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

194

Il peso della spesa sanitaria in termini di Pil si conferma sui livelli del 2009: 7,3 per cento (era al 6,9 per cento nel 2008). In crescita invece la sua incidenza sul complesso della spesa primaria: 15,7 per cento contro il 15,2 per cento del 2009.

La spesa sanitaria complessiva è cresciuta nell’anno del 2,7 per cento, in seppur lieve accelerazione rispetto al 2009 (+1,8 per cento contro il +6,6 per cento nel 2008).

Tavola 2

IL CONTO ECONOMICO CONSOLIDATO DELLA SANITÀ. le variazioni 07/06 08/07 09/08 10/09 11/10

corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market: 0,8 2,0 3,7 1,1 1,3 - Farmaci -6,4 -2,7 -1,9 -0,6 1,2 - Assistenza medico-generica 2,5 0,0 14,8 1,7 -4,1 - Assistenza medico-specialistica, osped.in case di cura protesica e altro 4,7 5,1 3,5 1,7 2,9

corrispondenti a servizi prodotti da produttori non market: -0,8 10,4 0,8 3,8 1,2 - Redditi da lavoro dipendente -5,9 10,7 -2,4 4,0 -0,7 -Consumi intermedi 8,8 8,9 5,4 3,7 3,9 -Altro -8,4 21,5 3,5 1,3 0,5

Contribuzioni diverse, servizi amministrativi e altre uscite 7,2 3,1 1,5 2,3 0,6Spesa sanitaria complessiva 0,4 6,6 1,9 2,7 1,2

NB gli importi 2010 e 2011 si basano sulle informazioni contenute nel DEF Fonte: elaborazioni Corte conti su dati MEF e ISTAT

La spesa per prestazioni relative a produttori non market (assistenza ospedaliera e

altri servizi sanitari offerti direttamente dagli operatori pubblici) è cresciuta nell’anno del 3,8 per cento (+0,8 per cento nel 2009). Su tale risultato ha pesato l’incidenza sull’esercizio degli oneri per i rinnovi contrattuali relativi al biennio 2008-2009 (comprensivi degli arretrati per 500 milioni) e l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale per il 2010, che hanno portato ad un aumento del 4 per cento dei redditi per lavoro dipendente. Considerando che sul 2009 aveva pesato il rinnovo contrattuale del personale non dirigente relativo al biennio 2008-2009 (comprensivo di arretrati per 115 milioni), al netto degli arretrati in entrambi gli anni, nel 2010 i redditi di lavoro dipendente crescono del 2,9 per cento.

I consumi intermedi aumentano del 3,7 per cento, un andamento su cui pesa la scelta di molte regioni di ricorrere alla distribuzione diretta dei farmaci ai fini di un controllo complessivo della spesa e la dinamica della spesa farmaceutica ospedaliera, i cui andamenti continuano a discostarsi, come si vedrà in seguito, dai limiti posti con il tetto del 2,4 per cento (del finanziamento complessivo). Un andamento che più che compensa le misure adottate con il DL 78/20102, che hanno ridotto per 300 milioni nel 2010 (600 milioni annui a regime) tale tipologia di spesa.

2 .In particolare, l’art. 11 del DL 78/2010 dispone lo spostamento di una quota della spesa farmaceutica da ospedaliera (600 milioni in termini annui di risparmio per le regioni) a territoriale (600 milioni di maggiori costi). Tali maggiori costi sono recuperati con la riduzione dei margini dei grossisti e dei farmacisti, da cui sono attesi 400 milioni su base annua, nonché con l’attivazione del meccanismo del pay back ovvero delle altre misure di cui all’articolo 11, per complessivi 200 milioni annui. La norma dispone, infatti: - misure dirette a favorire una maggiore appropriatezza delle prescrizioni, da cui si attendono risparmi per 600 milioni annui, che restano nella disponibilità dei SSR. - il potenziamento degli strumenti di gestione dei SSR per quanto concerne l’acquisizione, l’immagazzinamento e la distribuzione dei medicinali, i cui effetti in termini di risparmio non sono prudenzialmente quantificati; - la ridefinizione dal 2011 del prezzo di rimborso dei medicinali equivalenti di fascia A, che dovrebbe comportare risparmi quantificati anch’essi in 600 milioni su base annua. In via transitoria, fino al 31 dicembre 2010, si prevede

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

195

Per quanto riguarda la spesa dei produttori market, sul risultato (+1,1 per cento

rispetto all’esercizio precedente) incide, oltre alla riduzione della farmaceutica (-0,6 per cento), la dinamica contenuta dell’assistenza medico-generica (+1,7 per cento). Anche tale andamento deve tuttavia essere letto considerando l’incidenza dei rinnovi contrattuali: sul risultato incide infatti la contabilizzazione nel 2010 degli oneri per arretrati (400 milioni) per il rinnovo delle convenzioni con i medici di base relative al biennio 2008-2009 e nel 2009 degli arretrati relativi agli anni 2006, 2007 e 2008. Al netto di tale componente di spesa in entrambi gli anni, la crescita risulta nel 2010 del 4,9 per cento.

Le altre prestazioni (che comprendono la specialistica, l’ospedaliera convenzionata, la riabilitativa ed altra assistenza) crescono dell’1,7 per cento, ma come risultato di andamenti molto diversi tra le componenti. Alla forte crescita della specialistica (+6,3 per cento) si contrappone il calo della ospedaliera (-1,4 per cento) e il solo lieve aumento della riabilitativa (+1 per cento) e della integrativa (+0,5 per cento). A tale dinamica contenuta ha contribuito, come si vedrà in seguito, l’attività svolta sul fronte di una migliore regolazione, specie nelle regioni in disavanzo, dell’accreditamento degli operatori privati con l’assegnazione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, misure determinanti per il contenimento della spesa sanitaria nei piani di rientro di tali regioni.

I RISULTATI REGIONALI 2. I dati del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) relativi al IV trimestre

2010 consentono una prima valutazione dell’andamento dei costi, dei ricavi e dei risultati di esercizio per regione. Rispetto al 2009, i costi sono aumentati in media dello 0,5 per cento. Un andamento più contenuto di quello rilevato in termini di contabilità nazionale. Su tale differenza incidono i diversi criteri di contabilizzazione adottati nei due sistemi, giacché i risultati del NSIS rappresentano la base comune di entrambe le elaborazioni3.

I costi di produzione nel 2010 sono stati pari a 112,3 miliardi (111,7 miliardi nel 2009 secondo i dati rivisti) a fronte di ricavi per circa 110 miliardi. Si determina, quindi, una consistente riduzione del disavanzo, che passa dai 3.252 milioni del 2009 ai 2.326 milioni del 2010.

I disavanzi sanitari continuano a rappresentare un fenomeno prevalentemente localizzato nelle regioni del sud del Paese (è da riferire ad esse il 50 per cento delle perdite, il 54 per cento nel 2009), ma nel complesso i loro risultati conoscono nell’anno un significativo miglioramento. In valore assoluto, le perdite scendono da 1.819 milioni del 2009 (nel 2008 erano pari a 1.854 milioni) a 1.230 milioni nel 2010.

una riduzione del 12,5 per cento del prezzo di tali medicinali. Il complesso di tali risorse (di cui quelle relative al 2010 non sono state quantificate dal Governo) resta nella disponibilità dei SSR; - il potenziamento dell’attività di controllo dell’AIFA, con particolare riguardo alla qualità dei principi attivi. 3 Come è noto, ad esempio, i contratti del comparto e della dirigenza della sanità vengono imputati, ai fini della contabilità nazionale, solo all’atto della registrazione mentre nei conti economici aziendali si considera lo specifico accantonamento tra i costi di produzione di competenza dell’anno di riferimento.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

196

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Page 204: Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica dei conti.pdf · della finanza pubblica Maggio 2011 . Il Rapporto è stato approvato dall’adunanza delle Sezioni riunite in

II. IL PATTO DELLA SALUTE

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197

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

199

Tavola 6 I COSTI DEL SERVIZIO SANITARIO PER FUNZIONI DI SPESA - VARIAZIONI 2009 - 2010

Assistenza erogata da enti a gestione diretta

Assistenza erogata da enti convenzionati o accreditati

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VENETO 4,0 1,7 1,8 2,8 0,1 6,6 1,3 -0,2 2,9 -0,1 1,9 1,8

FRIULI 1,8 1,7 1,6 1,0 3,0 4,2 2,7 4,9 10,0 -2,7 2,7 1,8

LIGURIA -1,9 0,9 0,0 4,7 -5,5 -2,1 -0,6 -8,1 6,3 3,9 0,4 0,1

E. ROMAGNA 1,1 2,5 0,8 6,5 0,3 7,8 -12,0 1,3 2,0 1,3 2,5 1,3

TOSCANA -0,2 1,8 -3,0 1,2 -0,3 -3,3 -6,0 0,6 4,1 -0,7 0,4 -2,1

UMBRIA -2,5 1,6 -1,3 1,6 0,8 5,2 -3,3 0,9 2,6 0,3 1,3 -0,7

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LAZIO -4,6 0,2 -4,1 0,4 1,5 4,6 -7,6 -2,0 9,7 3,5 2,4 -1,5

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MOLISE -6,8 0,0 -3,7 2,4 -9,5 6,0 -8,4 25,8 -1,1 7,5 0,8 -2,0

CAMPANIA -3,9 -1,2 -3,7 1,6 -2,6 7,8 -3,4 -4,4 6,1 5,5 1,8 -1,7

PUGLIA 1,6 1,7 1,5 5,1 -0,7 3,6 5,9 3,3 -0,9 -3,7 0,4 1,1

BASILICATA -0,4 2,2 2,9 -3,2 -6,0 16,7 2,8 5,9 -0,4 3,9 -0,7 1,7

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SICILIA -1,1 0,4 -1,3 6,5 1,6 2,4 4,2 3,5 10,9 5,8 4,4 0,9

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Fonte : elaborazione Corte conti su dati del Ministero della salute

Sono soprattutto le regioni in piano di rientro a migliorare il proprio risultato: esse

passano da un disavanzo di poco meno di 3 miliardi nel 2009 (3,2 nel 2008) ad uno di 2 miliardi. Almeno da questo angolo visuale, l’operare del sistema di responsabilizzazione, anche basato sul sistema sanzionatorio4, sembra aver contribuito a rallentare la dinamica dei costi sanitari riducendo il formarsi di disavanzi.

Si tratta, tuttavia di un risultato non generalizzato: Molise e Sardegna segnalano solo marginali miglioramenti; in contro tendenza l’andamento della regione Puglia, registra una perdita di 335 milioni (302 nel 2009) e ha sottoscritto a fine anno un piano di rientro.

4 Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 174 della legge n. 311/2004 per le regioni che non hanno sottoscritto il piano di rientro e dall’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2006 per quelle che invece lo hanno sottoscritto. Cfr anche Legge 191/2009 (Legge finanziaria 2010), articolo 2, comma 75 e ss.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

200

Seppur ancora su livelli molto contenuti, va segnalata la crescita delle perdite riferibili ad alcune regioni del nord, che passano dai 146 milioni del 2009 (di cui 106 riferibili alla regione Liguria) ai circa 180 milioni del 2010 (di cui 89 della regione Liguria).

L’esame di costi e ricavi per regione arricchisce di ulteriori elementi il risultato evidenziato. Nel complesso, come si è visto, i risultati dei CE indicano una dinamica complessiva dei costi molto contenuta (+0,5 per cento) a cui ha corrisposto una crescita dei ricavi dell’1,4 per cento. Anche in questo caso, si tratta di un andamento diversificato per regione. Tre regioni, tutte del Nord, presentano tassi di crescita dei costi superiori al 2 per cento. Tra le regioni in piano di rientro, cinque ottengono una riduzione dei costi rispetto all’esercizio precedente di oltre l’1,5 per cento. Solo Sicilia e Sardegna presentano una dinamica ancora crescente. Ad esse si aggiungono Piemonte e Puglia, che hanno sottoscritto un piano solo nel 2010. Delle regioni che hanno presentato una flessione dei costi, sono quattro quelle che conoscono una crescita delle entrate che rafforza il miglioramento del risultato complessivo. Solo il Molise alla flessione di oltre il 2 per cento dei costi complessivi accompagna una riduzione dei ricavi dello 0,7 per cento. E’ il Lazio che, pur confermandosi la regione che registra il risultato peggiore (-1.044 milioni) conosce miglioramenti superiori alla media, sia dal lato dei costi che dei ricavi.

Piemonte e Puglia registrano variazioni dei costi superiori ai ricavi peggiorando il loro risultato complessivo che, nel caso del Piemonte, rimane tuttavia sempre positivo.

Tra le altre regioni, solo Umbria e Toscana presentano una flessione dei costi, rispettivamente pari allo 0,6 e al 2,2 per cento. In entrambi i casi, tuttavia, ad essa coincide nell’esercizio un quasi equivalente riduzione dei ricavi.

L’esame degli andamenti dei costi, distinti nelle principali componenti e tratti dai

CE (per i quali si confermano le differenze riscontrate rispetto alla contabilità nazionale5), consente di precisare l’andamento già in precedenza rilevato. Sono le regioni in piano di rientro a presentare flessioni di rilievo, che nelle attività a gestione diretta sono in media del 2,5 per cento. Un andamento da ricondurre prevalentemente alla flessione anche consistente negli acquisti di beni e servizi. Tra i cali maggiori quelli del Lazio (-4,6 per cento), del Molise (-6,8 per cento) e della Campania (-3,9 per cento). Pressoché stabili gli oneri per il personale (nel complesso delle regioni in piano la spesa è in crescita dello 0,2 per cento). Significativa la flessione registrata in Campania (-1,2 per cento).

Nell’assistenza erogata da enti in convenzione o accreditati un contributo positivo al contenimento della spesa continua ad essere assicurato dalla farmaceutica (-0,6 per cento ), con importi più significativi nelle regioni in piano di rientro (Liguria -5,5 per cento, Molise -9,5 per cento, Calabria -5 per cento). Ma, soprattutto, segna una

5 Nell’assistenza erogata da enti a gestione diretta i costi del personale crescono dell’1,2 per cento a fronte di un dato di contabilità nazionale del 4 per cento, i beni e servizi del 0,1 per cento contro 3,7 per cento. Per quanto riguarda l’assistenza erogata da enti convenzionati, fatta eccezione per la farmaceutica e la specialistica che confermano (almeno in aggregato) il risultato evidenziato in termini di contabilità nazionale, per le altre componenti gli andamenti si presentano più sostenuti. Nel complesso la crescita è del 2,1 per cento contro 1,1 di contabilità generale. E’, in particolare, la ospedaliera in convenzione a presentare il risultato più divergente, con un incremento dei costi del 1,9 per cento contro la flessione dell’1,4 per cento di contabilità nazionale. Tali differenze sono da ricondurre alle operazioni di riclassificazione condotte in sede di predisposizione dei risultati di contabilità nazionale. Si tratta, in particolare della riclassificazione di alcuni istituti ospedalieri indicati come pubblici nella contabilità regionale ed, invece, considerati privati in quella nazionale; di riclassificazioni di voci di costo che vengono attribuite al comparto ospedaliero (come ad esempio quote degli accantonamento per rischi).

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

201

significativa riduzione in molte regioni in piano la spesa per l’assistenza riabilitativa e per quella ospedaliera. In Abruzzo e in Calabria la riduzione dei costi complessivi in concessione, pari rispettivamente a -3,9 e a -4,1 per cento, è alla base della flessione dei costi sostenuti nel complesso delle gestioni. Particolarmente significativi nel Lazio, in Abruzzo e nel Molise i tagli all’assistenza riabilitativa, superiori al 7 per cento. In Abruzzo e in Calabria i costi dell’ospedaliera si sono rispettivamente ridotti del 18 e del 13,5 per cento.

Nelle regioni non in piano di rientro gli andamenti risultano diversi. In media, la

crescita dei costi si mantiene su livelli contenuti (+1,7 per cento, contro la flessione in media dello 0,9 per cento delle regioni in piano di rientro). Nelle regioni del Nord, tuttavia, sia negli acquisti di beni e servizi che nell’assistenza erogata da enti convenzionati o accreditati, le variazioni si rivelano più consistenti superando, in alcuni casi, il 3,5-4 per cento. Particolarmente significativa la crescita dell’assistenza specialistica che, in alcune regioni, è risultata superiore al 7 per cento, e della ospedaliera. La contenuta dinamica delle spese di personale nelle gestioni dirette (oltre alla forte flessione dei costi straordinari) contribuisce a mantenere la variazione complessiva su livelli prossimi al Pil nominale.

LA SPESA FARMACEUTICA 3. Tra gli acquisti di beni e servizi, un rilievo particolare ha la spesa di farmaci. Un

terreno su cui il legislatore è intervenuto spesso di recente, introducendo un nuovo meccanismo di regolazione della spesa con il DL 159/20076 e, nel 2010, con il DL 78, disponendo il passaggio di una parte della spesa per prodotti oggi dispensati in ospedale alla distribuzione territoriale. Il provvedimento ha, inoltre, previsto la riduzione dei margini dei grossisti su tutti i prodotti farmaceutici dispensati dal SSN, con una riduzione della spesa complessiva valutabile in 400 milioni. Il passaggio dall’ospedaliera alla territoriale è stato accompagnato da un più efficace controllo di questa quota di spesa (e da una riduzione della domanda inappropriata), puntando sul potenziamento dei flussi informativi connessi all’entrata a regime della tessera sanitaria e prevedendo la predisposizione di raffronti in merito alle migliori pratiche regionali nei comportamenti prescrittivi.

Nel 2010 la spesa farmaceutica territoriale risulta nel complesso contenuta nei livelli previsti (13,3 per cento del finanziamento). Superano anche quest’anno il limite le sole regioni con piani di rientro (compresa la Puglia), ma per valori relativamente contenuti (739 milioni). Considerando gli importi al netto del contributo richiesto al

6 Il provvedimento ha disposto che, a decorrere dal 2008, l'onere a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN) per l'assistenza farmaceutica territoriale (che comprende, oltre alla convenzionata, al lordo dei ticket, anche la spesa per distribuzione diretta dei farmaci) non debba superare il 14 per cento del finanziamento complessivo ordinario del SSN. Tale valore è stato ridotto al 13,6 per cento per il 2009 e al 13,3 per il 2010. La riforma ha introdotto un "nuovo sistema di regolazione della spesa dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale", con l’attribuzione alle aziende autorizzate all’immissione in commercio di medicinali di uno specifico budget annuale. Il ripiano di eventuali sforamenti della spesa farmaceutica territoriale (a livello nazionale) è ripartito tra aziende farmaceutiche, grossisti e farmacisti, in misura proporzionale alle relative quote di spettanza sui prezzi dei medicinali e tenendo conto dell’incidenza della distribuzione diretta sulla spesa. Entro il 1° dicembre di ogni anno, l’AIFA elabora la stima della spesa farmaceutica territoriale relativa all’anno successivo, distintamente per ciascuna regione. Le regioni che, secondo tali stime, superano il limite sono tenute ad adottare misure di contenimento della spesa per un ammontare pari almeno al 30 per cento dell'eccedenza stimata. La spesa farmaceutica ospedaliera, al netto della distribuzione diretta, non deve superare il 2,4 per cento del finanziamento complessivo ordinario del Servizio sanitario nazionale.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

202

cittadino, solo quattro regioni presentano eccedenze sull’obiettivo. Si tratta di Liguria, Lazio, Sicilia e Sardegna.

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,29%

6.

976,

7 92

7,9

139,

188

,2

BASI

LICA

TA

108,

7 23

,24,

9 1,

4 13

5,4

13,0

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1.04

1,9

138,

6 0,

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0 CA

LABR

IA

442,

8 11

,644

,3

6,2

492,

514

,20%

3.

469,

8 46

1,5

31,1

-13,

2 SI

CILI

A

1.05

3,1

166,

814

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8.

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1 1.

137,

8 21

3,9

67,1

SA

RDEG

NA

34

8,6

73,0

15,9

4,

3 43

3,1

15,2

2%

2.84

4,8

378,

4 54

,738

,8

ITA

LIA

11

.191

,6

1.92

5,1

998,

2 14

5,3

13.9

69,7

13,3

4%

104.

753,

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,2

738,

90,

0

Font

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

203

E’ la farmaceutica ospedaliera a presentare andamenti che continuano a travalicare in tutte le regioni gli obiettivi attribuiti. Rispetto al valore obiettivo di 2,5 miliardi, la spesa ha raggiunto i 5,4 miliardi (al netto del pay-back), il 5,1 per cento del FSN contro il tetto previsto del 2,4 per cento. Superiori al 6 per cento i valori registrati in Piemonte, Friuli, Toscana e Sardegna.

L’esame delle diverse componenti della spesa consente di evidenziare alcuni andamenti di rilievo:

- la spesa per farmaceutica convenzionata lorda si è mantenuta su livelli di crescita molto contenuti (+0,5 per cento). Un risultato frutto di andamenti diversi tra regioni: superiore al 3 per cento la variazione in alcune realtà territoriali (Prov. di Bolzano +3,1 per cento, Friuli + 5 per cento; Abruzzo +3,3, Sardegna +3,2 per cento);

- la compartecipazione alla spesa è continuata a crescere (+ 15,8 per cento, contro il 30 per cento del 2009 e il 20 per cento nel 2008), ma con punte particolarmente rilevanti in Campania (+43,7 per cento ), in Friuli (+30,8 per cento), in Calabria (+29,8 per cento) e in Sardegna (+26,3 per cento). La quota di spesa coperta da compartecipazioni cresce dal 6,7 al 7,7 per cento. Valori significativamente superiori alla media in Sicilia (11,4 per cento), in Lombardia (10,2 per cento), Veneto (10,5 per cento), PA Bolzano (9,5 per cento), Molise (8,8 per cento) e Calabria (8,5 per cento). In queste regioni l’importo pro-capite supera i 20 euro;

Tavola 8

LA VERIFICA DEL RISPETTO DEL TETTO DI SPESA NELLA FARMACEUTICA OSPEDALIERA - I RISULTATI DEL 2010

Finanziamento Tetto del

2,4% Spesa lorda

(*)

Spesa per distribuzione

diretta Pay-back

Spesa Ospedaliera

% sul finanziamento

Scostamento in valore assoluto

(1) (2) =

(1)*2,4% (3) (4) (5)

(6) = (3)-(4)-(5)

(7)=(6)/(1) (8) = (6) -

(2)

PIEMONTE 7.905,3 189,7 613,4 114,7 9,1 489,6 6,2% 299,9V. AOSTA 219,5 5,3 13,7 1,3 0,2 12,2 5,5% 6,9LOMBARDIA 16.994,6 407,9 939,0 196,1 16,6 726,3 4,3% 318,4BOLZANO 833,3 20,0 56,4 20,1 1,1 35,3 4,2% 15,3TRENTO 884,7 21,2 41,3 10,1 0,9 30,2 3,4% 9,0VENETO 8.487,8 203,7 574,7 138,5 10,0 426,3 5,0% 222,6FRIULI V.G. 2.165,3 52,0 172,9 32,7 3,1 137,1 6,3% 85,2LIGURIA 3.079,2 73,9 240,0 77,4 4,0 158,6 5,2% 84,7E. ROMAGNA 7.737,0 185,7 615,4 183,3 11,9 420,2 5,4% 234,5TOSCANA 6.665,6 160,0 631,3 191,7 10,7 429,0 6,4% 269,0UMBRIA 1.613,6 38,7 123,0 37,3 2,3 83,3 5,2% 44,6MARCHE 2.797,5 67,1 242,0 73,2 3,6 165,2 5,9% 98,0LAZIO 9.782,0 234,8 695,1 201,2 11,8 482,2 4,9% 247,4ABRUZZO 2.350,8 56,4 162,7 24,4 2,9 135,4 5,8% 79,0MOLISE 568,3 13,6 37,2 11,9 0,5 24,8 4,4% 11,1CAMPANIA 9.780,6 234,7 676,2 200,5 11,0 464,7 4,8% 229,9PUGLIA 6.976,7 167,4 541,0 136,3 9,0 395,7 5,7% 228,2BASILICATA 1.041,9 25,0 78,4 23,2 1,2 54,0 5,2% 29,0CALABRIA 3.469,8 83,3 209,0 11,6 2,9 194,5 5,6% 111,2SICILIA 8.555,1 205,3 492,6 166,8 7,9 317,8 3,7% 112,5SARDEGNA 2.844,8 68,3 266,4 73,0 4,2 189,3 6,7% 121,0ITALIA 104.753,3 2.514,1 7.421,5 1.925,1 124,8 5.371,5 5,1% 2.857,4Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Agenas e Aifa (dati provvisori) Dati tratti dai CE al IV trimestre, voci B01010 e B01015

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

204

- la spesa netta per farmaceutica convenzionata flette in media dell’1,5 per cento. Solo in quattro regioni (Valle d’Aosta, Provincia di Bolzano, Friuli e Abruzzo) si

registra un aumento, in generale limitato se si esclude quello del Friuli (+3,5 per cento); superiori al 5 per cento le riduzioni di spesa in quattro regioni (Piemonte, Molise,

Basilicata e Calabria); si riduce anche il valore medio pro capite della spesa (in termini di popolazione

ponderata). Pur continuando a presentare importi superiori alla media, registrano una flessione soprattutto le regioni in piano di rientro.

Tavola 9

LA SPESA FARMACEUTICA CONVENZIONATA (milioni di euro)

Regione Spesa lorda Compartecipazione Spesa netta

2010 2009 10/09 2010 2009 10/09 % su lorda

2010 2010 2009 10/09

PIEMONTE 911,9 947,0 -3,7 59,3 53,5 10,8 6,5 800,4 842,9 -5,0 V. AOSTA 24,2 23,6 2,8 0,9 0,7 28,8 3,7 22,0 21,8 1,0 LOMBARDIA 1.946,7 1.923,1 1,2 198,7 181,8 9,3 10,2 1.614,1 1.622,6 -0,5 BOLZANO 72,5 70,3 3,1 6,9 6,0 14,7 9,5 61,3 60,7 1,1 TRENTO 86,7 85,0 2,0 3,0 2,3 31,1 3,4 78,6 78,5 0,1 VENETO 925,1 917,7 0,8 97,2 86,4 12,5 10,5 769,8 782,3 -1,6 FRIULI V.G. 256,8 244,6 5,0 9,8 7,5 30,8 3,8 230,7 222,8 3,5 LIGURIA 363,6 368,0 -1,2 23,0 19,4 18,7 6,3 318,8 332,2 -4,0 E. ROMAGNA 823,4 814,8 1,1 36,1 27,9 29,0 4,4 740,8 749,6 -1,2 TOSCANA 700,7 691,8 1,3 31,4 25,5 23,3 4,5 630,2 634,8 -0,7 UMBRIA 178,2 175,6 1,5 8,2 6,3 29,6 4,6 160,1 161,2 -0,7 MARCHE 320,5 323,4 -0,9 14,5 11,4 27,7 4,5 287,1 296,3 -3,1 LAZIO 1.402,0 1.387,3 1,1 112,6 105,8 6,4 8,0 1.197,6 1.201,2 -0,3 ABRUZZO 314,8 304,7 3,3 24,7 20,8 18,9 7,9 270,5 268,0 0,9 MOLISE 68,8 73,6 -6,5 6,1 5,6 8,6 8,8 59,0 64,4 -8,4 CAMPANIA 1.288,6 1.276,2 1,0 103,0 71,7 43,7 8,0 1.107,1 1.133,2 -2,3 PUGLIA 1.004,8 1.002,6 0,2 50,9 44,2 15,0 5,1 890,8 902,6 -1,3 BASILICATA 120,2 127,9 -6,0 4,9 4,0 23,1 4,1 108,7 117,7 -7,6 CALABRIA 519,2 533,0 -2,6 44,3 34,1 29,8 8,5 442,8 467,8 -5,4 SICILIA (*) 1.282,7 1.262,5 1,6 146,8 134,6 9,1 11,4 1.053,1 1.056,9 -0,4 SARDEGNA 387,8 375,6 3,2 15,9 12,6 26,3 4,1 348,6 343,6 +1,3 ITALIA 12.999,1 12.928,5 0,5 998,2 862,2 15,8 7,7 11.191,6 11.361,0 -1,5

Fonte elaborazioni Corte dei Conti su dati Agenas (dati provvisori)

Tavola 10

LA SPESA FARMACEUTICA CONVENZIONATA: VALORI PRO CAPITE 2009-10 (EURO)

Regione Spesa lorda Spesa netta Compartecipazione

2010 2009 2010 2009 2010 2009

PIEMONTE 194 202 170,2 179,8 12,6 11,4 V. AOSTA 185,9 182 168,6 168,1 6,9 5,4 LOMBARDIA 198,4 197,6 164,5 166,7 20,2 18,7 BOLZANO 152,8 150,4 129,3 129,8 14,6 12,9 TRENTO 167,9 166,2 152,2 153,5 5,7 4,4 VENETO 189,2 189,1 157,4 161,2 19,9 17,8 FRIULI V.G. 194,3 185,8 174,6 169,2 7,4 5,7 LIGURIA 197,8 199,9 173,5 180,5 12,5 10,5 E. ROMAGNA 179,4 179,3 161,4 164,9 7,9 6,1 TOSCANA 176,6 174,8 158,8 160,4 7,9 6,4 UMBRIA 187,1 185,3 168,2 170,1 8,6 6,7 MARCHE 197,3 197,4 176,7 180,9 9 7 LAZIO 248,5 248,2 212,3 214,9 20 18,9 ABRUZZO 230,5 223,7 198,1 196,8 18,1 15,3 MOLISE 207,9 222,1 178,2 194,4 18,3 16,9 CAMPANIA 244,2 242,6 209,8 215,4 19,5 13,6 PUGLIA 257,4 257,8 228,2 232,1 13 11,4 BASILICATA 205,2 217,7 185,6 200,2 8,4 6,8 CALABRIA 267,8 275,1 228,2 241,5 22,9 17,6 SICILIA (*) 266 262,1 218,4 219,4 30,4 27,9 SARDEGNA 234,5 228,6 207,2 209,1 9,6 7,7 ITALIA 215,4 215,3 185,4 189,2 16,5 14,4

Fonte: elaborazioni Corte dei conti su dati Agenas

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

205

Permangono forti differenze nella quota di spesa territoriale coperta dalla distribuzione diretta dei farmaci. In media tale forma di assistenza riguarda circa il 14 per cento della spesa territoriale. Nelle regioni Emilia, Toscana, Umbria e Marche oltre che nella provincia di Bolzano la quota sale ad oltre il 18 per cento. Particolarmente ridotto il ricorso a tale forma di distribuzione in Calabria e in Abruzzo, regioni che registrano valori di spesa ben superiori alla media.

IL MONITORAGGIO 2010 4. Come è noto, i dati relativi a costi e ricavi tratti dalla banca dati NSIS

rappresentano la base per la valutazione, in sede di monitoraggio, della rispondenza dei risultati aziendali agli obiettivi di controllo della spesa e di garanzia di copertura dei disavanzi regionali7.

Nelle tavole che seguono i risultati economici finora osservati sono esposti per dar modo di comprendere l’esito e la metodologia utilizzata per il controllo del rispetto degli obiettivi alla base del Patto della salute.

Anche quest’anno, i lavori dei Tavoli di monitoraggio annuale si sono tenuti nel mese di marzo. Il confronto non può dirsi definitivo: le valutazioni sono state condotte sulla base dei dati dell’ultimo quadrimestre del 2010. Tali dati dovranno essere rivisti, ed eventualmente aggiornati, una volta che saranno disponibili i risultati di consuntivo.

Parallelamente, anche i dati dell’esercizio 2009 hanno subito tale approfondimento nel corso dell’anno. Ciò ha comportato una revisione al rialzo di circa 900 milioni sia dei costi che dei ricavi dell’esercizio. La revisione ha toccato per importi ridotti tutti i risultati regionali, ma si è concentrata soprattutto in tre regioni (alla Toscana, al Lazio e alla Campania si deve un aumento dei costi di oltre 700 milioni). Per la Toscana tale aumento, accompagnato da una revisione per un importo simile dei ricavi, non ha prodotto una modifica dei risultati conseguiti in termini di saldo. Per le altre due regioni, la compensazione è stata solo parziale riverberandosi quindi, almeno in parte, sui risultati di esercizio, rivisti in peggioramento. I miglioramenti registrati da alcune regioni riducono l’effetto di tali aggiustamenti sul saldo complessivo.

Nel valutare i risultati del 2010 in rapporto al 2009 va, poi, tenuta presente una modifica nel trattamento di alcune voci di entrata. Rispetto a quanto commentato lo scorso anno, per due regioni, Toscana e Calabria, sono state riscontrate coperture già contenute nei CE, rispettivamente per 184,5 e 122,7 milioni. Ciò non muta il risultato complessivo dopo le coperture, ma modifica in misura significativa il risultato ottenuto dalla regione prima delle coperture CE. E’ su tale risultato che, nel nuovo quadro di riferimento del federalismo fiscale, ci si baserà per individuare le regioni virtuose da considerare per il calcolo dei costi standard.

Nel 2010 il disavanzo effettivo rispetto alle somme destinate al finanziamento

della spesa sanitaria è stato pari a circa 3,2 miliardi contro i 4,2 del 2009. E’ questo il risultato che si ottiene escludendo dai ricavi le somme connesse all’individuazione, in via preventiva, nel bilancio delle regioni, delle risorse da destinare a copertura della 7 I conti forniti dalle regioni con i modelli CE del IV trimestre dell’anno sono vagliati ai Tavoli di verifica previsti dall’art. 1, comma 174, della legge n. 311/2004 e, per le regioni che hanno in corso un piano di rientro dal deficit sanitario, attraverso il monitoraggio specificamente previsto dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2006. Cfr anche Legge 191/2009 (Legge finanziaria 2010), articolo 2, comma 75 e ss.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

206

maggiore spesa rispetto al livello di finanziamento garantito dallo Stato. Si tratta nel complesso di circa 878,3 milioni (1.010 milioni nel 2009), attivati da otto regioni (Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio e Calabria). Il risultato al netto delle maggiori risorse incluse nei conti economici consente di valutare, anche in base al nuovo Patto della salute, il rilievo dello squilibrio regionale e l’opportunità di ricorrere ai piani di rientro. Al netto di tali ulteriori coperture, solo la Lombardia e l’Umbria tra le regioni a statuto ordinario e la Provincia di Bolzano e il Friuli tra quelle a statuto speciale presentano risultati positivi. Nel 2009 a queste regioni si univa anche la regione Marche.

Per valutare, poi, il rilievo della correzione richiesta a copertura, al disavanzo così rettificato sono da aggiungere le perdite non coperte relative ad esercizi precedenti e riportate, i rischi valutati dal Tavolo di monitoraggio e le altre componenti negative (somme distolte dal finanziamento della sanità o debiti non coperti) . L’ammontare della correzione richiesta sale, quindi, a 4,5 miliardi, rispetto agli oltre 7 miliardi del 2009.

Sul risultato dello scorso anno aveva pesato, proprio in sede di verifica, l’evidenziazione di ulteriore debito maturato prima del 31 dicembre 2005 e riconducibile alla regione Lazio (1.041 milioni) e la evidenziazione, nel caso della regione Abruzzo, di somme distolte dal finanziamento della sanità che dovevano essere reintegrate (331 milioni). Nel caso del Lazio, si trattava di debito dovuto principalmente a mancate concordanze tra le scritture contabili delle Aziende (in termini di crediti) e quelle della Regione (in termini di debito verso le Aziende): circa 1,4 miliardi, che avevano portato le perdite da coprire (originariamente quantificate in 5,5 miliardi) a 7 miliardi.

L’esame dei risultati del monitoraggio evidenzia due aspetti di rilievo. Va, innanzitutto, rilevata l’entità delle risorse mobilitate a copertura del disavanzo

complessivo del 2009. Si tratta di poco meno di 6,2 miliardi: alle risorse già previste nei CE (1.010 milioni), a quelle riconducibili alle coperture fiscali delle regioni in piano di rientro (con l’attivazione della maggiorazione, entro i massimi previsti dalla legislazione vigente, delle aliquote dell’addizionale Irpef e dell’Irap – 1.616 milioni) e a quelle del fondo transitorio (740 milioni), si sono aggiunte le risorse del fondo Fas per oltre 957 milioni8, le somme provenienti dai bilanci regionali e da anticipazioni dello Stato con oneri a carico delle regioni per oltre 1.340 milioni e le maggiori entrate (oltre 540 milioni) che si prevede di ottenere con l’aumento dell’addizionale regionale Irpef e dell’Irap oltre i livelli massimi, secondo quanto disposto dalla legge finanziaria 20109. Uno sforzo considerevole destinato a far aumentare in misura consistente le risorse del gettito fiscale destinate a copertura delle rate da rimborsare allo Stato (nel 2009 360 milioni) per le anticipazioni concesse ad alcune regioni per l’estinzione dei debiti pregressi10. Uno sforzo che, tuttavia, non ha impedito che fossero oltre 1.298 milioni le perdite da riportare nell’esercizio successivo perché non coperte.

8 Ai sensi di quanto previsto dalla legge 191/2009, articolo 2, comma 90. 9 Per le regioni in piano di rientro che risultino inadempienti, tra le altre sanzioni si prevede (commi 83 e 86 dell’articolo 2 della legge 191/2009), l’innalzamento dell’addizionale regionale Irpef e dell’Irap, rispettivamente, nella misura fissa di 0,15 e 0,30 punti percentuali rispetto al livello massimo previsto dalla normativa vigente. 10 Ai sensi dell’articolo 2, commi 46-48, della legge 244/2007 e dell’articolo 2, comma 98, della legge 191/2009.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

207

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ola

11

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200

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2009

COSTI (Include OPBG e SMOM)

TOTALE RICAVI (escluse coperture CE)

Saldi Mobilità Sanitaria interregionale

Rettifiche mobilità su voci straord.

RISULTATO D'ESERCIZIO Prima delle coperture CE

Risorse incluse nei CE

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE

Risorse regionali incluse nel CE non ammesse dal "Tavolo"

Disavanzi non coperti anni precedenti (-) Maggiore copertura anni precedenti (+)

Rischi valutati dal "Tavolo" e Scritture contabili senza effetti

Altre componenti negative (distrazione di fondi o debito)

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE al

netto ulteriori componenti negative

Coperture fiscali da piano di rientro e cuneo fiscale

Getitto fiscale destinato alla copertura delle rate di mutuo

Rideterminazione entrate fiscali

Altre coperture da bilancio regionale

fondo transitorio 2009

Fondi FAS

Ulteriori coperture

TOTALE COPERTURE

IRAP (0,15%) (stima)

ADD.LE IRPEF (0,30%) (stima)

TOTALE COPERTURE (CON ATTIVAZIONE LEVA FISCALE

OLTRE IL MASSIMO

RISULTATO ESERCIZIO

a

b c

d e=

a+

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d

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f+

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k i

l m

= h

+k+

i+l

n

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S t=

n+

o+p+

q+

r+s

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z= t

+u+

v w

= m

+z

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MO

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11

,8

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9

0,9

0,9

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12,7

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1.13

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

208

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Saldi Mobilità Sanitaria interregionale

Rettifiche mobilità su voci straord.

RISULTATO D'ESERCIZIO Prima delle coperture CE

Risorse incluse nei CE

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE

Risorse regionali incluse nel CE non ammesse dal "Tavolo"

Disavanzi non coperti anni precedenti (-) Maggiore copertura anni precedenti (+)

Rischi valutati dal "Tavolo" e Scritture contabili senza effetti

Altre componenti negative (distrazione di fondi o debito)

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE al

netto ulteriori componenti negative

Coperture fiscali da piano di rientro e cuneo fiscale

Getitto fiscale destinato alla copertura delle rate di mutuo

Rideterminazione entrate fiscali

Altre coperture da bilancio regionale

fondo transitorio 2009

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Ulteriori coperture

TOTALE COPERTURE

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

209

Il 2010, nonostante il notevole miglioramento dei conti, non si presenta di facile gestione. Oltre alle risorse già destinate a copertura nei CE (circa 880 milioni) o frutto di altre coperture di bilancio (circa 650 milioni), esauriti gli interventi del fondo transitorio, le maggiori coperture vengono dall’attivazione della leva fiscale richiesta alle regioni in piano di rientro (1.604 milioni). Tali risorse, tuttavia, sono già in parte destinate alla copertura delle anticipazioni di bilancio (330 milioni) ed in parte “erose” dalla rideterminazione delle entrate fiscali connessa alla fase ciclica (-140 milioni). Al netto della possibile attivazione delle maggiorazioni di imposta previste oltre ai limiti (e che comunque, se si esclude la regione Lazio che sembra aver conseguito un risultato positivo, non sembrano in grado di garantire risorse adeguate), rimangono da coprire perdite per oltre 2 miliardi.

Il monitoraggio 2010: le Regioni non impegnate nei Piani di rientro 5. Guardando alle regioni non impegnate nei Piani di rientro (Tavola 12) (Piemonte

e Puglia sono ancora comprese in tale aggregato avendo sottoscritto il Piano nella seconda metà dell’esercizio), il risultato complessivo nel 2010 (non considerando le coperture scontate nei conti economici) presenta perdite per 983 milioni (somma che sale a 1.020 milioni se si contano le sole perdite) contro i 1.080 milioni del 2009 (1.170 milioni le sole perdite). Dei 923,4 milioni di copertura, solo 646 sono da ricondurre a maggiori entrate già scontate nei CE, mentre 277 sono relative a maggiori entrate fiscali (36 milioni al netto di rideterminazioni per 86 milioni) e a risorse di bilancio (245 milioni). Per il 18 per cento delle perdite (183 milioni) non è stata ancora individuata copertura.

Molto diverse le realtà regionali esaminate: il Piemonte, l’Emilia, il Veneto, la Toscana e le Marche hanno previsto già in bilancio le risorse da destinare alla copertura di eccedenze di spesa in una certa misura “programmate”. Per il Veneto e le Marche, tuttavia, tali risorse aggiuntive non sono risultate sufficienti. Nel caso delle Marche, la copertura già prevista in bilancio non è stata ammessa dal Tavolo di monitoraggio11. La regione ha, tuttavia, potuto utilizzare le eccedenze nelle coperture ottenute negli anni precedenti, garantendo per questa via un saldo di esercizio positivo. Per il Veneto, le risorse aggiuntive individuate non sono state sufficienti a consentire un’integrale copertura del disavanzo: rimangono da coprire 73 milioni. Per la Puglia, che sul finire del 2010 ha sottoscritto un piano di rientro, la perdita nell’anno è stata di 336 milioni. Le entrate fiscali e la destinazione di risorse di bilancio hanno consentito solo una parziale copertura: rimangono da individuare mezzi per circa 94 milioni.

11 Non sono stati considerati, come previsto dalle regole del Tavolo di monitoraggio, i 40 milioni riferiti ad una alienazionei di immobili la cui procedura non si è ancora perfezionata

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

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RISULTATO D'ESERCIZIO

Prima delle coperture CE

Risorse incluse nei CE

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e

coperture CE

Risorse regionali incluse nel CE non ammesse dal

"Tavolo" Disavanzi non coperti anni precedenti (-) Maggiore

copertura anni precedenti ()

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE al netto

ulteriori componenti negative

Coperture fiscali

Rideterminazione entrate fiscali

Altre coperture da bilancio regionale

Ulteriori coperture

TOTALE COPERTURE

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Page 218: Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica dei conti.pdf · della finanza pubblica Maggio 2011 . Il Rapporto è stato approvato dall’adunanza delle Sezioni riunite in

II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

211

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TOTALE RICAVI (escluse coperture CE)

Saldi Mobilità Sanitaria interregionale

Rettifiche mobilità su voci straord.

RISULTATO D'ESERCIZIO Prima delle coperture CE

Risorse incluse nei CE

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE

Disavanzi non coperti anni precedenti (-) Maggiore copertura anni precedenti (+)

Rischi valutati dal "Tavolo" e Scritture contabili senza effetti

Altre componenti negative (distrazione di fondi o debito)

RISULTATO D'ESERCIZIO con risorse regionali e coperture CE al netto

ulteriori componenti negative

Coperture fiscali da piano di rientro e cuneo fiscale

Getitto fiscale destinato alla copertura delle rate di mutuo

Rideterminazione entrate fiscali

Altre coperture da bilancio regionale

fondo transitorio 2009

Fondi FAS

Ulteriori coperture

TOTALE COPERTURE

IRAP (0,15%) (stima)

ADD.LE IRPEF (0,30%) (stima)

TOTALE COPERTURE (CON ATTIVAZIONE LEVA FISCALE OLTRE IL

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

212

Il monitoraggio 2010: le Regioni con Piani di rientro 6. Nel corso del 2010 è proseguito il processo di riequilibrio dei conti sanitari

nelle regioni in squilibrio strutturale, avviato nel 2007 con la procedura di affiancamento gestionale da parte dei Ministeri della salute e dell’economia alle regioni Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna12 e la sottoscrizione dei Piani di rientro. Un processo che vede coinvolte le amministrazioni centrali nel complesso procedimento di verifica degli adempimenti, affidato ai Tavoli di monitoraggio e al Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza (istituito ai sensi degli artt. 9 e 12 dell’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005)

Si sono conclusi, con esiti diversi, i percorsi previsti per il riequilibrio della regione Liguria e per lo svincolo di somme rimaste sospese per il mancato rispetto da parte della regione Sardegna degli obiettivi di copertura di disavanzi sanitari pregressi. Tutte le altre regioni hanno scelto di proseguire nella gestione dei piani di rientro, predisponendo dei Programmi operativi13.

Nell’anno è stata avviata l’attuazione del piano di rientro della regione Calabria

sottoscritto il 17 dicembre 2009, mentre sono stati sottoscritti nel luglio e nel novembre 2010 due ulteriori piani di rientro, rispettivamente, dal Piemonte e dalla Puglia.

Nella tavola 13 sono riassunti i risultati del Tavolo di monitoraggio. Nell’analisi si tiene conto dei rischi relativi a maggiori costi o minori entrate del 2009 emersi durante l’esame: tali somme correggono i risultati 2010 con un peggioramento di circa 89,4 milioni.

La regione Liguria è l’unica, tra quelle che hanno sottoscritto i piani di rientro, per

la quale già con la verifica annuale per l'anno 2009 era stato verificato il rispetto degli obiettivi, sia sotto il profilo dell’equilibrio economico e finanziario, che dell’adeguamento del SSR al quadro normativo nazionale ed al Patto per la salute.

La verifica operata nel corso del 2010 sui dati di consuntivo ha sostanzialmente confermato tali esiti: una perdita di 120,5 milioni, più che coperta con il ricorso a somme stanziate in bilancio, le entrate fiscali attivate e il contributo assicurato dal fondo transitorio: il risultato di esercizio presenta un avanzo di oltre 42 milioni.

Sulla base dei dati CE relativi al quarto trimestre, la regione chiude l’esercizio 2010 con disavanzo di 114,5 milioni, al netto degli ammortamenti non sterilizzati. Le risorse già stanziate in bilancio (25,9 milioni) e le maggiori entrate fiscali stimate in circa 109 milioni sono sufficienti al raggiungimento dell’equilibrio economico con un saldo positivo di 20 milioni. Qualora si confermasse a consuntivo una eccedenza di copertura sul disavanzo 2010, la regione intenderebbe utilizzare tali risorse per rideterminare le aliquote fiscali per l’anno d’imposta 2011.

Per la Sardegna, la verifica annuale 2009 ha avuto esito negativo. Tale valutazione

circa l’attuazione del Piano ha condotto i Tavoli a considerare definitivamente non assegnabili alla regione le risorse residue, pari a circa 14,8 milioni di euro. 12 Per la Sardegna la definizione del Piano di rientro era ai soli fini del recupero del finanziamento statale non erogato a seguito dell’inadempienza per l’anno 2001. 13 Ai sensi dell’articolo 2, comma 88, della legge 191/2009 per le regioni commissariate (Lazio, Campania, Molise e Abruzzo) e ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del DL 78/2010, per le regioni non commissariate (Sicilia).

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

213

Nel 2010, delle regioni in Piano di rientro, la Sicilia è quella che segna i miglioramenti più evidenti.

Per la regione Sicilia, la verifica annuale per il 2009 aveva evidenziato un disavanzo pari a 237,1 milioni. Le coperture attivate avevano consentito di chiudere l’esercizio con un surplus di 26,2 milioni considerando i rischi di maggiori costi o minori ricavi individuati in corso di verifica. A consuntivo, prima delle coperture, il disavanzo è risultato pari a 196 milioni. Il risultato di gestione per l’anno 2009, comprensivo degli ammortamenti non sterilizzati, evidenzia un avanzo di 164,678 milioni14.

In occasione della verifica annuale per il 2010 dello scorso marzo, si è riscontrata una forte riduzione del disavanzo che, anche considerando i rischi valutati dal Tavolo di monitoraggio, raggiunge i 67 milioni, ampiamente coperti dalle maggiori entrate derivanti dall’incremento delle aliquote fiscali attivate con la sottoscrizione del piano di rientro e stimate per l’anno in 316 milioni. Anche considerando gli ammortamenti non sterilizzati, il risultato presenta un avanzo di oltre 184 milioni.

Anche tale regione ha presentato (a fine dicembre 2010) un Programma operativo, che prevede interventi di razionalizzazione della rete ospedaliera e di riqualificazione dell’assistenza sanitaria da effettuare nel triennio 2010-2012.

Pur rimanendo ancora forte la perdita di esercizio anche la regione Lazio ha chiuso la fase di monitoraggio 2010 con un risultato in miglioramento che conferma i progressi verificati in sede di monitoraggio infra annuale.

Per il Lazio, in sede di verifica annuale era stato accertato un disavanzo per l’esercizio 2009 di 1.374,5 milioni, cui dovevano aggiungersi perdite riportate per 186,4 milioni. Le coperture individuate erano pari a 1.186,8 milioni, mentre rimanevano da coprire 421 milioni comprensivi dei rischi di maggiori costi o di minori ricavi individuati dal monitoraggio.

Il 23 aprile 2010, il consiglio dei Ministri nominava il nuovo presidente della Regione Commissario ad acta per la sanità con il mandato di dare attuazione alle linee di intervento già previste dal piano di rientro.

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 13 maggio 2010, riteneva di non esprimere l’intesa in ordine alle richieste di utilizzo dei fondi Fas da parte della regione Lazio. Pertanto, vi erano le condizioni per l’applicazione oltre i massimi degli incrementi delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF, blocco automatico del turn over del personale e divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo. Tale aumento delle aliquote era previsto conseguire un gettito aggiuntivo di circa 330,8 milioni, non sufficiente alla copertura integrale del disavanzo 2009 pari a 421 milioni. La regione doveva, quindi, prevedere nel corso del 2010 una manovra aggiuntiva di circa 90 milioni.

Il monitoraggio in corso d’anno evidenziava importanti progressi nell’attuazione del programma operativo, segnalando al contempo il permanere di ritardi.

A fronte di tale complessiva situazione, i Tavoli di verifica da un lato non ritenevano rispettate le condizioni per la disapplicazione degli automatismi fiscali. Dall’altro, anche in funzione delle rilevanti azioni di risanamento fino ad allora adottate,

14 Dall’esame dello stato patrimoniale consolidato risultano perdite cumulate al 31 dicembre 2008 pari a 2.491 milioni, con coperture per ripiano perdite rilevate a Patrimonio netto di pari importo. Manca tuttavia ancora la ricognizione della posizione creditoria, alla data di chiusura dell’esercizio 2009, delle aziende verso la regione e delle risultanze dei capitoli di bilancio regionale che rappresentano “crediti verso Stato e regione” e ”debiti verso le aziende sanitarie”.

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procedevano all’erogazione di una quota (60 per cento) delle spettanze residue a tutto l’anno 2009, per complessivi 1.214 milioni. Ciò, anche per evitare ulteriori aggravi della gestione (conseguenti ai ritardi dei pagamenti delle spettanze residue), con effetti negativi sul processo di riorganizzazione del Sistema sanitario regionale.

A chiusura del consuntivo 2009 per la copertura della perdita, che raggiungeva nel complesso i 2.647 milioni (comprensivi del debito pregresso di 1.041 milioni), si è proceduto all’estensione del prestito di cui all’articolo 2, comma 46, della legge 244/2007 per la quota residua del contratto per 227 milioni e all’anticipazione di liquidità a valere sulle risorse di cui all’articolo 2, comma 98, della legge 191/2009 per 300 milioni15. Veniva, infine, riconosciuta alla regione la possibilità di accedere ai fondi Fas per complessivi 797 milioni.

Nel marzo 2011, il monitoraggio relativo all’esercizio 2010 ha evidenziato perdite per 1.070 milioni, cui vanno ad aggiungersi rischi valutati dal Tavolo per 42 milioni. Le coperture fiscali per 759 milioni e altre risorse di bilancio per circa 410 milioni hanno consentito di conseguire un risultato di esercizio positivo per circa 100 milioni.

Non ancora tradotti in migliori condizioni economiche i miglioramenti nello stato

di attuazione del programma della regione Campania. In sede di verifica annuale per il 2009, per la regione la perdita accertata era stata

pari a 725,6 milioni, cui andavano ad aggiungersi le perdite relative all’esercizio 2008 per 223,6 milioni, a fronte di coperture per 501,5 milioni. La regione presentava pertanto il programma operativo per la prosecuzione del piano di rientro.

Nonostante i progressi nell’attuazione del piano verificati nel corso dell’esercizio, i Tavoli ritenevano non rispettate le condizioni per la disapplicazione degli automatismi fiscali previsti dalla normativa vigente, fra i quali l’incremento delle aliquote dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF oltre il livello massimo finalizzato alla copertura del disavanzo dell’esercizio 2009.

Il Tavolo di verifica ed il Comitato LEA, anche in funzione delle rilevanti azioni di risanamento fino ad allora adottate, valutavano tuttavia che sussistessero le condizioni per procedere all’erogazione di una quota (60 per cento) delle spettanze residue a tutto l’anno 2009, per complessivi 1.021 milioni di euro. Ciò, anche in considerazione del fatto che la gestione corrente risultava penalizzata dagli oneri correlati ai ritardi dei pagamenti (conseguenti alla mancata erogazione delle spettanze residue), con pericolo di compromissione del processo di riorganizzazione del Sistema sanitario regionale. La restante quota si riteneva potesse essere erogata subordinatamente alla verifica positiva degli ulteriori adempimenti previsti dal piano

A marzo 2011 in sede di verifica annuale, confermato in 322 milioni il disavanzo non coperto per l’anno 2009 (importo determinato tenendo conto delle risorse aggiuntive derivanti dall’incremento delle aliquote oltre il livello massimo previsto dalla vigente legislazione), si è accertata una perdita ulteriore di 496 milioni. A fronte di coperture fiscali per 239,6 milioni (rideterminate in riduzione di poco meno di 54 milioni), il disavanzo non coperto (al netto degli ammortamenti non sterilizzati) è pari a 632,5 milioni.

15 La legge regionale n. 8/2010 ha conseguentemente stanziato 35 milioni per la copertura delle rate per la restituzione dell’ulteriore anticipazioni di liquidità. Somma che si va ad aggiungere alla rata di 310 milioni già previsti nel Piano di rientro per l’ammortamento della precedente anticipazione.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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In miglioramento, nel 2010, le condizioni economiche del sistema sanitario in Abruzzo. Il monitoraggio annuale aveva portato ad individuare un disavanzo per il 2009 di 31,9 milioni, che salivano a 113,1 considerando il riporto delle maggiori perdite 2008. A tali valori dovevano aggiungersi le somme ancora da ripristinare distratte dalla regione dal fondo sanitario per destinarle a spese extrasanitarie e quelle relative al mancato recupero dei crediti (con conseguente mancata copertura delle perdite registrate fino al 31 dicembre 2007).

Nel 2010 i ritardi nella realizzazione del Piano di rientro portavano la regione a predisporre un programma operativo, sul quale i Tavoli di monitoraggio esprimevano un giudizio complessivamente positivo.

La verifica degli adempimenti per l’anno 2009 e precedenti restava, tuttavia, subordinata alla definizione degli aspetti relativi all’equilibrio di bilancio, mentre il profilarsi di un risultato negativo per il 2010 consigliava l’adozione di tutte le misure necessarie, ivi comprese eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi finanziari per l’anno..

La nuova stima delle risorse da reintegrare ha portato, a consuntivo, la perdita da coprire nel 2009 a 456 milioni, cui è stato fatto fronte per 160 milioni con l’utilizzo di fondi Fas e per 200 milioni con l’anticipazione di liquidità a valere sulle risorse disponibili di cui all’articolo 2, comma 98, della legge 191/2009, ferma restando l’individuazione, da parte della regione, della relativa copertura pluriennale a valere su entrate certe e vincolate e la sottoscrizione del relativo contratto di prestito.

La verifica del risultato 2010 ha evidenziato un disavanzo di 7,2 milioni, cui vanno ad aggiungersi 21,5 milioni quali rischi valutati dal Tavolo di monitoraggio. Le coperture fiscali da piano di rientro, seppur notevolmente ridimensionate, hanno consentito di chiudere l’esercizio con un risultato positivo di 10,4 milioni

Per il Molise i ritardi nella attuazione del Piano, pur in presenza di prime

innovazioni di carattere strutturale, continuano a pesare sul risultato di esercizio. Nel 2009 l’esercizio si era chiuso con una perdita di 81 milioni, a cui andavano ad

aggiungersi le perdite riportate dall’esercizio 2008 (29,7 milioni). Le entrate aggiuntive già previste dal piano e il fondo transitorio consentivano solo una copertura parziale del disavanzo (44,3 milioni). Restava da trovare copertura per circa 69 milioni, tenuto conto anche dei rischi (2,5 milioni) relativi a rischi emersi nell’esame del monitoraggio.

Nel luglio 2010 la regione presentava pertanto il programma operativo per il 2010 con il quale dare prosecuzione al piano di rientro. La grave situazione finanziaria determinata dai ritardi nell’attuazione del piano portavano nel successivo mese di ottobre, a ritenere che persistessero le condizioni per l’applicazione della procedura di cui all’articolo 2 della legge 191/2009 (l’incremento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF per l’anno d’imposta in corso, rispettivamente nelle misure di 0,15 e 0,30 punti, l’applicazione del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso e il divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo).

Poiché, inoltre, con l’aumento delle aliquote si prevedeva un gettito di circa 10,8 milioni, non sufficiente alla copertura integrale del disavanzo 2009, la regione avrebbe dovuto disporre nel corso del 2010 una manovra aggiuntiva al fine di pervenire ad una copertura definitiva del disavanzo

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La verifica annuale per il 2010 ha confermato, aggravandole, le precedenti previsioni. La perdita di esercizio ha raggiunto i 57 milioni; ad essa si sono aggiunti 55 milioni di perdite trasportate da esercizi precedenti, nonché rischi per 12 milioni. La copertura prevista in termini di entrate (23 milioni) ha portato la perdita complessiva non coperta a superare i 100 milioni.

Per la regione Calabria hanno continuato a persistere anche nel 2010 gravi ritardi

nella attuazione del piano cui si accompagnano ancora incertezze sulla situazione patrimoniale delle aziende regionali ed insufficienze nella definizione del sistema contabile.

A fine marzo 2010 risultava una perdita non coperta cumulata per il periodo 1 gennaio 2006 -31 dicembre 2009 pari a 1.014 milioni.

Nell’analizzare lo stato di attuazione del piano di rientro, definito alla fine del 2009, Tavolo e Comitato valutavano che lo stesso risultasse inadeguato in funzione della mancata adozione di numerosi provvedimenti e della assunzione di atti non coerenti con gli obiettivi.

Il Consiglio dei Ministri riteneva, pertanto, di non esprimere l’intesa in ordine alle richieste di utilizzo del Fas da parte della regione. Si confermavano, quindi, le condizioni per l’applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla legislazione vigente, del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale e del divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo.

Sulla base della stima delle entrate derivanti dall’attivazione della leva fiscale oltre i massimi, pari a 52,8 milioni, residuava una perdita cumulata non coperta per il periodo 2006 - 2009 di 961 milioni, a fronte della quale la regione era previsto disponesse una manovra aggiuntiva. Grave era poi il ritardo accumulato nell’attuazione della certificazione della posizione debitoria, ivi inclusa la gestione accentrata regionale e le somme eventualmente dovute a titolo di interessi per i ritardati pagamenti.

Il permanere di criticità ed inadeguatezze confermavano i presupposti per la nomina, nel mese di luglio, del Presidente pro tempore della Giunta della Regione Calabria quale Commissario ad acta per l’attuazione del vigente piano di rientro e, in agosto, di due sub Commissari.

Le verifiche svolte dai Tavoli di monitoraggio, aggiornate ad ottobre 2010, evidenziavano ritardi ed insufficienze gravi negli interventi, tali da non consentire la disapplicazione degli automatismi previsti dall’articolo 2, comma 86 della legge 191/2009.

Il 2010 si è chiuso con una perdita di circa 172 milioni, coperta con le risorse incluse nel CE. Rimane, tuttavia, ancora da individuare la copertura delle perdite maturate dal 2006 pari a circa 920 milioni.

Nel luglio 2010, la regione Piemonte ha sottoscritto l’Accordo con il Ministero

della salute e il Ministero dell’economia ed il relativo piano di rientro, al fine di ottenere la riattribuzione del maggior finanziamento previsto per l’anno 2004 e non assegnato a fronte di un disavanzo pari (a tutto il 31/12/2004) a 676 milioni.

Sulla base dei dati del consuntivo 2009, si è confermato un disavanzo di oltre 387 milioni, che ha trovato copertura nelle risorse stanziate dalla regione per complessivi 399 milioni con un avanzo di11,8 milioni

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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In occasione della verifica annuale dello scorso marzo si è riscontrato anche per il 2010 un disavanzo di 386 milioni, interamente coperto dallo stanziamento già considerato in bilancio per circa 400 milioni.

Il Tavolo di monitoraggio ha infine valutato favorevolmente l’Addendum al Piano di rientro e il Programma operativo della regione, riscontrando il rispetto delle prescrizioni contenute nell’Accordo.

Nel novembre 2010, anche la regione Puglia ha sottoscritto l’Accordo per il piano

di rientro per il triennio 2010-2012. Il piano è altresì finalizzato al recupero del maggior finanziamento relativamente al mancato rispetto dell’equilibrio economico finanziario per gli anni 2006 e 2008.

Nel 2009 la regione aveva evidenziato un disavanzo pari a 350 milioni prima delle coperture già previste nei CE. Anche il 2010, secondo i dati ancora provvisori del IV trimestre, si è chiuso in disavanzo per 336 milioni: le entrate fiscali e le risorse di bilancio ne hanno consentito solo una parziale copertura. Restano da individuare ulteriori 94 milioni.

I COSTI E I FABBISOGNI STANDARD NEL SETTORE SANITARIO: QUALI

IMPLICAZIONI PER IL COORDINAMENTO 7. Nello scorso anno e nei primi mesi del 2011 ha cominciato a prendere corpo il

complesso sistema di decreti legislativi previsti in attuazione del federalismo fiscale. Si tratta di provvedimenti destinati ad incidere effettivamente non prima del 2013. Il difficile processo di convergenza al pareggio di bilancio previsto nella Documento di economia e finanza per il biennio 2013-2014 richiede, tuttavia, che fin d’ora ne sia valutata l’influenza sul meccanismo che regola il contributo del settore sanitario agli obiettivi complessivi di finanza pubblica.

Nel ridisegnare il sistema di finanziamento della sanità e nel definire significato e modalità di determinazione dei costi standard, il decreto che riforma il sistema fiscale regionale, in attuazione della legge 42/09, si muove in linea con quello che è stato il percorso che ha caratterizzato le ultime legislature: uniformità nel finanziamento pro capite pesato, responsabilizzazione delle amministrazioni territoriali, adeguamento delle risorse ad importi coerenti con la fornitura dei livelli essenziali di assistenza e compatibili con il rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dal Paese in sede comunitaria.

Una scelta opportuna che, in questo modo, non rischia di incrinare l’attuale modello di coordinamento della finanza sanitaria con quello complessivo, garantendo il riassorbimento degli squilibri nel settore sanitario, il mantenimento di autonomia e responsabilità gestionali delle regioni e il rispetto dei diritti fondamentali di parità nelle condizioni di assistenza tra aree territoriali.

Punto centrale è la adozione di un procedimento top-down nell’individuazione delle risorse destinate alla sanità: il fabbisogno sanitario nazionale standard è definito come quello che consente di garantire l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni in condizioni di efficienza. Esso è determinato in coerenza con gli obiettivi complessivi di finanza pubblica venendo di fatto a corrispondere con quello che finora è stato il livello del finanziamento cui contribuisce lo Stato.

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Per ottenere il finanziamento della singola regione si prevede di applicare all’ammontare di finanziamento nazionale così predeterminato il rapporto tra il fabbisogno sanitario standard della regione e la somma dei fabbisogni regionali standard risultanti dall’applicazione a tutte le Regioni dei valori di costo rilevati nelle regioni benchmark. Queste sono scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque che vengono individuate dal Ministero della salute, di concerto col Ministero dell’economia e delle finanze, come regioni che hanno garantito i Livelli essenziali di assistenza (LEA) in condizione di equilibrio economico e di efficienza e appropriatezza. Nella versione definitiva, approvata dopo l’esame parlamentare, le regioni benchmark devono garantire una rappresentanza delle tre aree del paese e della dimensione territoriale minore. Un compromesso solo apparentemente “negativo” dal punto di vista del rigore finanziario. E’ lo stesso meccanismo di calcolo previsto dal decreto che riduce (se non annulla), infatti, il possibile effetto distorsivo del dover considerare, in mancanza di regioni virtuose una rappresentante dell’area territoriale anche “in disavanzo”.

Per ognuno dei tre macrolivelli – assistenza collettiva in ambiente di vita e di lavoro, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera – si calcola un costo standard aggregato come media pro-capite pesata del costo registrato dalle Regioni benchmark (inteso come spesa sostenuta per macro livello rapportata alla popolazione pesata in funzione della struttura per età). Questo costo standard viene poi applicato alla popolazione pesata di ognuna delle regioni, ottenendo così il suo fabbisogno standard regionale.

Tale il metodo di calcolo del costo standard della singola regione annulla quindi il possibile effetto distorsivo indotto dall’utilizzo come benchmark di una regione in disequilibrio: nel calcolo dei costi sono, infatti, escluse le spese finanziate “dalle maggiori entrate proprie rispetto alle entrate proprie considerate ai fini della determinazione del finanziamento nazionale”.

Insieme ad altre voci (le spese per ammortamenti, la mobilità attiva ma non quella passiva) tali esclusioni comportano che, in ciascuna regione i costi netti, coincidano, sostanzialmente, con il finanziamento previsto per l’anno in base al riparto.

Il calcolo della spesa pro capite in base alla popolazione pesata (se viene utilizzata quella adottata per lo stesso anno) finisce per portare a individuare un costo standard sostanzialmente coincidente con l’importo pro capite utilizzato per la ripartizione del finanziamento sanitario. La sua applicazione alla popolazione pesata delle altre regioni e il relativo ricalcolo della distribuzione degli importi tra regioni, non può che riprodurre la distribuzione della popolazione pesata originariamente impiegata. Come è stato già osservato, il metodo individuato per il calcolo dei costi standard in sé, quindi, non ha effetto sul riparto

Con il costo standard così determinato non si intende pervenire per somma al finanziamento nazionale della sanità. Il calcolo dei costi standard serve per “individuare il valore percentuale di ogni singola Regione e Provincia autonoma rispetto al valore nazionale quale fabbisogno sanitario standard regionale da applicare al fabbisogno sanitario standard nazionale”. Insomma, il calcolo dei costi standard non incide sulla definizione del livello del finanziamento ma solo sul criterio di riparto.

I criteri indicati dal decreto potranno in futuro essere rideterminati previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, comunque nel rispetto del livello di finanziamento nazionale stabilito.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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Certo, nella versione approvata sono state inserite modifiche che non sempre rendono più chiaro il processo (è il caso ad esempio della norma che assicura alla migliore regione di riferimento che la quota ad essa attribuita non possa ridursi rispetto all’anno precedente o della modifica introdotta all’articolo 22 che rende meno immediato il calcolo della quota attribuita a ciascuna regione). Ma l’impianto non sembra indebolire i meccanismi di governo della spesa e soprattutto il rispetto dei tetti di spesa. La scelta operata nel decreto di valorizzare l’esperienza maturata negli anni nella gestione della spesa sanitaria, se da un lato sembra ridurre l’impatto del riferimento ai costi standard nel nuovo meccanismo di definizione del finanziamento del settore, dall’altro ha il pregio di semplificare la gestione del sistema, garantendo, per altra via, il collegamento tra la programmazione di bilancio, la compatibilità di finanza pubblica, e l’analisi comparativa di quantità e qualità dei servizi erogati.

Il riferimento ai costi standard può rilevare ai fini degli indicatori di efficienza e appropriatezza ed incidere positivamente sul sistema di autovalutazione delle Regioni e sulla conseguente adozione delle “best practices”, anche se appare non immediatamente rilevante ai fini della determinazione del finanziamento da riconoscere alle diverse realtà territoriali.

L’allocazione delle risorse è destinata a mutare solo se viene assunto un diverso metodo di pesatura rispetto a quello utilizzato nell’anno preso a riferimento. Infatti eventuali conseguenze redistributive dipenderanno dalla estensione dei pesi per le varie classi di età alle varie categorie di assistenza sanitaria (oggi solo un terzo del finanziamento è ripartito sulla base della popolazione pesata, la parte restante sulla base della popolazione assoluta). Le conseguenze nella disponibilità di risorse delle singole regioni (fermo restando l’ammontare complessivo, determinato ex ante), rispetto alla situazione attuale, potrebbero essere in questo caso anche rilevanti.

Con l’adozione di tale meccanismo non sembra, tuttavia, che si sia rinunciato a tracciare un collegamento tra programmazione di bilancio, compatibilità di finanza pubblica, e analisi comparativa dei servizi erogati. Essa è affidata alla capacità (attraverso un esame delle caratteristiche del servizio reso nelle diverse realtà territoriali) di incidere sulla revisione dei criteri di pesatura e sulla dinamica complessiva della spesa a fronte del livello dei LEA garantiti. La disponibilità di dati sui consumi distinti per classe di età, per ora limitata alla spesa ospedaliera, alla farmaceutica e alla specialistica ambulatoriale, potrebbe consentire di rivedere nel tempo la stima della spesa standard nazionale, calcolando in modo sempre più preciso il fabbisogno su cui basare il criterio di pesatura e correggere eventualmente il tasso di variazione della spesa sanitaria complessiva compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica o l’estensione dei servizi da garantire alla collettività.

Nel testo approvato sono stati, infine, previsti interventi per rimuovere carenze strutturali presenti in alcune aree territoriali e atte ad incidere sui costi delle prestazioni, carenze individuate sulla base di specifici indicatori socio-economici. Si è in questo modo scelto di tener conto delle condizioni di svantaggio socio economico di un’area geografica.

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Appendice Nel seguito sono riportate alcune schede relative alle regioni in Piano di rientro nelle quali

le informazioni sui risultati economici e gli esiti dei tavoli di monitoraggio sono lette alla luce di quanto può trarsi dai Verbali del monitoraggio infra-annuale condotto dai Tavoli di verifica. Una lettura necessariamente sintetica (e per questo necessariamente semplificata) di un ricco materiale e lavoro condotto dalle strutture dei Ministeri delle Economia e della Salute in collaborazione con le regioni e il comitato LEA su un vastissimo patrimonio documentale prodotto dalle Regioni16.

La Regione Campania Per quanto riguarda la Campania, in sede di verifica annuale per il 2009, la perdita

accertata era stata pari a 725,6 milioni, cui andavano ad aggiungersi le perdite relative all’esercizio 2008 per 223,6 milioni. Il Tavolo di monitoraggio aveva accertato coperture per 501,5 milioni come somma di maggiori entrate per 253 milioni e la quota del fondo transitorio pari a 249 milioni.

I ritardi accumulati nell’attuazione del piano di rientro spingevano la regione a proseguire nel piano con la presentazione del programma operativo per il 2010.

A luglio la manovra contenuta nel programma operativo risultava solo parzialmente attuata: gli interventi sul personale erano giudicati in sede di monitoraggio inadeguati in quanto non allineati con la normativa nazionale in materia di blocco del turn over e stabilizzazione; non risultava completata la sottoscrizione dei contratti (ovvero le lettere di diffida) relative alla specialistica e riabilitazione, mentre per la componente ospedaliera si era ancora in fase iniziale; le rimodulazione delle compartecipazioni e il controllo delle esenzioni per la quale si prevedevano effetti migliorativi dei saldi per 42 milioni non risultavano ancora attuati; relativamente ai procedimenti contabili e amministrativi non risultava trasmesso il modello CE tendenziale e programmatico.

Alla verifica di ottobre, i Tavoli registravano un miglioramento nello stato di attuazione del programma operativo. In relazione al personale, si prevedeva il divieto automatico ed assoluto di procedere ad assunzioni di personale, sia a tempo indeterminato che determinato, fino al 31.12.2011 e l’adozione di linee di indirizzo per la rideterminazione dei fondi contrattuali.

16 La definizione dei contenuti dei Piani di rientro e le modalità con le quali porre in atto l’affiancamento sono state definite con un documento metodologico da parte dei Ministeri della salute e dell’economia e finanze, discusso e condiviso con le Regioni interessate. Il documento, approvato il 19 aprile 2007 dalle regioni che avevano sottoscritto gli Accordi, costituisce il riferimento per la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività riferite ai Piani di rientro e avviate nell’ambito del SiVeAS presso il Ministero della salute. Nel documento si individuano i provvedimenti che la Regione è tenuta a trasmettere per la preventiva approvazione da parte del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze. L’attività di monitoraggio trimestrale ed annuale dei Piani si realizza in tre fasi. Una fase di verifica e di valutazione dell’andamento generale del Piano in relazione alla programmazione regionale (con riferimento agli adempimenti previsti per l’adeguamento alle linee del Piano sanitario nazionale; verifica del mantenimento dei LEA; verifica dell’andamento degli accordi di programma di edilizia sanitaria; valutazione del raggiungimento di obiettivi di carattere economico–finanziario). Una fase di approvazione dei provvedimenti che devono essere adottati alle scadenze fissate dal Piano ed una di verifica di tutti gli altri provvedimenti da adottarsi da parte della Regione in attuazione degli adempimenti previsti dalla legge finanziaria 2007 alle scadenze fissate. La valutazione del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze, è basata su una apposita griglia di indicatori e sulla griglia del Comitato LEA. La verifica del raggiungimento degli obiettivi intermedi indicati nei Piani, rilevante ai fini della successiva erogazione delle risorse ad essi legate, avviene ordinariamente con cadenza trimestrale, sulla base della documentazione fornita dalle singole Regioni ai Ministeri della salute e dell’economia e finanze. Per la Sardegna, le sessioni di verifica hanno cadenza semestrale/annuale, come previsto nell’Accordo di sottoscrizione dei Piani di rientro (DGR n. 30/33 del 2 agosto 2007). La verifica è effettuata in riferimento ai singoli obiettivi contenuti nei Piani di rientro: vengono verificati gli obiettivi operativi e gli interventi progettuali contenuti nel programma dei Piani, gli indicatori e le relative fonti di verifica. La valutazione riguarda anche la coerenza tra Piano di rientro e interventi relativi al Programma di investimenti in edilizia sanitaria. Tutti gli schemi dei provvedimenti deliberativi del programma di investimenti e degli accordi di programma già sottoscritti sono trasmessi per la preventiva approvazione. In caso di nuovi accordi di programma successivi all’adozione dei Piani di rientro, la Regione deve fornire tutti gli elementi necessari alla verifica di coerenza della proposta di accordo con gli obiettivi generali dei Piani.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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Erano stati predisposti i contratti con gli erogatori privati per l’anno 2010. Al 21 ottobre 2010 erano stati stipulati i contratti per l’esercizio 2010 con 66 case di cura private su 67. Erano stati definiti i limiti di spesa e i relativi schemi di contratto 2010 per le case di cura private.

Oltre che per la farmaceutica, misure di compartecipazione alla spesa erano previste per l’assistenza termale, per il pronto soccorso ospedaliero non seguito da ricovero e per l’assistenza specialistica. Era stato predisposto un piano di recupero degli extra sconti stabiliti dall’AIFA negli accordi negoziali con le aziende farmaceutiche, misure di controllo della spesa farmaceutica e una procedura di verifica delle esenzioni in base al reddito dalla compartecipazione alla spesa sanitaria. Riguardo agli acquisti di beni e servizi erano state previste azioni messe in atto da Soresa.

In tema di rete ospedaliera era stato definito il documento contenente la riorganizzazione e la pianificazione attuativa del riassetto della rete, con una riduzione dei posti letto. Erano stati definiti protocolli di intesa con la Seconda Università degli Studi di Napoli e con l’Università Federico II. Le procedure di accreditamento erano sospese in attesa della definizione del piano ospedaliero.

Erano state predisposte nuove linee guida in materia di accordi transattivi e di dilazione di pagamento, stabilendo una procedura diretta a programmare il pagamento dei debiti sanitari già scaduti ed una diretta a disciplinare la gestione del debito ancora non scaduto.

Con riferimento ai tetti di spesa per l’anno 2010, era stata sottoscritta un’intesa con le case di cura private che contemplava la rinuncia al contenzioso in essere a fronte di un maggior riconoscimento sulla produzione 2010 e di una riclassificazione delle strutture nell’ambito della classificazione tariffaria regionale; risultavano sottoscritti la totalità dei contratti con le case di cura private, con le strutture eroganti assistenza specialistica, con le strutture eroganti assistenza riabilitativa e dialisi

In sede di monitoraggio, il provvedimento di ristrutturazione della rete ospedaliera e quello della rete laboratoristica erano valutati positivamente, funzionali al piano di risanamento strutturale. Rimanevano, tuttavia, ancora in sospeso diversi punti del programma operativo, così come la valutazione degli effetti finanziari di alcune delle misure adottate17.

Nonostante i progressi nell’attuazione del piano verificati nel corso dell’esercizio, non si erano realizzate le condizioni per la disapplicazione, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, del DL 125/2010, degli automatismi previsti dall’articolo 2, comma 86, della legge 191/2009, fra i quali l’incremento delle aliquote fiscali dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF oltre il livello massimo per l’anno 2010, finalizzato alla copertura del disavanzo dell’esercizio 2009.

Il Tavolo di verifica ed il Comitato LEA, anche in funzione delle rilevanti azioni di risanamento fino ad allora adottate, hanno valutato tuttavia che sussistessero le condizioni per procedere all’erogazione di una quota delle spettanze residue a tutto l’anno 2009, pari a 1.701 milioni, nella misura del 60 per cento, per complessivi 1.021 milioni di euro. Ciò, anche in considerazione del fatto che la gestione corrente risultava penalizzata dagli oneri correlati ai ritardi dei pagamenti (conseguenti alla mancata erogazione delle spettanze residue), con pericolo di compromissione del processo di riorganizzazione del Sistema sanitario regionale. La restante quota si riteneva potesse essere erogata subordinatamente all’invio e alla conseguente verifica positiva di ulteriore documentazione.

A marzo 2011 in sede di verifica annuale, confermato in 322 milioni il disavanzo non coperto per l’anno 2009 (importo determinato tenendo conto delle risorse aggiuntive derivanti dall’incremento delle aliquote oltre il livello massimo previsto dalla vigente legislazione), si è accertata una perdita ulteriore di 496 milioni. A fronte di coperture fiscali per 239,6 milioni (rideterminate in riduzione di poco meno di 54 milioni), il disavanzo non coperto (al netto degli ammortamenti non sterilizzati) è pari a 632,5 milioni.

17 I due protocolli d’intesa sottoscritti con le Università pubbliche necessitavano di correzioni e/o integrazioni; risultavano adottati provvedimenti concernenti l’introduzione di misure di partecipazione alla spesa, il cui effetto finanziario programmato poteva essere interamente scontato solo a seguito della verifica positiva della tempistica dell’attuazione (come il controllo delle esenzioni da reddito); risultavano adottati provvedimenti concernenti la rideterminazione dei fondi contrattuali il cui effetto finanziario programmato poteva essere interamente scontato solo a seguito della verifica dell’effettiva attuazione da parte delle aziende. Non risultava inoltre trasmesso il programma operativo per gli anni 2011 e 2012, né conseguentemente predisposte le relative azioni attuative e la documentazione trasmessa ai fini dell’istruttoria della verifica adempimenti 2009 e precedenti risultava ancora non sufficiente.

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La Regione Sicilia Per la regione Sicilia, la verifica annuale per il 2009 aveva evidenziato un disavanzo un

risultato pari a 237,1 milioni. Le coperture attivate (193,1 milioni e il fondo transitorio (98,5 milioni) avevano consentito di chiudere l’esercizio con una eccedenza di 54,5 milioni. Un surplus ridimensionato a 26,2 milioni considerando i rischi di maggiori costi o minori ricavi per oltre 28 milioni individuati in corso di verifica.

A consuntivo, prima delle coperture, il disavanzo è risultato pari a 196 milioni. Il risultato di gestione per l’anno 2009, comprensivo degli ammortamenti non sterilizzati, evidenzia un avanzo di 164,7 milioni.

Nel corso del 2009 le aziende siciliane sono state oggetto della riorganizzazione prevista dalla legge regionale n. 5/2009, che ha previsto accorpamenti nelle aziende ospedaliere. I bilanci consuntivi 2009 derivano, pertanto, dalla riconciliazione dei bilanci delle ex aziende che hanno cessato la loro attività con i bilanci delle nuove aziende. Ciò ha reso necessario un riesame di diverse componenti di ricavo e costo, evidenziando differenze rispetto al risultato ottenuto guardando ai dati del IV trimestre 2009 su cui si basavano le valutazioni del marzo 2010.

Dall’esame dello stato patrimoniale consolidato risultano perdite cumulate al 31 dicembre

2008 pari a 2.491 milioni, con coperture per ripiano perdite rilevate a Patrimonio netto di pari importo. Manca tuttavia ancora la ricognizione della posizione creditoria, alla data di chiusura dell’esercizio 2009, delle aziende verso la regione e delle risultanze dei capitoli di bilancio regionale che rappresentano “crediti verso Stato e regione” e ”debiti verso le aziende sanitarie”

Il Programma operativo presentato a fine dicembre 2010 prevede interventi di

razionalizzazione della rete ospedaliera e di riqualificazione dell’assistenza sanitaria da effettuare nel triennio 2010-2012.

Si tratta, innanzi tutto, di interventi di sistema per il completamento dei processi avviati del Piano di contenimento e di riqualificazione del Sistema sanitario regionale 2007-2009. Tra questi, la rimodulazione della rete ospedaliera al fine di renderla coerente con gli standard di posti letto del Patto per la salute del 3 dicembre 2009. Entro il 31 dicembre 2011 verrebbe garantita unofferta complessiva di 3,87 posti letto per mille abitanti, di cui 3,22 per acuti e 0,65 per riabilitazione e lungodegenza. E’ prevista inoltre: l’adozione di reti cliniche per ambiti specialistici prioritari; interventi di efficientamento; la messa a regime delle sperimentazioni gestionali, la riduzione delle posizioni organizzative e di coordinamento conseguenti alla riorganizzazione ospedaliera; il trasferimento in regime ambulatoriale di prestazioni ricomprese nei DRG ad alto rischio di in appropriatezza; il completamento del percorso di riconversione delle case di cura psichiatriche; il completamento del riordino del sistema di emergenza urgenza attraverso la programmazione delle modalità organizzative di trasporto terrestre e la definizione della rete ospedaliera dell’emergenza; l’attuazione del progetto tessera sanitaria come strumento di monitoraggio e controllo delle prestazioni specialistiche e farmaceutiche; il monitoraggio della razionalizzazione della rete laboratoristica con riferimento sia ai laboratori pubblici che a quelli privati; il potenziamento del territorio attraverso il potenziamento della Rete regionale delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), l’attivazione dei Presidi Territoriali di Assistenza (PTA), il rinnovo dell’Accordo integrativo regionale per le cure primarie, il potenziamento e riordino del sistema di cure domiciliari integrate, il potenziamento della Rete regionale delle cure palliative e per la terapia del dolore, l’attivazione dei Punti Unici di Accesso (PUA), il CUP regionale; l’istituzione del sistema di governo clinico attraverso l’attivazione del Sistema regionale per la gestione del rischio clinico, il programma regionale per la valutazione dell’appropriatezza dei ricoveri e della qualità della codifica delle SDO, il miglioramento delle prescrizioni delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, l’adeguamento del sistema regionale per il governo dei tempi di attesa, il programma regionale per l’adeguamento dell’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie sia pubbliche che private.

Sono, inoltre, programmati interventi sulla spesa farmaceutica che prevedono la riconferma delle quote di compartecipazione (ticket) alla spesa per il periodo di vigenza del programma operativo, e misure di miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva anche in

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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ambito ospedaliero. In materia di personale, si dispone la rideterminazione delle dotazioni organiche delle aziende sanitarie e la rideterminazione dei fondi contrattuali in coerenza con la riorganizzazione e razionalizzazione della rete ospedaliera. Con l’introduzione della Programmazione interaziendale di bacino e di procedure di gara regionali si mira a contenere la dinamica della spesa per acquisti di beni e servizi.

In occasione della verifica annuale per il 2010 dello scorso marzo, si è riscontrato una forte

riduzione del disavanzo che, anche considerando i rischi valutati dal Tavolo di monitoraggio pari a 14 milioni, raggiunge i 67 milioni, ampiamente coperti dalle maggiori entrate derivanti dall’incremento delle aliquote fiscali attivate con la sottoscrizione del piano di rientro e stimate per l’anno in 316 milioni. Anche considerando gli ammortamenti non sterilizzati, il risultato presenta un avanzo di oltre 184 milioni.

La Regione Molise Per la regione Molise, nel 2009 l’esercizio si era chiuso con una perdita di 81 milioni, a cui

andavano ad aggiungersi le perdite riportate dall’esercizio 2008 (29,7 milioni). Le entrate aggiuntive già previste dal piano e il fondo transitorio consentivano solo una copertura parziale del disavanzo (44,3 milioni). Restava da trovare copertura per 66,5 milioni e per gli ulteriori 2,5 relativi a rischi emersi nell’esame dei risultati al Tavolo di monitoraggio. In occasione della verifica annuale era stato valutato per l’anno 2009 un disavanzo non coperto di 69,02 milioni.

Il 2 luglio 2010 la regione ha presentato il programma operativo per il 2010 con il quale dare prosecuzione al piano di rientro approvato nel 2007, secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 88, della legge 191/2009.

Il programma prevedeva tetti di spesa per le prestazioni acquistabili da privato accreditato, articolati per tipologia a seguito della ricognizione del fabbisogno; l’adozione di nuovi procedimenti contabili e gestionali sia per il livello aziendale che regionale; misure per il contenimento del costo del personale per l’anno 2010 e blocco del turn-over, la rideterminazione dei fondi della contrattazione integrativa e la diminuzione delle posizioni organizzative e di coordinamento, in coerenza con quanto disposto dal nuovo Patto per la salute del 3 dicembre 2009 e la definizione del provvedimento di adozione del nuovo atto aziendale dell’ASREM18.

Il programma non risultava tuttavia coerente con gli obiettivi finanziari dell’anno 2010, e ciò al netto dell’ulteriore manovra necessaria per recuperare il disavanzo non coperto 2009 e degli ulteriori effetti finanziari del blocco automatico del turn over.

Il Commissario ad acta veniva invitato ad integrare tempestivamente i Programmi operativi con l’adozione degli atti idonei a garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico per l’anno 2010 e la correzione strutturale del disavanzo.

In particolare si sottolineava la necessità di procedere con la definizione di accordi con gli erogatori privati per importi coerenti con l’equilibrio per l’anno 2010 ricorrendo in caso di mancata sottoscrizione alla sospensione dell’accreditamento; al ritiro della DGR 638/2008 relativa ad un accordo con gli erogatori privati per il rimborso di farmaci e degli oneri contrattuali per gli anni dal 2006 al 2010; all’abolizione delle deroghe al blocco del turn-over per gli anni 2010-2012 conseguentemente a quanto previsto dalla legge 191/2009 (finanziaria 2010); alla sospensione degli atti amministrativi in corso riguardanti le procedure per la stabilizzazione del personale; alla riorganizzazione della rete ospedaliera in coerenza con le esigenze di correzione strutturale della spesa. Venivano, altresì, sottolineati i problemi di

18 L’impatto principale della manovra era concentrato sulla ASREM. Nella riorganizzazione dei posti letto non emergeva, tuttavia, con chiarezza la considerazione della quota dei posti letto dedicati in via prevalente o esclusiva ai pazienti provenienti da altre regioni; i valori scontati con riferimento agli erogatori da privato accreditato erano superiori sia a quelli previsti negli anni passati che alla produzione resa negli anni passati; si proponevano risparmi che non risultavano supportati da evidenze plausibili sia nell’entità delle stime di risparmio che nella capacità effettiva di aggressione della spesa; non risultavano interventi sulla farmaceutica convenzionata, mentre sulla farmaceutica ospedaliera i provvedimenti adottati erano stati valutati non suscettibili di produrre adeguati risparmi; per il personale i dati indicati nel programma operativo risultavano discordi da quelli comunicati in fase di monitoraggio e la revisione della dotazione organica risultava formulata in termini troppo generici.

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attendibilità di alcune voci di bilancio e i rischi di tenuta dei tetti di spesa degli erogatori privati e di limitato impatto economico sul II trimestre 2010 delle manovre previste.

La grave situazione finanziaria determinata dai ritardi nell’attuazione del piano, pur in presenza di prime innovazioni di carattere strutturale, portavano nel successivo mese di ottobre, a ritenere che persistessero le condizioni per l’applicazione della procedura di cui all’articolo 2 della legge 191/2009 (l’incremento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF per l’anno d’imposta in corso, rispettivamente nelle misure di 0,15 e 0,30 punti, l’applicazione del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso e il divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo).

Poiché, inoltre, con l’aumento delle aliquote si prevedeva un gettito di circa 10,8 milioni, non sufficiente alla copertura integrale del disavanzo 2009, la regione avrebbe dovuto disporre nel corso del 2010 una manovra aggiuntiva al fine di pervenire ad una copertura definitiva del disavanzo 2009 di circa 58,2 milioni.

Nel mese di ottobre si valutava per l’anno 2010 un disavanzo non coperto consistente (35,890 milioni) che, sommato alla perdita non coperta dell’anno 2009 e precedenti pari a 54,810 milioni, avrebbe determinato una perdita complessiva non coperta di 90,7 milioni.

La verifica annuale del marzo 2011 ha confermato, aggravandole, tale previsioni. La perdita di esercizio ha raggiunto i 57 milioni; ad essa si sono aggiunti 55 milioni di perdite trasportate da esercizi precedenti, nonché rischi per 12 milioni. La copertura prevista in termini di entrate (23 milioni) ha portato la perdita complessiva non coperta a superare i 100 milioni.

La Regione Lazio Per il Lazio, in sede di verifica annuale (marzo 2010) era stato accertato un disavanzo per

l’esercizio 2009 di 1.374,5 milioni, cui dovevano aggiungersi perdite riportate per 186,4 milioni. Le coperture individuate erano pari a 1.186,8 milioni, mentre rimanevano da coprire 421 milioni comprensivi dei rischi di maggiori costi o di minori ricavi individuati dal monitoraggio (47 milioni). La regione chiedeva al riguardo, per un importo fino ad un massimo di 565 milioni, l’intervento attraverso il Fas secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 90, della legge 191/2009.

Il 23 aprile 2010, il consiglio dei Ministri nominava il nuovo presidente della Regione Commissario ad acta per la sanità con il mandato di dare attuazione alle linee di intervento già previste dal Piano di rientro.

Il Programma operativo prevedeva il proseguimento delle azioni di supporto contabile e gestionale; la razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale; la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi; l’intervento sulla spesa farmaceutica convenzionata; l’intervento sulla spesa farmaceutica; la definizione dei contratti con gli erogatori privati accreditati e ridefinizione delle relative tariffe; la stipula dei protocolli di intesa con le Università pubbliche e private; il riassetto della rete ospedaliera con adeguati interventi per la dismissione /riconversione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia e la revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate; il completamento del riassetto della rete laboratoristica e di assistenza specialistica ambulatoriale; il riequilibrio dell’offerta a favore delle strutture territoriali intermedie e dell’assistenza domiciliare; l’ introduzione di misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, ove necessarie a garantire l’equilibrio della gestione; l’ approvazione del piano sanitario regionale in coerenza con il piano di rientro; la modifica dei provvedimenti approvati dalla regione in carenza o difformità dal preventivo parere di approvazione da parte dei Ministeri interessati all’attività di affiancamento; il potenziamento della struttura amministrativa interna, funzionale alla corretta gestione dei procedimenti in modo stabile e duraturo; l’impegno di sospendere eventuali nuove iniziative in corso per la realizzazione o l’apertura di nuove strutture sanitarie pubbliche ovvero per l’autorizzazione e l’accreditamento di strutture sanitarie private fino all’avvenuta adozione del piano di riassetto della rete ospedaliera, della rete laboratoristica e della rete di assistenza specialistica ambulatoriale.

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 13 maggio 2010, riteneva di non esprimere l’intesa in ordine alle richieste di utilizzo dei fondi Fas da parte della regione Lazio. Pertanto, ai

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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sensi dell’articolo 1, comma 796, lettera b), sesto periodo, della legge 296/2006 e dell’articolo 2, commi 86, 88 e 91, della legge 191/2009, vi erano le condizioni per l’applicazione degli incrementi delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF per l’anno d’imposta in corso, rispettivamente nelle misure di 0,15 e 0,30 punti, per l’applicazione del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso e per l’applicazione del divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo.

Tale aumento delle aliquote era previsto conseguire un gettito aggiuntivo di circa 330,8 milioni, non sufficiente alla copertura integrale del disavanzo 2009 pari a 421 milioni. La regione doveva, quindi, prevedere nel corso del 2010 una manovra aggiuntiva di circa 90 milioni.

Il monitoraggio in corso d’anno evidenziava importanti progressi nell’attuazione del programma operativo, segnalando al contempo il permanere di ritardi.

A ottobre 2010, in sede di monitoraggio, si rilevava che i risparmi associati agli interventi sul

personale continuavano a non essere adeguatamente documentati. Non era pertanto possibile verificare la manovra sulla rideterminazione dei fondi negli importi distinti per gli anni 2009 e 2010, né distinguere l’effetto derivante dal blocco del turn-over dagli ulteriori interventi di contenimento del costo del personale. Con riferimento ai fondi contrattuali, si riteneva necessaria una verifica della relativa rideterminazione in conseguenza delle riorganizzazione della rete ospedaliera. Erano, invece, valutate positivamente le azioni della regione sulla spesa farmaceutica territoriale.

Riguardo al riassetto della rete ospedaliera, si prendeva atto che il quadro complessivo disegnava un impegno programmatorio importante, partendo da una puntuale analisi delle problematiche e delineando gli interventi necessari alla riorganizzazione dell’intero sistema. Le azioni programmate prevedevano rilevanti interventi di forte impatto organizzativo e strutturale, dalla riduzione dei posti letto, alla riorganizzazione delle diverse discipline in funzione delle reti, compresa l’emergenza, alla trasformazione di numerosi presidi, alla realizzazione di nuovi ospedali19.

Preso atto dei passi avanti compiuti e considerando i provvedimenti adottati in relazione alla ristrutturazione della rete ospedaliera e della rete laboratoristica significativi sul piano del risanamento strutturale, in sede di monitoraggio si erano segnalate alcune tematiche suscettibili di ulteriori approfondimenti: l’allineamento tra il Piano sanitario regionale e il Piano ospedaliero, le case di cura neuropsichiatriche, la programmazione di dettaglio dell’alta riabilitazione, la soglia di numero minimo di posti letto per le UOC, l’assistenza prenatale, raccordo tra l’impianto programmatorio generale e il dettaglio della programmazione per reti assistenziali, il miglioramento della valutazione d’impatto economico, il crono programma attuativo.

Anche sul fronte delle procedure per l’accreditamento si rilevava la necessità che il regolamento attuativo, da adottarsi entro il 28.02.2011, esplicitasse la necessità della verifica della richiesta funzionalità ai sensi del d.lgs. 502/92 rispetto al fabbisogno regionale degli aventi diritto, nonché il crono programma della verifica del possesso dei predetti requisiti accreditativi e dei requisiti ulteriori di qualificazione, e la verifica preventiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti.

Positiva la situazione degli accordi con le strutture private per l’anno 2010: risultavano sottoscritti la quasi totalità dei contratti con le case di cura private, con le strutture eroganti assistenza specialistica, con le strutture private accreditate eroganti altra assistenza e con gli ospedali classificati; mentre risultavano non sottoscritti i contratti degli IRCCS privati e della maggior parte delle strutture di riabilitazione e lungodegenza; erano, infine, sottoscritti i due protocolli d’intesa con le Università che, tuttavia, necessitavano di correzioni e/o integrazioni.

La regione non aveva, tuttavia, inviato il provvedimento relativo al piano dei pagamenti dei debiti sanitari in attuazione dell’articolo 11, comma 2, del DL 78/2010; il Piano sanitario regionale non risultava

19 Nell’ambito degli interventi di riorganizzazione sono stati individuati per tutte le strutture pubbliche e private la dotazione di posti letto attuale e quella derivante dagli interventi di riqualificazione. Secondo la relazione AGENAS, per quanto riguarda le strutture per acuti pubbliche è previsto un passaggio da 16.455 a 15.546 posti letto, con una riduzione di 909 p.l. pari al - 5,5%. Per quanto riguarda le strutture per acuti private, è previsto un passaggio da 2.640 a 2.758, con un aumento di 118 p.l., pari a + 4,5%. Per quanto riguarda le strutture di riabilitazione pubbliche, il passaggio è da 1.668 a 1.087 p.l., con una riduzione di 581 p.l., pari a – 34,8%, mentre nel privato il passaggio è da 4.008 a 2.532 p.l., con una riduzione di 1.477 p.l., pari a – 36,8%. I posti letto previsti rispettano gli standard previsti dal Patto per la salute del 3 dicembre 2009.

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coordinato con il Piano ospedaliero, né risultava trasmesso il programma operativo per gli anni 2011 e 2012 né, conseguentemente, predisposte le relative azioni attuative; la documentazione trasmessa ai fini dell’istruttoria della verifica adempimenti 2009 e 2008 risultava ancora non sufficiente.

A fronte di tale complessiva situazione, i Tavoli di verifica non ritenevano rispettate le

condizioni per la disapplicazione, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis del DL 125/2010, degli automatismi previsti dall’articolo 2, comma 86 della legge 191/2009, fra i quali l’incremento delle aliquote fiscali dell’Irap e dell’addizionale regionale dell’Irpef oltre il livello massimo per l’anno 2010, finalizzato alla copertura del disavanzo dell’esercizio 2009.

Anche in funzione delle rilevanti azioni di risanamento fino ad allora adottate, veniva, tuttavia, valutato che sussistessero le condizioni per procedere all’erogazione di una quota delle spettanze residue a tutto l’anno 2009 ( 2.023 milioni), nella misura del 60 per cento, per complessivi 1.214 milioni. Ciò, anche in considerazione del fatto che la gestione corrente risultava pesantemente gravata degli oneri correlati ai ritardi dei pagamenti (in conseguenza della mancata erogazione delle spettanze residue) con effetti negativi sul processo di riorganizzazione del Sistema sanitario regionale.

La restante quota si riteneva potesse essere erogata per un ulteriore 20 per cento subordinatamente all’invio e alla conseguente verifica positiva dell’adozione di tutte le misure necessarie, ivi comprese eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi finanziari per l’anno 2010, del programma operativo per gli anni 2011 e 2012 ivi compresi i relativi provvedimenti attuativi20; del provvedimento relativo al piano dei pagamenti di cui all’articolo 11, comma 2, del DL 78/2010; della relazione attestante il definitivo consolidarsi dei flussi informativi connessi al sistema Tessera sanitaria; della documentazione concernente l’effettiva manovra riguardante il personale per l’anno 2010; dell’adeguamento del Piano sanitario regionale in coerenza con il Piano ospedaliero. Per un ulteriore il 10 per cento a fronte dell’effettiva attuazione del provvedimento di riorganizzazione della rete ospedaliera e della rete laboratoristica; dell’effettiva rideterminazione dei fondi contrattuali aziendali per l’anno 2011 in coerenza con il Piano ospedaliero; dell’adozione del regolamento concernente le procedure di accreditamento. Ed infine un 10 per cento in seguito della verifica positiva dell’equilibrio di bilancio, nonché alla verifica positiva degli adempimenti previsti per gli anni 2009 e 2008.

A fronte di tali impegni, la gestione commissariale richiedeva: l’accesso all’utilizzo ai fondi FAS ai fini del concorso alla copertura dei disavanzi accertati

a tutto l’anno 2009 e di consentire, in deroga alle disposizioni normative vigenti, di provvedere alla copertura del disavanzo sanitario per l’anno 2010 anche mediante risorse di bilancio regionale21;

la possibilità di parziale deroga alle disposizioni recate dall’articolo 2, comma 2-bis del DL 125/2010, diretta a disapplicare almeno in parte la misura del blocco totale del turn over, per tenere conto di particolari situazioni dirette a garantire l’erogazione dei LEA22;

l’estensione per la quota residua del prestito a valere sull’anticipazione di liquidità dei 9.100 milioni autorizzata dall’articolo 2, comma 46, della legge 244/2007, ferma restando l’individuazione da parte regionale della relativa copertura pluriennale a valere su entrate certe e vincolate;

l’accesso all’anticipazione di liquidità a valere sulle risorse disponibili di cui all’articolo 2, comma 98, legge 191/2009, ferma restando l’individuazione da parte regionale della relativa copertura pluriennale a valere su entrate certe e vincolate e la sottoscrizione del relativo contratto di prestito.

20 In particolare, il decreto di fissazione dei tetti di spesa ed i relativi contratti sottoscritti per gli anni 2011 e 2012. 21 Cfr articolo 1, comma 50, della legge 220/2010. 22 Cfr articolo 1, comma 52, della legge 220/2010.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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La verifica del febbraio 2011 rivedeva il differenziale complessivo tra la posizione netta del SSR al 31/12/2009 e le somme iscritte, nel medesimo periodo, nel bilancio regionale per la copertura, pari a 1.366 milioni.

A chiusura del consuntivo 2009 per la copertura della perdita, che raggiungeva nel complesso i 2.647 milioni (comprensivi del debito pregresso di 1.041 milioni), si è proceduto all’estensione del prestito di cui all’articolo 2, comma 46, della legge 244/2007 per la quota residua del contratto per 227 milioni e all’anticipazione di liquidità a valere sulle risorse di cui all’articolo 2, comma 98, della legge 191/2009 per 300 milioni. La legge regionale n. 8/2010 ha conseguentemente stanziato 35 milioni per la copertura delle rate per la restituzione dell’ulteriore anticipazioni di liquidità. Somma che si va ad aggiungere alla rata di 310 milioni già previsti nel Piano di rientro per l’ammortamento della precedente anticipazione. Veniva, infine, riconosciuta alla regione la possibilità di accedere ai fondi Fas per complessivi 797 milioni.

Nel marzo 2011, il monitoraggio relativo all’esercizio 2010 condotto sui CE del IV quadrimestre ha evidenziato perdite per 1.070 milioni, cui vanno ad aggiungersi rischi valutati dal Tavolo per 42 milioni. Le coperture fiscali per 759 milioni e altre risorse di bilancio per circa 410 milioni hanno consentito di conseguire un risultato di esercizio positivo per circa 100 milioni.

La Regione Abruzzo Per la regione Abruzzo, il monitoraggio annuale aveva portato ad individuare un disavanzo

per il 2009 di 31,9 milioni, che salivano a 113,1 considerando il riporto delle maggiori perdite 2008. A tali valori dovevano aggiungersi le somme ancora da ripristinare distratte dalla regione dal fondo sanitario per destinarle a spese extrasanitarie e quelle relative al mancato recupero dei crediti (con conseguente mancata copertura delle perdite registrate fino al 31 dicembre 2007).

Nel 2010 i ritardi nella realizzazione del Piano di rientro portavano la regione a predisporre un programma operativo, prevedendo la prosecuzione dell’attività di riequilibrio ai sensi dell’articolo 2, comma 88, della legge n. 191/2009.

Il Programma comprende 5 interventi “di processo” e 6 interventi “di prodotto” Gli interventi di processo riguardano: il potenziamento delle attività di pianificazione strategica attraverso la costituzione di un “Tavolo per l’Abruzzo”; il governo dei flussi istituzionali; la creazione di un sistema di monitoraggio gestionale del SSR al fine di raccogliere, elaborare ed interpretare le informazioni relative ai fattori produttivi impiegati ed alle prestazioni/servizi erogati, la gestione delle risorse umane a livello regionale; l’istituzione di un sistema di monitoraggio dell’appropriatezza delle prestazioni erogate dal SSR.

Gli interventi di prodotto prevedono: il Piano della rete ospedaliera; la razionalizzazione della rete di assistenza territoriale; la revisione dell’assetto attuale della rete di emergenza urgenza; la razionalizzazione della rete dei laboratori pubblici; la determinazione dei tetti di spesa per gli erogatori privati; la razionalizzazione della spesa farmaceutica.

Centrale nel percorso di risanamento è il provvedimento concernente il riassetto della rete ospedaliera in coerenza con quanto disposto dal nuovo Patto per la salute del 3 dicembre 2009 in materia di standard di posti letto. Esso si basa su una valutazione della dimensione ottimale delle strutture, che tiene conto anche dei livelli di inappropriatezza presenti nell’attuale flusso dei ricoveri. Ne è derivato un fabbisogno di posti letto per acuti intorno al 2,9 per mille, rispetto all’attuale 3,5, con una differenza di 840 posti letto. Per la lungodegenza e la riabilitazione, il fabbisogno è individuato intorno allo 0,66 per mille comportando una rimodulazione che vede l’attribuzione di ulteriori 24 posti letto alle strutture pubbliche. Con riferimento ai posti letto per acuti, la riduzione interessa le strutture pubbliche per 718 posti letto e le strutture private per 122 posti letto. Guardando alla rete ospedaliera, la previsione è quella di riconversione di 6 strutture, 5 delle quali da trasformare in Presidi territoriali di assistenza H24 cui vengono affidate una serie di funzioni e una da riconvertire in Presidio territoriale di riabilitazione. Al momento della presentazione del programma, si prevedeva di concludere la riconversioni delle prime 4 strutture entro l‘agosto l 2010, e per le ultime due, rispettivamente, il 30 settembre e il 31 dicembre 2010.

Il programma è stato ritenuto adeguato dal Tavolo di monitoraggio; sono state richieste, tuttavia, correzioni ed integrazioni in merito ai provvedimenti concernenti le limitazioni del turn over e alla razionalizzazione dei laboratori privati. E’ stato, inoltre, richiesto di aggiungere come obiettivo la

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revisione delle residenze assistenziali, nonché l’introduzione della compartecipazione per le prestazioni in day service.

A fine 2010, il monitoraggio confermava il giudizio complessivamente positivo sulla manovra di riassetto strutturale.

La verifica degli adempimenti per l’anno 2009 e precedenti restava, tuttavia, subordinata alla definizione degli aspetti relativi all’equilibrio di bilancio, mentre il profilarsi di un risultato negativo per il 2010 consigliava l’adozione di tutte le misure necessarie, ivi comprese eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi finanziari per l’anno. Non risultava, infine, predisposto il programma operativo per gli anni 2011 e 2012.

La nuova stima delle risorse da reintegrare (alla distrazione di risorse 2004, 2005 e 2006 del fondo sanitario si aggiunge l’utilizzo delle risorse destinate alla copertura del disavanzo 2006) cresciute a 331,5 milioni ha portato, a consuntivo, la perdita da coprire nel 2009 a 456 milioni. Conseguentemente, il Commissario ad acta ha avanzato la richiesta di utilizzare per 160 milioni i fondi Fas e accedere fino a 200 milioni all’anticipazione di liquidità a valere sulle risorse disponibili di cui all’articolo 2, comma 98, della legge 191/2009, ferma restando l’individuazione, da parte della regione, della relativa copertura pluriennale a valere su entrate certe e vincolate e la sottoscrizione del relativo contratto di prestito. In tal modo è stato possibile completare la copertura del disavanzo 2009.

Con la finanziaria regionale per il 2011 è stata a tal fine disposta l’istituzione dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione prevedendo la finalizzazione delle relative entrate per un periodo di trenta anni, e comunque fino alla totale estinzione di quanto dovuto, per un importo annuo di 8 milioni di euro, nonché delle entrate della tassa automobilistica regionale per un importo annuo di 5 milioni di euro.

A marzo 2011, la verifica del risultato 2010 ha evidenziato un disavanzo di 7,2 milioni, cui vanno ad aggiungersi 21,5 milioni quali rischi valutati dal Tavolo di monitoraggio. Le coperture fiscali da piano di rientro, seppur notevolmente ridimensionate, hanno consentito di chiudere l’esercizio con un risultato positivo di 10,4 milioni

La Regione Calabria Il Piano di rientro per la regione Calabria è stato definito alla fine del 2009. A fine marzo 2010, il Tavolo e il Comitato valutavano in 1.014 milioni la perdita non

coperta cumulata per il periodo 1 gennaio 2006-31 dicembre 2009. Per la copertura, la regione aveva chiesto di poter utilizzare i fondi Fas.

Nell’analizzare lo stato di attuazione del piano di rientro, Tavolo e Comitato avevano valutato che lo stesso risultasse inadeguato in funzione della mancata adozione di numerosi provvedimenti e della assunzione di atti non adeguati rispetto a quanto previsto dal piano e non coerenti con gli obiettivi.

Il Consiglio dei Ministri riteneva, pertanto, di non esprimere l’intesa23 in ordine alle richieste di utilizzo del Fas da parte della regione Calabria. Si confermavano, quindi, le condizioni24 per l’applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla legislazione vigente, (incremento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF per l’anno d’imposta in corso, rispettivamente nelle misure di 0,15 e 0,30 punti), del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale (fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso) e del divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo.

Sulla base della stima delle entrate derivanti dall’attivazione della leva fiscale oltre i massimi, pari a 52,8 milioni, residuava una perdita cumulata non coperta per il periodo 2006-

23 Prevista dal comma 90 dell’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. 24 Ai sensi dell’articolo 1, comma 174, della legge 311/2004 e dell’articolo 2, commi 86, 87 e 91, della legge 191/2009.

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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2009 di 961 milioni, a fronte della quale la regione era previsto disponesse una manovra aggiuntiva.

Grave era poi il ritardo accumulato nell’attuazione della certificazione della posizione debitoria, ivi inclusa la gestione accentrata regionale e le somme eventualmente dovute a titolo di interessi per i ritardati pagamenti; la verifica adempimenti relativa al 2008 continuava ad avere esito negativo.

A inizio luglio, Tavolo e Comitato prendevano atto che la regione non aveva inviato le informazioni relative al consuntivo 2009 e rilevavano che il processo di certificazione della posizione debitoria evidenziava notevoli criticità.

Dalla relazione predisposta dall’advisor emergeva, poi, che le inefficienze ed i ritardi accumulati dalle strutture regionali nel processo di riconciliazione del debito erano ormai da considerarsi cronici e difficilmente colmabili; l’obiettivo della chiusura del processo di ricognizione e riconciliazione del debito difficilmente sarebbe stato concluso prima di 6 mesi; le strutture contabili-amministrative del SSR (Aziende e Dipartimento) non erano in grado di fornire nei tempi richiesti e con la dovuta accuratezza i dati utili allo stesso processo; le informazioni sulla spesa accentrata regionale erano ancora insufficenti; gli atti inviati dalla regione a seguito della lettera di diffida del Presidente del Consiglio non erano idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti dal piano di rientro. In particolare: mancava l’adozione del piano di riorganizzazione definitivo della rete di offerta ospedaliera coerente con il piano di rientro; non erano pervenuti i contratti sottoscritti dagli erogatori privati; i provvedimenti relativi al personale non sono stati completamente adottati; i provvedimenti relativi alla gestione dei beni e servizi non soddisfano quanto previsto dal piano di rientro; la documentazione trasmessa ai fini della verifica adempimenti per gli anni 2009 e precedenti risultava non sufficiente.

Permanevano criticità ed inadeguatezze tali da confermare i presupposti ai fini della procedura di cui all’articolo 4, del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla legge 222/07. Il Consiglio dei Ministri del 30 luglio 2010 nominava il Presidente pro tempore della Giunta della Regione Calabria quale Commissario ad acta per l’attuazione del vigente piano di rientro. Con delibera del 4 agosto 2010 venivano nominati due sub Commissari.

Il mandato attribuito prevedeva la conclusione del processo di certificazione della posizione debitoria regionale; il riassetto della rete ospedaliera con la dismissione /riconversione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia e la revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate; la razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale; la razionalizzazione e contenimento della spesa per l’acquisto di beni e servizi; interventi sulla spesa farmaceutica convenzionata, per la realizzazione degli obiettivi del Piano; interventi sulla spesa farmaceutica ospedaliera, finalizzati al suo riallineamento agli obiettivi programmati in sede nazionale; la definizione dei contratti con gli erogatori privati accreditati, e dei tetti di spesa delle relative prestazioni con l’attivazione, in caso di mancata stipula, di quanto prescritto dall’articolo 8-quinquies, comma 2-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e ridefinizione delle relative tariffe; il completamento del riassetto della rete laboratoristica e di assistenza specialistica ambulatoriale; l’attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante l’adeguamento della vigente normativa regionale; interventi sulla spesa relativa alla medicina di base; la revoca o la modifica dei provvedimenti regionali approvati dalla regione in carenza o difformità di preventivo parere di approvazione da parte dei Ministeri interessati all’attività di affiancamento, in coerenza con le linee del piano di rientro; l’introduzione di misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie. Il Commissario, inoltre, doveva sospendere eventuali nuove iniziative regionali in corso per la realizzazione o l’apertura di nuove strutture sanitarie pubbliche, ovvero per l’autorizzazione e l’accreditamento di strutture sanitarie private fino all’avvenuta adozione del piano di riassetto della rete ospedaliera, della rete laboratoristica e della rete di assistenza specialistica ambulatoriale, tranne quelle necessarie alla attuazione del piano di rientro.

Un primo bilancio dell’andamento della gestione del piano è stato possibile a partire dalle verifiche svolte dai Tavoli di monitoraggio, aggiornate ad ottobre 2010.

Sono state definite le tariffe per le prestazioni di assistenza ospedaliera valide dall’anno 2009; sono state approvate le tre reti assistenziali (ospedaliera, emergenza-urgenza, territoriale) In tema di accreditamento, fino all’avvenuta formalizzazione delle nuove reti ospedaliera, laboratoristica e di

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specialistica ambulatoriale, è stato sospeso il rilascio dei provvedimenti per la realizzazione o l’apertura di nuove strutture pubbliche ovvero per l’autorizzazione e l’accreditamento di strutture previste, tranne quelle necessarie all’attuazione del piano di rientro. Gli accreditamenti provvisori e i progetti di riconversione dovevano essere ultimati, pena la revoca dell’autorizzazione sanitaria all’esercizio, entro il 31 ottobre 2010, al fine di consentire il completamento della procedura di rilascio dell’accreditamento definitivo delle medesime strutture entro il 31 dicembre 2010.

Sono stati definiti tetti di spesa per l’acquisto di beni e servizi per l’anno 2010. E’ stata disposta la revoca dei decreti di autorizzazione all’assunzione precedentemente adottati al fine

di consentire una nuova valutazione delle esigenze di personale, in coerenza con i provvedimenti di razionalizzazione della rete sanitaria. E’ stato disposto il blocco totale del turn over in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 174, della legge 311/2004 e dall’articolo 2, commi 86, 87 e 91 della legge 191/2009. Non è stato possibile effettuare un riscontro definitivo sul personale in servizio al 31.12.2009, in quanto alcune aziende non hanno ancora provveduto a completare l’invio dei dati di loro competenza ai fini dell’inserimento del Conto Annuale 2009.

Con riferimento all’introduzione delle ulteriori condizioni di esenzione per reddito, che fanno riferimento all’indicatore ISEE, non risulta precisato il relativo procedimento di controllo del diritto all’accesso alle medesime esenzioni.

Rispetto agli obiettivi prefissati dal piano di rientro, al relativo crono programma e al mandato commissariale, la documentazione è stata valutata dai Tavoli nel complesso insufficiente. Gli obiettivi di maggiore rilevanza, quali il Piano per il riordino della rete ospedaliera, territoriale e dell’emergenza - urgenza e la sottoscrizione dei contratti con gli operatori privati sono stati comunicati e assunti con ritardo (nel mese di ottobre 2010). Come in ritardo sono state prodotte le informazioni relative al Consuntivo CE 2009. E’ stato definito un nuovo processo per la gestione del debito commerciale, ma non sono state fornite adeguate informazioni sullo stato patrimoniale sia per l’anno 2008 che per l’anno 2009.

Ritardi ed insufficienze gravi nella conduzione degli interventi in materia di sanità veterinaria e sicurezza degli alimenti sono stati rilevati dal Ministero della salute, che ha richiesto l’attivazione delle necessarie azioni correttive.

Il Tavolo e il Comitato hanno quindi ritenuto che non si fossero realizzate le condizioni per la disapplicazione, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis del DL 125/2010, degli automatismi previsti dall’articolo 2, comma 86 della legge 191/2009, fra i quali l’incremento delle aliquote fiscali dell’Irap e dell’addizionale regionale dell’Irpef oltre il livello massimo per l’anno 2010 (finalizzato alla copertura del disavanzo dell’esercizio 2009).

Nell’esercizio 2010, secondi i dati del IV trimestre, si è verificata una perdita di circa 172 milioni, coperta con le risorse incluse nel CE. Rimane ancora da individuare la copertura delle perdite maturate dal 2006 per circa 920 milioni.

La Regione Piemonte La Regione Piemonte, il 29 luglio 2010, ha sottoscritto l’accordo con il Ministero della

salute e il Ministero dell’economia e delle finanze ed il relativo piano di rientro, al fine di ottenere la riattribuzione del maggior finanziamento previsto per l’anno 2004 e non assegnato. Il disavanzo a tutto il 31/12/2004 è pari a 676 milioni di euro.

Il perseguimento dell’equilibrio economico si articola essenzialmente su due aree di criticità. L’una riguarda problematiche connesse al completo perseguimento dei LEA in modo omogeneo sul territorio regionale, riconducibili ad uno scarso equilibrio fra i macrolivelli assistenziali e perfezionabili mediante lo sviluppo dell’assistenza collettiva e distrettuale e il contenimento dell’assistenza ospedaliera. La razionalizzazione riguarderà la rete dell’emergenza ospedaliera, la rete dei laboratori di analisi e la rete di degenza

L’altra area di intervento riguarda la necessità di razionalizzare le attività amministrative e di supporto prevedendo, per quel che concerne il personale, il blocco degli incrementi per nuovi servizi, il blocco del turn-over e la riduzione degli interinali e, per quel che attiene i costi per l’acquisto di beni e servizi, la loro riduzione essenzialmente nell’area dell’assistenza integrativa e protesica.

La regione, avendo i principali parametri che caratterizzano le situazioni strutturali (dotazione posti letto, tasso di ospedalizzazione, spesa farmaceutica convenzionata) tendenzialmente in linea con i valori

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II. IL PATTO DELLA SALUTE

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attesi, ha indirizzato il suo programma verso il controllo di tutte le voci di costo differenziando le criticità fra le diverse situazioni gestionali aziendali.

Nell’Addendum sono stati delineati gli obiettivi di intervento nelle diverse macro-aree per il periodo 2010-2012 ed il conseguente dimensionamento dell’apporto finanziario a carico del bilancio regionale in relazione alla manovra perseguita per tali anni, la riorganizzazione della rete ospedaliera e il programma sanitario regionale 2010.

Tale programma prevede la riorganizzazione delle reti assistenziali (ospedaliera, emergenza, territoriale, laboratorio analisi, radiodiagnostica); la definizione della consistenza organica del personale, il blocco di prestazioni aggiuntive, il blocco parziale del turn over, la definizione di tetti di spesa per la consistenza organica; la revisione del Prontuario per la farmaceutica territoriale, il rafforzamento dei controlli di appropriatezza prescrittiva, il monitoraggio delle prescrizioni in dimissione e dopo visita ambulatoriale; una razionalizzazione nell’utilizzo de la farmaceutica ospedaliera e la centralizzazione in farmacia delle preparazioni antiblastiche, l’unificazione delle procedure di gara, il monitoraggio dell’appropriatezza nell’utilizzo delle immunoglobuline, l’implementazione e potenziamento del sistema informativo, la centralizzazione acquisto beni e servizi, la riorganizzazione servizi di assistenza integrativa e protesica;

Centrale nel ridisegno è lo scorporo delle strutture ospedaliere dalle ASL e la riorganizzazione dei vari presidi, unificandoli in unica azienda per ciascuna area. Con tale provvedimento si intende affrontare il problema della gerarchia tra gli ospedali includendo, nella stessa azienda, i presidi di riferimento (sede di DEA di II livello), di cardine (sede di DEA di I livello), di contiguità (sede di Pronto Soccorso) e gli altri presidi pubblici dell’area geografica di appartenenza. Ne deriva una organizzazione incentrata su 11 ASL, 3 Aziende Ospedaliero-Universitarie e 4 Aziende Ospedaliere. Le aziende Ospedaliero-Universitarie e quelle Ospedaliere raggruppano complessivamente 67 presidi.

L’obiettivo nella dotazione di posti letto è quello di rientrare nei parametri nazionali previsti dal Patto per la salute 2010-2012 (per la post-acuzie di rispettare lo 0,7 p.l. per mille abitanti e, per gli acuti, di raggiungere il valore di 3 p.l. per mille abitanti al di sotto del parametro nazionale pari a 3,3 p.l. per mille abitanti). E’ prevista la cessazione di attività di ricovero (sia in acuto che in lungodegenza e riabilitazione) dei presidi ospedalieri, l’indicazione per ciascuna azienda ospedaliera, universitaria e non, di un’unica Unità Operativa Complessa per ciascuna disciplina specialistica, al fine di ridurne il numero; la riconversione in residenzialità dei piccoli ospedali.

Per quanto attiene all’emergenza, le iniziative si inseriscono in un percorso più ampio già avviato nel 2008 con provvedimento regionale di definizione dei criteri e degli elementi di base per la riorganizzazione del sistema.

L’assistenza territoriale è rappresentata da 11 ASL, articolate per ciascuna delle 7 province ad esclusione di quella di Torino che ne comprende 4, rappresentando la stessa oltre il 50 per cento della popolazione della regione. Sono previsti interventi in tematiche specifiche (appropriatezza, presa in carico del paziente, gestione integrata per i codici bianchi e verdi, attivazione, in fase di sperimentazione, di Centri di assistenza primaria (CAP), aggiornamento della riorganizzazione dei MMG assistenza specialistica, cure domiciliari).

Nel quadro della riorganizzazione si introduce una funzione definita extraospedaliera “di continuità assistenziale a valenza sanitaria”. Si tratta di 1.800 p.l. da aggregare in strutture che dovranno disporre di almeno 60 pl e in cui l’organizzazione dell’assistenza medica sarà affidata ai medici della rete pubblica di assistenza specialistica ambulatoriale.

Sono poi previsti provvedimenti di blocco parziale del turn over del personale a tempo indeterminato e di limitazioni nelle assunzioni del personale a tempo determinato; il blocco parziale delle prestazioni aggiuntive, le limitazioni di altre forme di acquisizione del personale, il divieto di attivare nuovi servizi, di conferire commesse e di esternalizzazione servizi.

La regione ha disposto per le aziende sanitarie stringenti azioni di controllo dei consumi e dei costi dei beni e servizi prevedendo, tuttavia, l’incremento delle manutenzioni degli edifici per l’adeguamento alle norme di sicurezza e delle attrezzature sanitarie per mantenerle in condizioni di efficienza e sicurezza.

Sulla base dei dati del consuntivo 2009, si è confermato un disavanzo di 387,5 milioni, che

ha trovato copertura nelle risorse stanziate dalla regione per complessivi 399,3 milioni con un avanzo di11,8 milioni

In occasione della verifica annuale dello scorso marzo si è riscontrato anche per il 2010 un disavanzo di 386 milioni, interamente coperto dallo stanziamento già considerato in bilancio per circa 400 milioni.

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Il Tavolo di monitoraggio ha infine valutato favorevolmente l’Addendum al Piano di rientro e il Programma operativo della regione, riscontrando il rispetto delle prescrizioni contenute nell’Accordo.

La Regione Puglia In data 29 novembre 2010 anche la regione Puglia ha sottoscritto l’Accordo per il piano di

rientro dal disavanzo della spesa sanitaria per il triennio 2010-2012. Il piano è altresì finalizzato al recupero del maggior finanziamento relativamente al mancato rispetto dell’equilibrio economico finanziario per gli anni 2006 e 2008.

La regione ha evidenziato un disavanzo nel 2009, pari a 350 milioni prima delle coperture già previste nei CE. Anche il 2010, secondo i dati ancora provvisori del IV trimestre, si è chiuso in disavanzo per 336 milioni: le entrate fiscali e le risorse di bilancio ne hanno consentito solo una parziale copertura. Restano da individuare ulteriori 94 milioni.

Obiettivi prioritari del piano sono la riorganizzazione del servizio sanitario regionale attraverso la razionalizzazione della rete ospedaliera (in cui insistono alcune criticità strutturali di sistema, quali il numero dei posti letto e tassi di ospedalizzazione storicamente superiore agli standard), e l’implementazione di una rete assistenziale più articolata e capillare sul territorio con prestazioni di medio e basso livello assistenziale, il controllo della mobilità passiva superiore alla mobilità attiva, il contenimento della spesa farmaceutica convenzionata, anch’essa superiore alla media nazionale, e il blocco del turn-over del personale.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE

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GLI STRUMENTI DI CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE DELLE

AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

L’ANDAMENTO DELLA SPESA PER REDDITI DA LAVORO

DIPENDENTE NEL 2010 I REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE DELLE AMMINISTRAZIONI

STATALI E DI QUELLE LOCALI GLI EFFETTI DELLA MANOVRA FINANZIARIA PER IL 2011 E IL

QUADRO TENDENZIALE PER IL QUADRIENNIO 2011-2014

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE

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L’ANDAMENTO DELLA SPESA PER REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE NEL 2010 1. I dati di consuntivo relativi al 2010, diffusi dall’ISTAT nel mese di marzo 2011,

evidenziano una forte revisione al ribasso delle precedenti stime governative in merito all’andamento della spesa di personale per il predetto anno (+0,5 per cento rispetto ad una iniziale previsione contenuta nella RUEF pari al 2,3 per cento, aggiornata al 2 per cento nella decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013).

Si tratta della percentuale di crescita più bassa registrata negli ultimi dieci anni, pari solo al valore misurato nel 2007, anno che, in relazione al disordinato andamento della contrattazione collettiva, era stato in minima parte interessato dal rinnovo dei contratti collettivi di lavoro.

La complessiva stima è la risultante dell’andamento in diminuzione della spesa di personale nelle amministrazioni centrali (-0,4 per cento rispetto al 2009), a fronte di una aumento dell’1,6 per cento della quota riferibile alle amministrazioni locali.

Per il settore statale il dato sconta in primo luogo il venir meno della forte componente di arretrati a carico dell’esercizio 2009, derivanti in misura rilevante dalla sottoscrizione dei contratti integrativi per le Forze armate e per le Forze di polizia.

Nel 2010, inoltre, si sono dispiegate appieno le misure di contenimento della spesa previste nel DL n. 112 del 2008, con particolare riguardo a quelle relative alla riduzione del personale della scuola, già evidenti, ma in misura minore, nel 2009. Diminuisce, inoltre, l’ammontare dei trattamenti accessori per effetto della sospensione dell’efficacia di una serie di leggi speciali prevista nel citato DL n. 112 del 2008.

Ha concorso, poi, al contenimento della spesa per redditi, una generalizzata diminuzione del numero dei dipendenti, dovuto all’introduzione di più stringenti limiti alla possibilità di trattenimento in servizio oltre l’età ordinariamente prevista per il collocamento a riposo e alla revisione della modalità di erogazione per l’importo della buonuscita contenute nel DL n. 78 del 2010, che ha favorito l’anticipo del collocamento a riposo dei dirigenti e del personale appartenente alle fasce di reddito più elevate.

I fattori sopradescritti compensano e superano gli effetti di crescita dovuti alla sottoscrizione dei contratti relativi alle aree dirigenziali e degli accordi per il personale non contrattualizzato ed alla corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale.

Per le amministrazioni locali l’incremento della spesa, stimato, per il 2010, nella percentuale dell’1,6 per cento, deriva in gran parte dalla sottoscrizione dei contratti collettivi per la dirigenza del servizio sanitario nazionale (il cui valore, comprensivo degli arretrati, calcolato sulla base delle relazioni tecniche dell’ARAN, ammonta a 898 milioni1), al netto dei quali la predetta percentuale scenderebbe allo 0,4 per cento.

I dati relativi al 2010 consolidano la tendenza ad un progressivo maggior controllo della spesa di personale già evidente con riferimento agli esercizi 2008 e 2009.

Nella relazione 2011 sul costo del lavoro pubblico trasmessa al Parlamento il 6 maggio 2011, la Corte evidenziava come il disordinato e incontrollato andamento della spesa per redditi da lavoro dipendente registrato a partire dall’avvio della seconda privatizzazione del pubblico impiego sino a tutto il 20072 mostrava una significativa

1 Il predetto contratto prevedeva la possibilità per i singoli enti di destinare ai fondi unici di amministrazione risorse aggiuntive. Il DL n. 78 del 2010 ha, peraltro, previsto il divieto di erogare trattamenti a qualsiasi titolo superiori al 3,2 per cento. 2 L’analisi ha evidenziato sino al 2007 significativi scostamenti tra le previsioni contenute nel quadro programmatico relativo ai diversi esercizi finanziari e le rilevazioni a consuntivo dell’ISTAT, con una sistematica sottostima di oltre 4

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236 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

inversione di tendenza nei due anni successivi, per effetto, da un lato, della ritrovata moderazione salariale che ha caratterizzato la tornata contrattuale per il 2008 - 2009 e, dall’altro, dell’ avvio nella applicazione delle misure contenute nel decreto legge n. 112 del 2008, convertito nella legge 133 del medesimo anno.

Tra le misure più significative introdotte dal citato decreto, la sospensione per il 2009 dell’applicazione di numerose norme speciali che prevedevano particolari istituti retributivi, la riduzione dell’ammontare dei fondi unici per i trattamenti accessori e l’introduzione di più rigorosi controlli sulla contrattazione integrativa, l’inasprimento dei limiti al tasso di ricambio del personale.

Di rilevante impatto, infine, la prevista riduzione del numero dei docenti e del personale amministrativo della scuola nell’ambito di un più ampio intervento finalizzato a ridurre il gap tra l’Italia e la media degli altri paesi europei nel rapporto alunni/docenti3.

Per effetto di questi sviluppi i dati di consuntivo relativi al 2009 mostravano una dinamica maggiormente moderata della spesa per redditi rispetto al precedente periodo (+0,8 per cento rispetto al 2008).

Un recupero strutturale del controllo sull’andamento della spesa di personale era atteso dall’entrata in vigore del nuovo accordo quadro sulle relazioni sindacali che avrebbe dovuto garantire il rispetto della tempistica dei rinnovi contrattuali ed una crescita delle sole componenti stipendiali della retribuzione, parametrata alle previsioni sull’andamento dell’inflazione, al netto dei prodotti energetici importati, affidata ad un soggetto estraneo alle parti, sterilizzando gli effetti della contrattazione integrativa.

Sotto altro profilo il d.lgs. n. 150 del 2009 introduce maggiori controlli sulla contrattazione di secondo livello e prescrive un rigoroso e sanzionato utilizzo delle risorse destinate al trattamento accessorio, legato alle perfomance delle amministrazioni ed al merito individuale dei dipendenti da accertare in esito alle risultanze di un rinnovato sistema di valutazione.

punti percentuali in media e significativi picchi superiori al 5 per cento per il 2001, il 2002 e il 2006. Per i primi 2 anni citati, la spesa di personale risultava maggiore di oltre 8 milioni rispetto alle stime governative. La crescita della spesa per retribuzioni evidenziava una dinamica superiore non solo al previsto parametro dell’inflazione programmata, ma anche all’andamento effettivo dell’inflazione e un rapporto con il prodotto interno lordo in costante crescita. La Corte in particolare osservava come tale andamento era da imputare essenzialmente: - alle difficoltà incontrate dalla contrattazione nazionale, caratterizzata da una forte conflittualità e da significativi ritardi nell’avvio delle trattative, avviate solo in seguito ad una rideterminazione dell’iniziale quadro economico di riferimento; - dal progressivo incremento delle fonti di alimentazione dei fondi per il trattamento accessorio divenute con il tempo un vero e proprio canale parallelo, difficilmente controllabile, di implementazione delle risorse da destinare al personale; - dalla tendenza della contrattazione di secondo livello a concedere incrementi sulle componenti fisse della retribuzione, con evidenti riflessi di incremento della base di calcolo per i successivi rinnovi; - dalla scarsa efficacia delle politiche pubbliche di limitazione delle assunzioni e di revisione degli organici, avviate a partire dalla legge finanziaria per il 2002, caratterizzate da un dispositivo estremamente parcellizzato, di difficile gestione, contenente deroghe ed esenzioni per specifiche tipologie di personale, e da una continua rimodulazione degli interventi all’interno delle leggi finanziarie per ciascun esercizio. L’effetto complessivo delle diverse misure adottate, nel periodo 2001-2009 è stato una modesta complessiva diminuzione dei dipendenti del 5,4 per cento (dato che scende al 4,4 per cento al netto degli effetti derivanti dall’abolizione del servizio obbligatorio di leva) con un andamento non omogeneo nei diversi comparti e non lineare nell’arco temporale di riferimento. 3 La stima complessiva delle economie sulla spesa di personale ammonta, per quanto attiene ai limiti posti al turnover, a importi progressivi, a partire da 146,4 milioni per il 2010, fino ad arrivare ad oltre 803 milioni nel 2013. Dalle misure concernenti il riordino dell’amministrazione scolastica i risparmi attesi erano quantificati in 2,23 miliardi nel 2013. La riduzione dei fondi unici e la sospensione dell’efficacia delle leggi speciali indicate nell’allegato B avrebbe, infine, dovuto determinare un’economia pari a 720 milioni nel 2009 e a 296 negli anni successivi in relazione alla riassegnazione, a partire dal 2010, ai fondi unici dell’80 per cento del valore del gettito delle leggi disapplicate.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

237

I REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE DELLE AMMINISTRAZIONI STATALI E DI

QUELLE LOCALI 2. Le analisi svolte dalla Corte, anche se aggiornate al 2009 nell’ambito del

Rapporto sul costo del lavoro, hanno messo in evidenza come le differenze nell’andamento della spesa per il personale delle amministrazioni centrali e locali sono essenzialmente da ricondurre ad una maggiore ampiezza per gli enti non statali di disporre di risorse aggiuntive, a carico dei rispettivi bilanci, per i rinnovi degli accordi collettivi nazionali, al diverso andamento della contrattazione integrativa, e alla necessità di modulare le politiche di riduzione del numero dei dipendenti in modo tale da salvaguardare l’autonomia organizzativa e finanziaria delle regioni e delle autonomie locali.

Sotto il primo profilo, a partire dalla contrattazione per il quadriennio 1998- 2001 i contratti collettivi nazionali relativi al personale dirigente e non dirigente delle Regioni e delle autonomie locali hanno sempre previsto la possibilità (inizialmente l’obbligo) per gli enti di integrare le risorse presenti nei fondi per il trattamento accessorio in relazione al raggiungimento di parametri di virtuosità gestionale non sempre adeguatamente stringenti.

In sede di certificazione delle diverse ipotesi di accordo la Corte ha, in linea generale, sottolineato come la leva del salario accessorio rappresenti uno degli strumenti di gestione del personale rientrante nell’autonomia organizzativa delle Regioni e degli enti locali.

Nel merito delle singole disposizioni la Corte ha, peraltro, di volta in volta, sottolineato: - la necessità che l’integrazione delle risorse, anche in ipotesi di sana gestione finanziaria, sia configurata come una facoltà e non un obbligo per le amministrazioni, da esercitare in modo graduato nei limiti di una percentuale massima stabilita nei contratti nazionali; - l’esigenza di una fissazione di parametri più articolati, significativi e rigorosi; - l’utilizzo esclusivo delle nuove risorse per corrispondere compensi legati al miglioramento di produttività ed efficienza; - la riferibilità delle norme esclusivamente al periodo di vigenza dei contratti per evitare la stabilizzazione di risorse in esito al conseguimento di episodici risultati positivi della gestione di un singolo esercizio; - la conseguente necessità di interpretare clausole analoghe contenute in contratti successivi come meramente confermative di quelle precedenti, evitando di sommare i nuovi incrementi a quelli già previsti.

Le osservazioni della Corte che, in alcuni casi, hanno comportato l’iniziale non certificazione di specifiche ipotesi di accordo, sono state progressivamente recepite dalle parti, con significative modifiche nell’originaria formulazione dei testi contrattuali.

Anche con riferimento al biennio economico 2008-2009, il contratto collettivo per il comparto Regioni ed autonomie locali prevedeva la facoltà di integrare i fondi unici per i trattamenti accessori fino ad una percentuale dell’1,5 per cento.

Il DL n. 78 del 2010 ha, peraltro, reso obbligatorio il rispetto dei limiti alla crescita retributiva previsti nel quadro programmatico (3,2 per cento) anche relativamente ai contratti già sottoscritti, con il conseguente divieto, ribadito in una circolare della Ragioneria generale dello Stato, a partire dall’entrata in vigore del citato decreto, di

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

238 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

corrispondere ulteriori emolumenti agli interessati anche in ipotesi di già deliberato trasferimento di risorse nei fondi unici di amministrazione da parte degli enti.

Riguardo all’andamento della contrattazione integrativa la Corte ha evidenziato il progressivo, crescente peso delle risorse aggiuntive connesse al raggiungimento di parametri di virtuosità gestionale che ammontavano nel 2009 ad una percentuale pari al 5,4 per cento.

Maggior rilevanza, sempre con riferimento al personale del comparto Regioni ed enti locali, era da attribuire alle integrazioni dei fondi unici connesse con l’attivazione di nuovi servizi, previste fin dalla contrattazione collettiva per il biennio 1998-2001 (23 per cento sul totale delle risorse presenti nei fondi unici per i trattamenti accessori)4.

Con riferimento a tale specifica voce di finanziamento, la Corte ha sempre manifestato perplessità, legate alla mancanza di un tetto massimo di spesa ed alla genericità dei presupposti che rende difficile un’effettiva verifica a consuntivo della legittimità delle scelte gestionali dei singoli enti interessati.

L’andamento crescente nel tempo delle predette risorse aggiuntive evidenzia, inoltre, la tendenza alla stabilizzazione delle stesse nei successivi esercizi finanziari, dovendo, invece, tale fonte di alimentazione essere considerata come temporalmente limitata al periodo necessario a fronteggiare nuove esigenze, in attesa dei necessari interventi di modifica dell’assetto organizzativo.

L’attività di certificazione ha, altresì, evidenziato, relativamente ai contratti sottoscritti fino al biennio 2004-2005, una modalità di quantificazione delle risorse da utilizzare per i rinnovi contrattuali da parte del Comitato di settore difforme dalla metodologia utilizzata per i comparti statali, in quanto la base di riferimento alla quale applicare le previste percentuali era rappresentata dalla retribuzione di fatto percepita dagli interessati e non già dalle cosiddette retribuzioni contrattuali.

In tal modo, con particolare riferimento alle aree dirigenziali, in relazione al ritardo nella sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali, nel calcolo venivano considerati anche gli effetti della contrattazione integrativa nel frattempo intervenuta.

Tutto ciò all’interno di un sistema in cui, per il comparto regioni ed enti locali, l’unico vero limite alla crescita dei salari era dato dalla necessità di rispettare le regole del patto di stabilità interno e i vincoli di bilancio in quanto, anche in ipotesi di dissenso con il Governo in merito alla compatibilità dei rinnovi con le linee di politica economica nazionale, il Comitato di settore poteva, comunque, disporre l’ulteriore corso degli accordi, ferma restando in tal caso l’esclusione di ogni intervento da parte dello Stato per la copertura della maggior spesa.

Le disposizioni contenute in tal senso nell’originario testo del d.lgs. n. 165 del 2001 sono state, peraltro, modificate dal d.lgs. n. 150 del 2009 che ha ricondotto la responsabilità per la definizione del quadro finanziario dei rinnovi contrattuali anche relativamente al personale non statale al Dipartimento per la funzione pubblica, con la sola prescrizione di acquisire l’avviso non vincolante delle associazioni rappresentative degli enti locali.

Si tratta, peraltro, di una norma transitoria, di fatto mai entrata in vigore, per effetto del blocco della contrattazione, in vigore fino al completamento del nuovo quadro ordinamentale del federalismo fiscale.

4 Il dato si riferisce ai soli enti che hanno adempiuto al questionario predisposto dalla Ragioneria generale dello Stato per la compilazione della tabella 15, con esclusione di quelli che nell’anno non hanno sottoscritto contratti integrativi e di numerosi soggetti inadempienti.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE

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Avendo presenti queste premesse, l’andamento delle retribuzioni medie dei dipendenti delle amministrazioni rilevato dall’ISTAT, scomposto per sottosettori istituzionali, evidenzia un andamento non lineare, riportato nella seguente tabella:

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000Amm.ni centrali 19.817 20.310 19.987 20.345 21.957 22.565 22.592 22.960 23.572Amm.ni locali 18.823 18.991 19.950 20.375 21.941 24.238 23.965 24.983 26.155

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009Amm.ni centrali 23.572 24.531 25.486 26.941 27.632 29.022 29.611 30.878 31.233 32.821Amm.ni locali 26.155 27.898 28.832 29.388 31.485 32.555 34.874 33.739 36.544 36.008

Fonte: Istat – Conti economici del settore delle Amministrazioni Pubbliche.

Andamento delle retribuzioni lorde per unità di lavoro nel periodo 1992-2009

Retribuzioni lorde pro-capite (anni 1992-2009)

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

40.000

1992

1994

1996

1998

2000

2002

2004

2006

2008

Amm.ni centraliAmm.ni locali

Fonte: Istat – Conti economici del settore delle Amministrazioni Pubbliche

Al momento dell’avvio della privatizzazione del pubblico impiego (1992) la

retribuzione media dei dipendenti statali era di 5,3 punti percentuali superiore a quella delle amministrazioni locali; tale divario veniva, peraltro, colmato già nel 1995, anno a decorrere dal quale si consolida un’inversione del rapporto, progressivamente crescente, tale da determinare nel 2006 un valore delle retribuzioni dei dipendenti statali pari all’85 per cento di quelle spettanti ai dipendenti delle amministrazioni locali.

Nel 2009, ultimo anno della serie, il divario si attesta al 9 per cento. Si tratta di dati da interpretare alla luce della disordinata tempistica dei rinnovi

contrattuali, di eventi particolari quali l’attribuzione a tutti i medici ed ai professionisti del servizio sanitario nazionale delle qualifiche dirigenziali avvenuta a partire dal 1994, di una osmosi di personale tra i due settori, delle variazione intervenute nel numero degli enti censiti.

Occorre inoltre considerare che il settore statale risulta composto per oltre il 50 per cento da personale della scuola e per il 30 per cento dagli appartenenti alle Forze armate ed ai Corpi di polizia che, nel periodo di riferimento, hanno beneficiato di una dinamica retributiva particolare.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

240 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Più significativo il confronto tra l’andamento delle retribuzioni del personale delle Regioni e delle autonomie locali con quello appartenente ai ministeri, sulla base dei dati contenuti nel conto annuale predisposto dalla Ragioneria generale dello Stato5.

Relativamente ai dirigenti di II fascia si rileva come il trattamento fisso evidenzi, nel 2005, valori superiori per il comparto ministeri di 4,4 punti percentuali, che si riducono a 3,6 nel 20096. Notevolmente superiore, al contrario, il valore dei trattamenti accessori spettanti ai dirigenti degli enti locali (+38 per cento nel 2005, percentuale che si riduce al 23 per cento nel 2009).

Con riferimento al personale dei livelli7, il rapporto si inverte, con un valore delle componenti fisse superiore per i dipendenti delle Regioni (+6,4 per cento nel 2005 e +5,5 per cento nel 2009) e livelli inferiori nella spesa per accessorio (con un vantaggio per i dipendenti del comparto ministeri pari al 16,8 per cento e al 7,4 per cento nel 2009).

Tale andamento è solo apparentemente anomalo in quanto riflette un utilizzo decisamente più marcato nel comparto Regioni ed Enti locali, delle disponibilità presenti nei fondi unici per effettuare progressioni di carriera che determinano, in definitiva, aumenti delle componenti stipendiali.

I dati commentati nella relazione 2011 sul costo del lavoro pubblico evidenziano, infatti, nel comparto Regioni ed enti locali un numero di passaggi orizzontali che ha coinvolto a partire dal 2001 il 210 per cento dei dipendenti (in pratica ogni dipendente ha beneficiato nel periodo di due progressioni) mentre nei ministeri tale rapporto si riduce al 59 per cento (un passaggio di livello ogni due dipendenti).

Anche le politiche pubbliche volte a limitare il turnover dei dipendenti hanno avuto per le amministrazioni non statali un andamento particolare.

Nei confronti degli enti locali la legge finanziaria per l’esercizio 2002 si limitava a richiedere che i documenti di programmazione del fabbisogno di personale fossero improntati al rispetto del principio di riduzione complessiva della spesa di cui all’art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e che eventuali deroghe a tale principio fossero analiticamente motivate, mentre il blocco delle assunzioni veniva previsto solamente in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno.

Più stringenti i vincoli posti nelle leggi finanziarie successive che, prevedevano il divieto di effettuare assunzioni (salve specifiche deroghe) sino all’entrata in vigore di appositi dPCM (da adottare previo accordo tra Governo, Regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata). Con tali successivi decreti il ricambio di personale era previsto in misura non superiore al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso del precedente esercizio8.

Solo con la legge finanziaria per l’esercizio 2006 viene, per la prima volta, stabilito un obiettivo di riduzione delle spese di personale, il cui mancato conseguimento era sanzionato con il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, lasciando tuttavia all’autonomia degli enti la scelta delle misure da adottare.

Nelle leggi finanziarie per il 2007 e 2008 il contenimento della spesa di personale, per gli enti di maggiori dimensioni, è visto come strumentale al perseguimento degli

5 Il raffronto è stato effettuato con riferimento al quadriennio 2005-2009. Nel predetto periodo per entrambi i comparti, sono stati sottoscritti i contratti collettivi, sia pur con tempistiche diverse, relativi ai bienni 2002-2003 e 2004-2005. Per il successivo quadriennio i contratti sono stati sottoscritti nel 2010. 6 A fronte di un valore analogo dello stipendio, la differenza è rappresentata dal maggior valore della retribuzione individuale di anzianità per i dirigenti del comparto ministeri. 7 Per entrambi i comparti nel 2009 risulta sottoscritto il contratto relativo al biennio 2008-2009. 8 Le relative norme di riferimento sono state dichiarate incostituzionali con la sentenza della Corte costituzionale n. 390/2004.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

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obiettivi posti nella rinnovata versione del patto di stabilità interno. Non più, dunque, vincoli quantitativi alle assunzioni, ma un generico obbligo di riduzione della spesa da raggiungere adottando tutte o alcune delle misure previste per le amministrazioni centrali dello Stato.

Per gli enti non soggetti al Patto di stabilità, viene introdotto, con una norma tuttora vigente, un duplice limite al tasso di ricambio del personale di natura finanziaria (divieto di superare il valore registrato nel 2004) e quantitativa (le nuove assunzioni non possono eccedere il numero delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell’anno precedente)9.

Nell’ottica del maggior rigore nel contenimento delle spese correnti il DL n. 112 del 2008 e, in particolare dopo le modifiche apportate in sede di conversione, ha irrobustito le misure di contenimento della dinamica delle nuove assunzioni, precisando in senso restrittivo la nozione di spesa di personale, ribadendo il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale nei confronti degli enti che non rispettano il previsto obbligo della riduzione della spesa di personale rispetto al precedente esercizio ovvero in caso di non equilibrato rapporto tra l’andamento della spesa di personale e le spese correnti.

Il DL n. 78 del 2010 estende anche agli enti non soggetti al patto di stabilità interno l’obbligo di rispettare un predeterminato valore del rapporto tra spesa di personale e spesa corrente (40 per cento)10, mentre per i restanti enti viene previsto un limite al tasso di ricambio (20 per cento delle cessazioni) analogo a quello vigente per le amministrazioni statali.

La serie storica, desunta dai dati di contabilità nazionale riportata nella seguente tabella, evidenzia, con riferimento al sottosettore istituzionale amministrazioni locali, una diminuzione del personale dipendente da Regioni, Province e Comuni pari, nel periodo 2001-2009, a circa il 4 per cento. Nel medesimo periodo, sostanzialmente stabile si rivela il personale degli enti locali sanitari (+0,4 per cento).

(in migliaia)

SOTTOSETTORI 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009Var.

2009/2001

Amministrazioni locali 1.492,2 1.502,1 1.511,1 1.517,0 1.522,3 1.527,6 1.519,9 1.513,6 1.514,4 1,5%

di cui:Regioni, Province, Comuni 638,9 636,2 632,4 629,3 630,1 628,1 619,1 611,4 613,9 -3,9%

di cui: Enti locali sanitari 691,2 693,2 697,1 699,8 699,4 698,5 694,5 694,1 693,8 0,4%

di cui: Altri enti 162,1 172,7 181,6 187,9 192,8 201,0 206,3 208,1 206,7 27,5%

Fonte: Istat – Conti economici del settore delle Amministrazioni Pubbliche

Unità di lavoro delle Amministrazioni locali per sottosettore - Anni 2001 - 2009

A fronte di questi sviluppi, risultano in forte incremento i dipendenti degli altri enti

compresi nel settore (+27,5 per cento). Si tratta, in particolare, delle istituzioni e delle aziende speciali previste dall’art. 114 del TUEL, e di alcune società partecipate.

Il sopra descritto andamento evidenzia come il contenimento del numero degli addetti delle amministrazioni locali, finalizzato al rispetto delle regole imposte dal patto di stabilità e dei vincoli assunzionali, si rifletta in una tendenza all’incremento 9 Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 562. 10 In tal senso è stata interpretata la norma contenuta nell’articolo 14, comma 9, del citato DL n. 78 del 2010 dalle Sezioni riunite in sede di nomofilachia (delibera n. 3/CONTR/2011 del 25 gennaio 2011).

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

242 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

dell’occupazione in enti che svolgono attività riconducibili alle finalità istituzionali di Regioni, Province e Comuni, non soggetti ai vincoli di contenimento della spesa11.

GLI EFFETTI DELLA MANOVRA FINANZIARIA PER IL 2011 E IL QUADRO

TENDENZIALE PER IL QUADRIENNIO 2011-2014 3. Il quadro programmatico per gli anni 2011-2014 ricomprende gli effetti degli

interventi in materia di personale pubblico contenuti nella manovra finanziaria per il 2011, anticipata all’estate attraverso l’adozione del DL n. 78 del 2010.

Nell’ambito di una complessiva riduzione di spesa pari a circa 25 miliardi, volta a fronteggiare gli effetti della crisi economica, le misure per il contenimento della spesa per redditi da lavoro dipendente, analoghe, peraltro, a quelle adottate nel medesimo periodo nei principali paesi dell’Unione europea, risultano particolarmente severe e impegnative12.

Il citato DL prevede la rigorosa conferma, per i contratti ancora da sottoscrivere relativi al biennio 2008-2009, delle percentuali di crescita previste nel quadro programmatico, il blocco della contrattazione collettiva nazionale per il successivo triennio 2010-2012 e degli automatismi stipendiali, il congelamento delle retribuzioni individuali fino al 2013, la cristallizzazione ai livelli raggiunti nel 2010 del valore dei fondi per i trattamenti accessori, un taglio, da attuare per scaglioni, con percentuali progressivamente crescenti, all’ammontare dei redditi più elevati.

In sede di audizione parlamentare sulla manovra per il 2011, la Corte osservava come le nuove misure per il contenimento della spesa di personale, contenute nel decreto-legge n. 78 del 2010, si andavano ad aggiungere ai già impegnativi interventi previsti nel decreto-legge n. 112 del 2008, prima ancora di una compiuta verifica relativa agli effetti ed all’impatto dei citati interventi sul funzionamento delle amministrazioni e sugli assetti organizzativi,

Gli interventi contenuti nella manovra per il 2011 delineano un quadro programmatico che evidenzia la sostanziale stabilità ed un ritrovato controllo della spesa di personale nel medio periodo.

Alcune delle misure contenute nel citato DL n. 78 hanno carattere temporaneo e appaiono difficilmente prorogabili al termine del periodo di vigenza (blocco della contrattazione e degli automatismi retributivi, riduzione una tantum dei redditi maggiormente elevati, limiti al tasso di ricambio del personale) mentre effetti maggiormente strutturali dovrebbero derivare dalla intensificazione dei controlli sulla contrattazione integrativa, dalle nuove regole per il dimensionamento dei fondi unici e

11 I dati contenuti nel conto annuale pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato, riferiti al personale del comparto Regioni e autonomie locali (con esclusione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome) evidenziano una dinamica quantitativa nel medesimo periodo 2001-2009 differente da quella indicata nelle rilevazioni ISTAT dovuta, in parte, alle diverse modalità di rilevazione e alla diversa composizione dei relativi aggregati. Il personale complessivamente presente in servizio diminuisce del 14 per cento;(percentuale che si riduce al 10 per cento con riferimento al solo personale a tempo indeterminato). In relazione a quanto sopra, si sottolinea la necessità della predisposizione di un prospetto di riconciliazione tra le due serie di dati. 12 Le riduzioni della spesa di personale (pari, in valore assoluto, a 1.489 milioni) incidono nella misura del 6 per cento sul valore complessivo della manovra. A tale quantificazione vanno, peraltro, aggiunti gli effetti del rinvio della contrattazione collettiva per il triennio 2010-2012, non considerati nel quadro tendenziale a legislazione vigente. Si tratta di una minor spesa, quantificata dalla Corte, ipotizzando l’applicazione rigorosa delle regole poste nel nuovo accordo sull’assetto delle relazioni sindacali, nell’importo complessivo di 4,5 miliardi al netto degli oneri riflessi.

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II. IL CONTROLLO DELLA SPESA DI PERSONALE

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica Sezioni riunite in sede di controllo 2011

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dalla previsione di una andamento del turnover a regime parametrato alle cessazioni intervenute nel precedente esercizio e non alla mancata copertura dei posti in organico.

Le previsioni a legislazione vigente contenute nella decisione di finanza pubblica mostrano una diminuzione della spesa per redditi da lavoro dipendente nel 2011 pari a 0,5 punti percentuali (per il venir meno della componente arretrati corrisposta, come detto, nel 2010) e una sostanziale stabilità per il 2012 e il 2013 (rispettivamente -0,2 per cento e +0,1 per cento).

Ciò va posto in relazione alla definitiva conclusione nel 2010 della tornata contrattuale 2006-2009, al rinvio della successiva contrattazione per il triennio 2010-2012 ed al congelamento fino al 2013, ai livelli del 2010, dei trattamenti individuali, con corresponsione, dunque, nel predetto periodo, della sola indennità di vacanza contrattuale.

Nel periodo considerato, inoltre, si ipotizza il proseguimento della tendenza alla diminuzione dei dipendenti per effetto delle norme di contenimento del turnover improntate ad un criterio di progressiva maggior severità.

Per il 2014, le stime contenute nel DEF indicano una ripresa della dinamica della spesa per redditi pari allo 0,8 per cento, da correlare al venir meno dell’efficacia di alcune delle misure di contenimento.

Alla luce di tale andamento viene stimato in progressivo miglioramento il rapporto tra la spesa per redditi da lavoro dipendente e il prodotto interno lordo: di poco superiore all’11 per cento nel 2010, nel 2014 scende al 9,8 per cento, percentuale, quest’ultima, di 0,7 punti più bassa del valore minimo registrato nell’ultimo decennio (10,5 per cento nel 2001).

Lo scenario a politiche invariate vede nel 2014 il riavvio dell’attività contrattuale, con un incremento stimato della spesa di un ulteriore 1,1 per cento rispetto al quadro tendenziale13.

Pur in mancanza di parametri attuali di riferimento in merito al quadro finanziario ed economico relativo alla ripresa della contrattazione, la stima di crescita legata agli effetti dei nuovi accordi appare modesta. Il blocco della dinamica retributiva per oltre un quadriennio e i contenuti incrementi attribuiti con gli accordi per il biennio 2008-2009 comportano una perdita del potere di acquisto dei salari, stimata in relazione all’andamento dell’inflazione, pari al 7,4 per cento nel 2013 rispetto al 2009.

In tale contesto si rivela di difficile praticabilità l’ipotesi di contenere la spesa per i rinnovi contrattuali in una percentuale ancora inferiore all’andamento previsto dell’inflazione, considerato altresì che le stime già scontano gli effetti delle misure di contenimento del numero dei dipendenti.

Gli interventi in materia di personale contenuti nel citato DL n. 78 del 2010 hanno, peraltro, comportato il rinvio nell’applicazione delle nuove regole per la contrattazione collettiva che, pure, avrebbero dovuto garantire un controllo strutturale sulla dinamica dei redditi e, soprattutto, il differimento nell’attuazione della complessa operazione di correlare il salario accessorio ad effettivi incrementi di produttività ed efficienza delle amministrazioni e di differenziare i trattamenti sulla base del merito individuale.

La recente intesa tra il Governo e le organizzazioni sindacali sottoscritta il 4 febbraio 2011, ha, infatti, limitato l’efficacia della “norma simbolo” della riforma Brunetta - in base alla quale i dipendenti, al fine dell’erogazione dei trattamenti accessori,

13 Tale valore è stato stimato applicando al dato relativo al precedente esercizio 2013 una percentuale pari al differenziale tra i tassi di variazione medi della spesa per redditi intervenuti rispettivamente nei periodi 2005-2008, 2004-2008 e 2003-2008.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

244 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

erano collocati in tre distinte fasce di merito, l’ultima delle quali esclusa dai benefici - alla sola distribuzione di risorse aggiuntive legate al conseguimento di ulteriori risparmi sulla spesa di personale, di difficile realizzazione.

E’ auspicabile, sul punto, una ripresa del confronto con le organizzazioni sindacali, nella consapevolezza che la necessità di adottare severe misure di contenimento alla crescita delle retribuzioni può rappresentare uno stimolo e non un ostacolo all’attuazione di politiche di personale realmente incentivanti e premiali.

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Parte terza

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 247 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

PROBLEMI E CRITICITÀ EMERSI DALL’ATTIVITÀ DI CONTROLLO E

CONSULTIVA DELLA CORTE DEI CONTI

LE ATTIVITÀ DI CONTROLLO E INDIRIZZO DELLA CORTE PROBLEMI E CRITICITÀ EMERSE: UNO SGUARDO D’INSIEME IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO IL DEBITO E LA SUA GESTIONE GLI ENTI LOCALI NELLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA 2009

E 2010 SOCIETÀ ED ORGANISMI PARTECIPATI SPESA DI PERSONALE E VINCOLI FINANZIARI NELLA GESTIONE

DELLE RISORSE UMANE ALCUNE QUESTIONI IN MERITO ALLE ENTRATE PROPRIE DEGLI

ENTI LOCALI I PROBLEMI DEL COORDINAMENTO: SVILUPPI E PROSPETTIVE

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 249 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

LE ATTIVITÀ DI CONTROLLO E INDIRIZZO DELLA CORTE 1. A presidio della funzione di coordinamento della finanza pubblica un ruolo

particolare spetta all’attività della Corte dei conti. L’Istituto nello svolgimento dei suoi compiti di controllo, sia a livello centrale che regionale, non si limita a verificare le modalità con le quali si sono attuate le gestioni pubbliche, ma fornisce anche indicazioni in ordine all’interpretazione ed alla applicazione delle disposizioni di contabilità e finanza pubblica. Ciò avviene sia direttamente, per il tramite dell’attività prevista dall’art. 3, co. 7 della legge n. 131 del 2003, che indirettamente, nell’ambito delle verifiche di sua pertinenza.

Le analisi delle gestioni condotte dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione, dalla Sezione di controllo sugli Enti e dalla Sezione di controllo affari comunitari e internazionali, consentono di mettere in luce carenze applicative delle disposizioni legislative che l’amministrazione centrale o gli enti pubblici seguono nell’ambito della loro ordinaria gestione1.

Anche molte delle pronunce della Sezione centrale di controllo di legittimità presentano rilievo di carattere generale poiché forniscono indicazioni applicative relative a settori particolarmente sensibili per la ordinaria attività degli enti pubblici, quali le condizioni che legittimano il ricorso ad incarichi esterni o la disciplina dei rapporti di lavoro dirigenziale2.

Peraltro, anche in relazione, sia al percorso di attuazione del riformato art. 119 della Costituzione, che alle necessità di coordinamento finanziario derivanti dai vincoli comunitari, l’attività di indirizzo e di controllo nella materia della contabilità e finanza pubblica si svolge in modo pressoché capillare, non solo verso le Amministrazioni centrali, ma anche nei confronti delle Regioni e degli Enti locali.

In relazione all’indirizzo e controllo nei confronti di questi ultimi assumono rilievo le attività svolte dalle Sezioni regionali di controllo, dalla Sezione Autonomie, alla quale sono attribuiti poteri di referto, indirizzo e coordinamento3 e dalle Sezioni riunite, in base ai poteri di indirizzo unitario e coordinamento della finanza pubblica attribuiti dal legislatore.

Considerato il ruolo sempre più centrale, sia per competenze che per dimensione finanziaria, delle Regioni e degli Enti locali nel nuovo assetto istituzionale, l’attenzione della presente relazione è dedicata, principalmente, ai problemi e questioni di indirizzo e coordinamento che interessano questi Enti.

A questo proposito occorre sottolineare lo stretto collegamento che si è venuto a creare negli ultimi anni fra le attività di verifica svolte dalle Sezioni regionali in ordine

1 Gli esempi sono molteplici e, a puro titolo indicativo, si possono segnalare le seguenti delibere: - Sez. centr. contr. gestione Stato, 28 dicembre 2010, n. 30; 17 dicembre 2010, n. 27; id, 15 dicembre 2010, n. 26; id, 19 gennaio 2010, n. 1; - Sez. Enti, 22 febbraio 2011, n. 5; - Sez. contr. Affari comunitari e internazionali, 25 gennaio 2011, n. 1 e n. 2. Ad altre delibere si farà riferimento nel corso della trattazione successiva dedicata ad alcuni temi specifici. 2 In proposito nel corso del 2010 e del 2011 sono state rese numerose significative pronunce, fra le quali si possono segnalare 29 marzo 2011, n. 7; id., 20 dicembre 2010, n. 30. 3 E’ compito della Sezione Autonomie predisporre ogni anno le linee guida ed i questionari previsti, dall’art. 1, co. 166 della legge finanziaria per il 2006, che fungono da base per le attività di controllo finanziario svolte dalle Sezioni regionali. Inoltre, in relazione alle attività di indirizzo e coordinamento si vedano, in via esemplificativa, le delibere 20 dicembre 2010, n. 19 e n. 20; id., 4 agosto 2010, n. 16; id., 30 giugno 2010, n. 14.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

250 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

alla sana gestione finanziaria degli Enti locali e l’attività interpretativa delineata dall’art. 3, co. 8 della legge n. 131 che prevede il potere delle Regioni e degli Enti locali di porre quesiti alla magistratura contabile nella materia della contabilità pubblica. Si tratta di un’attribuzione che ha avuto un crescente sviluppo poiché contribuisce a chiarire la portata di numerose disposizioni normative di contabilità pubblica, sia per renderne omogenea l’applicazione, sia per fornire elementi, spesso a piccoli Enti, per individuare gli indirizzi operativi più consoni e rispondenti alle finalità che il legislatore intende perseguire con le disposizioni di finanza pubblica.

Nel 2010 ha trovato la prima attuazione la facoltà prevista dall’art. 17, co. 31 del DL n. 78 del 2009 che ha stabilito che le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno la potestà di affermare principi a carattere di “orientamento generale” nella materia della finanza pubblica che vincolano l’attività delle Sezioni regionali di controllo4.

In vista della piena applicazione del federalismo fiscale, oltre che nel periodo transitorio, la Corte, organo terzo che opera in posizione indipendente e neutrale, concorre al coordinamento della finanza pubblica fornendo indirizzi interpretativi ed applicativi utili per unificare l’attività dei vari livelli di governo. Essa risponde in tal modo all’esigenza avvertita soprattutto dalle amministrazioni regionali e locali, di disporre di modalità applicative uniformi delle norme di finanza pubblica

PROBLEMI E CRITICITÀ EMERSE: UNO SGUARDO D’INSIEME

2. L’attività di controllo svolta dalle Sezioni regionali della Corte contribuisce a

monitorare l’andamento della gestione finanziaria delle Regioni e degli Enti locali e permette sia di individuare le situazioni di criticità finanziaria e gestionale, che man mano si presentano, sia di verificare l’efficacia delle singole misure di contenimento della spesa pubblica, introdotte dal legislatore nell’ambito delle manovre di finanza pubblica.

Si tratta di un’attività che ha ricevuto nel 2010 un ulteriore impulso anche per il procedere dell’attuazione del federalismo fiscale e in relazione alla sempre più ampia autonomia degli Enti locali. E’ risultata ancora più efficace anche in conseguenza dell’attività consultiva svolta dalle Sezioni regionali, con il coordinamento unitario delle Sezioni riunite.

In più occasioni l’attività di indirizzo preventivo ha fatto sì che le disposizioni finanziarie e contabili di contenimento della spesa venissero applicate in modo uniforme (ad esempio, in relazione alle diverse limitazioni in tema di contenimento della spesa per il personale, per incarichi esterni, per sponsorizzazioni, per formazione e di rappresentanza).

Dall’attività di controllo sono emerse indicazioni particolarmente significative in ordine, sia alle difficoltà che incontrano gli Enti locali nel percorso di riequilibrio dei conti pubblici, sia agli strumenti ai quali sempre più spesso molti enti ricorrono per reperire risorse finanziarie o organizzare l’attività di loro pertinenza in presenza di stringenti limiti e vincoli di finanza pubblica.

4 Al fine di indirizzare in modo unitario l’attività di coordinamento, le Sezioni riunite hanno adottate alcune delibere con le quali hanno definito sia gli aspetti procedurali per addivenire ad una pronuncia di coordinamento che la delimitazione dell’ambito della nozione di contabilità pubblica all’interno del quale deve esplicarsi la funzione di coordinamento. Sezioni riunite 15 aprile 2010, n. 8; id, 17 novembre 2010, n. 54.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 251 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Nel corso del 2010 lo svolgimento delle verifiche ha permesso di rilevare l’esistenza di un numero crescente di situazioni di disequilibrio finanziario, riguardanti non solo Enti locali di piccole dimensioni, ma anche Comuni capoluogo di Provincia o di Regione. E’ stato accertato che, nonostante il rispetto del Patto di stabilità, la situazione finanziaria di alcuni enti risente in modo preoccupante del peso dell’indebitamento, dell’aumento della spesa di personale, dell’accertata insussistenza di parte dell’avanzo di amministrazione, della riduzione delle entrate proprie e dell’emersione di debiti delle società partecipate5.

Un ulteriore segnale di allarme è costituito dall’aumento della frequenza degli Enti locali che approvano il rendiconto in disavanzo, chiaro sintomo che le entrate sono inferiori alle spese e, in molti casi, che l’avanzo di amministrazione degli esercizi precedenti si è rivelato sovrastimato. E’ soprattutto nei confronti di questi Enti che occorre effettuare un costante monitoraggio, al fine di verificare che vengano poste in essere le necessarie azioni di riequilibrio6.

Il crescente utilizzo delle plusvalenze da cessione di beni immobili o di

partecipazioni societarie per finanziare la spesa corrente è un indice delle restrizioni finanziarie che toccano il comparto degli enti locali7. E’ evidente, infatti, che le operazioni di alienazione del patrimonio degli enti dovrebbero servire per finanziare gli investimenti o per ridurre l’indebitamento, salvaguardando, in questo modo, la capacità patrimoniale dell’Ente. Al contrario, l’utilizzo delle plusvalenze per sostenere la spesa corrente, oltre a comportare, di fatto, un depauperamento patrimoniale (considerato che in molti casi si tratta di plusvalenze non reali ma formali, essendo i beni iscritti a valore storico non rivalutato), comporta problemi in relazione alla gestione futura, attesa la particolare rigidità che connota la spesa corrente.

Altro aspetto che, se si rivelerà esteso, potrebbe far guardare in maniera diversa al rispetto generalizzato del Patto 2010, è il ricorso, già evidenziato in passato, a strumenti contrattuali, operazioni finanziarie e modalità gestionali o contrattuali, di per sé legittime ma utilizzate con finalità elusiva.

La questione è particolarmente delicata perché, in questi casi, a fronte del raggiungimento dell’obiettivo finanziario, l’ente pone in essere operazioni sostanzialmente extrabilancio che, quindi, non concorrono alla verifica dei risultati finanziari ma che possono creare situazioni di debito occulto che potrebbero aggravare la situazione finanziaria dell’ente.

Per limitare fortemente queste situazioni, sarebbe opportuno dare attuazione al più presto alle disposizioni che prevedono il consolidamento dei conti degli enti locali e delineare un modello, sia di patto di stabilità che di osservanza dei vincoli di finanza pubblica, che contempli l’attività tanto dell’ente locale che degli organismi partecipati, così da poter definire e verificare l’effettiva esposizione finanziaria del singolo ente.

Di rilievo anche le criticità evidenziate sul fronte della gestione del debito. La

questione deve essere esaminata sotto un duplice aspetto.

5 Sez. contr. Puglia 21 luglio 2010, n. 59; Sez. contr. Emilia Romagna 7 aprile 2011, n. 17; Sez. contr. Sicilia, 3 novembre 2010, n. 139 6 Sez. Contr. Sicilia, 15 novembre 2010, n. 171. Sez. contr. Lombardia, 14 luglio 2010, n. 773 ha precisato che qualora un Comune adotti un piano di riequilibrio prevedendo impegni che vanno oltre il triennio la delibera, pur in presenza di una conclamata sofferenza finanziaria, non può essere considerata legittima poiché l’ente deve provvedere al risanamento nel termine previsto dal TUEL 7 Sez. contr. Emilia Romagna n. 7 del 2011, cit.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

252 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Innanzitutto, a seguito delle modifiche apportate a fine 2010 al TUEL che prevedono il rafforzamento dei limiti all’indebitamento, nei prossimi anni gli enti locali dovranno necessariamente contenere il ricorso all’indebitamento. Se si considera che già oggi, numerosi enti, anche capoluogo di Provincia e di Regione, presentano un livello di indebitamento superiore ai nuovi limiti previsti dal TUEL, è evidente che questi enti non solo non potranno ricorrere a nuovo debito per finanziare gli investimenti, ma dovranno porre in essere interventi per ridurre l’indebitamento, in una fase che potrebbe vedere un aumento dei tassi di interessi.

E’, inoltre, in aumento l’utilizzo di operazioni contrattuali e finanziarie dirette ad aggirare i vincoli posti al ricorso all’indebitamento. E’ frequente l’utilizzo di operazioni contrattuali, quali il leasing immobiliare in costruendo ed il project financing, anche in assenza di convenienza finanziaria ed economica, al solo scopo di non contabilizzare l’operazione in debito. In questo modo, si corre, però, il rischio che si formi una sorta di debito occulto, destinato ad irrigidire l’ordinaria attività dell’ente, anche per lunghi periodi.

Un accenno particolare merita il ricorso al contratto di “sale and lease back”, con il quale alcuni enti cedono parte del loro patrimonio immobiliare a terzi, utilizzando il corrispettivo per finanziare gli investimenti e continuando ad utilizzare l’immobile ceduto pagando un canone e riscattando il bene al termine del periodo contrattuale. Si tratta di operazione che potrebbe essere considerata lecita laddove riguardasse unicamente beni patrimoniali disponibili e venisse posta in essere in presenza di una giustificazione di tipo economico. In realtà, spesso riflette l’intento di reperire risorse finanziarie, senza ricorrere formalmente al debito. Tali operazioni possono comportare gravi problemi per gli enti, sia in relazione al maggior costo rispetto ad un finanziamento ordinario, sia all’irrigidimento della spesa.

Sempre in relazione alla gestione del debito, è da rilevare che appare in aumento non solo il fenomeno della prestazione di garanzie fideiussorie, che costituiscono, dal punto di vista contabile, un limite alla capacità di indebitamento dell’ente, ma anche il rilascio di lettere di patronage in favore delle società partecipate. Al contrario delle fideiussioni, le lettere di patronage non vengono contabilizzate dall’ente ai fini del calcolo del limite di indebitamento e, quindi, non sono evidenziate nella situazione finanziaria dell’ente. Dalle verifiche condotte, è poi emerso che in alcuni casi si tratta di lettere di patronage assimilabili a vere e proprie fideiussioni che creano specifici obblighi di intervento finanziario a carico dell’ente locale. Oneri che, quando emergono, possono porre a rischio la stessa solidità finanziaria dell’Ente locale.

Nell’esercizio 2010, infine, si sono accentuate le problematiche, già evidenziate lo scorso anno, nei rapporti finanziari fra gli enti locali e le società partecipate: è in crescita il fenomeno della vendita di beni immobili dell’ente locale a società partecipata che ricorre al debito bancario (nella più parte dei casi assistito da fideiussione o lettera di patronage da parte dell’ente locale stesso) per pagare il corrispettivo e l’esecuzione di opere pubbliche di interesse dell’ente locale da parte della società partecipata ricorrendo al debito bancario (anche in questo caso con garanzia diretta o indiretta dell’ente locale). In entrambi i casi l’esposizione non figura formalmente in capo all’ente locale, anche se, di fatto, grava su di esso in virtù di specifici impegni contrattuali o per previsione legislativa.

In queste situazioni, direttamente o indirettamente, il debito grava sull’ente locale che, prima o poi, dovrà farsene carico. E’ indubbio che se l’operazione è priva di giustificazione economica autonoma e la società non dispone di risorse, si tratta, a tutti

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 253 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

gli effetti, di debito dell’ente locale che dovrebbe risultare dalla contabilità dell’ente e soprattutto dovrebbe essere preso in considerazione al fine di verificare la sua effettiva e reale situazione finanziaria.

Uno degli snodi più critici nell’ambito delle verifiche compiute è quello dei rapporti finanziari fra enti locali e società partecipate di riferimento.

A parte le questioni segnalate in merito all’utilizzo elusivo in relazione alla disciplina del patto di stabilità e dei limiti all’indebitamento, in alcuni casi l’affidamento di attività e servizi a società partecipate non risulta supportato da analisi economiche e finanziarie che lo giustifichino. Accade, così, che gli organismi societari di anno in anno siano in perdita e gli enti procedano a ricapitalizzarli, senza accertare le cause (gestionali, incapacità degli amministratori ovvero insufficienza della contribuzione pubblica in relazione ai servizi). Si tratta di un fenomeno diffuso che dovrebbe trovare un limite a seguito delle norme, introdotte negli ultimi anni, che prevedono che gli enti verifichino e deliberino in ordine al mantenimento delle società e che le relative decisioni vengano vagliate dalle Sezioni regionali della Corte che ne hanno, peraltro, già avviato l’esame.

Di recente, è emerso, dalle verifiche compiute, che le norme sulla riduzione della spesa di personale e sulla limitazione delle nuove assunzioni, che progressivamente sono state introdotte dal legislatore negli ultimi anni, non sono osservate da tutti gli enti. E’ il caso soprattutto degli enti minori e di quelli compresi nella fascia di popolazione tra i 5.000 e i 25.000 abitanti che hanno difficoltà a rispettare i vincoli che sono sempre più rigidi.

Si è anche accertato che alcuni enti cercano di aggirare i vincoli in materia di personale utilizzando in modo improprio gli organismi partecipati e, in alcuni casi, le Unioni di comuni. Al riguardo, occorre rilevare, peraltro, che queste ultime sono Enti che rivestono una particolare importanza nel nuovo disegno delle funzioni delle Autonomie locali che si va sviluppando, ma non sono destinatarie in modo esplicito di alcuna specifica autonoma disciplina finanziaria, né in tema di patto di stabilità né di vincoli in materia di personale. Al fine di evitare anomali incrementi di personale e garantire il rispetto dei vincoli finanziari a livello di comparto è indubbio che, proprio in considerazione della loro natura, gli enti locali che le costituiscono devono garantire l’osservanza dei vincoli di pertinenza di ciascuno di essi sia in relazione alle spese sostenute direttamente che pro quota a quelle effettuate dalle Unioni.

Nei paragrafi che seguono viene offerta una ricognizione più dettagliata dei rilievi

e delle problematiche emerse nell’attività della Corte. IL PATTO DI STABILITÀ INTERNO 3. Nell’ambito della Relazione di coordinamento dello scorso anno, la Corte ha

delineato i principali problemi che aveva riscontrato in sede di esame dell’applicazione del Patto di stabilità interno, con particolare riferimento alla costruzione del saldo di competenza mista che utilizza i dati di competenza per la parte corrente e quelli di cassa per la parte in conto capitale.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

254 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

La verifica del raggiungimento dei risultati: verifica formale e rispetto sostanziale

Sempre in relazione alla questione del rispetto del Patto di stabilità, le Sezioni

regionali hanno avviato forme di controllo di tipo sostanziale che non si limitano all’esame dei dati finanziari comunicati da ciascun Ente ma sono dirette ad analizzare operazioni contrattuali o finanziarie che possono influire sui risultati del Patto e che, in alcuni casi, sono prive di autonoma giustificazione economica, risultando finalizzate unicamente a garantire il rispetto formale del Patto8.

La verifica del rispetto sostanziale del Patto pone delicati problemi poiché comporta la valutazione in termini elusivi di operazioni finanziarie o contrattuali, di per sé legittime. E’ indubbio che al riguardo potrebbe essere utile un intervento legislativo diretto a meglio chiarire sia gli effetti giuridici di alcuni contratti9 che l’ambito di applicabilità del Patto10.

Infatti, a questo proposito val la pena sottolineare che da alcuni anni costituisce argomento di discussione la previsione dell’estensione del patto di stabilità anche alle società partecipate dagli enti locali.

Una prima disposizione che andava in questa direzione è stata inserita nell’art. 23 bis del DL n. 112, conv. dalla legge n. 133 del 2008, ma la norma è stata dichiarata incostituzionale, ancora prima che diventasse operativa.

Prima della dichiarazione di incostituzionalità la Corte aveva precisato che la norma non era ancora operativa poiché non risultava emanato il regolamento attuativo11.

Al riguardo occorre rilevare che gli atti posti in essere dalla società a partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria hanno riflessi immediati sul bilancio dell’Ente pubblico partecipante, condizionandone gli equilibri finanziari e, pertanto, dei risultati finanziari delle predette società e dei rapporti finanziari con l’ente di riferimento dovrebbe tenersi conto ai fini del Patto12.

Il meccanismo sanzionatorio Il 2010 è stato uno dei primi anni nei quali il meccanismo sanzionatorio

conseguente al mancato rispetto del Patto ha dispiegato i suoi effetti e l’attività della Corte ha riguardato sia l’ambito applicativo delle sanzioni che la verifica del loro rispetto da parte degli enti che nel 2009 non avevano raggiunto gli obiettivi del Patto.

Il primo aspetto che nel corso di questi anni è stato esaminato dalle Sezioni regionali ha riguardato la natura delle limitazioni amministrative o sanzioni, anche per verificare le conseguenze della loro violazione.

Le limitazioni o sanzioni trovano fondamento e giustificazione nella duplice circostanza che la mancata osservanza dei vincoli finanziari costituisce grave

8 Sez. contr. Veneto, 2011, in merito ad un’operazione di concessione di credito a società. La Sez. contr. Veneto, con delibera 25 ottobre 2010, n. 228, ha rilevato, ad esempio, che le somme erogate a titolo di mutuo da un Comune ad una società in house non possono essere detratte dai saldi relativi al Patto di stabilità interno, non essendo tali operazioni assimilabili alle concessioni di crediti. 9 Ad esempio: leasing immobiliare, concessione di crediti a terzi. 10 Ad esempio: in relazione alle società totalmente partecipate da un Ente che operano nei confronti dell’Ente di riferimento secondo il meccanismo dell’in house, come si vedrà più avanti. 11 Sez. contr. Piemonte, 2 marzo 2010, n. 14; Sez. contr. Sardegna, 18 marzo 2010, n. 24. 12 Sez. contr. Campania, 25 febbraio 2008, n. 10.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 255 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

irregolarità nella gestione finanziaria e amministrativa degli enti interessati e che all’irregolarità è necessario porre rimedio adottando le misure necessarie per ricondurre la gestione finanziaria dell’ente entro i limiti stabiliti dall’ordinamento13.

L’introduzione di specifiche misure ha permesso di delineare alcuni meccanismi omogenei, applicabili in modo indifferenziato a tutti gli enti che sono incorsi nella grave irregolarità finanziaria del mancato rispetto del Patto.

Peraltro, occorre rilevare che prima della modifica operata nell’ambito della manovra di finanza pubblica per il 2011, si trattava di interventi che non erano graduati in relazione alla gravità o alla causa della violazione della disciplina del Patto, ma operavano sull’ordinaria attività amministrativa, limitando la potestà degli organi di governo e direzione dell’ente inibendo lo svolgimento di specifiche attività (ad es. divieto di indebitamento e divieto di assunzione di personale) o riducendo il margine di discrezionalità (ad es.: limitazione della spesa corrente entro specifici parametri).

Nel 2010 nell’ambito del sistema sanzionatorio ha trovato applicazione il co. 22 bis dell’art. 77 del DL n. 112, in base al quale gli effetti finanziari delle sanzioni derivanti dal mancato rispetto del patto di stabilità nell’anno precedente non potevano concorrere al perseguimento degli obiettivi assegnati per l’anno in cui le misure venivano attuate.

A seguito di alcune incertezze in ordine all’applicazione del meccanismo di sterilizzazione della sanzione, la Corte ha ritenuto che ciascun ente fosse tenuto a definire in via preventiva i criteri che intendeva adottare in relazione alla determinazione dei riflessi finanziari della sterilizzazione della sanzione ai fini del calcolo del suo saldo finanziario. Ha precisato, inoltre, che, in linea generale, il percorso corretto fosse quello di partire dai dati relativi alle entrate ed alle spese correnti contenuti nel bilancio pluriennale approvato prima dell’inizio dell’esercizio nel quale gli obiettivi del Patto non sono stati raggiunti e che le variazioni da apportare alla spesa corrente tendenziale dovessero essere determinate tenendo conto delle sole modifiche alle previsioni di entrata e di spesa dipendenti da elementi oggettivi e comunque, indipendenti, dall’applicazione delle sanzioni stesse. Ha concluso, tuttavia, ritenendo che fossero da ritenere ammissibili anche altre correzioni, purché effettuate applicando criteri idonei all’effettivo perseguimento della finalità indicata dal co. 22 dell’art. 77 bis del decreto legge n. 11214.

Come notato in altre occasioni, il legislatore non ha indicato né quali conseguenze comporti la mancata osservanza delle stesse né quale sia l’organo chiamato a vigilare sulla loro corretta applicazione.

Ma sembra evidente che anche in mancanza di specifiche “sanzioni” a valere per il caso in cui l’ente che non abbia raggiunto gli obiettivi della disciplina del Patto di stabilità non applichi le limitazioni amministrative non è irrilevante la verifica in ordine alla loro (mancata) applicazione che costituisce una ulteriore grave irregolarità finanziaria che andrebbe ad inserirsi in una situazione già di per sé di grave irregolarità, quale è la mancata osservanza del Patto.

Quanto all’organo deputato a vigilare sull’applicazione delle limitazioni amministrative o sanzioni, in assenza di diverse indicazioni normative la competenza non può che essere della Corte dei conti nell’ambito dell’attività di vigilanza in ordine al rispetto del Patto di stabilità ed alla sana gestione finanziaria (art. 1, co. 166 della legge finanziaria per il 2006). 13 Corte conti, sez. contr. Lombardia, 28 gennaio 2008, n. 25. 14 Sez. riun., 7 dicembre 2010, n. 61.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

256 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Peraltro, potrebbe essere utile un intervento normativo che delineasse in modo più preciso le conseguenze della mancata applicazione delle sanzioni o limitazioni amministrative. Proprio in relazione a questo problema, val la pena sottolineare che nel 2010 sono stati accertati alcuni casi nei quali gli enti che negli anni precedenti non avevano raggiunto gli obiettivi del Patto nell’esercizio successivo non hanno osservato le sanzioni15.

Il divieto di nuove assunzioni L’art. 76, co. 4 del DL n. 112 del 2008 pone il divieto per gli enti che non hanno

raggiunto gli obiettivi della disciplina del Patto di procedere nell’esercizio successivo a nuove assunzioni quale che sia la forma prescelta, ponendo, quindi, un divieto di instaurare ogni forma di lavoro a tempo indeterminato, determinato o flessibile, in genere e, in sostanza, riguarda le assunzioni con qualsiasi tipologia di contratto, comprese le collaborazioni coordinate e continuative, le mobilità fra enti, il passaggio di contratti da tempo parziale a tempo pieno16. Il divieto è da intendersi riferito ad ogni modifica della disciplina del personale che si configuri come incremento, a qualsiasi titolo, della dotazione organica.

Inoltre, al fine di garantire il rispetto sostanziale della norma, il legislatore ha statuito il divieto di dar corso a contratti di servizio elusivi del vincolo, ovvero a convenzioni fra enti per l’utilizzo del personale a vario titolo poiché si avrebbe una violazione del disposto normativo17.

In sostanza sarebbero vietati tutti i comportamenti che appaiono “elusivi” del disposto normativo, vale a dire che violano, anche indirettamente il precetto stabilito dal legislatore.

Al contrario, non rientrano nel divieto i contratti effettivi finalizzati alla consulenza e ad attività di studio o ricerca che devono essere caratterizzati da autonomia della prestazione, occasionalità e mancato inserimento del soggetto nell’organizzazione dell’ente18.

La limitazione amministrativa conseguente al mancato raggiungimento dei risultati previsti dalla disciplina relativa al Patto di stabilità interno opera anche in relazione alla contrattazione integrativa e, pertanto, nell’esercizio successivo non possono essere incrementate le risorse previste dall’art. 15, co. 5 del CCNL 1° aprile 1999, che rientrano nel novero delle risorse aggiuntive che possono essere destinate alla contrattazione integrativa solo se vi è rispetto della disciplina finanziaria vincolistica19.

E’ indubbio che quella in materia di personale è una sanzione rigida che incide sull’organizzazione degli enti e che potrebbe essere parametrata dal legislatore, prevedendo una specifica valutazione in ordine sia alle cause che hanno provocato il mancato rispetto del Patto che alla tipologia di sostituzione del personale che cessa dal 15 Ad es.: Sez. contr. Puglia, 24 novembre 2010, n. 155, in relazione alla mancata riduzione della spesa corrente; id, 11 novembre 2010, n. 133, con riferimento al mancato rispetto del divieto di nuove assunzioni. 16 Sez. contr. Veneto, 15 gennaio 2010, n. 6; Sez. contr. Lombardia, 4 marzo 2010, n. 288, secondo la quale non risulterebbe possibile la trasformazione di contratti di lavoro a tempo parziale in contratti di lavoro a tempo pieno poiché si avrebbe, di fatto, un incremento dell’organico, con conseguenti incrementi di spesa destinati a ripetersi negli anni; Sez. contr. Piemonte, 16 marzo 2010, n. 19 e n. 21 che ha specificato che la mobilità non è utilizzabile perché, di fatto, comporta un incremento dell’organico dell’ente che, al contrario, deve contenere la spesa. 17 Sul punto: Corte conti, sez. contr. Lombardia n. 288 del 2010. 18 Sez. contr. Lombardia, n. 288 del 2010. 19 Sez. contr. Lombardia, 6 luglio 2010, n. 724.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 257 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

servizio, in relazione alle funzioni fondamentali che comunque l’ente deve assicurare e all’infungibilità di alcune professionalità (ad esempio quelle tecniche), i compiti delle quali non possono essere svolti riorganizzando l’attività degli uffici.

Il divieto di ricorrere all’indebitamento Altra sanzione o limitazione amministrativa è quella che prevede che

nell’esercizio successivo a quello del mancato raggiungimento degli obiettivi del Patto, gli enti interessati non possano ricorrere all’indebitamento (art. 77, co. 7 quater del DL n. 112, conv. in legge n. 133).

In linea generale, l’esame compiuto dalle Sezioni regionali ha riscontrato un quasi generale rispetto del divieto da parte degli enti interessati, anche se sono stati rilevati fenomeni che appaiono elusivi del divieto poiché sembrano essere utilizzati in modo improprio alcuni strumenti contrattuali o gestionali, di per sé leciti ed ammessi dall’ordinamento20.

Le delibere della Corte che hanno affrontato la questione hanno adottato una posizione articolata, mettendo in risalto la funzione e la natura di ciascun tipo di ricorso a risorse finanziarie esterne al fine di verificare l’idoneità a violare la disposizione di legge o meno21.

Innanzitutto, è stato ribadito che la legislazione ordinaria successiva alla costituzionalizzazione del divieto di ricorrere all’indebitamento per sostenere spese diverse da quelle di investimento, oltre ad indicare, in linea generale, quali operazioni rientrino nel concetto di “spesa per investimento”, ha individuato una serie di operazioni che sicuramente costituiscono “indebitamento”, delineandone le caratteristiche. E’ stato posto in evidenza che l’intento del legislatore è stato quello di evitare possibili contestazioni in modo che ogni volta che ricorre qualcuna di queste operazioni risulti chiaro che sono applicabili le regole stabilite all’art. 119 della Costituzione in materia di utilizzo del debito da parte degli enti territoriali.

E’ stato specificato, però, che l’elencazione contenuta nella disciplina legislativa non esaurisce la categoria delle operazioni di indebitamento e che possono avere questa natura anche quelle attività contrattuali che presentino effetti economici analoghi ed equivalenti a quelli tipici riferiti al debito22.

La riduzione dei trasferimenti in caso di inosservanza del Patto A seguito delle modifiche apportate dal DL n. 78 del 2010, agli enti locali che non

hanno rispettato il Patto nel 2010 si applica la riduzione dei trasferimenti in misura pari allo scostamento.

20 Sul punto si rinvia al Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, maggio 2010. 21 Sez. contr. Lombardia, 4 marzo 2010, n. 288; Sez. contr. Veneto, 23 marzo 2010, n. 40; Sez. contr. Lombardia, 28 maggio 2010, n. 626. 22 Sez. contr. Veneto, 29 marzo 2010, n. 40 secondo la quale l’indebitamento pluriennale conseguente alla realizzazione di un impianto fotovoltaico mediante un’operazione di leasing non può essere strumentale all’elusione delle statuizioni sanzionatorie riferite dalla legislazione finanziaria ai Comuni che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno; Sez. contr. Lombardia, 29 aprile 2010, n. 526.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

258 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

E’ stato ritenuto che la riduzione operi unicamente il relazione al contributo ordinario e non tocchi i trasferimenti compensativi di mancate entrate proprie dell’ente locale (ad es. trasferimento riferito al mancato introito ICI abitazione principale)23.

IL DEBITO E LA SUA GESTIONE 4. Nella Relazione di coordinamento della finanza pubblica dello scorso anno è

stato affrontato già il fenomeno del debito, delle modalità di gestione e dei problemi che può comportare per le amministrazioni locali.

Nel corso del 2010, sono state esaminate alcune questioni particolari che meritano di essere sottoposte all’attenzione del Parlamento, anche in relazione alla modifica dei limiti all’indebitamento previsti dall’art. 204 del TUEL, introdotta dalla legge di stabilità e successivamente rimodificata dal DL n. 225 del 2010, conv. dalla legge n. 10 del 2011.

L’art. 204 del TUEL è diretto ad evitare che l’aumento del debito possa compromettere la stabilità finanziaria dell’Ente locale e, pertanto, pone limiti all’assunzione di nuovi mutui o all’accesso ad altre forme di finanziamento in relazione all’ammontare complessivo annuale degli interessi che non devono superare un limite predeterminato. La limitazione è fondata sull’esigenza di impedire che l’indebitamento diventi un fattore incontrollabile di crescita della spesa corrente, capace di riflettersi sui bilanci futuri dell’Ente, provocando situazioni di squilibrio finanziario e conseguentemente, la norma dell’art. 204 del TUEL deve essere interpretata in senso stretto. Pertanto, deve ritenersi che, al fine di calcolare il limite all’indebitamento, occorra riferirsi solo alle entrate correnti di competenza “accertate” con il rendiconto del penultimo esercizio approvato (art. 203 del TUEL) e non anche ad entrate che, in via ipotetica, potrebbero essere accertate o riscosse sia nell’esercizio in corso al momento dell’assunzione del mutuo che in esercizi futuri24.

La modifica legislativa che è stata introdotta a fine 2010 e che ha ridotto il limite, in precedenza fissato al 15 per cento, portandolo al 12 per cento nel 2011, al 10 per cento nel 2012 e all’8 per cento a partire dal 2013, sicuramente servirà a contenere la dinamica di crescita del debito ma, certamente, porrà problemi a numerosi Enti locali. Al riguardo è sufficiente ricordare che alcuni importanti Comuni capoluogo di Provincia nel 2011 presentano un’incidenza superiore all’8 per cento. E’ indubbio che questi Enti non solo dovranno ridurre l’incidenza attuale del loro debito, ma nei prossimi anni potranno ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti in modo limitato.

In crescita appare il fenomeno della prestazione di garanzie fideiussorie che costituiscono, dal punto di vista contabile, un limite alla capacità di indebitamento dell’ente, nel rispetto dell’art. 204 TUEL25.

23 Sez. contr. Lombardia, 16 marzo 2011, n. 133. Peraltro, occorrerà verificare l’incidenza su questa norma del d.lgs. n. 23 del 2011 che ha previsto l’abolizione del meccanismo dei trasferimenti sostituendoli con quello delle compartecipazioni. 24 Sez. contr. Veneto, 6 aprile 2011, n. 269 La questione sottoposta all’esame dei giudici contabili concerneva la possibilità per un Comune di procedere alla realizzazione di un impianto fotovoltaico finanziando l'opera con l'assunzione di un mutuo di importo tale da far superare i limiti massimi all’indebitamento stabiliti dall’art. 204 TUEL, con la precisazione, però, che il ricavato dall’utilizzo dell’impianto sarebbe stato superiore alla quota di ammortamento annuale del mutuo che, in questo modo sarebbe stata finanziata senza ricorrere ad altre risorse dell’ente. 25 Sez. contr. Toscana, 21 luglio 2010, n. 97.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 259 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Altro problema ricorrente che è stato affrontato in numerose occasioni concerne la possibilità o meno di ricorrere ad indebitamento per finanziare il pagamento di un debito fuori bilancio che tragga origine da una sentenza esecutiva. La risposta negativa è motivata dalla cogenza del divieto di ricorrere ad indebitamento per spese diverse da quelle di investimento stabilito dall’art. 119 Cost. e riguarda anche le sentenze che siano state emesse dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, anche se l’irregolarità che ha originato il procedimento sia anteriore al 3 novembre 200126.

Da ultimo, occorre ancora rilevare che la situazione di criticità finanziaria nella quale versano alcuni enti vede un incremento dell’utilizzo improprio delle anticipazioni di tesoreria, alle quali alcuni enti non ricorrono per periodi limitati ma in via continuativa per l’intero anno, senza neanche poter estinguere il debito a fine esercizio27. E’ indubbio che in casi simili l’anticipazione perde la sua natura per trasformarsi in vero e proprio indebitamento.

Limiti formali e rispetto sostanziale: la questione degli strumenti assimilabili Così come accaduto nella verifica del rispetto del patto di stabilità anche nel

controllo sul rispetto dei limiti di indebitamento, le Sezioni regionali hanno individuato alcune situazioni che da un punto di vista formale non rientrano nel debito ma che presentano aspetti che sotto il profilo sostanziale sono assimilabili a strumenti di indebitamento.

In assenza di indicazioni normative ed in presenza del divieto contenuto nell’art. 119 della Costituzione, sono state analizzate alcune operazioni poste in essere da alcuni enti al fine di evidenziarne l’effettiva natura debitoria.

Nella Relazione di coordinamento dello scorso anno, sono state messe in luce le potenziali criticità dell’utilizzo dello strumento del leasing immobiliare per la realizzazione di opere pubbliche quale strumento diretto a reperire risorse finanziarie per gli enti locali.

Come già rilevato, si tratta di una modalità contrattuale consentita alle Amministrazioni pubbliche alla quale gli enti possono ricorrere nel rispetto delle regole di finanza pubblica e sempreché sia dimostrata la convenienza economico – finanziaria.

Se in base alla disciplina del contratto l’ente si obbliga al termine della locazione finanziaria all’acquisto del bene si tratta di un’operazione che rientra nell’“area dell’indebitamento” e, come tale deve seguire le regole del debito28.

Le rilevazioni effettuate nel corso del 2010 e la richiesta di pareri hanno evidenziato il crescente utilizzo da parte degli enti locali del contratto di sale and lease back per porre in essere operazioni di finanziamento.

Al riguardo si è appurato che il corrispettivo che l’ente locale riceva nell’ambito dell’operazione di sale and lease back posta in essere in relazione ad un bene non realizza una plusvalenza da alienazione, ma, al contrario, un’operazione d’indebitamento pluriennale finalizzata all’investimento29.

26 Sez. Autonomie, 19 novembre 2009, n. 18, Sez. contr. Emilia Romagna, 9 febbraio 2010, n. 28. 27 Ad es. Sez. contr. Puglia, 26 maggio 2010, n. 27; id., 7 luglio 2010, n. 53. 28 Sez. contr. Piemonte, 26 novembre 2010, n. 82 ; Sez. contr. Lombardia, 28 maggio 2010, n. 626. Le questioni di carattere generale che solleva questa tipologia di contratto sono state evidenziate nella delibera della Sezione Marche 29 marzo 2011, n. 14. 29 Sez. contr. Lazio 28 dicembre 2010, n. 80.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

260 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

La questione dei rapporti finanziari che corrono fra gli enti locali e le società partecipate presenta molteplici aspetti di criticità, uno dei quali è quello dell’indebitamento della società per acquistare beni immobili dell’ente di riferimento, senza che vi sia un’autonoma giustificazione economica dell’operazione. Altra situazione che presenta profili di criticità è quella dell’esecuzione di opere pubbliche di interesse dell’ente locale da parte della società partecipata ricorrendo al debito.

In entrambi i casi il debito non figura formalmente in capo all’ente locale, anche se, di fatto, grava sull’ente in virtù di specifici impegni contrattuali o per previsione legislativa.

A queste situazioni, che possono presentare incidenze fortemente negative sugli equilibri degli enti locali30, si porrà rimedio, presumibilmente, quando diverrà operativa la previsione del consolidamento dei conti e l’obbligo del rispetto dei vincoli di finanza pubblica in modo unitario fra ente locale e società partecipate.

A metà strada fra le questioni inerenti la gestione del debito ed i rapporti con le società partecipate si colloca un fenomeno che da alcune verifiche sembra in crescita: il rilascio di lettere di patronage in favore delle società partecipate da parte degli enti locali.

In alcuni casi le lettere di patronage sono assimilabili a vere e proprie fideiussioni con obblighi a carico dell’ente locale e quindi dovrebbero essere tenute in considerazione al fine del rispetto dei vincoli finanziari31.

GLI ENTI LOCALI NELLE MANOVRE DI FINANZA PUBBLICA 2009 E 2010 5. A seguito delle manovre finanziarie del 2009 e del 2010 che hanno introdotto

notevoli restrizioni all’attività degli enti locali ed alla loro capacità di spesa, la Corte dei conti è stata interpellata in sede consultiva per fornire indicazioni interpretative in ordine alle diverse limitazioni, anche perché la violazione dei predetti obblighi è sanzionata esplicitamente da responsabilità disciplinare e amministrativa.

Le questioni esaminate sono state numerose e hanno riguardato, sostanzialmente, molte delle limitazioni introdotte dal legislatore.

L’individuazione dei soggetti destinatari dei vincoli Prima dell’analisi dei singoli vincoli e limitazioni esaminate dalla magistratura

contabile, occorre rilevare che a partire dal DL n. 78 del 2010, il legislatore ha espressamente statuito che alcune delle misure previste a salvaguardia dell’integrità della finanza pubblica vengano osservate da tutte le entità inserite nel elenco delle Amministrazioni pubbliche predisposto dall’ISTAT, ai sensi dell’art. 1, co. 3 della legge n. 196 del 2009.

Si tratta di un’estensione di rilievo poiché indirizza gli obblighi di contenimento della spesa anche nei confronti di tutti quegli enti e soggetti che concorrono a formare la nozione allargata di amministrazione pubblica32.

30 Per tutte si richiamano le situazioni descritte nelle citate delibere Sez. contr. Puglia n. 59 del 2010 e Sez. contr. Emilia Romagna n. 17 del 2011. 31 Sez. contr. Emilia Romagna, n. 17 del 2011. Nel caso di specie il Comune aveva rilasciato numerose lettere di patronage, alcune delle quali sono state ritenute assimilabili a vere e proprie fideiussioni.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 261 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

L’organizzazione del sistema dei pagamenti: l’art. 9 del DL n. 78 del 2009 Uno degli aspetti più significativi ha riguardato la delicata questione dei

pagamenti degli enti locali in relazione alla previsione contenuta nell’art. 9 del DL n. 78 del 2009, osteggiata dagli enti locali e dalle loro Associazioni rappresentative.

Al riguardo, in sede consultiva, è stato ritenuto che la previsione contenuta nel'articolo 9 richiede che ciascun ente predisponga una sorta di “bilancio di cassa”, destinato a consentire la verifica in ordine alle somme che l’ente ritiene di incassare e quelle che deve pagare in base ai cronoprogrammi di realizzazione degli investimenti33.

Conseguentemente, al fine di raggiungere il risultato previsto dalla norma citata, è necessario che ciascun ente ponga in essere efficaci forme di coordinamento fra dirigenti e responsabili assegnatari di risorse e il responsabile finanziario, al fine di evitare che siano assunti impegni riferibili a obbligazioni che potranno essere adempiute solo con pagamenti che possano portare ad una violazione della disciplina del Patto.

La disciplina in questione e le misure che ciascun ente deve adottare sono finalizzate ad evitare l’insorgenza di forme di responsabilità amministrativa a carico dei funzionari interessati alle varie fasi della procedura.

La limitazione della spesa per incarichi esterni L’interpretazione ed applicazione delle disposizioni relative agli incarichi esterni

ha comportato e comporta numerosi dubbi e perplessità, anche in relazione alla recente disposizione contenuta nell’art. 6, co. 7, del DL n. 78 del 2010, conv. dalla legge n. 122 che ha previsto che a partire dal 2011 gli enti pubblici riducano le spese relative a consulenze ed incarichi di studio in misura tale da sostenere, al massimo, il 20 per cento della spesa sostenuta nel 2009.

Dipanando alcuni dubbi, le Sezioni riunite hanno precisato che il parametro di riferimento da assumere per determinare la riduzione della spesa in considerazione del principio della programmazione deve assumersi quale riferimento la spesa impegnata nel 2009 e non quella pagata sempre nel 200934.

Altro aspetto cruciale esaminato, sempre in sede di coordinamento, è stato quello relativo alla composizione della spesa in relazione al quale è stato precisato che “è da ritenere che debbano escludersi dal computo gli oneri coperti mediante finanziamenti aggiuntivi e specifici trasferiti da altri soggetti pubblici o privati, poiché la finalità della norma è quella di conseguire risparmi sui bilanci dell’ente e non di limitare la possibilità di operare con finanziamenti esterni”.

32 In relazione ai problemi di delimitazione dell’ambito dei soggetti tenuti all’osservanza di queste regole si rinvia al successivo par. 12. 33 Sez. contr. Puglia, 28 ottobre 2010, n. 120. 34 Sez. riun. 7 febbraio 2011, n. 7.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

262 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Il divieto di sostenere spese per sponsorizzazioni Al fine di contenere le spese degli enti locali è stato introdotto uno specifico

divieto di sostenere spese per sponsorizzazioni (art. 6, co. 9 del DL n. 78, conv. con la legge n. 122 del 2010).

Le incertezze degli enti in ordine all’effettiva estensione della limitazione in relazione alle molteplici attività sono state sinora numerose e hanno richiesto ampi chiarimenti alla magistratura contabile che, preliminarmente, ha precisato che la disposizione introdotta dal citato co. 9 dell’art. 6 mira a ridurre i costi degli apparati amministrativi con conseguenti risparmi di spesa sui bilanci pubblici e che, “pertanto, è da escludere che il divieto assoluto di sponsorizzazione da essa previsto possa riguardare anche le sponsorizzazioni effettuate da terzi a favore di manifestazioni organizzate dal Comune35.

Inoltre, in considerazione dello scopo perseguito dal legislatore, gli enti locali possono concedere il gratuito patrocinio alle manifestazioni organizzate da terzi sul presupposto che tale accordo si fondi sull’assenza di prestazioni pecuniarie a carico dell’Amministrazione36.

In linea generale si è ritenuto che debba considerarsi vietata qualsiasi forma di contribuzione intesa a valorizzare il nome o la caratteristica del comune ovvero a sostenere eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dell’Ente mentre sono tutt’ora ammesse le contribuzioni a soggetti terzi per iniziative culturali, artistiche, sociali, di promozione turistica (elencazione questa non esaustiva), che mirano a realizzare gli interessi, economici e non, della collettività amministrata, ossia le finalità istituzionali dell’ente locale. Tali iniziative, concretizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale, rappresentano una modalità alternativa della realizzazione del fine pubblico rispetto alla scelta da parte dell’Amministrazione di erogare direttamente un servizio di utilità per la collettività.

Le spese per missioni dei dipendenti e degli amministratori locali L’applicazione dell’art. 6 co. 12 del DL n. 78, conv. con la legge n. 122 del 2010

che ha stabilito che l’art. 9 della legge n. 417 del 1978 è applicabile ai dipendenti degli enti locali nei soli limiti nei quali è ammessa l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio da parte dell’Amministrazione al dipendente, ai soli fini della copertura assicurativa e senza alcun diritto al rimborso delle spese per carburante e per pedaggi autostradali ha sollevato numerose questioni applicative.

Interpellate in proposito, le Sezioni Riunite hanno confermato l’impossibilità per gli enti locali di introdurre il rimborso con una propria autonoma regolamentazione poiché si sarebbe in presenza di una “chiara elusione del dettato e della ratio del disposto del richiamato art. 6, comma 12, del decreto legge n. 78 del 2010”37.

35 Sez. contr. Lombardia, 23 dicembre 2010, n. 1075 e n. 1076; id, 10 gennaio 2011, n. 6; Sez. contr. Liguria, 15 febbraio 2011, n. 6; 21 febbraio 2011, n. 11. 36 Sez. contr. Liguria, 21 febbraio 2011, n. 11 che ha riconosciuto la possibilità che l’ente locale possa accollarsi le spese di vigilanza e sicurezza poiché questa circostanza “non muta la gratuità dell’accordo di patrocinio rappresentando, all’opposto, l’esplicazione delle tipiche funzioni di polizia municipale a tutela della sicurezza della cittadinanza in occasione di manifestazioni organizzate il luoghi pubblici o aperti al pubblico”. 37 Sez. riun. 5 aprile 2011, n. 21. In precedenza: 7 febbraio 2011, n. 8

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 263 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Neppure i rimborsi spese agli amministratori locali per raggiungere l’ufficio e per l’espletamento dei compiti istituzionali sono soggetti alla limitazione dell’art. 6, co. 12 del DL n. 7838 poiché la materia è disciplinata dal co. 3 dell’art. 84 del TUEL, disposizione non è stata incisa dalla manovra finanziaria estiva (co. 12, dell’art. 6 del DL n. 78) e che, pertanto, conserva integro il proprio ambito applicativo.

Le spese di rappresentanza Altra riduzione di spesa significativa introdotta nell’ambito della manovra estiva

del 2010 è quella relativa alle spese di rappresentanza che in base al co. 8, dell’art. 6 del DL n. 78 non possono essere sostenute in misura superiore al 20 per cento di quelle del 2009.

Le questioni affrontate in sede interpretativa dalle Sezioni regionali hanno toccato alcune delle innumerevoli sfaccettature della nozione di “spesa di rappresentanza” al fine di contribuire a delineare quali siano le spese che, in concreto, devono essere ridotte.

Al riguardo è stato indicato quale criterio unitario la necessità che in relazione a ciascuna spesa che l’ente intende sostenere si verifichi l’effettiva funzione e se la stessa rientra all’interno degli ordinari compiti e consuete attività proprie dell’ente non si tratta di spesa di rappresentanza.

Seguendo questo criterio è stato ritenuto che non siano da considerare spesa di rappresentanza gli oneri a carico dell’Amministrazione funzionali a promuovere la conoscenza dell’esistenza e della modalità di fruizione dei servizi pubblici da parte della collettività39, così come le spese collegate al compimento di attività istituzionale di organismi internazionali o comunitari40.

E’ stato precisato, altresì, che al fine di evitare il rischio che gli enti possano adottare soluzioni organizzative “che pur formalmente rispettose delle norme si pongano in contrasto con la ratio stessa della disposizione in esame (ridurre i costi degli apparati amministrativi), in quanto idonee a pregiudicare l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa o a comportare un incremento dei costi (ricorso ad autovetture di servizio, car sharing, noleggio auto, etc.), si ritiene ristoro possibile il ricorso a regolamentazioni interne volte a disciplinare, per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente per l’Amministrazione, forme di del dipendente dei costi dallo stesso sostenuti che, però, dovranno necessariamente tenere conto delle finalità di contenimento della spesa introdotte con la manovra estiva e degli oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’Ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto. Sez. riun., 7 febbraio 2011, n. 9 ha precisato che le limitazioni al trattamento di missione introdotte dall’art.6 della legge n. 122 del 2010 non comportano l’inefficacia dell’art. 45, comma 2 del CCNL del 16 maggio 2001 per i Segretari Comunale e Provinciali inerente il rimborso delle spese sostenute dal segretario titolare di sede di segreteria convenzionata. 38 Sez. contr. Liguria, 21 febbraio 2011, n. 10. Peraltro, sempre in relazione a questa tipologia di spese è stato evidenziato che in relazione alle spese di missione sostenute dagli organi di governo dell’ente locale per recarsi negli enti sovracomunali nel compimento dell’attività istituzionale trova applicazione il co. 1 dell’art.84 del TUEL, modificato da ultimo dall’art.5, co. 9 del DL 78 del 2010, con la soppressione dell’inciso “nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese”, con la conseguenza che anche gli stanziamenti rivolti al pagamento dei rimborsi per le missioni effettuate dal Sindaco e dagli amministratori locali presso altre istituzioni ed, in generale, le missioni finalizzate all’adempimento di compiti istituzionali, trovano allocazione differente dagli stanziamenti presi in considerazione dal comma 12 dell’art.6 del DL 78/2010 e pertanto non soggiacciono ai limiti quantitativi individuati dal predetto articolato normativo. 39 Sez. contr. Lombardia, 21 febbraio 2011, n. 89. 40 Sez. contr. Emilia Romagna, 24 marzo 2011, n. 15.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

264 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

La riduzione delle spese per attività di formazione Le Amministrazioni pubbliche a decorrere dall’anno 2011 possono sostenere una

spesa annua “per attività esclusivamente di formazione” in misura non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 (co. 13, dell’art. 6 del DL n. 78).

La norma è diretta sicuramente a ridurre in modo significativo i costi che gli enti sostengono per la formazione dei loro dipendenti” e che, indubbiamente, si tratta di costi che riguardano gli apparati amministrativi poiché incidono sulle spese generali di amministrazione e sull’organizzazione degli enti pubblici.

Tuttavia, al riguardo non può trascurarsi che le attività di formazione hanno un significativo rilievo e vantaggio per gli stessi enti perché dovrebbero presentare utilità in relazione al miglioramento della qualità dell’azione amministrativa, considerata l’importanza dell’aggiornamento e della qualificazione dei dipendenti pubblici, sia in relazione ai mutamenti dell’azione amministrativa che della stessa organizzazione degli enti.

Ciò è tanto vero che l’importanza di queste attività è stata riconosciuta dallo stesso legislatore che in relazione a specifiche attività ha stabilito l’obbligatorietà della partecipazione ad iniziative di formazione.

Ed è proprio in relazione a quest’ultimo aspetto che si pongono alcuni dubbi in relazione alla circostanza se la riduzione al 50 per cento si applichi a tutte le spese inerenti attività di formazione o solo a quelle in relazione alle quali vi è discrezionalità di decisione da parte dell’ente interessato41.

La riduzione dei compensi A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6, co.3, del DL n. 78 che ha stabilito una

generalizzata riduzione dei compensi percepiti da alcuni soggetti che svolgono attività di indirizzo e controllo nelle Amministrazioni pubbliche si sono posti numerosi dubbi in ordine all’estensione dell’ambito di applicazione che, in linea generale, sono stati superati ritenendo che la limitazione abbia carattere generale che, conseguentemente, la riduzione debba essere applicata anche ai compensi degli organi di revisione degli enti locali42 e a quello del difensore civico43.

L’obbligo di sciogliere i Consorzi di funzione Alla fine del 2010 è divenuta operativa la previsione contenuta nell’art. 2, co. 186,

lett. e) della legge 23 dicembre 2009, n. 191(finanziaria 2010) che ha previsto l’obbligo di procedere allo scioglimento dei consorzi di funzione fra enti locali, ad eccezione di quelli relativi ai bacini imbriferi montani.

41 Sez. contr. Lombardia, 3 marzo 2011, n. 116 ha precisato che £la disposizione contenuta nel co. 13 dell’art. 6 del DL n. 78 sia riferibile ai soli interventi formativi decisi o autorizzati discrezionalmente dall’ente locale e non riguardi le attività di formazione previste da specifiche disposizioni di legge, collegate allo svolgimento di particolari attività”, quali, ad esempio quella “riferita alle spese sostenute dall’Amministrazione per corsi obbligatori ai sensi del d.lgs. 81/2008 in materia di sicurezza sul lavoro (come per esempio i corsi antincendio e primo soccorso)”. 42 Sez. contr. Toscana, 9 dicembre 2010, n. 204; id, 2011, in relazione ad un organo di revisione monocratico; sez. contr. Lombardia, 25 gennaio 2011, n. 13. 43 Sez. contr. Lombardia, 21 febbraio 2011, n. 90.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 265 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

I problemi che hanno affrontato gli enti nei mesi scorsi e che stanno ancora affrontando sono molteplici, a partire dall’individuazione dei Consorzi interessati allo scioglimento per arrivare a stabilire quali siano i concreti effetti, ad esempio in relazione al personale che opera in detti organismi.

La questione della individuazione dei consorzi da sopprimere è delicata poiché si tratta di enti molto diffusi nei quali opera un elevato numero di dipendenti.

E proprio in relazione a quest’ultimo aspetto, è stato precisato che rientrano fra i consorzi di funzione sia quelli con finalità socio-assistenziali44 che quelli relativi alla gestione delle funzioni di polizia locale.

In relazione alle questioni inerenti il personale che opera nei Consorzi si è rilevato che la legge finanziaria prevede che siano fatti salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione da parte dei Comuni delle predette funzioni, delle relative risorse e con successione dei Comuni ai medesimi enti in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto.

In relazione alla spesa di personale ed alle modalità operative da seguire per la reinternalizzazione del personale è stato osservato che la prosecuzione del rapporto di lavoro con parte dei dipendenti che prestavano la loro attività nel Consorzio potrebbe porsi, a prima vista, in contrasto con i vincoli di finanza pubblica che ciascun ente deve osservare in materia di assunzioni e di spesa di personale e con le regole del Patto di stabilità. Tuttavia, se il Comune ed il Consorzio hanno operato correttamente non dovrebbe esservi alcun contrasto se al momento del trasferimento del personale al Consorzio, il Comune ha ridotto la pianta organica e calcolato i tetti relativi alla spesa di personale ed al numero dei dipendenti riducendo gli importi in misura corrispondente al numero dei dipendenti transitati al Consorzio ed alla spesa relativa45.

SOCIETÀ ED ORGANISMI PARTECIPATI. 6. Da alcuni anni è in atto un percorso normativo e giurisprudenziale diretto a

garantire il contenimento delle partecipazioni societarie pubbliche, attraverso diverse modalità operative che prevedono, sostanzialmente, la limitazione delle partecipazioni detenibili dagli Enti locali utilizzando i criteri della necessarietà per il perseguimento di finalità istituzionali dell’ente di riferimento o della produzione di servizi di interesse generale (art. 3, co. 27 e segg., della legge n. 244 del 2007), la progressiva estensione alle società a partecipazione pubblica di vincoli analoghi a quelli ai quali sono soggetti gli enti pubblici e la previsione, peraltro non ancora compiutamente definita ed operativa, dell’obbligo di consolidare i bilanci delle partecipate con quelli dell’ente locale di riferimento.

In relazione a queste esigenze si sono moltiplicati gli interventi della magistratura contabile non solo in sede consultiva, di indirizzo preventivo, ma anche di verifica

44 Sez. contr. Campania, 29 luglio 2010, n. 118. 45 Sez. contr. Lombardia, 30 dicembre 2010, n. 1079, che ulteriormente ritenuto che, al contrario, se l’ente non ha proceduto in questo modo ma ha considerato il transito del personale presso il Consorzio quale cessazione ed ha effettuato nuove assunzioni, con il rientro del personale dall’organismo sciolto si è in presenza di una violazione dei limiti previsti dalla disciplina di settore e, in questo caso, si tratterebbe di un’evenienza delicata in considerazione della circostanza che il disposto della lett. e), del co. 186, dell’art. 1, della legge n. 191 del 2009, non impedirebbe l’assunzione del personale proveniente dal Consorzio ma comporterebbe la responsabilità dei soggetti che hanno operato indebitamente le precedenti assunzioni.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

266 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

successiva sia sulla gestione ordinaria che sulla gestione finanziaria degli enti locali, che risulta essere sempre più influenzata dai rapporti con gli organismi partecipati46.

L’obbligo di trasmettere le delibere di mantenimento delle partecipazioni sociali L’art. 19, co. 2, lett. a), del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, conv. con la legge 3 agosto

2009, n. 102, ha previsto che le delibere di autorizzazione all’assunzione di nuove partecipazioni societarie da parte degli enti locali, così come le delibere di mantenimento di quelle già possedute che dovevano essere adottate da ciascun ente locale entro il 31 dicembre 2010, vengano trasmesse alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti territorialmente competente.

Si tratta di una previsione che integra il disposto dell’art. 3, co. 27 e 28, della legge n. 244 del 2007, completandone la ratio diretta a indurre gli enti locali a contenere la partecipazione nelle società di capitali, prevedendo, al riguardo, il controllo della Corte dei conti sulle delibere in oggetto47.

L’obiettivo della razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche e, in particolare, del contenimento del loro numero, collegando la possibilità di mantenerle ad effettive esigenze degli enti pubblici di riferimento, è avvertito fortemente negli ultimi anni e gli interventi legislativi vanno univocamente in questa direzione.

In questo contesto si giustifica anche l’attribuzione di questo potere di verifica alla Corte che può effettuare i controlli e le verifiche su tutto il territorio.

La verifica deve essere compiuta in relazione alle sole partecipazioni di natura societaria e non riguarda i Consorzi48 o altri organismi che non siano costituiti in forma societaria. Peraltro, considerato il crescente sviluppo dell’utilizzo da parte degli enti locali di organismi differenti dalle società di capitali potrebbe essere utile la previsione di una ricognizione analoga a quella stabilita dal citato art. 3, co. 27.

Il Consiglio comunale degli enti territoriali è tenuto a verificare in modo puntuale che esistano le condizioni e i presupposti cche legittimano l’ente a partecipare ad una società di capitali e deve dare conto del ragioni che giustificano il mantenimento nella delibera49.

Il ripianamento delle perdite Una delle questioni più ricorrenti nei rapporti fra organismo società partecipata ed

ente locale di riferimento riguarda i problemi e le questioni inerenti la copertura o ripiano delle perdite gestionali.

46 La Corte ha fornito ampie indicazioni di carattere generale sia nell’ambito del Rapporto di Coordinamento della Finanza pubblica del 2010 che con specifiche Relazioni al Parlamento della Sezione delle Autonomie (da ultimo: 30 giugno 2010, n. 14). 47 L’obbligo di trasmettere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti le delibere di autorizzazione all’assunzione o al mantenimento di partecipazioni societarie pubbliche riguarda anche i provvedimenti adottati prima dell’entrata in vigore della norma che ha previsto tale adempimento. 48 Sez. contr. Emilia Romagna, 15 aprile 2010, n. 52. 49 Sez. contr. Lombardia, 5 novembre 2010, n. 982 che ha ritenuto che In assenza di verifica o in caso di non rispondenza alle finalità legislative, eventuale ricapitalizzazione costituisca danno erariale.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 267 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Nonostante gli indirizzi giurisprudenziali siano orami costanti da lungo tempo, si riscontra che alcuni enti tendono a ritenere ancora che il ripianamento della perdita di una società partecipata costituisca spesa di investimento.

Ovviamente, non può essere considerata spesa di investimento perché si tratta di ricostituire un capitale che è stato perduto e, pertanto, occorre agire sulla parte corrente del bilancio salvaguardandone gli equilibri complessivi di medio-lungo periodo e, conseguentemente, non si può mai ricorrere al debito50.

Le fondazioni Le rilevazioni effettuate dalla Sezioni regionali evidenziano che a fronte dei

crescenti vincoli legislativi in ordine al mantenimento di partecipazioni societarie, gli enti locali sviluppano l’utilizzo di nuovi organismi per svolgere attività che in precedenza sarebbero state affidate a società.

L’esame dei singoli casi evidenzia delle incongruenze nell’utilizzo di questi strumenti sino a ritenere prospettabile che siano ripianabili le “perdite” gestionali della fondazione.

Esaminando, alcune situazioni particolari è stato osservato che gli enti locali non possono ripianare perdite e concedere contributi occasionali a fondazioni anche se queste gestiscono servizi locali di interesse comunque pubblico, potendo unicamente erogare un contributo direttamente collegato alla gestione del servizio e all'accollo di una parte delle spese anch’esse funzionali in modo specifico all’esecuzione dell’attività51.

La gestione dei servizi pubblici locali La nuova disciplina sui servizi pubblici locali, appena entrata in vigore, presenta

margini di incertezza applicativa che potranno essere superati anche con l’ausilio delle Sezioni regionali in sede consultiva52.

50 Sez. contr. Piemonte, 12 gennaio 2010, n. 2; Sez. contr. Lombardia, 4 febbraio 2010, n. 86. 51 Sez. contr. Emilia Romagna, 16 dicembre 2010, n. 654. 52 Al riguardo sono già state esaminate alcune questioni. Corte conti, sez. contr. Abruzzo, 29 marzo 2011, n. 16 che ha ritenuto che i Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti, il cui territorio sia incluso in una Comunità montana, possano effettuare la gestione diretta del servizio idrico integrato, così come previsto dall’art. 148, co. 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, purché venga effettuata preliminarmente una valutazione di convenienza economica in ordine all’utilizzo di tale forma gestionale e vi sia il consenso dell’Autorità d’ambito competente. Di particolare interesse è la questione esaminata dalla Sez. contr. Piemonte con la delibera n. 56 del 26 ottobre 2010 in merito alla previsione contenuta nell’art. 2, co. 461 della legge finanziaria per il 2008 che ha stabilito l’obbligo di effettuare una specifica attività di monitoraggio e vigilanza sulla concreta applicazione di quanto stabilito nelle carte dei servizi e delle prestazioni rese dai soggetti che svolgono attività di servizio pubblico locale. Al riguardo, si è posto il problema se l’ente locale possa demandare quest’attività alle associazioni di tutela dei consumatori e si è ritenuto che l’attività di monitoraggio debba essere svolta direttamente dall’ente locale e non possa essere demandata completamente alle associazioni poiché la norma contenuta nella legge finanziaria per il 2009 prevede unicamente che queste ultime partecipino all’attività che deve essere svolta dall’ente.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

268 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

SPESA DI PERSONALE E VINCOLI FINANZIARI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE

UMANE 7. Uno dei temi sui quali la Corte è stata impegnata maggiormente, sia nell’ambito

dell’attività di verifica che in quella di indirizzo, è quello relativo all’interpretazione ed applicazione dei limiti finanziari relativi alla spesa di personale ed al regime delle assunzioni di nuovo personale53.

Si tratta di uno dei più importanti strumenti di contenimento della spesa utilizzato dal legislatore in questi anni poiché progressivamente sono stati introdotte limitazioni particolarmente significative che si applicano agli Enti locali. Peraltro, la disciplina legislativa è stata integrata e modificata più volte, cosicché il quadro delle regole applicabili non è stato sempre chiaro e gli enti si sono rivolti reiteratamente alla Corte per avere indicazioni interpretative ed operative.

Da ultimo, con alcune disposizioni contenute nel DL n. 78 del 2010, è stata delineata una disciplina unitaria che ha previsto alcune regole generali applicabili a tutti gli Enti locali e differenziato in modo netto il regime dei vincoli specifici applicabili, da un lato, alle Province ed ai Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e, dall’altro, ai Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.

In questa sede è opportuno esaminare gli interventi della magistratura contabile riferiti solo alla disciplina attualmente vigente, anche se nel 2010 le pronunce ed i pareri riferiti alla precedente disciplina sono stati numerosi.

Il limite generale Con l’art. 14, co. 9 del DL n. 78 è stato introdotto un limite generale alla capacità

di assumere nuovo personale, applicabile a tutti gli enti locali, e parametrato sulla spesa corrente: solamente gli enti che hanno una spesa di personale complessivamente inferiore al 40 per cento della spesa corrente possono effettuare nuove assunzioni, sempreché sussistano le altre condizioni specifiche previste per ogni tipologia di ente.

In relazione alle modalità di delimitazione della spesa di personale ai fini del calcolo di questo limite di carattere generale sono sorti dubbi notevoli in merito all’individuazione delle tipologie di spese da considerare. Le Sezioni riunite, ricostruendo la complessiva evoluzione della disciplina legislativa, hanno concluso ritenendo che l’”aggregato spesa di personale” preso in considerazione dal legislatore ai fini della verifica del limite del 40 per cento comprenda tutte le spese inerenti il personale, ivi incluse le spese non considerate in relazione alla quantificazione della progressiva riduzione della spesa alla quale sono tenuti gli enti (co. 557 e 562 dell’art. 1, della legge finanziaria per il 2007)54.

53 La violazione delle disposizioni in materia di spesa di personale è stata accertata in numerose occasioni: Per tutte: Sez. Sicilia, 25 novembre 2010, n. 233 e 29 dicembre 2010, n. 357 54 Sez. riun., 12 maggio 2011, n. 27

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 269 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

Le regole applicabili alle Province ed ai Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti

L’art. 14, comma 9, del DL 31 maggio 2010 n. 78, conv. in legge 30 luglio 2010,

n. 122 ha sostituito il comma 7 dell'art. 76 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, stabilendo che, fermo restando il limite generale indicato sopra, le Province ed i Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti a partire dal 2011 possono procedere a nuove assunzioni osservando il limite pari al 20 per cento della spesa riferita alle cessazioni che si sono verificate nell’esercizio precedente.

La disposizione, sostanzialmente, consente ai Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti ed alle Province di effettuare nuove assunzioni entro un limite che assume quale parametro di riferimento una percentuale della spesa sostenuta per il personale che sia cessato dal servizio nell’anno precedente55.

La disposizione citata contiene un inciso che specifica che vengono prese in esame le assunzioni effettuate “a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale” lasciando il dubbio se occorra prendere in considerazione le sole assunzioni a tempo indeterminato od anche quelle a tempo determinato.

In ogni caso, val la pena sottolineare che si tratta di una norma che può porre problemi organizzativi soprattutto agli enti intermedi, all’interno dei quali le cessazioni possono non essere concentrate, ma diluite nel corso degli anni.

La specificità degli enti minori Le Sezioni riunite della Corte dei conti sono intervenute per dirimere le incertezze

sorte a seguito dell’entrata in vigore della manovra estiva di finanza pubblica che ha previsto, come si è visto, alcune disposizioni limitative del turnover negli enti locali.

Il riferimento è alla citata previsione contenuta nell’art. 14, co. 9 del DL n. 78 e, quindi, alla circostanza se anche gli enti minori possano procedere a nuove assunzioni nei limiti del 20 per cento della spesa del personale cessato nell’anno precedente.

Orientandosi nel senso nel quale già alcune Sezioni regionali della Corte dei conti si erano pronunciate le Sezioni riunite hanno precisato che per gli Enti locali non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno permane la specifica disciplina disposta dall’art. 1, comma 562 della legge 296/2006 in base alla quale la spesa complessiva deve essere anche nel 2011 inferiore a quella del 2004, ma non si applica la limitazione del 20 per cento della spesa riferita alle cessazioni e, pertanto, questi enti possono procedere a nuove assunzioni nei limiti delle cessazioni di personale dell’anno precedente56.

Si è ritenuto, altresì, che gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità possano procedere all’instaurazione in via temporanea e occasionale di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o per programma anche se non vi siano state corrispondenti cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato nell’anno precedente, a condizione che:

55 Sez. contr. Piemonte, 9 febbraio 2011, n. 6. 56 Sez. riun. 25 gennaio 2011, n. 3.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

270 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

- detti rapporti abbiano carattere temporaneo nelle more di un’adeguata programmazione del personale e di una riorganizzazione degli uffici anche in forma associata;

- l’esercizio di funzioni pubbliche indefettibili venga assicurato – prioritariamente e a regime - mediante la previsione in organico di adeguato e qualificato personale;

- il ricorso a tali forme di collaborazione non costituisca occasione di elusione dei limiti di spesa previsti in tema di contenimento di spesa pubblica e, in particolare, di incarichi di consulenza” trattandosi di forme di collaborazione eccezionali che non possono incidere sulla struttura e sulla dinamica continuativa dell’organizzazione dell’ente e della spesa di personale57.

Questioni e problemi inerenti l’utilizzo della mobilità Negli ultimi anni si sono moltiplicate le incertezze in ordine all’utilizzo della

mobilità negli enti locali, sia in relazione all’organizzazione dell’attività dei singoli enti che all’incidenza dell’istituto in relazione alla verifica del rispetto dei limiti finanziari alla materia del personale.

Le pronunce della magistratura contabile che sono intervenute a fornire indicazioni interpretative sono molteplici, e sono state emanate sia per agevolare la corretta applicazione dell’istituto da parte degli enti locali che allo scopo di circoscrivere un possibile utilizzo indebito diretto ad eludere la disciplina vincolistica in tema di personale.

Le esigenze da contemperare sono quelle di garantire flessibilità alle amministrazioni pubbliche e, nel contempo, osservanza delle rigide disposizioni in materia di spesa di personale, progressivamente dettate dal legislatore.

Anche le Sezioni riunite sono intervenute in più occasioni ed hanno fornito importanti indicazioni e precisazioni in merito all’istituto della mobilità negli enti locali, superando precedenti incertezze interpretative e chiarendo, in definitiva, che lo strumento della mobilità non può essere utilizzato dagli enti locali per porre in essere operazioni elusive della disciplina che ha posto rigorosi limiti alle assunzioni negli enti locali58.

La dirigenza negli Enti locali. In particolare l’art. 110 TUEL Negli enti locali l’incarico di dirigente può essere attribuito solamente a soggetti

che siano in possesso del diplioma di laurea59. Dopo la recente riforma del lavoro pubblico, la pratica, la dottrina e la

giurisprudenza si sono interrogate sulla possibilità per gli enti locali di conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato per posti in dotazione organica ex art. 110, comma 1 del TUEL, anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 150/2009, che ha esteso a

57 Sez. riun., 4 aprile 2011, n. 20. 58 Sez. riun. 6 dicembre 2010, n. 59. In seguito le Sezioni regionali hanno iniziato, in concreto, l’applicazione dei principi stabiliti dalle Sezioni riunite: Sez. contr. 14 febbraio 2011, n. 79. 59 Sez. contr. Veneto, 24 novembre 2010, n. 275.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 271 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

tutte le amministrazioni pubbliche l’applicazione dei commi 6 e 6-bis dell’art. 19 del d.lgs. 165/2001.

A fronte di alcuni orientamenti divergenti da parte di diverse Sezioni regionali della Corte dei conti, sono intervenute le Sezioni riunite della magistratura contabile che, dopo aver ricostruito l’evoluzione normativa e richiamato i precedenti giurisprudenziali, hanno fornito indicazioni di carattere generale in ordine all’applicabilità della disciplina contenuta nell’art. 110, co. 1 e 2 del TUEL dopo la riforma del 200960.

Le spese di personale e gli organismi partecipati Le disposizioni di finanza pubblica sinora non hanno definito in modo esplicito ed

organico quali siano le regole finanziarie ed i vincoli in materia di patto di stabilità e di spesa di personale che devono essere osservate dalle Unioni di Comuni o dagli organismi interamente partecipati dagli enti locali.

Considerata la rilevanza della disciplina di finanza pubblica, anche in relazione al rispetto dei complessivi equilibri finanziari inerenti l’osservanza dei vincoli che derivano dall’appartenenza all’Unione europea, la mancata autonoma disciplina non può essere considerata una lacuna, quanto piuttosto un rinvio ai vincoli posti agli enti locali di riferimento dalla disciplina generale.

Tanto le Unioni di Comuni quanto gli altri organismi interamente partecipati pur essendo enti dotati di competenze autonome dall’ordinamento, in relazione all’osservanza dei vincoli di finanza pubblica rappresentano modalità organizzative, volontarie o imposte dalla legge, per lo svolgimento di attività di competenza degli enti locali.

Conseguentemente, è da ritenere che i vincoli finanziari e in materia di personale debbano essere osservati dagli enti locali unitamente alla quota parte di loro pertinenza delle Unioni alle quali appartengono e degli altri organismi partecipati. In questo modo non si creano disparità di trattamento fra gli enti locali che svolgono direttamente le funzioni e compiti previsti dall’ordinamento e quelli che si avvalgono, in parte, di organismi esterni.

In questa direzione sono andate orientandosi le pronunce della Corte, sia in sede di controllo che di indirizzo consultivo.

Nella determinazione delle proprie spese di personale il Comune deve comprendere anche la quota di sua competenza, sostenuta dall’Unione alla quale appartiene61.

La disciplina relativa al contenimento della spesa di personale che devono osservare gli enti locali è estesa alle partecipate in-house degli stessi, con conseguenti obblighi di controllo in capo ai medesimi e responsabilità da parte degli amministratori delle società, verso i quali divengono esperibili le azioni civilistiche, oltre che quelle per responsabilità amministrativa62.

Gli enti locali che utilizzano società a partecipazione pubblica locale per lo svolgimento di attività di servizio pubblico locale devono farsi carico pro quota delle

60 Sez. riun. 8 marzo 2011, n. 12, 13 e 14. 61 Sez. contr. Piemonte, 8 luglio 2010, n. 47. 62 Sez. contr. Sardegna, 18 marzo 2010, n. 24.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

272 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

spese di personale dei soggetti partecipati ai fini del rispetto degli equilibri di finanza pubblica63.

La base di calcolo relativa alla spesa per il personale sostenuta da ciascun ente locale deve tenere conto dei vari sistemi organizzativi nei quali si articola l’amministrazione pubblica, sicché sono da considerarsi sostenute direttamente dall’ente locale le spese di personale iscritte nel bilancio della società pubblica in house, tanto nel caso di partecipazione unica totalitaria, quanto nel caso di compartecipazione plurisoggettiva64.

ALCUNE QUESTIONI IN MERITO ALLE ENTRATE PROPRIE DEGLI ENTI LOCALI 8. Nello svolgimento delle attività di controllo e indirizzo la Corte dei conti dedica

particolare attenzione anche alle questioni relative alle entrate degli enti, con particolare riferimento alle modalità di accertamento e concreta riscossione.

Se da tempo quest’attività è svolta in relazione allo Stato, da ultimo è stata intrapresa anche nei confronti delle Regioni e degli enti locali poiché l’affermarsi del cd “federalismo fiscale” comporta che gli enti prestino attenzione ed adottino particolari misure in relazione all’accertamento ed alla riscossione delle entrate di loro competenza.

L’attenzione è rivolta principalmente verso quelle entrate che, di fatto e sostanzialmente, rientrano nella gestione degli enti locali sia nella fase di accertamento che della riscossione e, quindi, in particolare ai tributi locali quali l’ICI, ai proventi dei servizi pubblici ed alle altre entrate patrimoniali quali i proventi derivanti dall’accertamento delle sanzioni conseguenti alla violazione del Codice della strada o di altre disposizioni legislative.

In ragione del sistema di contabilità attualmente vigente negli enti locali, una delle questioni principali esaminate dalle Sezioni riguarda l’effettiva corrispondenza fra momento dell’accertamento dell’entrata e riscossione della stessa poiché qualora non vi sia coincidenza fra accertamento e riscossione è fondamentale che l’ente si attivi per la riscossione e mantenga nel bilancio i soli residui in relazione ai quali ha elementi di certezza di riscossione. In caso contrario, si formerebbe un avanzo di amministrazione che, in caso di mancata riscossione dell’entrata, potrebbe risultare parzialmente inesistente.

Al riguardo il problema è particolarmente rilevante in relazione alle entrate relative ai proventi da violazione del Codice della strada, la riscossione delle quali sinora è stata sinora effettuata dalla maggior parte degli enti tramite ruoli affidati ai Concessionari. Dagli accertamenti eseguiti dalle Sezioni è emerso che si tratta di un sistema inefficiente poiché la riscossione procede molto lentamente e molti enti mantengono nel bilancio residui datati che non sempre verranno realizzati, con conseguente parziale inattendibilità della quota di avanzo di amministrazione che si basa su detti residui.

Può ritenersi, in proposito, che l’accertamento di questa particolare risorsa e il suo eventuale utilizzo prima della riscossione sia potenzialmente idoneo ad incidere negativamente sugli equilibri finanziari dell’ente, qualora venga accertata l’insussistenza del titolo o si verifichi l’insolvenza del debitore o, comunque, non venga 63 Sez. contr. Emilia Romagna, 26 gennaio 2010, n. 17. 64 Sez. contr. Campania, 8 febbraio 2011, n. 98.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 273 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

portata a termine la procedura di recupero coattivo: principi di prudenza imporrebbero, pertanto, che gli enti locali procedessero all’accertamento di questa risorsa contestualmente alla riscossione dei relativi importi.

In alcuni casi, la stessa sorte tocca anche all’accertamento ed alla riscossione di imposte arretrate.

Anche in base alle recenti modifiche in tema di riscossione delle entrate, ed in vista della piena attuazione del federalismo fiscale, è auspicabile che gli enti adottino dei sistemi idonei a garantire effettività alla riscossione delle entrate proprie.

Proventi da sanzioni amministrative per violazione del Codice della strada In relazione ai proventi derivanti dall’accertamento di violazioni del Codice della

strada si pongono ulteriori questioni, oltre a quelle inerenti la riscossione. Si tratta, infatti, di un’entrata peculiare che in base al sistema normativo è

parzialmente vincolata ad alcune destinazioni delineate in sede legislativa65. Nel corso del 2010, nell’ambito della modifica del Codice della strada è stata

apportata una modifica sostanziale all’art. 208 che ha specificato con maggior dettaglio le possibili destinazioni di questa risorsa ed individuato alcune quote di utilizzo vincolate66, escludendo comunque la possibilità di destinare una quota parte dei proventi delle sanzioni all’incentivazione del personale addetto alla vigilanza stradale, ma unicamente all’acquisto di mezzi, attrezzature e ad altre attività materiali che abbiano quella specifica finalità.

L’eventuale incentivazione del personale non è esclusa a priori, ma può essere prevista unicamente nei limiti stabiliti dalla lettera c) dell’art. 208, in relazione alla previsione contenuta nel successivo comma 5 bis, vale a dire all’istituzione di specifici progetti finalizzati al miglioramento della circolazione stradale e della sicurezza della città da parte del personale di polizia locale.

La sospensione del potere di aumentare le aliquote dei tributi propri degli enti

locali L’applicazione delle disposizioni normative che hanno sospeso il potere degli Enti

locali di prevedere la nuova istituzione di imposte locali o di modificare l’ammontare delle aliquote sino al momento di attuazione del federalismo fiscale (da ultimo: co. 123, dell’art. 1 della legge di Stabilità per l’anno 2011) ha comportato numerose incertezze da parte degli enti interessati che hanno interpellato la Corte, la quale in sede consultiva ha prospettato alcuni principi ed esaminato situazioni particolari, ritenendo, da ultimo,

65 Sul punto si veda la Relazione di Coordinamento sulla finanza pubblica relativa all’anno 2009. Inoltre sul punto si veda: Sez. contr. Piemonte, 20 maggio 2010, n. 37, che aveva rilevato che la quota parte di queste risorse destinate a forme previdenziali e assistenziali per le forse di polizia municipale utilizzando queste risorse devono essere iscritte all’intervento 01, trattandosi di spese di personale, ad eccezione della quota riferita in base al co. 4 bis dell’art. 208, introdotto dalla legge finanziaria per il 2008, ad assunzioni stagionali a progetto per far fronte a specifiche esigenze di servizio che non è da considerare spesa di personale. 66 In particolare, la lettera b) del co. 4 dell’art. 208 prevede che le predette risorse possano essere destinate “in misura non inferiore ad un quarto della quota, al potenziamento dell’attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l’acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui alle lettere d) bis ed e) del comma 1 dell’art. 12”.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

274 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 5 del d.lgs. n. 23 del 2011, sia venuta meno la sospensione e che, pertanto, anche gli enti che hanno già approvato il bilancio di previsione relativo all’esercizio 2011 possano istituire l’addizionale Irpef ovvero aumentarne le aliquote nei termini stabiliti n via generale dal citato art. 567.

Altra questione dibattuta è stata quella relativa all’ambito di applicazione del potere di sospensione, vale a dire alla distinzione tra tributo locale e ad altre entrate patrimoniali.

I PROBLEMI DEL COORDINAMENTO: SVILUPPI E PROSPETTIVE 9. Il percorso di attuazione del federalismo fiscale unitamente alla situazione

finanziaria generale che prevede un forte contenimento della spesa a tutti i livelli ha comportato e comporta, come si è visto, criticità nella gestione finanziaria degli enti locali.

Oltre ai problemi indicati in precedenza, sono rinvenibili alcune questioni di carattere generale che ad oggi non hanno ancora trovato una compiuta definizione e che richiedono specifiche riflessioni al fine di delineare soluzioni anche legislative che tengano conto della peculiarità dell’ordinamento che si va conformando con la presenza di diversi livelli di governo.

L’individuazione dei soggetti destinatari dei vincoli di finanza pubblica Uno degli aspetti critici che non ha trovato ancora una compiuta definizione è

quello dell’individuazione dei soggetti destinatari dei vincoli di finanza pubblica. La disciplina del Patto e dei conseguenti limiti finanziari individua quali

destinatari le Regioni e gli enti locali. Numerose disposizioni settoriali stabiliscono obblighi a carico di alcuni enti,

società e, più in generale, organismi pubblici (ad esempio in materia di contratti, di spese di personale, di incarichi esterni)

Ma ad oggi non vi è ancora una disciplina generale ed organica che delimiti l’applicazione generalizzata delle regole di finanza pubblica, sia a fini di omogeneità che per assicurare il rispetto dei vincoli finanziari comunitari.

Al riguardo un primo tentativo di individuazione dei soggetti che rientrano nell’ambito pubblico è rinvenibile nell’ambito della legge di contabilità e finanza pubblica è stata delineata una nozione unitaria di amministrazione pubblica (art. 1, co. 2 e 3 della legge 196 del 31 dicembre 2009).

Successivamente, a partire dal DL n. 78 del 2010 è stato precisato che alcune delle misure previste a salvaguardia dell’integrità della finanza pubblica devono essere applicate dada tutte le entità inserite nel citato elenco delle Amministrazioni pubbliche predisposto dall’ISTAT.

Si tratta di una indicazione opportuna poiché diretta a definire in modo completo il perimetro delle Amministrazioni pubbliche. Tuttavia, presenta un problema poiché la mancata specificazione in ordine alla circostanza se l’elenco ISTAT abbia natura ricognitiva o costitutiva della natura pubblica ingenera incertezze in ordine

67 Sez. contr. Lombardia, 18 aprile 2011, n. 205.

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III. IL CONTROLLO DELLA CORTE SUGLI ENTI LOCALI

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 275 Sezioni riunite in sede di controllo 2011

all’individuazione dei soggetti che siano tenuti all’applicazione delle misure di contenimento della spesa, considerato che l’elenco, anche per la sua formazione annuale e progressiva, non contiene l’indicazione di tutti i soggetti che presentano le caratteristiche proprie della Amministrazioni pubbliche ai sensi della normativa comunitaria68.

Al fine di evitare incertezze in ordine all’applicazione dei vincoli finanziari ed anche per garantire l’effettività dei comportamenti e del rispetto dei vincoli potrebbe essere utile chiarire in sede legislativa che gli enti pubblici che si avvalgono dell’opera di organismi che presentino le caratteristiche per essere inserite nell’elenco siano tenuti a darne comunicazione all’ISTAT.

In ogni caso, anche la disciplina del Patto di stabilità interno dovrebbe tenere conto della situazione degli organismi partecipati che operano esclusivamente con un ente locale.

La necessità del coordinamento nell’interpretazione ed applicazione delle

norme di finanza pubblica nel “sistema del federalismo fiscale” La coesistenza di diversi livelli di governo e la necessità di garantire il rispetto dei

vincoli finanziari internazionali implica che le disposizioni finanziarie e contabili di contenimento della spesa vengano applicate in modo uniforme.

Ad oggi, l’esigenza è avvertita sia a livello centrale che regionale e locale, come risulta dal numero elevato di richieste di pareri provenienti dagli enti locali.

Considerato il radicamento che questa funzione della Corte ha acquisito e l’avvio del coordinamento unitario delle Sezioni riunite previsto dall’art. 17, co. 31 del DL n. 78 del 2009, potrebbe essere utile potenziare ulteriormente la possibilità della Corte di pronunciarsi in sede interpretativa e di definizione delle modalità applicative delle disposizioni di contabilità e finanza pubblica.

La verifica sull’attendibilità dei conti pubblici dei diversi livelli di governo Allo stesso modo e in analogia con le preoccupazioni espresse sopra, in relazione

al processo di attuazione del federalismo fiscale si è riscontrata la crescente necessità che venga attuato un analitico controllo e una continua verifica sia sulle entrate che sulle spese dei vari enti che concorrono a comporre la Repubblica, nonché, più in generale, sull’attendibilità dei conti degli enti dei diversi livelli di governo.

Al riguardo, val la pena rilevare, da un lato, che le Sezioni regionali della Corte, soprattutto a partire dalle previsioni contenute sia nell’art. 7 della legge n. 131 del 2003 che dell’art. 1, co. 166 e segg. della legge finanziaria per il 2006, hanno sviluppato forme di controllo e analisi continua sui bilanci e sulla gestione finanziaria degli enti locali e, dall’latro, che la Corte, in modo unitario, riferisce al Parlamento raccogliendo gli elementi generali emersi a tutti i livelli dello svolgimento della sua attività.

E’ indubbio che la magistratura contabile, sia per la sua qualificazione che per la diffusione territoriale, può indirizzare la sua attività in questa direzione, anche con maggior intensità, ove venisse ritenuto opportuno.

68 La situazione è stata illustrata compiutamente da Sez. contr. Toscana, 21 marzo 2011, n. 12.

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RAPPORTO SUL COORDINAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA

276 Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica CORTE DEI CONTI 2011 Sezioni riunite in sede di controllo

Problemi e criticità del periodo transitorio al federalismo fiscale Il 7 aprile 2011 è entrato in vigore il d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 che, attuando la

delega contenuta nella legge n. 42 del 2009, ha disciplinato il sistema delle entrate proprie degli enti locali, innovando il sistema precedente prevedendo l’introduzione di alcune significative novità applicabili sin dal 2011 dirette a disciplinare il periodo transitorio.

Fra le disposizioni di immediata applicabilità è stata prevista “la graduale cessazione della sospensione del potere dei Comuni di istituire l’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero di aumentare la stessa nel caso in cui sia istituita” e la possibilità di istituire l’imposta di soggiorno per alcune tipologie di enti locali

In relazione all’addizionale IRPEF, non è stata prevista alcuna disposizione diretta a disciplinare la situazione degli enti locali che alla data di entrata in vigore del nuovo sistema normativo (7 aprile 2011) avevano già approvato il bilancio di previsione in base alle disposizioni previgenti.

E’ ragionevole ritenere, comunque, che la previsione contenuta nell’art. 5 del d.lgs. n. 23 preveda una possibilità e facoltà per tutti gli enti locali, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno approvato il bilancio di previsione prima dell’entrata in vigore della citata disposizione” al fine di non creare una situazione di disparità e disomogeneità fra le possibilità operative riconosciute agli amministratori locali.

Anche gli enti che hanno approvato il bilancio di previsione prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 23 del 2011 possono istituire l’“addizionale IRPEF” o incrementare le aliquote, ovviamente nei limiti e secondo le indicazioni previste dall’art. 5 citato” dovendo, però, predisporre e riapprovare un nuovo bilancio che tenga conto della nuova risorsa che, come si è visto sopra, può cambiare gli equilibri di bilancio sia in termini di saldi che di ripartizione tra le varie risorse69.

Entro il 6 giugno 2011 dovrà essere emanato il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che deve stabilire tempi e modalità di applicazione dell’addizionale. Se il decreto non verrà emanato entro tale data, gli enti locali potranno procedere, comunque, all’istituzione dell’“addizionale IRPEF”, ovvero all’incremento dell’aliquota nei limiti previsti dall’articolo 5 e “conseguentemente gli enti che intendono avvalersi della predetta facoltà devono approvare il bilancio di previsione o riadottare un nuovo bilancio, ove lo abbiano già approvato, nel rispetto dei termini e delle formalità previste dall’art. 5 del d.lgs. n. 23 del 2011”.

69 Infatti, l’entrata in vigore del d.lgs. n. 23 del 2011 che dà attuazione alla nuova disciplina delle entrate dell’ente locale introducendo alcune disposizioni normative applicabili nella fase transitoria a partire dal 2011, costituisce un fatto innovativo di sistema che obbliga gli enti a rivedere la stessa struttura del bilancio e, quindi, a riconsiderare sia la qualità che l’allocazione delle entrate, nonché i conseguenti effetti sulla spesa. In proposito: Sez. contr. Lombardia, 18 aprile 2011, n. 205.