LiberaMente - n.14 dicembre 2012

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L ibera M ente Il bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.14 dicembre 2012 APPROFONDIMENTO Nonostante difficoltà e pe- riodi „bui‰ la redazione di Li- beraMente ha deciso di affrontare ancora una volta un argomento scomodo e per certi versi insidioso: La Violenza. Scomodo perché nellÊaffron- tarlo si rischia facilmente di deviare verso sentieri costel- lati dalla banalità. Insidioso perché può risve- gliare intime risonanze a volte dolorose in ognuno di noi... ma probabilmente la violenza è figlia della Paura e dellÊIndifferenza, per cui ci è sembrato giusto sfidare tutte le nostre perplessità anche con un pizzico di ingenuità e follia, esplorando la dimen- sione della Violenza in vari aspetti della vita sociale, dalla violenza negli stadi a quella domestica, passando per il mobbing e lo stalking. Senza avere la presunzione di avere risposte o ricette, crediamo sia sempre meglio guardare negli occhi anche la parte più oscura dellÊanimo umano. L’ASSOCIAZIONE Casa aperta le voci di dentro pag.2 EVENTI Agricoltura Sociale pag.23 - 1 - SEOUL - 25.000 volontari preparano il pranzo per i più poveri. Si chiama Kimchi ed è il piatto tradizionale coreano I produttori di dipendenza pag.20 LA STORIA La strada pag.22 LÊEDITORIALE di Luigi Numis Abbiamo deciso di dedicare questo numero di Li- beraMente al tema della violenza perché abbiamo ritenuto giusto farlo in un periodo violentemente complicato come quello che ogni giorno viviamo. Non cÊè bisogno di una guerra in atto per annu- sare la violenza e il suo senso acre, non cÊè biso- gno di eserciti in marcia e di civili inermi sotto bombe o proiettili vaganti. Convenuto che in molti paesi la violenza della guerra è ancora quella più presente, converremo anche che non cÊè bisogno della violenza delle armi per accen- dere gli allarmi contro il fenomeno forse più sub- dolo della subdola civiltà occidentale contemporanea. Ad ogni epoca la sua violenza, purtroppo. Soprattutto chi abbia un figlio piccolo, adole- scente o comunque giovane sa perfettamente quello di cui parliamo. Come al solito infatti sono i più piccoli a subire le belle trovate dei grandi, a vivere il mondo creato dai padri. E il mondo dei genitori troppo spesso si rivela un ricettacolo di violenze per i figli, un caleidoscopio di imbecillità diffuse e incondizionate, nel senso che devono essere accettate senza condizioni da tutti. Alcuni lo chiamano il pensiero unico, e lo traslano dalla sola sfera politica a tutti gli aspetti della vita turbo capitalista cui sembriamo condannati. Del resto il vecchio adagio che dice che ogni gesto è poli- tico andrebbe interpretato, piuttosto che essere liquidato come cianfrusaglia ideologica del secolo scorso. Ogni gesto è politico vuol dire che ogni atto della vita quotidiana è dettato dalle politiche (economiche) dei teorici del consumo che ci go- vernano, avendo ottenuto dalla politica (classica) una sorta di diritto di prelazione sulle nostre ta- sche e sulle nostre sinapsi. „Oggi decidono tutto i banchieri‰ è la sola frase fatta davvero difficile da contraddire. Poi ci sono gli esecutori dei ban- chieri, gli esegeti dei nuovi testi sacri e i fanatici delle liturgie comunicative del nulla, epperò ad- destrati a governare le menti dei fedeli. Quello che una volta facevano preti e monache (educare i fedeli e orientarli nella vita di tutti i giorni) oggi lo fanno loro, e anche ai non fedeli. E la forzature dettate dallÊeconomia e dalla pub- blicità diventano spesso motori dei nostri deliri, artefici delle nostre frustrazioni, basi delle nostre violenze, assiomi del nostro stare al mondo. Come analizzare altrimenti tutte quelle nuove forme di violenza di cui non avvertiamo il cla-

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Mente il bimestrale dell'Associazione La Casa sulla Roccia - Centro di Solidarietà

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LiberaMenteIl bimestrale de La Casa sulla Roccia - n.14 dicembre 2012

APPROFONDIMENTO

LA VIOLENZA

Nonostante difficoltà e pe-riodi „bui‰ la redazione di Li-beraMente ha deciso diaffrontare ancora una voltaun argomento scomodo eper certi versi insidioso: LaViolenza.Scomodo perché nellÊaffron-tarlo si rischia facilmente dideviare verso sentieri costel-lati dalla banalità.Insidioso perché può risve-gliare intime risonanze avolte dolorose in ognuno dinoi... ma probabilmente laviolenza è figlia della Paura edellÊIndifferenza, per cui ci èsembrato giusto sfidare tuttele nostre perplessità anchecon un pizzico di ingenuità efollia, esplorando la dimen-sione della Violenza in variaspetti della vita sociale, dallaviolenza negli stadi a quelladomestica, passando per ilmobbing e lo stalking. Senzaavere la presunzione di avererisposte o ricette, crediamosia sempre meglio guardarenegli occhi anche la parte piùoscura dellÊanimo umano.

L’ASSOCIAZIONE

Casa aperta levoci di dentropag.2

EVENTI

AgricolturaSocialepag.23

- 1 -

SEOUL - 25.000 volontari preparano il pranzo per i più poveri. Si chiama Kimchi ed è il piatto tradizionale coreano

I produttori didipendenzapag.20

LA STORIA

La stradapag.22

LÊEDITORIALEdi Luigi Numis

Abbiamo deciso di dedicare questo numero di Li-beraMente al tema della violenza perché abbiamoritenuto giusto farlo in un periodo violentementecomplicato come quello che ogni giorno viviamo.Non cÊè bisogno di una guerra in atto per annu-sare la violenza e il suo senso acre, non cÊè biso-gno di eserciti in marcia e di civili inermi sottobombe o proiettili vaganti. Convenuto che inmolti paesi la violenza della guerra è ancoraquella più presente, converremo anche che noncÊè bisogno della violenza delle armi per accen-dere gli allarmi contro il fenomeno forse più sub-dolo della subdola civiltà occidentalecontemporanea. Ad ogni epoca la sua violenza,purtroppo.Soprattutto chi abbia un figlio piccolo, adole-scente o comunque giovane sa perfettamentequello di cui parliamo. Come al solito infatti sonoi più piccoli a subire le belle trovate dei grandi, avivere il mondo creato dai padri. E il mondo deigenitori troppo spesso si rivela un ricettacolo diviolenze per i figli, un caleidoscopio di imbecillitàdiffuse e incondizionate, nel senso che devono

essere accettate senza condizioni da tutti. Alcunilo chiamano il pensiero unico, e lo traslano dallasola sfera politica a tutti gli aspetti della vita turbocapitalista cui sembriamo condannati. Del restoil vecchio adagio che dice che ogni gesto è poli-tico andrebbe interpretato, piuttosto che essereliquidato come cianfrusaglia ideologica del secoloscorso. Ogni gesto è politico vuol dire che ogniatto della vita quotidiana è dettato dalle politiche(economiche) dei teorici del consumo che ci go-vernano, avendo ottenuto dalla politica (classica)una sorta di diritto di prelazione sulle nostre ta-sche e sulle nostre sinapsi. „Oggi decidono tuttoi banchieri‰ è la sola frase fatta davvero difficileda contraddire. Poi ci sono gli esecutori dei ban-chieri, gli esegeti dei nuovi testi sacri e i fanaticidelle liturgie comunicative del nulla, epperò ad-destrati a governare le menti dei fedeli. Quelloche una volta facevano preti e monache (educarei fedeli e orientarli nella vita di tutti i giorni) oggilo fanno loro, e anche ai non fedeli.E la forzature dettate dallÊeconomia e dalla pub-blicità diventano spesso motori dei nostri deliri,artefici delle nostre frustrazioni, basi delle nostreviolenze, assiomi del nostro stare al mondo.Come analizzare altrimenti tutte quelle nuoveforme di violenza di cui non avvertiamo il cla-

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more mediatico ma sicuramente quello dellanostra volontà (i mistici la chiamano anima),scippata dei suoi poteri di giudizio e resi-stenza dalla tortura del battage pubblicitarioe sociale? Anche sociale, proprio perché lesocietà civili stanno progressivamente per-dendo i loro anticorpi contro i virus esternied interni che ne minano garretti ed ener-gie, tutto a favore di manie e ossessioni fun-zionali al perverso disegno delproduci-consuma-crepa. Il dramma neldramma è che adesso il primo elementodella serie, quello teoricamente propedeu-tico agli altri, diventa una conquista difficile,quando non un inganno, mentre gli altri duerimangono apparentemente alla portata ditutti. Il risultato? Quello che abbiamo sottogli occhi, una crisi economica senza prece-denti che diventa crisi di idee senza prece-denti. UnÊinstancabile routine di consumo

fine a sé stessa che arricchisce i già ricchi eimpoverisce i già poveri, e che crea disvalorie nuove violenze. Inutile elencarle, in granparte sono comunque quelle „solite‰, decli-nate nei nuovi modi del vivere virtuale eprecario, senza ancoraggi certi ad una di-mensione di vita veramente umana e cioèsociale. Alle vecchie graduatorie di violenzese ne aggiungono poi di nuove, a pettine,entrando di prepotenza negli interstizi esi-stenti fra una debolezza umana e lÊaltra, frauna frustrazione e lÊaltra, fra una dipen-denza e lÊaltra. Quasi sempre buone a farsoldi e a far girare le pal(l)e dellÊeconomia.Senza alcun rispetto per le vittime, e nean-che per i carnefici inconsapevoli, assistiamoquasi divertiti al trionfo di questa ipocritacongrega. A nostro parere una vera e pro-pria emergenza sociale, nascosta fra le pie-ghe di stili di viti considerati normali e

integrati, di fronte alla quale non servonopiù palliativi e predicozzi, ma azioni con-crete e mirate. Politiche insomma, di tipoautenticamente sociale e quindi risolute. Unnew deal dei costumi e delle comunicazioni,evitando certamente bacchettonerie e mo-ralismi pedanti, ma riportando indiscutibil-mente al centro dellÊattenzione lÊuomo e ilsuo diritto di scelta, un passo in là rispettoallÊuomo e il suo diritto (o dovere?) al con-sumo. Abbiamo „inventato‰ e garantitotanti giusti diritti, ma sul più bello abbiamosmarrito lÊansia propulsiva di tutto questaricerca: il progresso civile dellÊuomo comeessere razionale, intelligente e pacifico. Lavecchia idea rousseauiana di uomo, che piùnuova non potrebbe essere⁄LÊanticonformismo elevato a sistema, forsesolo questo è il contravveleno.

Buona lettura.

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L’ASSOCIAZIONE

Casa apertae le voci didentro

di Pina Pedidici

Il 25 Ottobre 2012 la Comunità Terapeu-tica „Villa Dora‰ de „La Casa sulla Roccia‰ha ospitato lÊevento di Casa Aperta al terri-torio avellinese e alle sue maggiori istitu-zioni; pertanto ha aperto gli spazi di unluogo che per definizione è residenza pro-tetta, accogliendo gli ospiti nel caloreumano dellÊamicizia e della reciprocità.

Padroni di casa, Maria Rosaria Famoso, re-sponsabile dellÊUfficio Pubbliche Relazioni,e Franco Lo Priore, responsabile terapeu-tico de „La Casa Sulla Roccia‰, della FaseAccoglienza e della stessa Comunità, hannointrodotto gli ospiti agli interventi, disegnan-done la cornice e chiarendone il percorso,

dei relatori della giornata, quattro dei nostriragazzi, le nostre voci di dentro, che attra-

verso la loro esperienza di vita nel Pro-gramma Terapeutico conoscono etestimoniano il senso ed il valore profondodellÊimpegno che „La Casa sulla Roccia‰porta avanti.E per questa stessa ragione che affidiamoanche il racconto di questa piacevole gior-nata di fine ottobre a loro, ai ragazzi.

Cristian è il primo a condurre tutti i pre-senti nel percorso del Programma Terapeu-tico, nella sua anima spirituale.Paura, emozione e tanta voglia di mettermiin gioco: mi era stato chiesto di intervenireal Convegno del 25/10/2012, tenuto inComunità, a Villa Dora, in occasione di una„Casa Aperta‰ alle istituzioni locali. Ho compreso subito lÊimportanza e lÊatten-zione che avrei dovuto impiegare nellÊespo-sizione del Programma Terapeutico basatosu „Progetto Uomo‰, visto dai miei occhi,dagli occhi di chi questo progetto lo sentesulla pelle, lo ha vissuto e lo vive e se nesente beneficiato. Accanto a me i compagni di questo viaggiodi vita:Mario racconta la sua storia personale,

aprendo importanti riflessioni nei cuoridegli ospiti intervenuti; poi Carmelo, miaspalla ed amico, porta la sua di testimo-nianza riguardo lÊimportanza della rete in-visibile, la preziosa rete degli amici, che titiene sempre se sei incerto o sbagli lastrada; infine Teresa, per me oggi una so-rella, che parla delle difficoltà del suo per-corso di Reinserimento in un territorio,come tanti, non fertile di opportunità lavo-rative per lÊautonomia, ma anche delle suebuone speranze per il domani.Come me i miei amici, tutti noi oggi siamopronti a rimetterci in gioco, più forti e sicuridi quello che siamo.

Dopo Cristian, si racconta Mario.Dopo anni di solitudine e di sofferenze,spesi con una vita fatta di sfide, compro-messi ed accettazioni negative, grazie alpercorso intrapreso, ho iniziato a rivalutarela mia esistenza sentendomi oggi una per-sona capace di amare, amarsi ed essereamata. Nel corso della mia vita la condi-

zione dellÊuso di sostanze è stata accompa-gnata da illegalità ed è per questo che lapartecipazione a questo Convegno è stataper me una rivalsa, una rivincita sullÊuomoche non voglio essere più. In questo incon-

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tro, che ho vissuto con tutte le paure e leansie che comporta lÊessere testimone di-retto di un passato travagliato, ho riscopertoed assaporato la mia scelta al cambiamentoche man mano ha preso forma. EÊ statobello perché mi sono sentito libero di testi-moniare di fronte a tante personalità la miascelta di sposare il valore ed i principio dellalegalità, che nel tempo della droga è statocima irraggiungibile e per questo nemica. Libero ma non da solo. LÊaver vissuto con imiei amici lÊansia dei preparativi è stato per

me una piccola sicurezza, un desiderio rea-lizzabile. Alla fine del Convegno ci siamodetti: legalità non è solo osservanza di re-gole, ma rispetto per sé e per gli altri, re-sponsabilità ed onestà, possibilità di

raggiungere nuovi orizzonti, costruiti su so-lide fondamenta che oggi rappresentano laluce e la strada per poter finalmente ritor-nare a sorridere.

Poi, le riflessioni di Carmelo.Nel Convegno ha parlato di come ero„prima‰, ieri, una persona sola e spenta,delle difficoltà che ho incontrato durante ilmio percorso, dal non avere mia madre vi-cino, cosa che mi ha sempre mandato incrisi, fino ai problemi di salute che mi hannoportato a pensare che non mi sarei più rial-zato da un letto e come, a differenza di„prima‰, sono riuscito ad affrontare tuttoma non da solo con lÊaiuto dei miei amiciche tuttora mi trovo sempre vicino e chesono la mia forza, la mia vera forza vitale, ilsenso profondo della mia vita e lÊobiettivodella strada percorsa fino a qui.Oggi sono una persona buona con tantabuona volontà e voglia di vivere, che cercadi trasmettere agli altri tutta lÊallegria e lapositività che possiede.

Infine Teresa, e la sua speranza, la speranzadi un domani in cui lÊimpegno e la respon-sabilità costruiscano una autonomia piena,la speranza di una donna – come lei stessadice - che nel percorso ha iniziato a vedereuna luce che splendeva, e che ne ha alimen-tato lÊessenza. Questa donna oggi guarda aldomani con gli occhi di chi, dopo tanto di-sperare, con fiducia si incammina in unnuovo viaggio.

LÊesposizione del percorso del ProgrammaTerapeutico attraverso lÊemozione di questeanime e la forza di queste testimonianze hasollecitato anche lÊintervento del Prefetto diAvellino Dott. Umberto Guidato, che si èschierato a fianco di tanto impegno e tantainiziativa per affrontare il disagio e per pro-

muovere il benessere sociale.

Mauro Aquino, Presidente de „La Casasulla Roccia‰, ha condotto a conclusione ilpercorso di questa mattinata vissuta in-sieme, offrendo in completa trasparenza,

come un dono a tutti gli ospiti, come il re-galo di un valore aggiunto e di una ricchezzanuova, i contenuti dellÊimpegno attualedellÊAssociazione e le linee progettuali del-lÊimpegno futuro, aprendo il servizio de „LaCasa sulla Roccia‰ al territorio, attraversouna aperta collaborazione con le istituzioni,una collaborazione importante e sostanzialesui bisogni da ascoltare e i problemi da ri-solvere.

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BREVE CHIACCHIERATACON IL „CUORE‰ DELLÊACCOGLIENZAdi Franbcesco Iannicelli

Intervista a Elena Ioime

Nel preparare questa chiacchierata con Elena oltre alla consuetapaura di risultare banale nelle domande, serpeggiava in me unasorta di timore reverenziale nei confronti di una persona che datanti anni vive e respira appieno la realtà de „La Casa sulla Roccia‰.Ci si sente sempre un poÊ inadeguati...Dopo unÊiniziale (blanda per fortuna...) reticenza da parte di Elenaper la sua proverbiale riservatezza, ci sistemiamo in una stanzettariservata e vengo accolto dal suo sorriso franco e dai suoi occhipieni di umanità e tutte le perplessità si sciolgono in una sensazionedi casa e familiarità.Elena, da quanto operi al Centro? Da tanto tempo... Dal 1988,come volontaria. Inizialmente ci alternavamo con turni settimanalialla segretaria io e altri volontari. Poi, dopo un anno, mi è statoproposto un impegno fisso tutti i giorni della settimana ed io hoaccettato con entusiasmo.In cosa consiste il tuo lavoro alla segreteria? Oltre al lavoro di se-greteria, mi occupo dellÊorganizzazione della spesa e della cucina.Inoltre mi occupo di accogliere le persone che si avvicinano allanostra realtà con i colloqui, cercando di offrire un volto accoglientea chi quasi sempre arriva con la disperazione negli occhi...Mi racconti lÊoccasione di incontro con La Casa sulla Roccia? Cometante persone che operano qui, mi sono avvicininata perché avevoun nipote con problemi di dipendenza.Cosa ti ha spinto a rimanere? LÊamore per i ragazzi... Vederli com-battere per la propria vita ogni giorno ti da la carica per rimanere.Hai avuto momenti di difficoltà o di sconforto? Si, purtroppo. Laperdita di un ragazzo 20 anni fa. Non è facile accettare che moltidi loro rifiutano la vita. E così, per me, ogni ragazzo che abbandonail programma, o peggio ancora perde la vita, è come perdere unmio familiare...(i suoi occhi a questo punto si inumidiscono, elÊemozione di una donna appassionata e materna si manifesta conuna tenerezza avvolgente)Il ricordo più bello? La prima graduazione dei ragazzi. Ricordopoco i dettagli, ma conservo nel mio cuore tutta lÊemozione cheho vissuto!Cosa pensi quando vedi entrare un nuovo ragazzo?Mi auguro chenon molli. Spero che prosegua il cammino nonostante le difficoltà.

Fuori ci sono tanti ragazzi che se ne sono andati, molti hanno tro-vato la morte. Io posso solo stare accanto a loro per incoraggiarli,poi tocca a loro...Cosa ti viene chiesto in quei momenti? Di solito mi chiedonoquanto tempo occorre per completare il programma,, ma poi ogniragazzo è una storia a sé. Vedo la disperazione negli occhi dei ge-nitori, stanchezza, anche timore.Tra 10 anni come immagini il tuo lavoro? In tanti anni sono cam-biate tante cose, alcune anche difficili da accettare. Nel complessoperò tutto il Centro è cresciuto, ha aumentato i suoi campi di atti-vità, vedi il Centro per le Adozioni. Il mio augurio è che il Centroapra sempre di più le porte a chi ha difficoltà e voglia di essere aiu-tato.E il centro? Come lo immagini? Speranze? Progetti? LÊunica spe-ranza, lÊunico progetto che ho è solo per i ragazzi, che possanoavere la forza di cambiare la loro vita e quella delle loro famiglie.Ultima domanda, come mai tutti ti chiamano „zia Elena‰? Primaaddirittura mi chiamavano „Lenuccia‰... Ora per tutti zia Elena,anche per i più grandi. Non saprei dire il perché. forse perché miaffeziono e divento per loro una zia... e a me fa molto piacere es-sere chiamata così!A questo punto Elena mi interrompe e mi chiede di dire un ultimopensiero chiedendomi caldamente di pubblicarlo.„Scrivi che tutti i ragazzi sono sempre nel mio cuore. Il mio pen-siero va soprattutto a chi non ce lÊha fatta. Nonostante tanti annitrascorsi ci sono molti ragazzi che mi chiamano e con cui ho ancoradei rapporti di amicizia e di „famiglia‰. Questa per me è la gioiapiù grande. Il ritorno umano più emozionante‰Allora dopo queste semplici ma intense parole ho capito perchétutti la chiamano zia Elena. Forse Elena con il suo cuore grande epieno di affetto rappresenta il volto familiare e caldo di Casa sullaRoccia.

experience & supportLa Casa sulla Roccia è un’ Associazione di Volontariato che opera

sul territorio come centro di solidarietà dal 1985. E’ composta da

un gruppo di soci volontari e da un’equipe di operatori che offrono

quoidianamente il proprio contributo.

Far parte dell’Associazione significa voler essere al servizio delle

persone avendo a cuore il miglioramento della qualità della vita.

Pertanto nei confroni della colleività ci assumiamo la responsa-

bilità di operare in maniera trasparente aiutando la persona ad aiu-

tarsi ed a raggiungere un maggiore benessere.

Rione San Tommaso 85 - Avellino

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COLOMBIA

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E poi se ne lavano le mani fa-cendo pidocchiose campagnepubbliche contro il gioco dÊaz-zardo⁄Prima però fanno tante pubbli-cità a favore dei giochi dÊaz-zardo, adornate con rouletteluccicanti, slot machines conve-nienti, poker virtuali, casinò online e scommesse pure sullecorse delle formiche; e alla fine,dopo averti stuzzicato tutti isensi e innescato le peggioribramosie dellÊumana condi-zione, ti dicono quasi di stra-

foro: „Attenzione, giocaresponsabilmente‰. E che ca-volo significa gioca responsabil-mente?! Per i ragazzi e per gliadulti più sempliciotti, „giocaresponsabilmente‰ si traduce fa-cilmente in „gioca con respon-sabilità, cioè gioca fino aquando non riesci a vincere‰.Ora, gli studiosi del fenomenohanno accertato che in tutti inuovi giochi dÊazzardo il bancovince sempre (bella scoperta!),così il paradosso è bellÊè fatto ela nuova dipendenza pronta peressere immessa nella centrifugadelle notizie riempitive e nelmercato dei nuovi servizi socio-psicologici. E poi si sa, il popolo

giocatore aumenta sempre neiperiodi di crisi economica, perquesto lÊunica industria attual-mente in crescita è proprioquella dei giochi. Fatevi un girosui siti di offerte di lavoro (se la-voro si può ancora chiamarequello che ti offrono) e vi rende-

rete conto della ricchezza delsettore.Il fatto è che l'invito a vincere fa-cile è continuo e l'accessibilità aquesti giochi è facilissima: oranon è più il giocatore a cercareil gioco ma è il gioco a cercareil giocatore. Da rituale come po-teva essere la schedina della do-menica di tanti anni fa (con lefamose „quote popolari‰), oggiil gioco è diventato consumo(ma guarda un poÊ), disponibile24 ore su 24 anche grazie a in-ternet. E' veloce, immediato, dif-fuso in forme diverse eaccattivanti, in grado di attrarretutti i ceti sociali, soprattuttoquelli più „bisognosi‰.Sul problema dello Stato-biscaz-ziere già abbiamo detto nei nu-meri scorsi, sul fatto che loStato ormai prenda parte deisuoi proventi da giochi e lotterie

milionarie già abbiamo detto,sul fatto che la principale retetelevisiva nazionale ci propiniogni sera uno stupido giocodÊazzardo per famiglie non pos-siamo farci nulla se non cam-biare canale (o spegnere latelevisione). Non è nelle nostrepossibilità cambiare il mondo,men che meno migliorarlo.LÊunica cosa che possiamo fareè denunciare quello che non cipiace, fare lÊanalisi rigorosa difenomeni perversi e dannosiper la salute pubblica, diffon-dere e portare alla conoscenzadi quanti più possibile situazionie notizie spesso ignorate dai so-liti mezzi di informazione per tu-telare interessi economici e

introiti pubblicitari. E nel casospecifico la notizia, seppur da-tata di qualche mese, è grossa,forte, insopportabile, talmenteinsopportabile da passare quasiinosservata.La fredda cronaca: UmbertoRapetto da qualche mese non èpiù un colonnello della Guardiadi Finanza. Ufficialmente si ètrattato di dimissioni. Ufficiosa-mente pare che desse parecchiofastidio a „poteri forti‰, alla po-litica e alla criminalità organiz-zata. Per questo è statogentilmente invitato a farsi daparte e a seguire un corso diperfezionamento. Da qui le di-missioni.Chi è Umberto Rapetto? Nomeper lo più sconosciuto alla pub-blica opinione, per quanto

siamo di fronte a un superesperto di informatica e di lottaalle frodi fiscali. Autore di nume-rose pubblicazioni, è anche do-cente universitario. Le suecompetenze e la sua intensis-sima attività hanno consentitoal nostro Stato di individuare mi-gliaia di (grandi) evasori fiscali.Peccato che poi le somme con-cretamente recuperate sonospesso state minime. Ebbene,per cinque lunghi anni Rapettoe i suoi collaboratori hanno in-dagato sulle organizzazioni chegestivano il gioco d'azzardo inItalia senza pagare le imposte.Finché un giorno del maggio

2007 ha chiuso il dossier e hafatto arrestare quindici persone.Rapetto si è presentato in giu-dizio con migliaia di pagine diprove e con conti precisi. Per ilpubblico ministero della Cortedei Conti le dieci società dei vi-deopoker sotto accusa dove-vano allo Stato italiano 98miliardi, 456 milioni, 756 milaeuro. Cifra mostruosa, metafi-sica eppure reale, superiorepersino alle ultime quattro ma-novre finanziarie messe as-sieme. Gli imputati, fra unrinvio e lÊaltro e mille cavilli,hanno offerto cinquecentomilaeuro (sic!) di risarcimento. Allafine i giudici hanno imposto allesocietà il pagamento di „ap-pena‰ 2,5 miliardi di euro. Losconto è di quelli che nemmenonella più fallimentare delle aste:96%! Qualcuno ne ha parlato in

Aziende mai incrisi: i produttori di dipendenza.di Luigi Numis

I colossi del gioco d’azzardo stanno creando

danni sociali ed economici, eppure lo Stato sem-

bra proteggerli, anche quando evadono al fisco

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TV o sui giornali, ma sullÊargomento presto è calato lÊoblio. Nonvogliamo adesso ripercorrere le tappe della vicenda (ancora in attoe oscura per molti versi), sarebbe noioso, ma riflettere sullÊatteg-giamento della Corte dei Conti e quindi dello Stato. A parte la so-stanziale assoluzione dallÊaccusa di evasione fiscale (più o menoderubricata a qualcosÊaltro), quello che lascia sbigottiti è la debo-lezza dello Stato nei confronti di questi giganti del danno sociale,la sua indulgenza verso i dolosi portatori dei nuovi virus epidemicidellÊautorovina, la sua strafottenza verso tanti contribuenti costrettia pagare fino allÊultimo centesimo su CUD da fame o quasi. E que-sto sarebbe il regime di giustizia contributiva promesso dal governodi salvezza nazionale? Se la salvezza nazionale deve essere la sal-vezza dei colossi del business selvaggio, ci tenevamo la destra eBerlusconi, almeno nel prezzo era compreso il cazzeggio da circomagico. Inutile e irritante poi fare le solite demagogie (?) populistesu quello che si sarebbe potuto fare con novantasei miliardi dieuro⁄Qui non cÊè tanto da studiare, si sarebbe potuto fare tutto! Esistemare tutto senza tagliare nulla! Welfare, Sanità, Scuola, Uni-

versità, Energie Alternative, Sicurezza. Anche i conti pubblici seproprio necessario. Ma poi i professoroni cosa avrebbero fatto?Fare una manovra economica senza supercazzole e senza impove-rire i cittadini con una giusta dose di lacrime e sangue? No, vedimai che si abituano troppo bene⁄Ma oltre allÊaspetto economico ve nÊè anche un altro, più sociale,da mettere sotto la lente. Pensandoci bene infatti, proprio nel mo-mento in cui avrebbe potuto dare un colpo letale al gioco violentoe alle sue deformazioni (nonché a gestori legati spesso alla crimi-nalità), lo Stato ha avuto paura, si è calato le braghe, si è lasciatointimorire da chissà quali pressioni, si è sottratto alle sue respon-sabilità sociali appunto, e ha dato implicitamente via libera alla de-finitiva legalizzazione del gioco e disconoscimento del conseguentedanno (il paese di Azzardopoli lÊha ribattezzato don Ciotti). Undanno che però cÊè e andrà ancora aumentando nei prossimi anni,quando forse potremo scommettere anche nelle sale dÊattesa deimedici di famiglia, trasformandosi in ulteriori costi (socio-sanitari)per la collettività. E il sociale chiederà soldi al sanitario, che chie-derà soldi alle Regioni, che chiederanno soldi allo Stato, che chie-derà soldi allÊUnione Europea, che chiederà di chiedere quei soldiai cittadini. Che tenteranno la fortuna per risollevarsi⁄Il vecchioPinuccio Daniele cantava „Ce girino, ce votino, ce renghino Âetasse!‰

La Casa sulla Roccia

Avellino

0825/72420 - 72419

[email protected]

Progetto per la dipendenza da gioco.

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C.Arcidiacono e I. Di NapoliSono caduta dalle scaleEditore, Franco Angeli

Familiari, medici di famiglia, parroci e amicinon vedono la violenza indicibile sulle donneperpetrata tra le mura domestiche. Il prontosoccorso accoglie donne cadute dalle scale,da cui il titolo del volume. I servizi territorialinon riconoscono l' asimmetria maschio fem-mina e la prescrittività sociale del genere chespesso domina le famiglie. La violenza do-mestica è pertanto invisibile fintanto che

non esita in femminicidio. Che fare? Come dar voce alle donne e im-pedire il massacro in "nome dell'amore"? Il volume inquadra a livellostorico e sociale la violenza di genere in famiglia al di là di ideologismie semplificazioni e presenta i risultati di una vasta e originale ricerca conmedici, parroci e operatori dei servizi. Descrive inoltre esperienze condonne, figli - vittime della violenza cui hanno assistito - e coppie conpartner prevaricatore, fornendo riflessioni e indicazioni per il tratta-mento e la presa in carico.

Charline Dschischkariani Lasciami lasciartiEditore, Aliberti

Lasciami lasciarti è il grido soffocato di chivorrebbe essere lasciato in pace, di chi,come avviene in queste pagine, raccontain chiave nuova e coinvolgente una storiache evidenzia la natura perversa e intricatadel doppio legame che si instaura tra la vit-tima/complice e il carnefice/persecutore.Ma Lasciami lasciarti è, soprattutto, una

storia vera raccontata con onestà, senza giudizi né presunzione,nella quale lÊautrice non si limita a denunciare i fatti, ma si spingea una riflessione sui propri comportamenti, sulle responsabilità dientrambi gli attori di una storia che da idillio amoroso finisce pertrasformarsi in un girone dantesco e in cui il gioco delle parti è incontinuo divenire.

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l’APPROFONDIMENTO

PERCHEÊ IO NO ?di Carmine Tramontano e Giuseppe Barbarisi

Il cambio di prospettiva di chi ha deciso di ab-

bracciare la vita

Cosa significa per noi Violenza? Se ce lo avessero chiesto qualchetempo fa avremmo risposto che la violenza è lÊunico modo che lÊuomoha per difendersi e per affermare la propria persona allÊinterno dellasocietà. Oggi pensiamo invece che crudeltà, ferocia, brutalità, mal-trattamenti, abusi e soprusi, che determinano solo tanta sofferenza,sono le parole ed i comportamenti che più esprimono il vero concettodi violenza.La violenza che vediamo nelle strade, che peraltro abbiamo provatosulla nostra pelle, è un qualcosa che a volte segna per la vita chi lasubisce: avrà paura in ogni momento della giornata, paura di usciredi casa e non rientrarci più. Per chi la agisce, invece, significa vivere

con rimorso, sopraffatto dal peso dei propri errori e delle propriescelte sbagliate. In Comunità si lavora sul significato della violenzaagita, sul significato del non volersi bene, perché fare violenza è viveresenza diritto di poter essere amati e di poter amare. Spesso chi lacompie è già arrivato a voler ripudiare il proprio corpo e la propriaanima. Credeteci: dalla violenza agita su noi stessi si parte per la vogliadi riscatto, di quella agita verso gli altri rimangono lÊamarezza, la ver-gogna, il dolore.CÊè un momento dove tutto questo ha voce ed abbiamo la fortuna diaver capito che le azioni di bene, il restituire agli altri ciò che abbiamopreso o non dato, ci dà la possibilità di riabilitarci come uomini. Infatti,con il senno di poi ed alla luce del profondo lavoro svolto in Comunità,ci rendiamo conto che la violenza è stata la risposta alla solitudine eallÊegoismo, ma, infondo, noi abbiamo bisogno di alimentare lÊinnatoistinto di ogni essere umano: lÊamore. La vicinanza, la condivisione,il rispetto per sé e per gli altri, che conosciamo in Comunità, ci stannodando la forza per abbattere quel muro fatto di violenza di ogni ge-nere, dalla fisica alla verbale, dalla personale a quella verso gli altri,per ricostruire un forte legame con chi ci è accanto che ci consentedi accettarci e di farci accettare per quello che siamo veramente e nonpiù per quello che abbiamo sempre voluto dimostrare.„PERCHEÊ IO NO?‰. Da bambini ci chiedevamo perché a noi dellepiccole cose non venivano date e ci arrabbiavamo dicendo „perchéio no?‰ che diventava paura di non essere amati, dolore, rabbia⁄Oggi in Comunità questa domanda ha cambiato i suoi colori: perché

L A V I O L E N Z A

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io non posso vivere una vita in modo sereno con me stesso e con ilmondo che mi circonda? Perché non posso sorridere alla vita consi-derato che ogni giorno rappresenta il periodo migliore per amare lebellezze che i nostri occhi hanno avuto - ed hanno - la fortuna di os-servare? E allora ci mettiamo a fare, a sudare per una vita migliore,per donare a qualcuno ciò che ci viene regalato e che ci fa ritrovare la

gioia di vivere. Perché vivere veramente è vivere in pace. E allora ec-coci qua gli uni accanto agli altri al solo scopo di progettare un qual-cosa che sicuramente avrà il sapore della rivincita e del riscattopersonale. Cammineremo a testa alta per le strade percorse nei mo-menti bui e saremo lo specchio per tante persone che, come noi, cela possono fare.

Progetto de

La Casa

sulla Roccia

e del Teatro

di GLUCK

MOBBING: IL LAVORO VIOLENTO!!!di Edda Lombardi

Imparare a riconoscerlo per imparare acombatterlo: il mobbing e il lavoro nonsano. Dai primi segnali al vero attacco.Ecco come muoversi!Il lavoro dovrebbe rappresentare lÊiniziodella realizzazione di una persona a seguitodel quale lÊindividuo organizzerebbe la pro-pria vita futura. Tutti noi speriamo sempredi svolgere un lavoro che ci piaccia. Quantevolte da bambino si dice: „Da grande sarò⁄‰, ma non sempre ciò è realizzabile e quindi,a volte, pur di lavorare, pur di avere una mi-nima indipendenza si accetta quello che cicapita tra le mani, senza essere „choosy‰come dice il nostro ministro Fornero. Ac-cettare un posto che non ci realizza gia èpoco gratificante; se a ciò si aggiunge ancheun posto lavorativo per nulla „accogliente‰ecco che la fine non è lontana. Spesso in-fatti può capitare che sul posto di lavoro siverifichi o forse meglio, si attui un processodi riduzione dellÊindividuo che va sotto ilnome di Mobbing. Il termine mobbing fu in-

trodotto da Herald Ege che, sulla base delmodello di Leymann, elaborò un modelloche presenta sei fasi di sviluppo: •Il conflitto mirato: scelta della vittima;•Inizio del mobbing: inizio del disagio e fa-stidio psico-somatico;•Primi sintomi psico-somatici: insicurezza,insonnia e problemi digestivi;•Errore ed abusi dallÊamministrazione delpersonale: le continue malattie insospetti-scono lÊAmministrazione che non è al cor-rente del Mobbing;•Aggravamento della salute psico-fisicadella vittima: forme depressive e uso di psi-cofarmaci che tamponano soltanto il pro-blema sul lavoro, il quale, intanto, tende adaggravarsi. Tale aggravamento comportauna diminuzione o un impoverimento eco-nomico della vittima a causa delle continuevisite mediche a cui ella si sottopone;•Esclusione dal mondo del lavoro: dimis-sioni o licenziamento.Il mobbing quindi ha effetti devastanti sulla

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vittima: dal danno psicologico e fisico allamenomazione sulla capacità lavorativa esulla fiducia in se stessi. I soggetti mobbiz-zati mostrano infatti alterazioni dellÊequili-brio socio-emotivo (ansia e depressione),alterazione dellÊequilibrio psico-fisiologico(cefalea, disturbi gastro-intestinali, disturbidel sonno) e disturbi comportamentali (mo-difica dellÊalimentazione). CÊè quindi un ter-rorismo psicologico con una prevaricazionesempre più crescente. Queste azioni de-vono essere attuato con unÊalta frequenza(almeno una volta a settimana) e per unlungo periodo di tempo (almeno sei mesi).I meccanismi più frequenti sono: pettego-lezzi e calunnie sul lavoratore, controllo os-sessivo su telefonate, boicottaggiodellÊattività lavorativa, critiche continue edinfondate, retribuzione inferiore alla capa-cità e alle mansioni del lavoratore, lÊisola-mento dei colloqui. Il tutto viene fatto perindurre la vittima ad abbandonare il lavorosenza ricorrere al licenziamento. Perché si verifica il mobbing? Il mobbing

può essere messo in atto da colleghi (mob-bing orizzontale) o da superiori (mobbingverticale). Molto spesso esso viene attuatoa causa di una poco o scarsa collaborazionee invidia da parte dei colleghi. Magari i col-leghi notano una grande capacità lavorativa(molta competenza o semplicemente mododi gestire eventuali imprevisti in modo mi-gliore). La vittima quindi diventa il capoespiatorio su cui far cadere la colpa della di-sorganizzazione, delle inefficienze e dei fal-limenti. Il tutto può avvenire attraversoazioni palesi e violente o sottili e silenziose(isolando la vittima del reato dal gruppo),

disciplinari (attraverso lettere di richiami),logistiche (trasferendole in sedi periferiche),mansionali (affidandole compiti al di sottodelle sue competenze).Come il mobbizzato può reagire al mobber?Innanzitutto deve avere pazienza e non ce-dere allo scoraggiamento, alla depressionee soprattutto non pensare alle dimissioni.Magari se si raggiunge un periodo di stress,ricorrere ad un paio di giorni di malattia edi ferie evitando così di incorrere nel„danno biologico‰ nonché nel danno psico-fisico. Altra soluzione sarebbe quella di par-tecipare a corsi di autodifesa verbaleattraverso i quali il mobbizzato imparerebbead affrontare e gestire meglio la conflittua-lità della vita quotidiana per difendersi dagliattacchi verbali, bloccandoli e annullandoli.La vittima rispondendo adeguatamente sisentirebbe più sicura di se stessa, in talmodo riuscirebbe a salvaguardare la sua di-gnità⁄ NO AL MOBBING, SI ALLA PER-SONA!!!

„La metafisica‰...della violenzadi Anna De Stefano

Ciò che sei con te stesso lo sarai con gli altri.Lascia che questa sia una delle regole più importanti della

vita, quella fondamentale: qualsiasi cosa tu sia verso te

stesso lo sarai verso gli altri. Se ti ami, amerai gli altri. Se

stai fluendo nel tuo essere, fluirai anche nelle relazioni. Se

dentro di te sei congelato, sarai congelato anche al-

l'esterno. La dimensione interiore tende a trasformarsi in

quella esteriore, a manifestarsi in quest'ultima. (Osho)

Parlare della violenza è come parlare, argomentare di qualcosa dimolto generico, vasto che comprende tanti aspetti, che può esserevisto da varie prospettive (violenza tra i sessi, violenza psicologicao fisica ecc.) o anche da ottiche completamente diverse, „esisten-zialmente‰ diverse: il „dentro‰ ed il „fuori‰ dellÊessere umano, undentro e un fuori che si rispecchiano continuamente, solo che quasisempre non ne siamo consapevoli⁄ Partendo dal presupposto che lÊuomo è un essere triplice, com-posto da un corpo, una mente ed unÊanima (che corrispondono alfisico, non fisico e metafisico), proverò a fare un „percorso‰ perconoscere le origini ed il perché della violenza. Non parlerò deglieffetti spesso devastanti che si manifestano sul corpo e sulla mentedelle vittime, ma cercherò di andare alle sue cause, e quindi par-tirò dal mondo metafisico e da alcune affermazioni esistenziali, inparticolare mi soffermerò, se pur sinteticamente e brevemente,sulla tradizione kabbalistica , così comÊè ben spiegata da YehudaBerg nel‰Il potere della Kabbalah‰.Nella sua tavola smeraldina Ermete trismegisto affermava „Ciò

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che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è comeciò che è in basso, per compiere i miracoli della Cosa-Una (di unacosa sola)‰.„Interrogato un giorno come avviene il Regno dei cieli, Gesù ri-spose: "Il Regno dei cieli non viene come un oggetto visibile e nonsi dirà: è qui, oppure là. Perché il Regno dei cieli è dentro di voi";l'avverbio entos è rarissimo nel Nuovo Testamento, ricorre solo quiin Lc. 17:21 e in Mt. 23:26. Il significato è "dentro" (deriva peraltrodalla prep. en) quindi la traduzione corretta è "Il regno di Dio èdentro di voi" (tratto dal sito Qumram.net).Secondo il grande medico e alchimista Paracelso: „lÊinterno del-lÊuomo contiene il Cielo e la Terra e tutte le stelle, i Quattro Ele-menti, Fuoco, Acqua, Aria e Terra e i tre Principi, Sale, Zolfo eMercurio, cioè corpo, anima e spirito...‰.Tutto ciò significa che la creatura uomo contiene in sé tutto il Mi-crocosmo completo, esattamente come lÊimmenso Macrocosmoche si trova fuori.Quindi, allora, abbiamo un micro universo dentro e un macro uni-verso fuori, ossia lÊUno e il Tutto, lÊAlfa e lÊOmega, speculari lÊunocon lÊaltro e tutte e due sono la medesima cosa: lÊuomo si rispec-chia nellÊUniverso e lÊUniverso si rispecchia nellÊuomo e, cometutto è Dio, sta a significare che Dio e il suo regno si incontranodentro ciascuno di noi. Per gli antichi cabalisti „LÊuniverso fu originato dal nulla da un unicopunto di luce. Questo nulla è chiamato il Mondo senza fine, il qualeera colmo di Luce infinita. La Luce poi si contrasse in un unicopunto, chiamato lÊinizio, originando uno spazio primordiale. Dopoessersi contratto, il Mondo senza fine emanò un raggio di luce chesi espanse. Tutta la materia ebbe origine dal quel punto. (RabbinoIsaac Luria). Ma cosa centra lÊorigine dellÊuniverso con noi, uomini e donne del2000? La Luce non è Dio, ma unÊemanazione di Dio (come per es. il soleed i suoi raggi), che dona tutte le qualità fondamentali: la gioia,lÊamore, la pace, in una parola: la soddisfazione completa. QuestÊEssenza del Dare senza fine creò un ricevente (che nella Kab-balah viene chiamato Vaso) per condividere la sua essenza e cherappresenta il Desiderio di Ricevere. EÊ questa la Luce che brilla ed illlumina il 99% della Realtà. Qualericevente della Luce senza fine, il Vaso, unito profondamente allaLuce, era composto di due parti: unÊenergia maschile e unÊenergiafemminile, che per la Kabbalah hanno dei nomi in codice: Adamoed Eva. Questa creazione avvenne prima dellÊUniverso ed era ilMondo senza Fine. In esso viveva lÊarmonia, la perfezione, ma anche il voler essere lacausa della propria felicità, il creatore del proprio appagamento, ilvoler condividere questo appagamento ed avere il controllo dellapropria esistenza. Ciò che il Vaso non poteva avere, essendo statocreato, era la capacità di conquistare da solo il proprio appaga-

mento e decise, dunque, la sua Resistenza cioè la sua volontà direspingere la Luce. Così si creò il nostro universo, dallÊinfinito si creò il mondo finito,scandito dal tempo e dallo spazio(il big bang della scienza). Furonoinnalzati „dieci veli‰ (le dieci dimensioni o Sefirot) per schermare laLuce e creare una dimensione di semioscurità, dove la Luce rima-nente è quellÊenergia che permette allÊuniverso intero di esistere. Era nato il regno dellÊ1%. Lo scopo esistenziale dellÊumanità, la cui sostanza è fatta di desi-derio, è quello di trascendere il regno dellÊ1%, rimuovere gli stratiche oscurano la Luce e riportarla nella nostra vita per sentirci uniti,gioiosi e soddisfatti. Lo scopo del „Vaso‰ , dunque, è quello di trasformarsi da forza re-attiva in forma proattiva.Il comportamento reattivo si basa sul desiderio di ricevere, istin-tivo, congenito dellÊumanità che include lÊegoismo , lÊavidità, lÊes-sere indulgenti con se stessi e che si traduce in reazioni di rabbia,presunzione, invidia, scarsa autostima, desiderio di vendetta, diviolenza: noi siamo reattivi per la stragrande maggioranza deltempo! La nostra coscienza si fonda sui desideri reattivi, impulsivie istintivi e lo scopo ultimo della vita, quella che viene definita cre-scita, evoluzione dellÊanima è la trasformazione spirituale che sidetermina nel momento in cui ci eleviamo al di sopra di questostato di coscienza: da reattivi a proattivi sviluppando esclusiva-mente in questo mondo le qualità fondamentali della Luce (esserela Causa, il Creatore, avere il Controllo e Condividere), ma conqui-standocelo.Nel best seller degli ultimi anni „Conversazioni con Dio‰ di NealeDonald Walsch vi è una storia, raccontata in prima persona dalCreatore, che spiega questo concetto che appartiene alla Kabbalahe ad altre realtà spirituali: la parabola della piccola anima e delsole.

„Una volta c'era un'anima che sapeva di essere la luce. Si trattavadi un'anima nuova, e quindi ansiosa di compiere esperienze. ÿSonola luceŸ, diceva. ÿSono la luce.Ÿ Eppure tutta la consapevolezza diciò e tutto il ripetere quell'affermazione non poteva essere un so-stituto dell'averlo sperimentato. E nel regno dal quale quell'animaemergeva, esisteva soltanto la luce. Ogni anima era grande, ognianima era meravigliosa e ogni anima splendeva con la luminositàdella Mia gloria. E quindi, la piccola anima in questione era unacandela di fronte al sole. In mezzo alla più grande delle luci - dellaquale Io ero parte -non riusciva a vedere se stessa, né a metterealla prova se stessa come Chi e Cosa in Realtà essa ˚. Ora si davail caso che quest'anima anelasse senza tregua a conoscere se stessa.Ed era così grande il suo anelito che un giorno le dissi: ÿSai checosa devi fare per soddisfare questo tuo anelito?ŸÿOh, che cosa, Dio? Che cosa devo fare? Sono pronta a tuttoŸ,disse la piccola anima.ÿDevi separarti dal resto di noiŸ, risposi, ÿe poi devi richiamare su

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di te le tenebre.ŸÿChe cosa sono le tenebre, Signore Santo?Ÿdomandò la piccola anima.ÿQuello che tu non seiŸ, risposi, e l'animacapì.E quindi l'anima lo fece, allontanandosi dalTutto, proprio così, recandosi addiritturafino a un altro regno. E in quel regnol'anima aveva il potere di convocare nellasua esperienza tutti i generi di tenebre. Ecosì fece.Nondimeno, in mezzo a tutte le tenebre,prese a gridare: ÿPadre, Padre, perché mihai abbandonato?Ÿ Proprio come fate voinei vostri momenti più bui. Eppure non viho mai abbandonato, ma vi sono semprestato al fianco, pronto a rammentarvi ChiSiete in Realtà; pronto, sempre pronto a ri-portarvi a casa.Perciò siate una luce nelle tenebre, e nonmaleditele. E non dimenticate Chi Siete nelmomento in cui vi trovate circondati daquello che non siete. E lodate la creazione,anche mentre cercate di cambiarla E sap-piate che quanto fate nel momento della vo-stra peggiore prova può portarvi al piùgrande trionfo.Perché l'esperienza da voi creata costitui-sce una dichiarazione su Chi Siete, e suChi Volete Essere.Ti ho raccontato questa storia - la para-bola della piccola anima e del sole - perfarti capire meglio perché il mondo è cosìcom'è, e come possa cambiare in unistante quando tutti ricordino la divina ve-rità della loro più alta realtà‰.Nella vita, ci dice Yeuda Berg, abbiamosempre due opzioni di scelta:a) O reagire ad una situazione (rea-zione) e rimanere nel regno dellÊ1%; tuttigli eventi, soprattutto quelli esterni ai qualiprestiamo maggiore attenzione, scatenanoin noi delle reazioni che esprimiamo quasi

esclusivamente con le emozioni ed i senti-menti, che ci fanno entrare velocementenei „giochi‰ relazionali (vittima-carnefice-salvatore), mentre non riusciamo ad atti-vare il controllo, il diventare osservatori dinoi stessi e degli eventi, trascendendo la„triade‰ negativa che, come detto, ci faentrare nei „giochi‰ .b) Resistere in maniera proattiva aldesiderio di reagire che ci permette diconnetterci al regno del 99%: è questo al-lenamento continuo nelle situazioni quoti-diane, anche le più banali, che cipermetterà di avviare la trasformazionespirituale.Ma perché la natura umana è così attrattadalla negatività, dalla violenza in qualsiasiforma si possa esplicare? Perché è così fa-cile reagire, mentre comportarsi in manieraproattiva sembra andare contro la nostranatura? EÊ così difficile perché nel „gioco‰della vita ci confrontiamo costantementecon un nemico che fa di tutto per influen-

zarci ed è così subdolo da non consentirci avolte neppure di identificarlo, perché noistessi ci identifichiamo con lui. Nel Mondosenza fine avevamo tutto, tranne la capacitàdi conquistare ed essere la causa dellÊappa-gamento che la Luce ci riversava, dovevamosentirci che meritavamo quello che riceve-vamo e non mangiare quello che nella Kab-balah viene chiamato il „pane dellavergogna‰: avere senza faticare, senza es-sercelo saputo meritare!Questo nemico, chiamato in tanti modidalle tante culture presenti nel mondo(lÊav-versario, il diavolo, lÊego,) ci stimola a „gio-care‰ al „gioco della vita‰ , la cui essenzache poi ce lo rende avvincente, è la sfida,la voglia di metterci alla prova, perché senon cÊè la sconfitta non gustiamo davverola vittoria. Lo scopo del nostro avversario è quello difar nascere in noi il desiderio di ricevere(che è proprio dellÊumanità) ma solo per sestessi, perché è questa forma di separazione

progetto di prevenzione e recupero

l’Alcool non è un gioco

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continuamente attuata che ci allontana dallÊUnità, originando eautoalimentandosi di pensieri sempre più negativi, egoistici ed ego-centrici che inducono ad un comportamento de-responsabilizzante„la colpa è sempre dellÊaltro o delle circostanze esterne‰.EÊ il nostro comportamento reattivo indotto dallÊego che gli per-mette di controllarci, facendoci credere che siamo in balia di forzeesterne e delle azioni altrui. Egli rimane ben nascosto nella nostramente, al cui interno si „gioca‰ la grande partita dellÊesistenza, uti-lizzando la nostra mente logica e razionale, mentre il segnale dellaLuce si manifesta sotto forma di intuizione, di una ispirazione, diuna flebile voce nel profondo della nostra mente. Ma quanti di noi si guardano veramente e quotidianamente dentro,osservando i propri comportamenti, frutto delle re-azioni alle emo-zioni negative e ancor prima ai pensieri, alle credenze negative checi vengono trasmesse e che continuiamo a nutrire dentro di noi? Potrebbero sembrare banalità, sciocchezza per la nostra concre-tezza e materialità, soprattutto per quanti credono solo a ciò chevedono, ma quando ci ritroviamo a vivere nel tempo sempre glistessi problemi (anche problematiche diverse, ma che ad un oc-chio attento rivelano solo cambiamenti di forma, ad es. vengo sem-pre lasciato dal mio partner, perdo sempre il mio lavoro, hoproblemi relazionali sempre con i miei vicini e così via) allora su-bentra la crisi, la sofferenza, la depressione che, se è ben utilizzatarappresenta unÊoccasione vera di crescita e di trasformazione. Vi riporto uno stralcio, tratto sempre da „ Conversazione con Dio‰nel quale Walsch interroga Dio e riflette sul perché lÊumanità con-tinua a fare sempre gli stessi errori, continua sempre a perpetrareviolenza dellÊuomo sullÊuomo, dellÊuomo sulla donna, dellÊuomosulla natura in maniera grossolana e crudele o in maniera più sot-tile e psicologica, a seconda del grado di „civiltà‰ raggiunta.„⁄..sono tutti principi positivi. E ne esistono molti altri che i vostrifigli dovrebbero comprendere a fondo, se vogliono evolversi fino adiventare esseri umani completi. Eppure voi non li insegnate nellescuole, non spiegate che cosa significa essere onesti, responsabili,

consapevoli dei sentimenti altrui e rispettosi delle loro scelte. Diteche spetta ai genitori istillare questi concetti, ma il padre e la madrepossono trasmettere solo ciò che hanno ricevuto. Il risultato è cheinsegnate ai vostri bambini quello che i vostri genitori hanno fattoimparare a voi, così i peccati dei padri ricadono sui figli‰.Arrivi sempre alla stessa conclusione, ma non è tutta colpa nostrase il mondo è comÊè.Non è questione di colpa, ma di scelta. Se non siete responsabilidelle scelte dellÊumanità, allora chi lo è?Hai ragione, ma non possiamo assumerci la responsabilità di tutto!Ti dico questo: finché non lo farete non potrete cambiare nulla.Non dovete ripetere che loro hanno fatto questo e quello, che loronon capiscono. Qualcuno ha detto: „Abbiamo incontrato il nemico,ed eravamo noi!‰.Abbiamo fatto gli stessi errori per centinaia di anni.Per millenni, figlio Mio. Gli istinti fondamentali dellÊumanità nonsono molto più evoluti di quelli dellÊuomo delle caverne. Eppure,ogni tentativo di cambiare la situazione è accolto con disprezzo,paura e rabbia. Il vostro Pianeta è un disastro. Non avete appreso nemmeno i con-cetti elementari sui quali si basa una società civile. Non sapete ri-solvere i conflitti senza la violenza. Non siete capaci di vivere senzapaura. Non riuscite ad agire in modo disinteressato. Non siete ingrado di amare in modo incondizionato. Tutto questo dopo migliaiae migliaia di anni!‰ Quando ciascuno di noi si renderà conto di Chi siamo veramentenon sarà più possibile lÊesistenza della violenza, perché sperimen-teremo la Realtà di cui ci parlava Gesù oltre duemila anni fa „"Inverità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questimiei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me"(Mt 25,40)⁄⁄ e ancora„ tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te,siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai man-dato‰ (Gv 17,21).

Scopi e finalitàPromuovere e realizzare forme di solidarietà sociale e impegno civile tese a superare lÊemarginazione; svolgere unÊazione di stimoloe di coinvolgimento nellÊaccoglienza delle nuove famiglie, simpatizzanti e benefattori; porre in atto iniziative concrete per unÊefficaceprevenzione e una corretta informazione sulle dipendenze e sul disagio sociale in genere; promuovere e curare la formazione deipropri soci quale occasione dellÊapprofondimento della cultura e dei valori dellÊazione volontaria (estratto dallo statuto sociale).

VolontariatoTutti i membri prestano la loro opera in modo assolutamente volontario, tentano di diffondere sui territori di provenienza la culturadellÊascolto e della solidarietà coinvolgendo enti pubblici e privati partendo dal principio che i problemi derivanti dallÊuso di droga ei disagi sociali, soprattutto giovanili, non riguardano solo loro ma tutta la società civile. AllÊAssociazione aderiscono anche singoli vo-lontari che, pur non avendo nessun familiare coinvolto nel programma, vogliono sposare la linea educativa e terapeutica della Casasulla Roccia facendosi anchÊessi promotori di iniziative.

Tu solo puoi farlo ma non da solo Non è uno slogan ad effetto ma è la realtà che si trova ad affrontare chiunque voglia uscire dai canoni della delega e della derespon-sabilizzazione. In una società basata sullÊimmagine, lÊAssociazione Famiglie Progetto Uomo vuole proporre ai propri soci, innanzitutto,e a tutte le persone che si lasciano coinvolgere, un modello sociale basato sulla responsabilità e sulla collaborazione reciproca, doveognuno è parte del tutto e il tutto è patrimonio del singolo anche se vissuto in modo diverso a seconda delle proprie capacità,sensibilità e livello di coinvolgimento.Via Rocco Scotellaro – 83100 Avellino – tel. 082572420 fax 082571610 – [email protected] – posta Elettronica

Certificata (PEC): [email protected]

ASSOCIAZIONE FAMIGLIE

PROGETTOUOMO

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Nella vita di tutti i giorni la tua famiglia può incontrare diverse difficoltà che

non sempre è facile superare da soli. Il nostro lavoro è quello di ascoltarti,

aiutarti a comprendere e, se vuoi, risolvere insieme i tuoi problemi familiari.

Chiamaci, anche solo per un cosiglio o un ascolto. Siamo qui per questo, gra-

tuitamente.

la casa sulla roccia | rione san tommaso 85, avellino

[email protected] / www.lacasasullaroccia.it

Per appuntamenti contattare la segreteria dell’Associazione tutti i giorni feriali

dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 17,00.

[email protected] - http://www.lacasasullaroccia.it

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La violenzadomestica:alla ricerca

della vita perdutadi Edda Lombardi

Le mure domestiche e i suoi segreti: quando la

casa da sicurezza si trasforma in prigione!

La violenza domestica, al contrario di quanto potrebbe pensare chiè fuori da questo „mondo‰, è molto diffusa e riguarda ogni tipo diviolenza fisica, psicologica, sessuale che viene perpetrata nel nucleofamiliare (in particolar modo della donna e, per riflesso, del bam-bino). Tale violenza può portare gravi conseguenze quali sindromedepressiva o problemi somatici.La violenza viene attuata con lo scopo di porre la vittima in unostato di sudditanza. Questo perché lÊabusante vuole sentirsi potenteed esercitare controllo sullÊaltra persona al fine di sentirsi appagatoe sicuro di se. Quindi in questo caso lÊabusante è una persona in-sicura che non ha grandi possibilità di sfogo e relazioni sociali ap-paganti. In che modo si attua tale violenza? LÊabusante tende a generare lapaura nella vittima distruggendo cose ed oggetti ai quali ella stessa

tiene, tende ad umiliarla pubblicamente, teme la sua autonomia equindi cerca di annullarla facendola diventare sempre più „serva‰ eminimizzando ogni tentativo della vittima di mostrare agli altri isegni della violenza. Generalmente la frequenza e la gravità degliepisodi tendono ad aumentare con il tempo. Cosa dovrebbe quindifare la vittima? Come dovrebbe reagire? LÊabusata impara a sop-portare tali abusi iniziando a soffrire di problemi psichici che laspingono alla chiusura e ad una riduzione drastica della sua auto-stima al punto di pensare che è lei quella sbagliata; in realtà la vit-tima sceglie la relazione alla violenza, minimizzando gli episodi diviolenza e lÊauto colpevolizzazione. La vittima quindi deve rendersiconto che ciò che sta accadendo tra le mura domestiche è un reatoe, di conseguenza, deve imparare ad essere obiettiva e giudicantenei confronti di chi sta abusando al fine di riprendersi la sua vita,perché una donna che è „violentata‰ è una donna morta, priva diunÊanima e di una dignità. Quindi DONNE NON PERMETTETEAL „VOSTRO‰ UOMO DI DISTRUGGERVI⁄AMATEVI!!!

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La violenza negli stadi oramai da qualche anno costituisce un pro-blema di attualità!Purtroppo ogni domenica calcistica è caratterizzata da incidenti piùo meno gravi, da violenze, episodi razzistici, striscioni offensiviesposti dalle opposte tifoserie.I tifosi più accesi addirittura si costituiscono in gruppi organizzatiche si incaricano di concertare le strategie di assalto ai sostenitoridelle squadre avversarie, di coprire gli autori di scorribande, dicreare striscioni o canzoni o simboli aggressivi o provocatori.Lo sport, ed in particolare il calcio, da occasione gioiosa per stareinsieme e godere di uno spettacolo all'aria aperta è divenuto cosìil mero pretesto per dare sfogo a tensioni sociali, pregiudizi razzi-stici, malcontento⁄..A poco sono valse le reazioni ed i crescenti controlli delle forze del-l'ordine, anzi penso che stiano peggiorando le cose ulteriormente!Per arginare questo, così come ogni altro fenomeno pericoloso edantisociale, occorre intervenire sulle cause che vi danno origine.˚ evidente, peraltro, che le cause delle crescenti violenze negli stadisono molte, complesse e non tutte fondate sulla semplice passionesportiva!In primo luogo, non par dubbio che allÊinasprimento del fenomenoabbiano contribuito non poco i massicci interessi economici di cuialcune discipline sportive, e soprattutto il calcio, son divenute og-getto.Gli ingaggi astronomici dei giocatori e le notevoli cifre investite dasocietà sportive, pay tv, testate giornalistiche hanno trasformatoalcuni sport in un gigantesco business milionario ed hanno caricatogli atleti di responsabilità eccessive che li innervosiscono e spessoli inducono a tenere in campo comportamenti scorretti ed irruenti.

Proprio tali comportamenti, uniti alle frequenti e accese recrimi-nazioni che i responsabili dei diversi club si scambiano tramite lastampa nazionale o in occasione delle numerose trasmissioni tele-visive specializzate, costituiscono per i tifosi un vero e proprio se-gnale d'attacco.Per difendere o emulare le ragioni e le opinioni dei propri beniaminii sostenitori più accesi non esitano ad insultarsi reciprocamente ead ingaggiare vere e proprie risse!⁄Un rimedio per risolvere del tutto questo problema non ci saràmai, ma lo si può anche risolvere in parte; magari, oltre ad un po-tenziamento dei controlli negli stadi (ad esempio più telecamere,più poliziotti in borghese), potrebbe probabilmente essere moltoutile l'istituzione di un garante cui sia attribuita la competenza a vi-gilare sulle trasmissioni televisive sportive specializzate, al fine dievitare che il confronto fra i rappresentanti dei vari club degeneriin scontro e riscaldi troppo gli animi⁄

LA VIOLENZANEGLI STADI

di Noè Di Paola

Urgono nuove proposte per

debellare il fenomeno

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Iniziativa dell’Associazione “La Casa sulla Roccia”

Assistenza Legale Gratuita a persone in difficoltà

Per appuntamento telefonare alla segreteria dell’Associazione

sita in Avellino al Rione San Tommaso, 85

tel.: 0825/72420 – 72419 fax 0825/71610

http://www.lacasasullaroccia.it – email : [email protected]

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L’AVVOCATO

Ragioni di emergenza sociale, e di cronacaquotidiana, indussero il legislatore ad intro-durre circa tre anni fa il reato di c.d. stal-king; l'introduzione avvenne col cosiddetto„Decreto sicurezza‰ approvato con DecretoLegge 23 febbraio 2009, n. 11 (e conver-tito nella legge 23 aprile 2009, n. 38). Oggi, perciò, abbiamo nel nostro codice pe-nale l'art. 612bis intitolato: Atti persecutori.La norma prevede che: Salvo che il fattocostituisca più grave reato, è punito con lareclusione da sei mesi a quattro anni chiun-que, con condotte reiterate, minaccia o mo-lesta taluno in modo da cagionare unperdurante e grave stato di ansia o di pauraovvero da ingenerare un fondato timore perl'incolumità propria o di un prossimo con-giunto o di persona al medesimo legata darelazione affettiva ovvero da costringere lostesso ad alterare le proprie abitudini di vita.La pena è aumentata se il fatto è com-messo dal coniuge legalmente separato odivorziato o da persona che sia stata legatada relazione affettiva alla persona offesa.La pena è aumentata fino alla metà se ilfatto è commesso a danno di un minore, diuna donna in stato di gravidanza o di unapersona con disabilità di cui all'articolo 3della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovverocon armi o da persona travisata.Il delitto è punito a querela della personaoffesa. Il termine per la proposizione dellaquerela è di sei mesi. Si procede tuttaviad'ufficio se il fatto è commesso nei confrontidi un minore o di una persona con disabilitàdi cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio

1992, n. 104, nonché quando il fatto èconnesso con altro delitto per il quale sideve procedere d'ufficio.In questi anni molti sono stati gli interventidei giudici, che hanno così posto rimedio(con condanne speso esemplari) a casi noti

nella cronaca di tutti i giorni: si pensi, adesempio, al caso classico dell'ex fidanzatoche, non rassegnatosi alla fine del rapporto,rendeva la vita impossibile all'ex compagna,od al caso di colui che per semplice cattive-ria molestava altro soggetto impedendoglidi condurre una vita normale.In particolare, può parlarsi di atti persecu-tori allorché ricorrano cumulativamente iseguenti elementi: a) sussistenza di condotte

reiterate di minaccia o molestia nei con-fronti di taluno; b) insorgenza nella vittimadi uno stato d'animo di ansia, di paura o ditimore per l'incolumità propria o di un con-giunto ovvero alterazione delle sue abitudinidi vita; c) sussistenza di un nesso di causalitàfra la condotta del persecutore e lo statod'animo o l'alterazione delle abitudini di vitadella vittima.Nel reato di stalking, la pressione psicolo-gica legata alla „coazione‰ comportamen-tale dello stalker (il quale agisce neiconfronti di una persona che è designatacome vittima in virtù di un investimentoideoaffettivo, basato su una situazione rela-zionale, spesso solo ideale, ma che può es-sere anche reale) e al terrorismo psicologicoeffettuato, pongono la vittima in uno statodi allerta, di emergenza e di stress psicolo-gico. Questi vissuti psicologici sono legatisia alla percezione dei comportamenti per-secutori come sgraditi, intrusivi e fastidiosi,che alla preoccupazione e all'angoscia deri-vanti dalla paura per la propria incolumità.Il reato di stalking si configura, però, solo afronte delle reiterate condotte di minacce emolestie idonee a cagionare un perdurantee grave stato di ansia o di paura nella vit-tima ovvero un fondato timore per la pro-pria incolumità o per quella delle personavicine, sino a costringere la vittima a modi-ficare le sue abitudini di vita. Ma perchépossa parlarsi di reiterazione, sono suffi-cienti anche due sole condotte senza che,per la sussistenza del reato è necessaria laloro contestuale realizzazione. Ciò che rilevaè che la condotta di minaccia e di molestiadia luogo alla causazione di grave e perdu-rante stato di ansia o di paura nella vittima,

La violenza simanifestaspesso con l'„insistenza‰: ilreato di stalkinga tre anni (opoco più) dallasua introduzionea cura degli avvocati Fabiola De Stefanoe Danilo Iacobacci

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intimorendola per la propria incolumità sino a costringerla a mo-dificare le proprie abitudini di vita.Integrano l'elemento materiale del delitto di atti persecutori le con-dotte riconducibili alle categorie del c.d. stalking vigilante (controllosulla vita quotidiana della vittima), del c.d. stalking comunicativo(consistente in contatti per via epistolare o telefonica, sms, scrittesu muri ed altri messaggi in luoghi frequentati dalla persona offesa)e del c.d. cyberstalking, costituito dall'uso di tutte quelle tecnichedi intrusione molesta nella vita della vittima rese possibili dalle mo-derne tecnologie informatiche e, segnatamente, dai social network.Insomma: il soggetto che pone in essere molestie perpetrate at-traverso l'invio di messaggi di posta elettronica, sms e messaggiattraverso „social network‰, determinando uno stato di ansia nellavita quotidiana della vittima, risponde del reato di stalking.La prova del fatto-reato può essere data in qualsiasi modo, anzi ingiurisprudenza si è detto che la deposizione testimoniale della per-

sona offesa, ai fini dell'accertamento del reato di stalking, può es-sere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza,ove venga sottoposta ad una indagine positiva sulla credibilità sog-gettiva ed oggettiva di chi l'ha resa. In tale contesto processuale,invero, il più delle volte l'accertamento dei fatti dipende necessa-riamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni diimputato e persona offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza,non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad

attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi.Quest'ultima posizione giurisprudenziale, tuttavia, appare abba-stanza pericolosa; perché presta il fianco alla possibilità di denun-ciare taluno per stalking per mera vendetta od antipatia (od altribiasimevoli motivi), e perciò ci sembra che il narrato della denun-ciante debba sempre essere affiancato da un (qualsivoglia) elementodi riscontro.Quanto al resto, invece, ci sembra davvero una utilissima previsionenormativa quella dell'art. 612bis del codice penale, perché con-

sente finalmente di punire coloro i quali con i loro assillanti com-portamenti creano ansia o di paura ad altri oppure il timore perl'incolumità propria o di parenti o amici del molestato, oppure, an-cora peggio, costringono il molestato a cambiare le proprie abitu-dini di vita.Molto interessante è, infine, l'istituto del c.d. Ammonimento, inse-rito con l'art. 8 del medesimo decreto legge che ha inserito il reatodi stalking; esso consiste nella possibilità, fino a quando non è pro-posta querela, per la persona offesa di esporre i fatti all'autorità dipubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimentonei confronti dell'autore della condotta. In tal caso, recita la norma:Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi inve-stigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondatal'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti e' statorichiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta con-forme alla legge e redigendo processo verbale. Ad ammonimento avvenuto, laddove il molestatore prosegua nellesue condotte e laddove venga condannato a seguito di processopenale, la pena per il delitto di cui all'articolo 612bis del codicepenale è aumentata (proprio perché il fatto è commesso da sog-getto già „ammonito‰).

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LA STORIA

LA STRADA (1° parte)di Giovanni Esposito

Mi dissero: „Vieni anche tu‰,e io andaiMi dissero: „Che sarà mai‰,ma in quello stesso momento sapevo che niente più sarebbe statocome prima.

Avevo tanta voglia di emergere, di contare qualcosa, di sentirmiimportante per qualcuno, di essere libero di andare e di tornarecome, dove e quando volevo.Volevo stare in mezzo agli altri, con gli altriVolevo una ragazza e quel primo maledetto bacio per sentirmicome loro.Volevo un motorino e dei soldi in tasca per andare a mangiare inpizzeria come i più grandi.Volevo dei vestiti nuovi e un orologioVolevo esserci a tutti i costi,non pensavo di dover pagare un prezzo così alto.

Ti svegli una mattina e ti ritrovi a guardare il mondo attraverso uncancello, con i pugni stretti stringevo quellÊammasso di ferro ar-rugginito che mi separava da quel campo di calcio costruito tra lemacerie di un palazzo dellÊottocento e i resti di una pavimentazioneromana utile per i ragazzini a sbucciarsi quotidianamente le ginoc-chia.Mia madre aveva fatto costruire quel cancello per paura che ioscappassi in strada e andassi a finire sotto qualche automobile.Piangevo spesso, per quella libertà che avevo paura di chiedere eche non mi era stata concessa.Gli altri bambini mi chiamavano e mi chiedevano il perché nonfossi a giocare anchÊio con loroIo restavo in silenzio, a guardare, tutti i pomeriggi.Un giorno decisi di varcare quel cancello ed è stata una delle primevolte che sono „scappato‰ fisicamente, da quel posto.Mi ritrovai con poca luce che illuminava il mio viso, con la paurache rallentava ogni passo ed ogni mio movimento.Ero tra loro, felice di esserci, ma incosciente di tutto quello che sa-rebbe capitato dopo poco.„Dai, vieni anche tu‰, mi dissero, ed io corsi a giocare con loro.Mi strapparono la maglietta nuova, mi calpestarono le scarpettepulite, arrivò anche qualche spintone di troppo per un passaggiosbagliato con il pallone.Schiaffi, pugni e mi ritrovai a terra a guardare per la prima volta il

cielo sotto unÊaltra prospettiva.Ma avevo più paura di tornare a casa che di rimanere e continuarea giocare.Si, perché nonostante tutto faceva comunque parte del „gioco‰.EÊ importante capire perché rimani e non vai via al primo schiaffoo pugno preso perché parte di questa riflessione ti servirà per ilresto della vita.Passai altri, tanti pomeriggi tra i resti di quel rudere.Tra spintoni, schiaffi, pugni e la consapevolezza costruita intornoad una spiegazione plausibile se mai cÊè ne fosse una di tutta quellaviolenza gratuita e tante volte ingiustificata.Intanto crescevo e il rudere era diventato uno spazio vitale troppostretto, soffocante per chi aveva bisogno di „scappare‰ davanti aquella semi-libertà costruita su un mare di dolore messo a taceredentro di me.Mi affacciavo intanto alle porte di quellÊantico palazzo per scrutarequella luce e quel via vai di persone e di rumori che affollavanooltre la mia vista ed il mio udito anche le mie primordiali idee.

Dopo la scuola iniziavo a frequentare il circolo ricreativo, la salagiochi ed il bar che erano sotto casa mia.In un quartiere della periferia orientale di Napoli,da sempre abbandonato a se stesso e regno indiscusso di clan ca-morristici, è facile immaginare di che ambiente si parli e da qualiragazzini siano frequentati certi luoghi.La sala giochi come DisneylandIl Bar come il Cafè de ParisIl circolo ricreativo come la sala degli anziani di Howard.Ai miei occhi un paradiso incontaminato, tra secchi della spazza-tura rovesciati e puzza di creolina per la disinfestazione da ratti dicui ancora oggi ho un malinconico ricordo.La mille lire cambiata alla cassa nei fatidici „cinque gettoni‰, le cin-que monete da duecento lire che ti portavano nel regno del piacere,della gioia e della paura.A volte una di quelle monete andava versata nelle mani del „bullo‰di giornata.Ogni giorno cÊè nÊera uno diverso.E tu, senza che nessuno ti avesse spiegato perché dovevi conse-gnarla, lo facevi comunque per evitare botte e ripercussioni nel

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caso rifiutassi.Era lo stesso comunque, dopo aver consegnato la moneta venivicomunque deriso per non aver saputo reagire alle minacce.Nè carne, nè pesce.Eri lì con la tua identità violentata e usurpata di quel dubbio che iltempo e la crescita avrebbero dovuto risponderti.Ma non cÊera tempo per capire né dolore da sentire.Dovevi andare avanti se volevi la tua tanto agognata „libertà‰Accettavo le regole della strada nello stesso tempo in cui mille do-mande assalivano la mia mente.Perché tutti quei brufoli sulla faccia?Perché mio fratello non mi è mai vicino?Perché mio padre non sta mai a casa?Perché mia Mamma non vuole questo e quello?Domande troppo difficili per chi non ha i mezzi per trovare il co-raggio di chiedere.Intanto gli anni passano, inizio a guardare quella magnifica pre-senza dai capelli biondi e gli occhi verdi, come Colombo avrà guar-dato lÊAmerica il giorno della sua scoperta.

Allora metto la gelatina per guardarmi allo specchio e trovare uncambiamento che ancora non cÊè la dentro e lo ricerchi fuori di te.Ma lÊAmerica è un posto troppo prezioso e ambito, e la strada cheti porta a lei è ricca di insidie.Ed allora faccio a pugni con il mio migliore amico perché gli piacela stessa ragazza.Ricevo uno schiaffo da uno sconosciuto perché ho guardato la sua.E sono costretto per forza di cose a trovare un modo per sembrarepiù forte di quanto tu pensi di non poter mai riuscire ad essere.Marlboro rosse e fulard da hippy Capelli rasati e lampada abbronzantePrototipo di quartiere, di un aspetto rassicurante e una forte im-maginazione per far credere a te stesso che adesso sei più forte,più duro.Per la prima volta sei pronto ad affrontare il fantomatico‰ nemico‰di giornata che vuole rubarti il panino dallo zaino o fregarti da sottoil naso la ragazzina sul quale hai messo gli occhi addosso.Dove non arrivano le parole allora ci pensano mani, piedi e qual-siasi cosa si trovi nel raggio di dieci metri da te.Le sigarette diventano „spinelli‰ ben presto⁄Il tuo gruppo ideale è quello dei più „forti‰Di quelli che le mani le sanno usare, per difendersi da un nemicoche non esiste.Di quelli che con uno schiaffo guadagnano un ipotetico valore di„Rispetto‰.Di quelli che camminano a testa alta perché in tasca hanno un col-tello o un cacciavite.Aspetti quando è il momento opportuno per dimostrare che anchetu sei degno di quel famigerato „Rispetto‰.Allora sali su un ciclomotore costruito con due ruote che in realtàa te non serviranno perché spesso ne userai una sola.Arriva poi il giorno dei giorni, quando quella vocina ti dice „Vieni,su andiamo⁄cosa vuoi che sia‰ e ti rendi conto che da quel mo-mento in poi la tua vita non sarà più la stessa⁄

EVENTI

„AGRICOLTURASOCIALE COMEMODELLO INNOVATIVO DIWELFARE‰di Salvatore Pizza

Il convegno „agricoltura sociale come mo-

dello innovativo di welfare‰ svoltosi a PrataPrincipato Ultra, presso la sede della Co-munità Terapeutica „Villa Dora‰ de „LaCasa sulla Roccia‰, è stato lÊoccasione percoinvolgere per la prima volta nel nostroterritorio istituzioni pubbliche, associazionidel terzo settore, imprese sociali, associa-zioni di categoria (Coldiretti, CNA e Con-fcommercio) ed istituti di ricerca su un temafortemente innovativo quale è lÊagricolturasociale. Considerata la forte spinta innova-tiva connaturata alla realizzazione di talepratica e le possibili opportunità offertedallÊapprovazione della legge regionale del5 maggio 2012 „Norme in materia di agri-coltura sociale‰ che disciplina e promuoveinterventi in agricoltura sociale, il GAL Par-tenio in collaborazione con il centro di soli-darietà „La Casa sulla Roccia‰ ha intesosensibilizzare le istituzioni e le associazioniin merito a tutti gli aspetti riguardanti que-sta nuova modalità di fare agricoltura. LÊin-contro tenutosi il 22 novembre è statoseguito con molto interesse dai presenti edai media e si è arricchito del contributo diFrancesca Giarè (Istituto Nazionale di Eco-nomia Agraria), Lucia Coletta (Settore Spe-rimentazione, Informazione, Ricerca eConsulenza in Agricoltura), Giuliano Ciano

(Coordinatore Regionale del Forum Nazio-nale dellÊAgricoltura Sociale), ValentinaParis (Coordinatrice provinciale di Libera –Associazione nomi e numeri contro lemafie), Alfonso Tartaglia (Dirigente SettoreTecnico ed Amministrativo Provinciale dellaRegione Campania di Avellino), MarcelloDe Simone (Direttore Coldiretti di Avellino)e Luca Beatrice (Presidente Gal Partenio)ed ha vissuto momenti di intenso coinvol-gimento emotivo grazie alle testimonianzedi un ospite del Programma Terapeuticodella Casa sulla Roccia e di un rappresen-tante di una cooperativa sociale di Libera. LÊagricoltura sociale è una nuova pratica che

può essere considerata „multifunzionale„,poiché realizza percorsi terapeutici, riabili-

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tativi e di reintegrazione dei soggetti inte-ressati. Attraverso tali iniziative promossein ambito agricolo e alimentare da aziendema anche da cooperative sociali si intendefavorire la riabilitazione e il reinserimento la-vorativo di soggetti con bassa contrattualità

ed al contempo produrre beni. Questo tipodi associazionismo sociale può essere ancheinteso quale strumento di riappropriazioneda parte dellÊindividuo del proprio ruolonella società da un punto di vista professio-nale, in quanto una delle finalità è favorireil reinserimento nel mondo del lavoro attra-verso lÊacquisizione delle tecniche e dellepratiche agricole. Si tratta, in sintesi, di unvero e proprio strumento operativo attra-verso il quale si possono applicare le politi-che del welfare in ambito territoriale,coinvolgendo una pluralità di soggetti giuri-dici, enti, aziende agricole e cittadini. LÊat-tività degli operatori coinvolti in iniziativeagricole socialmente utili può essere decli-nata in diverse modalità a seconda delle esi-

genze dettate dal contesto locale e utiliz-zando le risorse endogene. Il risultato delconvegno è stato quello di informare circale opportunità offerte dallÊAgricoltura so-ciale in termini di miglioramento della qua-lità della vita, di inserimento lavorativo difasce deboli, di diversificazione di servizinelle aree rurali, di realizzazione di nuovimodelli di coesione sociale. LÊimpegno ditutte le parti è stato quello di continuare adinvestire su tale progettualità con la costitu-zione di un coordinamento provinciale ca-pace di rappresentare un contenitoreprogrammatico per favorire lÊimplementa-zione di un agricoltura „sociale‰ anche invista della programmazione comunitaria

2014-2020.

L'11 ottobre è stata la Giornata Internazionale delle Bambine.Un'iniziativa voluta dalle Nazioni Unite e la prima a essere celebratanella storia.I dati spiegano il perché di questa necessità: nel mondo 39 milionidi ragazze, tra gli 11 e i 15 anni, ovvero 1 su tre, non sono scola-rizzate. Soggette a subire una doppia discriminazione, di genere e

di età, sono il gruppo più marginalizzato del mondo. Molte di lorosubiscono costrizioni e abusi, vengono obbligate a sposarsi condegli uomini magari anche molto più grandi di loro. Vivono una re-altà fatta di isolamento e soffrono violenze in famiglia. Il Fondo perla popolazione delle Nazioni Unite ha presentato un dossier sullasituazione dei matrimoni infantili nel mondo e su come battersi perevitarli. Durante la giornata è stata programmata anche l'inaugu-razione della mostra "Too young to wed" con le immagini della fo-tografa Stephanie Sinclair. (Courtesy of www.unfpa.org)

Because IÊm a Girl. L'Associazione Plan International è tornata in

Italia per promuovere l'iniziativa „Because I'm a Girl‰ a sostegnodella Giornata Internazionale della Bambina voluta dall'Onu. Gio-vedì 11 ottobre la Galleria Vittorio Emanuele di Milano si è coloratadi rosa in contemporaneamente ai principali monumenti delle piùgrandi città del mondo.

Terres del Hommes ha lanciato la campagna In-Difesa , un modoper accendere i riflettori mondiali, in particolare quelli delle istitu-zioni, sulla situazione di difficoltà, discriminazione e abusi che lescono. (www.terresdeshommes.it)

NEWS

LÊ11 ottobre giornata

internazionaledelle bambine

di Mauro Aquino

(troppo giovane per sposarsi)

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LiberaMenteLiberaMenteBimestrale dé La Casa sulla Roccia

Registrazione presso :Tribunale di Avellino N. Reg. Stampa : 5/10 R. del 15/07/2010

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Direttore ResponsabileDirettore ResponsabileEnza Petruzziello

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RedazioneRedazioneGiuseppe BarbarisiAnna De StefanoFabiola De StefanoNoè Di PaolaGiovanni EspositoDanilo IacobacciEdda LombardiPina PediciniSalvatore PizzaCarmine Tramontano

EditoreEditoreAssociazione La Casa sulla Roccia ONLUSVia San Tommaso, 8583100 Avellinohttp://www.lacasasullaroccia.it

Per contatti ed infoPer contatti ed infotel.: 0825/72420 - 72419fax: 0825/71610mail : [email protected]

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