Pubblicità ingannevole!

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ISSN 1828-7646 n. 2 - Giugno 2008 Pensare dritto... pensare storto Intervista a Giovanni Jervis Qualificare la formazione orientare la domanda Psicologie e Neuroscienze tra vecchie incomprensioni e nuove prospettive Procreazione Medicalmente Assistita: riconosciuto il ruolo dello psicologo Poste Italiane s.p.a. - Sped.abb.post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46), art. 1 comma 2, DCB Po la PROFESSIONEdiPSICOLOGO Giornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi segue a pag. 3 Pubblicità... ingannevole! Giuseppe Luigi Palma Presidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi L a comunità degli Psicologi italiani si appresta a celebrare il ventennale della legge di Ordinamento e penso sia opportuno cominciare a fare il punto della situazione sullo stato di salute della professione nel nostro Paese. Il Consiglio Nazionale ha commissionato una ricerca sulla Professione i cui risultati saranno ufficialmente pre- sentati nei prossimi mesi e saranno a breve anche disponibili online per la consultazione. Da una prima analisi dei dati emerge la conferma di un quadro a dir poco preoccupante. Ma messa da parte la preoccupazione forse è opportuno cominciare ad occuparsi seriamente della questione. Intendo affermare in questa sede, senza giri di parole, la mia convinzione che a fron- te della rapida crescita del numero degli Psicologi, è quanto mai urgente chiedere – e ottenere! – specifi- che disposizioni normative in grado di incidere sul fenomeno. Ma per meglio comprendere i termini dell’urgenza, veniamo ai dati. Confrontando i dati del 2001 con quelli del 2007 si evince che in soli sette anni il nume- ro di psicologi iscritti all’Albo è aumentato del 41% con un rapporto per abitante passato da 0.66 a 1.08 psico- logi ogni 1.000 abitanti. Per ciò che concerne gli psi- coterapeuti l’incremento è stato del 26% rispetto al 2001 passando da 0.37 a 0.45 psicoterapeuti ogni 1000 abitanti. Nel decennio 1997-2007 il numero degli psicologi è più che raddoppiato. Nel 1997 eravamo 27.847, al 31 dicembre 2007 siamo arrivati a 64.142!. Negli ultimi 4 anni l’aumento è di 5/6 mila nuovi Psicologi ogni anno. 70 mila risultano essere gli studenti iscritti attualmente alle Facoltà di Psicologia. È intuibile da questi dati che stiamo assistendo ad un fenomeno di crescita abnorme, ma ancor più chiaramente si comprendono i termini della questione confrontando i nostri dati con quelli degli altri Paesi europei.

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ISSN 1828-7646 n. 2 - Giugno 2008

Pensare dritto... pensare stortoIntervista a Giovanni Jervis

Qualificare la formazioneorientare la domanda

Psicologie e Neuroscienzetra vecchie incomprensioni e nuove prospettive

Procreazione Medicalmente Assistita: riconosciuto il ruolo dello psicologo

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laPROFESSIONEdiPSICOLOGOGiornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi

segue a pag. 3

Pubblicità... ingannevole!Giuseppe Luigi PalmaPresidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

La comunità degli Psicologi italiani si appresta acelebrare il ventennale della legge di

Ordinamento e penso sia opportuno cominciare afare il punto della situazione sullo stato di salutedella professione nel nostro Paese. Il ConsiglioNazionale ha commissionato una ricerca sullaProfessione i cui risultati saranno ufficialmente pre-sentati nei prossimi mesi e saranno a breve anchedisponibili online per la consultazione.Da una prima analisi dei dati emerge la conferma diun quadro a dir poco preoccupante.

Ma messa da parte la preoccupazione forse èopportuno cominciare ad occuparsi seriamentedella questione. Intendo affermare in questa sede,senza giri di parole, la mia convinzione che a fron-te della rapida crescita del numero degli Psicologi,

è quanto mai urgente chiedere – e ottenere! – specifi-che disposizioni normative in grado di incidere sulfenomeno.Ma per meglio comprendere i termini dell’urgenza,veniamo ai dati. Confrontando i dati del 2001 conquelli del 2007 si evince che in soli sette anni il nume-ro di psicologi iscritti all’Albo è aumentato del 41% conun rapporto per abitante passato da 0.66 a 1.08 psico-logi ogni 1.000 abitanti. Per ciò che concerne gli psi-coterapeuti l’incremento è stato del 26% rispetto al2001 passando da 0.37 a 0.45 psicoterapeuti ogni1000 abitanti.

Nel decennio 1997-2007 il numero degli psicologiè più che raddoppiato.

Nel 1997 eravamo 27.847, al 31 dicembre 2007 siamoarrivati a 64.142!. Negli ultimi 4 anni l’aumento è di 5/6mila nuovi Psicologi ogni anno. 70 mila risultanoessere gli studenti iscritti attualmente alle Facoltàdi Psicologia. È intuibile da questi dati che stiamoassistendo ad un fenomeno di crescita abnorme, maancor più chiaramente si comprendono i termini dellaquestione confrontando i nostri dati con quelli deglialtri Paesi europei.

Indice n. 2 - Giugno 2008

Pubblicità... ingannevole! di Giuseppe Luigi Palma

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Pensare dritto, pensare storto Intervista di Raffaele Felaco a Giovanni Jervis

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Qualificare la formazione, differenziare l’offerta, orientare la domanda di Tullio Garau8

Quando tre più due non fa cinque di Marco Guicciardi

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Psicologie e Neuroscienze tra vecchie incomprensioni e nuove prospettivedi Dario Grossi

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Procreazione Medicalmente Assistita. Nuove linee guida della legge 40 di Maria Pedone

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Commissione per i ContrattiMaurizio Micozzi coordinatoreGirolamo BaldassarreRaffaele FelacoOsservatorio sul Codice DeontologicoArmodio Lombardo coordinatoreMax DorferAlfredo MattioniSebastiano CiavirellaGuglielmo GulottaPaolo MichielinCatello ParmentolaVito TumminoCommissione Deontologica e Tutela della professioneGiuseppe Bontempo coordinatoreIva VedovelliSandra VannoniMarialori ZaccariaPiero CaiArmodio LombardoMax DorferCommissione Giuridico-IstituzionalePaolo Fausto Barcucci coordinatoreManuela ColombariAlfredo MattioniMarco NicolussiLara Claudia Simona CostaCommissione per il Tariffario e lo Sviluppo della ProfessioneImmacolata Tomay coordinatore

Paolo Fausto BarcucciEnrico MolinariPiero CaiIva VedovelliCommissione Cultura, Aggiornamento, Formazione edAccreditamentoAntonio Telesca coordinatoreLara Claudia Simona CostaTullio GarauRaffaele FelacoGirolamo BaldassarreGruppo di Lavoro sull’UniversitàEnrico Molinari coordinatorePaolo Fausto BarcucciPaolo MichielinPietro Angelo SardiGruppo di Lavoro delle EmergenzeGirolamo Baldassarre coordinatoreRaffaele FelacoAlfredo MattioniImmacolata TomayGruppo di Lavoro Atti TipiciSandra Vannoni coordinatoreGiuseppe Luigi PalmaClaudio TonzarFulvio GiardinaMaurizio MicozziReferente per la Psicologia del TrafficoMax Dorfer

Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi Giuseppe Luigi Palma Presidente Presidente Ordine PugliaClaudio Tonzar Vicepresidente Presidente Ordine Friuli Venezia GiuliaFulvio Giardina Segretario Presidente Ordine SiciliaMaurizio Micozzi Tesoriere Presidente Ordine Marche Giuseppe Bontempo Consigliere Presidente Ordine AbruzzoAntonio Telesca Consigliere Presidente Ordine BasilicataMax Dorfer Consigliere Presidente Ordine BolzanoArmodio Lombardo Consigliere Presidente Ordine CalabriaClaudio Zullo Consigliere Presidente Ordine CampaniaManuela Colombari Consigliere Presidente Ordine Emilia RomagnaMarialori Zaccaria Consigliere Presidente Ordine LazioPiero Cai Consigliere Presidente Ordine LiguriaEnrico Molinari Consigliere Presidente Ordine LombardiaGirolamo Baldassarre Consigliere Presidente Ordine MolisePaolo Fausto Barcucci Consigliere Presidente Ordine PiemonteTullio Garau Consigliere Presidente Ordine SardegnaSandra Vannoni Consigliere Presidente Ordine ToscanaIva Vedovelli Consigliere Presidente Ordine TrentoImmacolata Tomay Consigliere Presidente Ordine UmbriaAlfredo Mattioni Consigliere Presidente Ordine Valle d’AostaMarco Nicolussi Consigliere Presidente Ordine VenetoLara Claudia Simona Costa Consigliere Rappresentante Sezione B

Il numero degli Psicologi italiani corrisponde acirca un terzo degli Psicologi europei!

E lo sconforto aumenta.

Qualcuno potrebbe pensare che il mercato evidente-mente richiede ancora Psicologi. Per togliere ognidubbio è sufficiente dare un’occhiata ai dati sull’occu-pazione e sul reddito degli Psicologi per convincersiche la situazione è davvero disastrosa. Siamo di fron-te ad una vera e propria emergenza e questo giustifi-ca interventi urgenti.

Le Università stesse hanno difficoltà ad assicurareuna formazione di qualità, nonché le sedi di tirocinio,ad un numero così elevato di studenti. Spero che que-sto sia di stimolo per progettare e attuare un program-ma condiviso dal mondo professionale ed accademicoper arginare il fenomeno.

L’Università e l’Ordine devono porre tra le prioritàquella di elaborare proposte che siano in grado di rie-quilibrare il sistema e raggiungere l’obiettivo di razio-nalizzare gli accessi e nel contempo migliorare laqualità della formazione. In tale contesto si inserisceanche la problematica della laurea triennale. Oramainon ci sono dubbi sulla necessità di rivedere la que-stione. Gli iscritti alla sez. B dell’Albo sono ancoraappena poche decine, tutti preferiscono continuare ilpercorso fino alla laurea quinquennale. Il mercato èapparso in questi anni poco sensibile ai nostri laurea-ti triennali e lo studente sente la necessità di acquisi-re una formazione specialistica anche perché spintodalla impossibilità di trovare una collocazione occupa-zionale con la sola laurea triennale.

Ma veniamo al titolo di questo articolo. Conservoancora il bollettino dell’Università relativo al corso di

laurea in Psicologia che ho frequentato. Siamo neglianni ’70, l’ultimo paragrafo è dedicato agli sbocchiprofessionali: tre-quattro righe da cui si intuisce che lesperanze/possibilità occupazionali sono praticamentelimitate all’insegnamento di alcune materie nelle scuo-le secondarie di secondo grado. Le stesse possibilitàcompaiono identiche per i futuri laureati in lettere, sto-ria, filosofia, sociologia, ecc.

Verso la fine di quegli anni alcune leggi, soprattutto inambito sanitario, consentirono agli psicologi di dare illoro contributo ad una moderna assistenza ai cittadini.Erano leggi particolarmente innovative per il nostroPaese e che risentivano del clima storico, economicoe culturale di quell’epoca. Il mondo in cui viviamo oraè molto diverso, e l’impegno del CNOP, se anchepotrà avere successo nello sviluppo e nella creazionedi nuovi ambiti occupazionali, difficilmente, realistica-mente, potrà rispondere alla domanda di lavoro di tuttii laureati in psicologia.

Oggi leggo sui siti internet dei vari corsi universitari inpsicologia documenti molto articolati sugli sbocchiprofessionali per aspiranti Psicologi e rilevo che le tre-quattro righe di una volta sono diventate lunghe pagi-ne, opere da esperti di marketing, e mi chiedo qualepossa essere l’effetto su coloro che stanno per deci-dere quale facoltà scegliere e soprattutto mi chiedo senon sia il caso di precisare che si tratta di sbocchiprofessionali puramente teorici!

Giuseppe Luigi Palma

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Editoriale

La Professione di Psicologo n. 02/08

continua da pag. 1

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La Professione di Psicologo n. 02/08

L’intervista

F. Prof. Jervis abbiamo voluto incontrarla per farlealcune domande sul suo ultimo libro “pensare dritto,pensare storto”. Un libro che affronta tanti temi masoprattutto un libro che parla di psicologia. Noi vor-remmo discutere con lei proprio degli aspetti psicolo-gici del libro.

F. La prima domanda che vorrei farle riguarda l’ubbi-dienza. Lei scrive sull’ubbidienza all’autorità, concettoche ci porta a fare l’inevitabile paragone con ilmomento storico in cui viviamo, un periodo in cui sem-bra imperare la disubbidienza e il ribellismo generale.Cosa ne pensa, quale ritiene sia l’entità di questo pro-blema?

J. Il concetto di ubbidienza è ambiguo, o per megliodire a doppio taglio: le persone che noi, giustamente,ammiriamo di più, alcuni eroi del passato, le grandifigure morali, sono state più spesso persone chehanno saputo disubbidire che persone che hannosaputo ubbidire. Nella società moderna si ritiene, edio credo giustamente, che una buona regolazione neirapporti fra le persone debba avvenire con criteri diresponsabilità e non già con criteri di ubbidienza. E’nelle società non democratiche che il concetto di ubbi-dienza assume un’ importanza centrale.L’ obbligo dell’ ubbidienza caratterizza il suddito, noncerto il libero e maturo cittadino di una società libera,democratica, laica. Quando si parla di ubbidienza siparla di autorità, la società moderna in quanto societàlaica non è basata sull’autorità e quindi non è basatasull’ubbidienza, è basata invece sul senso di respon-sabilità. La questione dell’ubbidienza o disubbidienzava riformulata tenendo conto dell’individualismo, eanche questo è un concetto a doppio taglio perché seun eccesso di individualismo è negativo, è sempre all’individuo che noi chiediamo iniziativa, coraggio, e,ancora una volta, responsabilità . Ovviamente esiste

un tipo deteriore di individualismo che tende a nontenere conto delle responsabilità civili e delle regoledella vita in comune: però queste regole non si basa-no sull’ ubbidienza ma piuttosto su accordi, su regole,su criteri di giustizia e di reciprocità. Bisogna tenere inconsiderazione anche un sano e inevitabile timoredella legge, se la legge funziona. Se la nostra società,intendo la società italiana, è una società mal regolataquesto non dipende certo dal fatto che siamo pocoubbidienti. Dipende, piuttosto, dal fatto che siamopoco educati, poco responsabili, e forse abbiamo unaconcezione di ciò che si deve fare e di ciò che non sideve fare che risponde ancora al vecchio criterio delpeccato e non al criterio della legge e quindi, eventual-mente, del reato.

F. Un altro dei temi affrontati nel libro è quello dellaviolenza nella società. In particolare mi ha colpito ilriferimento che lei fa ad un caso di violenza familiare,una fanciulla adolescente che uccide, in modo effera-to, sua madre e suo fratello. A seguito di questo caso,è stato riscontrato un fenomeno molto particolare nella

Pensare dritto,pensare storto

Intervista al Prof. Giovanni Jervis

di Raffaele FelacoCoordinatore editoriale “La Professione di Psicologo”

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La Professione di Psicologo n. 02/08

L’intervista

società una straordinaria preoccupazione dei genitoriper l’eccessiva aggressività dei figli. Mi piacerebbeconoscere la sua opinione, da psicologo, sulla trasfor-mazione delle relazioni interfamiliari. Un altro argo-mento sul quale vorrei conoscere la sua opinioneriguarda la questione, molto dibattuta, della violenzanei media ed in particolare l’esposizione dei minori aquesto genere di visioni.

J. Il caso a cui lei si riferisce riguarda la violenza pri-vata. Sostanzialmente riguarda i rapporti privati nellafamiglia, che diventano problematici e possono dege-nerare quando diventano prevaricazione dei forti suideboli. Le principali vittime nell’ambito del privato sonoi bambini e le donne. Il secondo argomento riguardail modo in cui i mezzi di comunicazione di massa par-lano degli atti di violenza. Siamo tutti infastiditi dal fattoche i mezzi di comunicazione di massa, la radio, latelevisione, ecc., diano un po’ troppo facilmente la pre-cedenza alla cronaca nera pensando, forse, che cipossa insegnare qualcosa di generale sulla nostrasocietà. In realtà io non credo che i singoli episodi dicronaca nera ci facciano capire alcunché su comefunziona la nostra società. Quando ci troviamo di fron-te ad una di queste immagini, la reazione spontaneadi quasi tutti è: “mamma mia stiamo diventando sem-pre più cattivi, sempre più violenti” ma questo non èaffatto provato, è da secoli che i padri dicono ai figli edi nonni dicono ai nipotini: “ai miei tempi c’era menoviolenza”. Non credo che questo sia vero: c’ era moltapiù violenza, anche violenza privata intrafamiliare,nelle società tradizionali. Io credo che i mezzi dicomunicazione di massa abbiano il dovere di parlaredi questi fatti ma credo anche che abbiano il doveresoprattutto di far capire che un singolo efferato episo-dio va visto in un contesto più ampio. Un contesto piùampio non significa togliere al colpevole la propriaresponsabilità – noi crediamo nella responsabilità indi-viduale, il concetto di responsabilità sociale è un con-cetto molto discutibile – significa invece vedere un epi-sodio che ci colpisce molto, nel contesto di cosa èsuccesso prima e nel contesto di cosa succede dopo.Cosa succede dopo significa: come funzioneranno,dopo questi fatti, le istituzioni di fronte ad un grave epi-sodio di questo tipo? Credo che le risposte a questedomande vadano sempre tenute in considerazione.

F. L’esposizione dei minori alla violenza da parte deimedia, ha veramente un influenza sul loro sviluppo?

J. Questo è un problema. Probabilmente, l’assisterealla televisione o al cinema a una grande quantità dirappresentazioni fortemente violente – uccisioni,

bastonature, sangue che sprizza – nell’ insieme èdiseducativo. I bambini in questa maniera si desensi-bilizzano nei confronti di un orrore istintivo verso gliatti di violenza che sarebbe invece spontaneo. Gli attidi violenza, oltretutto, tendono ad essere imitati,beninteso in modo del tutto inconsapevole: l’assisterea ore ed ore di spettacoli televisivi molto violenti èdiseducativo per i bambini.

F. Nel suo libro si occupa anche della percezione dellareligione, dei pensieri religiosi, delle idee religiose, eintroduce una cosa di cui i laici non parlano mai e cioè:l’idea del diavolo, dell’utilità di questa idea se ce l’ha ose abbia mai avuto una funzione.

J. Ha avuto una funzione in alcune culture e ce l’hatutt’ora in certe culture; ma non sono culture moderne.

F. Parliamo anche di pro-socialità. Lei dice, sposandole tesi evoluzionistiche più moderne, che noi siamouna specie a cui piace stare insieme.

J. Siamo un specie sociale.

F. Una specie sociale a cui piace stare insieme, per-ché siamo organizzati in questo modo.

J. Ci piace stare insieme e ci piace fare cose insieme.Stare insieme può anche significare la folla, e come ènoto la folla non sempre fa cose valide o interessanti.

F. In tutte le organizzazioni sociali, attualmente, c’èanche una forte insofferenza dei singoli a stare insie-me. Mi riferisco ad esempio al mobbing, alla violenzasui luoghi di lavoro, uno dei principali luoghi di aggre-gazione. Quindi mi chiedo, stiamo facendo una vitacontro natura o invece fa parte della variabilità delnostro modo di stare insieme?

J. Io non so se si possa dire che esiste una insofferen-za nello stare insieme. Da un lato gli studi degli ultimidecenni dimostrano che esistono in noi delle tenden-ze spontanee e istintive di tipo pro-sociale, a starecon gli altri, a fare cose con gli altri, a cooperare equalche volta anche ad esser altruisti. Da un altro latoesistono in noi anche delle problematiche di tipo com-petitivo, queste problematiche di tipo competitivo noile viviamo soprattutto nelle forme che assumono nelnostro vivere sociale e ovviamente sono molto diversea seconda dei diversi contesti sociali. Negli ambiti dilavoro esistono forme di competizione che non sem-

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pre sono sane ma che anzi a volte degenerano inmobbing, in situazioni di discriminazione anche odio-se. Francamente, credo che il non voler stare insiemenon abbia tanto una radice istintuale, quanto piuttostouna radice prevalentemente sociale. Le forme dellacompetizione interpersonale non sempre prendono icanali di una competizione sana. Naturalmente è diffi-cile dire dov’è la competizione più sana e dov’è lacompetizione meno sana, ma potremmo dire che lacompetizione fra le persone all’interno di una certastruttura di lavoro è più sana quando è competizioneper merito ed è meno sana quando è competizioneper altre linee e criteri che non riguardano il meritopersonale.

F. Il merito è un tema molto attuale nel nostro Paeseed è un tema che una parte degli intellettuali delnostro Paese ha per lungo tempo non gradito. Anchese il Paese non è più diviso così nettamente come inpassato in classi sociali ed è tutto più complesso,secondo lei è possibile distinguere il merito dalleopportunità?

J. Direi che questa è una battaglia da fare perché esi-stono fattori potenti che purtroppo tendono a creareprivilegi non per merito e tendono anche, inversamen-te, a discriminare persone che hanno come unico tortodi essere nati da una famiglia povera o di essere dipelle scura o di non parlare bene l’italiano, ecc.. Iocredo che, per riuscire a creare una società in cui lacompetizione avvenga giustamente per merito, il com-pito principale spetti alla scuola. La possibilità di acce-dere all’università e a studi superiori dovrebbe esseredata anche a ragazzi meritevoli che sono di famigliapovera. Quindi un sistema di borse di studio, di aiuti,dovrebbe essere fondamentale a questo riguardo.

F. Un altro tabù del quale difficilmente si parla è quel-lo della stupidità che lei ha contrapposto e ha distin-to…

J. …il concetto di stupidità è un po’ un concetto scher-zoso, non è un concetto scientifico.

F. È vero, però nella nostra esperienza clinica vedia-mo che alcune volte le persone che hanno tutti gli stru-menti, fanno….

J. … errori stupidi.

J. Gli errori stupidi li facciamo tutti quanti, anche a noicapita ogni tanto di batterci la mano sulla fronte e dire:

”come ho potuto essere così stupido!” allora è interes-sante sapere come e perché. Il cammino degli errori èmolto interessante.

F. Dovremmo chiedercelo un po’ più di frequente nellanostra vita.

F. Lei ad un certo punto del libro dice: se la popolazio-ne adulta diventasse per un giorno un po’ più intelli-gente, nessuno se ne accorgerebbe, non cambiereb-be niente.

J. È un’ipotesi.

F. Un’ipotesi molto affascinante e interessante, ladomanda che sorge è: cosa dovrebbe cambiare perpoter osservare un reale cambiamento nella nostrasocietà?

J. La scuola. Quello che si può misurare un po’ gros-solanamente come intelligenza in un soggetto qualsia-si di 20 anni, per esempio, è il risultato di una serie difattori dove contano sia i fattori genetici sia i fattorieducativi. I fattori educativi più importanti, forse, sonoquelli che riguardano la scuola, a cominciare dallascuola materna. Da questo punto di vista è interes-sante osservare cosa avviene nei Paesi scandinavi,dove esiste uno sforzo da parte delle istituzioni agarantire a tutti i bambini, anche ai bambini chenascono e crescono in situazioni sociali svantaggiate,la possibilità di ricevere tutti gli stimoli di cui hannobisogno. Penso in particolare ai figli di madri nubili,quando molto spesso la madre oltre a non avere uncompagno e ad essere sola, lavora ed è in condizionisociali non buone. In questi casi lo sforzo, tipico dellesocietà socialdemocratiche scandinave, per garantirea questi bambini una adeguata stimolazione sensoria-le, culturale, intellettuale, fin dai primissimi anni di vitaha dato eccellenti risultati.

F. Un’altra cosa, anche per sciogliere qualche altrotabù o per lo meno per affrontarlo, è il dilemma natu-ra/cultura.

J. Non è più una contrapposizione così come lo eraun tempo, natura e cultura si legano in una sintesi,fin dall’inizio. È difficile distinguere cosa viene dallanatura e cosa invece dalla cultura, c’è una sintesicontinua. Consideriamo il linguaggio ad esempio,siamo tutti predisposti al linguaggio ma se da fuorinon ci arrivano gli stimoli non impariamo nulla. Unaltro esempio importante riguarda proprio la sociali-

L’intervista

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tà. Così come noi siamo predisposti al linguaggiosiamo anche predisposti alla socialità. A questopunto viene da chiedersi, a che tipo di socialità?Un’ipotesi suggestiva e in qualche modo ancheinquietante è che il nostro cervello ci predispongaprevalentemente (anche se non esclusivamente) aduna socialità che è più di tipo tribale, o familistico-tri-bale, che una socialità di tipo allargato. E questoforse ci dà dei problemi, che hanno strettamente ache fare con i problemi dell’intolleranza e anche del-l’intolleranza etnica. E quindi, a proposito diinnato/acquisito, questo vuol dire che ciò che è piùnettamente innato in noi dal punto di vista delle strut-ture più spontanee della socialità purtroppo sembra

portarci molto facilmente, spontaneamente, istintiva-mente, alla distinzione fra noi altri e gli altri, fra in -group e out- group. Ed è evidente chi sono quelli chefanno parte del “noi altri”: noi altri nostra famiglia, noialtri nostra tribù, noi altri romanisti, noi altri laziali,noi altri persone civili e “gli altri” che non lo sono, ecosì via. Ecco, questa separazione nasce probabil-mente da quello che si può chiamare un po’ rozza-mente un istinto tribale: che è servito per la nostraevoluzione nei millenni ma che adesso ci crea parec-chi problemi.

L’intervista

Nato a Firenze nel 1933, si è laureato nel 1957 in medicina e chirurgia specializzandosi poi in psichiatria,in cui ha in seguito ottenuto la libera docenza. Fra il 1958 e il 1963 ha collaborato con l’ etnologo Ernestode Martino in ricerche sul tarantismo pugliese e sul tema psicopatologico della fine del mondo; dall’ iniziodegli anni ’60 si è occupato di riforma dell’ assistenza psichiatrica. Fra il 1966 e il 1969 ha lavorato atempo pieno presso l’ Ospedale psichiatrico di Gorizia con Franco Basaglia; fra il 1969 e il 1977 è statodirettore dei servizi territoriali di salute mentale della provincia di Reggio Emilia. E’ stato consulente edi-toriale di varie case editrici, per prima la Einaudi fra il 1963 e il 1970; a partire dal 1970 e fino a oggi hapoi lavorato per Feltrinelli, Garzanti, Bollati Boringhieri. Dal 1977 ha insegnato all’ università ‘La Sapienza’di Roma, dove è stato ordinario di psicologia dinamica fino a che non è andato in pensione, nel 2005. Hafatto un training psicoanalitico. Ha scritto molti articoli e vari libri fra cui ‘Presenza e identità’ (1984), ‘Lapsicoanalisi come esercizio critico’ (1989), ‘Fondamenti di psicologia dinamica’ (1993). Il suo libro piùrecente è ‘Pensare dritto, pensare storto’ (Bollati Boringhieri 2007). Nel settembre 2008 sarà in libreria,sempre per i tipi di Bollati Boringhieri, un nuovo libro, scritto in collaborazione con Gilberto Corbellini, daltitolo ‘La razionalità negata’ e dal sottotolo ‘Psichiatria e antipsichiatria in Italia’: è la cronaca, e la disami-na partecipe e spassionata, di un periodo affascinante e controverso della nostra storia recente.

GIOVANNI JERVIS

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Qualificare la formazione orientare la domanda

I l giorno 28 maggio si è tenuto in Sardegna un con-vegno organizzato dal Consiglio dell’Ordine

Regionale dal titolo “La professione di psicologo inSardegna. Percorsi formativi e mercato del lavoro”. Il convegno è stata occasione di una approfonditariflessione sui percorsi formativi e sulla situazione edevoluzione del mercato del lavoro nella regione con-frontandola con quanto accade nelle altre realtà regio-nali e a livello nazionale.I lavori sono stati aperti da Giuseppe Luigi Palma,Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine che hadelineato la situazione a livello nazionale.I temi toccati nei successivi interventi sono stati:• La nuova strutturazione dei Corsi di Laurea in

Psicologia dell’Università di Cagliari, con un inter-vento di Antonio Argiolas, Presidente del Corso diLaurea in Psicologia.

• I tirocini, a cura di Marco Guicciardi, Vicepresidentedel Consiglio dell’Ordine della Sardegna.

• La realtà e le prospettive del mercato del lavoroisolano, di Antonello Soriga, Coordinatore dellaCommissione Rapporti con l’Esterno dello stessoConsiglio.

A seguire si è svolta una tavola rotonda sul tema deipercorsi formativi e del mercato del lavoro coordinatada Raffaele Felaco, Vicepresidente del Consigliodell’Ordine della Campania e coordinatore delSistema Integrato di Comunicazione del ConsiglioNazionale.La tavola rotonda ha visto la partecipazione di:• Claudio Tonzar, Vicepresidente del Consiglio

Nazionale• Daniela Tatti, Coordinatrice della Commissione

Orientamento Neoiscritti del Consiglio Regionaledell’Ordine

• Domenico Putzolu, Segretario Regionale dell’AUPI• Gianluigi Carta neolaureato in psicologia

all’Università di Cagliari.In conclusione della mattinata Imma Tomay,Coordinatrice della Commissione Tariffario e Sviluppodella Professione, ha illustrato la Carta dei Diritti delConsumatore Utente delle Prestazioni Psicologichesottoscritta dal Consiglio Nazionale e dalle principaliAssociazioni dei Consumatori.Nel pomeriggio si sono svolti dei gruppi di lavoro chehanno approfondito alcuni temi sviluppati nella matti-nata.Cosa è emerso dal Convegno? Partiamo dai numeri.L’Ordine regionale conta oggi circa milleottocentoiscritti e i corsi di Laurea in Psicologia istituiti pressol’Università di Cagliari annoverano circa tremila stu-denti. I numeri in assoluto son di tutto rilevo ma è neltrend di crescita che assumono una rilevanza ancoramaggiore. Se si pensa che in dieci anni si è passati dacirca quattrocento iscritti agli attuali milleottocentoabbiamo un aumento del quattrocentocinquanta percento. Interessante anche il rapporto tra psicologi eabitanti che è pari a 0.88, leggermente più alto dellamedia nazionale che si attesta intorno allo 0.85. Nella nostra regione la collocazione degli psicologi nelmercato del lavoro comprende circa duecento dipen-denti, tra dirigenti del Servizio Sanitario Regionale eoperanti in enti pubblici e privati, i restanti milleseicen-to sono liberi professionisti e convenzionati. Tra questiultimi è presente una consistente fascia di professioni-sti che si trovano ad operare in condizioni di scarso

Qualificare la formazione,differenziare l’offerta,orientare la domanda.Una riflessione sul Convegno “La professione di psicologo in Sardegna. Percorsi formativi emercato del lavoro”Tullio GarauPresidente Ordine Psicologi Sardegna

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Qualificare la formazione orientare la domanda

riconoscimento del ruolo e un numero altrettanto altodi iscritti che si trovano a lavorare spesso in situazionidi precarietà o che sono del tutto fuori dal mercato dellavoro professionale.Eppure gli psicologi in Sardegna sono una realtà pro-fessionale attiva in diverse realtà: nelle Azienda sani-tarie locali, nelle Aziende ospedaliere, ma anche nellecarceri, negli Enti Locali, nelle scuole, nelle aziende enella formazione professionale ma purtroppo questarealtà riguarda ancora una percentuale troppo esiguadegli iscritti all’Albo sebbene dalla realtà isolana pro-venga esplicitamente una consistente richiesta di pre-stazioni psicologiche sia da parte dei singoli cittadinisia da parte delle istituzioni. In generale però la richie-sta di prestazioni psicologiche è si alta ma spessoespressa in modo parziale e frammentario e noncoglie appieno tutte le opportunità che l’utilizzo figuradello psicologo può offrire nei diversi contesti.Che fare per affrontare tutto questo?L’Ordine degli Psicologi della Sardegna si è sempreimpegnato in una attività che ha come finalità la pro-mozione della figura dello psicologo nella società. Le linee di indirizzo che hanno guidato e guidano lanostra attività in questo campo sono:• La qualificazione della formazione di base e spe-

cialistica• La capacità da parte dei professionisti di differen-

ziare l’offerta di prestazioni• La capacità da parte dei professionisti e dei loro

rappresentanti ordinistici di orientare la domanda diprestazioni psicologiche che viene dai cittadini edalle istituzioni.

Il primo punto rimanda al lavoro di sinergia che si staportando avanti con l’Università per un efficace coor-dinamento tra percorsi formativi, sia pre sia post lau-ream, e inserimento nel mercato del lavoro. La ristrut-turazione dei corsi di laurea a Cagliari con un trienniodi base propedeutico ai due corsi di laurea magistrale,l’una in “Psicologia dello sviluppo e dinamico-relazio-nale” e l’altra in “Psicologia dei processi sociali, orga-nizzativi e del lavoro” va sicuramente nella direzioneda tempo auspicata sia dal Consiglio Nazionale siadal Consiglio Regionale dell’Ordine e appare in lineacon i requisiti dettati dal programma EUROPSY. Tuttoquesto però non basta occorre che l’Università siimpegni maggiormente nella definizione dei program-mi e dei contenuti mirando a sviluppare maggiormen-te alcune aree, quali la psicodiagnostica in particolaree la valutazione psicologica più in generale, nella for-mazione di base e istituendo percorsi formativi postlauream (specializzazioni e master) in ambiti innovati-vi di sviluppo della professione.Un discorso a parte, nel percorso formativo, merita poi

il tirocinio obbligatorio, fondamentale nodo di raccordotra formazione accademica e inserimento nel mondoprofessionale, al quale va garantita una reale qualifi-cazione. Lo spostamento dopo la laurea magistrale diuna parte consistente del periodo di tirocinio, almomento non inferiore comunque a sei mesi ma inprospettiva ripristinando l’anno post lauream, è unprimo risultato al quale puntiamo per consentire al pro-fessionista in formazione di acquisire quel bagaglio diesperienza che lo avvii verso un inserimento nel mer-cato del lavoro. La determinazione di linee guidarispetto alle forme e ai contenuti del tirocinio è ilsecondo elemento sul quale si sta lavorando, di con-certo con l’Università, per la individuazione di percorsiteorico pratici di acquisizione di competenze, di orien-tamento professionale e di conoscenza approfonditadell’etica e della deontologia professionale.Il secondo punto riguarda la capacità da parte deglipsicologi di formarsi e proporsi in aree di sviluppo pro-fessionale innovative e socialmente rilevanti quali, peresempio ma non solo, la psicologia viaria, la psicolo-gia delle situazioni di crisi, la psicologia del turismo,cercando di favorire l’incontro della domanda e dell’of-ferta. Questo chiama in campo ancora una voltal’Università per quanto essa può e deve fare per apri-re percorsi formativi innovativi ma apre lo spazioanche ad iniziative private di formazione che risponda-no però a precisi criteri di qualità.Il terzo punto, l’orientamento della domanda, chiamain campo più direttamente il Consiglio dell’Ordine perle iniziative che esso può mettere in atto.Diverse sono le iniziative in essere.Nel campo della psicologia scolastica, per esempio, sista lavorando per stilare un Protocollo d’Intesa con la

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Qualificare la formazione orientare la domanda

Direzione Scolastica Regionale, con la Regione e conle Province per favorire e orientare l’incontro tradomanda di prestazioni psicologiche, spesso fram-mentarie, ambigue e parziali, che vengono dal mondodella scuola con l’offerta proveniente dai professioni-sti. Per quanto riguarda la presenza dello psicologo neglienti locali è stato elaborato un Protocollo d’Intesa traConsiglio dell’Ordine della Sardegna, Associazionedei Comuni, Regione, Province e l’AssociazioneUnitaria Psicologi Italiani (Aupi) e dalla Provincia diCagliari, che ha lo scopo anch’esso di favorire l’incon-tro tra domanda e offerta, di orientare gli enti locali adun corretto utilizzo delle competenze dello psicologo enon ultimo quello di individuare criteri trasparenti nel-l’assegnazione degli incarichi professionali da partedegli enti locali stessi.Nel campo della psicologia viaria si sta lavorando perrendere effettivo anche a livello regionale il Protocollodi Intesa firmato dal Consiglio Nazionale, dalla

Confedertaai (la principale associazione delle auto-scuole italiane) e dal Consorzio Nazionale GuidaDifensiva al fine avviare un serio e concreto discorsodi psicologia viaria sui temi della sicurezza e dellaeducazione stradale.Ancora si sta lavorando sulla psicologia delle situazio-ni di crisi e delle emergenze e su altri temi di interes-sante sviluppo professionale.Ciò che conta oggi per noi è fare emergere i bisognipsicologici, espressi e non espressi, che provengonodalla società, dare rilievo alla utilità sociale dello psi-cologo in tutti i suoi ambiti professionali, costruire suquesta utilità riconosciuta una rappresentazionesociale adeguata che possa poi tradursi anche in unamaggiore e più qualificata presenza dello psicologonella socità e nel mondo del lavoro.

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C’è un aspetto della formazione con cui ciascuno dinoi prima o poi deve fare i conti: si tratta del tiro-

cinio pratico, originariamente volontario e successiva-mente reso obbligatorio dalla nostra legge ordinistica,per l’ammissione all’esame di Stato (art. 2 comma 3).Il DM 239, del 13.01.92 ne ha regolamentato l’attua-zione, stabilendone le procedure di accesso, l’articola-zione interna e le modalità di certificazione. Il succes-sivo art. 6 del DPR 5 Giugno 2001 n. 328 ha infineprevisto che il periodo di tirocinio può essere svolto, intutto o in parte, durante il corso degli studi, secondomodalità stabilite in convenzioni stipulate fra gli Ordinie le Università. Lo stesso articolo al successivocomma ha sancito che coloro che hanno effettuato ilperiodo di tirocinio per l’accesso alla sezione B posso-no esserne esentati per l’accesso alla sezione A, sullabase di criteri fissati con decreto del Ministro compe-tente sentiti gli ordini. Vale la pena sottolineare l’importanza di quest’ultimodecreto che amplia le competenze e la discrezionalitàdegli Ordini, che non si limitano ad identificare d’inte-sa con le autorità accademiche le strutture extrauni-versitarie, pubbliche o private ritenute idonee perl’espletamento del tirocinio (DM 239/92), ma possonoanche stabilire di comune accordo con le Università learticolazioni temporali del suo accadimento. Qualiaccordi sono stati sinora presi in merito alla regola-mentazione delle attività di tirocinio? Ci sono state uni-formità o differenze a livello regionale? In caso affer-mativo quali risultati hanno prodotto? Potrebberoessere questi alcuni punti di partenza per una rifles-sione comune che recuperi il valore formativo del tiro-cinio professionalizzante.Ri-scoprire il valore fondante del tirocinio potrebbeapparire un’operazione futile qualora il problema fosse

affrontato in termini sostanzialmente temporali: quan-to esso deve durare e quando deve essere espletato.Infatti, si potrebbe disquisire all’infinito se tre, sei,dodici, diciotto, ventiquattro mesi sono sufficienti perpoter formare adeguatamente tramite un tirocinio.Qualcuno mi dovrebbe poi spiegare perché tali perio-di devono essere necessariamente dei multipli di tre:come se un tirocinio che durassae cinque mesi o tre-dici mesi risultasse deficitario! Sulla base di misterio-se formule alchemiche si potrebbe anche considerarel’opportunità di ricorrere alle frazioni per stabilire qualequota compete alle Università e quale alle Professioni(per par condicio). Come si dice in gergo, non senzarischio di essere equivocati: “metà dentro e metàfuori”, oppure “un terzo dentro e due terzi fuori” o infi-ne “tutto fuori”!!! E per fortuna che Freud ci ha inse-gnato qualcosa.Temo tuttavia che in mancanza di opportuni correttivitali operazioni risultino sterili se, come racconta unatirocinante all’interno di un forum elettronico, l’attualeesperienza di tirocinio, anche se svolta per quattrosesti fuori e due dentro può risultare letale: “E’ tristesapere che molti di voi si lamentano del tirocinio …personalmente l’ho trovato molto utile ed ho imparatodavvero molto. Sì è vero si lavora assolutamente gra-tis e senza una briciola di ricompensa (anche solo unmisero riconoscimento per tutto il lavoro svolto danoi..). ma fidatevi.. un anno passa in fretta e l’impor-tante è che il tutor a fine mese firmi quel benedettofoglio ore.. Forza e non mollate che la libertà è vicina!!Dopo l’esame di abilitazione vi si aprirà un altromondo!! In bocca al lupo a tuttiiiiiiii “.A ben vedere questa importante “esperienza transizio-nale” è una delle poche attività che potrebbe recepireil contributo congiunto del mondo professionale e

Quando tre più due non fa cinque

Quando tre più due non fa cinque.Considerazioni sul tirocinio qualeesperienza qualificante per l’ingressonel mondo della professioneMarco GuicciardiVice Presidente Ordine Psicologi Sardegna

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Quando tre più due non fa cinque

accademico: un’occasione ghiotta per confrontaremodelli e pratiche, risultati e significati, per costruirevalori e senso, per rafforzare e trasformare la nostraidentità professionale. Si tratta ovviamente di andareoltre le buone intenzioni, come suggerisconoSarchielli e Fraccaroli (2002), per stabilire una condi-visione di intenti, al fine di evitare che la ricchezza diimplicazioni formative e l’ambio bagaglio di opportuni-tà di apprendimento vengano da molti assimilate informa metonimica all’attività che sempre più spessocaratterizza il tirocinio: il fare fotocopie.Non sto qui a considerare le prerogative delle funzio-ni di tutorship e di mentorship, spesso richiamatequale riferimento teorico e operativo, per un apprendi-mento situato, professionalmente orientato. C’è tutta-via il sospetto che il perdurare delle distorsioni sopraevidenziate possa mascherare una nuova forma direlazione istituzionalizzata: la collusionship.Situazione emblematica dove chi ritiene di avere giàdato e chi ritiene di non avere molto da ricevere – esottolineo ovviamente che tali ruoli sono interscambia-bili – colludono insieme per ridurre al minimo le poten-zialità di apprendimento e formazione, aspettando chepassino i fatidici… 365 giorni all’alba. Quali possono essere pertanto alcune ipotesi di lavo-ro, utilizzabili per prospettare dei rimedi per una situa-zione divenuta quanto mai deprimente? Accennerò adalcune, non avendo la pretesa di essere esaustivo nétanto meno particolarmente convincente.In primo luogo, ritengo occorra rimarcare a tutti i livel-li la rilevanza di una formazione pratica e il valore diun apprendimento situato. Ciò va fatto a partire daipercorsi formativi, al cui interno le esperienze praticheguidate devono essere non solo previste, ma anchesupervisionate e certificate. I laboratori di ricerca e lecliniche a livello universitario, i servizi, gli ospedali, glistudi, le aziende, le scuole, le agenzie, i tribunali, lepalestre e quanto altro a livello professionale dovreb-bero diventare luoghi noti piuttosto che utopici, maanche dei contesti di apprendimento, per compiti spe-cifici e ben documentati, a partire dai primi anni di stu-dio. Tali attività dovrebbero essere affidate a personeprofessionalmente esperte oltre che volenterose, chepossono trasmettere e condividere conoscenze, stru-menti e pratiche, rappresentando al tempo stesso pergli studenti in formazione utili punti di riferimento per laconoscenza e la costruzione di un’identità professio-nale. Come ci ricorda Kaneklin, fondamentale è l’aper-tura di orizzonti, cioè la possibilità di gettare unosguardo su ciò che accade nel mondo del lavoro,offrendo nel contempo la possibilità di elaborare quan-to appreso nel contatto con professionisti esterni.Queste attività dovrebbero anche prevedere di svilup-

pare relazioni interpersonali e di gruppo durante il pro-cesso formativo, al fine di promuovere e sosteneremodalità di apprendimento di tipo interpersonale ecooperativo, funzionali all’acquisizione di competenzedi base professionalmente spendibili (Bruno, Saita eKaneklin, 2004). Queste attività formative, utili e necessarie, realizzabi-li nel triennio e nel successivo biennio magistrale,dovrebbero favorire e sviluppare la capacità di eserci-tare sotto supervisione, di riflettere su e discutere diattività proprie e di altre persone, di iniziare a lavorarein un setting con altri colleghi e professionisti (EuroPsy2005). La sequenzialità dei percorsi e la progressivaspecializzazione delle conoscenze dovrebbero inoltresuggerire un progressivo ampliamento delle compe-tenze formabili con tali attività. Per quanto la progettazione, attuazione e verifica ditali attività sia di per sé un elemento di difficile realiz-zazione, ritengo tuttavia che il punto cruciale sia unaltro: occorre che tali attività di tirocinio, comunquedefinite (EPT, stages, etc) siano tenute concettual-mente distinte dal tirocinio professionalizante. Quelloche, in omaggio alla nomenclatura europea, dovrem-mo iniziare a chiamare “praticantato”, vale a dire unperiodo di pratica supervisionata svolto all’interno diuna particolare area di psicologia professionale, al finedi prepararsi per l’esercizio indipendente della profes-sione, sviluppando ruoli lavorativi come psicologo pro-fessionista e consolidando l’integrazione di conoscen-za teorica e pratica. (EuroPsy 2005). Questa formazione, come ci ricordano i documentiufficiali (http://www.inpa-europsy.it/), si svolge gene-ralmente dopo il completamento del tre più due, espesso dopo aver lasciato l’università. Comunque,può anche essere parte della formazione universitaria.La sua durata è di dodici mesi o l’equivalente (60ECTS). Ciò che caratterizza questa formazione ulteriorerispetto alle precedenti attività pratiche e di tirocinio èil fatto che si tratti di un lavoro semi-indipendente svol-to come psicologo, sotto supervisione in un settingprofessionale collegiale. Non a caso più che di tiroci-nante si parla di professionista-in-training. Questo tipodi formazione si ritiene essenziale per ottenere la qua-lifica professionale di psicologo, dal momento chel’applicazione in un setting professionale delle cono-scenze e delle abilità acquisite durante i percorsi for-mativi, sono un pre-requisito per lo sviluppo delle com-petenze professionali. I laureati che hanno completa-to gli studi senza un periodo di pratica supervisionatanon possono essere considerati qualificati per eserci-tare in modo indipendente come psicologi.(EuroPsy2005).

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Quando tre più due non fa cinque

Lo stesso documento EuroPsy specifica quali compitispettano al professionista in formazione e quali al suosupervisore. Quest’ultimo è responsabile dell’acquisi-zione e della valutazione della competenza professio-nale acquisita dal tirocinante nello specifico contestoprofessionale. Pertanto, il professionista-in-training ed il Supervisore,al fine di rendere valido il percorso di formazione,devono accordarsi su: a) la tipologia di contesto professionale e gruppo/i diclienti su cui è orientato il lavoro pratico; b) quali ruoli professionali sono maggiormente compa-tibili con il lavoro svolto; c) quali sono le competenze di cui si dovrà produrreevidenze. Queste ultime saranno, infatti, oggetto dispecifica e analitica valutazione da parte del supervi-sore, i cui risultati dovranno essere discussi con il pro-fessionista-in-training, anche per fornire indicazionidelle aree per un ulteriore sviluppo.

E’ evidente che questa trasformazione richiede ampiemodifiche strutturali ed incentivi economici, utili perretribuire sia il professionista in formazione oltre che ilsupervisore, ma soprattutto sollecita una maggioredefinizione dei requisiti, dei compiti e dei ruoli, oltreche delle competenze e delle modalità necessarie peruna sua corretta verifica e certificazione. Forse unpasso in avanti per trasformare la collusionship in unasituazione di cooperative learning.Concludendo: se è vero che il tirocinio professionaliz-zante è un aspetto della nostra formazione con cuiprima o poi dobbiamo fare i conti, iniziamo ad abituar-ci a pensare che, a livello europeo, non è detto che3+2 faccia sempre cinque.

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Violenza contro le donne

Credo sia importante cominciare questo articolosottolineando che questa occasione è stata l’op-

portunità di ripensare ad alcuni concetti, spessodiscussi, ma mai elaborati fino in fondo su un temache negli ultimi tempi ha aperto un nuovo e fertiledibattito nella comunità scientifica. Gli psicologi italia-ni leggeranno queste personali riflessioni con il critici-smo che esse richiedono; da qui si potrebbe partireper aprire un Forum che consenta di allargare il ven-taglio di opinioni. Non sembri inoltre troppo inusualese invece di iniziare l’ articolo con definizioni teoricheo digressioni storiche, come forse sarebbe statoopportuno, cominci invece con un brano autobiografi-co che fungerà da veicolo per entrare nel cuore delproblema.

Ricordo con chiarezza quelle discussioni tanto dapoter ricostruire parole, volti, toni, prosodie, spessotroppo concitate; si tenevano con periodicità cadenza-ta nella Clinica delle Malattie Nervose e Mentali,riguardavano la natura organica o psichica di talunepatologie e di certe classi di fenomeni mentali; eranodiscussioni accorate che spesso esitavano in scontriverbali; iniziavano con il riportare dati o esperienzecliniche e finivano come veri litigi: in realtà era solo undialogo tra sordi. Da un lato i sostenitori della naturaassolutamente biologica dei processi e delle patologiementali, sostenuta dagli epigoni di un positivismo giàretrò e obsoleto, e dall’altra i sostenitori di una meto-dologia interpretativa basata esclusivamente su teoriepsicologiche.Questi ultimi, sostenevano il primato della “sostanzapsichica” sulla “sostanza biologica”, rintracciando inessa la causa prima dei fenomeni mentali sia normaliche patologici a cui spesso erano costretti a ricono-scere caratteristiche di tipo biologico. Essi considera-vano un’ipotetica sostanza psichica, una sorta di “rescogitans” di cartesiana memoria, profonda, ricca ecomplessa, per sua natura ineffabile ed insondabilecon la sola ragione umana e totalmente esclusa dallostudio sperimentale; il cervello o più genericamente ilsistema nervoso con relativa neurochimica delle gran-di e piccole molecole era ritenuto essere solo unamacchina governata da leggi deterministiche, unasorta di computer asservito ad una struttura molto piùevoluta, descritto da modelli troppo riduttivi ed inade-

guati ad interpretare le complessità dell’animo umano;d’altro canto c’erano gli organicisti che invece riduce-vano tutto ad una materialità biologica spiegando ifenomeni in maniera semplicistica e ritenendo fonda-mentale una sorta di res extensa (anch’essa di carte-siana memoria) che nulla consentiva al mentale senon di essere indefinito e vacuo, fino al punto da esserritenuto non del tutto rilevante. C’erano poi quelli chesi barcamenavano tra le due opzioni, pronti però aconcedere credito all’una o all’altra delle teorie allaprima occasione. In realtà c’era incomprensione tra le scienze psicolo-giche e le neuroscienze e si ponevano in alternativa.Confesserò che anche allora non comprendevo lasostanza delle discussioni, mi sembravano lontanedalla realtà, mi apparivano spesso come virtuosismidialettici esercitati da studiosi sicuramente competen-ti, ma autoreferenziali e poco critici.Che cosa è cambiato, oggi, dopo solo trentacinqueanni da quei tempi?Sono cambiate le persone (in parte almeno), i modelliculturali, le teorie epistemologiche, la tecnologia e leconoscenze.Le persone sono cambiate perché quelli che un tempoerano i giovani oggi sono gli anziani, quelli che alloraguardavano con perplessità a quelle discussione oggisono “le voci ascoltate” nelle comunità scientifiche, equesti cercano di non cadere in quello stesso sterileschematismo, o perlomeno, tacciono senza inventarefalse polemiche.Sono cambiati i modelli culturali: oggi vige la culturadel globale, le autoreferenzialità individuali naufraga-no nel grande mare di informazioni; si va comprenden-do che la conoscenza della mente può essere rag-giunta attraverso vie diverse, che tuttavia conduconoad un sol “luogo”; si riconosce la realtà come multidi-

Psicologie e neuroscienze

Psicologie e Neuroscienzetra vecchie incomprensionie nuove prospettiveDario GrossiOrdinario di NeuropsicologiaSeconda Università di Napoli

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Psicologie e neuroscienze

mensionale: nessuna dimensione è rinunciabile, nes-sun metodo di studio relativo ad ogni singola dimen-sione è trascurabile. Sono cambiate le teorie epistemologiche: al dualismocartesiano che generava antinomia tra mentale e neu-rologico, si va sostituendo un monismo che però nonriduce tutto ad anonime identità, bensì riconosce chela realtà, almeno quella che qui ci interessa, è unicaed ha aspetti molteplici. La mente umana, che si ponea studiare se stessa, è ad un solo tempo soggetto chestudia ed oggetto studiato e scopre il suo più grandelimite: non essere in grado di coglier nel contempotutto il molteplice che le appartiene; essa è solo ingrado di poterlo pensare sottoforma astratta, ma nondi coglierlo con un solo atto di conoscenza. Siamodunque costretti a cogliere una dimensione alla volta,pur tuttavia riconoscendone tante che hanno genera-to competenze e metodi diversi. Posto così il proble-ma dobbiamo rinunciare a conoscere e a comprende-re la mente umana nel suo insieme? Siamo dunquecondannati a seguire percorsi forse paralleli, ma cer-tamente mai convergenti?Per sfuggire ai vincoli posti dai nostri naturali confinipossiamo tuttavia scoprire corrispondenze tra dimen-sioni diverse esplorate con metodi differenti chedescrivono la stessa realtà; ciò potrebbe sembraresolo un anelito protoromantico soffocato da una con-cezione di vetero-illuminista. Tuttavia la molteplicità,espressione dell’unica realtà, potrebbe essere coltaattraverso la conoscenza, anzi del riconoscimentodelle corrispondenze: i fatti compresi o descritti omisurati nell’esplorazione di una dimensione devonocorrispondere ai fatti compresi o descritti o misurati dialtro aspetto della realtà mentale. Certamente le neu-roscienze di base, per quanto attualmente molto avan-zate e spinte dalla scoperte della genetica molecola-re, sono troppo analitiche per offrire oggi un’opportu-nità immediata di corrispondenza con fenomeni men-tali che sono letti ad ingrandimento molto diverso;analogamente le neuroscienze classiche che trovanoil loro massimo esponente in erano fondate spesso susperimentazione animale e su concezioni troppo mec-canicistiche per essere utili alla comprensione dellecorrispondenze con i fatti mentali. La reale novità degliultimi trenta anni e, ancor più dell’ultimo decennio, èdata dalla mole immane di informazioni ricavate dastudi eseguiti direttamente sull’uomo senza mezziinvasivi, frutto di una tecnologia tanto avanzata darisultare sconcertante, cioè la neuroimaging. I fattimentali oggi possono essere documentati come fattineurofunzionali persino in tempo reale; è di pochimesi fa la pubblicazione di studi eseguiti su soggettiche osservano su un monitor le loro attività neurofun-

zionali mentre eseguono compiti o svolgono attivitàmentali, dimostrando anche di poter influenzare que-sta attività con adeguato training (neurofeedback). Ifatti mentali corrispondono a dei fatti neurofunzionali:si sta evolvendo una competenza comune che fungeda anello. Certamente sono ancora molti i problemi darisolvere e una tecnologia tanto sofisticata prevedeuna complessità che è fonte di possibili errori, ma lastrada è tracciata, e non è un caso se sempre più psi-cologi sono richiesti per lavorare alla ricerca con imetodi della neuroimaging.Anche le conoscenze sono cambiate, la più importan-te scoperta delle neuroscienze dell’ultimo decennio èstata la dimostrazione dei sistemi neurali specchionell’ uomo, deputati a simulare nel cervello azioni,emozioni e persino ruoli sociali osservati negli interlo-cutori; sono eventi finalizzati alla comprensione diazioni, emozioni e ruoli sociali. E’ una teoria che stadiventando uno strumento interpretativo chiave percomprendere il fenomeno fondamentale dell’empatia,a cui si associa con sempre maggiore evidenza laconoscenza dei sistemi di regolazione di origine fron-tale che modulano risposte all’ambiente, emozioni ecomportamenti. Non sono le neuroscienze dell’epoca del neurologoDoctor Sigmund Freud, ma neanche si sta verificandola sua pessimistica previsione, riportata in quel mera-viglioso saggio che è Il disagio della civiltà, che tuttol’edificio della psicoanalisi poteva crollare con le sco-perte delle neuroscienze: si stanno invece scoprendole corrispondenze tra stati mentali e stati neuronali,senza rapporto reciproco di causa effetto, senza invo-care riduzionistiche identità: uno stesso fatto puòessere letto in linguaggi diversi. E’ da aggiungere chela progressione di un rapporto speciale di corrispon-denza tra neuroscienze e psicologia non implica unomologazione di operatività professionali; è opportunosottolineare che le professioni resteranno tali, si modi-ficheranno invece tra i professionisti i rapporti ed i lin-guaggi che diventeranno meno opachi, e soprattuttomeno autoreferenzialiC’è un reperto molto speciale nella sezione egizia delBritish Museum, è la Stele di Rosetta che contiene latraduzione di uno scritto dall’antico egizio al greco,questa preziosa pietra di granito ha rappresentato lachiave per interpretare gli antichi papiri così cheabbiamo avuto accesso alle origini della cività delmediterraneo. Ebbene abbiamo necessità di una sortedi psico-neuro-stele di ugual genere per scoprire lepiene corrispondenze tra psicologia e neuroscienze: iposteri avranno da lavorare.

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Stalking

Le polemiche che hanno fatto seguito alla pubblica-zione delle nuove linee guida di attuazione della

legge 40 sulla procreazione medicalmente assistitahanno purtroppo messo in ombra una novità di rile-vante importanza: le nuove linee infatti accolgono ilparere del Consiglio di Superiore di Sanità in meritoalla necessità di un adeguato supporto psicologico,effettuato dalle competenti figure professionali, pertutte le coppie che richiedono un intervento di fecon-dazione assistita, e in tutte le fasi del ciclo di cura. L’introduzione di questo pieno ed esplicito riconosci-mento dell’importanza del ruolo dello psicologo nellaprocreazione medicalmente assistita è una conquistanon da poco, se si pensa che nelle precedenti lineeguida, si riconosceva (e come non farlo?) la necessi-tà di supportare psicologicamente la coppia durantel’iter della cura, salvo poi non indicare la figura profes-sionale dello psicologo tra i componenti del team,lasciando in sospeso il problema di chi dovesse occu-parsi di tale sostegno. Nell’intervista a Silvia VegettiFinzi, unica psicologa membro del ConsiglioSuperiore di Sanità, (vedi la Professione di Psicologon. 1 settembre 2007) la professoressa aveva sottoli-neato come la soluzione di questa incongruenza, evi-denziata a più riprese anche dall’Ordine degliPsicologi, sarebbe stata uno degli obiettivi del suolavoro all’interno del Consiglio. Ora che finalmente almeno questo, tra i tanti problemiposti dalla legge, sembra essere stato risolto, c’è dasperare che la bagarre scatenata dagli altri cambia-menti presenti nelle linee guida, non porti ad un inter-vento che cancelli anche questa importante conquista,per gli psicologi, ma anche e soprattutto per le coppieche si sottopongono al lungo, difficile ed incerto per-corso della fecondazione assistita.

LE NUOVE LINEE GUIDA DI ATTUAZIONE DELLALEGGE 40

Le linee guida sono state pubblicate il 30 aprile 2008,

contengono le indicazioni sulle procedure e le tecni-che di attuazione della procreazione medicalmenteassistita e integrano e aggiornano le precedenti pub-blicate nel luglio del 2004.E’ la stessa legge 40, all’articolo 7, che prevede lanecessità di un aggiornamento almeno triennale dellelinee guida, da attuarsi avvalendosi dell’IstitutoSuperiore di Sanità e previo parere del ConsiglioSuperiore di Sanità. Queste le principali novità :

1. la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazio-ne medicalmente assistita (PMA) viene estesaanche alla coppia in cui l’uomo sia portatore dimalattie virali sessualmente trasmissibili, e in parti-colare del virus HIV e di quelli delle epatiti B e C,riconoscendo che tali condizioni siano assimilabiliai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorsoalla PMA. In questi casi c’è infatti un elevato rischiodi infezione per la madre e il feto conseguente arapporti sessuali non protetti con il partner sieropo-sitivo. Un rischio che, di fatto, preclude la possibili-tà di avere un figlio a queste coppie;

2. l’indicazione che ogni centro per la PMA debbaassicurare la presenza di un adeguato soste-gno psicologico alla coppia, predisponendo lapossibilità di una consulenza da parte di unopsicologo adeguatamente formato nel settore;

3. l’eliminazione dei commi delle precedenti linee guidache limitavano la possibilità di indagine a quelle ditipo osservazionale e ciò a seguito delle recenti sen-tenze di diversi tribunali e in particolare di quella delTAR Lazio dell’ottobre 2007. Questa sentenza, comeè noto, ha infatti annullato le linee guida precedentiproprio in questa parte, ritenendo tale limite non coe-rente con quanto disposto dalla legge 40.

Procreazione medicalmente assistita

Procreazione MedicalmenteAssistitaNuove linee guida della legge 40: finalmente riconosciuto il ruolo dello psicologoA cura di Maria PedoneConsulente di redazione “La Professione di Psicologo”

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La Professione di Psicologo n. 02/08

Procreazione medicalmente assistita

2004

CERTIFICAZIONE DI INFERTILITÀ(ai sensi del comma 1)

Certificazione dello stato di infertilità: può essere effettuatada ogni medico abilitato all’esercizio della professione.

Certificazione dello stato di infertilità per l’accesso alle tecni-che di riproduzione assistita: viene effettuata dagli speciali-sti del centro (per le patologie femminili il ginecologo; per lepatologie maschili l’andrologo o l’urologo con competenzeandrologiche) una volta assicurati i criteri diagnostici e di gradualità terapeutica.

Le cause di infertilità/sterilità devono essere ricercate inmodo sistematico, efficace e devono essere identificati tutti ifattori rilevanti. Il percorso e la durata degli accertamenti devono tenereconto dei desideri della coppia, dell’età della donna, delladurata dell’infertilità/sterilità e dei dati personali emersi dall’anamne-si e dall’esame obiettivo. Deve essere compilata una scheda clinica, contenente levalutazioni e i dati pertinenti della coppia, che sarà conservata a cura delcentro.

ATTIVITA’ DI CONSULENZA E SOSTEGNO RIVOLTA ALLACOPPIA.

L’attività di consulenza è un processo di comunicazione,riconosciuto di grande beneficio, correlato ad ogni tipo ditrattamento offerto. Ogni centro di PMA dovrà prevedere la possibilità di consu-lenza alla coppia. L’attività di consulenza deve essere resa accessibile, quindi,in tutte le fasi dell’approccio diagnostico terapeutico dell’in-fertilità e, eventualmente, anche dopo che il processo di trattamento èstato completato. Tutti i centri debbono garantire che la consulenza sia offertaai soggetti prima di iniziare le singole procedure diagnosti-che.

LEGGE 40 E PSICOLOGI: LINEE GUIDA A CONFRONTO

2008

CERTIFICAZIONE DI INFERTILITÀ O STERILITA’(ai sensi del comma 1)

Certificazione dello stato di infertilità o sterilità: può essereeffettuata da ogni medico abilitato all’esercizio della profes-sione.

Certificazione dello stato di infertilità o sterilità per l’accessoalle tecniche di riproduzione assistita: è effettuata dagli spe-cialisti di volta in volta competenti, quali: (in conformità al parere espressodal CSS). - uno specialista in genetica medica, per le patologie geneti-che; - un ginecologo, per le patologie femminili; - un endocrinologo con competenze andrologiche, ovvero unurologo con competenze andrologiche per le patologiemaschili; una volta assicurati i criteri diagnostici e di gradualità tera-peutica, tenendo conto anche di quelle peculiari condizioni inpresenza delle quali - essendo l’uomo portatore di malattievirali sessualmente trasmissibili per infezioni da HIV, HBV odHCV - l’elevato rischio di infezione per la madre o per il fetocostituisce di fatto, in termini obiettivi, una causa ostativadella procreazione, imponendo l’adozione di precauzioni chesi traducono, necessariamente, in una condizione di infecon-dità, da farsi rientrare tra i casi di infertilità maschile severada causa accertata e certificata da atto medico, di cui all’arti-colo 4, comma 1 della legge n. 40 del 2004.

Per assicurare adeguato sostegno psicologico alla cop-pia ciascun centro offre la possibilità di una consulenzada parte di uno psicologo con adeguata formazione nelsettore.

La negazione del ricorso alle tecniche, certificata dallo spe-cialista, verrà verificata dal responsabile del centro.

ATTIVITÀ DI CONSULENZA E SOSTEGNO RIVOLTA ALLACOPPIA.

L’attività di consulenza è un processo di comunicazione, rico-nosciuto di grande beneficio, correlato ad ogni tipo di tratta-mento offerto. Ogni centro di PMA dovrà prevedere la possibilità di con-sulenza alla coppia e la possibilità di un supporto psico-logico per la donna e le coppie che ne abbiano necessi-tà.(in conformità al parere espresso dal CSS). L’attività di consulenza e di supporto psicologico (inconformità al parere espresso dal CSS).deve essere resaaccessibile, quindi, in tutte le fasi dell’approccio diagno-stico terapeutico dell’infertilità e, eventualmente, anchedopo che il processo di trattamento è stato completato. Tutti i centri debbono garantire che la consulenza sia offertaai soggetti prima di iniziare le singole procedure diagnosti-che.

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La Professione di Psicologo n. 02/08

Procreazione medicalmente assistita

PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA: UN PO’ DI DATI *

I centri che applicano tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita in Italia sono 342 (vedi figura allegata), il 38,9% dei centrisono pubblici, il 6,1% privati convenzionati (totale: 45%) e il 55% sono privati (nel Nord i centri pubblici o convenzionati sono circail 60% del totale).I centri di PMA sono classificati in base alla complessità delle procedure adottate, in centri di primo, secondo e terzo livello.Nei centri di primo livello, vengono applicate soltanto procedure di inseminazione semplice. Nei centri di secondo e terzo livello, oltre all’Inseminazione Semplice, vengono praticate le tecniche di procreazione assistita piùcomplesse (GIFT, FIVET e ICSI), le tecniche di prelievo chirurgico di spermatozoi e le tecniche che prevedono la crioconservazio-ne dei gameti, sia maschili che femminili. Questi centri hanno anche la possibilità di crioconservare embrioni, qualora non fosse pos-sibile l’immediato trasferimento in utero e nei casi previsti dalla legge 40.In Italia 140 centri (40,9%) applicano esclusivamente la tecnica di inseminazione semplice e sono quindi di primo livello, mentre 202centri, pari al 59,1% del totale, oltre l’inseminazione semplice applicano anche le tecniche di secondo e terzo livello.Nel 2006, sono stati trattate con tecniche di primo, secondo e terzo livello di procreazione medicalmente assistita 52.206 coppie esono stati iniziati 70.695 cicli. Sono state ottenute 10.608 gravidanze, di queste ne sono state perse al Follow–up 2.500. Delle 8.108gravidanze monitorate, sono nati vivi 7.507 bambini.

Nel 2005 è stato istituito, presso l’Istituto Superiore di Sanità, il Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita.Il Registro raccoglie annualmente da tutti i centri italiani che applicano le tecniche di PMA i dati anonimi sui cicli di trattamento effet-tuati, sui protocolli terapeutici utilizzati, sulle complicanze suirisultati ottenuti e sul follow-up della gravidanza e dei nati.Le finalità più importanti del Registro si possono così riassu-mere:

• censire i centri di PMA presenti sul territorio nazionale,rilevarne le caratteristiche tecniche ed i servizi offerti;

• raccogliere in maniera centralizzata i dati su efficacia,sicurezza ed esiti delle tecniche, per consentire il confron-to tra i centri;

• valutare quali siano le tecniche di riproduzione assistitapiù efficaci e sicure che offrano i migliori risultati alle cop-pie;

• consentire a tutti i cittadini scelte consapevoli riguardo aicentri ed ai trattamenti.

* Dati tratti dalla relazione del Ministro della Salute alParlamento sullo stato di attuazione della legge 40, relativa-mente all’anno 2007.

Distribuzione dei Centri che applicano tecniche di PMA perregione, alla data del 31 Gennaio 2008. I numeri tra paren-tesi indicano le variazioni occorse dal 2005.

Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

Il Gruppo di lavoro sulla Psicologia delle Emergenze si è insidiato durante ilConsiglio Nazionale del 25 maggio 2007 ed ha iniziato ad operare nel consi-glio successivo del Luglio 2007. Tra le priorità individuate era stata rilevata lanecessità di disporre di un quadro d’insieme delle diverse situazioni regionali per “mappa-re” e documentare le varie disposizioni normative e soprattutto le differentimodalità operative e formative adottate nelle varie realtà e il ruolo svolto dagliordini. E’ stata, pertanto, organizzata una indagine conoscitiva e predisposta unascheda per rilevare le informazioni.Elaborando i dati pervenuti si è evidenziata la necessità di proporre alConsiglio Nazionale di organizzare una rete nazionale formata dai colleghi indi-viduati, da ogni singolo Ordine regionale, come referenti per la Psicologia delleEmergenze. La costruzione della rete si è resa necessaria per implementare la raccoltadelle esperienze e dei dati per condividerli e favorirne lo scambio, lo studio el’analisi. Il “Meeting dei referenti per la Psicologia delle Emergenze degli OrdiniTerritoriali” che si terrà all’hotel San Francesco al Monte di Napoli il 9 settem-bre prossimo risponde a questa prima necessità. In seguito e sulla base delladiscussione si decideranno ulteriori iniziative che possono coinvolgere quantiin Italia contribuiscono allo sviluppo di questo settore disciplinare della psicolo-gia.I lavori, ai quali parteciperà l’esecutivo del CNOP, saranno articolati in tre tavo-le rotonde sui seguenti argomenti:

Tavola rotonda “L’organizzazione degli interventi psicologici nelle maxiemergenze: il ruolodell’Ordine”

Tavola rotonda “L’intervento dello psicologo nelle urgenze sanitarie”Brainstorming con i referenti per la psicologia delle emergenze individuati daiconsigli territoriali.“Politiche ordinistiche per la Psicologia delle Emergenza”

Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

SERVIZI GRATUITI AGLI PSICOLOGI ITALIANI: WWW.PSY.IT

È attiva l’area servizi sul Sito Ufficiale del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi. Tutti gli psicologi italiani pos-sono iscriversi.

All’interno di questa area- è possibile consultare una quotidiana rassegna stampa degli articoli apparsi su 30 principali testate riguardanti la

professione di Psicologo- è possibile accedere alla Banca Dati EBSCO “Psychology and Behavioral Sciences Collection”, dove sono dispo-

nibili più di 550 riviste scientifiche in full text consultabili in modo semplice e funzionale- è possibile ricevere tramite e-mail notizie e aggiornamenti direttamente dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli

Psicologi

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- è possibile accedere al Notiziario quotidiano “Tutto sul sociale, Welfare e Minori”

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Autorizzazione Trib. di Roma, n 28 del 24/01/2002Poste Italiane s.p.a. - Sped.abb.post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46), art. 1 comma 2, DCB PoEditore: Consiglio Nazionale Ordine degli PsicologiP.le di Porta Pia, 121 - 00198 Romatel. 06 44292351 fax 06 44254348Su Internet: www.psy.it - E-mail: [email protected]: Edigraf Editoriale GraficaDirettore responsabile: Giuseppe Luigi Palma

SIC - Sistema Integrato di ComunicazioneCoordinatore Editoriale: Raffaele FelacoRedazione: Girolamo Baldassarre, Lara Costa, Tullio Garau, Antonio TelescaConsulente di Redazione: Maria PedoneCollaboratori di Redazione: Barbara Summo, Silvana StifanoRedazione: “La Professione di Psicologo” c/o Consiglio Nazionale Ordine degli PsicologiChiuso in redazione il 10/07/2008

L’eventuale cambio di indirizzo o mancato ricevimento della rivista, va comunicato esclusivamente al proprio Ordine di appartenenza.

LE LINEE DI INDIRIZZO PER LA CONCESSIONE DEI PATROCINII SONO DISPONIBILI ON LINE SUL SITO WWW.PSY.IT