Qui Summaga, n. 87, 2013

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Il bollettino della parrocchia di Summaga di Portogruaro chiuso in redazione il 6 aprile 2013.

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Don Giuseppe, parroco

Papa Francesco: una Chiesa con le porte aperte

Papa Francesco lo scorso 24 novembre, giornata di chiusura dell’anno della fede, ha donato alla Chiesa universale la sua prima esortazione apo-stolica: “Evangelii gaudium”. Se nel luglio scor-so ci aveva dato la sua prima enciclica: “Lumen fidei”, da lui definita una enciclica a quattro ma-

ni (dato l’apporto, quasi totale, di papa Bene-detto XVI), la “Evangelii gaudium” è sicura-

mente il manifesto programmatico del pontifica-to di papa Francesco.

Sono cinque capitoli più l’introduzione, con ampi riferimenti al Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione, anche se il testo va oltre l’esperienza del Sinodo. È importante la parola chiave: “gioia”, che attraversa tutto il testo, menzionata per ben 59 volte!

Questa è in estrema sintesi la prima esorta-zione apostolica di Papa Francesco, a co-minciare proprio da quella gioia del Vange-lo che diventa la forza propulsiva della “Chiesa in uscita”, come la vuole il papa.

Mi piace riportare alcune affermazioni del testo che ci aiutino a riflettere sul nostro es-sere cristiani oggi.

“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di con-sumo, è una tristezza individualistica che scaturisce dal cuore comodo ed avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata”. Invece “la gioia del Van-gelo riempie il cuore e la vita intera di colo-ro che si incontrano con Gesù” e rappresen-

ta il migliore antidoto a “peccato, tristezza, vuoto interiore, isolamento”.

Dio “non si stanca mai di perdonare”, men-tre “siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia”. Dio “torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra”, “ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia”. Il Cristiano deve entrare “in questo fiume di gioia”.

Una Chiesa della gioia quindi, ma la Chiesa deve essere sì gioiosa ma deve essere sem-pre anche in “uscita”.

“L’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa”, così afferma papa Francesco. La Chiesa deve “andare incon-tro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade, per ciascuno, con la sua vita faticosa”. “Preferisco una Chiesa accidenta-ta, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Più della paura di sba-gliare spero che ci muova la paura di rin-chiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasfor-mano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli”.

Bastano queste poche affermazioni che tro-viamo nel primo capitolo della “Evangelii gaudium” per spronarci a riscoprire la no-stra vocazione di Cristiani a cui il Signore ci ha chiamati e coinvolti dal giorno del nostro battesimo.

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Don Giuseppe, parroco

Evangelii Gaudium

Il documento si apre con un’introduzione che a sua volta è divisa in tre paragrafi: “Gioia che si rinnova e si comunica”, “La dolce e confortante gioia di evangelizzare” e “La nuova evangelizzazione per la trasmis-sione della fede”.

Il primo capitolo, “La trasformazione mis-sionaria della Chiesa”, affronta cinque sotto-temi: “Una Chiesa in uscita”, “Pastorale in conversione”, “Dal cuore del Vangelo”, “La missione che si incarna nei limiti umani” e “Una madre dal cuore aperto”.

Segue il secondo capitolo, “Nella crisi dell’impegno comunitario”, diviso in due paragrafi su “Alcune sfide del mondo attua-le” e “Tentazioni degli operatori pastorali”.

Sono quattro i paragrafi che compongono il terzo capitolo su “L’annuncio del Vangelo”: “Tutto il popolo di Dio annuncia il Vange-lo”, “L’omelia”, “La preparazione della pre-dicazione”, “Un’evangelizzazione per l’ap-profondimento del Kerygma”.

Quattro i temi principali affrontati anche nel quarto capitolo su “La dimensione sociale” dell’evangelizzazione”: “Le ripercussioni comunitarie e sociali del Kerygma”, “L’inclusione sociale dei poveri”, “Il bene comune e la pace sociale”, “Il dialogo socia-le come contributo per la pace”.

Infine “Evangelizzatori con spirito” è il tito-lo del quinto capitolo, che riporta due sotto-capitoli: “Motivazioni per un rinnovato im-pulso missionario” e “Maria, la Madre dell’Evangelizzazione”.

Ministero e Sacrificio

Il Sacerdote è l’uomo più amato e più incompreso,

il più cercato e il più rifiutato.

È la persona più criticata,

perché deve confermare con il suo esempio

l’autenticità del messaggio che dà.

È il fratello universale, perché missionario,

il cui mandato è solo quello di servire, senza preten-dere nulla.

Se è santo, lo ignoriamo, lo sfruttiamo.

Se è mediocre, lo disprezziamo.

Se è generoso, lo sfruttiamo.

Se è “interessato” lo critichiamo.

Se nel bisogno, lo assilliamo,

se vengono meno le necessità, lo dimentichiamo.

E solo quando ci sarà sottratto, comprenderemo quanto ci fosse indispensabile e caro.

Reliquia apostolica di un mandato di Cristo Sacer-dote.

Anonimo

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L’apertura dell’anno pastorale

Il giorno 15 settembre, presso il Centro Pastorale

Giovanni Paolo II di Porcia, si è aperto il nuovo an-

no pastorale: “La porta aperta, comunità che cele-

bra e condivide”, il titolo riprende il simbolismo

dell’Apocalisse; l’apertura del capitolo quarto affer-

ma infatti: “Dopo queste cose vidi una porta aperta

nel cielo…”.

L’Apocalisse è l’ultimo libro del Nuovo Testamento,

scritto per rincuorare la comunità cristiana che sta-

va attraversando nel I sec. d.C. un periodo di grandi

difficoltà. Anche oggi viviamo un momento di gran-

de disorientamento in cui sembrano vacillare i tra-

dizionali valori etico-economico-sociali ed è per

questo che, col consiglio pastorale diocesano, mons.

Giuseppe Pellegrini ha scelto di impegnarsi a svi-

luppare questo argomento.

I vari uffici diocesani erano stati precedentemente

incaricati di offrire materiali per la riflessione. Il mo-

mento iniziale è stato tenuto da don Fabrizio De

Toni, vicario per la Pastorale, sotto un grande ten-

done strapieno di gente. La sua meditazione ci ha

portato alla contemplazione dell’icona che ci accom-

pagnerà nell’itinerario pastorale, e dei suoi simboli:

il trono su cui è assiso l’agnello sgozzato (Gesù Cri-

sto), il libro (il vangelo), le sette lampade (la chiesa),

gli anziani (i sacerdoti). Don Fabrizio ha poi spiega-

to la dimensione liturgica dell’icona alla luce del

Mistero di Dio, quando si celebra l’eucarestia. E`

seguito il saluto del vescovo che ha augurato all’as-

semblea una buona giornata e un lavoro

ricco di frutti provvidenziali. I laboratori

proposti dai vari uffici pastorali sono stati:

Catechesi in famiglia (Ufficio Catechistico);

In preghiera (Ufficio Catechistico);

Ai fidanzati (Pastorale Familiare);

Alla famiglia (Pastorale Familiare);

Ai poveri (Caritas);

Pastorale della carità (Caritas);

Danzando sul mondo (Migrantes);

Missionarietà (Centro Missionario);

Pastorale adolescenti e giovani (Centro

Pastorale Adolescenti e Giovani);

Alle nuove generazioni (Centro Pastorale

Adolescenti e Giovani);

Pastorale vocazionale (Ufficio Vocazioni);

Pellegrinaggi (Ufficio Pellegrinaggi);

In dialogo (Ecumenismo);

Scuole Materne (FISM);

Mondialità e… (Caritas e Centro Missionario).

I disegni di Dio vanno tradotti e realizzati attraver-

so le nostre meditazioni e la giornata è stata vera-

mente costruttiva, nel confronto e nel dialogo. I nu-

merosi rappresentanti dei CPP (un migliaio) hanno

partecipato attivamente ai laboratori e la giornata

ha permesso alla comunità diocesana una sentita

condivisione di proposte, progetti, idee, orienta-

menti, materiali, strumenti pastorali in uno spirito

autenticamente cristiano. Si è respirata aria di festa,

ma qualcosa di speciale sovrastava tutti, la presenza

del Signore era palpabile: “Quando due o più per-

sone si riuniscono in mio nome, Io sono con loro”!

Dopo la cena comunitaria, nel vicino pattinodromo,

sono state rappresentate in forma teatrale varie si-

tuazioni problematiche d’oggi, che visualizzavano i

contenuti proposti per la riflessione dell’anno pasto-

rale. È stata infine proclamata la Parola, seguita dal-

la consegna da parte del Vescovo dell’icona prece-

dentemente esposta.

Per approfondire l’esperienza e continuare la ricer-

ca spirituale, sotto un altro tendone, si potevano

trovare libri, riviste e materiali preparati da diverse

esperienze della nostra chiesa diocesana, come

quella ecumenica, dell’Istituto Superiore di Scienze

Religiose, dell’Azione

Cattolica, degli Scout…

I rappresentanti dei CPP

diocesani, consapevoli

dell’importanza di questo

nuovo anno, si sono impe-

gnati ad essere lievito vi-

vo nelle comunità locali

per “entrare” con i fratelli

a celebrare e condividere

attese e speranze dell’inte-

ra umanità.

P. R. Icona dell’anno pastorale

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Continuità nella diversità

Che gioia quando la sera del 13

Marzo, verso le 19, guardando la

TV con mio figlio Francesco in

braccio, vedo uscire dal balcone il

cardinale che comunica l’elezione

al soglio pontificio di Jorge Mario

Bergoglio con il nome di France-

sco. Aspettavo da molto tempo, e

penso con me molti altri, che un

papa scegliesse tale nome. L’ave-

vamo scelto, per nostro figlio, per

l’attaccamento al santo di Assisi;

alla sua vita santa fatta di gesti e

parole semplici, ma che riempiva-

no il cuore di chi aveva la fortuna di incontrarlo.

Per tale motivo la scelta del nuovo papa mi ha

riempito di felicità. Un papa che si rifacesse alla

vita di San Francesco era per molti, compreso me,

una richiesta allo Spirito, per poter tornare alla

semplicità evangelica e alla sua forte testimonianza

con una vita coerente. In questo tempo, in cui la

crisi nella comunità cristiana è sì fatta di numeri,

ma soprattutto di un testimonianza che latita, l’a-

ver accanto una guida che ti sorregge camminando

accanto a te, non è cosa da poco. Per di più, il fatto

che arrivasse dai Gesuiti, era un segno dei tempi

molto grande. Un ordine spesso bistrattato, sia dal-

la Chiesa che dai fedeli, si prendeva una rivincita.

Anche le successive azioni e parole mi hanno colpi-

to, alla mia prima impressione si sommavano altri

pensieri che confermavano l’arrivo di un “Pastore

con la P maiuscola”.

Il suo saluto semplice con un cordiale "buonasera",

mettendosi sullo stesso piano del popolo di Dio; la

richiesta di pregare per il papa emerito Benedetto

XVI, mostrando affetto per lui; l’affermare il ruolo

del papato, che presiede nella carità tutte le Chiese,

aprendo al dialogo ecumenico; la richiesta di pre-

gare per lui in silenzio, richiamandosi alla Tradi-

zione ed in particolare alla lettera ai romani di

Ignazio di Antiochia. Il tutto svolto nel semplice

abito bianco senza paramenti, ricordando il suo

ruolo di esempio nel dialogo, svolto sì nella diffe-

renza dei ruoli, ma non di separazione.

Non vorrei essere frainteso ma l’elezione del nuo-

vo papa ha portato con sé qualcosa che mancava

da molto tempo, una freschezza ed una nuova linfa

vitale, che trova sì la sua radice nel Vangelo, ma

anche nella semplicità e apertura di una persona

non comune. Il suo apostolato precedente nelle

baraccopoli della città di Buenos Aires ne danno

una reputazione che, le sue parole non sono stacca-

te dalla sua vita e quindi prendono vita in chi lo

ascolta.

Quando parli con le persone che affermano il loro

sì a Gesù ma no alla Chiesa, per la sua “presunta”

ipocrisia, è perché trovano una differenza tra quel-

lo che afferma e la sua azione concreta; questi cri-

stiani cattolici e non, oggi, non possono più sussi-

stere perché trovano in papa Francesco un esem-

pio, forza nelle sue parole e conforto nelle loro fati-

che quotidiane.

È passato del tempo dalla sua ascesa al pontificato,

e in molte cose ha già lasciato il segno. Spesso fa-

cendo cose che anche i suoi predecessori hanno

fatto, ma che in lui trovano un risalto diverso, do-

vute al suo esempio, come quello di aver svolto il

suo essere vescovo vivendo in mezzo ai suoi fedeli,

agendo sempre in prima persona. Recandosi nelle

diverse zone povere della sua città usando la me-

tropolitana, (ndr. Niente autista né macchine blu…

sich!) o addirittura in bicicletta.

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P. R.

Ad Assisi la sua affermazione “Una Chiesa povera

e per i poveri” ha assunto un suono diverso da chi

poteva averla ascoltata da altre labbra. Il perdono e

lo sguardo d’amore verso l’altro, ecco il program-

ma che il nuovo papa sembra avere, per tale moti-

vo, forse, ha scelto anche quel motto sul suo stem-

ma pontificio, che ricorda lo sguardo d’amore e di

predilezione che Gesù Cristo ebbe nei confronti del

pubblicano (Mt 9,9). Le sue parole "Se nel nostro

cuore non c'è la misericordia, la gioia del perdono,

non siamo in comunione con Dio, anche se osser-

viamo tutti i precetti, perché è l'amore che salva,

non la sola pratica dei precetti", sono un ritorno

alla semplicità e allo Spirito del Vangelo, a cui ogni

cristiano deve guardare per essere tale. “È l'amore

per Dio e per il prossimo che dà compimento a

tutti i comandamenti. Questa è la sua gioia: perdo-

nare… Il pericolo qual’è? Che noi presumiamo di

essere giusti, e giudichiamo gli altri. Giudichiamo

anche Dio, perché pensiamo che dovrebbe castiga-

re i peccatori, condannarli a morte, invece di per-

donare”. Mi sembra proprio di ascoltare Francesco

d’Assisi, con la sua forza interiore, il suo attacca-

mento allo Spirito evangelico. Senza buonismo,

solo e semplicemente il cristianesimo nella sua es-

senza vitale. Così dice ancora il papa: “Ognuno di

noi è una pecora smarrita, una moneta perduta;

ognuno di noi è quel figlio che ha sciupato la pro-

pria libertà seguendo idoli falsi, miraggi di felicità,

e ha perso tutto. Ma Dio non ci dimentica, il Padre

non ci abbandona mai. È un padre paziente.

Rispetta la nostra libertà, ma rimane sempre fedele.

E quando ritorniamo a Lui, ci accoglie come figli,

nella sua casa, perché non smette mai, neppure per

un momento, di aspettarci, con amore… “.

Speranza, Speranza e ancora Speranza. Ecco cosa

mi sento di dire su questo pontificato, questa aper-

tura e accoglienza dell’Altro non con l’arroganza

di chi sa già tutto ma con la voglia sempre nuova

di camminare e conoscere attraverso gli occhi di

chi ti sta accanto. Solo e semplice Vangelo.

Grazie papa Francesco… E buon lavoro.

Spiegazione dello Stemma

Lo scudo blu è sormontato

dai simboli pontifici, la

mitra tra chiavi d'oro e

d'argento, rilegate da un

cordone rosso. Spicca al

centro l'emblema della

Compagnia di Gesù: un

sole raggiante e fiammeg-

giante caricato dalle lettere

IHS (Gesù salvatore degli

uomini). La lettera H è

sormontata da una croce;

in punta tre chiodi in nero.

In basso, si trovano: una stella che simboleggia la

Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa, il

fiore di nardo che indica San Giuseppe, patrono

della Chiesa universale.

Il Motto

Il motto è tratto dalle Omelie di San

Beda, un omaggio alla festa di San

Matteo. È proprio in occasione di

tale festa, nel 1953, che Jorge Mario

Bergoglio sperimentò la presenza

amorosa di Dio nella sua vita, che lo

chiamava alla vita religiosa, sull'e-

sempio di Sant'Ignazio di Loyola.

Una volta eletto Vescovo, S.E. Mons.

Bergoglio, in ricordo di tale avveni-

mento, decise di scegliere come

motto e programma di vita l'espres-

sione “con misericordia e predile-

zione” (miserando atque eligendo),

che ha inteso riprodurre anche nel

proprio stemma pontificio.

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Giuseppe Toniolo Un beato anti-crisi, modello per i cattolici di oggi

Giuseppe Toniolo, nacque a Treviso nel 1845, in

una famiglia della buona borghesia veneta. Iscritto-

si alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di

Padova, si laureò il 21 giugno 1867; dal 1869 fu no-

minato assistente alla cattedra Giuridico - Politica

dell'Università di Padova e nel 1873 conseguì la

libera docenza in Economia politica. Il 4 settembre

1878 sposò Maria Schiratti di Pieve di Soligo, dalla

quale ebbe sette figli. Fu chiamato come professore

straordinario di Economia Politica nell'Università

di Modena e Reggio Emilia (1878), per approdare

definitivamente come ordinario nell'Università di

Pisa, dove tenne la cattedra di Economia politica

dal 1879 alla morte. Le sue spoglie riposano presso

il Duomo di Santa Maria Assunta a Pieve di Soligo,

in provincia di Treviso.

Il suo tempo (1845–1918) scorre sullo sfondo della

rivoluzione industriale e della questione operaia,

mentre la politica e l’economia sono contese tra il

teorema liberista, che finisce per gettare gli operai

in una condizione “poco meno che servile”, e la

reazione sindacale-socialista, che si colora sempre

più di un segno marxista dagli esiti totalitari.

Il professore che, nel 1873, aveva cominciato la sua

carriera accademica con una lezione sul ruolo

dell'etica all’interno delle leggi economiche e sarà

poi il grande profeta della Rerum Novarum, non

ha dubbi: occorre trovare una soluzione alternati-

va. A questa dedica tutta la sua vita di studioso e

di animatore dell’impegno cattolico. In un periodo

storico in cui ai cattolici italiani, uniti nell’Opera

dei Congressi, era precluso l'ingresso in politica (il

“non expedit”) per protesta contro lo Stato italiano,

reo di aver realizzato l'unità del Paese calpestando

i diritti della Santa Sede, Toniolo si impegna a deli-

neare una strategia fondata sul primato della socie-

tà civile e a promuovere tra i cattolici una nuova

cultura sociale, aiutandoli a superare un impegno

limitato al piano caritativo assistenziale, pur sem-

pre necessario.

“Antesignano” del Concilio Vaticano II, Giuseppe

Toniolo, fu attivo in molteplici iniziative di impe-

gno sociale e politico dell'epoca: “La Società della

Gioventù Cattolica, primo nucleo dell'Azione

Cattolica Italiana, la Fuci, l'Opera dei Congressi,

l'Unione Cattolica per gli studi sociali, l'Unione

Popolare, l'avvio delle Settimane Sociali, ebbero in Ia moglie Maria Schiaratti

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lui un eccellente ideatore, animato-

re, coordinatore di progetti cultura-

li, sociali, politici cristianamente

ispirati e di innovative strutture

cattoliche pubbliche, come l'Univer-

sità del Sacro Cuore.

L'elevazione agli onori degli altari

di Giuseppe Toniolo è la dimostra-

zione che i laici possono conseguire

pienamente la santità cristiana

nell'esercizio delle responsabilità

loro proprie. Ciò rappresenta la per-

fetta realizzazione dell'apostolato

dei laici nei loro ambiti e cioè la fa-

miglia, la scienza, la politica, l'economia.

In questo senso la vicenda terrena di Toniolo con la

grande storia del laicato in Italia e dell'Azione

Cattolica, costituisce una profezia del Concilio Ecu-

menico Vaticano II e della vocazione universale

alla santità nella Chiesa. In un passaggio dell'ome-

lia per la sua beatificazione (29 aprile 2012), il car-

dinale Salvatore De Giorgi, inviato del Papa, ha

sottolineato che l'insegnamento di Toniolo è ravvi-

sabile anche nell'enciclica sociale di Benedetto XVI

“Caritas in Veritate”, nella quale “hanno trovato

conferma e sviluppo non poche intuizioni innova-

tive del beato, come la centralità

della persona nel mondo del lavoro,

l'insopprimibile fondamento etico

dell'economia, la rilevanza antropo-

logica della questione sociale, l'im-

portanza del Vangelo nella costru-

zione della società”; ha inoltre evi-

denziato che “con un’intelligenza

non comune e una lungimiranza

quasi profetica”, il beato si impegnò

“circa la necessità, per il bene del

nostro Paese, di una presenza dei

cattolici, nel sociale e nel politico,

limpida, coerente, coraggiosa e uni-

taria, fondata sull'inscindibile rapporto tra fede e

ragione”. La sua testimonianza arriva puntuale in

un momento in cui si è tanto acuita la “questione

sociale”, divenuta ormai “globale”, con la crisi fi-

nanziaria e occupazionale che ha investito il mon-

do. Provvidenziale anche come soffio di idealità di

cui ha un gran bisogno una politica che ha rag-

giunto livelli preoccupanti di confusione e con-

flittualità, lontani dall'interesse dei cittadini e dal

perseguimento del bene comune.

Idilio Buoso

Il miracolato

Francesco Bartolini

La tomba del Beato a Pieve di Soligo

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Abbazia di Summaga:

I ritratti dei Rezzonico

Sono appena stati restaurati i ritratti degli ultimi

due commendatari dell’Abbazia di Summaga: il

papa Clemente XIII, Carlo Rezzonico senior

(Venezia 1693 – Roma 1769) ed il nipote omonimo,

cardinal Carlo Rezzonico junior (Venezia 1724 –

Roma 1799). La Parrocchia ha affidato il restauro

ad Anna Comoretto di Pordenone, che ha eseguito

il lavoro nella seconda metà del 2013, sotto la dire-

zione di Elisabetta Francescutti, funzionaria della

Soprintendenza P.S.A.E. del Veneto Orientale.

L’intervento è stato co-finanziato dalla Fondazione

Santo Stefano di Portogruaro. La restauratrice por-

denonese aveva già operato nell’Abbazia per due

importanti ed impegnativi lavori: lo scoprimento

ed il restauro conservativo degli affreschi duecen-

teschi dell’abside di sinistra ed il recupero della

tela di Sant’Urbano.

I dipinti Il papa è rappresentato nell’atto di benedire, con i

paramenti sacri ed il triregno papale in testa.

Il cardinale è rivestito della porpora cardinalizia,

con un minuscolo zucchetto sul capo ed alcuni fo-

gli nella mano sinistra.

Anno cruciale della vita di entrambi fu il 1758: il 6

luglio il cardinal Carlo Rezzonico senior, vescovo

di Padova, venne eletto papa assumendo il nome

di Clemente XIII; il 2 ottobre successivo il nuovo

papa elevò al rango di cardinale il nipote.

Le due tele di piccole dimensioni (cm. 64 x 78) ri-

salgono al periodo immediatamente successivo a

quegli eventi.

Dovrebbero essere state inviate all’Abbazia di

Summaga dal nipote, subentrato nella commenda

dopo l’elezione papale dello zio.

I due ritratti avevano lo scopo di ribadire l’autorità

ecclesiastica di entrambi.

Fino agli anni sessanta del Novecento i quadri si

trovavano nella sacrestia settecentesca, ora demoli-

ta, posta a sud della chiesa abbaziale, adiacente al

campanile.

Carlo Rezzonico Clemente XIII

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Il restauro L’opera di Anna Comoretto ha ridato grande lumi-

nosità ai due quadri, facendo riemergere particola-

ri nascosti dalle ridipinture, dal degrado delle ver-

nici e dallo sporco accumulato con il tempo. In pa-

rallelo al restauro è stato condotto un approfondi-

mento critico sia dal punto di vista storico-artistico

che sui materiali usati. “I due dipinti – afferma la

restauratrice - sono stati realizzati ad olio steso su di

una sottile preparazione rossastra”. “La qualità pittorica

dei due ritratti – prosegue – è evidente soprattutto nel

ritratto del giovane cardinale che vede la stesura del car-

nato, (dopo la pulitura da vernici e ritocchi) per passag-

gi di colore fluidi e ricchi di luce in un delicato dosaggio

dei chiaroscuri.

Ne risulta un’intensità dell’espressione che segue con

fermezza lo sguardo di chi osserva”. La pulitura ha

consentito inoltre di leggere meglio le iscrizioni: il

Pontefice presenta in alto a destra “Carlo Rezzonico

creato P.ce Clemente XIII”mentre il nipote reca la

scritta“Carlo Rezzonico nipote di sua S. S.R.E. (sanctae

romanae ecclesiae) cardinal”.

Il contesto storico artistico I quadri sono dello stesso autore e vanno attribuiti

ad uno degli artisti veneziani del periodo, in rap-

porto stretto con la famiglia Rezzonico, una delle

più importanti della Serenissima. Da più parti si è

proposta l’attribuzione al pittore Alessandro Lon-

ghi, figlio del più celebre Pietro, ma manca ancora

la certezza assoluta. Dal punto di vista strettamen-

te estetico il ritratto più bello è quello del nipote, di

cui esistono altre rappresentazioni ufficiali di mag-

giori dimensioni, opera di pittori attivi presso la

corte papale, realizzate diversi anni dopo, quando

il cardinale aveva già un’età più matura.

Dal punto di vista storico riveste invece maggior

importanza il ritratto del papa perché si tratta, for-

se, dell’unica sua rappresentazione con in testa il

triregno o tiara, un tempo copricapo extra-liturgico

dei sommi pontefici.

Di Clemente XIII esistono numerosi ritratti ufficiali

di grandi dimensioni, alcuni dei quali esposti nella

mostra di Padova, allestita nel 2008, per celebrare il

250° anniversario della sua elezione a papa.

In tutti questi porta in testa il camauro di velluto

rosso bordato di ermellino, non il triregno come a

Summaga.

● Carlo Rezzonico senior nacque a Venezia il 7

marzo 1693, figlio di Gian Battista e di Vittoria Bar-

barigo. La famiglia, di origine lombarda, si era ar-

ricchita con il commercio ed era stata ammessa nel-

la nobiltà della Serenissima alla fine del Seicento.

Carlo studiò a Bologna e Padova, e poi, dal 1714, a

Roma dove iniziò una rapida carriera ecclesiastica,

culminata con la nomina a cardinale nel 1737.

Vescovo di Padova

Nel 1743 fu nominato vescovo di Padova, funzione

che mantenne fino all’elezione papale.

Dimostrò di essere un pastore accorto, dotato di

una solida struttura morale.

Compì una minuziosa visita pastorale, visitando

parrocchie lontane, che non vedevano il vescovo

da mezzo secolo.

Constatò di persona la povertà della popolazione e

la moralità precaria del clero, intervenne con deci-

sione e contribuì a rialzare il tono morale sia dei

sacerdoti sia dei fedeli.

Il papa Benedetto XIV, al secolo Prospero Lorenzo

Lambertini, suo predecessore sulla cattedra di San

Pietro, diede di lui un giudizio molto lusinghiero:

“È assolutamente il prelato più degno che abbiamo

in Italia. Vive con i suoi beni patrimoniali; le rendi-

te ecclesiastiche unicamente si spendono in benefi-

cio de’ poveri e della Chiesa”.

Papa

Il 6 luglio 1758 Carlo Rezzonico venne eletto papa

assumendo il nome di Clemente XIII.

Gli toccò l’ingrato compito di guidare il papato in

uno dei momenti più drammatici, dovendo gestire

il declino politico della sede romana, l’assalto delle

grandi monarchie europee, l’aggressione della cul-

tura illuministica e l’assedio dell’intera Europa ai

Gesuiti. Morì il 2 febbraio 1769, il giorno prima del

concistoro che avrebbe dovuto decidere la soppres-

sione dell’ordine, che venne decretata effettiva-

mente nel 1773 dal suo successore Clemente XIV.

Alcuni anni dopo la sua morte il nipote Abbondio

affidò allo scultore Antonio Canova la realizzazio-

ne del monumento funebre del pontefice, che ven-

ne collocato nella basilica di San Pietro, nell’abside

a destra dell’altar maggiore.

Biografie dei Rezzonico

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Antonio Martin

● Carlo Rezzonico junior nacque a Venezia il 25

aprile 1724, figlio di un fratello del futuro papa.

Seguì anche lui la carriera ecclesiastica. Lo zio, di-

venuto pontefice, lo elevò al rango di cardinale nel

concistoro del 2 ottobre 1758.

Fu titolare di diverse chiese romane e venne nomi-

nato Camerlengo della Camera Apostolica. Per due

volte prese parte al conclave: quello del 1769, da

cui uscì eletto Clemente XIV, e quello di papa Pio

VI del 1774-1775.

Morì il 26 gennaio 1799 all'età di 74 anni. Il fasto e

la potenza della famiglia Rezzonico furono celebra-

ti a Venezia nel Settecento dall’acquisizione e dal

completamento del palazzo sul Canal Grande, uno

dei più imponenti della Serenissima. Attualmente

Ca’ Rezzonico è sede museale che esalta lo splen-

dore del Settecento veneziano.

Carlo Rezzonico senior nel 1715, ancora giovanissi-

mo, ottenne la nomina ad abate commendatario di

Summaga, succedendo a un altro ecclesiastico ap-

partenente al patriziato veneziano: Giovanni Al-

berto Badoer, vescovo di Brescia. Fu uno dei suoi

primi incarichi ecclesiastici. Resse l’Abbazia come

commendatario per 43 anni, dal 1715 fino all’ele-

zione a papa nel 1758. Nell’archivio dell’Abbazia

ricorre in pochi documenti, e solamente per argo-

menti di ordinaria amministrazione.

Lasciò la sua impronta più importante a Summaga

con l’imponente restauro della chiesa abbaziale da

lui realizzato e ricordato nell’iscrizione latina della

facciata neoclassica, con datazione 1740.

Dei lavori, però, non si trova alcun riscontro nei

documenti dell’archivio abbaziale. Le carte relative

all’intervento, forse, sono andate disperse o sono

custodite in altro luogo, non ancora individuato.

Il restauro sulla chiesa abbaziale fu condotto secon-

do i criteri del tempo, stravolgendo l’antico im-

pianto basilicale medievale: all’interno furono ab-

battuti tre pilastri per lato, con la sostituzione degli

archi a tutto sesto con quelli ribassati; fu costruito

un ampio coro con un altar maggiore d’impronta

barocca, illuminato dalla luce naturale di due nuo-

ve finestre aperte sull’abside maggiore; furono co-

struiti quattro altari laterali; l’aula fu pavimentata

con scacchi di pietra bianchi e rossi; il tetto fu re-

staurato con la sostituzione delle capriate; venne

realizzata una facciata neoclassica del tutto nuova;

infine fu costruita una nuova sacrestia (Quasi tutti

questi elementi furono rimossi con il grande restauro

operato dalla Soprintendenza attorno al 1960).

Fu un intervento che trasformò radicalmente l’edi-

ficio, con profonde manomissioni, ma, forse, per

merito di quei lavori la chiesa abbaziale è giunta in

piedi fino ai giorni nostri.

Dopo l’elezione di papa Clemente XIII, fu nomina-

to abate il nipote, Carlo Rezzonico junior, che sarà

l’ultimo commendatario di Summaga.

Fu lui che prese l’iniziativa di affidare il completo

riordino dell’archivio abbaziale al notaio porto-

gruarese Giovanni Antonio Pelleatti.

Quella ricca ed ordinata raccolta ora si trova

nell’Archivio di Stato di Udine nella sezione degli

enti religiosi soppressi.

Dei Rezzonico a Summaga, oltre ai due ritratti, so-

no rimasti una pianeta in broccato ed alcuni stem-

mi in pietra.

Abati commendatori di Summaga

Page 13: Qui Summaga, n. 87, 2013

11

CPP Consiglio Pastorale Parrocchiale

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha ripreso l’atti-

vità con la riunione del 9 settembre 2013, nella qua-

le si è discusso principalmente della possibilità di

annullare la messa vespertina domenicale. Questo

per poter realizzare un considerevole risparmio

nelle spese di riscaldamento nei mesi invernali e

anche per consentire al nostro parroco, nel pome-

riggio della domenica, di godersi un po’ di riposo e

di avere più tempo per andar a far visita agli am-

malati e agli anziani.

La maggioranza dei partecipanti ha deciso di

effettuare i seguenti cambiamenti di orario: la do-

menica mattina due sante messe, una alle ore 8:00 e

la seconda alle ore 11:00 che, in seguito a votazioni

eseguite tra i partecipanti alle messe domenicali, è

stata anticipata alle ore 10:30 come attualmente in

vigore.

Rimane costante durante tutto l’anno, l’orario della

s. messa del sabato alle ore 18:00.

Nella riunione successiva del 19 novembre, argo-

menti preminenti sono state le varie iniziative per

celebrare l’Avvento, del gruppo “giovani”, del

gruppo “catechiste”, per i ragazzi del catechismo,

la “lectio divina”, a cura di Michele Giro, che si

terrà con cadenza settimanale a partire da lunedì

25 novembre, presso i locali della parrocchia di

Settimo. La Segretaria

Fiorella Bellamio

La generosità dei summaghesi Offerte / Spese anno 2013

L'elenco analitico viene esposto sulla bacheca parrocchiale

Offerte per celebrazioni sacramentali € 3.413,00

Offerte "In memoria di…" € 2.715,00

Offerte da buste "Il buon cuore summaghese" € 8.294,00

Offerte per attività caritative € 3.014,00

Offerte per il bollettino “Qui Summaga” € 8.509,00

Offerte per opere parrocchiali € 13.488,96

Spese per imposte e assicurazioni € -10.120,24

Stipendi e contributi € -12.043,84

Spese gestionali € -17.145,93

Attività parrocchiali € -12.370,45

Page 14: Qui Summaga, n. 87, 2013

12

Spigolature

(63) Progetti e progettisti (dall’Archivio della Curia vescovile - Pordenone -

Fondo Vescovi, Vescovo Casacola - cart. 37, fasc. 19)

Di molti “vecchi” edifici e spazi pubblici del paese

non conosciamo l’ideatore o l’architetto.

Non sappiamo, in particolare, chi abbia progettato

la chiesa, o i suoi restauri fino al secolo XVIII.

Sarebbe bello scoprire almeno chi l’ha dotata della

facciata neoclassica (o d’ispirazione palladiana,

come azzardava un mio amico studioso d’arte).

Per il momento accontentiamoci di apprendere chi

ha disegnato nell’Ottocento la pianta originaria

dell’attuale camposanto. È noto che in epoca napo-

leonica si stabilì di porre le sepolture distanti da

chiese e abitazioni. Ma, come spesso avviene per le

prescrizioni innovative, passò del tempo prima che

la norma trovasse piena attuazione; intanto cam-

biavano le autorità preposte: funzionari italo-

francesi, italo-austriaci, e infine solo italiani.

Nella raccolta di copie delle lettere redatte dal ve-

scovo Casasola c’è la minuta di quella spedita in

data 26 aprile 1860 (protocollo n. 326) contenente

l’approvazione dei progetti dei nuovi cimiteri di

Summaga e di Pradipozzo, compilati dall’ingegnere

civile prof. don Francesco Fabricio.

La fase esecutiva venne rinviata per anni, nono-

stante i titoli esibiti dal progettista (inghiottiti, co-

me tutto, dal silenzio del tempo).

Sia stato per il passaggio dal dominio asburgico al

Regno d’Italia, o per problemi di finanza pubblica,

il fatto è che - come registrato in una Spigolatura

del Qui Summaga n. 43 - la solenne benedizione al

nuovo cimitero di Summaga, posto «a legale di-

stanza dall’abitato a occidente della chiesa» venne

impartita dal nuovo vescovo Domenico Pio Rossi

soltanto nel giugno 1887.

Page 15: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

13

(64) Spazi e figure in abbazia (da G. Suitner, Italia romantica. Le Venezie,

Jaka Book, Milano 1991, pp. 18 - 20 e 135)

La conoscenza accurata della nostra abbazia è faci-

litata dall’infittirsi delle pubblicazioni - o

di siti on-line, per quanto essi risultino

spesso raffazzonati e poco affidabili - che

la riguardano, almeno marginalmente. Ne

fa cenno, ad esempio, il volume della serie

Italia romanica dedicato alle Venezie, e

soprattutto ad altri monumenti locali, dal

battistero di Concordia all’abbazia di Sesto,

alla cripta della basilica di Aquileia. Sulla

scorta degli studi di Fulvio Zuliani consi-

dera come dato assodato che i cicli pittorici

di Summaga, Sesto e Concordia siano «il

ceppo da cui avrà origine la pittura del

Duecento veneziano». Quanto all’archi-

tettura, mentre in molte chiese medievali

venete il romanico si mescola ad influssi

paleocristiani oppure esarcali, l’adesione alla tipo-

logia spaziale romanica pura risalta più nitida in

esemplari meno celebri, tra i quali cita esplicita-

mente le abbazie di Summaga e di Sesto, e il batti-

stero di Padova. Infine, un’osservazione generale:

nello stile romanico, pittura e spazi architettonici

sono consonanti, vanno di pari passo. L’architettu-

ra è pensata appositamente per contenere le deco-

razioni iconografiche, le quali ripropongono il co-

smo cristiano in termini simbolici, secondo percor-

si definiti e precise regole: l’immagine di Cristo

figura nel battistero; la Madonna è effigiata tra

apostoli o arcangeli nella cupola oppure nel catino

dell’abside principale, le schiere di santi compaio-

no sulle pareti delle navate o delle colonne, ossia

nella parte della chiesa riservata ai fedeli.

(65) Percorsi non (più) agibili (da A. Zambaldi, Monumenti storici di Concordia

serie dei vescovi concordiesi ed abbaku della città di Portogruaro,

Pascatti, S. Vito 1840, rist. an. Portogruaro 1981, p. 216 e p. 217 “bis”)

A metà Cinquecento una serie di imponenti lavori

pubblici trasformò il volto di Portogruaro: nel giro

d’un decennio vennero eretti i ponti in pietra viva

di via Restello (oggi Rastrello) e quello di S. An-

drea presso i mulini, furono lastricate con pietra

d’Istria la via centrale (attuale via Martiri della li-

bertà) e quella parallela da porta S. Agnese all’epi-

scopio. In quel contesto, nel 1558 venne selciata di

sassi la Stretta e venne costruito secondo lo Zam-

baldi «il così detto Stradone di Summaga lungo un

miglio». Molti di noi l’hanno percorso, fino agli

inizi degli anni settanta del Novecento; poi è finito

in disuso nella parte centrale che incrocia i due

tratti ferroviari, sostituito dalla variante della Stata-

le 14. Poche pagine prima di darne notizia, lo stes-

so Zambaldi dà un’informazione oggi poco com-

prensibile: «1431. Fu eseguita l’escavazione di

un canale fra la Meduna e l’Abbazia di Sum-

maga, onde poter più facilmente condurre a

Venezia i roveri per l’arsenale.»

Ruggero S.

Page 16: Qui Summaga, n. 87, 2013

14

Che aria tira?

Non c’è più la mezza stagione

I modi di dire, si sa, con poche parole esprimono

una verità! Quando ad esempio si chiede “Che

aria tira?”, colui che pone la domanda ha già il

sentore che la risposta sia negativa, ovvero che le

cose non vadano bene. “Non c’è più la mezza sta-

gione” esprime il fatto che si passi dal caldo al

freddo, e viceversa, in tempi brevissimi: manca

insomma quel periodo

di transito dall’estate

all’inverno che ci aiu-

tava ad affrontare con

gradualità il caldo o il

freddo.

Ritornando alla do-

manda iniziale:

Che aria tira?

Non buona! Perché?

Perché… “non c’è più

la mezza stagione”!

Lo constatiamo ormai

da un bel po’; è l’espe-

rienza quotidiana alla

quale ci stiamo abi-

tuando e rassegnando.

Escursioni termiche

improvvise, temporali

frequenti e violenti, lunghi periodi senza pioggia,

picchi di umidità sia invernale che estiva ai quali

non eravamo abituati… L’elenco potrebbe conti-

nuare a lungo. A questo clima che sta assumendo

sempre più caratteristiche tropicali, si stanno abi-

tuando anche gli insetti. Troviamo zanzare ancora

ad ottobre inoltrato e d’estate dobbiamo chiuderci

in “gabbia” (le zanzariere delle nostre case) per

lasciar fuori la zanzara “tigre”.

Gli ambientalisti dipingono scenari futuri catastro-

fici (a volte forse esagerando) che non possono la-

sciarci tranquilli, perché la cronaca del nostro Bel-

paese ci parla spesso di disastri come inondazioni,

frane, allagamenti ecc.

Come si è arrivati a tutto questo? È il regalo della

modernità, il benessere (che sarebbe più opportu-

no chiamare beneavere!) che produce inquinamen-

to: senza allontanarci troppo, vediamo come il cie-

lo qui a Summaga sia a volte rigato da fumi che si

perdono in alto, da “profumi” che non sono pro-

priamente “fiori di campo”, senza naturalmente

dimenticare i condizionatori e climatizzatori delle

nostre case, le automobili, le moto…

Si dirà: “non si può

fermare il progresso”,

“non possiamo torna-

re indietro”. D’accor-

do, non lamentiamoci

però quando l’inqui-

namento che produ-

ciamo si trasforma in

malattie, quando il

tempo (quello atmo-

sferico) sembra acca-

nirsi contro di noi,

quando il benessere (il

“beneavere”) si tra-

sforma in malessere!

Per respirare aria buo-

na non possiamo an-

dare sempre in mon-

tagna; noi e le genera-

zioni future abbiamo il diritto di respirarla qui!

Che fare? Innanzitutto essere sempre vigili a quan-

to accade attorno a noi, ringraziare e sostenere

quelle associazioni, gruppi e movimenti che, uniti

dal desiderio di tutelare l’ambiente e gli uomini

che ne fanno parte, sollecitano le istituzioni perché

siano attente al territorio e alla salute dei suoi abi-

tanti. In secondo luogo, e questa è forse la cosa più

difficile, cambiare mentalità e convertirci a piccole,

sane abitudini. Non è difficile… qualche chilome-

tro in meno con l’auto, qualche chilometro in più a

piedi o in bicicletta. Magari, a chi ci chiederà “Che

aria tira?” potremmo rispondere…

“Un po’ più buona rispetto a ieri!”.

M. G.

Page 17: Qui Summaga, n. 87, 2013

15

Un’Estate Ragazzi con Robin

106 bambini, 14 animatori, 3 “responsabili” mag-

giorenni. Ok, le proporzioni non ci sono ma il ri-

sultato è stato comunque ottimo!!

Giugno 2013 iniziano i preparativi: animatori a

rapporto abbiamo una Estate Ragazzi da organiz-

zare!

Prima cosa scegliere l’ambientazione, non è mai

semplice, il gruppo si spacca: chi dice questo chi

dice quello, riportiamo ordine e mettiamo ai voti e

il vincitore è… Robin Hood! Una volta definita

l’ambientazione possiamo partire con l’organizza-

zione della settimana.

E così la nostra avventura ha inizio, Robin Hood

quest’anno deve portare allegria e divertimento,

deve far giocare e divertire, deve far stare insieme i

nostri bambini e trasmettere loro molti valori, deve

farli cantare e ogni tanto anche pregare!

Sono stati due mesi impegnativi, ogni lunedì sera

(e nell’ultimo periodo ogni sera) era dedicato, da

noi animatori, all’incontro di programmazione:

discussioni, confronto, condivisione, giochi, idee,

lavoretti, pennelli e strutture, tempere, proiettore,

tavolette e colla, merendine e liste della spesa, tutte

cose che ci hanno accompagnato in questo percor-

so che ha raggiunto il culmine a fine agosto.

Lunedì 26 ore 15.00: ragazzi si comincia! Adrenali-

na che sale, scenetta pronta, travestimento effettua-

to, ciak si gira! I bambini vengono catapultati nella

città di Nottingham dove Re Giovanni, Sir Biss e lo

Sceriffo vogliono derubare i poveri per arricchirsi

sempre più. Il compito dei nostri ragazzi sarà quel-

lo di impedirglielo e riportare, a fine settimana, la

pace a Nottingham. Dopo giochi e attività che han-

no impegnato le sei squadre in cui sono stati divisi

i nostri bambini, a fine giornata, ci siamo ritrovati

tutti in Chiesa per ringraziare e leggere insieme la

preghiera del giorno, ciò che abbiamo imparato

lunedì è il valore della CONOSCENZA.

Martedì 27, giornata lunga, ore 10.00 si inizia! I no-

stri ragazzi oggi impareranno ad essere ALTRUI-

STI proprio come fece Robin Hood quando aiutò i

poveri di Nottingham. La mattina è volata grazie ai

giochi a stand nei quali i ragazzi, a squadre, si sono

sfidati fino all’ora di pranzo. Ore 12.30: il pranzo è

servito! Super pastasciutta, panino con il wurstel e

mela per tutti! E sì, un buon pranzo è necessario, i

sacchi vuoti non stanno mica in piedi per giocare!

Dopo aver fatto prove di canto in Chiesa, tutti fuori

a giocare e a concludere la nostra giornata con un

po’ di sano sport.

Page 18: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

16

Mercoledì 28: i nostri ragazzi oggi mostreranno

tutto il loro CORAGGIO, proprio come fece il coni-

glietto Saetta quando, dopo aver assistito al rapi-

mento di Lady Marion, andò subito ad avvisare

Robin Hood affinché potesse salvarla. Tre campi

da gioco, 6 squadre, 25 minuti a gioco, lanciare la

freccia, correre nel giardino di Lady Marion, pren-

dere la freccia, scappare ed infine assistere al rapi-

mento; è stata dura affrontare tutti questi giochi,

ma la voglia di aiutare Robin e di mostrare il no-

stro coraggio ha avuto la meglio su tutto!

Giovedì 29: seconda giornata lunga. Ci accolgono

Lady Cocca e Little John che assieme a Robin Hood

si stanno preparando per andare a liberare Lady

Marion. Durante la mattina i ragazzi si sono ci-

mentati in prove di abilità quali cruciverba, rebus,

battaglia navale…

Tutti giochi per allenare la mente. Alle 12.30 pran-

zo con pasta e pizza per tutti! Quanta fame, i giochi

della mattina hanno fatto consumare ai nostri av-

venturieri tantissime energie! Il pomeriggio è ini-

ziato con una nuova attività: alcune mamme molto

disponibili ci hanno aiutato a fare dei bellissimi,

ma soprattutto buonissimi biscotti! E mentre questi

cuocevano abbiamo giocato alla caccia al tesoro.

Dopo numerose prove di gruppo i ragazzi hanno

trovato gli ingredienti necessari per fare la pozione

che avrebbero usato il giorno successivo. È stato

necessario dimostrare FIDUCIA verso gli altri e

AMICIZIA per affrontare questa giornata, ma i no-

stri ragazzi conoscono bene questi valori e non

hanno fatto fatica a mostrarcelo.

Venerdì 30: Robin Hood e la sua squadra oggi

affronteranno lo Sceriffo e i suoi a castello e con la

pozione magica riusciranno a liberare Lady Ma-

rion? Che la battaglia abbia inizio! I giochi sull’ac-

qua hanno tenuto banco per tutto il pomeriggio,

gavettoni, calcio saponato, bacinelle d’acqua, non

divertirsi sarebbe stato impossibile, così come non

giocare, sempre in modo LEALE e GIUSTO.

E così i nostri amici sono riusciti a liberare Lady

Marion, ma Robin riuscirà poi a sposarla?

Domenica 1 settembre: ritrovo ore 7.00. Si avete

capito bene, ore 7.00. Sole pallido, maglietta fucsia,

zaino sulle spalle, tutti in bici, seguite il furgone

arancione, parte la processione! E così cantando e

pedalando siamo arrivati al bosco di Bandiziol e

Prassaccon e nel bel mezzo della visita guidata… il

diluvio. Ma che sfortuna! Beh non abbattiamoci, le

tovagliette appena messe per il pranzo sono da

buttare, ma la giornata possiamo ancora salvarla,

deve solo smettere, è solo una nuvola! Per fortuna

è proprio così, dopo ben un’ora un raggio di sole

ha illuminato la comunità riunita intorno all’altare

per la Messa presieduta da don Giuseppe. Sentire

tutti questi bambini cantare e pregare, tenendosi

per mano, è una grande soddisfazione per chi co-

me noi animatori, ha lavorato sodo per mesi e me-

si. Così dopo aver pranzato e aver giocato tutti a

tombola, si riparte, prossima tappa visita al Mulino

di Belfiore. Ed è lì che tra un canto e un ballo ab-

biamo concluso con bambini e genitori la nostra

Estate Ragazzi.

Riprendiamo così le biciclette, stanchi, ma felici per

i momenti trascorsi insieme; giusto il tempo di fer-

marci a mangiare il gelato presso l’Azienda Vinico-

la Rino Busellato, che ci ha anche offerto un ricchis-

simo buffet, che la pioggia piano piano ci accompa-

gna tutti a casa.

Raccontare in poche righe i mesi di lavoro che ci

sono alle spalle e i momenti trascorsi insieme ai

ragazzi è una cosa improponibile, questo articolo è

solo un assaggio di tutte le esperienze vissute. Gli

abbracci, gli sguardi, i sorrisi, i grazie, le parole, i

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QUI SUMMAGA

17

Elena

gesti, i balli, i segni, sono cose che non si possono

descrivere, sono cose che solo chi le ha vissute, da

animato e da animatore, sa il significato e il valore

che hanno. Vedere gli occhi dei bambini pieni di

gioia e sentirli, anche a distanza di mesi, parlare

ancora del grest e ricordare i momenti vissuti, fa

capire a noi animatori che abbiamo lavorato bene,

che abbiamo speso bene il nostro tempo, che il ser-

vizio che facciamo è fondamentale.

Un grazie grande ai bambini e ai ragazzi che han-

no partecipato quest’anno, perché ogni gesto,

sguardo o parola che ci danno sono unici e indi-

menticabili. Un grazie a voi genitori che credete in

noi e in quello che facciamo. Un grazie agli anima-

tori: quest’anno pochi, ma buonissimi! Un grazie ai

papà che hanno speso il loro tempo e le loro serate

per costruire la scenografia del grest.

Un grazie a Matteo per aver coordinato i papà ed

averci aiutato con l’organizzazione di tutto. Un

grazie alle mamme che si sono messe al servizio

dei bambini e dei ragazzi e con molta pazienza e

dolcezza hanno insegnato loro come si fanno dei

buonissimi biscotti. Un grazie alle cuoche che, nelle

due giornate lunghe, hanno sfamato circa 130 boc-

che. Un grazie a chi ha collaborato per la riuscita

della pedalata: cuochi, autisti, sbandieratori. Un

grazie a coloro che hanno contribuito alle spese del

pranzo della pedalata e a coloro che ci hanno aiuta-

to a servire in tavola. Un grazie all’Associazione

Viviamo Summaga, sempre puntuale e presente,

che ci ha supportato in diverse situazioni. Un gra-

zie a Ricky per aver organizzato tutta la pedalata

ed essersi messo al servizio del grest anche que-

st’anno. Un grazie a don Giuseppe per essere stato

sempre presente e vicino a tutti noi in programma-

zione e durante i giochi. Un grazie speciale alle mie

spalle, Elisa e Francesca, per aver condiviso con me

le responsabilità di questo numeroso gruppo di

ragazzi, per le risate, le mele e i meloni, le brioches

della colazione, le strigliate e gli abbracci ai ragaz-

zi, gli scherzi e gli scleri. Un grazie a tutti coloro

che ci hanno aiutati nella realizzazione di questo

progetto. Un grazie a Gesù perché in ogni momen-

to ci permette di vivere esperienze uniche.

Senza ciascuno di voi questa Estate Ragazzi 2013

non sarebbe stata la stessa.

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18

C’è che ormai che ho imparato a sognare…

Non smetterò Campo orientamento giovanissimi ACG Ultimo campo da giovanissimi. Ultimo campo da

animati. Di strada ne avete fatta tanta, ne abbiamo

fatta tanta insieme. Sette anni sono passati da quan-

do abbiamo iniziato il nostro percorso di azione

cattolica, vi ho visti crescere, giocare, scherzare, ri-

dere e ogni tanto piangere, maturare; vi ho visti

passare da animati ad animatori, da acierrini ad

aiuto educatori. Questa estate abbiamo affrontato

insieme l’ultimo vostro campo da giovanissimi, il

campo orientamento, quello che ha segnato l’inizio

della fase di passaggio da “educati” ad “educatori”.

29 luglio - 4 agosto, località Forgaria nel Friuli, par-

rocchie: Arzene San Martino, Bagnara, Fossalta,

Maniago, Maron, Rorai, Spilimbergo e Summaga,

giovanissimi 50, educatori 7. Una bella sfida.

Alle 7.30 di lunedì

mattina ci viene a salu-

tare don Giuseppe, ci

riunisce nel piazzale

della Chiesa, ci da la

Sua benedizione e il

Suo augurio per un

buon campo, e tra son-

no e agitazione, cari-

chiamo le valigie e

partiamo. Vista la lun-

ga esperienza di campi

diocesani quasi tutti i

partecipanti li cono-

sciamo già, così tra

saluti, bans e abbracci

la mattinata è passata

in fretta. Nel pomeriggio si inizia ad entrare nel vi-

vo del campo: chi sono? Quali sono i miei valori?

Riflettere su se stessi e sugli altri è stata l’attività

che ci ha accompagnati per sette giorni, non è stato

semplice ma, tra giochi, chiacchiere, testimonianze

e attività varie, ognuno di noi si è impegnato a far-

lo. E così il lunedì è passato e la nostra scala delle

note inizia a comporsi: lunedì c-re-DO.

Ore 7.30 sveglia!! Che il martedì abbia inizio! Siamo

partiti alla grande con la visione di un video-

testimonianza molto forte “Le interviste barbariche

Suor Anna Nobili” per poi proseguire con l’ascolto

di quella che è diventata la colonna sonora del no-

stro campo “Ho imparato a sognare”. Questo ci ha

aiutato a riflettere su quali siano i nostri desideri, i

desideri di un gruppo di ragazzi di 17/18 anni che

sta insieme una settimana condividendo tutto, aiu-

tandosi a vicenda, sostenendosi l’un l’altro. Nel po-

meriggio invece è stato bello vedervi diventare de-

gli attori per rappresentare le vostre scelte di vita! E

così il martedì è passato e la nostra scala delle note

continua a comporsi martedì: c-RE-do.

Andiamo o non andiamo, regge o non regge questo

pallido sole?! Dai andiamo! Zaino in spalla, acqua,

affettato, pane, frutta e cioccolata caricati, scarponi

e felpa presi, ombrello perché non si sa mai. Ore

9.00 partiamo! La stra-

da non è facile, a tratti

battuta, a tratti asfalta-

ta, a tratti in salita e

poi in discesa, a tratti

sotto il sole o all’om-

bra degli alberi, a volte

percorsa da soli, a vol-

te in compagnia e nei

momenti di difficoltà

c’è sempre qualcuno

accanto a te, sempre

qualcuno pronto a so-

stenerti, ad aiutarti, a

portarti in braccio o a

condividere con te i

suoi biscotti proprio

come nel cammino della vita. È stata una giornata

pesante, 12 ore fuori casa non sono poche, ma i ri-

cordi che ha lasciato sono indelebili nella testa e nel

cuore di ognuno di noi, e chi c’era lo sa. MI come

me stesso.

Giovedì mattina ci ha regalato qualche ora del suo

tempo il nostro Vescovo Mons. Giuseppe Pellegri-

ni, parlandoci della Sua esperienza alla GMG di Rio

e di molte altre cose. Nel pomeriggio invece i labo-

ratori multimediale, letterario, artistico e musicale

ci hanno tenuti occupati per imparare a conoscere i

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QUI SUMMAGA

19

nostri limiti. Se la strada è in salita come si FA?

La giornata di venerdì è iniziata con l’accoglienza

da parte nostra di due testimoni che hanno voluto

condividere con noi le loro esperienze, forti, dolo-

rose, di fede; abbiamo sentito parole che non si pos-

sono dimenticare, che ti lasciano qualcosa dentro,

che ti smuovono, che ti commuovono, che ti spro-

nano. Nel pomeriggio le Confessioni sono state pre-

cedute dalla visione di video, lettura di frasi di per-

sone che si sono spese in modo concreto e conti-

nuativo per amare concretamente gli altri e crescere

nella fede. Siamo arrivati a metà scala: S-OLfatto…

fiuto per la crescita.

Siamo quasi arrivati alla conclusione di questo

campo, sabato, la mattina si inizia con il capire chi è

per noi l’altro, chi sono gli altri con cui ci confron-

tiamo? Una volta compreso questo, nel pomeriggio,

prima viene compiuta una scelta da parte di ogni

giovanissimo: decidere in che cosa impegnarsi nel

prossimo anno, quale altro aiutare, poi ogni giova-

nissimo ha la possibilità, a ruota libera, di ascoltare

le esperienze degli educatori, parlare con loro, por-

re loro delle domande, sentire chi sono per questi

esempi gli altri. Tutte queste attività e riflessioni

hanno fatto sì che ognuno di noi potesse, durante il

fuoco finale del sabato sera, ringraziare per le espe-

rienze vissute e prendersi un impegno concreto per

l’anno che stava per iniziare: LA mia direzione ver-

so l’alto.

Raccontare così in poche righe tutto ciò che è stato

vissuto è impossibile, ci sono cose che non si posso-

no esprimere a parole, ci sono momenti che merite-

rebbero ore per essere spiegati, ci sono gesti che

solo chi li ha fatti e vissuti può apprezzare e può

sapere il valore che hanno, una semplice foto rac-

chiude in se un’infinità di emozioni. Parole, chiac-

chiere, lacrime, sorrisi, abbracci, urla, attività, espe-

rienze, canzoni, video, fotografie, solo noi sappia-

mo quanto abbiamo vissuto in questo campo e nei

sette campi/anni precedenti.

A breve vi vedrò, anche se non tutti, passare

dall’altra parte, diventare educatori come me; aver-

vi a fianco in un’altra veste, sarà una bella esperien-

za per tutti, sarà impegnativa, ma so che sarete per-

fettamente in grado di affrontarla.

L’azione cattolica in questi anni ci ha dato tanto, ha

fatto in modo che per me voi siate un po’ come dei

fratellini minori e io per voi un po’ una sorella

maggiore, d’ora in poi toccherà a voi diventare fra-

telli maggiori per qualcun altro, far capire agli

acierrini che verranno quanto è importante fare

queste esperienze, partecipare agli incontri, ai cam-

pi, alle feste, quante belle esperienze si possono vi-

vere e quante belle persone si possono conoscere.

Sono orgogliosa di voi e delle belle persone che

SIete diventati.

Ogni anno finivo questo articolo ringraziando tante

persone per il bellissimo campo vissuto, quest’anno

voglio finire così: GRAZIE ALESSANDRA, ANNA,

CARMEN, ELIANA, ELISA, GIOVANNA, GIU-

LIA, GIULIA, GIULIA, MASSIMILIANO, MARA,

SOFIA, VALERIA per tutto quello che abbiamo vis-

suto insieme.

Elena

Page 22: Qui Summaga, n. 87, 2013

20

Testimonianza di un nostro giovane

Sono Aberto, ho 19 anni e da quest’anno, assieme

ad altri 14 compagni, faccio parte della comunità di

Teologia del Seminario diocesano di Concordia-

Pordenone. Le mie origini sono per metà summa-

ghesi, paese a me particolarmente caro e a cui sono

legato affettivamente, luogo per me privilegiato di

crescita umana e culturale; un paese che ha contri-

buito a formare in me una disposizione d’animo

orientata al centro vero di tutto il nostro agire, Dio.

Pablo Neruda, grande poeta sudamericano, defini-

va la bellezza della sua amata con un aggettivo ca-

rico di una serie di significati estremamente pro-

fondi. Il volto della sua amata è bello: un’espressio-

ne semplice, popolare, ma mai banale, perché il

popolo di cui tutti facciamo parte, il popolo di Dio,

non è mai banale.

Ricordo con grande nostalgia mio nonno che sim-

paticamente intercalava il discorso attribuendo a

Dio questo aggettivo: bello. Qui sta tutta la bellezza

della fede del popolo, delle nostre tradizioni, molto

più pura di tante speculazioni filosofiche o teologi-

che. Una fede semplice, che fin dalla mia nascita,

nelle zone che tutti noi tanto amiamo e che ci lega-

no alle nostre origini, mi è stata tramandata dai

miei nonni e dai miei genitori, dai miei zii e da tutti

quelli che mi hanno insegnato il valore della fami-

glia e della fraternità.

A Dio piacendo anche da prete questa certezza non

mi abbandonerà mai, proprio per la profonda ric-

chezza che mi è stata donata dagli insegnamenti

della mia gente.

Page 23: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

21

Questo è stato il punto di partenza della mia chia-

mata, il periodo in cui sono stati messi i semi nel

terreno, poi irrigati da figure importanti che pian

piano sono entrate a far parte della mia vita.

Dico sempre, ogni volta che qualche persona mi

chiede di parlare della mia vocazione, che essa è

stata ed è tuttora una sorta di gioco di sguardi, tal-

volta fuggevoli, altre volte più attenti.

Proprio a partire dagli sguardi

attenti e dalla presenza affetti-

va e concreta di gente sempli-

ce, come lo sono anch’io, il mio

cammino ha preso una piega

particolare.

I primi due anni di Seminario

dai frati francescani cappucci-

ni, a Thiene (VI) e poi a Rovi-

go, con sempre presenti nel

mio cuore quelle radici che mi

hanno visto nascere e crescere,

e poi la chiamata di Gesù a se-

guirlo nella strada che porta al

presbiterato diocesano, in

grande continuità con l’espe-

rienza francescana che ha la-

sciato in me segni di speranza

forti.

Dicevo all’inizio che sentirsi chiamati da Dio è bel-

lo, e che tutto ciò che Lui compie nella nostra vita,

colto nel suo più profondo significato, è carico di

un fascino e di una bellezza immensi. “Perché allo-

ra non udiamo la sua voce?” si chiedeva negli anni

del Concilio Vaticano II il Card. Suenens. E la sua

risposta è più che mai valida oggi: “Semplicemente

perché non stiamo in ascolto, non siamo sulla lun-

ghezza d’onda della sua parola”.

In altri termini, perché facciamo fatica ad avere

uno sguardo attento a chi ci è vicino e a cogliere la

bellezza di un rapporto intimo con Lui attraverso

tutte le persone. In questo ci vengono incontro le

nostre radici, che se sono ben salde nel terreno di-

ventano la base per crescere nella consapevolezza e

nella fede.

Le mie radici sono per metà a Summaga e per l’al-

tra metà a Portogruaro, luoghi in cui ho conosciuto

la grandiosità dei legami affettivi, in cui ora rivedo

la sapiente e amorevole mano di Dio, che continua

a guidarmi in un cammino di speranza, perché co-

me diceva il Card. Suenens ”Dio è nuovo ogni

mattina”. E ogni giorno di sole questa novità di

Dio si vede, nei fiori che sbocciano, negli alberi che

crescono, nei frutti della terra. Tutti doni che Dio

mette sotto i nostri occhi e che ci dimostrano quan-

to Lui ci ama di un amore personale, unico.

Io sono un ragazzo normale, giovane, e mi fa male

vedere ragazzi della mia età che non sperano più,

perché non riescono a cogliere Dio nella loro vita.

Quando a me è capitato di sentirmi solo, un po’

perso nella confusione del mondo, ho sempre visto

Gesù tendermi la mano ed indicarmi la strada nei

volti delle persone, negli abbracci e nelle confiden-

ze, e questo mi ha dato la forza per andare avanti

nel mio cammino. Restare legato alla mia gente e

allo stesso tempo starne lontano mi ha rafforzato

nella consapevolezza che chi unisce tutti è Dio. Lui

non bada alle distanze: Rovigo, Pordenone, Sum-

maga, Milano, ma anche lontano Oriente, Africa,

Polonia, Lituania.

Bosnia… tutti luoghi a me molto cari, che segnano

la mia storia in un percorso di unità, e che mi ricor-

dano, pensandoci bene, che “cattolico” nel suo si-

gnificato etimologico vuol dire “universale”.

Grazie, pregate per noi seminaristi (affinché au-

mentiamo sempre di più), ne abbiamo bisogno. Da

parte nostra, anche noi ricordiamo le nostre comu-

nità di origine, e tra queste c’è anche Summaga.

Alberto Della Bianca

Page 24: Qui Summaga, n. 87, 2013

22

Le nostre radici cristiane

Domenica 5 maggio 2013 noi ragazzi che ci stiamo

preparando al Sacramento della Cresima con don

Giuseppe, le catechiste ed alcuni genitori, ci siamo

recati in visita agli scavi romani e al Battistero di

Concordia per cercare di scoprire le origini della

nostra fede cristiana.

Siamo partiti alle 14:30 e ci siamo ritrovati nel sa-

grato della Cattedrale dove ci attendeva la guida

che ci ha accompagnato nella visita e ci ha illustra-

to il periodo storico in cui Concordia venne fonda-

ta (42 a.C.).

La località era assai vicina al mare e quindi si pote-

va raggiungere in breve tempo, sia via terra attra-

verso la Postumia, sia via mare grazie ad Aquileia.

Concordia Sagittaria deve il nome al termine latino

“Sagitta” che significa “freccia”.

Era il posto dove venivano fabbricate le frecce per

l’esercito.

Successivamente siamo scesi agli scavi e abbiamo

camminato sopra le antiche pietre della via Annia,

la strada romana che collegava Concordia ad Aqui-

leia. Sempre la guida ci ha spiegato che nella piaz-

za, davanti alla statua dell’imperatore Diocleziano,

c’era un braciere dove veniva acceso dell’incenso e

fatto un inchino in suo onore da tutte le persone

che passavano e quelli che si rifiutavano, perché

erano cristiani, venivano perseguitati.

I cristiani del luogo, nel 350 circa, eressero la

“Trichora” per custodire e commemorare le reli-

quie di quei loro compagni nella fede martirizzati

qualche decennio prima. I resti di questo primo

edificio sono ancora visibili a lato del campanile,

nella zona di scavo, e sono riconoscibili grazie alla

tipica forma “a trifoglio” e al loculo cruciforme sul-

la pavimentazione, creato appositamente per con-

tenere le reliquie. Evento particolarmente impor-

tante per la cristianità concordiese fu l’arrivo delle

reliquie di S. Giovanni Battista e degli Apostoli An-

drea, Giovanni, Tommaso e Luca.

In preghiera davanti l’urna dei martiri

Nel Battistero in preghiera e riflessione

Page 25: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

23

Abbiamo proseguito entrando tra i resti delle tre

chiese cattedrali. Sempre nel IV secolo venne eretta

la cosiddetta Basilica Apostolorum o Basilica

Maior, che venne distrutta dall’alluvione del 589

d.C. La seconda del V secolo a tre navate, che fu

invece distrutta durante le invasioni del X secolo.

L’odierna Cattedrale è la terza edificata in ordine

di tempo (sec. X-XI). Molto interessante l’area cir-

costante con i resti dei sarcofagi funerari.

Siamo poi risaliti ed entrati in cattedrale, dove ab-

biamo recitato una preghiera davanti all’altare dei

Ss. Martiri Concordiesi.

La visita è terminata all’interno del Battistero me-

dievale, dove venivano battezzati i catecumeni la

notte del sabato santo e qui, don Giuseppe, dopo

una piccola cerimonia, ci ha donato una croce tau,

segno di salvezza, con il nome di un martire con-

cordiese a ricordo di questa visita.

Dopo aver partecipato alla S. Messa siamo rientrati

a Summaga.

Per tutti noi è stato un bel pomeriggio, ma so-

prattutto un’esperienza emozionante perché abbia-

mo visto, calpestato e toccato con mano le antiche

radici della nostra fede cristiana.

Grazie per questo bel ricordo.

La classe dei Cresimandi

con le Catechiste

Il Battistero e la torre Campanaria

Pavimento in mosaico della Basilica Apostolorum

Resti della seconda Basilica

Page 26: Qui Summaga, n. 87, 2013

24

Alla scoperta della vita monacale

Domenica 17 novembre 2013 noi cresimandi assie-

me ai nostri genitori, le catechiste, don Giuseppe e

qualche padrino siamo andati a visitare il monaste-

ro di Santa Maria a Poffabro, dove vivono otto mo-

nache benedettine.

Al nostro arrivo ci ha accolto suor Daniela e ci ha

fatto accomodare nel parlatorio. Qui abbiamo par-

lato delle tante difficoltà della vita di noi cristiani

nel mondo di oggi dominato dalla fretta del vivere

e dal poco tempo che dedichiamo nell'ascoltare noi

stessi, gli altri e soprattutto Dio.

Suor Daniela ci ha raccontato anche di come si

svolge la giornata al monastero che inizia alle 5.15

con la prima lode del mattino. Dopo circa un'ora di

piacevole conversazione ci è stato offerto il tè con i

biscotti che è stato gradito da tutti.

Non dimenticheremo mai il suo sorriso radioso e le

sue parole, dal suo viso traspariva la dolcezza e

l'amore verso il prossimo.

Successivamente ci siamo trasferiti in chiesa e ab-

biamo partecipato ai vespri, cantati divinamente

dalle suore e alla fine don Giuseppe ha celebrato la

Santa Messa.

Prima di ritornare a casa siamo passati nella fore-

steria del convento, dove abbiamo acquistato alcu-

ni prodotti come infusi, marmellate, liquori e pic-

coli oggetti tutti confezionati dalle monache.

Siamo rientrati portando con noi un po' di pace e

tranquillità che avevamo respirato in questo pome-

riggio in monastero.

I Cresimandi

Page 27: Qui Summaga, n. 87, 2013

25

9 giugno 2013

1A Festa della Famiglia

Era un pomeriggio di Aprile, quando ad

un paio di mamme “frulla” in testa l’idea

di fare qualcosa per i bambini del paese.

Alcune telefonate, seguite da messaggi e

mail, hanno permesso ad alcuni genitori

di riunirsi per uno scambio di proposte e

iniziative sul da farsi ed alla fine si è deci-

so di dar vita alla “Festa della Famiglia”.

Dopo aver chiesto a don Giuseppe la di-

sponibilità ad utilizzare i locali parroc-

chiali, il “gruppo organizzatore” si è atti-

vato per raccogliere la collaborazione dell’Associa-

zione “Viviamo Summaga” per programmare sia il

pranzo che i ristori durante la giornata (per i bambini

ma soprattutto per i genitori, con birra in quantità).

Si è poi ritenuto necessario contattare un gruppo di

ragazze che, supportate dal Mago Arturo, “il mago

del futuro”, avrebbe avuto il compito di promuovere

e animare i giochi e gli intrattenimenti vari. Fin

dall’inizio si è voluto che questa Festa fosse indiriz-

zata alla Famiglia, con bambini che frequentano la

scuola dell’Infanzia e la scuola Primaria di Summaga

e Pradipozzo. E così, domenica 9 giugno, dopo la S.

Messa delle ore 10.00, 77 famiglie (per un totale di

270 persone, tra cui 115 bambini) si sono trovate as-

sieme a trascorrere una giornata allegra e di-

vertente, vivacizzata da giochi di squadra

(bambini contro genitori), balli di “gruppo”,

bangs, caccia al tesoro e per finire una lotteria

con un’infinità di premi. Grazie alla lotteria si

sono raccolti i fondi che sono stati poi così

destinati: 50 € al gruppo di ragazze dell'ani-

mazione, 50 € per il grest estivo di Summaga,

100 € a una famiglia del paese e 650 € per le

varie attività dei bambini. Sicuramente questa

iniziativa ha avuto il merito di far stare insie-

me per un’intera giornata i bambini con le

loro mamme e i loro papà in modo divertente

e allegro. Nello stesso tempo si è data l’opportunità

ai genitori di conoscersi meglio e di condividere

un'esperienza in una clima sereno e gioioso. Visto

l’entusiasmo dimostrato, sia dai grandi che dai pic-

coli, si può ben ritenere che questa giornata partico-

lare abbia riscosso un buon successo. Non resta per-

tanto che darci appuntamento il

prossimo anno con la speranza di

vedere i gruppi famiglie diventare

più numerosi. Ancora un grazie a

tutti, a don Giuseppe, all’Associa-

zione “Viviamo Summaga”, alle

ragazze animatrici, al Mago e ai

tanti genitori che in vario modo

hanno contribuito alla buona riu-

scita della 1A edizione della Festa

della Famiglia.

Page 28: Qui Summaga, n. 87, 2013

26

Settimane sociali:

La famiglia tema centrale Essere Chiesa, essere Comunità è importante. Fare

Chiesa, fare Comunità lo è di più.

Lo hanno dimostrato, ancora una volta, le tante

iniziative che periodicamente organizzano – anche

da noi – le diverse associazioni socio-culturali, le

organizzazioni di volontariato, le parrocchie, fino

ai Comuni e alle Diocesi. Una strada resa ancora

più ardua dalle difficoltà del momento che stiamo

vivendo, ma pur sempre indispensabile se credia-

mo davvero nella solidarietà umana e cristiana. In

questo cammino, la formazione e la condivisione

sui principali temi che oggi ci interpellano rivesto-

no sempre primaria importanza. Un esempio ci

viene dalla organizzazione della “Settimana Socia-

le” sia a livello nazionale che locale.

Quest’anno il tema centrale è stata la famiglia, vi-

sta come speranza e futuro per la società italiana,

ma anche coniugata sotto i diversi aspetti che

l’attuale crisi, non solo economica, ci pone davanti,

con particolare riferimento al mondo giovanile.

Perché ancora la famiglia scelta come tema di re-

sponsabilità sociale? Credo non sfugga a nessuno

come questo fondamentale istituto, riconosciuto e

validato a pieno titolo dalla nostra Costituzione,

sia oggi “sotto tiro”, una forma di aggressione non

casuale perché, così facendo, si finisce per indeboli-

re la persona stessa. Anzi l’obiettivo è più sottile,

perché una società più è fragile più è vulnerabile e

si domina meglio sotto tanti profili: politico, ideo-

logico ed economico. È la storia stessa che ce lo in-

segna, con una vera e propria lobby oggi in campo

allo scopo di colpire proprio la famiglia, cioè il luo-

go principe del riferimento educativo stabile e si-

curo. Ecco perché è tornato forte alla ribalta questo

tema; questi sono tempi in cui non si può – tutti -

tirarsi indietro nel difendere le nostre libertà fon-

damentali, quindi assolvere ad un preciso dovere

sapendo che la famiglia è l’ultima e prima frontiera

dell’umano. A Pordenone, durante la Settimana

Sociale diocesana dell’ottobre scorso, è stato ribadi-

to con forza il concetto che il riferimento educativo

esercitato dagli adulti verso i giovani non deve es-

sere frutto di arroganza e demagogia, perché nes-

suna autorità serve per affermare se stessa, ma solo

per servire gli altri e poi, chi ha autorità deve ac-

quisire autorevolezza attraverso una convincente

coerenza personale, oltre che nell’avere qualcosa di

valido ed importante da dire e proporre. Quali

concrete risposte, ai diversi livelli decisionali, pos-

siamo augurarci visto che si è parlato di speranza e

futuro per la società italiana? Come si può agire in

maniera adeguata e come poter sostenere la fami-

glia nei suoi compiti primari? Ci troviamo di fron-

te, lo hanno riconosciuto tutti i relatori, a questioni

davvero importanti e complesse che vanno dalla

missione educativa alle relative alleanze (in primis

la scuola e l’università), anche nell’accompagnare i

giovani nel mondo del lavoro, dalla pressione fi-

scale al sistema di welfare, dall’abitare la città cu-

stodendo il creato ad una solidarietà intergenera-

zionale senza trascurare il cammino comune con le

famiglie immigrate.

Come si vede il tentativo di passare dalla famiglia

come esclusivo luogo degli affetti a ricchezza per

tutti è stato – attraverso le settimane sociali – un

terreno fertile di confronto ed approfondimento,

offerto a tutte le realtà che compongono il nostro

tessuto sociale per capire meglio cosa sta avvenen-

do e soprattutto quali saranno gli esiti delle scelte

fatte o non fatte finora, e così poter individuare

obiettivi e strade necessari per la crescita del no-

stro Paese e della società in generale. Anzitutto cre-

do bisognerà superare quel clima di indifferenza

che alberga nei nostri cuori, tanto da far definire a

Torino (Settimana sociale nazionale) la famiglia

come “ventre molle della società”. Sono tante le

ragioni di questa annosa disattenzione nei confron-

ti di una istituzione che deve invece essere consi-

derata una sorta di architrave portante di ogni rea-

listico futuro. Per capire bene la portata e la posta

in palio, possono bastare alcuni dati pratici resi

pubblici dall’economista Stefano Zamagni: “La fa-

miglia produce per 570 miliardi di Euro, lavora e

offre servizi per un valore corrispondente al 25%

del PIL (prodotto interno lordo), ma sono miliardi

e lavori che non transitano sul mercato, quindi non

Page 29: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

27

Gigi Villotta

22 Ottobre 2013

si vedono”. La famiglia infatti, lo ribadiamo, non è

un qualche cosa di privato, da mantenere e coltiva-

re solo nell’intimità domestica, quindi è limitativo

e sbagliato investire solo in alcune fasce di “servizi

alla famiglia” (infanzia e vecchiaia), trascurando il

fatto che il ciclo di vita di una famiglia è ben più

lungo e problematico. C’è bisogno dunque di lun-

gimiranti politiche familiari che puntino alla nor-

malità e non solo alla eccezionalità. In questo il no-

stro Paese è ancora indietro, malgrado a livello lo-

cale si faccia davvero l’impossibile per venire in-

contro ai bisogni della gente, perché sono proprio i

comuni e le parrocchie la prima frontiera dei dram-

mi familiari. È compito del governo e del parla-

mento legiferare in materia, tenendo sempre ben

presente che la crisi della famiglia non è da addebi-

tarsi prioritariamente a motivi di ordine economico

e sociologico, ma soprattutto antropologico, quasi

spirituale, come da più parti viene sottolineato.

Politiche dunque della “normalità” se non voglia-

mo più paragonare la famiglia solo a “soggetto di

consumo”, come vorrebbe la logica del mercato.

Deve venir considerata invece “soggetto giuridi-

co”, a pieno titolo, per poter contare di più in que-

sta nostra società e diventare, di fatto, interlocutore

autorevole per vere scelte di “politiche familiari”

che rispondano finalmente a pieno al dettato costi-

tuzionale.

Educazione

Credo che il discorso sull’educazione e in partico-

lare l’educazione in famiglia sia un argomento

molto complesso e cercando di dare delle defini-

zioni o dei consigli si rischia di cadere nella bana-

lità. Quello che vorrei fare invece, è portare a ri-

flettere tutte quelle persone che oggi si trovano a

dover affrontare il faticoso e arduo compito di edu-

care. Sappiamo che il luogo originario dell’educa-

zione è la famiglia; la costruzione della persona

umana inizia nell’ambito della famiglia nel senso

che è in essa che inizia il cammino della persona

verso la piena realizzazione di se stessa. Purtroppo

la famiglia oggi risulta in crisi. I matrimoni durano

sempre meno e, quando non si arriva alla separa-

zione, il clima all’interno della famiglia non è

affatto sereno. Fatti di cronaca quasi quotidiani ci

testimoniano di atti crudeli e omicidi avvenuti

all’interno delle mura familiari. Certe volte, invece

della violenza e dell’aggressione, si assiste ad una

certa debolezza dei genitori. I genitori di oggi si

presentano sempre meno come autorità e sempre

più come amici dei loro figli, incapaci di dire di

“no”. Spesso si sentono in difetto nei confronti dei

figli perché devono scontare il poco tempo loro

dedicato, a favore della carriera e degli hobby, ri-

pagandoli concedendo loro tutto dal punto di vista

materiale. A questo proposito vorrei sottolineare

che il rapporto educativo non è fra pari, non è pos-

sibile nessuna educazione senza l’esercizio dell’au-

torità dell’educatore. Certo di tutto questo non

hanno colpa solo i genitori, ma tutta la nostra so-

cietà, così frenetica e basata sul culto dell’immagi-

ne. Anche la televisione fa la sua parte; ditemi, su

dieci telefilm in circolazione, quanti presentano la

famiglia tradizionale come una realtà valida anche

oggi: nessuno! Vorrei comunque pensare in positi-

vo, perché sappiamo che dopo ogni crisi nasce una

realtà diversa e in parte migliore rispetto alla pre-

cedente. Anche perché, come ho già accennato pri-

ma, la famiglia rimane il nucleo originario della

convivenza sociale e politica e più una società è in

grado di tutelare, proteggere ed incentivare la fa-

miglia, più questa società ha una prospettiva per il

futuro.

Elisa Cassan

Page 30: Qui Summaga, n. 87, 2013

28

…che emozione…

La Prima Confessione

Il giorno 17 marzo 2013, dopo un periodo di prepa-

razione attraverso l’incontro settimanale di catechi-

smo, abbiamo accompagnato i “nostri bambini”,

per la prima volta, al sacramento della Confessio-

ne.

L’emozione letta e/o confidataci dai fanciulli, pri-

ma e dopo il Perdono del Signore, ci ha dimostrato

quanto fosse grande il desiderio di avere ed affi-

darsi ad un Amico Speciale (Gesù), pronto ad acco-

glierli e a rifugiarsi nei momenti difficili, così come

gioire in momenti lieti.

Nel corso dell’anno, in preparazione alla Prima

Confessione, abbiamo rinnovato le promesse batte-

simali e, attraverso esempi di pensieri, parole e

comportamenti, abbiamo cercato di far capire i

concetti di “bene” e “male” riuscendo a spiegare

che il perdono dei loro “grandi peccati” avviene

dopo il pentimento, con l’assoluzione mediante la

preghiera.

Un grazie particolare va a don Giuseppe per le sue

inaspettate visite durante le ore di catechismo, aiu-

tandoci a muovere i primi passi in questo cammino

di fede cristiana

e… ma non per ultimi…

ai genitori, che, hanno deciso di festeggiare tutti

insieme, organizzando una mega grigliata (con

prosecco e birra a volontà!!) presso l’oratorio, dan-

do un esempio concreto di spirito di fratellanza e

comunione.

Ecco alcuni pensieri che raccontano questa grande

esperienza…

“Il giorno della mia Prima Confessione è stato magnifico

e devo dire che Gesù mi ha dato una nuova vita e un

cuore nuovo“

“Il giorno della Prima Confessione ero molto emozionata

e sono stata molto felice di aver ricevuto un cuore nuo-

vo. Mi sono sentita libera quando ho confessato i miei

peccati a don Giuseppe”

“Il giorno che mi sono confessata ero molto emozionata

perché credevo di sbagliare e dimenticarmi tutto, invece

è andato tutto molto bene”.

Le catechiste

Michela e Chiara

Page 31: Qui Summaga, n. 87, 2013

29

La nostra Prima Comunione

Dopo mesi di preparazione all’incontro con Gesù,

finalmente il 12 Maggio 2013, siamo arrivati con le

nostre tuniche bianche in canonica, da dove Don

Giuseppe, processionalmente, ci ha guidati in

Chiesa.

I nostri genitori, parenti ed amici affollavano la

nostra stupenda abbazia, resa ancor più bella dalle

composizioni floreali “confezionate” dai nostri ge-

nitori e dalle catechiste.

È stato un giorno emozionante dove, con parole e

gesti, abbiamo confermato il proposito di portare

sempre nel cuore Gesù.

Ecco le riflessioni di alcuni di noi:

Quando ho fatto la comunione ho sentito una felicità ed

un amore immenso verso Gesù.

Alex

Il giorno della Comunione ero molto emozionata perché

ho ricevuto Gesù nel cuore per la prima volta. Da quel

giorno mi sono promessa di impegnarmi ancora di più

per seguire le regole e gli insegnamenti che ci ha dato

Gesù.

Giorgia

Quando ho preso la prima volta la particola ho sentito

una grande emozione perché sentivo che Dio era dentro

di me.

Sofia

Il primo giorno che ho preso il Corpo di Cristo ho prova-

to un’emozione grandissima. Ho sentito Cristo intorno

a me.

Matteo G.

Sono stato molto emozionato quando ho mangiato la

particola alla Comunione.

Alessandro

Quando ho ricevuto la Comunione ho sentito un’emo-

zione forte come se Gesù era dentro di me e mi sono sen-

tita bene perché in quel momento ero diventata parte di

Lui.

Emma

Il giorno della Prima Comunione ero molto emozionata,

perché sapevo di ricevere Gesù per la prima volta nel

mio cuore.

Elena

Per me ricevere Gesù per la prima volta è stata una

grande emozione.

Matteo B.

I giorni della Comunione sono stati emozionanti e quan-

do ho preso l’Ostia ho avuto un attimo di entusiasmo.

Filippo

Da sinistra in prima fila:

Grando Matteo,

Scanu Alessandro,

Bandiziol Giorgia,

Zanet Sofia,

Goz Elena,

Bonfada Davide,

Gjergji Alessandro,

Carrer Eleonora,

Bandiziol Emma,

Barbuio Matteo

Da sinistra in seconda fila:

Bergamo Michele,

Dal Moro Filippo,

Paro Alessia

Page 32: Qui Summaga, n. 87, 2013

30

Cresimandi La nostra comunità riunita in festa

Domenica 7 aprile 2013 la nostra comunità ha vis-

suto un’altra giornata molto significativa: si è ritro-

vata unita nella preghiera per i 18 ragazzi e ragaz-

ze sui quali, con il sacramento della Confermazio-

ne, è stato effuso lo Spirito Santo. A loro era stato

proposto un percorso triennale di formazione e

crescita cristiana che li ha portati a questa impor-

tante tappa: ricevere la Cresima.

La celebrazione è stata presieduta dal vescovo

mons. Giuseppe Pellegrini, al quale i cresimandi

sono stati presentati dalla catechista che, pensando

al loro mondo e al loro essere “giovani” protagoni-

sti dell’era moderna, così si è espressa:

Eccellenza, le nostre ragazze, i nostri ragazzi, li abbiamo

visti crescere, cambiare anche fisicamente, quasi ogni

volta che settimanalmente li incontravamo durante que-

sti tre anni di preparazione al sacramento della cresima.

Potevamo scorgere nei loro sguardi o nel cercar di sfug-

gire i nostri sguardi, i timori, le incertezze, le paure che

animavano i loro cuori. Oppure li scorgevi con lo sguar-

do perso nel nulla. Anche noi l’abbiamo avuto quando

eravamo giovani questo sguardo, presi da faccende che

facevano vibrare loro forte il cuore, ma non avevamo il

telefonino! Già, il telefonino.

Quante volte li abbiamo richiamati affinché lo riponesse-

ro, ma fa parte della loro realtà, non possono staccarsene

Prima fila, da sinistra:

Seconda fila, da sinistra:

Fiorella (la catechista), Anna Cecchetto, Nicole Lisandro,

Veronica Simonatto, Claudia Drigo, Asya Gioi, Celestelisa Cecotto,

Caterina Bozza, Federica Ricupero, Chiara Finotto

don Giuseppe, Stefano Lena, Riccardo Vit, Elia Buoso, Kim Aguilar,

mons. Giuseppe (Vescovo), Stefano Gerolin, Mattia Bellino,

mons. Umberto, Valeria Banini, Giada Simonatto e Eleonora Marzinotto.

Page 33: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

31

e far senza: è una loro appendice. Quante volte ci è stato

utile questo telefonino per ricordar loro un incontro a

cui non potevano assolutamente mancare o una riunio-

ne a cui dovevano partecipare i loro genitori. E allora,

vediamo gli aspetti positivi che ci sono in loro. In questi

giovani che magari sono distratti in casa, che magari

frequentano poco la parrocchia, che magari a scuola van-

no così così, “ma se si impegnasse un po’ di più…”.

Quante volte noi genitori abbiamo sentito dagli inse-

gnanti questa frase! Domandiamoci: che esempio diamo

loro? Quanto li sappiamo accogliere, consolare, ascoltare

e magari anche coccolare; sì coccolare, persino al termine

di una giornata di duro lavoro. O ci ergiamo facilmente

a giudici e saliamo in cattedra, pronti a condannarli e

generalizziamo facilmente con un “non son più i giova-

ni di una volta!”. Cosa ne sappiamo noi dei tumulti che

scuotono i loro cuori? Ben poco. Possiamo solo lontana-

mente intuirli. Stanno crescendo, maturando, formando,

diventando veramente adulti.

Ed ecco che il sacramento della cresima con l’azione in-

dubbiamente fortificante dello Spirito Santo, a chi avrà

la sensibilità di percepirlo, darà forza e vigore per affron-

tare il “viaggio della vita” e anche della “vita cristiana”.

Eccellenza, Le presento le nostre ragazze e i nostri ra-

gazzi. La comunità di Summaga Le porge i fiori sboccia-

ti negli anni 1997/1998:

Veronica, Stefano, Claudia, Eleonora, Anna,

Riccardo, Kim, Nicole, Chiara, Elia,

Celestelisa, Asya, Federica, Mattia,

Giada, Caterina, Stefano, Valeria.

Durante l’omelia il vescovo ha avuto sagge parole

di incoraggiamento per le prove che inevitabilmen-

te la vita riserverà a ciascuno di loro, ma che sa-

pranno affrontare anche grazie ai sacramenti finora

ricevuti e all’aiuto dei genitori.

Chierichetti nella Cresima del 7 aprile 2013

Page 34: Qui Summaga, n. 87, 2013

32

“Ho puntato su di Lui la mia vita, l’unica che ho…” Padre Giuseppe Andreon,

viandante in nome di Cristo

Padre Giuseppe nacque a Santa Lucia di Piave il

21/05/1932 da papà Luigi Andreon e da mamma

Margherita Sanson, omonima della mamma di San

Pio X. Ancora ragazzini, Padre Giuseppe coi fratelli

Pietro, Fiorindo, Armando e la sorella Irma, si tra-

sferirono con genitori, nonni e zii a Sesto al Reghe-

na. Ben presto egli manifestò il desiderio di farsi

prete e nel 1945 entrò in Seminario a Pordenone.

In quei tempi la vita era molto dura e anche in se-

minario il mangiare a volte era scarso. Così la

mamma, accompagnata da Pietro, ogni quindici

giorni andava a trovarlo per portare cibarie e bian-

cheria pulita. Nei primi anni cinquanta la famiglia

si trasferì a Summaga, riconoscendosi così per sem-

pre summaghese: da qui la strada per raggiungere

il Seminario era più lunga e dato che Pietro partì

per il militare, Fiorindo, col piacere da ragazzaccio

che era, lo sostituì nei tragitti in bicicletta, allora

unico mezzo di trasporto.

Giunse il momento della consacrazione ma lui, al-

lora, aveva in testa solo l’Africa. Nel 1957 si presen-

tò alla sede dei Comboniani di Verona: lo manda-

rono quasi subito ad Arona, in provincia di Nova-

ra, per qualche mese e successivamente a Londra

all’Istituto Oxford per imparare l’inglese.

In quell’anno Fiorindo era migrante in Germania e

considerato che non lo vedeva da molto tempo,

partì alla volta del traghetto sulla Manica. Raggiun-

to Padre Giuseppe, insieme vissero la città londine-

se scorazzando in bicicletta: correvano nella corsia

di sinistra ma, giunti agli incroci, causavano un tal

caos da meritata galera! Proseguirono la permanen-

za visitando i siti più importanti che indicò loro un

compagno delle elementari di Fiorindo, incontrato

per caso ad Hyde Park. Padre Giuseppe, dopo gli

studi londinesi nei quali risultò il miglior straniero

con certificazione in lingua inglese, tornò a Verona.

Lì, il 23/05/1959 venne consacrato sacerdote dal

Vescovo e Padre Comboniano Monsignor Taranti-

no di Portogruaro che lo affiancò anche durante

l’imminente prima messa a Summaga (foto a lato).

Quel giorno tutto il paese era in gran festa e ban-

chettò servito da illustri camerieri: il Nini e Giorgio

Bonvicini. Solo la mamma era triste e sussurrava

tra le trattenute lacrime: “Non lo vedrò più”.

Il sabato successivo celebrò il matrimonio della so-

rella Irma, rinviato per l’occasione, mentre il 29

giugno celebrò il suo primo battesimo del nipote

Giuseppe Luigi.

Page 35: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

33

UGANDA Era il 1960 quando partì per la sua prima missione

a 7˙000 km da casa e a 800 km da Kampala: Gulu

e Patongo. Tornò a casa dopo cinque anni e quan-

do ripartì, oltre al resto, mise in valigia due caz-

zuole e un martello da carpentiere perché voleva

costruire chiese, scuole e abitazioni per i missio-

nari con quella malta che diceva essere fatta di

sabbia impastata con sterco d’animali.

Trascorse due anni

ad Anaka, poi ancora

Patongo, tre anni a

Pajule e poi Atiak e

Palabec.

Seguirono cinque an-

ni in un lebbrosario a

Morulem (foto a sx),

dove conobbe Padre

Clemente Othim.

Allora la gente vive-

va di solo bestiame e

la miscela di sangue e

latte crudo era l’alimento principale dei piccoli. La

dieta variava quando, con scambio impari, ca-

mion di farina arrivavano da Kampala e se ne an-

davano carichi di bestiame per gli abitanti della

capitale. L’Uganda era ancora colonia inglese e la

convivenza fra turisti e pastori era pacifica ma nel

periodo 1971-1979 si stabilì al potere il regime mi-

litare di Amin Dada che, con un colpo di stato, si

proclamò presidente e si auto-conferì il titolo di

Presidente a vita, Signore di tutte le bestie della

terra e dei pesci del mare, Conquistatore dell’im-

pero britannico, in Africa in generale e in Uganda

in particolare. “…ha solo la seconda elementare…” e

perseguì una violenta persecuzione razziale nei

confronti degli asiatici giustificandola come ri-

chiesta da parte di Allah apparsogli in sogno:

espulse le etnie musulmane, cristiane e gli indiani

che avevano in mano il commercio conseguendo-

ne un significativo declino dell’economia del pae-

se. La zona venne tagliata fuori dal mondo:

“Commercio, posta e trasporti si fermano a 200 km, a

Moroto…”.

Morirono in tanti (500˙000 vittime, secondo Am-

nesty International) soprattutto bambini, costretti

a rompere i termitai (foto a dx) per catturare le for-

miche e mangiarle bollite. Anche Padre Giuseppe

venne espulso ma

il vescovo che sostituiva

Mons. Cesana, capo della

diocesi, anziché inviarlo in Italia,

lo mandò al confine con il Kenia.

Nell’agosto del 1980 venne assegnato a Kaabong,

missione di 90˙000 Karimojon. Accadde che i Tur-

kana, popolo della zona dell’omonimo lago, ave-

vano perso il bestiame a causa della siccità e si

allearono con gli Jie, etnia del nord-est dell’Ugan-

da, per portare via il bestiame ai Karimojon ridu-

cendoli alla fame. Essi morivano per strada e la

mancata sepoltura ne diffondeva il colera. Oppure

i corpi venivano portati fuori dal villaggio e, nella

notte, divorati dalle iene. “Ossa e teschi si potevano

notare ovunque, i bambini non dormivano per i morsi

della fame e alla missione giungevano file di scheletri

ambulanti…”.

Page 36: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

34

Morirono in 10˙000 e il fatto diventò oggetto di

cronaca internazionale: nel giro di un anno co-

minciarono ad arrivare gli aiuti dall’America.

La distribuzione di viveri, sementi, zappe e

quant’altro veniva fatta in precisate zone dove

affluivano le genti dei villaggi: lì Padre Giuseppe

con gli altri Missionari costruì ben 52 scuole con

classi di 60-100 scolari di ogni età ai quali si inse-

gnava l’alfabeto e i numeri, si diffondeva la reli-

gione cristiana e il concetto di tolleranza.

La perdita del bestiame fece crollare le norme e

tradizioni delle tribù di pastori e i Missionari pro-

posero un nuovo modo di vivere la famiglia e di

sopravvivere: l’agricoltura. Condividendo soffe-

renze e speranze, convinsero gli anziani del vil-

laggio a cambiare abitudini e, alle prime piogge

del 1981, dopo soli quattro mesi di coltura, ognu-

no riuscì a strappare il proprio raccolto alla sava-

na. “I Karimojon, amando i Missionari, imparano ad

amare Dio. Migliaia di giovani e adulti chiedono di

diventare cristiani…” oltre che missionari e suore.

KENIA

Nel 1983 fu trasferito in Kenia

nella diocesi di Nakuru e Mogo-

tio e anche lì si occupava delle

scuole, celebrava messe e sacra-

menti, seguiva la consacrazione

di preti africani.

Il rientro a casa di allora si con-

cluse con il pellegrinaggio in

Terra Santa a Gerusalemme con Pietro e la mo-

glie, con Irma e il marito (foto in alto a dx).

A causa della distanza, non riuscì ad essere pre-

sente né per la morte del papà, avvenuta nel 1980,

né per quella della mamma nel 1985.

“Marzo 1985. Sono a Nairobi senza

problemi e senza lavoro: ho incon-

trato improvvisamente un gruppo

di pecore a passeggio, ho impugna-

to con forza il manubrio della mia

moto (foto a sx) e ne ho uccisa una

prima di fermarmi: il braccio si è

spaccato gentilmente ma completa-

mente... ho rincontrato don Roma-

no Filippi da Pradipozzo…”.

Fu l’anno della più tragica fame che il continente

africano avesse mai conosciuto e fu l’anno della

visita di Papa Giovanni Paolo II a Nairobi.

“È stato un momento forte della vita della Chiesa in

Kenia e in Africa, una festa di unità cattolica in mezzo

alle ottocento sette del Kenia che unì tutti, anche l’eser-

cito. È stato il frutto del lavoro dei Missionari che da

anni insegnano alle genti la condivisione dell’Eucare-

stia e del Matrimonio, disciplina che ancora difficil-

mente entra in serio dialogo con le tradizioni di una

popolazione poligama…”.

Nel 1988 Padre Giuseppe fu assegnato alla missio-

ne di Katilo (comprendente Lokichar), diocesi di

5.000 Kmq e di 40˙000 abitanti tutti Turkana (foto a

sx), popolo nomade di pastori di capre, cammelli

Page 37: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

35

e asini, dal carattere aggressivo che vive in zona

infernale da 40° all’ombra. “Ma che strani sono i

miei amici Turkana: vivono di latte e sangue mescolato

ma crudo, mangiano topi e coccodrilli, vogliono tanti

figli e non riescono a sfamarli… un mondo ai margini

della civiltà…”.

Fino all’indipendenza del Kenia (1963), il distretto

era separato dall’impero coloniale e chiuso ai mis-

sionari. “La Missione nacque nel 1975 lungo il fiume

Turkwell per alleviare agli orrori della fame causata da

siccità o razzia del bestiame, insegnando l’agricoltura e

l’irrigazione a pastori derubati, delusi e affamati. Es-

sendo l’istruzione il primo sviluppo, i Missionari inse-

gnarono loro anche il Kishwhaili, lingua nazionale,

onde poter trovare lavoro in zone del Kenia più benevo-

li…”. Padre Giuseppe visitava comunità nel de-

serto lontane anche 220 km e progettava di divi-

dere la missione in due per poter seguire meglio

gli spostamenti dei nomadi. Istruì catechisti fra le

stesse genti, ripensò le loro preghiere tradizionali

e cadenzate per adattarle alla festa del battesimo,

onde coinvolgere tutti con processioni, danze e

canti.

Nel 1989 fu inviato a Sultan Hamud.

“La storia della Missione testimonia che a volte si è

insistito sul valore delle religioni da rendere incom-

prensibile l’aspetto della conversione. Mi sono accorto

che il missionario vero vive il dialogo attraverso inizia-

tive molto concrete: impara la lingua del posto, cerca di

capire e di adattarsi alle tradizioni locali, apprezza la

religiosità che apre il cuore a Dio, cerca di capire le

paure e i tabù, propone il messaggio di Cristo, mai lo

impone…”.

L’acqua veniva raccolta nel periodo delle piogge

in appositi bidoni posti sotto le grondaie e Padre

Giuseppe saliva sul tetto a pulirlo dalle foglie che

vi potevano cadere dentro sporcandola: da quel

tetto, nell’ottobre 1990, sfortunatamente scivolò

lesionandosi la schiena. La cosa apparve subito

grave e presso l’ospedale di Nairobi un medico

italiano insistette affinché venisse rimandato in

Italia. Venne trasportato a Verona presso l’ospe-

dale di Borgo Roma: subì un’estrema operazione

alla schiena durata dodici ore e il chirurgo disse

che solo un miracolo lo poteva salvare. E ciò av-

venne anche grazie al suo costante esercizio. Fu

poi trasferito al Negrar per la riabilitazione, a casa

e poi ancora presso i Missionari di Verona.

Era inquieto e un giorno esordì “Che faccio io qui?

Ritorno in Africa dalla mia gente, ho ricevuto più di

quanto ho dato…”.

Nel giugno del 1991 tornò alla missione di Sultan

Hamud e poi Makindu, Kathikwani, Kasikeu,

nel 1993 a Kabarnet in Kerio Valley, nel periodo

1995-98 a Nakuru e a Mogotio dove raggiungeva

i villaggi con la fedele Land Rover (foto sotto).

Nel sud del Kenia conobbe i Masai, etnia di fieri

pastori transumanti allo scandire della stagione

secca alternata a quella delle piogge. I suoi com-

piti erano sempre catechismo, impartire sacra-

menti, sfamare i bambini (foto a fondo pagina) e

aiutare nell’agricoltura, costruire scuole e cappel-

le, ma quello più arduo era diffondere tolleranza:

“Essa per primo vuol dire che tutti noi siamo aperti

alla vita e che altri, a noi molto stretti, hanno diritto

alla vita in casa nostra…”.

Nel 1992 ricevette la visita di Mons. Umberto Fa-

bris con la famiglia Bonvicini: fu occasione dell’i-

naugurazione della Cappella, costruita in ricordo

Page 38: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

36

I familiari

Ringraziamo chiunque, di ieri e di oggi, abbia

sostenuto Padre Giuseppe nell’opera missionaria

e nella malattia, in modo particolare i Missionari

Comboniani di Verona e tutta la Comunità di

Summaga.

della cara Paola, a Barazani a est di Kasikeu:

“Non potrò dimenticare Barazani: fa parte di voi e del-

la vostra condivisione…”.

Nel 1993 fu la nipote Loretta a visitarlo e a rag-

giungere con lui, oltre alla cappella di Barazani

(foto sopra) persino l’Oceano Indiano. “Grazie per

avermi inviato Loretta: sono tanto contento e vedo in

ciò la vostra approvazione alla mia scelta missiona-

ria…”.

Il fisico di Padre Giuseppe cominciava a non reg-

gere e nel 1998 i superiori gli imposero di tornare

a casa per riprendersi.

Era ospite a Verona e, malgrado non avesse una

buona stabilità, si azzardò a salire i gradini del

monumento di Comboni: cadde nuovamente e

perse l’uso parziale delle gambe.

Da allora non camminò più. Quando andavamo a

fargli visita e gli parlavamo, raramente risponde-

va e si esprimeva con il pianto.

Lo riportammo a Summaga ma i Padri Combonia-

ni ci convinsero che sarebbe stato più consono per

lui vivere tra la preghiera dei compagni in sede a

Verona. Lì visse i suoi ultimi quattordici anni du-

rante i quali la salute regrediva.

Già nel 2009 la sua “assenza” era fin troppo evi-

dente quando festeggiammo il suo cinquantesi-

mo anno di sacerdozio con i parenti e la rappre-

sentanza summaghese composta da Mons. Um-

berto Fabris, Juti Goi, Doriano e Maristella.

Il 28 ottobre 2013 ci ha lasciati per sempre.

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37

Una vita spesa per le Missioni P. Giuseppe Andreon

Anno 1954: Classe 1^ teologia del Seminario di Pordenone.

Si riconoscono Giuseppe Andreon, Antonio Clozza, Sergio Deison, Nicola Bianchat, Umberto Fabris...

Al termine degli studi teologici nel Seminario di Pordenone

entrò tra i Comboniani del Cuore di Gesù.

Quarant’anni missionario in Africa: Uganda - Kenya

Giovedì 31 ottobre 2013 la comunità di Summaga

ha accolto le spoglie mortali di Padre Giuseppe

Andreon per rendere un ultimo segno di omaggio

ed esprimergli la stima e la gratitudine per l’alta te-

stimonianza di missionario.

Presenti numerosi sacerdoti diocesani e comboniani,

la Messa Funebre è stata presieduta dal vescovo

Ovidio Poletto, che ha ricordato la profonda vita spi-

rituale di P. Giuseppe, la radicalità di scelta, il ri-

spetto e l’attenzione alle culture, la fedeltà a Cristo.

Page 40: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

38

Come compagno di scuola di P. Giuseppe ho accol-

to l’invito a scrivere alcune righe sulla sua figura,

la sua opera ed esprimere alcune riflessioni.

Padre Giuseppe è nato a S. Lucia di Piave il

21/05/1932 da Luigi e Sanson Margherita.

Papà e mamma erano stati costretti da numerosi

fratelli di papà a sposarsi, quando una sorella del-

la grande famiglia patriarcale (9 fratelli e 3

sorelle) aveva deciso di entrare in clausura.

Anche il fratello più giovane di papà,

Raffaele, in seguito avrebbe deciso di farsi

monaco, ultimamente è nel rinomato mona-

stero di S. Giustina di Padova.

Fin qui la scarna descrizione del grande clan

familiare degli Andreon quando venne alla

luce il futuro P. Giuseppe.

Tutta la grande famiglia Andreon, quando il

piccolo Giuseppe aveva 3 anni, si spostò a

Sesto al Reghena.

Negli anni cinquanta il papà di P. Giuseppe

si staccò dagli altri fratelli e venne a Sum-

maga con la sposa, i 3 figli e la figlia.

Giuseppe, intanto, avendo maturato la vocazione

sacerdotale studiava presso il Seminario di Porde-

none. Durante le vacanze andava a dormire in ca-

nonica dal venerando d. Piero Marson. L’anziano

parroco d. Piero si dilettava raccontando allo stu-

dente storie della vecchia Summaga, come l’aveva

conosciuta lui già prima della I guerra mondiale.

Nel 1957, al termine della Teologia nel Seminario

di Pordenone, avendo lungamente maturato la vo-

cazione missionaria, entrò nel noviziato dei Com-

boniani di Novara.

Fu ordinato sacerdote dal Vescovo missionario

comboniano Angelo Tarantino da Portogruaro il

23.05.1959 ed il giorno dopo celebrò la “prima

messa” a Summaga. Si è aperto per lui, quindi, un

periodo di preparazione all’Africa con la perma-

nenza in Inghilterra per lo studio dell’inglese a

Cambridge.

Nel 1960 fu inviato dai Superiori in Uganda nella

diocesi di Moroto, nominato parroco di Morulen, a

noi noto perché lì nacque e crebbe, lì sbocciò la vo-

cazione al Sacerdozio di P. Clemente Othim, che

novello Levita per le sue doti e capacità fu inviato

a Roma per gli studi universitari conseguendo bril-

lantemente il dottorato in diritto. Durante i 4 anni

di università a Roma, nelle vacanze è stato ospite

gradito in canonica a Summaga con d. Umberto

dividendo tetto, mensa e quant’altro. P. Clemente,

discepolo di P. Giuseppe, lasciò in tutti un ricordo

meraviglioso per lo stile di comportamento, di re-

lazioni e di simpatia.

Nel 1980 P. Giuseppe fu trasferito a Kaabong lon-

tano dalla capitale Kampala 800 km., dove nella

primavera si registrò una immane tragedia. Il

mondo dei pastori seminomadi, i Karimonjong,

che nei secoli di storia si erano costruiti attorno al

bestiame norme e tradizioni con numerose mogli e

figli, fu depredato di tutto dai Turkana del Kenya.

Invasero il territorio con mitra rastrellando il be-

stiame e portando terrorismo, devastazione, vio-

lenza, colera e fame. Qui entrò la grande opera del-

le missioni nell’aiuto e nel proporre programmi di

rinascita.

Un gruppo di persone con Padre Clemente Othim

Tragedia immane in Uganda tra i Karimonjong

Page 41: Qui Summaga, n. 87, 2013

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39

Nel 1984 P. Giuseppe lasciò l’Uganda per motivi

di salute e approdò nel Kenya nella Grande Rift

Valley, che gli studiosi assicurano essere “la culla

dell’umanità”. Prima missione a Mogotio, poi a

Kabernet, Katilo e quindi a Kasikeu tra le colline

degli Akamba e degli statuari ed eleganti Masai. Lì

il ministero di P. Giuseppe venne drammaticamen-

te interrotto da una disastrosa caduta dal tetto del-

la missione. Fu trasportato in aereo da Nairobi

all’ospedale di Verona: un’equipe medica, dopo

lunghi consulti, decise di operarlo nonostante le

grosse incognite. L’aiuto di Dio, la capacità dell’uo-

mo, la tenacia di P. Giuseppe hanno fatto il miraco-

lo. Una lunga convalescenza e volle tornare nella

sua Africa a Kasikeu… ”il mio posto è là”.

Nel 1998 per gravi motivi di salute e per imposta

obbedienza rientrò definitivamente in Italia a Ve-

rona. Iniziò per P. Giuseppe un lungo calvario

d’infermità che si è concluso il 28.10.2013 alla casa

madre dei Comboniani a Verona.

La sofferenza, l’impotenza dell’anziano missiona-

rio inchiodato sul letto commoveva quanti lo han-

no avvicinato negli ultimi anni. Perché ci ha resti-

tuito la sua fragilità umana, avvicinandolo ancor

più a noi. Uomo forte, temprato alle sofferenze e

fatiche, come un vecchio contadino della sua terra.

Non rivelava sentimenti di debolezza e di resa. Ri-

maneva in lui l’uomo di frontiera, uomo di prima

linea. Diventò lezione di dignità e, nel senso più

alto e pieno, di umanità. Una testimonianza che fa

più umano il mondo di tutti.

Altre foto delle condizioni dei Karimonjong

Francesca, felice, distribuisce caramelle

ai tanti bambini di Kasikeu Siamo all’equatore

Page 42: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

40

Permettetemi ora, affezionati lettori, di esprimere

alcuni sentimenti e riflessioni, suscitati in me nella

visita, che io ebbi la fortuna di effettuare nel 1992 a

P. Giuseppe Andreon assieme alla famiglia Bonvi-

cini nella sua missione di Kasikeu.

L’occasione è stata l’apertura di una chiesa a Ba-

razzani di Kasikeu, costruita per il generoso inter-

vento della famiglia Bonvicini in memoria della

loro e nostra carissima ed indimenticata Paola.

L’andare laggiù è stato un calarsi nella realtà di un

paese con occhi e spirito che tentano di leggere, di

capire la vita di fratelli e sorelle per un arricchi-

mento interiore in umanità, che deve farsi più vici-

na nella condivisione dei beni che dovrebbero esse-

re di tutti. La visita di più giorni, programmata nei

dettagli da P. Giuseppe, è riuscita a coinvolgerci

con i Kenioti in momenti di vita, di preghiera, di

festa, di conoscere il ritmo della loro esistenza e

delle loro giornate, il battito del cuore di questi fra-

telli con i loro valori e luci brillanti, come le stelle

lucenti di quelle notti, e con le ombre lunghe e pia-

ghe profonde quali la povertà di gran parte della

popolazione, dove una elite ricchissima e potente,

spesso corrotta, si contrappone all’ingigantimento

delle baraccopoli spaventose alle periferie delle

città e la sopravvivenza dei villaggi di capanne

sparsi dovunque… il tutto, però, nella descrizione

serena di P. Giuseppe, colto nella visione cristiana

che è sempre di speranza, nonostante la dura realtà.

Posso dire che ho avvertito

con grande emozione la vi-

sione spirituale della vita di

quella gente: il Keniota non

riesce nemmeno a credere

che qualcuno sia ateo… cioè

un’esistenza vissuta senza

un Dio che è Padre. Il valore

della famiglia è profondissi-

mo; i bambini e gli anziani

hanno un posto preminente,

il senso della comunità è

radicato.

Giorgio coglie i bambini più piccoli usciti per il catechismo

Il benvenuto al nostro arrivo a Barazzani

Con Padre Giuseppe di fronte alla sua villa

Page 43: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

41

L’amico

don Umberto

Si rimane impressionati delle scuole, in fabbricati

appena decenti, straboccanti di scolari bramosi di

sapere. Li vedi sempre sbucare all’aurora dai vil-

laggi e in lunghe file raggiungere la scuola a piedi

nudi percorrendo ogni giorno anche distanze di 7-

10 e oltre km. Saranno e potranno le nuove genera-

zioni costruire il domani migliore?

Certamente sì, ci diceva P. Giuseppe.

Ma la giornata più intensa è stata quando abbiamo

raggiunto nella foresta il villaggio di Barazzani per

l’inaugurazione della Chiesa, quasi ultimata, co-

struita in memoria di Paola. Indescrivibile l’acco-

glienza espressa in benvenuti, canti, danze e doni.

Nelle tante ore (dalle 10.30 alle 17.00) ci hanno affi-

dato messaggi di fraternità, di saluti, di auguri.

Al centro dell’evento è stata collocata la liturgia

africana della Messa di oltre 2 ore. Assai edificante

e commovente con preghiere, letture, danze, doni

offertoriali e canti di gloria per noi impensabili in

una partecipazione corale tra decine e decine di

bambini che son rimasti per tutto il tempo attenti,

composti, seduti sul pavimento. Al termine il pran-

zo comunitario con abbondanti cibi locali… e poi

nuovamente festa con canzoni, esplosioni di luce,

tripudi di vita, di speranza…

In questa cornice gioiosa colloco la figura del no-

stro P. Giuseppe, perché lui da lassù nei cieli nuovi

e terra nuova, con i suoi Africani e con i suoi e no-

stri morti, continua la festa danzando davanti

all’Altissimo intercedendo per tutta l’umanità pace

e bene.

Barazzani: nella Chiesa quasi ultimata,

intitolata a Paola.

Un momento della giornata di festa

Barazzani: si sta celebrando la Messa

Accanto ad un gigantesco baobab dal tronco del

diametro di 8 metri

Page 44: Qui Summaga, n. 87, 2013

42

Accadde un giorno…

Siamo nell’estate del 1942, a quel

tempo non c’era l’energia elettri-

ca in tutte le case, si usavano an-

cora le lampade a petrolio. Bian-

ca si trovava in cantina, alle pre-

se con il travaso del petrolio per

riempire le varie lampade di ca-

sa. Per fare ciò portò con sé un

lume, visto che la cantina era

buia, lo pose ad una distanza che

potesse consentirle di vedere ab-

bastanza chiaro quello che face-

va; non tenne in considerazione

il fatto che il petrolio durante il

travaso, sprigionava del gas

sottile, così, mentre iniziava a

riempire i contenitori, il gas fuo-

riuscito raggiunse il lume: all’im-

provviso ci fu un boato e una

fiammata! Era esplosa la dami-

giana del petrolio, il fuoco avvol-

se il corpo di Bianca: si estese

dalla gonna, le bruciò gambe,

braccia, collo e parte del volto.

Bianca, urlando e chiedendo aiu-

to, riuscì a portarsi in cortile. In

casa intanto nonna Santa, senten-

do il boato, pensò che fosse cadu-

ta una bomba, eravamo in tempo

di guerra, e tra sé disse: “Questa

a se visina...”! Poi, udendo le urla

di Bianca, corse in suo soccorso e

con altri familiari, immediata-

mente accorsi, la portò in ospe-

dale. Bianca, gravemente ustio-

nata anche alle mani, cercò di togliersi la fede dal

dito e vide la carne staccarsi a brandelli... Il medi-

co che la visitò, non lasciò molte speranze ai con-

giunti: un'alta percentuale del corpo riportava

ustioni profonde! Fu medicata, avvolte in garze e

bende gambe, braccia, una parte del busto, collo...

Le furono tagliati con molta cautela i capelli, sen-

za neppure sfiorarle la cute ormai piena di bolle...

Fu ricoverata in un grande stanzone, assistita

giorno e notte dai parenti più stretti, quotidiana-

mente sottoposta a medicazioni molto dolorose.

Nel togliere le garze per la pulitura delle ferite e

per evitare la setticemia, il medico doveva com-

piere un’azione “secca e decisa”: prendeva la

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QUI SUMMAGA

43

benda e con un gesto rapido e sicuro la staccava

dalla carne, riaprendo le ferite e provocandole

sanguinamenti. Un giorno il dottor Lepre, fu sosti-

tuito da un collega, quest’ultimo non altrettanto

esperto nel trattamento delle ustioni, la medicò

con mano meno ferma, prolungandole così le

sofferenze; preso da grande compassione, durante

la disinfezione, riusciva solo a dire: “Coraggio

Bianca, coraggio Bianca...”

Il giorno seguente, al suo rientro in servizio, il

dottor Lepre, salutandola le chiese: “Sposa come

va?” Lei debolmente, con un filo di voce, riuscì a

dire “El dottor ieri me gà fatto morir con la medi-

casion...” A quell’epoca le stanze d’ospedale non

erano certo spazi riservati, rispettosi dell’intimità

del paziente, erano camerate composte da più letti

a seconda del bisogno. Bianca era stata ricoverata

in una di quelle camerate; alcune pazienti inizia-

rono a lamentarsi del cattivo odore emanato dalle

sue piaghe. Le infermiere proposero lo sposta-

mento dell’ammalata, ma il medico si oppose fer-

mamente. Bianca, udendo la discussione, rimase

molto mortificata e tra sé e sé invocò dal profondo

del cuore: “Madonna Santa aiutame, Madonute

Sante iuteme...”

Quando un giorno accadde… era notte fonda, re-

gnava una calma assoluta in tutto l’ospedale, le

pazienti riposavano; anche la sorella Giovanna a

fianco del suo letto, si era appisolata, Bianca udì

uno scricchiolio come di una porta che si apre, il

suo pensiero fu: “Oh Madonna chissà chi se drio

rivar, speremo che non i stìa tanto mal!” Nel buio

vide due figure che si avvicinavano al suo letto...

in quell’istante le sembrò di essere sospesa nel

vuoto; riconobbe nelle due figure la Madonna e

San Giuseppe ed esclamò: “Madonnina Santa,

quanto saranno lunghi questi barbari dolori?...”

Udì la risposta: “Fra quaranta giorni te va a casa

dai to fioi”... Le lacrime le riempirono gli occhi,

lentamente voltò il capo verso la sorella Giovan-

na, che, con un balzo, si rese conto di essersi asso-

pita, dimenticando di bagnarle la bocca che dove-

va essere sempre tenuta umida. Con un balzo, co-

me per scusarsi, le porse l’acqua, ma lei girò la

testa come per invitarla a guardare e farla parteci-

pe all’accaduto, ma si accorse che al capezzale

non vi era più nessuno. Con un filo di voce si ri-

volse alla sorella: “Hai visto? C’era la Madonna

qui con noi!” ...Giovanna pensò che vaneggiasse!

Al mattino, quando arrivò il medico, Bianca gli

raccontò l’accaduto; lui cercò di farla ragionare: le

sue condizioni erano gravi, in quaranta giorni era

impossibile qualsiasi tipo di guarigione. Lei rispo-

se: “Non vi preoccupate, aspettiamo e vediamo”.

Dopo trentasei giorni, alla stessa ora dell’appari-

zione, Bianca sentì all’improvviso il corpo girare

dentro alle garze e non sentì più tirare la pelle da

nessuna parte...!!! Il mattino seguente, al momento

della disinfezione, disse al medico: “Se vuole to-

gliere le bende qua davanti a tutti, io sono dispo-

sta“, sicura che qualcosa era avvenuto. Il medico

non acconsentì, forse per evitarle una delusione,

ma quando la sbendò, si accorse che era avvenuta

la guarigione, rimanevano solo due punti da cica-

trizzarsi completamente: il primo all’inguine e il

secondo alla mano destra. Incredulo il dottor Le-

pre le disse: “Bianchina per sei mesi hai diritto ad

avere il posto qui per le ustioni subite nell’inci-

dente, ma, constatando l’avvenuta guarigione, se

vuoi, puoi andare a casa anche ora!!! Lei rispose:

“No, la Madonna ha detto quaranta giorni e qua-

ranta giorni saranno!”.

Nel 1943, il 7 ottobre, nacqui io: Marisa

M. D.

Page 46: Qui Summaga, n. 87, 2013

44

Tommaso Fava Peter Pan e l’isola che… c’è

Siamo Massimo e Lorenza, il papà e la mamma di

Tommaso, il terzo fiocco azzurro arrivato nella no-

stra famiglia il 10 marzo 2012; un bimbo paciocco-

ne e buono. Tutto stava procedendo per il meglio,

fino a maggio quando… una sera, ci siamo accorti

che dentro l’occhio sinistro del piccolino si notava,

a volte, una strana cosa: facendo una fotografia con

il flash la pupilla appariva bianca, quasi perlacea,

non rossa come succede di solito.

Il giorno dopo lo abbiamo portato al

reparto oculistico dell’Ospedale di S.

Dona di Piave per un controllo ur-

gente richiesto dalla nostra pediatra.

Il sospetto diagnostico era preoccu-

pante, nel giro di tre giorni eravamo

all’Ospedale pediatrico “Bambin Ge-

sù” di Roma. Dopo numerosi esami

ci hanno confermato che Tommaso

ha un raro tumore alla retina. Abbia-

mo affrontato diversi mesi di che-

mioterapia con relativi, indesiderati e inevitabili,

scompensi dei valori ematici, continui controlli pe-

riodici, che ci hanno imposto, e ci impongono

tuttora di recarci a Roma ogni venti giorni circa per

monitorare lo stadio della malattia con un esame

che ogni volta Tommaso effettua in anestesia gene-

rale. Il cammino è ancora lungo e impegnativo ma

quello che abbiamo sempre cercato di fare è vedere

il positivo intorno a noi. Sin dall’inizio abbiamo

sentito forte l’abbraccio caloroso di tutte le persone

che ci vogliono bene, che ci sorregge quando siamo

scoraggiati e impauriti. A Roma abbiamo conosciu-

to e continuiamo a incontrare tanti bambini e geni-

tori che sono speciali. Tommaso ha avuto ricoveri

in vari reparti oncologici e oculistici, dove lavora-

no persone stupende e disponibili, umanamente

eccezionali, oltre che professionalmente preparate.

Fin dal nostro primo soggiorno, indirizzati dal re-

parto dell’ospedale, siamo ospitati nella casa-

famiglia della Associazione Peter Pan, Onlus che

ospita numerose famiglie di bambini onco-

ematologici non residenti nella capitale: “la Grande

Casa di Peter Pan”. Siamo tutti vincolati dai tempi

dei ricoveri e degli esami all’ospedale ma tornati

alla “Casa” ci sentiamo in famiglia. Con altri geni-

tori si socializza, ci si confronta, si ride, si scherza,

ci si scambiano ricette e pietanze ma soprattutto si

parla delle proprie angosce e il cuore sembra un

po’ più leggero, ci si aiuta a convivere con la ma-

lattia dei nostri bimbi. Le figure di riferimento so-

no i volontari che cercano di coinvolgere tutti nel

dialogo e hanno un occhio di riguar-

do nell’inserimento delle famiglie

nuove. Quasi tutti i volontari hanno

avuto nella loro vita un’esperienza

di malattia in famiglia e riescono a

trasmettere quella sensibilità nell’a-

scolto che non trovi facilmente. Ciò

che ci rende più sereni durante le

permanenze a Roma, è vedere il no-

stro piccolo Tommaso contento e

sorridente anche lontano dai fratelli-

ni che rimangono dai nonni e che

devono continuare a seguire la scuola. Per lui è

una gioia ogni volta giocare con gli altri bimbi

ospiti… Marta, Alexandra, Asia, Deborah, Matteo,

Alessandro, Anghel, Lorenzo, Rosario e altri bimbi

e ragazzi che di volta in volta rincontriamo nella

“Casa”, fanno parte anche della nostra vita. Per il

momento solo Dio sa quando e se, si fermerà que-

sto pendolo di andata e ritorno tra Summaga e Ro-

ma, ma abbiamo la certezza che fino a che esiste

“Peter Pan” troveremo lì una Casa e un sorriso di

“benvenuto” che ci fa recuperare le energie dopo il

lungo viaggio in treno. Grazie a tutte le persone

che ci sono vicine, all’associazione Peter Pan On-

lus, ai medici ed infermieri del “Bambin Gesù” di

Roma, ai nostri genitori, i nonni di Tommaso, ai

nostri figli Matteo e Nicola, per la disponibilità e

l’aiuto, la pazienza e la temperanza che stanno di-

mostrando in questo momento particolare della

vita della nostra famiglia. Un particolare Grazie

alla Comunità di Summaga che, in più occasioni, ci

ha sostenuto con aiuti concreti e spesso ci ricorda

nella preghiera. Massimo e Lorenza

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45

Le parole che non ti ho detto

Lettera di un padre al figlio

Se un giorno mi vedrai vecchio, se mi sporco quan-

do mangio e non riesco a vestirmi… abbi pazienza,

ricorda il tempo che ho trascorso io ad insegnarte-

lo.

Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose,

non m’interrompere… ascoltami. Quando eri pic-

colo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia,

finché non ti addormentavi.

Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non

farmi vergognare…

Ricordati quando dovevo rincorrerti inventando

scuse, perché non volevi fare il bagno.

Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecno-

logie, dammi tempo e non guardarmi con sorrisetti

ironici.

Ho avuto tanta pazienza per insegnarti l’ABC.

Quando non riesco a ricordare o perdo il filo del

discorso… dammi il tempo necessario per ricorda-

re. E se non riesco non t’innervosire: la cosa più im-

portante non è ciò che dico, ma il bisogno d’essere

con te e averti lì che mi ascolti.

Quando le mie gambe stanche non mi consentono

di stare al tuo passo, non trattarmi come fossi un

peso morto; vieni verso di me con le tue mani forti,

come ho fatto con te quando muovevi i primi passi.

Quando dico che vorrei essere morto… non arrab-

biarti. Un giorno comprenderai che cosa mi spinge

a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive,

ma si sopravvive.

Scoprirai un giorno che, nonostante i miei errori, ho

sempre voluto il meglio per te, ho cercato di spia-

narti la strada.

Dammi un po’ del tuo tempo, della tua pazienza;

dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stes-

so modo in cui l’ho fatto per te.

Aiutami a camminare, a finire i miei giorni con

amore e pazienza. In cambio ti darò un sorriso e

l’immenso amore che ho sempre avuto per te.

Tuo padre.

Lettera di un figlio a tutti i genitori del mondo

Non darmi tutto quello che ti chiedo. A volte chie-

do solo per riscontrare quanto posso prendere.

Non sgridarmi. Ti rispetto meno quando lo fai, in-

segni a gridare anche me e non desidererei farlo.

Mantieni le promesse, belle o brutte. Se prometti un

premio dammelo e comportati così anche con le

punizioni.

Non mi paragonare a nessuno, specialmente a mio

fratello o a mia sorella; se mi fai apparire migliore

di altri, qualcuno soffrirà; se mi farai apparire peg-

giore di altri, soffrirò io.

Non cambiare parere così spesso su ciò che devo

fare; deciditi e mantieni la tua decisione.

Permettimi di crescere, fidandoti delle mie capacità.

Se tu fai tutto al mio posto io non potrò mai impa-

rare.

Non dire bugie in mia presenza e non mi piace

nemmeno che tu mi chieda di dirle al tuo posto,

neanche per darti una mano. Questo mi fa sentire

male e perdere la fiducia in tutto ciò che dici.

Quando sbaglio non esigere che ti dica il perché. A

volte non lo so neanch’io.

Quando sbagli ammettilo. Questo aumenterà la mia

stima per te, m’insegnerai così ad ammettere i miei

errori.

Trattami con la stessa affidabilità e spontaneità che

hai verso i tuoi amici; essere parenti non significa

non poter essere amici.

Non chiedermi di fare una cosa che tu non fai. Io

imparerò a fare sempre quello che fai tu, anche se

non lo dici. Ma non farò mai quello che tu dici e

non fai.

Quando voglio condividere una mia preoccupazio-

ne con te, non dirmi “non ho tempo per stupidaggi-

ni” e “non ha importanza, sono cose da ragazzi”.

Cerca di capirmi e di aiutarmi.

Voglimi bene e dimmelo. A me piace sentirmelo

dire, anche se tu credi che non sia necessario dir-

melo. Abbracciami. Ho bisogno di sentire la tua

amicizia, la tua compagnia in ogni momento!

Page 48: Qui Summaga, n. 87, 2013

46

CUAMM Collegio Universitario Aspiranti e Medici Missionari

Ero in sala operatoria e stavo aspettando il cambio

paziente tra un intervento e l’altro quando è arri-

vata la telefonata CUAMM. Ma cos’è il CUAMM?

È una parola che è un acronimo e che significa Col-

legio Universitario Aspiranti e Medici Missionari.

È nato a Padova nel 1950 da un’idea di un laico, un

medico, il prof. Francesco Canova che voleva una

struttura per accogliere e preparare studenti di me-

dicina stranieri ed italiani desiderosi di partire co-

me laici missionari.

È stata la prima riconosciuta e poi in 60 anni è di-

ventata la più grande organizzazione sanitaria ita-

liana per la promozione e la tutela della salute del-

le popolazioni africane e da alcuni anni ha

assunto il nuovo nome di” Medici con l’A-

frica Cuamm”. Nel suo nome, infatti, è rac-

chiuso il legame con questo continente,

l’Africa, in cui appaiono concentrati, e al

massimo grado, i problemi della sofferen-

za, della povertà e della disuguaglianza.

Anch’io da ragazza sono stata studente

Cuamm così come mio marito. Insieme do-

po laureati, ci siamo preparati per lavorare

in Africa ed insieme abbiamo fatto la no-

stra prima esperienza di lavoro in Uganda

dal 1989 al 1992.

Ma ritornando alla telefonata, dall’uffi-

cio risorse umane mi si diceva:

“Abbiamo bisogno di un ginecologo per

l’ospedale di Mikumi Tanzania, per un

anno, ed abbiamo pensato a te: cosa ne pen-

si? Dovresti occuparti di una maternità

che l’anno scorso ha avuto circa 1600 par-

ti, numero tra l’altro destinato ad aumen-

tare e naturalmente dovrai formare il per-

sonale locale. Abbiamo pensato di mandar-

ti anche una specializzanda che ti darà una

mano e non ti dovrai occupare di gestione

ospedaliera”.

Per fortuna, pensai, vi sono notoria-

mente allergica! Era una proposta che

non potevo rifiutare! Aspettavo da

tempo questa richiesta e così a fine

marzo 2012 mi sono ritrovata in Tanzania.

Questa volta non ero con la mia famiglia, ero com-

pletamente sola, in un paese diverso dall’Uganda

che mi era già familiare, dove si parlava un’altra

lingua e soprattutto senza colleghi con cui condivi-

dere diagnosi e terapie, con possibilità operative

limitate e sicuramente diverse dal paese da cui

provenivo.

Alla fine di un anno di lavoro al Mikumi abbiamo,

perché il mio è un lavoro che non si fai mai da soli

ma con tutto il personale locale, assistito a 2356

parti di cui 478 sono stati parti cesarei. Abbiamo

assistito parti podalici, applicato ventose, insomma

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QUI SUMMAGA

47

in media su 10 parti, 2-3 necessitavano dell’inter-

vento medico o paramedico. Ma soprattutto insie-

me abbiamo combattuto una vera e propria guerra

alla morte, che voleva portarci via le mamme, la

vera grande risorsa di questa terra.

Ed in questa guerra qualche volta abbiamo vinto

noi, altre volte lei.

Abbiamo vinto con Eva.

Una bellissima ragazza Masai di 16 anni arrivata in

reparto con una sepsi dopo taglio cesareo, quattro

dei nostri del personale ostetrico/infermieristico

hanno tentato a lungo di incannulare una vena per

somministrare gli antibiotici, i liquidi, il sangue e…

Solo dopo un’ora di tentativi, tra i lamenti continui

di Eva ormai esausta e stanca di essere bucata, c’è

riuscita Josephine. Ha incannulato un piccolo vaso

epicranico come si fa nei bambini piccoli ed attra-

verso quella via siamo riusciti a farle ciò che servi-

va per salvarle la vita.

Eva ce l’ha fatta e dopo 24 ore era seduta sul letto,

pronta ad allattare il suo piccolo Masai.

Anche le altre mamme pazienti, vicine

di letto, erano contente e mi aggiorna-

vano costantemente sui suoi progressi,

se i parenti l’accudivano bene, se il

personale le faceva le terapie. È in quei

momenti che senti di fare parte di una

squadra, che combatte una battaglia,

una battaglia per la vita.

Abbiamo vinto anche con Mary, mam-

ma già di 4 bambini.

Ce l’ha fatta nonostante un’emorragia

postpartum con un sangue ostinato,

che non coagulava per niente.

Abbiamo corso tutti per lei: chi per or-

ganizzare la sala operatoria, chi per

trovare il sangue da darle, chi per fare l’inter-

vento chirurgico e chiuderle i grossi vasi ute-

rini che sanguinavano.

E abbiamo perso invece con altre mamme, di

cui vorrei ricordare tutti i nomi, perché le

ricordo tutte.

Le abbiamo perse a causa dell’eclampsia,

quella patologia della gravidanza che dà la

pressione alta e le convulsioni.

Abbiamo usato tutte le nostre conoscenze ed

i nostri mezzi, ma con loro non ce l’abbiamo

fatta, le abbiamo perse, non le abbiamo

“portate a casa”, come dicevamo tra noi…

In molti casi erano ragazze giovani, alla prima gra-

vidanza, e in quei momenti ho pensato tante volte:

“se fossi in Italia farei così, farei colà" ma ero in un

ospedale africano con tutti i limiti di un contesto

dove anche le tue competenze non sono sufficienti,

se non hai modo di operare come potresti qui. Al-

lora senti la tua impotenza, ti chiedi dove sta il Pa-

dreterno in quel momento.

Ti chiedi se si sta prendendo cura solo delle mam-

me italiane, a cui comunque non manca nulla.

Sister Flavia, l’assistant medical officer, mi rimprove-

rava quando mi sentiva parlare così ad alta voce al

Padreterno e mi diceva: “Lui è qui con noi e vuole

metterci alla prova!”.

Suor Flavia: è una donna di grande fede! A me non

bastava. Non bastava sapere che tutto ciò che era

in nostro potere l’avevamo fatto e non mi basta an-

cora adesso, se ci penso.

Sì perché la morte di una giovane mamma è inim-

maginabile nei nostri paesi ma ancora una dura

Page 50: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

48

Maddalena Casarotto

realtà in Africa ed altrettanto dura da

accettare!

Queste mamme così fragili e indifese che

arrivano in reparto, senza un lamento,

non chiedono nulla, aspettano che tu ti

prenda cura di loro, si mettono nelle tue

mani come i loro bambini.

Queste mamme che diventano impor-

tanti, esistono perché esiste il loro bam-

bino, che vivono per il sogno di metterlo

in braccio, come un bel regalo, al loro

marito e ai loro parenti tutti.

Ebbene durante questo periodo di per-

manenza all’ospedale di Mikumi, tra le

tante cose, esperienze, conoscenze fatte, ho notato

due bravi infermieri generici desiderosi di impara-

re e di migliorare le loro conoscenze.

Ho pensato quindi di aiutarli a studiare. Uno vuole

diventare strumentista e si chiama DEO e l’altra

ostetrica e si chiama HABIBA. Quindi, uno impa-

rerà bene il lavoro di sala operatoria, dove si fanno

prevalentemente cesarei e l’altra imparerà a fare

una buona assistenza alle mamme in sala parto.

Per fare questo però ho chiesto aiuto a parenti ed

amici, disposti a fidarsi e a credere che valesse la

pena di rischiare e di aiutare questi due ragazzi

con il fine ultimo di aiutare tante mamme e bambi-

ni in futuro.

La durata del loro corso di studi è di 3 anni ed il

costo annuo è pari a 2100 euro, che verrà pagato

tramite l’ospedale. Infatti io verserò le rette scola-

stiche 2 volte l’anno presso la banca di riferimento

dell’ospedale dove hanno lavorato questi

due infermieri e dove torneranno a lavorare

una volta terminati gli studi ed ottenuto il

diploma e l’ospedale, a sua volta, mi mande-

rà ricevuta e mi informerà sul rendimento

scolastico.

A suo tempo avevo presentato a don Giusep-

pe questa mia idea e dalla comunità di Sum-

maga mi sono prontamente arrivati 2000 eu-

ro con i quali sono riuscita intanto a pagare

la retta di quest’anno e poi vedremo…

Ebbene, oggi sono venuta di persona a rac-

contarvi a cosa sono serviti questi soldi ed a

ringraziarvi di cuore. Quindi tante grazie,

grazie anche da parte dei due ragazzi, per la

vostra fiducia ed aiuto.

Naturalmente sono sempre disponibile ad

informarvi sull’andamento del progetto e

prossimamente, per chi sarà interessato, farò

anche una serata per raccontarvi attraverso

qualche foto questa mia esperienza.

Grazie ancora.

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49

Mascarin Senatore (Celio) Il marinaio poeta

“L’alba oltre il filo spina-

to” racconta la storia di

un giovane, Celio Masca-

rin, la cui giovane vita è

stata sconvolta dalla tra-

gedia della guerra. No-

nostante le atrocità viste

e vissute, il giovane sol-

dato non si è lasciato

sommergere dalla barba-

rie, ma è riuscito a salva-

re la propria dignità, la

propria umanità, la sua

gioia di vivere.

“Vorrei ringraziare mio nipote, Dr. Jacopo Sut, per

l’impegno e la dedizione dimostrati nel raccogliere

le mie memorie per realizzare l’opera intitolata

“L’alba oltre il filo spinato” (Segni del ‘900 edizioni).

Esso è un romanzo storico – biografico che, senza

alcuna pretesa, vuole essere una testimonianza del-

la Seconda Guerra Mondiale, che io personalmente

ho combattuto e visto con i miei occhi, di com’era il

mondo quando noi, che ora siamo novantenni, era-

vamo giovani.

Vivevamo in maniera totalmente diversa rispetto

ai ragazzi di oggi.

Spero che questo libro possa essere un invito alla

riflessione affinché non si dimentichi il passato ma

si possa alimentare la memoria nel tempo per capi-

re quanta sofferenza e quanto dolore abbiamo do-

vuto sopportare nel tragico periodo del conflitto

mondiale.

Il ricordo della guerra resta indelebile costante-

mente nella mia mente e nel mio cuore. È forte il

dolore quando penso ai giovani commilitoni che,

perdendo la vita in battaglia, hanno lasciato mam-

ma e moglie a casa in una disperazione dettata

dall’attesa di un ritorno alla vita che non sarebbe

mai avvenuto. Spero che gli errori del passato non

si ripetano più perché una guerra, seppur vinta,

non è mai una vittoria”.

Per chi desiderasse acquistare il libro può contatta-

re direttamente il protagonista dell’opera Cav. Se-

natore Mascarin (0421 209860) o l’autore Jacopo

Sut (0421 241183). Inoltre il libro è reperibile presso

“CentroCopia&Legatoria” Piazzetta Sant’Andrea, 1

Portogruaro (0421 760443).

Da sn: Jacopo Sut e Senatore Mascarin

Cav. Senatore Mascarin

Polonia - prigioniero nel campo di sterminio di Majdanek

Jacopo Sut e Senatore (Celio)

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50

Riportiamo dal

“Notiziario Combattentistico anno 2013”

▪ 29/01/2013 compie 100 anni Luigi Tusei.

Domenica la chiesa del Teson era gremita come

nelle grandi occasioni con i labari delle associazio-

ni d’arma di Summaga e di altre sezioni limitrofe

in onore ai Caduti di tutte le guerre. Presiedeva

l’eucarestia mons. Livio Corazza parroco di Con-

cordia, Teson e Sindacale; concelebranti mons.

Umberto Fabris e mons. Armando Filippi, per ono-

rare Luigi Tusei, Centenario Straordinario. Luigi

dopo il servizio di leva fu scavafossi nelle paludi.

In prossimità della seconda guerra mondiale, spo-

sò Iolanda Samassa, mettendo al mondo tre figli.

Quanti hanno apprezzato la sua amicizia, oggi lo

ricordano per la fedeltà ai valori della famiglia, del

lavoro, della fede, della pace.

Il suo motto: “prendi la vita come viene”.

Auguri da tutta la Sezione Combattenti e dalla co-

munità.

▪ Il 10 febbraio abbiamo commemorato i martiri

delle foibe.

▪ Alcune iniziative di ordine ordinario, sono qui

descritte.

▪ 3 novembre festa dell’Unità d’Italia e delle

FF.AA. Commemorazione dei Caduti al Monu-

mento. In precedenza S. Messa a suffragio di tutti i

morti in guerra e dei decessi della nostra Sezione.

È seguito il “rancio” consumato da Cà Menego con

estrazione dei premi di una lotteria.

▪ Sono stati premiati per avere superato i 90 anni di

vita, con un diploma di fedeltà, i due ultimi com-

battenti dell’ultimo conflitto:

Mascarin cav. Senatore “Celio”

Miglioranza Luigi.

▪ Sono deceduti nel corso dell’anno i seguenti soci

e simpatizzanti:

Perissinotto Maria ved. di Fagotto Ernesto

Perissinotto Maria ved. di Casara Giuseppe

Bortolussi Luciana ved. di Nosella Giovanni

Zanon Giuseppe sposo di Mior Amalia

Zavattin Angelo ved. di Tomadon Vittoria

Cescon Dionisio sposo di Storto Santina

Zanon Mario sposo di Conte Dorina.

Questi nostri cari trapassati vivano la pace del

Signore; ai loro congiunti il nostro cordoglio e la

nostra preghiera.

Il Presidente

Luigi Goi

Mascarin cav. Senatore “Celio”

al centro

Luigi Miglioranza

tra Presidente e Vice della sezione

Page 53: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

51

Sopra:

Gli auguri del Presidente Provinciale

a Luigi Tusei per i suoi cento anni

A destra:

Il festeggiato Luigi Tusei

con il Presidente della Sezione

e gli Alfieri Barbon e Infanti

Page 54: Qui Summaga, n. 87, 2013

52

Festa cremisi…

Bicentenaria Domenica, 1° settembre 2013, la ri-

dente cittadina si è svegliata avvolta

dal Tricolore ed ha vissuto un’intensa

giornata all’insegna del bersaglieri-

smo con l’invasione di un folto grup-

po di bersaglieri e simpatizzanti, con-

venuti dalla provincia di Venezia, per

la festa cremisi della Sezione ANB di

Portogruaro. Questa festa si è tenuta

a Fossalta di Portogruaro per celebra-

re il centenario di fondazione della

Chiesa Parrocchiale San Zenone e

salutare, nella città che gli ha dato i

natali, il traguardo dei cent’anni del

socio Bersagliere Davide Cesco.

La cerimonia è iniziata con l’Alzaban-

diera in Piazza Risorgimento alla presenza del

Presidente Provinciale ANB Ottaviano Tonetto,

del sindaco dr. Paolo Anastasia, del maresciallo

Luca Gioi comandante della stazione dei Carabi-

nieri, del Presidente della Sezione di Portogruaro

Franco Lisandro, di tutti i Bersaglieri e dei rappre-

sentanti delle associazioni combattentistiche e

d’Arma.

Resi gli onori al Gonfalone del Comune e al Me-

dagliere ANB della Provincia di Venezia, un timi-

do sole ha illuminato e fatto risaltare le medaglie

appuntate su alcuni Labari delle Sezioni e del Me-

dagliere Provinciale. Ogni medaglia rappresenta

idealmente un atto di eroismo, un soldato ferito o

ucciso, ma testimonia anche l’immenso dolore con

cui hanno dovuto convivere le famiglie di quei

ragazzi e uomini in divisa di cui pochi oggi ricor-

dano il nome, l’età, l’episodio che ha spento il loro

sorriso.

Ma il tempo è tiranno per cui il corteo deve av-

viarsi per la celebrazione della funzione religiosa.

Quanto entusiasmo hanno suscitato gli ottoni del-

la fanfara di Ceggia nell’attraversa-

mento della città! Ma anche quanta

emozione durante la S. Messa: le no-

te di Santa Maria del Cammino,

quelle meste del Silenzio fino a quel-

le struggenti del Signore delle Cime

hanno aggiunto ulteriore spiritualità

e suggestione alla cerimonia.

Dopo gli onori ai Caduti con la depo-

sizione di una corona d’alloro e i sa-

luti delle Autorità, i reparti dei bersa-

glieri si sono esibiti nell’immancabile

sfilata “a passo di corsa” e con loro

anche il Sindaco Anastasia, applau-

dito dai concittadini.

Onori ai caduti

S. Messa al campo

Page 55: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

53

La fanfara ha dato il ritmo alla corsa e ha chiuso la

manifestazione con uno strepitoso concerto.

Durante il pranzo sono stati premiati con un atte-

stato regionale i bersaglieri Dino Valerio e Arde-

sio Bozzato per la fervente attività svolta in favore

della Sezione.

La bellissima giornata cremisi si è conclusa con le

congratulazioni ed il compiacimento di tutti per la

perfetta organizzazione e non poteva essere che

perfetta con uno speaker d’eccellenza nazionale: il

nostro presidente regionale Antonio Bozzo.

Passo di corsa Premiazione

Franco Lisandro

Preghiera del Bersagliere

A te, eterno Iddio,

Signore della pace e della guerra,

noi - Bersaglieri di La Marmora -

innalziamo la nostra preghiera.

Tu, che ci hai fatto conoscere le asperità

di tante battaglie, il gaudio di tante vittorie,

la pena di tante rinunce,

fa’ che raggio di gloria illumini sempre la nostra fronte.

Fa’ che la terra tremi sotto il nostro piede veloce

e i nostri occhi mai vedano vinte le nostre armi,

mai piegata la Bandiera della Patria.

Tu, che ci hai dato un cuore di fiamma, guida i nostri passi

sulla via dell'onore e, se un giorno dovessimo cadere,

rendi forte l'animo delle nostre mamme e delle nostre spose.

Benedici, o Signore, le piume

che ci tramandano un secolo di assalti;

benedici i nostri cuori che palpitano per la Patria santa;

benedici coloro che dal Mincio al Don, a Poggio Scanno,

sul campo restarono;

benedici l'Italia e gli italiani. Tutti gli italiani.

Ascolta, o Dio Onnipotente,

la viva voce di chi solo a Te si arrende.

Col. Nino Tramonti

Page 56: Qui Summaga, n. 87, 2013

54

Eh l’età

Non solo l’aspetto cambia, sarebbe già un succes-

sone… in realtà ciò che accade si chiama

S.A.D.A.E. (Sindrome di Attenzione Deficitaria

Attivata dall'Età).

Si manifesta così:

Decido di lavare la macchina.

Mentre mi avvio al garage vedo che c'è posta sul

mobiletto dell'entrata. Decido di controllare prima

la posta. Lascio le chiavi della macchina sul mobi-

letto per buttare le buste vuote e la pubblicità nella

spazzatura e mi rendo conto che il secchio è stra-

pieno.

Visto che fra la posta ho trovato una fattura decido

di approfittare del fatto che esco a buttare la spaz-

zatura per andare fino in banca (che sta dietro l'an-

golo) per pagare la fattura con un assegno.

Prendo dalla tasca il porta assegni e vedo che non

ho assegni.

Vado su in camera a prendere l'altro libretto, e sul

comodino trovo una lattina di Coca-Cola che stavo

bevendo poco prima e che avevo dimenticato lì.

La sposto per cercare il libretto degli assegni e sen-

to che è calda… allora decido di portarla in frigo.

Mentre esco dalla camera vedo sul comò i fiori che

ha regalato mio figlio alla mamma, ricordo che li

devo mettere in acqua.

Poso la Coca-Cola sul comò e lì trovo gli occhiali

da vista che è tutta la mattina che cerco.

Decido di portati nello studio e poi metterò i fiori

nell'acqua.

Mentre vado in cucina a cercare un vaso e portare

gli occhiali sulla scrivania, con la coda dell'occhio

vedo un telecomando.

Qualcuno deve averlo dimenticato lì (ricordo che

ieri sera siamo diventati pazzi per cercarlo).

Decido di portarlo in sala (al posto suo!!!), appog-

gio gli occhiali sul frigo, non trovo nulla per i fiori,

prendo un bicchiere alto e lo riempio di acqua…

(intanto li metto qui dentro…).

Torno in camera con il bicchiere in mano, poso il

telecomando sul comò e metto i fiori nel recipiente,

che non è adatto naturalmente, e mi cade un bel

po’ di acqua… (mannaggia!), riprendo il teleco-

mando in mano e vado in cucina a prendere uno

straccio.

Lascio il telecomando sul tavolo della cucina ed

esco… cerco di ricordarmi che dovevo fare con lo

straccio che ho in mano…

Conclusione:

Sono trascorsi 50 minuti e:

non ho lavato la macchina;

non ho pagato la fattura;

il secchio della spazzatura è ancora pieno;

c'è una lattina di coca cola calda sul comò;

non ho messo i fiori in un vaso decente;

nel porta assegni non c'è un assegno;

non trovo più il telecomando della televisione

né i miei occhiali;

c'è una macchiaccia sul parquet in camera da

letto e non ho idea di dove siano le chiavi della

macchina!!

Mi fermo a pensare:

Come può essere? Non ho fatto nulla tutta la matti-

na, ma non ho avuto un momento di respiro…

mah!!

Fammi un favore rimanda questo messaggio a chi

conosci perché io non mi ricordo più a chi l'ho

mandato.

E non ridere perché se ancora non ti è successo… ti

succederà… Prima di quanto credi!!

A me succede già da tempo ma non ricordo da

quando.

Comunque mi sono ricordato di te e del tuo nome.

Buona giornata!

Page 57: Qui Summaga, n. 87, 2013

55

Viviamo Summaga… Un altro anno in festa

Casera 2013 Abbiamo aperto il 2013, così come di consueto, con

la tradizionale Casera, in collaborazione con l’Avis

e la Parrocchia.

Sabato 5 gennaio alle ore 20:30, don Giuseppe do-

po la benedizione si è apprestato ad accendere la

Casera, il fumo denso saliva verso l’alto e stavamo

lì a guardare quale direzione prendesse; il nuovo

anno sarà migliore di quello appena passato? Non

c’è tempo per aspettare una risposta, ecco scorgere

dal campanile una lunga scopa, la befana anche

quest’anno è venuta a farci visita per distribuire le

calze ai bambini buoni! Eccoci ancora con il naso

all’insù a guardare la sua lenta discesa tra l’entu-

siasmo dei piccoli. La serata trascorre tra pinsa, vin

brule, ed infine l’estrazione dei numeri della lotte-

ria che, anche quest’anno ha regalato ottimi premi

ai più fortunati.

Anno 2013, anno di cambiamenti Il mese di febbraio ha visto l’Associazione impe-

gnata nel rinnovo del consiglio direttivo. I soci si

sono riuniti ed hanno votato il nuovo gruppo che

“guiderà” l’Associazione per il prossimo triennio.

Una nuova Associazione è emersa, in una veste

senz’altro giovanile, più forte e determinata, certa-

mente pronta ad affrontare gli anni futuri con la

grinta ed il coraggio necessario per tenere alto il

nome dell’Associazione e del nostro paese, sotto la

guida del nuovo Presidente Idilio.

Buon lavoro!

Summaga in festa

Appena insediatosi il nuovo consiglio ha dovuto

alla svelta avviare i preparativi per la festa di mag-

gio: Summaga in Festa!

Page 58: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

56

Un fine settimana di musica, birra e polletti alla

griglia! Nei giorni 17-19 maggio il rock dei Kiss,

insieme alle canzoni di Lady Gaga e dei Vertical

Smile hanno attirato centinaia di persone, a gustare

i piatti preparati dalla nostra cucina o semplice-

mente per stare in compagnia.

Quest’anno inoltre, abbiamo voluto creare un mo-

mento particolare per i nostri nonni, domenica 19

abbiamo organizzato un pranzo apposta per loro.

Qualche ora di spensieratezza, a ricordare i bei mo-

menti, insieme come tanti anni fa.

Tombola e musica non potevano certo mancare,

tanto meno una partita a briscola!

Un’iniziativa importante e soprattutto ben riuscita,

per i nostri nonni e per noi nipoti. Summaga in fe-

sta si è conclusa con un successo, molto meglio di

quanto si potesse sperare!

Si iniziano a vedere i primi segni di cambiamento?!

Festa d’autunno

11, 12 e 13 ottobre

…Italia!

La festa d’autunno anche quest’anno si è aperta

con “un altro weekend”, ormai abituale appunta-

mento con piatti e tradizioni tipiche di un paese

straniero, ma quest’anno non siano andati tanto

lontani, non ci siamo spinti oltre le Alpi, non abbia-

mo attraversato l’oceano, quest’anno siamo pro-

prio rimasti fermi, quest’anno Italia.

La nostra cucina ci ha deliziato con alcuni piatti

tipici delle regioni italiane, come l’agnello pugliese,

il cinghiale toscano, il brasato piemontese e la clas-

sica cotoletta milanese!

Un ottimo lavoro, piatti squisiti e non hanno tarda-

to ad arrivare innumerevoli complimenti ai nostri

cuochi!

Ma non c’è festa senza un contorno di spettacolo e

musica: venerdì sera La compagnia delle d’Indie

ha presentato il suo ultimo lavoro: “Il giorno prima

degli esami”. Lo spettacolo è continuato anche nei

giorni di sabato e domenica in compagnia de “Il

vescovo e il ciarlatano” e de “La luna e il falò”, che

con le loro note ci hanno saputo regalare qualche

piacevole ora di musica… ovviamente italiana!

Page 59: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

57

Per l’associazione

Viviamo Summaga

Riccardo

17, 18, 19 e 20 ottobre: 12^ Castagnata!

La festa d’autunno continua, il secondo weekend

di festa non si è fatto mancare proprio niente.

Si aprono le danze giovedì 17 con la quinta edizio-

ne di “Summaga fashion style”. Consueta sfilata,

ormai divenuta di alta, altissima moda! Non sono

mancate le novità, dall’addobbo della passerella

alla sfilata degli occhiali, ma più di tutti ha risaltato

la presenza al concorso di ragazzi e ragazze prove-

nienti anche da

fuori paese.

La serata si è con-

clusa tra gli ap-

plausi con la sfila-

ta degli abiti da

sposa del negozio

Marika Mode e

con la proclama-

zione di Miss e Mr

“Summaga fashion

style 2013”, Stefa-

nia ed Enrico, pre-

miati dalla nostra

stilista Giovanna.

La festa è continuata il venerdì con una serata del

tutto giovane, i We love beat hanno tenuto il palco

fino a tarda notte; centinaia i giovani di tutte le età

che si sono riversati in pista a ballare. Sabato sera

grandissima affluenza di persone alle nostre tavole

e il gruppo Bacco x Bacco ha dato spettacolo con le

migliori canzoni degli anni 60, 70 e 80.

Domenica sveglia

presto, fin dalle pri-

me luci le strade del

paese hanno iniziato

ad affollarsi, le ban-

carelle hanno preso

posizione lungo le

vie e alle 8:30 gli at-

leti sono partiti per

l’Undicesima marcia

dell’abbazia, percorso

tra strada e campi di

5, 12 e 21 km.

Alle 12:30 il pranzo

paesano richiama al

capannone centinaia

di persone a trascor-

rere qualche ora in

compagnia allietate dalle note dei Funkasin, grup-

po itinerante che si è poi riversato nelle strade per

tenere vivo il morale della festa durante il pome-

riggio. Le ore sono passate in fretta, la gente da

tutti i paesi è venuta a passeggiare per Summaga,

tra esposizioni di trenini, bancarelle di dolci e di

artigiani, tra i bimbi che imparavano i lavori di un

tempo e i chioschi che “sfornavano” castagne.

Intorno alle 17:00, in piazza i Vertical smile hanno

intrattenuto i giovani e meno giovani con un po’ di

musica, ma il tempo non ci ha aiutato e la pioggia

ha fatto correre tutti al riparo sotto il capannone.

Per fortuna era ora di cena, i tavoli si sono riempiti

alla svelta, e neanche il tempo di finire di mangiare

che inizia un nuovo spettacolo, le Drag Queen fan-

no divertire i grandi e i bambini, qualche ora e poi

alle 22:30 tutti fuori, sotto la pioggia ma con gli oc-

chi al cielo a guardare i fuochi d’artificio che hanno

chiuso in bellezza la 12^ castagnata.

Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile

questi eventi.

Arrivederci al prossimo appuntamento!

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58

Solstizio d’estate 21 giugno 2013

Per il terzo anno consecutivo ci siamo ritrovati nel

parco di Giorgio e Francesca, animati dall’entusia-

smo che porta con sé la stagione del sole.

“Le signore dei ciclamini” si sono tutte impegnate

per la riuscita dell’incontro e hanno accolto i nuovi

arrivati con un saluto, un sorriso e soprattutto con

dolci e sorprese…

Il pittore, Nevio Canton di Fiume Veneto, ha ri-

tratto gli ospiti impegnati a scambiare quattro

chiacchierare sotto il gazebo, angoli del parco e di

Summaga, la chiesa abbaziale e il campanile. La

performance si è svolta in diretta e alcuni acquerelli

a “guazzo” possono essere ora ammirati nella sala

di don Giuseppe. L’artista friulano è stato premiato

in diversi concorsi nazionali ed anche oltre confine;

attualmente le sue opere sono presenti in collezioni

pubbliche e private.

Il popolo del 9/09/2013 ha presentato l’ultima sua

mostra all’Antico Borgo di Porcia e gli ultimi premi

ottenuti in varie ex-tempore nelle quali le sue opere

sono state apprezzate per le composizioni e i colori

delle pennellate, definendole processi creativi in

perenne evoluzione.

La cooperativa “Coi piè per tera” ha presentato un

laboratorio di decorazione “a stampo” su stoffa.

Una rappresentante della stessa ha illustrato finali-

tà, obiettivi e futura attività della cooperativa.

Il progetto è rivolto a tutte le persone che vogliono

trascorrere durante la settimana qualche ora in

compagnia, impegnandosi anche in semina, cura e

Acquerello: gazebi in parco

Artista all’opera

Acquerello: …campanile a “guazzo”

Tecnica mista: scorcio di paese

Page 61: Qui Summaga, n. 87, 2013

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59

raccolta di ortaggi e fiori. Ci auguriamo che la coo-

perativa riceva i necessari permessi e inizi a opera-

re molto presto in paese.

Elisa nel suo “angolo d’altri tempi”, tra vestiti d’e-

poca e profumo di lavanda, ha dato dimostrazione

del lavoro a tombolo e del ricamo a chiacchierino;

apprendiste molto interessate bambine al seguito di

mamme e nonne. Nell’”angolo dei profumi” si do-

veva indovinare quali aromi fossero intrappolati in

particolari vasetti: menta, rosmarino, salvia… si

vinceva “la risposta dell'oracolo”.

La serata è continuata con “il rinfresco” che ha vi-

sto “gradire e sparire” stuzzichini, dolcetti, angurie

e… qualche “sorso” ristoratore ha dato benzina ai

motori. La parte centrale della serata è stata occu-

pata dal confezionamento dei nuovi mazzetti delle

erbe profumate e il falò di quelli dell'estate 2012,

ricordando la tradizione che vede nella notte del

solstizio un momento propiziatorio e scaramantico

contro fatture e incantesimi delle streghe!

Qualche amica e compagno quest’anno è mancato

all’appuntamento, ma nello stare assieme la tristez-

za si è mitigata e ha lasciato il posto alla gratitudine

per averli avuti accanto per un tratto di strada.

A fine serata, ci siamo lasciati con l’accensione delle

candeline e degli incensi, qualche canto, contenti e

fiduciosi nel domani… mentre il ciclo dell'anno si

perpetua. L. M.

L’angolo di Elisa

Laboratorio della cooperativa “coi piè per terra”

Confezione dei mazzetti di erbe profumate

Il falò purificante

La notte del solstizio

Page 62: Qui Summaga, n. 87, 2013

60

Dalle gambe al cuore

Ricordo la folla alla partenza…

Letteralmente un groviglio di gambe e

scarpe da ginnastica. Su e giù per quella

striscia di asfalto in zona parcheggio,

ottimo spazio dove scaldarsi, senza per-

dere d’occhio lo striscione del via: l’arco

AVIS che pubblicizza un piccolo grande

gesto di solidarietà… Su e giù quasi

scontrandosi, persone di tutte le età, chi

in tenuta ultra tecnica, chi con abbiglia-

mento a cipolla, chi in compagnia dell’i-

Pod, e chi circondato dall’intera famiglia,

cagnolino compreso. È già passato un

anno, ma le immagini della decima edi-

zione della “marcia dell’Abbazia” sono

ancora vivide… il tempo era stupendo e

la bruma mattutina esaltava un cielo che, nei giorni

precedenti, aveva solo saputo regalare nuvoloni

grigi ed ettolitri di pioggia. Ma a dispetto di que-

sto, un fiume di persone continuava ad arrivare, a

ridere, a chiamarsi a gran voce, segnalando inattesi

anfratti dove parcheggiare o indicando la colloca-

zione dell’area dedicata dagli organizzatori, la

“Podistica I cento passi”, alle iscrizioni.

Ricordo la curiosità… era la nostra prima Marcia

dell’Abbazia e talmente in tanti ce ne avevano par-

lato con toni entusiastici, che avevamo deciso di

rinunciare alla classica corsa d'allenamento per

sperimentare in prima persona questo pezzo di

storia del podismo Summaghese.

“Voi che andate a correre ogni domenica dovete

assolutamente fare la Marcia dell’Abbazia!”.

Partenza

I nostri eroi

Page 63: Qui Summaga, n. 87, 2013

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61

Questa è stata la frase ri-

corrente che ci ha spinto a

tentare l’avventura…

“È dura… (e questo pen-

siero ci preoccupava un

po’: non eravamo abituati

alla corsa campestre mista)

ma ne vale assolutamente

la pena!” e questo com-

mento ci risollevava l’ani-

mo e ci rendeva impazien-

ti i giorni prima e durante

l’attesa prima del via.

Ricordo il fango e l’erba

fradicia, e le risate quando

il fondoschiena inesorabil-

mente si piantava a terra e

diverse mani amiche mi

aiutavano a risollevarmi…

Ricordo la fatica e la gioia nel raggiungere i ristori,

dove simpatici volontari ci accoglievano non solo

con integratori e zuccheri, ma anche con vivaci in-

citamenti. E ricordo il mio sguardo rapito dai pae-

saggi e dalle viste incantevoli, dagli scorci caratte-

ristici di una campagna riluttante a vestire i colori

pomposi e tristi dell’autunno.

È già passato un anno e, in questi mesi, tra le chiac-

chere con altri podisti, abbiamo ripetuto innumere-

voli volte: “Devi assolutamente provare la Marcia

dell’Abbazia!”.

È bastata una sola volta e, nonostante il fango e la

lotta per ricercare affannosamente un equilibrio a

volte instabile, ci è entrata nel sangue.

Anche quest’anno saremo sicuramente in tanti…

Anche quest’anno abbiamo detto di no alla classica

d’allenamento…

Anche quest’anno resteremo senza fiato… ma non

per i saliscendi da argini e ponticelli, bensì per la

gioia di trascorrere un giorno di festa in un modo

unico, speciale, indimenticabile.

Runner Marcia dell’Abbazia

Immersi nella natura

Arrivo affamati… di vittorie

Page 64: Qui Summaga, n. 87, 2013

62

XVI Edizione Concorso AVIS (2013)

“Che cosa mi aspetto dagli atri? E che cosa sono

disposta a fare per loro?”. Leggo e rileggo la dop-

pia domanda. A voce alta, a mente, con un sussur-

ro, soppesando le parole... Lo faccio più volte, cer-

cando di mettere un po’ d’ordine tra i pensieri, il

foglio bianco e vuoto, mi osserva, in attesa che una

risposta compaia sulla sua superficie.

Tuttavia non posso fare altro che spostare il mio

sguardo deluso sulla mia penna, ferma, immobile

sulla scrivania. È mai possibile? Dopo aver scritto

pagine e pagine di analisi, riassunti, commenti,

relazioni, temi, brevi saggi, articoli su tematiche

che vanno dalla letteratura rinascimentale al mon-

do grecolatino fino all’attualità politica più strin-

gente, dai più efferati fatti di cronaca nera al di-

battito sui diritti civili, ora mi trovo di fronte uno

dei quesiti più semplici che abbia mai visto, ma, al

tempo stesso, mi ritrovo a dover fare i conti con il

silenzio dei miei pensieri. In nessun libro, in nes-

sun manuale scolastico troverò mai la risposta, che

è, invece, ben nascosta dentro di me. Questa è l’en-

nesima conferma di quanto noi “alleniamo” di più

la mente che il cuore.

Mettiamo a tacere quest’ultimo con la forza della

mente, che non vuole farci vedere la piccola, dolen-

te verità, nascosta nel quesito di partenza. Il nostro

difetto non consiste soltanto nell’aspettarci che sia-

no gli altri ad agire. L’ipotesi di una messa in gioco

di noi stessi è in fondo alla lista. E questo è il no-

stro vero limite. Così, ci accontentiamo di leggere

le straordinarie storie di uomini e donne che hanno

saputo sacrificarsi per il bene di qualcuno, che la-

vorano giorno e notte nelle corsie degli ospedali

per salvare le vite degli altri, che soccorrono i feriti

La premiazione di Aurora

In ricordo di Valentino Moro, anche nel 2013, le

scuole del portogruarese hanno partecipato al con-

corso Avis-giovani e le classi quarte degli Istituti

superiori hanno sviluppato il tema: “Che cosa mi

aspetto dagli altri e che cosa sono disposto a fare

per gli altri?”.

Prima classificata: Aurora Santin classe IV Liceo

Scientifico XXV Aprile; la studentessa è figlia di un

nostro compaesano; ci congratuliamo con lei e le

rinnoviamo i complimenti per la sensibilità dimo-

strata e per la capacità espressiva.

Page 65: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

63

nelle zone di guerra, dedicandosi anima e corpo

alla missione. Durante la lettura, cresce in noi, ine-

vitabilmente, un’enorme ammirazione per loro, ma

ce ne dimentichiamo, quando, girando pagina, an-

diamo a controllare la programmazione serale in

TV. L’idea di emulare questi esempi sembra quasi

improponibile, poiché ci appaiono davvero lontani

dalla nostra realtà. Il nucleo del problema sta nella

fiducia. Infatti, non ne vogliamo dare abbastanza

agli altri e non ne guadagniamo a sufficienza. Sen-

za di essa, è davvero impensabile provare il desi-

derio di mettersi in gioco. In tal modo, le sbarre

della gabbia dell’egoismo e del disinteresse diven-

tano sempre più spesse.

Un passo fondamentale, per uscirne, è capire che

cosa sia la fiducia. La definizione di questa parola

nel dizionario si trova, principalmente, in tre righe,

che, in sostanza, dicono ben poco. Non è,

poi, raro trovare questo sostantivo negli

slogan della pubblicità di un supermer-

cato, di un’impresa, di una banca, assu-

mendo un significato di scarso rilievo

morale e pratico. La troviamo anche in

una famosa canzone di Jovanotti, il cui

testo recita: “Mi fido di te, io mi fido di

te, cosa sei disposto a perdere?”. Con la

musica non ci si accorge di quanto la do-

manda sia inquisitoria.

Il verso dà la sensazione di camminare

tranquillamente lungo un sentiero, poi,

di colpo, ci si ritrova sull’orlo del preci-

pizio. Termini quali “fiducia” e

“perdere”, accostati nello stesso giro di

frase, creano un corto circuito, stridono.

Allora, l’atto del fidarsi assume l’aspetto

di un’impresa eroica, simile a quelle lette

nei libri da bambini, in cui personaggi generosi

sfidano il pericolo, sacrificando sé stessi per il rag-

giungimento di un bene comune.

Ma è solo fantasia.

Per citare Fabio Volo, “I veri eroi non sono a cavallo”.

E se gli eroi non hanno spada né armatura, vuol

dire che questo ruolo è accessibile a tutti. Se si è

consapevoli di ciò, la risposta alla domanda inizia-

le viene da sé. C’è bisogno, però, del coraggio di

uscire dalla nostra gabbia mentale, ma anche da

quella della fiducia incondizionata di chi ci chiede

aiuto, dote mai facile da trovare.

Ecco, il coraggio sarà l’unico equipaggiamento del

“vero eroe”, oltre alla volontà di donare noi stessi.

E io, a 17 anni, che “impresa eroica” posso iniziare?

La settimana scorsa è arrivata a casa mia una lette-

ra, con sopra il mio nome.

Mi proponevano “un gesto tanto semplice quanto

prezioso, di grande civiltà, responsabilità, umanità

e solidarietà”. Il mittente era l’Associazione Volon-

tari Italiani Sangue. Continuava suggerendo: “A

volte, non basta un pensiero per salvare una vita.

Vuoi festeggiare così la maggiore età?”.

Ho piegato il foglio… e mi sono detta:

“Ok, cominciamo da qui!”

La Presidente Silvia Tonasso con gli ospiti intervenuti.

Sala del caminetto: intervenuti alla premiazione.

Filippo Facca lettore dei temi,

il vice Sindaco Luigi Villotta,

responsabile ASL dott.ssa Benini.

Da sx:

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64

Breve storia del santino

Durante la "Festa d’autun-

no", Giovanni Falcomer

ha esposto nella chiesetta

di S. Elisabetta circa 1500

santini della sua collezio-

ne. Il suo interesse per le

immagini sacre è nato qua-

si per caso, dall'osservazio-

ne delle prime ritrovate in

casa di una vecchia amica.

Nel tempo l'interesse si è

trasformato in una vera

passione, ricercando nuove

immagini sacre e organiz-

zandole per data e luoghi

di emissione, per ricorren-

za: battesimi, comunione,

cresima, "luttini", e soprattutto per "figura invocata

e venerate". Oggi Gianni possiede circa 25000 di

questi santini che vanno dal 1848 al 1950. Li con-

serva con molta cura in album e bacheche costruite

da lui. I visitatori si sono molto incuriositi, hanno

apprezzato la raccolta e hanno chiesto informazio-

ni, imparando anche a riconoscere dai colori le im-

magini più antiche e preziose.

L’origine dei santini L’origine dei santini risale all’inizio del XIV secolo;

il primo santino documentato con la figura di san

Cristoforo, è di circa un secolo dopo, del 1423.

Le prime stampe su carta erano rudimentali, rica-

vate da un inciso su una matrice di legno.

Successivamente in Baviera, Fiandre e Svezia furo-

no realizzate alcune acqueforti, piccoli capolavori,

di forma rettangolare. Tra il seicento e l’ottocento si

Esposizione dei santini nella

chiesetta di santa Elisabetta

Santini ricordo prima comunione “estensibili” Santini dal 1850 al 1950

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QUI SUMMAGA

65

hanno le creazioni più fantasiose: prima i canivet,

sostituiti nell’ottocento da santini con applicazioni

di pizzo che riproducevano l’antico intaglio della

carta velina; sul pizzo venivano applicate immagi-

ni stampate a litografia, con essi inizia la storia

“moderna” del santino.

Nel 1840 per la prima volta si sono realizzate im-

magini a colori, che a inizio Novecento rimaneva-

no ancora una novità.

A cosa servivano Le immagini avevano due funzioni fondamentali:

quella di divulgare la vita dei santi e quella edifi-

cante di incitare alla pietà cristiana; inoltre rispon-

devano a un bisogno primordiale di protezione: i

santi più venerati erano quelli che proteggevano la

salute. Alla devozione al santo si legava la fiducia

nel potere taumaturgico delle reliquie contenute

nel santino e quella scaramantica in un potere qua-

si magico delle immagini.

Con la fine della produzione artigianale dei santi-

ni, nel corso del XX secolo, si riduce il valore colle-

zionistico ma si accresce la diffusione rispetto alle

epoche passate: riprodotti in innumerevoli copie a

basso costo, essi entrarono non più solo nei messa-

li, ma nei taschini delle giacche e nei portafogli.

Anche molti di noi portano con sé qualche santino

e non è raro sentire che qualcuno ha sistemato

un'immagine benedetta sotto il cuscino di un fami-

liare ammalato.

Per la maggioranza dei credenti il santino è infatti

un oggetto sacro che ci avvicina a Dio e ci fa sentire

il suo amore.

Ringraziamo l'amico Gianni per averci dato l'op-

portunità di ammirare la raccolta e Luigi e Mario

Zavattin che lo hanno aiutato ad allestire l'esposi-

zione. L. M.

Vecchi santini

Madonna delle Grazie di Udine

Madonna di Lourdes (a sinistra)

e dei Miracoli del santuario

di Motta di Livenza (a destra)

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66

Un ferragosto tra castelli e palafitte

Il tradizionale pranzo di ferragosto è stato l’occa-

sione per un arricchimento spirituale e culturale.

Due tappe importanti hanno caratterizzato la gior-

nata. Alla prima, Castel d’Aviano, è legato il ricor-

do affettuoso dei Summaghesi più in là con gli an-

ni per don Natale Quattrin, parroco a Summaga

dal 1956 al 1969 (era stato ordinato sacerdote nel

1942 e destinato a Concordia come cooperatore; nel

1947 divenne arciprete di Erto e un anno dopo par-

roco di S. Lorenzo d'Arzene).

Spiccata personalità, “autentico” anche a costo

dell’incomprensione

dei fedeli più conser-

vatori, particolarmen-

te amato da tutti gli

altri per la coerenza

delle sue azioni: cer-

cava e dava ascolto a

chi ne aveva più biso-

gno, si privava di be-

ni essenziali per rega-

larli, senza clamore, ai poveri; rifuggiva ogni per-

benismo suggerito dal ruolo, entrava nelle case da

amico. Per i giovani fu esempio di entusiasmo -

ripeteva spesso che il cristiano si riconosce dal sor-

riso - e spirito d’iniziativa: pro-

mosse la nascita della “sezione

scout” di Summaga e fece ama-

re loro la montagna.

Nei tredici anni del suo gover-

no furono proseguiti i lavori di

restauro della chiesa, riportata

alle linee originali e abbellita

dagli affreschi ridonati all'anti-

ca vivezza. Mostrò alla comuni-

tà il valore della cultura che mi-

gliora ed eleva l’uomo.

Nel 1969 si trasferì a Castel d’A-

viano, essendo un sostenitore

dell'opportunità di un avvicen-

damento dei sacerdoti alla gui-

da delle parrocchie.

Morì tragicamente a 55 anni,

mentre scendeva

da Cima Manera

(Piancavallo,) il 2

giugno 1971.

La visita alla sua

tomba e la commo-

zione ancora inten-

sa negli occhi dei

Summaghesi han-

no dimostrato la

stima e l’affetto che

la maggioranza di

noi nutre ancora

per don Natale. Al

termine della mes-

sa in suo suffragio,

don Riccardo, par-

roco di Aviano, ha illustrato brevemente ai presen-

ti la storia e l’arte del luogo. Il castello, della prima

metà del X sec., fu fatto costruire dai patriarchi di

Aquileia verso il Mille, subito dopo le incursioni

ungaresche. Di esso rimangono alcuni tratti della

cinta muraria, 4 torri, resti del mastio, alcune abita-

zioni e la chiesa. La chiesa parrocchiale di Santa

Maria fu commissionata nel 1583 dalla famiglia

Trevisan, di nobiltà veneziana,

a Vincenzo Scamozzi, lo stesso

che progettò Porta Aquileia nel-

la fortezza di Palmanova.

Nella cripta è collocata una pie-

tà in pietra arenaria dipinta,

rappresentante la Vergine con il

Cristo morto sulle ginocchia

(Vesperbild), di scuola salisbur-

ghese. La chiesa di Santa Giu-

liana, che si trova presso il cimi-

tero (1329) possiede uno tra i

più vasti cicli d’affreschi post

giotteschi esistenti in regione.

Per la pausa pranzo a Mezzo-

monte, l’ambiente spartano del

ristorante presenta alcuni van-

taggi: disponibilità ad acco-

Castel d’Aviano

Don Natale Quattrin, parroco di Summaga

“La pietà” della cripta

Page 69: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

67

L. M.

glierci anche fuori tempo massimo, garanzia di

“prezzo sostenibile e cucina casalinga”.

La cooperativa “Coi piè per tera” ha addobbato la

sala con ceste di propri prodotti e l’amico Andrea

ha fornito la frutta coltivata nel proprio vivaio a

Levada.

L’estrazione dei regali della lotteria e l’elezione di

miss “Signora dei ciclamini” hanno intrattenuto

piacevolmente la compagnia. L’incoronazione è

stata accompagnata dal bacio di Juti che ha rivelato

nell’occasione la sua simpatia, regalando a chi gli si

avvicinava un marchio “infuocato”. Alla neo miss,

signora Teresa Buso, facciamo tutte le nostre con-

gratulazioni!

Ore 18.00: seconda tappa culturale: sito archeologi-

co di Revine lago.

Nonostante il ritar-

do di un’ora, la

guida ci ha gentil-

mente aspettato e

portato a visitare

tre capanne co-

struite su palafitte.

“Il Livelet” è un

sistema di aree di-

dattiche e laboratori all’aperto costituito da uno

spazio dedicato ad una vera e propria ricostruzio-

ne di un ambiente di vita sociale tipico dell’area tra

il Neolitico, l’età del Rame e l’età del Bronzo… l’in-

teresse e la partecipazione alle spiegazioni ci ha

interrogato sulla reale età dei visitatori!!!

L’allegra brigata

Frutta dell’amico Andrea

Miss “Signora dei ciclamini”: Teresa Buso

Palafitta del sito archeologico di Revine Lago

Page 70: Qui Summaga, n. 87, 2013

68

Cronaca della gita a Ferrara

Domenica 21 aprile 2013, di buon mattino, partiamo

per Ferrara.

Ferrara ebbe origine nell’VIII

secolo come baluardo difensi-

vo sulle sponde del fiume Po

e raggiunse il suo massimo

splendore quando nel Basso

Medioevo e nel Rinascimento

fu governata dalla Signoria

Estense, che la trasformò in

un centro artistico di grande

importanza. L’Unesco, nel

1995, le conferì il titolo di Pa-

trimonio Mondiale dell’Umanità, come città del Ri-

nascimento. La città ha un’economia basata sulla

produzione agricola e industriale. Dopo l’incontro

con la nostra guida ci avviamo a visitare la città me-

dievale a piedi. Visitiamo il Duomo di Ferrara,

cattedrale dedicata a San Giorgio, del XII secolo,

sede dall’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, che

rappresenta uno degli edifici storici della città.

Percorriamo le vie principali della città, dove la no-

stra guida ci illustra i palazzi

e le chiese che incontriamo. Al

ritorno, facciamo tappa a Co-

macchio. Città sorta sull’unio-

ne di tredici piccole isole. Nel

1821 finì l’insularità della

città, quando venne costruito

il terrapieno che la collega a

Ostellato. Queste isole sonno

collegate fra loro da ponti.

Qui visitiamo il Duomo di

Comacchio, intitolato a San

Cassiano; Palazzo Bellini che ospita la Galleria

d’Arte Contemporanea. Volendo si possono visitare

i monasteri di Santa Maria in Padovetere, la Torre

dell’Orologio, la loggia dei Mercanti. Visitiamo poi

l’isola di Pomposa, che confina a nord con il Po di

Goro, a sud con il Po di Volano e a est con il mare

Adriatico. Si può visitare l’Abbazia con il suo cam-

panile e il Monastero. A Pomposa si manifesta la

genialità di un grande mo-

naco e musicista: Guido

detto “d’Arezzo”, noto per

l’invenzione del “rigo mu-

sicale”. Un po’ infreddoliti

per la pioggia che ci ha

accompagnato più o meno

per tutta la gita, facciamo

quindi ritorno a casa.

Le organizzatrici

…la guida ci attende! Appoggiati ad un albero ultracentenario

Maestosa mole del Castello Estense

Scorcio del palazzo comunale

con figuranti La Cattedrale

Page 71: Qui Summaga, n. 87, 2013

69

Il Coro Ermens in villeggiatura

Grazie Tramonti, ti lasciamo,

ma rimani in noi con amore,

aria buona, salubre e sempre fresca,

vivi sempre nel nostro cuore.

Un altr’anno? accoglici con sole,

non pioggia cada dal cielo,

rimarremo sperduti nel sentiero,

tanto duro e poco bello.

Tre giorni abbiam passato,

veloci come il vento,

ci hai resi felici,

un regalo e cuor contento.

Noi siam fratelli di sincera bella compagnia,

canti, bandiere al vento

e tanta tanta allegria.

Siam cantori di campagna,

la musica è sempre bella,

onore a tutti, ma i più piacevoli

alla direttrice Maristella.

Tramonti attendici, aprici le porte,

bella gente accogliente,

scenario di maestoso palcoscenico,

montagne che ti fanno corona.

Tramonti sei cara sei bella,

più splendente dell’Arena di Verona.

Le mani tremanti, non posso andare avanti,

auguri felici, cordiali di cuore a tutti quanti.

Quattro giorni, dal 25 al 28 agosto 2013, per gran parte dei componenti del coro, nella bella Val

Tramontina.

Le righe che leggerete qui sotto, recitate nell’ora del ritorno, sono state scritte dal nostro “grande”

Juti, per riassumere questa breve villeggiatura.

Page 72: Qui Summaga, n. 87, 2013

70

25° anno del coro “Le Rondinelle” per la tradizionale “Settimana tra i monti”

Ebbene si!

Sembra quasi impossibile, sono già la bellezza di

25 anni che il coro “Le Rondinelle” trascorre la tan-

to attesa “settimana in montagna”.

Settimane di fantastiche esperienze, di immensa

allegria che, anche con il passare del tempo, nessu-

no dimentica.

Grazie a tutti coloro che, in questi lunghi anni, ci

hanno sostenuto e aiutato.

L’augurio più bello è che questo annuale appunta-

mento possa continuare ancora.

Ci fa piacere elencare i luoghi di villeggiatura:

Per un totale di 1071 persone

1989: Barcis

1990: Tramonti di Sotto

1991: Barcis

1992 - 1994: Tramonti di Sotto

1995: Barcis

1996: Caorle

1997: Tramonti di Sotto

1998: Cimolais

1999 - 2000: Tramonti di Sotto

2001: Claut

2002 - 2003: Cimolais

2004: Tramonti di Sotto

2005: Barcis

2006 - 2013: Tramonti di Sotto

1994 - Tramonti di Sotto

1989 - Barcis (Il primo anno!)

1993 - Tramonti di Sotto

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71

1996 - Caorle

2006 - Tramonti di Sotto

2013 - Tramonti di Sotto

2001 - Claut

Page 74: Qui Summaga, n. 87, 2013

72

Cose di casa nostra

5 gennaio – Si è svolta la liturgia

della benedizione dell’acqua,

del sale e della frutta. Alla sera il

tradizionale falò epifanico orga-

nizzato da “Viviamo Summaga”

in collaborazione con il gruppo

AVIS locale che organizza ogni

anno la lotteria della casera.

Sempre attesa anche la befana, piena di regali per i

piccini, che scende sorridente svolazzando dal

campanile dell’Abbazia.

6 gennaio – Festa dell’Epifania. Benedizione dei

bambini, bacio a Gesù Bambino e premiazione dei

presepi partecipanti al concorso “Presepi in fami-

glia”, tantissimi e belli anche quest’anno!

10-13 gennaio – Si è svolta nei locali dell’oratorio

la mostra e il concorso nazionale dei canarini di

diverse specie; sempre numerosi gli espositori ed

interessati i visitatori.

3 febbraio – Memoria di S. Biagio: tradizionale

benedizione della gola. La S. messa domenicale è

stata animata dal Coro Parrocchiale di Lison.

10 febbraio – Il coro delle Rondinelle anima la S.

messa domenicale nella Parrocchiale di Vigonovo

(PN).

13 febbraio – Inizia la Quaresima, periodo in pre-

parazione alla S. Pasqua annuale, con l’imposizio-

ne delle Ceneri: sempre numerosi i fedeli.

17 febbraio – 17 giovanissimi, classe 1997, che si

preparano a ricevere il sacramento della Cresima,

hanno visitato il monastero benedettino di Poffa-

bro insieme ai loro genitori, contenti di scoprire

una vocazione poco conosciuta.

Febbraio – A metà febbraio è stata raggiunta la

somma necessaria per la realizzazione del progetto

della nostra parrocchiana dott. Maddalena Casa-

rotto in Dall’Oro, volontaria in Mozambico.

25 febbraio – A Pradipozzo inizia il percorso di

lectio divina Quaresimale dell’Unità pastorale su:

la fede nelle Sacre Scritture.

15 marzo – Inizio del percorso foraneale per fidan-

zati che si preparano a ricevere il sacramento del

matrimonio.

17 marzo – Per la prima volta i bambini/e di terza

elementare si accostano a ricevere il perdono dei

propri peccati nel sacramento comunitario della

Riconciliazione.

Page 75: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

73

29 marzo – I giovani di A.C. (ormai è diventata una

tradizione) animano la Via Crucis del Venerdì

Santo.

7 aprile – Mons. Giuseppe Pellegrini conferisce il

sacramento della Cresima a 18 giovanissimi sedi-

cenni, invitandoli ad essere attivi nella parrocchia

con il loro entusiasmo giovanile.

14 aprile – Alla S. messa delle ore 10:00 c’è stata la

benedizione delle vesti, promessa di servizio

all’altare e vestizione dei nuovi ministranti

(chierichetti).

21 aprile – La gita primaverile, organizzata dalle

Signore del mercatino, quest’anno si volge a cono-

scere la ricca città estense di Ferrara.

27 aprile – I giovani dell’A.C. vendono torte e la-

vano le macchine per autofinanziamento ai campi

estivi di formazione.

4 maggio – Giornata diocesana della Carità: gio-

vani della parrocchia han raccolto indumenti vec-

chi pro Caritas diocesana.

5 maggio – I cresimandi si sono recati con i loro

genitori a Concordia a visitare le quattro Cattedrali

per scoprire le proprie radici cristiane e fare la pro-

fessione di fede nell’ottocentesco battistero.

12 maggio – Tredici bambini/e han partecipato in

modo solenne insieme ai propri genitori alla S.

messa di Prima Comunione.

18 maggio – Solennità di Pentecoste, chiusura

dell’anno Catechistico, dell’ACR e ACG.

22 maggio – Festa di Santa Rita da Cascia: S. mes-

sa serale nella chiesetta “Madonna della Pace” con

benedizione delle rose.

1 giugno – Commemorazione del martirio di

Mons. Luigi Padovese. Intervento di Mons. Ovidio

Poletto, Vescovo emerito, e ricordo svolto da

Mons. Orioldo Marson: “Mons. Luigi: uomo del

dialogo”.

2 giugno – Festa del Corpus Domini: dopo la S.

messa delle 10:00 la tradizionale processione con il

Santissimo per le vie principali del paese.

9 giugno – Si celebra, per volontà di un comitato di

giovani famiglie, la 1A festa della famiglia: bellissi-

ma giornata passata nell’amicizia, giochi, canti e

allegria. Nella stessa giornata, per iniziativa di al-

cuni aderenti a “Viviamo Summaga”, si è svolta

una raccolta di n. 147 occhiali usati inservibili come

gesto di solidarietà e di speranza per altrettanti se-

negalesi di vederci meglio.

13 giugno – In serata, dopo la S. messa in onore di

S. Antonio di Padova, si è svolta la processione

aux flambeaux e distribuito il pane benedetto, se-

gno che ricorda la carità di S. Antonio.

Luglio – Nella prima settimana del mese un grup-

po di pellegrini si è recato a Medjugorje per l’or-

mai consueto pellegrinaggio estivo.

7 luglio – Il coro delle Rondinelle si è recato nella

nota località di Tramonti di Sotto per una settima-

na di svago estivo.

Luglio – Per tutto il mese di luglio, nell’ambito

dell’estate ragazzi, si è svolto il corso di ricamo e

cucito con soddisfazione dei bambini/e, ragazzi/e e

genitori.

Page 76: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

74

13 luglio - Anniversario della benedizione della

Chiesetta “Madonna della Pace”. Si è celebrata la

S. messa animata dal Coro degli Alpini A.N.A. di

Codroipo, coro sezionale della provincia di Udine.

Come sempre, nell’ospitale cortile della vetreria

Buoso, è seguito un ricco e signorile rinfresco offer-

to e preparato dalle famiglie della borgata.

18 luglio – Recita del S. Rosario presso il capitello

della famiglia Scala dedicato alla Madonna di San-

ta Caterina Labourè, apostola della “medaglia mi-

racolosa”. Numerosi e partecipi gli intervenuti.

Sempre splendidi i Signori Scala nel donare un

sempre nuovo ricordo della serata di preghiera e

nell’approntare un eccellente rinfresco.

15 agosto – Si è svolta la ormai tradizionale fuori

porta per le ”Signore dei ciclamini”. Castello d’A-

viano la meta di quest’anno per ricordare l’indi-

menticabile d. Natale.

16 agosto – S. messa in onore di S. Rocco officiata

nella chiesetta “Madonna della Pace”.

26 agosto – Magnifico concerto per mandolino e

chitarra nell’ambito del festival portogruarese del-

la musica e grande entusiasmo per gli ascoltatori

che hanno riempito l’Abbazia; alla chitarra Giam-

paolo BANDINI, Emanuele BUZI al mandolino;

musiche da Bach a Vivaldi.

Dal 26 agosto al 1 settembre – Si svolge la settima-

na conclusiva del GREST estivo. Oltre 100 gli en-

tusiasti partecipanti.

29 settembre – Pellegrinaggio annuale di 50 par-

rocchiani al Santuario di Castelmonte sotto un di-

luvio di pioggia e vento.

6 ottobre – Dopo la S. messa solenne la processione

con la statua della “Madonna del Rosario”, nostra

Patrona.

13 ottobre – Apertura ufficiale dell’anno catechi-

stico 2013-2014. Alla S. messa delle ore 11:00 è sta-

to conferito il “mandato” ai catechisti e agli anima-

tori A.C.

Sabato 19 e domenica 20 - Alle sante messe si sono

svolte testimonianze sull’adozione a distanza per

l’Etiopia: numerose le adesioni!

La consultazione dei fedeli presenti alle tre sante

messe di domenica 27 ottobre per stabilire il nuo-

vo orario della terza santa messa domenicale, ha

avuto i seguenti risultati:

1) per le ore 10:30: 1 69 persone;

2) per le ore 11:00: 74 persone.

Da domenica 10 novembre la terza santa messa

domenicale sarà sempre celebrata alle ore 10:30.

Page 77: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

75

3 novembre - Giornata della memoria combatten-

ti e reduci: dopo la S. messa solenne, deposizione

di una corona d’alloro al monumento dei caduti di

tutte le guerre.

17 novembre – Giornata del ringraziamento. Co-

me ogni anno promossa dalla locale sezione dei

Coltivatori Diretti, ha richiamato numerosa folla

alla S. messa delle ore 10:30 per un doveroso atto

di grazie al Signore. Il Presidente dell’Associazio-

ne, Antonio Tessari, si è complimentato per l’ad-

dobbo della chiesa con i frutti della nostra terra. È

seguita la benedizione delle macchine agricole e

civili.

17 novembre – Nel primo pomeriggio i ragazzi/e

di seconda superiore con i genitori e qualche futu-

ro padrino o madrina si sono recati al monastero

benedettino di Poffabro per incontrare le monache

e così scoprire una dimensione vocazionale nella

Chiesa.

24 novembre – Nella Cattedrale di Concordia, alla

chiusura dell’anno della fede, per la forania di

Portogruaro si è svolta una veglia di preghiera.

A partire da lunedì 25 novembre e per altri 3 lune-

dì successivi per la Unità Pastorale di Cinto Cao-

maggiore, Lison, Pradipozzo, Settimo e Summaga,

in oratorio a Settimo, lectio divina su

la celebrazione eucaristica:

Il “Sabato” nell’Antico Testamento;

L’origine della “Domenica”;

Per una teologia della “Domenica”;

Vivere il giorno della “Domenica”.

8 dicembre – Giornata e festa del tesseramento

dell’A.C.I. Anche quest’anno tutti i rami dell’ A.C.

Parrocchiale sono completi.

Alla S. messa delle 10:30 hanno partecipato gli Au-

tieri d’Italia – sezione mandamentale di Portogrua-

ro, con delegazioni del Friuli, Emilia Romagna e

Veneto; numerosissimi anche alla cerimonia di de-

posizione della corona d’alloro al monumento ai

caduti.

15 dicembre – Festa anniversari di matrimonio:

25°, 40°, 50°, 60°: gradita da tutti i coniugi la per-

gamena-preghiera e il rinfresco.

17 dicembre – Si è iniziato l’ottavario solenne di

Natale con la veglia animata dai bambini e ragazzi

dell’ ACR parrocchiale:

22 dicembre – Alla S. messa delle 10:30 c’è stata la

benedizione delle statuine dei Gesù Bambino che

sono poi stati posti a Natale nei nostri presepi.

27 e 28 dicembre – Don Giuseppe con la commis-

sione ha visitato i 40 presepi famigliari che hanno

partecipato al concorso “Natale 2013”.

31 dicembre – La S. messa di ringraziamento è

stata celebrata da mons. Umberto. Il parroco era

assente a causa di un malore rovinoso.

Page 78: Qui Summaga, n. 87, 2013

76

Auguri a…

50 anni di matrimonio

Il gruppo al completo (25-40-50-60 anni di matrimonio)

60 anni di matrimonio

40 anni di matrimonio 25 anni di matrimonio

Page 79: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

77

Classe 1953

Classe 1963

Sempre insieme (1963)

Classe 1973

Classe 1972

Page 80: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

78

Marzia Quattrin

Marzia ha compiuto 89 anni il 2 dicembre; nono-

stante la salute molto cagionevole, nella casa si

prodiga verso le persone che lei ritiene bisognose

di un’attenzione, di una parola, di un gesto di

affetto. Così lei continua la sua missione di sempre

con serenità e sorriso.

Accostandosi a lei, se ne esce sicuramente fortifica-

ti nella fede, ma anche più convinti di accettare con

amore, dice lei, la sofferenza.

La comunità porge gli auguri più sinceri all'amica

Marzia per il bel traguardo raggiunto con la grazia

di Dio. Le confermiamo l'affetto di tutti coloro che

l'hanno conosciuta in parrocchia a fianco del fratel-

lo, don Natale. Noi continuiamo a considerarla una

compaesana e ci fa piacere che lei condivida questo

legame, quando ci informa sulle attività a cui par-

tecipa nella casa di riposo di Castions:

23 settembre 2013: Torneo di “Tira la blava”, tra le

squadre di San Vito, Azzano Decimo e Castions,

vinto da… Castions!

A fine gara pranzo comunitario per risaldare l’a-

micizia fra gli ospiti, premiazione con coppe e

medaglie e, dulcis in fundo, una squisita crostata.

14 ottobre 2013: Visita al santuario di Motta di

Livenza: pomeriggio meraviglioso, non solo per

la gioia di uscire assieme, ma anche per la pre-

ghiera comune. Tutti gli ospiti della casa di ripo-

so ringraziano gli organizzatori per i momenti di

svago che vengono offerti con tanto amore.

Egidia, Luigi ed Elda

I fratelli Goi festeggiano i 90 anni della sorella Egi-

dia assieme agli ultra novantenni Elda e Luigi

(detto Juti).

Questo avvenimento assai raro, è stato solenne-

mente ricordato nel Santuario della Madonna delle

Grazie in Pordenone dove hanno assistito alla S.

Messa di ringraziamento per questa longevità che

il Signore ha donato loro attorniati dai famigliari,

parenti, nipoti e pronipoti.

Questi i dati dei festeggiati: Elda 1920, Luigi 1922,

Egidia 1923; era presente anche l’altra sorella Ma-

ria che compirà 90 anni nel 2019.

Dopo la celebrazione del Rito Eucaristico, si sono

ritrovati per un brindisi fraterno e augurale.

Per questi carissimi nostri vecchietti, i voti di noi

tutti per una lieta e serena continuità di vita.

Nini e Marzietta

Mirella

Da sinistra: Egidia,

Luigi (Juti),

Elda (la più Grande!)

f.lli Goi

Auguri a…

Page 81: Qui Summaga, n. 87, 2013

79

In ricordo di

Rina

C’era una volta un mondo fatto di persone sem-

plici, dove più famiglie convivevano sotto uno

stesso tetto per il bene comune, condividendo sa-

crifici ma godendo dei frutti della terra e dello

stare insieme. Un mondo dove la società aveva

valori indiscutibili e dove la famiglia era qualcosa

di sacro da proteggere. Soprattutto le donne veni-

vano cresciute alla dedizione per la cura della ca-

sa e dei propri cari e per questo sacrificavano

molto di loro stesse ma l’armonia che riuscivano

a portare era la loro più grande soddisfazione.

Questo era il mondo che mi descriveva e raccon-

tava la nonna e proprio lei era una di quelle don-

ne. Rina, seconda di 9 fratelli, 2 femmine e 7 ma-

schi, sapeva cosa voleva dire impegnarsi per la

propria famiglia e così ha sempre fatto anche

quando lei ne ha creata una con nonno Marcello.

Era una donna, posata, ordinata, che si presenta-

va sempre con un sorriso, e che era sempre pre-

sente quando qualcuno aveva bisogno, era la pri-

ma ad accorgersi che qualcosa non andava e la

prima a fare qualcosa per cercare di sistemare le

cose. Amava la vita di campagna, e tutti la ricor-

dano per quanti animali da cortile ha allevato,

per il suo bell’orto, per quanto lavorava e le pia-

ceva quello che faceva, ci metteva passione.

Era anche una bravissima cuoca e non vedeva

l’ora che noi nipoti tornassimo da scuola per

riempirci i piatti e a volte sperimentava le ricette

o i consigli che la mattina le davano in bottega.

Spesso veniva a cercarmi per aiutarla a dare da

mangiare ai conigli e alle galline, mi diceva

“vienstu Davide? In doi sten pi puoc e se distri-

ghen”. E poi, una volta finito mi faceva il caffè

magari corretto con un “jusut” de vin nero. Lei

parlava in dialetto concordiese e non ha mai di-

menticato da dove veniva perché metà del suo

cuore è sempre rimasto al Teson dove era nata il 4

dicembre 1930.

Cercava sempre di far in modo che in famiglia

non ci fossero contrasti, preferiva dire una parola

in meno che una di troppo, preferiva lasciar per-

dere, magari poi ci soffriva ma per lei era meglio

così perché era buona, forse anche troppo.

La vita spesso l’ha messa alla prova, ma anche

quando “el mal”, come lo chiamava lei, ha colpito

i suoi cari lei ha mantenuto la sua compostezza

perché per dar coraggio si deve dimostrare sicu-

rezza anche se dentro sicuramente soffriva.

Poi è arrivata quella brutta malattia che ha inizia-

to a cancellare il suo presente e pian piano, anno

dopo anno, come il fuoco fa con la candela, l’ha

consumata portandosela via il 23 settembre 2013.

Fino a qualche mese fa, alla mia domanda:

“nonna Rina tutto bene?” non mi è mai stato ri-

sposto “no” ma ricevevo un si anche se detto a

fatica, alla mia domanda “me vustu ben?” ho

sempre ricevuto un “si” e quando le chiedevo di

darmi un bacio mi avvicinavo con la guancia e lei

non mancava di darmelo.

Page 82: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

80

Ogni volta che andavo a trovare la nonna c’era

uno scambio di emozioni, le vivevo io e le viveva

lei, e se anche lei le dimenticava a breve a me so-

no rimaste nel cuore.

Credo che si debba aver il coraggio di affrontare

certe situazioni dalle quali si esce sicuramente più

forti e con la consapevolezza che la vita è una co-

sa bellissima anche nel più semplice dei gesti, in

una carezza, in una parola detta piano, in un ba-

cio anche tra un nipote e una nonna. Ho amato

mia nonna e ancora di più nella malattia.

Gli anziani sono alla fine del cerchio ma ricordia-

moci che ogni parte della ruota deve essere inte-

gra perché possa girare. Penso che il rispetto si

debba avere anche verso quelle persone ormai

allettate, inferme, e noi possiamo aiutarle a pro-

vare emozioni standogli vicino.

Una rosa non parla, non comunica, non interagi-

sce con noi eppure i nostri giardini sono pieni di

fiori e piante, perché quello che ci trasmettono

sono emozioni. Anche se non parlano e sono im-

mobili non sappiamo bene cosa stiano provando,

soprattutto se non provano dolore, allora aiutia-

moli a vivere standogli accanto, con una carezza,

con un bacio, parlandogli. Ne acquisterà in quali-

tà la loro vita ma anche la nostra vita.

Io la penso così.

Quando credevo che tutto stesse per finire, la

nonna al mio saluto mi ha regalato un grande

sorriso e questa è stata e rimarrà una delle più

grandi ricompense della mia vita.

Cara nonna i ricordi di te sono stupendi ma an-

che dolorosi perché tu non sei più qui ma non si

può dimenticare chi ti ha cresciuto, ti ha dedicato

del tempo, è stato come una radice che alimenta

ma al contempo avvizzisce perché vuole che ciò

che ha contribuito a crescere impari a vivere d’au-

tonomia.

Grazie nonna perché non hai mai smesso di in-

segnarmi.

Aldina Rossi in Cevro Vukovic

La maestra Aldina Rossi in Cevro Vukovic che ha

insegnato tanti anni alle elementari di Summaga,

ci ha lasciato il 20 ottobre all’età di 92 anni.

Sempre ricordava con piacere gli anni dell’inse-

gnamento a cui si era dedicata con impegno e pas-

sione. In particolare serbava un vivo e bel ricordo

dei bambini di Summaga e delle famiglie di cui

aveva apprezzato la schiettezza, il calore , i valori.

Gli ex-alunni la ricordano con affetto, grati dell’e-

ducazione impartita e consapevoli dell’importan-

za dei giorni passati assieme a scuola.

Davide

…no, non versate lacrime,

non ne ho bisogno.

Voglio soltanto il vostro sorriso.

Se la tristezza vi assale, pensatemi.....

e io sarò felice.

Ricordate bene:

quando vivi nel cuore di chi ami,

non morirai mai.

Rabindranhat Tagore

Page 83: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

81

Massimo Bertolini Il piccolo grande Massimo

Caro Massimo, ho scritto tante lettere per te, in

qualità di tua Amministratrice di Sostegno. Pur-

troppo, però, questa sarà l’ultima.

Ci siamo dovuti preoccupare per te fin da piccino,

in quanto pochi minuti dopo esser nato hai avuto

la prima crisi epilettica. I medici però dicevano

che se la natura ti aveva lasciato vivo era perché

eri forte e in grado di superare qualsiasi ostacolo.

Purtroppo, invece, non era così. Dopo 9 mesi sono

iniziate infatti le crisi epilettiche, che ti hanno te-

nuto compagnia per tutta la vita lasciando te se-

gnato e noi impotenti.

Seppure con le tue difficoltà, sei riuscito a fre-

quentare l’asilo e le scuole elementari del tuo pae-

se natale Summaga: hai imparato a leggere, a

scrivere, a correre in bicicletta, a coltivare gli

affetti delle persone e a farti coccolare.

Ti sei fatto voler bene da tantissime persone: don

Umberto, le suore, le maestre, i parenti, scatenan-

do in tutti noi l'istinto di protezione perché, nono-

stante il tuo impegno e le nostre cure, non sei mai

riuscito a raggiungere l'autonomia ed a riscattarti

dalla durezza della vita.

Scappavi sempre via in bicicletta dallo zio Bruno,

per mangiare il suo buonissimo formaggio. Segui-

vi con entusiasmo le partite di calcio, ascoltavi la

musica, facevi tantissimi disegni.

Quando partecipavi alla S. Messa, volevi sempre

andare a parlare al microfono, per dire “la Messa

è finita andate in pace”, quasi a voler dare un’im-

pronta di te stesso.

Le circostanze, non sempre felici, ti hanno portato

ad entrare, all’età di 15 anni, in Istituto al

“Costante Gris di Mogliano Veneto”. Nei tuoi

sette anni di permanenza ti ho visto soffrire e

piangere perché volevi tornare a casa, lasciando-

mi un segno indelebile nel cuore.

Una volta tornato a casa hai iniziato gradualmen-

te a frequentare il C.E.O.D. di Annone Veneto ed

il C.S.R. di Gruaro, dove hai trascorso i tuoi ultimi

12 anni e instaurato dei forti legami.

Purtroppo le crisi epilettiche non ti hanno lasciato

in pace e ti hanno reso sempre meno autonomo.

Ho lottato con tutte le mie forze per cercare di ga-

rantirti il meglio e non farti mancare nulla, certo

per il tuo stato di salute ma soprattutto per la tua

dignità.

Quando poi è morto papà Dino, per i successivi

dieci anni passavo a prenderti per andare in Casa

di Riposo a trovare la mamma e tu ogni volta mi

chiedevi notizie di lui. Io ti dicevo che papà era

via con la mietitrebbia e che sarebbe tornato tardi

la sera per lasciarti sereno e non farti soffrire inu-

tilmente.

Amavi cantare le canzoni dei tuoi cantanti preferi-

ti, sebbene a modo tuo, e in tanti ti ricorderanno

per esser stato un'adorabile buona forchetta.

In punta di piedi, Massimo, il 14 dicembre, sei en-

trato in coma con una banalissima febbre. Ti sei

addormentato, Massimo, in punta di piedi e senza

dare alcun preavviso. Noi, convinti fosse solo l'en-

nesima crisi epilettica, non avevamo capito che ci

stavi lasciando per entrare nel Regno di Dio.

Ora, piccolo grande uomo, sei vicino al papà Dino

e hai smesso di soffrire: ti salutiamo con lo stesso

silenzio con il quale ci hai salutato tu.

Ciao Massimo Paola

Page 84: Qui Summaga, n. 87, 2013

82

Anagrafe Parrocchiale

Daniel Falcomer

Elisabetta Caneo

Massimo Milan

Violeta Joana Petriu

Gianluca Tortelli

Clarissa Salvador

Alessio Pizzal

Chiara Toniolo

Marco Bottan

Tamara Carollo

Mauro Masutti

Graziella Stefanello

Maria Perissinotto ved. Fagotto

il 07-01-2013

Luciana Bortolussi ved. Nosella

il 16-01-2013

Maria Perissinotto ved. Casara

il 15-02-2013

Gianni Pirtali

il 01-03-2013

Dino Zavattin

il 08-03-2013

Luciana Innocente in Baldo

il 14-03-2013

Pierina Mio in Miglioranza

il 30-03-2013

Umberto Canciani

il 03-06-2013

Giovannina Tondello in Basso

il 06-06-2013

Angelo Zavattin

il 12-06-2013

Giovanna Fagotto ved. Miglioranza

il 12-06-2013

Maria Faganello ved. Bolzonello

il 05-07-2013

Rina Anese in Biason

il 23-09-2013

Eleonora Vignando ved. Ius

il 22-10-2013

P. Giuseppe Andreon

il 28-10-2013

Anna Marzinotto ved. Mascarin

il 21-12-2013

Massimo Bertolini

il 23-12-2013

DEFUNTI

Emma Bertacche

di Andrea e Milena Mascarin

Linda Berti

di Emanuele e Chiara Culos

Zoe Bucciol

di Angelo e Sonia Buso

Gabriele Falcomer

di Daniele e Ilenia Asaro

Gabriele Giro

di Andrea e Sarah Travaglini

José Allan Gonzales

di Herman e Elena Peña

Alberto Ibrioli

di Claudiomauro e Sonia Zamberlan

Cecilia Lamon

di Giancarlo e Chiara Poletto

Mattia Milan

di Massimo e Violeta Joana Petriu

Gioele Paro

di Claudio e Silena Buso

Greta Tortelli

di Gianluca e Clarissa Salvador

Maya Zanon

di Gianluca e Marzia Zavattin

Francesco Saverio Cani

di Marco e Anna Bozza

Martina Moimas

(Sagrado, Gorizia)

BATTESIMI MATRIMONI

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83

Matrimoni

Alessio Piazzal

Chiara Salvador

Elisabetta Caneo

Daniel Falcomer

Gianluca Tortelli

Clarissa Salvador

Violetta Joana Petriu

Massimo Milan

Page 86: Qui Summaga, n. 87, 2013

84

Il volto dei nostri bambini

José Allan Gonzales Greta Tortelli Gioele Paro

Zoe Bucciol

Mattia Milan Linda BertiMaya Zanon

Martina Moimas Alberto Ibrioli

Page 87: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

85

Francesco Saverio

Cani

Cecilia

Lamon

Gabriele

Giro

Gabriele

Falcomer

Emma

Bertacche

Page 88: Qui Summaga, n. 87, 2013

86

Li ricordiamo

con amore

nella preghiera

Anna Marzinotto ved. Mascarin

n. 03-06-1929 m. 21-12-2013

Eleonora Vignando ved. Ius

n. 17-01-1928 m. 22-10-2013

Maria Faganello ved. Bolzonello

n. 01-03-1927 m. 05-07-2013

Rina Anese in Biason

n. 04-12-1930 m. 23-09-2013

Giovanna Fagotto ved. Miglioranza

n. 28-03-1919 m. 12-06-2013

Angelo Zavattin n. 03-09-1921 m. 12-06-2013

Umberto Canciani n. 08-06-1941 m. 03-06-2013

Giovannina Tondello in Basso

n. 27-03-1940 m. 06-06-2013

Pierina Mio in Miglioranza

m. 30-03-2013 anni 87

Luciana Innocente in Baldo

n. 29-10-1951 m. 14-03-2013

Gianni Pirtali n. 06-07-1958 m. 01-03-2013

Dino Zavattin n. 19-12-1941 m. 08-03-2013

Maria Perissinotto ved. Casara

n. 03-03-1925 m. 15-02-2013

Luciana Bortolussi ved. Nosella

n. 03-01-1929 m. 16-01-2013

Maria Perissinotto ved. Fagotto

n. 15-01-1924 m. 07-01-2013

Massimo Bertolini n. 29-12-1974 m. 23-12-2013

P. Giuseppe Andreon

n. 21-05-1932 m. 28-10-2013

Page 89: Qui Summaga, n. 87, 2013

QUI SUMMAGA

87

Drigo Luigino

n. 29-08-1941

m. 10-05-2013

De luca Addolorata

in Segatto

n. 25-10-1930 m. 13-05-2013

Zanon Ida

n. 23-05-1924

m. 23-10-2012

Zadro Nives

n. 18-08-1951

m. 01-08-2013

Bravin Emilia in Marzinotto

n. 21-10-1910 m. 06-02-1985

(Blessaglia)

Marzinotto Mario

n. 11-07-1910 m. 18-07-2001

(Ceriano Laghetto)

Nosella Giovanni

n. 03-01-1929

m. 29-01-1993

Zulian Deris

n. 28-05-1923

m. 02-02-2000

Marzinotto Claudio

n. 01-02-1968 m. 19-11-1999

(Biauzzo)

Giosuè Francesco

n. 20-10-1921

m. 24-10-2011

Tesolin Alfredo ‘Niti’

n. 31-05-1937

m. 09-10-2010

Ricordiamo anche...

Non muoio,

entro nella Vita

Santa Teresa di Gesù Bambino, Novissima verba

Page 90: Qui Summaga, n. 87, 2013

88

Corrispondenza

Lettere al Direttore: da “Il Popolo” del

16 giugno 2013 da un nostro collaboratore

In ricordo di

mons. Luigi Padovese

Gentile direttore,

bene ha fatto la parrocchia di Summaga a ricordare il terzo

anniversario del martirio di mons. Luigi Padovese, il nun-

zio apostolico in Anatolia, barbaramente assassinato dal

suo autista curdo ad Iskenderum, in Turchia. Giusto ieri,

tre anni fa, i suoi funerali celebrati in Duomo a Milano dal

card. Tettamanzi. Mi sono chiesto come queste iniziative

possano davvero rappresentare un’occasione importante

per riflettere sulla vita delle nostre comunità. Capire insom-

ma un passaggio fondamentale che non può essere ignorato

soprattutto da chi quotidianamente, anche nelle nostre par-

rocchie, fatica certo, ma anche gioisce, nel portare la

“Buona Notizia”. Sono convinto che la vitalità della nostra

fede sarebbe sicuramente rimotivata se, anche da noi, si te-

nesse viva e si alimentasse una sistematica memoria di

quanti nel mondo sono perseguitati e pagano un prezzo

altissimo per la loro fede. Non sono forse costoro che dav-

vero possono darci ragioni e convinzioni di maggiore au-

tenticità e slancio? A me pare, invece, che siamo sempre più

rintanati nel nostro piccolo guscio, di fatto rinunciando ad

educare la nostra comunità a guardare alla fede dentro una

visione più ampia. I confini territoriali e spirituali finiscono

per far prevalere una sorta di fede “fai da te”, quindi un

senso religioso, poco cristiano, se non inquadrato in un con-

testo universale. Dobbiamo allora tutti aiutarci a percepirci

credenti dentro la grande storia missionaria della Chiesa.

Ma c’è un di più, per continuare a ricordare mons. Luigi e

con lui tutti i martiri cristiani (centomila nel 2012). La storia

non si rinnova – amava spesso ripetere nelle sue omelie – se

sempre di più i suoi protagonisti non abbracciano con fede

la storia di tutti gli uomini. Una grande testimonianza, ma

anche un grande monito. Cosa insegnano allora iniziative

come quella appena celebrata a Summaga? Meno commo-

zione ed ammirazione, più formazione umana e spirituale,

anche nei nostri ambienti. Forse così impareremo meglio a

leggere, riflettere e commentare da cristiani la vita dei testi-

moni della fede. Gigi Villotta

Settembre, 11/09/2013

Buongiorno,

Vi ringrazio tanto per il regalo

che mi avete fatto.

Mi ha fatto molto piacere

ritrovare i miei genitori in Italia.

Drigo Giuseppe,

Belgio

Cari amici!

Grazie, cari amici, conoscenti e sconosciuti alla vo-

stra partecipazione e tutto che siete donati per i no-

stri malati e famiglie bisognose. Avete dati un sacco

di piccole scintille nei cuori e molte lacrime di gioia

negli occhi.

Il particolare, gli occhi luminosi erano bambini.

Ci sono ancora quelli che ricevono il dono quale

solo raramente. Pertanto, questo è tanto più felice e

grato a loro.

Per tutti vi ringraziamo sinceramente. Soprattutto a

favore di quelli che erano i vostri doni e divertirsi

non si può e non sa come ringraziare. Essi fornisco-

no tutte le preghiere per i benefattori.

Buon Dio vi ricompensi con i beni celesti.

Con affetto

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