Qui Summaga, n. 89, 2015

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Il bollettino della parrocchia di Summaga di Portogruaro chiuso in redazione il 20 febbraio 2016.

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Periodico della Comunità di Summaga

Parrocchia di S. Maria Maggiore30020 Summaga (Ve)Tel. 0421-205126

Responsabiledon Giuseppe Liut

Chiuso in redazione il 20 febbraio 2016

Articoli e numeri arretrati del nostro periodico si trovano su issuu.com/quisummaga

Stampa: Tipografia Sagittaria

3 Editoriale 4 Consiglio pastorale parrocchiale 4 La generosità dei summaghesi 5 Pensieri di papa Giovanni XXIII 6 Spigolature 8 Laudato si’ di papa Francesco10 ACR 201518 Grest21 Come chicco di grano24 Il nuovo vicario apostolico25 Fedi in dialogo26 Non aspettare27 Ti racconto…La contrada della casa rossa (2ª puntata)32 Feste di catechesi35 Gruppo mariano36 Il giorno più bello38 Festa della famiglia39 Anniversari40 Viaggiare insieme43 Una finestra sul mondo48 Minusso Day 201551 Avis: sempre, ovunque, subito54 Cent’anni fa la Grande guerra62 Notiziario della Sezione combattenti e reduci64 Come eravamo66 La bottega dei Rossi69 Cose di casa nostra74 Corrispondenza75 Recensioni76 La malva78 Lauree79 Il volto dei nostri bambini80 Auguri a…83 Anagrafe parrocchiale84 Li ricordiamo con amore nella preghiera86 Ricordiamo anche...87 In ricordo di…

Sommario

In copertina: Santa Sabina, particolare dell’affresco del sacello di via Bassie. (Foto Ugo Perissinotto).

In quarta di copertina:Scena di vita popolare nel borgo di via Bassie in un quadro di Aldo Vignando. (Cortesia Rino Stival).

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Un tempo per curare le ferite dell’uomo

Il protagonista della storia è il Si-gnore Iddio, creatore di tutte le cose attraverso il compimento del mistero del figlio suo nel nostro tempo: questo dobbiamo vedere, questo dobbiamo imparare. E non dobbiamo distoglie-re i nostri occhi da questo misterioso avvento del Signore che non finisce mai, che non si stanca mai: il Signore è venturo e il tempo non fa che scan-dire il ritmo di questo avvenimento, di questo avvento.Dobbiamo sciogliere le nostre anime in un inno di ringraziamento, dob-biamo riconoscere al Signore il posto che ha, è tanto importante far posto al Signore nel nostro tempo. È suo que-sto tempo, ce lo dà secondo le misure della sua gloria e i disegni della sua provvidenza e non glielo dobbiamo rubare, far posto al Signore nel nostro tempo vuol dire vivere la nostra vita non secondo i nostri disegni e i nostri progetti, puramente umani, ma se-condo i disegni e i progetti della prov-videnza di Dio, prima di tutto.

Anche quest’anno sia a livello perso-nale che comunitario son successe tan-te cose: quello che il Signore ha voluto, quello che il Signore ha permesso. Per me personalmente la ricorrenza dei cinquant’anni di sacerdozio: questo mi ha fatto riflettere sul disegno di Dio nella mia vita: essere stato mini-stro dell’unica mediazione di Cristo efficiente tra Dio e l’Umanità, come disse il Beato Paolo VI in un’omelia alla consacrazione di preti, nonostante i miei limiti e peccati. Ma mi ha fat-to capire anche come il popolo di Dio vuole bene ai suoi ministri. E io l’ho sperimentato nei diversi luoghi in cui ho esercitato il ministero: Zoppola, Beata Maria Vergine in Portogruaro, Domanins, Immacolata in Pordenone ed infine qui a Summaga.A livello di Chiesa universale si è svol-to il sinodo ordinario sulla famiglia: aspettiamo la ratifica delle linee gui-da sulla realtà famiglia proposte dai vescovi, in quest’anno in cui stiamo vivendo, appena iniziato, l’Anno San-to Straordinario, giubileo della Mise-ricordia. Deve essere un anno in cui essere toccati dal Signore Gesù, come ha scritto l’11 aprile dello scorso anno nella bolla di indizione del giubileo papa Francesco, e trasformati dalla sua misericordia, per diventare noi

stessi testimoni di misericordia. Nel-la bolla Misericordiae Vultus papa Francesco ci ricorda che Gesù è il volto della misericordia del Padre, tutti ab-biamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. La mise-ricordia è la via che unisce Dio e l’uo-mo. Dio è paziente e misericordioso e in tante azioni concrete della storia della salvezza la sua bontà prevale sul-la punizione e la distruzione, ed eterna è la sua misericordia. La misericordia nella Sacra Scrittura è la parola chia-ve per indicare l’agire di Dio verso di noi. La misericordia di Dio è la sua re-sponsabilità per noi. L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la mi-sericordia e la credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole.È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È tempo del ri-torno all’essenziale per farci carico delle debolezze e della difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che resuscita a vita nuova e infonde coraggio. Per guardare al futuro con speranza, vogliamo vivere quest’anno giubilare alla luce del Signore: mise-ricordiosi come il Padre!

Don Giuseppe

Editoriale

Papa Francesco apre la Porta Santa a Bangui nella Repubblica Centrafricana il 29 novembre 2015.

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Anche in questo semestre appena trascorso, il nostro Consiglio Pa-storale Parrocchiale ha continuato a riunirsi ogni qualvolta don Giu-seppe, in qualità di presidente, lo riteneva opportuno. La frequenza dei convocati, eletti liberamen-te dagli abitanti di Summaga, è sempre stata molto elevata, segno questo che le persone si sentono investite di un ruolo ben preciso all’interno della comunità. Oltre che portavoce di ciò di cui il pa-ese sente la necessità dal punto di vista organizzativo/parrocchiale, devono decidere in merito a ini-ziative nelle quali la popolazione sarà protagonista e benefi ciaria.

Sono continuati la lettura e il commento del Progetto Pastora-le Parrocchiale relativo all’anno 2014-2015 e nell’ultima riunione, avvenuta nel mese di maggio, c’è stata la presentazione del nuovo Progetto Pastorale Parrocchiale, che riguarderà gli anni 2015/2016 che avrà come tema portante “la statio”. Il nuovo anno pastorale inizierà il 13 settembre. Nel cor-so della stessa assemblea, don Giuseppe ha proceduto all’elen-cazione di tutti gli appuntamenti in parrocchia, nella forania e a li-vello nazionale, dei mesi a venire. Come da sempre, il conte-nuto di ogni riunione è stato

CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

affi sso in bacheca per la vi-sione di tutti i parrocchiani. Senza la presenza di don Giu-seppe, i membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale si sono riuniti per organizzare e defi nire la bella giornata di gaudio spiri-tuale che la nostra comunità ha vissuto il 5 luglio per celebrare e festeggiare il 50° di ordinazione sacerdotale del nostro parroco!

ENTRATE USCITE

offerte per celebrazioni sacramentali 2.515,63 imposte tasse e assicurazioni 5.920,62

offerte “in memoria di” e funerali 7.817,48 stipendi e contributi 7.054,80

offerte “buon cuore summaghese” 910,00 spese gestionali e di culto 18.810,39

offerte per attività caritative 515,35 attività parrocchiali 7.331,16

offerte per «Qui Summaga» 6.510,70 manutenzioni e lavori straordinari 9.049,20

offerte per opere parrocchiali 11.224,46

elemosine e candele votive 15.323,94

contributi da enti 933,30

proventi straordinari 2.215,00

interessi 1,79

totale (*) 47.967,65 48.166,17

(*) Dati aggiornati al: 31/10/2015 estratto conto banca e 26/11/2015 aggiornamento contabile cassa parrocchiale.

Il Consiglio Pastorale ha accolto l’invito di più parrocchiani a sintetizzare per voci le offerte. L’elen-co analitico viene esposto sulla bacheca parrocchiale.

LA GENEROSITÀ DEI SUMMAGHESI

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Solo per oggi cercherò di viverealla giornata senza voler risolvereil problema della mia vitain un giorno solo.

Solo per oggi avrò massima curadel mio aspetto: vestirò con sobrietà,non alzerò la voce,sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno,non pretenderò di disciplinaree di migliorare nessunotranne me stesso.

Solo per oggi mi adatteròalle circostanze,senza pretendere che le circostanzesi adattino tutte ai miei desideri.

Solo per oggi compiròuna buona azionee non lo dirò a nessuno.

Solo per oggi farò una cosache non desidero fare e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti,farò in modo che nessunose ne accorga.

Solo per oggi mi farò un programmamagari non lo seguirò a puntino,ma lo farò…

E mi guarderò da due malanni:la fretta e l’indecisione.

Solo per oggi crederò fermamenteche nonostante le apparenze,la buona Provvidenza di Diosi occupa di me, come se nessun altroesistesse al mondo.

Solo per oggi non avrò timori.In modo particolare non avrò pauradi godere di ciò che è bello e di credere alla bontà.

Posso ben fare per dodici ore,ciò che mi sgomenterebbese dovessi pensare di doverlo fareper tutta la vita…

PENSIERI DI PAPA GIOVANNI XXIII

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69) L’antica incuria della chiesa abbaziale (dall’Archivio diocesano Pordenone, fondo Vescovi/Bressa, cart. XX, fasc. 1 – lettere 1814, n. 113).

Un paio di secoli fa, nel turbinoso passaggio alle do-minazioni straniere (prima francese, poi asburgica) i beni ecclesiastici vennero posti sotto l’amministra-zione della fabbriceria, un apposito ente composto di soli laici (di solito, tre per parrocchia) introdotto nel periodo napoleonico. Il nuovo organismo non diede subito buoni risultati, almeno da noi. Il vescovo Bres-sa ebbe da ridire proprio sulla gestione della nostra chiesa, indirizzando al delegato per il culto nel canto-ne di Portogruaro (don Enrico Provesana, arciprete di S. Giorgio di Latisana) il 9 maggio 1814 una lettera – della quale è conservata la minuta – di questo tenore: «Ridotta ad una miserabile indecenza e dejezione la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria di Summaga per la mal’amministrazione de que’ Fabbricieri, mi trovo in dovere di appoggiare alla di Lei delegata autorità il pronto provvedimento. Dalla viva voce dell’esibitore di questa mia Ella intenderà lo stato infelice di quella Chiesa; Ella è invocata ad ascoltarlo, e dare quel peso che merita all’interessante argomento, onde richia-mare que’ fabbricieri al proprio dovere».

70) Reperti di epoca romana(dalla Mappa Archeologica aggiornata e informatizzata del Veneto Orientale, Gr.A.V.O., Portogruaro 2002, pp. 92-94).

Il tempo, nel suo scorrere inesorabile, trasforma con-tinuamente tutto: soltanto un secolo fa il nostro paese aveva meno case (e di diversa tipologia), meno strade e senza asfalto, il fiume senza argini, la chiesa senza affreschi in vista. Quasi impossibile immaginare come stavano le cose due millenni fa, quando i romani at-tuavano la centuriazione dell’agro concordiese! L’at-tività del Gruppo Archeologico del Veneto Orientale ha favorito la progressiva scoperta e inventariazione di numerosi reperti antichi nella zona. Una prima loro «mappatura» era stata pubblicata nel 1985; nella sua rielaborazione del 2002 sono stati aggiunti nuovi piccoli siti di reperti situati anche nel nostro paese, in località vicine al «paleoalveo del fiume Reghena», da alcuni poderi in contrada Villa fino all’area di via No-

iari: 7 sui quasi 180 (il cui numero, in questi ultimi anni è certamente cresciuto). I resti trovati attestano – come nel resto dell’agro centuriato concordiese – la presenza di piccoli insediamenti agricoli o fattorie (aldilà delle ville rustiche nobiliari), abitati tra la fine del I secolo a. C. e gli inizi del III secolo d. C., quando iniziarono le infiltrazioni di popolazioni germaniche nell’impero.Tra i reperti trovati vi sono tegole, mattoni sesquipe-dali e laterizi (alcuni marchiati), frammenti di cerami-che di diversi tipi (alcuni di produzione aquileiese), pezzi di anfore e di vetro, pesi da telaio e rocchetti.

71) La cappella gentilizia di Filippo Rois (o Ruiz) a Roma(dai testamenti di Filippo Ruiz del 17.12.1566 e 21.11.1576 nell’Archivio di Stato di Roma).

Dobbiamo alla gentilezza e all’acribia di Carla Trovi-ni – impegnata in una ricerca di dottorato sui marmi policromi nelle tombe gentilizie della chiesa romana di Santa Caterina dei Funari – la segnalazione di una serie di dati sull’abate commendatario di Summaga, Filippo Rois, o Ruiz (1512-1582), cui è lì dedicata una tomba costruita tra il 1566 e il 1571, attribuita a Jaco-po Barozzi da Vignola. Entrata a conoscenza per via

SPIGOLATURE

Laterizi bollati rinvenuti nella vigna Stival di via Noiare («Qui Sum-maga» 39, 1986).

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Roma, Santa Caterina dei Funari - Girolamo Muziano, Deposizione, particolare del Cristo deposto (Panoramio, Le Gallerie-No Views!).

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letteraria del rapporto intrattenuto con Summaga dai Rois – in particolare da suo fratello Alessandro, che tenne la commenda dopo di lui, e con un compor-tamento più criticabile – ha scambiato con alcuni di noi delle notizie su Filippo, la cui famiglia proveniva dalla spagnola Valencia. Oltre a nuovi dati biografici contenuti nei testamenti, abbiamo così appreso l’esi-stenza di una medaglia di bronzo, datata 1579, che reca l’effige del Rois. Certamente anche altri scrive-ranno in proposito. Qui ci limitiamo a una indicazione. La chiesa di S. Caterina dei Funari è stata curata per alcuni anni da Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, che proprio nel Cinquecento la rese centro di attività caritative. Ha la facciata rivolta nella centrale via Caetani (dove il 9 maggio 1978 venne ritrovato il corpo senza vita dell’on. Aldo Moro). Se ci capiterà di andare a Roma, d’ora in poi potremmo entrare anche lì, dando un’oc-chiata alla seconda cappella a destra, la Cappella Ruiz, dove si può vedere la pala d’altare sulla Deposizione, di Girolamo Muziano come il resto della decorazione

pittorica, tranne quella dei pilastri che è firmata e da-tata da Federico Zuccari nel 1571.

Ruggero S.

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«Tutto il processo economico è un problema di scel-te: scelte da parte dei consumatori e scelte da parte dei produttori. In ultima analisi le scelte si impon-gono perché le risorse sono limitate rispetto ai desi-deri». Questa citazione dello storico dell’economia Carlo M. Cipolla, nella sua ovvietà esprime concetti semplici: bisogna imparare a fare scelte, sia che ci si trovi ad essere nella veste di produttori di beni, o in qualità di consumatori. Il processo economico è determinato da scelte; quest’ultime sono influenza-te dai desideri, ma anche fortemente condizionate dalla limitatezza delle risorse. Possiamo anche de-siderare “due mondi”, ma a disposizione ne abbia-mo soltanto uno. Lo stesso concetto è espresso pure da Kennet Boul-ding (economista, filosofo e poeta americano) con queste parole: «Chi crede che una crescita espo-nenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista». Un fol-le… oppure un economista! Per rendersene conto,

è sufficiente ascoltare qualunque telegiornale per sentire illustri economisti affermare che la soluzio-ne dei problemi all’attuale situazione economica, la crisi che dura da tanti anni, si risolve con la crescita. Ma che tipo di crescita, se il mondo e le sue risorse sono “finite”? I desideri degli uomini sono infiniti, spesso però non vanno d’accordo con la Terra e le sue risorse. La crescita dei desideri dell’umanità ha innalzato grandemente la produzione, ma ha pure contribuito ad intaccare le risorse, nella loro quanti-tà (ad esempio ci sono minerali che scarseggiano…) e nella loro qualità (basti pensare all’inquinamen-to…).Papa Francesco con l’enciclica Laudato si’, si fa in-terprete di questo problema che riguarda tutti, perché riguarda la nostra casa comune: la Terra. L’enciclica, con parole chiare ed efficaci affronta il tema dividendolo in sei capitoli, preceduti da una breve introduzione, dei quali presentiamo in sintesi i contenuti.

LAUDATO SI’ DI PAPA FRANCESCOSULLA CURA DELLA CASA COMUNE

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Nel primo capitolo, intitolato Quello che sta accaden-do alla nostra casa (nn. 17-61), il papa propone un bre-ve percorso attraverso il quale traccia gli aspetti che portano all’attuale crisi ecologica, toccando temi cruciali quali il rapporto tra l’uso della tecnologia e le ricadute nella biologia (ad esempio gli OGM e la perdita di biodiversità); i cambiamenti climatici; il diritto all’acqua; il problema dello sfruttamento delle risorse, correlato al quale vi è l’aumento del numero dei migranti; infine ricorda che è necessa-rio indirizzare l’impegno verso uno sviluppo che sia non solo sostenibile, ma soprattutto equo.Nel capitolo secondo, Il Vangelo della Creazione (nn. 62-100), il papa riprende le argomentazioni della tradizione biblica per esprimere il punto di vista cristiano nei confronti del creato. Si può sintetizzare il pensiero affermando che la Bibbia invita l’uomo a “dominare la terra”, ma il termine “dominare” va inteso nel senso che la deve curare, proteggere, pre-servare. L’uomo che ha ricevuto da Dio la natura, è legato intimamente ad essa, e ne è responsabile.Il terzo capitolo, La radice umana della crisi ecologica (nn. 101-136) approfondisce ulteriormente le radici della crisi attuale: papa Francesco sottolinea la ten-denza attuale dell’uomo a “dominare” il mondo, ma non nel senso biblico del termine. L’uomo, pen-sando agli interessi contingenti, senza tener conto del futuro, mette a repentaglio il sistema del lavoro; anzi, il modo attuale di intendere il lavoro, annota il papa, spesso intacca la dignità umana.Il quarto capitolo, Un’ecologia integrale (nn. 137-162), affronta un tema cruciale: tutta la realtà è connessa, ragione per cui la natura non è separata da noi, e pertanto qualunque azione avrà delle ripercussioni non solo nel sistema sociale ed economico, ma an-che, inevitabilmente, ecologico.Nel capitolo quinto, Alcune linee di orientamento ed azione (nn. 163-201), il papa propone alcune linee di azione. È necessario che, per il principio dell’in-terconnessione che ha affrontato nel capitolo prece-dente, vi sia un dialogo tra diverse componenti: tra la politica e l’economia, tra le scienze (tecniche, bio-logiche…) e le scienze umane (importante, in que-sto senso, è la sapienza delle religioni), così come tra la sfera internazionale e quella locale. Tutti sia-mo chiamati alla responsabilità.Infine, nell’ultimo capitolo, intitolato Educazione e spiritualità (nn. 202-246), papa Francesco sottolinea che per vincere le sfide per la salvaguardia del cre-

ato, bisogna partire da se stessi: cambiare stili di vita, educare le generazioni attuali e future a far sì che l’uomo sia amico dell’ambiente. Si tratta di una vera e propria conversione: l’uomo deve educarsi e crescere nella consapevolezza delle proprie respon-sabilità. Per il cristiano, sarà fondamentale il rap-porto con la fede, nutrita dalla tradizione biblica e dalla ricchezza dei sacramenti.È particolarmente significativa la chiusura dell’enciclica con due preghiere. Dato che essa trat-ta della cura della casa comune, la terra, che è di tutti (credenti e non credenti, cristiani o fedeli di altre religioni), le due preghiere intendono, proprio nel clima del dialogo auspicato dal papa, abbrac-ciare le intenzioni di tutta l’umanità.Terminiamo questa breve presentazione con le bel-le e significative parole che si trovano nella seconda parte della preghiera cristiana con il creato e che chiu-dono l’enciclica:

Signore Dio, Uno e Trino,comunità stupenda di amore infinito,insegnaci a contemplartinella bellezza dell’universo,dove tutto ci parla di te.Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudineper ogni essere che hai creato.Donaci la grazia di sentirci intimamente uniticon tutto ciò che esiste.Dio d’amore, mostraci il nostro postoin questo mondocome strumenti del tuo affettoper tutti gli esseri di questa terra,perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.Illumina i padroni del potere e del denaroperché non cadano nel peccato dell’indifferenza,amino il bene comune, promuovano i deboli,e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.I poveri e la terra stanno gridando:Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,per proteggere ogni vita,per preparare un futuro migliore,affinché venga il tuo Regnodi giustizia, di pace, di amore e di bellezza.Laudato si’!Amen.

M.G.

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...DI TUTTI I COLORI. CON NOÈ DAL DILUVIO ALL’ARCOBALENO Come sempre tutto è nato da una proposta... ma questa volta era per veri temerari: partire per il Campo scuola con i nostri piccoli amici del gruppo 6/8 ACR! Mai successo a Summaga!E quasi con sorpresa, tra mamme e papà un po’ prudenti, in sei hanno detto sì: Marta, Matteo, Giu-lia, Emma, Martina e Anna con Chiara e Giulia... tutti pronti a partire per il Campo!Così dopo riunioni, idee di fondo, obiettivi, mail, giornate da programmare, scatoloni di materiale e settimane di preparativi, il 20 luglio siamo partiti con le macchine cariche di valige e voglia di vivere un’esperienza indimenticabile. La nostra meta era la Casa Alpina di Cimolais per vivere l’avventura assieme ai ragazzi ed educatori delle parrocchie di Sacro Cuore di Pordenone, Tamai e Corva e con il preziosissimo Davide come assistente. Al nostro arrivo abbiamo capito che la settimana sa-rebbe stata un po’ affollata, infatti assieme a noi la casa era abitata anche da un gruppo di amici 9/11 e dai loro educatori... con loro abbiamo condiviso pran-zi e cene, il tempo libero e il pallone! E non possia-mo dimenticarci delle due meravigliose cuoche che ci hanno sfamato, dei quattro inservienti che ci hanno sempre fatto trovare tutto pulito (un grazie speciale

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alla nostra Valeria) e la direttrice Michela che ha tenu-to sotto controllo la casa e tutta l’allegra brigata.Dopo il nostro arrivo, già lunedì pomeriggio, ab-biamo conosciuto un signore simpatico e barbuto di nome Noè che, ripercorrendo la sua storia, ci ha chiesto di aiutarlo in un’impresa davvero grandio-sa e piuttosto complicata che gli era stata commis-sionata da Dio: costruire una grande Arca in cui far entrare una coppia di ogni specie animale per scam-pare al pericoloso diluvio e ritrovare l’arcobaleno simbolo della nuova alleanza tra l’uomo e Dio.Per aiutare meglio Noè nella sua impresa ci siamo divisi in gruppi: Le gazzelle saltellanti, le scimmie urlatrici e i leoni vegetariani... tutti accompagnati dalle farfalline agonizzanti (ovvero il gruppo degli educatori). Giorno dopo giorno abbiamo trovato e scoperto uno ad uno i colori dell’arcobaleno che ci hanno mostrato la bellezza dello stupore, l’impor-tanza di ascoltare ed essere disponibili, la fiducia verso chi ci sta accanto, il dono della gratuità, il va-lore del dire grazie e dell’impegno per raggiungere un obiettivo comune. Abbiamo imparato che tutti i colori con le loro sfumature sono importanti per stare bene insieme agli altri e con Gesù.Abbiamo anche superato prove faticose come l’im-mancabile camminata: è stata un’avventura dentro e fuori dai boschi e dalle gallerie accompagnati da un caldissimo sole, partendo dalla diga del Vajont fino al rientro in Casa Alpina.Mano a mano che passavano i giorni ci siamo sem-pre più conosciuti e mescolati tra ragazzi di diverse parrocchie condividendo ogni momento: le attivi-tà, i giochi, i balli e canti, le preghiere, i pasti e il sonno... fino a diventare un unico grande gruppo unito, ognuno con le sue caratteristiche, con i suoi talenti, con i suoi sorrisi e voglia di stare insieme agli altri... 32 cuori di tutti i colori!

Chiara

ALZHEIRMAINDERRICREIAMO UN RICORDOLunedì 3 agosto trentatré coraggiosi ragazzi, prove-nienti da quattro diverse parrocchie: Casarsa, Fossal-ta, Prata e Summaga, sono partiti, accompagnati da noi giovani educatori, alla volta di Piani di Luzza, lo-calità montana a molti sconosciuta. Arrivati a destina-zione, dopo aver salutato i genitori, i bambini hanno

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iniziato subito ad interagire tra di loro, fatto che ha reso molto felici ed orgogliosi noi educatori, dal mo-mento che non è un avvenimento che accade spesso.Trentatré piccole faccine sorridenti hanno così iniziato a parlare e cantare tra una nota e l’altra della chitarra di Don Loris, il quale ci ha accompagnato durante la settimana. Dopo il pranzo, ad un certo punto, i ragaz-zi si sono accorti che in angolino della stanza comune c’era un armadio anonimo e chiuso. Incuriositi, subito si sono messi a cercare la chiave e, una volta trovata, l’armadio è stato aperto. A questo punto un numero di telefono e un nome sono apparsi: quelli del dottor Q. Allora abbiamo chiamato questo strano medico, che, con una voce grossa e risonante, ci ha affidato un com-pito per la settimana: curare Armando, l’armadio, che era affetto da alzheirmainder. Non conoscendo questa malattia, abbiamo chiesto informazioni all’esperto, che ci ha spiegato che l’alzheirmainder è una grave malattia degenerativa per cui Armando avrebbe perso la memo-ria e tutti i ricordi che conteneva al suo interno. Inoltre, il dottor Q. ha lasciato ai ragazzi la ricetta per curare l’armadio: ogni giorno loro avrebbero dovuto trovare un oggetto, risolvendo un indovinello, usarlo durante la giornata, caricarlo così di molti ricordi e al la sera riporlo dentro Armando. Così, dal giorno seguente, i piccoli collaboratori del dottor Q. hanno iniziato ad aiutare Armando nella sua cura. Il primo oggetto tro-vato è stato un pallone. Questo è stato utilizzato nelle attività del mattino e del pomeriggio, dove i ragazzi hanno partecipato attivamente dimostrando la loro disponibilità nei confronti degli altri, e nei giochi del tempo libero. Il pallone alla sera è stato riposto in Ar-mando assieme ad una scatola contenente dei foglietti con i ricordi personali dei bambini legati al pallone.Il mercoledì, l’oggetto da trovare era una corda, che, trasformata in fili di lana, è stata usata durante la celebrazione serale per creare una ragnatela della fi-ducia, atteggiamento che noi educatori abbiamo cer-cato di trasmettere ai più piccoli durante il giorno. Il giorno seguente, con gli zaini in spalla, siamo partiti per un’avventura in mezzo ai boschi e alla natura nei dintorni di Sappada, indossando delle maglie, oggetti del giorno, a staffetta. Abbiamo pranzato vicino ad un torrente e poi siamo ripartiti verso il centro di Sappa-da, dove i piccoli avventurieri si sono resi operativi e si sono aperti alla comunità girando per il paese e chiedendo aiuto ai passanti per risolvere un cruciver-ba, che avrebbe dato loro come soluzione i nomi di quattro santi importanti per l’aiuto reso alle proprie

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comunità. E loro? Cosa avrebbero potuto fare per aiu-tare la propria comunità? A questa domanda hanno potuto rispondere prima della Santa Messa, che ab-biamo celebrato nella chiesa di Sappada.Tornati alla base, una bella e calda doccia ci stava aspettando. Dopo una buona cena e una gradevole serata in compagnia, abbiamo riposto la scatola con i bigliettini e le maglie dentro Armando e siamo andati a dormire. Alla serata ha partecipato anche Lorenzo, giunto da Summaga, per fare visita a tutti e in parti-colare ai nostri ragazzi.Il venerdì, dopo un po’ di stretching mattutino e dopo aver trovato l’oggetto del giorno: uno specchio, i ra-gazzi si sono cimentati nel decorare un quadratino di cartoncino con sopra un piccolo specchietto. Durante la celebrazione serale, dopo le confessioni pomeridia-ne, nelle quali i ragazzi hanno potuto riflettere tra sé e sé e cercare di avere un dialogo con Dio, i bambini hanno unito i loro cartoncini per creare una cornice per lo specchio, capendo così che specchiandosi sul loro piccolo quadratino, vedevano solo una piccola parte di sé, mentre insieme all’aiuto degli altri riu-scivano a vedersi interi. Il sabato il bigliettino dentro Armando con il misuratore della guarigione, che era apparso il martedì mattina, era quasi completato, se-gno che Armando stava guarendo.Durante la giornata i ragazzi hanno cercato di respon-sabilizzarsi, accudendo, anche durante le attività, un oggetto caro ad un’altra persona e si sono presi un impegno pratico, verificabile e concreto da mantene-re fino al post campo.Così, tra risate, sorrisi e allegria, si è conclusa la nostra settimana di campo, nella quale si è creato uno splen-dido clima e un meraviglioso gruppo. La sera, in cer-chio attorno a dei lumini accesi, tra lacrime e sorrisi, non abbiamo donato ad Armando un oggetto, ma un ricordo bello della settimana passata assieme.La mattina di domenica, Armando ci ha fatto una sor-presa, creando per noi un video con le foto dei più bei momenti della settimana e ringraziandoci per averlo aiutato a guarire. Dopo la Santa Messa e il pranzo, dopo abbracci e qualche altra lacrima, ci siamo salu-tati, tornando ognuno nella propria parrocchia con dentro al cuore, però, un sacco di bei momenti, nuovi amici e una splendida esperienza.Per concludere, ringrazio prima di tutti i ragazzi, per aver avuto il coraggio e la forza di intraprendere que-sta avventura e per aver reso noi educatori molto fieri; poi ringrazio la mia equipe, composta da Margherita,

la nostra grandiosa capo campo, Clarissa, Federica, Stefano, Axel e Marco, perché ognuno di loro ha con-tribuito a rendere migliore questo campo; don Loris, assistente che ci ha accompagnato durante la settima-na e che è riuscito a catturare l’attenzione dei ragazzi; la cuoca e l’aiuto cuoca, che hanno cucinato per noi; Mauro e Fabio, i due inservienti che hanno pulito per noi, ma che sono stati anche degli amici e dei compli-ci; la direttrice, che ha controllato la casa e che ci ha aiutato riguardo agli aspetti burocratici; e per ultimo, ma non meno importante, Gesù, che, guardandoci da lassù, ci ha donato una settimana di sole e di caldo e che ci ha permesso di fare questa esperienza, incon-trare splendidi amici e creare forti legami.

Alessandra

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RISPECCHIÀTI IN TE!Il campo ACR, quest’anno, si è svolto a Barcis, tra il 20 e il 26 luglio e per noi ragazzi è stato fin trop-po breve. Lunedì 26 luglio noi ragazze da Summa-ga partiamo cariche e un po’ emozionate. Arrivati a Barcis, incontriamo le altre parrocchie: Fossalta di Portogruaro, Maron e Prata. Ci troviamo vici-no al lago, ma della casa neanche l’ombra. Dopo le timide presentazioni inizia per noi l’inaspettata camminata che ci avrebbe portato alla casa, ma le sorprese, già nella prima ora di campo non erano finite: lungo la strada, abbiamo trovato uno dopo l’altro degli specchi sui quali erano appoggiati dei bigliettini con scritti i punti che di solito si trovano sulla carta d’identità e, cercando il proprietario del biglietto pescato, avevamo già iniziato a conoscer-ci. “Perché mai degli specchi?”, ci siamo chiesti e, in risposta alle nostre domande, ecco che ci viene ri-velato il tema della settimana: “Rispecchiati in Te”. Un tema che per noi ragazzi non è stato semplice da affrontare, ma che ci ha permesso di crescere, dopo numerosi sforzi e spesso perplessità. Ogni giorno c’era un parola guida sulla quale si sarebbero basa-te tutte le attività giornaliere: conoscenza, interagi-re, limite, semplicità, regola di vita, gioia. Ma a gui-darci durante la settimana, c’era un vecchio diario, di un giovane vissuto molti anni fa ma che, come i ragazzi di oggi, spesso aveva dubbi sulla propria vita. Come noi, si domandava se la nostra perso-na, quella che vedono tutti, fosse vera, o nascosta

dietro a una maschera, troppo spesso indossata nel mondo di oggi. Il giovane, così lontano nel tempo ma vicino nel modo di vivere, racconta che, dopo una lunga camminata (proprio come noi!!) giunge alla casa dello zio che abita a Barcis, dove passerà le vacanze. Durante il soggiorno, si avventura nella grande soffitta dello zio. Curiosando si imbatte in uno specchio rotto ma, tornandoci nei giorni suc-cessivi, lo troverà sempre diverso, in base al tema che noi avremmo affrontato durante la giornata e che, molto spesso, lo avrebbe riflesso come un altra persona, svelando le maschere che indossava. Il lunedì, impariamo a CONOSCERE gli altri ra-gazzi e presentarci loro, realizzando “un’opera ar-tistica” che ci avrebbe rappresentato come gruppo di Summaga: un albero che stava crescendo, con un ramo che portava le caratteristiche di ognuna di noi, mentre alle radici stavano le nostre educa-trici Elisa, Valeria e Elena. Passa così la giornata, conoscendo gli altri ragazzi che non hanno avuto problemi a socializzare con il nostro gruppo solo al femminile.Il giorno dopo, invece, abbiamo riflettuto sul nostro carattere (pregi, difetti, qualità, ecc...), presentan-doci altri membri della nostra squadra, realizzando insieme un quadro generale del nostro gruppo e scrivendo per ognuno di noi dei lati del nostro ca-rattere, per poi giocare a un “Indovina chi?” un po’ particolare, perché al posto delle caratteristiche fi-siche, dovevamo distinguere un persona per pregi e difetti. Finisce anche la giornata dell’INTERAGI-

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RE e iniziamo a essere più sciolti nello stare insie-me. Mercoledì, il giorno della camminata. È stato forse il più duro, sia a livello fisico che mentale, in quanto durante il tragitto siamo stati sottoposti a diverse prove. Come non bere, viaggiare con delle pietre nello zaino, scalzi, bendati, legati tra di noi, soli e anche bagnati, perché i nostri cari educatori ci hanno sorpreso con dei gavettoni!! Tutto però ave-va un significato: il pezzo di strada da soli rappre-sentava quello che dobbiamo affrontare con il solo appoggio degli amici, il tragitto da bagnati perché la vita è piena di imprevisti, la mancanza d’acqua si riferiva alla famiglia, abbiamo camminato scalzi per poi riflettere sul rapporto con il nostro corpo, l’essere bendati e guidati da un amico rappresen-tava il nostro rapporto con Dio, le mani legate la sfiducia in noi stessi e infine i sassi rappresentava-no l’impegno e un peso che ci siamo portati sulle spalle fino al momento della confessione. Durante la camminata abbiamo collaborato, ci siamo soste-nuti a vicenda e abbiamo parlato per tutta la strada. Una volta rientrati eravamo sfiniti, ma felici, per-ché si erano create o rafforzate amicizie e, come ci avevano detto gli educatori, avevamo conosciuto i nostri LIMITI.Arriva il giovedì e gli educatori hanno per noi una sorpresa: sveglia alle 5, freddo, sonno ma l’alba era ad aspettarci. Con la musica in sottofondo, stretti tra noi sotto le coperte, seduti sul prato e con l’i-nizio della giornata sopra le nostre teste, abbiamo apprezzato quanta bellezza ci sia nella SEMPLI-CITA’ che stavamo ammirando. Dopo colazione e finalmente del tutto svegli, abbiamo realizzato del-le maschere, rappresentanti quello che appariamo alle persone, ma scrivendo dietro quello che siamo veramente, ciò che non lasciamo trasparire, parlan-done con i compagni di squadra e affrontando del-le prove che ci avrebbero permesso di liberarcene, trovandoci davanti a situazioni che ci ponevano la domanda: “tengo o tolgo la mia maschera?” C’è poi il venerdì e la parola guida di oggi è REGOLA DI VITA. Durante la mattina, viene affidata ad ogni squadra la costruzione di un componente di una finestra, ognuno dei quali aveva un significato par-ticolare che ci insegnava come vivere con gli altri e con Dio, ovvero dandoci una “regola di vita”. Ri-dendo e scherzando costruiamo tutto ciò che occor-re per assemblare una vera e propria finestra che ci avrebbe fatto riflettere sul nostro futuro: maniglia,

vetro a specchio, cornice e cardini. Nel pomerig-gio ci viene consegnato un libricino che ci indicava l’ordine in cui avremmo dovuto partecipare a testi-monianze e giochi. Ascoltiamo così la regola di vita per un sacerdote, testimoniata da don Luca, e per un credente, testimoniata da Giorgia; ascoltiamo pezzi di libri, film e canzoni riconoscendoci tra le parole profonde di chi ci parla della difficoltà della vita e di come sia difficile rimanere se stessi in un mondo come il nostro. La sera però il karaoke ha sdrammatizzato l’atmosfera seria che si era creata durante la giornata e ci siamo scatenati. Sabato, e la tristezza inizia a farsi sentire. Noi ragazzi inizia-mo ad accorgerci che una settimana è troppo breve, ma siamo pronti ad affrontare le ultime prove che

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ci aspettano. Riviviamo i valori appresi durante la settimana con dei giochi nei quali, a questo punto, sappiamo collaborare fidandoci gli uni degli altri e divertendoci, perché ormai non esistono più ma-schere tra noi. Per completare le attività e per dare frutto a tutto ciò che abbiamo scoperto durante la settimana, ognuno di noi costruisce uno specchio sul quale vengono scritte le caratteristiche scoperte dagli altri nel tempo passato insieme. Tutto sembra già abbastanza malinconico, ma è la serata del falò e tratteniamo le lacrime fino a sera. Purtroppo ha piovuto, e ci siamo dovuti accontentare di un cuo-re di lumini in casa. Ascoltiamo le parole dei no-stri compagni, piangiamo, ringraziamo per la bella settimana, per i nuovi amici, per essere cresciuti. A concludere la serata è il passaggio attraverso lo specchio che ci ha accompagnato durante tutta la settimana e che, come al ragazzo nella storia, ci ha insegnato che nella vita si può andare ovunque, l’importante è essere noi stessi, senza maschere, ma semplicemente con il sorriso sulle labbra e la consa-pevolezza che tutti abbiamo un ruolo importante in un progetto più grande. Finisce anche l’ultima sera di campo che, anche se tra qualche lacrima, lascia sul viso la GIOIA dello stare insieme.Voglio ringraziare tutti gli educatori, che si sono impegnati per mesi affinché il nostro campo fosse un’esperienza memorabile, come lo è stata. Gli altri ragazzi, compagni di avventura e amici, che sono cresciuti con me e hanno lasciato un ricordo inde-lebile e meraviglioso. Le mie compagne di gruppo: Elena, Giorgia, Caterina e Sofia, che hanno affronta-to con me il percorso di quest’anno.Grazie di cuore va a don Luca, che con la sua sim-patia, forza e dolcezza ha portato il sorriso e ha con-tribuito alla nostra crescita, dandoci prova concreta che nella vita bisogna sempre cercare la felicità e l’amore. Il ringraziamento più grande, naturalmen-te, va alle nostre educatrici: Elena, che non ha po-tuto essere presente durante il campo ma che ne ha seguito la realizzazione dall’inizio alla fine; Elisa e Valeria, che hanno vissuto con noi questa esperien-za, accompagnandoci giorno per giorno in argo-menti che per la nostra età molto spesso non sono facili da affrontare e, nonostante fosse la loro prima esperienza come educatrici ad un campo, le ringra-zio per essere state delle guide salde e amorevoli.

Camilla

“ASCOLTA LA TUA SETE!”Questo è stato lo slogan del campo giovanissimi di Azione Cattolica svoltosi ad Arta Terme dal 20 al 26 lu-glio, a cui hanno partecipato ventitré ragazzi e sette tra educatori ed assistente, provenienti da quattro parroc-chie della diocesi: Cordenons, Maniago, Spilimbergo e Summaga. A giugno quando l’equipe si è trovata per programmare il campo si è lanciata una sfida, adattare il campo a un brano del Vangelo e non viceversa. E così è stato. È stato scelto il brano della Samaritana al pozzo, tratto dal Vangelo di Giovanni. Il brano è stato suddiviso in parti, una per ogni giornata di campo, e a ognuna è stata associata un simbolo chiave. Suddi-visione approvata, l’equipe ha stilato gli obiettivi per le diverse giornate. Subito dopo sono state decise an-che le attività per le diverse giornate. Arrivati a questo punto, era tutto pronto, bastava partire. E così è stato, lunedì 20 luglio, destinazione Arta Terme. Durante tutta la settimana i ragazzi sono stati accom-pagnati dal Vangelo di Giovanni della Samaritana al pozzo, che, giorno per giorno, ha saputo dare ai ra-gazzi spunti di riflessione per la propria crescita sia personale che di fede. Dal lunedì al sabato i ragazzi hanno scoperto un oggetto presente nell’icona del brano della settimana, giorno dopo giorno hanno ri-costruito così l’icona raffigurante l’incontro della Sa-maritana con Gesù al pozzo. Partendo dal pozzo, luogo di incontri ricorrente nella Bibbia, i ragazzi hanno fatto un’analisi dei loro biso-gni e desideri passati, attuali e futuri, scoprendo che tutti possono essere ricondotti ad un unico bisogno,

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cioè quello di dare un senso alla propria vita. E quale modo migliore per farlo se non con l’aiuto di Gesù? Attraverso le confessioni del giovedì, e la messa in paese del venerdì, i ragazzi sono arrivati alla serata del sabato, durante la quale hanno potuto fare espe-rienza del vero incontro con Gesù: l’adorazione euca-ristica. Questo è stato il momento culmine dell’intera settimana, in cui i ragazzi sono stati messi di fronte alla loro settimana di campo, e invitati a non fermarsi qui, bensì a continuare il campo nella quotidianità di tutti i giorni, cercando l’incontro con Gesù nei luoghi che normalmente frequentano. Domenica, nella Chiesa parrocchiale di Arta Terme è stata celebrata la S. Messa con tutti i genitori, du-rante la quale, sia i ragazzi sia l’assistente don Enrico Facca hanno saputo spiegare al meglio alle famiglie presenti il cammino fatto insieme, con l’aiuto dei sim-boli chiave delle diverse giornate. Il pozzo simbolo del lunedì, luogo d’incontri ieri come oggi; le anfore che hanno caratterizzato il martedì, raccoglitori dei bisogni e desideri presenti, passati e futuri; il secchio simbolico raccoglitore dell’Acqua Viva, parola di Dio, a rappresentare il mercoledì; il velo a rappresentare la Samaritana incontrata il giovedì; la città simbolo della testimonianza vissuta il venerdì e un lumino

simbolo della luce di Gesù, che i ragazzi hanno in-contrato il sabato.Crediamo che questa settimana di campo abbia infu-so nei ragazzi, ma anche negli educatori, la stessa gio-ia che portava con sé la Samaritana mentre andava verso la città, a testimoniare il suo incontro con Gesù avvenuto al pozzo.

Alessia & Marco

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GrestIl 24 Agosto inizia questa av-ventura: «Cari ragazzi, voi siete gli unici che possono aiutarmi». Così annuncia Kayley, figlia di uno dei più importanti cavalie-ri della tavola rotonda, il lunedì pomeriggio. «Mio padre è stato ucciso e il mio sogno è quello di prendere il suo posto nella tavo-la rotonda. Ma ahimè la spada Excalibur, che mantiene la pace e la serenità nel nostro piccolo regno di Camelot, è stata rubata dal castello di re Artù». Chi sarà mai stato? Inizia così il primo giorno di que-sto fantastico grest 2015, che ha come obbiettivo la conoscenza di noi stessi e degli altri, il rispetto delle regole e la convivenza tra grandi e piccini. Si prospettava pioggia, ma noi abbiamo tenuto duro e nulla ci ha fermato! Par-tiamo con la divisione in squa-dre: 105 bambini divisi in otto squadre diverse. Diciamo che i numeri c’erano! 6-8, 9-11 e 12-14

alla ricerca della loro “scatola magica” che distribuiva ad ognuno di loro un piccolo bi-

glietto con un nome: oca, cane, gatto, gallina, pecora, asino, topo o mucca. Bee a destra, muu a sinistra... Si riuni-

scono così le squadre. Manca qualcosa? Certo! Le regole della settimana. Tra un gioco e l’altro, una squadra alla volta, propone la propria regola. Nasce così un grande cartellone pieno di prin-cipi da seguire per il rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente. La giornata termina con la con-sueta ora di sport che permette ai bambini di sfogarsi e, non meno importante, la preghiera in chie-sa che permette a noi animatori e bambini di ringraziare il Signore per la bella giornata donataci.Ci ritroviamo il giorno dopo alle dieci di mattina con l’accoglien-za: balli e bans tutti insieme! «Ehi ma tu chi sei?». È così che il mar-tedì Kayley e i bambini incontra-no Garrett, un ragazzo cieco che

vive nella foresta proibita con il suo fedele falco Ali D’argento. Garrett accet-ta di aiutare Kayley e i

ragazzi a cercare la spada Excalibur che, duran-

te il furto, è finita nella parte più oscu-

ra della foresta proibita, tra rovi e spine. Così tra giochi a stand e giochi a squadre tutti si sfidano, senza però dimenticare l’obbiet-tivo comune: trovare Excalibur! Si pranza tutti insieme con una buonissima pastasciutta e un bel panino come secondo, dopo di che riparte un lungo pomeriggio tra lavoretti in cucina, giochi e divertimenti. I ragazzi, divisi per età e accompagnati dalle gentilis-sime mamme-chef, hanno fatto con le loro mani dei buonissimi topolini e ragnetti con un impa-sto di cioccolata e della liquirizia.Il mercoledì pomeriggio arrivia-mo tutti carichi e con la voglia di ripartire! «Muaha ciao, io sono Ruber!» Kayley, Garrett e i ragaz-zi conoscono il ladro della spada, Ruber, un cavaliere della tavola rotonda che ha deciso di tradire i suoi compagni, re Artù e Ca-melot. Seguono così anche oggi i lavoretti: vasetti creativi con tu-lipani per i più piccoli e scaccia-pensieri per i più grandi. Lavoro di collaborazione tra bambini e animatori, e poi via a giocare.

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Il giovedì mattina continua il nostro grest, ci incontriamo tutti sul grande campo e dopo l’acco-glienza ci prepariamo a conosce-re il seguito della nostra storia: «Ehi Garrett, ma le senti queste voci?». Garrett e Kayley arrivano nella terra dei draghi e conosco-no un drago a due teste, ognuna con la propria personalità: Devon e Cornelius. Le voci molto alte causano una valanga, Garrett e Kayley scappano seguiti dai dra-ghetti che, sentita la loro storia, vogliono assolutamente conti-nuare l’avventura con loro. Sia-mo pronti? Sì! E allora via, a gio-care tutti insieme. Anche oggi ci riuniamo alle dodici per il pran-zo e ci rifocilliamo con un buon piatto di pastasciutta e un pani-no con l’hamburger. Continua il pomeriggio con i lavoretti: oggi i bimbi si mettono alla prova con braccialetti intrecciati, palloncini con la farina e portapenne con le cannucce colorate. Idee semplici e colorate ma divertenti da pre-parare. Usciamo tutti insieme e ci prepariamo per la caccia al teso-ro. Cosa ci aspetterà? Sfide molto difficili ma che i nostri ragazzi sono riusciti a superare tutti in-sieme raggiungendo il tesoro: la spada Excalibur! Ragazzi, ci siete riusciti! Kayley e Garrett ringra-ziano i loro cavalieri e danno ap-puntamento al giorno dopo.Il venerdì siamo pronti a ripar-tire: tutti in costume! Uno dopo l’altro si susseguono diverten-ti giochi sull’acqua come calcio saponato (amatissimo dai ma-schietti) e battaglia navale. Dopo esserci asciugati e aver fatto me-renda tutti insieme ci chiediamo anche oggi: ma che succederà a Kayley e Garrett? «Mi dispiace Kayley, io non vengo». E ora di

tornare a palazzo e riconsegnare la spada a re Artù. Garrett non se la sente di accompagnarla. La sua cecità fu causata da un incendio, proprio quando lui viveva al ca-stello di re Artù, e per questo non se la sente di rivangare alcuni brutti ricordi. Kayley e i draghet-ti salutano Garrett e si mettono in cammino verso Camelot. Dopo qualche ora i draghetti, disperati, raggiungono Garrett che si tro-vava ancora nella foresta proibita e raccontano che Kayley è stata rapita da Ruber. Così, in fretta e furia, Garrett, i draghetti e i ra-gazzi partono insieme per cerca-re Kayley e recuperare la spada. Si danno così appuntamento alla domenica per dare un lieto fine a questa storia. Il nostro grest termina la domeni-ca con la pedalata finale che coin-volge tutto il paese e non solo. Il ritrovo alle 7:30 davanti alla chie-sa. Occhiaie o no, si parte tutti in-sieme. La pedalata di quest’anno aveva come meta il bosco delle lame situato a Sindacale. A circa metà strada ci siamo fermati per una merenda di metà mattina: dopo thè e brioches di tutti i tipi si riparte. Ci fermiamo per un’al-tra breve tappa all’osservatorio degli uccelli, vicino alla laguna. All’arrivo nell’area attrezzata per il pranzo il nostro parroco, Don Giuseppe, tenne la messa orga-nizzata con ragazzi e parenti tra canti e preghiera. Seguì il pranzo tutti insieme e la tombola. Ma dove li abbiamo lasciati Kay-ley e Garrett? I draghetti e Gar-rett arrivano finalmente a Camle-ot, e con un colpo di spada e uno di bastone Garrett riesce a scon-figgere Ruber, che libera Kayley e la spada. Kayley e Garrett si re-cano al castello da re Artù e resti-

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tuiscono la spada Excalibur. Per premiarli della pace e serenità riportata a Camelot, re Artù no-mina Garrett e Kayley cavalieri.Gli animatori ci tengono a ringra-ziare i tre responsabili che ci sono stati accanto nei momenti di insi-curezza o diffi coltà: Elisa, Elena e Marco.Ringraziamo inoltre i cuochi: Ro-berto, Andrea, Luisa, Mariagra-zia e Alessandra. Ringraziamo le mamme che ci hanno aiutato nei lavoretti in cucina: Valentina, De-bora, Daniela, Katiuscia, Laura, Mariagrazia e Luisa.Ringraziamo i papà che, come ogni anno, ci aiutano con i lavori di preparazione del portale e con il pranzo della domenica.Ringraziamo il panifi cio Bon-

fanti per il pane fornitoci gratu-itamente durante la settimana e l’associazione AVIS per le maglie donateci.Grazie a don Giuseppe per averci aiutato nei momenti di preghiera e rifl essione con i ragazzi.Un ringraziamento speciale va anche a tutti i genitori che, du-rante la settimana, hanno raccol-to molte offerte per noi animatori e per il grest che ci hanno consen-tito l’acquisto di nuovi materiali. Per ultimi (ma non meno impor-tanti) grazie a voi bambini, per-ché senza la vostra partecipazio-ne questa settimana non sarebbe mai stata la stessa! Porteremo per sempre questa esperienza nel no-stro cuore.

Giulia

Nel mese di luglio 2015 la parrocchia ha nuovamente organizzato il corso di cucito e ricamo per tutti i gio-vani interessati ad apprendere tale arte e come ogni anno il nostro vispo “gruppetto di nonne” si è offerto di condurre questa attività con pazienza e rinnovato entusiasmo.

Una trentina di ragazzi ha accolto il nostro invito con altrettanto entusiasmo scegliendo di trascorrere diver-si pomeriggi insieme con in mano ago e fi lo. Il corso ha dato i suoi frutti e persino coloro che non avevano mai tenuto un ago in mano si sono applicati crean-do decorazioni uniche e originali. In seguito il tocco esperto delle insegnanti ha trasformato i loro lavori in cuscini, portachiavi, borsette e tanti altri oggetti.

Un ringraziamento speciale va inoltre alle mamme dei giovani partecipanti che, con torte, biscotti e bevande hanno rifocillato e dissetato i nostri ragazzi negli afosi pomeriggi estivi.

Cucito e ricamo

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Una semplice cornice, sul mio ta-volo di lavoro, inquadra la foto del volto sorridente di Luigi. Mi accompagna ogni giorno, rinnova la stima e l’affetto che mi legarono a lui mentre era in vita, mi rendo-no incancellabile il suo ricordo. Stima, affetto e ricordo mi hanno persuaso a parlare di lui, su solle-citazione degli amici di Summa-ga, al fine di cogliere quella che ritengo l’ispirazione sorgiva che l’ha guidato nel suo cammino di religioso, di studioso, di pastore.Religioso cappuccino, Luigi era nato a Milano il 31 marzo del 1947. Il 16 giugno del 1973 fu or-dinato sacerdote.Allievo del Pontificium Institu-tum Patristicum Augustinianum, dove ci siamo incontrati e divenu-ti amici, vi ha conseguito la Laurea in Teologia Patristica. Divenuto ricercatore e docente alla Ponti-ficia Università Antonianum, ha prestato la sua opera all’Istituto Francescano di Spiritualità, che ha amato e servito con intelligenza e dedizione. Ha insegnato a Roma dal 1982 al 2009-2010. È stato pre-side dal 1988 al 2004, fino al giorno della sua elezione episcopale. Lo ricordiamo anche come professo-re invitato alla Pontificia Univer-sità Gregoriana, all’Alfonsianum e in altri centri accademici.Per dieci anni è stato poi visitato-re del Collegio Orientale di Roma per la Congregazione delle Chie-se Orientali e Consulente della Congregazione per le Cause dei

Santi. L’11 ottobre 2004 viene no-minato Vicario apostolico dell’A-natolia e vescovo titolare di Monteverde e viene consacrato a Iskenderun il 7 novembre del-lo stesso anno. Nel 2006 celebra i funerali di don Andrea Santoro, ucciso nel 2006 a Trebisonda e il 3 giugno 2010 subisce la stessa sorte a Iskenderun, per mano del suo autista Murat, da lui sempre trattato, e ne sono testimone in più occasioni, come un fratello.Una caratteristica della sua do-cenza è stata sicuramente quel-la di coniugare la certezza della fede e lo spirito di costante ri-cerca. La certezza della fede nei misteri cristiani accendeva ogni volta il desiderio di una nuova ricerca. Non si accontentava mai di quello che aveva già trovato e ciò non era segno di un dubbio, o di una incertezza; al contra-rio, lo aveva imparato dai Padri della Chiesa che Dio, proprio in quanto è Colui che si fa trovare, è continuamente cercato, come affermava sant’Agostino: «… per quanto ho potuto, per quanto tu mi hai concesso di potere, ti ho cercato ed ho desiderato di vedere con l’intel-ligenza ciò che ho creduto, ed ho mol-to disputato e molto faticato. Signore mio Dio, mia unica speranza, esau-discimi e fa sì che non cessi di cercar-ti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la spe-ranza di trovarti con una conoscen-

za sempre più perfetta» (De Trin., 15, 28, 51). In questa costante ri-cerca coinvolgeva altri, studenti, studiosi, ricercatori, anche molto diversi tra loro. Pure durante il suo ministero episcopale, il ve-scovo Luigi non ha tralasciato di

offrire la sua presenza di docente all’Antonianum, con un corso in-tensivo ogni anno.Uomo colto, uno studioso che, an-cor prima di diventare vescovo, amò la Turchia, i luoghi dove il cri-stianesimo si è sviluppato e teolo-gicamente strutturato con le prime comunità cristiane e i primi concili. Impegnato a far conoscere la storia di questa terra fu animatore di ol-tre venti simposi di studio su san Paolo (a Tarso) e su san Giovanni (a Efeso), È autore di numerosi stu-di e di importanti volumi, tra i qua-li Turchia. I luoghi delle origini cristia-ne (1987), Lo scandalo della croce. La polemica anticristiana nei primi secoli (1988), I sacerdoti dei primi secoli (1992), Introduzione alla teologia pa-tristica (1992), Cercatori di Dio. Sulle tracce dell’ascetismo pagano, ebraico e cristiano dei primi secoli (2002).Uomo appassionato della vita, ma ancor più del Vangelo, diffu-

Don Andrea Santoro. (www.associazionedonandreasantoro.it)

COME CHICCO DI GRANOV anniversario della morte di Luigi Padovese, vescovo e martire, testimone della tradizione

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so prima di tutto in questa terra non certo facile, Luigi, con l’ordi-nazione episcopale, da studioso divenne pastore amorevole, non smettendo, tuttavia, di essere ri-cercatore, ma scoprendo la stessa ricerca come risorsa per il lavoro pastorale e per l’animazione spiri-tuale del suo gregge. In tal modo ci ha aiutato a scoprire che il vero orizzonte della teologia è sempre pastorale, come dimostrarono i Padri della Chiesa, grandi pastori delle origini cristiane che furono anche grandi dottori.Nella prima lettera ai suoi fedeli si presentava così: «Ispirandomi al grande figlio di Antakia e poi ve-scovo di Costantinopoli, Giovanni Crisostomo, ho scelto come motto episcopale “In caritate veritas”, la Verità nell’amore. Sono poche parole ma esprimono il mio programma di ricercare nella stima e nel reciproco volersi bene la verità. Se è vero che chi più ama, più si avvicina a Dio, è an-

che vero che per questa strada ci av-viciniamo al senso vero della nostra esistenza che è un vivere per gli altri. Del resto la porta della felicità si apre solo dall’esterno. Su questa convin-zione si fonda anche la mia volontà di dialogo con i fratelli ortodossi, quelli di altre confessioni cristiane e con i credenti dell’Islam».E nell’intervento all’Assemblea del Patriarcato di Venezia, ripor-tato dalla rivista Oasis: «Partico-larmente oggi, in epoca di pluralismo, va ravvivata la consapevolezza che la testimonianza fonda e precede l’an-nuncio, anzi è il primo annuncio. È sempre vero che il primo passo nel di-ventare cristiani si fonda nell’incon-tro di uomini che vivono da cristiani convinti». In tal senso si capiscono anche le sue parole in relazione al fatto di accettare di “rimanere” nella terra delle origini cristiane, nonostante le gravi difficoltà: «Se, come è avvenuto nei decenni passati, accettassimo come cristiani di non

comparire, restando una presenza insignificante nel tessuto del paese, non ci sarebbero difficoltà, ma stia-mo rendendoci conto che, come sta avvenendo in Palestina, in Libano e soprattutto in Iraq, questa è una stra-da senza ritorno che non fa giustizia alla storia cristiana di questi paesi nei quali il cristianesimo è nato e fiorito, e che non farebbe giustizia alle migliaia di martiri che in queste terre ci hanno lasciato in eredità la testimonianza del loro sangue».La sua testimonianza di vita na-sceva dalla frequentazione amo-rosa di quei Padri della Chiesa che egli considerava i primi testi-moni del depositum fidei, il fuoco, lasciato da Gesù alla sua chiesa perché lo trasmettesse nei secoli futuri (cfr. Mt. 28, 18-20). Citando un passaggio della Sto-ria dei monaci della Siria, di Teo-doreto di Cirro, affermava: «Per Teodoreto costituisce addirittura un’imperdonabile forma d’ingiusti-

7 Aprile 2009. Messa crismale nella cattedrale di Iskenderun. Foto ricordo dei celebranti intorno a mons. Luigi Padovese, Vicario apostolico dell’Anatolia. (Da http://www.anadolukatolikkilisesi.org).

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zia l’indifferenza rispetto al passato: in effetti se è la memoria che garan-tisce la propria identità, personale e collettiva, una perdita di memoria comporta una perdita di identità». E continuava: «…il ricorso alla eredi-tà del passato, l’ascolto di esso è un modo per salvaguardare l’identità e la libertà dell’uomo… la storia ci conferma perciò che ogni tentativo di rimuovere la memoria di un gruppo è senza futuro». (Cfr. Introduzione alla Teologia Patristica, pag. 6).Ma precisava che la Tradizione, a differenza del tradizionalismo, non opprime, ma stimola. Si tratta di una forza propulsiva non di un freno. Infatti i Padri, testimoni pri-vilegiati della Tradizione, «ci forni-scono esempi di ascolto e di riproposi-zione attualizzata della parola di Dio; offrono modelli di traduzione culturale della loro esperienza di fede… la parola dei Padri mantiene una persistente at-tualità prodotta da una lunga auscul-tazione dell’animo umano “semper idem”». (Ibidem, pagg. 8-9).E aggiungeva che la conoscenza del passato significa prendere se-riamente la “communio sanctorum” dove fluiscono e circolano le espe-rienze, le ricchezze, e finanche i li-miti dei suoi membri.Tale convinzione, e cioè che i Padri «ci forniscono esempi di ascolto e di ri-proposizione attualizzata della parola di Dio, offrono modelli di traduzione culturale della loro esperienza di fede», lo portò ad affrontare concettual-mente temi attualissimi e a inverar-li nel proprio comportamento fino a fare dono della propria vita.Prendo come esempio la relazio-ne, tenuta al nostro clero dioce-sano il 27 gennaio 2007, così in-titolata: Missione e dialogo in una società multiculturale, multietnica, multireligiosa. Tema che Luigi svolse con l’intento di «offrire spa-

zio sufficiente all’efficacia delle ri-flessioni fondative» che egli propo-se sulla base di ben venticinque citazioni di vari Padri della Chie-sa, sia orientali che occidentali.Raccogliendo la provocazione di Simmaco (Uno itinere non potest perveniri ad tam grande secretum – Symm., Rel. tert., 10) diceva: «…il problema di fondo che il pluralismo religioso pone è quello di connettere la volontà salvifica universale di Dio con questa fede in Gesù Cristo unico mediatore tra Dio e gli uomini e – di conseguenza – come rimanere aperti al dialogo senza rinnegare la fedeltà all’unicità del cristianesimo» cioè al paradosso dell’Incarnazione e allo scandalo della Croce, che, come è affermato nella tradizio-ne patristica, è la porta stretta, la via humilitatis per la quale si deve passare. Aggiungeva però, citando Origene (Dio si serve per ciascuno di quello che gli è abitua-le quando l’incammina verso la verità – Framm. in Mt, 27), «C’è insomma una “historia salutis” anche al di fuori del cristianesimo, così che si può parlare d’una rivela-zione differenziata che non compro-mette ma anzi conferma la rivelazio-ne definitiva di Dio fatta in Gesù. Egli è e rimane la fonte unica della salvezza per ogni uomo ed è in virtù di questa presenza nascosta del mi-stero di Cristo che è possibile ricono-scere nelle altre tradizioni religiose delle misteriose vie di salvezza. Un dialogo con le religioni non cristia-ne e finanche con i non credenti deve tener ben presente che Dio trova modo di esprimersi anche presso di loro. C’è un criptocristianesimo che è opera dello Spirito Santo e che va riconosciuto». (Cfr. Atti degli Apo-stoli, 10-11).Date queste premesse ne deduce-va che, siccome la Chiesa non ha

una missione ma è missione, signifi-ca avere ben presente che:la fede cristiana è manifestata fondamentalmente nel para-dosso cristologico; è importante avere attenzione per le altre forme religiose nelle quali pure è possibile scorgere l’azione del-lo Spirito; il dialogo interreligio-so non esaurisce da solo l’intera missione della Chiesa e non può sostituire l’annuncio ma è pure orientato a esso; dialogo della vita-dialogo delle opere-dialogo degli scambi teologici-dialogo dell’esperienza religiosa.«Su questa convinzione si fonda an-che la mia volontà di dialogo con i fratelli ortodossi, quelli di altre con-fessioni cristiane e con i credenti dell’Islam».I Padri fecero di Luigi un ricer-catore instancabile della verità, un pastore amorevole del suo gregge in una terra irta di dif-ficoltà, un testimone appassio-nato fino al dono della vita, un uomo del dialogo ecumenico e interreligioso, basti ricordare gli ottimi rapporti con il mufti della regione e la profonda amicizia con Sua santità Bartolomeo I e tutti i vescovi e fratelli ortodossi e protestanti.Concludo con una duplice cita-zione che penso possa riassume-re quanto son venuto dicendo, nella consapevolezza che Luigi avrebbe meritato molto di più:Non può essere riscaldato chi non è vicino al fuoco ardente, né può riscal-darsi per un altro chi non ha Cristo con sé (S. Ambrogio, Lettera XVII).La tradizione è la salvaguardia del fuoco, non adorazione della cenere (Gustav Mahler).

Otello QuaiaSummaga, 2 giugno 2015

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IL NUOVO VICARIO APOSTOLICOCarissimi tuttiin data di oggi, 14 agosto, me-moria di S. Massimiliano Kolbe, verrà dato l’annuncio che Papa Francesco mi ha nominato Vica-rio Apostolico dell’Anatolia.Prossimamente verrò quindi ordinato Vescovo e tra qualche mese inizierò il mio servizio pa-storale in quella regione ecclesia-stica che va da Antiochia sull’O-ronte (oggi Antakya) e Tarso – nel profondo sud della Turchia – fino alle coste del Mar Nero, con le città di Trabzon e Samsun.Sarò il successore di mons. Luigi Padovese.Noi Gesuiti abbiamo scelto una via di servizio nella Chiesa che non prevede l’accesso alla gerar-chia ecclesiastica: facciamo anche un voto personale in questa linea.

Siamo contenti di lavorare tra la gente dove c’è bisogno, dove altri non arrivano, dove ci invia la S. Sede. Ma proprio per questo lad-dove il Pontefice ritiene sia utile che un gesuita assuma il ruolo del pastore diocesano, soprattut-to nei territori di missione, siamo disponibili a ricoprire anche que-sto incarico.In questo caso è stato determi-nante per me dare la disponibi-lità per un territorio poverissimo di presbiteri e di risorse ecclesiali.Ho ritenuto di rispondere posi-tivamente alla richiesta del Ve-scovo di Roma in quanto pastore universale della nostra Chiesa: per noi Gesuiti è stato sempre così, dai tempi di S. Ignazio, S. Francesco Saverio e dei primi compagni.Certamente il mio cuore è tre-pidante per le tante comunità, gruppi e persone che devo la-sciare, ma sono convinto che il

Signore trasformerà la distanza in occasione di crescita e di op-portunità positive per tutti.Spero anzi vivamente di costruire ponti tra le comunità cristiane di laggiù e quelle qui in Italia, come facevano Paolo di Tarso, Barnaba e gli altri missionari della Buona Notizia.Vi chiedo fortemente di pregare per me, per questa nuova delica-ta missione.Ci saranno certamente varie oc-casioni nei prossimi mesi per in-contrarci, pregare, raccontarci e vivere così insieme questo tempo di passaggio tra l’Italia e la Tur-chia.Appena sarò in grado vi farò sa-pere data e luogo della mia or-dinazione in modo da invocare insieme lo Spirito Santo.Vi benedico e abbraccio ciascuno di voi: il Signore è vicino!

P. Paolo SJ

Annunzio della nomina di p. Paolo Bizzeti sj, a Vicario Apostolico dell’Anatolia. Succede dopo oltre 5 anni a mons Luigi Padovese, assas-sinato dal suo autista. (Da http://www.anadolukatolikkilisesi.org).

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Dopo cinque anni abbondan-ti dalla barbara esecuzione di mons. Luigi Padovese, ad Isken-derum (Turchia) è arrivato il suo successore. Mons. Paolo Bizze-ti, ai primi di novembre, dopo l’ordinazione episcopale è di-ventato, infatti, il nuovo vicario apostolico per l’Anatolia. Un ge-suita dopo un cappuccino. Nell’apprendere la notizia dal quotidiano «Avvenire», sono an-dato con il pensiero alla bellissi-ma esperienza che, assieme ad un gruppo di amici, ho vissuto nel 2009 proprio ad Iskenderum. Un viaggio stupendo nella Tur-chia dell’est, reso molto ricco so-prattutto dalla presenza e dalla testimonianza diretta del vesco-vo Padovese. Molti i momenti di dialogo con un costante ri-chiamo ad un tema che gli stava particolarmente a cuore: il con-fronto interreligioso. Riteneva,

infatti, questo argomento non certo scontato, anche se il dialo-go tra fedi diverse sono in molti a volerlo, ma c’è anche – diceva – chi lo teme e lo contrasta. Il suo era sicuramente un os-servatorio “privilegiato”, per-ché vissuto quotidianamente in una terra segnata da violenze e conflitti. Una regione, purtrop-po come altre nel mondo, dove passano confini tra fedi, lingue e popoli diversi. Mons. Padove-se non mancava mai di ritenere questo confronto sempre più ur-gente, anche dal punto di vista dei non credenti. Sono molti gli interrogativi che mi sono porta-to dietro da quel viaggio/espe-rienza e che ancor oggi, a distan-za di anni, mi interpellano e mi sollecitano. Forse più oggi di ieri, perché la diversità religiosa è entrata, qui, nella nostra vita quotidiana ed imposta dunque

FEDI IN DIALOGO«SIAMO GETTATI GLI UNI NELLE BRACCIA DEGLI ALTRI»

dalla realtà. Sempre più ormai sappiamo e vediamo la presenza di altre fedi, di altre abitudini, riti, modi di nutrirsi, festività e ricorrenze. La questione è ampia e complessa, ma la principale domanda resta quella di capire fino in fondo, ieri come oggi, se il dialogo interreligioso rappre-senti la risposta ai tanti quesiti che anche la cruenta cronaca quotidiana ci porta in casa non solo più dal Medio Oriente e da molti Paesi africani, ma sempre più anche dalla nostra Europa. Certo il confronto non potrà mai sostituire le funzioni militari o di polizia, né tanto meno le azio-ni politiche a livello nazionale ed internazionale, per far rispet-tare i diritti delle persone, primo fra tutti il diritto alla vita. Ricor-do bene, allora, il vescovo Pado-vese sottolineare che il dialogo tra religioni fosse sì largamente desiderato come fattore di pace, ma non sottovalutava la sfida per ogni fede riguardo il senso della propria unicità, identità e verità. Infatti, si tratta di una sfida che presenta innumerevoli conse-guenze sotto il profilo politico, religioso, teologico e quindi in-teressa da vicino anche chi non appartiene a nessuna Chiesa. Tutto questo, scrive efficace-mente Giancarlo Bosetti diretto-re della rivista culturale Reset, ci costringe a «riflettere spingendo a guardarci con gli occhi degli altri». Faccio mia questa espres-sione perché la convivenza di tante confessioni nello stesso ter-ritorio, nella stessa città e in pie-na globalizzazione mediatica, ci costringerà sempre più non solo alla tolleranza, ma a venirne a contatto e perché non anche ad

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Presa di possesso del Vicariato Apostolico di Anatolia del vescovo Paolo, I domenica di Avvento - 29 novembre 2015, Iskenderun. Da (http://www.amo-fme.org).

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“urtarci”. È già oggi inevitabile questo confronto, perché è pro-prio di tutte le religioni portare sul territorio i segni della pro-pria presenza, non solo attraver-so strutture e simboli, ma anche attraverso semplici abitudini quotidiane, come ad esempio i cibi ed i suoni. Sono dunque finiti i tempi in cui le diverse comunità di credenti potevano tenersi reciprocamente all’oscuro e a distanza, quindi, per dirla con le parole del filo-sofo Raimon Pannikar «…siamo gettati gli uni nelle braccia degli altri». Mons. Padovese era convinto che proprio la consapevolezza della varietà finisca per incre-mentare la forza del legame con la propria fede, superando nel contempo paure ed ignoranze seminate purtroppo – ancora a piene mani – da tante violenze fanatiche e dal terrorismo. Da tempo anche papa France-sco va affermando che la strada della violenza contro la dignità della persona non risolve i pro-blemi dell’umanità, diventando una vera e propria bestemmia quando si utilizza il nome di Dio. Se l’obiettivo primario del-la pace, un bene troppo prezioso per essere eluso e deluso, potrà essere raggiunto, sarà possibile mantenerla nel rispetto dell’uo-mo, del suo diritto alla vita e alla libertà, solo attraverso i canali della cooperazione e del dialogo tra i popoli, tra gli Stati e tra le religioni. Ne era convinto anche il vesco-vo Padovese e per questo tra-guardo ha donato la vita.

Gigi Villotta15 novembre 2015

Non aspettareNon aspettare di finire l’università,di innamorarti,di trovare lavoro,di sposarti,di avere figli,di vederli sistemati,di perdere quei dieci chili,che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,la primavera,l’estate,l’autunno o l’inverno.Non c’è momento migliore di questo per essere felice.La felicità è un percorso, non una destinazione. Lavora come se non avessi bisogno di denaro,ama come se non ti avessero mai ferito e balla, come se non ti vedesse nessuno.Ricordati che la pelle avvizzisce,i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.Ma l’importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età.Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza. Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida.Finché sei vivo, sentiti vivo.

Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.

(Madre Teresa di Calcutta)

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LA CONTRADA DELLA CASA ROSSA (continuazione)

Nei tempi oramai passati, prima che un nuovo giorno prenda vita, la nebbia, nella sua oscurità, fa trasparire la fievole luce delle finestrelle che si il-luminano di una debole fiammella di una vecchia lampada a petrolio accesa al loro interno. La vita dei campi comincia, di buonora, con i lavori nella stalla: la sostituzione della lettiera dei bovini, il pesante trasporto del letame nell’attigua conci-maia sempre avvolta da un acre vapore, la distribu-zione del fieno nelle mangiatoie, l’abbeveraggio, la lenta e misurata mungitura delle mucche.Completato il governo del bestiame, gli uomini rientrano in casa per la colazione; le donne, alle prime luci dell’alba hanno già disposto sul foghèr misere fascine e umide canne che espandono un denso fumo nell’aria.E giunge così l’ora di svegliare i bambini per man-darli a scuola; a fatica i piccoli lasciano il loro paglie-

riccio poco morbido ma caldo, dal quale, alle volte e non di rado, prima di chiudere gli occhi, avevano visto, attraverso le fessure del tetto sconnesso, il bril-lare delle stelle nelle chiare notti d’estate e rincorso con lo sguardo, d’inverno, piccoli fiocchi di neve che andavano a raffreddare la già gelida stanza. Ai racconti delle famiglie che animavano allora quella borgata, si aggiungono altri pieni di poesia o di tanta povertà come quelli di Maria Lisandro, detta Mariuti. «Prima de ’ndar a scuoa se fea merenda con poenta bru-stuada e late che ’a gera vansada del giorno prima e lora te la brustuava. I omini se i podea anche ’na fetina de saame dee volte e se no ’na scodea de poenta e late e a volte la nona ie meteva a lori, so a so scodea, anca do graneti de sal».Ricorda, quasi con commozione, il bel ricamo fatto da sua madre Emma sulla sua sacheta di quando an-dava a scuola con un quaderno a righe e uno a qua-dretti; il sillabario era di Veronica Mio, sua compagna di banco, e lo consultava all’occorrenza. Prima di an-dare a scuola, in primavera veniva svegliata presto al mattino per andare a raccogliere il fogliame dei gelsi per il nutrimento dei bachi da seta, allevati in casa. A questo proposito Mariutti ricorda che spesso gli abitanti della casa, per lasciare le stanze più calde alle uova, bene prezioso che avrebbe assicurato un guadagno extra alla famiglia, si accomodavano in

Ti racconto...

La casa dei Trevisan (a sinistra) e le abitazioni dei Lisandro e dei Pantarotto (a destra) in un disegno di Aldo Vignando. Cortesia Anselmo Lisandro, Graziella Drigo.

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spazi più angusti e freddi. Dopo la schiusa, le larve venivano trasferite su graticci nelle soffitte e dopo la quarta muta i bachi erano pronti a “salire al bosco”: con il filo di seta si avvolgevano nel bozzolo costru-ito attorno a rametti secchi. I bozzoli poi venivano inviati agli essiccatoi e successivamente venduti alle filande di Portogruaro. Anche allevare i maiali portava un utile alla famiglia: infatti, i piccoli nati venivano venduti, mentre uno, quello ingrassato nel porcile di casa, dava sostenta-mento per lungo periodo alla famiglia: gli insaccati, ben allineati in cantina per la maturazione, veniva-no appesi alle stanghe sotto la gratarola per evitare ai topi di raggiungerli; il grasso (lardo, guanciale, pancetta e strutto) diventava il condimento e conser-vante naturale per altre carni, la cotica insaporiva la minestra di fagioli, le frisse (cìcciole) arricchivano il radicchio e, infine, il pelo e le ossa venivano vendute allo straccivendolo perché fossero trasformati in pet-

tini e spazzole: “del maiale nulla si butta”! Allevare i maiali era anche una carta di credito che permetteva di fare acquisti lasciando in sospeso il pagamento in tutti i negozi del paese.«Anche se poareti el pasto de pesse no mancava: el baca-là se ’o cioea do-tre volte l’ano non solo al Venere Santo. Se ’o comprava in botega lì de Rugero Rossi che el veva ’a botega se comprava el stocafisso quel che te meteva in smoio. Dopo la ga trasferia a Angeo Anzuin e dopo a Po-lonio. Lì de Gonea i veva verto ’naltra botega de generi alimentari. El pesse fresco invesse vegneva ’na femena da Concordia, la Nuta del pes, coa carioa e ’a cassea del pesse e se comprava ’e sardee. La rivava fin là dei Battiston e anca pi in là. Alora la sigava: “vivo, vivo”, e noi ridesse e se ie diseva: “Ma ti te son viva ma no el pesse!”».

Adelia Zanin, con il suo racconto, dipinge un dol-cissimo quadro di spensierata giovinezza: ricorda la stalla della sua famiglia, tutta “pulita e bella” dove, d’inverno, alla sera scherzava e rideva filan-do la lana acquistata da chi, nella borgata, allevava le pecore, e poi a “ferri” le ragazze imparavano dal-le più anziane a far di maglia per tutta la famiglia.«’Ndeve a passon coi ochi – veve diese, dodese anni – ochi e dindioni, lavia in fondo de Bortoot. Noi no vesse miseria. Se veva ’na campagnuta nostra e più se jera co-loni de Dal Moro; Vesse do-tre porsei e anca i cavalieri e se gera solo noi sete fioi, papà Luigi e mama Maria, a ’sia Santina da sposar, e a nonna. In stala vesse quatordese vache. El nostro paron gera Nicolò Dal Moro. In Villa soto de lu i campi li vesse dadrio de Mian, dopo gera quei de Gasparo Vignando, in fondo vesse ’a vigna».In primavera, dice Adelia, i filò nelle stalle si in-terrompevano e le ragazze, in particolare quelle da marito, si sedevano all’imbrunire su panche di-sposte sull’uscio di casa o sull’entrata ai bordi della strada, cantando e aspettando curiose il passaggio dei giovanotti, del luogo o anche provenienti dalle vicine località, che transitavano a piedi o in biciclet-ta appositamente per vedere le ragazze, cercando con qualunque motivo di allacciare una conver-sazione. Ed è così che un giovanotto, che passava dinanzi al gruppo di ragazze sedute con Adelia, chiedendo in prestito una pompa per dar aria alle ruote della sua bicicletta, sgonfiatesi, guarda caso, proprio in quel momento, divenne suo marito e, a

Felice Trevisan. (Foto Cordiale Marson).

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matrimonio avvenuto, fecero il viaggio di nozze di un solo giorno a Venezia.

Felice Trevisan invece ricorda i lavori affidati ai bambini più grandicelli prima di andare a scuola: lavare le stoviglie con la cenere sul secchiaio, accu-dire gli animali da cortile, portare il latte in latte-ria e altro. Lui spesso doveva andare a scuola – ha frequentato la quarta e quinta elementare a Pradi-pozzo – recando il piccolo bidone di latte proprio a Pradipozzo, perché la latteria a Summaga ancora non esisteva. Poco era il latte portato, in quanto la famiglia contava ben ventiquattro persone da sfa-mare, di cui venti bambini – nove, lui e i suoi fratel-li, sette i figli dello zio Toni e quattro dello zio Rico – tanto che la casa colonica del tempo fu rialzata di un piano prima e di un secondo piano dopo…«…e co vignisse casa da scuoa traverso campi da Pradi-pos se trovava ’na feta de muset cussì trasparente che se vedeva fora par fora ma ne tocava contentarse. Adesso che te pol magnar tutto quel che te vol, toca star a dieta.Jera tanta miseria e no vesse ’e scarpe, solo socui. Mi son ’ndà a cresimarme a Pradipos, me ricorde, coi sandui. Vevo sie-sete ani. Mi, me mare, me cugin Juti, jera sem-pre un par sol de sandui e se i giresse tuti.Se jera tuti, poareti e chi che veva ’a casa, anca noialtri, se ’ndava a far legne sul boscheto qua dadrio par far ’ndar la stua. Se fea fassine e se rincurava anche ’e bachete dee vigne. Le femene le fiea canego e lana ché vesse le agnee.In quel tempo tanti puareti i vegniva a dormir sua staa. Gera un vecio che el vegniva daa montagna, puaret, daa Carnia, da Claut, e no me ricorde el nome, tirando un careto con dentro i arnesi del mestier e mestoi, tajeri, un fia’ de tuto. El ne tirava el falsin, el stagnava ’e tece sbu-sae dal fogo o el tacava i maneghi roti dee pignate. El stava qua giorni e el dormiva sua staa. El passava de qua tuti i ani e dopo, co gere sposà, el ie a regaà a la Ada un tajer e un mestoo, ma el gera tanto vecio». Felice descrive dove si trovava la sua casa e preci-samente lungo la via “mussa” ora poco prima del Consorzio Agrario, stradina comunale che portava al cason de Cansian, alle baracche delle famiglie Bal-zarin, Faorlin, Nonis e che usciva sulla via Franca accanto alla casa di Caterina Mio e Attilio Milan (attuale proprietà Cremasco).Di fronte alla sua abitazione si trovava la grande casa della famiglia Piccolo di Carlo e Santa Stefanuto coi figli Luigi, Ermenegildo, Giovanni, Rosalia, Enri-co e Davide, mezzadria anche questa della famiglia

Dal Moro. «Jera la Meneghina Picul, femena del povero Davide, so mare de Lino me cugnà, de Severino e dea Ana; Gildo che el veva sposà la Lisa Biason e le tre fie: Carolina, Isuina e Gilda che i ie à dato el nome de so pare morto in guera prima che ea ’a nassa; Nadal e ’a Santa Trevisanut, che dopo i ’se ndai in Francia, con Atilio e Antonio; Gio-vanni e ’a Giudita Suchet con Ermenegildo, Vitorino e ’a Maria, Luigi e ’a Nuta, Rico e ’a Teresa».Sul retro della sua casa, addossati alla via, si trova-vano i fabbricati colonici di Antonio Pantarotto e la moglie Luigia con una “nidiata” di dieci bambini,

La casa della famiglia Zanin.

Bimbe Lisandro, fine anni Venti. Da sinistra Mariuti, Ida, Savina (la futura suor Cecilia) e la piccola Bruna.

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della famiglia Lisandro, Ida Filippi, vedova di Do-nato (morto nel 1911), con nove figli da allevare, e un po’ più in là, la numerosa famiglia Zanin.A confine con il fabbricato degli Zanin vi era un pozzo al servizio degli Zanin e dei Lisandro, men-tre il nucleo abitativo si affacciava su di un’ampia aia comune che con la strada, Via Villa, formava una piazzetta in centro della quale vi era una fonta-na per rifornire d’acqua le famiglie e il lebo grando, un abbeveratoio esterno. Era questo un punto di ritrovo per tutti, per abbeve-rare il bestiame, per lavare i piedi che nudi avevano percorso strade e campi, ed in particolare, all’imbru-nire, per le ragazze che si incontravano a chiacchie-rare e cantare. Ricorda le giovani Anna e Maria Pic-colo, le Sandri: Iduti, Bruna, Mariuti, Savina; Armida, Adelia, Bruna Zanin, Alba, Assunta, Ester e Nidia Pantarotto, Maria, Luigia, Lucia, Elia e Ida Trevisan e anche Beppina ed Elsa Sclip e Maria Milan della “casa rossa”, ora novantacinquenne.I tempi poi passarono e con l’approvvigionamento in condotta dell’acqua potabile ad ogni famiglia, i pozzi artesiani furono spenti e solo una fontanella verticale, a lato della via, gettava ancora dell’ac-qua; poi, un giorno, messa in disuso, Ennio Zanet la smontò e la portò a casa sua quale ricordo. Felice ricorda ancora che, il Venerdì Santo, il gran-de abbeveratoio veniva trasformato in altare, co-perto con la porta grande della stalla, rivestita di muschio e di suparioe, fiore campestre di stagione.

Quando passava la processione, un ragazzino de-gli Zanet faceva gracchiare el racoon.Per abbellire ed illuminare il tratto di strada le ragaz-ze della borgata disponevano i fanò comprati con la raccolta di uova offerte dalle famiglie del luogo. «Un ano daa casa dei Pantaroti a quea de Picul ven mes-so un fero e picà in meso aa strada una stea granda. Gera Ice Massignani el capo. Che bei tempi!».E a proposito di processione torna in mente a Felice Trevisan che, assieme a Mario Vignando, andava a questua di vino per le messe del parroco; viaggiava-no con un carretto, el saraban dea vecia Miana, e con so-pra una damigiana che riempivano del vino donato, mescolando indifferentemente sia bianco che rosso!Il nucleo abitato si allungava poi lungo via Risere; di fronte alla casa dove abitava la famiglia Zanin, all’interno, c’era la famiglia di Giacomo Nascimben e in fondo al gavin, a lato della “Casa Rossa”, abita-va Gaspare Vignando. «El stradon el vigniva fora sul Pramorin fin lavia dove che jera i Zanon quei de Bepi. Di fronte a noialtri stava, da ’na parte, Giovanni Milan e ’a Virginia Massignani genitori dea Maria che à sposà un de Udine e del poro Severino, Gidio e Dino, da l’altra Rico Zanon che el veva ’na vose da tenor, el cantava ’e litanie in cesa; dopo de lori gera i Bandiziol: Giuseppe so pare de Silvio, Giovanni coi so sete fioi, Antonio con sie fioi, pare de Lali che el veva un schiral e fin da fioi se ’ndava a ciapar el pesse sul Reghena, e Luigi, so pare de Ciano e i so quatro fradei. Lori no i gera soto paron, i veva ’a tera sue risere e lavia de Bortoin, un camp a paron, i ’se sempre

Le ragazze della piazzetta. In prima fila, in alto, da destra: Armida Zanin, Iduti Li-sandro, Alba Pantarotto, Mariuti Lisandro, Bruna Zanin, Adelia Zanin, Lucia Trevisan di Vittorio. In seconda fila, da sinistra: Nata-lina Lisandro, Ester Pantarotto, Ida Trevisan (figlia di Toni), Luigia Trevisan di Vittorio, Elia Trevisan. Sedute, da sinistra: Assunta Pantarotto, Maria Lisandro, Bruna Lisan-dro. I tre maschietti potrebbero essere i figli di Stefano Pantarotto e Carolina Battiston.

a pagina successiva:Un festoso “trenino” di amiche. Il primo da sinistra è Mario Massignani, la terza Erme-negilda Massignani Minusso e, a seguire, Gelinda Nosella, Gilda Piccolo Pellegrini (col vestito bianco), Dina Nosella, Guerrina Zanet Mongera, Angelina Lisandro, Maria Minusso.

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stai lì; Ice Massignani el stava lì dove che sta Bertino Mi-glioranza. Pi vanti, in parte del simitero, jera la casa dei Dal Mas e de ’à Mario Vignando, so pare dea Elda. Vissin ’a cesa, sua campagna de Joani Mian, dove che ’sè ades Bonvicini, stea a mesadria Berto Minus deto Moret».Dopo aver ricordato tutta la gente della borgata, Felice Trevisan racconta anche uno dei momenti della sua fanciullezza: rammenta quando andava a risponder Messa e dopo andava di nascosto con gli amici a raccogliere i fichi o le prugne vicino alla stalla del Parroco, dove erano sistemati una mucca e un cavallo, quest’ultimo per condurre il calesse con il quale don Pietro Marson si spostava per an-dare a visitare gli ammalati.Dalla finestra della canonica il reverendo vedeva le spericolate acrobazie sugli alberi dei ragazzini ed al-lora diceva bonariamente alla sua perpetua, la vec-chia Jija Fontanea: «Varda che i fioi no se fae mal!». La domenica si recavano tutti alla messa, vecchi e giovani; alle volte per poter vestire e decorosamente accedere in chiesa; le ragazzine per indossare il loro vestito da festa dovevano attendere il rientro della sorelle maggiori recatesi alla prima Messa, perché di questi ve ne era uno solo in famiglia. Ricorda che dopo aver partecipato ai vesperi, le ragazze si riunivano nella casa di suo cognato Lino Piccolo o nel cortile di casa per ballare con i giovanotti del luogo al suono della fisarmonica di Dante Marzi-notto. Racconta ancora quando il calore era quello delle mucche, l’acqua era solo del pozzo, la luce era

quella di una lampada a carburo e che il sapone si faceva in casa con l’olio del ricino coltivato in cam-pagna, o con i rimasugli o gli scarti del bestiame ammazzato; infatti, tutto veniva messo in un calde-rone con la soda caustica fino al disfacimento com-pleto dei componenti e poi steso su di una tavola per il raffreddamento e l’indurimento. Dopo veni-va tagliato a pezzetti, ma… l’odore era tremendo!Ricorda, inoltre, che in tempi più recenti veniva coltivato il tabacco, con l’essiccazione delle foglie di quest’ultimo appese nel solaio e numerate con il controllo della Guardia di Finanza trattandosi di prodotto di competenza del Monopolio dello Stato.Anche il girasole veniva ampiamente coltivato e dai semi di questo, ghiottoneria per i piccini, ve-niva ricavato l’olio; con i residui della lavorazione dei semi di girasole veniva fatto il sapone per tut-ti. Le donne lo usavano anche per fare la lisciva e per lavarsi… ma la scorza del girasole restava sul-la pelle e aveva un effetto pruriginoso da grattarsi fino a spellarsi…Il frantoio era di Pasquale Lisandro, usato anche da Dino Badana e Guido Zordan fino a quando fu ceduto alla famiglia Massignani, mentre Pasquale si dedicò alla sua falegnameria «dove l’è rivà da Pa-squale a imparar el mestier anche Dino Mio – che l’è vignuo fora da lì Dino – e Remigio Miglioranza, quel dea Mariuti e Giorgio Anese». (Continua).

Lucia Segato

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Prima Confessione

Domenica 22 marzo 2015 i bam-bini nati nel 2006 hanno ricevuto per la prima volta il Sacramento della Confessione e uno di loro quello del Battesimo. Sono ar-rivati a questo traguardo emo-zionati, preparati e fiduciosi che i loro “peccati” sarebbero stati tolti e promettendo di essere più disponibili verso gli altri: cercan-do di donare, perdonare e amare.Abbiamo iniziato gli incontri ad ottobre, analizzando e spiegando i segni del battesimo. Nei mesi successivi, imparando e capendo i dieci comandamenti, il confesso e i requisiti per una buona con-fessione. Il gruppo ha frequenta-to con interesse e partecipazione. I dubbi, le incertezze e le confer-

FESTE DI CATECHESIme hanno reso i nostri incontri animati ed educativi.Alla celebrazione erano presen-ti genitori e familiari. I bambini sono entrati cantando e andando a coprire un grande cuore rosso con dei cuori grigi che poi han-no tolto uno ad uno dopo esser-si confessati. A rendere ancora più emozionante la loro festa, durante la celebrazione, un loro compagno, Jacopo, ha ricevuto il Sacramento del Battesimo e l’e-mozione e la felicità di poter con-dividere questo momento era nei loro volti.Alla fine un applauso ha sciolto le loro preoccupazioni e tutti insie-me abbiamo fatto festa in oratorio.L’amore non è una pianta selvati-ca: non viene su da solo. Sponta-neamente cresce solo l’egoismo,

cioè il contrario dell’amore. Non dobbiamo aver paura di dire ai nostri ragazzi che c’è una cosa sola che fa stare veramente male, ed è non volersi bene. Questi bambini lo hanno capito, grazie all’amore di Dio, ai loro genitori e a tutte le persone che li circondano.

Diletta

Prima Comunione

Dopo mesi di preparazione, fi-nalmente per i bambini di quarta elementare, accompagnati dalle catechiste Monia e Patrizia, è ar-rivato il grande giorno e dome-nica 10 maggio hanno ricevuto il Sacramento dell’Eucarestia nella nostra Abbazia. Con le campane che suonavano a festa e con ge-

In alto, da sinistra a destra: Valentina Di Palma, Matteo Rampazzo, Simone Venier, Nicola Fava, Julian Sava, Giulia Innocente, Martina Mi-nin, Marta Bozzato, Marco Lubiato, Jacopo Ricetto. In basso, da sinistra a destra: Alessandro Trevisan, Manuel Gnan, Thomas Cusin, Marta Padovese, Margherita Pivetta, Vittoria Gaetani, Nicole Corradini, Anna Zordan, Yuri Segatto. Sopra: Diletta e don Giuseppe.

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nitori e parenti emozionati che prendevano posto sui banchi, alle 10.30 di mattina si sono mes-si tutti in fila, pronti ad entrare in Chiesa ed a ricevere il dono di Gesù nel loro cuore.Man mano che venivano chia-mati per nome dalla catechista, si sono avvicinati all’altare, de-ponendo una rosa bianca e ri-spondendo: «Eccomi!». I bimbi si sono emozionati, soprattutto al momento di ricevere l’Ostia con-sacrata, e dai loro volti traspariva tutta la felicità per aver raggiunto un traguardo così significativo.Al termine della funzione i bam-bini hanno consegnato alle ri-spettive mamme la rosa che ave-vano deposto ai piedi dell’altare.Auguriamo a tutti i nostri bimbi di portare sempre Gesù nel loro cuore e di sapersi rapportare con gli altri con lo stesso amore che Lui ha donato a noi.

Santa CresimaPellegrinaggio a Roma.Il cammino di fede continua

Il cammino spirituale costituisce il punto centrale per la formazione continua della persona cristiana.Dopo aver ricevuto il Sacramen-to della Cresima ed essere diven-tati “cristiani adulti” propongo alla fine dell’anno catechistico ai cresimandi di arricchire la loro formazione andando a Roma in udienza dal papa.La risposta positiva e l’entusia-smo dei ragazzi (Gloria, Andrea, Filippo, Giacomo, Luca, Marco, Matteo) coinvolge anche don Giuseppe e il 15 giugno alle cin-que del mattino partiamo tutti in direzione di Roma.Del viaggio tutti noi avremo un ricordo simpatico della voce di don Giuseppe che diceva «Teve-re», «Tevereee»... Eh, sì, perché

da Portogruaro a Roma sono nu-merosi i punti dove si forma il Tevere e se “per caso” qualcuno stava riposando…Finalmente dopo tanta atte-sa Roma, la città con la più alta concentrazione di beni storici e architettonici al mondo che nel 1980, insieme alle proprietà ex-traterritoriali della Santa Sede nella città e la basilica di San Pa-olo Fuori le Mura è stato inserita nella lista dei Patrimoni dell’u-manità dell’Unesco, ci accoglie.Il cuore della cristianità cattolica con tutte le sue meraviglie artisti-che, tra cui le quattro Porte Sante che verranno aperte in occasione del Giubileo della Misericordia dell’8 dicembre 2015, le Basili-che di San Paolo Fuori le Mura, di Santa Maria Maggiore, di San Giovanni in Laterano, di Santa Croce in Gerusalemme e di San Pietro, riempiono i visi trepidan-

In prima fila, da sinistra: Mattia Lazzaretto, Luca Bandiziol, Davide Ibrioli, Mattia De Filippo, Gloria Buoso, Emanuele Mut, Alberto Drigo. In seconda fila, da sinistra: Aurora Scapin, Alessia Milan, Veronica Baldo, Van Hai Simonatto, Simone Mio, Luca Simonatto, Nicola Segatto, Greta Fantinel.

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Luca Falcomer, Marco Siena, Matteo Demo, don Giuseppe, Andrea Babbo, Gloria Zamberlan, Cinzia Drigo, Susanna Flaborea, Giaco-mo Venier e Filippo Villotta.

Giacomo Venier, Andrea Babbo, Luca Falcomer, Matteo Demo, Marco Siena, Filippo Villotta, Susanna Flaborea, Gloria Zamberlan e Cinzia Drigo.

ti di curiosità dei ragazzi. La lun-ga attesa per l’udienza del papa, prima fuori dal Colonnato del Bernini e poi sotto il sole in Piaz-za San Pietro, è ricompensata dal sorriso di papa Francesco che ri-empie il cuore di tutti.Avere la possibilità di vederlo così da vicino e ascoltare la sua voce che infonde calma e sicurezza è stata un’emozione indescrivibile, il suo carisma e la sua stessa per-sona donano momenti indimenti-

cabili che rimarranno sicuramen-te impressi in ognuno di noi.Non sono mancate le occasioni per vivere la città di Roma non solo da un punto di vista cultura-le e religioso, ma anche “turisti-co” girando tra le sue vie più bel-le, utilizzando la metropolitana (prima esperienza per qualcuno del gruppo ) e visitando anche i luoghi più conosciuti e famosi al mondo come Piazza di Spagna, il Pantheon, Piazza Navona…

Don Giuseppe ha dato anche in quest’occasione ulteriore conferma della sua grande cultura, condivi-dendo il suo sapere con tutti noi.Un affettuoso plauso va ai ra-gazzi che con questa esperienza hanno aumentato la loro consa-pevolezza aggiungendo così un altro tassello di vita che li aiuterà sicuramente a consolidare la loro individualità.

Cinzia Drigo

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canti gioiosi, animati da Mauri-zio Bagnariol e Claudia Code-mo, riflessioni e preghiere. Mons. Giuseppe, nel saluto alla comu-nità, si è compiaciuto per la par-tecipazione anche di tanti genito-ri e nonni. Poi, interloquendo con i bambini sui segni e gli effetti dello Spirito Santo disceso sugli spauriti apostoli radunati nel ce-nacolo, ha invocato il dono dello Spirito sulla grande famiglia qui riunita. In quel cenacolo Gesù aveva affidato ai discepoli il se-

I giorni di ottobre scorrono uno dietro l’altro come i grani del ro-sario. Inizia con un sorriso e un abbraccio: verso gli Angeli Cu-stodi (il 2 ottobre) e, per analo-gia, verso i nonni, di cui lo stesso giorno si celebra la festa quali custodi dei nipotini e della con-tinuità familiare. Il 7 si onora la Madonna del Rosario ma, tut-to l’anno, il gruppo mariano di preghiera si riunisce in abbazia a Summaga, il secondo giovedì di ogni mese, per l’adorazione del Santissimo e la recita del San-to Rosario. Dallo scorso anno a Summaga il Gruppo Mariano si è fatto promotore di una bellis-sima iniziativa: la consacrazio-ne a Maria Santissima dei nostri bambini sin dal grembo materno fino ai giovani della seconda su-periore, delle parrocchie di Sum-maga, Pradipozzo e Lison. Il 26 ottobre, in un’abbazia stracolma di bimbi, il vescovo mons. Giu-seppe Pellegrini ha presenziato alla consacrazione, coadiuvato da padre Licinio del santuario della Madonna di Fatima, tra

GRUPPO MARIANO LA CONSACRAZIONE DEI NOSTRI BAMBINI A MARIA SANTISSIMA

gno più importante: l’Eucarestia. Il vescovo Giuseppe, dopo aver esposto all’adorazione il Santissi-mo, ha percorso la navata impar-tendo la benedizione in forma so-lenne accompagnato da canti e in un raccoglimento quasi mistico. Toccante è stata la Consacrazio-ne a Maria Santissima dei nostri bambini: «O Maria Madre mia io mi dono e mi consacro inte-ramente a Te…». Questo l’inizio della preghiera di consacrazione recitata comunitariamente cui ha fatto seguito il dono di un cuori-cino per i più piccini, un rosario a forma di braccialetto e la me-daglia miracolosa della Madon-na di Labourè ai più grandicelli, perché la devozione a Maria, at-traverso il Santo Rosario, è la via più sicura per arrivare a Gesù. Il vescovo alla fine della cerimonia ha affidato a tutti i bambini l’im-pegno di ricambiare il dono alla Madonna: la recita alla sera di tre Ave Maria, come gli aveva inse-gnato la sua mamma.

G.B.

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7 giugno 2015

Ed ecco… carissimi Marco ed Helena, ora è giunto il momento di volare liberi e librarvi felici nell’aria e noi, fieri ed orgogliosi, sappiamo di aver assolto, fin qui, il nostro compito di genitori, anche se saremo sempre presenti e disponibili in qualsiasi momento voi ne abbiate bisogno.Il vostro divenire oggi sposi, è stato un incontro di cuori, un incontro vissuto nella profondità, deside-rato, ricercato…Continuate ad amarvi ora e sempre con cuore sa-piente, un cuore che sa rispettare, che può anche sbagliare, ma che ha il coraggio di cercare la verità e,soprattutto, è capace di perdonare!Non rinunciate mai all’iniziativa del dono e del per-dono verso l’altro.Camminate uniti, mano nella mano, verso le piccole e grandi scelte della vita!Vivete intensamente questa esperienza, affinché tut-ti gli impegni, i sacrifici quotidiani, tutti i vostri pro-getti diventino “un canto alla vita e all’amore”.

Augurandovi di trovare ogni giorno la capacità di innamorarvi di nuovo, vi abbracciamo forte forte.

Un bacioMAMMA E PAPÀ

Anna e GiorgioAnita e Stelvio

Il giorno più bello 1

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1. Marco Nosella e Helena Empolini. Si sono sposati a Summaga il 7 giugno 2015.

2. Emanuel Zanot e Denise Buzzarello. Si sono sposati a Summaga il 29 agosto 2015.

3. Giulia Miglioranza e Morris John Carr, sposi a Portogruaro il 4 luglio 2015.

4. Mauro Martin e Federica Oliva si sono sposati a Summaga il 22 agosto 2015.

5. Elisa Leandrin e Diego Santaliana. Si sono sposati il 29 agosto 2015 nella chiesetta di Santa Petronilla a Savorgnano.

6. Vincenzo Apuzzo e Sara Stefanuto. Si sono sposati a Fossalta il 29 agosto 2015.

7. Alessandro Zeppi e Silenia Zoccolan. Si sono sposati a Summa-ga il 18 luglio 2015. (Foto Igor Lucchetta).

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“FESTA DELLA FAMIGLIA”

I summaghesi che nel 2015 hanno festeggiato i 70 anni.

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Nozze d’argento per Andrea Sartori e Diletta / Roberto Falcomer e Lisetta. Quarant’anni di vita insieme...

ANNIVERSARI25°

Nozze d’oro

50°

40°

65 anni insieme per Bruno Trevisan e Santa Drigo.

65°60°

Nozze di diamante per Guglielmo Pegoraro e Amalia Bandiziol.

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per due prove alla settimana, è un volontariato al quale tutti vi possono partecipare per cantare le lodi al Signore.Quest’anno la vacanza ha visto protagonista la ridente Val Tra-montina, l’aria pura, il suo clima, le sue montagne: luoghi ritem-pranti nel corpo e nello spirito, un rilassante meditativo riposo.Brevi gite tra il verde delle rinoma-

te località: il Monte Rest dalla par-te ampezzana con i suoi 1050 metri sul livello del mare; Pradis di Sotto e le sue famose Grotte, una visione che ti lascia perplesso da quanto sono belle con accanto l’ubriacante discesa all’Orrido, strapiombante in un labirinto di rocce, una gola di montagna stretta e profonda, qua-si paurosa. Bellissime le borgate e i piccoli centri con stradine che si in-tersecano in vialetti con pavimen-tazione a sassi spezzati, case linde e davanzali di gerani multicolori che creano visioni gioiose. Gra-ditissima e inaspettata la visita di don Giuseppe e mons. Umberto.Grandiosa la briscolata con tutti partecipanti alla sfida finale! Una gara all’ultimo spasimo e con fior di campioni che si spacciavano imbattibili in una lotta all’ultimo sangue… Invece, dopo le tante partite e “dure lotte”, l’ha spun-tata Gigliana in coppia con Juti; musi duri, musi lunghi dei con-siderati campioni. Per la cronaca dirò che la gentile Signora vinci-trice non sapeva fare i motti del gioco ed il compagno di cordata si è trovato spaesato, però lei ave-va carichi e briscole da far tremare i polsi ad ogni campione. Onore alla vincitrice Gigliana. Dalla co-lazione al pranzo e cena, le nostre brave e volenterose donne hanno preparato di tutto e di più (altro che albergo a cinque stelle), così che ognuno è rientrato a casa sicu-ramente con qualche chilo in più.Grazie a tutto il gruppo, perché sa rendere sempre più bello il desiderio dello stare assieme, un grazie a chi si è adoperato per la sua realizzazione e alle persone che in maniere diverse contribui-scono con generosità.

Juti

Viaggiare insieme

Il Coro Ermens a Tramonti

Come già da alcuni anni, ospiti nella “Casa-Albergo” di Tramon-ti di Sotto, i componenti del grup-po corale, con relativi consorti, si sono presi un breve soggiorno di meritata vacanza nell’ultima settimana di agosto. La prepa-razione del coro per tutte le fe-stività dell’anno è quasi annuale

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tanti, il numero degli studenti è di circa 60.000. Ci inoltriamo quindi ad esplorare la città. Troviamo il triplo ponte, Tronostovje, il più noto, e di seguito il Ponte dei Macellai, il Ponte del Drago ed il Mercato all’Aperto.Percorrendo la via centrale della città, il centro storico, troviamo tre piazzette: la prima è la Mestni, con l’edificio del municipio quattro-centesco e la fontana chiamata dei Tre Fiumi; la seconda è Piazza Sta-ri, con alla sua destra il Ponte dei Calzolai; più avanti Piazza Gornj, con la chiesa di San Flaviano.Visitiamo poi la Cattedrale di San Nicola. Da lontano intravediamo il castello. Le origini della struttu-ra sono del XII secolo. Nel tempo, il castello è stato adibito a vari usi, anche come prigione: uno dei suoi carcerati fu lo scrittore e patriota italiano Silvio Pellico.Pranziamo in un ristorante sito nei sotterranei di un ex convento delle suore orsoline. Nel pome-

riggio, la nostra guida ci porta a vedere il castello di Prediana. Usciamo dall’autostrada a Po-stumia, lasciando alla nostra sinistra le famose grotte. Attra-versiamo per nove chilometri un paesaggio Carsico e arriviamo nel piazzale del castello. Si sup-pone che sia del XII secolo e che il residente più famoso sia stato un certo Erasmo. È lunga la sto-ria o la leggenda di questo Era-smo, e per conoscerla è opportu-no visitare il castello. Rientrando in Italia, andiamo a vedere le foci del fiume Timavo, che dopo cir-ca quaranta chilometri sotto il Carso sbocca nel mare Adriatico presso Trieste.Facciamo il solito spuntino se-rale, durante il quale brindiamo per il compleanno di Juti Barbon, facendo saltare i tappi dalle bot-tiglie di vino spumante.Ciao, alla prossima.

Le organizzatrici

Una gita a Lubiana

Ljubljana (Lubiana) è la città che le organizzatrici, “Signore del Mercatino”, oggi 19 aprile 2015, ci vogliono far conoscere. Partenza, come al solito, all’alba. A Trieste troviamo la nostra guida, Valen-tina, e con lei oltrepassiamo il confine, inoltrandoci nel territorio della Slovenia. Strada facendo Va-lentina ci racconta un po’ la storia di questa Nazione. Durante il per-corso incontriamo gli alberi rovi-nati dal freddo dell’inverno 2013-2014 (sembrano bruciati) e la neve caduta il giorno prima. Arriviamo con il pulman ai limiti della città, da dove dobbiamo proseguire a piedi. La prima tappa è un grande piazzale, dove si erigono gli edi-fici che ospitano l’Università ed il Conservatorio di Musica. Lubiana è una città universitaria, con mol-ti Istituti rinomati, che ospitano ogni anno illustri scienziati. Su una popolazione di 280.000 abi-

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Il sabato era dedicato alle con-fessioni e dopo una bella doccia tutti a prepararsi le valigie per tornare a casa.La domenica sono arrivati i geni-tori e dopo aver partecipato tutti assieme alla Santa Messa abbiamo pranzato e subito dopo abbiamo fatto la recita e i balletti. Tra giochi, balli e prove per lo spettacolo finale con tema Biancaneve e i sette nani la settimana è passata velocemente.Dobbiamo ringraziare per tutto questo don Umberto, le nostre cuoche Argentina e Ines che ogni giorno con molto impegno ci pre-paravano cose squisite. Gli aiutan-ti Luigino, Ferruccio e Elio e so-prattutto Maristella senza la quale tutto questo non poteva succedere.Infine gli animatori: Carolina, Elisabetta, Carolina, Morgan, Federica, Roberta, Alessandro, Emanuele e Giulia, che per mesi hanno programmato tutta la set-timana, e ci hanno aiutato a colla-borare fra noi.

Giulia: è stata la settimana più fantastica e meravigliosa di sem-pre. Mi è mancata tantissimo la mia famiglia e i miei amici a casa.Anna: andare per la prima volta in montagna è stata un’esperien-za favolosa. Ho conosciuto nuovi

amici, ho cambiato aria, ho fatto lunghe passeggiate lungo le vie del paese e per i sentieri alberati.Thomas: grazie al contributo di Maristella abbiamo avuto uno spettacolo di meraviglie e con delle bravissime animatrici.Margherita: la cosa che mi è pia-ciuta di più è stato il gioco in cui si doveva indovinare gli ingre-dienti di quattro bevande disgu-stose.Jacopo: è stata una bella settima-na in montagna, mi sono piaciute le passeggiate al torrente e i gio-chi fatti tutti insieme. Un grazie agli animatori per il loro impe-gno nel farci divertire.Tutti: ci rivedremo sicuramente il prossimo anno perché è stata una settimana stupenda e indi-menticabile.

Anna, Giulia, Margherita, Jacopo, Thomas

(Classe 3a Elementare)

Il Coro Le Rondinellecon Biancaneve e i sette nani

Finalmente quest’anno anche noi abbiamo potuto partecipare con il coro Le Rondinelle e siamo stati una settimana in montagna a Tra-monti di Sotto, dal 21 al 28 giugno.Quando siamo arrivati, vedere tut-ti quei monti e quegli animali è sta-to impressionante, abbiamo visto la casa, le camere, insomma, tutto era stupendo e meraviglioso.Alla mattina gli animatori ci sve-gliavano con la musica e quando Maristella diceva: «Siete pronti?», tutti giù a fare colazione insieme e dopo facevi i giochi divertenti e divisi in squadre, c’erano: i verdi, i rossi e i rosa.Il mercoledì abbiamo fatto una camminata fino al torrente percor-rendo un sentiero tra alberi e in-contrando delle capre e dopo sia-mo ritornati indietro percorrendo la strada di Tramonti di Mezzo.

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Gli Anzolin dal Canada

La signora Maria Marra ha ri-sposto con entusiasmo all’invi-to rivolto ai nostri emigranti di raccontarci la propria storia e di parlarci del paese in cui si sono trasferiti. Ci scrive dal Canada la moglie di Vittorio Anzolin, summaghese dal grande cuore che non poteva stare lontano a lungo dall’Italia e per questo ritornava spesso a trovare parenti e amici (nel 2009 è venuto a mancare ad 83 anni). Ci spiega che la famiglia Anzo-lin è strettamente legata alla fa-miglia Rossi: il marito Vittorio era, infatti, figlio di Giuseppe e Giacomina Rossi, sorella di

Ruggero; l’altro figlio era Ange-lo, conosciuto dai Summaghesi come Angiin, il quale, negli anni Sessanta, aiutava lo zio Ruggero in bottega, dopo che la famiglia aveva ceduto la propria attività (poi nota come alimentari Gonel-la). Nel 1955 Angelo da Summa-ga andò ad abitare a San Nicolò, mentre Vittorio, poco prima del-la chiusura, emigrò a Windsor, in Ontario, pensando di iniziare una nuova vita come commer-ciante professionista. Arrivato in Canada, andò ospite in casa della famiglia Zanet che sappiamo ben inserita in quel contesto (vedasi vecchi «Qui Summaga»); ha stretto amicizia con molti altri connazionali ed

è diventato membro fondatore dei Veneti nel Mondo. Grazie al diploma conseguito al Berna di Mestre, entrò in un’importante industria meccanica, la Windsor Tool & Die e, diventato capore-parto, stimato e apprezzato, vi rimase per ben 34 anni. Era un uomo generoso, sempre pronto ad aiutare gli altri, a risolvere problemi e a superare le difficol-tà, la mano tesa e il sorriso sulle labbra. A Windsor ha conosciuto Maria, una bella e simpatica ragazza ca-labrese da cui ha avuto tre figli: una femmina, Susy, e due ma-schi, Roger e Renzo, ambedue atleti, giocatori nella nazionale di hockey su ghiaccio. Susan, lau-

Uno skyline di Windsor.

UNA FINESTRA SUL MONDO

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reatasi all’University of Windsor in politica e finanza, educata alla solidarietà e giustizia sociale, si è occupata per molto tempo dei nativi americani lavorando al Di-partimento per gli Affari Indiani del Canada. Attualmente occupa un posto molto elevato e prestigioso nel-la pubblica amministrazione, è Chief Financial Officer in Cor-porate Services Branch della Fe-deral Economic Development Agency for Southern Ontario, capo esecutivo dell’Agenzia Fe-derale per lo Sviluppo Econo-mico del Sud Ontario: stanzia i miliardi per i piani quinquennali dello sviluppo!

L’emigrazione in Canada

Durante il XX secolo si sono regi-strate in Canada due forti ondate migratorie provenienti prevalen-

temente dall’Europa. La prima di queste ebbe il suo picco fra il 1910 e il 1913, la seconda fra il 1950 e il 1957 (gli emigrati ita-liani registrati furono 3941). Ciò contribuì a rendere il Canada un paese fortemente multiculturale, con una sostanziale fetta della popolazione non di lingua ingle-se o francese. Quando arrivò Vittorio, vigeva-no norme restrittive per ridurre l’immigrazione; si chiedeva all’e-migrato il permesso di lavoro e il certificato di buona salute, men-tre l’entrata era regolata per quo-te, tuttavia i controlli si attenua-vano con più rapidità che negli Stati Uniti. Vittorio approdò a Windsor, una città che oggi conta più di 250.000 abitanti, a sud del Canada, situa-ta di fronte a Detroit e legata a questa per l’industria meccanica. Lì vivevano molti italiani che si incontravano nei vari club, man-

Giacomina Rossi con il marito Vittorio, la nuora e il figlio Angelo.

sotto:

1958. Vittorio Anzolin e Maria Marra, in at-tesa del primogenito Roger, posano davanti alla loro prima nuovissima Ford Fairlane.

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a destra:

Maria e Vittorio, al centro della foto, scatta-ta da Angelo, in casa di Giannina (a destra) moglie di Mario Rossi. In loro compagnia Nella Anzolin, Carmina e Mario Marcolin.

tenendo viva l’identità nazionale e combattendo in qualche modo la nostalgia per la propria terra. A Windsor c’era e c’è ancora una via, Eire street, soprannominata little Italy, dove abitano tutti italiani, molti di questi, i più anziani, non parlano inglese, ma si spiegano ancora nella “lingua madre”, talvolta da intendersi come “dialetto regionale.”

La vita sociale

Vittorio, partito dall’Italia in cerca di fortuna, ha trovato ad accoglierlo un paese molto ospi-tale, laborioso e sicuro; i Cana-desi sono, infatti, persone ge-nerose e disponibili, ma anche molto disciplinate e si aspetta-no che tutti si comportino bene: l’evasione fiscale è quasi nulla e il tasso di criminalità molto

basso tanto che molti lasciano ancora le porte delle case aper-te… il senso civico della popo-lazione permette che ci sia un numero ridotto di poliziotti a presidio del territorio. Le leggi per regolare la vita so-ciale ed economica sono poche, chiare ed efficaci, tuttavia chi non le rispetta viene punito mol-

to severamente, con pena certa! La burocrazia è molto ridotta e, presentando un semplice tesse-rino che racchiude tutte le infor-mazioni personali, il cittadino in poco tempo svolge qualsiasi pratica, senza presentare altra documentazione. In questo stato multietnico, il cli-ma sociale è molto sereno e tran-

Il matrimonio di Giuseppe Anzolin e Giacomina Rossi celebrato dal parroco don Pietro Marson il 1º settembre 1920. (Archivio parroc-chiale Summaga).

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quillo: sono presenti tante etnie e tutte le religioni, e ogni persona frequenta indisturbata il proprio tempio. Il canadese incontra gli amici nel proprio club, infatti la vita sociale si svolge soprattutto in ambienti chiusi a causa del freddo; i soci si fermano spesso a mangiare in-sieme, il caro vita, infatti, è basso

e si può con pochi dollari man-giare pesce, ostriche, gamberoni, provenienti dal Giappone e dal Pacifico. Oltre alla coesistenza pacifica, basata sulla giustizia sociale, altri grandi valori condivisi da tutta la popolazione sono l’amore e la cura per l’ambiente. L’ecologia è molto considerata e lo Stato

impegna molte risorse per man-tenere e migliorare la situazione dell’acqua, dell’aria e del terreno, in particolare combatte l’inqui-namento e premia l’agricoltura biologica.

Windsor, Ontario

Windsor si erge a 251 mt sul livel-lo del mare, situata sulle rive del fiume Detroit, immediatamente a sud della città statunitense di Detroit; ha una densità di 1794,97 ab./km². È uno dei principali centri di produzione automobili-stica del Canada, con stabilimen-ti della Chrysler, Ford e General Motors. Sono presenti inoltre alcune case farmaceutiche e la distilleria del whisky Canadian Club (che ora appartiene alla Per-nod Ricard). Windsor appartiene alla provincia dell’Ontario, una

Susan Anzolin interviene alla 2013 Economic Revitalization Conference. Building Rural Resil-ience through Innovation & Entrepreneurship (video youtube).

In questa foto, scattata al matrimonio della nipote di Maria Marra, c’è tutta la famiglia di Vittorio Anzolin: a fianco dello sposo si vedono Maria Marra, Vittorio, Renzo e Susan Anzolin. Dalla parte della sposa, dietro la donna più vecchia, c’è Roger Anzolin e, seduta sull’erba, la figlia di Roger, Melissa Anzolin.

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Don Vitaliano Papais, missionario per

gli emigrati in Canada,St. Patrich’s Church, 11873 the Gore road,

Bramplton L6 POB2, Ont Canada

Tel. 0019057940486 Fax 0019057941659

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nella foto sopra:

Rio Anzolin durante una partita di hockey. (DAN JANISSE/The Windsor Star).

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delle dieci province del Canada, la più popolosa del paese (circa un terzo dei canadesi vive in On-tario). In questa provincia si tro-vano sia la più grande città del Canada, Toronto, che Ottawa, la capitale. L’Ontario produce oltre un terzo del reddito totale cana-dese, e il suo PIL pro capite è uno dei più alti del mondo. La sua economia poggia principalmente sull’industria, in particolare au-tomobili, ferro, acciaio, nonché sull’alta tecnologia, soprattutto ad Ottawa e Waterloo. È estrema-mente rilevante anche l’apporto economico dei settori idroelettri-co e minerario. In Ontario ci sono anche molte industrie alimentari italiane che producono formaggi, prosciutti e anche vino; l’Ontario viene chiamato anche “granaio del Canada” per la produzione di cereali.

L.M.

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MINUSSO DAY 2015 Passate da qualche settimana le festività Natalizie, le nipoti Mi-nusso propongono un “raduno” plurifamigliare in terra natale: Summaga. Infatti, la famiglia Minusso emi-grò negli anni Cinquanta, una parte nel Varesotto e una seconda nella provincia di Udine, ma con l’amore sempre vivo nel cuore per il proprio paese! L’organizzare questo raduno de-nominato “Minusso Day Special Edition”, non è stato certo una passeggiata, ma con il giusto aggancio, quale il signor Idillio

Buoso, e i suoi valorosi consigli, siamo riusciti a preparare una giornata che difficilmente di-menticheremo.Partiti da Caronno Varesino pri-ma dell’alba di domenica 31 maggio, siamo arrivati puntuali per la S. Messa delle 10.30.Un’accoglienza emozionante, gra-zie a don Giuseppe, che con le sue parole ci invita a restare uniti e a condividere ancora giornate come queste, magari con le gambe sot-to il tavolo e in compagnia di un buon bicchiere di vino.Terminata la Messa, facciamo

tappa alla latteria che in via del tutto eccezionale apre i battenti un’oretta, per noi!!!! Gratitudine infinita!Visita in cimitero per ricordare i nostri cari, fra questi Cesare e Ca-tina (ricordata come brava artigia-na che cuciva coperte imbottite), pranzo all’Agriturismo Cà Mene-go (don Giuseppe non aveva tor-to, seduti a tavola si ragiona me-glio... e non parliamo del vino...!!).Al termine del pranzo, visita ad una cantina e ai suoi vigneti per degustare e acquistare del buon vino. Ore 18, partenza verso casa... Grazie Summaga per aver accolto con gioia trentacinque persone che hanno radici profon-de nella tua terra!

Disegno di Aldo Vignando

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La nostra storia

La nostra famiglia, i Minusso, co-nosciuti anche come Moret/Mo-retto (da quando Giacomo Mi-nusso, proveniente da Frattina, il 19 novembre 1847 sposò Tere-sa Moret/Moretto di Summaga), abitava nella grande casa colo-nica vicino alla chiesa; una vi-gna separava la nostra casa dalla canonica e anche oggi esiste una vigna nello stesso posto… Nei tempi che furono si lavo-rava la terra, si faticava molto e si guadagnava poco: era quella un’economia di sussistenza in cui l’obiettivo principale era so-pravvivere, in particolare duran-te la guerra, quando i ragazzi e gli uomini erano stati chiamati alle armi e le donne con i bam-

bini piccoli lavoravano i campi e si occupavano di “tirare avanti la baracca”.Terminato il secondo conflitto mondiale, in tutt’Italia si verificò una forte emigrazione e anche molti summaghesi se ne andaro-no in cerca di fortuna, fra questi alcuni parenti che giunsero nel Varesotto. Io, Maria, la prima di sette figli di Giuseppe Minusso e Gemma Zucchetto, sono partita dal mio paese natale nel 1950, avevo di-ciotto anni. Dovevo venire in Lombardia, a Caronno Varesino, ad aiutare mia zia Natalia, sorella di mio papà, perché aveva bam-bini in tenera età (miei cugini), ed aveva problemi di salute. Lasciai il mio paese e la mia fa-miglia con un certo entusiasmo,

La promessa di matrimonio di Giuseppe Minusso a Teresa Falcomer, 10 agosto 1878. (Archivio parrocchiale Summaga).

sotto:

Tranquilla Valerio, moglie di Antonio Mi-nusso di Enrico.

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Natalia e Tarcisio Minusso. (Foto Cordiale Marson).

sognando di trovare un paese accogliente in cui crearmi un futuro e così fu: a vent’anni mi sposai e mi feci una bella fami-glia. Subito dopo si trasferirono in zona anche i miei zii Nino, Attilio, Maria, Tarcisio, Vittorio (che aveva sposato Ermenegilda Massignani). Nel 1956 arrivarono a Caron-no Varesino anche i miei fra-telli con i miei genitori e dopo qualche anno ci raggiunsero anche i miei nonni: Antonio e Angela (Milan). Mio zio Luigi, invece, da Summaga si è spostato verso Udine, a Pasiano di Prato, mentre l’u-nico a restare a Summaga è stato mio zio Berto, che fu per molti anni segretario, aiuto-casaro della mitica Latteria di Summaga e apprezzato collaboratore della Parrocchia.In Lombardia la trasfor-

mazione industriale e lo svilup-po economico si imposero prima che nel Veneto e così tutti abbia-mo trovato da lavorare subito e ci siamo sistemati bene. Ora siamo un po’ sparsi nella provincia di Varese, ma sempre vicini col cuore, come continu-iamo ad essere legati al paese in cui abbiamo trascorso la nostra infanzia e prima gioventù.

Gemma Mentasti

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Correva l’anno 1926. A Mi-lano un giovane medico, 31 anni, fu chiamato al capez-zale di una partoriente. Era un parto difficile, una gros-

sa emorragia era in corso. Vittorio Formentano, fiorentino, uno dei pochi ematologi all’epoca, uno studio privato in Via Moscova n. 18, capì che senza una trasfusione di sangue avrebbe potuto salvare solo la nascitura. Donatori quella notte? Macché! Esistevano solo datori a pagamento, profumato pa-gamento. Il “cachet” si aggirava intorno alle 8-900 lire dell’e-poca. Mica poco, se con uno stipendio di sole “1000 lire al mese” ci si considerava già ricchi. A quell’o-ra poi… e con quali soldi? Quelli di una modesta famiglia di operai? Una donna morì. Una bimba nacque. Assieme a quella bimba nacque un’idea. O, meglio, un ideale. Ed un uomo, un medico di quelli “veri”, ne ebbe la vita segnata. Assieme a lui, in seguito, molti altri. Pochi mesi dopo dal «Secolo Sera» viene pubblica-to un annuncio economico a pagamento: si cercano “donatori volontari di sangue”. Se ne presentano in

17 nello studio del Dottor Formentano: una donna e 16 uomini. Era il 27 maggio del 1927. Il piccolo sodalizio milanese, prima di darsi uno statuto (ci vorranno un paio d’anni), si dota di un vero e pro-prio “codice d’onore”. Il motto è “Charitas Usque

AVIS: SEMPRE, OVUNQUE, SUBITO

25 settembre 1955. L’uscita dalla messa il giorno della costituzione ufficiale della sezione Avis di Portogruaro. In prima fila, da sini-stra, si riconoscono il sindaco Perrero, il presidente della sezione Armando Furlanis, la madrina Marta Marzotto e l’alfiere Rino Mi-lanese. (La foto è tratta dal libro Avis Portogruaro. Cinquant’anni di storia (1954-2005) di I. Rosa Pellegrini e U. Perissinotto).

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ad Sanguinem” (carità fino al sangue). Dieci anni dopo, nel 1937, i “comitati Avis” provinciali sono già settanta.È nell’autunno del 1954 che si costituisce a Porto-gruaro il primo gruppo organizzato di donatori di sangue, affidando la direzione tecnica di questa importante branchia ospedaliera al dr. Valentino Moro, trevigiano, classe 1926, che cura anche le analisi del Laboratorio ricerche cliniche.L’Avis che nasce nel 1954 grazie a un benefattore il-luminato, il comm. Armando Furlanis, ufficializza la sua valenza di sezione comunale il 25 settembre 1955 e, nel dicembre dello stesso anno, a condur-re il Centro Trasfusionale presso l’Ospedale Civile San Tommaso dei Battuti è chiamato ufficialmente, in qualità di Direttore Sanitario, il dottor Valentino Moro. Da questo momento in poi la neonata Avis dispiegherà tutte le sue potenzialità dando vita a sezioni di paese, a gruppi di frazione, di quartiere e aziendali, a significare il suo progressivo radica-mento nella società.La piccola “famiglia” del 1927 si è moltiplicata, ma i principi basilari dell’organizzazione sono rimasti immutati, come gli ideali umanitari del fondatore. Oggi è una grande realtà dell’associazionismo alle prese con nuove sfide e orizzonti. Ma guardando indietro, si scorge il sorriso di quanti, a partire da Formentano e Moro, vedono in questo futuro mai immaginato un grande obiettivo raggiunto con la stessa certezza di sempre: il dono volontario, ano-nimo e gratuito, Sempre Ovunque e Subito.

Gita Avis

Nei giorni del centenario della dichiarazione dell’i-nutile strage, come la chiamava Papa Benedetto XV, dei settant’anni dalla fine del secondo conflit-to mondiale e i venti della guerra Jugoslava degli anni Novanta, alcuni avisini vivranno quelle date e avvenimenti in terra slava.Il mondo slavo è una strana parte d’Europa, fatto di molte lingue che tuttavia si capiscono tra loro, di fiumi e valli, pianure e montagne. Noi li chiamiamo Balcani, ma la terra degli slavi del sud si chiama Cro-azia, Bosnia Erzegovina, Serbia, ed è la meta scelta dall’Avis comunale per il tour del 18-21 giugno 2015.Saranno a Zagabria, alle pendici della Medvedni-ca, sulle terrazze scavate dagli affluenti della Sava a formare la città alta medievale (Gornij Grad) e il cosiddetto capitolo (Kaptol), cioè la città fortificata ecclesiastica.Capitale della Croazia dall’atmosfera accogliente, pulita e solennemente austro-ungarica è ricca di palazzi decorati ed eleganti, boutique alla moda, gallerie d’arte e caffè di sapore viennese e orientale.Saranno a Belgrado – Serbia, metropoli di quasi due milioni di abitanti, la Beograd di Tito e dei pa-

La fortezza di Belgrado.

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lazzoni sventrati dai bombardamenti della NATO. Posta alla confluenza del fiume Sava nel Danubio, da secoli si identifica con la sua fortezza, il Kale-megdan, che campeggia nel simbolo della città. Nel centro storico tutto risale XVII secolo, compre-si i cancelli medievali, le chiese ortodosse, le tombe musulmane e i bagni turchi, così come risalta, nel parco di Kalemegdan, mastodontico, un cannone italiano del ’15-’18.Saranno a Sarajevo, in Bosnia, sul ponte Latino, luogo dell’attentato all’arciduca ereditario d’Au-stria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, epi-sodio che fu la causa immediata della prima guerra mondiale.Affascinante città immersa nelle montagne, la “Gerusalemme dei Balcani” è un crogiuolo di stra-dine e viuzze, ideale punto d’incontro tra Orien-te e Occidente. Terra di minareti e moschee, di sinagoghe, chiese ortodosse e cattoliche, come la Cattedrale del Sacro Cuore, simbolo dell’assedio di Sarajevo nelle guerre balcaniche degli anni No-vanta. Le lapidi che spiccano sulle colline adibite a cimiteri, tanto cristiani quanto islamici, non la-sciano indifferenti. I popoli dei Balcani sono dav-vero una strana parte d’Europa. Difficile stabilire

un confine etnico-culturale, solo le guerre ci pro-vano, ma poi riaffiora sempre una sola umanità capace di uno scambio culturale e sociale più forte di ogni barriera, anche militare. È l’auspicio di un popolo silenzioso nella solida-rietà, ma testimone di una generosità senza limiti: quello dell’Avis.

Zagabria, Piazza Kaptol. La fontana conosciuta come colonna di Maria.

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Quest’anno ricorre il centenario dell’entrata in guerra dell’Ita-lia nel primo conflitto mondiale. Non ci sono più testimoni viventi fra i nostri anziani, ma nelle no-stre famiglie permangono, se non ferite ancora aperte, ricordi dolo-rosi relativi a nonni, bisnonni, zii che hanno partecipato al grande conflitto.

“La Grande guerra” ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazio-ne di guerra dell’Impero austro-ungarico al Regno di Serbia, dopo l’assassinio dell’arciduca France-sco Ferdinando d’Asburgo-Este, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sa-rajevo, e si concluse oltre quattro anni dopo, l’11 novembre 1918.A causa del gioco di alleanze

formatesi negli ultimi decenni dell’Ottocento, la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali in due blocchi contrap-posti: da una parte gli Imperi centrali (Germania, Impero au-stro-ungarico, Impero ottomano) e (dal 1915) la Bulgaria, dall’altra gli Alleati rappresentati princi-palmente da Francia, Regno Uni-

Cent’anni fa la Grande guerra

Alcuni summaghesi presenti nel pannello commemorativo dei caduti di Portogruaro. L’ultimo caduto, senza nome, è Luigi Minusso, mor-to in prigionia. (Da Portogruaro e la Grande Guerra. Memorie del conflitto 1918-2008, catalogo della mostra a cura di U. Perissinotto, I. Rosa Pellegrini, R. Sandron, Portogruaro 2008).

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to, Impero russo e successiva-mente l’Italia. Come sappiamo, l’Italia rimase neutrale per alcuni mesi, ma il 23 maggio 1915, sotto la spinta degli interventisti, di-chiarò guerra all’Austria-Unghe-ria. Le operazioni belliche inizia-rono il giorno dopo, il 24 maggio: il fronte di contatto tra i due eser-citi si snodò lungo le frontiere al-pine e la regione del Carso.

I nostri ragazzi lasciarono le pro-prie case per andare a combatte-re; molti di loro non fecero più ritorno:

Antonio Bandiziol di Sante, sol-dato 47º reg. fanteria, n. a Porto-gruaro il 10 aprile 1885, disperso il 6 agosto 1916 sul Monte San Michele in combattimento. Giun-gero in paese notizie contraddit-torie sulla sua morte, si disse che era caduto il 1º novembre 1916 a Hudi Log, sul Carso, dove fu sepolto, poi l’atto di morte fu an-nullato dal Comune perché risul-tava prigioniero di guerra viven-te in Austria nel 1917. Il parroco annotò nel libro dei morti: «ca-duto sul campo dell’onore lasciò moglie con cinque bambini».Giuseppe Bandiziol di Luigi, soldato 71º reg. fanteria n. a Por-togruaro il 19 novembre 1885, m. il 22 gennaio 1919 a Venezia per malattia.Luigi Benvenuto di Antonio, sol-dato 273º reg. fanteria, n. a Sesto al Reghena il 10 gennaio 1886, m. il 2 giugno 1918 (secondo altre fonti il 2 settembre 1918) in pri-gionia a Klagenfurt in Austria. Lasciò quattro bambini.Luigi Bon di Sante, caporale 62º reg. fanteria, n. a Portogruaro il 6 dicembre 1895, m. il 3 agosto 1916 nella 37ª sezione di sanità

per ferite riportate in combatti-mento. Colpito da arma da fuoco nella regione toracica sinistra, fu sepolto ad Ala (Tn). «Pace all’a-nima sua» annotò il parroco nel registrarne la morte.Antonio Bozza di Marco, soldato 418ª centuria 9º genio, n. a Por-togruaro il 12 giugno 1880, m. il 3 ottobre (secondo altre fonti il 6 ottobre) 1916 nell’ospedale mili-tare di Vicenza per malattia. Era ammogliato con Luigia Bozza.Luigi Bozza di Carlo, soldato 71º reg. fanteria, n. a Portogruaro il 13 novembre 1894, m. il 30 giu-gno 1915 sul monte Maggio per ferite riportate in combattimento. Colpito da palla di shrapnel alla testa, fu sepolto al passo della Vena di Sotto, Sella Milignone, sull’altipiano di Tonezza.Antonio Bravo fu Antonio, sol-dato 15º reg. bersaglieri, n. a Por-togruaro il 25 giugno 1883, m. il 3 marzo 1918 in prigionia per ma-lattia. Scrisse il parroco: «È morto in Austria prigioniero si crede per esaurimento. Lasciò moglie con quattro bambini».Enrico Canciani, non presente nell’Albo d’Oro, né nei registri parrocchiali, non sono state tro-vate per il momento ulteriori no-tizie su questo Caduto.Bonaventura Dazzan di Giusep-pe, soldato 41º reg. fanteria, n. a Portogruaro il 2 settembre 1895, m. il 14 settembre 1915 in segui-to a ferite riportate nel combatti-mento del 15 agosto nell’ospeda-le militare di Treviglio.

Giovanni De Bortoli di Pasqua-le, soldato 83º reg. fanteria, n. a Portogruaro il 14 luglio 1883, m. il 4 luglio 1916 in Val Sugana per ferite riportate in combattimento. «Sepolto sul campo a Puina Gu-netta». Ammogliato con Virginia Piasentier. «È caduto combatten-do, pace all’anima sua».Ilario Dominici, di ignoti, te-nutario Giacomo Gradulato, soldato 42º reg. fanteria, n. il 14 gennaio 1894 a Gaiarine, m. il 25 settembre 1916 nella 31ª sezione di sanità per ferite riportate in combattimento.Giuseppe Drigo di Sante, soldato 2º reg. granatieri, n. a Portogruaro il 25 marzo 1894, m. il 17 ottobre 1916 in prigionia per malattia.Pietro Drigo di Luigi, soldato 10º reg. fanteria, n. a Concordia il 28 settembre 1884, m. il 9 agosto 1916 sul Monte San Michele per ferite riportate in combattimen-to. Caduto di Concordia, il suo nome fu apposto sul monumento di Summaga in un secondo tem-po, per desiderio dei familiari.

Maria Biasotto, rimasta vedova a trent’anni di Pietro Drigo, di Concordia, con quattro bambini, gli orfani Iolanda (1909), Tranquil-la (1911), Giuseppe (1914) e Aurelia (1915). («Qui Summaga», n. 63).

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Natale Drigo di Luigi, soldato 5º reg. artiglieria da campagna, nato a Concordia il 27 luglio 1877, m. il 15 febbraio 1918 in prigionia per malattia. Caduto di Concor-dia, il suo nome fu apposto sul monumento di Summaga in un secondo tempo, per desiderio dei familiari.Luigi Gerolin di Francesco, sol-dato 35º reg. fanteria, n. a Por-togruaro l’8 febbraio 1878, m. il 22 febbraio 1918 in prigionia per malattia. Internato in Austria, te-stimonio oculare della morte fu Antonio Benvenuto.Umberto Lazzaretto di Girola-mo, soldato 116º reg. fanteria, n. il 20 gennaio 1877 a Fara Vicentina, m. l’8 novembre 1916 nell’ospe-dale da campo n. 26 per ferite ri-portate in combattimento. Secon-do altre fonti morì all’Ospedale da campo 100, letto 26. Ferito da palletta di shrapnel alla natica sinistra con frattura del bacino e setticemia, fu sepolto a Cormons.Natale Lenardon di Antonio, soldato 93º reg. fanteria, n. a Fos-salta di Portogruaro il 17 marzo

1881, m. il 14 maggio 1917 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento, a Quota 174 di Gorizia, colpito da pallottola di fucile. Era ammogliato con Maria Teresa Glir.Gino Miglioranza di Pietro, sol-dato del 144º fanteria, m. il 19 giugno 1917 per annegamento nell’acqua del Natisone.Luigi Minusso di Antonio e Te-resa Morelotto, soldato 57º reg. fanteria, n. il 5 ottobre 1881 a Por-togruaro, m. il 28 gennaio 1918 in prigionia per malattia. «Minuzzo moriva di esaurimento in Au-stria prigioniero il 17 gennaio di quest’anno. Lasciò moglie e n. 3 (tre) bambini».Natale Minusso di Luigi, solda-to 42º reg. fanteria, n. il 27 aprile 1895 a Portogruaro, m. il 2 giu-gno 1915 sul Monte Nero per fe-rite riportate in combattimento. Secondo altre fonti morì alle pen-dici del monte Sleme per ferite alla testa, sepolto sul campo. Antonio Mior di Marco, solda-to 2º reg. genio, n. il 22 novem-bre 1895 a Portogruaro, m. il 26

novembre 1915 sul Monte Fo-rane per ferite riportate in com-battimento. Secondo i registri parrocchiali «morto il prigionia in Austria il 26 novembre come da comunicazione del ministero della guerra». Giovanni Mior di Valentino, soldato 118º reg. fanteria, n. a Portogruaro il 12 gennaio 1891, m. il 16 novembre 1915 nella 16ª sezione di sanità per ferite ripor-tate in combattimento (secondo altre fonti morto il 15 novem-bre presso Monfalcone per una scheggia di granata). Sepolto a San Canciano. Benvenuto Moretto di Ferdinan-do, (non si hanno notizie certe).Giovanni Papais di Giuseppe, caporal maggiore 46º reg. fante-ria, n. a Portogruaro il 15 luglio 1892, m. il 4 febbraio 1917 a Por-togruaro per malattia. Era stato gravemente ferito in combatti-mento sul Podgora.Ermenegildo Piccolo di Carlo, soldato 118º reg. fanteria, n. a Gruaro il 5 dicembre 1889, m. il 23 ottobre 1917 sul Carso per fe-

Maria Bozza, vedova di Sante, con la figlia Ernesta.

Sante Stival, figlio di Sante, nato dopo la morte del padre.

Sante Stival.

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rite riportate in combattimento. Era stato colpito da una granata mentre discendeva dai monti.Angelo Samassa di Giacomo, soldato 35º reg. fanteria, n. a Pa-siano il 13 gennaio 1887, m. il 29 ottobre 1915 sul Podgora per fe-rite riportate in combattimento. Sepolto sul Podgora. Era ammo-gliato con Italia Drigo. Marco Samassa di Giacomo, soldato 86º compagnia lavorato-ri, n. a Pasiano il 28 marzo 1883, m. il 16 novembre 1918 in Fran-cia per malattia. «Caduto sul campo dell’onore lasciò quattro bambini».Annibale Scapin di Antonio, soldato 15º reg. bersaglieri, n. a Piacenza d’Adige il 13 gennaio 1887, m. il 16 maggio 1916 sul Carso per ferite riportate in com-battimento. «Caduto da valoroso combattente nei pressi di Mon-falcone».Luigi Spimpolo di Natale, solda-to 20º reg. cavalleggeri di Roma, n. a Portogruaro il 1º settembre 1877, m. il 20 aprile 1918 in pri-gionia per malattia all’ospedale del lager di Katzenau.Luigi Spironello di Giovanni, soldato 2º reg. granatieri, n. a Portogruaro il 19 settembre 1891, m. il 14 novembre (secondo altre fonti il 18 novembre) 1915 nell’o-spedale da campo n. 26 per ferite riportate in combattimento. Feri-to alla coscia sinistra con frattura del femore e gangrena gassosa. Sepolto a Cormons. Matteo Stival, di Antonio, capo-rale 20º reg. bersaglieri, n. a Por-togruaro il 31 ottobre 1891, m. il 27 maggio 1918 in prigionia per malattia.Sante Stival di Antonio, soldato 227º reg. fanteria, n. a Portogrua-ro il 3 novembre 1887, m. il 15

agosto (secondo altre fonti il 14) 1916 sul monte San Marco per fe-rite riportate in combattimento. Ammogliato con Maria Bozza, fu sepolto nel cimitero di San Pietro.Pietro Tesolin di Giacomo, ca-porale 228º reg. fanteria, n. a S. Stino di Livenza il 6 maggio 1896, m. il 1º novembre 1916 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento. Fu colpito al ventre a Vertoiba.Angelo Toniolo di Luigi, n. a Ma-rostica il 28 marzo 1890, m. a Por-togruaro nel 1919 per malattia.Giuseppe Toniolo di Luigi, «mor-to in seguito a febbre spagnola mentre doveva venire a casa». (Non si hanno notizi certe).Adamo Travain di Carlo, solda-to 19º reg. fanteria, n. ad Annone Veneto l’8 febbraio1881, m. il 18 aprile 1918 nell’ospedaletto da campo n. 166 per ferite riportate in combattimento. «Caduto sul campo dell’onore lasciò moglie con quattro bambini».Carlo Travain di Carlo, soldato 25º reg. fanteria, n. ad Annone Veneto l’11 marzo 1895, m. il 31 maggio 1917 in prigionia per fe-rite riportate in combattimento.Sante Travain di Carlo, solda-to 16º Mag. Avanz. Viveri di str. Venezia, n. a Portogruaro il 10 settembre 1877, m. il 22 gennaio 1919 a Portogruaro per malattia.Carlo Vendrame di Domenico, soldato 274º reg. fanteria, n. a Concordia Sagittaria il 9 aprile 1883, m. il 26 agosto 1917 in com-battimento a Siroka Nyiver. «Ca-duto sul campo dell’onore lasciò moglie con quattro bambini».Attilio Zanet di Arcangelo, sol-dato 28º reg. fanteria, n. a Cinto Caomaggiore il 3 luglio 1885, disperso il 10 ottobre 1916 sul medio Isonzo in combattimento.

Annotò il parroco: «Da circa dieci mesi disperso, oggi si ha notizia certa della sua morte (15 aprile 1917)».Pietro Zavattin di Giacomo, soldato 118º reg. fanteria, n. a Chions il 2 gennaio 1888, disper-so il 18 giugno 1916 sull’altipia-no di Asiago in combattimento. «Caduto sul campo dell’onore lasciò tre bambini».Augusto Zordan non presente nell’Albo d’oro. C’è Agostino Zor-dan, soldato 6º reggimento alpi-ni, n. a Isola Vicentina il 30 aprile 1892, m. il 5 settembre 1917 a Por-togruaro per malattia.Antonio Zucchetto di Domenico, soldato 92º reg. fanteria, n. a Por-togruaro il 15 luglio 1899, m. il 3 novembre 1918 nell’ambulanza chirurgica d’armata n. 3 per fe-rite riportate in combattimento. Gravi ferite.1

Questi ragazzi, per essere onora-ti, non ci chiedono parole comme-morative, ma azioni concrete per aiutare tutte quelle popolazioni che oggi soffrono anche loro per una guerra che non hanno volu-to, una guerra ingiusta come tut-te le guerre, imposta dagli egoi-smi dei capi e dagli interessi di grandi potenze…

L.M., U.P.

1 A distanza di un secolo non sappiamo anco-ra con certezza quante vittime, militari e civili causò la Grande Guerra. È in corso una ricer-ca che restituisca un nome e un volto a tutti i combattenti e ai caduti di Portogruaro in vista di una pubblicazione prevista per il centenario della fine della guerra. Chi avesse notizie e foto e desiderasse condividerle può contattare la reda-zione del «Qui Summaga». Questo elenco prov-visorio dei caduti di Summaga incrocia i nomi dei caduti che compaiono nel monumento eret-to a Summaga nel 1920, con i dati dell’Albo d’oro, dell’archivio parrocchiale e di quello comunale. Sono presenti errori ed omissioni a cui si spera di por rimedio al termine della ricerca.

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Ricordo del mio bisnonno caduto durante la prima guerra mondiale

Mi chiamo Carolina Stival e vivo a Summaga. Frequento l’Istituto Statale «Marco Belli», presso Portogruaro. Mio bisnonno Sante Stival nacque a Summaga il 3 novembre 1887. Chiamato alle armi il 1° maggio 1916, fu arruolato nel 227esimo Reg-gimento Fanteria. Morì qualche mese dopo, il 15 agosto 1916, a S. Pietro di Gorizia, lasciando orfana una bambina di tre anni di nome Ernesta e vedova la moglie Maria, la quale era in attesa di un bam-bino, mio futuro nonno, a cui verrà messo il nome stesso del padre.Durante una ricerca scolastica presso l’Archivio Storico di Portogruaro, ho avuto la fortuna di tro-vare la lettera che il comandante dell’80esimo Reg-gimento Fanteria di Linea inviò al Sindaco di Por-togruaro il 7 settembre 1916 perché informasse la famiglia dell’avvenuto decesso.È una lettera piena di ammirazione per le sue doti umane e per l’eroismo dimostrato durante i

combattimenti. Forse tali elogi rientravano in una prassi che oggi può suonare anche retorica, ma a noi, suoi discendenti, piace pensare che quella attestazione di stima sia stata di conforto ed abbia un po’ lenito la sofferenza dei suoi cari. Il suo nome è inciso sui monumenti ai caduti di Summaga e di Portogruaro, accanto a quello del fratello, Matteo Stival, pure lui caduto nel 1918 ed ai tanti portogruaresi che diedero le loro giovani vite per la Patria. Questo è il testo della lettera del comando di Verona:

«Verona, addì 7 settembre 1916

Coll’animo straziato affido alla S.V. il doloroso in-carico di dover annunziare alla famiglia la morte eroica del Soldato del 227° Reggimento Fanteria Stival Sante di Antonio e di Donadoni Maria del-la classe 1887 avvenuta sul campo dell’onore il 15 agosto u.s. per ferite riportate in combattimento. I compagni lo rimpiangono per aver perduto in lui, oltre al più valido aiuto, l’amico più sincero e più affettuoso, l’amico, che nelle ore in cui il cannone dava tregua, col suo spirito tanto vivo e spensiera-to, faceva lieti ed allegri anche i meno animati. Egli si è dipartito da noi che non lo dimenticheremo, se-reno e tranquillo come sempre. Andava incontro al nemico che saettava di proiet-tili per impedirci invano di scacciarlo dal nostro suolo, con una tranquillità che non possono signifi-car le parole. Sembrava invulnerabile e forse egli si sentiva tale. La vera invulnerabilità esisteva infatti nell’animo suo. Su nel cielo, vicino a santi martiri di tutte le Patrie oppresse, egli si aggira fra i beati, ci guarda e prega per noi. Prega che noi lo imitia-mo, che operiamo come lui perché fida di averci un giorno con lui. La Patria, tra le gioie della vittoria, dimenticherà presto i mali e i dolori sofferti, ma non dimenticherà un istante solo la riconoscenza verso i suoi figli che l’hanno resa libera e grande e noi dobbiamo dolerci sì di averlo perduto, ma della sua sorte dobbiamo esultare. La pregherei di un cenno di assicurazione dell’avvenuta partecipazione.

Il ColonnelloComandante del Deposito

Con affetto la pronipote CarolinaMatteo Stival.

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Mario Vignando: il buon cuore di un italiano

Nella notte del 24 ottobre 1917 le truppe germani-che e austro-ungariche sfondarono il fronte italiano tra Caporetto e Tolmino, incuneandosi tra i nostri Corpi d’armata e penetrando velocemente e in profondità nella pianura friulana e veneta, fino al Tagliamento e al Piave, dove si attestò infine la di-sperata ma risoluta resistenza dell’esercito italiano.Furono allora, in un attimo, disperse le immani fa-tiche e reso vano il sacrificio fin qui compiuto da migliaia di giovani, che sull’Isonzo, sul Carso, sulla Bainsizza, oltre che sulle impervie montagne delle nostre Alpi, avevano lasciato la loro vita nei duris-simi, precedenti anni di guerra.Ma dopo Caporetto si aprì un altro capitolo tri-ste per i combattenti superstiti, quello della pri-gionia, di cui conobbero le tremende condizioni, negli innumerevoli campi di concentramento in Germania e nell’ex Impero austriaco, oltre mezzo milione di soldati italiani, dei quali ben centomi-la vi lasciarono la vita, a causa delle malattie e della fame.Tra queste vicende scorse la sua esistenza Mario Vi-gnando, di Pietro, nato a Summaga il 5 aprile 1897, l’anno stesso in cui morì la sua mamma, lasciando cinque figli piccoli. Essi furono accuditi dalla so-rella più grandicella (aveva solo nove anni), ma il piccolo Mario fu dato a balia ad una donna di una vicina famiglia, che lo allattò contemporaneamen-te al proprio bambino. Allora, semplicemente, ci si aiutava anche così.A diciannove anni Mario fu chiamato alle armi (come il fratello maggiore Francesco, arruolato nel Novara Cavalleria) e combatté come fante sul Car-so, ove venne fatto prigioniero nella valle dell’Ison-zo, durante l’azione di sfondamento nemica che provocò la disastrosa, tragica ritirata.Trascorse poi un lungo anno di durissima prigionia e di lavoro forzato in Germania, in un campo nei pressi di Berlino, fino alla fine del conflitto. Dopo la liberazione venne reintegrato nel Reggimento. A seguito del Trattato di pace di Versailles del giugno 1919, fu prescelto, grazie alla conoscenza, seppur sommaria, che in prigionia aveva fatto della lingua tedesca, a far parte del personale assegnato alla missione politico-militare inviata a Berlino per ri-costruire le relazioni diplomatiche con la nazione

sconfitta. Incaricato della sussistenza e del traspor-to delle vettovaglie, non mancò di portare aiuto e soccorrere, per quanto era nelle sue possibilità, soprattutto i bambini dei quartieri vicini alla sede della Delegazione italiana, tragicamente denutriti e affamati, nelle circostanze che seguirono la disfatta della Germania.Un giorno, senza pensare alle possibili conseguen-ze, distribuì addirittura tutto il pane della giorna-ta ai bambini che, smilzi e affamati, ormai si erano abituati a seguirlo, muti e a certa distanza, ma con gli occhi sempre tristi e imploranti. Per questa sua iniziativa si sarebbe certamente aspettato di venir punito. Il provvedimento atte-so si tramutò invece in un apprezzamento e in un elogio del Comando militare, per la generosità che aveva dimostrata. Ma il fatto non passò inosservato neanche fra i media tedeschi, tanto che sui giornali di Berlino, nei giorni seguenti, apparvero diversi articoli che commentavano l’episodio a grandi ca-ratteri, sottolineando, con sorpresa e sollievo, “il buon cuore dei soldati italiani”.

Mario Vignando prima della partenza per il fronte.

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La guerra, la grande guerra, era ormai finita, a mi-lioni ci eravamo uccisi a vicenda, poveri contadini, braccianti, operai, lasciando la propria gioventù fra le pietraie del Carso, fra le rocce delle montagne, sull’erba dei prati delle pianure d’Europa.Non era la nostra guerra, ma l’abbiamo combattuta lo stesso, gli uni contro gli altri, senza che nemme-no ci conoscessimo, e tutti hanno lottato, e moltissi-mi hanno dato la vita, in nome di una stessa idea di libertà, di riscatto civile e di progresso.

Rievocare questo semplice episodio, un comporta-mento di un soldato italiano, dimostra che non c’e-ra odio fra noi, e che già allora gli ideali e i concetti di cooperazione e di fratellanza erano racchiusi nei nostri animi e nei nostri cuori.Specialmente in quello di nostro padre. Perché, ap-punto, Mario Vignando era nostro padre. Che ora vogliamo onorare ricordando un fatto che ci aveva raccontato nella nostra infanzia e che ci rendeva sempre orgogliosi sentire.

Aldo, Achille, Edda, Dante, Natalino, Marisa Vignando

Summaga, 24 maggio 2015

Dal lager di Meschede il prigioniero Luigi Drigo scrive al fratello ferroviere a Summga, chiedendo notizie e pane. (Archivio comu-nale di Portogruaro).

A sinistra la triste comunicazione di decesso di Umberto Gaspa-rotto. Quando il postino recapitava nelle case dei combattenti il “mortorio” «jera tut un thighèo» per le case, ricordava Palmira Dri-go di Concordia, che ebbe gli zii Natale e Pietro “caduti sul campo dell’onore”. (Archivio comunale di Portogruaro).

Cartolina postale del prigioniero Giovanni De Bortoli dal lager di Münster. Scrive fra l’altro: «Io dache mi trovo prigioniero sono 8 Mesi emido senpre Coragio. Spero di voi lamia fede e Buona adio alla Ma-dona: avrei bisogno di pane…». (Archivio comunale di Portogruaro).

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L’anno dell’invasione (1917-1918) il numero dei morti civili in paese quasi triplicò. Numerosi furono i decessi a causa dell’epidemia di influenza (la “spagnola”, portata in Spagna dalle truppe statuniten-si, che provocò cinquanta milioni di morti in tutto il mondo), e molti i morti tra i profughi che trovarono rifugio in paese dalla zona del Pia-ve. Particolare orrore destarono al-cune alcune disgrazie direttamente connesse alla guerra:Il 10 novembre 1917 fu sepolto Pietro Marchese di 44 anni, marito di Lui-gia Rossitto, che morì maneggiando una bomba a mano (la moglie per-dette un occhio nell’esplosione).

Il 13 furono sepolti i fratelli Giovan-ni e Antonio Spironello, figli di An-gelo e di Elisa Bozza, di sette e sei anni, i quali, giocando il giorno pri-ma con una piccola granato rima-sero uccisi all’istante. Stessa sorte ebbero i fratelli Marco e Domenico Gaiarin di undici e sei anni.Il 14 novembre 1917, secondo una relazione della commissione prefet-tizia di Venezia, «un soldato entra a forza nella casa di Martin Antonio di Summaga, per rubare. Il Martin cerca di farlo uscire; il soldato spara un colpo di fucile, che colpisce una figlia diciassettenne del Martin, la quale muore due giorni dopo all’O-spedale di Portogruaro».

Il primo da sinistra è l’alpino Gioacchino Drigo, classe 1888, combattente sul Grappa, ri-tratto assieme ai commilitoni e alcune persone del posto al momento della distribuzione del rancio.

Lettera al padre di Giuseppe Zanet, prigioniero in Austria. Si legge, tra le altre cose: «…vi o scritto, io, 5 cartoline che mi Mandate del Pane e del Danaro, a desso che ò ricevutto vostre notizie non me dichiaratte niente di queste cose, i miei compagni prende i Pacchi e io niente, il danaro, non mandarmene, Ma il Pane se potete spediteme. Per altre cose non pensare a me di nisuna cosa, come che io non penso piu a voi a desso che ò ricevutto le vostre notizie che siette ancora alla solita casa, tutto alle solite condizione…sempro cora-gio…». (Archivio comunale di Portogruaro).

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In ricordo di Sante Sivieri

L’ultimo consigliere della Sezio-ne Combattenti e Reduci ci ha lasciato.Nato a Corbola (Ro) nel 1920, primo di dieci fratelli e sorelle da papà Giuseppe e mamma Maria, arriva a Summaga nel 1950, dove trova lavoro nell’agricoltura. A diciannove anni è chiamato alle armi nel I Reggimento Fanteria e dopo breve istruzione all’uso delle armi è subito spedito sul fronte della guerra nei Balcani, dura esperienza di un conflitto sempre pericoloso. sce da questa mortale situazio-ne provato nello spirito e con la morte sempre in agguato, riesce a sopravvivere a quell’odissea.

NOTIZIARIO DELLA SEZIONE COMBATTENTI E REDUCI

L’assicurazione sulla vita del combatten-te Paolo Mio, nella foto a lato.

Sotto lettera di Umberto Gianduzzo che chiede di essere esonerato dal fron-te, avendo la famiglia profuga (moglie, anziani genitori e sette figli). (Archivio comunale di Portogruaro).

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L’8 settembre 1943 è il fatidico giorno in cui crede che la guerra sia finita, è invece la data dello sconvolgimento totale: il re Vitto-rio Emanuele III fugge a Brindisi, Mussolini è braccato dai tedeschi che prendono in mano tutte le operazioni del tradimento dello Stato Maggiore italiano. Migliaia di soldati italiani, fat-ti prigionieri, sono rinchiusi nei vagoni bestiame e avviati nelle famigerate prigioni, nefasti lager tedeschi, veri campi di concen-tramento dove molti subiranno violenze di ogni genere: fame, freddo, umiliazioni, malattie che porteranno morte. Dopo questo brutale trattamento che sarà lungo oltre due anni, ar-riva la sospirata liberazione. San-te rientra in Italia abbracciando familiari e parenti che pensavano di non rivederlo. Dopo un periodo di riabilitazio-ne nel corpo e nello spirito, si forma la sua famiglia: troverà in Lena Ramon la ragazza ideale, che sposerà nel 1948 e dal loro matrimonio vedranno la luce due bellissime perle: Giuseppe e Nives. Una famiglia felice: papà lavora, i figli crescono belli e cari, ma… in ogni famiglia ci sono sempre dei ma. Lena, giovane sposa e mam-ma, si ammala e viene a mancare a soli ventisette anni. Disperazione, dolore e pianto in-consolabile. Il papà e sposo rima-ne con due creature da crescere e che hanno bisogno di affetto e di amore… Sante rimarrà vedovo per tutta la vita, si spegnerà il 23 genna-io 2015 a novantaquattro anni,

Enrico Buso

Enrico Buso, ex presidente della Sezione Combattenti e Reduci di Summaga, ci ha lasciato. Enrico fin da giovane aveva nel cuore l’arma dell’Artiglieria. Alla chia-mata alle armi è stato destinato al corpo verso il quale ha avuto sempre motivo di orgoglio.Come presidente ha retto la Se-zione dal 1997 al 2001, si è prodi-gato con tanta volontà, molte le iniziative da lui proposte, in par-ticolare le gite verso i cimiteri di guerra e le località dove i nostri soldati hanno combattuto e sono caduti per l’onore della Patria.Enrico ci lascia il 27 novembre 2014, molti i vessilli e le diverse associazioni presenti al suo fune-rale per un doveroso e ultimo sa-luto alla moglie sig.ra Elisa, alla numerosa famiglia, a tutti i con-giunti, il nostro sentito cordoglio.

La Sezione Combattenti e Reduci e simpatizzanti di Summaga

NOTIZIARIO DELLA SEZIONE COMBATTENTI E REDUCI

I figli desiderano esprimere tramite questo bollettino un caro ricordo e un saluto:

Caro papà, per il grande amore che avevi per tutti noi, da las-sù continua ad accompagnare i nostri passi, illumina la nostra vita, conforta il nostro pianto.

Giuseppe e Nives

uomo di nobili sentimenti mo-rali e civili, esempio di una vita sostenuta da una forza d’animo ammirevole.Grazie, caro Sante, da tutta la se-zione.

La Sezione Combattenti e Reduci

di Summaga

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Maria Fagotto Bortolussi, dal-le pagine del «Qui Summaga», vuole fare una sorpresa alla so-rella Teresa, ora ottantenne, pub-

blicando le foto inedite di una giornata speciale: quelle del suo matrimonio con Bruno Biondi avvenuto il 13 novembre 1954.

Un avvenimento che Maria non ha mai dimenticato anche per il particolare cerimoniale che lo ha impreziosito, usanza riservata agli iscritti all’Azione Cattolica.Una bambina ha appuntato sul vestito dei neosposi un ciondolo con la croce, simbolo di apparte-nenza e di continuità nella fami-glia, dell’A.C. Poi, all’uscita dalla chiesa, tante persone dell’Associazione li at-tendevano e la stessa bambina ha offerto loro un mazzo di fiori pronunciando parole augurali a nome di tutti gli iscritti all’A.C. di Summaga.

«Teresina che bel giorno è stato! Impresso in uno scatto fotografi-co, è vero, ma ci è sempre bastato poco per essere felici. Con tanto affetto tua sorella Maria».

COME ERAVAMO

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Ricordi di Maria Fagotto

Anche noi, mi e me sorea, se jera dell’Assion Catoica quando che jera capean don Giuseppe Defend. El 13 novembre 1954 se ga sposà la Teresa Fagotto con Bruno Biondi de Summaga. Lori i jera provenienti da Bressaja. Prima el stava sul ghe-to e dopo l’è vignuo a star in Villa

sue casette che stava Barus, prima dea nostra casa. Cussì i se à conos-suo e i è ’ndai a sposarse in cesa a Sumaga.Dopo sposai, co i gera ancora sul banco davanti all’altar, una bambi-na iscritta all’A.C. i e à mes el di-stintivo dell’A.C. - un ciondoeto col segno dea crose - parché sia el marìo de me sorea, che el gera de Bressaja,

che ea, i gera tuti do notadi e i veva la tesserina de apartenensa all’As-sion Catoica. Co i ’se vegnudi fora dea cesa i ’se stai fermai fora dea porta, che gera un bancheto e la stessa bambina (Marisa Vignando) la ga oferto un masso de fiori pronunciando pa-roe de augurio a nome dei iscriti all’A.C. de Sumaga.

A pagina precedente, in alto a sinistra:

Nella foto di gruppo si riconoscono don Piero Marson parroco di Summaga, don Carlo Bulfon parroco di Blessaglia e don Giuseppe Defend cappellano a Summaga.

A pagina precedente, sotto:

La piccola Marisa Vignando mentre offre l’omaggio floreale.

In alto:

Donato Zanet con i nipotini e Sante Bozza, ex fabbriciere e celebre violinista, 1935. (Cortesia Aldo Vignando).

A sinistra:

Sante Bozza, ex fabbriciere, con il nipote Mario Vignando commentano la messa a dimora dei tigli nel viale del cimitero, 1948. (Cortesia Aldo Vignando).

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In occasione dell’uscita del libro Il lungo cammino della famiglia Rossi ci piace far rivivere la storia e l’atmosfera della “piazza del paese” durante il se-colo passato, una pellicola in bianco e nero ancora ricca di fascino, soprattutto per chi si ritrova bam-bino in quei fotogrammi. Nel 1912 Vittorio Rossi e la moglie Emma Brichese da Ca’ Corniani “sbarca-rono” a Summaga. Rilevarono l’osteria, gli alimentari, il panificio e la stazione di posta già esistenti, dando impulso a que-sto “centro commerciale” che contribuì allo sviluppo del paese, con l’aiuto dei figli Semicle di 21 anni, An-tonio di 20, Cleonice di 19, Giacomina di 16, Valenti-na di 15 e Ruggero di 9 anni.Nel ricordo dei Summaghesi più anziani si era soli-ti dire “andar da Rossi” per “andare in centro” pro-prio perché si identificava il centro del paese con queste attività commerciali. Possiamo dire che que-sti servizi in fondo hanno svolto un prezioso ruolo sociale laico di aggregazione in contrapposizione a quello religioso identificabile con l’oratorio e l’A-zione Cattolica.

L’osteria con cucina aveva al cen-tro un fogher che ricordava l’at-mosfera della cucina del castello di Fratta di Ippolito Nievo dove

«splendevano come tanti occhioni diabolici i fondi delle cazzeruole, delle leccarde e delle guastade ap-pese ai loro chiodi».Al mattino presto arrivavano qui a bere un bicchie-re “energetico” contadini e sterratori; veniva richie-sta soprattutto grappa, grappa corretta con menta, anice e menta... Sicuramente questi clienti avevano bisogno di un qualche “sostegno” per affrontare il duro lavoro che li aspettava nella giornata, ma vi-sto la quantità di grappa servita in una settimana (150 litri) immaginiamo che il lavoro andasse poi molto spedito.Meni Beessa era uno dei frequentatori più assidui, una brava persona – dichiara il sig. Mario – be-veva abbondantemente, ma non disturbava; Toni Moretto, Vittorino Mongera ed Ercole Drigo erano integrati nella comunità grazie alle amicizie dell’o-steria: assistevano i giocatori e diventavano i loro beniamini. Alla domenica poi si svolgevano le gare di bocce che hanno trovato tanti appassionati; era-no occasioni per qualche “bicchiere di rivincita” che facilitava il canto al quale si aggregavano altri

La bottega dei Rossi

Il forno, l’osteria e il casuin dei Rossi con a destra la casa dei Mior.

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volontari, ma potevano disturbare i giocatori più accaniti di scopa e briscola e non sempre finiva in piena armonia... Qualche volta si scatenavano delle risse molto ac-cese, così il sig. Ruggero doveva con tutta la sua di-plomazia ed energia placare gli animi o sospingere fuori gli attaccabrighe. A quei tempi per la verità, la rissa era un altro “passatempo” dei giovanotti, c’era sempre qualche animo che si scaldava per fu-tili motivi e dava inizio ad uno “spettacolo” fuori cartellone, specialmente durante le sagre del paese, il tornaconto spesso era il mettersi in mostra da-vanti alle ragazze. Di pomeriggio invece la cliente-la dell’osteria era formata dai Portogruaresi bene-stanti che si recavano prima a piedi in passeggiata, poi con le prime macchine per il rito dello spuntino a base di salame, soppressa e vino (un happy hour ante litteram). Con gli anni, divenuto adulto, “il signor Ruggero” si trasformò in valido anfitrione che sapeva intratte-nere con amabilità e diplomazia i suoi ospiti, men-tre la moglie, la “signora Wanda”, cuoca provetta, specializzata nel cuocere soprattutto la selvaggina, si indaffarava ai fornelli per rifare la ricetta della lepre in salmì, secondo le istruzioni ricevute dalla suocera, per sfornare fagiani e anatre selvatiche. La sera la sala da pranzo diventava un ambiente familiare dove medici, pretori e altre autorità parte-cipavano alla cottura con assaggi e apprezzamenti, per degustare successivamente con la famiglia Ros-si le pietanze di cui si spandeva poi la fama tra tutti i buongustai del circondario.Il negozio di alimentari (casuin), era frequentato quotidianamente dalle casalinghe per comperare piccole quantità di prodotti che l’economia di sus-sistenza non riusciva a fornire: 1 dl di olio di semi (l’olio di oliva verrà introdotto nelle nostre case intorno al 1970), Miscela Leone (estratto di cicoria, surrogato del caffè) per fare il caffè nel pentolino; sale, zucchero, pepe, venduti in piccoli cartocci, come il trinciato per la pipa degli uomini, il tabac-co da fiuto per le signore ad uso terapeutico (zen-ziglio e macubino) carburo e petrolio per lampade e lumi che venivano tenuti accesi con parsimonia soprattutto nelle lunghe e buie serate invernali. A novembre iniziava poi la vendita delle budella per insaccare le carni di maiale e si aprivano i barili di legno che contenevano sarde e aringhe salate… Si racconta che nei momenti di crisi una aringa ve-

Vittorio Rossi ed Emma Bricchese.

Esterno dell’osteria Rossi anni Trenta.

Valentina Biason e Mario Rossi.

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niva legata ad uno spago sopra il camino e doveva bastare ad insaporire la polenta di tutti i commen-sali che la intingevano e nel frattempo la spinge-vano al dirimpettaio… Le famiglie contadine più che comprare le merci, praticavano il baratto, in-fatti le massaie durante la settimana raccoglievano le uova del proprio pollaio e le conservavano nelle “sporte” con cui andavano poi a fare la spesa e le scambiavano con il necessario. Le uova venivano poi rivendute al magazzino di Portogruaro della ditta Turin, due-tremila al mese. Spesso lo scambio delle uova non riusciva a coprire la spesa, il mancante veniva “segnato” su di un li-bretto, quando poi si vendevano i raccolti di grano, granoturco, formaggio, vino e bozzoli della seta, il capofamiglia passava a saldare i debiti, non veniva però conteggiato nessun interesse anche se erano passati vari mesi, se non anni. Le famiglie più povere, infatti, che non potevano contare sui raccolti, ma vivevano di piccoli lavori saltuari malpagati e di piccoli espedienti non sem-pre riuscivano a pagare con regolarità, qualche volta il debito era “scritto sul ghiaccio” (debiti non

pagati). La famiglia Rossi però, con vero spirito ca-ritatevole, conosceva le difficoltà di queste famiglie e non faceva pesare l’inadempienza. Il panificio è stato gestito per diverso tempo da Valentina Rossi: si doveva alzare molto presto alla mattina per impastare e far lievitare la pasta. I con-tadini in cambio del pane portavano al forno al mo-mento del raccolto una certa quantità di grano an-che qui in cambio merce. Fra i giovani dipendenti che l’hanno aiutata ricordiamo Guerrino Arreghini, da poco scomparso ultracentenario. Un altro dipendente è stato Francesco Bonfanti, ar-rivato da Cremona durante la prima guerra mon-diale, papà di Laly e Roberto che successivamente hanno preso il forno in affitto e hanno sviluppato l’attività con il recapito a domicilio del pane e la cottura della pinsa delle famiglie. Il profumo del pane e della pinsa invadeva non solo il negozio, ma si espandeva in tutta la piazzetta antistante dove un tempo era ubicato anche il barachin di Giovanni Stefani che completava con frutta e verdura a chilo-metro zero il “centro commerciale”!

L.M.

Wanda Rampazzo e Ruggero Rossi. Mimma e Aldo, figli di Wanda e Ruggero. (Foto Cordiale Marson).

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ga in collaborazione con il grup-po Avis summaghese, innaffiati dal brûlé e sostanziati dalla pin-za. Sempre attesa anche la befa-na per i più piccoli e grandi che scende sorridente svolazzando con la sua scopa dal campanile dell’abbazia, con il cesto pieno di regali. 6 gennaio: Solennità dell’Epifa-nia che ha visto i piccoli con i loro genitori gremire l’abbazia per la Benedizione della S. Infanzia e bacio a Gesù Bambino, cui è se-guita la premiazione del concor-so Presepi in famiglia. 7-11 gennaio: Si è svolta nei locali dell’oratorio l’annuale mostra e il concorso nazionale dei canari-ni. Sempre numerosi i visitatori e gli espositori giunti anche da fuori regione Veneto. 11 gennaio: Il coro Le Rondinel-le ha partecipato a Fiume Veneto all’incontro diocesano dei Pueri Cantores.1º febbraio: Il nostro coro Le Rondinelle partecipa alla Gior-nata della vita celebrata a livello

1º gennaio: Solennità di Maria Madre di Dio e giornata mon-diale della pace. All’alba del nuovo anno abbiamo elevato al Signore il Veni creator spiritus per-ché ci sostenga nella pace e nella giustizia.5 gennaio: Vigilia dell’Epifania con la S. Messa e l’antica benedi-zione dell’acqua, del sale e della frutta. Alla sera la tradizionale Casera e lotteria per beneficenza organizzati da Viviamo Summa-

Cose di casa nostra diocesano nella parrocchia di S. Giuseppe a Pordenone.2 febbraio: Candelora. Festa della presentazione di Gesù al tempio. Sono state benedette le candele, portate a casa da tanti fedeli, segno del nostro battesi-mo in Cristo, luce del mondo.3 febbraio: Memoria di S. Bia-gio: Santa messa con la tradizio-nale benedizione della gola.8 febbraio: Alla messa per la fa-miglia si sono festeggiati i 100 anni di Clotilde Zanet.18 febbraio: Con l’imposizione delle Sacre Ceneri inizia la qua-resima, periodo di preparazione alla S. Pasqua. Sempre numerosi i fedeli presenti al momento pe-nitenziale.

21 febbraio: Si tiene a Summaga la festa della pace dell’A.C.R. della zona sud della diocesi. I ra-gazzi hanno animato la S. Messa serale, gioiosa conclusione della bella giornata trascorsa assieme.23 febbraio: Il gruppo dei cresi-mandi, insieme a genitori e padri-ni, presso la parrocchia Beata Ma-ria Vergine Regina in Portogruaro si incontrano con il vescovo, i pre-ti e tutti i cresimandi della Fora-nia di Portogruaro, per pregare e riflettere sul sacramento che rice-veranno durante l’anno nelle loro singole parrocchie.8 marzo: Il parroco, negli avvisi del foglietto settimanale, scrive

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questa nota riguardo al suono delle campane: «Si ricorda che anche la parrocchia di Summaga da giovedì 5 si è conformata alle direttive di 30 anni fa per il suo-no dell’Ave Maria. Non suona più alle ore 6.00 ma alle 7.00, per non incorrere in sanzioni».15 marzo: Alla S. Messa delle ore 10.30 si celebra, con la partecipa-zione dei suoi compagni di cate-chismo, l’ammissione di Jacopo Ricetto al battesimo e gli vengo-no consegnati i primi segni del Sacramento. 16 marzo: Si svolge in abbazia la Via Crucis per tutte le classi di ca-techismo, dalla I elementare alla II superiore.22 marzo: 17 bambini/e di III elementare si accostano per la prima volta al Sacramento della Riconciliazione e il loro com-pagno Jacopo Ricetto entra a far parte della Chiesa ricevendo il Sacramento del Battesimo.27 marzo: In abbazia, in prepa-razione alla settimana santa, si è celebrata la Via Crucis animata dal coro polifonico La Martinel-la in collaborazione con la com-pagnia teatrale Ombre di Luce, molto sentita e partecipata dai

presenti. Un’armonia di voci, di note, di poesia si è diffusa nella suggestiva abbazia, elevando gli animi ad una spiritualità che il mondo d’oggi sta travolgendo e dimenticando. Il pubblico attento ha molto apprezzato il momento di canto, preghiera e musica che il coro, diretto con grande bravu-ra dal maestro Alessandro Mau-rutto, ha eseguito. La musica si sprigionava soave dal pianoforte suonato con maestria dalla piani-sta Francesca Sperandeo. La voce grave del baritono Armando Ba-dia riempiva l’aria e le dolci prose recitate dalle lettrici Chiara Loro e Marta Sclip hanno trasfuso a tutti l’atmosfera della Settimana Santa.2 aprile, Giovedì santo: Alla S. Messa Coena Domini liturgia della lavanda dei piedi dei bam-bini di IV elementare che riceve-ranno la comunione a maggio.3 aprile, Venerdì santo: Alla sera Via Crucis animata dai giovani di Azione Cattolica. Commossa e compresa la numerosa assemblea che vi ha partecipato.4 aprile, Sabato santo: Alla Santa Veglia Pasquale i cresimati dello scorso anno liturgico passano il testimone ai giovanissimi di prima superiore, che vengono presentati alla comunità e che riceveranno il sacramento nel prossimo anno.12 aprile: Alla Santa Messa delle 10.30 ricevono il battesimo cin-que nostri piccoli bambini: Fede-

rico, Giorgia, Simone, Francesco e Chiara.18 aprile: Festa a Summaga dell’A.C.G. della zona sud della diocesi. I giovani hanno animato egregiamente la S. Messa.19 aprile: Gita di primavera a Lubiana e al castello di Prediana. Un successo come tutte le altre organizzate dalle “signore del mercatino”.9 maggio: Raccolta di indumenti usati e inutili, pro Caritas dioce-sana, effettuata dai nostri giova-ni passati di casa in casa.10 maggio: Quindici bambini/e di quarta elementare hanno parte-cipato con commozione alla Santa Messa di Prima Comunione. 15 maggio: In abbazia concerto pianistico dell’Opera Metropolita-na. La pianista Arianna De Stefani, giovane e talentuosa artista, ha in-

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cantato i presenti con musiche di Scarlatti, Beethoven, Brahms, Liszt e Chopin. 17 maggio: Un gruppo numeroso e attento ha partecipato alla visi-ta guidata all’abbazia effettuata nell’ambito dell’iniziativa “sco-perta artistica del territorio por-togruarese” mostrandone i tesori racchiusi.17 maggio: Santa Messa di Chiu-sura dell’Anno Catechistico 2014-2015.22 maggio: Presso la chiesetta Madonna della Pace dove c’è l’af-fresco che ritrae la santa, S. Mes-sa in onore di S. Rita da Cascia con la benedizione delle rose.31 maggio: Raduno parenti Minùs. Nella nostra chiesa è stata celebrata una Santa Messa secon-do le intenzioni dei tanti discen-denti Minusso che, provenienti da molteplici località italiane, si sono incontrati nella terra d’o-rigine dei propri padri per una giornata d’assieme, di ricordi e di festa.2 giugno: Si svolge la 3a festa della famiglia, organizzata da un gruppo di genitori, per i più piccoli. Tanti giochi, Santa Mes-sa animata dai genitori, e pranzo

comune con tanta musica, tom-bola ed animazione.2 giugno: Nel quinto anniversa-rio del martirio di mons. Luigi Padovese si tiene la celebrazione commemorativa. Mons. Otello Quaia, sacerdote della parrocchia S. Marco di Pordenone e docente dell’ISSR di Portogruaro, tratta la riflessione sul tema: Luigi Pa-dovese testimone della Tradizione, accompagnato dal coro Ermens, dal violinista Francesco Venudo e Cristiano Gaudio, organista.4 giugno: Solennità del Corpus Domini. Santa Messa serale e processione. Il Santissimo Sa-cramento è stato solennemen-te portato per le vie tra canti e preghiere, rendendogli pubblica testimonianza di fede e di adora-zione.13 giugno: La nostra comunità ha onorato S. Antonio di Padova con la numerosa partecipazione di devoti alla S. Messa serale, alla processione aux flambeaux e bene-dizione del pane. 15-18 giugno: Don Giuseppe con alcuni cresimati, la catechista Cinzia e alcuni genitori sono an-dati in pellegrinaggio a Roma ad incontrare papa Francesco.

21-28 giugno: Il coro Le Ron-dinelle e il gruppo Ministranti hanno soggiornato a Tramonti di Sotto per l’annuale campo estivo.Luglio: Hanno inizio le attivi-tà di Estate Ragazzi 2015 con il corso di ricamo e cucito. Tutti i lunedì, mercoledì e venerdì vi ha partecipato un nutrito gruppo di bambine/i. 5 luglio: Grande festa per il 50° di sacerdozio di don Giuseppe, nostro parroco.11 luglio: Nella chiesetta Ma-donna della Pace si celebra il 22° anniversario dell’inaugurazione del sacello con il sempre gradi-to lancio di palloncini auguranti pace. Al rito religioso è seguito un signorile rinfresco in un clima di amicizia e di cordialità. Com-plimenti ai tanti che hanno col-laborato per la riuscita serata, in primis la famiglia Buoso.18 luglio: Recita del S. Rosario presso il capitello in via delle Abba-zie nell’anniversario delle appari-zioni della Madonna a S. Caterina Labouré, apostola della “medaglia miracolosa”. Sempre squisita l’o-spitalità della famiglia Scala.21-30 agosto: Si è svolta la setti-mana finale del Grest con i canti, giochi, storie… in santa allegria, terminata con la domenica di Summagainbici. Egregio l’impe-gno degli animatori, dei genitori e operatori di Viviamo Summaga. 1-5 settembre: Pellegrinaggio a Medjugorje di parrocchiani di Summaga, Pradipozzo e Lison.7 settembre: All’interno del 33° Festival internazionale di musica, in Abbazia concerto accademico del Trio Operacento con France-sca Sperandeo (pianoforte), Ro-berto Baraldi (violino), Antonio Puliafito (violoncello), musiche di Dvorák e Schumann. Un trio

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prestigioso e una esibizione mol-to apprezzata dai presenti.25 e 27 settembre: Si è tenuta la Festa delle Risorgive. 25 settembre: Concerto in abba-zia su tema L’acqua riflessa nella musica tenuto da Silvia Mazzon (violino e viola), Nicoletta San-zin (arpa), Mauro Fiorin (flauto), Laura Domenica Pilon (voce re-citante e canto), di musicisti vari. Bellissima serata e stupenda in-terpretazione. 27 settembre: Presentazione del libro Terre di Risorgiva del Reghe-na e del Cao Maggiore - Itinerario di storia minuta a cura dell’associa-

zione Toulouse Lautrec, e visita guidata all’abbazia del prof. Mi-chele Giro. Annuale pellegrinag-gio a Castelmonte. 4 ottobre: Abbiamo festeggiato la Patrona della parrocchia S. Maria Maggiore con il titolo di Madonna del Rosario. La Comu-nità ha celebrato la solennità con grande partecipazione sia alla S. Messa che alla processione con la bella statua e la reliquia.11 ottobre: Apertura del nuovo Anno Catechistico e pastorale con il mandato dei catechisti ed animatori e l’adesione al cate-chismo dei bambini/e dalla pri-ma elementare alla quinta e per i ragazzi/e dalla 1a media alla 2a superiore. 13 ottobre: Magnifico il concerto per pianoforte tenuto in abbazia dal pianista Adrian Nicodim su musiche di Beethoven, Chopin, Bach e Prokofiev promosso dal-le Fondazioni Santo Stefano di Portogruaro - Teatro La Fenice di Venezia nell’ambito dell’Opera Metropolitana. 17 ottobre: Presso l’oratorio sono iniziate le “convivenze spirituali mensili” di ragazzi, dalla I alla III media della diocesi, per ap-

profondire la conoscenza della vocazione cristiana nelle diverse scelte. La comunità summaghese si sente onorata di ospitare questi ragazzi impegnati spiritualmen-te tra i quali alcuni nostri mini-stranti.26 ottobre: Si è svolta in abbazia la consacrazione a Maria Santis-sima dei bambini, sin dal grem-bo materno fino ai giovani della seconda superiore, delle parroc-chie di Summaga, Pradipozzo e Lison, promossa dal Gruppo Mariano. 1-2 novembre: Solennità dei San-ti e dei defunti. Nelle due Litur-gie numerosissime persone, tan-te anche da fuori, per pregare per i propri defunti. Un folto gruppo

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di summaghesi anche alla sera per il santo rosario.8 novembre: Santa Messa della famiglia e giornata della me-moria combattenti e reduci. La ricorrenza è stata celebrata con sobrietà e sentita religiosità: ce-lebrazione della santa messa, de-posizione di una corona d’alloro al monumento dei caduti di tutte le guerre con discorsi celebrati-vi del presidente onorario Luigi Goi e del sindaco Maria Teresa Senatore. 15 novembre: Giornata del Rin-graziamento. La celebrazione è stata una elevazione di lodi e rin-graziamento al Signore per i frut-ti della terra e il lavoro umano. Dopo la messa è stata impartita la benedizione ai mezzi di lavoro e al termine i Coltivatori Diretti, organizzatori della manifestazio-ne, hanno offerto a tutti i presenti un eccellente rinfresco. 5 dicembre: La classe 1940 si è ri-trovata per ringraziare il Signore dei 75 anni di vita partecipando alla Messa. I coscritti, poi, hanno trascorso una gioiosa serata rian-dando ai ricordi del passato.6 dicembre: Festa degli anniver-sari di matrimonio. La comuni-tà ha pregato per ogni famiglia ed in particolare per le coppie di sposi che nel 2015 hanno ri-cordato i 25-40-50-60-65 anni di matrimonio. A queste coppie sono stati rivolti segni augurali. Al termine le coppie festeggiate si sono ritrovate negli ambienti parrocchiali per un rinfresco tra gli immancabili brindisi di vita e di salute. La classe 1945 al tra-guardo dei 70 anni ringrazia Dio e guarda avanti. Ai settantenni i nostri più vivi rallegramenti e gli auguri più sinceri di ogni bene.20 dicembre: Concerto di Natale.

I nostri cori Le Rondinelle, Voci dell’abbazia, Coro Ermens, han-no offerto a tutta la comunità una serata splendida con un suggesti-vo repertorio di canti. Il concer-to ha ottenuto i più lusinghieri consensi manifestati con lunghi applausi.21 dicembre: In abbazia Nove-

na di Natale rappresentata dai bambini/e ragazzi/e dell’A.C.R.31 dicembre: Fine anno 2015. Alla fine della Santa Messa vespertina si è innalzato il Te Deum per rin-graziare il Signore dei benefici materiali e spirituali dell’anno passato. Sempre numerosa e fer-vente l’assemblea.

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Cari S ummaghesi

Nel maggio 2013, appena rientra-ta dalla mia esperienza di lavoro in Tanzania sono venuta in chiesa, invitata dal nostro parroco don Giu-seppe a raccontare della mia espe-rienza africana. Nel Qui Summaga del 2014 vi ho rac-contato di nuovo la mia esperienza ag-giungendo anche delle foto che descri-vessero un po’ i luoghi, le persone, le attività della mia esperienza. Alla fi ne del mio racconto, vi ho anche parlato del mio progetto di far studiare 2 ra-gazzi con i quali ho lavorato nell’ospe-dale. Vi dissi che si chiamano rispetti-vamente: DEO, che vuole studiare per diventare strumentista di sala opera-toria; HABIBA, che vuole studiare per diventare ostetrica di sala parto.In quell’occasione la comunità di Summaga tramite don Giuseppe mi aveva dato 2000 euro a cui, si è ag-giunta ancora qualche donazione per-sonale. Avevo promesso allora che vi avrei aggiornato e rendicontato di come stanno andando le cose.Ebbene sono qui per adempiere a que-sta mia promessa. I due ragazzi stan-no studiando, mancano ancora 2 anni ed il costo è pari a 2500 euro l’anno… per cui se qualcuno ha ancora voglia di darmi una mano in questa impresa io sono molto felice e grata.

Saluti e grazie

Maria Maddalena Casarotto in Dall’oro pz.tta De Bortoli N° 4 - Summaga Tel. 347 [email protected]

CORRISPONDENZA

ASSOCIAZIONE VIVIAMO SUMMAGA .

“ PRESENTE NEL FUTURO” .

IL PRESIDENTE Prot. n. 145/2015 Summaga di Portogruaro, 09 novembre 2015

ASSOCIAZIONE “VIVIAMO SUMMAGA”

Sede: 30026 Portogruaro (VE) - Summaga Via Aquileia , 20 - Cod. Fisc. e Partita IVA 03497380273 – Telefono 333 - 3721850 Iscrizione Registro Comunale delle Libere Forme Associative - Sezione Tempo Libero cod. TL – 02

Sito Intenet: www.viviamosummaga.it Indirizzo mail: [email protected]

Cari Soci e Summaghesi, alla fine dell’anno scade il mandato dell’attuale Consiglio Direttivo, in essere dal 2013. Dalla fondazione, lo spirito che ha sempre animato la nostra Associazione è stato quello di aver caparbiamente voluto il meglio per quest’angolo di Veneto Orientale, così unico. Siamo stati un gruppo che ha fatto dei valori ormai dimenticati, la propria forza, che si è distinto per condivisione, democrazia, collaborazione e armonia. Ringrazio perciò questo straordinario gruppo di amici e collaboratori, facce note impegnate, che mi hanno concesso l'onore di rappresentarli e regalarmi il privilegio di vedere con il cuore la loro amicizia. Desidero ringraziare sinceramente e calorosamente tutti quelli che ci hanno appoggiato; nominare singolarmente tutti, che in questi anni hanno respirato l’aria di Summaga e la serenità del nostro ambiente, sarebbe veramente difficile, uomini e donne, ragazze e ragazzi che hanno composto un variegato mosaico che raffigura oggi l’immagine di un’Associazione che fuori dai nostri confini si è guadagnata il rispetto e la considerazione che si merita. Un grazie ancora ai Soci, ai Gruppi, alle Associazioni, agli Operatori Commerciali, ai vari Enti e alla Parrocchia che in questi tre anni sono stati al nostro fianco con aiuti e suggerimenti. Una menzione è dovuta per gli ottimi rapporti consolidati con le Amministrazioni Comunali che si sono succedute, di stima e rispetto dei propri compiti, e per l’ampio spettro di cooperazione che si è venuto a creare. La più grande soddisfazione personale, è stata “l’adozione” del GRUPPO GIOVANI che ha contaminato tutti noi con la freschezza e la genuinità della gioventù, e come ho detto in altre occasioni, ha portato la primavera in mezzo a noi; lo lasciamo in dote al prossimo Consiglio Direttivo ricordando che è una grande ricchezza su cui investire per il futuro. Per dare continuità a quanto di buono è stato fatto finora e per dare impulso a nuove iniziative è necessario che ci sia un rinnovamento del Consiglio Direttivo. Pertanto, chiunque fosse interessato a farne parte (deve essere Socio dell’Associazione) e mettere a disposizione della collettività il proprio bagaglio di esperienze, idee, proposte e il proprio tempo, è pregato di mettersi in contatto con me (telefono 333/3721850). La cosa di cui io e il Consiglio Direttivo siamo fieri è' di avere avuto il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, anche incoscientemente, tutto il resto è secondario. Con la Passione… si ottengono i risultati; io e il Consiglio Direttivo possiamo dire di terminare il nostro mandato con il sorriso sulle labbra e molta soddisfazione nel cuore.

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Il lungo cammino della famiglia Rossi

In occasione del centenario della permanenza della famiglia Rossi a Summaga è uscito il libro che ricostruisce la genealogia della famiglia per farne conoscere le origini e la storia non solo ai suoi componenti legati fra loro da vari gradi di parentela, ma anche a chi legge la storia da spettatore. Racconta la storia delle quattro famiglie Rossi che abitavano nel 1680 nella fattoria in località Gobba di Cammello a Valle Altanea. Gli inizi sono molto lontani nel tempo: nella pri-ma parte realtà e fantasia si intrecciano: non ci sono, infatti, prove certe che possano testimoniare rapporti diretti tra la famosa famiglia Rossi di Parma e i nostri Rossi. Poi, però, la ricerca storica è precisa e documentata: dalla fuga da Torcello dopo la peste del Seicento fino all’insediamento a Valle Altanea, alla Gobba di Cammello, a Ca’ Corniani…Lo stemma nobiliare, sito nella chiesa della Visitazione del Brian, testimonia il loro ardimento, temperato, però, dal motto patientia virtus fortium est. Piace dunque sottolineare che fin dalle lontane origini emerge il carattere di una stirpe orgogliosa, tenace, paziente e sempre pronta a lottare nell’impegno sociale e civile dove la dignità e il rispetto per gli altri sono fondamentali. Non mancano nelle vicende qui raccontate momenti di grande difficoltà e tra-colli anche finanziari che sembrerebbero insuperabili. Ma gli uomini e le donne di un tempo anche a noi vicino conoscevano bene l’imprevedibilità della vita e sapevano trovare in se stessi la forza per rimettersi in piedi. E le interviste sono a testimoniare come ogni esistenza porti con sé una difficile quotidianità fatta di pesanti fatiche, qualche volta premiate dalla fortuna. Non mancano anche storie davvero incredibili nella loro originalità e che testimoniano, in anni duri fino all’immaginabile, l’intraprendenza e il coraggio di molti. Tutti i testimoni hanno con impegno ed entusiasmo recuperato documenti, fotografie e soprat-tutto scavato nella memoria alla ricerca di ricordi personali e familiari per con-tribuire a ricreare con precisione e dovizia di particolari il quadro complessivo.

Sensali e mediatori

Il 17 ottobre, in chiesa, dopo la santa messa, è stato presentato il libro di Luisa D’Isep Sensali e mediatori, nel quale si trova la testimonianza anche di Guerrino Arreghini, uno dei sensali più conosciuti del Portogruarese.Sensali e mediatori si distingue per la struttura narrativa, per il suo valore locale che getta luce su aspetti storici che hanno l’esigenza di essere accuratamente approfonditi, il cui ricordo ancor oggi è mantenuto vivo da una costante tradi-zione orale.Una ricostruzione fedele e arguta di un mestiere che ha retto per anni le basi dell’economia rurale, i mediatori, figure dotate di una spiccata personalità, a volte controversa, grandi professionisti che con la loro abilità, basata per lo più sull’esperienza personale, tessevano le fila dell’economia delle famiglie venete.Un libro importante, basato su testimonianze dirette di chi veramente ha fatto la storia del Veneto. Una ricostruzione fedele dello sviluppo storico di questa figura quasi leggendaria.Luisa D’Isep, nata nel 1946 a Salce (Belluno), vive e lavora a Meolo. Autrice di romanzi e racconti, in questo libro si conferma acuta conoscitrice delle vicende storiche, della terra in cui vive e dell’animo dei suoi abitanti.

RECENSIONI

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La Malva è una pianta a tutti nota per l’estrema diffusione ai bordi delle strade e nei luoghi incolti.Cresce dappertutto e predilige i luoghi asciutti e sassosi; è diffusa in tutte le regioni mediterranee fino a 1300 metri di altitudine.

La Malva sylvestris appartiene alla famiglia delle Malvacee ed è una pianta perenne a fusto, che si trova facilmente nei prati e nei giardini ed è caratterizzata da bellissimi fiori di color rosa-viola. Le virtù curative della malva e in particolare quelle antinfiamma-torie e lenitive sono note e sfrut-tate da tempi remoti.

In passato, era così usata dai no-stri “vecchi” e dalla medicina delle tradizioni, da ricevere il nome di “regina” di tutte le pian-te curative, e molti secoli prima di Cristo lo scrittore romano Pli-nio il Vecchio ne decantava le doti e affermava che bere un bic-chiere di succo di malva al matti-no, a stomaco vuoto, regalava un benessere che durava per tutta la giornata.Lo studio fitochimico della Mal-va ha dimostrato che è ricca di mucillagini, antociani, tannini, flavonoidi, potassio, ossalato di calcio, vitamine di vari gruppi, tra cui le A, le B e le C che rega-lano alle foglie e ai bei fiori effetti emollienti, lassativi, antiinfiam-matori e analgesici.Nelle infiorescenze infatti sono presenti alcune specifiche so-stanze dette “mucillagini” che ne costituiscono anche il 15 per cen-to della composizione, dotate di

un’azione calmante e sfiamman-te.La mucillagine è una sostanza viscosa, lontanamente simile alla colla, utile per costruire una membrana sui tessuti affinché non siano penetrati da batteri e altri agenti irritanti.Il nome Malva deriva dal latino “mollire” che significa ammor-bidire; ecco perché questa pianta grazie alle sue spiccate proprietà espettoranti e antinfiammatorie è efficace nella cura delle pro-blematiche delle vie respiratorie: fluidifica il catarro bronchiale fa-vorendone l’espettorazione e cal-ma la tosse.

La pianta presenta azione antiin-fiammatoria sulle mucose con le quali viene direttamente in con-tatto, e quindi sostanzialmente sull’apparato digerente, ed in particolare su cavo orale, esofa-go, stomaco e intestino.Le mucose sono tutti quei tessu-ti che rivestono internamente gli organi cavi e i canali che colle-gano l’organismo con l’esterno, come bocca, naso, gola, intestino, vie urinarie. La notevole azione lenitiva sulle mucose infiammate data dalle

mucillagini, in caso di intestino irritato regolarizza l’evacuazio-ne e nello stesso tempo sfiamma. Non essendo aggressiva può es-sere consigliata sia ai bambini che agli anziani.Un cucchiaio di fiori, di radici e di foglie essiccate per un infuso di malva non dovrebbe mancare durante i periodi freddi.Ci serviranno un cucchiaio dell’estratto secco composto di foglie essiccate, di radici e di fiori misti che troviamo in erboristeria e una tazza d’acqua fredda.Portiamo ad ebollizione per qual-che minuto, quindi spegniamo e lasciamo in infusione per dieci minuti. L’ideale è bere tre tazze al giorno di infuso: mattino, dopo pranzo e prima di dormire, perché la malva favorisce la calma, il rilas-samento, la pace interiore e un sonno tranquillo. L’infuso serve anche per deter-gere gli occhi prima di dormire e prevenire la congiuntivite.La malva è un valido toccasa-na anche per quei fastidi ester-ni dell’organismo, quindi tutti quelli che non richiedono un’as-sunzione dell’infuso bensì degli impacchi. È il caso di gran parte delle problematiche connesse alla pel-le, come l’orticaria, la dermatite atopica, le scottature da esposi-zione al sole o anche solo la sem-plice desquamazione da eccessi-va secchezza della cute.Dopo aver portato a ebollizione fusto e foglie, sarà sufficiente im-mergere un panno o un batuffolo di cotone e applicare a tampo-

LA MALVA (Malva sylvestris L.)

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ne sulla pelle, preferibilmente a temperatura ambiente.Sempre per uso topico, inoltre, possiamo preparare il decotto come appena descritto e usarlo per disinfettare le mucose del corpo infiammate, del cavo orale

in caso di ascessi o infiammazio-ni gengivali, della gola effettuan-do dei semplici gargarismi.Questa pianta disinfiamma le mucose, ripulisce l’intestino, di-sinfetta il cavo orale, combatte tosse e catarro ma neutralizza an-

che gli effetti delle “abbuffate” a tavola, dell’eccesso di alcool, per-ché porta via dall’intestino tutto ciò che lo intossica.Ricordiamoci quindi di utilizzarla!

Cinzia Drigo, naturopata

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LAUREE

Il giorno 15 aprile 2015 Davide Mascarin ha conseguito con 110 e lode la Laurea Magistra-le in Scienze e Tecnologie Ali-mentari presso l’Università de-gli Studi di Udine, discutendo una tesi dal titolo: Approcci in-novativi all’analisi della frazione sterolica degli oli vegetali.Gli steroli sono considerati “l’impronta digitale di un olio” e vengono analizzati per va-lutarne la genuinità; il lavoro di tesi ha approfondito alcuni aspetti di questi componenti valutando la possibilità di so-stituire o migliorare le attuali metodiche ufficiali utilizzate per la loro analisi.

Federica Piccolo si è laureata in Economia e Commercio all’U-niversità degli Studi di Udine con una tesi dal titolo Sull’ana-lisi di Reinhart e Rogoff in merito al rapporto debito pubblico/PIL.

Si è laureata in Lingue, Civiltà e Scienze del Linguaggio pres-so l’Università Ca’ Foscari di Venezia Anna Migliorini. «In questi anni – ci scrive – seguen-do corsi di lingua, letteratura, storia e cultura, ho avuto modo di comprendere la ricchezza derivante dalla diversità e l’im-portanza di conoscere l’altro. Ho conosciuto persone e luoghi meravigliosi, ma, soprattutto, ho capito che “se ogni viaggio ha valore quando al momento della partenza il cuore è pieno di ricordi e gli occhi sono lucidi

Il 16 luglio 2015, presso l’Univer-sità degli Studi di Trieste, Sara Erbetti ha conseguito la Laurea magistrale in Matematica con una tesi dal titolo Il Teorema di Poncelet, relatrice la prof. Emilia Mezzetti. Come ci scrive l’autrice della tesi, il teorema di chiusura di Poncelet, noto anche come po-risma di Poncelet, è considerato uno dei teoremi più importanti e belli della geometria proiettiva classica e riguarda poligoni in-scritti in una conica e circoscritti ad un’altra conica.Jean-Victor Poncelet (1788-1867) fu un matematico e ingegnere francese che partecipò alla cam-pagna di Russia con Napoleone nel 1812, venne imprigionato a Saratov e proprio durante la pri-gionia studiò la geometria pro-iettiva ed arrivò ad enunciare, nel 1813, il suo famoso teorema, che ha ispirato molte generazio-ni di matematici. Recentemente Griffiths e Harris ne hanno dato una nuova interpretazione con l’ausilio delle curve ellittiche. La tesi di Sara ha seguito questo approccio e nell’ultima parte ha illustrato una proposta didatti-ca concretamente realizzabile in una classe di IV liceo in orario extracurricolare.

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al dover salutare chi si lascia, è tornare a casa che dona signifi-cato profondo al peregrinare”».

La dott.ssa magistrale in Psico-logia dello Sviluppo e dell’Edu-cazione Rachele Roman ha di-scusso all’Università degli Studi di Padova la tesi di laurea: Pre-venire la Dislessia con gli Action Video Games? Evidenze Visuo-Spaziali e Multisensoriali.In questa tesi di laurea vengo-no esposti i risultati dello stu-dio condotto presso l’IRCCS «Eugenio Medea» di Bosisio Parini (LC), che ha lo scopo di prevenire la Dislessia Evolutiva individuandone i predittori e attuando un intervento riabilita-tivo mirato. La ricerca coinvolge bambini che frequentano l’ulti-mo anno della scuola dell’in-fanzia e che presentano delle performance disfunzionali in prove che indagano i predittori delle future abilità di lettura, ai quali, però, ancora non può es-sere fatta una vera diagnosi di Dislessia Evolutiva. I risultati ottenuti supportano l’efficacia di un trattamento preventivo con gli Action Video Games me-diante l’utilizzo del dispositivo elettronico Nintendo DS.

Simone Samueli Giorgia Pegoraro Francesco Ingargiola

Chiara Cavallaro Emma Annibale Giulia Annibale

Alessandro De Martin Stella Beltrame Federico Doratiotto

Ryan Zanot

Il volto dei nostri bambini

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TANTI AUGURI A...I primi cento anni di Clotilde Zanet

Clotilde, per tutti Tilde, ha fe-steggiato quest’anno i suo primi cent’anni. È nata infatti nel lonta-no 1915, proprio l’anno in cui l’I-talia entrava in guerra, la prima guerra mondiale, e non è stato proprio un buon auspicio, infat-ti ha attraversato un secolo di grandi cambiamenti, ma anche di duro lavoro, sacrifici e violen-za: una dittatura e una seconda guerra mondiale hanno tempra-

to il suo carattere, non si è mai piegata davanti alle difficoltà, ha imparato ad affrontare i pericoli con spirito indomito.Si è sposata on Luciano il 23 gen-naio 1937 ed ha avuto tre figli: Luigi, Luciana, Giancarlo dai quali sono arrivati nove nipoti e otto pronipoti. Lei e Luciano, la-vorando sodo, con forza e tena-cia, sono riusciti a costruirsi una casa e i tanti sacrifici sono stati ri-compensati dall’orgoglio di esser riusciti a fare da soli un piccolo capitale.

Tilde è sempre stata una gran lavoratrice, sburtando la sua bici-cletta è andata a lavorare fino a tarda età, anche dopo aver subi-to l’intervento di protesi a tutte e due le ginocchia.Donna di grande fede, fino a no-vant’anni non ha perso una messa; grande devota alla Madonna di Castelmonte da quando nel 1939, dice lei, ha chiesto ed ottenuto la grazia per il figlio Luigi. Ha affron-tato grandi dolori: la morte im-provvisa di un nipote di 34 anni e, allo stesso modo, la morte di un fi-glio nel 2004, ma fin che ha potuto, ha pregato tanto da “consumare” la corona e il libretto della novena.Il suo motto è sempre stato: “Man-gia sano, torna alla natura” e sarà per questo che l’8 febbraio 2015 ha festeggiato i 100 anni, nella sua amata chiesa, circondata dai suoi familiari, una ventina dei quali giunti per l’occasione da Milano e Varese. È sempre stata una don-na generosa, coraggiosa, molto forte; da 38 anni vivo con lei e la conosco molto bene, ne abbiamo passate di avventure insieme, belle e anche brutte… all’inizio abbiamo dovuto imparare a co-noscerci e a “limare i nostri i no-stri angoli”… Ora sono dieci anni che è inferma ed io l’accudisco in tutto, anche se questo “non è pro-prio una cosa facile”, ma l’amore che mi unisce a lei mi fa affronta-re la sua malattia come se fosse la mia mamma (che purtroppo ho perso quarant’anni fa) e fino a quando il Signore la vorrà lascia-re tra noi, continuerò ad assister-la con il cuore… sperando che mi passi il testimone e possa anch’io arrivare a cent’anni! Ancora tanti auguri mamma Tilde…

La nuora Marilena

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Liegi-Portogruaro, una “corsetta” di 1127 km in 13 giorni per festeggiare il padre

La famiglia di Vittorio Faorlin, ha voluto festeggiare i novant’anni del padre, compiuti il 30 aprile 2015, in modo originale, con una singolare impresa podistica. Il fi-glio Fabiano, è partito dal Belgio, dove risiede da anni, percorren-do oltre mille chilometri a piedi, attraverso le montagne.

Nativo di Portogruaro, come scrive Vito Digiorgio su «Porto-gruaro.net», Vittorio è uno dei tanti italiani che emigrarono in Belgio negli anni Cinquanta per lavorare nelle miniere di carbo-ne. Sposatosi nel 1953, si trasferì a Liegi nel 1955, trovando impie-go a Cheratte presso la Société anonyme des Charbonnages du Hasard. Qui fu raggiunto, due anni più tardi, dalla moglie e dai due figli. Lavorò per la Hasard fino alla chiusura della miniera, agli inizi degli anni Settanta.Nel frattempo in Belgio nacquero altri quattro figli e Vittorio da mi-natore divenne operaio, lavoran-do fin al pensionamento, avve-nuto nel 1986, in una fabbrica di olio per macchinari industriali. Nel 1996 rientrò in Italia con la moglie e il primogenito Gian-franco, stabilendosi nella casa costruita in patria con i risparmi di tanti anni di duro lavoro. «Già dieci anni fa, nel 1995, per festeg-

giare gli ottant’anni di Vittorio il figlio Fabiano, capo tornitore in Belgio e appassionato di marato-ne, aveva compiuto una singola-re “staffetta” – riferisce ancora il periodico portogruarese. Partito da Liegi, assieme al fratello Antonio e all’amico Lorenzo, ha percorso a piedi alternandosi con i compagni i 1150 km che separano la cittadina belga da Portogruaro. Un’impresa portata a termine in una settimana e a cui ha dedicato attenzione anche la stampa belga».

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Questa volta Fabiano è stato af-fiancato per metà strada da due fratelli e per l’altra metà del per-corso dal fratello maggiore Gian-franco e da una cugina, partiti dall’Italia in camper. Scrive in proposito Fabiano Fa-orlin sul sito degli Azzano Run-ners: «Dopo 3 mesi di intensa preparazione, sabato 18 aprile è finalmente giunto il giorno di partenza: dalla miniera di Che-ratte, dove ha lavorato mio padre Vittorio Faorlin per 17 anni a più di 300 metri sotto terra. Con un paio di amici, tutti vestiti da mi-natori, abbiamo percorso insieme i primi 10 km dei 1127 che dove-vo fare in 13 giorni. Come aiuto e appoggio logistico ho avuto uno dei miei fratelli, Antonio, con l’amica Nadia per i primi 3 giorni in macchina, i due giorni successivi sempre con una macchina mi ha seguito un altro fratello, Paolo; l’ultima settima-na, un terzo fratello Franco (il

più grande) assieme a mia cugi-na (Paola) e il suo camper. Ave-vo diviso i 1127 km in modo da fare ogni giorno una percorrenza di 86 km, prevedendo la parten-za alle 8 di mattina e l’arrivo alle 18.40, ma in realtà, partivo alle 7.30 per finire alle 19-19.30.Il momento più duro per me, puntualmente si presentava dopo aver corso i primi 50 km, i km successivi diventavano un inferno, solo la voglia di rendere omaggio a mio padre mi faceva andare avanti, il secondo giorno ho percorso 90 km, ero stanco, avevo fame e voglia di una bella doccia, arrivati all’albergo… sor-presa, era chiuso, meno male che accanto c’era un ristorante greco con camere, siamo stati fortunati. La prima settimana è trascorsa con il sole e il caldo, bevevo da 5 a 6 litri di liquido energetico. Le strade in Germania erano perico-lose, perché le automobili transi-tavano velocemente, meno male

che ogni tanto percorrevo delle ciclabili dove ero sicuramente più tranquillo. In Austria, ho incontrato difficol-tà nella segnaletica. Infatti, non c’erano indicazioni da un paese a l’altro, ho dovuto domandare la mia strada a una coppia di ci-clisti che mi hanno accompagna-to fino alla strada giusta verso Innsbruck. Giunto in Italia dalla parte del Brennero, dove la pri-ma lingua è il tedesco, arrivan-do a Bressanone con mio fratello Franco con la bici, ci siamo persi, mio fratello domandava la stra-da e ci facevano girare attorno, ricordo che in quel momento ero davvero arrabbiato… Prima di Bolzano, ho girato a sinistra verso il passo di Costa-lunga a 1755 metri. Poi la discesa verso Moena e il suo formaggio “il puzzone” e quindi risalire il passo San Pellegrino a 1918 me-tri. L’ultimo giorno sono partito da Vittorio Veneto e ho effettuato una variante del percorso pro-grammato passando per Porcia dove ho una zia, che non vedevo da 15 anni. Ripartito sono passato anche per Azzano Decimo dove mi aspetta-vano, Silvano con Gerry e Fran-co con la moglie e la figlia Sara. È stata un accoglienza che mi ha fatto molto piacere... grazie Azzano Runners :-). Ancora gli ultimi 15 km e sono finalmente arrivato al centro di Portogruaro, dove mi attendevano i miei ge-nitori e tutta la famiglia riunita, ho quindi avuto l’onore di incon-trare il sindaco di Portogruaro in sala Consigliare. Purtroppo con i miei sono rimasto solo un paio di giorni in quanto già dal lunedì successivo il lavoro in Belgio mi attendeva».

4 agosto 2015. Mario Trevisan festeggia i suoi novant’anni con le sorelle Luigia (89) e Lucia (86).

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Jacopo Ricetto di Claudio e Miriam Biasutti

Federico Doratiottodi Alessio e Nicoletta Zamberlan

Simone Samuelidi Lorenzo e Federica Ferin

Giorgia Pegorarodi Alessandro e Silvia Arreghini

Chiara Cavallarodi Stefano e Giovanna Perdichizzi

Francesco Ingargioladi Federico e Marta Pasian

Stella Beltramedi Marco e Virginia Padovese

Ryan Zanotdi Emanuel e Denise Buzzarello

Alessandro De Martindi Tierry e Anna Bonvicini

Emma Annibaledi Alessandro ed Eleonora Tardivo

Giulia Annibaledi Alessandro ed Eleonora Tardivo

BATTESIMI MATRIMONI

DEFUNTI

ANAGRAFE PARROCCHIALE

Elda Zanon ved. Bravin† 11-01-2015

Linda Corbetta ved. Bravin† 27-01-2015

Carolina Villa† 28-01-2015

Elda Goi ved. Mio† 01-02-2015

Maria Brunzin ved. Zanet† 03-02-2015

Ida Lisandro ved. Piccolo† 08-02-2015

Angelina Stefanuto ved. Lena† 10-02-2015

Marcella Milan ved. Gobat† 17-02-2015

Ernesta Fagotto ved. Miglioranza† 28-02-2015

Lino Piccolo† 01-03-2015

Yvette Heuzé ved. Castelletto† 08-03-2015

Fidalma Bresolin ved. Lazzaretto† 27-04-2015

Renzo Pirtali† 29-04-2015

Norma Marzinotto in Trevisan† 02-05-2015

Elda Millevoi in Arreghini† 20-05-2015

Maria Rosolen ved. Campagner† 11-06-2015

Elisa Drigo ved. Flöss† 22-06-2015

Danilo Finotto† 29-06-2015

Vittoria Checchi ved. Bracco † 20-07-2015

Isolina Giro ved. Bozza† 31-08-2015

Bruno Bandiziol† 16-10-2015

Maria Zotti ved. Siena† 30-10-2015

Guerrino Arreghini11-11-2015

Silvano Buoso† 22-12-2015

Teresa Sala in Di Pietro† 23-12-2015

«Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna» Gv 6, 68

Marco Nosellacon Helena Empolini

Alessandro Zeppicon Silenia Zoccolan

Mauro Martincon Federica Oliva

Emanuel Zanot con Denise Buzzarello

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LI RICORDIAMO CON AMORE NELLA PREGHIERA

Linda Corbetta ved. Bravinn. 08-09-1926m. 27-01-2015

Elda Zanon ved. Bravinn. 04-04-1925m. 11-01-2015

Carolina Villan. 04-11-1999m. 28-01-2015

Elda Goi ved. Mion. 22-11-1920m. 01-02-2015

Ida Lisandro ved. Piccolon. 31-08-1924m. 08-02-2015

Maria Brunzin ved. Zanetn. 06-03-1920m. 03-02-2015

Angelina Stefanuto ved. Lenan. 22-07-1926m. 10-02-2015

Marcella Milan ved. Gobatn. 18-01-1919m. 17-02-2015

Lino Piccolon. 31-08-1937m. 01-03-2015

Ernesta Fagotto ved. Miglioranzan. 20-06-1921m. 28-02-2015

Yvette Heuzé ved. Castelletton. 11-11-1941m. 08-03-2015

Fidalma Bresolin ved. Lazzaretton. 04-10-1919m. 27-04-2015

Norma Marzinotto in Trevisann. 02-01-1928m. 02-05-2015

Renzo Pirtalin. 02-09-1946m. 29-04-2015

Elda Millevoi in Arreghinin. 04-10-1923m. 20-05-2015

Maria Rosolen ved. Campagnern. 18-11-1919m. 11-06-2015

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Elisa Drigo “Zuti” ved. Flössn. 26-09-1921m. 22-06-2015

Danilo Finotton. 04-10-1950m. 29-06-2015

Isolina Giro ved. Bozzan. 28-04-1924m. 31-08-2015

Bruno Bandizioln. 27-02-1952m. 16-10-2015

Vittoria Checchi ved. Braccon. 30-11-1922m. 20-07-2015

Silvano Buoson. 10-10-1946m. 22-12-2015

Maria Zotti ved. Sienan. 08-02-1935m. 30-10-2015

Teresa Sala in Di Pietron. 18-08-1967m. 23-12-2015

Guerrino Arreghinin. 15-09-1914m. 11-11-2015

«L’amore è l’unico tesoro che potete accumulare in questo mondo e portare con voi nell’altro.

Tutta la gloria, il lavoro, le fortune, i tesori e i successi che credete di aver posseduto in questo mondo,

resteranno in questo mondo». (San Charbel Makhluf)

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RICORDIAMO ANCHE...

Emilia Bravin in Marzinotton. 21-10-1910m. 06-02-1985

(Blessaglia)

Santina Della Bianca in Stivaln. 14-07-1922m. 13-01-1953

Claudio Marzinotton. 01-02-1968m. 19-11-1999

(Biauzzo)

Bruno Nascinbenn. 18-10-1934m. 17-09-2000

Sante Stivaln. 28-01-1917m. 19-11-2001

Mario Marzinotton. 11-07-1910m. 18-07-2001

(Ceriano Laghetto)

Luciano Tesolinn. 05-05-1939m. 21-01-2008

Alfredo Tesolin “Niti”n. 31-05-1937m. 09-10-2010

Irma Mior ved. Stivaln. 09-07-1921m. 11-05-2011

Enrico Buson. 31-01-1920m. 29-11-2014

Severino Brunn. 17-07-1929m. 19-12-2014

(Senago)

Giuseppe Marzinotton. 09-06-1935m. 29-12-2014

(Biauzzo)

Sante Sivieri1920-2015(Mazzolada)

Aldo Vignandon. 30.05.1925m. 06.07.2015(Portogruaro)

Gino Furlanisn. 19-11-1947m. 07-07-2015

(Concordia Sagittaria)

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In ricordo di...LINDA CORBETTA

Non possiamo fare a meno di ricordare mamma Linda per la bontà, la forza d’animo e quel sorriso pieno d’amore che rivol-geva a tutti.Sostenuta da una fede incrollabi-le, non conosceva invidie, rancori e gelosie e ci dimostrava conti-nuamente che si ottiene di più con la pazienza e la dedizione che non con l’arroganza.Dopo una vita di lavoro nei cam-pi, sia da bambina, quando vi-veva nella numerosa famiglia di origine, sia quando giovane spo-sa è andata a vivere nella casa del marito, ha saputo costruire una splendida famiglia, alla quale si è dedicata completamente con ab-negazione.Ha conosciuto pochi svaghi, ma a lei bastava sentirsi amata.Ancora attiva, tre anni fa ha ini-ziato tuttavia a sentire il peso dell’età, consapevole, comunque, di aver svolto il suo compito e di potersi godere serenamente la vecchiaia, nella quale, però si è

trovata impreparata ad affronta-re la morte dell’amato figlio e del marito. La malattia che è seguita è stata un percorso duro per lei e per quanti l’hanno amata.

I figli

DANILO FINOTTO

Nella prima mattinata del 30 di giugno, un susseguirsi di mes-saggi e telefonate fra i soci del Gruppo Alpini di Portogruaro dava la triste notizia della pre-matura scomparsa del socio ar-tigliere alpino Danilo Finotto, lasciando increduli i tanti che la domenica prima lo avevano visto in sede, sempre e comunque con il suo grande entusiasmo.Molti gli alpini che hanno volu-to partecipare alle sue esequie, con la presenza del gagliardetto di gruppo e dei gruppi limitro-fi. Una rappresentanza del Coro Alpino di Portogruaro, durante la cerimonia religiosa ha canta-to una delle canzoni più signifi-cative per gli alpini, Signore delle cime; e in sottofondo ha intonato Va l’alpin, canti che Danilo cono-sceva molto bene e che in varie occasioni nell’ascoltarli lo aveva-no emozionato.Danilo ha svolto il servizio mili-tare di leva nel 3°Artiglieria da Montagna, Gruppo Osoppo, 26ª Batteria someggiata; dal 1980 era iscritto al Gruppo Alpini di Por-togruaro, Sezione di Venezia.Da subito si è messo a disposi-zione del Gruppo, ed in occasio-ne della costruzione della Sede,

ha avuto un ruolo importantis-simo, con la sua professionalità, costanza, bravura in tutte le cose di falegnameria.Non si possono contare le serate, i sabati, le domeniche, passati a costruire, modificare, riparare quei pezzi di legno che serviva-no alla realizzazione della Sede, che pian piano prendeva forma, per poi continuare a mantenerla solida, con le quotidiane dovute manutenzioni.Tempo prezioso che non faceva mancare alla propria famiglia, ma lo divideva con la grande fa-miglia degli alpini e per gli alpi-ni, a cui teneva in maniera quasi morbosa. Fare il servizio militare fra le truppe alpine caratterizza una disponibilità, un fare qual-che cosa per gli altri, socializzare, rendersi utili, questi sono i primi insegnamenti che vengono det-tati dai superiori, già dal primo giorno che si arriva in caserma, e sono gli stessi che, quando si fini-sce il servizio militare ci si porta dentro, valori da non perdere, e che Danilo ha sempre creduto e portato avanti.Raramente mancava alla dome-nica, durante l’apertura della sede, per incontrare gli amici,

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scambiare qualche parola… Mi sembra ancora di vederlo arriva-re: entrava nell’uscio e, alzando una mano, diceva, con la sua in-confondibile cadenza dialettale: «Salve a tutti!» e chinava il capo come a riverenza dei presenti, se-gno di tanta e tutta l’umiltà sem-pre presente in Danilo.La malattia purtroppo ha vinto, anche se Danilo non trasmetteva la sua sofferenza, anzi ci convive-va senza darlo a vedere. Grazie per tutto quello che hai fatto, gli alpini di Portogruaro ti ricorde-ranno con onore, come si dice fra noi: «Danilo è andato avanti», ci aspetta là…Ciao da tutti gli alpini.Il Capogruppo Alpini

Cav. Giorgio Bravin

SEVERINO BRUN

Il ricordo dello zio Severino è racchiuso e custodito nel pensie-ro di come sapeva condividere, nella semplicità dell’ascolto e del dialogo, i momenti di famiglia e comunità.Lo zio era nato a Summaga nell’e-state del 1929 e cresciuto nel paese

natale fino all’età di vent’anni.La mancanza di lavoro nell’im-mediato dopoguerra, unito alla sua dinamicità caratteriale “del fare”, lo spinsero, con tenacia e convinzione, ad emigrare in Lom-bardia nella provincia di Milano, dove con dedizione, impegno e sacrificio, creò e sviluppò una propria falegnameria, a testimo-nianza di quanto “con carattere” tutte le situazioni che la vita ci presenta possono essere affron-tate, valutate e accettate.Ha con-diviso e affrontato la vita con la sua sposa Maria costruendo, con amore e con i valori del rispetto, dell’accoglienza e dell’aiuto reci-proco, la sua famiglia, arricchita con il dono dei figli Egle e Ezio.Ogni anno, nel periodo estivo, ritornava a Summaga a salutare i parenti e amici con i quali tra-scorreva serene giornate di ricor-di e di emozioni che esprimeva-no un forte legame di fratellanza e affettività. Lo zio Severino ci ha lasciato nel dicembre 2014 e nella forza della preghiera lo ricorde-remo rendendo grazie al Signore per quanto lo zio ha saputo do-narsi a noi con semplicità e condi-visione fraterna.

I nipoti

GINO FURLANIS

I nostri Coro Ermens, Voci dell’Abbazia e Le Rondinelle per quasi una decina d’anni hanno avuto la fortuna di avere il caris-simo Gino, purosangue concor-diese, come maestro.Si è inserito tra noi con amore e dedizione. Era presente in parti-colare nelle funzioni e solennità principali dell’Anno Liturgico, non mancava mai alle esequie di

un nostro parrocchiano. Ricor-diamo in particolare la sua ma-estria con le note dell’organo in preparazione al concerto di Na-tale al quale l’impegno di tutta la cantoria durava alcuni mesi.Le sue parole di incoraggia-mento, la spiegazione del brano musicale che ci si apprestava ad imparare, la sua voce possente... tutto questo ci mancherà. Tanti i momenti belli trascorsi assieme, durante i quali ci deliziava anche col suo sapere poetico.Nelle necessità prestava la sua disponibilità anche in altre par-rocchie della zona.Amareggiati per la sua improvvi-sa indisponibilità, apprendiamo la triste e fulminea notizia che Gino non ci avrebbe più accom-pagnati nella nostra attività di canto. Gino ci ha lasciati in così breve tempo, non abbiamo avuto il tempo per dire “Grazie”. Ora lassù ci sarà canto e armonia e tu Gino ne fai parte ed il Paradiso avrà un organista in più nelle co-rali del cielo.Ciao Maestro Gino.Ci stringiamo attorno alla moglie Enerina e alla figlia Giulia in un fraterno abbraccio.

Le corali di Summaga

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che ti piaceva, le tue urla quando i puzzle monopolizzavano i tavo-li della casa o trovavi la gatta sul tappeto, il tornare a sentire le tue melodie per la casa e il tuo ripe-tere che quando non ci saresti più stata ci sarebbe mancato il suono della tua voce.È il momento di dirti una cosa che non ti diciamo da tanto tempo: sei la mamma migliore del mon-do, lo sai?! Non c’è niente che tu desideri di più che vederci sorri-dere, sei sempre stata attenta alla nostra felicità, così premurosa, così dolce. Sei la nostra miglio-re amica, la nostra confidente. Vorremmo dirti che Roberta ha recuperato latino e matematica, che Alberto tiene sempre con sé il tuo regalo, che tutto ciò che ci hai preparato per Natale, con tanto impegno e fatica, è bellissimo. Abbiamo tanto bisogno di te, mamma. Tu che ci hai sempre protetto da tutto e da tutti, tu che ci ami con un amore così inten-so, che non ne esiste un altro più grande. E sappiamo che adesso dovunque tu sia nulla di tutto questo è cambiato, perché non esiste ostacolo che possa separar-ci, neanche la morte. Sappiamo che sei ancora qui a prenderti cura di noi. Mamma te lo promet-

GIUSEPPE PIERASCO

In momenti come questi le parole non escono leggere e spontanee come in altri momenti della vita, ci si può esprimere nel modo più adeguato e legato all’avvenimen-to. Il dire qualcosa del caro Giu-seppe (per tutti Bepi) non è facile.Raccoglieremo qualche spunto della sua vita in modo particola-re della sua passione per il canto.Con fatica e sacrificio anche nelle serate dell’inverno sapeva usci-re dal tepore della sua casa, con la sua sposa, per essere presente alle prove, tanto più la sua col-locazione nella parte dei bassi, perché la sua voce si prestava benissimo in quel posto. A que-sto compito ha tenuto fede fino a quando il terribile male non lo ha colpito così dolorosamente. Per la cantoria, per la comunità, un’altra voce è salita lassù ad unirsi a quelle di Lucia Paulet-to, Nini Segatto, Andrea Nosella, Bepi Milan suo suocero e altri, a cantare l’armonia del cielo uniti al coro degli angeli in un solen-ne tripudio di festa per cantare le lodi del Signore.Bepi, grazie, il tuo compito quag-giù, è terminato.Alla tua cara Gianna, ai figli, a nonna Luigia ultranovantenne, ai nipoti, a una lunga schiera di congiunti, il nostro grazie ma anche quello di tutta la comu-nità, per la quale hai dato il tuo servizio.Ciao Bepi, ci ritroveremo.Grazie ancora.Nel primo anniversario della tua dipartita, caro Giuseppe, ti abbia-mo commemorato con un concerto di corali al quale hanno partecipato quelle della nostra comunità unite al coro Montecavallo di Pordeno-

ne, del quale facevi parte, in armo-niose villotte e canti popolari per una doverosa riconoscenza a te. Al termine tanti applausi ed un omag-gio floreale alla tua sposa Gianna, per dire ancora grazie del contribu-to dato a tutta la comunità.

Il Coro Ermens

TERESA SALA

Cara mamma, è difficile immaginare che tu non ci sia più, immaginare il ritorno a casa dai nostri impegni quoti-diani e non sentire la tua voce o l’odore del pranzo appena fatto, il tuo canto durante le faccende di casa o le tue mille telefonate quando ritardiamo, vederti sedu-ta a far fare i compiti ad Alberto o ad aiutare Diana e Roberta quan-do devono preparare una verifica, è per noi inconcepibile che tutto questo non ci sarà più. In noi non c’era solo la speranza, ma la cer-tezza che il male fosse stato scon-fitto, spazzato via. Quest’ultimo anno, dalla scoperta della malat-tia, è stato bellissimo, il tuo ritor-no alla normalità ci ha reso im-mensamente felici. Il tuo cercare consigli quando vedevi qualcosa

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tiamo: noi ce la faremo, ce la fare-mo per te, perché ci hai insegnato ad essere sempre positivi, tenaci, umili e uniti. E tu insieme a papà ci hai dato la cosa più importante e meravigliosa, la nostra famiglia. E noi non ti deluderemo.

Ciao mamma, da papà, Clara, Anna, Roberta, Diana e Alberto.

Ti vogliamo un sacco di bene.

Durante l’anno 2015, dopo la prematura dipartita di Carolina, la famiglia Villa ha partecipato ad alcuni eventi di raccolta fondi per beneficenza, spesso affian-cata e sostenuta dall’Associazio-ne Italiana Leucemie, gruppo di Pramaggiore.Prima fra tutti la manifestazione Uova di Pasqua AIL, svoltasi nei giorni 20, 21 e 22 marzo. L’or-mai consueta vendita delle uova ha dato ottimi risultati anche quest’anno, in particolare a Sum-maga, avendo raccolto 1.587,30 euro con la vendita di 108 uni-tà in totale. I soldi raccolti dalle oltre quattromila piazze in tutta Italia saranno usati, fra le altre cose, per il sostegno alla ricerca

scientifica e l’assistenza domici-liare ai malati e alle loro famiglie. La famiglia Villa, per conto di AIL Pramaggiore, ringrazia don Giuseppe Liut per la completa disponibilità e la comunità per la sua generosa partecipazione.Successivamente, la sera del 9 lu-glio, presso la sede della casa vi-nicola Borgo Stajnbech a Belfiore, si è svolta con grande successo di partecipazione la prima cena in-titolata Il sorriso di Carolina. All’e-vento, promosso in collaborazio-ne con l’associazione Solidarietà Sapori ed Emozioni Della Nostra Terra, hanno partecipato 580 persone, grazie alle quali è stato possibile donare diecimila euro al “Progetto Carolina”.Questo prevede di sostenere il reparto di Oncoematologia Pe-diatrica dell’Ospedale di Pado-va, dando alla giovane dott.ssa Chiara Mainardi i fondi per po-ter partecipare ad un progetto di ricerca su nuove tecniche di tra-pianto del midollo spinale, per il quale dovrà trasferirsi in Germa-nia. Anche in questa occasione la famiglia Villa ringrazia senti-tamente tutti coloro che hanno lavorato duramente quella sera e nei giorni precedenti e successivi

alla cena; con il loro impegno di-sinteressato hanno reso possibile il successo della serata. Un grazie si estende anche a tutte le perso-ne che hanno dato il loro contri-buto partecipando.Durante i giorni 3, 4 e 5 luglio ha avuto luogo la VI edizione dell’evento Un giorno per Filippo, un torneo di calcio a cinque inti-tolato a Filippo Pescosolido. Gli organizzatori, i componenti del Portogruaro Club Filippo Pesco-solido, hanno devoluto 1.500,00 euro all’AIL Pramaggiore, a so-stegno del “Progetto Carolina” come dimostrazione di solida-rietà verso la famiglia Villa e gli amici Vittorio e Antonio, fratelli della ragazza.Sabato 11 e domenica 12 luglio presso l’Oratorio Pio X di Por-togruaro si è poi svolto il primo “Memorial Carolina Villa”, un torneo di calcio a sette svoltosi nel nuovo campo da calcio. La famiglia Villa è stata invitata ad assistere sul palco alla premia-zione delle squadre vincitrici. L’Oratorio ha poi donato mille euro all’AIL Pramaggiore.Grazie alla preziosa collabora-zione dell’associazione Viviamo Summaga, si è tenuta la sera del

Teresa, donna saggia e sapiente. Mamma coraggio la chiamava-mo, perché da sola con Corrado hanno tirato su cinque figli, in maniera ineccepibile. Era tutta per la famiglia, di cui si prendeva cura 24 ore su 24. Precisa e puntuale, pensava a tut-to e di tutti ricordava ricorrenze, compleanni, onomastici: com’era felice nel venticinquesimo anni-

versario del suo matrimonio! Era amante della vita, le piaceva dia-logare. Facciamo tesoro dei suoi inse-gnamenti, non un tesoro inerte e dormiente, ma vivo ed operante nell’unità e nell’armonia delle re-lazioni. Stiamo uniti!

Pasqualina e Angela

IL SORRISO DI CAROLINA

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7 novembre, una cena intitolata Gli amici di Carolina presso l’area festeggiamenti di Summaga. An-che in questo caso c’è stata una grande partecipazione con più di duecento persone presenti che hanno prodotto offerte vo-lontarie di € 922,30, anche queste destinate al reparto di Oncoe-matologia Pediatrica dell’Ospe-dale di Padova attraverso l’AIL Pramaggiore. Ancora una volta la famiglia Villa ringrazia tutti coloro che hanno voluto onorare la memoria della loro amatissi-ma Carolina, chi con la propria partecipazione, chi con il proprio impegno; un grazie particola-re va all’associazione Viviamo Summaga per l’impegno disinte-ressato con cui ha messo a dispo-sizione dell’iniziativa le proprie strutture e i suoi volontari.Infine si è svolta la XXVII edizio-ne dell’iniziativa “Stelle di Na-tale” nei giorni 5, 6, 7 e 8 dicem-bre, promossa dall’Associazione Italiana Leucemie, gestita qui a Summaga dalla sezione di Pra-maggiore. Come per le uova di Pasqua la comunità di Summaga ha par-tecipato generosamente, con la vendita di 107 piante, portando alla raccolta di 1.825 euro. Anche in questo caso i soldi raccolti in tutto il territorio italiano, fra le altre cose, saranno usati per il sostegno alla ricerca scientifica, l’assistenza domiciliare, il sup-porto ai Centri di Ematologia e Trapianti di midollo spinale. La famiglia Villa, per conto di AIL Pramaggiore, ringrazia ancora una volta don Giuseppe Liut per la completa disponibilità che non manca di offrire in ogni occasio-ne e la comunità per la sua sem-pre più generosa partecipazione.

LETTERA APERTA PER L’AMORE DELLA MIA VITA

Summaga di Portogruaro, 31 gennaio 2015

Odio essere retorico, spero di esserlo il meno possibile. Dal primo momento in cui abbiamo scoperto la malattia di Carolina una paura gigantesca, buia ed opprimente ha invaso ognuno di noi in famiglia. Abbia-mo reagito. Tenendoci stretti. Combattendo insieme. Amandoci sempre di più tra noi, amando sempre di più la nostra principessa. Sono stati mesi durissimi, in particolare gli ultimi di ospedale. La malattia e il male hanno cominciato ad accanirsi sempre più su Carolina. Ma noi abbiamo sempre reagito, lei ha sempre reagito. Dal mio papà ho imparato la saggezza e l’amore che solo un genitore così speciale e unico poteva avere. Dalla mia mamma ho imparato la forza e la tenacia da guerriera di non mollare mai, nonostante ogni male, con il sorriso sempre addosso; non ha mai pianto accanto a lei. Da mio fratello Antonio ho imparato la responsabilità di saper portare avanti il nostro lavoro nonostante l’enorme dolore. Perché io, anche forse egoisticamente, non sono mai riuscito a staccarmi dalla mia principessa in questi mesi di reparto, giorno e notte. Perdonaci mamma, ma delle volte chiamava: «Vitto, Vitto, me li fai tu i grattini che li fai come mi piacciono?». Non ti sei mai lamentata, sei sempre stata un soldatino in ospedale. Un’amica mi ha detto che il valore di una vita sono le relazioni umane che una persona genera e ama, non importa se questa vita sia di un anno, di cento anni, o di quindici come il mio amore. Allora il valore della tua vita è gigantesco, imparagona-bile, infinito Carolina mia. Sono stati, e parlo a nome di mio papà, mia mamma e mio fratello, i quindici anni più belli che abbiamo mai vissuto.Devo ringraziare tutto il reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’o-spedale di Padova. Tutti gli infermieri sono stati come una famiglia per Carolina, dimostrandolo con l’amore e l’affetto di ogni gesto nei suoi confronti. Grazie Maria, Grazie Rossella, Grazie Federica, Grazie Nico-la, Grazie Laura, Grazie Alessandro, Grazie Elvira, Grazie Alessandra, Grazie Davide, scusate se non vi nomino tutti, grazie.Devo ringraziare tutti i medici del reparto di Oncoematologia Pediatrica, per la forza e la tenacia che ogni giorno dimostrano per strappare da quei mali orribili tutti i loro angeli. Spesso ho confuso la dottoressa Putti con una madre, per la dolcezza e la vicinanza che ci ha sempre dimostrato. Spesso ho confuso la dottoressa Emanuela Tumino con una sorella maggio-re, piena di grinta e di coraggio, con lei abbiamo sempre affrontato tutto, tante volte ci hai riportati in camera dopo durissime prove. Grazie alla pro-fessoressa Messina, testa dura e leone del reparto. Grazie a tutti i medici. Grazie agli insegnanti e professori di Carolina, le avete regalato tanto amo-re. Devo ringraziare la Terapia Intensiva Pediatrica per la tenacia, la forza e l’affetto che hanno tirato fuori fino all’ultimo per Carolina. Un grazie di cuore da parte di tutta la mia famiglia va all’AIL di Pramaggiore, che si-lenziosamente e senza facile pubblicità ci ha sostenuti, aiutati e confortati. Grazie a tutti voi qui presenti per il calore nel salutare il nostro angelo.Carolina, non sai quanto bene vogliamo al Chiesu, si è dannato e si sta dannando per aiutarci in questo momento terribile, come fosse tuo fratello.Credo che quando muore il ricordo di una persona è quasi come si mo-risse una seconda volta. A voi che avete avuto la fortuna di conoscere Carolina, questo angelo meraviglioso, questa forza della natura, vi prego non dimenticatela mai.Io, papà, la mamma e Anto non ti dimenticheremo mai Amore.Fai buon viaggio, stringiti ai tuoi fratelloni Carlo e Marco.Ci riabbracceremo tutti, ne sono certo.Siamo una stessa anima amore mio.

Vittorio Villa

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12 LUGLIO 2015 1° MEMORIAL CAROLINA VILLAL’occasione speciale che ha riunito tantissimi ra-gazzi il 12 luglio già dalle prime ore della giornata, è stato il 1° Memorial Carolina Villa, organizzato dagli animatori dell’oratorio Pio X di Portogruaro.In poche settimane, dopo aver saputo dell’evento, i ragazzi delle varie parrocchie e dei paesi vicini si sono organizzati ed hanno formato le squadre che proprio in questo giorno di luglio si sfideranno nel nuovo campo di calcio.Le squadre di Summaga, Pio X, Sant’Agnese, Cinto Caomaggiore, Fossalta di Portogruaro, Fiume Ve-neto, Concordia, Beata Vergine Maria, San Michele, Prata di Pordenone, Villanova e “Tutti per Carol”, formata a rotazione dai ragazzi degli oratori che sono venuti a contatto con Carolina (Summaga, Sant’Agnese e Pio X), hanno dato vita ad una gior-nata di festa e di sport.È stata un’emozione forte per tutti, ma principal-mente per i genitori ed i fratelli di Carolina, vedere così tanti ragazzi insieme nel suo ricordo.Momento denso di emozioni è stata la Santa Messa celebrata nel giardino antistante l’oratorio, tra gli alberi e sotto un bellissimo crocifisso che gli ha dato ancor più significato.Parole toccanti quelle dette da don Tommaso, un sacerdote giovane che vive tra i giovani e che si è fatto “prendere” dall’emozione quando al termine della celebrazione ha voluto coinvolgere i genitori ed i fratelli di Carolina. Anche la presenza del ve-scovo, mons. Pellegrini, ha animato la giornata con il suo personale saluto ai ragazzi.

Se mi ami non piangere!

Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,

se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento

in questi orizzonti senza fine,

e in questa luce che tutto investe e penetra,

tu non piangeresti se mi ami.

Qui si è ormai assorbiti dall’incanto di Dio,

dalle sue espressioni di infinita bontà

e dai riflessi della sua sconfinata bellezza.

Le cose di un tempo sono così piccole

e fuggevoli al confronto.

Mi è rimasto l’affetto per te:

una tenerezza che non ho mai conosciuto.

Sono felice di averti incontrato nel tempo,

anche se tutto era allora così fugace e limitato.

Ora l’amore che mi stringe profondamente a te,

è gioia pura e senza tramonto.

Mentre io vivo nella serena ed esaltante attesa

del tuo arrivo tra noi,

tu pensami così!

Nelle tue battaglie,

nei tuoi momenti di sconforto e di solitudine,

pensa a questa meravigliosa casa,

dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme,

nel trasporto più intenso alla fonte inesauribile

dell’amore e della felicità.

Non piangere più, se veramente mi ami!

Sant’Agostino

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In campo e fuori si sono strette nuove amicizie e ritrovati amici, giocato e mangiato tutti assieme.La solarità, la gioia di vivere e l’amicizia che Caro-lina ha lasciato in tutti noi si è mostrata più che mai proprio in questa splendida giornata.La giornata volge al termine e dopo tante partite, eliminazioni e semifinali, si gioca la finale…Summaga contro Sant’Agnese.

Il risultato non dà scampo e Summaga alza la coppa della vittoria, abbracciando Francesca, Aldo, Anto-nio e Vittorio che stentano a trattenere l’emozione.I ragazzi di Summaga sono Elia Buoso, Mattia Pa-olin, Luca Falcomer, Filippo Furlanis, Andrea Bani-ni, Andrea Babbo, Matteo Demo, Filippo Villotta, Giacomo Venier, Marco Banini, Riccardo Piovan e sicuramente in campo con tutto il suo spirito e il suo sorriso… Carolina.Il ricavato della giornata sarà devoluto all’Ail di Pramaggiore, che molto ha fatto per lei.

L.V., C.D.

uomo di fede realmente vissuta, ci ha lasciati

Era nato nel 1925 a Zoppola, dove il papà si era tra-sferito, prendendo in affitto un panificio. Dopo al-cuni anni, papà Mario e mamma Maria, con sei figli nati colà, devono rientrare nel paese natio. Aldo già da ragazzo è iscritto all’Azione Cattolica. Frequen-ta le Scuole Tecniche di Portogruaro, terminate le quali, appena sedicenne, trova impiego presso una ditta della città. Cercando un lavoro più redditizio, fa domanda alle Ferrovie dello Stato e viene assunto. Inizia il lavoro presso la biglietteria della stazione, ma deve fare un tirocinio di esperienza a Fiume, in Istria. È il 1944, in piena guerra, e in quella zona arrivano i soldati di Tito che occupano tutta la regione, costringendo in seguito gli italiani ad andarsene. Aldo rientra a Portogruaro e dopo qualche anno è promosso ca-postazione. Fin da giovane, crescendo nell’Azione Cattolica, con i sacerdoti e tanti bravi giovani, forma un carat-tere esemplare. Già da qualche anno pensa anche di formare una famiglia, trova Lidia Querin e si spo-sano nel 1953. Sposi felici, dal loro matrimonio na-scono sei figli, crescono bene, frequentano gli stu-di, trovano lavoro, si formano le proprie famiglie. Purtroppo la vita riserva sorprese anche funeste e viene a mancare Luca, dopo breve malattia, spira tra le braccia dei suoi cari. La perdita di un figlio è grave, ma con forza mo-rale, la fede di papà e mamma, la vicinanza i tanti amici, sa superare questo doloroso momento. Con

ALDO VIGNANDO

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don Umberto collabora a un giornaletto che riporti le notizie della parrocchia. Dal modesto giornaletto e le iniziali richieste della comunità che si allarga-no, richiedendo un qualcosa in più, si dà vita ad una rivista intitolata «Qui Summaga». Un periodi-co che ancora oggi resiste e oltre a essere letto in ogni famiglia del paese, va in tutto il mondo, ai no-stri emigranti. Si interessa anche degli “alberi ge-nealogici” che molti emigranti chiedono per avere notizie sulle proprie origini. Aldo ha l’hobby del disegno, della pittura e i suoi apprezzati quadri sono appesi in tante famiglie del-la nostra comunità ed anche fuori territorio. Aldo e Lidia, già in quiescenza da alcuni anni, si dedicaro-no a portare agli anziani la loro esperienza di una vita esemplare ed una parola di affetto e di confor-to. Sua Eccellenza il vescovo è già a conoscenza di queste due belle figure che vivono il cristianesimo

come il loro “Pane quotidiano” e dà ad Aldo e Lidia la facoltà di essere Ministri dell’Eucarestia come premio della loro profonda fede, esempio di una vera carità cristiana. Ad Aldo, già anziano, non mancano gli acciacchi degli anni, che sono assai pesanti, e termina il suo percorso terreno confortato dai Santi Sacramenti. Lidia, la sua sposa, i figli e i congiunti, si rassegna-no, confortati dal percorso di vita esemplare che il caro Aldo ha fatto quaggiù. Il nostro fraterno ab-braccio a Lidia, ai figli e parenti tutti.

I fratelli Achille, Dante, Natalino e Marisa

Nelle immagini alcuni scorci di Summaga dipinti da Aldo Vignando, testimoniano il suo amore per la comunità, la sua gente e i suoi valo-ri. (Dal «Qui Summaga» n. 69, 2004).

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COLLABORAZIONE CON IL BOLLETTINOPer agevolare il lavoro della redazione si chiede cortesemente di presentare gli articoli in cd o penna usb, fornendo se pos-sibile una copia in cartaceo o allegando una versione in pdf. Chi non può consegnare il materiale direttamente all’ufficio parrocchiale può spedirlo via email all’indirizzo [email protected] specificando nell’oggetto il titolo dell’articolo.Le immagini a corredo degli articoli vanno numerate e fornite di didascalie, indicando possibilmente la data, l’autore/il proprietario della foto e i soggetti ritratti. Le scansioni devono avere una risoluzione minima di 300 dpi. Le foto digitali di cattiva qualità non saranno prese in considerazione.

«Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro». (Luca, 6, 27-36).

«L’Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati». (Papa Francesco)

Il vescovo Pellegrini apre la Porta Santa a Concordia, 26 dicembre 2015

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