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PD
25Lunedì 9 Ottobre 2017Corriere Imprese
I SOLDI DEL NORDEST
Welfare aziendale, questo sconosciutoDietro a Luxottica solo un pugno di aziendeNonostante ivantaggi fiscali, lostrumentorestasottoutilizzato.«Colpaanchedeiconsulenti»
Le aziende italiane cheavrebbero diritto ad unariduzione fino all’azzera-mento del prelievo fiscalesui premi di risultato sono
quasi 1,8 milioni ma ad approfit-tare della possibilità risultano adoggi non essere più di 11 mila.Quelle venete, secondo i dati delministero del lavoro aggiornatiallo scorso luglio, superano ap-pena quota 2.000 e il dato, per gliosservatori, rivela evidentementeche qualcosa non funziona.
Siamo nel grande ed ancora inlarga parte inesplorato mare chegenericamente viene indicato co-me «welfare aziendale», ossia,semplificando ancora, il fitto ca-nale di possibili incentivi da rico-noscere ai lavoratori di una certaimpresa al raggiungimento dideterminati obiettivi, target con-cordati fra i dipendenti stessi, at-traverso le rappresentanze sinda-cali, e il datore di lavoro.
Il principio della gratifica na-turalmente non è affatto nuovo.Da sempre i collaboratori miglio-ri sono stati in qualche modoricompensati dal titolare attraver-so «regali», decisi però in modounilaterale e discrezionale. Daqualche anno, grazie a strumentidi legge dedicati, i vari governihanno cercato di promuovere si-stemi strutturati di premialità,contrattati e controfirmati daisindacati dei lavoratori oppure -dove non esistano delegati deilavoratori interni, caso comunenelle piccole imprese - ratificatida accordi territoriali.
Apripista nazionale in questadirezione fu l’esperienza di Trevi-so del febbraio 2011 quando, conil «Patto per lo sviluppo», Unin-dustria e Cgil, Cisl e Uil prepara-rono dei modelli standard dicontratto integrativo tarato sullediverse categorie produttive. Og-gi, sui 2080 totali in Veneto, gliaccordi aziendali in senso strettosono 1410 e i rimanenti sono dinatura territoriale. I dati corri-spondenti per Trentino Alto Adi-ge e Friuli Venezia Giulia sono,nell’ordine, 150 su 302 e 285 su318.
Il passo successivo contenuto
nella legge di stabilità 2016, però,è l’annullamento degli oneri fi-scali e contributivi qualora il pre-mio non compaia come denaroin più in busta paga ma sia con-vertito in beni e servizi reali. An-che qui c’è un esempio tutto ve-neto, che anticipa i tempi di al-meno una decina d’anni, in vigo-re in Luxottica. Se precisiobiettivi di risultato vengonocentrati, cosa che per inciso èsempre avvenuta, i lavoratoripossono scegliere di ottenere laloro gratifica scegliendola fra unampio ventaglio di buoni (pasto,benzina, libri scolastici, medici-nali, trasporto pubblico) fino acontributi per asilo nido, retteper case di riposo, iscrizioni asocietà sportive e versamento afondi assicurativi e previdenzialiintegrativi.
Ma, potendo scegliere fra cashe benefit «in natura», quanti so-
no gli accordi che vanno in que-sta direzione, cioè quella fiscal-mente più conveniente? Pochi.Appena il 29,59%, secondo il mi-nistero, in un contesto di giàscarsa adesione a uno strumentoche potrebbe recare grandi van-taggi a soggetti imprenditorialiprivati costituiti in moltissimeforme societarie.
Angelo De Filippo, dirigentedella società di consulenza Medi-val e uno dei «padri» del model-lo Luxottica, pone l’accento sudue limiti. «Il primo è la man-canza di comparti interni alle
stesse aziende che si occupino diquesta materia – spiega – e ilsecondo è la modesta prepara-zione dei consulenti ai qualimolte imprese si rivolgono. Piùdi una volta mi sono trovato concontratti pronti a essere siglatima bloccati all’ultimo metro dacommercialisti dubbiosi».
Su questo aspetto va ancheprecisato, sottolinea De Filippo,che «la legge non obbliga gli im-prenditori a inserire nell’accordouna previsione di possibile con-versione del premio. Le parti sitrovano concordi ma magari nonsono pronte a elaborare unoschema amministrativo e finan-ziario. Luxottica aveva la possibi-lità di creare un ufficio welfare dicui io sono stato il temporarymanager, ma dietro avevo unasquadra».
Occorre infine riconoscere,conclude l’esperto, «che la legge
Le aziendevenete cheadottano ilsistema deipremi dirisultato
2080
La percentuale diimprese chehanno stipulatoaccordi nellaforma fiscalmentepiù conveniente
29,5
Il limiteDe Filippo: «Dentro leaziende spesso mancachi si occupi di questamateria»
La «rivoluzione» di Copernico: «Primo valore, essere indipendenti»La Sim udinese si sta espandendo in Italia. Scelzo: «Evitiamo a ogni costo il conflitto di interessi»
«E vitare a tutti i costiil conflitto di inte-ressi per noi è unvalore fondante».
Lo afferma Gianluca Scelzo, con-sigliere d’amministrazione dellaCopernico Sim, società di inter-mediazione mobiliare fondata aUdine nel 2000 dal padre Save-rio (oggi presidente) insieme auna quindicina di colleghi con-sulenti finanziari, che deciserodi creare una Sim indipendente.
«Da noi – continua Scelzo -non esistono vincoli manageria-li, ogni nostro consulente è libe-ro di scegliere il mix di prodottifinanziari che ritiene miglioreper soddisfare le esigenze delcliente. La nostra è, dunque, in-termediazione pura, senza vin-
coli di sorta e con pochi consu-lenti che offrono tanti prodotti,a differenza di quanto avvienenel mondo bancario, dove i con-sulenti sono tanti, ma hannoun’offerta di strumenti limitataperché devono vendere i prodot-ti del loro gruppo. Ci chiamia-mo Copernico – sottolinea –proprio perché volevamo porta-re una rivoluzione copernicananel modo di proporre alla clien-tela i prodotti finanziari».
Una scelta di indipendenzache negli anni ha premiato lasocietà udinese, fra le prime epoche Sim con sede in Friuli,che, passo dopo passo, è cre-sciuta e oggi vanta 23 dipenden-ti e 7mila clienti affidati a uncentinaio di consulenti, che ge-
nerano un fatturato di 7 milionidi euro.
«La decisione di aprire la se-de centrale a Udine – chiarisceScelzo –, fu quasi automatica,visto che in maggioranza i fon-datori venivano dal Friuli. E que-sta scelta all’inizio ci fu d’aiuto.Da un lato, infatti, ci permise dicrescere con calma in un’area,quella del Nordest, che alloraera più “vergine” nel campo del-la consulenza finanziaria, anchese dovevamo confrontarci conuna clientela potenziale pocoaperta agli investimenti finan-ziari, e con la concorrenza dialcune banche che, come è no-to, promettevano assurdi rendi-menti “alti, certi ed eterni”, dro-gando il mercato. Dall’altro ci
consentì di avere costi più bassidi quelli di chi sede a Milano oRoma».
Una crescita tranquilla, mache ha portato Copernico Sim aessere una realtà significativanella consulenza finanziaria pri-ma in Triveneto, dove mantienela maggioranza dei clienti, e poiin tutta Italia, con l’apertura didue sedi istituzionali proprio aMilano e a Roma e di diversefiliali.
«Negli ultimi tempi – spiegail consigliere della Sim friulana-, abbiamo cominciato una pro-gressiva espansione in Italia, cheha reso necessaria l’aperturadelle sedi di Roma e di Milano,i punti nevralgici del Paese». Lacrescita dei clienti e l’amplia-
mento dell’area geografica servi-ta ha comportato per CopernicoSim anche un aumento dei pro-fessionisti impiegati, che impli-ca una necessità di selezione eformazione. «Noi – concludeScelzo – in media selezioniamouna persona su 400 che ci offro-no la loro collaborazione e, poi,la formiamo per almeno 6 mesiprima di darle il mandato e peralmeno i tre anni successivi percompletarne la qualificazione.Questo, negli anni, ci ha consen-tito di collaborare con oltre 240colleghi, avendo sempre risultatipositivi e chiudendo, in 17 anni,16 bilanci che hanno dato utilisempre reinvestiti in azienda».
C.T.P.© RIPRODUZIONE RISERVATA
Copernico èuna Sim(società diintermediazione mobiliarefondata aUdine nelDuemila daSaverio Scelzo,oggipresidente).Conta 23dipendenti, 7mila clientiaffidati a uncentinaio diconsulenti efattura 7milioni di euro
Cos’è
è ancora un po’ criptica e riservala facoltà ad Agenzia delle entra-te e Inps di eseguire verifiche suibilanci fino ai successivi 9 anni,elemento che naturalmente nonincoraggia».
Un ambito in cui l’indirizza-mento dei premi di risultato po-trebbe avere una forte espansio-ne, e che invece a oggi è quasidel tutto trascurato, è quello del-la copertura sanitaria. L’opinioneè di Giancarlo Nannini, impren-ditore dei servizi e welfare checollabora con Medival e che attri-buisce in prima battuta tale com-portamento alla convinzione chei livelli delle prestazioni della sa-nità pubblica in Italia, e in parti-colare in regioni come Veneto eLombardia, siano già più che di-gnitosi. Il dipendente a medioreddito che abbia meno di 40anni, perciò, «non ritiene unapriorità la stipula di una copertu-ra sanitaria, certo di poter esserein grado di pagare di tasca pro-pria, qualora se ne presentasse lanecessità, eventuali servizi ag-giuntivi da parte del sistema». Ilquale vale un terzo della spesapubblica, ossia 30 miliardi di eu-ro, appena il 10% dei quali inter-mediato da casse e fondi assicu-rativi. «Il risultato – è il calcolo diNannini - è che l’autopocket, cioèil fare fronte occasionalmente aprestazioni di studi medici e la-boratori privati, ricade sulle ta-sche degli italiani per un valoreoggi stimato in circa il 2% delPil». Insomma, sulla sanità parenon esservi una pianificazionedella spesa e ciò che si chiedeall’azienda come premio sono inprima battuta buoni spesa o con-tributi per svago e tempo libero.
A rimanere residuali, secondoValentino Santoni, ricercatore dellaboratorio «Percorsi di secondowelfare» che fa capo al diparti-mento di Scienze sociali e politi-che dell’università di Milano, so-no anche le domande di presta-zioni a sostegno di servizi all’in-fanzia o alla non autosufficienza.«In molti casi, i dipendenti e ivertici aziendali si limitano a ve-dere il welfare esclusivamentecome fringe benefit (buoni pa-sto, mensa aziendale e trasporti)e benefit economici (buoni ac-quisto, gift card e sistemi discontistica). La domanda di ser-vizi risulta comunque molto in-fluenzata dalle caratteristichedella popolazione aziendale co-me l’età e la composizione fami-liare, quindi la presenza nel nu-cleo di figli piccoli o di parentianziani».
Gianni Favero© RIPRODUZIONE RISERVATA
ConsigliereGianluca Scelzodi Copernico
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