Questo è un lavoro per Numberman · Filosofia, scienza della Verità...

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Questo è un lavoro per Numberman appunti e idee per uno storytelling filosofico a cura della IIIA CL. A del Liceo “Pitagora” in Pozzuoli volume primo: i presocratici A.D. 2017

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Questo è un lavoro per Numberman

appunti e idee per unostorytelling filosofico a  cura  della  IIIA CL.  A  del  

Liceo  “Pitagora”  in  Pozzuoli

volume primo: i presocratici

A.D. 2017

Questo è un lavoro per Numberman

appunti e idee per unostorytelling filosofico a  cura  della  IIIA CL.  A  del  

Liceo  “Pitagora”  in  Pozzuoli

volume primo: i presocratici

A.D. 2017

IndiceFilosofia  e  Comunicazione  al  PitagoraProf.sa Livia  Saddi…………………………  pag.  07

Filosofia,  scienza  della  VeritàProf.  Antonio  Gargano,  dell’Istituto  Italiano  per  gli  Studi  Filosofici,  Napoli ……….  pag.  13

Eraclito…………………………………………  pag.  21

Pitagora….……………………………………. pag.  35  

Parmenide….……………………………….    pag.  55

Zenone…………………………………………  pag.  67

Anche  i  Filosofi  contano  storieAlberto  Isola,  editor  e  copywriter  ..  pag.  81      

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Filosofia e Comunicazione al Pitagora

Storytelling del  Pensiero  come  linktra  nuove  modalità  didattiche  

e  futuro  professionale.  Dalla  lezione  del  Professor  Gargano  l’esperienza-­‐laboratorio  della  III  A  CL

L’Alternanza Scuola–Lavoro (ASL) è un nuovomodello di apprendimento che permette airagazzi della scuola secondaria superiore, edunque di età compresa tra i 15 e i 18 anni, diimplementare il proprio percorso di istruzionerealizzando una parte della formazione pressoun’Impresa o un Ente territoriale.

Si tratta di una nuova visione della formazione,che nasce dal superamento della separazionetra momento formativo e applicativo, e siavvale della collaborazione di esperti esterniall’agone scolastico, mirando tanto all’acquisi-­‐zione di competenze spendibili sul mercato del

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del lavoro, quanto alla valorizzandone delle vo-­‐cazioni personali e dei talenti. Nel caso delprogetto Filosofia e Comunicazione curato dallasottoscritta, il Liceo Pitagora ha stipulato unaconvenzione con l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici di Napoli e realizzato in partnershipcon detta prestigiosa istituzione un percorso dialternanza che -­‐ avvalendosi dei punti di forzadell’Ente promotore culturale, quali ricerca,formazione, redazione e archiviazione di testifilosofici -­‐ ha stimolato i ragazzi a padroneggiareil patrimonio di conoscenze e abilità acquisitoscegliendo in modo responsabile quelle piùidonee ad affrontare in modo positivo situazioniprofessionali o di studio presentate entro unacornice laboratoriale.

In particolare, gli allievi della III A del Classicosono stati lungo l’arco di quasi tre mesi seria-­‐mente impegnati in una ricerca e uno studio dilivello universitario, nel quale hanno dapprimaapprofondito le tematiche filosofiche oggettodelle lezioni che il Professor Antonio Gargano ha

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tenuto a Palazzo Serra di Cassano, sede delIstituto Italiano per gli Studi Filosofici e sono inseguito divenuti loro stessi protagonisti, attra-­‐verso un laboratorio di scrittura creativa curatodal dottor Alberto Isola -­‐ copywriter ed editorcon oltre 25 anni di esperienza -­‐ e incentratosulla tecnica dello storytelling a scuola. Nel corsodei diversi incontri previsti dal modulo, ragazzi eragazze si sono cimentati nella composizione dibrevi storie, racconti e componimenti basati suipiù diversi linguaggi espressivi (dall’intervista alfu-­‐metto) dapprima a tema libero e in seguitoaventi a oggetto i filosofi presocratici.

Se -­‐ come tante volte abbiamo sentito ripetere -­‐scrivere è un mezzo per trasformare il caos inordine, con un’impostazione semplice e gradua-­‐le, i ragazzi del III A del Liceo Classico hanno col-­‐tivato e rafforzato la conoscenza della filosofiaattraverso l’esperienza della scrittura. Essi hannotrasformato le proprie idee in racconto, appro-­‐fondendo la tecnica di costruzione narrativa de-­‐nominata dello storytelling (raccontare storie).

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Hanno così capovolto la prassi della didattica: seinfatti non è il sapere che va in servizio al fare,poiché di formazione liceale si tratta, è invece ilfare che va collocato al servizio del sapere. Perprodurre i loro elaborati (e questo volumetto), iragazzi hanno dovuto allargare il campo dellaricerca e utilizzare fonti e know-­‐how afferentialle più diverse discipline. Con l’aiuto dei docentidel Consiglio di Classe e l’attenta analisi dei do-­‐cumenti proposti dal professor Gargano, ogni ra-­‐gazzo e ogni ragazza ha dovuto approfondire lafilosofia del dato autore, il contesto storico esociale in cui ne è maturato il pensiero, i testi e iframmenti a disposizione, le differenti versioni diallievi e antagonisti, le immagini, e solo dopo hascelto il filosofo e le idee da esporre in modalitàcreativa, ponendosi in ascolto anche delle scelteoperate dagli altri gruppi di lavoro, ma dandovoce alle proprie predilezioni, agli spunti dialet-­‐tici che il dato autore offriva, alle peculiarità chene caratterizzano il pensiero e che ognuno hascelto di far emergere in una propria presenta-­‐zione dalle forme accattivanti e, spesso, inedite.

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Consapevoli che le nuove professioni digitalisono in crescita e di come il futuro del lavoro siasempre più orientato al multimediale e altecnologico, hanno preso confidenza con una diquesti possibili futuri, e la figura professionaledel copywriter, con particolare orientamentoalla modalità creativa dello storytelling, semprepiù spesso oggi scelto dalle aziende e daeminenti figure pubbliche per raccontare eraccontarsi ai pubblici più eterogenei.

Si sono in tal modo resi tramite di un’altraprogettualità, concepita espressamente perabbinare l'esperienza dell’ASL nelle classi terzecon un percorso educativo di avviamento allascrittura filosofica; è, questo, il debutto di unesperimento che potrebbe introdurre un’inte-­‐ressante innovazione nell'insegnamento dellamateria. L'idea che si intende sviluppare è in ef-­‐fetti quella di far realizzare agli studenti un insie-­‐me di testi di natura filosofica indirizzati a stu-­‐denti più giovani quando non addirittura agli al-­‐lievi della scuola primaria, secondo il modello del

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Philosophy for Children. Il riferimento è quelMatthew Lipman che alla filosofia riconoscevaun ruolo di facilitatore dell’esercizio dello scavocritico; Lipman, con John Dewey riteneva l’espe-­‐rienza l’elemento chiave da privilegiare allorchési fosse inteso dare anche una valenza affettivo-­‐emotiva a una questione sulla gli studenti fosse-­‐ro chiamati a esercitare le proprie facoltà logiche

Lipman immaginò che l’aggancio all’esperienzapotesse essere ricreato, nella scuola, attraversola pratica del racconto e il metodo dialogico,dato che il punto non era sollecitare risposte (nétantomeno risposte “giuste”) ma se mai solle-­‐vare problemi su cui sin da piccoli i discenti ini-­‐ziassero a costruire i loro strumenti d’indagine,di pensiero critico. Allo stesso modo, le storieche i nostri ragazzi hanno elaborato si fannopiacevolmente leggere e attivano una riflessio-­‐ne: se riescono lì dove molti testi falliscono,infatti, è perché sanno rapportare la narrazioneal vissuto di chi le legge.

Prof.ssa  Livia  Saddi,  marzo  201712

Filosofia, scienza della VeritàTremila  anni  di  logos:  

un’esperienza  di  Alternanza  Scuola-­‐Lavorocon  l’Istituto  Italiano  di  Studi  Filosofici

I docenti e gli allievi del Liceo Pitagora di Poz-­‐zuoli hanno veramente reso onore all’impe-­‐gnativo nome che il loro istituto porta: distri-­‐candosi infatti nei non agevoli percorsi dell’Al-­‐ternanza Scuola -­‐ Lavoro, che presentano perloro natura trappole burocratiche e sabbiemobili capaci di inghiottire e far scomparirequalunque contenuto didattico significativo, gliamici del Pitagora sono riusciti a tener fedeall’indicazione, appunto, pitagorica per cui unaconoscenza, un insegnamento, un valore, pre-­‐senta sempre due facce. Una “esoterica”, ri-­‐volta all’interiorità e all’interno di un gruppo,oggi si direbbe “agli addetti ai lavori”; l’altra, alcontrario, “essoterica”, vale a dire rivolta all’e-­‐sterno, ai profani; di più agevole comprensio-­‐ne, magari meno rigorosa, ma più divulgativa e

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più accattivante. Così, studentesse e studentidelle classi iniziali del corso di filosofia (e questoè ancor più notevole!) si sono cimentati con gar-­‐bo e creatività in un ironico e vivace confrontocon quattro fra i maggiori pensatori naturalistipresocratici, confronto che costituisce un corag-­‐gioso tentativo di attrarre l’attenzione (anche dichi non studia questa materia) su difficili temifilosofici. A questa dimensione di apertura, percosì dire “essoterica”, ha corrisposto una rigoro-­‐sa dimensione “esoterica”, sviluppata nel “tem-­‐pio” della filosofia, in Palazzo Serra di Cassano,sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,dove chi scrive queste righe è stato piace-­‐volmente sorpreso dall’attenzione, partecipazio-­‐ne e concentrazione degli studenti del Pitagorae dalle intelligenti domande che ne ha ricevuto.Della dimensione “esoterica” mi fa piacere ricor-­‐dare la trattazione del concetto di logos qualescoperta del pensiero greco che costituisce labase dell’eredità che civiltà occidentale e lo stes-­‐so mondo contemporaneo stesso hanno ricevu-­‐to dalla Grecia: alla logica della natura, che non

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è un caos disordinato, bensì un cosmo ordinato,corrisponde la logica della mente umana, chediviene quindi in grado di conoscere la natura,indagarne le leggi, rendersi conto dei fenomeninaturali e di non restarne soverchiata, come av-­‐veniva, invece, nel mondo orientale.Fra le tante, e tutte intelligenti, richieste dichiarimenti, ricordo soprattutto quella di unostudente che chiedeva di approfondire il rap-­‐porto fra Eraclito e Parmenide. Questa domandapermetteva di mettere in luce un punto centrale,decisivo per chi inizia a confrontarsi con la storiadella filosofia: le posizioni dei filosofi scaturi-­‐scono l’una dall’altra, sono fra loro connesse, an-­‐che quando sembrano opposte; esse non sonomai affermazioni arbitrarie. Se la storia dellafilosofia -­‐ dice Hegel -­‐ fosse soltanto una galleriadi opinioni, essa sarebbe una scienza superflua enoiosissima. Che vi può essere di più inutile chel’imparare una serie di semplici opinioni? Che co-­‐sa di più indifferente? Un’opinione è una rappre-­‐sentazione soggettiva, un pensiero casuale, unaimmaginazione, che io mi formo in questa -­‐ o in

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quella -­‐maniera e altri può avere in modo diver-­‐so: l’opinione è un pensiero mio, non già un pen-­‐siero in sé universale, che sia in sé e per sé. Mala filosofia non contiene opinioni. La filosofia èscienza oggettiva della verità, scienza della ne-­‐cessità della verità, conoscenza concettuale, enon già opinione e sequenza di opinioni.Le affermazioni dei filosofi, pertanto, sono a lorovolta collegate fra loro da un logos e, messeinsieme, costituiscono una sorta di grande ragio-­‐namento dell’umanità, che prosegue fra le gene-­‐razioni: una posizione è connessa con l’altra; ildivenire di Eraclito è connesso con l’essere diParmenide e, come proprio Eraclito ci ha inse-­‐gnato, non si può afferrare il concetto di “chiaro”senza metterlo in relazione con quello di“oscuro”, la veglia si capisce solo in relazione colsogno, il vero in relazione col falso, che dunquenon è semplicemente un negativo, un nulla, mapuò essere uno scalino per salire verso il vero.Abbiamo così potuto segnalare la vicinanza fraquesti due pensatori solo apparentemente ar-­‐roccati su due versanti opposti. Entrambi, fra l’al-­‐

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tro, concordano nel vedere il logos, la ragione,come presente in ogni uomo, allo stesso temporammaricandosi del fatto che non tutti gli uomi-­‐ni ne facciano uso. Dice Eraclito: Il pensare è atutti comune… Bisogna dunque seguire ciò che ècomune. Ma pur essendo questo logos comune,la maggior parte degli uomini vive come seavesse una sua propria e particolare saggezza.Allo stesso modo, sono stato contento di poterproporre a giovani così attenti l’ipotesi, ormaicorroborata da scoperte archeologiche, dellacontinuità fra scuole apparentemente contrap-­‐poste: quella di Pitagora e la scuola di Elea, del“venerando e terribile” Parmenide. Giungiamocosì a un punto conclusivo e decisivo: i giovanidel Pitagora hanno affrontato il pensiero dellaMagna Grecia, di quella nostra terra in cui, pri-­‐ma ancora che nella madrepatria greca, fra i co-­‐loni greci si è sviluppato nel VI-­‐V secolo avantiCristo un pensiero geniale, in suggestiva e in-­‐spiegabile contemporaneità con quello di Lao-­‐tse e Confucio in Cina, di Buddha in India, o diZarathustra in Persia.

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In un mondo sempre più multiculturale, le giova-­‐ni generazioni devono consolidare la conoscenzadel nostro passato, un passato che può e devevivere nel presente: si può incontrare l’altro solose si possiede una propria identità.

Proprio l’incontro e il dialogo con esponenti dialtre culture, allora, deve implicare un rafforza-­‐mento della nostra identità culturale se nonvogliamo correre il rischio di non comprendercie di appiattire tutte le feconde differenze dimentalità in un desolato deserto consumistico.

Professor  Antonio  GarganoNapoli,  Aprile  2017

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appunti e idee per uno

StorytellingFilosofico

volume primo: i presocratici

Capitolo 1

ERACLiTOraccontato da

Giulia  De  IoiaAntonio  PellegrinoEdoardo  RiccioMerilù Salsano

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L’elemento dominante che compone lo scena-­‐rio storico della Grecia tra il V e il IV secolo a.C. èrappresentato dalla polis o città stato, senzadubbio la “scoperta” più originale del mondogreco, e non solo: si pensi alle città stato dellaFenicia. La polis consente la formazione di unsistema sociale, politico ed economico che siestende per tutto il Mediterraneo: le due princi-­‐pali sono Sparta e Atene. Sparta rappresenta gliinteressi della parte più conservatrice dellaGrecia e mentre le altre poleis risolvono nume-­‐rosi problemi sociali, colonizzando le sponde delMediterraneo, Sparta si occupa di porre rimedioal sovrappopolamento e alla carestia impadro-­‐nendosi delle terre dei vicini che diventanoschiavi (iloti) o sono obbligati a servire comealleati nell’esercito (perieci). Atene, invece, sievolve in un modo del tutto particolare: abban-­‐dona definitivamente l’agricoltura di sostenta-­‐mento per dedicarsi invece a quella di scambio,con prodotti destinati anche all’esportazione,all’artigianato industriale e al commercio.

Il contesto storico

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In una Grecia costituita da città divise tra loro darivalità e gelosie (prima di unirsi contro il comu-­‐ne nemico persiano) Eraclito nasce nella coloniadi Efeso -­‐ nella Jonia, lungo la costa dell'attualeTurchia -­‐ fra il 550 ed il 535 a.C. Discende dai redi Efeso ma, secondo quanto riferisce il suo bio-­‐grafo Diogene Laerzio, rinuncia al titolo onorificodi basileus in favore del fratello: in tale rifiuto èracchiusa un po' tutta la personalità dell'uomoche, altero e bizzarro, rifiuta con disprezzo pote-­‐re e ricchezza e che invece predilige la solitariameditazione e la sobrietà dei costumi, aspettiche caratterizzeranno il pensiero e la vita stessadel filosofo. Ostile alla democrazia che governala sua città, respinge la richiesta di scriverne lacostituzione e si ritira in solitudine a meditarenel tempio di Artemide. È qui che scrive l'unicasua opera di cui si abbia notizia, "Della Natura",della quale rimangono appena 126 frammenti,sufficienti comunque a individuare le tre partidel trattato: l'universo, la morale, gli dei. Nel“Della Natura” Eraclito teorizza un universo ch’é

Vita di Eraclito

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in continuo divenire ed elabora la celebre teoriadel "πάντα ῥεῖ”, tutto scorre. Muore a Efeso fra il480 ed il 475 a.C., proprio mentre le città grechedecidono finalmente di coalizzarsi contro i Per-­‐siani: è l’alba delle memorabili battaglie di Mara-­‐tona, Salamina, Termopili e Platea ma il filosofonon vivrà abbastanza per vederle.

Il pensiero filosoficoA Eraclito è spesso attribuito l'appellativo di "tri-­‐ste" o "piangente" e la sua opera, per moltiaspetti ermetica, ostica, oracolare (come moltifilosofi e lo stesso Socrate affermano) gli valel'appellativo di "oscuro". Va però detto che ilfilosofo di Efeso, così sdegnoso di quel volgotutto proteso alla soddisfazione dei più bassiistinti, adopera volutamente un linguaggio, perl'appunto, "oscuro" e di difficile comprensione,affinché solo i suoi discepoli, gli ”iniziati” percosì dire, possano esserne destinatari. Il suopensiero filosofico si basa sulla distinzione tra«svegli e dormienti»: gli svegli sono i filosofi, che

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sanno andare al di là delle apparenze e riesconoa cogliere l’essenza delle cose; i dormienti sonoinvece i non filosofi, coloro che si fermanoall’ovvio o si affidano all’ opinione comune. Era-­‐clito è il filosofo del divenire, poiché riconduce ilmondo a un flusso perenne dove tutto scorre,così come la corrente di un fiume le cui acquenon sono mai le stesse e in cui è impossibilebagnarsi due volte. Il "πάντα ῥεῖ", è l'assiomafondamentale della sua dottrina e per lui, tutto èin perpetuo dinamismo. L’universo ha inizio nel"logos", fuoco generatore di vita e ordine dellamateria. Il fuoco rappresenta l’ origine delle cosee tutto ciò che esiste ne proviene e vi ritornasecondo un processo di continua trasformazio-­‐ne. E nel fuoco è individuato l'unico Dio, così op-­‐ponendo il panteismo al tradizionale politeismo.L'uomo potrà raggiungere la felicità solo confor-­‐mandosi a quell'ordine che sostiene il mondo, eha il dovere di riconoscere il disegno divino ecredervi. Il corpo è prigione dell'anima, che sene libera solo con la morte allorché acquisiscecoscienza dell’immanenza dell’essere universale.

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Il filosofo elabora la teoria dell'unità dei contrari,in base alla quale un opposto non può esisteresenza l'altro (esempio: il bene e il male). Gliopposti non possono stare gli uni senza gli altri,e quindi ciò che a prima vista può sembrare indisordine, cioè la lotta fra gli opposti, in realtà èuna forma di razionalità. Questa legge vienedefinita con il termine logos = ragione e perEraclito l'armonia del mondo non sta nella con-­‐ciliazione dei contrari, bensì nella loro contrap-­‐posizione. Eraclito ritiene che Dio sia l'unità ditutti i contrari, la sede in cui trovano ordine econciliazione. Il suo è quindi un Dio-­‐Tutto, che èassoluto e in-­‐creato, poiché esiste da sempre.

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Maik Kalimera, il nostro presentatore Amici eamiche, benvenuti alla nuova puntata di Conosciil filosofo. Oggi è qui con noi un nuovo fanta-­‐stico ospite: lui viene da Efeso, appartiene a unafamiglia aristocratica -­‐ possiamo notarlo dal suotono altezzoso e superiore -­‐ e nella sua opera"Intorno alla natura" ha composto aforismi esentenze brevi e taglienti, che gli hanno fattoguadagnare l'appellativo di "oscuro"; ha inoltredimostrato particolare disprezzo per le istituzio-­‐ni democratiche, per il popolo e la sua cultura.Non perdiamoci in chiacchiere, però: è tempo diaccogliere con un bell’applauso… Eraclito!Eraclito S... Salve.Maik Kalimera Grazie per essere qui con noioggi, dottor Eraclito. Un po' emozionato?Eraclito Come? Per voialtri? No davvero.Maik Kalimera Be’, grazie. Felice di essere qui?Eraclito Non esattamente.Maik Kalimera Hm un osso duro, a quanto pare.Fa nulla, Procediamo con la prima domanda.Eraclito Si accomodi. Basta che poi mi paghiate.

Bonus track: intervista a Eraclito

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Maik Kalimera Ora capisco perché la definisco-­‐no l'"oscuro”, ha a che fare con il suo umore,giusto? Passiamo alle domande, che è meglio.Una delle sue teorie filosofiche più celebri èquella degli uomini svegli e dormienti. Che nedirebbe di spiegarla meglio al nostro pubblico?Eraclito Ah, lei pensa che siano in grado dicapirla? Va be’ se proprio devo... Significa che lamaggior parte degli uomini vive come in un so-­‐gno illusorio e perpetuo ed è del tutto incapacedi comprendere le autentiche leggi del mondocircostante. I "dormienti" sono i non filosofi,cioè la massa, tipo questi tizi qui in studio,insomma, che si affidano all'opinione comune ecadono in errore. Gli "svegli", invece, i filosofi,sanno andare oltre le apparenze e cogliere ilnocciolo delle cose, attraverso una lunga e pro-­‐fonda riflessione in solitudine. Ho formulato unafrase al riguardo: "Ciò che vediamo dormendo èsogno, ciò che vediamo da svegli è morte".Maik Kalimera Beh, che lei stia bene da solo sipuò capire... Molti studiosi hanno identificato ladistinzione tra filosofi e non, come quella traδῆμος e aristocratici. Cosa può dire al riguardo?

Eraclito La distinzione tra "svegli" e "dormienti"ha un significato fondamentalmente filosofico,ma è comunque ricollegabile a una spiegazionesociologica per la mia appartenenza alla nobiltà.Maik Kalimera Arrogan... ehm, dicevo... Grazieper le sue risposte esaustive. Passiamo a unasua altra celebre teoria anzi la più famosa, quelladel "divenire". Ha scritto questa frase a riguardo:"Negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo,siamo e non siamo". E cosa diavolo significa?Eraclito uhm vedoche con voialtrinon c’è davverosperanza, non ca-­‐pirete mai nulla...Comunque, ci vo-­‐glio provare: dici-­‐amo che questamia teoria può an-­‐che essere spiega-­‐ta con l'espressio-­‐ne "πάντα ῥεῖ":cioè "tutto scorre" 30

Tradotto per voialtre belle dormienti nel bosco,significa che secondo la mia opinione -­‐ che èinsindacabile -­‐ nulla è sempre lo stesso: tuttocambia e si trasforma incessantemente, propriocome le acque di un fiume, che cambianocostantemente. Anche noi uomini non siamomai gli stessi, le nostre idee e opinioni (ad avereun cervello, intendo) possono sempre mutare inbase alle circostanze della vita. Anche ciò che avoi sembra statico e fermo in realtà è dinamico.

Maik Kalimera Come no... e cosa c'entrerebbe ilsuo famoso "Fuoco" in tutto questo sproloquio?

Eraclito Il Fuoco è l'elemento mobile e distrut-­‐tore per eccellenza, non è mai statico e le suefiamme sono in costante movimento; anche lesfumature dei suoi colori sono molteplici. Èquindi -­‐metaforicamente-­‐ alla base di tutto.Maik Kalimera Grazie mille. Abbiamo un'ultimarichiesta da parte del pubblico: una spiegazionesulla dottrina dei contrari. E al riguardo io misento di chiederle una cosa... Dica la verità, èper caso ispirata alle sue esperienze in amore?

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Eraclito Quanta poca professionalità, ma comevi assumono qui alla tv pubblica? Bah, rispon-­‐derò lo stesso. Per me nulla potrebbe esistere senon esistesse il suo opposto, il suo contrario.Non potremmo percepire il freddo senza ilcaldo, poiché il freddo è la mancanza di caldo.Non potremmo sapere cos'è il buio senza laluce, poiché il buio è, a sua volta, mancanza diluce. I contrari lottano fra di loro continuamente,"L'uno vive la morte dell'altro, come l'altromuore la vita del primo", ma non possono starel'uno senza l'altro. In questa lotta e discordia,ritroviamo, quindi, un'armonia, il ”logos", cioè lalegge universale che governa il mondo. Poi, perquanto riguarda la mia vita sentimentale, behdirei che sì, ha ispirato questa dottrina, in fondogli opposti si attraggono; anche se la mia ex eraproprio una rompiscatole...Maik Kalimera Se la sua ex era una rompiscato-­‐le, la sua teoria degli opposti va in fumo, non lepare? Non è che lei sia esattamente un simpa-­‐ticone e al suo posto comunque non critichereiqualcun altro per essere "rompiscatole"... Siadetto con tutto il dovuto rispetto, naturalmente.

Eraclito Ah, questo me lo chiama rispetto? Macome osa! Basta, non posso più tollerare questoatteggiamento populista e chiassoso. Mio carosignore lei non è certo un filosofo e solo il cielosa quanto vorrei che fosse più dormiente an-­‐cora! Non intendo continuare questa farsa, néquesta mancanza di rispetto nei confronti dellamia intelligenza. Ma lo sa, lei, chi sono io?Maik Kalimera Mamma mia... Che noioso. Chiu-­‐diamola qui, che è meglio. È stato comunque unnon-­‐piacere, caro Eraclito. Cerchi di pensare me-­‐no e godersi più la vita. E con voi, cari spettatori,arrivederci e alla prossima puntata di "Conosci ilfilosofo”, magari con uno un po' più vivace, eh?

Altro  che  πάντα  ῥεῖ…pensavo  che  quella  dannata  trasmissione  non  finisse  più  

Capitolo 2

PiTAGORAraccontato da

Erica  BagnatiRoberta  Bianco

Anna  Maria  ScutieroMaria  Verde

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Nel 537 a.C. Policrate riuscì a prendere il control-­‐lo dell'isola di Samo in qualità di tiranno, abbat-­‐tendo il potere dell'aristocrazia dei proprietarifondiari, i cosiddetti geomori. Nel tentativo direndere Samo una grande potenza Policrateinstaurò alleanze con l'Egitto e altre città-­‐statogreche. Creò una potente flotta con la qualeottenne la supremazia sull' Egeo sottomettendomolti popoli. Erodoto lo definì il primo domina-­‐tore dei mari. Non fece però un uso correttodella sua forza, approfittandone spesso con attidi pirateria o imponendo pesanti tributi alle po-­‐polazioni sottomesse. Cercò l'alleanza con lapotenza persiana ma, tradito fu attirato in trap-­‐pola con l'inganno e catturato. La tirannide diPolicrate spinse vari cittadini di Samo a lasciarel'isola. Alcuni di questi, chiesero ai cumani dipotersi insediare in un luogo fortificato, ovefondarono la città chiamata dikaiarchèia (cittàdal giusto governo), che in epoca romana diven-­‐ne Puteoli, ed è oggi nota come Pozzuoli.

Il contesto storico

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(…) Policrate era famoso per la sua proverbialericchezza e per la sua fortuna. Ritenendo che unuomo troppo fortunato prima o poi sarebbe sta-­‐to colpito da una grave sventura, Amasis, fara-­‐one d'Egitto, gli chiese di rinunciare a qualcosa diveramente prezioso, così che tale perdita scon-­‐giurasse una sventura peggiore. Policrate deciseallora di privarsi di un anello preziosissimo cuiera molto affezionato e lo gettò in mare. Tempodopo, un uomo catturò un pesce di dimensioninotevoli e decise di farne dono a Policrate; mamentre i cuochi lo cucinavano ritrovarono nellasua pancia l'anello che il tiranno aveva gettato inmare. Allorché Amasis venne a sapere che Poli-­‐crate era riuscito a recuperare l'anello, capì cheegli era un uomo troppo fortunato e che prima opoi sarebbe stato colpito da una grave disgrazia;non volendo essere travolto anch'egli nella suarovina, ruppe l'alleanza. Poco dopo, i timori diAmasis si avverarono: nel 522 a.C. il satrapopersiano Orete attirò con l'inganno Policratepresso di sé e lo fece giustiziare, crocifiggendolo.Da allora -­‐ e per oltre un secolo -­‐ i Persiani man-­‐tennero il controllo dell’isola di Samo.

Pitagora nacque a Samo nel 570 a C. La sua vitaè avvolta nel mistero, e di lui sappiamo pochis-­‐simo. Si sarebbe ispirato ai popoli orientali per lesue dottrine. Alcuni autori antichi come Senofa-­‐ne, Eraclito, Erodoto, ci danno testimonianze talida confermare l'esistenza di Pitagora non ridu-­‐cendola a una mera leggenda. Egli probabil-­‐mente sposò Teano, dalla quale ebbe tre figli,due maschi (Arimnesto e Telauge) e una femmi-­‐na (Damo). Da Samo, Pitagora si trasferì in Ma-­‐gna Grecia dove a Crotone, all'incirca nel 530a.C. fondò la Scuola che prese il suo nome. È in-­‐teressante notare come Aristotele quando parladei vari filosofi che l’hanno preceduto lo facciasingolarmente, e nel solo caso dei Pitagorici lidescriva collettivamente: la scuola stessa, in ef-­‐fetti, era caratterizzata da una vita collettiva incui anche i beni venivano condivisi. Nella Scuolapitagorica ogni insegnamento, originariamente,non era affidato allo scritto, ma invece impartitooralmente. Era molto difficile entrarvi, e unavolta accettati, non si avevano poi grandi libertà.

Vita di Pitagora

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Bertrand Russell sostiene che il trasferimentodel maestro fu dovuto a motivi politici, e in par-­‐ticolare al fatto che non accettasse la tirannidedi Policrate; quel che è certo, Pitagora sparì nelnulla senza lasciare traccia della propria esisten-­‐za se non nelle testimonianze di quanti lo aveva-­‐no conosciuto di persona o per fama. Non sihanno notizie certe neppure riguardo la suamorte, forse avvenuta a Metaponto, dove si erarifugiato in seguito a una sommossa, che avevacausato un incendio nella sede della sua setta.Porfirio tramanda (…) si dice che Pitagora abbiatrovato la morte nella comunità di Metaponto,dopo essersi rifugiato nel piccolo tempio dedi-­‐cato alle Muse, dove rimase quaranta giorniprivo del necessario per vivere. Altri autori affer-­‐mano che i suoi amici, nell'incendio della casadove si trovavano riuniti, gettatisi nelle fiammeaprirono una via di uscita al maestro, formandocon i loro corpi una sorta di ponte sul fuoco.Scampato all'incendio Pitagora, raccontano an-­‐cora, si diede da sé la morte, prostrato dal dolo-­‐re di trovarsi privato dei suoi amici e discepoli.

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Pitagora fu sì un filosofo ma pure un taumatur-­‐go, politico, matematico, mago, musicista, eastronomo, nonché fondatore della Scuola pita-­‐gorica di Crotone, associazione (anche) religiosae politica che si diffuse ben presto in tutte lecittà greche dell’Italia meridionale. A quanto nesappiamo(soprattutto da Porfirio, autore di unailluminante “Vita di Pitagora”) egli non era comela maggior parte dei filosofi, intenti a lambiccarsiriguardo i principi del mondo o l'essenza di ciòche li circonda; al contrario era un uomo d’a-­‐zione e numerosi sono gli aneddoti che lo ve-­‐dono protagonista di straordinarie imprese. Eracapace di parlare con gli animali, prevedere iterremoti e altre calamità naturali, e si diceaddirittura che avesse il dono dell'ubiquità. Piùche un uomo, sembra fatto a immagine e somi-­‐glianza di un supereroe. Quanto invece al suomagistero, quasi sicuramente Pitagora non lasciònulla di scritto e le opere "Tre libri" e "Versiaurei" sono da considerarsi di posteriore reda-­‐zione. È proprio alla Scuola pitagorica, tuttavia,

Il pensiero filosofico

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che dobbiamo l'elaborazione della matematicacome scienza, utilizzata quale specchio del lorofilosofare. La tesi fondamentale dei pitagorici erainfatti che il numero è la sostanza delle cose e inquanto tale, le opposizioni tra numeri diventanoopposizioni tra le cose del mondo. Per i pitago-­‐rici il pari era un'entità illimitata, simbolo didisordine, e il dispari rappresentava al contrarioun'entità limitata, simbolo di ordine e perfezio-­‐ne. Da ciò si comprende come ladottrina pitagorica fosse di natu-­‐ra dualistica, in quanto spiega-­‐va la realtà basandosi sullacontrapposizione tra dueprincipi. Pare che invece aPitagora in persona sia daattribuire l’invenzione deltermine “filosofia”; eglistesso fu inoltre tra iprecursori del vegeta-­‐rianesimo cui nel suocaso si abbinava, però, una vera epropria idiosincrasia per le impure fave.

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Pitagora  e  i  pesciPitagora stava camminando nei pressi del porto,pensando a com’era fortunato e che era statoproprio bravo a non far conoscere a nessuno lasua segretissima identità segreta. Ebbene sì: luiera il profeta mago, l’amico dei numeri, l’uomoche sussurrava agli animali, colui che avevabloccato la reincarnazione della sua anima, ilprimo a utilizzare il termine filosofia ma anche, esoprattutto, il supereroe Numberman. E se nestava lì camminando per i fatti suoi quando sentìdelle voci venire da una barca di pescatori; manon erano i pescatori: le voci erano troppe etroppo acute. Dal sommo della sua intelligenzareincarnata, Pitagora, subito capì che si dovevatrattare delle grida di aiuto dei poveri pesci.Infatti è risaputo che uno dei più grandi poteridi Numberman era quello di poter parlare congli animali e di poterli convincere anche a com-­‐piere il suo volere. Pitagora, essendo un supereroe con i contro fiocchi, subito corse dietro unacolonna, si strappò di dosso la bianca toga nuova

Bonus track: Numberman

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(faceva questa cosa tanto spesso che ormai neera rimasto senza) ed espose la sua magnificacarnagione bianca. Corse verso i pesci in peri-­‐colo come avrebbe corso un corridore alle Olim-­‐piadi, se le Olimpiadi fossero già state inventate,e si tuffò in acqua con la grazia di un delfino,nuotando verso la barca dei pescatori. Seguendole voci dei pesci riuscì infine a trovarli: i poverinierano rimasti catturati dalla rete dei pescatori enon potevano liberarsi. Quegli umani senza me-­‐morie del loro passato, non capivano queste mi-­‐sere anime bloccate in corpi inferiori sebbene lui

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continuasse a provare a convincerli. “Ragazzi oravi libero” disse il nostro eroe, e i pesci “Oh sì,salvaci”, “Che eroe”, oppure “Guarda è Number-­‐man!” Purtroppo Numberman, pur essendo as-­‐sai intelligente, non era poi così forte e non riu-­‐sciva a rompere la rete. Si sforzò facendo straniespressioni con il viso mentre i pesci lo incitava-­‐no invano. Allora gli venne in mente che potevaliberare i pesci in un altro modo. “Ragazzi nonriesco a rompere la rete ma non preoccupateviho un piano: basta dirmi con precisione quantisiete in questa rete” e i pesci lo fecero. Mentre ilnostro eroe nuotava via, i pesci guardavano iltatuaggio sulla sua schiena, che rappresentava ilsuo simbolo, una stella inscritta in un pentago-­‐no. Mentre nuotava via, Pitagora sentì quelloche dicevano i pesci. “Chissà qual è il suo piano”“Speriamo che ci riesca” diceva uno “Figuriamo-­‐ci quello manco riesce a rompere una rete. Loaveva detto mia madre che dovevo nuotare viada questo posto che dovevo viaggiare, vederealtri mari…” “Oh sta zitto Floyd” lo interruppe unaltro. Poi arrivò troppo lontano per poter distin-­‐

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guere le loro parole. Giunto a riva si coprì con lasua toga rotta, si asciugò e si recò dai pescatori:“Buongiorno compagni”. I pescatori però non glirisposero: Pitagora sapeva di risultare piuttostoantipatico ai pescatori del posto, così come aicontadini, i macellai e… qualche altro nemicodella giustizia. “Vorrei proporvi una scommessa,amici.” I pescatori lo guardavano tentando di ca-­‐pire dove stesse il trucco, ma non potevanonemmeno provare a eguagliare la già citatastraordinaria intelligenza del nostro caro, caroeroe. E accettarono. La scommessa consistevanel liberare tutti i pesci se Pitagora avesse indo-­‐vinato quanti erano. E, ovviamente, indovinò. Ipesci furono liberati e mentre nuotavano liberi,urlando ringraziavano il loro salvatore. Alla scioc-­‐ca domanda dei pescatori, che chiedevano comeavesse fatto, rispondeva così: “Il numero, carimiei, è misura di ogni cosa; e nulla è irrisolvibile”

Pitagora  e  l’orsa  daunia  Pop! E riecco Numberman! Aspettate, c’è qual-­‐cosa che non va con il nostro eroe, è come …ècome se non fosse tutto intero. Oh povero, deve

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far male. Speriamo che ricresca, è un pezzo uti-­‐le. “Per Zeus! Mi sono spezzato!” In effetti, pur-­‐troppo, è una cosa che succede spesso al nostroeroe, effetto collaterale della smaterializzazio-­‐ne. E dunque Numberman se ne stava lì cammi-­‐nando tranquillo con tutti i suoi pezzi rimasti,quando sentì un urlo disperato venire dal boscovicino al campo dove si trovava. Per un secondopensò di smaterializzarsi di nuovo, ma ricor-­‐dando ciò che aveva perso, cambiò idea. Corseinvece per il bosco seguendo le grida di aiutoarrivò ad una piccola radura dove vide un cespu-­‐glio muoversi; le grida di aiuto venivano da lì, maera impossibile perché i cespugli non parlano,oppure si… comunque non divaghiamo. Dicevo,il nostro supereroe si stava avvicinando al miste-­‐rioso cespuglio parlante o -­‐ per meglio dire -­‐ ce-­‐spuglio non parlante che stranamente invocavaaiuto. Ehm, sto ancora divagando. Aggirato il ce-­‐spuglio, il nostro vide infine la vera origine dellegrida. Un povero, piccolo, candido coniglio, con ilpelo macchiato dal rosso del sangue che sgorga-­‐va da una profonda ferita, in cui un’enorme orsa

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teneva il muso, dilaniando il suo corpo. Da veroeroe, e sebbene piuttosto inorridito dalla scena,Numberman intervenne: “Tu, Orsa” disse con to-­‐no di sfida. “Che ha detto?” chiese l’orsa al coni-­‐glio dilaniato. “Credo abbia detto: “Tu. Orsa”disse il coniglio smettendo improvvisamente digridare, poi morì. “Già, è proprio quello che hodetto” disse Pitagora gonfiando il petto “Haidetto una cosa molto sciocca uomo nudo” “E tune hai fatta una ancora più sciocca uccidendoquel povero coniglio” “Ah, davvero?” disse l’orsa“Si. Perché hai ucciso quella povera bestia?”“Per nutrirmi sciocco umano” “Coloro che ucci-­‐dono gli animali e ne mangiano le carni -­‐ disseallora Numberman -­‐ saranno più inclini dei vege-­‐tariani a massacrare i propri simili” “Ma io sonoun’orsa, è nella mia natura” “È da sciocchi segui-­‐re gli istinti: se hai la mente per pensare hai lamente per cambiare. Tieni, assaggia le bacche,assaggia le ghiande. Puoi nutrirti di queste esarai sempre sazia” “Mi dovrei nutrire di semipiuttosto che della carne come mi dice lanatura?” “Si, o sarai punita nella prossima vita”.

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“Ah be’ allora lo farò” Più tardi, sulla via delritorno: “Ah eccolo!” Aveva ritrovato lui il pezzomancante. Fortuna, prima che lo trovasse l’orsa.Ma come spiegare questo suo particolarerapporto con gli animali? Introduciamo unaspetto fondamentale del pensiero filosofico diPitagora: la metempsicosi, termine (dal greco“μετά” dentro “ψυχή” anima) traducibile come“passaggio-­‐viaggio delle anime”, da qui il ter-­‐mine “reincarnazione”. Questa dottrina è stataspesso richiamata dalla letteratura cristiana oper esaltare la vicinanza della teoria pitagorica alCristianesimo (anima immortale che trova la li-­‐berazione dopo la morte), o per sottolineare ladiversità tra le due credenze (negazione dell’in-­‐dividualità dell’anima umana). Pitagora era con-­‐vinto del fatto che la trasmigrazione potesse av-­‐venire da un corpo umano a quello di un ani-­‐male o viceversa, dunque, credeva che neglianimali si potesse trovare l'anima di qualcunoche nella vita precedente era stato un uomo. Perquesto motivo non mangiava carne e soleva dire“Amici miei, evitate di corrompere il vostro corpo

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con cibi impuri; ci sono campi di frumento, mielecosì abbondante da piegare i rami degli alberi,uva che riempie e vigne, erbe gustose e verdureda cuocere. La terra offre una grande quantità diricchezze, di alimenti puri che non provocanospargimenti di sangue, né morte. Solo le bestiesoddisfano la loro fame con la carne e neppuretutti loro, perché i cavalli bovini e pecore vivonosull’ erba.” “Qualsiasi cosa un uomo faccia aglianimali, gli verrà ripagata con la stessa moneta”Tanti altri grandi in passato (Socrate e Platone,Dante e San Francesco seguirono le sue orme,pur non credendo nella metempsicosi. Al contra-­‐rio la nostra società fa sembrare questo stile divita eccentrico e da arginare, una modapasseggera o un errore che espone a malattiecome anemia, debolezza o perdita di peso. Perfortuna gli studi parlano chiaro: l’alimentazionevegetale asseconda la natura dell’uomo, nepromuove il benessere, la forza del corpo e dellamente:“Mens sana in corpore sano” avrebbecommentato Giovenale. A questo punto molti divoi immagineranno Numberman come un veroduro: era invece un animo sensibile, e un grande

amante della musica. Mentre tuttavia noi, oggi,ascoltiamo la musica in momenti di svago ilnostro si complicava la vita. Dopo numerosiesperimenti con campane di peso differente,corde poste in diversa tensione e bicchieri va-­‐riamente riempiti, concluse che le consonanze ele armonie musicali rispondevano a relazioni nu-­‐meriche: l’universo, diceva è armonia e numero.A lui dobbiamo l’invenzione della scala musicale,che fu ripresa da Platone nel “Timeo”, nel qualefi descritta come fondamento numerico dell’ani-­‐

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ma del mondo. Perciò, rassegnatevi, e ricordateinvece che la matematica è sempre in agguato.Non si hanno notizie certe riguardo la morte diPitagora egli sparì improvvisamente senzalasciare tracce. Ecco la nostra teoria: Come il tal-­‐lone per Achille, anche il nostro eroe aveva unpunto debole. Gli fu predetto infatti che sarebbestato sconfitto un giorno dal suo acerrimo ne-­‐mico portato alla luce da coloro che lui stessoaveva istruito. Pitagora si diresse come suo soli-­‐to il venerdì mattina verso il campo dove avreb-­‐be tenuta la sua lezione. Poggiato delicatamentesul suo braccio destro, teneva il lenzuolo con ilquale era solito coprire la sua visione a queglialunni non ancora pronti a mantenere la suaidentità segreta, gli acusmatici. Era quasi giuntoall’incontro quando vide i suoi discepoli predilet-­‐ti, i matematici, chini su una pergamena. Appe-­‐na si accorsero che il venerato maestro si avvici-­‐nava, gli sguardi dal foglio e spostarono su di lui.Pitagora poté vedere i loro occhi brillare di gioiaalla sua vista. I discepoli corsero da lui e gli mo-­‐strarono sulla pergamena quel che avevano sco-­‐

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perto. Era una sorta di ni con un prolungamentosu un lato, e dunque questo era il suo aspetto: √Pitagora volse il suo sguardo verso Filolao, unodei più brillanti fra i suoi allievi, ed egli vide il suomaestro sorridergli tristemente mentre unalacrima gli scorreva sulla guancia destra. “Per-­‐ché?” chiese dunque. Filolao non ebbe però iltempo di rispondergli perché fu accecato da unlampo di luce bianca, e cadde all’indietro. Quan-­‐do si rialzò, e riuscì a rimettere a fuoco la vista,Pitagora non c’era più: del maestro era rimastosolo il lenzuolo dietro al quale egli amava celarsi.

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Capitolo 3

PARMENiDEraccontato da

Daniele  ErbaggioLuca  GiacobbeEnrica  La  Femina

Ilaria  Tocci

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Verso la fine del VI secolo a.C. lo sviluppo socialedi Mileto subì un notevole rallentamento, e cosìpure l'attività filosofica. Molti Greci furono spintidalla minaccia persiana a migrare verso occiden-­‐te, popolando così le coste della Magna Greciache divenne ben presto teatro dello sviluppo delpensiero filosofico. In questa stessa area geogra-­‐fica si svolsero anche le guerre greco-­‐puniche ela battaglia di Alalia rappresentò la fine dell'e-­‐spansione greca nel Mediterraneo nord-­‐occiden-­‐tale. Alalia era stata fondata sulla costa dellaCorsica dai coloni ionici di Focea, nel 565 a.C. efu proprio questa città ad accogliere gli esulidalla madrepatria allorché questa cadde nellemani di Ciro il Grande. Le flotte congiunte diEtruschi e Cartaginesi, tra il 540 e il 535 a.C.affrontarono la flotta greca davanti alle costedella Sardegna: fino ad allora padroni dell'altoTirreno, i due popoli volevano evitare una mas-­‐siccia colonizzazione, da parte degli Ioni, di Cor-­‐sica e Sardegna proveniente dalla Ionia. La batta-­‐glia non ebbe in realtà vincitori né vinti o meglio,

Il contesto storico

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secondo Erodoto, i Focei riportarono una vittoriacadmea, pagata cioè a carissimo prezzo, che liconvinse ad abbandonare comunque la Corsicaper dirigersi verso la Magna Grecia dove si stan-­‐ziarono ad Elea. La città è spaccata in due, lo sivede fisicamente ancora oggi: a sud-­‐est è la piaz-­‐za del mercato, con le sue attività e i suoilaboratori, popolata da artigiani, medici, studio-­‐si della natura. Qui è il quartier generale dei de-­‐mocratici, i ceti legati alle techné, i nuovi ricchiche premono per avere il controllo politico eideologico della città, così da poterne controllareanche il meccanismo di distribuzione delle ric-­‐chezze; le fortune dell’aristocrazia, che questocontrollo non vuole cedere, sono per lo più ditipo agricolo o politico-­‐militare. Sarà proprio lafilosofia naturalistica, quella di fisiologi e ilozoi-­‐sti, che riuscirà a sopraffare la casta aristocra-­‐tico-­‐sacerdotale nell’ambiente ionico; non già inMagna Grecia, però, dove dovrà invece cedere learmi alla “vecchia guardia” degli aristocratici.

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Parmenide nacque in Magna Grecia, a Elea (poiVelia in epoca romana, e oggi Ascea), da unafamiglia aristocratica, nel 540 a.C. circa. Sul po-­‐sto è stata trovata una testa che lo raffigura se-­‐vero e pensoso. Della sua vita si hanno pochenotizie: secondo alcuni fu discepolo del pitago-­‐rico Aminia, per altri probabilmente di Senofa-­‐ne di Colofone; a Elea fondò a sua volta unascuola, insieme al suo discepolo prediletto Zeno-­‐ne. Nel suo poema “Intorno alla Natura”, Parme-­‐nide formulò la dottrina dell’essere: nel 450 a.C.,con Zenone si recò in Atene per studiare il feno-­‐meno democratico e per aver poi modo di farvifronte nella sua città; fu in quella occasione checonobbe anche Pericle. Fu filosofo ricco di fasci-­‐no, tanto per i suoi contemporanei che per noi,se pure della sua opera non abbiamo che fram-­‐menti. Il suo potere si fonda su un misto diricchezza terriera e sapienza sacra, tramandatada generazioni di sacerdoti, ma egli si rendeconto che la vecchia sapienza delfica, di cui pure

Vita di Parmenide

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egli è rappresentante, è ormai al crepuscolo; purrimanendo legato all’essenziale della tradizione,in risposta a questo nuovo scenario elaboranuove forme di razionalità teorica: il mito cui sirichiama non è più quello tradizionale, ma semai uno nuovo, rigenerato, funzionale alla filo-­‐sofia dell’essere-­‐pensiero, l’arché di ogni cosa.

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Anticamente i filosofi elaboravano dottrine cheal giorno d'oggi possono apparirci alquanto biz-­‐zarre. Parmenide sosteneva che le cose dellanatura sono illusorie perché cambiano nel tem-­‐po, mentre ci descrive il “simpatico” Essere co-­‐me ciò che mantiene la verità perché non derivada niente se non da se stesso, è unico, fisso, nonpuò cambiare e non può muoversi, è omogeneoe dura per sempre (insomma, si basta da solo!).Mentre i primi filosofi si erano interrogati sullanatura, sul cielo e sugli dei Parmenide e i suoicontemporanei spostarono la loro attenzione suargomenti che riguardavano gli uomini stessi e larealtà che li circonda. Che cos'è la verità e comesi concretizza nella vita quotidiana? In che modoun governo è giusto nei confronti dei suoi cit-­‐tadini? A cosa serve la ragione nelle cose quoti-­‐diane? Provate a pensare: se decidere tra fare icompiti perché domani avete un'interrogazioneo andare a giocare in cortile, cos'è che vi aiuta ascegliere? L'entusiasmo e il desiderio forse vi di-­‐cono di uscire poiché è più divertente e vi dareb-­‐

Il pensiero filosofico

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be felicità stando coi vostri amici senza pensieri;al contrario la ragione vi suggerisce di aprire illibro e di imparare ciò che dovete sapere persuperare la prova. C'è un'opzione sbagliata e unagiusta, oppure sono entrambe sbagliate o giu-­‐ste? Una scelta può essere giusta in una circo-­‐stanza e sbagliata in un'altra? E ancora, cos'èche vi fa compiere la scelta più giusta? Comeavete fatto per scegliere? Ecco, quei filosofi siponevano proprio domande simili. Com’era con-­‐suetudine tra i filosofi del suo tempo, Parmenidescrisse un'opera "sulla Natura". Nel suo percor-­‐so letterario, il nostro viene condotto dallecavalle al cospetto della dea Δικέ che lo accogliebenevolmente e gli mostra le due vie. La primavia è quella che avrebbe portato il filosofo versola verità (αλητεία) che in greco vuol dire "ciò chenon è nascosto”: la verità si fonda sulla ragioneche ci porta a conoscere il vero Essere. La secon-­‐da via, al contrario, é quella dell'opinione (δόξα),si basa sui sensi e ci porta a conoscere l'Essereapparente: solitamente questa via è percorsa dainon-­‐filosofi, cioè uomini che si fermano all’appa-­‐renza di ciò che vedono. In un momento succes-­‐

sivo Parmenide ipotizzò l’esistenza di una terzavia, quella dell’opinione plausibile (o che potreb-­‐be essere). Come si presenta? Parmenide diceche due cose che si oppongono (come luce ebuio) sono tutte e due essere. Quindi questi dueopposti, in realtà, vengono uniti nell'essere, cheè ciò che hanno in comune. Facciamo un esem-­‐pio tratto da un film piuttosto conosciuto diCristopher Nolan, Inception. Nelle prime scenedel film, uno dei protagonisti, è incerto sel’esperienza (sottolineiamo esperienza) che stavivendo sia realtà o sogno. Per sciogliere ildubbio, uno dei personaggi che si trova con lui,gli chiede “Domandati come sei arrivato qui”.Ovvero: se sai come ci sei arrivato, è la realtà, senon lo sai è il sogno. Sembra proprio unapossibile distinzione tra δόξα plausibile, o concausa, e δόξα senza causa. Un’opinione qua-­‐lunque, descrivente una qualsivoglia esperienza,nel momento in cui è vissuta è soggetta al-­‐l’errore (anzi, è necessariamente erronea, se te-­‐niamo conto che ogni opinione esclude ogni al-­‐tro punto di vista che la negherebbe); un’opinio-­‐

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ne però può avere, qualunque sia il suo valore diverità, una causa del perché abbia quel valore.La terza via è quella che imboccano i comunimortali, che mescolano l'essere con il non es-­‐sere : per esempio parlano di nascere e morire,il che implica una mescolanza di essere e di nonessere: nascere vuol dire essere, ma anche nonessere prima di essere e morire vuol dire nonessere, ma anche essere prima di non essere.L’opinione rimane sempre in ogni caso undiscorso sull’apparenza, privo di verità incontro-­‐vertibile. Dalla tesi secondo cui il non essere nonesiste Parmenide ricava, mediante una logicarigorosa, una serie di attributi dell’essere vero oautentico:

L’essere  è  immobile:  se  si  muovessesarebbe  soggetto  al  divenire,  quindi  ora  sarebbe,  ora  non  sarebbe.  

L’essere  è  uno  perché  non  possono  esserci  due  Esseri:  se  uno  è  l’esse-­‐

re,  l’altro  non  sarebbe  il    primo,  e  sarebbe  quindi    un  non  essere.

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L’essere  è  eterno,  poiché  se  fosse  nel  tempo  implicherebbe    il  non  essere  del  passato  (che  è  ciò  che  non  è  più)  e  il  non  essere  del  futuro  (che  è  ciò  che  non  è  ancora).

L’essere  è  ingenerato,  perché  senascesse  implicherebbe  il  non  essere

in  quanto  nascendo  verrebbe  dal  nulla  

L'essere è immortale, perchése morisse implicherebbe ilnon essere poiché morendosi dissolverebbe nel nulla.

L’essere  è  unico  e  omogeneo,  perché  se  fosse  molteplice  o  

in  sé  differenziato  implicherebbe  degli  intervalli  di  non  essere.

L’essere  e  finito,  poiché  secondo  la  mentalità  greca  del  filosofo  la  finitu-­‐dine  è  sinonimo  di  compiutezza  e  per-­‐fezione:  egli  si  immaginava  come  una  sfera. 65

Bonus track: Parmenide + Zenone a fumetti

Capitolo 4

ZENONEraccontato da

Sabrina  CritelliAlessandra  LamaLorenza  Luongo

Maria  Assunta  RaceChiara  Carlotta  Tassia

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Ci troviamo alla fine del V secolo, dunque nelperiodo antecedente alla Guerra del Pelopon-­‐neso (431 a.C. -­‐ 404 a.C.), combattutasi tra Spar-­‐ta e Atene con le rispettive coalizioni. A seguitodella vittoria di Atene contro i Persiani, la cittàdorica si fece promotrice della Lega di Delo (odelio-­‐attica), una confederazione marittima co-­‐stituita da varie città-­‐stato greche. La crescitadella potenza ateniese la fece però ben prestoentrare in conflitto con l’omologa alleanza mili-­‐tare costituita dalle poleis del Peloponneso.

Elea, polis della Magna Grecia ora situata nellaprovincia di Salerno, fu fondata nella secondametà del VI secolo a.C. da esuli Focei in fuga dal-­‐la Ionia. Nel V secolo a.C. la città era nota per ifloridi rapporti commerciali e la politica governa-­‐tiva. Assunse anche notevole importanza cultu-­‐rale per la sua scuola filosofica presocratica, co-­‐nosciuta come Scuola eleatica, fondata da Par-­‐menide e portata avanti dal suo allievo Zenone.

Il contesto storico

La colonia di Elea

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Nato probabilmente nel 489 a.C. Zenone è statofilosofo, membro della Scuola eleatica fondatada Parmenide; la principale fonte di informazio-­‐ni biografiche sul filosofo è il dialogo Parmenidedi Platone. Zenone fu autore di diversi paradossiin relazione all'impossibilità del moto: il "para-­‐dosso dello stadio", quello di “Achille e la tarta-­‐ruga", “della freccia" e "delle masse nello sta-­‐dio". Fu inoltre il primo sostenitore di una tra lepiù importanti dottrine del suo maestro, la teo-­‐ria dell'immutabilità dell'essere. Un aneddotoche sottolinea la sua dedizione alla filosofia ealla politica riguarda lo scontro con il tirannoNearco: volendone abbattere il potere dispoticoorganizzò una congiura e catturato, per lealtà neiconfronti dei compagni e pur di non rivelarne inomi si tagliò la lingua e la sputò in faccia aldespota. Da questo episodio in poi, non abbia-­‐mo più sue notizie fino alla morte, nel 431 a.C.

Vita di Zenone

Achille e la tartaruga: Zenone fissa due punti suciascuno dei quali pone rispettivamente Achillepersonificazione della massima velocità e la tar-­‐taruga (massima lentezza, motivo per cui a que-­‐st’ultima è dato un vantaggio. Fa partire una ga-­‐ra di corsa tra i due scoprendo che mentre Achil-­‐le percorre il tratto A-­‐B la tartaruga ha già per-­‐corso il tratto successivo B-­‐C. Realizza quindi,che essendo lo spazio divisibile in infinite parti,la tartaruga non sarà mai superata da Achille.Paradosso delle masse dello stadio: in uno sta-­‐dio ci sono tre corridori, due si allenano e uno siriposa. Questo stando seduto, osserva i due suoicompagni correre uno il doppio della velocitàdell'altro ma lui li vede alla stessa velocità.Paradosso della freccia: una freccia che ci appa-­‐re in movimento, è in realtà immobile poiché,nell'intervallo di tempo dal lancio all'arrivo, essaoccupa sempre la stessa posizione.Lo stadio: non è possibile percorrere uno stadioda un estremo all'altro, poiché prima di arrivareall'altra estremità, bisognerebbe giungere prima

Il pensiero filosofico

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alla metà e prima ancora alla metà della metà ecosì via. Da ciò deriva che non è possibile per-­‐correre in un tempo finito infinite parti di spazio.Argomenti contro la pluralità: contro la pluralitàdelle cose Zenone intende affermare che, se lecose fossero molte, il loro numero sarebbe siafinito che infinito. Sarebbe finito poiché nonpossono essere né più né meno di quante sono;e infinito, perché tra due cose ce ne sarà sempreuna terza e tra questa e le altre due ce nesaranno altre ancora, e così via all'infinito.La difesa di Parmenide: attraverso la dialettica(arte che consiste nell'ammettere in via d'ipotesil'affermazione dell'avversario, per ricavarne con-­‐seguenze che la confutino), rinforza il pensierodi Parmenide. Combattendo contro i suoi avver-­‐sari, i quali affermano che se la realtà fosse una,ci si ritroverebbe in molte condizioni ridicole, Ze-­‐none risponde che se si ammettesse una molte-­‐plice e mutevole realtà, ci si ritroverebbe in con-­‐dizioni pure peggiori. Il fine di Zenone è quello diridurre all'assurdo le dottrine contro Parmenideche ammettono la molteplicità e il mutamento.

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Caro Nicia,ho deciso di appuntare i miei pensieri e le mieconsiderazioni, poiché ho paura di dimenticare, l'età si fasentire. Forse ciò è solo un modo per mascherare il miovero scopo, quello di farmi ricordare, di far arrivare le mietesi ai posteri. Io so chi sei, ma tu non sai chi sono, quindimi presento: sono Zenone, nato ad Elea, nel 489 a.C., figliobiologico di Teleutagora e adottato da Parmenide. A luidevo tutto, è il mio maestro e io, la sua spalla ed oltre adessere un uomo dalla grande mente, è anche un uomo digrande bellezza: proprio lui è il motivo che mi ha spinto adamare la filosofia. Questa mattina ho deciso di andare apasseggiare nel bosco, come di mia consuetudine. Mentreero lì, ed ero assorto nei miei pensieri, sono inciampatosul guscio di una tartaruga e osservandola camminare cosìlentamente, la prima cosa che mi è venuta in mente, percontrapposizione, è stata la velocità del pelide Achille. Hocosì immaginato una competizione tra i due. Ho assegnatoil punto A ad Achille e il punto B alla tartaruga. L'eroegreco decide di concedere all'animale un vantaggio,convinto della sua vittoria. Mentre Achille percorre iltratto A-­‐B, la tartaruga è già giunta al punto C. Di con-­‐seguenza ho immaginato che Achille, rimastoci male, nonabbia esitato a proporre una rivincita. Ma, ancora unavolta, mentre l'eroe percorre il tratto B-­‐C, la tartaruga ègià arrivata al punto D. Da ciò ho dedotto che, essendo lo

Bonus track: ultime lettere di ZenoneI

spazio divisibile in infinite parti, Achille, seppur "piè ve-­‐loce", non potrà mai a raggiungere la bestiola. Dopo averipotizzato le soluzioni, ho deciso di tornare a casa, soloche sono stato invaso da un senso di colpa nel lasciare lì latartaruga da sola, e sono tornato a prenderla per portarlaa casa con me. L'ho chiamata Achille. Siccome il cielo èmolto scuro, deduco che sia ormai molto tardi e domanidovrò svegliarmi all'alba per andare ad Atene ad assisterea delle gare in programma per le feste Panatenee. Sonomolto eccitato che Parmenide, tra tutti i suoi allievi, abbiadeciso di portare proprio me. Ti scriverò appena potrò.

ZenoneCaro Nicia,Il viaggio è stato molto stancante, sono sfinito ma felice.Insomma, come potrei non esserlo? Ho passato un'interagiornata accanto al mio maestro. Ho una cosa da confes-­‐sarti e non nascondo di vergognarmene, ma so che tu seiprivo di pregiudizi. Come ho già accennato, sono giunto adAtene per assistere alle gare delle feste Panatenee, e laprima è stata quella di tiro con l'arco. Prima che iniziasse,ho dato uno sguardo veloce ai partecipanti per farmiun'idea su chi di loro fosse un papabile vincitore e uno diloro ha attirato la mia attenzione. Era bello, così bello cheavrei potuto guardarlo per ore senza stancarmi mai, le suebraccia erano possenti così come le sue spalle larghe. Solola sua postura infondeva timore ai suoi avversari e luistesso non suscitava solo la mia attenzione. Nonostante labellezza di quel giovane ragazzo fosse disarmante alla vista

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mi sono imposto di smettere di guardarlo, poiché ognivolta che il mio sguardo si posava su di lui, mi si formavaun nodo allo stomaco e nella mia mente appariva il voltodel mio amato Parmenide che era proprio di fianco a me.Per Zeus, chissà cosa avrà pensato vedendomi così preso.Il punto fondamentale non è questo, o Nicia, il punto èche sono riuscito a formulare un altro argomento contro ilmovimento. Per distrarmi e non guardare più il giovanearciere, mi sono concentrato sul momento in cui hascagliato la freccia ed ho notato che essa nell'intervallo ditempo, dal lancio all'impatto, non ha cambiato posizione equindi posso affermare che questa fosse ferma. Sperovivamente che Parmenide condivida la mia argomentazio-­‐ne e che non abbia invece notato lo scambio di sguardi trame e il ragazzo. Ti scriverò il prima possibile, o caro amico,mi spiace congedarmi di già ma sono molto stanco.

ZenoneCaro Nicia,è il secondo giorno che sono qui ad Atene, stamattina misono alzato molto presto, avevo voglia di stare da solo ariflettere. Così mentre Parmenide andava in piazza adassistere ad una gara di cantori, io mi sono recato allostadio dove ieri ho assistito alla gara di arcieri. La scalinatadove mi ero seduto il giorno prima era completamentevuota, così come il resto dello stadio ed era estremamen-­‐te rilassante, quasi non sembrava lo stesso luogo di ieri,così pieno di gente che gridava per acclamare gli atleti,mentre oggi tutto taceva. Ho voluto immaginare di essere

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un corridore e di percorrere lo stadio da un estremoall'altro, solo che sembrava che non potessi percorrerloper intero visto che ne avrei dovuto percorre prima lametà e ancora prima la metà della metà e così via. Dinuovo posso affermare l'infinita divisibilità dello spazio el'impossibilità del movimento, poiché uno spazio infinitonon si può di certo percorrere in un tempo finito. Nonpensare che sia rimasto tutta la giornata lì, o Nicia.Quando il sole era ormai sopra di me, sono andato dal miomaestro che mi ha informato dell'andamento della gara eche più tardi ci sarebbe stato un banchetto in onore diDioniso. Ci siamo andati insieme e credimi, o Nicia, il vinoche ho bevuto è stato il migliore di tutta la Grecia. Credodi aver alzato un po' troppo il gomito e che Parmenide neabbia bevuto troppo, infatti abbiamo avuto problemi atornare nei nostri alloggi. Dopo esserci fatti quattro risatee aver parlato a vanvera del più e del meno, siamo andatia dormire e si, proprio poco tempo fa, le sue labbra daquell'afrodisiaco dolce sapore di vino, si sono poggiatesulle mie, dopodiché è tornato nella sua stanza. O Nicia, a-­‐vrei reso quell'attimo infinito se solo avessi potuto. Que-­‐sto bacio sarà il nostro segreto. Il vino ormai ha preso ilsopravvento sul resto del mio corpo, è un miracolo cheriesco a scrivere, buonanotte mio caro amico.

ZenoneCaro Nicia,sto tornando ad Elea, il viaggio dopotutto è stato magni-­‐fico, e ho fatto tante di quelle scoperte che sono rimasto

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impressionato da me stesso; non avrei mai pensato che lamia mente potesse aprirsi a tal punto. Nonostante ciò nonsono completamente felice, il tempo che ho potuto spen-­‐dere da solo con il mio amato Parmenide è scaduto e tut-­‐to ciò mi rende infinitamente triste, vorrei che questo sifermasse o almeno rallentasse un po'. Siamo semplice-­‐mente noi quando stiamo insieme, senza barriere, senzaimbarazzo. Siamo mille emozioni e sento che manca vera-­‐mente poco prima che io ritocchi le sue morbide labbra...ma perché divago? Non posso! Cosa sto dicendo? Il nostroamore, per quanto voluto, è impossibile. È meglio distrarsiprima di impazzire; l'ultimo giorno della mia permanenzain Atene, ho teorizzato un'altra opinione,alla quale ho assegnato il nome di "massedello stadio". Ci sono tre corpi, due sonoin movimento opposto e uno in quiete.Ora, il corpo A parte dalla fine dello sta-­‐dio e il corpo B dalla metà dello stadio.Dopo un giro di campo i due si incro-­‐ciano proprio davanti al corpo C, ilquale è in quiete. Ebbene A, vistoda B, appare due volte più velocedi quanto non appaia a C;ho concluso affermando

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affermando che il movimento sembra essere diverso inbase alla posizione dalla quale lo si osserva. Questo è statoil paradosso più semplice che ho teorizzato da quando so-­‐no partito. Il viaggio non è ancora terminato ma Elea nonè lontana: utilizzerò il tempo rimasto per pensare.

ZenoneCaro Nicia,credo che questa sia l'ultima mia lettera che riceverai: hopreso una decisione difficile, vivere lontano da Parmenide.Qualche giorno fa dopo la lezione quotidiana, Parmenidemi ha chiesto di rimanere un po' in più perché aveva qual-­‐cosa di importante da dirmi. Non ti nascondo che speravodichiarasse di ricambiare i miei sentimenti. La lezione pa-­‐reva avesse il passo lento della tartaruga, ma appena arri-­‐vò il momento fatidico era talmente tanta la paura chesarei scappato veloce come il pelide Achille. Decisi dunquedi correre io da lui, subito, per abbreviare l'attesa e quellostato d'ansia. Sentivo Parmenide molto strano, freddo edistaccato, non aveva affatto l'aria di uno che si stia per di-­‐chiarare, ma ci ho sperato fino all'ultimo. In realtà, diver-­‐samente da ciò che mi aspettavo, l'esito della nostra con-­‐versazione è stato negativo. Mi ha detto che per "noi" nonci sarebbe stato futuro e che tutto ciò che era accaduto adAtene, sarebbe rimasto lì. La delusione era tanta, ma i suoimotivi erano validi, vista la società in cui viviamo. Non miresta che andare via da qui e prendere le distanze da ciòche mi fa stare male. Sto venendo da te, o Nicia.

Zenone

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Caro Parmenide,mi chiamo Nicia; tu non mi conosci ed io non conosco te,strano a dirsi, ma seppur assoluti sconosciuti, una cosa incomune ce l'abbiamo: Zenone, filosofo e amico amatissi-­‐mo. Sai, mi ha parlato tanto di te: fiumi di parole sono sta-­‐te spese per farmi comprendere al meglio le mille sfaccet-­‐tature del meraviglioso e travolgente rapporto che ti haunito al mio amico filosofo. Un po' vi ho capiti e senzaaspettarmelo mi sono ritrovato coinvolto in qualcosa ditroppo grande e allo stesso tempo troppo delicato peressere spiegato a parole: mi sono innamorato di Zenone,mi sono riscoperto con Zenone, ho visto insieme a lui ilmondo che mi circonda perché quell'uomo che entrambiabbiamo amato, è estremamente intelligente, curioso edintuitivo e grazie a lui forse la storia di quella dottrina chenoi chiamiamo filosofia è stata riscritta. Ha lasciato il se-­‐gno e so che il pensiero di condividerlo con qualcun altropuò essere sgradevole ed è per questo che insieme allalettera ti invio una parte di Zenone che forse ancora nonpotrai comprendere a pieno. Queste lettere che ti lasciosono tutto ciò che il nostro amato è e tutto ciò che avreb-­‐be voluto essere e tutto ciò che spera sia questo mondomalato nel quale ha trovato infinita bellezza, spero tupossa apprezzarlo. Ti lascio i miei più sinceri saluti.

Buona vita, tuoNicia

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Anche i filosofi contano storiePiccoli  segreti  di  grandi  pensatori,  tra  gossip,  fumetti  e  storytelling

Non era così divertente, la Filosofia, al tempoin cui a scuola stavo seduto dietro a un bancoe non sulla cattedra come ho la fortuna di fareora; per di più, tra ragazzi che sono avanti anniluce rispetto a quel me svagato degli anniOttanta. Anche fossi stato più sgamato, in ognicaso, alla Filosofia preferivo allora di gran lun-­‐ga la Storia, e all’elucubrazione le vicende dicappa e spada. Il mio modello di Ganzo Greco(citando un titolo di Terry Deary, geniale sto-­‐ryteller inglese che contribuì non poco alla miapassione per la magistra vitae) era Ulisse, adAristotele preferivo Socrates -­‐ numero 8 delBrasile -­‐ e in generale pensavo che Platone esoci fossero tipi barbosi: solo adesso ho sco-­‐perto, grazie ai miei compagni d’avventuradella terza Classico A, come fossero solo bar-­‐buti. Noiosi invece no, neppure per sogno.

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Parmenide era solito dipingere sé stesso comeuna palla (ma era invece alto e snello, un granpezzo d’uomo) e, ben prima di Shakespeare, fului a porsi il problema se essere o non essere.

Zenone di Elea, che di Parmenide era allievoprediletto, figlio adottivo e forse l’amante, fuin fondo il primo cronista sportivo, e passavapiù tempo allo stadio dei ragazzi della curva B.Eraclito era re per nascita, e avrebbe potutovivere alla corte persiana, ma preferì andare aperdersi nei boschi e seguire una dieta da cri-­‐ceto; Socrate diceva che per capirlo a fondooccorreva essere palombari, ma alla fine afondo andò proprio Eraclito, che morì sepoltonel letame. Potremmo andare avanti per pagi-­‐ne e pagine: Locke avrebbe voluto fare il me-­‐dico, e operò alla testa il nonno di Shafte-­‐sbury, scordando di ricucirlo; Marx desideravalavorare nelle ferrovie (ma fu scartato per lagrafia incomprensibile) e Wittgenstein faceva ilgiardiniere in un convento di suore; Nietzschebaciò un cavallo, Kant inseguiva i mendicanti,

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Hegel licenziò il maggiordomo per avergli na-­‐scosto del formaggio; Empedocle fu ingoiatodall’Etna, che però risputò poi fuori i suoi cal-­‐zari, Diogene inventò il mantello a due piazze(e in qualche modo pure la roulotte), Platonecadde in un pozzo -­‐ come Batman da bambino-­‐ e poi fu rapito dai pirati. E questo è ancoraniente: non sapete che combinò Pitagora.Nume tutelare dell’istituto in cui questo libro èvenuto alla luce, Pitagora fu filosofo, matema-­‐tico, sciamano, compositore, astronomo, gua-­‐ritore, profeta e arruffapopoli. Ammansiva lefiere come San Francesco, parlava con i fiumi ele caprette gli facevano ciao; ebbe cosce d’oroe capelli di seta ben prima di Claudia Schiffere, se davvero era figlio del Sole, si può bendire che fosse anche fratello di Apelle, quellodella palla di pollo. Inventò la parola filosofia,il quadrato sull’ipotenusa, una mezza dozzinadi strumenti musicali, i vegani; non lasciò trac-­‐ce certe del suo passaggio, come Kayser Soze,ma si reincarnò più volte, forse anche in qual-­‐cuno che conoscete.

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No, decisamente la Filosofia dei miei tempiera tutt’altra faccenda; e quando poi a questobarnum della ragion pura si aggiunge la piro-­‐tecnica creatività della terza Classico A, di-­‐spiegata qui tra tavole manga e interviste allaDavid Letterman, epistolari degni di De Laclose disegni da fare invidia a Banksy; se mescola-­‐te il tutto con lo spirito irriverente dei sedicianni e un approfondito studio della materia;se per il tempo della lettura accettate di farvisedurre da lato oscuro della Forza, e affidarvial molto ben documentato storytelling dei di-­‐ciassette autentici fuoriclasse con cui in aulaho ha avuto il privilegio di lavorare, il risultatofinale non può che essere, già dal momentostesso del lancio, un classico moderno delPensiero.

Alberto  Isola,  editor  e  copy  Napoli,  maggio  2017

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QUESTO  È UN  LAVORO  PER  NUMBERMAN  

una  produzione  della classe III  A  del  Liceo  Classico  “Pitagora”  in  Pozzuolinell’ambito  dell’Alternanza  Scuola-­‐Lavoro

consulenza  filosofica:  prof.  Antonio  GarganoIstituto  Italiano  per  gli  Studi  Filosofici,  Napoli  

format  originale  progetto:  Marisa  Salimbeneexpertise  in  aula  e  editing:  Alberto  Isola  supervisione  progetto:  prof.sa Livia  Saddi

stampato  in  Napoli  nel  mese  di  Maggio,  MMXVII

Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita

Confucio

..se Confucio ha ragione (e di solito l’aveva) nonnon è mai troppo presto per iniziare a cercare illavoro che ci piacerà e ci accompagnerà, agli dèipiacendo, per gran parte della nostra vita: infondo, l’alternanza Scuola-­‐Lavoro nasce propriocon questo di genere di… filosofia. Quello diraccontare storie è un bel mestiere: parte conOmero e arriva alle moderne professioni diblogger, copy, o web-­‐editor, e ancora migliorediviene quando sa esprimere passione per unamateria, capacità di approfondimento, o veracreatività. È così per i quattro filosofi narrati dairagazzi del Liceo Pitagora di Pozzuoli in questovolumetto con irresistibile vis, ludica e didatticaal tempo stesso. Un esperimento di storytellinginedito che conquisterà molti, come soltanto iveri bestseller (o la vera arte) riescono a fare😎