Greenpeace News numero 87

9
GREENPEACE NEWS - N.87 - II QUADRIMESTRE 2007 - ANNO XXI - ISBN 88-85216 - STAMPA PROMOZIONALE POSTE ITALIANE SPA - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L: 27/02/2004 N.46) ART.1 - COMMA 2 DCB - ROMA IL CONGO IN VENDITA n°ottantasette GREENPEACE NEWS - N.87 - II QUADRIMESTRE 2007 - ANNO XXI - ISBN 88-85216 - STAMPA PROMOZIONALE POSTE ITALIANE SPA - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L: 27/02/2004 N.46) ART.1 - COMMA 2 DCB - ROMA

description

Il GP news è la nostra rivista che viene inviato gratuitamente ai sostenitori di Greenpeace in versione cartacea. Il Gp news è un periodico di informazione pensato per i nostri sostenitori. Greenpeace News è la rivista bimestrale che viene inviata, in cartaceo, ai nostri sostenitori. All'interno si trovano notizie e aggiornamenti sulle campagne di Greenpeace in Italia e nel mondo, reportages fotografici, interviste, curiosità.

Transcript of Greenpeace News numero 87

Page 1: Greenpeace News numero 87

GREENPEACE NEWS - N.87 - II QUADRIMESTRE 2007 - ANNO XXI - ISBN 88-85216 - STAMPA PROMOZIONALEPOSTE ITALIANE SPA - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L: 27/02/2004 N.46) ART.1 - COMMA 2 DCB - ROMA

IL CONGO IN VENDITA

n°ottantasette

GREENPEACE NEWS - N.87 - II QUADRIMESTRE 2007 - ANNO XXI - ISBN 88-85216 - STAMPA PROMOZIONALEPOSTE ITALIANE SPA - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L: 27/02/2004 N.46) ART.1 - COMMA 2 DCB - ROMA

Page 2: Greenpeace News numero 87

PERIODICODI GREENPEACE ITALIA

Direttore editoriale/Andrea PincheraDirettore responsabile/Fabrizio CarboneRedazione/Laura Celani, Maria Carla Giugliano,Luigi Lingelli, Francesca SarandreaArchivio foto/Massimo GuidiProgetto grafico/Saatchi&SaatchiImpaginazione/Francesca Schiavoni, Paolo CostaInternet/Marcello Colacino

Redazione e Amministrazione/Greenpeace ONLUSPiazza dell’Enciclopedia Italiana, 5000186 Romaemail:[email protected]. 06.68136061 fax: 06.45439793Ufficio abbonamenti/Augusto Carta tel.06.68136061(223)Sped. in abb. postale -Art.1, Comma 2- Legge 46/2004 - DBC RomaAbbonamento annuo 35 EuroAut. Tribunale di Roma 275/87 del 8.5/87

Foto Copertina /Greenpeace/Philip Reynaers

Questo periodico è stampato sucarta amica delle foreste: cartariciclata contenente alte quantità difibre post-consumo e sbiancatasenza cloro. L’involucro per l’inviodel Greenpeace News è in Materbi,un materiale derivato dal mais,completamente biodegradabile.

11

NEWS

6

3 108

SOMMARIO

INQUINAMENTOGreen my appleOGM

Carte truccateENERGIAFateci girarele pale

MARENon tonno piùFORESTE

Il Congoin vendita

A VOLTE, si prova una certa soddisfazione nel sedersi a contemplare gliobiettivi raggiunti. È la tentazione che viene, alla fine di questo maggio2007, denso di buoni risultati per Greenpeace, nel mondo e in Italia. Proprio il 2 maggio, infatti, Steve Jobs ha annunciato una serie di impegniper rendere la Apple, e i suoi prodotti, più "verdi". La Apple era entrata nelmirino di Greenpeace a causa delle sue deludenti performance ambientali.Come è possibile, ci siamo chiesti, che l'azienda che da anni realizza alcunidei prodotti più avanzati in termini tecnologici ed estetici - dal Macintoshall'Ipod - abbia scelto un profilo così basso, quando si passa a parlare diecologia? Per prima cosa è stato lanciato un sito - Green My Apple - che siè addirittura aggiudicato l'Oscar del Web, il Webby Award. Poi, con alcuneiniziative, la "vergogna" di una "mela" refrattaria a sostituire le sostanzechimiche e a riciclare in modo responsabile i propri prodotti è stata espostain pubblico. Iniziative culminate con un'azione di Greenpeace Italia:all’apertura del primo Apple Store in Europa continentale, presso il nuovocentro commerciale Roma Est, c'eravamo anche noi... e con noi "Steve andEve"! Ma per i dettagli vi lascio all'articolo dentro Greenpeace News.Piuttosto, vorrei passare al secondo "successo". Il 15 maggio, infatti, laCommissione europea ha deciso di "tagliare" il Piano nazionale di assegna-zione delle quote di emissioni di gas serra presentato dall'Italia. Come moltidi voi ricorderanno, è su questo piano che si concentravano le richieste diGreenpeace al governo, durante l'azione alla centrale di Porto Tolle deldicembre scorso. Chiedevamo di fissare un "tetto" non superiore ai 186milioni di tonnellate. Dietro la scelta di portare le emissioni a 209 milioni ditonnellate (e le forti pressioni, proprio a dicembre, per arrivare a 220) sinascondeva la mano libera concessa all'Enel per trasformare a carboneCivitavecchia e anche Porto Tolle. L’Europa, riducendo il limite a 195,8

milioni (dei quali 8 riservati agli impianti "nuovi entranti"), ha di fatto boc-ciato il piano italiano. Avremmo voluto di più, anche se si tratta di un primopasso importante: ora il nostro governo dovrà impegnarsi in modo più serioa tagliare le emissioni di gas serra.Ma la fine del mese, il 31, ha riservato qualche buona notizia anche per lenostre amate balene. Ad Anchorage, alla riunione annuale della Commissionebaleniera internazione c'era da attendersi l'offensiva del Giappone. È datempo, infatti, che il suo governo - con l'aiuto di Norvegia e Islanda - cerca di"acquistare" il voto di quante più nazioni per mettere fine alla moratoria allacaccia alle balene. Con qualche successo preliminare, come nella risoluzionedi St. Kitts, con la quale nel 2006 si era stabilito un fantomatico legame tra ildepauperamento delle risorse ittiche e l'ingordigia delle balene. La strategiadi Greenpeace, in vista della riunione di quest'anno, è stata uguale e oppo-sta: cercare di portare al voto il maggior numero di nazioni contrarie alla cac-cia alle balene. Il risultato è stata una risoluzione che con 37 voti a favore e 4contrari, ha ribadito che «la moratoria alla caccia baleniera commerciale restain vigore e che le ragioni che hanno portato alla sua adozione sono ancorarilevanti». Inoltre, il cosiddetto programma scientifico con cui il Giapponecontinua a uccidere balene è stato rigettato con un voto di 40 a 2, e con lostesso margine è passata una risoluzione che sottolinea l’importanza degli usinon letali dei cetacei, a cominciare dal whale watching.Un bel maggio, quello del 2007, ma ora è giugno ed è il momento di riparti-re. Non prima, però, di avere pagato pegno nei confronti di tutti i sostenito-ri di Greenpeace, che ci danno la forza economica e morale per fare tuttoquesto: grazie.

EDITORIALEdi DONATELLA MASSAI

NELLE FORESTE del Congo vivono i piùstretti parenti dell’uomo: il gorilla, lo scim-panzè e soprattutto il bonobo, o scimpanzènano, l’animale dal patrimonio genetico piùvicino al nostro. L’uomo però non ha maiabbandonato queste regioni: i contadinibantù e soprattutto i raccoglitori seminoma-di pigmei hanno imparato a conoscere isegreti della foresta e a rispettarne la vitalità.Fino a quando l’Africa è stata scoperta dal-l’industria europea. In trent’anni l'Africa ha perso due terzi dellesue foreste tropicali e quelle millenarie sonoora ridotte all’8 per cento della superficie ori-ginaria. Di quel che resta in Africa Centrale,50 milioni di ettari sono già sotto il controllodelle multinazionali del legno. Ma nellaRepubblica democratica del Congo questoprocesso è appena cominciato. Qui ci sonoancora circa cento milioni di ettari di forestaintatta, i due terzi di tutto il bacino del Congo,e solo negli ultimi mesi le ruspe hanno inizia-to a rosicchiarla.Purtroppo l’economia si muove rapidamentee gli ordinativi salgono. L’Italia, che nel 2006importava da questo paese 38.341 metri cubidi tronchi, appena due anni dopo praticamen-te raddoppiava la quota. A detta degli esper-ti, circa sessanta milioni di ettari saranno pro-babilmente destinati al prelievo di legname.Un'area di foresta primaria grande due voltel'Italia, destinata ad essere deforestata!

LE PIÙ AMBITE DALL’INDUSTRIAEppure è ancora possibile salvarla. Mentre unterzo di queste foreste (venti milioni di ettari)è già stato allocato in concessione, due terzisono ancora temporaneamente protetti dauna moratoria sul rilascio di nuove autorizza-zioni. Una bella notizia? Non troppo. Infatti, lamoratoria era legata alla promulgazione delnuovo codice forestale e alla verifica legaledelle concessioni esistenti, processi ormaiquasi ultimati. Il guaio è che la prossima riaper-tura delle vendite di nuove autorizzazionirischia di svendere le future aree protette.Non è stato, infatti, completato il piano didestinazione d’uso, e ancora non si sa qualiaree dovranno essere protette o affidate allecomunità locali. Quando queste decisioni ver-ranno prese sarà tardi, perché potrebberoessere state ormai saccheggiate. E le forestepiù incontaminate e ricche di biodiversità sonoanche le più ambite dall’industria del legno.Greenpeace si è recata più volte in Congo,trovando un quadro sconcertante. Valga pertutti il caso della principale impresa forestaledel paese, la Sodefor (Societé deDéveloppement Forestier). La Sodefor faparte del colosso forestale NordSudTimber(NST), con sede in Lichenstein, che controlladirettamente 4,7 milioni di ettari di foresta,

12DALMONDO

14

GREENMARKET

FORESTE

IL CONGOIN VENDITA

IL CUOREVERDE

DELL’AFRICACEDUTO PER

QUALCHEBIRRA

di SERGIO BAFFONI

Gre

enp

eace

/Phi

lipR

eyna

ers

Page 3: Greenpeace News numero 87

un’area grande una volta e mezzo il Belgio.Due terzi di queste foreste sono stati allocatiillegalmente, ossia dopo l’entrata in vigoredella moratoria sul rilascio di nuove conces-sioni, in cambio della rinuncia ad aree impro-duttive che l’azienda deteneva, in parte per-ché già sfruttate. Anche la procedura di allo-cazione è stata discrezionale, senza gare pub-bliche, ed eccedeva di gran lunga il limitemassimo di foresta cedibile a una impresa.Insomma, tutte violazioni del codice forestale.

NIENTE LEGNO PER GLI ABITANTISe la legalità delle nuove concessioni dellaSodefor è questionabile, non ci sono dubbisull’impatto delle operazioni forestali sullepopolazioni locali. Nel maggio-giugno 2006e nel gennaio 2007, Greenpeace ha visitatol’area di Bandundu, sede operativa dellaSodefor: le strade, che erano in buono statodi manutenzione prima dell’arrivo dellacompagnia, versano ora in uno stato dispe-rato, l’elettricità è stata tagliata a gran partedella città e nella maggior parte delle scuo-le della zona non ci sono né banchi né cen-tri medici o ambulatori debitamente equi-paggiati. Perfino le comuni assi di legnosono merce difficile da ottenere: non unasola falegnameria lavora il legno della regio-ne, tutto destinato ai mercati esteri. I villag-gi situati presso le aree di operazione ormaiconcluse sono semi-abbandonati e gli abi-tanti trasferiti in baraccamenti presso ilfiume, unica via di comunicazione rimasta.Come nelle altre regioni della Repubblicademocratica del Congo, dopo il passaggiodell’industria del legno, pesce e selvagginasono sempre più rari e la popolazione vivesolo di manioca.L’impresa non offre neppure opportunità dilavoro, e i pochi assunti rimangono eterniapprendisti, senza vero contratto, senzasicurezza sanitaria, senza i bonus ricevuti dainon locali, e allo stipendio minimo: 70 cen-tesimi di dollaro per una giornata di dieciore lavorative. Perfino il manager operativodella Sodefor ha ammesso che la malnutri-zione a Madjoko è una realtà. Agli abitantidei villaggi spetta ancora meno: in cambio

di alcune piccole regalie le comunità devo-no sottoscrivere la rinuncia a qualsiasi formadi protesta verso le attività dell’impresa. Eassumersi anche la responsabilità del buonfunzionamento delle operazioni e di qualsia-si eventuale ostruzionismo o interferenza.

IN AZIONE, IN ITALIALo scorso 12 aprile Greenpeace si è presen-tata presso l’ufficio di Mario Draghi, direttoredella Banca d’Italia e direttore italiano dellaBanca Mondiale, proponendogli di comprareil palazzo della Banca per quanto viene datoalla gente in Africa in cambio dell’accesso aforeste ricche di prezioso legno: due sacchidi sale, 18 barre di sapone, quatto pacchettidi caffé, 24 bottiglie di birra, due sacchetti dizucchero. Il 23 maggio ha fatto di più: habloccato una nave carica di legname prove-niente dal porto congolese di Matadi caricadi legno destinato all’industria italiana delparquet. Ostacolando l’attracco, i nostrigommoni hanno permesso agli scalatori diarrampicarsi a bordo lungo le gru, dalle qualisono stati issati due enormi striscioni“Proteggiamo le foreste” e “No alla distru-zione delle foreste primarie”. Nel frattempo,una dozzina di attivisti si sono incatenati aitronchi, bloccandone lo sbarco. Il messaggioè chiaro: non mettiamo sotto i nostri piedil’ultima grande foresta del Congo.Greenpeace, insieme a molte associazionicongolesi, richiede il prolungamento dellamoratoria delle foreste pluviali africane anco-ra intatte, fino a quando non sia stato comple-tato il piano di destinazione d’uso della fore-sta, basato su una seria e informata consulta-zione con le comunità locali. Questo pianodeve comprendere una rete di aree protettesufficientemente ampia, rappresentativa deivari ecosistemi. Alcune cose iniziano a muo-versi. Il ministro dell’Ambiente AlfonsoPecoraro Scanio ha dichiarato che “la prote-sta di Greenpeace è legittima e condivisibile”,inviando il Corpo forestale a controllare il cari-co dell'Andreas K, e un messaggio di soste-gno sui temi è giunto anche dal sottosegreta-rio agli Affari Esteri con delega sull’Africa,Patrizia Sentinelli.

ATTENTI a dove mettete i piedi o rischiate diinciampare in una foresta. Dopo la scelta allaguida del legno, Greenpeace pubblica la Guidaalla scelta del parquet. Wengè della Repubblicademocratica del Congo? Meglio evitarlo: nelpaese non vi è legge, le foreste vengono distrut-te usando titoli di taglio senza valore e minac-ciando per sempre gorilla e bonobo. Anchel’afrormosia del Camerun è da evitare, e così ilmerbau dell’Indonesia o della Papua NuovaGuinea, dove la caccia a questo prezioso legnoha portato ai limiti dell’esaurimento tutta la spe-cie. Peggio ancora il teak della Birmania, che pro-viene da una spoliazione delle foreste naturali eal tempo stesso mantiene una sanguinosa guerracivile, con tutte le conseguenze di brutalità, vio-lazioni dei diritti umani e perfino schiavitù. Il 19 marzo, nel corso di un incontro con l’attivi-sta birmana Daw San San organizzato a Firenzeda Greenpeace, WWF, Legambiente e Cisl, èstata lanciata una campagna per i diritti umani eambientali in Birmania Sul sito è possibile firmareuna petizione: www.greenpeace.it/birmania.Attenzione infine anche al Castagno del Caucasoe al parquet prodotto con legno provenientedalle foreste primarie di Europa e Canada.Cosa comprare allora? Ovviamente i parquet cer-tificati FSC, ma se proprio non se ne trovano,sono indicate numerose ipotesi intermedie. Ma laguida di Greenpeace fa di più: mette nero subianco i nomi di produttori e i parquet che met-tono in commercio, con tanto di paese di originedel legno. Una operazione di trasparenza mai ten-tata nel nostro paese. Scopriamo così che metàdei produttori offre parquet in teak birmano, che39 su 36 offrono l'iroko e 13 il wengé, mentre 18hanno in catalogo l’afrormosia. Insomma, biso-gna farne ancora molta di strada. Cominciando anon camminare più sulle foreste primarie.La guida alla scelta del parquet:www.greenpeace.it/parquet

ATTENTI A DOVEMETTETE I PIEDI IN OCCASIONE dell’edizione 2007 della Fiera internazionale del libro

di Torino, Greenpeace ha organizzato una giornata per le foreste, conlo slogan "Per fare un libro NON ci vuole un albero". Così, sul piaz-zale antistante la Fiera, un grande libro fabbricato in legno certificatoFSC (Forest Stewardship Council) ha salutato i visitatori, raccogliendomessaggi in favore delle foreste e di una editoria responsabile.L'iniziativa sottolinea il successo del progetto "Scrittori amici delleforeste", che raccoglie gli autori italiani impegnati a proteggere leforeste a partire dai propri libi, facendoli stampare su carta riciclata.Quasi in contemporanea con l’appuntamento di Torino, infatti, il pro-getto ha segnato un altro successo: Bompiani ha annunciato chestamperà tutti i suoi libri su carte riciclate o su carta certificata FSC,che garantisce l'impiego di fibre provenienti da una gestione foresta-le pienamente rispettosa degli ecosistemi e dei popoli nativi. In Italia, grazie a scrittori come Andrea De Carlo, Niccolò Ammanniti,Sandro Veronesi, Sandrone Dazieri, Wu Ming, Camilla Baresani, CarloGrande, Edoardo Albinati, Giancarlo De Cataldo, Enrico Brizzi, ErriDe Luca, Giovanni Dal Ponte, Acava Mmaka, Marinella Correggia,Girolamo De Michele, Fernanda Pivano, Dacia Maraini, Lidia Ravera,Rosetta Loi, Lisa Ginzburg, Luciano De Crescenzo e tanti altri, sonostati stampati su carta riciclata milioni di libri. Sono sempre più nume-rose, inoltre, le case editrici che stanno scegliendo di stampare tutti ipropri libri su carta riciclata. Tra queste, Fandango, Larcher, Edizioni ilFoglio Clandestino, Gaffi, Prospettiva editrice, Il Rovescio, oltre alleedizioni italiane di Lonely Planet e alla collana di Rizzoli Oltreconfine.

Già nel 2003, un sondaggio di Greenpeace aveva rivelato che quasi il90 per cento dei lettori sarebbe disposto a pagare il proprio libro pre-ferito almeno il 5 per cento in più se solo fosse disponibile in libreriain carta amica delle foreste. La percentuale cresceva ulteriormente trai grandi lettori (più di venti libri in un anno). Nel settembre dell’annodopo, usciva “Giro di vento” di Andrea De Carlo (Bompiani), stampa-to in 130.000 copie su carta riciclata con un 50 per cento di fibre post-consumo e primo libro ad alta tiratura pubblicato in Italia su cartaamica delle foreste. In questo modo Andrea De Carlo, assieme aGreenpeace, smentiva i vecchi luoghi comuni sulla carta riciclata,secondo cui sarebbe di bassa qualità, costerebbe troppo, potrebbeessere impiegata solo in produzioni di nicchia. (F.S.)

4

ANCHE BOMBIANI DIVENTA“AMICA DELLA FORESTA”

5

Gre

enp

eace

/Phi

lipR

eyna

ersG

reen

pea

ce/P

hilip

Rey

naer

s

Gre

enp

eace

/And

rea

Gue

rman

i

Page 4: Greenpeace News numero 87

LO SCORSO 15 maggio, dalla RainbowWarrior, nel porto di La Valletta (Malta),Greenpeace ha lanciato una richiesta precisa:chiudere la pesca del tonno rosso e creareuna rete di riserve marine in alto mare pertutelare una risorsa al collasso. L’80 per centodella popolazione, infatti, è già perduta e solouna gestione seria della pesca potrà garantireun futuro al tonno, una specie dal grande pas-sato. Si prepara invece un’estate calda per iltonno, soprattutto nelle acque della Libia,ormai considerate l’ultimo baluardo di unaspecie in declino. Sarà un massacro?Il tonno viene a riprodursi nel Mediterraneodopo aver passato l’inverno nutrendosi nellefredde e ricche acque dell’Atlantico. I banchidei riproduttori attiravano (e attirano) l’atten-zione dei pescatori: una volta i tonni finivanonelle trappole delle tonnare, mentre oggivengono individuati con aeroplani e satellitiche, monitorando la temperatura dell’acqua,dirigono i pescherecci quasi a colpo sicuro.Questa pesca dovrebbe essere gestita dallaCommissione internazionale per la conserva-zione del tonno dell’Atlantico (in inglese,

Iccat), che ha applicato al tonno il sistemadelle “quote”: si decide un quantitativo tota-le di tonno che si può pescare che viene poiripartito in quote nazionali. È un sistema chenella pratica non ha mai funzionato, in nessu-na parte del mondo, e il “gioco delle trecarte” dell’Iccat ci spiega il perchè. Primo: ilComitato scientifico dell’Iccat suggerisce unprelievo totale di non oltre 15.000 tonnella-te/anno (oltre il quale c’è il rischio di un collas-so dello stock). Secondo: gli stati si accordanoper un quantitativo che è quasi il doppio(29.500 tonnellate) e siccome l’anno scorso lecatture totali erano di 32.000 tonnellate, que-sta ridicola diminuzione viene fatta passareper “piano di conservazione del tonno”.Terzo, Turchia e Libia obiettano al piano e siassegnano quote supplementari: e così iltotale arriva a 32.400 tonnellate! Intanto,l’Iccat ha ammesso che l’anno scorso sonostate pescate più di 15.000 tonnellate ditonno oltre le quote ammesse.Perché questa frenesia? Il tonno rosso è sem-pre stata una cattura pregiata, ma fino a qual-che anno fa la pesca si riduceva dopo giugno

per la diminuzione di valore dei tonni che, nelloro ciclo di migrazione e riproduzione, ten-dono ovviamente a smaltire le riserve di gras-so accumulate nel periodo invernale. Alla finedella primavera il tonno è “dimagrito” men-tre il mercato giapponese, che importa iltonno dal Mediterraneo per il sushi (200milioni di euro l’anno) vuole tonno grasso.Oggi però si pesca fino a settembre e oltre,e in tutto il Mediterraneo, perchè quasi tutti itonni sono catturati vivi dalle “tonnare volan-ti” (grandi reti a sacco) e trasferiti in gabbiedove sono ingrassati artificialmente per esse-re poi uccisi ed esportati. Questo ha scatena-to una corsa all’oro di dimensioni colossali: lacapacità degli impianti di ingrasso del tonnonel Mediterraneo supera ormai le 58.000tonnellate, quasi il 60 per cento oltre la quotaammessa. Ovviamente, in questa situazione continuarea costruire impianti di ingrasso serve solo aincentivare la pesca pirata, ma ci sono anchealtri problemi. Il tonno è un animale a sanguecaldo e il suo elevato metabolismo basalecomporta un notevole dispendio energetico:

se per produrre un chilo di un pesce comeun’orata “bastano” 5-8 chili di mangime, perfar ingrassare di un chilo un tonno ci voglionofino a 25 chili. Per i tonni del Mediterraneo siusano come mangime circa 225.000 tonnella-te l’anno di pesce, in gran parte adatto al con-sumo umano: ancora una pesca eccessiva einutile che sottrae preziose risorse alimentari.Inoltre, presso gli impianti sono state segnala-te chiazze oleose e intorbidamento delleacque (in gran parte dovuto ad avanzi di man-gimi e alle deiezioni dei tonni) che hannosuscitato le proteste di chi, i tonni, li ha già

sotto casa (a Castellammare del Golfo,Marina di Camerota, Vibo Valentia, Procida eCorigliano Calabro) e di chi, come nel casodella Costiera Amalfitana, teme gli impatti sulturismo. In quest’ultimo caso, si tratta di unimpianto che dovrebbe essere realizzato aCetara, dove opera uno dei maggiori gruppitonnieri d’Italia. Il progetto è al centro di unacomplessa querelle legale: il Comune diCetara ha dichiarato di fronte al Tar di aversospeso il progetto, anche se in realtà alcuneboe sono già state piazzate in mare.La storia della distruzione dello stock del

tonno rosso, finanziata anche da fondi pub-blici (negli ultimi dieci anni i sussidi comunita-ri hanno superato i 28 milioni di euro) è unastoria di pesca illegale e, ovviamente, di moltisoldi: a Tokio, un tonno può arrivare a valereoltre 50 mila euro. Quanto a lungo possadurare non si sa: gli esperti parlano di tre ocinque anni, al massimo. Il dubbio è che nelfrattempo “qualcuno” stia ammassandoenormi quantitativi di tonno surgelato, con laprospettiva di enormi guadagni quando lostock sarà collassato e il prezzo del tonnosarà arrivato alle stelle.

di ALESSANDRO GIANNÌMARE

NONTONNOPIÙ

I TRE QUARTI delle popolazioni ittiche di interesse commerciale sonosfruttate oltre il limite e quasi il 90 per cento delle popolazioni dellespecie di maggior valore – dal merluzzo atlantico al tonno, al pescespada del Mediterraneo – è stata pescata. Il rapporto di Greenpeace,In un mare di guai (www.greenpeace.it/inunmarediguai), presentatolo scorso 3 maggio in una conferenza stampa a Roma, denuncia lecause principali della crisi della pesca: dalla potenza delle flottepescherecce, sostenute da oltre 30 miliardi di dollari l’anno di sussidipubblici, all’uso di metodi di pesca distruttivi, al fallimento della lottaalla pesca illegale come, ad esempio, le spadare italiane che continua-no a pescare malgrado il bando delle Nazioni Unite (1992) edell’Unione Europea (2002). Nuova “guerriera dell’arcobaleno” e madrina della campagna Mare è

Romina Power. «Siamo tutti responsabili di questodisastro che avviene in silenzio perchè quello chesuccede sott’acqua non si vede», ha dichiarato laPower durante la conferenza stampa. «Da soliforse non si ottiene nulla ma in tanti è possibileraggiungere risultati concreti». Greenpeaceritiene che la soluzione sia quella di governa-re le risorse del mare – la pesca, i traspor-ti, il turismo, l’estrazione di minerali odi idrocarburi con un “approccio eco-sistemico” e applicando il principiodi precauzione. Di qui la proposta diuna rete di riserve marine. (F.S.)

C’È CHISCOMMETTESULLA SUAESTINZIONE?

ROMINA POWERA FAVORE DELLE RISERVE MARINE

76

Gre

enp

ace/

Gav

inN

ewm

an

Gre

enp

ace/

Gav

inN

ewm

an

Gre

enp

eace

/Cav

icch

i

Page 5: Greenpeace News numero 87

aiutare l’Italia nella difficile sfida di coprire il25 per cento del fabbisogno nazionale dafonte rinnovabili al 2010. Oggi siamo al 16-18 per cento circa, a seconda delle fluttua-zioni dell’idroelettrico. “Non c’è VENTO da perdere!”: questo loslogan della due-giorni passata a correre trai parchi eolici nel nord della Sardegna attra-versando i comuni di Nulvi e Ploaghe (primatappa), dove l’eolico è perfettamente inseri-to, e di Buddusò-Alà dei Sardi (seconda

tappa), dove uno dei maggiori parchi eoliciè invece bloccato. Francesco Galanzino e icorridori di Survivor Triathlon (tra cui ItaloOrrù, Gigi Muso, campione regionale nel2006, e il "Re del deserto" Roberto Zanna,uscito da poco da un infortunio al ginocchiorimediato in Niger) hanno bruciato le tappe,tagliando il traguardo sotto lo striscione“Fateci girare le pale”. La maratona diGreenpeace ha decisamente movimentatola scena: Soru è stato contestato dalla sua

stessa Giunta e ha dovuto rinunciare al limi-te di 550 MW che voleva imporre all’energiadal vento (nel 2006 la potenza eolica instal-lata ha raggiunto i 346 MW). Tuttavia, a unmese di distanza, i parchi autorizzati riman-gono ancora bloccati e l’eolico è relegatoalle aree industriali già compromesse. Lasfida è ancora aperta: la Sardegna puòdiventare la capitale delle fonti pulite delMediterraneo. Il carbone, semplicemente,non è un’opzione praticabile.

UNA DUE-GIORNI tra gli alberi piegati dalvento per denunciare la politica “clima kil-ler” del governatore Renato Soru, intenzio-nato a promuovere il carbone e bloccare losviluppo dell’eolico, prima fonte rinnovabiledella Sardegna. Sessanta chilometri di mara-tona con gli “Orsi” – i runner di FrancescoGalanzino – e gli atleti di Survivor Triathlon,associazione di “iron-man” sardi abituati aben altre imprese. Così, Greenpeace èscesa in campo in scarpe da ginnastica eintegratori, per puntare il dito su un proble-ma essenziale: mentre il Governo ratificaaccordi europei e internazionali, la politicaenergetica rimane alle Regioni, che spessonon remano nella stessa direzione. Il “caso Sardegna” è emblematico: dopo laratifica di Kyoto nel 2005 e i nuovi obiettivieuropei dello scorso 8 marzo (riduzione uni-laterale gas serra al 2020, nuovi traguardiper rinnovabili ed efficienza energetica)occorre investire in nuove tecnologie pulite.Tutto il contrario di quello che vorrebbe fareSoru. La Sardegna importa circa il 90 percento dell’energia primaria, non utilizza gasnaturale e consuma quasi esclusivamentecombustibili fossili. Il carbone, che producele più alte emissioni di gas serra, è passatodal 10 per cento nel 1999 al 51 per centonel 2004, in seguito alla conversione a car-bone di due gruppi della centrale diFiumesanto. Nel 2005, è stato poi aperto unnuovo gruppo a carbone presso la centraleEnel del Sulcis, e lo scorso gennaio, laRegione ha raggiunto l’accordo con EndesaItalia per la conversione di altri due gruppi aFiumesanto. A questi si aggiunge la cosid-detta “centrale della miniera”, un impiantonel Sulcis che brucerà carbone autoctono di“bassa qualità”, voluta dallo stesso Soru. In questo modo, la Regione pianifica il rad-doppio delle proprie emissioni di gas serra,in completa controtendenza con gli obietti-vi di Kyoto dell’Italia. Sull’isola le rinnovabilicoprono oggi appena il 5 per cento dellaproduzione elettrica e, in attesa del gasdall’Algeria, il contributo del metano ènullo. Eppure, la Sardegna è una delleregioni più ventose d’Italia e si potrebberoinstallare circa 3.000 Megawatt (MW) entroil 2012, soddisfacendo così la metà dei con-sumi energetici sardi con appena il 3 percento del territorio. Secondo Greenpeace sipuò studiare dove fare i parchi eolici (areeindustriali, altipiani disabitati e zone per ilpascolo) così da limitare gli impatti sul pae-saggio, contribuire all’indipendenza ener-getica, rilanciare un’occupazione pulita e

ENERGIAdi FRANCESCO TEDESCO

FATECIGIRARELE PALEUNA MARATONA

EOLICAIN SARDEGNA

VIA LE LAMPADINE INEFFICIENTI dalle nostre case: è partita la campa-gna Greenpeace “Ban the Bulb!” per il bando delle lampadine a incande-scenza! Lo scorso 20 aprile a Berlino, mentre i ministri europei erano riu-niti per discutere di efficienza energetica, i nostri attivisti a cavallo di unrullo compressore hanno distrutto diecimila lampadine a incandescenza.Entro il prossimo 30 giugno, tutti i Paesi europei dovranno presentare un“Piano d’azione per l’efficienza energetica”, indicando come intendonoabbattere i consumi nazionali.È l’occasione ideale per intervenire. Oggi esistono lampadine di granlunga più efficienti delle incandescenti: una LFC (fluorescente compatta)consuma l’80 per cento in meno di una lampada tradizionale che sprecaquasi tutta l’energia disperdendola sotto forma di calore. A breve arrive-ranno anche i LED, ancora più efficienti delle LFC, da smaltire corretta-mente riportandole al rivenditore poiché contengono tracce di mercurio. California e Australia hanno già deciso di eliminare le lampadine a incan-descenza, l’Europa ci sta pensando. Proprio per questo gli uffici europeidi Greenpeace hanno lanciato una cyberazione per chiedere ai parlamen-tari europei di sostenere il bando: dall’Italia sono partite migliaia di mailagli europarlamentari italiani. Il premio di reattività l’ha vinto peròl’Olanda: il ministro dell’Ambiente ha dichiarato che il Paese è già prontoa togliere le incandescenti dagli scaffali. È questo di cui abbiamo bisogno: le previsioni dicono che al 2050 le emis-

sioni mondiali di gas serra raddoppieranno e questo sarebbe catastroficoper il clima. La sfida è durissima e l’efficienza è la prima arma. Il mondonon ha bisogno di più energia, ma di utilizzare meglio quella che vieneprodotta. Le lampade a incandescenza appartengono all’era preistorica:non cambiarle non solo è un crimine contro il pianeta, ma è anche stupi-do. Le LCF costano di più, ma l’investimento si ripaga in breve tempo coni risparmi in bolletta.

È GIUNTA L’ORA DI...“BAN THE BULB!”

98 Gre

enp

eace

/Ted

esco

Gre

enp

eace

/Ted

esco

And

reas

Shoe

lzel

/Gre

enp

eace

Page 6: Greenpeace News numero 87

ALL’INIZIO del mese di aprile, Greenpeace hapubblicato il terzo aggiornamento della Eco-guida ai prodotti elettronici, lanciata lo scorsomese di agosto. Tra vari sali-e-scendi nella clas-sifica delle aziende virtuose, curiosamente unaconferma: la Apple non aveva fatto nessunprogresso. La guida premia le aziende che nonfanno uso di sostanze chimiche pericolose econtribuiscono al riciclaggio dei rifiuti elettro-nici. Il punteggio viene assegnato in base alleinformazioni disponibili sui siti web delle azien-de, valutando con maggiore attenzione l'elimi-nazione delle sostanze pericolose rispetto alriciclaggio, perché, senza sostituzione deicomposti tossici non è possibile un riciclaggiosicuro dei componenti. Ebbene, l’azienda diCupertino confermava di essere più interessa-ta al design che alla tutela dell’ambiente. Già dai primi segnali, lo scorso mese di set-tembre, Greenpeace aveva lanciato la campa-gna internazionale “Green my Apple”, invitan-

do tutti i clienti di Steve Jobs a indirizzargli unalettera di protesta attraverso il sito omonimo,la cui veste grafica ricalcava sospettosamentequella dei siti Mac. In pochi mesi, più di 40 milacyberattivisti hanno fatto arrivare la loro prote-sta al guru dell’Ipod Generation. Lo scorso 31 marzo, poi, in occasione dellainaugurazione a Roma del primo Apple Storedell'Europa continentale, Greenpeace hamesso in scena una parodia dell'episodiobiblico di Adamo ed Eva – “Steve and Eve” –per invitare Steve Jobs a cedere alla tenta-zione della mela verde e regalare a tutti gliutenti Mac una Apple più ecologica. Nelpomeriggio in Campo dei Fiori, i nostri attivi-sti hanno distribuito ai passanti mele biologi-che e materiale informativo della campagna“Green my Apple”. È stata l’occasione perlanciare anche la versione italiana del sitowww.greenmyapple.org/itInsomma, noi di Greenpeace amiamo la Apple.

Amiamo il suo amore per il design. Ma cichiediamo perché i Mac, gli iPod, i MacBooke gli altri prodotti contengano sostanze noci-ve che altre aziende non usano più. Per que-sto, Greenpeace chiede alla Apple di investi-re in ambiente, oltre che in design.Chiediamo alla Apple di cambiare la sua poli-tica ambientale, rimuovendo le sostanze tos-siche più pericolose – a iniziare dal PVC e dairitardanti di fiamma bromurati – e promuo-vendo un servizio gratuito di ritiro dei propriprodotti per evitare il drammatico problemadei rifiuti elettronici. Contemporaneamente,Greenpeace ha inviato una lettera ad Al Goreper chiedergli, in qualità di membro delboard della Apple Computer, di usare la suainfluenza – e tutto il peso dei suoi 5,3 milionidi dollari di stock option – per convincereSteve Jobs ad adottare nuove politiche inmateria ambientale. E, alla fine, qualcosa hainiziato a muoversi…

LE CAVIE che lo hanno mangiato per solinovanta giorni hanno sviluppato segni ditossicità a fegato e reni. Eppure, il maistransgenico Monsanto, MON863, è statoregolarmente approvato dalle autoritàeuropee e circola liberamente dal gennaio2006. Può essere già nei supermercati osulle nostre tavole – fino alla soglia dello 0,9per cento non c’è obbligo di etichettaturaper gli alimenti contenenti Ogm – oppurenella dieta di mucche o maiali, che fornisco-no quei prodotti Doc o Dop di cui l’Italia vagiustamente fiera. E dall’allarme, siamo alle chiare evidenze:un gruppo di ricercatori indipendenti, gui-dati dal professor Gilles Eric Séralini, esper-to governativo in ingegneria geneticadell’Università di Caen (Francia) e membrodel Criigen (Comitato per la ricerca e l’infor-mazione indipendente sull’ingegneriagenetica), hanno effettuato un nuovo studioper verificare eventuali effetti del MON863sulla salute. Lo studio, pubblicato sulla rivi-sta scientifica Archives of EnvironmentalContamination and Toxicology a marzo2007, ha analizzato i risultati dei test sullasicurezza sottoposti dalla Monsanto all’Efsa(l’autorità per la sicurezza alimentare euro-pea, con sede a Parma) e alla Commissioneeuropea per ottenere l’autorizzazione allacommercializzazione. I risultati parlano chia-ro: gli esperimenti della Monsanto sonoapprossimativi e sono stati addiritturaomessi dati clinici cruciali. È la prima volta che un prodotto transgeni-co, autorizzato per il consumo umano e ani-male, mostra segni di tossicità per gli orga-ni interni. Come dicono gli stessi autoridello studio «non si può concludere che ilmais MON863 sia un prodotto sicuro». Ilmais della Monsanto, quindi, andrebbe riti-rato immediatamente e si dovrebbe proce-dere a una nuova valutazione degli altriOgm autorizzati finora. L’Efsa è stata incaricata dalla Commissioneeuropea di esaminare questo nuovo studioe, per fornire una risposta, ha chiesto ancheulteriori dati agli stati membri dell’Unioneeuropea. L’autorità, infatti, non effettuastudi indipendenti ma valuta i dossier che levengono sottoposti dalle aziende cherichiedono autorizzazioni per i nuovi Ogm(come è avvenuto per il MON863). È incre-dibile, ma è così. In una recente comunica-zione a Greenpeace sull’argomento, il mini-stero della Salute italiano ha già comunica-to che si affiderà completamente alla valu-tazione dell’Efsa. Speriamo che l’Efsa nonindichi anche che… “bisogna saltare dallafinestra”. Sarebbe un peccato vedere unintero Ministero buttarsi nel vuoto.

10

L’ANNUNCIO DI STEVE JOBS...E IL SITO DI GREENPEACE VINCE L’OSCAR DEL WEB

LO SCORSO 2 maggio, in occasione del meeting con gli azionistidell’azienda, Steve Jobs ha deciso di regalarci una Apple più verde,accettando una parte delle richieste che Greenpeace, insieme a tanti“Mac fan”, avanzavano da tempo. Jobs, inoltre, ha annunciato chequesta prima dichiarazione di impegno verde non sarà l’ultima mache altre seguiranno. L’inedita scelta di trasparenza della Apple e ladichiarazione di voler eliminare alcune delle peggiori sostanze chimi-che dai suoi prodotti è un vero e concreto passo in avanti. OraGreenpeace aspetta il momento in cui Apple dichiarerà di metteresul mercato il primo prodotto privo di sostanze tossiche e di adotta-

re una politica mondiale di recupero e riciclaggio, cosa che almomento avviene solo negli Usa. L’impegno di Steve Jobs dimostra che, entrando in azione, i risultatisi ottengono. Intanto, il sito della campagna Green My Apple diGreenpeace (www.greenpeace.org/apple) ha vinto l'Oscar delWeb, il Webby Award, per la categoria "attivismo". La richiesta diGreenpeace e dei fan della Apple non è solo quella di un cambia-mento superficiale ma di una scelta seria, che modificherà in profon-dità le attività dell’azienda. Con l’obiettivo di rendere eco-compati-bile l’intera industria elettronica.

11

INQUINAMENTO

GREENMY APPLE?

MA LA MELANON È

ANCORA VERDE

di FRANCESCA SARANDREA

OGM di FEDERICA FERRARIO

CARTETRUCCATE

MAIS MONSANTO,I RISCHI PER LA SALUTE

Gre

enp

eace

/Gra

f

Gre

enp

eace

/Ale

ssan

dro

Vasa

ri

Page 7: Greenpeace News numero 87

12 13

BREVIDAL MONDO

GLI “AMICI DEL SANTUARIO”

DOPO AVER REALIZZATO un rapporto controla realizzazione di un rigassificatore nelSantuario dei cetacei, Greenpeace ha presen-tato ricorso al Tar del Lazio per riaffermare ilprincipio che il mare non è un sito industriale.Inoltre, Greenpeace ha scoperto una serie didocumenti che provano che il Comitato di pilo-taggio del Santuario dei cetacei, contrariamen-te a quanto affermato sia nella Valutazione diimpatto ambientale sia nell’autorizzazione allacostruzione del rigassificatore, non ha mai datoparere positivo sulla compatibilità tra rigassifi-catore e Santuario. Greenpeace ha denunciatoquesta frode alla Procura di Roma. Ma il Santuario non è minacciato solo dall’in-quinamento e dalle attività industriali. Nellasua area, infatti, pescano ancora le reti deri-vanti (italiane e francesi), le famigerate spada-re vietate dall’Onu e dall’Ue perché tra l’altrofanno strage di delfini e capodogli. NelSantuario, inoltre, continuano le gare moto-nautiche offshore, e in generale non è statopreso nessun provvedimento per eliminarel’emissione di rumori nocivi per la salute deicetacei. Insomma, è l’unica area marina pro-tetta (così la chiama il ministerodell’Ambiente) per la quale non esistono nésanzioni né misure specifiche di tutela: unafarsa. Tutto ciò dimostra che purtroppo ilSantuario è stato utilizzato solo come richiamoper turisti, ma nessuno dei Paesi interessati(Francia, Italia e Monaco) sta intervenendo conmisure di tutela efficaci. Invece, Greenpeace crede che il Santuarioabbia molti amici che vogliono difenderlo evuole essere il megafono di queste persone.Agli “amici del Santuario”, Greenpeace chie-de di fotografare quanto di bello (cetacei,fauna e flora marina, paesaggi…) e di brutto sitrova nell’area e di spedire le foto (le informa-zioni sono sul sito www.greenpeace.it) all’indi-rizzo [email protected]. Con questefoto vogliamo creare, nel sito internet diGreenpeace, un album di immagini, per farvedere a tutti, anche a chi deve prendere deci-sioni su questo mare, quanto sia bello, e fragi-le, il Santuario dei Cetacei.

SCORIE, IL CONTRATTO SOGIN-AREVA

SIGLATO tra l’italiana Sogin e la franceseAreva il contratto per il ritrattamento inFrancia del combustibile irraggiato (dettoanche “riprocessamento”): dal 2015, 235 ton-nellate di combustibile irraggiato (gran parteancora a Caorso) transiteranno oltr’alpe e tor-neranno in Italia entro il 2025 sotto forma discorie vetrificate. Oltre 250 milioni di euro perquesta operazione che Greenpeace ha sem-pre contestato: è lo stoccaggio a secco lamodalità di gestione meno pericolosa, costo-sa e inquinante, oltre a essere la più praticatanel mondo. Una modalità, peraltro, già avval-lata dal primo Governo Prodi nel 1999. Gli Usa hanno abbandonato il riprocessa-mento già da trent’anni, sotto la presidenzadi Jimmy Carter, e da allora non lo hanno piùripreso, nonostante l’alternanza tra gli schie-ramenti politici. In passato, l’Italia avevainviato barre di combustibile irraggiato aSellafield, impianto inglese chiuso dopo l’en-nesimo incidente nel 2005. Nel febbraio2005, proprio per protestare contro questascelta, Greenpeace aveva cercato di bloccareun carico di scorie. Recentemente i dodiciattivisti sono stati tutti assolti al processo diprimo grado.Altri rifiuti nucleari di terza categoria (quellapiù pericolosa a cui appartiene anche il com-bustibile irraggiato) di cui oggi non è chiaro ildestino sono, secondo Greenpeace: • il combustibile del reattore statunitense ElkRiver (ossidi misti uranio-torio) che rimane inTrisaia (Basilicata), di cui non si conosce ladestinazione; già di proprietà statunitense laresponsabilità della sua gestione per la siste-mazione è stata rifiutata dagli Usa;• i rifiuti liquidi di Saluggia (240 metri cubi dimateriale altamente radioattivo sciolto inacido nitrico) che devono essere condizionati(solidificati) in sito e comunque messi in undeposito italiano• i 3000 metri cubi di grafite contaminata dacarbonio 14 nell’impianto di Latina di cui nonsono note modalità di smantellamento e con-dizionamento e che comunque dovrannoandare in un deposito italiano.

BALENE, LA MORATORIA RESISTE

COME OGNI ANNO, Giappone, Norvegia,Islanda e i loro clienti hanno provato a riesu-mare la caccia baleniera su scala commercia-le. L’occasione era la cinquantanovesima riu-nione dell’Iwc – Commissione Baleniera Inter-nazionale – che si è tenuta ad Anchorage(Alaska, Usa). Ma stavolta si è assistito, nonper caso, a un deciso ribaltamento dellaCommissione a favore delle balene. Per anni,il Giappone ha comprato, con accordi com-merciali o con semplice corruzione, il voto dinumerosi paesi in via di sviluppo che nonhanno alcun interesse nella caccia baleniera.Per contrastare questa strategia Greenpeace,altre associazioni e diversi Paesi si sono allea-ti per far partecipare altri stati come Grecia eCipro che, per la prima volta, hanno votatoper le balene e contro la caccia. La maggio-ranza è stata talmente evidente che ilGiappone e i suoi alleati hanno spesso abban-donato il voto. Tra le risoluzioni più importanti, quella sullaConvenzione di Washington (Cites) che, con37 voti a favore e 4 contrari, ha ribadito che«la moratoria alla caccia baleniera commercia-le resta in vigore e che le ragioni che hannoportato all’adozione della moratoria sonoancora rilevanti». Bocciato anche (40 a 2) ilcosiddetto programma scientifico con cui ilGiappone continua ad sopprimere balene inAntartide.Nonostante ciò, il Giappone ha dichiarato chel’anno prossimo nel Santuario Antartico ucci-derà oltre un migliaio di balene. Grave che lediscussioni sulla caccia baleniera continuino amettere da parte tutti gli altri rischi cheincombono sui cetacei: ogni novanta secondimuore un delfino o una balena, a causa del-l’inquinamento, del cambiamento climatico ouccisi da reti o altri attrezzi di pesca, come ilcapodoglio che pochi giorni fa è stato uccisoda una spadara italiana a Vibo Valentia.Greenpeace chiede a quelle nazioni comel’Italia che finora sono state a guardare diimpegnarsi in un’attività diplomatica per fer-mare questo massacro: votare contro la cac-cia, come fa sempre l’Italia, non basta.

UN’ARCA PER PROTEGGERE IL CLIMA

LO SCORSO 31 maggio, a pochi giorni dal G8di Heiligendamm, un’Arca di Noè ha presoforma sul Monte Ararat in Turchia per richiama-re l’attenzione dei grandi del mondo sui cam-biamenti climatici e stimolarli a intervenire subi-to per arrestare quella che rappresenta la primaminaccia globale dei nostri tempi. Durante lacerimonia di inaugurazione, gli esponenti diGreenpeace insieme a simpatizzanti provenien-ti da tutto il mondo hanno letto insieme la“Dichiarazione di Ararat” nelle principali linguedel pianeta, chiedendo così ai leader di agireper proteggere i diritti primari alla vita e allasalute, entrambi messi a rischio per milioni dipersone dagli effetti dei cambiamenti climatici.Sono poi state liberate 208 colombe, una perogni Paese del mondo, come veicolo simbolicoper far giungere il messaggio in ogni angolodel globo. Nei giorni precedenti all’inaugura-zione, gli scalatori di Greenpeace erano già arri-vati a 5.137 metri sulla vetta dell’Ararat, portan-do con sé degli striscioni indirizzati ai leaderpresenti a Heiligendamm: “G8: questo è ilpunto di non ritorno. Salviamo il clima ora”. I paesi del G8 sono responsabili per oltre lametà delle attuali emissioni di gas serra nelmondo e dovranno farsi carico del maggioresforzo di riduzione. L’ultimo rapporto Ipcc(International Panel on Climate Change) avver-te che i paesi industrializzati dovranno ridurrele loro emissioni dell’80-90 per cento entro il2050. Nella Dichiarazione, viene richiesto aigrandi di collaborare tra loro a livello globalecon un programma credibile, che limiti l’au-mento del riscaldamento globale al di sottodei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali e stabilizzi le emissioni mondiali digas a effetto serra entro i prossimi dieci-quindi-ci anni. L’entità del problema è stata sottoli-neata anche dal segretario generale dell’OnuBan Ki-moon, che ha messo l’accento sul fattoche il cambiamento climatico è la più grandesfida della nostra generazione. Ricordando ilmancato appoggio degli Stati Uniti agli obiet-tivi di Kyoto, i presenti sull’Ararat hanno infinesottolineato come questo non dovrà mai rap-presentare un pretesto per non agire subito.

E L’ENEL SI DÀ AL NUCLEARE. SOVIETICO

“ENEL E ITALIA: non esportate il rischionucleare”: questo lo slogan delle manifesta-zioni di Greenpeace organizzate il 17 aprilealle ambasciate italiane di Bratislava, Praga,Varsavia, Budapest e Sofia contro la decisioneannunciata da Enel di voler completare duevecchi reattori sovietici a Mochovce nellaRepubblica Slovacca. In Italia, oltre alla distri-buzione in alcune città di una falsa pubblicitàdell’Enel, una petizione online di protestarivolta a Prodi – l’Enel è ancora pubblica per il30 per cento – ha raccolto 22 mila firme in tre-dici giorni, anche grazie all’aiuto del blog diBeppe Grillo.Il 15 maggio è stato presentato a Roma unarapporto sulla sicurezza di questo tipo di reat-tori in attesa di vedere il piano di fattibilitàdell’Enel previsto a fine aprile ma non ancorapronto. Vari i punti critici, tra cui assenza di unguscio che protegga il reattore da eventiesterni e un sistema di contenimento di even-tuali incidenti mai testato se non su modelli inscala ridotta. In Germania, dopo la riunifica-zione del 1990, tutti i reattori di tipo sovieti-co, compreso uno appena entrato in funzionee identico a quelli previsti a Mochovce, furo-no bloccati perché era impossibile portare lasicurezza sul livello dei reattori di costruzioneoccidentale a costi accettabili. In Finlandia, lacentrale di Loviisa – entrata in funzione nel1977 – fu riprogettata, prevedendo un siste-ma di contenimento di progettazione statuni-tense, e dotata di una strumentazione e di unsistema di controllo di produzione tedesca.L’investimento previsto per i reattori diMochovce è di circa 1,9 miliardi di euro per880 MW e non si prevede nemmeno unmiglioramento della sicurezza come nel casodella centrale finlandese. Enel ha anche inten-zione di partecipare al progetto di Belene inBulgaria, sempre una centrale di nucleare ditipo sovietico, in zona sismica. Non è cosìmolto lontana dal vero la finta pubblicità Enelrealizzata da Greenpeace: “La vera rivoluzio-ne è tornare al nucleare. Sovietico” (vediwww.greenpeace.it/community/templa-tes/enel/pieghevole_enel.pdf).

«La manifestazione di lunedì pomeriggiocontro l’esperimento di esplosione atomi-ca sull’isola di Amchitka è cominciata.Siamo circa in cento all’inizio. E più o menofra i due e i trecento verso la fine, un’orapiù tardi.Chi siamo? Un gruppo inizalmente composi-to: siamo cittadini molto rispettabili e perbene, seri e con uno stipendio decoroso eun po’ meno che analfabeti, professori, mini-stri e casalinghe della Società per il controllodell’inquinamento e dell’ambiente (…).E così ci sono donne che stanno imparan-do i trucchi del mestiere nell’organizzazio-ne. Niente mi aveva dato più speranza datanti anni a questa parte. La forza dellemadri che insorgono è famosa.Politici prendete nota. C’è una potenzalaggiù nei sobborghi, fino ad ora incanala-ta verso campagne e iniziative caritatevolie associazioni genitori-insegnanti, che, sefatta pesare in modo adeguato sui grandiproblemi dei nostri giorni, avrà un impattocosì grande che le conseguenze della suadetonazione (come quelle dell’esperimen-to nucleare di Amchitka) non sono neancheimmaginabili».

ROBERT HUNTER,Sun di Vancouver (02.10.69)

STORIA (E PREISTORIA)DI GREENPEACE

Page 8: Greenpeace News numero 87

14 15

GREENMARKET

w w w. g r e e n p e a c e . i t / g r e e n m a r k e t ECCO il nuovo catalogo di prodotti a marchio Greenpeace. Uno strumento per diffondere i valori che ispiranoda sempre le nostre campagne e, allo stesso tempo, promuovere un modo diverso di fare acquisti, sostenibileper l'ambiente e per l'uomo. In Greenmarket troverai idee regalo, gadget, magliette, articoli per la casa eper la prima infanzia, caratterizzati dalla scelta di materie prime rigorosamente certificate (legno, carta, cotone,canapa) e dall'uso di tecniche di produzione a basso impatto ambientale. Con l’acquisto di uno o più prodot-ti del nostro catalogo, offrirai un aiuto concreto alle azioni di Greenpeace e farai un regalo a te e al pianeta.

PER ACQUISTARE I NOSTRI PRODOTTI CONSULTA ESCLUSIVAMENTE IL SITO:WWW.GREENPEACE.IT/GREENMARKET

PORTABADGECordino artigianale personalizzato Greenpeace,realizzato con tessuto naturale,composto da cana-pa e cotone certificati da agricoltura biologica.Accessori in metallo riciclato e cuoio provenientedal riciclo della lavorazione alimentare.Disponibile nei colori nero, grigio, kaki.

PORTACHIAVIPortachiavi artigianale personalizzato Greenpeace,realizzato con tessuto naturale, composto dacanapa e cotone certificati da agricoltura biologi-ca. Metallo riciclato e cuoio proveniente dal rici-clo della lavorazione alimentare. Disponibile neicolori nero, grigio, kaki.

codice descrizione prezzoG001CN Portachiavi Nero ee 9G001CG Portachiavi Grigio ee 9G001CK Portachiavi Kaki ee 9

codice descrizione prezzoG002CN Portabadge Nero ee 9G002CG Portabadge Grigio ee 9G002CK Portabadge Kaki ee 9

MARSUPIOMarsupio artigianale personalizzato Greenpeace,realizzato con tessuto naturale, composto dacanapa e cotone certificati da agricoltura biologi-ca. Metallo riciclato e cuoio proveniente dal riciclodella lavorazione alimentare. Sportivo e funzionale percontenere le cose che non puoi dimenticarti acasa. Disponibile nei colori grigio e kaki.

SHOPPERIn cotone 100 per cento biologico personalizzatocon il logo della campagna energia e clima diGreenpeace, con serigrafia ecologica.

codice descrizione prezzoG003UU Shopper ee 5

codice descrizione prezzoA001CG Marsupio Grigio ee 33A001CK Marsupio Kaki ee 33

TRACOLLABorsa artigianale personalizzata Greenpeace,realizzata con tessuto naturale, composto dacanapa e cotone certificati da agricoltura biologi-ca. Metallo riciclato e cuoio proveniente dal rici-clo della lavorazione alimentare. Leggera ecapiente, ideale per portare con te libri e qua-derni. Disponibile nei colori grigio e kaki.

ZAINETTOZainetto artigianale personalizzato Greenpeace,realizzato con tessuto naturale, composto dacanapa e cotone certificati da agricoltura biologica.Metallo riciclato e cuoio proveniente dal riciclodella lavorazione alimentare. Pratico e resitenteper accompagnarti nel tuo tempo libero.Disponibile nei colori camel e kaki.

codice descrizione prezzoA002CK Zainetto Kaki ee 45A002CC Zainetto Camel ee 45

codice descrizione prezzoA003CG Tracolla Grigio ee 50A003CK Tracolla Kaki ee 50

MAGLIETTA FORESTEColore rosso, con soggetto “Salva o cancella?Cotone 100 per cento, senza uso di inchiostritossici o materie prime dannose per la salute esenza il ricorso a manodopera infantile.

MAGLIETTA BALENEColore blue navy, con soggetto “Fermiamo lacaccia alle balene”. Cotone 100 per cento, senzauso di inchiostri tossici o materie prime dannoseper la salute umana e senza il ricorso a manodo-pera infantile.

codice descrizione prezzo

T001LL Balene Uomo L ee 16T001XL Balene Uomo XL ee 16

T001MM Balene Uomo M ee 16T001SS Balene Uomo S ee 16

codice descrizione prezzo

T002MM Foreste Uomo M ee 16T002LL Foreste Uomo L ee 16T002XL Foreste Uomo XL ee 16

T002SS Foreste Uomo S ee 16T002DS Foreste Donna S ee 18T002DM Foreste Donna M ee 18

MAGLIETTA OGMColore arancio con soggetto “Sei quello che mangi.Sai quello che mangi?”. Cotone 100 per cento, senzauso di inchiostri tossici o materie prime dannose perla salute e senza il ricorso a manodopera infantile.

MAGLIETTA CLIMAColori giallo (adulti) e blue navy (bambini) con sogget-to “Save our climate”. Cotone 100 per cento, senzauso di inchiostri tossici o materie prime dannose per lasalute umana e senza il ricorso a manodopera infantile.codice descrizione prezzo

T003SS Clima Uomo S ee 16T003MM Clima Uomo M ee 16T003LL Clima Uomo L ee 16T003XL Clima Uomo XL ee 16

T003BP Clima Bimbo 6-8 anni ee 12T003BG Clima Bimbo 10-12 anni ee 12

codice descrizione prezzo

T004SS OGM Uomo S ee 16T004MM OGM Uomo M ee 16T004LL OGM Uomo L ee 16T004XL OGM Uomo XL ee 16

T004DS OGM Donna S ee 18T004DM OGM Donna M ee 18

ASTUCCIO MATITEAstuccio in legno personalizzato Greenpeace,con coperchio a baionetta millimetrato, conte-nente 12 matite in legno naturale di recuperonon trattato.

SET MATITEContenitore tubolare personalizzato Greenpeace incartone riciclato, con 6 matite colorate, tempera-matite in legno naturale di recupero non trattatoe gomma.

codice descrizione prezzoC001UU Set matite ee 6

codice descrizione prezzoC002UU Astuccio matite ee 7

BLOCCO CON ANELLIBlocchi composti da 64 fogli a quadretti in carta100 per cento riciclata da raccolta differenziata,personalizzati con il logo Greenpeace.Confezione con anelli metallici atossici, elastici eangoli arrotondati. Copertina personalizzata e rea-lizzata in cartoncino riciclato stampato con l’utiliz-zo di inchiostri a base di olii vegetali.

QUADERNO APPUNTIQuaderni composti da 52 fogli bianchi in carta100 per cento riciclata da raccolta differenziata,non deinchiostrata, con certificazione ecolabel,blue angel e Nord Swan. Copertina personalizza-ta con logo Greenpeace e realizzata in cartonci-no riciclato stampato con l’utilizzo di inchiostri abase di olii vegetali.

codice descrizione prezzoC003A4 Quaderno A4 ee 7C003A5 Quaderno A5 ee 6C003A6 Quaderno A6 ee 5

codice descrizione prezzoC004A4 Blocco con anelli A4 ee 10C004A5 Blocco con anelli A5 ee 9C004A6 Blocco con anelli A6 ee 8

SALVASEMIIl tubo, in cartone riciclato da raccolta differenziata, con-tiene due vasetti di coccio, due cialde di torba euna bustina con semi di zucca e girasole. Pianta isemi e regalali ai tuoi amici. Diventerai anche tuun seed saver contribuendo a moltiplicare que-ste varietà in via di estinzione.

TAZZATazza personalizzata Greenpeace con timbro asecco, realizzata artigianalmente in materialeestremamente resistente, ispirato alle geometriepresenti in natura. La lavorazione è esente dal-l’impiego di metalli pesanti quali piombo, cad-mio, selenio e altri.

codice descrizione prezzoH001UU Tazza ee 15

codice descrizione prezzoH002UU Salvasemi ee 8

BRACCIALETTIBraccialetto personalizzato Greenpeace in silico-ne atossico.

TUTINESet di tre bavaglini per la prima infanzia personaliz-zati Greenpeace, in tre differenti soggetti (pingui-no, orso, balena).100 per cento cotone biologico.

codice descrizione prezzoI002TG Tutine taglia grande [74/80] ee 20

codice descrizione prezzoG004BS Braccialetto atossico ee 3

Page 9: Greenpeace News numero 87