PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

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1 SCIOPERO GENERALE in Piemonte il 18 aprile Il prossimo 18 aprile scenderanno in piazza le persone che non ne possono più. Sono lavoratrici e lavoratori, sono pensionate e pensionati, sono giovani studenti, disoccupati, esodati, precari, insomma tutti coloro che vogliono urlare la loro riprovazione nei confronti di un’Amministrazione della Regione Piemonte ormai in stato preagonico. Il numero di disoccupati nella nostra Regione ha già oltrepassato il confine delle più pessimistiche previsioni e la condizione delle persone è peggiorata ormai in modo intollerabile. Abbiamo bisogno di un Governo che sappia correggere le ingiustizie fin qui prodotte. Abbiamo bisogno di un’iniziativa politica che sappia porre rimedio alle tante iniquità originate in questi ultimi anni. L’aumento dell’età di accesso alla pensione (che tra l’altro ha provocato il fenomeno degli esodati), la mancata rivalutazione delle pensioni, il blocco degli stipendi per molte categorie di lavoratori, la tassa sulla casa, sono tutti provvedimenti che hanno contribuito a contrarre i consumi, a favorire la recessione e a impoverire il tessuto sociale del nostro Paese. In Piemonte la giunta Cota ha scelto di tagliare in modo indiscriminato i servizi alle persone, ha deciso di chiudere alcuni ospedali, di ridurre in modo energico la spesa per i trasporti pubblici, di praticare la desueta e ormai sperimentata politica dei due tempi: prima si taglia e poi, se ci saranno le condizioni, si valuterà il da farsi. Contro questo modo iniquo di gestire il bene pubblico, CGIL, CISL e UIL hanno organizzato la manifestazione e lo sciopero del 18 aprile Questo modo di progettare gli interventi della Pubblica Amministrazione ha prodotto, negli anni solo risultati disastrosi che hanno contribuito a peggiorare le condizioni di vita delle persone. Anziché cercare soluzioni per difendere i più deboli, invece di programmare interventi in progetti di formazione, di aggiornamento, di riqualificazione del personale, la giunta Cota sprofonda nel tradizionale ricorso ai sistemi di vallettiana memoria: i tagli, i licenziamenti, le razionalizzazioni indiscriminate. Il Piemonte è al collasso: molti cittadini sono al limite della sopravvivenza, la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha raggiunto livelli da record, il ricorso alla cassa integrazione guadagni ha riguardato, in modo preponderante, quasi tutti i settori produttivi, la dispersione scolastica è aumentata in maniera esponenziale e l’Amministrazione Cota pensa di uscire da questa situazione di crisi con i soliti tagli indiscriminati e con l’aumento delle tasse e delle tariffe. Contro questo modo approssimato e iniquo di gestire il bene pubblico, Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di organizzare uno sciopero e una manifestazione a Torino per il prossimo 18 aprile. I lavoratori, i pensionati e i cittadini, testimonieranno con la loro presenza il disagio, la sofferenza e le difficoltà a condurre una vita dignitosa e chiederanno all’Amministrazione Cota di cambiare strategia oppure di ridare ai cittadini la possibilità di scegliere, con il voto, una nuova amministrazione regionale. La circostanza dello sciopero e della manifestazione offre anche una nuova possibilità per rinsaldare i rapporti fra Cgil, Cisl e Uil e fra i lavoratori programmando assemblee e momenti di confronto in tutti i luoghi di lavoro. ALBERTO TOMASSO Segretario Generale CGIL PIEMONTE

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Periodico della Funzione Pubblica CGIL Piemonte

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SCIOPERO GENERALE in Piemonte il 18 aprile

Il prossimo 18 aprile scenderanno in piazza le

persone che non ne possono più.

Sono lavoratrici e lavoratori, sono pensionate e

pensionati, sono giovani studenti, disoccupati,

esodati, precari, insomma tutti coloro che

vogliono urlare la loro riprovazione nei confronti

di un’Amministrazione della Regione Piemonte

ormai in stato preagonico.

Il numero di disoccupati nella nostra

Regione ha già oltrepassato il confine

delle più pessimistiche previsioni e la

condizione delle persone è peggiorata

ormai in modo intollerabile.

Abbiamo bisogno di un Governo che sappia

correggere le ingiustizie fin qui prodotte.

Abbiamo bisogno di un’iniziativa politica che

sappia porre rimedio alle tante iniquità

originate in questi ultimi anni.

L’aumento dell’età di accesso alla pensione

(che tra l’altro ha provocato il fenomeno degli

esodati), la mancata rivalutazione delle

pensioni, il blocco degli stipendi per molte

categorie di lavoratori, la tassa sulla casa,

sono tutti provvedimenti che hanno

contribuito a contrarre i consumi, a favorire la

recessione e a impoverire il tessuto sociale

del nostro Paese.

In Piemonte la giunta Cota ha scelto di

tagliare in modo indiscriminato i servizi alle

persone, ha deciso di chiudere alcuni

ospedali, di ridurre in modo energico la spesa

per i trasporti pubblici, di praticare la desueta

e ormai sperimentata politica dei due tempi:

prima si taglia e poi, se ci saranno le

condizioni, si valuterà il da farsi.

Contro questo modo iniquo di gestire il bene pubblico, CGIL, CISL e UIL

hanno organizzato la manifestazione e lo sciopero del 18 aprile

Questo modo di progettare gli interventi della

Pubblica Amministrazione ha prodotto, negli anni

solo risultati disastrosi che hanno contribuito a

peggiorare le condizioni di vita delle persone.

Anziché cercare soluzioni per difendere i più

deboli, invece di programmare interventi in

progetti di formazione, di aggiornamento, di

riqualificazione del personale, la giunta Cota

sprofonda nel tradizionale ricorso ai sistemi di

vallettiana memoria: i tagli, i licenziamenti, le

razionalizzazioni indiscriminate.

Il Piemonte è al collasso: molti cittadini sono al

limite della sopravvivenza, la disoccupazione,

soprattutto quella giovanile, ha raggiunto livelli

da record, il ricorso alla cassa integrazione

guadagni ha riguardato, in modo

preponderante, quasi tutti i settori produttivi, la

dispersione scolastica è aumentata in maniera

esponenziale e l’Amministrazione Cota pensa di

uscire da questa situazione di crisi con i soliti

tagli indiscriminati e con l’aumento delle tasse e

delle tariffe.

Contro questo modo approssimato e iniquo di

gestire il bene pubblico, Cgil, Cisl e Uil hanno

deciso di organizzare uno sciopero e una

manifestazione a Torino per il prossimo 18 aprile.

I lavoratori, i pensionati e i cittadini,

testimonieranno con la loro presenza il disagio,

la sofferenza e le difficoltà a condurre una vita

dignitosa e chiederanno all’Amministrazione

Cota di cambiare strategia oppure di ridare ai

cittadini la possibilità di scegliere, con il voto,

una nuova amministrazione regionale.

La circostanza dello sciopero e della

manifestazione offre anche una nuova

possibilità per rinsaldare i rapporti fra Cgil, Cisl

e Uil e fra i lavoratori programmando

assemblee e momenti di confronto in tutti i

luoghi di lavoro.

ALBERTO TOMASSO

Segretario Generale CGIL PIEMONTE

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N. 1 – aprile 2013 In attesa di autorizzazione richiesta al Tribunale di Torino in data 29/1/2013

Il secondo numero di PubblicoeFuturo è nato dai pensieri e dalle penne di:

DANILA BOTTA Segretaria Generale Cuneo

GUIDO CATOGGIO Segretario Generale Novara - VCO

ROBERTO GALASSO Segreteria Reg.le

MARIELLA LA TERRA Segreteria Vercelli

DEBORAH LUGLI Redattore

SERENA MORIONDO Segretaria Generale Asti

MARIO PAONESSA Segretario Generale Biella

ITALO PEDACI Apparato Reg.le

LUCA QUAGLIOTTI Segreteria Reg.le/Segretario Generale Vercelli

ALBERTO TOMASSO Segretario Generale CGIL Piemonte

ENRICA VALFRÈ Segretaria Generale Torino

ALVARO VENTURINO Segreteria Alessandria

Le fotografie sono prodotte dalle compagne e dai compagni della categoria

Tutte le altre immagini sono prelevate dal web nel rispetto delle normative vigenti

Grafica e impaginazione Deborah Lugli Prodotto in proprio Funzione Pubblica CGIL PIEMONTE 10152 Torino, Via Pedrotti, 5 Chiuso il 16 aprile 2013

SOMMARIO

• SCIOPERO GENERALE IN PIEMONTE IL 18 APRILE Alberto Tomasso

• LO SGUARDO DI ROSSANA a cura di Deborah Lugli 3

• FUTURO INCERTO PER GLI ENTI LOCALI Luca Quagliotti 4

• È CAMBIATO L’ASSESSORE ALLA SANITÀ. ORA DEVONO CAMBIARE LE SCELTE Enrica Valfrè 6

• LAVORATORI PUBBLICI E PRIVATI INSIEME PER IL LAVORO E PER I CITTADINI PIÙ DEBOLI Guido Catoggio 9

• IL DISSESTO DEL COMUNE DI ALESSANDRIA Alvaro Venturino 11

• L’ASILO “VEGETARIANO” (PER FORZA) Danila Botta 14

• LAVORO PUBBLICO: UN BENE COMUNE PER I DIRITTI DI CITTADINANZA Serena Moriondo 16

• TIRA UNA BRUTTA ARIA PER I SERVIZI PUBBLICI BIELLESI Mario Paonessa 19

• PERFORMANCE, OBIETTIVI, MISSION, GOVERNANCE... Mariella La Terra 21

• ALDO DICE 26 X 1 Roberto Galasso 24

• SU, VENITE IN FITTA SCHIERA... Deborah Lugli 25

• TORTURA, CARCERI, DROGHE: UNA CAMPAGNA PER

TRE LEGGI DI CIVILTÀ Italo Pedaci 27

• Taccuino 28

• Pubblico in rete 29

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Lo sguardo di Rossana

Apriamo con lo “sguardo” di Rossana Dettori, Segretaria Generale Nazionale FP CGIL, a mo’ di finestra aperta sul mondo del lavoro, della politica, dell’economia e della società che nelle prossime pagine verrà osservato dal punto di vista delle compagne e dei compagni che operano sul territorio regionale lavorando fiduciosi per un possibile cambiamento.

Samanta ha 38 anni, ed è un’educatrice d’infanzia, precaria da vent’anni. Vanessa di anni ne ha 34, precaria anche lei, infermiera. Lorena, anni 52, da anni alle prese con ragazze e ragazzi grandi invalidi, è precaria del Centro di educazione motoria della Croce Rossa Italiana. Insieme a loro, 150000 persone rischiano di diventare esodati senza risposte, cassaintegrati senza tutela o di rimanere giovani disoccupati, o disoccupati cinquantenni ai quali un futuro lavorativo appare inesistente. Nel mare tempestoso della loro infinita precarietà, dei loro licenziamenti, delle loro domande a cui nessuno ancora si prende la responsabilità di rispondere, lo “tsunami” di coloro che da mesi ci impongono con veemenza la facile affermazione che in politica “sian tutti uguali” sollevandosi così da una responsabilità che definiscono “altrui”, probabilmente non dà alcuna risposta. Bollando i problemi come “altri”, le responsabilità “altrove”, tentano, nelle loro frasi ridondanti e ripetute all’infinito, di definire un tratto distintivo che li distacchi dalla politica che vorrebbero “mandare a casa”, ma non hanno affatto ridotto né modificato la distanza che continua a esserci tra un Paese reale fatto di quei medici, maestri d’asilo, operatori socio-sanitari, fisioterapisti e vigili del fuoco che restano invischiati nella loro condizione precaria, rischiando il proprio futuro ogni giorno, futuro che riguarda loro come lavoratrici e lavoratori, e noi tutti come cittadini nella fruizione delle prestazioni pubbliche. La presa di distanza da “tutti” rischia di travolgere, in caso di fallimento della legislatura, anche chi quotidianamente la

invoca, poiché a quel tutti si deve opporre un

“nessuno”: a nessuno è dato di sottrarsi alle proprie responsabilità, a nessuno è permesso dire “non lo sapevo”. La Funzione Pubblica della Cgil intende

impedirlo, a tutti, in questo caso, sì,

manifestando la protesta di coloro che

continuano a subire i drammatici effetti di una

politica che deve finalmente esprimersi e

realizzarsi in un preciso atto di responsabilità

da parte di ogni singolo componente il

Parlamento.

http://senza-pubblico-sei-solo.com.unita.it/economia/2013/03/28/sono-

troll-perche-parlo-di-precari-e-servizi-ai-cittadini-2/

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Futuro incerto per gli Enti strumentali e gli Enti locali piemontesi Nessuna sicurezza per i salari dei dipendenti regionali e dei dipendenti delle Autonomie locali. A rischio migliaia di posti di lavoro in tutto il Piemonte. Questo è il quadro della crisi che riguarda gli Enti locali della nostra regione

Il “piano” di riduzione dei costi della Regione

Piemonte non lascia intendere equivoci.

Ridurre di circa 2800 unità i posti di lavoro: tra

quelli diretti − ovvero tra i dipendenti dell’Ente

Regione − e quelli indiretti – ovvero tra i

dipendenti degli Enti strumentali e delle

Società partecipate. Un piano (è bene

precisarlo, elaborato da un consulente, ex

dirigente FIAT), basato sull’abbassamento dei

costi del personale, che non si pone l’obiettivo

di “salvaguardare” i servizi destinati ai cittadini.

Eppure l’incidenza complessiva dei costi del

personale sul bilancio regionale è ridicola:

appena l’1,61% del bilancio complessivo. Roba

che, se lo sapesse Marchionne, assumerebbe

subito i dirigenti regionali per abbassare i costi

del lavoro in FIAT. Non si comprende, quindi,

quale sia il reale scopo del piano partorito da

questo consulente d’oro – strapagato 100mila

euro l’anno – se non quello di giustificare il

proprio onorario.

Sgombriamo il campo da ulteriori equivoci. Una

riorganizzazione dell’Ente Regione Piemonte e

degli Enti a esso collegati è

necessaria. Il Sindacato,

unitariamente, lo chiede da

almeno tre anni. La differenza sta

nelle modalità con cui affrontare

questa riorganizzazione. Per il Sindacato la riorganizzazione deve partire dalla tutela del personale e dalla necessità di migliorare i servizi, passando attraverso un processo di riqualificazione professionale del personale e attraverso un ricambio generazionale assolutamente necessario. Come? Ad esempio utilizzando incentivi alla pensione per il personale dipendente più anziano

– facendo ricorso alle regole ante Fornero o alla

risoluzione anticipata, ecc. su base volontaria

– e, non appena sarà possibile, attraverso la

stabilizzazione del personale assunto a tempo

determinato. Si tratta di 198 dipendenti che,

dopo aver vinto un regolare concorso pubblico

ed essere stato formato per anni

dall’Amministrazione regionale, rischia di

perdere il lavoro a causa delle mutate leggi

nazionali - dapprima inseriti all’interno di un

percorso di stabilizzazione possibile dopo 3

anni di contratto a tempo determinato, poi

modificato dal mai abbastanza rimpianto

ministro Brunetta - ma anche a causa della

mutata politica regionale in tema di

personale. È evidente che il Sindacato ritenga

necessaria, con i percorsi consentiti dalla

legge, anche la stabilizzazione dei precari

degli enti strumentali.

Le ipotesi dell’Amministrazione regionale

sembrerebbero però orientate a riorganizzare

esclusivamente attraverso la riduzione dei

costi del personale. Due posizioni – quella

sindacale e quella della controparte – che

risultano oggi inconciliabili. La nomina del

nuovo assessore regionale, Gian Luca Vignale,

con delega al personale, alle Comunità

Montane e alle Aree protette, ovvero ai tre

grossi “capitoli” su cui vorrebbe intervenire il

“super” consulente Luppi, porterà con sè un

nuovo modo di intendere la cosa pubblica?

La nostra Organizzazione, in passato, ha espresso forti critiche sulle posizioni assunte, dall’ex consigliere Vignale. Ma siamo abituati a discutere nel merito, abbandonando ogni pregiudizio. I primi incontri avvenuti tra OO.SS. e neo-assessore sembrerebbero aver aperto la strada per un confronto. Se la discussione porterà a un accordo “lo scopriremo solo vivendo”.

Le Amministrazioni sembrerebbero orientate a riorganizzare attraverso la riduzione dei costi del

personale. Due posizioni −−−− quella sindacale e quella della controparte −−−− oggi inconciliabili

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Ma è noto che i migliori accordi sono stati

sempre accompagnati dalla forte pressione dei

lavoratori. Una prima occasione sarà lo

sciopero del prossimo 18 aprile, organizzato

anche contro le politiche della Giunta Cota in

materia di personale.

Ai problemi occupazionali appena descritti si

aggiunge poi l’insicurezza sull’erogazione dei

salari. La Regione Piemonte, come è noto, ha

grossi problemi di liquidità finanziaria e per

questo è in forte ritardo nei trasferimenti sia ai

propri Enti strumentali – Enti parco su tutti ma

non stanno meglio gli altri Enti (ARPEA, IRES,

APL, EDISU) – sia agli Enti che svolgono

funzioni in nome e per conto della Regione:

Province, Comuni, Consorzi socio-assistenziali,

Comunità Montane. In molti di questi Enti, gli

stipendi sono garantiti attraverso anticipazioni

di cassa. Ma il continuo ricorso alle

anticipazioni di cassa fa sì che aumentino gli

interessi passivi nei confronti degli istituti di

credito diminuendo, così, la capacità di spesa

degli Enti stessi. Un circolo vizioso da cui è

bene uscire, e in fretta. Inoltre, in molti Enti, si

è ormai superato il limite massimo previsto per

le anticipazioni di cassa, oltre il quale non è

possibile andare: la diretta conseguenza è la

difficoltà a garantire il pagamento degli

stipendi dei dipendenti.

Per ovviare al problema dei mancati

trasferimenti, nel corso del 2011 e del 2012,

alcuni Enti hanno potuto utilizzare i “residui” di

cassa sia per la corresponsione degli stipendi

sia per il pagamento delle utenze e di altre

spese obbligatorie, ma i “residui” sono finiti.

Alla situazione già di per sé preoccupante in

cui versa la nostra Regione si aggiungono i

numerosi problemi degli altri enti locali. Le

Province piemontesi sono in una situazione di

pre-dissesto a causa dei forti tagli del Governo

centrale e anche a causa del ritardo dei

trasferimenti da parte della Regione.

L’esempio più clamoroso è quello dei

trasporti. Tutte le Province piemontesi stanno

garantendo il trasporto pubblico utilizzando

proprie risorse economiche. Una situazione

non più sostenibile e, tra maggio e giugno

prossimi, i servizi di trasporto locale, adesso

garantiti dalle Province, rischiano la

soppressione. È evidente che il dover

destinare proprie risorse economiche al

trasporto pubblico locale mette a rischio gli

stipendi dei dipendenti delle Province.

A questa difficile situazione si aggiunge il

futuro incerto di questi Enti. Le Province

dovrebbero essere “riordinate” dal 2014, ma

oggi non è ancora dato di sapere chi, come e

con quali risorse, dovrà gestire i servizi e le

funzioni attualmente attribuite alle Province,

né il destino di chi vi lavora.

Altrettanti buoni motivi - per tutti i dipendenti

del settore Autonomie locali - per scioperare e

aderire alla manifestazione del prossimo 18

aprile contro le politiche regionali della Giunta

Cota.

LUCA QUAGLIOTTI

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Si è deciso consapevolmente di smantellare un sistema di integrazione socio-sanitaria avanzato e di capillare diffusione sul territorio di presidi sanitari

È cambiato l'Assessore alla Sanità. Ora devono cambiare le scelte. Torino e la sua provincia sono state pesantemente

colpite dalle scelte della giunta regionale; con la

riduzione delle risorse (ai tagli nazionali si sono

sommati quelli regionali) si è deciso

consapevolmente di smantellare un sistema di

integrazione socio-sanitaria avanzato e di capillare

diffusione sul territorio di presidi sanitari.

Per questo la risposta di mobilitazione è stata

ed è diffusa e forte, ha coinvolto non solo le

organizzazioni sindacali (confederali ed

autonome), ma anche sindaci, associazioni,

cittadini: lo sciopero del 18 aprile ne

rappresenta lo sbocco naturale ed è

un'ulteriore tappa per ottenere il cambiamento

delle politiche socio-sanitarie regionali.

Cosa sta succedendo nelle aziende sanitarie?

− riduzione del personale: più del 70% dei

lavoratori precari (soprattutto interinali)

sono stati lasciati a casa; il personale

andato in pensione non è stato rimpiazzato

nemmeno nei limiti previsti dalle

disposizioni regionali (il bilancio delle

aziende non lo consente); non solo

aumentano i carichi di lavoro, ma viene meno

anche il minimo rispetto per i pazienti e i loro

parenti, quando si è costretti, per esempio, per

non lasciar scoperto il reparto, a ritardare

anche di molte ore lo spostamento in camera

mortuaria dei pazienti deceduti;

− taglio dei posti letto: la riduzione dei posti letto

prevista dal riordino della rete ospedaliera è

stata anticipata da accorpamenti di reparti

senza alcuna logica, per rispondere alla

carenza di personale; nulla a che vedere con la

riorganizzazione per intensità di cura!

Uomini e donne vengono ricoverati nelle stesse

camere; aumentano le barelle nei pronto

soccorso, nessuna privacy per i pazienti;

− chiusura dei piccoli ospedali (che nel piano

sanitario venivano indicati come “da

riconvertire”) e fondo sanitario immobiliare:

la chiusura del Valdese, oltre ad aver

causato l'interruzione di un percorso

terapeutico virtuoso e consolidato per

quanto riguarda la patologia oncologica

della mammella, ha avuto tre (imprevisti?)

effetti collaterali: gli oculisti privati che

garantivano le prestazioni dentro una

struttura pubblica con regole e tariffe

pubbliche, hanno aperto un ambulatorio

poco distante che offre le stesse

prestazioni, in regime totalmente privato e

con tariffe concorrenziali; l'edificio

dell'Ospedale Valdese, su cui sono ancora in

corso lavori di ristrutturazione che

“non si possono interrompere”

(infatti l'ASL pagherebbe una

penale, mentre i fondi dell'art.20

sono nazionali e transitano solo dal

bilancio dell'ASL), non viene più utilizzato,

mentre si dovrà pagare una maxi rata di 1,5

mln di euro per il riscatto finale di un edificio

dove sono state trasferite le attività; il

personale da ricollocare è stato assorbito

quasi interamente dai presidi ospedalieri, i

servizi territoriali non sono stati presi in

considerazione;

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− federazioni sanitarie: il passaggio di

competenze ha prodotto una notevole

confusione: non si sa chi deve fare cosa;

così non si fanno più acquisti (altro effetto

collaterale indesiderato?). Vengono sospese le

prenotazioni (per esempio di pap-test e

colposcopie) perchè non vengono acquistati

gli speculum; non vengono aggiustate le

apparecchiature. Tutte le sedi delle

federazioni sono nella città di Torino; si

chiudono i piccoli ospedali, si accentrano le

funzioni, ma anche i servizi e l'occupazione,

impoverendo le aree più lontane dalla città, e

congestionando l'area urbana;

− il buco di bilancio: i conti continuano a non

essere chiari; il debito fuori bilancio

quantificato in 900 mln di euro, è frutto del

mancato inserimento degli ammortamenti,

per un “tacito accordo” di tutte le regioni

con il ministero dell'economia, non è vero

quindi che non fosse conosciuto; la non

chiarezza sulla reale situazione finanziaria

permette di minacciare pesanti

ristrutturazioni e mancati pagamenti di

stipendi. Il commissariamento è stato

scongiurato, ma di sicuro si profilano altri

tagli: 150 mln per effetto della riduzione del

fondo sanitario nazionale, circa 900 milioni

(da spalmare non si sa ancora in quanto

tempo) per recuperare il disavanzo

pregresso. Sembra che i tagli

interesseranno di nuovo il personale e i

beni e servizi: ma sono ancora comprimibili

senza far saltare il sistema? Nel frattempo

al Mauriziano la Regione ha finanziato con

1 mln di euro un progetto di

riorganizzazione delle attività sanitarie per

intensità di cura; ai sindaci del territorio

lanzese (dove è stato riconvertito

l'ospedale) è stato promesso l'acquisto di

una TAC con risorse regionali... Come

vengono prese queste decisioni? La

ripartizione dei fondi alle aziende sanitarie

per quota capitaria pesata, seppure

imperfetta, è ormai un ricordo...

Gli effetti concreti rendono chiari gli obiettivi:

impoverimento di risorse e riduzione

dell'efficienza del sistema. Spostamento di

risorse sul privato e costruzione delle

condizioni per l'apertura al mercato

assicurativo. Affari, in campo sanitario ed in

campo immobiliare. La tutela della salute ed il

riconoscimento del lavoro degli operatori che

la garantiscono non sono contemplati.

In questi mesi abbiamo spiegato ai lavoratori

e ai cittadini che cosa sta succedendo e che

cosa sta per succedere.

Abbiamo provato ad aprire un confronto con

l'assessore regionale, perché siamo

consapevoli che le risorse si sono ridotte e

che occorrono dei cambiamenti e abbiamo

proposte da mettere in campo:

− in accordo con il governo centrale

riprogrammare i finanziamenti sull'edilizia

sanitaria dell'art.20;

− garantire un maggior controllo sulle false

autocertificazioni, con il supporto delle

altre pubbliche amministrazioni;

− intervenire sull'iper-prescrizione di farmaci

e sull'appropriatezza;

− rivedere la convenzione con le Università;

− ridurre le consulenze;

− chiudere le federazioni e organizzare

acquisti di beni e servizi attribuendo la

responsabilità ad aziende capofila;

− organizzare l'attività sanitaria per intensità

di cura e riaprire le assunzioni di personale

sanitario;

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− utilizzare il personale amministrativo a

supporto delle funzioni sanitarie;

− utilizzare i medici di base in sinergia con

i pronto soccorso per governare gli

accessi impropri;

− costruire in modo negoziato un piano di

riordino complessivo della rete dei

presidi sanitari, a partire da cosa c'è e

non da numeri astratti, che garantisca i

servizi territoriali, l'integrazione socio-

sanitaria, la presenza capillare sul

territorio...

Il confronto fino ad oggi ci è stato negato, da

un assessore tecnico che ha occupato

un'istituzione e una carica pubblica in modo

autoritario e prepotente; assessore che

sicuramente non rimpiangeremo e che le

nostre mobilitazioni hanno contribuito a far

dimettere.

Lo sciopero del 18 aprile ha anche questo

obiettivo: riconquistare la democrazia in

Piemonte, per tirare fuori dal baratro la sanità

piemontese e continuare a garantire la tutela

della salute come diritto di tutti i cittadini.

ENRICA VALFRÈ

Cacciata dei mercanti dal Tempio (part.) Francesco Gessi

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Lavoratori pubblici e privati insieme per il lavoro e per i cittadini più deboli

Anche nel Novarese e nel Verbano-Cusio-

Ossola, come in tutto il Piemonte, si avvertono

pesantemente le ricadute della situazione

politica ed economica generale.

Nel vano tentativo di far fronte alla gravità della

situazione, le amministrazioni tendono a

privilegiare politiche di tagli che mettono

seriamente in pericolo il mantenimento dei

principali settori del welfare, dalla casa ai

trasporti, dalla formazione alla sanità, anziché

cercare altre soluzioni possibili.

La riduzione dei trasferimenti regionali ai

comuni e ai consorzi socio-assistenziali, che

non riescono più a far fronte ai bisogni di

assistenza, produce per i cittadini, non solo

l’aumento della spesa per prestazioni a cui si

avrebbero diritto e, in molti casi, una privazione

dei servizi.

Ad esempio: nel 2012 i trasferimenti della

Regione al CISS Ossola sono stati pari a

1.890.000 euro, ovvero il 25% in meno di

quelli operati nel 2011 che, a loro volta,

erano inferiori di 350.000 euro rispetto agli

stanziamenti del 2010. Tutto ciò ha

comportato la riduzione nei servizi di

assistenza domiciliare (50 utenti in meno),

tagli al servizio di educativa territoriale, alle

ludoteche per i bambini figli di genitori con

situazioni problematiche (sono 5 in tutta

l’Ossola e si presume la chiusura nel 2013),

tagli ai progetti specifici per persone

disabili.

La situazione non è migliore nei servizi socio-

assistenziali del novarese.

Nella primavera del 2012 il Cisa 24 e la

convenzione di Ghemme hanno ridotto del

50% il servizio di assistenza domiciliare a

fronte di un minor trasferimento da parte della

Regione del 18%.

La cooperativa che gestiva il servizio del Cisa

24 ha impugnato di fronte al Tar la decisione

e due sentenze hanno dato mandato alla

prefettura di individuare un commissario ad

acta per ripristinare il servizio. Allo stato

attuale il servizio non è stato ripristinato. La

cooperativa ha chiuso la cassa integrazione in

deroga ad aprile.

Sul versante pubblico, nelle province, come

ha avuto modo di dire recentemente anche

Saitta, se verrà confermato il taglio di 1,2

miliardi di euro, saranno a rischio la sicurezza

di decine di migliaia di km di strade provinciali

e di migliaia di edifici scolastici, con una seria

messa in discussione dei servizi pubblici,

tenuta delle imprese e occupazione.

Sul versante della formazione, molte agenzie

sono in crisi e alcune sono già fallite.

Nella Provincia del VCO, se non si riuscirà a

porre rimedio alla situazione, quello che si

teme è il dissesto finanziario.

Situazione analoga per la provincia di Novara.

Negli enti locali, la progressiva diminuzione

delle risorse e l’impossibilità di sostituire il

personale genera una situazione

per cui le amministrazioni trovano

sempre maggiore difficoltà a

garantire i servizi e cercano altre

soluzioni, talvolta senza indagare

Le amministrazioni tendono a privilegiare politiche di tagli che mettono in pericolo il mantenimento del welfare, dalla casa ai trasporti, dalla formazione alla sanità, anziché cercare altre soluzioni possibili.

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compiutamente le ricadute in termini di servizi

erogati e di tutela dei lavoratori.

Esemplificativo è il caso del comune di Trecate,

in provincia di Novara, che sta valutando la

possibilità di cedere in concessione al privato il

proprio asilo nido, semplicemente per motivi di

natura economica.

Questo contesto, così grave, si ripercuote

direttamente sia sui lavoratori pubblici sia su

quelli del settore privato impiegati nella

pubblica amministrazione che non solo vedono

peggiorare progressivamente le proprie

condizioni di lavoro ma, sempre più spesso,

vedono mettere in discussione anche il proprio

posto di lavoro.

Questi lavoratori sono accomunati dal fatto

che, seppure tra mille difficoltà, continuano a

cercare di svolgere coerentemente il proprio

lavoro, con la consapevolezza di quanto questo

possa essere importante, soprattutto nei confronti dei cittadini più deboli e, quindi, più

bisognosi di tutela.

Nel territorio del novarese e del Verbano-

Cusio-Ossola, le segreterie di FP CGIL, CISL FP

e UIL FPL hanno deciso unitariamente di

estendere lo sciopero del 18 aprile anche ai

lavoratori pubblici di enti gestori, Ipab

pubbliche e private proprio per sottolineare

questo principio: lavoratori pubblici e privati

che si mobilitano insieme non solo a tutela del

proprio lavoro, ma anche per dar voce ai

cittadini più deboli in difesa di tanti diritti

negati, delle tante identità ignorate, dei tanti

bisogni taciuti.

GUIDO CATOGGIO

Page 11: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

11

Il dissesto del Comune di Alessandria Lo scorso 27 giugno la Corte dei Conti del

Piemonte, al termine di un lungo percorso

istruttorio sugli atti dei Bilanci comunali della

giunta di centrodestra che ha governato la

città, ha sentenziato lo stato di dissesto del

Comune di Alessandria, obbligando il

Consiglio Comunale a dichiararlo. In caso

contrario, sarebbe stato decretato lo

scioglimento del Consiglio stesso.

In altri termini: i magistrati

contabili hanno certificato che

il comune di Alessandria è

coperto di debiti (200 milioni

secondo il Bilancio riequilibrato

approvato nel dicembre 2012),

e non riesce a pagarli.

Se si fosse trattato di un’impresa privata, il

giudice avrebbe dichiarato il fallimento.

L’analisi della Corte dei Conti è impietosa. Il

Rendiconto del Bilancio 2011 non è stato

approvato dal Consiglio Comunale e, secondo

le analisi dei magistrati, si tratta di un passivo

di almeno 37 milioni di Euro.

È stato inoltre verificata l’esistenza di debiti

fuori bilancio per ulteriori 27 milioni di Euro;

esistono inoltre residui passivi (debiti da anni

precedenti) nei confronti delle aziende

partecipate per oltre 52 milioni di Euro.

Negli ultimi anni le società partecipate sono

state utilizzate come bancomat: il Comune

incassava i soldi per i servizi e non li trasferiva

alle aziende.

Ad esempio, il Comune ha incassato dai

cittadini i soldi della Tariffa Rifiuti, ma non li

ha girati alle società che gestiscono raccolta e

smaltimento.

Questo ha creato una forte difficoltà per le

due aziende, messe in crisi e costrette a

chiedere aiuto alle banche per poter

continuare a erogare i servizi.

E ancora: per cinque anni il Comune non ha

versato le quote di propria competenza per

quanto riguarda il settore socio-assistenziale.

È stato così accumulato un debito di circa 8

milioni di euro e creata una situazione di forte

criticità in tutto il settore, che ha coinvolto

anche le cooperative che forniscono i servizi

alle persone più bisognose.

A tutto questo si aggiunge una versione

alessandrina di finanza creativa: sono state

create due società per la cartolarizzazione

degli immobili comunali. In tal modo il

Comune si è assicurato finanziamenti da parte

di istituti bancari ma i fondi sono stati spesi e gli

immobili non sono stati venduti, creando un

debito crescente per il pagamento di interessi.

Quali sono le conseguenze del dissesto?

La legge impone che un Comune dissestato

debba applicare il valore massimo alle

imposte e alle tariffe comunali.

Facciamo qualche esempio:

− IMU: l’aliquota base passa dal 7/00 al

10,6/00, quella sulla prima casa dal 4/00 al

6/00, per i fabbricati rurali al 4/00, per i

fabbricati commerciali al massimo del

consentito.

− L’addizionale IRPEF comunale passa dal

5/00 al 8/00).

− La TIA passa dal 93% al 100% di copertura

del servizio (in attesa di verificare

l’incidenza reale della TARSU). Rette per

gli asili e scuole dell’infanzia: gravoso

aumento per le famiglie (ad esempio: retta

mensile asilo fino a € 500,00).

− Occupazione suolo pubblico, passi carrai,

ingressi (palestre, campo atletica, musei,

biblioteche), parcheggi pubblici, trasporto

Il dissesto genera gravi ripercussioni sui lavoratori pubblici del Comune di Alessandria,

delle società partecipate e delle Cooperative che tutti i giorni garantiscono con il loro lavoro

i servizi ai cittadini.

Page 12: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

12

pubblico: aumenti che in alcuni casi

raggiungono il 100% del valore

precedente.

È del tutto evidente che chi pagherà i costi

della gestione della giunta Fabbio saranno i

cittadini di Alessandria.

Imprese, artigiani, fornitori, professionisti che

in questi anni hanno lavorato per il Comune

senza essere pagati, hanno visto i loro crediti

inseriti nella massa debitoria del Comune,

subendo, come conseguenza immediata, un

allungamento dei tempi per il pagamenti loro

dovuti la cui entità non è prevedibile.

Ciò comporterà inevitabilmente pesanti

ricadute sulla tenuta stessa del tessuto

produttivo alessandrino.

Il dissesto genera gravi ripercussioni sui

lavoratori pubblici dipendenti del Comune di

Alessandria, delle società partecipate del

Comune e delle Cooperative che tutti i giorni

garantiscono con il loro lavoro i servizi ai cittadini.

Non sono stati rinnovati alcuni appalti a

cooperative sociali che, conseguentemente, a

loro volta, non hanno rinnovato i contratti a

termine dei loro dipendenti e sono ricorsi alla

cassa integrazione.

I dipendenti delle società partecipate vengono

pagati con gravi ritardi, hanno visto

“rateizzata” la quattordicesima mensilità. Il

taglio dei costi sulla manutenzione degli

automezzi, su quello relativo

all’approvvigionamento di carburante, oltre

che a mettere a rischio la sicurezza dei

lavoratori, stanno provocando il decadimento

della qualità dei servizi pubblici di trasporto e

di raccolta dei rifiuti.

Ai dipendenti comunali non è stato corrisposto

il salario accessorio per il 2011 e il 2012 e

hanno subito ritardi notevoli sul pagamento

dei buoni pasto e del lavoro straordinario.

Le prospettive per il prossimo anni non sono

più rosee. Il comune dovrà approvare un

bilancio triennale “stabilmente riequilibrato”.

Ovviamente è prevista una forte politica di

tagli ai servizi e al personale.

− Per quanto riguarda i dipendenti delle

cooperative si prevedono ulteriori tagli dei

trasferimenti con conseguente mancato

pagamento che cronicizzerà sempre più la

condizione precaria dei lavoratori.

− Per i dipendenti delle società partecipate è

prevedibile la presentazione da parte del

Comune di Piani industriali che prevedono

esuberi di personale e cessioni di ramo

d’azienda senza tutele per i lavoratori

coinvolti, nello specifico: la messa in

liquidazione di ASPAL Srl − partecipata che

si occupa tra l’altro di servizi all’infanzia

tramite la ludoteca e ai giovani con l’ufficio

Informagiovani, ma anche di mediatori

culturali e servizi informatici, riscossione e

affissione − dovuta alla mancanza, sul

2013, di 1.300.000 euro rispetto al 2012.

Salvo cessioni di ramo d’azienda ancora

oggi da verificare, si prevedono

nell’immediato 40 esuberi su 76 occupati.

− Amiu Srl: abbiamo appreso dai giornali la

messa in liquidazione dell’azienda.

L’amministrazione comunale ha intenzione

di affidare solo parte dei servizi svolti da

AMIU (spezzamento e raccolta e non i

servizi cimiteriali, di vigilanza, disinfestazione

e aree verdi) a un privato, tramite procedura

prevista dall’art. 57.2 D. Lgs 162/2006,

non prevedendo nel bando le clausole

sociali di salvaguardia di tutta la forza

lavoro tramite inserimento dell’accordo

Page 13: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

13

2010 tra Amministrazione Comunale e OO.SS.

Anche qui si prevedono decine di esuberi.

− ATM: trasporto pubblico, volontà di cedere

il 46% dell’azienda, ancora di proprietà del

Comune di Alessandria, si ipotizzano 100

esuberi.

− Azienda Speciale Costruire Insieme:

azienda creata per dare continuità ai

servizi educativi da 0 a 6 anni, sulla quale

pende anche la questione della legittimità,

con rischio occupazionale per circa 70

lavoratrici a tempo determinato.

− Per i dipendenti del Comune blocco del

salario accessorio. Con atto unilaterale,

senza rispettare il dettato del contratto

nazionale, l’amministrazione ha

soppresso i buoni pasto, non ha pagato

varie indennità e gli straordinari (che

possono essere fatti solo a recupero).

Nel Bilancio triennale 2012-2014 sono

stati previsti tagli sulle spese di personale

(dipendenti del Comune) pari a €

6.000.000,00 nel 2014 con conseguente

e chiara volontà di mettere in mobilità

circa 200 dipendenti.

Data questa situazione, dopo 8 mesi

dall’insediamento di questa Giunta, il bilancio

delle relazione sindacali e deludente e

preoccupante. I tavoli di confronto sono stati

tanti ma inconcludenti e non per volontà del

sindacato, che è sempre stato propositivo,

individuando risparmi e razionalizzazioni.

Mentre le conseguenze del dissesto entrano

nel vivo, con atti unilaterali e sbagliati

l’Amministrazione sceglie di colpire prima di

tutto i più deboli.

Nelle cooperative, dove già a decine sono

senza lavoro e in Comune, dove la riduzione

del salario dei dipendenti e la previsione dei

tagli sul bilancio 2014 per spese di personale

lasciano presupporre la messa in mobilità,

con salario ridotto all’80% della retribuzione

tabellare, di almeno 200 lavoratori.

Ancora, nelle partecipate, dove si

prospettano licenziamenti di massa e infine

nel TRA (teatro comunale, 15 dipendenti)

lasciato andare a un tragico epilogo.

I cittadini saranno costretti a pagare imposte e

tariffe al massimo previsto dalla legge

ricevendo in cambio non servizi ma disservizi

imputabili a un sistema malato che

l’Amministrazione non è stata ancora in grado

di modificare.

Al contrario di ciò che l’Amministrazione in

otto mesi avrebbe dovuto fare, sono

continuati gli sprechi dovuti a colpevoli

mancate riorganizzazioni.

Sugli stipendi dei Dirigenti, anche delle

partecipate, sono stati fatti grandi proclami,

ma in concreto nessuna riduzione.

Per questi i motivi le OO.SS hanno indetto una

campagna di mobilitazione che ci ha visto

giungere fino a Roma.

Vogliamo che l’Amministrazione fermi le

procedure intraprese nei confronti delle

partecipate, e che ci faccia conoscere il piano

industriale dal quale dipende il futuro di

ciascuna azienda. E vogliamo discuterlo con

l’Amministrazione comunale, perché sua è la

responsabilità politica di quello che potrà

succedere ai lavoratori e ai servizi.

ALVARO VENTURINO

Page 14: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

14

L'asilo “vegetariano” (per forza) Da circa una settimana i bambini di un asilo

comunale della Provincia di Cuneo non

mangiano più carne a pranzo: il macellaio ha

sospeso la fornitura, perché il Comune non lo

paga da dodici mesi.

Questo episodio ritengo rappresenti in modo

emblematico la situazione generale dello

stato sociale in provincia di Cuneo, in regione

e nell'intero Paese.

L'aspetto più paradossale della vicenda sta nel

fatto che il Comune avrebbe le risorse per

procedere al pagamento almeno parziale dei

fornitori: non può farlo grazie alle norme

assurde contenute nel Patto di Stabilità,

diventando così il responsabile diretto del

disagio sia dei cittadini, sia dei fornitori.

Nei Consorzi Socio-Assistenziali, ormai

completamente privi di risorse economiche

per rispondere alle richieste sempre più

numerose delle fasce di cittadini più disagiati,

aumentano in modo esponenziale le aggressioni

nei confronti degli assistenti

sociali e degli educatori che

operano nel front office.

Le aggressioni verbali

sono di una violenza tale

da costringere le operatrici di alcuni servizi

a chiedere di essere affiancate da altri

colleghi, perché temono fortemente per la

propria incolumità fisica.

E pensare che la Provincia di Cuneo è

internazionalmente nota per essere popolata

da cittadini generalmente piuttosto

sonnacchiosi!

La carenza di risorse per il socio- assistenziale

morde fortemente anche nelle strutture

residenziali per anziani o disabili provinciali,

dove sempre più frequente è il ricorso alla

cassa in deroga da parte di cooperative che

non riescono più a far fronte al mancato

pagamento delle loro spettanze.

Anche i dipendenti che ancora non hanno

perso il posto di lavoro vedono peggiorare di

giorno in giorno la qualità della loro vita

lavorativa: la politica dell'abbattimento dei

costi, infatti, vede le aziende (sia pubbliche, sia

private) impegnate a evitare accuratamente la

sostituzione del personale mancante,

costringendo le operatrici in servizio a ritmi e

carichi di lavoro ormai non più sostenibili.

Ovviamente la contrazione esasperata del

tempo di cura “concessa” all'utenza genera il

malcontento sia dei diretti interessati sia delle

loro famiglie. Le loro lamentele producono,

purtroppo, quale unico risultato, una pioggia

continua di contestazioni disciplinari alle

lavoratrici da parte dei loro dirigenti che, lungi

da ogni assunzione di responsabilità, trovano

molto più semplice scaricare su queste le loro

carenze organizzative.

Sempre in questa Provincia, una cooperativa,

dopo aver accettato dall'ente appaltante un

abbattimento economico dell'offerta d'appalto,

ha ribaltato il contenimento dei costi

direttamente sulle operatrici, firmando un

accordo con la UIL FPL che prevede la

decurtazione della paga oraria di un euro

all'ora. Insomma, un quadro desolante, dal

quale si evince in particolare un dato: negli

ultimi dieci−quindici anni in questo Paese si è

Il Comune avrebbe le risorse per il pagamento parziale dei fornitori, ma grazie al Patto di Stabilità

non può procedere, diventando così responsabile diretto del disagio di cittadini

Page 15: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

15

propagata e diffusa, come una letale metastasi,

l'idea che lavoratori e sindacati “troppo”

esigenti in materia di diritti e di salario

abbiano minato le fondamenta stesse del

sistema produttivo della nazione.

La denigrazione continua dei pubblici

dipendenti e il metodo Marchionne instaurato

nel settore privato sono stati presentati (e

purtroppo largamente accettati) come unica soluzione salvifica di tutti i problemi

dell'economia italiana; insomma, si è

scaricata sulle spalle dei lavoratori tutta la

responsabilità sociale dello stato fallimentare

e l'onere di riparare al danno è stato

concentrato esclusivamente sulle buste paga

dei lavoratori dipendenti.

In conclusione: l'unico vero decentramento

avvenuto in Italia dopo la riforma del Titolo V

della Costituzione è stato, purtroppo, quello

che ha visto trasferire ai cittadini l'impegno di

risanare il Paese da parte di quelli che lo

hanno portato allo sfascio.

Cambiare si può e, soprattutto, si deve.

DANILA BOTTA

Operai del 1926 Kuz’ma Petrov-Vodkin

Page 16: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

16

Lavoro pubblico: un bene comune per i diritti di cittadinanza. In contrasto con le dilaganti tendenze verso

l’individualismo e il liberismo economico come

uniche soluzioni alla crisi persistente, e a

fronte delle evidenti diseguaglianze che ne

derivano, l’idea che esistano alcuni beni

essenziali che debbano sfuggire alla logica

della proprietà privata e del mercato e vadano

comunque tutelati dalla legge come beni

collettivamente controllati e potenzialmente

disponibili per tutti, di interesse di tutti, siano

cioè beni comuni, secondo quanto indicato

dalla nostra Costituzione, è la linea che ha

finora contraddistinto la nostra azione

rivendicativa, nella maggioranza dei casi

condotta, sin qui, con intese unitarie non

sempre riuscendo, però, ad arginarne gli effetti.

SANITÀSANITÀSANITÀSANITÀ

La complessità dei determinanti che entrano in

gioco, interagendo tra loro, nel prodursi di ogni

tipo di patologie (fattori oggettivi e soggettivi) in

cui intervengono pesantemente condizioni e

dinamiche sociali allarga di molto, e ben al di là

dei servizi e delle professioni strettamente

sanitarie, l’ambito in cui va promossa e costruita

giorno per giorno, sia sul piano amministrativo, sia

su quello politico e sindacale, in una prospettiva di

medio e lungo periodo, la difesa e la promozione

della salute.

Per questo abbiamo operato, nel nostro

territorio, su due livelli:

� il primo, attiene a una sfera individuale,

riguardante l'educazione al benessere, la

diffusione della prevenzione, alla garanzia

di un percorso assistenziale secondo un

modello integrato e multidisciplinare di

presa in carico del paziente. Varie sono

state le occasioni pubbliche in cui, come

categoria, abbiamo promosso momenti di

confronto con i cittadini, con i lavoratori e

con i Sindaci (consultori, pronto soccorso,

distretti, CRI) per diffondere la

consapevolezza della necessità di

garantire a tutto questo un futuro;

� il secondo, attiene la sfera pubblica. La

risposta al bisogno di tutela della salute è

sempre più, a nostro avviso, in

larghissima misura, di carattere sociale.

E la qualità della risposta del nostro

sistema sanitario regionale appare

manifestamente limitata da tagli sempre

più consistenti alle risorse pubbliche da

destinare ai territori. Tagli che, in parte,

ne hanno già compromesso l'universalità,

la gratuità e l 'accesso, a fronte di un

crescente numero di

diseguaglianze sociali di vario

ordine che pesano fortemente

sia in relazione ai fattori di

rischio sia in relazione

all’accesso e ai benefici.

Le numerose occasioni che hanno visto

protagonista la FP nel territorio − sia sul piano

contrattuale sia per le iniziative pubbliche che

hanno coinvolto la direzione dell'Asl, le

associazioni dei familiari, l'ordine

professionale degli infermieri, gli operatori

socio-sanitari, i medici − ci delineano un

quadro di tenuta generale molto critica del

sistema locale, sfibrato dalla riforma del SSR

voluta dalla Giunta Cota e da oltre 9 milioni di

euro di riduzione di trasferimenti.

Le conseguenze sono facilmente constatabili

da un “effetto domino” che sta coinvolgendo

tutte le strutture socio-sanitarie locali:

� il principale problema riguarda gli esuberi del

personale (per lo più di livello amministrativo)

Per raggiungere la più ampia rappresentazione degli interessi dei cittadini è indispensabile che la P.A. eserciti la programmazione con le risorse umane ed economiche necessarie e che si pratichi la negoziazione con le parti sociali.

Page 17: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

17

nelle funzioni di tipo associato

(Federazione – Asl At – Als Al e ASO). Per

non dichiarare gli esuberi l'Asl

reinternalizza funzioni date in gestione ad

Amos (società nata per la fornitura di

servizi complementari e di supporto

all'attività ospedaliera e territoriale e

successivamente aperta a nuove

sperimentazioni connesse alle proprie

competenze). Amos, a sua volta, per

evitare licenziamenti rileva le attività

affidate alla cooperazione la quale è

costretta, nel migliore dei casi, a

ricollocare il proprio personale;

� in secondo luogo, la perdita salariale causata

non solo dal blocco del rinnovo del contratto

ma anche dai trasferimenti/pendolarismo (ad

esempio, il personale del 118 di Asti, lavoratori

che nella riorganizzazione dipenderanno

funzionalmente da Alessandria);

� non ultime le questioni riguardanti il

personale assegnato alle sedi locali della

C.R.I.: anche in questo caso, in previsione

della riduzione dell'organico del personale

militare e alla conseguente riduzione

dell'organico del personale civile attuale a

tempo indeterminato, è atteso che il personale

civile in esubero a tempo indeterminato possa

trovare ricollocazione a livello locale al posto

degli attuali tempi determinati e interinali a

cui non saranno riconfermati gli incarichi.

Vi sono poi gli ulteriori tagli previsti nel 2013

senza margini di economie rilevanti (ad Asti

non vi saranno riduzioni né di posti letto né

di ospedali, essendo entrambi all'interno

dei parametri previsti dalla Regione) e la

“sottrazione” di risorse derivanti da “risparmi” del part-time per incentivare la mobilità.

Senza dimenticare le ricadute in termini di

minori risorse per l'indotto produttivo e commerciale astigiano derivanti dal processo

avviato dalle Federazioni in termini di

mancate commesse a imprese locali e di

riduzioni di beni di consumo (esercizi commerciali, ristorazione, bar,ecc.)

conseguenti al trasferimento/pendolarismo di

personale.

SOCIALESOCIALESOCIALESOCIALE

In un Paese, come il nostro, in cui non vi è l’ombra di una strategia occupazionale di fronte alla perdita di milioni di posti di lavoro, neppure l'assistenza e cura alla persona o quei lavori che richiedono il “Face to Face”, cioè di relazione, dove la domanda è in aumento, hanno avuto sorte migliore.

Gli organici pubblici non hanno registrato un incremento ma una diminuzione (mancate sostituzioni e cessazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato) e le retribuzioni sono ferme al 2010. Ma le lavoratrici e i lavoratori che subiscono le maggiori conseguenze sono senza dubbio quelli della cooperazione, manodopera diffusamente utilizzata dagli enti locali nei servizi socio-sanitari-educativi. Le cooperative hanno iniziato a ritardare o sospendere i pagamenti delle retribuzioni e a far uso della cassa integrazione in deroga, dato che i Comuni e l'ASL hanno ridotto le ore di servizio di assistenza. Quest’ultimo aspetto risulta, a nostro avviso, uno dei punti di maggiore criticità nella nostra provincia, sia per le ricadute occupazionali e salariali, sia per i beneficiari dei servizi sempre meno in grado di sopperire all'assenza degli interventi pubblici attraverso la rete di sostegno familiare.

Nella provincia di Asti, la situazione dei pagamenti da parte dei Comuni e dell'Asl per opere e servizi verso consorzi socio-assistenziali, imprese e Cooperative, è quella

Page 18: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

18

che, finora, ha garantito minori tempi medi di

attesa.

Ma con la riduzione o, addirittura il blocco, dei

trasferimenti da parte della Regione e dallo

Stato i tempi sono destinati ad allungarsi.

ISTITUZIONIISTITUZIONIISTITUZIONIISTITUZIONI

La diffusa indeterminatezza dei rapporti di

lavoro nella cooperazione; il ricorso a un

utilizzo “spregiudicato” della sussidiarietà

tramite associazioni, per lo più non

qualificate, a dare risposte appropriate oltre

che esternalizzazioni e/o privatizzazioni di

settori essenziali (es. servizi all'infanzia); la

riallocazione di attività all'interno delle

amministrazioni pubbliche in modo non

congruo alle reali dotazioni organiche, ai

carichi di lavoro già esistenti e ai profili

professionali disponibili − processi per lo più

indotti e favoriti dalla necessità di rispettare i

limiti di spesa imposti dal patto di stabilità e

dai tagli alle risorse finanziarie − stanno

facendo emergere una realtà istituzionale che

arretra dalle proprie funzioni.

Tra gli enti più grandi, il Comune capoluogo

(-8,5 ml) e la Provincia (-7 ml) sono quelli che

presentano più sofferenza a causa dei

provvedimenti sulla revisione della spesa e i

vincoli sul personale.

Nella stragrande maggioranza dei Comuni il

tentativo è quello di diminuire le risorse

aggiuntive non obbligatorie, con il

conseguente azzeramento delle somme

destinate alla produttività.

Un paio di comuni stanno valutando, come la

Provincia che ha sospeso il pagamento della

produttività oltre che dei buoni pasto, di

attivare le procedure di pre-dissesto. Le due

aziende di SPL hanno aperto il confronto sulla

riduzione dei fondi per i contratti decentrati,

incapaci di rideterminare i propri piani

industriali in assenza di certezze sui tempi e

le quantità delle risorse disponibili. In

sostanza, in un momento in cui sarebbe

indispensabile un ampio confronto su materie

riguardanti l'organizzazione del lavoro (orari,

consistenza organici, carichi di lavoro,

mobilità) e su processi molto complessi di

unificazione di funzioni, Comuni e Unioni in

molti casi non garantiscono neppure, al

sindacato, il rispetto dell’informazione

preventiva.

Concludendo, se l'intento è quello di

raggiungere nella programmazione la più

ampia rappresentazione degli interessi dei

cittadini e di condividere le modalità di

risposta a questi bisogni è indispensabile che

la pubblica amministrazione sia messa nelle

condizioni di esercitare la programmazione

con le risorse umane ed economiche

necessarie e che si pratichi la negoziazione

con le parti sociali.

Tutto quello che sta avvenendo sta

intervenendo pesantemente sulla possibilità

di sostenere queste scelte. Per questo il

nostro compito è difenderle in piazza,

insieme, il 18 aprile.

SERENA MORIONDO

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19

Tira una brutta aria per i

servizi pubblici biellesi

Tira una brutta aria per tutto ciò che sa di

pubblico o di sociale, in Europa, in Italia e

anche nelle province (non si sa fino a quando

tali) più piccole. È il caso di Biella, poco meno

di 190.000 abitanti, attraversata da una crisi

che investe fin dal 2001 il suo

monocomparto: l'industria tessile.

Negli ultimi tempi le fibrillazioni investono

anche altri settori tradizionalmente più

“protetti”. Questo perché a livello nazionale è

finora passata l'idea che occorre ridurre il

perimetro dello Stato. Il messaggio fuorviante

che viene veicolato ai cittadini è che occorre

diminuire la spesa pubblica per poter

abbassare le tasse, nonostante ciò voglia dire

meno servizi pubblici e maggiori prestazioni

a pagamento che si “mangiano” con gli

interessi la prevista diminuzione della

tassazione.

L’obiettivo della riduzione del

perimetro dello Stato ha

comportato la destrutturazione

del sistema delle Autonomie

Locali innanzitutto con il “totem”

dell'abolizione delle Province. In Italia vige il

meccanismo dell'individuazione di un capro

espiatorio, colpito il quale gran parte dei

problemi (in questo caso la spesa pubblica) si

risolvono. Infatti nei programmi di tutti i Partiti

o Movimenti è prevista l’abolizione delle

province: peccato che in essi non si faccia

esplicitamente cenno al fatto che comunque

occorre un ente intermedio fra Regione e

Comune e soprattutto non si fa menzione

della sorte degli oltre sessantamila dipendenti

provinciali.

Non parliamo poi del caos generato

dall'obbligo della gestione delle funzioni

associate per i piccoli Comuni.

Già si fa fatica ad associarne tre, figuriamoci

quando, entro fine anno, scatterà l'obbligo di

associare tutte le altre.

Per quanto riguarda la Sanità il nostro

territorio ha una potenzialità che si chiama

Nuovo Ospedale. Se il cronoprogramma sarà

rispettato, a dicembre entrerà in funzione

questa nuova struttura oggi sovradimensionata

rispetto ai tempi della progettazione e che

rischia di iniziare a scartamento ridotto per il

drammatico problema delle risorse. Infatti la

Regione ha diminuito nel corso degli anni i

trasferimenti alla nostra Asl ed è oggettivo che

se non si inverte il trend il nuovo Presidio

partirà azzoppato e costituirà uno spreco

enorme di potenzialità.

Collegata alla questione sanità vi è la

situazione assistenziale e segnatamente

quella delle Case di Riposo. Il Biellese è una

provincia con una rete diffusa di strutture per

anziani. Dal 2011 assistiamo alla diminuzione

dei posti convenzionati che stanno

provocando una perdita dei posti di lavoro

nelle fasce più deboli (ad esempio, i lavoratori

delle pulizie) e con aumento dei carichi di lavoro

del personale legato all'assistenza e

conseguentemente un peggioramento della

qualità del servizio. Il rischio è la completa

privatizzazione delle strutture o la loro

chiusura. Collegato alla questione sanità vi è

la situazione assistenziale e segnatamente

quella delle Case di Riposo. Il Biellese è una

provincia con una rete diffusa di strutture per

anziani. Dal 2011 assistiamo alla diminuzione

dei posti convenzionati che stanno provocando

una perdita dei posti di lavoro nelle fasce più

deboli (es. i lavoratori delle pulizie) e con

aumento dei carichi di lavoro del personale

legato all'assistenza e conseguentemente un

peggioramento della qualità del servizio.

Il messaggio fuorviante che viene veicolato ai cittadini è che occorre diminuire la spesa

pubblica per poter abbassare le tasse. Peccato che ciò voglia dire meno servizi pubblici.

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20

MARIO PAONESSA

Per non parlare delle

liste di attesa che si

sono allungate a

dismisura.

Su tutta la situazione

pesa come un

macigno la riduzione

del 5% della spesa per beni e servizi decisa

dalla cosiddetta spending review e il ritardo

nel pagamento da parte della Pubblica

Amministrazione dei fornitori di beni e servizi.

E qui si innesta soprattutto il mondo delle

cooperative sociali.

In provincia di Biella il settore occupa circa

2500 persone. Per avere un termine di

paragone nella Pubblica Amministrazione il

dato è di circa 3500 unità. Quindi il peso dei

soci lavoratori nel panorama occupazionale è

sicuramente importante. Nel corso degli ultimi

anni la cooperazione sociale è stata la valvola

di sfogo per la rioccupazione di manodopera

espulsa dall'industria.

A tutt'oggi non vi sono licenziamenti ma una

diminuzione delle ore dei soci lavoratori con la

conseguente riduzione di retribuzioni già ai

limiti del minimo vitale.

Tuttavia cominciamo ad avere alcuni segnali

di peggioramento della situazione con

Cooperative a rischio chiusura.

I dati forniti dalla Camera di Commercio

indicano che nel 2° semestre del 2012 vi è

stato un calo del giro d'affari del 20% e le

previsioni per il 1° semestre 2013 sono di

un'ulteriore diminuzione.

La considerazione conclusiva è che sulla

questione perimetro dello Stato e welfare si

tratta innanzitutto di volontà politica.

Chi governa deve scegliere quale società

vuole e quindi conseguentemente reperire e

distribuire le risorse. Perché è vero che l'Italia

ha il problema del debito pubblico ma è anche

vero che è un Paese fra i più diseguali al

mondo. Basti pensare che la sanità “costa”

100 miliardi e abbiamo un'evasione fiscale

annua di 120 miliardi.

E questo è solo un esempio.

Quindi, se si vuole, si può.

Page 21: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

21

Performance, obiettivi, mission, governance ... ...sono le note che si continuano a suonare nelle ASR. Gli orchestrali però non sono i poveri eroi del Titanic bensì direttori-federatori che guidano le danze

Mentre dalla Regione si rincorrono notizie,

documenti, lettere in cui si propongono tagli al

Sistema Sanitario Regionale, l'ASL VC dopo

mesi di lavoro, prima Azienda in Piemonte, ha

il suo Piano della Performance e ne canta le

lodi sul proprio sito.

Il Piano per la verità è necessario per legge e

pertanto il motivetto non sarà solo

canticchiato nell'ASL VC, presto ci sarà un

coro polifonico nelle restanti ASR (Aziende

Sanitare Regionali).

Intanto però la prua del TITANIC comincia a

incrinarsi…

Il 14 marzo 2013 è stata approvata la

delibera di riordino della rete ospedaliera che

ha previsto un taglio di posti letto e di

strutture complesse, mai così consistente,

superiore anche alle indicazioni nazionali, a

cui si aggiunge la chiusura di diversi presidi

ospedalieri piemontesi.

L’ASLVC per la verità, non é la prima volta che

subisce tagli e chiusure. Nel giro di un

ventennio, infatti, l’ASL Vercellese ha già visto

la chiusura di 3 ospedali (Santhià-Gattinara-

Varallo), con una riduzione dei posti letto e la

chiusura di servizi e uffici.

Le recenti disposizioni non faranno che ridurre

ulteriormente i servizi che la sanità vercellese

offre ai propri cittadini con conseguente

riduzione anche di posti di lavoro.

Le ultime tabelle di riordino prevederebbero

il taglio di 41 P.L. per pazienti acuti, con

la chiusura di sei Strutture Complesse

(Lungodegenza/RRF ed Endocrinologia

dell’Ospedale di Vercelli cui si aggiungono:

Cardiologia, Medicina, Urologia e Ginecologia

dell’Ospedale di Borgosesia).

Di fatto si certifica la trasformazione

dell'ospedale di Borgosesia in ospedale

Territoriale con il taglio di un numero

relativamente modesto di posti letto per acuti

(n.5) ma con la perdita di 5 strutture

complesse. È in previsione anche la chiusura

del Punto Nascita di Borgosesia, che sarebbe

sotto osservazione...

Le Strutture complesse, infine,

sarebbero uniche e integrate

tra Vercelli-Borgosesia.

Ma il colpo maggiore sarà inferto

sui letti di post-acuzie, i cui

numeri sono aggregati per federazione, dove

tutto fa supporre che il Presidio Polifunzionale

di Gattinara subirà un forte

ridimensionamento se non la chiusura.

L'emorragia di posti letto, pur riguardando

maggiormente (secondo le indicazioni

nazionali) i presidi pubblici , interesserà anche

le strutture private accreditate. In 3 anni nella

Federazione 4 (NO-VC-BI-VCO) si avrà una

pesante riduzione di posti letto per post-

acuzie tra pubblico e privato. Un taglio che

non farà che ridurre, peggiorandone le

condizioni già difficili, l'assistenza agli anziani

(si rilevi che la Provincia di Vercelli è quella

maggiormente “vecchia”), con conseguenti

esuberi di personale sia pubblici che privati.

A questo si aggiunga il riordino del Settore del

118 che ha visto la recente chiusura della C.O

(Centrale Operativa) di Borgosesia.

Le recenti disposizioni non faranno che ridurre ulteriormente i servizi che la sanità vercellese offre ai propri cittadini con conseguente riduzione anche di posti di lavoro.

Il vagone di Terza Classe Honoré Daumier 1862

Page 22: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

22

Le centrali operative di VC-VCO-BI sono state

chiuse e le attività accentrate presso la C.O.

dell' A.O.U. di Novara. Si prevede poi il

passaggio di tutto il personale del Settore del

118 della FS4 (Federazione Sanitaria 4)

all'AOU di Novara. Scelta che, allo stato

attuale, ha peggiorato il servizio ai cittadini e

le condizioni di lavoro dei dipendenti

interessati che opereranno, oltre che nella

propria attuale sede, su un più ampio

perimetro territoriale con rischio di risposte

meno rapide ed efficaci. Per contro la neo-

organizzazione del Settore 118 non dà

ancora soluzioni ai trasferimenti secondari

urgenti che in una logica di ospedali in rete

hanno una importanza strategica.

Nonostante la gerarchizzazione degli ospedali,

infatti, il trasporto di pazienti critici è affidato

ancora a una organizzazione disomogenea

tra i territori. Pazienti da sottoporre a

interventi urgenti (v. es: aneurismi) spesso

sono in balia di un sistema di trasporti

affidata più alla buona volontà degli

operatori che a un'organizzazione

efficiente/efficace.

Infine, alcune considerazioni sull'attività delle

inutili e costose Federazioni Sanitarie

istituite oltre un anno fa e operative da otto

mesi. Per il settore beni e servizi le famose

gare che avrebbero dovuto confluire in

federazione sono solo quelle di 'neo indizione',

le gare in essere da sottoporre 'a proroga'

sono rimaste in capo alle Aziende con il

risultato che si è creato poco o niente

risparmio e tanta confusione con il rischio

concreto di non rifornire adeguatamente gli

ospedali del materiale necessario al loro

quotidiano funzionamento, oltre a ridurre il

personale amministrativo in carico alle ASL

aumentandone i carichi di lavoro. Ecco il bel

risultato dell'Attività delle Federazioni: spreco

di risorse pubbliche (sei nuovi Amministratori

Unici lautamente retribuiti) e nessun

risparmio.

Era auspicabile che a fronte della riduzione

dei posti letto e di conseguenza dei ricoveri, in

particolar modo degli anziani, avrebbe dovuto

poi corrispondere un potenziamento dei

servizi del territorio offerto alla popolazione

vercellese.

Al contrario si riduce sul personale ADI

(Assistenza Domiciliare Integrata) e si

riducono tragicamente i giorni di ricovero in

regime di continuità assistenziale sul Distretto

SUD vercellese (7 giorni).

Alle note poco allegre, elencate in

precedenza, aggiungiamo la notizia, di questi

giorni, della volontà di esternalizzare i servizi

di laboratorio analisi e radiologie a cui,

probabilmente, verranno aggiunti altri servizi.

Come interpretare, infatti, un semplice “ecc.”

contenuto nella lettera del Direttore Generale

Regione Piemonte se non con la volontà di

lasciare aperta la strada dell'esternalizzazione

di servizi a chissà cos'altro (magari assistenza

domiciliare, dialisi, CUP, ecc..).

Tale processo sarebbe avviato per la prima

volta a livello centrale regionale attraverso un

mandato a una Società S.c.r.l chiamata

A.M.OS .

A.M.OS è una società a totale capitale

pubblico che applica i contratti privatistici con

condizioni economiche peggiorative rispetto al

CCNL pubblico e che già opera in alcune ASL e

ASO del Piemonte, soprattutto a Cuneo, ma da

qualche anno ha esteso le proprie attività

anche ad Asti.

Page 23: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

23

È evidente lo scopo che si nasconde dietro il

paravento della necessità di garantire i servizi

pubblici. Si abbassano i diritti contrattuali dei

lavoratori, si peggiorano le condizioni di lavoro

e si diminuisce, inevitabilmente, la qualità dei

servizi.

Ci si domanda come sia

possibile che le Aziende

Sanitarie Regionali non

possano assumere

attraverso concorsi pubblici

per il blocco del turnover,

mentre sia possibile

assumere attraverso AMOS,

altra società pubblica,

anche se di diritto privato,

a chiamata diretta e quindi

senza alcuna trasparenza.

Ma noi temiamo che tutto ciò

sia solo la punta dell'ICEBERG in cui si è

incagliata la nave della sanità piemontese.

Che dire... non ci resta che augurarci un gran

bel Piano delle Performance per lo sciopero

regionale del 18 aprile.

MARIELLA LA TERRA

Page 24: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

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Aldo dice 26 x 1 Il primo maggio del 1945, mentre da

Grugliasco a Collegno fino a Montanaro le

divisioni partigiane continuavano a

combattere per la liberazione del Paese dalle

truppe nazi-fasciste, che rispondevano con la

rappresaglia e l’uccisione di partigiani e

popolazione civile, Torino festeggiava, dopo

decenni, la festa del lavoro vincendo le ultime

sacche di resistenza fascista.

È questo il filo che lega due date simbolo nella

storia del movimento operaio e democratico,

un filo che il Piemonte

aveva cominciato a

riannodare a partire

dalle agitazioni operaie

dell’agosto del 1942 e

gli scioperi del marzo e

dell’agosto 1943. La

protesta per migliori

condizioni di vita e

contro la guerra si

sarebbe trasformata

ben presto in una solida

organizzazione resistenziale che, a partire

dalle SAP e dai GAP, avrebbe portato

migliaia di donne e uomini a imbracciare le

armi per liberare il paese dall’occupazione

nazi-fascista.

Per chi, come me, è arrivato a Torino sulla

scorta della lettura di un libro come “Senza

tregua”, forse poco conosciuto dalle giovani

generazioni, il ritrovare i luoghi fisici che

hanno segnato la vita di tante persone e

costruito la democrazia ha dato il senso di

una città che è stata capace di mettere in

prima fila i bisogni e le aspirazioni generali

anteponendoli, spessissimo, a quelli individuali.

Storie come quella di Dante Di Nanni che,

diciannovenne figlio di immigrati e

combattente gappista, tiene testa per ore

alle brigate nere prima di suicidarsi per non

essere catturato dai fascisti, danno il senso

concreto del sacrificio compiuto da migliaia di

combattenti affinché l’Italia potesse, anche in

prima persona, riconquistare la libertà e, con

questa, la possibilità di ricostruire libere

istituzioni e associazioni democratiche.

Senza il sacrificio, l’impegno e, forse,

l’utopia di generazioni che non avevano

conosciuto il significato di vita

democratica, non sarebbe stato possibile,

quel primo maggio del 1945, rioccupare le

piazze per festeggiare la ritrovata libertà e

rivendicare la centralità della conquista di

migliori condizioni di vita per i lavoratori.

E non sarebbe stato

nemmeno possibile

conquistare i principi

di uguaglianza a

fondamento della nostra

Carta Costituzionale. Certo

quelle conquiste sono

state messe in discussione

di continuo, anche

disattese, e il rischio di un

ritorno alla dittatura in

questo Paese è stato

concreto, ma anche grazie alla presenza di

Organizzazioni Sindacali forti e radicate i

tentativi di riportare indietro la storia sono falliti.

Il Venticinque Aprile e il Primo Maggio del

2013 ci devono ricordare che quel periodo

ha posto le basi per la nostra rinascita, che

quel sacrificio di vite umane ha permesso alle

generazioni successive di avere una vita

migliore, anche più agiata, e che gli spazi

democratici vanno quotidianamente praticati

e difesi. C’è purtroppo sempre, in questo

Paese, la tendenza ad affidarsi ai salvatori

della patria che farebbero volentieri a meno di

istituzioni e corpi intermedi.

Esattamente quanto non volevano le

centinaia di migliaia di combattenti per la

libertà.

ROBERTO GALASSO

Page 25: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

25

“Su, venite in fitta schiera...”

Una lavoratrice fortunata.

Licenziamento senza preavviso, giustificato

motivo, anni 38.

Ha cominciato a lavorare a 19, sa il lavoro

cosa dia, cosa prenda. Annichilita dal girone

dantesco di appuntamenti formativi ai centri

per l'impiego, di strisce lunghissime di

francobolli e di mail tutte uguali per inviare

un curriculum che, troppo articolato, diventa

certificazione di inesperienza, dai "no grazie,

troppo vecchia", "no grazie, le faremo sapere",

"no grazie, troppo donna", è stupefatta dal

vuoto dentro e fuori che il lavoro,

scomparendo, ha lasciato.

Ma ha fortuna.

C'è chi la supporta e sopporta, perché non si

arrenda. Qualche piccolo lavoretto per salvare

dignità e uno sprazzo di autonomia. Poi un

paio di combinazioni favorevoli e il lavoro

ritorna. Giusto, protetto, retribuito, in regola.

Anni 41.

Un miracolo.

Tra pochi giorni tornerà in piazza con i suoi

compagni, la famiglia, gli amici, a festeggiare

il Primo Maggio.

Le bandiere rosse, la banda, le coccarde, la

gente, tutta quella gente, nella sua città, come

in tutte le altre, sono una festa, il momento

felice di un'unione sociale che le hanno

insegnato a rispettare e celebrare.

Negli incroci di sguardi, nei cori in una sol

voce, la storia di generazioni di lavoratori

prima della sua, nei pugni alzati e nei canti di

lavoro, la cultura di famiglia e un leggero

batticuore, che non è quello dell'amore, né

quello indotto dal fenomeno collettivo.

È altro, è oltre: un richiamo originario e

naturale al legame tra fratelli, tra compagni.

Un istintivo sapere che racchiude il sudore, il

dolore, l'orgoglio di chi è venuto prima, del

nostro e di chi verrà.

Otto ore di lavoro.

Così è cominciata la Festa.

Poi l'hanno controllata, vietata, repressa

nel sangue.

Ma tra meno di quindici giorni, dietro a uno

striscione, sventolando una bandiera, cantando

in coro, festeggeremo ancora il nostro lavoro,

noi stessi, i compagni al nostro fianco.

Al Primo Maggio ci sono sempre stata, da

ragazza, da giovane lavoratrice, da

disoccupata.

E dato che quella lavoratrice fortunata sono

proprio io, il Primo Maggio 2013 almeno una

domanda dovrò farmela.

"Un giorno di riposo diventa naturalmente un

giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro

cerca la sua corrispondenza in una festa de' sensi; e

un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la

coscienza delle proprie forze, a gioire delle

prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a

quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di

gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una

festa". A me oggi tutto questo è concesso.

Non sarà così per troppi giovani, più

giovani di me.

A prescindere dal disagio immediato e

quotidiano che tocca loro vivere, dalla

precarizzazione e dalla dequalificazione

Page 26: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

26

delle occupazioni, l'assenza di innovazione

industriale, piani formativi fittizi o scadenti,

l'impossibilità di accedere agli studi superiori

troppo onerosi, il mancato ricambio con le

generazioni "anziane" li costringono

all'ingresso ritardato nella vita sociale attiva e

alla forzata dipendenza economica dal

sostegno familiare.

Il limite della disoccupazione o

dell'occupazione di scarsa qualità, nel quale

sono costretti, ne decreta la futura bassa

professionalità, l'impossibilità di progettazione

privata e personale, un oggi e un domani

anch'essi precari e irregolari.

Cosa può muovere in loro quel "desiderio di

gioire per l'avvenire", come risvegliare in essi

la "coscienza delle proprie forze"?

Quali strumenti offrire loro per motivarne la

fiducia, quali nuove prospettive lavorative

immaginare o creare per accompagnarli non

solo all'autonomia, ma all'innegabile

nobilitazione data dal lavoro?

Non più le otto ore, l'obiettivo.

Forse i disoccupati ne sognano

anche solo qualcuna, retribuita

il giusto.

Forse non interessa loro neppure un contratto

indeterminato, purché professionalizzante e

riconosciuto. Nessun riconoscimento formale,

titoli o targhette sulla porta: forse basterebbe

loro non essere più definiti "troppo giovani",

"troppo vecchi", "troppo inesperti" che,

tradotto, significa poco interessanti, poco utili,

poco convenienti, poco "mobili".

"Lavoratori, ricordatevi il 1 maggio di far festa. In

quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei

loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai

padroni che, malgrado la distanza e la differenza di

nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono

tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e

conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto

a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva

l'Internazionale!"

L'ingresso, l'uscita, la permanenza nel mondo

del lavoro diventano solo parole, davanti a

porte sbattute o a risposte standardizzate.

Quale effetto potranno sortire, allora, parole

come "internazionale", "lotta", "avvenire"?

"Avanti, avanti, la vittoria è nostra

e nostro è l'avvenir;

più civile e giusta, la storia

un'altra era sta per aprir.

Su, lottiam! L’ideale nostro alfine sarà

l’Internazionale futura umanità"

Non posso non domandarmi cosa tanti giovani

senza lavoro possano ritrovare di se stessi nel

valore fondamentale che noi possiamo

permetterci di dare e dobbiamo dare a questa

“Festa”.

Quanto possano sentirsi partecipi se a loro è

negata la base per accedervi con pieno

diritto, se non ci guardino, mentre sfiliamo

nel nostro corteo colorato e vitale, con invidia

e antipatia, noi che il lavoro ancora l’abbiamo

o che, comunque, possiamo lottare per

conservarlo, mentre essi forse non lo cercano

nemmeno più.

Quanti di loro, nei nostri canti e nei nostri

slogan, riusciranno a trovare anche solo un

piccolo appiglio al quale ancorare la speranza

di un cambiamento reale, di un’opportunità, di

un progetto di futuro.

Sarà che sono un'emotiva e mi commuovo

ogni volta, ma sarà anche che ci credo, e quei

giovani compagni li vorrei in corteo,

quest'anno, il prossimo e i futuri, a festeggiare

finalmente il loro, di avvenire, senza il quale

anche il mio perde il proprio senso.

Un richiamo originario e naturale al legame tra fratelli, tra compagni. Un istintivo sapere che

racchiude il sudore, il dolore, l'orgoglio di chi è venuto prima, del nostro e di chi verrà.

DEBORAH LUGLI

Page 27: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

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Tortura, carceri, droghe: una campagna per tre leggi di civiltà In un recente studio sulle cause dei suicidi in

carcere, l’Osservatorio permanente sulle morti

in carcere ha affermato che “In Italia la

condizione di “legalità” delle carceri è venuta

meno”.

Secondo i dati del Ministero della Giustizia

aggiornati al 31 marzo del 2013 i detenuti

nelle carceri Italiane sono 65.831 (di cui

12.231 in attesa del primo grado di giudizio) a

fronte di una “Capienza regolamentare” di

47.045 posti.

In una situazione come questa appare

evidente che il “Regolamento di Igiene Edilizia

delle Strutture ad uso collettivo” del 1947

(avete letto bene: millenovecentoquarantasette) è

carta straccia, visto che le “celle singole”, la

cui misura è prevista in “8mq + 4 di bagno

annesso” sono spesso occupate da due o tre

persone.

Non è quindi un caso che la Corte Europea per i

Diritti Umani abbia condannato l’Italia, all’inizio

dell’anno, per trattamenti disumani e

degradanti, in relazione allo stato delle carceri.

Il lavoro nelle carceri, previsto come

obbligatorio dall’art. 20 della legge 354/75

sull’Ordinamento Penitenziario, si è

trasformato da diritto a “privilegio”

riconosciuto a poche migliaia dei 39.697

detenuti per condanna definitiva.

“Con questo quadro – conclude lo studio

dell’Osservatorio - è facile concludere che i

detenuti si uccidono a centinaia (e tentano di

uccidersi a migliaia) in primo luogo perché

percepiscono di non essere più portatori di

alcun diritto: privati della dignità e della

decenza, trascorrono la propria pena immersi

in un “nulla” senza fine”.

E infatti, dal 2000 al 2013, 766 detenuti non

ce l’hanno fatta e si sono uccisi.

E ancora: nel corso del 2012 sono entrati in

carcere circa 28.000 persone consumatori o

piccoli spacciatori di droghe; sono circa

15.000 i tossicodipendenti reclusi: assieme

formano il 50% della popolazione carceraria.

È assolutamente evidente che, per estendere

alla situazione carceraria lo stato di diritto, è

necessario affrontare il problema del

sovraffollamento e, per farlo, è necessario

intervenire sulla legislazione che criminalizza

l’uso individuale di sostanze stupefacenti.

Sono queste le motivazioni per le quali la FP

CGIL ha promosso, assieme a molte altre

organizzazioni che vanno dal Gruppo Abele ad

Antigone, la raccolta di firme su due proposte

di legge di iniziativa popolare sul

sovraffollamento delle carceri e sulla

depenalizzazione del consumo di droghe e

sulla riduzione del suo impatto penale.

Vi è poi una terza proposta di legge di

iniziativa popolare: l’introduzione del reato di

tortura nel codice penale.

La Costituzione ha bandito dal nostro Paese la

tortura. Purtroppo però il Codice Penale non

prevede il reato di tortura. Del resto, come

avrebbe potuto farlo visto che il nostro codice

penale risale al 1930 ed è stato promulgato a

firma dell’allora capo del Governo, cav. Benito

Mussolini?

I pubblici ministeri del processo per i fatti

avvenuti a Bolzaneto all’epoca del G8 di

Genova scrissero che nella caserma erano

state “…inflitte alle persone fermate almeno

quattro delle cinque tecniche di interrogatorio

che, secondo la Corte Europea sui diritti

dell'uomo, chiamata a pronunciarsi sulla

repressione dei tumulti in Irlanda negli Anni

Settanta, configurano 'trattamenti inumani e

degradanti’”.

I giudici nelle motivazioni delle sentenze di

condanna commentarono anche il fatto che

l'assenza di uno specifico reato

di tortura nell'ordinamento italiano ha

costretto i pubblici ministeri a riferirsi al reato

Page 28: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

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Taccuino

ROMA – 16 APRILE 2013

CGIL, CISL, UIL in piazza per gli ammortizzatori sociali

TORINO – 18 APRILE 2013

SCIOPERO E MANIFESTAZIONE REGIONALE CGIL CISL UIL

Porta Susa, ore 9.30 - P.zza Castello, ore 11.00

TORINO - 24 APRILE 2013

68° ANNIVERSARIO LIBERAZIONE

FIACCOLATA P.zza Arbarello, ore 20.30

PROVINCE DEL PIEMONTE

1 MAGGIO 2013

FESTA DEI LAVORATORI

di abuso di ufficio, non adeguato alle condotte

degli accusati ritenuti colpevoli, pur essendo

le loro azioni "pienamente provate" e potendo

esse "ricomprendersi nella nozione di ‘tortura’

adottata nelle convenzioni internazionali".

E il reato di abuso d’ufficio era prescritto

all’epoca della sentenza di secondo grado,

intervenuta solo nel 2010.

Credo non serva altro per sostenere come

introdurre il reato di tortura nel nostro

ordinamento penale sia segno di progresso e

civiltà democratica.

Lo scorso 9 aprile di fronte alle sedi dei

Tribunali di tutta Italia sono state raccolte le

firme sulle tre leggi.

In una sola mattina sono state raccolte circa

35.000 firme a livello nazionale.

A Torino, di fronte al Palagiustizia, 600 elettori

(non uso il termine cittadini perché

ultimamente è abusato), per la maggior parte

giovani mobilitati da un tam-tam sui social

network, hanno pazientemente aspettato in

coda per firmare le tre proposte di legge.

Credo sia un ulteriore riprova del fatto che nel

nostro Paese c’è voglia di buona politica: al

nuovo Parlamento il compito di non deludere

queste aspettative.

ITALO PEDACI

Page 29: PubblicoEFuturo - Num. 1- 16 aprile 2013

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Il blog di Rossana Dettori http://senza-pubblico-sei-solo.com.unita.it/

Il sito web della Funzione Pubblica Piemonte http://www.piemonte.fp.cgil.it/in-evidenza.asp

Il Sito della CGIL nazionale.... http://www.cgil.it/

...e quello della Funzione Pubblica nazionale http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1

Polizze Responsabilità civile per colpa grave http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22439

Corsi formazione ECM FAD http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/24531

Ai seguenti link è possibile scaricare slides informative

sui fondi previdenziali Perseo e Sirio http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/SIRIO-pensioni-Completo%20new.pdf

http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/PERSEO-pensioni%20-CompletoNew.pdf

Dichiarazione di sostegno alla proposta d'iniziativa dei cittadini europei. http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22740

DIGNITÀ E DIRITTI UMANI

Sostegno alla Campagna per tre leggi di civiltà: Tortura, Carcere, Droghe http://www.3leggi.it/dove-firmare-3/

Pubblico in Rete