Qualità nascoste e manifeste

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Supporti pubblicitari, qualità percepita e nuovi prodotti

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INTRODUZIONE

Eccoci di nuovo qua, ormai è diventata un’abitudine, una bellis-sima consuetudine!

Una tavola rotonda circondata da nuovi e da vecchi conoscenti,tutti accomunati dal desiderio e dall’entusiasmo di varcare ilconfine della conoscenza, di aggiungere, se possibile, qualcosa dinuovo al proprio bisogno. Questo vale, perché no, anche perquelli che qui non ci sono ma che leggeranno uno di quei libristrani che ogni volta nascono dai nostri incontri.

Siamo al sesto incontro e il tema di oggi è più difficile da spiega-re a parole che da capire. Per questo ho fatto disegnare al mioamico Burato il contenuto di “Qualità Nascoste” sotto l’armatu-ra del vincitore di una sfida combattuta chissà in quale epoca echissà per quale motivo.

Parleremo della qualità dei supporti, ovvero ciò che consente adun manifesto, ad un annuncio radiofonico, ad uno spot televisivooppure ad un banner su web di apparire al massimo della forma,con la massima incisività. Ci chiederemo soprattutto quanto laqualità di questi supporti influenza il gradimento e quindi quan-to la qualità sia apprezzabile in termini di resa della campagnapubblicitaria.

Per farlo partiremo da una ricerca che abbiamo affidato a Finzi,al solito Finzi potremmo dire, con tutto l’affetto e la stima checi lega a lui, al suo lavoro ed al suo spirito, sempre impeccabile.

Grazie anche all’UPA che, come al solito, promuove con noi que-ste giornate di studio e grazie soprattutto ai nostri esperti chehanno sacrificato una giornata di lavoro per raggiungerci.

Paolo Casti

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1) Tassini

2) Caiazzo

3) Matesich

4) Vasini

5) Maggioni

6) Finzi

7) Giovenali

8) Alessi

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9) Corriere della Sera

10) Micheletti

11) Margoni

12) Romoli

13) Villa

14) Casti

15) Briatore

16) Bonato

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GIOVANNA MAGGIONI - Inpe

Forse è arrivato il momento di non pensare più solo in termini didati quantitativi, quelli a cui ci ha abituato troppo la televisionee che abbiamo in questi anni portato avanti come misurazionedel fenomeno “media”, per passare ad un discorso sul consuma-tore più maturo, un consumatore che poi è il nostro target diriferimento, quello a cui le aziende che investono in pubblicità sirivolgono.

Ad un target che, avendo ormai soddisfatto una fetta molto con-sistente dei propri bisogni quantitativi, cerca di andare verso laqualità e il servizio, due elementi estremamente importanti, checi permettono di veicolare meglio il messaggio pubblicitario everso le quali molte aziende, molte società – e tra queste, in pri-mis, la Jolly, che da anni organizza convegni avendo come obiet-tivo la qualità del mezzo - dovrebbero andare. È la strada dellaqualità e del rapporto con il consumatore e soprattutto della per-cezione che il consumatore ha della qualità, perché il mezzoqualitativamente valido diventa un ancora più valido veicolo delmessaggio pubblicitario, che alla fine è il nostro obiettivo.

Nel corso di questa tavola rotonda credo che si intreccerannodiversi punti di vista, da parte di utenti da un lato, di pianifica-tori dall’altro, ma anche da parte di coloro che forniscono ilmezzo come supporto della comunicazione pubblicitaria e miauguro che si sviluppi un dibattito animato, magari anche conposizioni contrastanti. Grazie.

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ENRICO FINZI - Astra/Demoskopea

Qual è l’atteggiamento degli italiani nei confronti della qualitàdei supporti e dei segnali negli annunci pubblicitari? A tale inter-rogativo è possibile rispondere sulla base d’un’elaborazione adhoc realizzata da Astra per Jolly Pubblicità sulla scorta d’un’am-pia ricerca demoscopica svolta nel 1997/8 tramite circa 2.000interviste ‘face to face’ (ossia non telefoniche ma personali edomiciliari) somministrate - in collaborazione con la consociataDemoskopea - in 160 comuni italiani ad un campione rappresen-tativo della popolazione residente (esclusi gli stranieri ed i mem-bri delle convivenze: convitti, conventi, caserme, ospedali esimili) tra i 14 ed i 79 anni, pari ad un universo di 46.8 milioni diadulti.

Tramite l’analisi fattoriale e la ‘cluster analysis’ è stata costrui-ta una tipologia, articolata in 5 clusters. Eccoli.

1) Gli ostili: sono quegli italiani che non pongono alcuna atten-zione alla qualità dei supporti e dei segnali pubblicitari sempli-cemente perchè affermano di “odiare la pubblicità” e di “cercardi non guardarla mai”. Essi ammontano al 13% del campione edunque a 6.2 milioni di 14-79enni: erano il 19% nel 1984, il chesignifica che il partito dei “publìfobi” ha perso oltre un terzo deipropri effettivi in quattordici anni. Costoro per tre quarti affon-dano le loro radici nell’Italia vecchia (il rigetto totale dell’adver-tising sale al 22% tra i 55-79enni); non o poco scolarizzata, ossiasenza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare;povera (nella classe socio-economica inferiore si giunge al 31%) omedio-inferiore per reddito e consumi; rurale e micro-cittadina;con infima Forza della Personalità e dunque senza alcuna capaci-tà d’influenzare gli altri.

2) Gli estranei: qui siamo di fronte al cluster più vasto, che ‘pesa’esattamente un terzo del campione, pari a 15.6 milioni di adulti.

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In gran parte si tratta di gente che sostiene di “non esser inte-ressata alla pubblicità” ma di trovare “qualche annuncio che mipiace”: con accentuazioni che riguardano i 45-79enni, i residen-ti nel nord-est (specie nel Triveneto) e - ovunque - nei comuni dimedie dimensioni, i soggetti ‘bassi’ e ‘medio-bassi’ per scolaritàe reddito e consumi e Forza della Personalità; per circa un quin-to, però, si tratta di persone che dichiarano di “guardar con inte-resse molti annunci” pur se “la maggior parte della pubblicitànon mi interessa”, essendo per lo più salariati e casalinghe tra‘medio-bassi’ e ‘medi’ per titolo di studio e reddito e Forza dellaPersonalità. Costoro, pur esposti - in genere senza entusiasmo -ad alcuni o molti annunci pubblicitari paiono essere totalmentesordi alle tematiche della qualità dei supporti e dei segnali, chenon colgono neppure come esistenti e quindi rilevanti: la qualitàdell’advertising è fatta coincidere con la qualità creativa ed‘ideologica’ degli annunci, ossia con il contenuto dei messaggi,con i valori da essi trasmessi, con le modalità espressive, ecc..

Con i primi due ‘tipi’ (gli Ostili e gli Estranei) si sfiora il 47% delcampione: poco meno della metà degli italiani tra i 14 ed i 79anni - 21.8 milioni di adulti su 46.8 - risulta lontano da un rap-porto intenso con il modo di presentare gli annunci pubblicitari,di metterli in pagina sulla stampa o nelle città, di metterli inonda in televisione o in radio o al cinema. All’opposto, oltre il53% degli adulti è coinvolto in tale ambito, seppur - come subitovedremo - con approcci e giudizi diversificati.

3) I selettivi sono coloro che dedicano attenzione alla qualità deisupporti e dei segnali ma solo con riferimento a taluni ‘media’:raramente la tv e la radio, alle quali pure sono esposti in misurarilevante, ed invece assai più spesso e intensamente per quel cheattiene al cinema, alla stampa (in particolare periodica) ed alleaffissioni e comunque all’’esterna’. Più attenti che critici, costo-ro paiono sensibili ad alcune macro-differenze (tra le emittentitelevisive e radiofoniche leaders e quelle inferiori, tra gli spot e

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le diapositive al cinema, tra i quotidiani a colori e non, tra iperiodici con carta e qualità di stampa elevate e gli altri, tra leaffissioni su supporti di qualità e quelle su brutte staccionate,ecc.) e - specialmente - reputano che in generale in tv ed allaradio la qualità del segnale sia garantita senza differenze apprez-zabili tra i ‘grandi’, mentre altrove siano presenti e manifestedisparità eccezionali, a volte tali da determinare la scelta del‘mezzo’ e comunque l’efficacia dei messaggi pubblicitari su diesso veicolati. Si trovano qui due mondi distinti: quello minorita-rio dei giovani maschi meridionali, di classe medio-bassa emedia, con la licenza media ed a volte il diploma, residenti nellecittà medie e grandi, di media Forza della Personalità, espostiper lo più ai ‘media’ che non esaminano criticamente; e quellodominante della classe media anzitutto impiegatizia (anche conpresenza di casalinghe e di salariati non rurali), urbano-metropo-litana, equidistribuita per grandi aree geografiche, con mediaForza della Personalità e connotante debolezza dei maschi.Nell’insieme questo cluster sfiora il 12% dei 14-79enni, pari a 5.5milioni di adulti.

4) Gli attenti soddisfatti sono poco di più dei Selettivi, ossia il14% del campione e quindi 6.5 milioni. Come dice la loro defini-zione sono, ad un tempo, attenti alla qualità dei supporti e - unpo’ meno - dei segnali (di tipo tradizionale e consolidato) ed inol-tre nell’insieme soddisfatti dell’offerta attuale: molto per quelche riguarda i quotidiani ed i mensili, significativamente per glispot cinematografici e televisivi sulle reti maggiori o più qualifi-cate (in primis MTV), mediamente per mezzi come la radio ed isettimanali, solo abbastanza per la pubblicità ‘esterna’.Le accentuazioni concernono qui anzitutto i giovani 14-24enni, iresidenti nei comuni da 30mila abitanti in su, i diplomati edanche - un po’ meno - le donne, i lavoratori autonomi (oltre aglistudenti), i soggetti con media o medio-alta Forza dellaPersonalità, coloro che vivono nelle regioni del nord-ovest; sep-pur con una piccola minoranza di pensionati di classe media e

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medio-alta assolutamente non marginali ed anzi dotati di stru-menti culturali e di buona capacità d’influenzare gli altri.

5) Infine, ecco i fautori insoddisfatti, che ammontano al 28% delcampione, pari a 13 milioni circa di 14-79enni. Costoro - la mag-gioranza degli interessati a questo tema - sono, da un lato, ecce-zionalmente attenti alla qualità dei supporti e dei segnali degliannunci pubblicitari, che pretendono con particolari forza e coe-renza; e, dall’altro lato, assai critici circa l’offerta di tale parti-colare tipo di qualità dell’advertising in Italia. Si tratta di perso-ne soprammedia 25-54enni (specie 25-44enni); residenti nelnord-est oltre che in Toscana, Umbria e Marche; presenti anzitut-to nella ricca provincia centro-settentrionale tra i 50mila ed i250mila abitanti; laureati e diplomati; imprenditori, dirigenti,professionisti, docenti, quadri, impiegati di fascia alta; di classesocio-economica medio-superiore e superiore (oltre che media);con medio-alta ed alta Forza della Personalità; intensi e variega-ti consumatori di beni, servizi e ‘media’ diversi (i quali sono sti-mati ‘pesare’ per oltre la metà del totale consumi privati), perdi più con massimo orientamento all’innovazione, al servizio, allaqualità totale per l’appunto. Il loro atteggiamento è aspramentecritico nella denuncia dei limiti persistenti della pubblicità suogni mezzo esaminato in quest’indagine.

Insomma, più di un italiano su due presta abbastanza o moltaattenzione alla qualità dei supporti e dei segnali degli annuncipubblicitari ma più della metà degli ‘attenti’ risulta essere criti-ca - e spesso aspramente critica - circa tale (inadeguata) quali-tà. Ma quali sono i punti di debolezza, le insufficienze oggetto didiffuse riserve collettive? A questa domanda ha risposto unaricerca qualitativa, basata su 30 colloqui ‘in profondità’ sommi-nistrati nel febbraio-marzo 1999 da ricercatori specializzati edopportunamente addestrati appartenenti allo staff interno diAstra su incarico della concessionaria Jolly Pubblicità (colloquiche hanno coinvolto soggetti in 3 punti di campionamento del

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nord, del centro e del sud di età comprese tra i 18 ed i 67 anni,per metà uomini, tripartiti per classe socio-economica/titolo distudio, opportunamente segmentati per esposizione ai vari‘media’).

Per quel che attiene al cinema, alla pubblicità al cinema, l’atten-zione degli intervistati si concentra su:

• le diapositive, considerate universalmente di pessima qualitànon solo per i messaggi accolti e gli stessi utenti (per lo più eser-cizi commerciali, concessionarie, ristoranti ed hotel, ecc. d’am-bito locale), oltre che per la peculiare “miserabilità” di tantissi-mi annunci (massimo esempio d’“assenza d’ogni creatività”), maanche - ed a volte specialmente - per l’infima qualità del suppor-to tecnico (la diapositiva) e del sistema di riproduzione, la colon-na sonora per lo più inafferente e casuale, l’immagine d’inaccu-ratezza e di scarso rispetto del consumatore, il conseguenteeffetto ‘deposizionante’ in basso

• gli spot, tornati a crescer di numero e di qualità dopo un lungoperiodo di decadenza del ‘mezzo’; qui, oltre allo straordinarioincremento percepito, si parla di:

- ampiezza dello schermo (molto)- qualità dello schermo (poco)- qualità del proiettore (molto)- qualità del sonoro e dello ‘stereo’ (molto: diversi soggetti cita-no il Dolby System), dipendenti - come per i privati ma su scalamaggiore - dal valore dell’emittente e da quello dell’apparato didiffusione (“le casse”...)

La convinzione è che all’aumento quali-quantitativo degli spotcinematografici (specie di quelli “originali” e non ripresi dalla tv)abbia corrisposto l’eccezionale diffondersi - specie al centro-nord e non solo nelle nuove multi-sale o simili (multiplex, ecc.) -

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di nuovi schermi ed apparati di riproduzione del suono e delleimmagini, nell’ambito di un più generale rinnovarsi dell’offertadelle sale, degli arredi (poltrone, ecc.), dei servizi collaterali.

Per la pubblicità cinematografica - con l’eccezione delle diaposi-tive - è massima la convinzione relativa all’incremento recentedella sua efficacia a seguito della sinergìa positiva di tutti i plussuddetti (mentre il target è il più attento alla validità dei suppor-ti e dei segnali degli annunci pubblicitari).

Diverso è il discorso attinente alla pubblicità in radio. Qui, infat-ti, non si può parlare di supporto, mentre ciò che conta è solo laqualità del segnale, la quale è data, secondo gli intervistati ches’esprimono in merito, da:

• la qualità riproduttrice dell’apparecchio, ovviamente nondipendente dall’utente pubblicitario o dall’emittente radiofonica(alla quale compete al massimo la stereofonicità del programma)

• la qualità del sonoro dipendente dall’emittente, la quale è con-siderata essere un mix di:

- forza/potenza del segnale, a sua volta derivante sia dallapotenza in emissione sia - specialmente - dalla numerosità e qua-lità dei ripetitori o comunque delle (spesso ignote) modalità didiffusione/propagazione/trasmissione del suono

- assenza di interferenze (per lo più non ben determinate maavvertite come “fruscii”, “cadute”, ecc.)

- distinzione (tramite “stacchi” netti) tra i vari tipi di messaggi edi musica, desiderati “non sovrapponentesi” (il che rinvia ancheallo ‘stile d’impaginazione’ e di conduzione della singola emit-tente: un tema peculiare del mezzo radiofonico).La percezione diffusa è che sia avvenuto e sia ancora in atto un

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consistente (seppur tardivo) processo di qualificazione dellaradio e della stessa pubblicità radiofonica, specie a seguito del-l’affiancarsi alla Rai di networks professionali e ben concentrati,ascoltabili, noti e persistenti; talchè la qualità del segnale inci-de ormai sull’efficacia dell’advertising radiofonico, a favoredelle emittenti che più e meglio garantiscono la soddisfazionedelle domande suddette.

La pubblicità televisiva - oggetto di numerosissime analisi - è quiaffrontata solo dal punto di vista della qualità del segnale: untema ritenuto rilevante da quasi la metà dei viewers. In analogiacon quel che è emerso a proposito del ‘medium’ radio, gli inter-vistati parlano spontaneamente de:

• la qualità dell’apparecchio tv, oggetto di elevato interesse chesi tramuta in numerose verbalizzazioni articolatissime: essa nonè addebitabile naturalmente all’utente pubblicitario ed all’emit-tente, ma va ricondotta alle differenze (descritte come semprepiù rilevanti ‘in alto’) tra televisore e televisore, con un’immagi-ne dell’offerta caratterizzata dalla sostanziale buona qualitàdegli apparecchi di fascia media e bassa (distinguentisi tra loropiù per altri aspetti: dimensioni dello schermo espressa in polli-ci, presenza del videoregistratore incorporato, “diavolerie” elet-troniche accessorie, ecc.) ed invece da un’inedita segmentazio-ne verticale nelle fasce alta ed altissima (si va dallo stereo aimega-screens, dagli schermi a cristalli liquidi sino a quelli al pla-sma)

• la qualità dell’immagine, dipendente invece dall’emittente, ederivante (si dice) da:

- la forza/potenza del segnale- la numerosità e la potenza dei ripetitori (e dunque anche la loronumerosità ed il loro reticolo a maglie strette con presenza purenelle aree montagnose)

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fi l’eventuale utilizzo del cavo, del digitale, del satellite (per lopiù citati in modo confuso: di chiaro c’è solo la percezione delladiversificazione tecnologica dell’offerta televisiva)

• la qualità del sonoro, a sua volta derivante - secondo gli inter-vistati - da un mix di:

- forza/potenza del segnale- quantità e qualità dei ripetitori o degli altri mezzi di diffusio-ne/propagazione/trasmissione del suono- volume (un tema specifico della pubblicità tv, legato alla perce-zione che “in molti casi” - specie sulle reti Mediaset - prosegual’abitudine deploratissima d’“alzare il volume della pubblicità”rispetto a quello dei programmi, col risultato di renderne l’ascol-to “sgradevole” e vissuto come impositivo, “schiacciante”).

Il giudizio della gran parte del campione è che, da un lato, i gran-di miglioramenti del segnale siano stati acquisiti già alla metàdegli anni ‘80 (in connessione col trionfo delle reti alloraFininvest ed in particolare di Canale 5), col risultato di operareuna netta distinzione - ormai più che decennale - tra reti di serieA (le tre Rai, le tre Mediaset, a volte e spesso solo recentemen-te TMC, più di solito due-tre emittenti locali o regionali) e reti diserie B (accoglienti messaggi peggio trasmessi oltre che normal-mente anche di qualità creativa e realizzativa assai minore,come avviene peraltro in tutte le tv locali o regionali). Semmai èinedita - rispetto a più vecchie ricerche - l’affermazione secon-do la quale “certe pubblicità in televisione sono così belle e spet-tacolari da richiedere” una qualità audio-video ‘top’. Inoltre, stadiffondendosi l’opinione che le “nuove televisioni” - seppur nonben note nei dettagli o confuse tra loro - apporteranno un ulte-riore miglioramento del segnale sonoro e non, ulteriormenteenfatizzato dai nuovi apparecchi riproduttori sopra citati.Per finire, va detto che mai come per l’advertising tv la crescen-te domanda selettiva di qualità del messaggio s’intreccia con la

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crescente sensibilità alla qualità del segnale, entrambe sinergi-camente reputate fattori-chiave di successo sul terreno dell’effi-cacia distintiva.

La pubblicità sui quotidiani e quella sui periodici sono oggetto dinumerose verbalizzazioni spontanee, favorite dal fatto che qui inmassima misura è evidente il supporto materiale degli annunci.Tale supporto viene descritto senza sollecitazioni in termini(identici per tutta la stampa) di:

• dimensioni (in generale più apprezzate se più grandi per quelche attiene all’enfasi degli annunci, ma all’opposto più graditemedie - ma non piccole - se l’intervistato ragiona in termini diagevole lettura/consultazione)

• carta (peso, qualità, brillantezza/lucentezza, ecc.)

• resa di stampa (in generale, per i corpi minori, per la qualità -“vera” e “non sbavata” - dei colori, ecc.)

• utilizzo del colore in alternativa al b/n (laddove il prodotto nonè tutto a colori).

Per i soli periodici si parla anche di peso e di difficile lettura, soloper i numeri ad elevata foliazione; per i soli quotidiani - esclusiquelli più importanti - si aggiungono annotazioni e richieste con-cernenti la “sporchevolezza” dell’inchiostro non perfettamente“assorbito” dalla carta o da essa comunque ceduto.

Per entrambi si aggiungono osservazioni (quasi sempre negative)sugli inserti di dimensione diversa dal giornale-madre, specie i“volantini” o simili nei quotidiani e gli inserti (a volte “di carton-cino”) messi al centro o in più parti del periodico e rendenti piùardua la sua lettura/sfogliatura.

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Per i periodici si fanno alcuni spontanei riferimenti negativi ai‘ribaltelli’ di copertina, alle ‘doppie copertine’, a molte soluzio-ni cartotecniche innovatrici percepite come “pretenziose” e“poco funzionali”, “disturbanti” (il che non vale, invece, per le“pagine profumate”, alcuni gadgets cellofanati, tutto ciò che è esi presenta - anche nei quotidiani - come “giornale su giornale”ossia arricchimento del giornale-base con supplementi, altridorsi, ecc. omologhi e qualificati/qualificanti).

Infine, la pubblicità esterna: ad un tempo massimamente critica-ta per la scarsa qualità di moltissimi supporti (a partire dallestaccionate provvisorie, da molti tabelloni brutti e non o malmantenuti, da tanti supporti - anche in pietra, metallo, ecc. enon solo in legno - obsoleti, degradati, persino in via di polveriz-zazione o caduta); massimamente richiesta di essere davveroqualificata, per accrescere l’efficacia dei suoi messaggi e spe-cialmente per contribuire al miglior arredo urbano, a render lenostre città e strade (e stadi e aeroporti e stazioni...) più belle,colorate, “a posto”, vivibili, ecc.; massimamente considerata -insieme al cinema - in via di crescita qualitativa, almeno in alcu-ne città o zone (di solito centrali o ad alto traffico interessante,dagli aeroporti agli ipermercati), spesso con soluzioni innovative,creative, notabili e quindi costituenti non solo supporto del mes-saggio ma parte di esso (quando non addirittura messaggio,‘discorso’ a sè).

Qui l’attenzione spontanea degli intervistati si concentra su:

• la qualità materiale dei supporti (dimensione, vivibilità legataalla location ed anche all’illuminazione anteriore o superiore o“dietro”, superficie non rugosa, tenuta al maltempo dal ventoalla pioggia alla neve, “pulizia” intesa come decoro urbano epulizia intesa come manutenzione, assenza di residui, ecc.)• il rispetto dell’ambiente (naturale, urbano, ecc.: specie, manon solo, nei centri storici e nelle zone ‘artistiche’)

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• la qualità estetica e - sempre più spesso - la creatività del sup-porto ad un tempo tecnica e comunicazionale.

In tale contesto la pubblicità a decorazione integrale, talunimega-posters, alcune soluzioni minori (pensiline, palette indica-trici, fioriere, ecc.) vengono segnalati come esempi preclari delrinnovamento in atto.

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FRANCESCO VILLA - Rigiflex

La questione della qualità è indubbiamente un argomento estre-mamente importante per la pubblicità esterna e per questo hodedicato tanti anni a predicare che ci vuole qualità. Ma non basta la qualità del supporto, ci vuole anche la qualità delprodotto. Se ho un cassonetto luminoso è importantissimo che iltelo sia stampato perfettamente. Se ho un affissione è bene cheil manifesto sia fatto con carta buona, insomma bisogna integra-re le due cose. Sono un amante del buon vino, se vedo una bel-lissima bottiglia e la compro e dentro c’è un vino di cattiva qua-lità quel vino non lo comprerò mai più, quindi la qualità è estre-mamente importante e premia.

Un esempio tipico di successo della qualità è evidenziato da unparagone del mercato francese della pubblicità esterna rispettoa quello inglese. La Francia è sempre stata leader del mercatodella pubblicità esterna, oggi ancora in crescita, ad esempio lapercentuale di sviluppo del mercato francese è del 5% contro il4% dell’Inghilterra. Se vediamo però il fatturato globaledell’Inghilterra nel mercato della pubblicità esterna questo è il70% di quello francese, ma se guardiamo i supporti il rapportoposter Inghilterra e Francia è 4 in Francia ed 1 in Inghilterra e seguardiamo il rapporto delle pensiline è 2,5 in Francia ed 1 inInghilterra.

Pochi supporti di qualità premiano, un esempio tipico: la Maidenin Inghilterra ha creato un circuito di 105 bellissime luminose inposizioni strategiche che si vendono a pacchetto a 800 milioniper 15 giorni. Ancora in precedenza la Mills & Allen aveva un cir-cuito di 10 posizioni luminose back-light a Londra e per un mese,nei mesi di punta, lo vendeva fino a 100.000 Sterline; in Spagna,Avenir, vende un circuito di 200 luminose 8x3 in 12 città a 100milioni di Lire.

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È un momento d’oro per la pubblicità esterna però dobbiamosaperlo sfruttare, stando però attenti perché, come diceva giu-stamente Finzi, qui in Italia abbiamo veramente esagerato e que-sto è un pericolo perché se andiamo avanti in questo modo, conla quantità che prevale sulla qualità, ci saranno degli interventipolitici sul nostro mezzo. Abbiamo già avuto casi del genere negliStati Uniti dove parlavano di visual pollution abolendo la pubbli-cità esterna in alcune città, ed è stato molto difficile farla nuo-vamente accettare. Troppi spazi vuol dire uno svilimento dellapubblicità esterna.

Abbiamo credo un esempio caratteristico, che è stato quellodella Fap, che aveva fatto un bellissimo prodotto, aumentando-ne però il numero in modo eccessivo, quando c’è stato il momen-to della recessione tutto è crollato. L’altra cosa che non dobbia-mo dimenticare è l’arrivo delle grandi società di PubblicitàEsterna Americane. Negli Stati Uniti la pubblicità esterna stamuovendo passi da gigante, la catena di televisione CBS ha com-prato TDI, che gestiva la pubblicità dinamica in quasi tutti gliStati Uniti, la Clear Channel che gestisce una rete radiofonica hacomprato in Inghilterra la More O’Ferrall, che commercializza laPubblicità Esterna in 25 Paesi del mondo. Verranno con nuovi sup-porti, con cose nuove e li dovremo affrontare, quindi è beneadesso pensare ai prodotti nuovi e ai nuovi supporti.

Devo dire che l’Italia in questo campo, e in particolare la Jollycon l’apporto di Paolo Casti, si sta muovendo nella direzione giu-sta, mi basti ricordare che quando stiamo stati a Montreal al con-gresso mondiale della pubblicità esterna sono stati gli italiani conPaolo a fare una bella presentazione sul design italiano. Anche ildesign del supporto pubblicitario è molto importante.

Penso che ne vedremo delle belle e la risposta sarà sicuramentepiù qualità e meno quantità.

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VIRGINIO BRIATORE - Interni

Io sono contributing editor, così si dice, di una rivista che si occu-pa di design da tanti anni e che si chiama "Interni". Noi siamo trale persone che dicono che le idee sono alla base di tante cose einfatti l’idea di un light box è già più interessante che non quel-la di una superficie noiosa e opaca, così come Finzi ci facevacapire, dato che ormai un 6% di quelli che sono insoddisfatti maattenti dicono che il mezzo è importante.

Ormai dovrebbero saperlo anche i carciofi che il messaggio è ilmezzo e quindi se il mezzo è brutto, è orribile, anche il messag-gio vive male.

La pubblicità esterna siamo abituati a vederla come cartelloni ocose simili o manifesti di varia natura. Noi abbiamo provato inoccasione del Salone del Mobile di Milano, che è il momento piùimportante per pubblicizzare il peso che il design ha nel panora-ma economico della nostra società, a portare questa presenzadentro alla città. Abbiamo quindi scelto di sottoporre tutti voi,volenti o nolenti, al messaggio, strutturando però un’esternadiversa.

L’idea appartiene al direttore di Interni, che è una donna e vimanda i saluti da lontano, dato che oggi è in Argentina, si chia-ma Gilda Boiardi, ed è una vera potenza di idee e di lavoro.La prima idea, nel 1998, è stata quella di avere un supporto simi-le, sul quale le aziende potessero esprimere idee e prodotti e chequesto supporto servisse anche al nostro giornale come servizio.

Questa è la prima innovazione, non solo vendiamo quello cheinteressa a noi ma vendiamo anche un servizio, in questo caso diinformazione sugli eventi del Fuori Salone; questa commistionetra l’interesse privato e collettivo è una delle situazioni che pos-sono essere interessanti, come succede ad esempio anche all’ae-

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roporto Catullo di Verona, progettato da Aldo Cibic, dove le lightbox alle spalle delle casse possono servire sia come display diadvertising sia come messaggi relativi all’utilizzo dell’aerostazio-ne.Il primo anno sono state 7 le aziende che hanno comunicato ideee prodotti servendosi di un unico supporto, una torre: un abbina-mento in cui la Jolly è coinvolta perché ha rivestito con le suecapacità tecniche e con le pellicole 3M sia le 7 torri che 7 FordKa, a loro volta ammantate con una pelle diversa o come si dicecon una “skin” che riprendeva il decoro delle torri.

Qui l’interruttore della Biticino è stilizzato da un vecchio grandegenio, Achille Castiglioni. Così le aziende e i prodotti sono statitestimoniati da una installazione fissa e da un’altra che invece simuove e che va in giro per la città. Come vedete, dall’altro latola torre conteneva oltre che il decoro, (questo è quello diMassimo Iosaghini, colui che ultimamente ha curato molti deglistand Omnitel) anche il prodotto che l’azienda intendeva espor-re e in basso la locandina, il servizio di Interni che funzionavacome una guida.

Queste sono le diapositive relative all’anno scorso. Ma perché leKa? Perché la Ka ad esempio è una realtà in cui il design ha avutoun peso importante nel successo di vendita, e prima ancora laTwingo, perché sono delle situazioni nelle quali il design, come sidiceva poc’anzi per MTV, permette un’identificazione immediata,che rende riconoscibile il prodotto e quindi forse anche chi lo usa.

La variante di quest’anno serve a comunicare all’esterno che ildesign è a Milano e che il design è importante per la nostra eco-nomia e che 150 mila persone vengono a Milano in quella setti-mana, così come vengono per la moda. La moda e il design sonole uniche due cose di cui possiamo essere fieri e per le quali ven-gono a studiare dall’estero e per le quali Milano è in qualchemodo importante.

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Per comunicare le aziende, che sorreggono il design, molte dellequali sono in realtà qui nel Triveneto, quest’anno siamo passatida un supporto esterno, che era simile e uguale per tutti, ad unsupporto che era direttamente il messaggio.

Qui, ad esempio, vedete il cavatappi di Anna Gili, prodotto dallaAlessi: è il totem ed è il messaggio. Questa era una delle cose chegià dicevamo l’anno scorso e che se andiamo a Disneyland vedia-mo già fatto: se si vuol dire Coca Cola si fa una lattina di 30 metri(inutile negare che eccedendo rischiamo di "disneylandizzare " ilpaesaggio, tipo negli autogrill, o nei centri commerciali.)

Il messaggio quindi può coincidere con il mezzo: qui vediamo unatorre, quella dell’atelier Mendini, dove il prodotto da comunica-re era il mosaico Bisazza ovvero la superficie, la variabilità dellesuperfici ed in questo caso il decoro ritornava importante.

Questa è una piramide, è un oggetto di argenteria, pensate unpo’ voi che uscirà l’anno prossimo, nel 2000, è progettato daRoger Tallon (colui che ha progettato il TGV, le Train GrandeVitesse) sarà un oggetto che vorrà testimoniare la civiltà degliesseri umani, è una piramide che verrà venduta in formati vari,da 5 centimetri a 150 centimetri, su ogni lato della piramide cisono dei messaggi che scandiscono le date, i momenti, le perso-ne più significative della storia dell’umanità degli ultimi 2000anni, è un segno totemico che l’azienda Cristophle proporrà l’an-no prossimo.

Questo è un pela-patate della Guzzini, la dimensione lo rendestraordinario...il fuoriscala è uno dei piccoli segreti del successo:un cucchiaio da solo non fa niente, 5 mila cucchiai diventano unsegnale, un rubinetto di 3 metri è una scultura, è un segno.Un frigorifero di 2 metri e 50 resta sempre un po’ tozzo ma comu-nica solidità e colore. Pensate che i frigoriferi colorati non esistevano, è stato il pubbli-

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co che li ha chiesti; per cui sarebbe bene che anche gli utenticominciassero a chiedere una pubblicità esterna meno opaca,meno “coprente”. I tabelloni non fanno che coprire: è chiaro chese invadiamo il centro storico di pannelli e pannelloni ritorniamoad essere quel 13% degli italiani a cui la pubblicità dà fastidio..da qui l’importanza che sia ben distribuita...

Lasciando sottofondo come ultima immagine il video-wall chedalla vetrina di Fiorucci mandava in diretta immagini digitali pre-levate nei luoghi degli eventi, immagini della città, delle stessesculture e del nostro giornale (altro esempio di esterna innovati-va…), concludo questo intermezzo dicendo che le “Y”, gli altrinuovi supporti, sono per noi che ci occupiamo di design un segna-le di come l’attenzione stia crescendo. Fenomeno rilevato anche dalla ricerca di Finzi: alla qualità delcolore sulla carta stampata non ci badava nessuno, ora stannoattenti che non esca dal filetto; così anche al paesaggio urbanosi presta maggiore attenzione.

Coloro che progettano i mezzi possono portare un contributodecisivo perché c’è bisogno di idee e cito, chiudendo, una donnache stimo molto: si chiama Lee Edelkoort, è una signora che aParigi ha uno studio di ricerche e lavora con grandi società di varisettori, dall’automobile, all’abbigliamento, al cibo (a lei si devein parte anche il riposizionamento di Missoni in una nicchia nongrande, non piccola). È un guru, a lei si rivolgono per cercare dicapire dove va la società, adesso è il direttore della DesignAcademy di Eindhoven, che è forse la migliore scuola di designche ci sia in Europa, ed è pure editore di tre riviste "culto".

Lei dice che sono poche le idee che non possono essere prodottee che quindi se riusciamo a pensarle probabilmente riusciremoanche a farle.

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MASSIMO CAIAZZO - Atelier Mendini

Le enormi potenzialità espresse dai nuovi supporti hanno senz’al-tro rivoluzionato sia il mondo della comunicazione che il ruolostesso dei progettisti. Questa continua evoluzione ha addiritturaevidenziato come il contenuto e il messaggio risultino spessol’aspetto più discutibile, mentre i supporti e la resa di stampacostituiscono un punto fermo in grado di garantire un risultato dielevata qualità alla realizzazione di qualsiasi forma di progetto.

Oggi la presenza dell’advertising nello scenario urbano costituisceun elemento caratterizzante e sempre più riconoscibile.A volte diviene un vero e proprio punto di riferimento per orien-tarsi nella città, specie in territori dove l’impatto spersonalizzan-te di un certo tipo di urbanizzazione ha impoverito lo sky-line dellacittà privandolo di piazze, fontane, monumenti e tutti quegli ele-menti fondamentali per la memorizzazione dei percorsi. Inoltreuna pubblicità posizionata correttamente e ben illuminata contri-buisce alla visibilità notturna nei punti più bui della città.

Paradossalmente si può affermare che la presenza in aree oppor-tune di alcuni annunci pubblicitari particolarmente felici nelconiugare forme e contenuti contribuisce alla riqualificazione delterritorio.

Ovviamente parliamo di una percentuale di casi ancora tropporidotta se confrontata con gli innumerevoli esempi negativi di uncerto tipo di comunicazione che, collocata in modo irrazionale edin completa dissonanza con l’ambiente, ottiene come risultatosoltanto l’irritazione e il fastidio del pubblico. Particolarmentecomplessa poi, è la questione circa la presenza della pubblicitànei centri storici: da un lato vincoli che nella migliore delle ipo-tesi impongono al progettista l’orrore della pedissequa imitazio-ne in stile finto antico o peggio ancora l’immobilismo che gene-ra a sua volta abusivismo (fenomeno dilagante e da non trascura-

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re), dall’altro informazioni eccessive rispetto a spazi limitati cherisultano congestionanti.

Sicuramente uno spunto interessante per i progettisti è rappre-sentato dalla possibilità di arricchire (come già avviene, qualchevolta con risultati brillanti) i supporti destinati al messaggio pub-blicitario sia con informazioni utili, per esempio di caratteretopografico, meteorologico, ma anche trasformando i supportistessi in elementi di arredo urbano, per offrire agli utenti dellacittà non solo giganteschi pannelli spesso malsopportati maanche servizi che avvicinino la gente alla comunicazione raffor-zando così il rapporto stesso con il consumatore.

I nuovi supporti sono lo strumento ideale per esercitare alcuneforme d’arte, un’occasione non sempre sfruttata appieno. È que-sta per me una qualità nascosta con risultati manifesti, magarialti sei metri e larghi venti.

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ROBERTO VASINI - Consulente di Comunicazione

Mi atterrò a quanto suggeriva il vecchio premier degli anni ‘60dell’Inghilterra, il conservatore MacMilland che qualcuno di voiricorderà, che ai giovani deputati della Camera dei Comuni dicevache per farsi ascoltare, quando si è giovani deputati o semplicideputati, non bisogna dire più di una cosa, non bisogna trattare piùdi un argomento altrimenti l’assemblea non ascolta più. Quando siè ministri si può parlare di due cose, quando si è primi ministri sipossono anche affrontare tre cose nel corso di un dibattito o di undiscorso alla Camera dei Comuni.

Qui mi considero non premier, perché di premier c’è soltanto Finziin questo consesso, ma almeno ministro, se mi consentite, quindidirò due cose che si riferiscono appunto alla mia esperienza di diret-tore marketing prima alla ATM di Milano e poi alla Atac Cotral diRoma.La pubblicità integrale che abbiamo lanciata a Milano all’iniziodegli anni ‘90 ha avuto immediatamente un enorme successo,successo enorme perché è stata in quel periodo, relativamentealla pubblicità dinamica, la vera innovazione (non è facile inno-vare nel campo della pubblicità dinamica). È stata la vera inno-vazione di quel periodo e ha avuto un successo subito strepitoso,perché era una novità che impattava in maniera straordinaria lecittà, grandi e medie ma soprattutto e in particolare Milano eRoma, e quindi ha avuto un successo molto forte. Questo a pre-scindere dalla qualità.

C’è stato poi un leggero calo negli anni immediatamente succes-sivi ai primi due, dopodiché c’è stata una ripresa e adesso direiche è stabilizzata su livelli soddisfacenti sia a Milano, dov’è gesti-ta direttamente, sia a Roma dove invece l’abbiamo data, quandoero direttore laggiù, in gestione ad un concessionario.

A mio avviso però c’è una ragione di questo trend del successo di

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questa pubblicità rispetto sia agli utilizzatori che al pubblico:abbiamo condotto a suo tempo delle indagini, sia per quantoriguarda le aziende utilizzatrici, sia per quanto riguarda i consu-matori cioè la gente, i cittadini.

Direi che nella fase iniziale la grande novità e il conseguentegrande successo hanno prodotto una grande corsa in cui si pre-scindeva dalla qualità, sia dal punto di vista del cliente che chie-deva lo spazio, sia dal punto di vista del soggetto del messaggiopubblicitario, prendendo anche clienti e soggetti che non dove-vano essere presi.

Da qui il risultato che, in effetti, dal punto di vista qualitativoquesta pubblicità è stata usata in molti casi impropriamente; nonsolo in relazione ai messaggi ma anche dal punto di vista dellaqualità dei prodotti utilizzati. Anche qui c’è stato un assestamento perché, dopo tutta una seriedi prove, abbiamo imposto l’uso di un certo tipo di materialedella 3M che doveva dare certi risultati dal punto di vista visivo,del mantenimento della qualità dell’immagine e del manteni-mento delle vetture su cui queste pellicole venivano posate.Sbagliando materiale è successo infatti che delle vetture sonoandate rovinate completamente perché era impossibile togliere,senza contemporaneamente scollare e scorticare l’intera vettu-ra, la pellicola pubblicitaria.

Ora credo che a Milano, e anche a Roma e nelle altre città, lasituazione sia molto migliorata complessivamente, sia dal puntodi vista della qualità che del supporto.

È importante poi anche il mezzo sul quale viene applicata la pel-licola adesiva della 3M; chi è di Milano sicuramente lo sa, se neè reso conto. Certe vetture, come per esempio i tram a tre casse,che girano sulla circolare tranviaria 29/30, quando hanno unapubblicità indovinata sono degli spettacoli straordinari; vederli

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passare, circolare, sono veramente belli e contribuiscono a rav-vivare Milano, che di suo non è una città molto vivace dal puntodi vista urbanistico, bella ma non così vivace come colori, comeRoma per esempio. Attraverso delle indagini abbiamo verificatoche effettivamente questa pubblicità ha un impatto positivo sul-l’ambiente urbano.

Lo stesso esperimento portato a Roma nel ‘96, quando mi sonotrasferito a Roma a dirigere il settore marketing, anche lì haavuto subito un grande successo; però che cosa mancava a Romarispetto a Milano? Mancavano i mezzi, mancavano i tram a trecasse. A Roma ci sono dei tram a una cassa e a due casse al mas-simo, anche brutti fra l’altro, e degli autobus molto più numero-si che a Milano ma in cattivissimo stato. C’è da dire però che,mentre per i tram la pubblicità non è molto utilizzata, salvo chesu qualche due casse dove rende abbastanza bene ma non comele tre casse di Milano, sugli autobus, che hanno una vita mediapiù alta di quelli di Milano (sono più vecchi, più malandati, conuna manutenzione meno accurata), quando il soggetto e il mate-riale sono appropriati la pubblicità ha un effetto ancora superio-re rispetto a Milano, perché migliora la qualità complessiva delmezzo di trasporto perché lo rende più bello. Anche questo l’ab-biamo verificato.

La seconda cosa a cui volevo accennare riguarda le pensiline a Roma.Le pensiline a Roma in questo momento sono poche, sono 370circa; dovranno diventare 700 e oltre nel giro di sei mesi, un annoal massimo. Non so se voi le avete viste ma nella cartella stam-pa che è stata distribuita c’è una fotografia di una pensilina dellaJolly Pubblicità che è installata a Roma.

Queste pensiline hanno avuto un successo enorme, anche se sonosoltanto 370, e dal punto di vista pubblicitario credo siano giàinteressanti, anche se non sono il massimo che si possa chiedereper poter soddisfare una domanda di circuiti nazionali, locali,

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ecc.; quando saranno 700 sarà veramente un’offerta moltomigliore.

Queste pensiline, che hanno una struttura molto robusta, hannolo spazio per sedersi, hanno lo spazio per dare informazioni sulservizio e sugli orari, sono veramente molto apprezzate e c’è unarichiesta enorme da parte dei cittadini che scrivono all’azienda eanche direttamente alla Jolly che si occupa della posa. Mentrenon ci sono problemi per posarle in zone periferiche poco fre-quentate, ci sono grossi problemi a posarle nel centro della cittàe nella prima Circoscrizione romana è addirittura impossibile allostato attuale. Le Circoscrizioni hanno potere di veto sulla posa omeno certi manufatti e finora è stato detto no perché, secondoloro, l’impatto di queste pensiline con l’ambiente sarebbe statonegativo, essendo Roma città d’arte, con il centro storico, in par-ticolare, denso di monumenti e palazzi sotto tutela.

Le pensiline quindi, volevo dire, rappresentano uno strumentomolto importante dal punto di vista della comunicazione, perchénon solo sono uno strumento forte per la pubblicità ma sono unostrumento forte anche per l’informazione dell’azienda di tra-sporto; sono uno strumento forte per aumentare il comfort delservizio perché ci si può sedere, ci si può riparare.

Le pensiline a Roma, se saranno illuminate, come per esempio losono a Milano (anche se più fragili e di diverso tipo), daranno poiun ulteriore servizio alla popolazione perché la luce, la luminosi-tà è sinonimo di sicurezza. Sicurezza che nelle grandi città comeRoma e Milano non è un problema da poco.

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ENNIO MAZZEI - “Corriere della Sera”

Dal punto di vista del ragionamento sulla pubblicità esterna, sul-l’affissione, su questi strumenti, non ritengo davvero di averealcun titolo per esprimere delle opinioni professionali. Ne ho daesprimerne professionalmente in quanto pianificatore di pubbli-cità esterna. Scusatemi ma nella fretta ho dimenticato di presen-tarmi: di mestiere faccio il direttore marketing di “Gazzettadello Sport” e “Corriere della Sera”. Avendo utilizzato in varieoccasioni l’affissione per questi due giornali, devo certamentetestimoniare che di risultati ne abbiamo avuti e ne abbiamo avutidi molto importanti.

C’è un giudizio poi sull’affissione, se me lo si consente, un po’ daprivato cittadino. Sono arrivato qui proprio mentre si proiettava-no quelle realizzazioni che Interni con Jolly Pubblicità ha fatto aMilano recentemente. Devo dire che realizzazioni di questo gene-re, dal punto di vista strettamente di privato cittadino milanese,sono molto importanti e hanno certamente migliorato la nostragraffitata città in questo periodo.

Qui mi fermo dal punto di vista dell’affissione. Quello che holetto invece nella ricerca di Enrico Finzi e che riguarda un pò ilgiudizio dei fruitori, del campione interessato, sull’affissione esulla stampa periodica e quotidiana, mi porta a fare alcune brevie spero non noiose riflessioni con voi.

Sono sostanzialmente delle sottolineature di quello che la ricer-ca evidenzia. Il primo: la qualità della pubblicità è la qualitàdella materia prima, carta, della tecnologia, stampa, e inchiostriche il quotidiano mette a disposizione del messaggio pubblicita-rio. Da ricerche che noi facciamo ormai frequentemente, questotema della qualità si evidenzia in maniera molto forte: è da unanno e mezzo circa che, proprio alla luce delle indicazioni chevenivano dalle nostre ricerche, abbiamo messo in atto un piano

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di miglioramento qualitativo della produzione nei vari poli distampa nei quali sono realizzati i nostri giornali, proprio perchéabbiamo capito che su questo tema da parte dei nostri lettori c’ègrande interesse.

Certamente c’è sempre più attenzione e ripeto, queste non sonoopinioni mie ma sono evidenze forti di ricerca, c’è sempre piùattenzione da parte dei nostri lettori alla qualità formale, grafi-ca, estetica della pubblicità e su questo noi possiamo incidere inmaniera limitata perché il messaggio pubblicitario ci proviene dainostri inserzionisti e più di tanto non si possono naturalmenteforzare gli elementi della grafica.

È vero però che noi possiamo fare azioni consistenti dal punto divista della collocazione della pubblicità nel contesto del giorna-le. Qui viene fuori un discorso, perdonatemi se vi annoio, più tec-nico sulla fattura del giornale, che noi stiamo cercando di orien-tare sempre di più verso un concetto di posizioni pubblicitariepredeterminate nelle pagine del giornale.

Nei quotidiani italiani (e non in quelli stranieri) c’è una invetera-ta e cattiva abitudine che è quella di scrivere, pensare al conte-nuto giornalistico e ficcare la pubblicità qua e là dove ci siaposto. Noi crediamo che questa non sia una strada moderna, nonsia una strada di sviluppo del mezzo. Stiamo cercando di lavora-re per collocare la pubblicità in luoghi predeterminati nel palin-sesto del giornale e fare in modo che il contenuto giornalisticovada in qualche modo di pari passo con la pubblicità.

Leggevo con preoccupato interesse nella ricerca di Finzi questorifiuto, questa idiosincrasia, questa difficoltà del consumatore adaccettare insieme con il quotidiano supporti di carattere diverso,di diverse dimensioni, di diverso formato ecc..

Credo che sia vero, e che lo sia in particolare per giornali come i

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nostri, che non sono ancora preparati da un punto di vista tecno-logico a presentare un giornale multi-dorso e multi-elemento macompiegato in se stesso e tutto monolitico in qualche maniera.

Un segnale positivo infine viene dal fatto che, come evidenzia laricerca di Finzi, il numero dei fruitori di pubblicità definiti “osti-li” è in continuo calo.

Se vi ricordate la premessa, credo che queste siano le cose, sperocon un minimo senso, che sono in grado di raccontarvi oggi.

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RICCARDO TASSINI - Cartiere Fedrigoni

Le Cartiere Fedrigoni producono e distribuiscono “carte speciali”da circa 120 anni. La produzione in termini assoluti non è vastis-sima, però nel segmento delle carte speciali siamo tra i primi 10produttori mondiali. Nel listino abbiamo una gamma di circa 120tipologie, raggruppate in 25 campionari.

Per Fedrigoni il significato di carta speciale potrebbe essere cosìespresso: è un supporto che non si limita ad essere puro veicolodi un testo, di una immagine, di un messaggio, ma esprime ecomunica anche un elevato contenuto intrinseco un plus valoreproprio.Pur essendo la carta un prodotto antico, inventato più di milleanni fa e fin da allora fatta più o meno con le stesse materieprime, tuttavia si riescono ancora a dare delle caratteristiche edei significati che la rendono sempre nuova ed attuale.

Venendo alle tematiche del convegno, siamo profondamente con-sci che il messaggio che viene comunicato al cliente è semprecomposito e articolato. Chi mi ha preceduto ci ha detto, e la cosala ritengo interessante, che 6 persone su 30 riconosce o è attrat-to dal veicolo, dal mezzo che porta il messaggio più che dal mes-saggio stesso.Condividiamo questo risultato. A conferma la Fedrigoni sta utiliz-zando da tempo uno slogan, preso in prestito da Mc Luhan, chedice: IL MEZZO È IL MESSAGGIO. Una persona che prende in manouna carta stampata prima ancora di leggere il contenuto, acqui-sisce una sensazione tattile, riceve già un messaggio che puòessere di eleganza, di signorilità, di tecnologia, di tecnicità, rice-ve già un’informazione. Prima abbiamo detto che il messaggio è composito e articolato:ne siamo completamente convinti.

Ricordo quel signore con gli occhi a mandorla che mi diceva che

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la cucina cinese (non quella fast food ormai diffusa dappertuttoche purtroppo è surgelata, prodotta centralmente, distribuita airistoranti - dove gli involtini primavera vengono serviti in 5 minu-ti e hanno lo stesso sapore dappertutto) ma la cucina cinese vera,con menu composti da centinaia di portate, si esprime in vari modie sollecita tutti i sensi. Nel banchetto cinese, il piatto è ricco diforme, di colori, di abbinamenti: componenti che vengono apprez-zati con la vista. Il prodotto poi viene anche valutato secondo unaltro aspetto che è quello del profumo e degli aromi. Per ultimo siassaggia il cibo e quindi si riconosce e valuta il gusto.Questa globalità di componenti e di valori sono sovrapposti esinergici.

Il messaggio pubblicitario, la comunicazione in genere rispondealle stesse regole.La pubblicità come forma di comunicazione raggiunge il clientecon tutte le sue componenti di contenuto, di colore, di suppor-to, di veicolo di comunicazione, eccetera.A me fa molto piacere che ci siano persone che apprezzano e pon-gono attenzione alla globalità dei fattori, penso addirittura chesia anche un indice di maturità che il fruitore sempre più apprez-zi all’interno del suo territorio dei messaggi veicolati con deglielementi fisici che siano diversi da una staccionata cadente, daun muro rattoppato o da una lamiera arrugginita, ad esempio.

La comunicazione è sempre globale: quando una persona parla,comunica anche col corpo, coi gesti; quando produco uno stam-pato comunico con l’immagine, col testo, con la confezione conla carta.

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ANTONIO MARGONI - TP

Intanto, e non vuole certo essere piaggeria, volevo ringraziarel’architetto Casti e con lui tutta la Jolly per questa iniziativa chepersonalmente ho molto apprezzato. Come quasi tutti i parteci-panti sanno, si tratta di un incontro che fa parte di una serienotevole di iniziative mirate a dibattere le problematiche delcomplesso mondo della pubblicità esterna. Nel mio attuale ruolodi Presidente di TP, e cioè della associazione italiana dei pubbli-citari professionisti, credo sia anche giusto sottolineare l’impor-tanza di queste iniziative e nel contempo manifestare la soddi-sfazione ed un invito a proseguire. Trovo giusto, quindi, ringra-ziare chi ha il coraggio di fare della ricerca e di investire nellosviluppo, invece che adagiarsi sui risultati conseguiti, come pur-troppo succede troppo spesso.

Ciò che mi pare particolarmente apprezzabile di questa tavolarotonda è il grande sforzo, da parte di tutti i partecipanti, diintrodurre un punto di vista che guardi alla problematica dal-l’esterno, nel tentativo di evitare una visione ristretta e di parteche, per contro, potrebbe portare a conclusioni parziali e perquesto erronee.

Così come sono sicuro che non è un caso che, proprio in questoperiodo, ci sia data la possibilità di partecipare ad eventi comequesto del COM di Vicenza. Non credo però che sia il caso di ruba-re il vostro tempo per parlare della manifestazione che ci ospita,anche se tutto sommato il desiderio di parlarne è molto forte, mamagari qualcuno ha voglia di farlo, gli lascio volentieri questopiacevole compito.

Mi fa piacere sottolineare l’importanza di ritrovarci intorno aquesto tavolo in un momento nel quale le cose vanno bene.Vanno bene per l’esterna e per l’intero comparto della pubblici-tà, vanno bene sostanzialmente per il sistema produttivo.

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Abbiamo ritrovato un equilibrio, abbiamo ritrovato un passo, spe-riamo che oggetti volanti - purtroppo perfettamente individuabi-li e individuati - non ci fermino in questa corsa. Saper trarre van-taggio e saper capitalizzare un momento di positività mi pare unatto di grande maturità. È un aspetto di grande lungimiranza,non posso infatti dimenticare come in altri anni, ormai un po’lontani, nei quali il sistema ha prodotto ricchezza e redditività,questa ricerca e questo sviluppo non sono stati perseguiti conaltrettanta forza, con altrettanta determinazione.

Questo nuovo modo di approcciare il ‘fare business’, come bensappiamo, fortunatamente non è un’esclusiva di quest’occasionee di questo mezzo, anche altri media pubblicitari stanno facen-do molto. Ne abbiamo già parlato, scorro solamente i principaliseguendo l’ordine proposto da Finzi: il cinema sta facendo svilup-po, sta facendo ricerca, sta cercando nuove destinazioni, nuoviorientamenti del prodotto cinema, potenziando le occasioni diconsumo delle cassette, ma anche investendo nelle multisale.Sarà stato sicuramente molto bravo l’ex vice presidente Veltronia fare la propria campagna, ma sono arrivati dei risultati reali.C’è anche qualche effetto negativo che conoscete benissimo: laconcentrazione nel sistema, per esempio, che sicuramente com-porterà qualche problema, ma mi pare che tale passaggio costi-tuisca un passo obbligato per una vera evoluzione.

Ci sarà un assestamento, questo sta succedendo in molte cosecosì come sta succedendo per la radio, ma il processo di concen-trazione è tutt’altro che terminato. Lo sappiamo benissimo, ladimensione degli investimenti necessaria per fare ricerca ed evo-luzione richiede quasi obbligatoriamente la concentrazione perraggiungere masse critiche che devono essere forzatamente piùampie. Anche in quell’ambito si sta facendo molta ricerca: tra-smissione digitale, sistemazione delle dorsali ed altro.

Per quanto attiene infine la televisione il fermento è molto viva-

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ce, magari non per quanto attiene quella generalista, a proposi-to della quale quello che si sta facendo è meno percepibile, senon per quanto riguarda la ricerca di una migliore qualità che,secondo le risultanze della ricerca di Finzi, è compresa e moltoapprezzata. Il pubblico di questo mezzo è ora in grado di disqui-sire con competenza su molti degli aspetti, anche molto tecnici,che sono coinvolti in questo importantissimo mezzo. La televisio-ne del futuro, questi gadget tecnologici che ci sono stati descrit-ti, lasciano presupporre una forte evoluzione: i video piatti, ilsurround, la web-TV , i canali tematici via satellite, ecc..

Forse l’area dove si sta andando piuttosto a rilento è quella dellastampa. Non voglio certo infierire solamente perché è di moda,anzi mi piacerebbe sentirmi dire che non è vero e butto questaprovocazione proprio con questa intenzione. L’evoluzione, eanche molto importante, c’è stata qualche anno fa nel momentodell’introduzione dei supplementi di quotidiani e, più recente-mente, con l’implementazione dell’uso del colore in questi ulti-mi. Oggi una grande opportunità è stata introdotta attraversouna nuova legislazione per la distribuzione. Proprio in questi gior-ni è iniziato il periodo di sperimentazione, della durata di 18mesi, di nuovi canali distributivi per quotidiani e periodici.Personalmente ritengo, non so che cosa ne pensiate, che un annoe mezzo sia un po’ poco per una sperimentazione efficace, ma èsolo una mia opinione. Credo infatti che sarà difficile trarre delleconclusioni di positività o inutilità di questo ampliamento delsistema distributivo della stampa in così poco tempo.

Un’ultima osservazione prima di chiudere riguarda un aspetto delproblema che si sta rivelando molto importante, perlomeno cheio percepisco come tale, riguarda il fatto che ci stiamo accor-gendo che il bello piace. Per fare un esempio: se la pensilina èbella piace, se la pensilina è utile piace ancora di più. E ciò atutto vantaggio della comunicazione pubblicitaria veicolata.

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Voglio concludere rinnovando il mio forte plauso a tutti gli sforziche vengono fatti sulla difficile strada dell’innovazione. Tavoli diconfronto come questo sono di una importanza straordinaria,proprio perché soltanto la somma di diversi punti di vista ed ilconfronto serrato tra le varie componenti del mercato, possonocontribuire efficacemente ad individuare nuove vie e contribuirea percorrerle nella giusta direzione.

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MARIANGELA BONATTO - The Media Edge

Quando finiremo questa tavola rotonda credo che ognuno di noipotrà auspicare la clonazione di società come la Jolly, nel sensoche la qualità o la voglia di qualità che questa società sta espri-mendo, anche attraverso questa Tavola Rotonda, è un segno indi-scusso di cambiamento.

Di cambiamento ce n’è bisogno soprattutto in questo settoreche, fino a ieri, non possiamo proprio dire che facesse della qua-lità uno strumento di vendita; anzi la qualità non ce l’aveva pro-prio o anche se ce l’aveva non era così importante.

Perché è importante la qualità? L’azienda per la quale io lavorogestisce due marche importanti che hanno fatto della qualitàtotale la loro fonte di business, perché il valore aggiunto che ven-dono è appunto la qualità.

Sono due gruppi che lavorano nel mondo del lusso, uno è il grup-po Vendôme e l’altro è il gruppo LVMH. Per darvi un’idea, la pro-duzione delle campagne stampa che voi vedete sui quotidiani, suiperiodici o in un qualsiasi mezzo di comunicazione viene svilup-pata in Francia; noi, in Italia, non produciamo niente a livello difornitura di materiali per la stampa degli annunci.

I materiali arrivano con almeno 6 mesi di anticipo e le campagnenuove vengono testate; si fa una richiesta all’editore di fare unaprova di stampa per verificare se la qualità dell’impianto è taleda esprimere la qualità del prodotto. Penso che aziende comequelle del lusso hanno dei margini tali da consentire sicuramen-te tempi e sperimentazioni in tal senso.

Questo credo che sia un concetto estremamente importante pertrasferire che la qualità non fa parte soltanto del prodotto chel’azienda vende, ma fa parte, come diceva qualcuno prima di

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me, anche del mezzo nel quale la qualità deve essere espressa;per cui l’affissione è uno dei mezzi sicuramente più bistrattati daquesto tipo di aziende se non attraverso l’uso di maxi-impianti odi posizioni che qualifichino ulteriormente in qualche modo ilconcetto di prodotto e il posizionamento dell’azienda.

Questi clienti ci stressano a tal punto che la nostra selezione, intermini di pianificazione, va al di là del concetto del numero.Prima si parlava di numeri, si diceva che il numero è importantema non è sicuramente una variabile fondamentale quando la qua-lità è predominante. Malgara dice: non ci interessano i grandinumeri in televisione, ci bastano le piccole audience purché diqualità.

La selezione di un posizionamento in un periodico è talmentestressata che alla fine i groupages di doppie pagine pubblicitarie,che caratterizzavano alcune testate due o tre anni fa, oggi quasinon esistono più perché le aziende hanno detto a questi editori:per cortesia, o cambiate l’impaginazione pubblicitaria o noitogliamo gli investimenti perché il nostro prodotto viene ad esse-re in un contesto in qualche modo dequalificante o di conflittua-lità in termini di concorrenza.

Mi immagino, e anzi sono sicura, che le stesse riflessioni venga-no fatte anche sul mezzo dell’affissione. Un giorno, infatti, unproduttore di scarpe mi disse: io in affissione non ci vado perchéil mio prodotto ha un alto valore aggiunto, e, visto che devo ven-derlo a 300 mila lire minimo, non posso pensare di stare in unsupporto tutto sommato non così adeguato e soprattutto in unabatteria che vede vicino al mio manifesto se va bene l’Esselunga,se va male l’offerta di Città Mercato.

Abbiamo parlato di supporti, di design; gli architetti dell’ambien-te credo possano sicuramente dire che un manifesto copre e nondà valore all’ambiente. Credo che a maggior ragione quando ci

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sono batterie di poster, qualsiasi sia il tipo di supporto, per quan-to qualificato possa essere, è comunque penalizzante.

Credo che il ragionamento deve essere fatto tra aziende che pun-tano sulla qualità in maniera assoluta. Per fare un esempio, ilfatto di togliere dei lati alle pensiline e di lasciarle totalmenteaperte, perché è importante vedere che cosa succede dall’altraparte, è esattamente lo stesso concetto che dovrebbe essereespresso in un poster, che è una dimensione sicuramente piùimportante, per cui io auspico soprattutto per questo mezzo unasinergia tra chi si occupa di ambiente in termini di architettura echi produce comunicazione.

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ANDREA GIOVENALI - Data Nord

Ci sono osservatori ed esperti della scienza dei mezzi di comuni-cazione che dicono che, nell’arco di 10-15 anni, l’unico mezzoche permetterà di raggiungere alti numeri di persone, di indivi-dui, è proprio la pubblicità esterna. Quindi, aggiungendomi atutti coloro che hanno menzionato, vorrei anch’io complimentar-mi perché vi state preparando a questa grande opportunità, per-ché questo prepararsi al futuro passa anche attraverso la qualifi-cazione di questo strumento importante.

Il mio contributo riguarda quelli che non sono stati ancora evocatiné da Finzi né da tanti altri, ovvero quelli che noi chiamiamo imedia digitali interattivi, detti anche i nuovi media. Per un po’ nonera stato evocato Mc Luhan, non è stato evocato Internet, poi qual-cuno ha pensato di evocare Mc Luhan, io vorrei evocare entrambipartendo da una dichiarazione detta da chi si occupa a tempopieno di questo nuovo mondo, devo dire un po’ inquietante.

La verità è che in questo momento, sicuramente più in Italia chein altri luoghi, i media digitali interattivi non sono ancora il mes-saggio, perché il problema è che il messaggio è più avanti deimedia digitali interattivi.

In questo momento il gap che separa i mezzi intesi come suppor-ti dai contenuti può essere addirittura, in modo quasi un po’ esa-sperato, paragonato a come se, negli anni ‘50, mentre tuttal’Italia aveva i televisori in bianco e nero, la televisione RAI aves-se trasmesso in alta definizione; questo è quello che in alcunicasi sta avvenendo, e la ragione di questo si riferisce alla que-stione della “convergenza”.

Quello di cui si parla molto oggi è il sistema delle convergenze(non so se avete mai visto rappresentate le tre circonferenze chesi sovrappongono) tra l’industria dei produttori di contenuti o

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delle informazioni, cioè quella dell’entertainment, quella del-l’information technology, rappresentata dai produttori di har-dware e software, e infine il terzo attore, le società di telecomu-nicazione, cioè coloro che forniscono le infrastrutture.

Molta della ragione di quella mia dichiarazione iniziale è data dalfatto che bisogna mettere d’accordo tre mondi che fino a ieri nonsi parlavano e che hanno un ruolo, vorrei dire non sinergico, per-ché è una parola abusata, ma complementare. E quindi perché ilmezzo diventi il messaggio in questo nuovo contesto le tre cosedevono entrare in totale sintonia, devono creare un unicum, cosache oggi ancora non avviene.

Non avviene perché? Veloci riflessioni. Perché, se i produttori dicontenuti nuovi o vecchi, quindi anche quelli nuovi che sono naticon la nascita di internet, oggi offrissero già contenuti assoluta-mente competitivi con quelli che noi fruiamo al cinema o in tele-visione, oggi sarebbe già possibile fruire multimedialità, scarica-re video, ascoltare musica, effettuare transazioni commerciali.

La verità è che poi esistono le altre due parti in causa, che sonocoloro che forniscono l’infrastruttura, e cioè da una parte lesocietà di telecomunicazione e dall’altro coloro che produconogli apparati con i quali questi contenuti possono essere impiega-ti. Devo dire che lo sforzo da chi produce gli apparati c’è stato,però esiste ancora un grosso problema, o meglio due grossi pro-blemi, uno più rilevante, anche di carattere un po’ più sociale, eun altro un po’ più superficiale.

Il primo è che i personal computer costano ancora troppi soldi einfatti devo dire che l’evoluzione tecnologica, l’esigenza dirispondere ad un’evoluzione di contenuti in termini tecnologici,ha portato a costi sempre più alti e quindi sempre meno accessi-bili di queste macchine. Attualmente si sta andando verso unappiattimento, un adeguamento in qualche modo, comunque

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questi apparati costano ancora troppo. E poi c’è un altro proble-ma un po’ più superficiale, e cioé che sono anche brutti, i perso-nal computer sono brutti.

Questo può sembrare un fatto meno importante per lo sviluppoma non è così. Prendete per esempio la vicenda Apple di questiultimi mesi: un signore, che aveva fondato la Apple e poi è anda-to a fare una vacanza in giro per il mondo, è rientrato in questaazienda e ha risollevato i destini di questa compagnia che tuttidavano per spacciata, facendo dei computer verdi, trasparenti,che ha chiamato I-Mac, ai quali ha tolto anche delle cose, ne haaggiunto altre e adesso sta continuando a lavorare in questa dire-zione.Attraverso il ripensamento del design di un prodotto come unpersonal computer, che tutti quelli prima hanno fatto brutto, gri-gio e che si sporca, ha risollevato un’azienda che vale miliardi didollari, con capitalizzazione in borsa ed altro.

Ha risollevato anche un mito, perché il mito della Apple era unmito antico ed importante per il mondo della information tecno-logy. Si parla del personal computer nella televisione, la televi-sione nel personal computer, la verità è che oggi la grande qua-lità nascosta che tutti stanno ricercando va verso una dimensio-ne che è quella della portabilità, cioè della miniaturizzazione,per darvi un’idea negli Stati Uniti questi apparati già permetto-no di navigare su contenuti internet collegati o via telefono o viaetere, via satellite.

Per questi signori la vera scommessa del futuro è quella di svilup-pare degli apparati che permettano a chiunque di fruire di que-sti contenuti. Questo è sicuramente un fatto importante perchéper noi significherà usufruire dell’utilità delle informazioni cheoggi circolano sulla rete internet in qualsiasi angolo siamo e citroviamo. Ciò comporta che tutto quello che è stato fatto fino adoggi, in termini di formattazione di questi contenuti per i perso-

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nal computer, debba essere rivisto per questo tipo di esigenze.

Come vedete nell’industria ognuno tira l’acqua al suo mulino per-ché ognuno ha da vendere più prodotti hardware, e poi è giustomenzionare anche coloro che sono la ragion d’essere, fino adoggi e lo saranno sempre più domani, del fatto che il mezzoanche in questo caso possa essere il messaggio, ovvero i fornito-ri di infrastrutture. Quelli che dovrebbero dare un’unica cosa, lavelocità di trasmissione, una promessa non mantenuta, una pro-messa che in realtà all’estero si sono impegnati in modo piùdeterminato ad assicurare. Ci sono problemi perché, almenoattualmente, le velocità di trasmissione di telefoni cellulari nonpermettono di fruire di contenuti come quelli che sarebbe impor-tante o necessario avere. Fibre ottiche non ce n’è traccia o quan-to meno quelle poche che abbiamo ci hanno creato probleminelle grandi città perché hanno scavato strade per mesi. Devodire che in questo imbarazzo generale di liberalizzazione, nelquale l’unica cosa giusta che dovrebbero fare le società di tele-comunicazione sarebbe fornire velocità di trasmissione, comehanno fatto all’estero, in questa situazione invece loro, magariin modo più o meno palese, fanno gli editori e si mettono a pro-durre contenuti, situazioni che arrecano o provocano più confu-sione.

A Milano si dice la solita frase: "ofelé fa il to’ meste", ma se lorofacessero bene il loro mestiere questa situazione arriverebbe aduna conclusione e anche in tempi molto veloci, dando un contri-buto importante al nostro paese.

Per chiudere abbiamo detto che oggi si producono contenutimolto più avanti rispetto ai supporti e le infrastrutture che oggiesistono e che quindi risultano essere incompatibili o comunqueancora deboli per fruire tutta la ricchezza di cose che oggi esistesu una rete come internet.Tutto ciò per dire che quello che noi osserviamo nel nostro lavo-

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ro, abituati anche a guardare un po’ in là in termini di scenarioevolutivo, dovrebbe portare a creare quello che si definisce la“multipiattaforma”, cioé un qualcosa che userà protocolli tecno-logici standard, impiegati attualmente da internet, e che saràpossibile che venga fruito su più piattaforme tecnologiche, comela WebTv, i palmari, i telefoni cellulari.Voi sapete che Omnitel ha un progetto per il quale ha investito100 miliardi per lanciare nel giro di qualche mese servizi a valo-re aggiunto di informazioni attraverso i telefoni cellulari.

Siamo pronti a questo concetto della multipiattaforma che signi-fica che, mentre nel passato i contenuti erano andati troppoavanti, adesso i contenuti dovranno invece rallentare la propriacorsa e declinarsi in modo tale da adeguarsi a tutti i vari appara-ti tecnologici che permetteranno di ospitare questi contenuti.

Detto questo il divertente di questa vicenda è che, proprio per-ché tutto ciò si basa su tre dimensioni, le opportunità che nasco-no sono 3 alla terza, e non 2 alla seconda, perché dalle sinergiedi questi tre mondi nascono molte più opportunità, molto piùcaos, ma dal caos si creano nuovi principi e nuove opportunità.

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PIERPAOLO MICHELETTI - Creative Media

Vorrei ritornare ad un discorso più legato al mondo dell’affissio-ne e soprattutto vorrei riprendere alcuni spunti che sono emersiprecedentemente in un’ottica più ampia e più a carattere inter-nazionale. In effetti quello che dice la signora MariangelaBonatto è molto giusto, i prodotti di qualità hanno bisogno di sup-porti di qualità, infatti i clienti che loro gestiscono in affissioneutilizzano l’affissione solo in quei paesi in cui possono averegaranzie di qualità. Ad esempio in Francia, che – tra l’altro – è ilPaese di origine delle marche prestigiose con cui loro lavorano.

Vorrei entrare sul problema dei volantini, sempre nella logicainternazionale. Attenzione perché – a livello internazionale –tutti i quotidiani dei mercati evoluti, specie quelli a grandissimadiffusione, sono pieni di volantini. Ad esempio, in Germania ladistribuzione organizzata utilizza moltissimo questi strumenti (i“beilagen”, gli allegati, come li chiamano loro). Forse è più unproblema di abitudine e di evoluzione del mezzo: abitudine delpubblico a ricevere questo tipo di mezzo e evoluzione del mezzo,nel senso di usare il quotidiano come veicolo distributivo e dicreare “volantini” (o piccoli cataloghi) con una propria immagi-ne positiva. Quindi, non credo si debba dire “non vanno bene, mali facciamo” ma bisogna da una parte distinguere il “veicolo” didistribuzione e dall’altra il contenuto e la forma del supporto dicomunicazione, su cui i creativi devono fare la loro parte.

Sulle pensiline e su quello che si diceva delle pensiline bisognaaprire il discorso in termini molto concreti ad un aspetto piùampio. C’è infatti un elemento che è stato a mio modo di vede-re poco considerato, ed è la manutenzione e la gestione dellepensiline. Molto spesso sono ben disegnate, ben costruite, instal-late correttamente, ma poi risultano sporche, mal tenute, malgestite. Qui apriamo il discorso riguardo lo sviluppo a livellointernazionale di questo e degli altri supporti.

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Bisogna quindi che le Società di affissione sviluppino i loro sforzinon solo sul design e sull’installazione, ma anche sulla manuten-zione e sul servizio alla comunicazione.

Occorre anche in questo caso ricordare che due sono gli obietti-vi da raggiungere: dotare le città di attrezzature utili al pubbli-co, fruitore dei trasporti urbani, e fornire agli utenti pubblicita-ri dei validi supporti di comunicazione, ben disegnati ma ancheben gestiti e conservati (oltre – naturalmente – ad una distribu-zione sul territorio che assicuri una valida copertura del pubbli-co e una soddisfacente frequenza del messaggio).

Per quanto riguarda gli autobus e i tram decorati le società deitrasporti non possono lamentarsi dicendo che gli utenti hannousato male il mezzo e hanno creato dei messaggi inadatti, per-ché – sin dall’inizio - le società dei trasporti si sono poste comecensori della pubblicità. Abbiamo avuto rifiuti a qualsiasi tipo diinnovazione in termini creativi nell’uso dei tram decorati, speciea Milano. L’ATM, in particolare all’inizio, si è sempre limitata adire no, invece di aiutare l’utente a capire: il mezzo fatto cosìfunziona, così gira in questo modo, e così via. Invece, le unicherisposte erano: no, questo non si può fare, questo non si puòfare, questo non si può fare. Troppo comodo adesso dire che cisono stati tanti messaggi poco soddisfacenti.

Sul problema degli avvenimenti così brillantemente illustrati iotenderei a considerarli più degli eventi, qualche cosa di partico-lare, piuttosto che non delle forme di comunicazione esterna, dicomunicazione di massa di tipo tradizionale. Noi parliamo diaffissione e la intendiamo come strumento di comunicazione dimassa. Invece, gli avvenimenti di cui si è parlato - così com’erail telo di Armani in via dell’Orso 10 o 15 anni fa - sono eventi dicomunicazione che mi sembra non abbiano una parentela strettacon il discorso dell’affissione come mezzo di comunicazione dimassa.

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Poi, devo dire che sono eventi bellissimi e brillantissimi, ma inuna logica diversa dall’affissione tradizionale.

A Francesco Villa ho già detto che Mills & Allen in Inghilterra pro-poneva 10 poster luminosi 6X3 a 100.000 sterline, ma non li ven-deva. Avevano quindi creato un mezzo particolarmente potente,con un elevato potenziale di reddito per la Società di affissione,che però molto raramente riusciva a realizzarsi. Infatti, il prezzoeffettivo di vendita di questi spazi veniva notevolmente ridottoin sede di trattativa e quindi l’alta redditività potenziale non sitraduceva in alta redditività effettiva. Ciò nulla toglie alla vali-dità del supporto e alla sua grande capacità di impatto (ma a30.000 sterline e non a 100.000).

Veniamo ora ad alcuni problemi che io considero più importanti:in primo luogo, una notazione di metodo riguardo alle indaginiche il dr. Finzi farà ancora nel futuro sull’affissione. A mio avvi-so nel mondo ampio della pubblicità esterna entrano fenomenitra loro molto diversi. Rilevare in modo globale le opinioniespresse dagli operatori e dagli utenti sul mondo dell’esterna nelsuo insieme potrebbe portare a conclusioni fuorvianti.

Ad esempio, un conto è parlare dell’affissione “sulla strada enella strada” e un conto è parlare dell’affissione in ambienti pro-tetti e circoscritti (gli aeroporti, le metropolitane, gli stadi, iparcheggi dei Centri Commerciali, le stazioni ferroviarie). Certoche – in entrambi questi mondi – usiamo manifesti e molto spes-so con gli stessi soggetti, ma credo che, nel fare un’indagine sullapubblicità esterna, si capirebbero meglio i diversi fenomeni ana-lizzati se i diversi “mondi” fossero analizzati separatamente.

Se qualcuno di voi ha avuto recentemente l’avventura o la sven-tura di andare a Malpensa certamente avrà notato che l’affissio-ne che si vede all’interno dell’aeroporto è una cosa molto diver-sa dall’affissione che si vede nella città di Milano o nella città di

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Gallarate; quindi, secondo me, bisognerà pensare a questadistinzione perché sono due mondi, anche due modi di vendita,anche due modi di utilizzo, anche due modi di fruizione.

Anche la dinamica tenderei se possibile a metterla da parte per-ché è preparata in stabilimento, non è incollata sul posto, hatutta una tecnologia diversa, ha tutto un modo diverso di muo-versi all’interno del tessuto urbano, così come i mezzi decoratiintegralmente.

Un secondo punto molto importante (e qui i promotori di questoincontro ne sanno qualcosa …) è quello dello stravolgimento cheil panorama operativo e finanziario dell’affissione sta avendo alivello internazionale.

Ad oggi, il gruppo CLEAR CHANNEL (una società finanziaria ame-ricana quotata in borsa, con partecipazioni rilevanti nel settoredella radio e della Tv via cavo negli USA) è entrato nell’affissio-ne in Europa in modo deciso: ha innanzitutto comprato il gruppoMORE (More O’Ferral/Adshel in Gran Bretagna, More O’Ferral inFrancia e Belgio, acquisendo contemporaneamente Wennegren &Williams, società svedese che il gruppo MORE aveva già acquisitoe che – a sua volta – opera anche nei Paesi Baltici e in Russia).

Al momento in cui parliamo, MORE ha ulteriormente rafforzato lapropria posizione, acquisendo:• Il Gruppo DAUPHIN (Francia, Belgio, Spagna e Italia),• La Società MAGIC in Turchia,• La Società JOLLY in Italia,• Il Gruppo PLAKANDA/AWI, operante in Svizzera e in Polonia.

Prima della mossa Dauphin, J.C. Decaux – con il supporto delgoverno francese – aveva acquisito tutto il gruppo AVENIR, bennoto anche da noi, e TDI (Società facente parte del gruppo CBS =Columbia Broadcasting System) aveva iniziato l’attacco

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all’Europa continentale, comprando la società ALRECON inOlanda, soprattutto per l’attività che questa Società svolge nelsettore dei mezzi di trasporto.

Cosa succederà adesso in Italia? La mia impressione è che – abreve termine – i cambiamenti saranno pochi: l’affissione, speciein Italia, continua ad essere un’attività molto frazionata, moltolegata al territorio, con regolamentazioni molto diverse da cittàa città, con il fenomeno dell’abusivismo che rende difficile l’evo-luzione del sistema verso forme tecniche e commerciali più ordi-nate. Quindi pochi cambiamenti specie per tutta l’affissione sullastrada.

In questo panorama internazionale la situazione un po’ anomalaè quella tedesca, dove, al momento, si verificano solo movimen-ti interni, con la Ströer che sta comprando molte Società locali,forse impaurite da un avvenire senza pubblicità per le sigarette(che ancora oggi dominano il mercato della domanda di affissio-ne).

Anche se tutti questi movimenti finanziari non toccano la perce-zione che il consumatore ha tuttora dal mezzo affissioni, mi èsembrato significativo segnalare il fenomeno, che sicuramentedeterminerà dei cambiamenti anche a livello dell’immagine delmezzo.

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ALESSIO ALESSI - Alessi Pubblicità S.p.A.

Il mio nome è Alessio Alessi, sono responsabile tecnico dellaAlessi S.p.A., la più grande concessionaria di pubblicità esternadel Mezzogiorno d’Italia.

In un mondo dei media in cui la ricerca e lo sviluppo tecnologicocaratterizzano una continua rincorsa verso la massimizzazionedella qualità, anche la pubblicità esterna intesa come affissionepartecipa, seppure con una serie di limitazioni che a mio giudi-zio sono tipiche della sua natura e della sua storia, a questanuova sfida lanciata dal mercato.

Tra le annose problematiche che da sempre affliggono l’affissio-ne in Italia mi permetto di annoverare le seguenti: la polverizza-zione del mercato delle concessionarie; la scarsa professionalitàe l’improvvisazione di molte piccole concessionarie; la scarsaqualità degli impianti; l’enorme numero d’impianti; le proble-matiche dovute ad un confuso dettato normativo; la scarsa capa-cità delle autorità comunali preposte alla regolamentazione delmezzo.

Prima di entrare nel merito “della qualità nelle affissioni” èopportuno spendere due parole anche su altri elementi esternial supporto pubblicitario, che a mio giudizio hanno una grandis-sima influenza sulla qualità della comunicazione esterna e del-l’affissione. Primo fra tutti, per noi società concessionarie cheoperiamo nel mercato, è proprio il fattore qualitativo legatoall’ubicazione. La bontà del posizionamento dell’impianto pub-blicitario è un elemento essenziale per l’efficacia della comu-nicazione. Infatti la dislocazione del mezzo in termini di visibili-tà rispetto al traffico veicolare, al traffico pedonale, l’altezza,l’angolazione, l’affollamento, sono elementi strettamente con-nessi all’impatto del messaggio reclamizzato. E’ indubbio chel’impianto isolato permette una percezione del messaggio pub-

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blicitario superiore rispetto agli impianti collocati in “batteria”.

Altri aspetti esterni al supporto pubblicitario sono quelli correla-ti ai servizi connessi all’espletamento delle affissioni, che con-cessionarie particolarmente evolute hanno ultimamente miglio-rato. Tra questi ricordiamo: la mappatura degli impianti consistemi di georefernziazione, lo studio e la realizzazione di deter-minati prodotti preconfezionati quali i cosiddetti circuiti d’affis-sione. Tali prodotti di commercializzazione degli spazi permetto-no, grazie a studi approfonditi sul territorio, che tengono contodelle adiacenze degli impianti ai vari esercizi commerciali o altripunti di concentrazione di target ben determinati, un utilizzoestremamente strategico e tattico del mezzo, che senz’altro losta portando ad essere un po’ più evoluto ed elastico rispetto allelogiche di pianificazione un po’ troppo schematiche che si utiliz-zavano in passato.

Ultimo aspetto esterno della qualità dei supporti è quello relati-vo alla strutturazione delle società dei concessionari. E’ indubbioinfatti che le concessionarie che coprono un vasto territorio, eche si trovano quindi a gestire campagne affissionistiche di qua-lità, sono costrette a dimensionarsi con strutture industriali conuna conformazione abbastanza complessa. Volendo fare un esem-pio cito proprio la mia azienda che, per coprire il territorioSiciliano e Calabrese con uno standard di qualità, si è dotata diun paio di stabilimenti di circa 12 mila metri quadrati con unaquarantina di squadre che distribuiscono ed espletano diretta-mente le affissioni su tutto il territorio. Risulta invece stranocapire come facciano molte concessionarie ad offrire affissioni diqualità non avendo una conformazione industriale, alcuna pre-senza sul territorio né tantomeno filiali od organizzazioni pro-prie.

La strutturazione industriale della concessionaria è sinonimoinfatti di efficacia sia in termini di qualità della distribuzione che

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di tempi di espletamento delle campagne. Infatti con strutturecosì dimensionate si possono raggiungere dei tempi d’espleta-mento davvero eccezionali, che possono andare anche dalle 24alle 48 ore, con un sistema di controllo qualitativo elevatissimocompleto di documentazione fotografica e mappatura.

Ritornando a quello che è il tema dell’incontro di oggi “ la qua-lità del supporto pubblicitario” è indubbio che, per un clienteche si trova ad utilizzare il mezzo affissione, a mio giudiziodovrebbe essere primario porsi con scrupolo la scelta della socie-tà concessionaria che garantisce proprio la qualità del mezzo chesi andrà ad utilizzare. Infatti, affiggere un manifesto su supportopubblicitario o su un impianto pubblicitario in un certo sensosignifica affrancare la propria immagine a quella di una societàconcessionaria. Da ciò ne deriva che, se il manufatto è abusivo sidiventa per l’immaginario collettivo abusivi, se il manufatto ècostruito in legno con tavole scassate per quanto la macchina oil bene prodotto e reclamizzato siano tra i più elevati dal puntodi vista tecnologico, gli stessi subiranno indubbiamente tutti iminus qualitativi e d’immagine legati al mezzo.

In termini di evoluzione dei supporti pubblicitari, fortunatamentel’Italia sta recependo un influsso positivo di qualità che provienedagli altri mercati. Tale tendenza si sta concretizzando nei note-voli sforzi di alcune aziende concessionarie che si stanno proiet-tando e sempre di più stanno investendo nel settore, così come hafatto la Jolly che ci ha dimostrato con gli impianti che ha espostoin questa fiera di essere in linea con tali nuove esigenze.

In tale direzione si sta sempre di più investendo in supporti qua-litativi che tendono ad importare materiali nuovi per l’affissione,quali l’alluminio, l’acciaio, gli estrusi di plastica, materiali finoad oggi mai adoperati. Infatti i poster tradizionali, per i conosci-tori del mezzo, sono costituiti da laminati ferrosi o addirittura damateriali fibro-legnosi, quindi da tavole, lamiere e pezzi di fae-

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site tra l’altro molte volte anche male assemblati.

In tutto questo evolversi, anche in Italia, fortunatamente nontanto per volontà dei concessionari ma quanto per volere dellePubbliche Amministrazioni, si segue la tendenza che sta’ portan-do il settore dell’arredo urbano ad avere un grande sviluppo nel-l’esterna.Infatti c’è sempre di più il bisogno, da parte di Amministrazioniche hanno e gestiscono dei bilanci disastrati, di vestire le città tro-vando degli sponsor pubblicitari che possano in un certo senso, conl’abbinamento di spazi pubblicitari ai manufatti di servizio pubbli-co, permettere di dotarsi di supporti altamente qualitativi, qualipensiline, paline di fermata, indicatori taxi e altri manufatti.

Tutto questo a mio giudizio costituisce un ulteriore plus per l’af-fissione, perché le permette di entrare all’interno del territoriourbano riuscendo a inserirsi in zone nelle quali prima non si pote-va effettuare alcuna esposizione. Tale connubio pubblicità-arre-do urbano in un certo senso rende più ammiccante la comunica-zione pubblicitaria in quanto, agli occhi delle persone e del pub-blico degli osservatori, il manifesto è visto come sponsor di unmanufatto, che tutto sommato dà un servizio alla collettività.Tale inserimento è sempre visto più di buon grado specie nelmomento in cui gli utilizzatori capiscono che questo manifesto haanche una ricaduta economica e finanziaria sul territorio, perchéricordo che la pubblicità esterna è l’unico mezzo di comunicazio-ne che lascia risorse economiche sul territorio sia in termini ditributi locali, sia anche di realizzazione d’impianti e strutture dipubblica utilità. Tale elemento permetterà in un prossimo futuroalla pubblicità esterna e alle affissioni di essere viste sempre dibuon grado, con maggiore attenzione e rispetto anche da partedella gente comune.

Per quanto riguarda sempre il tema della qualità delle strutture,altro elemento fondamentale, come si è detto anche nel corso di

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passati interventi, è quello relativo alla manutenzione. Non bastainfatti costruire impianti altamente qualitativi, è anche impor-tante mantenerli in tali condizioni. Ci sono moltissime concessio-narie che collocano impianti che magari quando sono nuovi hannouna qualità eccezionale, poi nel tempo cominciano a degradarsie sono oggetto di un vandalismo che purtroppo nel nostro terri-torio è molto diffuso, per cui il manufatto se non assistito in ter-mini di manutenzione tende a degradarsi e quindi a decadere diqualità.

A mio giudizio altro elemento essenziale proprio della struttura-zione del manufatto pubblicitario è l’illuminazione.L’illuminazione serve a permettere una fruizione dell’impiantopubblicitario anche in orari notturni in cui tradizionalmente l’af-fissione si spegne. Illuminare un impianto in modo semplicisticopotrebbe consistere nel porre due lampadine all’estremità dellostesso, così come ho visto stamani proprio a Milano passando peralcune strade. Infatti hanno proprio messo delle plafoniere che sitrovano in giro per gli stabilimenti industriali su alcuni impiantiaffissionistici dicendo che quell’impianto è illuminato, e venden-dolo per tale.

Fà piacere venire oggi qui in questa fiera e vedere un’aziendacome la Jolly che su tale tema ha realizzato uno studio tecnolo-gico, così come abbiamo fatto anche noi e pochi altri concessio-nari seri, che ha identificato nell’illuminazione dell’impianto unagaranzia di qualità. Ciò significa non prendere dei comuni proiet-tori, bensì fare degli studi sull’irraggiamento luminoso, esseresicuri che la qualità della luce sia tale da non alterare il messag-gio pubblicitario, quindi perfettamente bianca, adoperandomagari dei proiettori a vapori metallici di wattaggio superioredotati di interruttori di tipo crepuscolare, che possano garantireuna continuità nell’illuminazione dell’esposizione.Tali criteri risultano totalmente diversi rispetto a tutta una seriedi trucchi che spesse volte vengono realizzati da operatori non

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qualificati, che mettono invece degli orologi, tali da accenderegli impianti solo per due ore, e magari con delle modeste lampa-dine da 50 watt. E’ indubbio che un servizio d’illuminazione cosìfatto potrà influire su un maggiore sconto del prezzo finale del-l’affissione.

Altro aspetto sul quale mi permetto d’intrattenermi, a mio giu-dizio estremamente importante, è quello della qualità del sup-porto (il manifesto pubblicitario). Abbiamo parlato dell’impian-to, abbiamo parlato dell’illuminazione, ora parliamo invece pro-prio del manifesto pubblicitario, che come tutti bene o malesaprete, è affisso dalla classica figura dell’attacchino, personag-gio storico nel nostro settore, che va’ in giro per le strade con lasua lunga scopa, i bidoni di colla, ad incollare i manifesti pubbli-citari sugli impianti.

Il risultato di un lavoro così artigianale, così antico, così appros-simativo, è stato fino ad oggi sempre quello di avere affissioniestremamente scadenti in termini di qualità, quindi manifestiparticolarmente rugosi, che per i primi due giorni di affissione,fino a quando la colla non si asciuga, presentano degli effetti ditrasparenza che molte volte, quando ci sono dei rossi o dei colo-ri vivi nell’affissione sottostante, permettono la visibilità di que-sti ultimi, specialmente durante i periodi di pioggia.A tali fenomeni causati da un sistema d’incollaggio così artigia-nale si associano spesso anche i problemi di sbiadimento, causa-ti dalla causticità della colla, che si uniscono anche a difettid’accoppiamento dei singoli fogli formanti l’immagine giganto-grafia e spesso, durante questa operazione d’incollaggio funam-bolica, risultano delle enormi differenze nell’insieme graficodelle immagini che risultano sfalsate o non allineate.

A tale annoso difetto, fin dagli anni ‘70 circa alcune concessiona-rie serie hanno cercato di dare una corretta risposta, introducen-do dapprima dei procedimenti estremamente semplici, quali

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quello dell’affissione sottovetro, che però a mio giudizio non èparticolarmente adatto al mondo dell’esterna, perché qualsiasicosa si frapponga fra il manifesto e i colori su di esso stampati el’occhio della persona che li deve vedere causa un certo senso didisturbo sia in termini di rifrazione che di riflessi e di aberrazio-ni cromatiche. Questo penalizza molto il tradizionale effettoimpattante del manifesto.

In tal senso grandi progressi hanno fatto in questo settore alcuneconcessionarie, scusatemi se faccio eccessiva pubblicità, qualil’IGP rappresentato dal Dottor Villa, la Jolly Pubblicità e anche lanostra azienda, che hanno puntato molto sui preincollati. Gestiredei preincollati per i non tecnici significa smontare i pannellidelle affissioni dai supporti collocati all’esterno, riportarli in sta-bilimento e raschiare con delle apposite scarificatrici la cartadelle precedenti affissioni, incollare con dei procedimenti indu-striali i manifesti dei nuovi soggetti e plastificarli con dei comunimateriali di plastificazione, che vanno dall’acetato di cellulosa alPVC, al polietilene al polipropilene. Di tali prodotti protettivi c’ène sono tantissimi, tutti che hanno come principale requisitoquello di rendere lucido, impermeabile, brillante il manifesto,addirittura qualcuno di essi permette anche una certa refrattarie-tà alle affissioni abusive. Infatti non permette l’incollaggio dialtri manifesti sopra questi pannelli plastificati, facendo sì che ilmanifesto “abusivo” si stacchi quando la colla asciuga.

Nell’ambito invece dell’ultimo elemento che costituisce il sup-porto dell’affissione, cioè la carta, anche lì purtroppo il mercatoItaliano non ha recepito le innovazioni apportate nel nordEuropa, dove c’è uno standard qualitativo della carta estrema-mente elevato.In quelle regioni infatti usano delle carte altamente rigide da 120grammi che ben resistono a dilatazioni termiche, per cui le affis-sioni così approntate non presentano più quegli effetti di corru-gamento tipici delle nostre affissioni.

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Tali carte tra l’altro sono anche stampate di dietro con dei colo-ri che tendono al blu o al grigio, così da coprire le dominanti cheprovengono dalle precedenti affissioni. Comunemente sul merca-to questi prodotti vengono definiti blue back o grey back, in Italiasono di recente introduzione, speriamo che diventino prestoanche queste uno standard di qualità.

In qualità di supporti alternativi esistenti nel settore, così comeaccennato dall’Architetto Casti, si sono da un po’ di tempo aquesta parte presentati gli adesivi inteso come PVC adesivo o ilPVC plastico telato (banners), che sono senz’altro dei materialialtamente qualitativi. La loro diffusione è stata però penalizzatadall’elevato costo sia d’acquisto che di stampa, che di fatto neha penalizzato la diffusione per brevi periodi, facendoli invecediventare uno standard ideale per le esposizioni pubblicitariemedie e lunghe.

Nell’ambito invece della qualità della stampa, la tecnologia ditipo litografica è oggi divenuta da tempo lo standard del merca-to, e ciò malgrado in alcune nazioni del nord Europa, in cuil’aspetto qualitativo è supremo rispetto a qualsiasi aspetto eco-nomico, si continua a stampare l’affissione esterna in serigrafiaper via delle sue migliori qualità cromatiche. Tale mezzo distampa (la serigrafia) in Italia non ha mai avuto riscontro per viadella maggiore onerosità rispetto alla litografia.

Dal punto di vista tecnologico, invece, il settore della stampa hapresentato di recente delle grosse innovazioni nel settore deldigitale, non tanto dal punto di vista qualitativo, perché senz’al-tro l’offset è uno standard da raggiungere, ma quanto dal puntodi vista dell’elasticità, della versatilità tipiche di alcune nuovetecnologie di stampa, come quella elettrostatica o inkjet, chehanno permesso a tutti gli utenti del mezzo di poter stamparecon dei costi veramente risibili anche piccole tirature di manife-sti, cosa fino ad oggi non fattibile nel settore delle affissioni.

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Oggi è possibile infatti realizzare una micro campagna di 5 o 6poster pagando la stampa di un poster con una qualità davveroeccezionale anche 100/120 mila cadauno come costo stampa. Tutto questo naturalmente volge verso quello che sarà il futurodella tecnologia di stampa, che penso si rivelerà al mondo nelcorso della prossima Drupa (nota manifestazione fieristica) nel-l’anno 2000, che sarà rappresentata dal “computer to plate”,che porterà all’eliminazione a mio giudizio di tutte le tecnologiedi stampa ad oggi esistenti verso quella che sarà l’unica tecnolo-gia di stampa del futuro, cioè la tecnologia di stampa offset, conimputazioni direttamente dal computer, quindi con l’eliminazio-ne di tutti quei costi e tempi morti causati dai passaggi che finoad oggi hanno reso la tecnologia offset difficilmente abbordabileper piccole tirature, e quindi poco elastica.

Volendo fare una puntata su quello che a mio parere sarà il futu-ro dell’affissione concordo con coloro che dicono che l’affissioneprobabilmente nel futuro diventerà “forse” l’unico mezzo dicomunicazione di massa; tale evoluzione porterà infatti allacreazione del manifesto digitale, a tale proposito vi rimando aduna visione di tipo avveniristica, quale quella rappresentata neinoti film di fantascienza quali Blade Runner e Strange Days .In un prossimo futuro penso che in giro per le nostre città cisaranno solo dei grandi manifesti digitali pianificati e gestiti dauniche, grosse e globali centrali multimediali dalle quali sipotranno pianificare campagne mondiali o europee in poco menodi un secondo. Questa visione risulta ad oggi futuribile in quanto la tecnologiadei megascreen è una tecnologia in corso di studio e di evoluzio-ne, che raggiungerà un livello qualitativo paragonabile a quellodella carta almeno tra un centinaio d’anni.In attesa di quella che sarà la tecnologia del futuro credo che ilpresente vedrà sempre di più affermarsi sia i preincollati che gliadesivi, che sempre di più andranno a sostituire la carta perchépresentano in modo compiuto tutte le caratteristiche di una

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carta nobilitata che migliora la qualità delle affissioni.

Dal punto di vista invece proprio del supporto pubblicitario credosempre di più all’integrazione dell’impianto pubblicitario conl’arredo urbano.

In ultima volevo concludere con un appello a beneficio di noi tec-nici, rivolto naturalmente a tutti gli utilizzatori del mezzo, conparticolare riguardo ai pianificatori ai quali vorrei raccomanda-re: nel momento in cui trattate una campagna affissionistica e vitrovate innanzi a concessionari che vi parlano soltanto di piani,posizioni, prezzi e sconti,etc… vi prego, mettete per un attimoda parte queste argomentazioni e per 5 minuti chiedete loro diparlarvi della loro azienda, della loro storia, dei loro sistemi diilluminazione, dei loro impianti…. e magari del loro amore delmezzo. Poi una volta completata queste analisi ritornate nuova-mente anche a discutere dell’aspetto economico e degli sconti,altri elementi senz’altro importanti della trattativa, ricordandosempre come giustamente ha detto il signor Villa della I.G.P., chela qualità in affissione vince sempre sulla quantità.

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MICHAEL MATESICH - Sitour

Buonasera a tutti. Ringrazio gli organizzatori della tavola roton-da per avermi inserito come ultimo relatore, così ho avuto mododi seguire quattro ore di lezione in italiano; adesso mi capiretesenz’altro meglio.

Il mio intervento di oggi inizia proprio dove ha concluso il mio col-lega Alessi. Mi trovo perfettamente d’accordo con il suo appellorivolto agli utenti ed ai pianificatori: non dobbiamo parlare sola-mente di prezzi e di sconti. Il vero protagonista è il mezzo. Ed èstato un piacere ascoltare Alessi che per 5 minuti ha parlato delproprio mezzo con molto entusiasmo. Anche io, come lui, sonoinnamorato del mio mezzo, che probabilmente pochi di voi cono-scono, ma che, forse, senza accorgersene lo hanno utilizzato.

Tutti coloro che vanno in montagna, uscendo da una funivia o dauna cabinovia, si saranno chiesti: ed ora dove siamo, quale mon-tagna abbiamo davanti, come ci orientiamo? Qui inizia l’affasci-nante mondo di Sitour.

Sitour produce tabelloni panoramici che riportano la zona sciisti-ca in inverno e la zona escursionistica in estate. Di solito, inItalia, la montagna viene associata alla neve, agli sci, mentre inAustria, Germania e Svizzera la montagna è diventata una realtàche lavora ininterrottamente 12 mesi su 12.A piccoli passi anche l’Italia si sta muovendo in tale direzione, aferragosto tanti italiani e stranieri affollano le nostre splendidemontagne e gli accoglienti rifugi. Dobbiamo ricordare che inItalia vi sono moltissime montagne e colline, e non solo al nord,da noi è possibile sciare dal Brennero fin giù in Sicilia, sulle pen-dici dell’Etna. Queste ultime sono stazioni sciistiche che non ven-gono prese in considerazione, considerate quasi mete estive oaddirittura “esotiche”, e ci dimentichiamo che a Sierra Nevadahanno organizzato e disputato addirittura un mondiale.

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Senza dubbio, Sitour è una ditta alquanto particolare: abbiamoesperienza nella televisione, siamo coloro che hanno inventato letelecamere chiamate “panorama”, che riportano in tempo reali lecondizioni atmosferiche, climatiche in montagna. Sitour è cresciu-ta grazie alla produzione dei tabelloni panoramici dipinti a mano, eper offrire questo servizio ai nostri interlocutori (generalmente iproprietari degli impianti di risalita) abbiamo dovuto trovare laforma per finanziarli, e questa è per noi la pubblicità.

Grazie ad essa si sono sviluppati i nostri circuiti pubblicitari, sem-pre abbinati ad un servizio di informazione (fra l’altro siamo anchegli ideatori della classificazione delle piste, segnalate con bolliniblu, rossi e neri, cerchi che ricordano il nostro marchio): dai tabel-loni panoramici, ai globi segnapiste, dagli orologi presso gli acces-si agli impianti, fino ad arrivare alle classiche vetrine all´internodegli impianti di risalita.

Attenzione, però, l’affissione viene spesso fraintesa ed associataalla carta ed alla colla, come ha ricordato anche il signor Alessiprima. Fortunatamente non è sempre cosí!

Inizialmente Sitour dipingeva a mano i propri messaggi pubblicitari,ovviamente il numero delle affissioni non era elevato; infatti, quan-do ci siamo trovati nella situazione di dover far fronte alle numero-sissime richieste della clientela, abbiamo iniziato ad utilizzare deisupporti di ottima qualità ed esteticamente belli, le cornici a scat-to tutt’ora impiegate per esporre i messaggi dei nostri clienti.Ormai siamo diventati azienda leader mondiale nel settore conoltre 1200 località turistiche, di cui quasi 160 situate in Italia.Mi auguro che questo breve intervento vi abbia fornito la possibili-tà di conoscere dei mezzi di comunicazione alternativi, e spero chegli operatori del settore, agenzie pubblicitarie o aziende, possanoprendere in considerazione anche questi mezzi, generalmente con-siderati di nicchia.

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Progetto e coordinamentro graficoPaolo Casti

Elaborazioni grafiche e impaginazionePaolo Menon

Composto con caratteriTrebuchet MSDinMittelschrift

Stampato su cartaSimbol Freelife Satin 115 g.

Carta di copertinaSplendorlux color pastello grigio 250 g.

Fotolito e stampaGruppo immagine Verona

Finito di stampareVerona, Maggio 1999

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