LiberaMente - n.16 aprile 2013

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- - L ibera M ente Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.16 aprile 2013 APPROFONDIMENTO LA RESPONSABILITAÊ Nel passaggio storico-poli- tico che stiamo vivendo ci è sembrato naturale discutere della Responsabilità vissuta in tutte le declinazioni, valu- tando il suo impatto sulla so- cietà in ogni sua angolazione. Si passa infatti dalla respon- sabilità dei professori-forma- tori a quella dei genitori non soltanto biologici, per arri- vare anche a riflettere sulla nobile palestra dello Sport. Non mancano le consuete appassionate riflessioni spiri- tuali e quelle dei „nostri‰ ra- gazzi che con puntualità ed orgoglio ci introducono in un cammino valoriale profondo ed edificante. Ci permet- tiamo poi di salutare con gioia il ritorno alla scrittura in prima persona del nostro di- rettore responsabile e di pre- sentarvi riflessioni sulla pazienza e sullÊondata di vio- lenza che sta colpendo la no- stra città. Buona lettura a tutti! L’ASSOCIAZIONE Prevenzione in rete pag.21 Progetto RELI pag.23 Dal teatro alla vita pag.24 Varietà di vita pag.25 LÊAlba pag.26 - 1 - I media e lÊopinione pag.5 AL CENTRO L’abilità di rispondere di se stessi di Ramona Barbieri Vengo da un luogo. Non lontano. Un luogo che si inerpica su una roccia fatta di speranze e ri- cordi. Soltanto quando ti capita di entrarci, anche per caso, ti rendi conto di tutto quello che prima poteva sembrarti invisibile. Un luogo che ti re- stituisce Te e la responsabilità di essere vivo, qui, sulla faccia delle terra, nonostante tutto, nono- stante le guerre, le malattie, la cattiveria, la poli- tica non più politica e la crisi sempre più dilagante ma sempre meno crisi. Ma tu hai la Re- sponsabilità del fatto che ci sei. E non ti rendi conto di avere la Responsabilità di chi ti è ac- canto. Non importa se quellÊaccanto ti è cono- sciuto/ siamo tutti parte di un tutto. Che è la nostra vita, il nostro mondo, infinitamente pic- colo e mortale. A questo punto ti accorgi che lamentarti non ti serve a niente. Che la crisi non è un omone cat- tivo che allÊimprovviso è venuto a farti del male. No. Che la politica, o meglio i politicanti, non sono lì, in quello stanzone pieno di sedie rosse per opera e virtù dello spirito santo. No. Che i soldati non sono di legno e le guerre non sono un videogioco. Che la Fame nel mondo è fame solo perché tanti altri mangiano fino ad esplo- dere. Per poi mettersi a dieta perché qui, dalle nostre parti , sei bella se si vedono le ossa, se si vedono i muscoli/ mentre lì. Ah, lì le ossa sono vive/ e i muscoli servono per guadagnarsi pochi spiccioli per sfamare chi muore dalla voglia di sol- tanto una delle nostre briciole. E ti guardi nello specchio e dai la Responsabilità della cattiva giornata a quellÊombrello aperto in casa o al tuo passaggio sotto una scala. E del tuo malumore è Responsabile tua suocera che ha dormito da te la sera prima o il tuo consorte che ti ha, a sua volta fatto responsabile della Sua di cattiva giornata dimostrando il suo diniego non rivolgendoti la parola di prima mattina. E poi quando ti viene chiesto perché ti ubriachi la sera o perché hai bisogno di una striscia di co- caina/ Ah, allora sì che la Responsabilità è del tuo paese. Sì, perché IL PAESE o LA CITTAÊ sono esseri animati che decidono di mettersi con le braccia conserte e fissarti annoiarti e lamen- tarti continuamente perché qui o lì non si fa

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LiberaMente il bimestrale dell'Associazione La Casa sulla Roccia - Centro di Solidarietà

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--LiberaMenteIl bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.16 aprile 2013

APPROFONDIMENTO

LA RESPONSABILITAÊ

Nel passaggio storico-poli-tico che stiamo vivendo ci èsembrato naturale discuteredella Responsabilità vissutain tutte le declinazioni, valu-tando il suo impatto sulla so-cietà in ogni sua angolazione.Si passa infatti dalla respon-sabilità dei professori-forma-tori a quella dei genitori nonsoltanto biologici, per arri-vare anche a riflettere sullanobile palestra dello Sport.Non mancano le consueteappassionate riflessioni spiri-tuali e quelle dei „nostri‰ ra-gazzi che con puntualità edorgoglio ci introducono in uncammino valoriale profondoed edificante. Ci permet-tiamo poi di salutare congioia il ritorno alla scrittura inprima persona del nostro di-rettore responsabile e di pre-sentarvi riflessioni sullapazienza e sullÊondata di vio-lenza che sta colpendo la no-stra città. Buona lettura atutti!

L’ASSOCIAZIONEPrevenzione inretepag.21

Progetto RELIpag.23

Dal teatroalla vitapag.24

Varietà di vitapag.25

LÊAlbapag.26

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I media elÊopinionepag.5

AL CENTROL’abilità di rispondere di se stessi

di Ramona Barbieri

Vengo da un luogo. Non lontano. Un luogo chesi inerpica su una roccia fatta di speranze e ri-cordi. Soltanto quando ti capita di entrarci, ancheper caso, ti rendi conto di tutto quello che primapoteva sembrarti invisibile. Un luogo che ti re-stituisce Te e la responsabilità di essere vivo, qui,sulla faccia delle terra, nonostante tutto, nono-stante le guerre, le malattie, la cattiveria, la poli-tica non più politica e la crisi sempre piùdilagante ma sempre meno crisi. Ma tu hai la Re-sponsabilità del fatto che ci sei. E non ti rendiconto di avere la Responsabilità di chi ti è ac-canto. Non importa se quellÊaccanto ti è cono-sciuto⁄ siamo tutti parte di un tutto. Che è lanostra vita, il nostro mondo, infinitamente pic-colo e mortale. A questo punto ti accorgi che lamentarti non tiserve a niente. Che la crisi non è un omone cat-tivo che allÊimprovviso è venuto a farti del male.

No. Che la politica, o meglio i politicanti, nonsono lì, in quello stanzone pieno di sedie rosseper opera e virtù dello spirito santo. No. Che isoldati non sono di legno e le guerre non sonoun videogioco. Che la Fame nel mondo è famesolo perché tanti altri mangiano fino ad esplo-dere. Per poi mettersi a dieta perché qui, dallenostre parti , sei bella se si vedono le ossa, se sivedono i muscoli⁄ mentre lì. Ah, lì le ossa sonovive⁄ e i muscoli servono per guadagnarsi pochispiccioli per sfamare chi muore dalla voglia di sol-tanto una delle nostre briciole. E ti guardi nello specchio e dai la Responsabilitàdella cattiva giornata a quellÊombrello aperto incasa o al tuo passaggio sotto una scala. E del tuomalumore è Responsabile tua suocera che hadormito da te la sera prima o il tuo consorte cheti ha, a sua volta fatto responsabile della Sua dicattiva giornata dimostrando il suo diniego nonrivolgendoti la parola di prima mattina.E poi quando ti viene chiesto perché ti ubriachila sera o perché hai bisogno di una striscia di co-caina⁄ Ah, allora sì che la Responsabilità è deltuo paese. Sì, perché IL PAESE o LA CITTAÊsono esseri animati che decidono di mettersi conle braccia conserte e fissarti annoiarti e lamen-tarti continuamente perché qui o lì non si fa

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mai niente⁄ Allora ci vuole un poÊ di vita, una canna fumata conil tuo compagno per poterti fare due risate in più o qualunque altracosa possa rendere quel Paese o quella Città meno pallose.E così la tua vita va avanti. A cercare le Responsabilità ovunquemeno che in te stesso. Eppure esiste un „mezzo del cammin‰ per tutti, un momento incui la nostra „selva oscura‰ ci obbliga a fare i conti con tutte quelleResponsabilità altrui e altrove che ci hanno invece appartenuto dasempre. Lì ti trovi al bivio più importante. O decidi di rimaneresulla tua strada e allora vivi la tua ingovernabilità pensando che do-potutto gli occhiali da sole stanno bene anche a te, e ti vesti di qua-lunquismo, dimenticandoti anche che la tua presenza sulla facciadella terra è solo una parte infinitesima di un eternità fatta di tue

discendenze. Oppure scegli di ritornare sulla „diritta via‰. Per quanto possa farmale, per quanto difficile possa essere scegli di assumertele, final-mente, quelle Responsabilità. E lo fai con tutto te stesso, nei limitidellÊessere Umani, ma con la certezza che il domani non ti appar-tiene. E guardi quegli occhi, gli occhi di tua figlia, gli occhi dei tuoi figli ecapisci che la maggiore Responsabilità che abbiamo su questa Terraè quello che loro vedono quando ci guardano, quando ci ascoltano,quando ci sentono amarli. E non importa se con te una dozzina diuomini hanno fatto la scelta giusta, no. Importa solo che non si èsoli per strada.

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Le nuove configurazioni familiari, la com-plessità sociale ed i nuovi rischi ai quali lafamiglia va incontro inducono a veicolareuna particolare attenzione al ruolo genito-riale.Il termine genitorialità definisce la com-plessa funzione psichica , fisica, sociale, cul-turale e affettiva che accompagna ilprocreare umano , determinando lÊattitu-dine dellÊadulto ad amare, curare, proteg-ger, far crescere e sostenere un uomo nato,lungo le differenti fasi del suo sviluppo.(Di-zionario di Servizio Sociale – CarrocciFaber)Oggi capita spesso di conoscere coppie chehanno adottato un bambino o di conoscerepersone che tentano la strada della procrea-zione medicalmente assistita pur di averneuno.Allora la domanda è: ma la genitorialità„adottiva‰ corrisponde in qualche modo aquella biologica ?Se si riconosce che il legame genitoriale èfondato sullÊaffetto e non sulla fisicità , nonvi dovrebbero essere differenze.La parola genitore ci introduce al di là dellaquestione della consaguinietà , a quella cheLevi Strauss -Antropologo Francese - defi-nisce struttura di parentela acquisita attra-verso la filiazione .la filiazione è il riconoscimento sancito daun atto ufficiale da parte di un uomo e diuna donna di un nuovo soggetto, sia esso

adottato, partorito o ricevuto attraverso lebiotecnologie, che fa di una coppia unpadre e una madre , e si avvia cosi il legamedi parentela.Da questo momento , dunque ci sÊinterrogasu cosa sia la genitorialità, o meglio sulla re-sponsabilità genitoriale.E proprio le incertezze educative , nellescelte dei modelli e dei metodi da adottareci induce a pensare : ma sarò allÊaltezza delcompito? Sarò un bravo genitore⁄⁄⁄.?Winnicott sin dal 1975 stabilisce un con-cetto chiave al quale , tutte le madri si do-

vrebbero uniformare, ossia la sua idea eradi madre passabile o sufficientementebuona, evidenziando così chiaramente cheil genitore non è infallibile nel compito edu-cativo , e che la capacità genitoriale consi-sterebbe nel compensare con nuoviinterventi gli eventuali errori commessi, ri-conoscendo tuttavia la possibilità di sba-gliare nuovamente.Non si deve pensare che le capacità genito-riali vengano acquisite spontaneamente findalla nascita del figlio, secondo gli sudi diStern (1995) sulle madri in gravidanza, si ri-

La genitorialità adottiva equivale alla genitorialità

biologica?di Laura Torelli

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leva come durante la gestazione , la donnaporti aventi tre discorsi diversi:• Quello con sua madre,• Quello con se stessa in quanto fi-glia,• E quello con se stessa in quantofutura madre.LÊesito di tali discorsi sarà collegato alle fu-ture cure che la madre offrirà al propriobambino.Genitori pertanto, si diventa attraversolÊesperienza , lÊimpegno , la disponibilità amodellare le proprie abitudini di vita rispet-tando anche le esigenze dei figli , e non di-menticando che lÊessere genitore è per tuttoil ciclo di vita.Credo che lÊessere genitore rientra in unprogetto di educazione permanente, allaquale i figli sono chiamati a partecipare, co-struendo un modello interattivo con ilmondo familiare e con tutto il sistema so-ciale prossimo alla famiglia.Il legame genitoriale è fondato sullÊaffetto,sulla condivisione e non sulla fisicità ,va ri-cordato però che la genitorialità adottiva sitrova ad affrontare compiti più ardui ri-spetto a quella biologica, in quanto nasce-

rebbe da unÂesperienza di vuoto, di priva-zione della gravidanza per la coppia ,e diprivazione di una famiglia per il bambino,tale assenza dovrà essere riconosciuta edelaborata .Solo così si potrà cogliere la dimensione didoppia nascita: diventare genitore, e per ilbambino diventare figlio.Dunque una doppia rinascita che porta conse un bagaglio di emozioni e di bisogni dadover far convogliare univocamente nellacostruzione di una famiglia; ma la peculia-rità della genitorialità adottiva si situerebbenellÊaccettazione di un bambino nato daaltri come figlio proprio, senza per questocadere nella tentazione di cancellare la suastoria, bensì riconoscendosi appartenentialla comune storia familiare pur nella con-sapevolezza della diversità delle origini.Pertanto il punto centrale è che adottaredei bambini, sentendoli e trattandoli comeveri figli, significa riconoscere che il rap-porto tra genitori e figli non si misura solosu parametri genetici, infatti oggi cÊè unavisione della genitorialità ben diversa , nonpiù fondata sulla trasmissione biologica edereditaria ma su un legame affettivo che si

costruisce cementandosi giorno pergiorno nel percorso adottivo.Dunque si potrebbero scrivere tante altrecose ma ho pensato di concludere con letoccanti e semplici parole che Papa Gio-vanni II utilizzo il 5 Settembre del 2000 ,ricevendo un gruppo di genitori adottivi:„LÊamore che genera lÊadozione è innanzi-tutto dono di sé⁄⁄.. lÊaccoglienza, la pre-mura e la dedizione con la quale si cresceun bambino e il rapporto che ne scaturi-sce sarà così intimo e duraturo , da nonessere per nulla inferiore a quello fondatosullÊappartenenza biologica.Quando esso, come nellÊadozione , èanche giuridicamente tutelato, in una fami-glia stabilmente legata dal vincolo matri-moniale, esso assicura al bambino quelclima sereno e quellÊaffetto, insieme pa-terno e materno , di cui egli ha bisognoper il suo pieno sviluppo umano‰-Pertanto in bocca al lupo a tutti quelli che,come me hanno deciso di intraprendere latortuosa ma tanto affascinante strada dellagenitorialità

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COLOMBIA

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Tempi precari: la creativitàci salverà dalla crisi economicadi Francesca Fasolino

LÊattenzione rivolta negli ultimi anni ai grandi temi della finanzamondiale ha portato ad unÊinclinazione particolare del pensieroeconomico. Una nuova filosofia, impegnata nella risoluzione delleproblematiche inerenti al sistema economico nel suo complesso,si è fatta lentamente spazio sul palcoscenico internazionale. Redditonazionale, consumo nazionale privato, spesa pubblica, sono soloalcuni dei concetti analizzati dagli economisti, alla ricerca di tesiprobabilistiche che permettano di tracciare la strada della ripresa.Basta pensare al ruolo da protagonista che lo spread ha negli ultimidue anni assunto nel nostro Paese.LÊimportanza riconosciuta alle variabili aggregate ha portato peròad un graduale allontanamento dai problemi legati al singolo indi-viduo e al ruolo di operatore economico che questi ha nella società.Si è persa infatti di vista la quotidianità e con essa i bisogni con-tingenti per ogni individuo. In Italia, dal 2008 ad oggi, sono oltre48mila le aziende che hanno chiuso i battenti. Le piccole e medie

imprese italiane non hanno retto il peso della crisi economica. Ab-bandonate al loro destino, sono rimaste schiacciate dalla logica delrischio imprenditoriale e dallÊassenza di politiche economiche adhoc costruite. Particolarmente critica, inoltre, è la situazione al Sud. Il processodi industrializzazione selvaggia degli ultimi decenni ha inciso sullavocazione originaria delle terre meridionali dedite, per antonoma-sia, allÊagricoltura, allÊartigianato, alle tradizioni enogastronomiche.La crisi delle arti manuali, fomentata anche dal mito della laurea,ha creato un buco nero destinato a sfociare, nei prossimi anni, inun inevitabile salto generazionale. La struttura del pensiero econo-mico dominante ha portato ad un lento ma incisivo allontanamentodai problemi socio-economici affini al singolo individuo. LÊattualeimpostazione sembrerebbe dunque complice della stasi in cui daoltre quattro anni si è scivolati. Da dove, quindi, ricominciare? Perrisorgere dalle ceneri della crisi, occorre innanzitutto ripartire daisingoli soggetti economici e dalla loro attività. LÊattuale crisi non èsoltanto economica, ma è anche umana, morale, sociale. Possiamoparlare di una crisi dellÊindividuo e dellÊessere che, privato della suadimensione, attualmente vaga alla ricerca della propria entità. Sol-tanto riportando lÊessere umano e le sue idee al centro del discorsosocio-economico, sarà possibile plasmare le fondamenta su cui in-tessere la tela della ripresa economica.EÊ necessario dunque puntare sullÊindividuo e sulla sua creatività.La chiave di volta sta nel rispolverare il potenziale umano, datroppo tempo inespresso, e riscoprirlo nella sua intimità.

Dalla stampa ainternet, i mediae lÊopinione pubblicadi Enza Petruzziello

Quarto potere docet. Era il 1941 quando Orson Welles mostravasul grande schermo il potere dei media nellÊinfluenzare lÊopinionepubblica. In quel caso era la stampa. Sono passati 70 anni e da al-lora nello scenario mediatico molto è cambiato. LÊavvento della te-levisione prima, di internet poi. Nel 1994 grazie allÊinfluenza dellasue tv, Silvio Berlusconi è sceso in politica sbaragliando gli avver-sari. Nel 2013 grazie al web e ai social network Beppe Grillo e ilsuo Movimento 5 Stelle ha trionfato nelle elezioni politiche. I media influenzano le opinioni ogni giorno. E lo fanno volontaria-mente e involontariamente. Perché la conoscenza del mondo vienesempre più affidata ai giornali, radio, televisione, internet. Non si può negare che lÊinformazione giornalistica nel processo dicreazione di un „clima dÊopinione‰ abbia un ruolo insostituibile. Imedia hanno una responsabilità nella manipolazione dellÊopinionepubblica soprattutto per quello che non dicono. La responsabilitàdei media dovrebbe sempre rispettare il diritto di libertà di diffu-

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sione; prevenire o limitare i danni agli individui o alla società deri-vanti dalla diffusione di particolari contenuti; promuovere gliaspetti positivi della diffusione, limitandone gli aspetti restrittivi.Non sempre è così. E ciò che viene pubblicato, mandato in ondao nellÊetere è frutto di ragionamenti che non sempre sono al servi-zio del cittadino.ÿIl ruolo dei giornalisti diventa sempre più importante in questoprocesso di „nuova comunicazione‰ – ci spiega Alfredo Picariellocaporedattore di Piueconomia.it -. Il giornalista deve essere attentoa tutto, in particolare alla veridicità delle fonti, visto che oggi, suInternet, cÊè una diffusione di notizie incontrollata e, spesso, in-controllabile. Spetta a noi, dunque, essere i giusti mediatori tra lanotizia e lÊopinione pubblica. Il fine ultimo deve essere il rispettodel cittadino il quale ha diritto di essere informato in maniera giustaed esatta, senza filtri e condizionamenti. Il ruolo dei giornalisti edei giornali è mediare tra la fonte e il fruitore. Nulla di più. Com-menti ed altro vanno inseriti a parte, non bisogna influenzare il let-

tore. Occorre avere rispetto massimo di chi segue i giornali. Il cit-tadino, il lettore, oggi è molto più attento rispetto al passato. LÊin-formazione deve essere libera da condizionamenti. La nostraredazione ci prova ogni giorno. Ogni giorno ci scontriamo con mec-canismi che, a volte, potrebbero farci sviare dal nostro dovere. Manoi cerchiamo di resistere a tutti i costi. Lo dimostra anche lÊac-cordo ultimo con affaritaliani.it, terzo portale nazionale on line, at-tivo dal 1996: un esempio di giornale libero ed indipendente, peril quale curiamo la pagina campana. EÊ lÊaccordo tra due realtà chevogliono continuare a fare giornalismo vero, sano, dÊinchiesta, conla notizia al primo posto, sempre e comunqueŸ.

Proprio a marzo la redazione irpina di piueconomia.it ha infatti si-

glato la partnership con il sito dÊinformazione affaritaliani.it. La

squadra di giovani giornalisti curerà la pagina campana del quoti-

diano on line. LÊobbiettivo per loro è il lettore, unico vero padrone.

LA PAZIENZA:CHE FINE HAFATTO?di Giuseppina Del Matsro

Cari lettori, abbiamo perso la capacità di fare le cose con calma.Pretendiamo che tutto funzioni in fretta, in modo efficiente e comevogliamo noi.Vi è mai capitato di vedere persone perdere la pazienza quandosono imbottigliate nel traffico o devono fare la fila?Stando ad alcuni ricercatori, negli ultimi anni molti sono diventatimeno pazienti a causa della tecnologia. Infatti è proprio questÊul-tima la causa principale che sta trasformando la nostra vita, daicellulari alle macchine fotografiche passando per le e-mail e gliiPod, aumentando la nostra fame di gratificazione immediata inaltri aspetti della vita. Alcuni sostengono che scrivere e-mail sia indeclino e che presto diventerà obsoleto. Il motivo è che spesso chiinvia un messaggio non ha la pazienza di aspettare alcune ore, eneppure alcuni minuti, prima di ricevere risposta. Inoltre le e-mailsono un poÊ come le lettere, di solito ci si aspetta che inizino e fi-niscano con le formule di cortesia o di saluto. Ma per molti questesono formalità, tediose e una perdita di tempo. Preferiscono ricor-rere ai messaggi istantanei che non seguono lo stesso protocollodelle e-mail. Sembra proprio che le persone non abbiamo tempoper la cortesia. Molti non si prendono il tempo di rileggere ciò che

scrivono e finiscono per mandare lettere o e-mail piene di errori,o magari le inviano al destinatario sbagliato.La smania di risultati immediati non si riscontra solo nel mondodelle comunicazioni digitali. La gente sembra incapace di aspettareanche in altri ambiti. Ad esempio, vi è mai capitato di notare chestavate parlando, mangiando, guidando o facendo acquisti troppoelocemente? La manciata di secondi passata ad aspettare che arrivilÊascensore, che il semaforo diventi verde o che il computer si avviipuò sembrare unÊeternità. Si diventa impazienti anche nel leggerelunghi testi stampati. Il motivo è che siamo abituati a navigare ra-pidamente in internet, dove scorriamo in fretta le pagine nel ten-tativo dio arrivare il più presto possibile al punto che ci interessa.La nostra è diventata la cultura della gratificazione immediata; pre-tendiamo che tutto funzioni in fretta, in modo efficiente e comevogliamo noi. Quando ciò non accade diventiamo sempre più in-sofferenti ed irritabili, il che è segno di impazienza.Immaginate questa scena: un uomo è al volante su una strada condivieto di sorpasso. Alla guida dellÊauto davanti cÊè un donna cheprocede a velocità leggermente ,inferiore al limite consentito. Maper lui va troppo piano. Dopo averla tallonata pericolosamente perqualche minuto, si spazientisce e la sorpassa ad alta velocità. Nelfarlo infrange il codice della strada e rischia di causare un incidente.E che dire di chi non ha la pazienza necessaria per lavorare concolleghi meno efficienti o brillanti di lui (o di lei)?O di chi non riesce ad aspettare lÊascensore senza premere conti-nuamente il bottone? Probabilmente di tanto in tanto capita aa tuttidi essere impazienti.Ma quando perdere la pazienza diventa unÊabitudine quotidiana leconseguenze possono essere serie. In conclusione, la pazienza: chefine ha fatto? Non sono in grado di dare una risposta esaustiva, adogni modo i fatti sembrano indicare chiaramente che può esserenociva. P.s. grazie per avermi dedicato un poÊ della vostra pazienzaa leggere lÊarticolo

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Massimo CacciariSulla responsabilità individualeEditore, Servitium

˚ evidente: il concetto di 'responsabilità' hadirettamente a che fare con l'atto di 'rispon-dere'. La radice del termine, infatti, attiene allasfera religiosa, ossia al 'sacrum facere'. Questo per sottolineare come la nostra vo-lontà di risposta metta in gioco tutto il nostro'esserci'; insomma, non di una risposta qual-siasi ad una domanda qualsiasi si tratta, ma

di una promessa che per noi, ad un certo punto, diventa davvero ine-ludibile. A tutto ciò allude il significato originario del termine 'responsabilità'"

Lise BourbeauResponsabilità, Impegno e Sensi di ColpaEditore, Amrita

„Che cosÊè che ci fa sentire colpevoli senon riusciamo a far fronte ai nostri moltiimpegni?‰„Perché chi mantiene le sue promessesÊimbatte spesso in chi fa il contrario?‰„Perché ci si fa carico di tante cose, più diquante si riesca di fatto a reggerne?‰„Come ci si libera dai sensi di colpa?‰

„Come si impara a dire di no?‰Queste e molte altre domande trovano risposta in un libretto pre-zioso, che ci aiuterà a riconoscere ciò di cui siamo davvero re-sponsabili da ciò di cui ci facciamo carico senza ragione.

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l’APPROFONDIMENTO

Stato e cittadino:a chi tocca la responsabilitàpiù grande?Una questione decisiva per le nostredemocrazie, ma senza più puntifermidi Luigi Numis

Discutere del rapporto fra Stato e cittadino e delle conseguenti responsabilitàinterconnesse è operazione assai multiforme e delicata. Un argomento cheda secoli impegna politologi, sociologi e studiosi delle umane consorterie.Un argomento che con il passare del tempo diventa sempre più complesso,logica conseguenza della complessità crescente delle società contemporanee.Un tempo, non tanto tempo fa, diciamo nel ventesimo secolo (e soprattuttoa partire dal secondo dopoguerra fino alla fine del secolo), la questione erapiù agevole e lineare, almeno nella vecchia Europa. Lo Stato molto spessogarantiva al cittadino lÊuniversalità di servizi e prestazioni, dalla scuola allÊas-sistenza, dai servizi generali al lavoro, sia nei paesi a socialismo reale sia nelledemocrazie liberali, questÊultime viepiù socialdemocrazie. Senza volerci ad-dentrare adesso nelle differenze di sistema caratterizzanti i due blocchi (Ovestdemocratico – Est totalitario), il cittadino risarciva lo Stato attraverso il paga-mento di tasse più o meno elevate e assicurando la difesa nazionale in lunghiperiodi di servizio militare. Poco altro prevedeva il meccanismo. Oggi invece,in ragione (o in torto?) dei nuovi orientamenti politici (crollo del muro e delregime sovietico, fine di una ideologia, trionfo delle altre), economici (liberismosempre più spinto) e sociali (trasformazione del concetto di cittadinanza e deidiritti sociali), il rapporto si è frantumato in molti pezzi, o sotto-rapporti, cia-scuno teoricamente e praticamente dipendente dallÊaltro e quindi pur semprenecessitante di un insieme coeso. Ma è proprio la coesione dÊinsieme chestenta a intravvedersi. Pertanto questa nuova modalità, spesso applicata inmaniera raffazzonata e distorta, finisce regolarmente col deludere le aspet-tative dei cittadini e tramutarsi in una vera e propria crisi di fiducia, che nonrisparmia le istituzioni. In generale, e per semplificare un tema assai compli-

LA RESPONSABILITAÊ

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cato, potremmo considerare chi sostiene chenellÊultimo decennio la crisi delle democrazie oc-cidentali, con tutto quel che ne consegue in terminidi credibilità e rispetto istituzionale, sia dovuta es-senzialmente ad un deficit della forma di governo.Seguendo tale interpretazione la soluzione an-drebbe ricercata in un processo di trasformazioneistituzionale. E così, in Italia come in molti altripaesi, il problema viene banalizzato a dibattito sulsistema elettorale. Alla base vi è lÊidea che lÊintro-duzione di un nuovo sistema di ripartizione e pre-miazione delle forze politiche potrebbe favorireprocedure decisionali più efficaci ed efficienti. Madavvero un nuovo, e magari più adeguato, sistemaelettorale potrebbe risanare (anche) la frattura frapolitica e società civile? Quella frattura che ad ogniconsultazione elettorale appare più ampia e pro-fonda? Davvero tutto potrebbe risolversi con uncambiamento del protocollo fermo restando gli ef-fetti finali? Sinceramente crediamo di no. Since-ramente crediamo che la soluzione prospettata, ein parte realizzata, da alcune forze politiche di ar-rivare ad un poco rassicurante Stato minimo (ecioè forse tornare allÊepoca tardo-medievale⁄),

con una drastica riduzione dei suoi compiti innome di una più marcata autonomia dellÊindividuoe della società civile, contenga sì elementi di rifles-sione, ma pure il rischio fortissimo di una nuovaimplosione sociale; dÊaltronde, la politicizzazionedelle domande sociali riconduce tutto, necesse est,nellÊalveo statale, ed è poco realistico (nonchémolto pericoloso) lavorare per una netta inver-sione di tendenza.E se invece rimanessimo inalterati i meccanismielettorali e mutassimo quelli di utilizzo e distribu-zione delle risorse? Se insomma lo Stato tornassea fare il regolatore (dellÊeconomia e dei servizi) enon solo lÊosservatore neutrale? Forse i cittadinipotrebbero (ri)sentirlo più vicino e viverlo come unalleato contro le intemperie della globalizzazionee delle crisi periodiche, e non come unÊentitàastratta e maligna presente solo quando cÊè da ri-scuotere tasse e balzelli, per obbedire del resto adaltre entità astratte e sostanzialmente onnipo-tenti⁄Prendiamo lÊesempio delle banche, così riveritedalla politica responsabile e così vituperate dai ri-sparmiatori e dai cittadini irresponsabili. In tempi

di crisi economica come quelli attuali, che i dotto-roni dellÊeconomia stanno puntualmente stu-diando mentre i malati stanno puntualmentemorendo, la mancanza di lavoro atterrisce lÊanimoumano e lÊangoscia attanaglia la mente, bloc-cando ogni possibile capacità di reazione e inven-zione, mentre è proprio di questi lampi cheavremmo disperato bisogno. Pensiamo allora perun attimo e per ipotesi, al momento, ancora as-surda, ad una reazione collettiva (o popolare, perdirla in termini sinistroidi). Le banche non prestanopiù i nostri soldi? Benissimo, ritiriamoceli tutti perun poÊ e mettiamoli sotto il materasso. I nostri ma-terassi migliorerebbero di poco la loro morbidezza.Ma che ne sarebbe delle banche? „Francamenteme ne infischio‰, risponderemmo di impulsoemulando quellÊirresponsabile rinnegato di RhettButler di „Via col vento‰, ma cerchiamo di essereragionevolmente responsabili. Responsabili o no,non si può negare che il comportamento dei ban-chieri profila un abuso del potere economico dicui sono detentori. E lo Stato osservatore, il go-verno, che fa per tutelare i cittadini? Osserva, ap-punto, informandoci che non è possibile obbligare

con la coercizione gli istituti di credito a fare il loro dovere economico e sociale,cioè prestare i soldi (dovere economico) con tassi accessibili (dovere sociale).EÊ evidente allora come in questa situazione di impasse due elementi su tuttisarebbero determinanti per uscirne: la consapevolezza delle responsabilitàpersonali e la presenza dello Stato. Se vengono meno, come stanno venendomeno, queste due consapevoli presenze, la democrazia diventa un conteni-tore vuoto, una parola buona solo per i messaggi presidenziali di fine anno,e quelli che dovrebbero essere i suoi maggiori epigoni, cioè governo ed entieconomici, vengono irresponsabilmente meno ai loro doveri. La domandaallora, senza più condizionale, diventa: che ne sarà dei cittadini? Riduzione asudditi. Infatti, come definire diversamente chi è soggiogato ad unÊautoritàindifferente e non eletta da nessuno senza alcuna possibilità di modificare irapporti di potere? Come definire diversamente chi subisce il taglio indiscri-minato dei servizi pubblici essenziali, nascosto dietro lÊelegante espressioneinglese spending rewiew e giustificato come taglio agli sprechi? Come definirechi viene punito per quello che altri intoccabili hanno combinato? Se, comescrive il politologo americano Robert A. Dahl, perché si possa considerarepienamente democratico „uno Stato deve garantire: diritti, libertà e oppor-

tunità di effettiva partecipazione; uguaglianza di voto; la capacità di acquisireuna sufficiente conoscenza delle scelte politiche e delle loro conseguenze; imezzi attraverso cui il corpus dei cittadini possa mantenere un adeguatocontrollo sullÊagenda delle decisioni e delle politiche del governo‰, con qualesforzo di immaginazione possiamo considerarci cittadini a pieno diritto?Senza immaginazione non cÊè salvezza, scriveva lo storico dÊarte Giulio CarloArgan riferendosi al mondo quotidiano plasmato dagli uomini e non allÊarte,e a noi ne servirebbe una grande quantità per uscire dalla finanziaria preve-dibilità dei tempi.Che poi il perpetuarsi della negazione dei diritti potrebbe comportare lo scio-pero dei doveri, deve sembrare ai nostri governanti eventualità remota e as-surda, non rendendosi conto che invero la disobbedienza è già cominciata;forse abituati alla disobbedienza (fiscale ad esempio) dei ricchi, non si stannoaccorgendo dei comportamenti sempre più sociopatici di tutti gli altri. La violazione sistematica del patto sociale e lÊindifferenza drammatica delsuddito, questo è il destino che ci aspetta se non decidiamo di riprenderci latitolarità dei nostri sacrifici e delle nostre vite, se non riprendiamo con vigorele redini del cavallo imbizzarrito. Il cavallo di Caligola (come lÊigienista dentale

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del presidente) può anche essere nominato senatore, ciò non vuol dire chepoi può decidere per noi⁄Ma possiamo riabilitare le nostre qualità sociali e di cittadinanza senza lÊaiuto

dello Stato? Questa è la domanda che paradossalmente fanno i cultori delnon-Stato. Certo che possiamo, lo Stato siamo noi.

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Il mondo della scuola rappresenta lÊambitoin cui i giovani imparano a convivere conlÊambiente esterno, „non protetto‰, se-guendo diritti e doveri. Ciò che il mondoesterno chiede ai giovani è lÊacquisizione dicompetenze e conoscenze ed un migliora-mento della propria personalità quindi istru-zione ed educazione. I due termini però nondevono essere considerati separati; non di-mentichiamo infatti che lÊeducazione è „tirarfuori‰ ciò che lÊindividuo ha dentro e devemostrare a se stesso. Quindi nella scuolaemergono, si selezionano e si sviluppanotutte quelle competenze tecniche, culturali,relazionali necessarie per la crescita dellÊin-dividuo. Il vero cuore del servizio scolasticoè lÊetica, o meglio intreccio tra etica e cul-tura. Ogni persona che insegna, infatti, tra-smette non soltanto delle informazioni, dellenozioni, degli strumenti tecnici ma anche unmodo di porsi di fronte agli altri soggetti, difronte alle regole, di fronte alle difficoltà, difronte alle idee e ai valori, quindi orienta,guida, sostiene lÊallievo, investendo su di luitutto il suo operato.Per tale motivo agli insegnanti è richiestoformazione permanente e unÊetica della re-sponsabilità vista come investimento per lÊal-tro (il giovane) e per il suo futuro.Ogni docente deve infatti essere consape-vole del ruolo professionale di cui è investitoassumendolo con piena responsabilità. Inche modo? Mettendosi sempre in discus-sione e praticando lÊautovalutazione. Infattiinsieme al dovere dellÊapprofondimento è al-trettanto rilevante il dovere verso lÊautovalu-tazione come strumento per correggere emigliorare la propria azione educativa. Ilprimo dovere di ogni docente è quello di ap-profondire ed adeguare il proprio bagagliodi conoscenze e competenze definite in teo-riche (cultura generale di base, specifico di-sciplinare, didattica generale e disciplinare,

teorie della conoscenza e dei processi co-municativo – relazionali, tecnologie della co-municazione), operative (progettazione,attività di valutazione, uso degli strumenti diverifica) e sociali (relazione e comunica-zione). Inoltre ogni docente deve predisporree proporre ogni suo intervento educativo inmodo obiettivo e complessivo e per tale mo-tivo è importante che sostenga i valori delmerito e della competenza. Il valore del me-rito deve essere sostenuto e accompagnatoda altri due valori: la solidarietà e l'emula-zione positiva (infatti le azioni positive deicompagni, i loro successi, possono, devonospingere ad una emulazione costruttiva). Manon solo! Importante responsabilità è anchela valutazione. La valutazione è un momentoimportantissimo nella relazione educativa: èimportante per imparare, è importante per-ché attraverso di essa si comunicano impli-citamente dei valori (come quello dellagiustizia), è importante per capire come sidebba e si possa stabilire un rapporto di fi-ducia fra allievo e insegnante anche di frontea risultati negativi, è importante perché può

rafforzare o indebolire l'autostima, è impor-tante perché può stimolare l'apprendimentoo al contrario indurre atteggiamenti di rinun-cia e di rifiuto.Responsabilità dell'insegnanteè anche avere comportamenti coerenti conle finalità della "formazione". Quindi non ap-piattire l'insegnamento su di un modellostandardizzato ma progettarlo ed applicarlo,tenendo conto delle inclinazioni e delle aspi-razioni degli allievi che si hanno di volta involta di fronte. Ciò non toglie che lÊobiettivofinale delle conoscenze e delle competenzedebba essere il più possibile obiettivo ed im-parziale perché ne va della formazione del-lÊindividuo. Tutto ciò infatti favorisce larealizzazione della personalità dell'allievo,promuove la sua autostima e si adopera per-ché raggiunga significativi traguardi di svi-luppo riguardo l'identità, l'autonomia e lecompetenze. Tutto questo richiede un impe-gno forte da parte anche e soprattutto deldocente. Impegnarsi vuol dire stare con/vi-cino a⁄, collaborare con⁄, Senza impegnoil processo formativo collassa a routine.

progetto di prevenzione e recupero

l’Alcool non è un gioco

LÊinsegnante „per‰ lÊallievo: il vigile dellaformazioneL’educatore tra professionalità e responsa-bilità: trasmettere e saper trasmetteredi Edda Lombardi

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Scopi e finalitàPromuovere e realizzare forme di solidarietà sociale e impegno civile tese a superare lÊemarginazione; svolgere unÊazione di stimoloe di coinvolgimento nellÊaccoglienza delle nuove famiglie, simpatizzanti e benefattori; porre in atto iniziative concrete per unÊefficaceprevenzione e una corretta informazione sulle dipendenze e sul disagio sociale in genere; promuovere e curare la formazione deipropri soci quale occasione dellÊapprofondimento della cultura e dei valori dellÊazione volontaria (estratto dallo statuto sociale).

VolontariatoTutti i membri prestano la loro opera in modo assolutamente volontario, tentano di diffondere sui territori di provenienza la culturadellÊascolto e della solidarietà coinvolgendo enti pubblici e privati partendo dal principio che i problemi derivanti dallÊuso di droga ei disagi sociali, soprattutto giovanili, non riguardano solo loro ma tutta la società civile. AllÊAssociazione aderiscono anche singoli vo-lontari che, pur non avendo nessun familiare coinvolto nel programma, vogliono sposare la linea educativa e terapeutica della Casasulla Roccia facendosi anchÊessi promotori di iniziative.

Tu solo puoi farlo ma non da solo Non è uno slogan ad effetto ma è la realtà che si trova ad affrontare chiunque voglia uscire dai canoni della delega e della derespon-sabilizzazione. In una società basata sullÊimmagine, lÊAssociazione Famiglie Progetto Uomo vuole proporre ai propri soci, innanzitutto,e a tutte le persone che si lasciano coinvolgere, un modello sociale basato sulla responsabilità e sulla collaborazione reciproca, doveognuno è parte del tutto e il tutto è patrimonio del singolo anche se vissuto in modo diverso a seconda delle proprie capacità,sensibilità e livello di coinvolgimento.Via Rocco Scotellaro – 83100 Avellino – tel. 082572420 fax 082571610 – [email protected] – posta Elettronica

Certificata (PEC): [email protected]

ASSOCIAZIONE FAMIGLIE

PROGETTOUOMO

LÊ11 febbraio del 2013 sarà ricordata comela data delle dimissioni del Papa. Nella storiaci sono stati altri casi di papi che hanno la-sciato la carica in vita ma risalenti, perlopiù,ai primi secoli quando i papi erano costrettia dimettersi dai potenti dellÊepoca e suiquali le notizie storiche non sono documen-tate come nei secoli più recenti. Uno solo,di fatto, rifiutò la nomina: Celestino V nel1294 stimmatizzato da Dante come colui„che per viltade fece il gran rifiuto‰ e, perquesto, posto allÊinferno. Gli studi successivihanno dimostrato, poi, che non fu un gestodi viltà ma di coraggio; però questo è unfatto ormai archiviato. Le dimissioni di Be-nedetto XVI, invece, sono ancora calde erisuonano ancora nel cuore e nella mentedei cattolici e non solo. Molti si sono chiestii veri motivi di tali dimissioni, al di là di quelche ha dichiarato lo stesso pontefice. Equalcuno ha anche parlato del volersi scrol-lare di dosso le responsabilità del ministero.Al di là di quel che si pensa e si dice, vale lapena soffermarsi su questo termine, re-sponsabilità, di cui tanto si fa uso oggianche a proposito dei nostri politici, vecchie nuovi. Il termine responsabilità deriva dal latino re-spònsus, participio passato del verbo re-spòndere, rispondere cioè, in un significatofilosofico generale, impegnarsi a rispon-dere, a qualcuno o a se stessi, delle proprieazioni e delle conseguenze che ne derivano

(Fonte: wikidepia.org). Quante volte,ognuno di noi, è stato chiamato a dareconto delle proprie responsabilità nellÊam-bito lavorativo, familiare e sociale. Quantevolte abbiamo accusato qualcuno, a noi vi-cino o lontano, di aver avuto un comporta-mento irresponsabile. E quante volteabbiamo cercato di giustificare le nostreazioni per non apparire persone irrespon-sabili, magari scaricando le responsabilitàsu qualcun altro. Penso al marito che accusala moglie di non essersi comportata inmodo responsabile nei confronti del figlio,e viceversa. Penso al dipendente che de-clina le proprie responsabilità perché co-stretto dal proprio superiore e questi che lescarica sul dipendente in caso di ispezioni everifiche di funzionari chiamati a vigilaresulle sue responsabilità. Ma, per quanto riu-sciamo ad essere bravi a giustificare il no-stro comportamento, non riusciremo mai a

ingannare la nostra coscienza. Se essere re-sponsabile vuol dire rispondere delle pro-prie azioni, la prima entità a cui dobbiamodare una risposta siamo proprio noi, magarinel chiuso della nostra stanza dove pos-siamo essere sinceri senza che gli altri se neaccorgano e dove siamo liberi di gettare lamaschera che indossiamo ogni giorno perdimostrare agli altri di essere persone rettee responsabili. Per i cristiani, inoltre, e perqualsiasi uomo e donna che credono inunÊentità superiore, la prima risposta vadata a Dio, davanti al quale nessuno puònascondere le proprie responsabilità. Em-blematico è il racconto del peccato originalenel quale Adamo scarica la propria colpa suEva e questa, a sua volta, sul serpente chelÊha tentata. Ma per quanto vogliamo na-sconderci o giustificarci, i nodi, come diceil proverbio, prima o poi vengono al pet-tine. Neanche in un mondo globalizzato

LA RESPONSABILIT¤ DIFRONTE A DIO E ⁄⁄A SE STESSIdi Nicola De Rogatis

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dove anche le responsabilità diventano col-lettive, si può sfuggire a quelle personali.Abbiamo una sentinella, un grillo parlanteche ogni momento ci ricorda chi veramentesiamo: la nostra coscienza. E di fronte adessa nessuno può nascondersi. ˚ come unospecchio nel quale vediamo la nostra veraidentità. E che il buon Dio ci ha dato perchépotessimo, in forza della chiarezza che dalei proviene, riconoscere i nostri errori e ri-partire per affrontare di nuovo la vita comeuomini liberi e responsabili. Conoscere noistessi, riconoscere le nostre colpe, pentirciper il male commesso, non sono atti che ci

buttano nella polvere, ma medicine cheguariscono le nostre ferite e che ci danno laforza per riprendere il cammino a testa alta.Il sacramento della confessione, così pocoe male usato ai nostri tempi, ci libera datutte le colpe e ci ridona lÊidentità di uominiliberi creati a immagine e somiglianza diDio. La Quaresima è il tempo adatto persentirci sempre più amati dal Padre nel ri-conoscimento dei nostri limiti, come il figliolprodigo al quale il padre non fa la solita pre-dica, ma che, invece, rimette nella dignitàdi figlio facendogli indossare lÊabito dellafesta e festeggiando il suo ritorno con un

pranzo luculliano e con canti e danze.Chissà che Papa Benedetto non abbia pen-sato a questo nel momento in cui ha decisodi dimettersi. Di fronte ad una Curia ro-mana sempre più impregnata di scandali epotere, può darsi che il pontefice abbia pen-sato di darle la possibilità di riconoscersipeccatrice e ritornare alla sua originariaidentità di testimone dellÊamore di Dio. Inquesto, sicuramente, il suo gesto è stato piùche responsabile ed è grazie ad esso che

oggi abbiamo Papa Francesco.

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Progetto deLa Casa

sulla Rocciae del Teatrodi GLUCK

Lo sport: una palestra di responsabilitàdi Noè Di PaolaCome scaturisce dal crescente consenso internazionale, lo sport èrecentemente passato a ricoprire non solo una funzione stretta-mente legata allÊacquisizione di competenze tecniche legate allamera attività fisica, ma anche un ruolo di promozione di vere „com-petenze sociali‰. Ad esempio nei paesi del terzo mondo alcune as-

sociazioni si trovano ad intervenire in contesti certamente non pri-vilegiati. Soprattutto per quanto riguarda lÊinfanzia e lÊadolescenza,spesso bambini e ragazzi crescono in situazioni familiari precarie onon inseriti in un ambiente scolastico, fino ad arrivare al caso diprogetti che prevedono il coinvolgimento di orfani e bambini distrada. In queste situazioni, lo sport può assumere un considerevole po-tenziale educativo: esso, infatti, contribuisce alla promozione dellecapacità personali, allÊaumento di consapevolezza di valori socialie può fungere come mezzo per contribuire allÊintegrazione sociale.Inoltre, nel caso di contesti di infanzia disagiata, lo sport e il giocopossono offrire ai bambini la possibilità di „benessere mentale‰ at-traverso lo svago e la distrazione, e nello stesso tempo favorire lastessa interazione sociale. In generale: - LÊattività sportiva promuove disciplina, determinazione e sensodi responsabilità. Far parte del gioco e guadagnare competenze evalore può tradursi nel raggiungimento di un maggior senso di pro-

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Nella vita di tutti i giorni la tua famiglia può incontrare diverse difficoltà chenon sempre è facile superare da soli. Il nostro lavoro è quello di ascoltarti,aiutarti a comprendere e, se vuoi, risolvere insieme i tuoi problemi familiari.Chiamaci, anche solo per un cosiglio o un ascolto. Siamo qui per questo, gra-tuitamente.la casa sulla roccia | rione san tommaso 85, [email protected] / www.lacasasullaroccia.it

Per appuntamenti contattare la segreteria dell’Associazione tutti i giorni feriali dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 17,00.

[email protected] - http://www.lacasasullaroccia.it

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mozione e successo personale. - Confrontarsi con uno sport può significare anche confrontarsicon i propri limiti attraverso una riflessione sulle proprie capacitàpersonali. Lavorare, quindi, con i giovani per stabilire i propri obiet-tivi da raggiungere può servire a dare maggior fiducia e ad ottenereun senso critico realistico. Di conseguenza il superamento dei pro-pri limiti non è più percepito come un rischio ma si traduce in unaapertura a nuovi percorsi e nuove sfide. - Le competenze sociali sono acquisite attraverso un processo co-gnitivo con i propri pari, con la famiglia e con il proprio contestosociale. Nei casi in cui mancano questi elementi, lo sport può co-stituire un importante mezzo di integrazione e di costruzione di unsenso di comunità. Il linguaggio universale delle sport è infatti co-stituito da regole semplici e da un linguaggio non verbale che sem-plifica la comunicazione: la formazione di un gruppo e ilrafforzamento della coesione diventano quindi dei passaggi più facili

da mettere in pratica. Inoltre, i giochi in gruppo e lÊattività fisicamettono a disposizione un ambiente in cui si promuovono impor-tanti valori come il il senso di responsabilità, il rispetto, lo spiritodi gruppo, il fair play, e soprattutto la tolleranza, fattore semprepiù importante nei contesti multietnici o con la presenza di mino-ranze. Ne scaturisce, quindi, che lo sport favorisce un ambiente di baseideale per lo sviluppo di competenze sociali e di senso di comunità,ma non può necessariamente essere inteso solo come una praticafisica. Infatti, più importante dello sport in sé è il concetto che lÊat-tività in questione rappresenta. Particolare attenzione va del restoriposta nellÊadattare lo sport al rispettivo contesto, rimanendo peròuna pratica accessibile a tutti e in grado di considerare le specificitàculturali radicate nelle comunità locali. La scelta dellÊattività da im-piegare, quindi, non si attiene solo agli sport tradizionali, ma coin-volge anche sport locali, giochi e danze tradizionali.

La Casa sulla Roccia Avellino0825/72420 - [email protected]

Progetto per la dipendenza da gioco.

Responsabi-lità e tec-nologia

sintomi di „tec-nologite cronica‰

«E se il responsabile mostra diessere un irresponsabile?»Giovanni Soriano, Finché c'èvita non c'è speranza, 2010di Simone Cipolletta

In pieno Ottocento, nell'epoca chiamata Positivismo, si credevache tutti i problemi quotidiani sarebbero stati risolti dal progressoscientifico e tecnologico, e che tutti i misteri e gli interrogativi diquesto mondo avrebbero trovato una soluzione grazie ai nostri lu-minari, scienziati che con il loro genio, messo al servizio del "po-polo bue", avrebbero fatto luce con nuove scoperte ed invenzioni.

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Iniziativa dell’Associazione “La Casa sulla Roccia”Assistenza Legale Gratuita a persone in difficoltà

Per appuntamento telefonare alla segreteria dell’Associazionesita in Avellino al Rione San Tommaso, 85tel.: 0825/72420 – 72419 fax 0825/71610

http://www.lacasasullaroccia.it – email : [email protected]

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E quali grandi progressi - é innegabile- sono stati fatti! Qualedonna moderna vorrebbe rinunciare infatti al suo aspirapolvere,alla sua lavastoviglie, o alla sua ultima crema di bellezza che le fauna pelle così liscia come un gluteo neonatale, pardon, come laseta? E quale uomo preferirebbe passare un pomeriggio domeni-cale a parlare con i propri parenti, rinunciando alla diretta dellapartita di calcio a 5 tra il Real Civitas S'Eustachio e i Corazzieridella Repubblica?Si perché, a dirla tutta, sarebbe proprio questo il busillis. InunÊepoca ultra-moderna, iper-connessa e super-veloce (non in-vento niente, riporto solo qualche titolo di un famoso quotidianonazionale) molto spesso la tecnologia non é affatto usata. Alcunevolte ne abusiamo, come quando eravamo bambini e restavamosoli davanti alla Nutella. E come in quelle rare occasioni quando,nel decantare le caratteristiche del nostro ultimo smartphone, odella tv full-hd 3D 60 milioni di pollici che ci é costata un occhio,ma in muratura per far allargare le pareti, ritorniamo bambini,quando gli occhi sbrilluccicavano per quella brama intensa, mistaall'adrenalina del proibito (e anche a quel pizzico di vergogna).Perché? Perché ad ognuno di noi, allo sguardo attonito del nostrointerlocutore, che magari non sa nemmeno di cosa stiamo par-lando e ci fissa con l'occhio da pesce lesso pensando a quandola finiremo di parlare e a perché stia parlando con noi, sorge undubbio: ma non é che ho fatto un emerita pazzia?Infatti, dopo i primi periodi di sbandamento, misto ad euforia ead occhiatacce da parte della propria dolce metà, tutti noi co-minciamo ad avere quei ripensamenti tipici, dovuti al nostro per-sonale Grillo parlante. No, non "quel" Grillo...l'altro piùanzianotto, quello che il buon vecchio Carlo paragonava alla no-stra coscienza.Eh già, la nostra cara vecchia coscienza, che assurge al ruolo digiudice e guida, e togliendosi la polvere di dosso, ci fa sentire

praticamente degli irresponsabili.Si, l'esser responsabili...Non va più tanto di moda, ma quel sensodi responsabilità che viene associato ad ogni essere umano,grande o piccolo che sia, ci fa riflettere anche sull'uso che quoti-dianamente facciamo della tecnologia.E qui cominciamo a scandagliarci dentro, finalmente. E comin-ciamo a pensare che ieri abbiamo chattato fino a tarda notte, ab-biamo "socializzato" per ore ed ore con un "amico" delleelementari trasferitosi in Congo Belga che si é sposato ad unaaborigena Australiana conosciuta su Twitter. Oppure che stiamo dilapidando il nostro esiguo e misero men-sile, perché non riusciamo a fare a meno dell'ultima offerta di ab-bonamento televisiva che ci permette, per l'appunto, di goderci lapartita citata all'inizio. Alla fine scopriamo con orrore di aver pensato, come quel gio-vane taiwanese qualche anno fa, di venderci un rene per com-prarci il tablet di nuova generazione, più veloce, più potente, masopratutto più costoso e più alienante. E pensiamo anche a nostro figlio, quel rospo sdentato, che ci as-somiglia vagamente e che all'età di quattro anni usa il computer,il telefonino e il telecomando con una padronanza simile a quelladel dottor Spock quando riparava l'Enterprise. O al primogenitoadolescente, che si é fuso con la poltrona e muove istericamentele dita delle mani, e alla nostra domanda risponde: "sto facendosport!"E, cosa ancora più grave, pensiamo al nostro coniuge, e a queiprimi periodi di matrimonio, in cui non sapevamo nulla di cosasuccedeva ai nostri amici, ma conoscevamo quello che provavanostra moglie, come si sentiva e cosa pensava. Ed era strano,perché su quella poltrona dove ora nostro figlio pachiderma-mente fa sport, abbiamo parlato, comunicato, in una parola, so-cializzato.

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LÊ ‰essere‰ spiritualmenteresponsabiliFelicità, infelicità, benessere, sofferenza.Siamo gli artefici di tutto quanto ci ac-cade e di ciò che viviamo. Siamo total-mente autoresponsabili di noi stessi.Quando si comprende questo, l'infinito èa nostra portata di mano.di Anna De Stefano

Nessuno sapeva quando quell'uomo fosse arrivato in città. Sem-brava sempre stato là, sul marciapiede della via più affollata, quelladei negozi, dei ristoranti, dei cinema eleganti, del passeggio serale,degli incontri degli innamorati. Ginocchioni per terra, con dei gessetti colorati, dipingeva angeli epaesaggi meravigliosi, pieni di sole, bambini felici, fiori che sboc-ciavano e sogni di libertà. Da tanto tempo, la gente della città si era abituata all'uomo. Qual-cuno gettava una moneta sul disegno. Qualche volta si fermavanoe gli parlavano. Gli parlavano delle loro preoccupazioni, delle lorosperanze; gli parlavano dei loro bambini: del più piccolo che volevaancora dormire nel lettone e del più grande che non sapeva cheFacoltà scegliere, perché il futuro è difficile da decifrare... L'uomo ascoltava. Ascoltava molto e parlava poco. Un giorno, l'uomo cominciò a raccogliere le sue cose per andar-sene. Si riunirono tutti intorno a lui e lo guardavano. Lo guardavano edaspettavano. "Lasciaci qualcosa. Per ricordare". L'uomo mostrava le sue mani vuote: che cosa poteva donare? Ma la gente lo circondava e aspettava. Allora l'uomo estrasse dallo zainetto i suoi gessetti di tutti i colori,quelli che gli erano serviti per dipingere angeli, fiori e sogni, e li di-stribuì alla gente. Un pezzo di gessetto colorato ciascuno, poi senza dire una parolase ne andò. Che cosa fece la gente dei gessetti colorati? Qualcuno lo inquadrò,qualcuno lo portò al museo civico di arte moderna, qualcuno lomise in un cassetto, la maggioranza se ne dimenticò. E' venuto un Uomo ed ha lasciato anche a te la possibilità di colo-rare il mondo. Tu che hai fatto dei tuoi gessetti?Questa è una storia per iniziare a parlare di responsabilità in chiavespirituale: ognuno di noi ha dei talenti, delle capacità, delle abilitàpersonali che possono essere utilizzate: è nostra responsabilitàusarle prima di tutto per prenderci cura di noi stessi, nella nostratotalità (corpo, mente, spirito) per poi prenderci cura degli altri,mettendo a disposizione quanto abbiamo ricevuto. Non si trattaovviamente di beni materiali, o perlomeno, non solo! Il termine responsabilità deriva dal latino respònsus, participio pas-sato del verbo respòndere, rispondere: cioè impegnarsi a rispon-

dere, a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conse-guenze che ne derivano.La responsabilità è la capacità dellÊessere vivente di saper rispon-dere delle proprie azioni, ma per poter „rispondere‰ bisogna essereveramente consapevoli di ciò che si pensa, di ciò che si è e di ciòche si fa: essere liberi dentro!

Questo è un altro modo per descrivere un maestro, un illuminato.

Ecco come descrive Osho, un Maestro dei nostri tempi, lÊuomoconsapevole, lÊuomo spirituale e come ci si riconosce tali:

„Essere consapevoli significa sapere esattamente chi siamo, doveandiamo e qual è il senso di ciò che stiamo facendo. DunquelÊazione è solo il mettere in pratica il proprio pensiero, le proprieemozioni: è il frutto della disciplina della mente, è lÊessere auten-ticamente se stessi in ogni azione quotidiana. Non esiste una se-parazione fra la vita fisica e la vita spirituale: è lÊanima, quandoviene osservata e ascoltata a dirigere ogni nostro gesto, ogni nostraazione, ogni nostra parola. EÊ nella semplicità che si trova la ric-chezza della vita spirituale. E come si fa per sapere se siamo con-sapevoli, responsabili delle nostre azioni verso noi stessi e gli altri?Quando siamo nella gioia, lÊessenza intrinseca dellÊamore, siamoconsapevolmente responsabili‰.La responsabilità è legata indissolubilmente al concetto di libertà.Il rapporto fra libertà e responsabilità è uno dei dilemmi di tutti itempi dellÊumanità: se io sono libero potrò fare tutto ciò che voglio,pensano in molti, eppure la libertà arriva fin dove cÊè la libertàdellÊaltro.„Libertà e responsabilità vanno di pari passo: sono due facce dellastessa moneta. Se desideri la libertà, devi assumerti anche la re-sponsabilità di qualunque cosa tu stia facendo. Se non vuoi assu-mertela, allora perdi anche la libertà. La gente continua a parlaredi libertà, ma in realtà non è la libertà che vuole, bensì l'irrespon-sabilità: si chiede la libertà, ma in profondità, nell'inconscio, si de-siderano la licenziosità e l'irresponsabilità. La libertà è maturità, lalicenziosità è infantilismo‰ (Osho).In questo tempo di transizione, per alcuni di confusione, di perditadei riferimenti spirituali, molti utilizzano anche la spiritualità perdelegare ad altri la responsabilità del proprio malessere, trovandoa volte persone che prendono le responsabilità altrui, per avernein cambio potere personale e denaro.

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Proprio qualche giorno fa ho letto in un social network il raccontodi uomo riguardo al proprio girovagare nel „mondo della spiritua-lità‰, quella in più in voga, per non sentire dentro un malesseresenza tregua, e di come la utilizzava per sfuggire dalla propria re-sponsabilità: quella di vivere in prima persona, senza delegare, ac-cettando ed affrontando le proprie paure, dubbi, angosce,insicurezze, rabbie. EÊ evidente che ognuno trova i suoi „mondi‰ ele sue modalità per sfuggire a se stesso, per non guardarsi dentro,tenendo conto dellÊambiente in cui vive, delle „occasioni‰ incontrateo ricercate, della propria personalità. „In passato cercavo gratificazioni e giustificazioni, cercavo il sacronel fumo degli incensi e qualcosa trovavo. Terribile esperienza ac-corgermi che era un altro modo per fuggire dalla mia responsabi-lità. Troppo facile volare sopra una nuvola ed osservare il mondoda lontano. Mi dicevano di annullare la mente per varcare la sogliadel sacro, volavo in mondi strani e fantastici e poi tornavo con do-mande senza risposte, con nostalgie di un luogo lontano. Giornodopo giorno ripetevo le stesse cose, gli stessi errori e nulla cam-biava, solo quel senso di distacco dal mondo aumentava. Quelloche ho capito dopo molto girovagare è che la spiritualità richiederesponsabilità. La responsabilità verso se stessi è la via maestraverso la spiritualità‰.Tutte le dipendenze (la droga, lÊalcool, il cibo, il gioco, lÊeccesso dilavoro, da partner) sono deleterie perché implicano un farsi delmale a livello fisico (droga, alcool, cibo) e/o a livello psicologico(dipendenza affettiva, dipendenza da lavoro), in modo che la per-sona viva un solo ambito, creando così squilibrio e malessere inaltri campi. La spiritualità mal intesa quale delega delle proprie re-sponsabilità comporta chiusura verso gli altri o eccesso di astra-zione, ma se ben agita comporta un inevitabile guardarsi dentro,una conoscenza più approfondita di se stessi ed un ritorno alla pie-nezza di tutte e tre le dimensioni dellÊessere.La nostra funzione qui, in questo mondo fisico, attiene a ciò chenoi crediamo di noi stessi, a quello che pensiamo. Se crediamo che Dio ci ha creati a „Sua immagine e somiglianza‰,non intendendo certo somiglianza fisica (Dio non può essere im-prigionato in un corpo) , ciò vorrà pur dire qualcosa.

Riportando un piccolo stralcio di un dialogo fra D.N.Walsch e Diotratto da „Conversazioni con Dio‰ (un dialogo apparentementeimpossibile tra lÊuomo e Dio, dove vengono toccati tutti i temi piùdibattuti e misteriosi per lÊumanità) Egli ci fa sapere che „Non ècompito di Dio quello di creare o distruggere le circostanze o lecondizioni della tua esistenza. Dio ti ha creato a Sua immagine esomiglianza. Tu hai creato il resto, per mezzo del potere che Dio tiha conferito. Ma Dio ti ha dato il „libero arbitrio‰ per fare della tuavita ciò che preferisci‰ Dunque noi siamo responsabili di tutto ciò che abbiamo creato eche rappresenta la nostra realtà attuale, perché lÊanima ha bisognodi sperimentare per evolversi e volta per volta sceglie, per cui cÊèuna consapevolezza individuale e una consapevolezza collettivadellÊumanità. Per poter evolvere, lÊanima utilizza il linguaggio deisentimenti, affrontando ogni momento senza fondarsi su espe-rienze precedenti, vivendo nel „qui ed ora‰. Può decidere ciò cheè, invece di reagire collegandosi ad esperienze apprese in passato.„La vita è un processo di creazione, e tu continui a viverla comese fosse un processo di reazione! Ricorda: questo è ciò che stai fa-cendo qui. Sei venuto in questo mondo, in questo tempo, in questoluogo, per sapere Chi Sei, e per fare di te stesso Chi Desideri Es-sere. Per cambiare le tue risposte, vivi nel presente, Qui e Ora, enon nel passato o nel futuro. Il passato e il futuro esistono solo nelpensiero. Il Momento Presente è lÊUnica Realtà. Restaci!‰(tratto da„conversazioni con Dio Vol. 2‰)Siamo troppo abituati e fuorviati a guardare „fuori‰ da noi, dimen-ticandoci di guardare „dentro‰. EÊ qui che si trovano le risposte checi ricordano Chi siamo veramente. Invece non facciamo altro chedare la colpa agli altri, sentendoci le vittime. Per Donald Walsch:„ogni anima è un Maestro, per quanto la maggioranza non ricordala proprio origine o il proprio retaggio. Ebbene ciascuna crea la si-tuazione e la circostanza per il proprio più alto scopo e il propriopiù rapido ricordare‰Tante sono le cose, anche negative, che sembrano accaderci, manulla avviene per caso e non esistono coincidenze, secondo alcuneleggi spirituali universali: tutte sono una nostra creazione. Spessonon ne siamo consapevoli, perché creiamo di continuo senza sosta,a vari livelli, attraverso i pensieri e i sentimenti sia individualmenteche collettivamente.„Questo è un livello di pensiero elevato che tutti i Maestri primo opoi raggiungono. Perché soltanto quando riescono ad accettare laresponsabilità per tutto ciò, riescono a conseguire il potere di cam-biare una parte di esso. Fin quando accetti lÊidea che ci sia qualcosao qualcuno là fuori „a farlo‰ al tuo posto, ti privi del potere di com-piere una qualsiasi azione a quel proposito .Soltanto quando dici:„LÊho fatto io‰ sei in grado di trovare la forza di cambiarlo.‰ (Walsch„Conversazioni con Dio vol.II)Concludo con un filosofo greco antico, Epitteto, vissuto intorno al100 d.C. , il quale nel suo „manuale‰ giunto fino ai nostri giorniaffermava, parlando di educazione, intesa come crescita della per-sona:„Accusare gli altri della propria sfortuna è segno di un bisogno dieducazione. Accusare sé stessi significa che la propria educazioneè incominciata. Non accusare né se stessi né altri significa che lapropria educazione è stata completata‰

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La responsabilitàcome fulcro delprogramma terapeutico…e poi un giorno si giunge a Villa Dora.di Diego RuggieroIl cancello si apre ed inizia una salita che diviene – con il tempo- lametafora della nostra vita, del nostro percorso. Villa Dora è una dellesedi in cui si realizza, giorno per giorno, minuto per minuto, uno deimiracoli della vita: la Rinascita. Vivere, ricominciare a vivere, non può non avvenire attraverso unariflessione su di sé, sul proprio modo di porsi difronte ai compiti cheportiamo aventi e alle relazioni che costruiamo.In varie Comunità vengono svolti diversi programmi per il recuperodalle dipendenze. I percorsi si differenziano tra programmi a carat-

tere lavorativo, o come presso il Nostro Centro, a carattere terapeu-tico. Il nostro programma è „Progetto uomo‰ e pone l'uomo, lapersona, al centro, come protagonista della propria vita. Uno deipunti fondamentali di „Progetto Uomo‰ è la strutturazione di inter-venti che mirano alla riappropriazione di valori quali la responsabilità,il rispetto, e soprattutto lÊonesta. Valori, che nel caso della tossico-dipendenza e del conseguente stile di vita, anche se acquisiti in pre-cedenza, vengono gradualmente messi da parte. Il progetto di recupero, trasversale ad unÊevoluzione della storia divita, aiuta a comprendere che riflettere sulla dipendenza non è soloun momento in cui si ha necessità di "sdrogarsi". La dipendenza, inogni sua forma, è solo il punto di arrivo di una serie di difficoltà invarie facciate relazionali quali: la socializzazione, la sessualità e lÊam-bito familiare che ognuno di noi si porta dentro dalla tenera età.Passo dopo passo nella vita, le difficoltà non affrontate hanno com-

portato unÊ alterazione della condotta della persona stessa. La responsabilità è un valore cardine del nostro percorso, essere re-sponsabili di noi stessi e in seguito degli altri, ci permette di viverecon serenità. La responsabilità di ogni singolo giorno: dal lavoro ma-teriale, al lavoro personale, allÊaiuto allÊaltro ci rende persone migliori.Per me, oggi, la responsabilità è un valore che è entrato nel mio es-sere, comincia dal mattino quando alla sveglia decido di pormi unobiettivo e, attraversando le difficoltà che comporta, decido di nonarrendermi mai. Essere responsabile non significa solo prendere attodelle proprie azioni e saper comprendere e dare una risposta ai propricomportamenti, ma comporta anche essere attento nello svolgi-mento di un compito, eseguirlo con tutto lÊimpegno, prendersi curadelle persone che ti sono accanto⁄ ogni nostra piccola attenzione,ogni sforzo, diviene una conquista. Un momento di riscoperta e divita. Responsabili si è quando si ha il coraggio, quindi, di accettaree ammettere i propri sbagli e i propri limiti, quando non pensi piùsolo al personale benessere, ma riesci a guardarti intorno e non farefinta di niente. Oggi in Comunità ho potuto capire quanto sia im-portante la concretizzazione della responsabilità non solo nella co-struzione di cose, ma nella cura di persone. Stare vicino ad un amico,confrontarlo facendogli rivedere i suoi sbagli è il più significativo gestodi presenza, vicinanza e amore. Ho imparato attraverso un abbrac-cio, un sorriso o una lacrima condivisa, la cura di me⁄ di chi amo,la capacità di rinascere sempre⁄ di poter affrontare tutte le stagionidella vita sapendo dare il giusto senso e significato. Stiamo impa-rando la responsabilità del prendersi „cura di‰, esattamente come

avviene con un piccolo fiore. Riscoprire la famiglia, riscoprire un amico, riscoprire lÊessenza del-lÊamore passa attraverso la riscoperta di noi stessi, attraverso la re-sponsabilità di condividere ciò che siamo onestamente. La nostrafilosofia recita „fino a quando una persona non confronta se stessanegli occhi e nei cuori dellÊaltro scappa.‰ E tutte le mattine, quandolÊascoltiamo o recitiamo ci ricordiamo il senso profondo del nostroessere Uomini. Per concludere voglio rendervi partecipi di un pen-siero che mia madre, il giorno in cui ci siamo incontrati in Comunitàper raccontarci, ha scritto e dedicato a tutti noi: „ Il segreto è ripar-tire ogni mattina, non mollare mai, più la fatica è dura, più si avrannograndi soddisfazioni e soprattutto saprete essere grati a voi stessi peraver scelto questo cammino; ridete, piangete, urlate, tirate fuori tuttociò che avete dentro, tutto ciò che vi tormenta e specialmente fateche i vostri pensieri diventino parole‰.

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SPECIALE ASSOCIAZIONE„Il 5 marzo, presso la sede legale dellÊAsso-ciazione di Volontariato „La Casa sulla Roc-cia – Centro di Solidarietà‰ è statopresentato il progetto „Prevenzione in rete‰con una conferenza stampa. AllÊeventosono state invitate le testate giornalistiche etelevisive locali e hanno preso parte quantistanno collaborando per la realizzazionedellÊiniziativa progettuale.‰Potrei iniziare in questo modo un articoloche presenti la nostra conferenza stampa eil progetto di prevenzione che da Gennaioè stato attivato sul nostro territorio⁄Potrei,ma sarebbe scontato. E poi penso che ilbackstage di una conferenza, lÊimpegno elÊentusiasmo messoci da quanti lavoranoper realizzarla, sia qualcosa che non sempresi vede e viene riconosciuto, pur essendociò che ne determina la riuscita⁄Allora voglio raccontare cosa succede nelnostro Centro in queste occasioni, narraredi come tutta lÊassociazione è coinvoltanella preparazione già settimane prima, dicome si impegna e si spende con passione. LÊufficio stampa è impegnato con la stesuradel comunicato stampa da girare alle testategiornalistiche e televisive locali, la prepara-zione del materiale informativo da distri-buire ai presenti, le telefonate da fare aigiornali e alle tv per ricordare lÊevento e darconferma della presenza fino alla mattinastessa dellÊappuntamento, le comunicazioniinterne ai settori dellÊassociazione stessa,con rischio, a volte, di dimenticarne qual-cuno, nella confusione⁄Per non parlare poidellÊimpegno e lo zelo messo dal settore chesi occupa di presentare il progetto, ossia ilsettore Progetti: riunioni dellÊèquipe che re-lazionerà alla conferenza, preparazione slidecon problemi tecnici annessi nonché modi-fiche e perfezionamenti fino allÊultimoistante, prove generali interne con vari con-fronti tra referenti, preparazione sala edequipaggiamento tecnico (di solito quelloche crea più difficoltà)⁄

Questo accade sempre, è la prassi, ma av-viene con più senso di responsabilità e pas-sione quando si tratta di iniziative di grandevalore per il nostro territorio e fonte di sod-disfazione per lÊassociazione tutta, come inquesta occasione.Il 5 marzo, infatti, è stato presentato un in-tervento che ha lo scopo di qualificare ulte-riormente i servizi offerti nellÊarea dellaprevenzione alle dipendenze e al disagiogiovanile sul nostro territorio, che coinvolgeuna rete di associazioni ed enti del terzo set-tore per la durata di un intero anno. Il progetto, denominato „Prevenzione inrete‰, è inoltre finanziato da FondazioneCON IL SUD, un ente non profit privatonato nel novembre 2006 (come Fondazioneper il Sud), dallÊalleanza tra fondazioni diorigine bancaria e il mondo del Terzo Set-tore e del volontariato, con lÊobiettivo dipromuovere lÊinfrastrutturazione sociale delMezzogiorno, ovvero favorire percorsi dicoesione sociale per lo sviluppo. Il che cirende ancor più paghi di quanto stiamo rea-lizzando. LÊiniziativa, infatti, ha lo scopo di offrire nonsolo un servizio per le dipendenze, ma

anche un sostegno ed un aiuto a tutti queigiovani che si trovano ad affrontare proble-matiche sociali varie e non sempre ricono-sciute come forme di „disagio‰, quali idisturbi alimentari, i disturbi dell'umore, ledifficoltà relazionali e le nuove forme di di-pendenza (internet, social network e porno-grafia). LÊobiettivo primario dellÊiniziativa èpromuovere e creare il contatto con la per-sona che vive una forma di disagio, vuoi perproblematiche legate alla dipendenza da so-stanze psicotrope vuoi per difficoltà di altrogenere, ma che non si rivolge ai Servizi pre-senti sul territorio; inoltre offre supporto airispettivi familiari e ai conoscenti di chi vivetali condizioni. Una grande valenza sociale, se si pensa cheil tutto viene offerto attraverso tre azioniche coinvolgeranno lÊintera provincia:lÊAzione di Strada, attraverso lÊUnità Mobilepresente nei luoghi di aggregazione giova-nile; lo Sportello dÊAscolto, attivato in dueistituti, lÊIstituto Industria e Artigianato„Amatucci‰ di Avellino e lÊIstituto di Istru-zione Secondaria Superiore „G. Ronca‰ diSolofra, e lÊAzione Gruppi di Auto-Aiutoper i familiari che necessitano di sostegno.

NEL BACKSTAGE DELLACONFERENZA STAMPADEL PROGETTO „Prevenzione in rete‰Breve racconto di una mattina “diversa”di Donatella Pasquale

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Inoltre il 16 Aprile alle ore 10.00, presso ilTeatro Comunale Carlo Gesualdo verràpresentato lo Spettacolo Teatrale dal titolo„Varietà di vita‰, messo in scena dai ragazzidella Comunità Terapeutica „Villa Dora‰,seconda fase del programma terapeuticoproposto da „La Casa sulla Roccia‰. Questocostituisce un ulteriore mezzo di promo-zione dellÊiniziativa e il veicolo del messag-gio di prevenzione, che vedrà comespettatori tutte le scuole di Avellino e pro-vincia. Il tutto in un ottica solidaristica, equindi gratuita.Dopo una fitta rete di preparazione, siamofinalmente giunti alla mattina della confe-renza: si sente nellÊaria la tensione e lÊemo-zione generale. Dopo aver disposto le sedie,il tavolo con pc e videoproiettore nel migliormodo possibile dopo collaborazione e con-fronto generale, cominciano ad arrivare lerelatrici e i relatori, tutti eleganti e vestiti apuntino, che camminano su e giù per lasala con gli appunti in mano, sorridendo echiacchierando in modo nervoso. Tutti aquesto punto si chiedono: „Dove sono igiornalisti? Quando arrivano?‰⁄Bella domanda. Purtroppo molte testate lo-cali che avevano garantito la loro presenza,alla telefonata promemoria del mattino, cidicono che hanno altre urgenze e che nonpossono inviare altri giornalisti. Il giornosuccessivo veniamo a sapere che la mattina

in questione, tristemente, allo stesso orariodella conferenza stampa, in via Tagliamentoad Avellino cÊè stato un falso allarmebomba, evento che ha richiamato tutta lÊat-tenzione della stampa. Tristemente, perchécontrasta con la valenza sociale e preventivadel nostro progetto, perché sembra quasioscurarne e al tempo stesso farne risaltarneil valore. Quasi come se noi rappresentas-simo un mezzo di cambiamento, un pontetra la triste realtà e ciò che potrebbe esserci;un mezzo, uno strumento per il cambia-mento. In ogni caso, anche se con pochi giornalistie in ritardo, si parte⁄Relatori della conferenza son stati Maria Fa-ticato, responsabile del Settore Progetti,Carlo Calvino, referente dellÊAssociazioneFamiglie „Progetto Uomo‰, Angela Cerza eAntonia Ventola, responsabili dellÊAzione„Sportello dÊascolto‰, Tiziana Barone, re-sponsabile dellÊUnità Mobile, la Maria Ca-labrese, responsabile del Centro per leFamiglie, e Anna Iovino, operatrice deiGruppi di auto- aiuto. Ad ascoltarli, con interesse e partecipa-zione, anche i colleghi di lavoro, i ragazziche hanno ultimato il percorso e i familiariche partecipano allÊiniziativa.La loro presentazione è stata non solo pro-fessionale e molto accurata, ma anche „sen-tita‰. Gli interventi si sono succeduti e

alternati, in un clima molto familiare. Inte-ressante è stata la descrizione dei risultatiottenuti in questi due primi mesi di attività.Infatti Tiziana, responsabile dellÊUnità Mo-bile, ha raccontato di come è emersa unaforte crescita di dipendenze non tradizionali,di cui di solito si ha una scarsa consapevo-lezza e che, pertanto, non vengono facil-mente riconosciute come tali dagli stessi chesi rivolgono al servizio. Anche la descrizionedel processo di aiuto che si realizza nelgruppo per i familiari, il numero di contattiavuti nelle scuole e di motivazioni delle ri-chieste di colloquio hanno incuriosito esono divenuti uno spunto di riflessione. Nella sala regnava il massimo silenzio e tuttierano intenti ad ascoltare con attenzione.Solo il flash delle macchine fotograficherompeva il clima assorto generale. Al termine della conferenza una foto digruppo ha chiuso lÊevento. Una foto congrande valore simbolico, perché è proprioil gruppo la forza della nostra Associazionee il traino per qualsiasi forma di cambia-mento, ciò che può fare la differenza nono-stante i possibili e frequenti imprevisti. Lapassione e la determinazione, credere nelvalore di ciò che si fa, lÊaspirazione a cre-scere e migliorarsi sono i tratti distintivi delnostro modo di esser presenti sul territorioe di donarci. In questo Progetto, come inogni altra nostra attività.

Quando stai morendo di fame qualsiasi cosa sembra appetitoso. LÊAsia può avere delle economie a più rapidacrescita al mondo, ma ha anche i bambini più affamati rispetto al resto del mondo.

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Progetto RELI:Casa sulla Rocciaancora motore dicambiamento delterritorioA Villa Dora cerimonia di chiusura del progettodi reinserimento socio-lavorativo di Donatella Pasquale

LÊ11 Aprile, a Villa Dora, si è tenuta la cerimonia di consegna degliattestati di partecipazione al corso di formazione per operatori free-flow nellÊambito della ristorazione, corso reso possibile dal ProgettoRELI „Reinserimento in Rete‰.Ma di che cosa si tratta nello specifico? Vediamo. Il progetto RELI(Reinserimento Lavorativo Integrato) è stato promosso e finanziatodal Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza delConsiglio dei Ministri, con la Regione Sardegna nel ruolo di coor-

dinatrice. Prevede una durata di due anni, con possibilità di finanziamentoper un'altra annualità sulla base dei risultati raggiunti, che puntaall'attivazione di una rete di comunità e di cooperative sociali ingrado di promuovere concrete opportunità lavorative, anche conmetodi e gestioni d'imprenditoria sociale finalizzati alla creazionedi condizioni di autofinanziamento. LÊiniziativa ha lo scopo di rilanciare, promuovere e diffondere unnuovo modello di riabilitazione delle persone tossicodipendenti pre-senti all'interno delle comunità terapeutiche che abbiano pro-grammi specifici di reinserimento e che contemporaneamentesappiano coniugare imprenditorialità e solidarietà sociale.In particolare, si rivolge a tre categorie di soggetti:- tossicodipendenti e alcoldipendenti con disturbi psichiatrici; - tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti con problemi carcerarie/o in affidamento in prova; - tossicodipendenti, ex tossicodipendenti ed alcoldipendenti in trat-tamento stabilizzato o che abbiano concluso un programma tera-peutico. Il Progetto, presentato dallÊAssociazione di Volontariato „La Casasulla Roccia – Centro di Solidarietà‰, ha avuto come partner laConfcommercio di Avellino, lÊUfficio di Esecuzione Penale Esterna

di Avellino e Benevento, lÊAssociazione Cuochi Avellinesi, e havisto il coinvolgimento di dieci ospiti del centro, dislocati nelle variefasi del percorso, dallÊAccoglienza al Reinserimento Sociale.Questi dieci ragazzi negli ultimi mesi hanno frequentato, con im-pegno e determinazione, il corso formativo tenuto da 5 cuochidellÊACA, Danilo Calemme, Gaetano Cerciello, Ugo DÊAlessandro,Giuseppe Saraceno e Francesco Vitulano. Al termine delle lezioni,il 9 e il 10 Aprile, si sono svolte le prove dÊesame, scritte, teorichee pratiche, al fine di attribuire ad ogni partecipante un giudizio. In-fine si è arrivati al giorno di consegna degli attestati: presenti tuttii partner e i familiari dei ragazzi partecipanti allÊiniziativa.Quello che ha colpito è stato soprattutto lÊambiente accoglientecreato nel salone che doveva ospitare la cerimonia: infatti era di-sposto a semicerchio un buffet preparato dagli stessi partecipanti,allÊinterno del quale erano sistemate le sedie per gli ospiti. A mo-derare lÊevento è stata la Responsabile del Settore Progetti dellÊAs-sociazione, Mary Faticato, che ha dato la parola innanzitutto alPresidente della Confcommercio Oreste La Stella, che a sua voltaha illustrato i risvolti lavorativi dellÊiniziativa. Sono intervenuti poii responsabili delle fasi di Comunità, Accoglienza e Reinserimentodel percorso terapeutico, Franco Lo Priore e Giuseppina Pedicini,per sottolineare ancora di più la grande importanza che tale op-portunità ha per i ragazzi in percorso. Infine cÊè stata la consegnadegli attestati ad ogni singolo partecipante da parte del PresidentedellÊAssociazione Cuochi Avellinesi, Luigi Vitiello. La conclusionedella cerimonia è stata affidata allÊesperienza personale raccontatada uno dei partecipanti al progetto. Racconto breve ma commosso,incentrato non solo sugli aspetti professionali e formativi dellÊini-ziativa, ma soprattutto sulle relazioni che si sono venute a creare esul modo in cui „la cucina‰ è divenuta mezzo per rafforzare queivincoli familiari da tempo venuti meno. „Creare e non più distrug-gere‰, queste le parole conclusive di Cristian, che hanno toccato le

corde di tutti i presenti e che sono il sentire condiviso di tutti i ra-gazzi.Naturalmente non cÊera modo migliore di chiudere la giornata cheaprire il buffet e assaporare le delizie del palato preparate dai ra-gazzi. Vi assicuro che una parmigiana cosi saporita e sfiziosa e una pannacotta cosi delicata non lÊavevo mai assaggiata! Per trasmettere appieno ai lettori il valore di questo progetto, ab-biamo pensato di intervistare in parallelo uno dei docenti, il cuocoGaetano Cerciello, e uno dei partecipanti, Vincenzo.Vediamo cosa ci hanno detto.1. Come definiresti l'esperienza vissuta grazie al progetto RELI„Reinserimento in Rete‰?GAETANO: „Una bellissima esperienza che ha permesso a me eagli altri docenti di dare e ricevere allo stesso tempo una serie diesperienze che non si leggono da nessuna parte‰.VINCENZO: „UnÊesperienza che mi ha arricchito come persona,perché mi ha dato la possibilità di confrontarmi con un nuovo la-voro e con altre persone, di sperimentarmi in quelle che erano ca-pacità nascoste, che prima neanche pensavo di avere‰.2. Cosa ricordi con piacere dei ragazzi/dei docenti e perché?GAETANO: „Ricordo bene la loro voglia di apprendere, le continue

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domande sul perché e per come avvenissero tante cose manipo-lando alimenti semplici. Il perché è molto semplice, tutti loro eranocoscienti dellÊopportunità che stavano ricevendo e volevano sfrut-tarla al massimo‰.VINCENZO: „Sono stati sempre disponibili. Non ho mai sentitoche potessero avere pregiudizi. A parte la loro professionalità, cheera palese, si è creato un rapporto di amicizia con ognuno di loro‰.3. Cosa pensi possa effettivamente aver dato loro questa espe-rienza formativa, e cosa pensi potrà dare loro in futuro?GAETANO: „Penso che gli abbia dato la consapevolezza che per-severando nessuno si può porre limiti, che solo chi non opera non

si mette in discussione, e mi auguro senza remore che le cose fatteed imparate gli diano la possibilità di voltare pagina e cominciareun nuovo percorso di vita‰.VINCENZO: „Trovandomi nella fase del Reinserimento, questocorso mi ha dato una motivazione in più per continuare questocammino. Mi ha dato uno sprone per il futuro‰.⁄Percorso, cammino⁄Ecco, noi auguriamo a questi ragazzi di poter davvero rialzare latesta e continuare la strada intrapresa con sempre maggiore stimadi sé e gioia di vivere, con la certezza che il cambiamento è possi-bile.

Dentro. Nella cortecciaDal teatro al palcoscenicodella propriavita.di Ramona Barbieri

Martedì 16 aprile appuntamento alle 19.00 al teatro Gesualdo diAvellino. I ragazzi della comunità terapeutica stanno per metterein scena lo spettacolo „VARIETAÊ DI VITA‰, tratto dal „Carnevaledegli insetti‰ di Stefano Benni come evento finale del laboratorioteatrale tenuto dal Teatro di Gluck. Appuntamento annuale cometermine di un percorso fatto di superamento di vergogne e giudizi.Perché loro, i ragazzi, su quel palcoscenico non portano in scenala commedia , ma qualcosa che va oltre. Dietro le quinte il chiacchiericcio generale cerca di nascondereemozioni forti. I ragazzi sono stretti fra loro nei preparativi.Ognuno di loro sa che li aspetta la prova più importante.Nella pla-tea, ansimanti, i loro familiari attendono lÊapertura di quel sipario. Ecco, il momento è quasi arrivato. Il cerchio di riscaldamento attu-tisce per pochi istanti il tremore delle loro mani e quel pizzico nellostomaco che ora sanno chiamare Paura. Il „chi è di scena‰ . Cerco di far capolino da una porta secondaria. Improvvisamente quel chiacchiericcio di dietro le quinte si tra-sforma nel buio della sala in versi di insetti, tanti, vari. Arrivano dapunti imprecisati e aumentano sempre di più. Il pubblico cominciaa girarsi da ogni lato per capire. Eccoli scendere dalle scale e muo-

versi tra la gente, tra la loro gente. LÊemozione cresce man manoche li vedo saltellare perché loro, le stesse persone che hanno do-vuto toccare il fondo per cominciare a capire quanto valga la lorovita, ora si confondono, diversi nella loro unicità,ma splendidi per-ché tutti accomunati dalla forza e dal coraggio di esserci. Salgonosul palco e iniziano, a testa alta, il loro Spettacolo. I versi si trasformano in voce, in parole. Ogni insetto portato sullascena parla allÊuniverso umano. Ascolto parole arrabbiate mostrarela differenza tra il mondo umano e quello degli insetti e sento diquanto noi mammiferi siamo spesso, troppo spesso chiusi nel no-stro egoismo. Ed è proprio da quella prigione che noi stessi ci cre-iamo che puntiamo troppe volte il dito. Così, oggi, quegli insettisono loro. Forse tanti non sanno che nei giorni a venire quei ra-gazzi-insetti avranno il potere di rendere chiaro ciò che molti nonvedono e ciò che molti altri non vogliono vedere. Dalle blatte alleapi, dallo stercorario alle zanzare, la moltitudine di voci e suoni eparole e costumi termina nel buio della notte per poi riaccendersiin un viaggio.Nel giorno di testimonianza di vita Il Teatro Assud porta anchÊessosul palcoscenico voci di cadute e rinascite.Dalla valigia della lorovita estraggono intrecci di storie universali fatte di solitudini e doloriculminanti nella totale ripresa delle loro stesse vite.Ma la fine ancora non è giunta. Tre dei ragazzi della comunità te-rapeutica leggono la loro lettera aperta, il loro messaggio dÊamoree di vita. Raccontano come, a poco a poco, si stanno riappro-priando dei profumi e dei colori. Tutti in piedi. Esplode il boato e visibilmente le lacrime scendonosulle guance di chi vede ma, ancora più copiose, sulle guance dichi sta vivendo sulla propria pelle la difficoltà, ma anche lo splen-dore della rinascita. I ragazzi si stringono in forti e calorosi abbraccifra di loro; con gli operatori .che li stanno accompagnando permano in questo cammino; con i ragazzi del Teatro di Gluck, chegli hanno dimostrato che possono conquistare il palcoscenico, maquello della loro vita e con i ragazzi del Teatro Assud che prima diloro e oggi con loro hanno percorso il cammino di rinascita.E poi lì, davanti a quello spettacolo di vita lÊabbraccio più stretto èquello dato e preso totalmente dalle loro famiglie, perché oggi ognipadre, fratello, sorella, amico caro ha potuto fare esperienza di me-ravigliosa Varietà di Vita.

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Inizia una nuova giornata, proprio non miva di alzarmi dal letto.Ieri sera si è fatto tardi al lavoro.Ho lavorato tanto al ristorante, tra padelleannerite dal fuoco, fornelli spenti dal sudoree pentole grandi e pesanti da lavare in unlavabo grande quanto lÊacquasantiera dellachiesa di San Domenico.Tra lamentele continue per una situazioneprecaria non solo in termini lavorativi maanche economici e sociali, non ti va nem-meno di accenderti lÊultima sigaretta dellaserata, ormai hai ingerito di tutto, tra fumie vapori.

Ma un fascio di luce luminosissimo irradiagran parte della mia stanza e schiude i mieiocchi facendo aprire le mie palpebre pe-santi.CÊè Luigi di là, viviamo insieme conEduardo in una casa che per noi è un verocastello suddiviso in tre livelli. E con untasso dÊumidità da far invidia alle zone piùdesertiche del Sahara di notte!Ci salutiamo con il nostro sorridente buon-giorno, e Luigi che ha preparato il caffè ècosì gentile da portarlo fino in camera atutti.Non faccio in tempo a berlo che inizia asquillare il cellulare, quasi come qualcuno,dallÊaltro lato, sapesse che ti sei appena sve-gliato ed hai proprio una gran voglia di par-lare!Scopa e pattumiera, la stanza ora sembrapiù pulita del grigio della polvere. Accendo il pc che in automatico si connettesui social network che ti tengono in con-tatto con il resto del mondo, visto che daPrata di Principato Ultra dove vivo, ilmondo è lontano abbastanza se non hai unauto.Prime pagine dei giornali, post su facebook,

musica su youtube, ascoltata e condivisacon i tuoi amici, due chiacchiere e ti accorgiche sono le 12.30 e pensi che anche sta-mattina ti sei alzato tardi⁄Ma io sono tornato stanco dal lavoro! Loesclami a te stesso per giustificare la vogliadi non fare niente che comporti responsa-bilità aggiuntive al lavoro quotidiano. Allorati avventi in cucina per preparare un belpranzetto, tanto tra poco si mangia.Acqua a bollire sul fuoco e padellina conolio extra vergine e uno spicchio dÊaglio suifornellini del mio cucinino simile a quellodelle casette di Barbie. Ma ti sei svegliatoda circa unÊora e gli odori del riLÊstorantedella sera prima si mescolano con quellidella tua cucina e senti il tuo stomaco in-veire verso di te con una protesta altamenterivoluzionaria⁄Apparecchi la tavola con tutti i commensalia tua disposizione per renderla quanto piùbella ai tuoi occhi in quel momento. Perchéil momento di tavola è sacro!Televisore rigorosamente spento, è il mo-mento del confronto e della condivisione. Siparla soprattutto di quello che è successo ilgiorno prima sul lavoro, mentre sÊimpiattaun buonissimo spaghetto al sugo di basilicodi cui le dispense sono piene perché ci èstata regalata una cassa la settimana prima.Ma è anche il momento dove ci si guardanegli occhi e si legge dagli sguardi lÊaffannodi ognuno ad andare avanti autonoma-

mente e responsabilmente, per giunta inquesto periodo storico così difficile per ilnostro paese. E ci si rende conto di quantosia importante quel momento, quello stareinsieme, avere la possibilità di esternare ilproprio stato dÊanimo e la capacità diognuno di sostenere lÊaltro. Ma anche di ac-cogliere un sorriso, una battuta. Perché nonsi può parlare solo di problemi.

Riconoscere il talento nel portare avantiuno stile di vita equilibrato anche se contanti affanni, costruire una identità e una so-

cializzazione fatta di valori non è cosa dapoco.Io riconosco la bellezza di quello scambio diopinioni dalla tonalità mai aggressiva e di-struttiva ma, anzi, accogliente e costruttiva,che rende gli uomini uomini migliori. Per-sone in piccoli eroi.La trasformazione di parole in fatti concreti.LÊimpegno nel fare in modo che questo ac-cada non è certo da poco. Donare allÊaltroche sta condividendo con te quel momentoe ricevere allo stesso tempo dandoti la pos-sibilità di ascoltare è un premio di assolutovalore.Il pranzo continua tra un bicchiere di coca-cola e un pancarrè con prosciutto cotto ephiladelphia. Noi ci siamo detti quello checÊera da dire anche oggi, magari ricordandoad Eduardo che i wurstel usati vanno ripostinel cestino della spazzatura e non sullescale che portano al soggiorno! Ma questisono dettagli⁄Riordinando insieme lÊambiente ognuno sisvincola nel proprio habitat, chi guarda latv, chi fa un sonnellino. Ed io che non an-cora sazio faccio una scorpacciata di letteredellÊalfabeto messe insieme ad hoc sullÊul-

LÊALBAA Martina. Per la sua presenza quotidiana nella miavita, questo articolo è a lei dedicato.di Giovanni Esposito

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timo libro che ho comprato in questi giorni.Tra un capitolo e lÊaltro a volte ti capita dichiudere un poco gli occhi e di riposarti inattesa dellÊorario dellÊautobus che ti porteràal lavoro.Lo prendo ogni giorno alla fermata inpaese, e in mia compagnia alle 16.30 trovosempre un nutrito gruppo di amichetti.Laila, Oscar e Batuffolo sono i cagnolini che

ho rinominato da quando mi sono accortoche come me aspettano alla fermata la spe-ranza di poter cambiare ancora di più e inmeglio la propria vita; ma non restandofermi, sperando nellÊautobus giusto che dalcapolinea possa accompagnarti verso i tuoisogni.Sono le 18.00, comincia la mia giornata dilavoro, mentre mi dirigo al ristorante vedotanta gente per strada, incrocio gli sguardi

e ne vedo lÊandatura. Ognuno in camminoper la propria strada anche se percorriamola stessa.Tante sono le tipologie di persone chevedo: vestite e pettinate da gran serata,sporche di calce e facce stanche dal lavorodi cantiere, capelli spettinati e legati conborsoni che perdono fogli dopo una gior-nata dÊufficio, Michele che prepara il suo

cartone alle spalle del cinema per la pros-sima notte, Maria che mette a posto le ca-micie nel negozio dove lavora, Francescoche ha fatto tardi come al solito per andarea prendere la figlia al doposcuola. Io mi appresto ad entrare nel ristorante enoto che è stata organizzata una festa di cuinon ne sapevo nulla. Allora corro per cam-biarmi e mettermi allÊopera. Tra la rabbiaverso il titolare, la paura per i preparativi

tempestivi, il dolore per il fatto che a quellafesta avrei voluto esserci ma devo lavorare.Tra gli scontri con i colleghi per le incom-prensioni che non mancano mai.Tra un sorriso ed un abbraccio con lo chefche tanto mi aiuta nel lavoro.Tra un gesto dÊaffetto e una pacca un poÊpiù forte sulla spalla al cameriere che sba-glia la comanda.

Tra questo e quello sono pronto ad escla-mare⁄Ho vinto io!Anche oggi!!Senza lÊamore per la vita, per la propriavita, tutto questo non sarebbe stato possi-bile.Grazie a chi con me condivide gioie e do-lori. Grazie a chi fa parte tutti i giornidellÊamore della mia Vita!

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LiberaMenteLiberaMenteBimestrale dé La Casa sulla Roccia

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