Quantomeccanica parte 2
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SCF_METODI_SEMIEMPIRICI
Come già detto nell’ambito dell’approccio SCF, i metodi semiempirici si
differenziano dai calcoli detti ab initio in quanto alcuni integrali non vengono calcolati ma sostituiti da valori o espressioni determinati
empiricamente. La conseguenza sarà un calcolo meno pesante, ma anche
risultati in genere meno accurati.
Come esempio si riportano le approssimazioni che si applicano in uno dei
metodi con il maggior numero di approssimazioni, il CNDO (Complete Neglect of Differential Overlap).
Tratta esplicitamente solo gli elettroni di valenza.
La carica del nucleo è sostituita dalla sua carica sottratta degli e- che sono
interni (non di valenza) e quindi non considerati.
Gli orbitali molecolari sono rappresentati come una sommatoria di
funzioni di base, e questo metodo usa un set di base minimale, costituito da orbitali di Slater (STO).
Da ricordare che, poiché si usa una sommatoria di funzioni di base,
ciascun integrale (𝐽𝑖𝑗, 𝐾𝑖𝑗) genera una sommatoria di questi integrali
riguardanti le singole funzioni di base, e le considerazioni che seguono
riguardano questi integrali. Inoltre i coefficienti che compaiono nella
sommatoria delle funzioni di base, vengono calcolati sulla base di 𝜕𝐸
𝜕𝑐𝑟𝑖= 0
(metodo variazionale), e ciò genera integrali del tipo 𝑆𝜇𝜈.
Fa parte dei metodi detti ZDO (Zero Differential Overlap) per cui quando ci troviamo a calcolare il prodotto di due combinazioni lineari, e in queste
troviamo il prodotto di 2 termini riguardanti lo stesso e-
posizionato su
nuclei diversi, tale prodotto è nullo. Questa approssimazione viene poi compensata dall’introduzione di
parametri empirici (da cui la classificazione dei metodi) con modalità
differenti, che differenziano i vari metodi. La conseguenza sul calcolo degli integrali è:
𝑆𝜇𝜈 = ⟨𝜇𝐴|𝜈𝐵⟩ = 𝛿𝜇𝜈𝛿𝐴𝐵
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(con A e B si individuano i nuclei, con 𝜇 e 𝜈 le basi (se si utilizzano gli
orbitali atomici, 𝜇𝐴 è un orbitale dell’atomo A che fa parte della base; 𝛿𝜇𝜈
è il delta di Kronecker, che è = 1 se 𝜇 = 𝜈 altrimenti è = 0 (e
analogamente per 𝛿𝐴𝐵)). Questo integrale è =1 (le basi sono normalizzate)
solo nel caso 𝜇 = 𝜈 e A = B; negli altri casi è = 0. Per gli integrali che coinvolgono 2 e
- :
⟨𝜇𝐴𝜈𝐵|1
𝑟12|𝜆𝐶𝜎𝐷⟩ = 𝛿𝐴𝐶𝛿𝐵𝐷𝛿𝜇𝜆𝛿𝜈𝜎 ⟨𝜇𝐴𝜈𝐵|
1
𝑟12|𝜇𝐴𝜈𝐵⟩
Sopravvivono solo gli integrali:
⟨𝜇𝐴𝜈𝐴|1
𝑟12|𝜇𝐴𝜈𝐴⟩ = 𝛾𝐴𝐴
e
⟨𝜇𝐴𝜈𝐵|1
𝑟12|𝜇𝐴𝜈𝐵⟩ = 𝛾𝐴𝐵
dove 𝛾𝐴𝐴 e 𝛾𝐴𝐵 sono dei parametri a cui viene assegnato empiricamente un valore.
Nel metodo quindi vengono eliminati dal calcolo molti integrali, che lo
rendono computazionalmente veloce.
Opzioni del programma di calcolo:
dipendono dal metodo scelto; rispetto alla scelta ab initio le Options… sono sostanzialmente le stesse, mancano invece le Advanced Options…
in quanto la scelta del set di base è implicito nel metodo, e a causa della
semplificazione nel calcolo degli integrali non servono informazioni sulle modalità del loro calcolo.
È presente un’ulteriore opzione:
-State: Lowest: indica che il calcolo va fatto per il sistema nel suo stato elettronico più stabile, Next lowest: con un e
- nel primo livello eccitato
(con la molteplicità di spin che abbiamo selezionato).
Si ha anche per alcuni metodi (ZINDO e non per il CNDO) l’opzione: -Overlap weighting factors: sono fattori che modificano i pesi relativi degli
integrali del tipo ⟨𝜇𝐴|𝜈𝐵⟩ per i legami e; una coppia di valori si
imposta se si vuole ottimizzare la geometria della struttura, un’altra coppia di valori per ottenere valori energetici e quindi spettri UV
attendibili.
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Scelta del metodo:
Poiché ci sono più metodi disponibili, nella scelta dovrò tener conto delle
diverse capacità di previsione di essi, alla luce del problema che voglio trattare e delle grandezze fisiche che voglio ottenere.
-CNDO: esegue meno calcoli degli altri metodi e ha bisogno di meno memoria per memorizzare i risultati intermedi dei calcoli, per cui può
essere applicato a sistemi grandi. Non può però affrontare problemi in cui sia critico lo spin, in quanto trascura gli integrali di scambio.
-INDO: dal punto di vista computazionale un po’ più pesante di CNDO,
ma migliore degli altri metodi. Non trascura gli integrali di scambio e quindi può eseguire una trattazione UHF di sistemi open shell.
-MINDO/3: fornisce geometrie e calori di formazione più accurati di
CNDO e INDO. Funziona particolarmente bene per carbocationi, per i quali fornisce migliori risultati di MNDO e AM1, che invece
funzionano meglio per gli altri composti.
-MNDO: è stato introdotto come miglioramento di MINDO/3, e usato per il calcolo di calori di formazione, geometria, momenti di dipolo,
energie di ionizzazione, affinità elettroniche. Presenta problemi con
molecole che presentano urti sterici, e nel trattare il legame idrogeno. È stato generalmente superato dall’AM1.
-MNDO/d: è un miglioramento di MNDO, che include l’uso di orbitali d.
-AM1: è uno dei metodi semiempirici più accurati, con il quale si affrontano molti problemi. Tratta appropriatamente i legami H, predice
con buona accuratezza le barriere di attivazione delle reazioni
chimiche, e i calori di formazione con un errore nettamente minore dell’MNDO. Presenta problemi nel trattare legami P-O e nitrocomposti.
-PM3: come AM1, ma con parametri cambiati; usato principalmente per
molecole organiche; può studiare anche complessi con metalli di transizione.
-ZINDO/1: è stato generato per ottenere strutture ed energie di molecole in
cui sono presenti metalli della prima e seconda riga di transizione. -ZINDO/S: i parametri sono stati aggiustati in modo da ottenere le
transizioni spettroscopiche. Non funziona bene nell’ottimizzazione
geometrica, quindi è necessario lavorare su struttura ottenuta tramite uno degli altri metodi.
-TNDO: è essenzialmente un metodo sperimentale, al quale occorre fornire
un buon set dei parametri per la proprietà che si vuole calcolare, ed un
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appropriato set di funzioni atomiche. Se sono forniti solo parametri
CNDO o INDO, funziona come questi ultimi.
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CORRELAZIONE ELETTRONICA
Nei metodi SCF un e- risente della densità media degli altri. In realtà c’è da
tener conto di una repulsione istantanea, per cui la probabilità ad un
dato istante che 2 e- si trovino vicini è bassa. Questo fenomeno è detto
electron correlation. Esistono vari modi per effettuare una correzione che tenga conto di questo fenomeno, e la correzione diminuisce le
interazioni interelettroniche e quindi porta ad energie più basse. L’energia di correlazione viene definita come la differenza tra l’energia
ottenuta con una trattazione HF e la più bassa energia ottenibile con un
dato set di funzioni di base, effettuando la correzione. La trattazione HF è in grado di prevedere il 99% dell’energia, ma il restante 1% è
spesso importante per i fenomeni chimici.
I metodi utilizzati per tener conto di questo effetto vengono anche detti metodi post-HF.
Accenniamo a 2 di essi: Configuration Interaction (CI) e perturbazione del
secondo ordine di Møller-Plesset (MP2).
La Configuration Interaction (CI) consiste nel rappresentare la funzione di
stato del sistema tramite non un solo determinante di Slater, come abbiamo visto nel metodo HF, ma con uno sviluppo lineare di
determinanti delle configurazioni elettroniche eccitate. I coefficienti di
questo sviluppo lineare vanno determinati tramite minimizzazione variazionale, soggetta però ai constrains di normalizzazione, usando
quindi i moltiplicatori di Lagrange.
Il sistema deve quindi essere risolto in primo luogo per lo stato fondamentale e per un certo numero di stati eccitati. Con questi
determinanti si effettua lo sviluppo lineare che permetterà la correzione
per la correlazione elettronica. Si definisce come energia di correlazione elettronica la differenza tra il
limite di HF e l’energia che si calcola utilizzando un set di funzioni di
base infinito e un insieme infinito di determinanti di Slater delle configurazioni elettroniche eccitate. Ovviamente ciò non è possibile;
anche usando un numero limitato di determinanti, il tempo calcolo e la
memoria necessaria crescono rapidamente. Si tratta quindi di scegliere un n° di determinanti tali da migliorare significativamente i risultati in
tempi accettabili.
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MP2 correlation: la correzione dovuta all’electron correlation viene
effettuata tramite la teoria della perturbazione del secondo ordine di
Møller-Plesset (MP2). L’Hamiltoniano HF è quello imperturbato, e viene modificato con una perturbazione che permette di includere la
correlazione elettronica.
𝐻 rigoroso differisce da quello HF (𝐻0) per il termine 𝐻′ che può essere visto come termine perturbativo. Quindi applicando la teoria della perturbazione indipendente dal tempo si può scrivere:
𝐻 = 𝐻0 + 𝜆𝐻′ da cui risulta che sia 𝜓𝑛 che 𝐸𝑛 dipendono da 𝜆: 𝜓𝑛 = 𝜓𝑛(𝜆, 𝑞),
𝐸𝑛 = 𝐸𝑛(𝜆). Espandiamo queste funzioni in serie di Taylor:
𝜓𝑛 = (𝜓𝑛)𝜆=0 + (𝜕𝜓𝑛
𝜕𝜆)
𝜆=0𝜆 +
1
2!(
𝜕2𝜓𝑛
𝜕𝜆2 )𝜆=0
𝜆2 + ⋯
𝐸𝑛 = (𝐸𝑛)𝜆=0 + (𝜕𝐸𝑛
𝜕𝜆)
𝜆=0𝜆 +
1
2!(
𝜕2𝐸𝑛
𝜕𝜆2 )𝜆=0
𝜆2 + ⋯
ma (𝜓𝑛)𝜆=0 = 𝜓𝑛(0)
, (𝐸𝑛)𝜆=0 = 𝐸𝑛(0)
(si vede per 𝜆 → 0 ), e
introducendo il simbolismo:
𝜓𝑛(𝑘)
=1
𝑘!(
𝜕𝑘𝜓𝑛
𝜕𝜆𝑘 )𝜆=0
𝐸𝑛(𝑘)
=1
𝑘!(
𝜕𝑘𝐸𝑛
𝜕𝜆𝑘 )𝜆=0
si ottengono le equazioni:
𝜓𝑛 = 𝜓𝑛(0)
+ 𝜆𝜓𝑛(1)
+ 𝜆2𝜓𝑛(2)
+ ⋯ + 𝜆𝑘𝜓𝑛(𝑘)
+ ⋯
𝐸𝑛 = 𝐸𝑛(0)
+ 𝜆𝐸𝑛(1)
+ 𝜆2𝐸𝑛(2)
+ ⋯ + 𝜆𝑘𝐸𝑛(𝑘)
+ ⋯
Si può dimostrare che la perturbazione deve essere almeno del secondo
ordine. La perturbazione del terzo ordine porta ad un miglioramento della correzione molto limitato. Quella del quarto ordine richiede un
notevole incremento di tempo calcolo e raramente viene effettuata.
Anche in questo caso la correlazione elettronica non viene calcolata in modo esatto sia per il troncamento della perturbazione, sia per la
finitezza del set di funzioni di base.
Il calcolo MP2 è più veloce del calcolo CI.
Opzioni del programma di calcolo:
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(CI può essere utilizzato per i metodi semiempirici sia per singolo
punto che per ottimizzazione con direzioni coniugate; per il calcolo ab
initio solo per lo stato fondamentale closed shell) Scegliendo single point CI… invece che semplicemente single point, si
accede ad un menu per la Configuration Interaction. Con questa
correzione si migliora la qualità delle funzioni di stato e delle energie. Nel menù si hanno varie scelte:
Primo riquadro: None: nessun elettrone eccitato, equivale a non fare la CI, e il secondo
riquadro non si attiva;
Singly Excited: si considerano configurazioni con un singolo e-
eccitato;
Microstate: si includono anche gli stati con eccitazioni multiple;
Secondo riquadro: Orbital Criterion: specifica il gruppo di orbitali da cui partono e quello
in cui arrivano gli e- che vengono eccitati per generare l’insieme di
configurazioni interagenti. Occupied: numero di orbitali (di partenza) occupati a partire da
quello HOMO da cui gli e- sono eccitati.
Unoccupied: numero di orbitali (di arrivo) a partire da quello LUMO ai quali gli e
- sono eccitati.
Energy Criterion: in alternative all’Orbital Criterion, questo valore
indica l’energia max per generare un insieme di configurazioni interagenti. Questa opzione è attiva solo per la scelta Singly Excited.
Maximum Excitation Energy: è la differenza max (eV) tra orbitali
non occupati e occupati, che vanno inclusi nell’insieme di configurazioni interagenti. È da tener presente che maggiore è questa
energia, maggiore il n° di configurazioni incluse nel calcolo; d’altro
canto configurazioni con energia di eccitazione elevata contribuiscono poco alla correzione. Quindi conviene non utilizzare
un valore eccessivo.
Descrizione dei risultati del calcolo:
Rispetto al calcolo senza CI:
-l’energia degli stati eccitati viene migliorata (con l’opzione Microstate viene migliorata anche l’energia dei livelli fondamentali)
-calcolo degli spettri elettronici (UV, visibile)
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-non sono disponibili i gradienti, per cui non possono essere fatte le
ottimizzazioni tranne quella a direzioni coniugate e non può essere
effettuata la dinamica molecolare
(il calcolo MP2 è disponibile solo per calcoli ab initio sia per singolo
punto che per minimizzazione con direzioni coniugate)
Options… : accanto a quelle già viste, abbiamo anche la possibilità: MP2 correlation included: la correzione dovuta all’electron
correlation viene effettuata nei metodi ab initio tramite la teoria della perturbazione del secondo ordine di Møller-Plesset (MP2). Questa
opzione è disponibile solo per il calcolo Single Point e per
ottimizzazione tramite direzioni coniugate. Richiede un maggior tempo calcolo e una maggior utilizzazione di memoria per
l’appoggio di dati intermedi.
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TEORIA DEI GRUPPI
(prima parte)
Le proprietà di simmetria delle molecole sono anche proprietà della funzione
Hamiltoniana del sistema, e quindi si riflettono sulla funzione di stato che è soluzione
del sistema.
La teoria dei gruppi di per sé non è, almeno dal punto di vista teorico, indispensabile
alla quantomeccanica; costituisce tuttavia un mezzo potente (una scorciatoia) per
predire conseguenze della simmetria senza effettuare realmente calcoli di integrali.
Permette una classificazione per simmetria dei sistemi e permette di dire se le
transizioni sono proibite.
Per illustrare cosa si intende per simmetria del sistema, vediamo la molecola di
formaldeide:
Una volta trovata la funzione di stato che rappresenta il sistema degli e
- della
molecola (con i nuclei fissi), |Ψ|2 avrà un valore ben preciso nella posizione 1. Data
la simmetria della molecola ci si aspetta di trovare lo stesso valore nei punti 2,3,4 che
sono equivalenti a 1. È quindi chiaro che deve essere (1) = ± (2) etc., ovvero la
deve essere simmetrica (caso +) o antisimmetrica (caso -) nello scambio dei punti
1 e 2.
Queste considerazioni svolte su punti particolari hanno una validità più generale,
espressa da quelle operazioni di simmetria che lasciano la molecola invariata (ovvero
scambiano punti dello spazio che sono equivalenti). (Qualsiasi molecola ha almeno
l’identità, ovvero l’operazione di simmetria che non effettua alcuno spostamento
nella molecola.) Nel caso della formaldeide tali operazioni di simmetria sono:
rotazione di 180° attorno all’asse z (C2)
riflessione rispetto al piano xz (v)
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riflessione rispetto al piano yz (v’)
Lo strumento matematico più efficace nell’affrontare queste questioni di simmetria è
la teoria dei gruppi.
Le operazioni di simmetria che consideriamo sono quelle dette puntuali, perché gli
operatori di simmetria coinvolti si incontrano in un punto che lasciano invariato dopo
l’applicazione dell’operazione di simmetria; si distinguono quindi dagli operatori di
simmetria spaziali che coinvolgono anche la traslazione e sono utili nella descrizione
ad es. dei cristalli.
Le operazioni di simmetria puntuale si prestano ad essere considerate elementi di un
gruppo.
Le operazioni di simmetria si svolgono rispetto ad un ente geometrico (ad es. asse,
piano) che viene detto elemento di simmetria; i 2 concetti sono quindi strettamente
legati.
Definizione di gruppo: collezione di n oggetti (dove n è detto ordine del gruppo, e
può essere infinito) che rispondono alle seguenti regole:
1) è definita un’operazione ◦ genericamente detta prodotto tra elementi del gruppo,
tale che 𝑅𝑖 ∘ 𝑅𝑗 = 𝑅𝑘 per qualsiasi i,j,k. Questo significa che il risultato del prodotto
di due elementi del gruppo (anche coincidenti) è ancora un elemento del gruppo;
questa condizione è detta di chiusura.
2) il prodotto gode della proprietà associativa, ovvero: 𝑅𝑖 ∘ (𝑅𝑗 ∘ 𝑅𝑘) =
(𝑅𝑖 ∘ 𝑅𝑗) ∘ 𝑅𝑘. Notare che quando si scrive 𝑅𝑖 ∘ 𝑅𝑗 ∘ 𝑅𝑘Ψ si intende che si opera
prima con Rk sulla funzione sul risultato così ottenuto si opera con Rj ed infine su
quest’ultimo risultato si opera con Ri. Si procede quindi da destra a sinistra.
3) esiste un elemento del gruppo detto identità e indicato con I (o con E), tale che
𝑅𝑖 ∘ 𝐼 = 𝐼 ∘ 𝑅𝑖 = 𝑅𝑖 per qualsiasi i.
4) per ogni elemento Ri del gruppo esiste un elemento inverso Ri-1
tale che:𝑅𝑖 ∘
𝑅𝑖−1 = 𝑅𝑖
−1 ∘ 𝑅𝑖 = 𝐼.
Una proprietà dei gruppi dimostrabile è: (𝐴 ∘ 𝐵 ∘ … .∘ 𝑋)−1 = 𝑋−1 ∘…...∘ 𝐵−1 ∘ 𝐴−1.
Esiste un’altra condizione che viene rispettata solo da alcuni gruppi detti abeliani o
commutativi: 𝑅𝑖 ∘ 𝑅𝑗 = 𝑅𝑗 ∘ 𝑅𝑖 per qualsiasi i,j.
Tranne casi particolari i gruppi puntuali non sono abeliani.
Suddivisione del gruppo in classi:
la trasformazione di similarità è definita da:
𝑋−1𝐴𝑋 = 𝐵
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A e B sono detti coniugati. Per essi si avrà anche: 𝑋−1𝐴𝑋 = 𝐵 → 𝑋𝑋−1𝐴𝑋 = 𝑋𝐵 →
𝐴𝑋𝑋−1 = 𝑋𝐵𝑋−1 → 𝐴 = 𝑋𝐵𝑋−1. Un insieme contenente tutti gli elementi
coniugati tra loro è detto classe.
Si può dimostrare che l’ordine della classe è un sottomultiplo dell’ordine del gruppo.
Come si applica il concetto di classe nei gruppi di simmetria puntuale: se
un’operazione è equivalente ad un’altra in un sistema di riferimento diverso, che è
accessibile tramite un’operazione del gruppo, le due operazioni appartengono alla
stessa classe (e sono dello stesso tipo).
In un gruppo abeliano ogni elemento fa classe a se; infatti, tenendo conto che un
gruppo abeliano gode della proprietà commutativa, si può scrivere:
𝑋−1𝐴𝑋 = 𝐴𝑋𝑋−1 = 𝐴
Si riportano di seguito le possibili operazioni di simmetria puntuale che possono far
parte di un gruppo di simmetria puntuale.
I identità
Cn rotazione di 2/n attorno ad un asse (che è l’elemento di simmetria) ; l’asse con
l’ordine più alto (con n maggiore) è detto asse principale; eventuali assi binari
⊥ ad esso si indicano con C2’ .
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riflessione rispetto ad un piano di simmetria (mirror plane; è l’elemento di
simmetria). Si distinguono i seguenti piani: 𝜎ℎ ⊥ 𝐶𝑛 (piano orizzontale), v
contiene Cn (piano verticale), d (piano diedrico) contiene Cn e la bisettrice di 2
C2’ .
Sn rotazione di 2/n seguita da riflessione su un piano ⊥ all’asse (rotazione
impropria o rotoriflessione) (ad es. il metano ha un S4 ).
i centro di inversione
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Per qualsiasi molecola si può parlare di gruppo puntuale di simmetria, perché ogni
molecola contiene almeno l’elemento E. (Si ribadisce che l’operazione identità può
essere indicata sia con E che con I )
Il sistema di coordinate:
l’origine è nel baricentro della molecola;
l’asse z coincide con quello principale (a max simmetria);
in caso di più assi equivalenti si sceglie quello che passa per il n. max di atomi;
in caso di ulteriore indeterminazione si sceglie quello che passa per il n. max di
legami;
in molecole planari l’asse x è ⊥ al piano della molecola, a meno che l’asse z già
occupi questa posizione.
Nell’esempio riportato della formaldeide, gli elementi che possiede sono C2 , v , v’ ,
I. (notare che l’apice viene messo a v’ soltanto per distinguerlo da v). Questo
gruppo è detto C2v. Esistono regole ben precise per l’attribuzione dei nomi dei gruppi:
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La molecola di H2O appartiene al gruppo C2v come l’acetone:
Si può costruire la tavola di moltiplicazione di questo gruppo:
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L’operazione di simmetria indice di colonna è la prima applicata all’oggetto (la prima
da destra nella notazione del prodotto); l’operazione di simmetria indice di riga è la
seconda applicata all’oggetto. L’ordine di questo gruppo è 4. Questo particolare
gruppo è abeliano. I gruppi abeliani si presentano con una tavola di moltiplicazione
simmetrica rispetto alla diagonale (perché AB = BA). 𝐶2̅ (rotazione nel verso
opposto) è equivalente a 𝐶2 e perciò non indicato.
Si vuole ora passare da una rappresentazione geometrica delle operazioni di
simmetria e dei gruppi di simmetria ad una rappresentazione matematica. Si vogliono
cioè cercare elementi di altra natura (matrici oppure operatori) che costituiscano
gruppo ed abbiano la stessa tabella di moltiplicazione delle operazioni di simmetria
applicate ad oggetti geometrici (le molecole nel nostro caso).
Connessi con questi elementi di altra natura, sono gli oggetti a cui essi si applicano,
che sono detti le basi del gruppo.
Per fare degli esempi, le operazioni di simmetria si applicano ad una struttura
geometrica, gli operatori a funzioni, le matrici a vettori. Gli operatori o le matrici
sono gli elementi del gruppo, le funzioni o i vettori sono le rispettive basi del gruppo.
Le matrici sono uno strumento matematico particolarmente adatto per rappresentare
le operazioni di simmetria, poiché in generale non godono della proprietà
commutativa, inoltre possono essere facilmente costruite per effettuare su dei vettori
operazioni analoghe a quelle di simmetria (rotazioni, riflessioni, etc.). In questo caso
dunque l’applicazione di un elemento di simmetria può presentarsi in questo modo:
(𝑎 𝑏𝑐 𝑑
) (𝑓1
𝑓2) = (
𝑓1′
𝑓2′)
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dove la matrice (𝑎 𝑏𝑐 𝑑
) (descrive l’operazione di simmetria) è l’elemento del gruppo
di simmetria, e il vettore (𝑓1
𝑓2) è una base su cui si esso si applica.
Altro esempio: 1,2 dicloro 1,2 difluoro etano (CHFCl-CHFCl ) in conformazione
sfalsata:
Il gruppo cui appartiene è Ci, ed ha solo I ed i come elementi di simmetria. La tavola
di moltiplicazione è data da:
Utilizziamo ora come basi del gruppo le funzioni: 𝑢1 = 𝑢(𝑥, 𝑦, 𝑧) e 𝑢2 =
𝑢(−𝑥, −𝑦, −𝑧) e come elementi del gruppo gli operatori ε e . Il primo (ε) mantiene
invariata la funzione, il secondo ( ) cambia i segni di x,y,z.
Notare: 𝑢1= 𝑢(𝑥, 𝑦, 𝑧)=𝑢(−𝑥, −𝑦, −𝑧)=𝑢2, ovvero applicando su u1 si ottiene u2.
In tal caso si può scrivere la tabella di moltiplicazione:
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uguale alla tavola di moltiplicazione del gruppo.
È stata quindi realizzata una mappatura isomorfa, ovvero abbiamo messo in
corrispondenza 2 gruppi diversi (negli elementi e nelle basi) con lo stesso ordine,
trovando una corrispondenza tra gli elementi tale che se 𝑅𝑖 ∘ 𝑅𝑗 = 𝑅𝑘 si ha anche:
𝑅𝑖′ ∘ 𝑅𝑗′ = 𝑅𝑘′ .
Si può usare una rappresentazione bidimensionale, con una base costituita dal vettore
|𝑢1
𝑢2| e con gli elementi del gruppo costituiti da matrici bidimensionali:
𝐼 ≡ |1 00 1
| 𝑖 ≡ |0 11 0
|
Applicando gli elementi alla base si ha:
|1 00 1
| |𝑢1
𝑢2| =|
𝑢1
𝑢2| |
0 11 0
| |𝑢1
𝑢2| =|
𝑢2
𝑢1|
Anche queste matrici rispettano la tavola di moltiplicazione.
Questo risultato può essere rappresentato nel seguente modo, indicando con Γ la
rappresentazione degli elementi del gruppo:
Il n. di rappresentazioni che si possono trovare è infinito, variando a piacere basi ed
elementi.
Esistono rappresentazioni particolarmente semplici: sempre per il gruppo Ci
consideriamo le basi 𝜉1 = 𝑢1 + 𝑢2 e 𝜉2 = 𝑢1 − 𝑢2 e gli operatori identità (I) e
inversione (i) (che scambia la funzione 𝑢1 con 𝑢2 e viceversa). Utilizzando la base 𝜉1
si ha:
𝐼 ∘ 𝜉1 = 𝜉1 𝑖 ∘ 𝜉1 = 𝑖 ∘ (𝑢1 + 𝑢2) = (𝑢2 + 𝑢1) = 𝜉1
Utilizzando la base 𝜉2 si ha:
𝐼 ∘ 𝜉2 = 𝜉2 𝑖 ∘ 𝜉2 = 𝑖 ∘ (𝑢1 − 𝑢2) = (𝑢2 − 𝑢1) = −𝜉2
(è sempre rispettata la tavola di moltiplicazione, infatti in entrambi i casi 𝑖 ∘ 𝑖 = 𝐼)
Utilizzando queste basi, gli elementi del gruppo possono essere rappresentati da
matrici unidimensionali:
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base 𝜉1 I i
[1] [1]
base 𝜉2 I i
[1] [−1]
Queste 2 rappresentazioni (monodimensionali) sono dette irriducibili, in quanto la
loro dimensionalità non può essere ulteriormente ridotta.
Questo risultato può essere rappresentato complessivamente così:
Dove Γ1 indica la rappresentazione nella base 𝜉1 , Γ2 indica la rappresentazione nella
base 𝜉2 .
Come si trovano le rappresentazioni irriducibili:
si prende una rappresentazione riducibile in forma matriciale (ogni elemento del
gruppo sarà rappresentato da matrici della stessa dimensione); se vi è la possibilità di
ottenere la stessa diagonalizzazione a blocchi per tutte le matrici tramite una
trasformazione di similarità ottenuta applicando una stessa matrice X, ogni
sottomatrice è una nuova rappresentazione del gruppo.
Infatti la tavola di moltiplicazione verrà rispettata da ogni blocco, in quanto nel
prodotto delle matrici diagonalizzate gli elementi fuori diagonale sono nulli e il
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blocco risultante (ad es. C1’) è il risultato del prodotto dei blocchi corrispondenti
(nell’esempio A1’ e B1’) per le regole di moltiplicazione delle matrici:
Il procedimento di diagonalizzazione si arresta quando si arriva alle rappresentazioni
irriducibili. Quindi esistono infinite rappresentazioni riducibili, ma tutte possono
essere ridotte a rappresentazioni irriducibili.
Nota importante: le rappresentazioni irriducibili non sono necessariamente
monodimensionali (può essere necessaria una base a due o più dimensioni), e non
sono necessariamente delle stesse dimensioni.
La teoria dei gruppi fornisce informazioni utili sulle rappresentazioni irriducibili:
- il loro numero è pari al numero di classi del gruppo
- la somma dei quadrati delle dimensioni delle rappresentazioni irriducibili di un
gruppo è = all’ordine del gruppo, cioè al n. di elementi del gruppo.
Si passa ora a parlare dei caratteri delle rappresentazioni irriducibili.
Le rappresentazioni irriducibili non sono ancora una rappresentazione univoca del
gruppo, in quanto cambiando basi si possono ottenere diverse rappresentazioni
irriducibili.
Una grandezza indipendente dalla base scelta è la traccia (che è la sommatoria degli
elementi diagonali) della rappresentazione matriciale; infatti la traccia (come
abbiamo già detto) rimane inalterata in ogni trasformazione di similarità.
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Vediamo un esempio; in generale nel prodotto delle matrici si ha: AB≠BA; in un caso
bidimensionale:
(𝑎11 𝑎12
𝑎21 𝑎22) (
𝑏11 𝑏12
𝑏21 𝑏22) = (
𝑎11𝑏11 + 𝑎12𝑏21 𝑎11𝑏12 + 𝑎12𝑏22
𝑎21𝑏11 + 𝑎22𝑏21 𝑎21𝑏12 + 𝑎22𝑏22)
(𝑏11 𝑏12
𝑏21 𝑏22) (
𝑎11 𝑎12
𝑎21 𝑎22) = (
𝑏11𝑎11 + 𝑏12𝑎21 𝑏11𝑎12 + 𝑏12𝑎22
𝑏21𝑎11 + 𝑏22𝑎21 𝑏21𝑎12 + 𝑏22𝑎22)
la traccia nel primo caso è pari a 𝑎11𝑏11 + 𝑎12𝑏21 + 𝑎21𝑏12 + 𝑎22𝑏22
nel secondo: 𝑏11𝑎11 + 𝑏12𝑎21 + 𝑏21𝑎12 + 𝑏22𝑎22
Si può quindi dire: tr (AB) = tr (BA) e da questo si può dedurre che la traccia rimane
invariata in un’ operazione di similarità 𝑇−1𝐴𝑇 = 𝐵, ovvero possiamo dimostrare che
𝑇𝑟𝐵 = 𝑇𝑟𝑇−1𝐴𝑇 = 𝑇𝑟𝐴; infatti se chiamiamo 𝐴𝑇 = 𝐶 abbiamo:
𝑇𝑟𝑇−1𝐴𝑇 = 𝑇𝑟𝑇−1𝐶 = 𝑇𝑟𝐶𝑇−1 = 𝑇𝑟𝐴𝑇𝑇−1 = 𝑇𝑟𝐴
Poiché elementi della stessa classe sono per definizione riportati da una
trasformazione di similarità, hanno la stessa traccia.
Nella teoria dei gruppi la traccia è chiamata carattere della matrice e indicata con .
In generale si indica con
(R) il carattere dell’operatore R nella rappresentazione
irriducibile .
Cambiando le basi di una rappresentazione irriducibile, le matrici che rappresentano
le operazioni di simmetria cambiano, mentre si può dimostrare che i caratteri
rimangono invariati (il cambio di base equivale ad una trasformazione di similarità su
tutte le matrici). A questo punto il gruppo può essere rappresentato univocamente
riportando la TAVOLA DEI CARATTERI.
Ad es. :
Nella tavola dei caratteri si riportano le operazioni di simmetria e sotto di esse i
caratteri per un set completo di rappresentazioni irriducibili.
La completezza del set di rappresentazioni irriducibili riportato è garantito dalla
proprietà che: il numero di rappresentazioni irriducibili è pari al n. di classi del
gruppo.
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I caratteri delle rappresentazioni irriducibili rispondono a queste proprietà:
1) ∑ [𝜒(𝜇)(𝑅)]2
= ℎ𝑅
per ogni rappresentazione irriducibile , la sommatoria dei quadrati dei
caratteri estesa a tutte le operazioni di simmetria del gruppo, è pari ad h, ordine
del gruppo (ovvero n. di elementi del gruppo).
2) Caratteri di matrici associate ad operazioni della stessa classe e della stessa
rappresentazione sono uguali, e viceversa se i caratteri (su tutte le
rappresentazioni irriducibili) sono uguali, le operazioni appartengono alla
stessa classe.
Significato geometrico dell’appartenenza alla stessa classe: operatori che
appartengono alla stessa classe sono correlati da trasformazioni di similarità e per
questo sono detti equivalenti o similari. Ciò significa che quando si cambia sistema di
riferimento gli operatori si scambiano tra loro (in questo sono equivalenti).
22
TEORIA DEI GRUPPI
(seconda parte)
Viene riportato l’esempio dell’ammoniaca:
I 3 vsono della stessa classe; C3 ruota di 2/3=120°, ma esiste il suo inverso C3
2 che
ruota di 2*2/3=240°=-120°, ed anch’essi sono della stessa classe (i C3 possono
anche essere indicati come C3+ e C3
-).
Il gruppo 𝐶3𝑣 non è abeliano. L’ordine di questo gruppo è 6.
Poiché i caratteri delle operazioni di simmetria della stessa classe sono gli stessi,
nella tavola dei caratteri si riporta un solo elemento, moltiplicato per il numero di
elementi della stessa classe:
23
Nel caso di questo gruppo C3v le matrici bidimensionali della rappresentazione
irriducibile E sono:
𝐼
(1 00 1
)
𝐶3
(− 1 2⁄ √3 2⁄
−√3 2⁄ − 1 2⁄)
�̅�3
(− 1 2⁄ − √3 2⁄
√3 2⁄ − 1 2⁄)
𝜎𝑎
(−1 00 1
)
𝜎𝑏
(1 2⁄ − √3 2⁄
−√3 2⁄ − 1 2⁄)
𝜎𝑐
(1 2⁄ √3 2⁄
√3 2⁄ − 1 2⁄)
esse opereranno su una base costituita da un vettore funzione 𝑓 = (𝑓1
𝑓2) :
𝐼𝑓 = 𝑓′ → (1 00 1
) (𝑓1
𝑓2) = (
𝑓1
𝑓2)
(l’identità lascia inalterata la base).
𝐶3𝑓 = 𝑓′ → (− 1 2⁄ √3 2⁄
−√3 2⁄ − 1 2⁄) (
𝑓1
𝑓2) = (
𝑓1′
𝑓2′)
la matrice (− 1 2⁄ √3 2⁄
−√3 2⁄ − 1 2⁄) è la matrice di rotazione (
cos 120° sin 120°− sin 120° cos 120°
) ed il
vettore 𝑓′ ottenuto è stato ruotato di 120°.
𝜎𝑎𝑓 = 𝑓′ → (−1 00 1
) (𝑥𝑦) = (
−𝑥𝑦 )
nel caso in cui 𝜎𝑎 contenga l’asse y e si utilizzi la base (𝑥𝑦).
Le rappresentazioni irriducibili vengono indicate con simboli:
A o B se monodimensionali
E se bidimensionali
T (o F) se tridimensionali
G se tetradimensionali
etc.
A si utilizza se l’asse principale Cn della rappresentazione ha carattere 1, B se ha
carattere -1.
Le rappresentazioni irriducibili vengono ulteriormente distinte con indici. Le regole
per le rappresentazioni A e B sono:
Significato dei simboli a pedice:
24
1 rappresentazione irriducibile simmetrica rispetto ad un asse C2 (se esiste)
perpendicolare a Cn oppure, in mancanza di C2, rispetto all’operazione v.
2 rappresentazione irriducibile antisimmetrica (con carattere negativo) rispetto
ad un asse C2 (se esiste) perpendicolare a Cn oppure, in mancanza di C2,
rispetto all’operazione v.
g (gerade, in tedesco pari) rappresentazione irriducibile simmetrica rispetto
all’operazione i.
u (ungerade, in tedesco dispari) rappresentazione irriducibile antisimmetrica
rispetto all’operazione i.
Apici:
‘ rappresentazione irriducibile simmetrica rispetto all’operazione h.
“ rappresentazione irriducibile antisimmetrica rispetto all’operazione h.
Con queste combinazioni si riescono ad avere simboli diversi per ogni
rappresentazione irriducibile all’interno di un gruppo.
In ogni gruppo esiste sempre una rappresentazione irriducibile TOTAL
SIMMETRICA, ovvero monodimensionale con carattere +1 per tutti gli elementi di
simmetria. Sotto l’azione di questa rappresentazione la base rimane invariata.
La lista completa dei caratteri di tutte le possibili rappresentazioni irriducibili del
gruppo è detta TABELLA DEI CARATTERI.
Il n° di rappresentazioni irriducibili è pari al n° di classi. Nel caso del gruppo C3v il
n° delle classi è 3.
Nella parte di dx delle tavole si riportano funzioni che sono basi della
rappresentazione irriducibile sulla cui riga sono riportate.
Le funzioni riportate nelle tavole dei caratteri sono possibili basi della
rappresentazione irriducibile, e fra tutte le possibilità sono scelte quelle che
rispecchiano la simmetria degli orbitali, ad es.: x→px e analogamente per gli altri p;
25
x2-y
2→dx
2-y
2; z
2→ dz
2; xy→dxy; etc. Gli R rappresentano vettori di rotazione attorno
all’asse indicato con il pedice.
Le informazioni estraibili dalle tavole sono molteplici e molto utili; un esempio:
degenerazione energetica degli orbitali: nel C3v la z appartiene ad A1, le x e y ad E,
quindi ci si attende che a causa della simmetria della molecola, il campo a cui sono
soggetti gli orbitali è tale che px e py sono degeneri, ma pz ha un’energia differente.
Esempio per quanto riguarda l’H2O:
Il criterio di assegnazione è che una funzione appartiene ad una rappresentazione
irriducibile se ne rispetta la tavola dei caratteri:
applicando a z le operazioni di simmetria:
Ez = 1z , C2z=1z , xzz=1z , yzz=1z ; dove con 1 abbiamo indicato che l’asse z rimane
immutato; si conclude che z appartiene alla rappresentazione A1.
Nel caso di x: Ex = 1x , C2x=-1x , xzx=1x , yzx=-1x ; x appartiene alla
rappresentazione B1.
Nel caso di y: Ey = 1y , C2y=-1y , xzy=-1y , yzy=1y ; y appartiene alla
rappresentazione B2.
Ortogonalità delle rappresentazioni irriducibili.
∑[𝜒(𝜇)(𝑅𝑗)]∗[𝜒(𝜈)(𝑅𝑗)]
𝑛
𝑗=1
= 𝑛𝛿𝜇𝜈
26
dove se ≠se =n è l’ordine del gruppo; la sommatoria è estesa a
tutte le operazioni di simmetria Rj del gruppo; e indicano 2 rappresentazioni
irriducibili del gruppo.
si usa il complesso coniugato per i casi più generali,in cui i caratteri possono essere
numeri complessi)
Poiché i caratteri all’interno di una classe sono =, si può estendere la alle sole classi
di operatori, e introdurre nl =n° di operatori della classe l :
∑ 𝑛𝑙[𝜒(𝜇)(𝑅𝑗)]∗[𝜒(𝜈)(𝑅𝑗)]
𝑙
= 𝑛𝛿𝜇𝜈
Una qualunque delle 2 equazioni appena riportate è anche condizione necessaria e
sufficiente perché una rappresentazione sia irriducibile.
Quest’ultima considerazione viene spesso utilizzata per trovare le rappresentazioni
irriducibili.
Si riporta come esempio di ortogonalità il caso del gruppo C3v :
prodotto di A1 per A2 : 1(1*1)+2(1*1)+3(1*-1)=1+2-3=0 (si deve considerare il n° di
elementi di simmetria della stessa classe)
prodotto di A1 per E : 1(1*2)+2(1*-1)+3(1*0)=2-2+0=0
prodotto di A2 per E : 1(1*2)+2(1*-1)+3(-1*0)=2-2+0=0
Verifichiamo che nel caso di prodotto di una rappresentazione per se stessa si ottiene
l’ordine del gruppo (il n° di elementi del gruppo):
prodotto di A1 per A1 : 1(1*1)+2(1*1)+3(1*1)=1+2+3=6
prodotto di A2 per A2 : 1(1*1)+2(1*1)+3(-1*-1)=1+2+3=6
prodotto di E per E : 1(2*2)+2(-1*-1)+3(0*0)=4+2+0=6
Con ciò abbiamo verificato per questo gruppo l’ultima equazione sopra riportata.
Come esempio di gruppo abeliano riportiamo la tavola dei caratteri irriducibili del
gruppo C2v :
Essendo il gruppo abeliano, ogni elemento è classe a se, quindi 4 classi e 4
rappresentazioni irriducibili.
Vi è un’analogia tra una base di vettori ortogonali e l’insieme delle rappresentazioni
irriducibili di un gruppo; anche le rappresentazioni irriducibili sono ortogonali tra
27
loro; i caratteri di una qualsiasi rappresentazione (quindi in generale riducibile) può
essere espressa attraverso una combinazione lineare dei caratteri delle
rappresentazioni irriducibili. Quindi da questo punto di vista le rappresentazioni
irriducibili si comportano come una base di coordinate ortogonali.
Come avviene nel caso dei vettori, per ottenere il coefficiente di una particolare
rappresentazione irriducibile (ad es. A1) che sommata alle altre dà la rappresentazione
riducibile in studio (indichiamola con ), basta fare il prodotto scalare tra i caratteri
della rappresentazione riducibile e quelli della rappresentazione irriducibile A1 .
Il risultato che somma (con gli opportuni coefficienti) le varie rappresentazioni
irriducibili, viene detto somma diretta. Un esempio: Γ = 𝐴1 ⊕ 𝐸 .
Si riporta un esempio basato sulla scelta come base per l’ammoniaca dei 3 orbitali
che interessano i 3 legami N-H e che possiamo identificare, seguendo
l’identificazione degli H in figura, come a , b , c .
L’elemento di simmetria identità ( I ), può essere rappresentato con una matrice
tridimensionale come segue:
𝐼 ≡ [1 0 00 1 00 0 1
] [
𝜎𝑎
𝜎𝑏
𝜎𝑐
] = [
𝜎𝑎
𝜎𝑏
𝜎𝑐
]
Nel caso dell’elemento di simmetria C3 :
28
𝐶3 ≡ [0 1 00 0 11 0 0
] [
𝜎𝑎
𝜎𝑏
𝜎𝑐
] = [
𝜎𝑏
𝜎𝑐
𝜎𝑎
]
Infine per l’elemento di simmetria va :
𝜎𝑣𝑎 ≡ [1 0 00 0 10 1 0
] [
𝜎𝑎
𝜎𝑏
𝜎𝑐
] = [
𝜎𝑎
𝜎𝑐
𝜎𝑏
]
Risulta quindi che la tavola dei caratteri per questa rappresentazione riducibile è
data da:
Volendo ora trovare quali rappresentazioni irriducibili del gruppo questa
rappresentazione riducibile contiene, teniamo conto che l’ordine del gruppo n = 6,
e che il n. di elementi delle classi nl è pari a 1 per I, 2 per C3, e 3 perv.
Quindi la proiezione di su A1 (che ha caratteri 1 1 1 ) dà: 1
6(1 ∗ 3 ∗ 1 + 2 ∗ 0 ∗ 1 +
3 ∗ 1 ∗ 1) = 1
La proiezione di su A2 (che ha caratteri 1 1 -1 ) dà: 1
6(1 ∗ 3 ∗ 1 + 2 ∗ 0 ∗ 1 + 3 ∗
1 ∗ −1) = 0
La proiezione di su E (che ha caratteri 2 -1 0 ) dà: 1
6(1 ∗ 3 ∗ 2 + 2 ∗ 0 ∗ −1 + 3 ∗
1 ∗ 0) = 1
Quindi l’esempio di somma diretta che avevamo precedentemente riportato: Γ =
𝐴1 ⊕ 𝐸 si applica a questo caso. Questa relazione indica che la rappresentazione
matriciale riducibile (in questo esempio matrici 3X3) può essere diagonalizzata
con un’opportuna trasformazione di similarità in rappresentazioni irriducibili (in
questo esempio una matrice 1X1 per A1 e un’altra 2X2 per E):
( Γ ) → (𝐴1 0 0
0 𝐸0
)
29
TEORIA DEI GRUPPI
(parte terza)
Prodotto diretto
Siano 1, 2, …..m
e 1, 2, …..n
2 insiemi di funzioni che siano basi per rappresentazioni irriducibili del gruppo. (Tali
funzioni possono anche essere autofunzioni) (Le 2 rappresentazioni irriducibili
possono anche essere coincidenti, ciò che si dirà è sempre valido).
Si indichino con R e R le rappresentazioni matriciali dell’operatore R nelle basi
{𝛼𝑖} e {𝛽𝑖}
Si considerino ora le n*m funzioni ottenute da tutti i prodotti possibili kl (si dice
che abbiamo effettuato il prodotto diretto delle 2 basi, e si indica con ⊗ ). Poiché su
queste nuove funzioni può sempre agire ogni operazione del gruppo, esse
costituiscono una base per la rappresentazione (in genere riducibile) del gruppo.
Si indichi con Rla matrice che rappresenta l’operatore R nella base
Si può dimostrare:
𝑇𝑟(𝑅𝛼𝛽) = 𝑇𝑟(𝑅𝛼 ⊗ 𝑅𝛽) = 𝑇𝑟(𝑅𝛼)𝑇𝑟(𝑅𝛽)
𝑅𝛼 ⊗ 𝑅𝛽 si chiama prodotto diretto
Quindi: il carattere di una rappresentazione ottenuta come prodotto diretto di altre
due, è uguale al prodotto dei caratteri delle 2 rappresentazioni che la compongono.
Questo risultato viene riportato tramite la notazione:
Γ𝑓𝑔 = Γ𝑓⨂Γ𝑔
Notare che da questo segue: Γ𝑓⨂Γ𝑔⨂Γ𝑡 = Γ𝑓𝑔⨂Γ𝑡 = Γ𝑓𝑔𝑡, ovvero il teorema può
essere applicato al prodotto di un n° arbitrario di rappresentazioni. Inoltre, poiché i
caratteri sono dei numeri, tale prodotto gode delle proprietà commutativa e
associativa.
Applicando questo teorema del prodotto diretto alle tavole dei caratteri, si possono
calcolare facilmente i caratteri di un prodotto qualsivoglia delle basi irriducibili A1,
30
A2, E etc. ed anche prodotti di più di 2 rappresentazioni. Il risultato può poi sempre
essere decomposto in una combinazione lineare di rappresentazioni irriducibili
(poiché il risultato in generale sarà riducibile) con il metodo già visto (prodotto
scalare diviso per l’ordine del gruppo che è il modulo di ogni rappresentazione
irriducibile; in tal modo si ha il coefficiente rispetto ad ogni rappresentazione
irriducibile).
Possiamo presentare come esempio ancora il caso dell’acqua:
𝑥 ∈ 𝐵1 , 𝑦 ∈ 𝐵2 , quindi 𝑥𝑦 ∈ 𝐵1 ⊗ 𝐵2 = 𝐴2
Applicando questo stesso ragionamento, 𝑥2 ∈ 𝐵1 ⊗ 𝐵1 = 𝐴1 e analogamente per 𝑦2
e 𝑧2, e poiché questi singoli termini rimangono invariati (appartengono ad 𝐴1) sotto
l’azione degli elementi di simmetria, anche il modulo del vettore 𝑟 = √𝑥2 + 𝑦2 + 𝑧2
appartiene ad 𝐴1 e così qualsiasi funzione che dipenda esclusivamente da 𝑟 , come
può essere un esponenziale del tipo 𝑒−𝑟 ; quindi gli orbitali atomici dell’O del tipo 1s,
2s etc. ∈ 𝐴1.
Per l’orbitale 2px esso è rappresentato da una funzione del tipo 𝑁𝑒−
𝑟
𝑎0𝑥 dove 𝑁 è una
costante di normalizzazione, 𝑒−
𝑟
𝑎0 ∈ 𝐴1 , 𝑥 ∈ 𝐵1 , 𝐴1 ⊗ 𝐵1 = 𝐵1, quindi 2𝑝𝑥 ∈ 𝐵1.
L’orbitale 2py è rappresentato da una funzione del tipo 𝑁𝑒−
𝑟
𝑎0𝑦, e poiché 𝑦 ∈ 𝐵2 ,
𝐴1 ⊗ 𝐵2 = 𝐵2, quindi 2𝑝𝑦 ∈ 𝐵2.
L’orbitale 2pz è del tipo 𝑁𝑒−
𝑟
𝑎0𝑧, e poiché 𝑧 ∈ 𝐴1, 𝐴1 ⊗ 𝐴1 = 𝐴1, quindi 2𝑝𝑧 ∈ 𝐴1.
31
Possiamo riportare questi risultati sulla tavola dei caratteri:
Quanto detto sul prodotto diretto è di grande importanza nel calcolo degli integrali in
cui compaiono le autofunzioni.
In generale, se abbiamo ∫ 𝐹𝑑𝜏 dove l’integrale è esteso a tutto lo spazio, possiamo
sempre decomporre la F in una combinazione lineare di rappresentazioni irriducibili,
che rispettino la simmetria (e quindi il gruppo puntuale) di F; ogni rappresentazione
irriducibile avrà come base delle funzioni, in cui quindi F è decomposta.
Tutte le rappresentazioni irriducibili, tranne la total simmetrica A1 (costituita da tutti
1) non sono invarianti rispetto a qualche elemento di simmetria, e come accade per
f(x) quando è dispari ( f(x) = -f(-x) ) l’integrale per questa componente si annulla.
Dunque l’integrale può essere espresso come una di integrali, e questi si annullano
tutti per simmetria, tranne quello che contiene la rappresentazione total simmetrica,
che è invariante rispetto a tutte le operazioni di simmetria del gruppo. Dunque
condizione perché l’integrale non si annulli per simmetria è che il carattere della
rappresentazione della funzione integranda contenga la total simmetrica.
Notare che si può parlare di integrale sicuramente nullo per simmetria, ma non di
integrale sicuramente ≠ 0, perché l’∫ , nel calcolo può rivelarsi = 0.
Quindi il procedimento consiste nel trovare il gruppo puntuale di appartenenza
(vedendo la simmetria del sistema che si sta trattando); trovare a quali
rappresentazioni irriducibili appartengono le funzioni che compaiono, moltiplicate tra
loro, nell’integrale; effettuare il prodotto diretto dei caratteri di queste
32
rappresentazioni; scomporre i caratteri così ottenuti in una combinazione lineare di
caratteri di rappresentazioni irriducibili del gruppo; controllare se è presente la
rappresentazione A1 ; in caso negativo l’integrale è nullo per simmetria.
Quanto detto torna utile nel calcolo degli integrali che incontriamo in
quantomeccanica, ad es. del tipo ⟨𝜓𝐴|𝜓𝐵⟩ detti di sovrapposizione o del tipo
⟨𝜓𝐴|𝐹|𝜓𝐵⟩ dove F è un operatore Hermitiano.
Nel caso degli integrali di sovrapposizione, si ha che ⟨𝜓𝐴|𝜓𝐵⟩ ≠ 0 (per simmetria)
solo se 𝜓𝐴 e 𝜓𝐵 appartengono alla stessa rappresentazione irriducibile. Si opera
quindi vedendo se il prodotto diretto delle rappresentazioni irriducibili cui
appartengono 𝜓𝐴 e 𝜓𝐵 , ovvero Γ𝐴 ⊗ Γ𝐵 contiene A1 . Questo avviene quando 𝜓𝐴 e
𝜓𝐵 appartengono alla stessa rappresentazione irriducibile.
Si può infatti dimostrare che il prodotto della stessa rappresentazione per se stessa ha
come risultato la rappresentazione total simmetrica o la contiene.
Alcuni esempi li abbiamo già visti per l’H2O, ma vediamo ora un caso di risultato che
contiene la total simmetrica: prodotto della rappresentazione E per se stessa nel caso
NH3, gruppo C3v :
Si vede che 𝐸⨂𝐸 = 𝐴1⨁𝐴2⨁𝐸; nell’integrale la parte 𝐴2⨁𝐸 va a 0 perché vi è
almeno un elemento di simmetria rispetto al quale la base non è invariante, ma
rimane la componente A1 che assicura un risultato ≠ 0 per simmetria.
Nel caso dell’interazione radiazione materia (e quindi anche delle regole di
selezione), la probabilità di transizione 𝐵𝑗𝑘 ∝ |𝜇𝑗𝑘|2 , dove 𝜇𝑗𝑘 = ⟨𝜓𝑘|�⃗�|𝜓𝑗⟩ è il
momento di dipolo di transizione e �⃗� è l’operatore momento del dipolo; tale
33
operatore è diverso a seconda del fenomeno cui ci si riferisce: dipolo elettrico o
magnetico, multipoli elettrici o magnetici, tensori di polarizzabilità.
L’operatore più comune è quello del momento del dipolo elettrico ed esso è dato da:
�⃗� = ∑ 𝑒𝑖𝑟𝑖⃗⃗⃗ = ∑ 𝑒𝑖(𝑥𝑖 + 𝑦𝑖 + 𝑧𝑖)
𝑖𝑖
Dove ei è la carica dell’i-esima particella del sistema.
Si ottengono quindi integrali del tipo ⟨𝜓𝑘|𝑥|𝜓𝑗⟩ etc. (A seconda di quali di questi
integrali risultano permessi ovvero ≠ 0 per simmetria, si parla di polarizzazione della
transizione).
Quindi ⟨𝜓𝑘|𝑥|𝜓𝑗⟩ ≠ 0 per simmetria, solo se il prodotto diretto dei caratteri di 𝜓𝑘,
𝜓𝑗 contiene o appartiene alla stessa rappresentazione irriducibile cui appartiene x (o y
o z per gli altri integrali), nel qual caso il prodotto complessivo apparterrà alla total
simmetrica.
34
TEORIA DEI GRUPPI
(parte quarta)
Un’ applicazione utile si ha per integrali del tipo:
𝐻𝑖𝑗 = ⟨𝜓𝑖|𝐻|𝜓𝑗⟩ Questo tipo di integrali si incontra spesso, ad esempio nel metodo LCAO.
H è l’operatore dell’energia totale e quindi deve rimanere invariato sotto qualsiasi operazione di simmetria del sistema: se la molecola si ricopre
sotto l’operazione di simmetria, la sua energia non cambia (l’energia non
cambia da qualsiasi punto di vista si guarda la molecola o comunque si indicizzino le particelle che la compongono). Si può anche dire che H e
qualsiasi operatore di simmetria della molecola commutano. Quindi H appartiene alla rappresentazione total simmetrica; quindi anche il prodotto
dei caratteri delle rappresentazioni irriducibili cui appartengono 𝜓𝑖 e 𝜓𝑗
deve essere total simmetrica; il che significa che 𝜓𝑖 e 𝜓𝑗 devono
appartenere alla stessa rappresentazione irriducibile affinché 𝐻𝑖𝑗 non sia
nullo per simmetria.
Un esempio di applicazione dei concetti visti può essere quello del calcolo della funzione di stato della molecola di H2O utilizzando il metodo SCF
per funzioni di stato ottenute come LCAO degli orbitali atomici degli H e
dell’O. Indicizzando con 1 e 2 gli atomi di H, utilizziamo 1s1 e 1s2 , mentre gli orbitali dell’O sono: 1s, 2s, 2px , 2py , 2pz . Questi ultimi 3 sono
degeneri tra loro, ma essendo di un atomo polielettronico hanno un’energia
maggiore del 2s. Si tratta di un totale di 7 orbitali elettronici. Per il metodo LCAO ci si ritrova a calcolare:
|𝐻𝑖𝑘 − 𝐸𝑆𝑖𝑘| = 0 che è un determinante di dimensione 7x7 .
Gli orbitali 1s1 e 1s2 costituiscono una base possibile del gruppo di simmetria, di cui possiamo ricavare i caratteri osservando l’effetto di ogni
elemento di simmetria su di essi:
L’operazione I mantiene inalterato ciascun s, quindi carattere 2 (è la traccia di una matrice bidimensionale che agisce su un vettore costituito
dai 2 orbitali), C2 e xz li scambia quindi 0 (sulla traccia è presente quanto
degli orbitali di partenza rimane inalterato nei nuovi), yz li mantiene inalterati, quindi 2.
Riportando la tavola dei caratteri (attribuiamo gli orbitali dell’O alle
rappresentazioni, secondo le considerazioni già svolte):
35
Per trovare le rappresentazioni irriducibili di , la proiettiamo su di esse:
quindi
Γ = 𝐴1⨁𝐵2 . Realizziamo delle combinazioni lineari semplici che
rispettino le rappresentazioni irriducibili: ℎ+ = 1𝑠1 + 1𝑠2 che rimane
invariato sotto l’azione di tutte le operazioni di simmetria; ℎ− = 1𝑠1 − 1𝑠2
che cambia segno sotto l’azione di C2 e xz .
Aggiorniamo le basi che stiamo utilizzando:
ℎ− con i segni opposti sui 2 orbitali 1s, ha la stessa simmetria di 2py con i lobi di segno opposto:
36
Sapendo che i termini del determinante secolare che contengono funzioni
appartenenti a rappresentazioni diverse sono nulli, posso raggruppare i
termini in questo modo: 1𝑠 2𝑠 2𝑝
𝑧 ℎ+ 2𝑝𝑦 ℎ− 2𝑝
𝑥
1𝑠2𝑠
2𝑝𝑧
ℎ+
2𝑝𝑦
ℎ−
2𝑝𝑥
|
|
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 00 0 0 0 00 0 0 0 0 0
|
|
In cui risulta diversa da 0 la matrice D1 (4x4), D2 (2x2), e D3 (1x1). Quindi si passa da un sistema di equazioni di 7° grado a 3 sistemi indipendenti tra
loro:
D1 → sistema di equazioni di 4° grado D2 → sistema di equazioni di 2° grado
D3 → equazione di 1° grado
e la condizione riguardante il determinante D = 0 , viene sostituita dalla condizione D1 = 0 , D2 = 0 , D3 = 0 .
In particolare D3 = 0 fornisce l’equazione
𝐻2𝑝𝑥2𝑝𝑥− 휀𝑆2𝑝𝑥2𝑝𝑥
= 0
dove
𝑆2𝑝𝑥2𝑝𝑥= ⟨2𝑝𝑥|2𝑝𝑥⟩ = 1 휀 = ⟨2𝑝𝑥|𝐻|2𝑝𝑥⟩
Questo risultato si può interpretare in base al fatto che gli H sono lontani
dall’orbitale atomico 2𝑝𝑥 , non lo influenzano, ed esso rimane sostanzialmente invariato nella funzione che lo rappresenta e nell’energia.
Applicando il metodo SCF con la separazione vista tra gli orbitali sulla
base della simmetria, si ottiene il seguente risultato:
Gli orbitali molecolari ottenuti sono ordinati in base all’energia crescente.
(nella tabella si usa la notazione ℎ1 ≡ ℎ+ e ℎ2 ≡ ℎ− )
37
Il livello a più bassa energia 1 è costituito praticamente dal solo orbitale
atomico 1s ; il livello2 è costituito prevalentemente dal 2s ; essendo
orbitali atomici interni, non sono stati molto modificati dalla presenza degli H. Gli orbitali atomici degli H partecipano invece in modo
sostanziale agli orbitali molecolari 3 e 4 . L’orbitale molecolare 5 è
costituito dal solo orbitale atomico 2𝑝𝑥, che rimane invariato per simmetria.
38
DENSITY FUNCTIONAL THEORY
Per funzione y=f(x) si intende una regola matematica f che da un numero x (la
variabile) permette di ottenere un altro numero y.
Per funzionale F{y} si intende una regola matematica che da una funzione y permette
di ottenere un numero F.
Esempio:
𝐹{𝑦} = ∫ {1
2[𝑦(𝑥)]2 − 𝑦(𝑥)𝑒−𝑥} 𝑑𝑥
1
0
Il metodo Hartree-Fock è applicabile fino ad un certo n° di e- poiché i determinanti da
calcolare divengono di grandi dimensioni.
In questa teoria si usa esprimere l’Hamiltoniano separando i termini che riguardano
l’energia potenziale, ovvero il contributo dovuto all’interazione tra e- da quello
dovuto all’interazione tra e- e nuclei: H = T + U + V ,dove:
𝑇 = ∑ −ℏ2
2𝑚∇𝑖
2
𝑖
è l’operatore associato all’energia cinetica degli elettroni,
𝑈 = ∑𝑒2
𝑟𝑖𝑗𝑖>𝑗
riguarda il potenziale di interazione tra gli e-, e il termine riguardante l’interazione e
-
nuclei, viene espresso come:
𝑉 = ∑ 𝑣(𝑟𝑖)
𝑖
che è una sommatoria estesa a tutti gli e- delle interazioni di ciascun elettrone con il
sistema di cariche dei nuclei; 𝑣(𝑟𝑖) può essere così esplicitato:
𝑣(𝑟𝑖) = − ∑𝑍𝛼𝑒2
𝑟𝑖𝛼𝛼
dove 𝑟𝑖𝛼 è la distanza tra l’elettrone i-esimo e il nucleo -esimo.
Posto H in questa forma, gli operatori T ed U sono universali, ovvero hanno la stessa
forma per tutti i sistemi costituiti dallo stesso n° di e-, mentre V contiene l’interazione
con tutti i nuclei della molecola e sarà diverso per molecole diverse. Applicando
l’approssimazione di Born – Oppenheimer il campo dovuto ai nuclei, cui sono
sottoposti gli e-, può essere considerato fisso nel tempo (ed eventualmente può
contenere anche un campo esterno alla molecola).
39
Nella terminologia della density functional theory, il potenziale 𝑣(𝑟𝑖) cui è sottoposto
ogni elettrone è chiamato potenziale esterno.
Definiamo 𝑛(𝑟) la densità di carica elettronica in ogni punto del sistema individuato
da 𝑟 , misurata in unità atomiche, che quindi rappresenta il n° di e-
per unità di
volume presenti nel punto 𝑟 . Si potrà scrivere:
𝑛(𝑟) = ∫ 𝜓(𝑟1, 𝑟2, 𝑟3, 𝑟4, … ) 𝜓∗(𝑟1, 𝑟2, 𝑟3, 𝑟4, … )𝑑𝑟1 … 𝑑𝑟𝑁
dove la 𝜓 è una funzione di stato del sistema, dipendente dalle coordinate di tutti gli
e- ,
e 𝑛(𝑟) è funzione del solo r e determina la densità di carica dovuta a tutti gli e
- .
Non si conosce 𝑛(𝑟) perché non conosco la 𝜓. Si può dimostrare che basta conoscere
𝑛(𝑟) invece della 𝜓 perché da essa dipende l’energia. Questo comporta una drastica
riduzione nel numero di variabili del sistema.
Si può dimostrare (teorema di Hohenberg-Kohn HK, matematicamente esatto) che
data una 𝑛(𝑟) che rappresenta la densità di carica dello stato fondamentale, questa
rappresenta un unico sistema, e quindi da essa si può ottenere un valore univoco di
energia e 𝜓. Indicizziamo dunque (𝐸1 , 𝜓1) l’energia media calcolata e la funzione di
stato del sistema 1 e vediamo se con la stessa 𝑛(𝑟) è possibile rappresentare un
sistema diverso (2), caratterizzato da grandezze diverse (𝐸2 , 𝜓2); se i sistemi sono
diversi, dovranno essere diversi i loro potenziali esterni 𝑉1(𝑟) e 𝑉2(𝑟):
𝐸1 = ⟨𝜓1|𝐻1|𝜓1⟩ = ⟨𝜓1|𝑇 + 𝑈|𝜓1⟩ + ∫ 𝑉1(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟
(eq. 1)
dove ⟨𝜓1|𝑇 + 𝑈|𝜓1⟩ è il termine universale, 𝑉1(𝑟)𝑛(𝑟) rappresenta l’interazione
della carica elettronica con il potenziale in un punto 𝑟 , ovvero l’interazione con il
campo esterno. 𝐸1 è un funzionale, in quanto non dipende dalla variabile 𝑟 ma dalla
funzione 𝑛(𝑟).
La dimostrazione procede per assurdo: si suppone che esista un altro sistema definito
dalla stessa 𝑛(𝑟); in tal caso si può scrivere:
𝐸2 = ⟨𝜓2|𝐻2|𝜓2⟩ = ⟨𝜓2|𝑇 + 𝑈|𝜓2⟩ + ∫ 𝑉2(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟
(eq. 2)
Supponiamo ora di utilizzare come funzione di prova la funzione di stato 𝜓2 per il
sistema definito tramite 𝐻1 e la funzione di stato 𝜓1 per il sistema definito tramite 𝐻2.
Applicando il teorema variazionale si potrà scrivere:
⟨𝜓2|𝐻1|𝜓2⟩ = ⟨𝜓2|𝑇 + 𝑈|𝜓2⟩ + ∫ 𝑉1(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 > 𝐸1
(eq. 3)
40
⟨𝜓1|𝐻2|𝜓1⟩ = ⟨𝜓1|𝑇 + 𝑈|𝜓1⟩ + ∫ 𝑉2(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 > 𝐸2
(eq. 4)
Sfruttando l’equazione 1 e 2 possiamo sostituire i termini del tipo ⟨𝜓|𝑇 + 𝑈|𝜓⟩ nelle
equazioni 3 e 4, ottenendo:
𝐸2 − ∫ 𝑉2(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 + ∫ 𝑉1(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 > 𝐸1
(eq. 5)
𝐸1 − ∫ 𝑉1(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 + ∫ 𝑉2(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 > 𝐸2
(eq. 6)
Sommando le eq. 5 e 6 si ottiene:
𝐸1 + 𝐸2 > 𝐸1 + 𝐸2
che è assurdo.
Si desume dalle considerazioni fatte che 𝑛(𝑟) definisce solo lo stato fondamentale e
non altri stati; che 𝑛(𝑟) è univocamente legato al potenziale esterno e quindi ad 𝐻, e
di conseguenza alla funzione di stato del livello fondamentale, alla sua energia e ad
ogni altra proprietà del sistema (allo stato fondamentale); quindi la soluzione
dell’equazione di Schrödinger allo stato fondamentale dipende da 𝑛(𝑟) e questo
dipende solo da 3 coordinate:
𝜓0(… . ) = 𝜓0[𝑛(𝑟)]
L’energia 𝐸0 e ogni altra proprietà del sistema sono dunque funzionali di 𝑛(𝑟) :
𝐸0[𝑛(𝑟)] .
Esiste un secondo teorema di Hohenberg-Kohn che è analogo al teorema
variazionale, che afferma che l’energia ottenuta con una densità 𝑛(𝑟) di prova è
sempre maggiore di 𝐸0. Questo ci permetterà nel caso del funzionale di densità (come
vedremo più avanti) di impostare un metodo approssimato basato sulla
minimizzazione di 𝐸[𝑛(𝑟)].
Separando i vari contributi come fatto all’inizio, possiamo scrivere per lo stato
fondamentale elettronico:
𝐸0 = 𝐸𝑣[𝑛(𝑟)] = ⟨𝑇[𝑛(𝑟)]⟩ + ⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩ + ⟨𝑉[𝑛(𝑟)]⟩
che è la somma dei valori attesi delle varie componenti dell’energia (T cinetica, U
repulsiva interelettronica, V interazione degli elettroni con il campo esterno); sono
funzionali di 𝑛(𝑟) ; con l’espressione 𝐸𝑣 si mette in evidenza che l’energia dipende
dal campo esterno 𝑣.
Si cercano delle espressioni dei 3 termini in funzione di 𝑛(𝑟) e per quanto riguarda
l’ultimo addendo, abbiamo:
41
⟨𝑉⟩ = ⟨𝜓0| �̂� |𝜓0⟩ = ⟨𝜓0| ∑ 𝑣(𝑟𝑖)
𝑛
1
|𝜓0⟩ = ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟
dove ∑ 𝑣(𝑟𝑖)𝑛1 è una sommatoria estesa a tutti gli elettroni, e 𝑣(𝑟𝑖) = − ∑
𝑍𝛼
𝑟𝑖𝛼𝛼 .
Non si conoscono invece le forme analitiche dei funzionali 𝑇[𝑛(𝑟)] e 𝑈[𝑛(𝑟)]. Da un
punto di vista formale, possiamo raggrupparli in un unico funzionale 𝐹[𝑛(𝑟)]
(indipendente dal campo esterno), sempre sconosciuto:
𝐸0 = 𝐸𝑣[𝑛(𝑟)] = ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟 + ⟨𝑇[𝑛(𝑟)]⟩ + ⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩
= ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟 + ⟨𝐹[𝑛(𝑟)]⟩
Sfruttando il teorema variazionale di Hohenberg-Kohn, si può immaginare di
procedere utilizzando una densità di prova, e minimizzando l’energia che da tale
densità dipende. Ma ciò non è realizzabile perché non conosciamo la forma analitica
del funzionale 𝐹[𝑛(𝑟)] e quindi non siamo in grado di calcolarlo.
Kohn e Sham hanno ideato il seguente metodo iterativo approssimato:
si considera un sistema fittizio detto di riferimento o non interagente (e denotato con
il pedice s), costituito da N e- non interagenti tra loro, sottoposti ad un potenziale
esterno fittizio 𝑣𝑠(𝑟), tale che la densità elettronica 𝑛𝑠(𝑟) per il livello fondamentale
di tale sistema fittizio, coincida con la densità elettronica vera del sistema in studio
𝑛0(𝑟). (Non contraddice il teorema HK in quanto stiamo imponendo che U = 0, cioè
modificando il termine universale).
Il vantaggio di tale scelta è che essendo gli e- non interagenti tra loro, sappiamo
risolvere in maniera esatta l’equazione di Schrödinger; il problema è stato spostato
alla determinazione del potenziale esterno fittizio 𝑣𝑠(𝑟). Kohn e Sham hanno anche
dimostrato che esiste un solo 𝑣𝑠(𝑟) che determina la corretta 𝑛0(𝑟).
L’ Hamiltoniano (di Kohn e Sham) di questo sistema fittizio sarà dato da:
�̂�𝑠 = ∑ [−1
2∇𝑖
2 + 𝑣𝑠(𝑟𝑖)] = ∑ ℎ̂𝑖𝐾𝑆
𝑁
𝑖=1
𝑁
𝑖=1
dove
ℎ̂𝑖𝐾𝑆 = −
1
2∇𝑖
2 + 𝑣𝑠(𝑟𝑖)
e ℎ̂𝑖𝐾𝑆 è un Hamiltoniano (di Kohn e Sham) monoelettronico; poiché gli elettroni non
sono interagenti, si è potuto separare l’ Hamiltoniano e quindi fattorizzare la funzione
di stato.
È possibile a questo punto risolvere le singole equazioni ad auto valori:
ℎ̂𝑖𝐾𝑆𝜃𝑖
𝐾𝑆 = 휀𝑖𝐾𝑆𝜃𝑖
𝐾𝑆
42
e determinare le funzioni di stato 𝜑𝑖 = 𝜃𝑖𝐾𝑆𝜎𝑖 , dove 𝜃𝑖
𝐾𝑆(𝑟) è la componente
spaziale, 𝜎𝑖 (che può essere o ) la funzione di spin e 휀𝑖𝐾𝑆 l’energia dell’orbitale di
Kohn e Sham.
Da notare che tali funzioni possono essere espresse in funzione di combinazioni
lineari di orbitali atomici (LCAO), o orbitali di tipo STO o gaussiane, i cui
coefficienti in ogni caso vanno determinati.
La funzione di stato complessiva, con l’approssimazione di elettroni non interagenti e
per rispettare il principio di Pauli, è data dal determinante di Slater 𝜓𝑠 =1
√𝑁!|𝜑1 … 𝜑𝑁| .
Per questo sistema semplificato il valore atteso dell’energia cinetica sarà: ⟨𝑇𝑠⟩ =
∑ ⟨𝜃𝑖𝐾𝑆|−
1
2∇𝑖
2|𝜃𝑖𝐾𝑆⟩𝑖 (dipende dalla componente spaziale), e la densità sarà data da:
𝑛(𝑟) = ∑ |𝜃𝑖𝐾𝑆|
2𝑖 .
L’energia complessiva del sistema di riferimento può essere ricavata dall’espressione:
𝐸𝑠 = ⟨𝑇𝑠⟩ + ∫ 𝑣𝑠(𝑟) 𝑛(𝑟)𝑑𝑟
Quando si passa al sistema reale, con le particelle interagenti tra loro, riportiamo di
nuovo l’espressione dell’energia già scritta in precedenza:
𝐸0 = 𝐸𝑣[𝑛(𝑟)] = ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟 + ⟨𝑇[𝑛(𝑟)]⟩ + ⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩
ed esplicitiamo le differenze con i termini che siamo in grado di calcolare con il
metodo del sistema di riferimento:
𝑛(𝑟) è per definizione la densità del sistema reale se 𝑣𝑠(𝑟) è l’opportuno potenziale
del sistema di riferimento (altrimenti è solo un’approssimazione), quindi, poiché
conosciamo 𝑣(𝑟) siamo in grado di calcolare ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟;
⟨𝑇[𝑛(𝑟)]⟩ è il valore atteso di energia cinetica degli e- sotto l’effetto del potenziale
𝑣(𝑟), mentre ⟨𝑇𝑠⟩ è sotto l’effetto del potenziale del sistema di riferimento 𝑣𝑠(𝑟) e
con e- non interagenti, quindi sono diversi;
⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩ è il valore atteso di energia dovuta alla repulsione degli e-
tra loro, e
possiamo esprimerla in funzione della densità di carica con questa espressione:
1
2∫ ∫
𝑛(𝑟)𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′|𝑑 𝑟 𝑑𝑟′
dove si esprime l’interazione tra una carica infinitesima 𝑛(𝑟)𝑑𝑟 e un’altra 𝑛(𝑟′)𝑑𝑟′
poste alla distanza |𝑟 − 𝑟′| ; il fattore 1
2 è necessario per non calcolare 2 volte
l’interazione tra le stesse cariche infinitesime indicizzate in modo diverso; l’integrale
contiene però anche l’interazione di una carica infinitesima con se stessa; anche in
questo caso l’espressione non coincide completamente con ⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩ .
43
Riscriviamo l’espressione dell’energia 𝐸𝑣[𝑛(𝑟)], utilizzando tutti i termini del
sistema di riferimento (che sappiamo calcolare) ed esplicitando le differenze con i
termini che non sappiamo calcolare del sistema reale:
𝐸𝑣[𝑛(𝑟)] = ∑ ⟨𝜃𝑖𝐾𝑆|−
1
2∇𝑖
2|𝜃𝑖𝐾𝑆⟩
𝑖
+ ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟 +1
2∫ ∫
𝑛(𝑟)𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′|𝑑 𝑟 𝑑𝑟′
+ {⟨𝑇[𝑛(𝑟)]⟩ − ∑ ⟨𝜃𝑖𝐾𝑆|−
1
2∇𝑖
2|𝜃𝑖𝐾𝑆⟩
𝑖
}
+ {⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩ −1
2∫ ∫
𝑛(𝑟)𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′|𝑑 𝑟 𝑑𝑟′}
tali differenze vengono raggruppate in un unico termine (sconosciuto) tramite la
seguente posizione:
𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)] = {𝑇[𝑛(𝑟)] − ∑ ⟨𝜃𝑖𝐾𝑆|−
1
2∇𝑖
2|𝜃𝑖𝐾𝑆⟩
𝑖
}
+ {⟨𝑈[𝑛(𝑟)]⟩ −1
2∫ ∫
𝑛(𝑟)𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′|𝑑 𝑟 𝑑𝑟′}
per cui possiamo scrivere:
𝐸𝑣[𝑛(𝑟)] = ∑ ⟨𝜃𝑖𝐾𝑆|−
1
2∇𝑖
2|𝜃𝑖𝐾𝑆⟩
𝑖
+ ∫ 𝑛(𝑟) 𝑣(𝑟)𝑑𝑟 +1
2∫ ∫
𝑛(𝑟)𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′|𝑑 𝑟 𝑑𝑟′
+ 𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)]
(eq. 7)
In questa espressione abbiamo esplicitato i termini che sappiamo calcolare a partire
da 𝑛(𝑟), ed abbiamo raggruppato in 𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)] quelli sconosciuti che dovremo in
qualche modo valutare, ma che sono contributi relativamente piccoli rispetto ai
termini calcolabili.
Il funzionale 𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)] è detto funzionale di energia di scambio e correlazione.
Riassumendo, una volta ricavati in qualche modo gli orbitali monoelettronici 𝜃𝑖𝐾𝑆 ,
possiamo ricavare la densità:
𝑛(𝑟) = ∑|𝜃𝑖𝐾𝑆|
2𝑁
𝑖=1
con la quale si può calcolare il secondo e terzo addendo dell’espressione di 𝐸𝑣[𝑛(𝑟)]
(eq. 7); più esplicitamente il secondo addendo diventa:
− ∑ 𝑍𝛼 ∫𝑛(𝑟)
𝑟𝛼𝑑𝑟
𝛼
Possiamo quindi riscrivere l’equazione complessiva più esplicitamente come:
44
𝐸𝑣[𝑛(𝑟)] = −1
2∑⟨𝜃𝑖
𝐾𝑆|∇𝑖2|𝜃𝑖
𝐾𝑆⟩
𝑁
𝑖=1
− ∑ 𝑍𝛼 ∫𝑛(𝑟)
𝑟𝛼𝑑𝑟
𝛼
+1
2∫ ∫
𝑛(𝑟)𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′|𝑑 𝑟 𝑑𝑟′ + 𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)]
(eq. 8)
NOTA: facendo uso degli orbitali elettronici, si ritorna ad un numero di coordinate
3N (N = n° di e- ), però si parte da un sistema di riferimento facilmente calcolabile in
quanto costituito da e- non interagenti.
Come opera il metodo, tenuto conto che ci sono termini che non conosciamo?
Il teorema variazionale di Hohenberg-Kohn ci dice che per trovare il valore più
vicino al vero possiamo variare la densità 𝑛(𝑟) in modo da minimizzare l’energia;
dato che la densità 𝑛(𝑟) è funzione degli orbitali, è equivalente variare gli orbitali
elettronici 𝜃𝑖𝐾𝑆 in modo da minimizzare l’energia (mantenendo gli orbitali
ortonormali). Analogamente a come è stato fatto per il metodo Hartree-Fock, si può
dimostrare che gli orbitali 𝜃𝑖𝐾𝑆 che minimizzano l’energia, soddisfano l’equazione
(che corrisponde ad un Hamiltoniano elettronico):
{−1
2∇𝑖
2 − ∑𝑍𝛼
𝑟𝛼𝛼
+1
2∫
𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′| 𝑑𝑟′ + 𝑉𝑥𝑐} 𝜃𝑖
𝐾𝑆 = 휀𝑖𝐾𝑆𝜃𝑖
𝐾𝑆
dove abbiamo posto per ogni termine energetico dell’eq. 8, il corrispondente
operatore; l’operatore 𝑉𝑥𝑐 è il gradiente dell’energia 𝐸𝑥𝑐 :
𝑉𝑥𝑐[𝑛(𝑟)] =𝜕𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)]
𝜕[𝑛(𝑟)]
ed è detto potenziale di scambio e correlazione.
Si può scrivere l’equazione in modo formalmente più compatto, introducendo il
potenziale efficace 𝑉𝑐[𝑛(𝑟)]:
𝑉𝑐[𝑛(𝑟)] = − ∑𝑍𝛼
𝑟𝛼𝛼
+1
2∫
𝑛(𝑟′)
|𝑟 − 𝑟′| 𝑑𝑟′ + 𝑉𝑥𝑐
che è funzione di [𝑛(𝑟)] e che contiene il potenziale esterno 𝑉𝑠(𝑟) = − ∑𝑍𝛼
𝑟𝛼𝛼 ,
ottenendo:
{−1
2∇𝑖
2 + 𝑉𝑐[𝑛(𝑟)]} 𝜃𝑖𝐾𝑆 = 휀𝑖𝜃𝑖
𝐾𝑆
Si sono ottenute equazioni monoelettroniche del tipo Hartree-Fock.
Il problema deriva dal fatto che non conosciamo il termine 𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)] (e quindi i
termini 𝑉𝑥𝑐 e 𝑉𝑐[𝑛(𝑟)] ), per poter poi procedere, come nel caso Hartree-Fock,
iterativamente, partendo da funzioni 𝜃𝑖𝐾𝑆 iniziali, dalle quali si può ricavare [𝑛(𝑟)] e
45
𝑉𝑐[𝑛(𝑟)], minimizzando rispetto all’energia, per cui si determinano nuove 𝜃𝑖𝐾𝑆 e
ripetendo il processo.
46
DFT_continua
Sono stati sviluppati vari metodi approssimati per ottenere
𝐸𝑥𝑐[𝑛(𝑟)].
Il primo modello è detto approssimazione di densità locale (LDA
o LSDA quando si separano i contributi degli spin diversi); tratta
la densità come un gas di elettroni localmente uniforme o
lentamente variabile. Sotto questa Hip viene ricavata ( da Dirac e
Slater) un’espressione esplicita per l’energia di scambio, mentre
l’energia di correlazione viene determinata con metodi Monte
Carlo per differenti densità, ed esistono differenti formule
analitiche proposte da vari autori per riprodurre questi risultati:
VWN (dalle iniziali degli autori; viene considerata una accurata
funzione interpolante); una formula più semplice è stata proposta
da Perdew e Zunger nell’ 81 (Perdew-Zunger81).
L’Hip LSDA porta ad una sovrastima delle energie di scambio e
correlazione e della forza dei legami. Tuttavia l’accuratezza dei
risultati è simile al metodo HF.
Un successivo modello fa dipendere le energie di scambio e
correlazione non solo dalla densità elettronica, ma anche dal suo
gradiente (Generalized Gradient Approximation GGA o Gradient
Corrected Methods).
Le espressioni più usate sono:
per l’energia di scambio quella proposta da Becke nell’88
(Becke88 o B88);
per l’energia di correlazione: Lee, Yang e Parr (LYP); Perdew
nell’86 (Perdew86 o P86); Perdew e Wang nel 91 (PW91 o
Perdew-Wang91).
I metodi GGA funzionano generalmente meglio degli LSDA. In
genere le geometrie e le frequenze vibrazionali per molecole
stabili sono uguali o migliori di quelle ottenute con il metodo MP2
ad un costo computazionale simile a quello del metodo HF.
47
È opportuno prendere le espressioni delle 2 energie (scambio e
correlazione) da metodi appartenenti alla stessa approssimazione
(LSDA o GGA).
Vi sono infine metodi ibridi che si basano su formule
approssimate dell’energia di scambio e correlazione, derivanti da
considerazioni sul potenziale (connesso a tale energia) nel sistema
di riferimento non interagente e nel sistema vero. Come risultato
usano una combinazione di espressioni dei metodi già visti, con
coefficienti empiricamente determinati. Appartengono a questi
metodi ad es.: B3-LYP, B3-PW91
Il vantaggio dei metodi DFT consiste nel fatto che si impiega
all’incirca lo stesso tempo calcolo del metodo Hartree-Fock, ma
includendo effetti di correlazione elettronica. Altri metodi sono
più accurati, ma richiedono tempi calcolo maggiori.
Opzioni del programma di calcolo:
(si omettono quelle comuni ai metodi precedenti)
Grid…
Negli integrali per il calcolo dell’energia di scambio e
correlazione compaiono espressioni di cui non si trova la
primitiva, per cui vanno calcolati numericamente, definendo la
griglia.
Standard Pople Grid: un compromesso tra precisione di calcolo
e tempo computazionale; vengono presi 50 punti angolari e un
n° di punti radiali che dipende dal problema (la scelta è del
programma con un algoritmo).
Euler-MacLaurin-Lebedev richiede di specificare in quanti
intervalli radiali e angolari dividere lo spazio; 50 punti angolari
e 194 radiali è il Max.
Gauss-Chebyshev-Lebedev richiede di specificare in quanti
intervalli angolari dividere lo spazio (la divisione radiale è fissa
a 32)
48
Use Cutoff for Density Less Than: indica il valore di densità
elettronica al di sotto del quale il punto di integrazione non
viene calcolato; un valore di 10-6 va bene per risparmiare tempo
calcolo senza inficiare il risultato.
Exchange Correlation…
Compare questo menù:
Exchange Potential:
Hartree-Fock è il normale calcolo SCF
Slater: calcolato secondo l’Hip LDA
Becke88, Perdew-Wang91, Gill96, PBE96 sono espressioni GGA
HCTH98 fa parte dei metodi ibridi
Correlation Potential:
VWN, Perdew-Zunger81 sono espressioni LDA
Perdew86, LYP, Perdew-Wang91, PBE96 sono espressioni GGA
HCTH98 fa parte dei metodi ibridi
Custom Combinations:
calcolano insieme le 2 energie; sono i metodi ibridi
B3-LYP, B3-PW91, EDF1, Becke97