Quaderno di Campo n.1

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Perché gli animali fanno certe cose?

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Quaderno

di Campo n.1

L'ECOLOGIA COMPORTAMENTALE:

perché certi animali fanno certe cose?

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I “Quaderni di Campo” dell'Ecomuseo Borgo La Selva sono piccole guide,

disponibili in internet per tutti i ragazzi che li vorranno semplicemente guardare

oppure leggere, o, meglio ancora, stampare (in tutto o in parte) e portare con

sé durante le loro esplorazioni su campo. L'osservazione del mondo che ci

circonda può essere fatta ovunque, durante una gita scolastica come durante

una passeggiata, in giardino, in campagna e anche in molti parchi di città; in

certi casi, addirittura dalla finestra! I nostri “Quaderni” vogliono stimolare

l'osservazione, spingere a farsi domande piuttosto che dare risposte.

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QUANDO ANDATE IN UN BOSCO, AL MARE, IN MONTAGNA.....

mettete in moto tutti i vostri sensi: vista, udito, gusto, olfatto, tatto e... gli altri sensi che non hanno un nome, ma che vi aiuteranno a notare i particolari che solo voi potete notare. Afferate ogni piccolo cambiamento, ogni traccia, ogni segno e appuntàtelo su questi “Quaderni” o su un vostro taccuino, insieme a luogo, data e ora delle osservazioni, in modo da poter utilizzare le vostre annotazioni anche in seguito.

Ma anche senza uscire dalla città o dal vostro tran-tran quotidiano, potete fare notevoli osservazioni naturalistiche: ad esempio, prendete l'abitudine di annotare (su un vostro quaderno o su un foglio appuntato al muro o in un file che vi appare appena avviate il computer) in che giorno dell'anno vedete in cielo, sopra casa vostra, la prima rondine, o quando è fiorita una certa pianta sul vostro balcone o in una via che attraversate per andare a scuola; avrete così delle informazioni preziose sull'andamento reale delle stagioni nel vostro ambiente.

Se poi provate anche a fare degli “schizzi” di un uccellino che viene a becchettare le briciole sul vostro davanzale, o di una nuvola che vedete nel cielo, o di un gatto che dorme, anche se all'inizio vi sembreranno brutti o poco riusciti.... insistete! La confidenza con il disegno si acquisisce un po' per volta, e vedrete che un appunto arricchito di uno schizzo, anche parziale, ma che vi ricorda di che colore era il collo di un uccello, o il dorso di una rana, o le macchie di una farfalla, sarà utilissimo quando, a casa o a scuola, consulterete i libri, i manuali o internet per riconoscere la specie che avete individuato, o per tenerne una lista.

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Se poi diventate veramente “Naturalisti curiosi” (come recita il titolo di un libro

del famoso etologo Niko Tinbergen) imparate a girare per i boschi, le spiagge o

le montagne portando con voi piccole buste o scatoline, con etichette e una

matita, dove annoterete data,

luogo e modalità del

ritrovamento. Potrete metterci

dentro foglie, penne, piccole

ossa, pigne rosicchiate,

conchiglie, ecc. Ricordate di

non danneggiare mai nessun

vivente, ma quanti elementi si

trovano in terra, che aiutano a

riconoscere un organismo!

Una foto è utilissima, se avete una buona macchina, leggera, maneggevole, e

siete bravi, ma non è indispensabile: cercate comunque di “stamparvi” in mente

quello che vi colpisce, e di riprodurlo a modo vostro.

Non dimenticate il binocolo, o magari un registratore per i versi degli uccelli,

degli anfibi, di insetti o mammiferi, se lo avete a disposizione.

Imparate poi a consultare i manuali per il riconoscimento di animali, piante,

funghi, minerali, ecc. La natura è talmente ricca di forme che serviranno

parecchie guide per rispondere a tutte le vostre domande; ma, senza comprarle

tutte, potrete consultarle a scuola, o nella biblioteca comunale o di quartiere, o

in una sezione di una qualche Associazione naturalistica vicina a casa vostra.

Ma un buon manuale per il riconoscimento degli uccelli o delle tracce o delle

piante sarà sicuramente utile nello zaino durante le gite!

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Perciò: COSA METTERE NELLO ZAINO? una borraccia piena d'acqua (se è estate

almeno 1 litro e ½) un impermeabile o k-way, pieghevole

un cappellino, in caso di troppo sole o di

rischio pioggia

un binocolo

un taccuino o diario per le vostre

annotazioni natualistiche

una matita

matite colorate o acquerelli o carboncini

un coltellino pieghevole (piccolo e ....

attenti alle dita!)

la mappa del luogo dove andate (se ce

l'avete o se riuscite a stamparla da

internet)

una bussola: è molto utile imparare ad

usarla assieme alla carta topografica

guide naturalistiche (tutte non si

possono portare; a seconda che voi

siate più appassionati di uccelli,

insetti, mammiferi, piante, erbe, funghi,

ecc. scegliete il manuale che preferite.

Ovviamente dipende dal luogo dove

andate, e da cosa sarà più facile

osservare.... Magari siete con amici

che preferiscono cose diverse, e allora

è perfetto: ognuno ne porta una!)

bustine di plastica piccole (le trovate tra le forniture per ufficio)

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etichette adesive da applicare alle bustine dove inserite i vostri reperti

scatoline (perfette sono quelle da

fiammiferi)

eventualmente una macchina fotografica

e..... ovviamente le pagine di questi

Quaderni di Campo! Potrete stamparle e

fissarle con una grappetta, o rilegarle o tenerle insieme su una di quelle

tavolette rigide con una pinza sopra: sarà utilissimo per poterci scrivere o

disegnare, senza ogni volta doversi sedere, o appoggiare a un tronco o.....

alla schiena di un compagno!

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PERCHé CERTI ANIMALI FANNO CERTE COSE?

Ci sono cose che tutti gli animali debbono fare, per poter sopravvivere, quali

mangiare, bere, riposare, e non è questo a stupirci, quanto il modo di compiere

queste azioni, che a volte è veramente curioso.

Intanto, provate a domandarvi quali sono le azioni che tutti, ma proprio tutti

gli animali compiono nella loro vita, e scrivetele qui:

(in realtà è una domanda che funziona con tutti gli esseri viventi -piante,

funghi, microbi- ma per ora concentriamoci solo sugli animali.

E badate, quando si dice “animale”, non si intende solo: “cane, gatto, leone,

aquila”, ma anche: “stella marina, vongola, pulce, lombrico, balena, zanzara,

granchio, medusa, pterodattilo.....”, insomma tutte quelle forme più diverse, che

meno facilmente ci vengono in mente!)

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Allora, ricapitoliamo, dicendo che:1) la prima azione che ogni animale compie è NASCERE

2) e, subito dopo, comincia a CRESCERE

3) fino al momento in cui non compie la sua ultima azione: MORIRE

4) intanto per poter vivere deve RESPIRARE

5) deve NUTRIRSI

6) e nello stesso tempo ESPELLERE RIFIUTI (nel nostro caso pipì e cacca, ma per animali più piccoli o differenti da noi cose diverse ma.... analoghe! Insomma tutto quello che mangiamo ha delle parti che non ci servono, e inoltre, noi produciamo rifiuti con il nostro stesso METABOLISMO)

Tutte queste azioni, o FUNZIONI, sono compiute da TUTTI ma proprio TUTTI I VIVENTI!!!

Forse a voi ne erano venute in mente altre?

Ad esempio saltare, strisciare, arrampicarsi, volare, nuotare... Questi sono solo alcuni dei possibili MOVIMENTI che un animale può compiere.

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Ve ne vengono in mente altri? Scriveteli qui sotto:

e provate a fare qualche schizzo di animali in movimento:

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Però il movimento non è una cosa imprescindibile degli animali. Esistono animali

che vivono attaccati al suolo (si dice al SUBSTRATO), e che magari rilasciano le

loro uova nell'acqua o nell'aria che li circonda, facendo in modo che sia

l'AMBIENTE a disperderli. Ve ne viene in mente qualcuno? Elencateli qui:

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Si tratta per lo più di animali acquatici, e questo per vari motivi:

1)perché l’acqua si muove in continuazione;

2)perché essa è ricca di nutrienti e vita: gli animali che non si

muovono possono semplicemente filtrare l’acqua (con apposite parti

del loro corpo evoluto in “peli” o reti) e ricevere il cibo a

domicilio;

3)perché essa fà in modo che le uova o le larve (gli

organismi in corso

di trasformazione che escono dalle uova) non si secchino,

anche se non

hanno un guscio duro;

4) perché la vita si è evoluta in acqua, quindi gli esseri più

primitivi, dotati di sistemi di vita semplice, si ritrovano lì.

Il fatto che una specie vivente si sia evoluta poco non vuol

dire che essa sia “rimasta indietro”, ma anzi che essa è

risultata talmente adatta al suo ambiente da non aver

bisogno di cambiare!

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C'è poi un'altra categoria di azioni che non sono proprio indispensabili per

definire la vita: gracidare, ruggire, miagolare, cantare, frinire, abbaiare...

Insomma EMETTERE DEI SUONI.

Quali altri versi animali conoscete?

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Quali animali conoscete che sono senz'altro MUTI? Fatene una lista:

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Ma secondo voi, anche se non parlano, hanno qualche altro mezzo di

COMUNICARE con quelli della propria specie (i CONSPECIFICI) o con quelli di

altre specie (ad es. eventuali PREDATORI, cioè animali che li potrebbero

mangiare, o PREDE, cioè animali di cui potrebbero nutrirsi)?

Quali altri mezzi di COMUNICAZIONE conoscete?

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Se i VERSI hanno come bersaglio l'UDITO degli altri animali, come può un

animale comunicare con la VISTA degli altri?

disegnatene almeno uno, appariscente e .... “bello”

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E con l'OLFATTO?

In quali casi può essere più utile un tipo di comunicazione, e in quali un altro?

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Avete indovinato? Dipende:

1. dai differenti tipi di AMBIENTE in cui gli animali vivono (tanto per fare un

esempio: nelle profondità degli abissi i colori sono inutili, mentre sono

utilissimi nella barriera corallina, che è situata nei primi metri di

profondità, dove i raggi del sole arrivano bene);

2. dal TEMPO per il quale il segnale deve

DURARE: se un maschio di volpe vuole

marcare il proprio territorio, per

avvertire altri maschi di stare alla

larga, è bene che il messaggio duri a

lungo: è bene che sia un messaggio

olfattivo da disseminare lungo i confini,

anche in assenza del suo proprietario;

3. dal “BERSAGLIO” della comunicazione (cioè “a chi” il segnale è diretto): se

un maschio di rana vuole attirare molte

femmine, è bene che le chiami forte e

si faccia sentire anche abbastanza

lontano; così una femmina di anatra

che richiama i suoi piccoli affinché la

seguano, nelle prime nuotate.

4. dall'effetto che si vuole ottenere: se

un bruco vuole SPAVENTARE un uccello

che potrebbe mangiarlo (nel caso non

abbia scelto la via del mimetismo),

potrà usare colori forti e vivaci, che

magari spaventino (come il rosso) con

disegni che ingannino (come finti occhi, che appaiono all'improvviso)

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In acqua poi esiste anche un altro sistema di comunicazione: poiché la vista,

l'udito e il gusto-olfatto sono un po' frenati in acqua, si è sviluppato nei pesci

un organo di senso sofisticato che è la LINEA LATERALE, che rileva la pressione

dell'acqua in movimento, per cui il pesce è in grado di capire sia la DIREZIONE

da cui proviene un eventuale predatore, e sia la DISTANZA.

E' un po' come se noi potessimo TASTARE una cosa.... da lontano! Comodo, no?

Ma il TATTO vero e proprio, come ce l'abbiamo noi, è sviluppato solo in “noi”

scimmie, con le dita, mentre altri mammiferi “tastano” magari con la lingua:

pensiamo a tutti gli usi che la lingua ha in cani e gatti, oltre a quello di

mangiare e bere: pulire, curare, essere affettuosi, manifestare il proprio affetto,

la propria vicinanza ai piccoli, ecc....

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Ma torniamo alle AZIONI NECESSARIE ALLA VITA DI UN ANIMALE; a molti di voi

saranno venute in mente le seguenti:

deporre le uova

partorire

allattare

costruire un nido

nutrire i piccoli

corteggiare una possibile compagna

combattere contro un conspecifico

ecc. (trovatene altre simili):

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Tutte queste azioni sono connesse alla RIPRODUZIONE, che di tutte le azioni è

forse la più importante, ma non è legata direttamente alla vita degli animali (o

delle piante, dei funghi, dei microbi....). Cioè: un organismo vive benissimo anche

senza riprodursi.

Una volta nei libri si leggeva che gli esseri viventi si riproducevano “PER LA

SOPRAVVIVENZA DELLA SPECIE”, e che per essa erano anche disposti a morire.

Oggi questa espressione è superata, perché si è capito che nessun vivente si

sacrificherebbe mai per il bene della specie, ma che quello che conta di più è

la sopravvivenza dei GENI che esso porta nelle proprie cellule.

I GENI sono l'insieme delle “istruzioni” su come ogni organismo deve essere

costruito, con quali materiali, secondo quali processi. Il loro insieme si chiama

GENOMA e ce n'è una copia all'interno di ogni cellula.

Semplificando molto (forse troppo!), possiamo dire che i GENI sono stati

selezionati, nel corso dei milioni di anni, in base alla capacità di sopravvivere

degli organismi che li contenevano. Per meglio dire: un gene è migliore

(relativamente all'ambiente in cui l'organismo vive) se fornisce migliori

probabilità di sopravvivenza a chi lo porta, a paragone di un altro gene.

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La parola inglese “FITNESS” si usa per indicare quanto un vivente è adatto al

proprio ambiente: quanti più discendenti un vivente riesce a dare, tante più

copie dei suoi geni ci saranno al mondo. E ciò indicherà un grande “successo

evolutivo” di quei geni.

Perciò, ritornando alla riproduzione, è un'azione importante per la sopravvivenza

dei geni, e non propriamente per quella dell'individuo.

I geni che ogni vivente porta in sé lo spingono a fare tutto il possibile per

lasciare quante più copie possibili di essi stessi, cioè ad avere tantissimi

discendenti.

E' per questo che si osservano spesso genitori sacrificare la propria vita per la

sopravvivenza dei propri figli, ma non solo: in realtà gli zoologi hanno capito (e

mediante osservazioni e misure sono riusciti a dimostrare) che un animale spesso

sacrifica la propria vita anche per la sopravvivenza di parenti, più o meno

stretti.

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Ad esempio: avete presente il film “Il

Re Leone”? Il piccolo Timon è un

suricato: questi animali vivono in

grosse colonie, i cui membri sono più

o meno imparentati fra loro.

L’attenzione verso un possibile

predatore che arrivi dal cielo è

continua: se uno di essi vede un

rapace che sta per piombare sul

gruppo, grida e dà l’allarme, e tutti i

suricati si rifugiano al coperto. Ma

ovviamente chi dà l’allarme è proprio

quello che rischia di più: è quello che

viene notato prima dal predatore,

proprio per il fatto che sta fermo e

grida. Questo rischio di sacrificio (ed

eventualmente sacrificio vero e

proprio) è premiato dal fatto che

moltissimi suricati si metteranno in

salvo; tra questi ci saranno figli,

fratelli, genitori, cugini, zii, di chi ha

dato l'allarme. Poiché noi condividiamo

con i nostri figli, fratelli, genitori e

parenti tutti un numero misurabile di

geni (grazie al tipo di riproduzione

che chiamiamo “SESSUATA” ogni

genitore dà ad ogni figlio il 50% dei

geni che esso porterà), se il sacrificio

del suricato causerà la salvezza di

almeno 2 figli esso sarà almeno

ripagato. Se poi si salveranno 3 figli

o 5 cugini, il saldo andrà in attivo! In

questi casi gli zoologi parlano di

“FITNESS INCLUSIVA”, che include,

cioè, tutti i portatori di copie dello

stesso gene.

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Quali altri animali hanno questo comportamento? Pensaci ed elencali:

E’ vero che ragionare in termini di % di geni condivisi a noi sembra un po’

strano.... Anche grazie ai cartoni animati che hanno umanizzato i personaggi, ci

sembra che dietro le azioni degli animali ci debba essere un ragionamento o una

forma di volontà, che in effetti non c'è.

E' difficile, ma bisogna arrivare a concepire ogni vivente (batteri, funghi, piante,

animali e fra questi, ovviamente, gli esseri umani) come una “macchina” che i

geni si sono costruiti attorno, per arrivare a riprodurre quante più copie di

stessi era possibile.

Ed anche questo va immaginato come un evento assolutamento privo di ogni

volontà. Un evento che è avvenuto per SELEZIONE NATURALE. Quel che funzionava

meglio, viveva più a lungo e si riproduceva di più.

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Per cui, quello che è stato chiamato “istinto” era proprio questa attitudine,

selezionata dalla natura, a fare la cosa “giusta”, la cosa che permetteva ai

geni di sopravvivere di più per riprodursi di più.

Solo così si riescono a spiegare tanti strani comportamenti, che non hanno come

conseguenza la sopravvivenza dell'individuo, ma quella di molte copie dei suoi

geni!

Una dei comportamenti più strani, in natura è quello del cuculo (o cucù):

quell'uccello dal verso così riconoscibile, che annuncia l'arrivo della primavera

nelle nostre campagne. Anche i bambini più piccoli conoscono il suo verso

(anche grazie al fatto che fosse stato imitato con successo negli orologi a

cucù!), ma non molti lo saprebbero descrivere, o riconoscere vedendolo

disegnato.

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Ebbene il cuculo ha un comportamento stranissimo: dopo l'accoppiamento, quando

l'uovo è pronto, la femmina lo depone nel nido di un'altra specie, di cui imita

perfettamente la colorazione e la forma. Solo, molto spesso, la dimensione è

molto maggiore. Infatti il cuculo, grande più di 30 cm, parassita nidi di

passeracei, molto ma molto più piccoli di lui. Perciò quando il cucù esce

dall'uovo (e lo fà prima degli altri) butta giù dal nido le altre uova, così da

accentrare su di sé tutto il cibo che i due piccolissimi genitori adottivi

riusciranno a procurare. Questo

sembra molto cattivo, da parte

sua. Ma in effetti non c'è nessuna

volontà né nessuna cattiveria. La

selezione naturale ha “premiato”

questo strano comportamento, in

cui il cuculo ha tutti i vantaggi e

la coppia di genitori parassitati

nessuno. O meglio, in realtà si

potrebbe pensare che i due piccoli

uccellini avranno imparato benissimo

ad allevare i figli, visto che sono riusciti ad allevare un figlio molto più grosso

di loro. E questa esperienza potrà esser loro utile nella cova successiva. (Come

sempre, nei casi di parassitismo, il parassita non deve uccidere il proprio ospite,

altrimenti alla fine morirebbe anch'esso: così è assolutamente improbabile che

la stessa coppia di passeri venga parassitata dal cuculo alla cova successiva, ed

essi si potranno ben riprodurre, anche nella stessa stagione).

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Un altro comportamento

che sarebbe molto

difficile spiegare, se non

in chiave di “gene

egoista” è quello di api, formiche,

termiti (ma anche alcuni afidi e

vespe): cioè i cosiddetti “INSETTI

SOCIALI”.

Tutti voi saprete, più o meno, che api,

formiche ecc. vivono in “colonie”, con

una regina e delle “CASTE”, cioè dei

gruppi di individui con delle funzioni

ben precise: soldati, operaie, fuchi.

(Provate a disegnare qui una formica:

non è poi difficile!)

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Parlare diffusamente di questi animali affascinanti richiede delle pubblicazioni a

sé (e rimando per questo ai testi di zoologi famosi: in particolare il libro

“Formiche” di Holldobler e Wilson, tradotto in italiano e pubblicato da Adelphi,

è adatto a tutte le età, dato che gli autori hanno iniziato ad appassionarsi e

ad osservare questi insetti fin da piccolissimi, e sanno usare un linguaggio

semplice).

Ma qui possiamo concentrarci su un aspetto molto particolare della loro

biologia: il fatto che in una colonia l'unica femmina che si riproduce è la

REGINA; le altre femmine, operaie e soldati, sono “sterili”, cioè non possono

avere figli, perché i loro ovari non maturano completamente. Questa differenza,

come molti sanno, non è dovuta a differenze genetiche fra le caste, ma a

differenze ambientali durante lo sviluppo: a seconda del nutrimento che le larve

ricevono (e ad altri fattori, tipo la temperatura) da esse proverranno regine o

individui sterili.

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In natura (dato che abbiamo detto che i viventi sono come “macchine” che i geni si

sono costruiti attorno per riprodurre sé stessi il più possibile) l'esistenza di animali

che maturano senza mai potersi riprodurre sembra davvero un controsenso. Eppure,

analizzando la struttura della colonia, questa caratteristica non è affatto strana:

tutte le api (o formiche) di una colonia sono “sorelle”, in quanto figlie della stessa

regina fondatrice della colonia. E però sono sorelle in modo “ancora più stretto” di

quanto ciò possa essere possibile in altre specie:

come dicevamo, fratelli e sorelle (per esempio nella specie umana) condividono il 50%

dei geni, prendendo il 50% dei geni dal padre e il 50% dalla madre.

Qui non vogliamo dilungarci in discorsi molto complicati che riguardano la formazione

delle cellule riproduttive (GAMETI, portatrici di mezzo patrimonio genetico) nella

RIPRODUZIONE SESSUALE, tramite il processo detto “MEIOSI”, che è una divisione

cellulare particolarmente complessa: ciò fà parte dei programmi scolastici, e........

necessiterebbe di un testo a parte (e dovrebbe essere un “Quaderno di Laboratorio”,

più che di “Campo”....!). Possiamo solo dire che gli insetti sociali hanno un tipo di

riproduzione chiamato “aplodiploidia”: le femmine si sviluppano normalmente da uova

fecondate, e sono “diploidi” (cioè le loro cellule hanno ognuna un corredo cromosomico

“doppio”); i maschi si sviluppano da uova non fecondate, e tutte le loro cellule sono

“aploidi” cioè portatrici di un singolo corredo cromosomico.

Con un'aritmetica molto semplice, calcolando i gradi di parentela si scopre che TUTTE

LE SORELLE IN UNA COLONIA CONDIVIDONO IL 75% DI GENI, mentre la parentela che

hanno con i fratelli e con la madre è sempre del 50%.

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Questo dato ha come conseguenza che per un'ape (o una formica, un'afide, ecc.)

restare alla colonia ad allevare le proprie sorelle, generate dalla madre

“regina”, senza riprodursi da sé, è un grosso vantaggio, perché significa

spendere le proprie energie verso l'accudimento e la sopravvivenza di individui

che condividono con esse molte più geni di quanti ne avrebbero le loro stesse

figlie!

Questi discorsi che guardano ai viventi come “macchine” che i geni si sono

costruiti attorno per riprodursi quanto più possibili, mi fanno ricordare una

domanda che, l'estate scorsa, mi ha posto una bambina, mentre, arrabbiata,

si grattava varie bolle di zanzara: “Capisco le api, perché fanno il miele, e

servono per impollinare le piante; ma le zanzare a che servono?”

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Ora forse potrei lasciare uno spazio qui e la risposta la scrivete voi:

Avete scritto giusto?

Le zanzare, come ogni altro

vivente, riproducono sé stesse, e

non bisogna essere

“antropocentrici”, cioè mettere

l'essere umano al centro dei nostri

discorsi, come troppo spesso

facciamo! Animali e piante non

esistono per servirci, ma semplicemente ci siamo evoluti sullo stesso

pianeta.

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L'ecologia comportamentale ci aiuta a capire tante cose, che con altri approcci

sarebbe difficile spiegare; ad esempio: perché ci

prendiamo il raffreddore o l'influenza? Perché i

VIRUS sono forse le macchine più perfette che

si sono evoluti sulla Terra: si tratta quasi

soltanto di geni (i virus sono essenzialmente

delle capsule minuscole che racchiudono un

corredo cromosomico, e non hanno organi né per

mangiare, né per riprodurre sé stessi, ecc.), che

devono sfruttare un'altra specie (animale o

vegetale o fungina) per riprodurre sé stessi e

diffondersi.

Lo starnuto che noi facciamo è proprio un

sistema che il virus del raffreddore ha evoluto

per farsi trasmettere da un “ospite” parassitato

all'altro! E, come quasi tutti i parassiti, in

genere non uccide il suo ospite, perché

altrimenti esso stesso “ci rimetterebbe”, perché

non saprebbe più come sopravvivere: lo sfrutta,

e l'ospite si ammala, ma poi guarisce, e forse

passa il virus a qualcun altro, e il ciclo

continua.

E così, quando ci punge una zanzara, o una

vespa, o un ragno, non concentriamoci sul fatto

che a noi non è utile: sicuramente nell'ambito

dell'ecosistema quell'animale ha la propria

funzione, ed è per questo che si è evoluto.

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Per vedere se tutti questi discorsi ci sono chiari o no, proviamo ad applicarli a

delle semplici osservazioni che possiamo fare andando in gita in un bosco: in

genere, è molto eccitante avvistare animali “grossi”, cioè i mammiferi; ma come

saprete, essi sono molto rari da vedere: essi sono diventati quasi ovunque

notturni, o sono comunque molto attenti a non uscire allo scoperto, a non farsi

vedere, proprio perché ci temono.

Dunque, andando in natura, è più probabile che degli animali si trovino solo

“tracce” o segni di presenza. Elencate quali possono essere, non solo per i

mammiferi, ma per tutti gli altri animali:

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Vediamo se ne avete lasciato fuori qualcuno?

orme (cioè impronte delle zampe);

penne o piume o aculei di istrice o ciuffi di pelo (hanno tutti la stessa origine);

mute della pelle dei rettili;

esuvie di insetti (quelle specie di rivestimento, dal quale l'insetto sguscia via

dopo una fase di accrescimento, e che ha la forma perfetta dell'insetto, proprio

come nel caso della pelle dei serpenti);

gusci di uova dopo la schiusa;

ossa o scheletri completi;

corna o più esattamente “palchi” (di cervi, daini, ...);

borre dei rapaci;

escrementi;

scortecciamenti;

scavi per la ricerca di cibo;

resti di cibo (ad es. ghiande o pigne rosicchiate in un modo piuttosto che in un

altro);

tane, nidi, ecc.;

ammassi di uova (di anfibi, insetti, cc.);

conchiglie;

opercoli;

galle;

e si potrebbe continuare a lungo, perché, guadandosi attorno con attenzione, si

possono individuare cento diversi segni di cento diverse specie! Disegnatene

qualcuno, mettendo cura nei particolari, ricordando che il segno lasciato da una

specie è ben diverso da quello lasciato da un'altra. E che all'interno della

stessa specie differenze ci possono essere se la traccia è stata lasciata da un

individo grande o piccolo, giovane o vecchio, maschio o femmina, ecc.

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E questi segni aiutano chi sa guardare a capire qualcosa di più che la semplice

presenza di quella specie: ad es. l'analisi della borra di un barbagianni (cioè

quell'ammasso di peli, ossicini e tutto ciò che non è digeribile, che viene

rigurgitato dai rapaci notturni, al termine del passaggio del cibo nello stomaco)

ci potrà aiutare non solo a capire il tipo di dieta della specie “barbagianni”,

ma spesso aiuta gli zoologi a studiare quali micromammiferi (topolini ecc.) sono

presenti in una zona.

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L'analisi degli escrementi (o “pellet” o “fatte”)

di un mammifero, oltre a dirci che quel

mammifero esiste in quell'area, e a darci

informazioni sul tipo di dieta che tale specie ha

in quell'ambiente, può fornirci un mucchio di altre

informazioni ad

esempio sulla sua

territorialità e su

altri aspetti del suo

comportamento,

come la socialità.

Tale analisi

permette anche importanti valutazioni sulle

differenze di comportamento tra differenti

POPOLAZIONI all'interno di una stessa specie (una

POPOLAZIONE è formata da animali di una certa

specie che vivono in una certa regione, e che hanno quindi la possibilità di

incontrarsi e, potenzialmente, di accoppiarsi: i loro geni hanno quindi la

possibilità di “mescolarsi”).

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Prendiamo il caso del TASSO: animale notturno e diffidente, è molto difficile da osservare.Cercate una suo foto e fatene un ritratto:

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E' invece possibile trovare le cosiddette “latrine” o mucchietti di escrementi che

un tasso depone in siti fissi ai confini del proprio territorio, proprio per

comunicare ad altri tassi che quella zona è già occupata, è sua, e quindi di

girare a largo!

Ma queste latrine danno anche altre informazioni: gli zoologi hanno messo a

confronto i risultati di studi fatti in Scozia e in Maremma, traendo conferma

di quanto l'ambiente influisca sul comportamento degli animali.

Il tasso, CARNIVORO per dentatura, si comporta da ONNIVORO: in Scozia il cibo

preferito sono i lombrichi. I tassi mangiano anche cereali, radici, insetti, rane,

uccelli, ecc. ma in tutte le stagioni i lombrichi sono il cibo preferito: essi sono

più abbondanti e catturabili laddove le mucche hanno appena pascolato, e pur

trattandosi di un cibo che non richiede la ricerca o la cattura in gruppo, in

genere è tanto abbondante da permettere che più di un tasso viva nella stessa

area. E questo è ciò che di solito avviene: i tassi in Scozia vivono in gruppi

(detti “clan”....!) che condividono la stessa grossa tana sotterranea.

Veramente, piuttosto che dire che i tassi “vivono” in clan, sarebbe più esatto

dire che i tassi “dormono” in clan, perché in realtà tutte le loro altre attività

sono solitarie, dalla ricerca di cibo, alla difesa del territorio, dall'accudimento

dei piccoli (si riproduce solo la coppia “principale” o “alfa”) alla loro difesa.

Però in Scozia, dato il freddo, una tana è essenziale per la sopravvivenza, e

bisogna essere in tanti per scaldarsi l'un con l'altro. Le tane vengono

tramandate di generazione in generazione, e per i figli è più vantaggioso

restare a casa, rinunciando

a riprodursi, piuttosto che arrischiarsi a vivere senza tana.

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In Maremma, invece, i tassi mangiano frutti (molte olive), lumache, insetti,

larve: cibi molto dispersi, che vanno cercati da soli. Inoltre, dato il clima mite,

non vi è la necessità di dormire in gruppi in una stessa tana. La tana può

essere utile solo nel periodo riproduttivo, per proteggere i piccoli da eventuali

predatori, ma in questo caso si può condividere anche con un istrice, grande

scavatore ed erbivoro: non c'è il rischio che divori i piccoli del tasso!

Disegnate qui tutto quello che può entrare nella dieta di un tasso:

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Come vedete, l'osservazione di escrementi è utilissima: accompagnando i bambini

in giro per i boschi so che quando si inizia a parlare di escrementi o si

ridacchia o si fa “Bleah!”, ma per gli zoologi si tratta di un aspetto come

tanti dello studio, anzi, uno di quelli che dà il massimo delle informazioni!

Per restare in tema, le “fatte” che forse incontrerete con più facilità sono

quelle di volpe, e con

esse si possono affrontare

molti altri aspetti

dell'ecologia

comportamentale.

Intanto: le sapete

riconoscere tutti? Gli

escrementi delle volpi

sono in genere depositati

in un punto significativo:

su un masso, un tronco, un piccolo rialzo insomma, perché così il loro odore si

diffonde ancora meglio.

Si riconoscono (oltre che per l'odore, inconfondibile per chi ha mai incontrato

una volpe da vicino!) anche per il contenuto: sono evidentissimi i tanti semini

nella stagione dei fichi e delle more, i molti noccioli nella stagione delle ciliege

o delle olive, e così via. E' infatti ben raro che oggi una volpe arrivi a rubare

galline: quasi tutte hanno una dieta mista, con molte bacche, artropodi,

molluschi.

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provate a disegnare una volpe: mettete in risalto la sua coda gonfia con la punta bianca!

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Come dicevamo per il tasso, gli escrementi hanno una funzione di marcare il

territorio, soprattuto da parte dei maschi: questi, infatti, non permettono ad

altri maschi di insediarsi nel proprio territorio, e lo difendono attivamente. Un

maschio, però permetterà ad una femmina di insediarsi e con essa alleverà la

cucciolata, per poi riprendere una vita solitaria allo svezzamento. Anche un'altra

femmina o

addirittura due

(se il territorio

è ampio)

possono essere

tollerate nel

territorio: il

maschio si

accoppierà con

esse, ma esse se la dovranno poi cavare da sole ad allevare i cuccioli: con un

solo genitore che porta il cibo e difende da eventuali predatori questi piccoli

avranno meno probabilità di crescere, ma per una femmina è comunque meglio

provare a crescere dei cuccioli da sola, piuttosto che non provarci affatto.

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A fine estate i cuccioli sono autosufficienti, e i figli maschi saranno sempre

spinti ad allontanarsi: ciò evita il rischio di “inbreeding”, cioè l'accoppiamento

con una sorella o con la madre, che porterebbe ad un rischio maggiore di

trasmissione di malattie genetiche.

Se l'area familiare è povera anche le femmine se ne andranno alla ricerca di

cibo. Ma se la zona è ricca, le figlie non si accoppieranno e resteranno un

altro anno con la madre: l'aiuteranno ad allevare la cucciolata successiva,

quindi collaboreranno alla sopravvivenza dei propri fratelli. Questo per le

giovani femmine costituisce un doppio vantaggio:

1. aumenteranno la sopravvivenza di individui portatori dei loro geni (i

giovani fratelli e sorelle avranno più probabilità di sopravvivere se il cibo

verrà portato loro da più di un adulto): se esse si fossero allontanate

dalla madre, non è detto che avrebbero trovato una tana, un territorio

disponibile, un maschio con cui accoppiarsi; o magari sarebbero morte di

fame;

2. l'allevamento dei fratelli più giovani costituisce un'esperienza, un

apprendimento, che aumenterà le probabilità di successo nell'allevamento

della loro propria cucciolata, quando verrà il momento.

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Questo tipo di meccanismo è perfettamente coerente con quanto detto a pag. 13

sulla FITNESS INCLUSIVA: si tratta di SELEZIONE DI PARENTELA quando la

selezione naturale premia un comportamento che va a vantaggio dei parenti di

chi compie l'azione.

La TERRITORIALITA' che abbiamo descritto per le volpi si osserva in moltissimi

altri carnivori: si difende un territorio che ha le risorse necessarie alla

sopravvivenza dell'individuo (o del branco, per alcune specie, come ad es. i lupi)

Fate una lista di mammiferi carnivori che conoscete:

Quali di essi sono presenti in Italia?

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Perché i conspecifici? Perché proprio gli altri appartenenti alla nostra specie

hanno le nostre stesse esigenze: individui di specie diversa potranno costituire

una preda, un predatore, o anche competere per alcune risorse, ma mai per

tutte.

La territorialità ha una conseguenza importantissima: se i membri di una certa

specie allontanano dal proprio territorio i conspecifici, si otterrà una diffusione

di individui di quella specie assolutamente corrispondente a quante risorse

l'ambiente può offrire.

Spieghiamo meglio con un esempio: restiamo sulle volpi, di cui abbiamo già

descritto alcuni comportamenti. Abbiamo detto che un giovane maschio, dopo lo

svezzamento, viene allontanato dalla madre. Si allontanerà alla ricerca di un

territorio disponibile; se incontrerà un maschio che occupa un territorio, questo

lo scaccerà. Ma se arriva in un luogo il cui occupante è appena stato ucciso,

oppure è vecchio o ferito e quindi il giovane potrà vincerlo in combattimento,

allora il giovane maschio avrà un territorio. Altrimenti esso dovrà continuare a

vagare, sopravvivendo alla bell'e meglio, ma senza la possibilità di difendere un

suo territorio, ospitarvi una femmina, e riprodursi.

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Ciò vale, ovviamente, per un ambiente nel suo stato naturale, dove i meccanismi

ecologici hanno modo di espletarsi. In un ambiente artificiale, o limitato da

recinti e steccati, una comunità ecologica non ha più modo di autoregolarsi. E'

per questo che, nelle nostre campagne si può assistere al fenomeno di una

popolazione di una certa specie, ad es. i cinghiali, che si accresce in modo

eccessivo, fino a danneggiare l'ambiente. In natura ciò non accadrebbe, perché

ci sarebbero dei predatori che terrebbero la preda sotto un certo livello, né ci

sarebbe tanto cibo da far accrescere la popolazione erbivora più di tanto. Ma

se i cinghiali si trovano circondati da tanti bei campi pieni di cibo, non ci sono

più lupi a mangiarli, e per di più noi umani abbiamo selezionato dei cinghiali

che si riproducono molto più che in natura, proprio perché ci piace mangiarli,

allora si creano delle situazioni del tutto artificiali, in cui noi stessi ci

prendiamo il ruolo di predatore (=cacciatore) perché lo vogliamo, ma in cui

l'equilbrio è molto delicato, e le coltivazioni limitrofe rischiano parecchio...

fate un bel disegno di cinghiale: sia di un adulto che di un piccolo.

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E poi rispondete: perché i piccoli sono fatti così?

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Il termine TERRITORIALITA' che ora

avrete imparato, è usato

soprattutto per i carnivori, e

sottintende una difesa attiva: il

proprietario del territorio scaccerà

da esso qualunque intruso

conspecifico. Per questo chi detiene

un territorio lo “marca”

quotidianamente lungo tutti i

confini con il proprio odore. Tutti

voi, e soprattuto i proprietari di

cani, avrete notato che i cani

maschi, anche in città, anche se

portati a spasso al guinzaglio, non

si limitano a..... una pipì, come le

femmine, perché “gli scappa”, ma ne fanno anche 15, in una passeggiata di

pochi minuti! Annusano ovunque, per individuare quali altri cani sono passati

“nel loro territorio”, e ovunque individuano un odore di cane maschio ci

spargono sopra il proprio odore (la pipì è ricchissima di feromoni, odori che

individuano perfettamente il proprietario).

Noi sappiamo che in città, abitando in palazzine di molti piani, in quartieri

sovraffollati, in un ambiente totalmente snaturato, nessun cane ha un territorio

più ampio del... proprio appartamento! Ma, ovviamente, l'istinto dei cani si è

evoluto in migliaia di anni: per un cane, il “territorio” è quello che offre le

risorse con cui sopravvivere: abbastanza selvaggina per far sopravvivere il

proprio branco. Non si può pretendere che un cane capisca che il suo cibo si

compra al supermercato in una scatola di alluminio, e che lui non potrà (né

dovrà) cercare di scacciare dal proprio territorio tutti gli altri cani maschi del

condominio!

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provate a disegnare un cane....

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Per gli animali che non fanno difesa attiva, ma che comunque hanno una tana

(o nido o colonia, ecc.) e ricercano il cibo in aree circostanti, gli zoologi

parlano di AREA FAMILIARE, o in inglese HOME RANGE. Chi di voi guarda i

documentari naturalistici alla TV avrà visto che gli zoologi usano mettere dei

collari con delle radiotrasmittenti sugli animali che intendono studiare, per poi

rilevarne quotidianamente, per giorni, mesi o anni, gli spostamenti. Questo

sistema si chiama RADIOTELEMETRIA, o RADIO-TRACKING.

(disegno di un radio-collare per faina e per lupo....)

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Perché è così importante conoscere gli spostamenti degli animali? Be', studiando

gli spostamenti si hanno una serie di informazioni utili:

− se si tratta di una specie con una tana, che torna costantemente ad essa,

oppure no;

− se compie migrazioni, o altri spostamenti stagionali;

− quanta strada compie in un giorno;

− se è diurno o notturno;

− se è sociale o solitario;

− come alleva i cuccioli;

− di cosa si nutre;

− quanto tempo dedica alle varie attività;

− quanto vive;

− come si disperdono i giovani;

− ecc. ecc....

Tutte queste informazioni, e molte altre ancora, sono magari affascinanti per

farne un bel filmato, da mostrare alla TV. Ma gli zoologi le ricercano in realtà

per capire. Solo capendo in ogni dettaglio le necessità di una specie, le sue

interazioni con il resto della comunità, con il suo ambiente, e solo studiando

anche gli aspetti QUANTITATIVI, oltre che QUALITATIVI, si potrà inquadrare

correttamente la specie e, se è il caso, cercare di garantire quegli aspetti

necessari alla sua sopravvivenza.

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Nello studio del comportamento animale, quindi, il passaggio dalla pura

descrizione e comprensione dei significati di un comportamento (come faceva il

grandissimo Konrad Lorenz, e tutti i primi etologi del secolo scorso), alla

misurazione quantitativa di un comportamento o di una grandezza ad esso

correlato, ci permette di fare delle teorie e poi valutare se sono realistiche o

no.

Se poi per confermare la nostra teoria oltre che fare delle osservazioni in

natura possiamo anche realizzare un esperimento misurabile, meglio ancora.

Ad esempio, degli zoologi che studiavano il comportamento delle cinciallegre

avevano osservato che in un ambiente “povero” questi uccelli erano poco

selettivi, cioè mangiavano qualunque cosa gli capitasse (fra quelle adatte a

loro, ovviamente). Hanno poi organizzato un esperimento in cui potevano offrire

alle cinciallegre vermetti di varie dimensioni e a intervalli di tempo regolabili.

Hanno potuto dimostrare che quanto più frequentemente a questi uccellini

venivano offerti vermi grossi, tanto più essi tralasciavano di afferrare i vermi

piccoli (che gli avrebbero preso lo stesso tempo per essere mangiati, ma gli

avrebbero offerto meno energia).

Con MODELLI DI COMPORTAMENTO misurabili, si è potuto dimostrare che gli

animali si sono evoluti per ridurre il più possibile i rischi che incontrano e il

dispendio energetico per compiere una data azione necessaria (ad es. mangiare)

massimizzandone i vantaggi: ogni animale cerca cioè, inconsapevolmente ed

istintivamente, di aumentare il rapporto COSTI/BENEFICI. Facendo questo esso

OTTIMIZZA il proprio comportamento, ovverosia trae il più grande vantaggio dal

minimo sforzo.

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BIBLIOGRAFIA

Dawkins, R. (1976): “Il gene egoista”, Zanichelli (trad. italiana 1979).

Holldobler, B. e E.O. Wilson (1994): “Formiche”, Adelphi (trad. italiana

1997).

Krebs, J.R. e N.B. Davies (1981): “Ecologia e comportamento animale”,

Boringhieri (trad. italiana 1987).

Lorenz, K. (1949): “L'anello di Re Salomone” (in Italia è stato pubblicato

a più riprese, forse la più recente è di Adelphi, 1989)

Tinbergen, N. (1958): “Naturalisti curiosi”, Rizzoli (trad. italiana 1984)