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Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 – DCB Milano - Contiene I.P. Numero 2/2012 Marzo/Aprile PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE IL CAF EXTERNAL FEEDBACK ESPERIENZE: UNIVERSITÀ, GIUSTIZIA, SCUOLA SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO ACCORDO STATO – REGIONI VERIFICHE AMBIENTI PARTICOLARI VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ ACCREDIA NEL SETTORE COGENTE LA NORMA ISO 17021 AICQ_cover_mar_apr2012_Cover AICQ 19/03/12 09:46 Pagina 2

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I.P.

Numero 2/2012

Marzo/Apr i le

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

LA MISURAZIONE DELLA PERFORMANCEIL CAF EXTERNAL FEEDBACK

ESPERIENZE: UNIVERSITÀ, GIUSTIZIA, SCUOLA

SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO

ACCORDO STATO – REGIONIVERIFICHE

AMBIENTI PARTICOLARI

VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ

ACCREDIA NEL SETTORE COGENTELA NORMA ISO 17021

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Associazione Italiana Cultura Qualità

FEDERAZIONE NAZIONALE20124 Milano - via Cornalia, 19tel. 02 66712484 - fax 02 [email protected] - http://www.aicq.itPresidente: Vincenzo MazzaroVicepresidente: Marco GentiliniAssemblea: Giovanni Romano; Federica Galleano;Santo Paternò; Antonio Lanzotti; Ettore La Volpe; FrancoDrusiani; Marco Gentilini; Alberto BobboGiunta esecutiva: Giovanni Romano; Alessandro Manzoni;Marco Gentilini; Walter Piacentini; Claudio Rosso;Santo Paternò; Ettore La Volpe; Alberto BobboSegretario Generale: Ettore La VolpeSegreteria Nazionale: Annalisa Rossi

ASSOCIAZIONI TERRITORIALI DELLA FEDERAZIONEAICQ - Associazione Italia Centronord20124 Milano - via M. Macchi, 42 - tel. 02 67382158fax 02 67382177 - [email protected]: Giovanni RomanoAICQ - Associazione Piemontese10128 Torino - via Genovesi, 19 - tel.011 5183220fax 011 537964 - [email protected]: Federica GalleanoAICQ - Associazione Tosco Ligurec/o CIPAT Via dei Pilastri n°1/3 50121 FirenzeTel. e fax 055 481524Presidente: Ettore La VolpeAICQ - Associazione Triveneta30174 Mestre (VE) - Galleria Giacomuzzi, 6tel. 041 951795 fax 041 940648 - [email protected]: Alberto BobboAICQ - Associazione Emilia Romagna40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11tel. 3355745309 - fax 051 0544854 - [email protected]: Andrea MinariniAICQ - Associazione Centro Insulare00185 Roma - via di San Vito, 17 - tel. 06 4464132fax 06 4464145 - [email protected]: Marco GentiliniAICQ - Associazione Meridionale80125 Napoli - via Giulio Cesare, 101 - tel. 081 2396503fax 081 6174615 - [email protected]: Antonio LanzottiAICQ - Associazione Sicilia90139 Palermo - via F. Crispi 120,c/o Ordine degli Ingegneridella Provincia di Palermocell. 334. 95 49 274 - fax 091 [email protected]: Santo Paternò

SETTORI TECNOLOGICISettore Alimentarec/o Associazione Italia CentronordPresidente: Claudio MarianiSettore Autoveicolic/o Associazione PiemontesePresidente: Federico RivoloSettore Costruzioni Civilic/o Associazione Centro InsularePresidente: Antonino SantonocitoSettore Elettronico ed Elettrotecnicoc/o Associazione Italia CentronordPresidente: Giovanni MattanaSettore Servizi per i Trasportic/o Associazione Centro InsularePresidente: Sergio BiniSettore Turismoc/o Associazione PiemontesePresidente: Caterina FiorittiSettore Trasporto su Rotaiac/o AICQ NazionalePresidente: Gianfranco SaccioneSettore Scuolac/o Associazione Italia CentronordPresidente: Paolo Senni Guidotti Magnani

COMITATI TECNICIComitato Ambientec/o Associazione Italia CentronordPresidente: Antonio ScipioniComitato Salute e Sicurezzac/o Associazione NazionaleCoordinatore: Diego CerraComitato Metodi Statisticic/o Associazione NazionalePresidente: Egidio CasciniComitato Metodologie di Assicurazione della Qualitàc/o Associazione Centro InsularePresidente: Francesco CarrozziniComitato Normativa e Certificazionedei Sistemi Gestione Qualitàc/o Associazione NazionalePresidente: Cecilia de PalmaComitato Qualitàdel Software e dei servizi ITc/o Associazione Italia CentronordPresidente: Mario CislaghiComitato Risorse Umane e Qualità del Lavoroc/o Associazione TrivenetaPresidente: Piero DettinComitato Aziende Benchmarking/TQM

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sommario2

EditorialeBisogno di qualità. Anche ‘segnali’ di qualità? 3Giovanni Mattana

Tema 1 Pubblica AmministrazioneMisurare la performance delle organizzazioni 4Giovanni Mattana

La procedura europea CAF external feedback 10Claudia Migliore

Il CAF per l’Università 13Emanuela Stefani

Il modello CAF nella giustizia 15Raffaele Mea. Salvatore Quercia

Performance e sistema formativoe giudiziario 18F. De Cillis, P. Senni Guidotti Magnani, S. La Rosa, V. Catania

Comitato editoriale e di supportoComposto da: Giovanni Mattana (coordinatore),Presidente AICQ, Sergio Bini, Claudio Rosso,Pietro Fedele, Egidio Cascini,Mario Cislaghi, Cecilia de Palma, Piero Dettin,Italo Benedini.

EditoreMediavalue srlVia Domenichino, 19 - 20149 Milanotel. +39 0289459724 - fax +39 0289459753www.mediavalue.it - [email protected]

Redazione, grafica, [email protected]

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Gli articoli di questo numero, pur ritenuti validi daglieditori per il loro contenuto, vengono pubblicati sotto laresponsabilità degli Autori.In conformità a quanto previsto dal D.lgs. n. 196 del30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione dei datipersonali) e fatti salvi i diritti dell’interessato ex art. 7del suddetto decreto, l’invio di Qualità autorizza AICQstessa al trattamento dei dati personali ai fini dellaspedizione di questa pubblicazione.Diritti riservati - Pubblicità inferiore 50%

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n. 2 marzo/aprile 2012

Edizione Nazionale AICQAutorizzazione del Trib. di Torinon. 783 del Registro del 28/11/52

ISSN 2037-4186

Direttore responsabileGiovanni Mattana

RedazioneAnnalisa Rossi

Segreteria di redazioneAICQ - via Cornalia, 1920124 MilanoTel. 02 66712484Fax 02 [email protected]

Ringraziamo tutti i collaboratori ed in particolare Il Comitato Salute e Sicurezzaed il suo coordinatore Ing. Diego Cerra

Tema 2Salute e Sicurezza sul lavoroLe verifiche periodiche di macchinee apparecchi 21Francesco Taurasi, Diego Cerra

Accordo Stato-Regioni per percorsi formativiconformi 25Umberto Gelati, Alessandro Cafiero

Formazione dei lavoratori e accordostato-regioni 28Diego Cerra

Requisiti per lavorare in sicurezza in spaziconfinati 34Francesco Taurasi, Diego Cerra

Aziende a rischio di incidente rilevante 38Francesco Taurasi

Tema 3Valutazione della conformitàSettore cogente: il ruolo di Accredia 44Filippo Trifiletti

La revisione della norma ISO 17021 48Giovanni Mattana

Rubrica EventiDalla Regola Benedettina alla Qualità Totale 52

Rubrica Qualità dal Mondo 56a cura della Redazione

In via eccezionale la rubrica corsi comparirà sul nostro sitohttp://aicqna.com/redazione/qualita/

sezione “segnalazione articoli”

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Bisogno di qualità.Anche ‘segnali’di qualità?

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Giovanni Mattana

Nel momento in cui scrivo, in Italia, siamo (quasi) tutti (un po') più fiduciosi. Perché? perché è stata definita una strategia più consa-pevole e integrata, perché c’è maggiore chiarezza sugli impegni e nelle relazioni, perché stiamo attuando decisioni adeguate , per-ché siamo più credibili, perché c’è maggior coinvolgimento degli stakeholder, perché è stato ridotto il rischio di reputazione? Pro-babilmente sì, un po’ di tutto questo. Ma tutto ciò non è forse Qualità? Non sono prassi adatte a tutti i contesti e supportate da strumentazioni ben note? Vi ricordate quan-do qualcuno sosteneva che la strategia non serviva più perché era stata sostituita dal mercato?Ora abbiamo occhi che ci fanno cogliere molto più distintamente i grossi disastri dovuti alla non-qualità.Ricordiamo il messaggio di Joseph Juran secondo cui la società di oggi vive dietro le dighe della qualità (si riferiva ai territori che gli olan-desi hanno strappato al mare); se ci sono brecce nelle dighe della qualità i possibili danni sono incalcolabili (si tratti della difesa del ter-ritorio, della prevenzione in tutti i campi, di cadute di reputazione che distruggono le economie, di rispetto delle regole di rotta...).Cosa intendiamo per diffusione della Qualità? Siamo soliti utilizzare la definizione di qualità adottata per i sistemi di gestione, il grado in cui un insieme di caratteristiche soddisfaai requisiti; ma diffusione della qualità ha un significato più ampio: è il grado in cui i valori e i metodi della disciplina della qualitàcontribuiscono alla soluzione dei problemi e allo sviluppo della società e delle organizzazioni. Un indicatore di ampia generalità edi immediata comprensibilità.Il clima ritrovato di una maggiore fiducia include allora varie componenti della qualità?Anche qualche segnale di suo rilancio?Mi piace mettere assieme alcuni segnali (certo ancora ‘deboli’) di possibile ripresa della qualità, dei quali parliamo in questo nume-ro della Rivista.• Mi sembra molto importante che si stia diffondendo il concetto del ciclo della performance, il quale rende tutti più consapevolidella necessità di definire bene gli obiettivi, misurarli, ottenerli, migliorarli; la misurazione della performance ne è una compo-nente essenziale e costituisce una innovazione nella pubblica amministrazione (e non solo), e nella cultura oltre che nelle prassiorganizzative ed operative.

• Il Miglioramento delle performance nella Giustizia ne è componente importante. • E così pure Il ciclo di gestione della performance negli Enti Locali con Esperienze e Leading Practices.• La recente uscita delle norme sull’Audit (ISO 19011) e sull'accreditamento degli organismi di certificazione e delle loro prassi (ISO17021), costituisce un'occasione importante per rilanciare la competenza che deve essere definita per tutti i livelli; e non solo permigliorare la credibilità complessiva del sistema di gestione, ma anche per costituire occasione di maggior efficacia; e natural-mente tali competenze devono essere definite, misurate con gli strumenti proposti, dimostrate e soggette a miglioramento conti-nuo; un'occasione da non perdere: per alcuni anni non passerà un'altra occasione pari a questa sul fronte della competenza in am-bito di valutazione della conformità.

• Anche per la Sicurezza sul posto di lavoro una recente legge estende l’impegno obbligatorio nella formazione ai vari livelli.Questo insieme di segnali deboli può essere sufficiente per vedervi un cambio di tendenza? Ma certo almeno mostra una crescita nella diffusione della qualità, come sopra definita.

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� Pubblica Amministrazione �

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4tteemmaa

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuoveterre ma nell’avere nuovi occhi

M. Proust

IntroduzioneNegli ultimi 20-30 anni quasi tutti i Pae-si si sono dovuti misurare con la neces-sità di una trasformazione radicale dellapropria PA: quella di passare da una lo-gica degli adempimenti ad una logicadell’efficacia, congiunta ad una logica dipriorità delle risorse (divenute, nel con-tempo sempre più limitate e controlla-te). D. Osborne e T. Gaebler ‘ReinventingGovernment’, 1992, danno questi titoliad alcuni capitoli� Se non si misurano i risultati, non èpossibile distinguere i successi daifallimenti;

� Se non si distinguono i successi, nonè possibile premiarli;

� Se non si premiano i successi, si fini-sce quasi sempre per premiare gli in-successi;

� Se non si distinguono i successi, nonsi può apprendere dai successi;

� Se non è possibile riconoscere gli in-successi, non è possibile correggerli;

� Se si possono dimostrare i risultati, sipuò guadagnare il supporto dell'opi-nione pubblica.

Per un cenno alla panoramica di varieNazioni e un richiamo alla situazioneitaliana si veda nota1.Anche in Italia il dl. 150/09 (attuazionelegge n. 15/2009) ’Ottimizzazione dellaproduttività del lavoro pubblico ed effi-cienza e trasparenza delle PA’ impone� “Ogni amministrazione pubblica ètenuta a misurare e a valutare laperformance con riferimento all’am-ministrazione nel suo complesso, al-le unità organizzative o aree di re-sponsabilità in cui si articola e aisingoli dipendenti” (art. 3, comma2).

� Il modello su cui si basa la valuta-zione viene definito Sistema di misu-razione e valutazione della perfor-mance.

� Tale Sistema deve essere stabilito daciascuna amministrazione in accor-do alle linee guida fornite dalla CI-VIT.

� In sede di prima attuazione spettaagli OIV, Organismi Indipendenti diValutazione di ciascuna amministra-zione pubblica definire il Sistema dimisurazione e valutazione dellaperformance (art. 30).

Che cos’è la CiVIT -Commissione indi-pendente per la Valutazione, la Traspa-renza e l’Integrità delle amministrazionipubbliche.È stata istituita per guidare, controllare evalutare l’attuazione delle leggi citate.

Giovanni Mattana

Una sfida epocale

Misurare la performancedelle organizzazioni

Ha emesso finora, nei suoi due anni emezzo di attività 160 delibere, ha tra-dotto la legge in prescrizioni operative edi indirizzo, ha approvato singolarmen-te tutte le composizioni degli OIV (orga-nismi indipendenti di valutazione), havia via monitorato gli avanzamenti e va-lutato quanto ricevuto secondo specifi-che griglie.Fin da subito la Civit ha fissato le sca-denze per i primi urgenti adempimentidi attuazione del ciclo di gestione dellaperformance:� Entro dicembre 2010 gli Organi de-vono individuare le linee strategicheed operative;

� entro gennaio 2011 gli Organi devo-no presentare alla CIVIT il “Pianodella performance 2011-2013”,

� a cascata gli Organi devono asse-gnare gli obiettivi strategici a ciascu-na struttura, corredati dei valori atte-si di risultato e dei rispettivi indica-tori (individuali e organizzativi);

� durante l’anno gli Organi di indiriz-zo, con il supporto dei dirigenti, de-vono monitorare l’andamento dellaperformance rispetto agli obiettiviprogrammati.

CiVIT- Delibera 88/2010- ‘Linee Guidaper la definizione degli Standard di Qua-lità’Devono essere definiti ed adottati da ogniAmministrazione:A. il “Piano della Performance”: è l’am-

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bito in cui le amministrazioni pubbli-che esplicitano gli indirizzi e gli obiet-tivi strategici ed operativi e, quindi, irelativi indicatori e valori program-mati per la misurazione e la valuta-zione dei risultati da conseguire.

B. il “Sistema di misurazione e valuta-zione della performance”: è il docu-mento dove le amministrazioni pub-bliche esplicitano le caratteristiche delmodello complessivo di funziona-mento alla base dei sistemi di misu-razione e valutazione;

C. la “Relazione sulla performance”, incui le amministrazioni pubbliche evi-denziano i risultati organizzativi edindividuali raggiunti rispetto ai targetattesi, definiti ed esplicitati nel Pianodella Performance.

D. le misure in materia di “Trasparenzae Rendicontazione della Performan-ce”, ossia l’attivazione di tutte quelleazioni e strumenti che consentono aicittadini di accedere agevolmente al-le informazioni circa il funzionamen-to dell’ente e i risultati raggiunti.

Nel seguito vengono illustrati i contenu-ti dei primi tre documenti.

Il “Piano dellaPerformance”La Delibera CIVIT n. 112/2010 (D.L.vo150/09, art. 10) ne stabilisce i contenu-ti. Il Piano, che deve essere prodotto dal-l’organo di indirizzo politico-ammini-strativo, definisce indirizzi ed obiettivistrategici ed operativi e, con riferimentoagli obiettivi finali ed intermedi ed allerisorse, individua gli indicatori per la mi-surazione e la valutazione della perfor-mance dell’amministrazione, nonché gliobiettivi assegnati al personale dirigen-ziale ed i relativi indicatori. Contenutinecessari:1.Presentazione del Piano e indice2.Sintesi delle informazioni di interesseper i cittadini e gli stakeholder ester-ni2.1 Chi siamo2.2 Cosa facciamo2.3 Come operiamo

3.Identità3.1 L’amministrazione “in cifre”

3.2Mandato istituzionale e Missione3.3 Albero della performance

4.Analisi del contesto4.1 Analisi del contesto esterno4.2 Analisi del contesto interno

5.Obiettivi strategici6.Dagli obiettivi strategici agli obiettivioperativi6.1Obiettivi assegnati al personale di-rigenziale

7. Il processo seguito e le azioni di mi-glioramento del Ciclo di gestione del-le performance7.1 Fasi, soggetti e tempi del processodi redazione del Piano

7.2Coerenza con la programmazioneeconomico-finanziaria e di bilan-cio

7.3Azioni per il miglioramento del Ci-clo di gestione delle performance

8.Allegati tecniciL’arco temporale di riferimento del Pia-no è il triennio, con scomposizione inobiettivi annuali, secondo una logica discorrimento. La struttura del documen-to deve permettere il confronto negli an-ni dello stesso con la Relazione sullaperformance.Nella definizione del Piano occorre, inol-tre, tenere conto di due elementi.

� 1. Il collegamento ed integrazionecon il processo ed i documenti diprogrammazione economico-finan-ziaria e di bilancio

� 2. La gradualità nell’adeguamento aiprincipi e il miglioramento continuo

Il “Sistema di Misurazionee valutazione dellaPerformance”Ha lo scopo di ‘valutare se l'organizza-zione è capace di raggiungere le perfor-mance stabilite’.Il Sistema deve essere strutturato in mo-do tale da consentire, fra l’altro, la mi-surazione, la valutazione e, quindi, larappresentazione in modo integrato edesaustivo, con riferimento a tutti gli am-biti indicati dagli articoli 8 e 9 del de-creto, del livello di performance atteso(che l'amministrazione si impegna a con-seguire) e realizzato, con evidenziazio-ne degli eventuali scostamenti;

Ricordiamo i requisiti minimi del Siste-ma- Contenuti indispensabili (delibereCIVIT n. 88, 89 e 104 del 2010):

� Descrizione del Sistema - Descrizione delle caratteristiche di-stintive dell’organizzazione

- Metodologia adottata per la misura-zione e la valutazione della perfor-mance complessiva

- Metodologia adottata per la misura-zione e valutazione della perfor-mance individuale

- Modalità con cui verrà garantita latrasparenza totale del Sistema e del-la sua applicazione

- Modalità con cui si intendono rea-lizzare indagini sul personale di-pendente (benessere organizzativo,grado di condivisione del Sistema evalutazione del proprio superiore)

- Modalità con cui l’amministrazioneintende promuovere progressiva-mente il miglioramento del Sistema.

� ProcessoLa definizione del processo dovrà contenere:- Fasi (da inquadrare nel ciclo di ge-stione della performance indicatodall’art. 4 del d.lgs. 150/09)

- Tempi (la programmazione delle tem-pistiche dovrà garantire il rispettodelle scadenze imposte per legge el’ottimizzazione dei tempi interni)

- Modalità di attuazione del proces-so (con particolare importanza allaintegrazione delle risorse umane estrumentali)

� Soggetti e responsabilità: soggettichiamati a svolgere la funzione esoggetti consultati come stakeholderesterni ed interni.

Un Sistema di misurazione della perfor-mance si compone di tre elementi fon-damentali:1. indicatori2. target3. infrastruttura di supporto e processi.Un indicatore di performance è lo stru-mento che rende possibile l’attività di ac-quisizione di informazioni. Un target è il risultato che un soggetto siprefigge di ottenere, ovvero il valore de-siderato in corrispondenza di un’attività

� Misurare la performance delle organizzazioni �5

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o processo.Il terzo elemento di un Sistema di misu-razione è rappresentato dall’infrastruttu-ra di supporto e dai soggetti responsabi-li dei processi di acquisizione, confron-to, selezione, analisi, interpretazione ediffusione dei dati, garantendone la trac-ciabilità. Sviluppo di indicatori e targetAffinché il processo di misurazione siarilevante, gli indicatori devono essere col-legati ad obiettivi e devono puntare a ge-nerare risultati adeguati a questi obietti-vi e non valori ‘ideali’ o a valori ‘veri’.Vengono precisati i requisiti a cui gli in-dicatori debbono soddisfare.Fasi di maturità dei Sistemi di misura-zioneFASE 1 -I requisiti minimi previsti dallaCommissione Civit corrispondono essen-zialmente alle condizioni necessarie perl’esistenza di un Sistema di misurazione FASE 2 - Sistema di misurazione struttu-rato attorno a tutti gli obiettivi strategicie di outcome previsti, specificata unatraiettoria di miglioramento per ogniobiettivo, la mappatura di processi e at-tività chiarisce come gli input e i processidi trasformazione contribuiscano al rag-giungimento di output e outcome strut-turato attorno a tutti gli obiettivi strategi-ci e di outcome previsti.FASE 3 - l’utilizzo di una mappa strategicaa livello di vertice intorno ai fattori disuccesso e ai modi di raggiungere gliobiettivi, responsabilità associate a tar-get e indicatori report periodici di facilefruizione.

L’organo di indirizzo politico-ammini-strativo coinvolto nella valutazione del-la performance, e nell'adeguamento pe-riodico del Sistema di misurazione.Esempi di modelli di misurazione esi-stentiLa finalità di questa sezione non è sug-gerire l’implementazione di uno specifi-co modello di misurazione ma, attraver-so un confronto tra alcuni di essi, indi-rizzare verso una scelta che rifletta le esi-genze specifiche di ogni organizzazio-ne. Si tratta di modelli multidimensiona-li che hanno trovato sovente applicazio-ne nel settore pubblico anche in Italia. Imodelli più diffusi sono:1 - Balanced Scorecard (BSC) – proba-bilmente più noto, caratterizzato da unforte legame sia tra risultati, processi erisorse, nonché tra obiettivi, indicato-ri ed azioni [15];

2 - Common Assessment Framework(CAF) - utilizzato anche in alcune pub-bliche amministrazioni italiane (prin-cipalmente negli enti locali) e ispiratoai sistemi di qualità (EFQM, EuropeanFoundation for Quality Management),si fonda sull’autovalutazione e utilizzauna larga gamma di indicatori (nel-l’articolo citato in nota 1 è riportato unconfronto tra le caratteristiche dei duemodelli proposti).

Relazione dellaPerformanceNella Relazione l’OIV deve riferire sulfunzionamento complessivo del sistemadi valutazione, trasparenza e integrità dei

controlli interni, mettendo in luce gliaspetti positivi e negativi nell’attuazionedel ciclo di gestione della performance.Lo scopo è quello di evidenziare i rischie le opportunità di questo sistema al finedi presentare proposte per svilupparlo eintegrarlo ulteriormente (cfr. sezione 8).La Commissione richiede, altresì, che al-la Relazione venga allegata l’Attestazio-ne dell’OIV.La Relazione si articola nelle seguenti se-zioni, paragrafi e sottoparagrafi:1 PRESENTAZIONE E INDICE2 FUNZIONAMENTO COMPLESSIVODEL SISTEMA DI MISURAZIONE E VA-LUTAZIONE2.1 Performance organizzativa2.1.1 Definizione di obiettivi, indica-

tori e target2.1.2 Misurazione e valutazione della

performance organizzativa2.1.3 Metodologia per la misurazione

e valutazione della performan-ce organizzativa

2.2 Performance individuale2.2.1 Definizione ed assegnazione de-

gli obiettivi, indicatori e target2.2.2 Misurazione e valutazione della

performance individuale2.2.3 Metodologia per la misurazione

e valutazione della performan-ce individuale

2.3 Processo (fasi, tempi e soggetticoinvolti)

2.4 Infrastruttura di supporto2.5 Utilizzo effettivo dei risultati del

sistema di misurazione e valuta-zione

3 INTEGRAZIONE CON IL CICLO DI BI-LANCIO E I SISTEMI DI CONTROLLIINTERNI3.1 Integrazione con il ciclo di bi-

lancio3.2 Integrazione con gli altri sistemi

di controllo4 IL PROGRAMMA TRIENNALE PER LATRASPARENZA E L’INTEGRITÀ E IL RI-SPETTO DEGLI OBBLIGHI DI PUB-BLICAZIONE

5 DEFINIZIONE E GESTIONE DI STAN-DARD DI QUALITÀ

6 COINVOLGIMENTO STAKEHOLDER7 DESCRIZIONE DELLE MODALITÀ DI

� Pubblica Amministrazione �6

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> Fig 1- Quadro di riferimento dell’azione delle amministrazioni

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MONITORAGGIO DELL’OIV8 PROPOSTE DI MIGLIORAMENTODEL CICLO DI GESTIONE DELLAPERFORMANCE

9 ALLEGATI

Ciclo di gestione della PerformanceE’ il quadro di riferimento dell’azionedelle amministrazioniIl sistema si inserisce nell’ambito del ci-clo di gestione della performance arti-colato, secondo l’articolo 4, comma 2,del decreto, nelle seguenti fasi:a) definizione e assegnazione degli obiet-tivi che si intendono raggiungere, deivalori attesi di risultato e dei rispettiviindicatori;

b)collegamento tra gli obiettivi e l’allo-cazione delle risorse;

c)monitoraggio in corso di esercizio e

attivazione di eventuali interventi cor-rettivi;

d)misurazione e valutazione della perfor-mance, organizzativa e individuale;

e) utilizzo dei sistemi premianti, secon-do criteri di valorizzazione del meri-to;

f) rendicontazione dei risultati agli orga-ni di indirizzo politico-amministrati-vo, ai vertici delle amministrazioni,nonché ai competenti organi esterni,ai cittadini, ai soggetti interessati, agliutenti e ai destinatari dei servizi.

In fig 2 è riportato un quadro complessi-vo dei documenti richiesti e in fig3 unquadro di connessioni tra le varie com-petenti.I ruoli La delibera 1.2012 stabilisce ruoli sia peril Piano che per il Sistema di valutazione:Definizione/aggiornamento del Sistema:

Dirigenza, in particolare di verticeAdozione del Sistema: Organo di indi-rizzo politico-amministrativoAttuazione del Sistema: Organo di indi-rizzo politico-amministrativo-Dirigen -za-Personale-OIV (Struttura Tecnica Per-manente)Monitoraggio e audit del Sistema: OIV(Struttura Tecnica Permanente)-Persona-le, dirigenziale e nonScopi del Sistema di misurazioneQuesto Sistema di misurazione renderàle organizzazioni capaci di:

� acquisire informazioni relative agliobiettivi e monitorare i progressi ot-tenuti rispetto ai target individuati;

� legare le fasi di pianificazione, for-mulazione e implementazione dellastrategia allo svolgimento dei pianid’azione;

� comunicare obiettivi e risultati all’in-

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> Fig 2 - Quadro complessivo dei documenti richiesti

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� Pubblica Amministrazione �

altri casi non è possibile rilevare unachiara pianificazione in tal senso,

� alcune Amministrazioni che nonhanno inviato il Sistema alla CiVIT esi sono sottratte alle opportunità of-ferte dal sistema di monitoraggio (lapagella dei ..cattivi!).

Vengono segnalate alcune criticità, rela-tive in particolare a:� la metodologia di misurazione dellaperformance organizzativa;

� la metodologia di definizione e revi-sione di indicatori e target associatiagli obiettivi;

mensione qualità è significativamen-te più basso rispetto al punteggiomedio relativo alla dimensione“compliance”,

� le Amministrazioni, in sede di primaadozione del Sistema hanno prestatomaggiore attenzione al rispetto delleprescrizioni normative e alle delibe-re CiVIT, e hanno rinviato il poten-ziamento della qualità dei Sistemiadottati ad un momento successivo,

� per alcune Amministrazioni, taleprocesso di potenziamento appareattentamente pianificato, mentre in

terno e all’esterno dell’organizzazio-ne, nonché confrontare la propriaperformance in un’ottica di bench-marking nel caso in cui alcuni indi-catori siano comuni a più organizza-zioni;

� influenzare i comportamenti orga-nizzativi;

� generare cicli di apprendimento

L’applicazione evalutazione nella realtàoperativa - una griglia dianalisi dei sistemi dimisurazione e valutazione della performance finalitàLe finalità dell’analisi dei Sistemi di mi-surazione e valutazione della perfor-mance possono essere riassunte nei se-guenti punti:1)L’individuazione del livello di “matu-rità” del Sistema di misurazione e va-lutazione della performance organiz-zativa

2)L’individuazione delle principali criti-cità e, quindi, delle aree di migliora-mento a maggiore priorità,

3)La promozione delle buone prassi.In tab 1 è riportata la griglia di valuta-zione per i sistemi di misurazione dellaperformance.Naturalmente il collegamento fra Pianoe Sistema di misurazione e valutazionedovrebbe essere il più immediato fra quel-li previsti fra i vari elementi del ciclo digestione della performance.Quale è stato il grado di applicazione?Oltre l’80% dei ministeri e oltre il 65%degli altri Ente hanno trasmesso alla Ci-vit quanto richiesto. Tutti questi dati so-no stati tempestivamente analizzati e va-lutati in accordo alle griglie sopra de-scritte.

I primi risultati complessiviIn fig 4 è riportato un esempio delle va-lutazioni pubblicate nella griglia Com-pliance vs. qualità.

Macro-criticità emerse� il punteggio medio ottenuto nella di-

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> Tab 1 - Alcuni criteri della Griglia di misurazione

> Fig 3 - Connessioni tra le varie competenti

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� NOTE1 G. Mattana, Qualità, 1-2011, QUALITA'

NELLA PA

� Misurare la performance delle organizzazioni �

ti (con rispettivi vantaggi e svantaggi);quello descritto costituisce un approc-cio certamente molto dirigistico e pre-scrittivo, motivato dalla necessità di coin-volgere i vertici e di fissare scadenzemolto ravvicinate. Istituisce un forte ed essenziale collega-mento tra il Piano delle Performance, ilSistema di valutazione e la relazione sul-la performance ottenuta. Suo limite (pe-raltro riconosciuto) è quello di non pre-vedere un coinvolgimento e una forma-zione diffusa. Anche le aziende che avevano scelto ap-procci molto più graduali sono oggi sol-lecitate a un ripensamento della propriavelocità di marcia e sulla priorità ai fon-damentali.

� Una fotografia della PA dell'Italiasulla Qualità

Ne emerge una prima fotografia nuovae trasversale, non molto lusinghiera, macontenente un progetto monitorato e tra-sparente di miglioramento e di emula-zione. � Un percorso accompagnato di mi-glioramento e crescita, ma una in-sufficiente partecipazione e forma-zione

Le valutazioni di Civit costituiscono unostimolo permanente per il confronto e lariduzione delle aree da migliorare. Dal-la analisi delle aree bisognose di miglio-ramento da segnalare quelle della co-municazione, del coinvolgimento sia deicittadini che del personale delle orga-nizzazioni e la formazione.� Ruolo e attività della CivitL’attività della Civit rappresenta un esem-pio assolutamente virtuoso sia di gestio-ne degli obiettivi di medio-lungo perio-do sia di rigorosa puntuale e motivata ve-rifica di quanto stabilito; tutto ciò in unaprospettiva di crescita e accompagna-mento e di assoluta trasparenza.

(Sul sito Civit www.civit.it sono consul-tabili tutte le delibere e le pubblicazioniprodotte).

mance 2012; 31.3 per la relazionedegli OIV sul funzionamento com-plessivo del Sistema e’Relazione sul-la performance’ delle singoleAmm.ni; 30.04.2012 – Validazioneda parte degli OIV della “Relazionesulla performance “ delle singoleamministrazioni (art. 14, comma 4,lett. c) d.lgs. 150/2009)

� Per la CIVIT:- 31.01.2012 - Relazione al Ministroper l’attuazione del programma digoverno (art. 13. ,comma 9 d.lgs.150/2009)

- 30.06.2012 – Presentazione al Par-lamento e adozione di altre formedi diffusione della Relazione annualesulla performance delle ammini-strazioni centrali.

Alcune considerazioniconclusive� Sfida epocaleLa capacità di padroneggiare la misura-zione delle prestazioni costituisce una sfi-da epocale che sarà determinante sul suc-cesso e sul benessere delle nazioni oltreche delle organizzazioni. � Validità generale: stimolo e confron-to per tutti i tipi di organizzazioni

Possono essere scelti approcci differen-

� il coinvolgimento degli stakeholder;� la definizione degli outcome;� le procedure di conciliazione;� il collegamento con i sistemi pre-mianti;

� i piani di miglioramento individuali;� il dizionario delle competenze.Azioni migliorativeLa Commissione, per superare tali criti-cità sta seguendo una metodologia di ac-compagnamento, in maniera da con-sentire a ciascuna Amministrazione dimigliorare progressivamente il livello dimaturità dei Sistemi di misurazione e va-lutazione della performance. Va infinesottolineato, ancora una volta, come la fa-se della misurazione, alla luce dell’ana-lisi illustrata, rischia di costituire l’anel-lo debole dell’intero ciclo di gestione del-la performance. Per le Amministrazioni che hanno giàrealizzato passi in avanti in materia di si-stemi di misurazione si rende necessariocontinuare tenacemente su questa stra-da; per tutte le altre viene richiesto unimpegno maggiore.

Le scadenze per 2012� Per le Amministrazioni e OIV:31.1.2012 per il Piano della Perfor-

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> Fig 4 - Diagramma generale Compliance - qualità sistemi di misurazione e valutazione della performance

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Dalla fine degli anni ‘90, la gestionedella qualità è diventata un obiet-tivo importante per le amministra-

zioni pubbliche. Ma oggi ancor più diallora l’efficienza del sistema pubblico(ed in particolare di alcuni settori dellapubblica amministrazione) è diventatauna priorità a livello nazionale e a livel-lo europeo dove si sottolinea l’assolutanecessità di rivedere l’amministrazionepubblica e di utilizzare sistematicamen-te indicatori di performance allo scopodi migliorare l’efficienza amministrativa(cfr. indicazioni della BCE). In questo contesto, a cui la Legge 15, ilDl.vo 150 e le successive delibere Civithanno aperto la strada, assume più chemai valore il lavoro che da anni i Mini-stri dell’UE responsabili della pubblicaamministrazione e i Direttori Generalicompetenti stanno promuovendo e rea-lizzando in tema di gestione della qua-lità. Organizzati in un network (l’EUPAN– European Public AdministrationNetwork) ed articolati in gruppi di lavo-ro i referenti dei diversi paesi membridell’UE hanno lavorato alla definizione distrumenti, metodologie e modelli per lepubbliche amministrazioni europee con

l’obiettivo di diffondere una cultura co-mune e condividere esperienze e prassiinnovative.L’ultimo prodotto in ordine di tempo delCAF Working Group (gruppo che operaall’interno dell’IPSG - Innovative ServiceGroup – per la diffusione del modelloCommon Assessment Framewirk) – è laprocedura europea CAF External Feed-back (CEF).

La CAF External FeedbackÈ una procedura di valutazione esternache valuta le modalità con cui le ammi-nistrazioni pubbliche utilizzano il modelloCAF – modello europeo nato nel 1999 dallavoro congiunto delle funzioni pubbli-che europee - realizzando processi di au-tovalutazione e di miglioramento delleproprie performance ed intraprendendoil percorso verso l’eccellenza che tutti imodelli di qualità totale (primo tra tuttil’EFQM) promuovono.Dopo oltre 10 anni di utilizzo del model-lo e oltre 2000 organizzazioni utilizzatri-ci la procedura è nata per dare un contri-buto allo sviluppo delle competenze sul te-ma dell’autovalutazione e della pianifi-cazione del miglioramento

Claudia MiglioreCentro Risorse CAF

La procedura europea CAF external feedback

La procedura persegue alcuni obiettivi:1.Sostenere la qualità dell’autovalutazio-ne CAF ed il suo impatto sull’organiz-zazione.

2.Verificare se l’organizzazione sta fa-cendo propri i principi del TQM.

3.Rinnovare l’entusiasmo e l’impegno delpersonale per il miglioramento conti-nuo.

4.Premiare le amministrazioni che han-no avviato in modo efficace il cammi-no verso il miglioramento continuo el’eccellenza.

5.Promuovere la valutazione tra pari (peerreview) ed il benchlearning.

6.Facilitare la partecipazione degli uten-ti CAF ai percorsi EFQM.

Caratteristica distintiva ed essenziale del-la procedura, che la differenzia da altripercorsi di valutazione esterna (quali i li-velli di riconoscimento EFQM e, a livellonazionale, il premio Qualità PPAA) è cheessa si rivolge ad uno specifico target diamministrazioni: quelle che ad un annoal massimo dalla conclusione di un per-corso di autovalutazione (e quindi dallastesura di un rapporto di autovalutazione)si trovino nella fase di attuazione di unpiano di miglioramento (probabilmente,anche se non necessariamente, ancora incorso).Attraverso la valutazione esterna e il feed-back di valutatori esperti provenienti dalmondo pubblico (peer review) le ammi-nistrazioni che aderiscono alla procedu-

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� Pubblica Amministrazione �

Un’opportunità per le amministrazioni

pubbliche che intraprendono la strada

del miglioramento continuo

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ra possono capire se stanno procedendosulla strada giusta, indipendentemente dal-l’aver già raggiunto e misurato tutti gli ef-fetti delle loro azioni di miglioramento.Indipendentemente, quindi, dai risultatiraggiunti. La procedura CAF External Feedback è ilfrutto del lavoro congiunto di un gruppodi Stati Membri, particolarmente attivi nel-l’attuare politiche a supporto della diffu-sione del CAF a livello nazionale, Belgio,Danimarca, Italia, Slovenia ,in collabora-zione con il Centro Risorse CAF Europeo,gestito dall’Eipa (European Institute for Pu-blic Administration). I principi generali della procedura sonostati approvati dai Direttori Generali del-l’EUPAN durante la Presidenza Slovenadell’UE nel maggio 2008. L’attività di de-finizione si è conclusa a settembre 2009.A dicembre 2009 la procedura PEF è sta-ta approvata dai Direttori Generali dellefunzioni pubbliche dell’UE.

Come si partecipa alla proceduraLa procedura prevede che l’amministra-zione che ha condotto un’autovalutazio-ne con il modello CAF fornisca ai valuta-tori la documentazione già prodotta in re-lazione all’utilizzo del modello (rapportodi autovalutazione e piano di migliora-mento), unitamente ad informazioni rac-colte avvalendosi di appositi questionari.Sulla base di tale documentazione i valu-tatori effettuano una visita per verificarein loco la presenza dei requisiti dichiara-ti e raccogliere tutti gli elementi necessa-ri ad esprimere una valutazione accuratarelativamente a:

� il modo in cui è stata condotta l’auto-valutazione;

� il processo di definizione e avvio delpiano di miglioramento

� il livello di maturità organizzativaraggiunto in relazione agli otto princi-pi di eccellenza, sia in generale chein particolare, con un esame più ap-profondito su due di essi scelti dal-l’amministrazione.

A valle della visita ciascuna amministra-zione riceve un rapporto di valutazionecon indicazioni su come migliorare even-

tuali punti di debolezza.Le amministrazioni che raggiungono il li-vello richiesto dalla procedura ottengonol’attestato europeo di “Effective CAFUser”(amministrazione che utilizza in modo ef-ficace il modello CAF).Entro il 15 febbraio di ogni anno vengo-no resi noti i periodi in cui è possibilecandidarsi prima e iscriversi poi alla pro-cedura. In tal modo anche le ammini-strazioni che non abbiano ancora avvia-to un processo di autovalutazione pos-sono programmarne il periodo in fun-zione della partecipazione alla proce-dura. Il Centro risorse nazionale CAF,coordinato dal Dipartimento della Fun-zione Pubblica e gestito da FormezPA,gestisce la procedura, dalla promozione,all’acquisizione delle candidature, allaverifica della documentazione, al sup-porto alle amministrazioni partecipanti,fino alla formazione dei valutatori (gli ex-ternal feedback actor) e all’abbinamen-to tra valutatori e amministrazioni. Il Di-partimento della Funzione Pubblica è ilsoggetto che a livello nazionale indivi-dua, sulla base delle istruttorie tecnichederivanti dalle visite, quali amministra-zioni possono ottenere l’attestazione eu-ropea.

La procedura nel contestonazionale ed europeoL’Italia è tra gli Stati Membri che più atti-vamente ha contribuito alla definizionedella procedura CAF External Feedback.L’implementazione della procedura è sta-ta avviata nel 2009 con la messa a pun-to di tutti i materiali di supporto e didat-tici (per la formazione dei valutatori) e larealizzazione di una sperimentazioneche in Italia ha riguardato due ammini-strazioni: l’INPS de L’Aquila e l’Univer-sità di Bologna. I risultati sono stati con-divisi a livello europeo nell’ambito degliincontri del “CEF Pilot Group” e hannocontribuito alla definitiva messa appun-to della procedura.Anche a livello nazionale nella definizio-ne del piano annuale di diffusione del CAFe nelle strategie di diffusione dei concet-ti del TQM e più in generale dei temi del-la pianificazione, misurazione e valuta-

zione della performance, la procedura haassunto un ruolo di primo piano come sti-molo e sviluppo culturale.Dal 2010, anno in cui è stata realizzatala prima fase applicativa, alla fine del 2011sono state realizzate 24 visite on site e ri-lasciate 8 attestazioni europee di “Effecti-ve CAF User)” a:

� l’Istituto d’Istruzione superiore F. Bot-tazzi di Casarano (LE)

� la Regione Campania – settore studio,organizzazione e metodo, formazio-ne

� il Comune di Trento, il 3° circolo SanGiovanni Bosco di Massafra (LE)

� V Circolo di Pistoia � Istituto Fermi di Pontedera (PI)� Istituto Marconi di Pontedera (PI)� Università di Pisa (PI)Sono stati inoltre formati 52 valutatori (Ex-ternal Feedback Actor) provenienti daglielenchi di valutatori CAF e formati attra-verso tre edizioni del corso di due giornisviluppato a livello europeo.A livello europeo, si segnalano esperienzedi realizzazione della procedura in Bel-gio, Slovenia, Austria e Danimarca doveun’amministrazione ha ricevuto la label.In Austria è stato anche realizzato un cor-so per External Feedback Actor. Negli al-tri Stati Membri invece la formazione de-gli External Feedback Actor è avvenutaprevalentemente attraverso l’apposito cor-so realizzato all’Eipa. Nell’ambito delprossimo evento CAF che si svolgerà asettembre prossimo a Oslo, verrà pre-sentato ufficialmente lo stato dell’arte ri-spetto all’implementazione della proce-dura in Europa.

Gli attori e i vantaggi della proceduraAttori principali della procedura CAF Ex-ternal Feedback sono le pubbliche am-ministrazioni. Quelle che decidono diintraprendere percorsi di miglioramentocontinuo e di ricevere supporto per rea-lizzarli al meglio e quelle che da temposono impegnate in tali percorsi e metto-no a disposizione i propri funzionari, op-portunamente formati, per fornire talesupporto.Sono questi gli EFA (External Feedback Ac-

� La procedura europea caf external feedback �11

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tor) personale proveniente da diverse ti-pologie di amministrazione e diversi ter-ritori che dopo aver fatto l’esperienza di va-lutazione esterna nell’ambito del PremioQualità PPAA viene coinvolto nella valu-tazione dei processi di autovalutazione emiglioramento delle amministrazioni par-tecipanti alla procedura, attraverso l’ana-lisi della documentazione fornita e attra-verso la visita on site che approfondisce everifica quanto illustrato dalle ammini-strazioni partecipanti nei documenti pre-sentati. In occasione delle visite on site le ammi-nistrazioni partecipanti e gli EFA si con-frontano apertamente, in una logica di va-lutazione fra pari, sulle difficoltà di appli-cazione del modello CAF, analizzandonel dettaglio il processo di autovalutazio-ne e pianificazione del miglioramento rea-lizzato e i cambiamenti intervenuti e incorso nella cultura organizzativa per ve-rificare il progressivo installarsi di alcuniprincipi dell’eccellenza.Questo scambio rappresenta il primo va-

lore aggiunto della procedura perché ge-nera conoscenza in entrambi gli attoricoinvolti attraverso la condivisione di espe-rienze diverse e diversi punti di vista.L’altro valore aggiunto è rappresentato dalfeedback report rilasciato a valle del pro-cesso di valutazione. Evidenziando criti-cità e punti di forza dell’autovalutazionecondotta diviene uno strumento utile permettere a punto e rivedere il percorso in-trapreso.Il feedback report è però anche un indi-catore importante per il Centro risorse na-zionale CAF dal momento che consente diapprofondire, attraverso la lettura di de-bolezze e punti di forza comuni, di orien-tare al meglio le iniziative e le politichedi diffusione del modello.

La procedura nel 2012In questi giorni sta partendo la promo-zione della procedura per il 2012. Le amministrazioni interessate sono invi-tate a candidarsi on line (http://www. qua-

litapa.gov.it/services/candidatura/) entro il29 febbraio prossimo, indicando il perio-do di visita prescelto (giugno/luglio o ot-tobre/novembre). Nel mese di maggio o settembre, a se-conda del periodo programmato, le am-ministrazioni candidate saranno contat-tate dal Centro Risorse CAF per la con-ferma dell’iscrizione e del possesso deirequisiti richiesti. E’ indispensabile prima di candidarsi pren-dere visione di tutta la strumentazione ne-cessaria alla partecipazione e delle dueguide a disposizione nelle pagine web delCentro risorse CAF (la guida alla parteci-pazione e la guida alla procedura).Per maggiori approfondimenti, per infor-mazioni e assistenza si rimanda:- alla pagina del Centro http://www.qua-litapa.gov.it/common-assessment-framework/centro-risorse-caf/iniziative/procedura-europea-caf/

- ai riferimenti telefonici e email:06/69921398 (il martedì e il giovedì dal-le 10.00 alle 13.00), [email protected]

� Pubblica Amministrazione �12tteemmaa

Un nuovo rapporto sulla gestione delleperformance nei comuni“Il ciclo di gestione della performance negli Enti Locali - Espe-rienze e Leading Practices” è il titolo del Rapporto, disponi-bile sul portale “Per un'amministrazione di qualità” (www.qua-litapa.gov.it) del Dipartimento della Funzione Pubblica, chepresenta i risultati di un percorso di analisi compiuto su seiamministrazioni pilota (cinque Comuni e una Unione di Co-muni) con l'obiettivo di mettere in evidenza le leading prac-tice emerse nella loro esperienza di attuazione delle misuredi performance management introdotte dal Decreto Legisla-tivo 27 ottobre 2009 n.150.Il Rapporto nasce nell'ambito del Progetto “Valutazionedelle performance” del Dipartimento della Funzione Pub-blica, realizzato con la collaborazione di Formez PA e fi-nanziato con il PON Governance Azioni di Sistema 2007-2013. Obiettivo del Progetto è sostenere i Comuni con po-polazione tra 20.000 e 250.000 delle Regioni ObiettivoConvergenza nell'introduzione di sistemi di pianificazione,misurazione e valutazione dei risultati, coerenti con le pre-scrizioni del D.lgs 150/2009 sul Ciclo di gestione dellaperformance.Il Progetto, avviato da oltre un anno, ha coinvolto 110 co-muni, ed al suo attivo ha più di 300 incontri di lavoro effet-tuati con le amministrazioni e 90 Piani della performance eSistemi di misurazione e valutazione in corso di definizione.

Le attività sinora realizzate hanno consentito di produrreknow how e strumenti per il Ciclo di gestione della perfor-mance utilizzabili anche da altre amministrazioni.Si segnalano in particolare:

� il Reference book “Il Ciclo di Gestione delle Performan-ce nei comuni - Definizione del sistema di misurazionee valutazione della Performance organizzativa: Principi ecriteri” che presenta il quadro dei principali elementi suiquali è opportuno che ogni amministrazione rifletta perrafforzare la propria capacità di misurazione e valutazio-ne delle performance.

� la Cheek list utilizzabile dai comuni più avanzati comestrumento per compiere un'autoanalisi delle caratteristi-che e del- funzionamento del sistema di misurazione evalutazione della performance organizzativa.

� la Check list semplificata utilizzabile dai comuni chenon abbiano ancora definito un sistema di misurazione evalutazione utile a comprendere le fasi e gli strumentiper avviarne la definizione.

� i Rapporti sulle Review realizzate nelle sei amministra-zioni pilota.

Per conoscere meglio i contenuti del Progetto “Valutazionedelle performance”, le amministrazioni coinvolte e gli stru-menti sviluppati si rimanda al portale PAQ - sezione “PONValutazione della performance”

da Redazione FORUM PA 08/02/2012

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Valutazione della qualità:una storia italianaL’Università, al contrario di ciò che l’im-maginario comune è solito pensare, nonè estranea alla valutazione della qualità.Tutt’altro. Essa rappresenta oggi l’unicocomparto della pubblica amministrazionead aver non solo elaborato, ma autono-mamente promosso, migliorato e adotta-to forme di misurazione delle performan-ce da quasi un ventennio. Ben prima, dun-que, delle attuali prescrizioni normative.Un cammino lungo ed elaborato che, sen-za pretese di esaustività, mi piacerebbebrevemente ripercorrere prima di affron-tarne il capitolo più recente, ovvero ilD.lgs.150/2009. La cosiddetta Legge Bru-netta stabilisce, infatti, nuovi parametri eprocessi per la valutazione delle perfor-mance organizzative degli Atenei.La storia della valutazione in ambito ac-cademico inizia nel ’93 con la Legge 537che istituisce i Nuclei di Valutazione. Or-ganismi interni all’università che dovran-no “verificare, mediante analisi compa-rative dei costi e dei rendimenti, la cor-retta gestione delle risorse pubbliche, laproduttività della ricerca e della didatti-ca, nonché l'imparzialità ed il buon an-damento dell'azione amministrativa”. Nel’99 la Legge 370 ribadisce il concetto contermini quasi analoghi, istituendo inoltreil Comitato Nazionale per la Valutazionedel Sistema Universitario. Per un decennioil CNVSU avrà il compito di fissare crite-

ri generali, promuovere la sperimenta-zione, l'applicazione e la diffusione di me-todologie e pratiche di valutazione, pre-disporre un programma annuale di valu-tazioni esterne e una relazione sui risultatiattività svolte. Inoltre la Legge 370 preve-deva che dall’anno 2000 il Ministeroavrebbe dovuto prevedere un'ulteriorequota del fondo per il finanziamento or-dinario delle università per l'attribuzioneagli atenei di appositi incentivi, sulla ba-se di obiettivi predeterminati ed in rela-zione agli esiti dell'attività di valutazione.In sostanza fin dagli anni ’90 l’Universitàsi è dotata di un sistema di valutazionedelle performance della didattica, dellaricerca e della gestione amministrativa. Apresidio del quale sono stati posti precisiorganismi nazionali e locali. I risultati del-la valutazione di tutte le attività degli Ate-nei sono stati poi correlati alla ripartizio-ne delle risorse ministeriali.Oggi, dopo 18 anni, tanto le Universitàquanto il MIUR possono contare su ban-che dati di discreta affidabilità e la valu-tazione è entrata nella prassi quotidiana.A riprova di ciò, quando nel 2004 si af-frontò la Valutazione Triennale della Ri-cerca (VTR), ad opera del CIVR, nessunAteneo si sottrasse. Gli esiti della misura-zione furono in seguito inseriti nell’algo-ritmo che attribuisce alle Università l’FFO.Ad osservare ora questi eventi il fatto diaver collegato la valutazione ai mecca-nismi di finanziamento ha sicuramente

contribuito a estendere la “cultura” dellavalutazione e a derivare da quest’ultimal’orientamento ai processi di migliora-mento. Un capitolo importante, sul quale tutta-via in questa sede non mi dilungherò, èquello relativo alla valutazione didattica.Settore in cui la CRUI, con spirito pionie-ristico promosse fina dalla metà degli an-ni ’90 il proprio modello CAMPUS e l’ap-proccio al Total Quality Management(TQM), utilizzando a questo scopo anchel’incentivazione del Fondo Sociale Euro-peo (FSE). Ciò ha contribuito a saldare l’o-rientamento all’efficacia, all’efficienza eall’economicità, imposto dalla legge e“controllato” da Nuclei e CNVSU con l’e-sigenza di assicurare la qualità della for-mazione. In quest’ottica la valutazione èdiventata un’attività trasversale rispetto al-le missioni accademiche che contribui-sce a garantirne oggi unità e affidabilità. La fase più recente di questa storia con-ferma il paradosso italiano: più dettaglia-ta diventa la normativa e più aumenta ilfabbisogno di organi e strumenti di valu-tazione deputati a vigilare sull’osservanzadi forma e di sostanza di leggi, decreti,delibere e note ministeriali. Ciò, a sua vol-ta, rende sempre più complicato il rac-cordo e l’allineamento fra i vari soggetti.A questo proposito, fra il 2006 e oggi al-meno tre eventi hanno ribadito questo pa-radosso. In primo luogo la sostituzione delCNVSU da parte dell’ANVUR. Secondo

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aaEmanuela Stefanidirettore CRUI - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane

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Opportunità o nuovo “esercizio”?

Il CAF per l’Università

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il Dpr 64/2008 che ne norma il funzio-namento L’Agenzia nazionale ha il com-pito di sovrintendere al sistema pubbliconazionale di valutazione della qualità. Ve-rificando anche “efficienza, efficacia, edeconomicità dei programmi volti al fi-nanziamento e all'incentivazione delle at-tività' di ricerca e di innovazione di esclu-siva competenza del Ministero”. Essa inol-tre propone al Ministro criteri per la ri-partizione di una quota non consolidabi-le di finanziamento ordinario in base al-la qualità dei risultati delle attività svolte.Il secondo “evento” dell’ultima fase è rap-presentato dal varo della Legge 240 e deirelativi decreti applicativi. Provvedimen-ti che prevedono il passaggio di tutte leuniversità a un sistema di contabilità eco-nomico patrimoniale che possa rendereconto costantemente dei risultati ottenutiin termini di gestione delle risorse. IlD.lgs.150/2009, oggetto del prossimo pa-ragrafo, rappresenta il terzo evento nor-mativo del recente passato.

La ‘Brunetta’ e il CAFCon il D.lgs.150 si prevede, dunque, l’in-troduzione di sistemi interni ed esterni divalutazione del personale e delle struttu-re, finalizzati ad assicurare l’offerta di ser-vizi conformi agli standard internaziona-li di qualità, nonché la “definizione di unsistema più rigoroso di responsabilità deidipendenti pubblici”. Si tratta di un saltoculturale considerevole, soprattutto per gliAtenei, in quanto per la prima volta l’og-getto della valutazione non è la strutturama il singolo lavoratore, che viene consi-derato responsabile. Ciò comporta chedebbano essere obbligatoriamente indi-viduati, in via preventiva, “gli obiettivi chel’amministrazione si pone per ciascun an-no”.In sostanza, ciò che viene imposto per leg-ge è il Management by Objectives. Quin-di non più accertamenti che riguardanola corrispondenza dei comportamenti anorme e procedure, ma controllo di ge-stione, basato sulla capacità dei sistemi dicorreggere la rotta in itinere, riposizio-nando obiettivi e azioni, al fine di garan-tire alle strutture efficacia ed efficienzanell’attività decisionale.

All’emanazione della norma ha fatto im-mediatamente seguito la nomina dell’or-gano di controllo nazionale cioè la “Com-missione per la valutazione, la trasparen-za e l’integrità delle amministrazioni pub-bliche” (CIVIT) che ha il compito di ema-nare “delibere” che indicano i percorsiapplicativi del D.lgs.A questo proposito, la Delibera CIVIT89/2010 suggerisce tre modelli per la mi-surazione della performance: la BalancedScorecard, molto utile per sollecitare l’im-plementazione delle strategie, il Perfor-mance Prism che sottolinea le relazionicon gli stakeholder e il Common Asses-sment Framework (CAF) ispirato ai siste-mi di qualità. Secondo la CIVIT il CAF è“facile da usare come profilo di partenza,utile per avviare e promuovere il miglio-ramento continuo, non richiede softwaresofisticato né risorse consistenti” al con-trario degli altri due modelli. Principi que-sti che hanno guidato la scelta di indiriz-zare gli Atenei verso l’impiego del Com-mon Assessment Framework.Inoltre, il CAF è l’unico dei tre modelliche bilancia l’approccio alla qualità conl’applicazione dei sistemi di pianificazio-ne, programmazione e controllo di ge-stione. Ciò è fondamentale, soprattutto inpresenza di un decreto ministeriale cheindirizza la programmazione delle Uni-versità per il triennio 2010-2012 e chescende in contenuti prescrittivi e nella in-dividuazione di obiettivi riguardanti l’at-tività didattica, lo sviluppo della ricercascientifica, i servizi agli studenti, l’inter-nazionalizzazione e il reclutamento deidocenti.Questo esempio di sovrapposizione nor-mativa non è il solo in ambito accademi-co. Rappresenta però un buon esempioper comprendere come, in generale, l’u-nico modo che le Università hanno pergestire l’applicazione delle leggi sia l’a-dozione di un modello che, secondo unapproccio olistico, crei relazioni fra le di-verse attività e le attribuisca, secondo unpreciso piano di responsabilizzazione, al-le strutture e alle persone chiamate a rea-lizzarle. E ciò è proprio quanto previstodall’applicazione del CAF.Scendendo più nel particolare il modello

CAF stabilisce utili legami fra i fattori abi-litanti e i risultati secondo un logica dicausa-effetto per poi farne discendere, an-dando a ritroso attraverso i processi, losviluppo di innovazione e apprendimen-to negli Atenei. Inoltre, l’analisi dei fatto-ri abilitanti, che non possono che esserecaratteristici e specifici di ciascun Ateneosegna un cambiamento rispetto ai prece-denti approcci valutativi che sono stati ap-plicati alle Università in modo indifferen-ziato, come se queste ultime costituisse-ro organizzazioni uniformi in quanto ca-ratterizzate dalla stessa finalità sociale.

Un Gruppo di Lavoro per l’applicazione del CAFalle Università Al fine di trasformare la teoria in prassi,nelle settimane successive all’emanazio-ne della legge presso la CRUI è stato isti-tuito un Gruppo di lavoro per sperimen-tare l’applicazione del modello CAF coor-dinato dal Dipartimento della FunzionePubblica e del Centro nazionale risorseCAF. Al Gruppo, che ha ricevuto il sup-porto del MiUR, hanno partecipato 38Atenei e rappresentanti di CIVIT e CON-VUI. Il lavoro svolto si è rivelato proficuoe utile per gli Atenei anche ai fini dellapredisposizione del Piano della perfor-mance. 18 di tali Piani erano infatti allineatial modello CAF.In sostanza, il CAF rappresenta per le Uni-versità una doppia opportunità. Da unaparte consente loro di adempiere “eco-nomicamente” ed efficacemente alla nor-mativa. Dall’altra permette una riflessio-ne dettagliata orientata al miglioramentocontinuo delle performance. Esiste però una conditio sine qua non. Inassenza di una assunzione di responsa-bilità da parte dell’organo di indirizzo po-litico-amministrativo in ordine alla defi-nizione di un sistema di obiettivi da per-seguire, che parta da quelli strategici arri-vando a quelli strettamente operativi, eche coinvolga tutti i livelli e i relativi com-ponenti della struttura organizzativa, lavalutazione delle performance diventa unvuoto esercizio di misurazione quantita-

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Il modello di autovalutazione CAF,voluto dai ministri della funzionepubblica europei ed ispirato ai

principi di T.Q.M., ha mosso i primipassi in ambito giudiziario grazie alpremio Qualità PP.AA. ed. 2005 ed allarelativa applicazione avvenuta nelTribunale per i Minorenni di Salerno.A seguito di tale prima attuazione e die-tro la spinta propulsiva del Capo Dipar-timento dell’Organizzazione Giudizia-ria Claudio Castelli e del Direttore Ge-nerale della Funzione Pubblica Pia Mar-coni, fu istituito il tavolo tecnico per lapersonalizzazione del modello alla Giu-stizia.I lavori del “Tavolo”, coordinati dalla Fun-zione Pubblica, con la partecipazioneautorevole di esperti di chiara fama co-me Tito Conti, Giancarlo Vecchi e Gio-vanni Xilo, a cui hanno preso parte altritre uffici giudiziari italiani oltre al Tribu-nale per i Minorenni di Salerno, sono ter-minati nel novembre 2008, con la pro-duzione di una versione sperimentale delmodello.Il percorso innovativo della Procura diBolzano, già noto per aver ottenuto il fi-nanziamento del Fondo Sociale Europeoed aver attuato un notevole interventomigliorativo, ha registrato, a medio ter-mine, un importante risultato rappresen-tato dal conseguimento del Premio Qua-lità PP.AA. ed. 2007-2008, grazie all’ap-plicazione del CAF all’organizzazione

dell’Ufficio.Nell’anno 2009 Il Dipartimento dellaFunzione Pubblica ha attivato il Labora-torio Nazionale CAF Giustizia, a cui han-no partecipato inizialmente dodici ufficigiudiziari. Otto sono stati gli uffici chehanno concretamente terminato il per-corso, producendo un documento di au-tovalutazione ed un piano di migliora-mento. Il predetto percorso ha avuto ilsuo epilogo nel novembre 2009 in oc-casione di un convegno presso la Su-prema Corte di Cassazione nel corso delquale sono stati presentati i risultati delLaboratorio e definitivamente licenziatoil modello CAF personalizzato alla Giu-stizia. Particolarmente rilevante, in tale conte-sto, per il numero di uffici coinvolti e peri propositi decisamente ambiziosi, si èrivelato il Progetto Transnazionale di dif-fusione di Best Practice negli uffici giu-diziari italiani. Il progetto, grazie al fi-nanziamento del Fondo Sociale Europeoe tramite le Regioni quali autorità di ge-stione, ha previsto quale prima, tra le li-nee di azione, la fase di analisi delle si-tuazioni organizzative.A tale riguardo, alcuni dei bandi pubbli-cati e volti all’individuazione delle so-cietà di consulenza a cui conferire il com-pito di attuare i contenuti progettuali,hanno previsto l’adozione del modelloCAF quale strumento di analisi e auto-valutazione.

Sulla stessa linea si pone il PON Gover-nance 2007-2013 grazie al quale il Di-partimento della Funzione Pubblica haavviato il progetto “Il Miglioramento del-la performance nella Giustizia per sup-portare le regioni Campania, Calabria,Puglia e Sicilia nella realizzazione delpiano nazionale di "Diffusione delle Buo-ne Pratiche negli Uffici Giudiziari”.Il progetto dovrà supportare le ammini-strazioni regionali nelle attività di moni-toraggio e di valutazione dei risultati delpredetto piano nazionale, con il concre-to supporto alla diffusione della meto-dologia di autovalutazione C.A.F. giàadattata da alcuni anni dal Dipartimen-to della Funzione Pubblica e dal Mini-stero della Giustizia con la citata perso-nalizzazione del modello, per le specifi-che realtà degli uffici giudiziari.Le successive applicazioni del modellosono state sporadiche e legate fonda-mentalmente ad iniziative premiali, qua-li le successive edizioni del Premio Qua-lità PP.AA., o le candidature per l’otte-nimento della certificazione europea diEffective Caf User, tramite la proceduraC.E.F. (CAF External Feedback).Dalle applicazioni finora registrate, l’at-tuazione della mission affidata allo stru-mento sembra essere meno ambiziosa,sostanziandosi in un mezzo per diffon-dere la terminologia, le tematiche e lemetodiche del Total Quality Management.In definitiva, si ha la netta impressione

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aaRaffaele MeaDirettore Amministrativo Tribunale per i Minorenni di SalernoSalvatore QuerciaFunzionario giudiziario presso la Corte d’Appello di Milano.

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Applicazione e prospettive

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che non sia stata compresa appieno laforza dirompente del modello e le suepotenzialità dal punto di vista strategico.Il CAF può rappresentare, infatti, la verasvolta dal punto di vista organizzativoessendo uno strumento di conoscenza edi approfondimento, assolutamente in-dispensabile per fornire ai decisori isti-tuzionali gli elementi per agire.Le metodologie di approccio e valuta-zione elaborate ed affinate dal Formez edalla Funzione Pubblica offrono il piùvalido supporto in tal senso.La stessa logica che conduce all’indivi-duazione dei punti di forza, delle aree dimiglioramento ed all’applicazione dellamatrice RADAR si muove nell’ottica diuna corretta definizione degli interventida attuare.Anche la struttura del modello testimoniaun’innegabile vocazione a suggerire unpercorso ideale che conduce ad un cir-colo virtuoso ed al miglioramento conti-nuo.L’esperienza dell’applicazione del mo-dello in ambito giudiziario sottolinea an-cor di più l’importanza dello strumentoin un settore in cui l’aspetto strategico edorganizzativo non sempre appare op-portunamente curato.Ciò vale in tutti gli ambiti, ma in parti-colare per le “unità di base”, vale a direper gli uffici giudiziari, nei quali agliaspetti programmatici non sembrano de-dicate risorse sufficienti. Proprio la struttura del modello ed i suoicontenuti profondamente democratici,permettono anche all’interno degli uffi-ci di valutare le specifiche esigenze deisettori. La stessa enfasi riservata alla ge-stione per processi e lo sviluppo degliesempi contenuti nel C.A.F. favoriscononon solo la corretta visione organizzati-va, ma anche il relativo costante moni-toraggio dei servizi.Ciò consentirebbe potenzialmente di su-perare anche quanto ripetutamente sot-tolineato, da ultimo anche in occasionedella recente inaugurazione dell’annogiudiziario, a proposito delle diversevelocità del processo: “al piano terra sitrattano gli arresti in flagranza, i “reati distrada”, droga rapine, violazione della

legge Bossi-Fini; gli imputati sono pove-ri e spesso non possono permettersi unavvocato di fiducia; il processo è rapidoe ogni giorno vengono comminati sva-riati anni di galera; la prescrizione nonesiste. Al terzo piano si trattano i reati diaggiotaggio, corruzione, falso in bilan-cio, per i quali non c’è l’arresto in fla-granza … gli anni di galera comminatisono di gran lunga inferiori e molti reativanno in prescrizione ….” (tratto da “IlSole 24 ore” ed. del 29/01/2012 art. diD. Stasio).Il punto nodale sembra, in tale contesto,la corretta analisi di tutti i processi orga-nizzativi e la necessità di fornire a tuttigli uffici, ma soprattutto ai decisori isti-tuzionali, uno strumento universalmen-te valido, un unico metro di valutazio-ne, che possa considerare le eccellenzee le inefficienze, agendo di conseguen-za.I risultati raggiunti, proprio grazie alleazioni intraprese, negli uffici che hannoopportunamente investito nell’applica-zione del modello, appaiono assoluta-mente confortanti.La sensibilità nei confronti delle temati-che di Total Quality Management e laconseguente apertura verso il cambia-mento organizzativo appare, in tali casi,in deciso aumento.E’ comunque auspicabile una diffusionecapillare del modello, in quanto i bene-fici ad essa connessi consentiranno, a le-gislazione invariata, di avvicinare la Giu-stizia italiana agli standard internazio-nali.

L’esperienza alla corted’appello di MilanoSalvatore Quercia, Funzionario giudi-ziario presso la Corte d’Appello di Mi-lanoLa Corte d’Appello di Milano è il colle-gio di secondo grado che giudica su tut-te le decisioni dei giudici dei Tribunalidel Distretto di Milano, oltre alle funzionigiurisdizionali esercita funzioni di coor-dinamento degli Uffici Giudiziari chefanno capo al distretto, tranne per le Pro-cure per le quali la competenza è dellaProcura Generale. In Lombardia oltre a

Milano c’è la Corte d’Appello di Brescia.Il Distretto di Milano è costituito da 11Circondari di Tribunale, 39 Uffici Giudi-ziari, 1 Procura Generale, 11 Tribunaliordinari (+ 11 sezioni distaccate), 11Procure della Repubblica, 3 Trib. Sorve-glianza, 1 Tribunale, 1 Procura per i Mi-norenni; esercita le proprie attività su911 Comuni, 6,7 milioni di residenti, 623mila stranieri, 558 mila imprese che co-stituisce ben il 10% delle imprese italia-ne.L’organizzazione è costituita da:

� I vertici: Presidente della Corte per imagistrati e Dirigente amministrativoper il personale amministrativo.

� Due macro-aree: civile e penale- Articolazione in sezioni (prevista la“doppia presidenza” per ciascuna se-zione): 6 civili, 6 penali

- 1 centrale civile e una penale: - 1 coordinatore per area

� 18 uffici amministrativi a supportodell’attività giudiziaria e dell’orga-nizzazione dell’Ente (ufficio perso-nale magistrati e amministrativi, ra-gioneria, economato ed altro)

L’esperienza CAFIl CAF è uno dei progetti previsti dall’i-niziativa Best Practice, finanziata dal Fon-do Sociale Europeo. Il progetto di Mila-no è Innovagiustizia; la Fondazione Po-litecnico è capofila di un Raggruppa-mento Temporaneo di Imprese ; coin-volge anche gli Uffici Giudiziari di Va-rese, Monza, Brescia, Crema e Cremo-na. La Corte d’Appello è stato il primoUfficio Giudiziario del Distretto a com-pletare un percorso di autovalutazioneavviato a Marzo 2010. Una prima auto-valutazione è stata completata a febbraio2011 ed è in via di conclusione per fineanno.

Le difficoltà del percorsoIn primo luogo, la Corte non dispone distrumenti rodati di programmazione econtrollo interno se si eccettuano:- la relazione annuale di apertura del-l’anno giudiziario del Presidente dellaCorte, che considera l’andamento del-l’Amministrazione della Giustizia nel-

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l’intero distretto; la relazione presentai fatti salienti relativi all’anno prece-dente sintetizza le criticità maggiori daaffrontare e alcuni obbiettivi strategicida perseguire;

- il programma triennale: si tratta di undocumento in cui vengono rilevate lecriticità delle varie sezioni e vengonoproposte soluzioni organizzative al finedi risolvere le problematiche indivi-duate; costituisce il principale docu-mento contenete le priorità dell’orga-nizzazione limitatamente ai magistra-ti,

- le statistiche periodiche che l’UfficioGiudiziario invia al Ministero della Giu-stizia.

L’Organizzazione interna è strutturataper settori tendenzialmente autonomi (ad esempio tra i settori civile e penale, etra sezioni all’interno di questi settori),cui si aggiunge il problema della doppiadirigenza a capo del comparto del per-sonale e di quello dei magistrati. Bastipensare che l’organizzazione che ognipresidente di sezione dà al lavoro deisuoi colleghi incide in maniera sostan-ziale nell’ attività della sezione, la qua-le, sempre rispettando le norme del co-dice di procedura penale, può adottare uncomportamento diverso da quello dellacancelleria accanto; ciò favorisce la par-cellizzazione delle misure d’interventoa fronte delle criticità: un intervento o unsistema di lavoro che va bene per una se-zione può non andare bene per un’ al-tra.Questa situazione è risultata aggravatadal fatto che la Corte ha vissuto un lun-go periodo , circa 1 anno, di assenza delPresidente, ed attualmente, da più di unanno, è vacante il posto di dirigente am-ministrativo, ricoperto part time da un di-rigente reggente. Altro motivo di difficoltà è dovuto al fat-to che non sono presenti professionalitàinterne dotate di competenze in tema divalutazione , cui si aggiunge il fatto cheil linguaggio del CAF presenta vari ambitidi sovrapposizione con la terminologiagiudiziaria, o comunque termini inusua-li a questo tipo di amministrazione, qua-li politiche, leadership, stakeholder . An-

cora più significativo il termine processi:è chiaro che nel nostro ambito i processisono principalmente i processi civili openali; i reclami sono quelli delle oppo-sizioni avverso alcuni provvedimenti delGiudice che vengono depositate dalleparti, nel processo civile, per chiedereun intervento sulla sospensione di unconcesso sequestro conservativo, o sul-l’importo di una liquidazione di una par-cella di un CTU Consulente Tecnico d’Uf-ficio.

Come abbiamo affrontatole difficoltàAlla luce di questi elementi di contesto,il progetto CAF è stato affrontato con unapproccio graduale. Il primo periodo dilavoro è stato interamente condotto en-tro un gruppo ristretto di magistrati e can-cellieri della Corte, selezionati in baseall’appartenenza a diversi settori e ad unaconoscenza sufficientemente ampia del-le modalità di funzionamento della Cor-te. L’analisi è stata condotta prevalente-mente con una modalità “focus group”,da una parte per condividere il metodoe la terminologia CAF, e dall’altra permassimizzare il contributo di prospettivediverse all’analisi del funzionamento del-la Corte. La discussione ha preso le mos-se dalla condivisione dei risultati chiaveper la valutazione della performance del-l’organizzazione, due sottogruppi si so-no concentrati sull’analisi, rispettiva-mente, delle principali misure di effica-cia esterna (cosa gli utenti, cittadini, por-tatori d’interesse dicono di noi – coin-volgimento e partecipazione di utenti,ordini professionali) ed interna all’orga-nizzazione (rimostranze degli utenti –tempi di attesa per accedere ai servizi –tempi di erogazione dei servizi), per ri-salire poi all’indietro all’analisi degli al-tri criteri e sotto-criteri CAF.Le riunioni sono state preparate predi-sponendo alcuni dati ed informazioni uti-li ad orientare la discussione (ad es. da-ti statistici interni, giudizi di alcuni por-tatori d’interesse (stakeholders), posizio-ni entro graduatorie nazionali, ecc).Il rapporto di autovalutazione che ne èconseguito ha restituito una fotografia

complessiva, anche se non sempre omo-genea, del funzionamento della Corte edelle principali criticità. Questo rappor-to ha costituito un’utile guida e fonte diinformazione per diversi altri progetti dimiglioramento in corso, quali ad esem-pio il bilancio sociale, la guida ai servi-zi e specifici interventi di riorganizza-zione delle cancellerie.A conclusione dei lavori sono stati pro-posti e selezionati alcuni interventi prio-ritari derivanti dalle analisi effettuate; traquesti si è ritenuto opportuno rafforzareed estendere le conclusioni raggiunte in-cludendo nell’analisi le opinioni e le per-cezioni di tutto il personale della Corte.L’indagine tramite questionario ha avu-to lo scopo di analizzare lo stato dellaqualità dell’organizzazione e del climainterno della Corte evidenziandone i pun-ti critici in modo da poter stabilire alcu-ne iniziative strategiche focalizzate allarisoluzione dei problemi emersi. È da evi-denziare, tra l’altro, la sentita e massic-cia partecipazione dei dipendenti: su 182questionari distribuiti ne sono stati resti-tuiti compilati 115, con una coinvolgi-mento del 63%, segno inequivocabileche il personale pensa di poter dare uncontributo effettivo al miglioramento del-l’organizzazione dell’Ente. A tal fine alla domanda “Sei orgogliosodi lavorare in questa organizzazione?”ben 80 % del personale ha risposto po-sitivamente.L’indagine rivolta al personale ha evi-denziato significative differenze di per-cezioni/giudizi tra personale assegnatoad aree diverse, esemplificative di criti-cità che non erano sufficientemente emer-se dall’autovalutazione condotta entro ilgruppo ristretto. Un aggiornamento dell’autovalutazione(prevista per fine anno) potrà beneficia-re dell’intenso lavoro fin qui svolto e saràutilizzata per realizzare un bilancio com-plessivo del programma Best Practicesche nel frattempo sta volgendo a con-clusione. Oltre a questo aggiornamento,l’ipotesi è quella di pianificare l’utilizzodel metodo CAF in concomitanza con lapredisposizione del Piano triennale del-la Corte d’Appello.

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Questo articolo contiene due contri-buti. Il primo, di Federico De Cillise Paolo Senni Guidotti Magnani, se-

gnala la complessità, per quanto riguardail settore della Formazione, dell’intrecciofra due universi normativi che reclamanoentrambi misurazioni e valutazioni: quel-lo delle competenze e degli apprendimentie quello della performance individuale eorganizzativa – Il secondo contributo, di Salvatore La Ro-sa1 e Viviana Catania2, presenta, tramitequestionari di gradimento, un iniziale eser-cizio di misurazione della Qualità dei ser-vizi offerti da una Corte di Appello, of-frendo in ciò elementi innovativi utilizza-bili nel settore giudiziario.

Formazione scuola:premessa metodologica perintegrare valutazione degliapprendimenti e della performance e miglioramento continuo3.Qualità nella formazione e nella scuolaUna definizione per la qualità del servizionel settore della formazione potrebbe es-sere la seguente (che risulta essere una sin-tesi di concetti espressi nella UNI EN ISO9000/2005 (3.1.), 9004/2009 (4.2,4.3,4.4)e del concetto di “sistema-sottosistema-elemento”4): “Il grado di qualità di un si-stema formativo, o di un suo elemento, di-pende dal livello di soddisfazione, che rie-

sce a mantenere/migliorare nel tempo5,delle esigenze ed aspettative delle parti in-teressate del suo ambiente transnaziona-le6”. Tale definizione, necessita di essereprecisata in riferimento al sotto-sistemascuola, qui preso in esame, riferito al Si-stema Formativo Europeo e Nazionale, asua volta composto da sotto-sistemi re-gionali e locali fino alla singola Istituzio-ne Scolastica (d’ora in avanti IS): elemen-to del sistema in quanto unità operativadotata di personalità giuridica e di un de-finito grado di autonomia “funzionale”.Per precisione sono stati citati sistemi e sot-to-sistemi formativi diversi, ma in realtàdopo i documenti europei di Lisbona sul-la formazione e l’interscambiabilità dellecompetenze fra gli stati membri, è giocoforza, anche per lo stato membro Italia fa-re riferimento agli obiettivi comuni e uni-tari di sviluppo socioeconomico della UE,definiti per far fronte alla sfide del XXI se-colo in un contesto di mercato globaliz-zato ed ipercompetitivo che attraversa unafase di crisi a livello ultra-continentale.Qualità, Valutazione, MiglioramentoIl perseguimento degli standard concor-dati in sede di UE per gli obiettivi forma-tivi e di competenza implica l’applicazio-ne di modelli di gestione e di migliora-mento nonché di modelli di valutazionesostenuti da metodi di misurazione ogget-tivi (il più possibile). In riferimento al sistema formativo e sco-lastico nazionale in particolare, il proble-

Federico De Cillis,Consigliere Settore Education AicqPaolo Senni Guidotti MagnaniPresidente Settore Education Aicq Salvatore La RosaProf. Ordinario di Statistica Aziendale e Controllo della Qualità Univ. PalermoViviana CataniaDottore di Ricerca in Psicologia Clinica, Univ. Lecce

PPeerrffoorrmmaannccee ee ssiisstteemmaaffoorrmmaattiivvoo ee ggiiuuddiizziiaarriioo

ma della valutazione viene affrontato condue dimensioni diverse, ugualmente nor-mate in appositi apparati legislativi: 1. la prima dimensione risulta regolamen-tata essenzialmente dal Ministero del-l’Istruzione, dell’Università e della Ri-cerca secondo una visione Europea maspecifica del settore Educativo e afferi-sce soprattutto al miglioramento del-l’efficacia dell’apprendimento e del pos-sesso delle competenze. Le caratteristi-che principali sono:a. la definizione di specifici obiettivi stra-tegici a livello di sistema formativoeuropeo, da cui derivano a cascataobiettivi chiave per i sottosistemi finoalla singola Istituzione Scolastica;

b. l’attenzione ai risultati preponderanteper l’efficacia rispetto all’ efficienza;

c. la necessità di modelli di misurazio-ne/valutazione condivisi dal macro-sistema e quindi utilizzati da tutte lesue componenti (singole IS);

d. centralità degli operatori del settore(delle risorse umane), la cui valuta-zione è vista soprattutto in funzionedi valorizzazione e crescita di pro-fessionalità.

2. la seconda dimensione, di competenzadel Ministero per la pubblica ammini-strazione e l’innovazione7 (Dipartimen-to Funzione Pubblica) è regolata da uncomplesso di norme conclusosi al mo-mento col Decreto legislativo 27 otto-bre 2009, n. 150 e le cui caratteristiche

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Primi approcci

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principali sono :a. la visione nazionale avente per og-getto l’intera Pubblica Amministra-zione con la comune finalità di ele-vare la qualità dei servizi erogati aicittadini;

b. l’attenzione alla qualità dei risultatisia in termini di efficacia che di effi-cienza;

c. il costante intreccio fra performanceorganizzativa e individuale;

d. la prescrittività di una valutazione del-la performance del personale comecondizione necessaria per l’eroga-zione di salario accessorio.

Entrambe le dimensioni e relativi approc-ci implicano la necessità di agire secondoil principio del miglioramento continuo equindi, secondo l’opinione di chi scrive,con la conseguente ricerca ed adattamentodi modelli di TQM.Per il sistema formativo italiano e in parti-colare per la scuola, in quanto settore del-la Pubblica Amministrazione, si pone quin-di il problema di perseguire obiettivi spe-cifici derivanti dall’universo normativo del-la prima dimensione (con i sopra-ricorda-ti riferimenti al sistema formativo europeo,che intendono l’efficacia misurata comepossesso di competenze e con un lin-guaggio più tradizionale come acquisi-zione di formazione e di apprendimento),soddisfacendo però anche gli obiettivi edi vincoli derivanti dal secondo universonormativo delineato nel decreto legislati-vo 150 e il ciclo della performance, cheaggancia la qualità e la produttività alladifferenziazione salariale e alla merito-crazia.Conclusioni: nodi e risorseChi scrive, pur consapevole delle carat-tere strategico della valutazione e della mi-surazione della performance ai fini retri-butivi e migliorativi dei pubblici servizi ein particolare di quello formativo e scola-stico, non si nasconde che la sfida che sitrova davanti il sistema formativo nazio-nale, come qualsiasi altra pubblica am-ministrazione, non è poca cosa e, soprat-tutto, che proprio perché chi scrive cercadi ragionare secondo i principi e la meto-dologia del TQM, quindi in ottica sistemi-ca, non si nasconde altresì che dietro la

valutazione e misurazione della perfor-mance allignano i problemi endemici del-le diverse pubbliche amministrazioni.Senza entrare in una discussione applica-tiva, questo breve contributo si limita adadditare la fondamentale questione meto-dologica per il settore della formazionedell’incrocio fra i due ambiti normativi,quello della valutazione degli apprendi-menti ai fine della individuazione del plus-valore e dell’efficacia e quello della misu-razione e valutazione della performanceorganizzativa e individuale. Si propone no-nostante ciò un breve elenco diviso in no-di da sciogliere e risorse e anticipazioniriferiti al sistema scolastico.Nodi da sciogliere

� disambiguare le valenze di “ciclo del-la performance” e di “anno scolasti-co”. In entrambi i casi è utile ricorreread Sistema di Gestione per la Qualitàche adotti piani di miglioramenti an-nuali secondo il principio del cicloPDCA. Per la pubblica amministrazio-ne il ciclo corrisponderà all’anno so-lare (gestione amministrativo-contabi-le) mentre per la scuola all’Anno Sco-lastico, in entrambi i casi in una visio-ne di pianificazioni pluriennale;

� raccordare le questioni della valuta-zione e misurazione della performan-ce ai fini delle differenziazioni retribu-tive con le buone pratiche esistenti dibuon funzionamento organizzativonelle IS.

Risorse e anticipazioniSperimentazione del CAF nelle scuole delVeneto e della Toscana8.Diffusione del Marchio S.A.P.E.R.I. per leIstituzioni Scolastiche nazionali ad operadell’Ufficio Scolastico Regionale Piemon-te e della rete SIRQ (Scuole in rete per laQualità)9.Diffusione della prassi dell’accreditamen-to con concessione di punteggi cospicuialle IS certificate ISO (Lombardia e Mar-che).Innovazioni normative in fatto di defini-zione delle specifiche e certificazione diapprendimento e di competenze nellascuola primaria, secondaria di primo e disecondo grado.Diffusione triennale dei dati comparati di

apprendimento nelle scuole italiane OC-SE PISA – INVALSI10.Diffusione di buone pratiche nei POF11 co-struiti sugli investimenti di bilancio.Nomina degli incarichi strategici nelle ISquali collaboratori del Dirigente Scolasti-co, Funzioni Strumentali12 e altro previapresentazione di candidatura con lista diobiettivi da perseguire e riconoscimentoeconomico a seguito di verifica.

La qualità dei servizi offertidalla corte di appello vistadall’utenteIntroduzioneLa cattedra di Gestione della Qualità del-l'università degli studi di Palermo, nel-l'ambito di un progetto di valutazione emiglioramento delle prestazioni erogateall'utenza, ha aderito ad un'indagine pres-so la Corte di Appello del capoluogo sici-liano con l'obiettivo di rilevare e di misu-rare la qualità percepita del servizio resodal personale delle cancellerie e degli uf-fici amministrativi al fine di individuarepossibili aree di miglioramento ed even-tuali azioni correttiveObiettiviAnalizzare la discrepanza tra il livello diqualità dei servizi attesa e la qualità per-cepita, al fine di offrire un servizio semprepiù qualificato ed attento alle esigenze de-gli utenti. TargetUn questionario costruito ad hoc è statolo strumento utilizzato per intervistare gliutenti, costituito da tre parti: la prima rac-coglie i dati personali degli utenti (sesso,età, professione, etc.), la seconda analiz-za la soddisfazione della qualità dei ser-vizi e l’ultima parte valuta il livello di chia-rezza della segnaletica all’interno degli uf-fici della Corte di Appello, la qualità del-le informazioni ricevute presso le cancel-lerie con i relativi tempi d’attesa per po-terle ottenere ed inoltre il grado di com-petenza del personale addetto ed i tempicomplessivi per l’espletamento del servizio. Duecento sono stati i questionari compi-lati: di questi 72 sono stati auto compilatie imbucati nelle postazioni messe a di-sposizione all’interno degli uffici ammini-strativi e della cancelleria, 70 a mezzo in-

� Performance e sistema formativo e giudiziario �

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tervista e 58 compilati on line.Analisi dei datiDall’analisi dei dati emerge un buon gra-do di soddisfazione generale: infatti il 35%degli utenti si ritiene “molto soddisfatto”ed il 27% “abbastanza soddisfatto” dellaqualità dei servizi offerti; a fronte del datodi coloro i quali (12,5%) esprimono ungiudizio neutro, “né soddisfatti né insod-disfatti” e del restante 25% degli intervi-stati che ha espresso giudizi negativi (po-co o per niente soddisfatto). In particolar modo il 70% degli intervista-ti premia la cortesia e la disponibilità delpersonale degli uffici contro un 25% chelo giudica poco efficiente.Il grado di soddisfazione degli utenti,emerso dallo studio, risulta soddisfa-cente. Tra gli aspetti positivi maggior-mente messi in evidenza, oltre quelli scrit-ti precedentemente, emerge la capacitàdi risoluzione dei problemi da parte delpersonale, che si scontra invece con gliaspetti negativi, quali l’esiguità numeri-ca, l’organizzazione delle udienze contempi lunghi di attesa.

I risultati esposti sono solo i primi dati emer-si dalla ricerca e costuiscono solo un pri-mo passo verso un percorso di migliora-mento continuo al quale bisogna tendere,per riuscire ad individuare successivamentei punti di forza da potenziare e i punti didebolezza sui quali intervenire.

� Performance e sistema formativo e giudiziario �20tteemmaa

ramento, di cui il presente contributo è uno

sviluppo metodologico.4 Per elemento intendiamo il sotto-sistema più

elementare di un sistema. Una ulteriore sua

scomposizione gli farebbe perderebbe le ca-

ratteristiche di sistema. Nel caso del Sistema

Formativo gli “elementi” sono costituiti dalle

singole Istituzioni Scolastiche5 “durevole”, come da ISO 90046 O “contesto”, come da ISO 90047 Il governo Monti in carica ha mutato la de-

nominazione del Ministero nel Modo se-

guente: Ministero per la pubblica ammini-

strazione e semplificazione8 Sul sito ReQuS la rete per la Qualità nella

Scuola è disponibile la versione del CAF

(Common Assessment Framework) adattato

alla Scuola. Notizie su esperienze della sua

applicazione in istituti scolastici si trovano

nei due seguenti contributi: Caterina Pasqua-

lin, Roberto Chiaretto, Non solo ISO: autova-

lutazione e CAF e Alfio Pelli, Qualità e certi-

ficazione: il modello Toscano, entrambi in

“Rivista dell’Istruzione Scuola e autonomie

� NOTE1 Savatore La Rosa - Prof. Ordinario di Statisti-

ca Aziendale e Controllo della Qualità nel-

l'Università di Palermo - Vicepresidente

AICQ-Sicilia - [email protected] Viviana Catania - Dottore di Ricerca in Psi-

cologia Clinica, Università di Lecce - Mem-

bro del Consiglio Direttivo Aicq-Sicilia con

riferimento al settore Education - vivianaca-

[email protected] Per un aggiornamento sullo stato dell’arte

della Qualità negli istituti scolastici vedi l’in-

serto nel numero 3/2011 delle “Rivista dell’i-

struzione – Scuola e autonomie locali” cura-

to da P. Senni Guidotti Magnani, La qualità

per l’Education. Oltre agli articoli citati nelle

note seguenti vi è compreso anche l’articolo

di F. De Cillis, Incentivi, performance, miglio-

Aspetti Positivi Elementi di insoddisfazione Commento in generaleVuoto 77 Vuoto 103 Vuoto 109Disponibilità 29 Nessuno 28 Maggiore informatizzazione e maggiore utilizzo 20

dei servizi on-lineCortesia 27 Tempi di espletamento servizi 27 Aumento personale 18

e tempi di attesaNessuno 16 Lamentele sul personale 20 Giudizi positivi generali: Il servizio è 7

buono/discreto/ottimo/continuare cosìProfessionalità 13 Problemi legati alla ricerca 11 Nessuno 6

e ordine dei fascicoliCompetenza 12 Poca disponibilità 10 Riduzione della tempistica nell’espletamento 6

dei servizi e dei tempi di attesaGentilezza 9 Scortesia 7 Migliorare la segnaletica 4Efficienza 7 Aspetti riguardanti i locali e la 6 Occorre maggiore vigilanza del personale 3

logisticaPreparazione 7 Orari e organizzazione udienze 5 Giudizi negativi generali: Scarso/ 2Tempi di espletamento 6 Poco personale 4 Migliorare l’organizzazione e gli orari nelle udienze 2servizi e tempi di attesaCordialità 4 Incompetenza 3 Mancanza di aria condizionata 2Capacità di risolvere 3 Mancanza di climatizzazione 2 Il personale è disponibile 1i problemiServizi telematici 3 File in alcuni servizi 2 Migliorare l’ordine nelle cancellerie 1Corridoi puliti 2 Molti 1 Occorre un sistema preminate per il personale 1Tutto 1 Altro AltroAltro

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Èstato pubblicato sulla gazzetta uffi-ciale del 24/1/12 il decreto intermi-nisteriale del 20 gennaio 2012 con-

cernente il differimento - dal 24/1/2012 diulteriori 120 giorni - dell’entrata in vigoredel decreto 11 aprile 2011: in seguito aquesto ulteriore rinvio il dm entrerà in vi-gore il 23 maggio 2012.Comunque, si ricorda che ai sensi dell'art.71, comma 11, del d.lgs 81/2008 (testounico), il datore di lavoro è obbligato a sot-toporre le attrezzature di lavoro riportatenell’allegato vii a verifiche periodiche vol-te a valutarne l'effettivo stato di conserva-zione e di efficienza ai fini di sicurezza,con la frequenza indicata nell’allegato. ti-tolare della prima verifica, è l'inail (cheha assorbito le funzioni dell’ex ispesl), men-tre ricade in capo alle asl la titolarità del-le verifiche periodiche successive.

PremessaLa legislazione nazionale per l’esercizio, siadi macchine e impianti per operazioni disollevamento materiali e persone, che perapparecchi a pressione ha sempre previstol’obbligo di controlli e verifiche periodi-che e straordinarie, in considerazione del-le potenziali conseguenze in caso di mal-funzionamento o collasso delle stesse. L’art.71 del D.Lgs 81/08 e smi prevede che le at-trezzature di lavoro siano installate ed uti-lizzate in conformità alle istruzioni d’usoe oggetto di idonea manutenzione al finedi garantire nel tempo la permanenza dei

requisiti di si-curezza. Ol-tre alle o pe-razioni dicontrollo emanutenzio-ne previstidal costrutto-re, il comma

11 del D.Lgs 81/08, prevede che il dato-re di lavoro sottoponga le attrezzature di la-voro riportate in "ALLEGATO VII" a veri-fiche periodiche volte a valutarne l’effetti-vo stato di conservazione e di efficienzaai fini di sicurezza, con la frequenza indi-cata nel medesimo allegato. Il D.M. 11aprile 2011 si compone di 6 articoli e 4allegati, dà attuazione al comma 13 perl'effettuazione delle verifiche periodichedi cui al comma 11 dell’articolo 71 delD.Lgs 81/08 e disciplina:

� le procedure di denuncia e le moda-lità di effettuazione delle verifiche pe-riodiche cui sono sottoposte le attrez-zature di lavoro definite all'allegatoVII del D.Lgs 81/2008;

� i criteri per l’abilitazione dei soggettipubblici o privati che possono coa-diuvare gli organismi pubblici INAIL(che ha assorbito le funzioni dell’exISPESL) ed ASL nell’esecuzione di taliverifiche.

Il nuovo termine per l’entrata in vigore delcitato D.M. 11/04/2011 è differito al23/05/2012 ad eccezione dell’Allegato III,

concernente le modalità per l’abilitazio-ne, il controllo ed il monitoraggio dei sog-getti pubblici e privati incaricati delle ve-rifiche, già in vigore dal 30/04/2011. Sal-vo ulteriori proroghe, da tale date sarà at-tivo il nuovo sistema «pubblico/privato»delle verifiche iniziali e periodiche delleattrezzature di lavoro. Modalità per l’abilitazione dei soggettipubblici o privatiI soggetti abilitati, pubblici o privati, de-vono essere in possesso dei requisiti ri-portati nell'allegato I. Le modalità per l'a-bilitazione, il controllo e il monitoraggiodei soggetti di cui all'allegato I sono defi-nite nell'allegato III al decreto in esame, ilquale definisce:

� le modalità di presentazione della do-manda al Ministero del Lavoro, suoicontenuti e documenti richiesti

� la procedura di abilitazione� le condizioni e validità dell’autorizza-zione

� le relative verifiche.Per chiarire alcuni aspetti relativi alle istan-ze di iscrizione, con riferimento al punto1.1. dell’allegato III, il Ministero del Lavo-ro e delle Politiche Sociali ha emanato laCircolare n. 21/2011 dell’8 agosto 2011.Va, inoltre, sottolineato che i soggetti pub-blici o privati abilitati dovranno tenere unregistro informatizzato che contenga siacopia dei verbali delle verifiche effettuatesia ulteriori dati, la data della successivaverifica periodica, il tipo di attrezzatura,

Francesco TaurasiTecnologo INAIL area ex ISPESL Diego CerraPresidente Comitato Salute e Sicurezza Aicq

>>

Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi

� Salute e Sicurezza sul lavoro � 21tteemm

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di cui all’art. 71 del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro

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etc. Il registro dovrà essere trasmesso tri-mestralmente per via telematica all’INAILo alla ASL, per consentire la rispettiva at-tività di controllo e monitoraggio.All’articolo 6 sono riportati alcuni decretiche continuano a rimanere in vigore: a) Decreto ministeriale 29 febbraio 1988; b)Decreto ministeriale 23 settembre 2004; c) Decreto ministeriale 17 gennaio 2005; d)Decreto ministeriale 1° dicembre 2004,n. 329.

Viene anche stabilito che i regimi già adot-tati dalle regioni a statuto speciale e nelleprovince autonome di Trento e di Bolzanosono ancora validi. Il comma 12 dell’arti-colo 71 del D.Lgs 81/2008, prevede cheINAIL e ASL per l’effettuazione delle ri-spettive verifiche nei tempi imposti dal de-creto, possono avvalersi del supporto disoggetti pubblici o privati abilitati che ac-quisiscono la qualifica di “incaricati dipubblico servizio” e che rispondono allastruttura pubblica titolare della funzione. IlD.M. 11 aprile 2011, precisa che titolaredella prima verifica, da effettuarsi nel ter-mine di 60 giorni dalla richiesta, è l'INAIL,mentre ricade in capo alle ASL la titolaritàdelle verifiche periodiche successive, daeffettuarsi nel termine di 30 giorni dalla ri-chiesta da parte del datore di lavoro. Poi-ché la capacità organizzativa degli entipreposti è disomogenea sul territorio è pre-visto che l'INAIL e le ASL, possono prov-vedere alle verifiche anche mediante ac-cordi tra di loro o con le Direzioni Pro-vinciali del Ministero del Lavoro (DPL) op-pure avvalersi di soggetti terzi abilitati. A talproposito il comma 4 dell’articolo 2 delDM stabilisce che presso l’INAIL e pressole ASL è istituito un elenco di soggetti abi-litati, pubblici o privati, di cui i titolari del-la funzione si possono avvalere. La sceltadel soggetto pubblico e privato viene fat-ta dal datore di lavoro all'atto della richiestadi verifica. Procedure di denuncia previ-sta dal D.M. 11 aprile 2011

Messa in servizioIl datore di lavoro che mette in servizioun’attrezzatura di lavoro fra quelle riportatenell'allegato VII del D.Lgs 81/2008, ne dàimmediata comunicazione all'INAIL perconsentire la gestione della relativa ban-

ca dati. L’INAIL assegna all'attrezzatura unnumero di matricola e lo comunica al da-tore di lavoro. La prima delle verifiche periodiche va ri-chiesta all’INAIL, almeno 60 giorni primadella data di scadenza del termine per l'e-secuzione della prima verifica periodica,come stabilito nell’allegato VII del DLgs81/08, indicando il luogo presso il qualeè disponibile l'attrezzatura, e anche il no-minativo del soggetto abilitato, pubblicoo privato, presente nell’elenco INAIL, dicui intende avvalersi qualora l’ente nonpossa effettuare la verifica direttamente. Entro 60 giorni dalla richiesta, l’INAIL puòeffettuare direttamente la verifica (anchemediante accordi con le ASL o con le DPL)o avvalersi del soggetto segnalato dal da-tore di lavoro. Trascorsi i 60 giorni senza che l’INAIL ab-bia proceduto alla verifica, il datore di la-voro può far effettuare la verifica da qual-siasi soggetto abilitato presente nell’elen-co Ministeriale comunicando all’INAILstesso il nominativo del verificatore. Per le verifiche periodiche successive al-la prima, il datore di lavoro richiede la ve-rifica alla ASL di competenza, comuni-cando, anche in questo caso, il luogo pres-so il quale è disponibile l’attrezzatura, al-meno 30 giorni prima della scadenza deltermine per l’esecuzione della verifica, edil nominativo del soggetto abilitato, pub-blico o privato (presente nell’elenco ASL)di cui intende avvalersi qualora l’ente nonpossa effettuare la verifica direttamente. L’ASL può, quindi, entro 30 giorni effet-tuare direttamente la verifica (anche me-

diante accordi con l’INAIL o con la DPL)o avvalersi del soggetto segnalato dal da-tore di lavoro. Trascorsi i 30 giorni, senzache l’ASL abbia proceduto alla verifica ildatore di lavoro può far effettuare la veri-fica da qualsiasi soggetto abilitato, presentenell’elenco Ministeriale, comunicando al-l’ente stesso il nominativo del verificato-re. Di seguito, in Fig. 1, è riportato unoschema riepilogativo del flusso delle veri-fiche periodiche.Ricordiamo che le violazioni dell’art. 71,comma 11, del D.Lgs 81/08 sono sanzio-nate in via amministrativa (art. 87). Evi-denziamo, inoltre, che l’allegato II del D.M.11/04/2011 prevede che eventuali viola-zioni riferite sia alla prima verifica che aquelle periodiche, siano comunicate al-l’organo di vigilanza presente sul territorio.

Definizione di verificaperiodicaLa verifica periodica è finalizzata a:� identificare l’attrezzatura di lavoro, � accertare la conformità alle modalitàdi installazione previste dal fabbrican-te nelle istruzioni d'uso - che la confi-gurazione dell’attrezzatura di lavorosia tra quelle previste nelle istruzionid’uso redatte dal fabbricante, verifica-re la regolare tenuta del registro dicontrollo, ove previsto dai decreti direcepimento delle direttive comunita-rie pertinenti o negli altri casi, dalleregistrazioni di cui all’articolo 71,comma 9 del D.Lgs 81/08,

� controllare lo stato di manutenzione econservazione,

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> Fig 1 - Sequenza Verifiche Periodiche

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� effettuare le prove di funzionamentodell’attrezzatura di lavoro e di effi-cienza dei dispositivi di sicurezza e dicontrollo.

La prima verifica periodica è la prima del-le verifiche periodiche e prevede, oltre agliadempimenti descritti, la compilazionedella scheda tecnica di identificazione del-l'attrezzatura di lavoro al fine di assicura-re un riferimento per le verifiche periodi-che successive che costituirà parte inte-grante dell’attrezzatura di lavoro, secon-do la modulistica riportata in allegato IVde D.M. 11/04/2011.Le verifiche periodiche successive alla pri-ma, sono effettuate con le stesse modalitàdella prima verifica e con la periodicità in-dicata nell’allegato VII del D.Lgs. 81/08.

Modalità di effettuazionedelle verifiche periodicheLe verifiche sono onerose e le spese perl`effettuazione sono a carico del datore dilavoro. Le modalità per effettuare le veri-fiche periodiche sono definite nell’allega-to II del D.M. 11 aprile 2011. L’allegato in-dividua, in primo luogo, il proprio campodi applicazione. A questo fine, le attrez-zature di lavoro di cui all’all. VII del DLgs81/08 vengono suddivise nei gruppi SC,SP e GVR.APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO MA-TERIALI E PERSONE (Gruppo SC e SP)Gruppo SC - Apparecchi di sollevamentomateriali non azionati a mano ed idroe-strattori a forza centrifugaa) Apparecchi mobili di sollevamento ma-teriali di portata superiore a 200 kg

b)Apparecchi trasferibili di sollevamentomateriali di portata superiore a 200 kg

c) Apparecchi fissi di sollevamento mate-riali di portata superiore a 200 kg

d)Carrelli semoventi a braccio telescopico e) ldroestrattori a forza centrifuga Gruppo SP - Sollevamento personea) Scale aree ad inclinazione variabile b)Ponti mobili sviluppabili su carro adazionamento motorizzato

c) Ponti mobili sviluppabili su carro a svi-luppo verticale azionati a mano

d)Ponti sospesi e relativi argani e) Piattaforme di lavoro autosollevanti sucolonne

f) Ascensori e montacarichi da cantiere Il decreto D.Lgs 106/2009, correttivo delD.Lgs 81/08, ha introdotto l’obbligo di ve-rifica anche per i carrelli semoventi a brac-cio telescopico, le piattaforme di lavoroautosollevanti su colonne, gli ascensori emontacarichi di cantiere con cabina/piat-taforma guidata verticalmente e gli idroe-strattori a forza centrifuga. In particolareper i suddetti apparecchi se già messi inservizio alla data di entrata in vigore delpresente decreto, la richiesta di prima ve-rifica costituisce adempimento obbligato-rio di comunicazione all’INAIL.Il D.M. 11.4.2011 ha reso obbligatoria perle attrezzature di lavoro, in particolare perle gru mobili, le gru trasferibili e i pontisviluppabili su carro ad azionamento mo-torizzato, che superano i 20 anni di età -l'indagine supplementare, cioè una verifi-ca strutturale finalizzata ad individuareeventuali vizi, difetti o anomalie, nonchéa stabilire la vita residua in cui la macchi-na potrà ancora operare in condizioni disicurezza con le eventuali relative nuoveportate nominali (ALLEGATO II - punto3.2.3. - indagini supplementari di cui alpunto 2, lettera c). La novità è che tale in-dagine supplementare dovrà essere esibi-ta dal datore di lavoro al funzionario ad-detto alla verifica periodica, e non pre-scritta da quest'ultimo.IMPIANTI A PRESSIONE (Gruppo GVR)a)Attrezzature a pressione: 1.Recipienti contenenti fluidi con pres-sione maggiore di 0,5 bar;

2.Generatori di vapor d'acqua;3.Generatori di acqua surriscaldata;4.Tubazioni contenenti gas, vapori e li-quidi;

5.Generatori di calore alimentati dacombustibile solido, liquido o gasso-so per impianti centrali di riscalda-mento utilizzanti acqua calcia sottopressione con temperatura dell’acquanon superiore alla temperatura di ebol-lizione alla pressione atmosferica,aventi potenzialità globale dei foco-lai superiori a 116 kW (D.M. 1-12-75e specifica tecnica applicativa raccoltaR - verifica con frequenza quinquen-nale);

6. Forni per le industrie chimiche e affi-

ni;b) Insiemi: assemblaggi di attrezzature daparte di un costruttore certificati CE co-me insiemi secondo il decreto legislati-vo n. 93 del 25 febbraio 2000.

La Direttiva 97/23/CE (denominata PED erecepita con il D.Lgs 93 del 2000) riguar-da solo la costruzione e non l’eserciziodelle apparecchiature a pressione, che re-sta di competenza dei Paesi membri; perquanto attiene all’installazione, utilizzo emanutenzione delle stesse si fa riferimen-to ai disposti normativi disciplinati dalD.Lgs. 93/2000, dal D.M. 329/2004 e dalD.Lgs. 81/08. Gli artt. 4 e 6 del D.M.329/2004 disciplinano la verifica di primoimpianto (o di controllo della messa in ser-vizio) e gli obblighi della messa in serviziocon la relativa dichiarazione. Eseguita laverifica di primo/nuovo impianto, di cuiall’art. 4 del D.M. 329/2004, l’utilizzato-re è tenuto, all’atto della messa in eserci-zio dell’attrezzatura/insieme, ad inviareuna dichiarazione di messa in servizio, al-l’INAIL area ex ISPESL ed all’ASL, compe-tenti territorialmente, corredata da una se-rie di documenti tecnici citati all’art. 6 delD.M. 329/2004, fra cui il verbale di veri-fica di primo impianto (ove previsto), unarelazione tecnica, con lo schema dell’im-pianto recante le condizioni d’installazio-ne e di esercizio, le misure di sicurezza,protezione e controllo adottate.Il D.M. 329/2004 individua inoltre:

� gli apparecchi esclusi dalla applica-zione del Decreto (art. 2)

� le categorie di attrezzature ed insiemiche non necessitano di verifiche ob-bligatorie di primo impianto (art. 5);

� gli intervalli di tempo delle verifichedi riqualificazione periodica delle at-trezzature;

� le esenzioni dalla riqualificazione pe-riodica (art. 11).

Tra le attrezzature ed insiemi a pressioneper i quali non si deve dichiarare la mes-sa in servizio figurano:� i recipienti a pressione aventi capacitàfino a 25 litri e, se con pressione mi-nore o uguale a 12 bar, aventi capa-cità fino a 50 litri;

� le attrezzature a pressione di cui al-l’articolo 3 comma 3 del D. Lgs.

� Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi �tteemm

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93/2000;� le attrezzature a pressione standard dicui all’articolo 1 comma 3 lettera a)del D.Lgs. 93/2000;

� le tubazioni con DN minore o ugualea 80.

Gli accessori di sicurezza sono esclusi dal-la dichiarazione di messa in servizio di pri-mo impianto, in quanto vengono acquisi-ti nel corso della verifica dell'attrezzaturaa pressione cui sono destinati o con cuisono collegati e seguono la stessa perio-dicità. L'installazione di valvole di inter-cettazione sull'entrata e sull'uscita dei con-dotti delle valvole di sicurezza è consen-tita qualora non in contrasto con quantoindicato nelle istruzioni per l'uso, su mo-tivata richiesta del datore di lavoro in par-ticolare nel caso di fluidi infiammabili, tos-sici, corrosivi o comunque nocivi. Le valvole di intercettazione devono es-sere piombate in posizione di apertura acura dell'INAIL o delle ASL ai quali van-no segnalate tempestivamente le mano-vre che abbiano comportato manomis-sioni del sigillo.Classificazione attrezzature a pressioneIl D.M. 329/2004 prevede che le attrezza-ture a pressione, rientranti nel campo di ap-plicazione del decreto, debbano essere clas-sificate in relazione alle categorie, da I a IV,definite nell’Allegato II del D.Lgs 93/2000. Tale classificazione è effettuata dall’utiliz-zatore anche per le attrezzature in uso pri-ma dell’entrata in vigore del D.Lgs 93/2000,tenendo conto della tipologia di attrezza-tura, del valore della pressione massimaammissibile, dell'entità delle dimensioniV (Volume del recipente) o DN (tubazio-ni), inoltre ai fini della classificazione i flui-di sono suddivisi nei seguenti due gruppi: a. Gruppo 1: comprendente fluidi perico-losi (cioè sostanze o preparati definitidall’art. 2 comma 2 del D.Lgs. 52/97 esmi come “esplosivi”, estremamente in-fiammabili, facilmente infiammabili, in-fiammabili, altamente tossici, tossici,comburenti.

b.Gruppo 2: comprendente tutti gli altrifluidi non elencati alla lettera a).

Per verifiche di riqualificazione periodica,secondo il DM 329/04, sono da intender-si sia le verifiche periodiche di funziona-

mento, che le verifiche di integrità decen-nale. Inoltre, è possibile effettuare ispe-zioni alternative e con periodicità diffe-renti da quelle elencate nelle tabelle di cuiagli allegati A e B, ma tali da garantire unlivello di sicurezza equivalente, secondo leprescrizioni indicate al comma 5 dell’art.10 del DM 329/04. La frequenze delle ve-rifiche periodiche dei recipienti a pressio-ne viene stabilita in base alla classifica-zione attribuita in fase di verifica di primoimpianto o dal costruttore; la cadenza èregolamentata dalle tabelle allegate al D.M.329/04 ed inserite anche nell’allegato VIIdel D. Lgs 81/08.Verifica di integrità decennaleÈ comunque prevista per tutti i recipientila verifica decennale di integrità struttura-le che, consiste nell’accertamento dellostato di conservazione delle varie mem-brature mediante esame visivo delle partiinterne ed esterne accessibili ed ispezio-nabili, nell’esame spessimetrico ed altreeventuali prove, eseguite da personale ade-guatamente qualificato incaricato dal da-tore di lavoro. Quando l'attrezzatura pre-sa in esame ha caratteristiche tali da nonconsentire adeguate condizioni di acces-sibilità all'interno o risulta comunque nonispezionabile esaustivamente, l'ispezioneè integrata, limitatamente alle camere nonispezionabili, con una prova di pressionea 1,125 volte la pressione massima am-missibile, che può essere effettuata utiliz-zando un fluido allo stato liquido. Per letubazioni la verifica di integrità non com-porta obbligatoriamente né la prova idrau-lica né l’esame visivo interno, ma oppor-tuni controlli non distruttivi per l’accerta-mento della integrità. Per i serbatoi crio-genici con intercapedine isolante sotto-vuoto non soggetti ad azione interna dicorrosione o di abrasione o di erosione, laverifica d’integrità consiste in una provapneumatica, di norma mediante lo stessogas contenuto, alla pressione di 1.1 voltela «pressione massima ammissibile» ed inuna prova di ermeticità al vuoto. Se suun’attrezzatura/insieme/impianto sono pre-senti tubazioni che per loro caratteristicherientrano nel campo di applicazione delDM. 329 e/o recipienti per liquidi e maiassoggettati ad omologazioni o controlli

di legge, deve essere assolto l’obbligo didenuncia all’INAIL, come previsto dell’art.16 del DM. 329/04.I generatori di vapore ed acqua surriscal-data, fatta eccezione di quelli esclusi equelli esonerati parzialmente o totalmen-te (D.M. 21/5/74), dovranno essere con-dotti in maniera continua da personalequalificato, ovvero in possesso di patenti-no di abilitazione (D.M.1/3/1974), in fun-zione della producibilità e della superfi-cie di scambio del generatore. La sorve-glianza senza assistenza continua si ap-plica a tutti i generatori che sono stati con-cepiti per un esercizio senza assistenzacontinua di persona addetta. Il “manualed’uso e manutenzione” deve esplicitamenteindicare che il generatore è stato progettatoed accessoriato per operare con questamodalità. Le caratteristiche dell'acqua dialimentazione e dell’acqua di caldaia de-vono soddisfare le caratteristiche definitenel “manuale d’uso e manutenzione” op-pure in mancanza dalle norme tecnicheapplicabili. Per le attrezzature che lavora-no in condizioni di regime tali per cui pos-sono esserci significativi fenomeni di scor-rimento viscoso o di fatica oligociclica, siosservano le prescrizioni tecniche vigentiin materia. Le autorizzazioni all’ulterioreesercizio vengono rilasciate dall’INAIL sul-la base della valutazione effettuata dal da-tore di lavoro.E’ facoltà dell’utilizzatore prevedere fre-quenze di verifica più cautelative ancheper una più omogenea organizzazioneaziendale.

ConclusioniNel merito il decreto definisce in mododettagliato le modalità di effettuazione del-la prima verifica e di quelle periodiche,anche nelle ipotesi in cui INAIL ed ASLnon ritengano di poterle effettuare diretta-mente.

Riferimenti bibliografici1.DLgs 9 aprile 2008 , n. 81 e s.m.i.2.Decreto 11 aprile 2011. G.U. n. 98 del29 aprile 2011.

3.Francesco Taurasi. Verifiche Periodiche.Ambiente & Sicurezza sul Lavoro. Gen-naio 2012.

� Le verifiche periodiche di macchine e apparecchi �24tteemmaa

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www.aicq.it

L’accordoIl 21 dicembre 2011 la Conferenza per-manente per i rapporti tra Stato, Regionie Province Autonome ha approvato l’ac-cordo sulla formazione che, al di là dieventuali criticità che saranno eviden-ziate in seguito, fanno ben sperare in unpiù chiaro futuro per la qualità e l’effi-cienza della formazione per la sicurezzain Italia, oltre che ad una più elevataconsapevolezza dell’importanza dellaformazione per la prevenzione. L’Accor-do riguarda le attività formative per:� il datore di lavoro per lo svolgimentodiretto dei compiti di responsabiledel servizio di prevenzione e prote-zione dei rischi (RSPP), ai sensi del-l'art. 34 (commi 2- 3) del D.Lgs n.81/2008, regolando contenuti, artico-lazioni, modalità di compimento delpercorso formativo e l’aggiornamen-to da svolgere, nei casi previsti daldecreto stesso, per i compiti propridel servizio;

� i lavoratori e lavoratrici, ai sensi del-l'art. 37 (comma 2) del D.Lgs n.81/2008, definendo durata, contenuti

minimi, modalità della formazione eaggiornamento come definiti all’art. 2(comma 1 lettera a) dei preposti e deidirigenti, nonché la formazione facol-tativa dei soggetti di cui all’art. 21(comma 1) del medesimo decreto.

Queste nuove regole completano ilquadro avviato con l’Accordo Stato-Re-

gioni del gennaio 2006 e non vannoconsiderate solo come adempimentosostanziale degli art. 34 e 37 del D. Lgs.n. 81, ma un punto di partenza per in-tendere nuove modalità della formazio-ne nella sicurezza sul lavoro. In effettil’accordo:

� pone attenzione ai fattori più critici(nuove assunzioni, variazione dimansione, cambiamento dei processiproduttivi) e alla specificità di ognisettore, in modo che la formazionedi ciascun soggetto sia coerente con ifattori di rischio a cui è realmenteesposto;

� colma un vuoto che, nella formazio-

� Salute e Sicurezza sul lavoro � 25tteemm

aaUmberto GelatiCoordinatore Gruppo di Lavoro” Formazione” del Comitato Salute e Sicurezza Alessandro CafieroResponsabile Settore Nazionale AIF Formazione e Sicurezza

>>

Accordo Stato-Regioni perpercorsi formativi conformi

marzo/aprile 2012

Quale formazione per i lavoratori,

dirigenti, preposti e datori di lavoro

ma anche requisiti più chiari

per il formatore

> Fonte AIFOS

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marzo/aprile 2012 www.aicq.it

ne dei lavoratori, fino ad oggi ha ge-nerato molta confusione con diffe-renti interpretazioni e attuazioni (piùo meno serie) e dando origine ad at-tività formative con contenuti, duratae metodologie le più differenti e,senz'altro, fra loro disomogenee.

L’Accordo riporta in allegato la suddivi-sione delle imprese (in base al Macro-settore Ateco) con 3 livelli di rischio(basso, medio, alto). Se aumenta il livel-lo di rischio, la richiesta dell’impegnoformativo cresce e vale per tutti l’obbli-go di aggiornare, nel quinquennio, leproprie competenze. Inoltre, nella loro lettura si nota imme-diatamente un presupposto fondamen-tale che consiste in una chiara e precisaavvertenza negli approcci: non va asso-lutamente mescolata l’attività di infor-mazione con quella di formazione eaddestramento. Viene chiarito che l’informazione è re-golata dall’art. 36 del D. Lgs. n.81/2008 e non va confusa con la forma-

zione i cui percorsi sono definiti daglistessi Accordi. Inoltre, viene precisatoche si tratta della formazione di cuiall’art. 37 del D. Lgs. 81/2008, ovveroquella prevista dal Titolo I del decreto,mentre, qualora il lavoratore svolga la-vorazioni e utilizzi attrezzature di cuiagli altri Titoli del decreto, vanno previ-sti ulteriori e disgiunti percorsi formati-vi. Pertanto, anche l’addestramento vapraticato in seguito e non è conglobabi-le con la formazione. Certamente ciò non è un sofisma e di-mostra per la formazione agìta un ap-proccio responsabile e consapevole chenon si rapporta solo al mero e formaleconseguimento di un attestato ma, seintegralmente attuato dall’impresa, co-stituisce un modello innovativo di gran-de rilievo e valore.Questo nuovo modello formativo com-porta, sicuramente, un maggior n. diore e di corsi da realizzare e una primacritica da parte delle imprese riguar-derà, senz’altro, i costi da affrontare per

frequentare le attività (costi della forma-zione e costi di mancata produttività). Ma, in relazione a infortuni e morti sullavoro, è doveroso riscontrare il positivorapporto costi/benefici al cospetto diuna migliore formazione che, per le im-prese, determina meno incidenti e sgra-va i costi della scarsa sicurezza.

La formazione dei datori di lavoroLe nuove modalità formative per losvolgimento diretto dei compiti di pre-venzione e protezione da parte del da-tore di lavoro stabiliscono un rapportopiù equo nei confronti del ruolo e dellefunzioni svolte dal “RSPP-lavoratore”.Infatti, era difficile giustificare come unRSPP-lavoratore per lo svolgimento ditale incarico dovesse realizzare, giusta-mente, un percorso formativo (ModuloA, B, C) di complessive 112 ore, mentreal datore di lavoro per svolgere le me-desime funzioni ne bastavano 16. Vengono fissati, in base alla suddivisio-ne dei rischi aziendali, diversi livelli for-mativi, articolando i corsi nei 3 diversiambiti di rischio (basso, medio, alto).Inoltre, i contenuti dei 4 moduli delpercorso formativo (pur differenti nelleore di formazione a seconda del livellodi rischio) sono uguali per tutti, a signi-ficare la necessità, da parte del datoredi lavoro, di non omettere o sopprimerenessuno di questi contenuti.

La formazione di lavoratori, preposti e dirigentiL’Accordo prevede per tutti i Lavoratoriun percorso formativo articolato in 2 se-quenze:� formazione generale, uguale e obbli-gatoria per tutti i lavoratori di tutti isettori di attività economica;

� formazione specifica, successiva allaprecedente e articolata in corsi conun numero di ore definite sulla basedella classe di rischio (basso, medio,alto) dell’impresa interessata.

Per quanto concerne la formazione delPreposto, questa è una logica e addi-zionale conseguenza della formazione

� Salute e Sicurezza sul lavoro �26tteemmaa

> Fonte AIFOS

> Fonte AIFOS

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marzo/aprile 2012www.aicq.it

dei lavoratori. Infatti il preposto, inquanto lavoratore, dovrà svolgere la for-mazione generale e in seguito la forma-zione specifica. Successivamente, dovrà acquisire la par-ticolare formazione aggiuntiva previstaper tutti coloro che svolgono tale ruolo.Infine, la spinosa e articolata questionedella formazione dei Dirigenti. Tale am-bito di attività rientra senz’altro nell’Ac-cordo in quanto il D. Lgs. 106/2009 haperfezionato l’art. 37 del D. Lgs.81/2008 (comma 7) inserendo la figuradel Dirigente tra i soggetti ai quali il da-tore di lavoro deve far svolgere la for-mazione. Il programma, che avvicendaquello previsto per i lavoratori, è ugualeper tutti e si articola in 4 moduli: Giuridico - normativo; Gestione e organizzazione della sicu-rezza;

Individuazione e valutazione dei rischi; Comunicazione, formazione e consul-tazione dei lavoratori.

Alcune riflessioni L’Accordo, che costituisce certamenteun positivo passo in avanti, segnala duedelicate questioni: quella connessa al-l’impatto con l’impresa e quella relativaalla qualificazione della figura del for-matore. Per quanto riguarda la prima si può ipo-tizzare:� un’opposizione sul complessivomaggior peso delle ore di formazio-ne da svolgere, innanzitutto in questasituazione congiunturale, in relazio-ne agli aspetti organizzativi ed eco-nomici che la vincolano;

� un avvilimento da parte dei datori dilavoro-RSPP nell’impegno formativo,

con la probabile ricerca di tale figuraall’esterno “anestetizzando” l’atten-zione interna sui temi della sicurez-za.

Per quanto riguarda la seconda ci sipuò attendere:� il manifestarsi, con sempre meno ga-ranzie, di formatori e strutture forma-tive che si proporranno su ciò cheviene considerato un “business”(compresa la vendita di pacchetti for-mativi on-line);

� l’elaborazione (in tempi brevi) deicriteri di qualificazione del formatoreper la salute e la sicurezza sul lavoroda parte della Commissione Consul-tiva (compito previsto dall’art. 6 delD. Lgs. 81/2008).

In effetti, forse, questa era già una buo-na occasione per emanare tale provve-dimento, tenendo anche conto che nonè necessario il passaggio in ConferenzaStato Regioni. Inoltre, per maggiore chiarezza sarebbeauspicabile un intervento della Com-missione per elaborare delle Linee Gui-da sulla composizione dei pacchettiformativi in funzione dei rischi diffe-renziati. Esistono, infatti, molte realtànelle quali si possono rilevare aree a Ri-schio Basso (ad esempio uffici) e altrearee a Rischio Medio o Alto come ma-gazzini, officine, ecc. Queste linee guida contribuirebbero afocalizzare le reali necessità e rendere,senz’altro, la formazione più efficace.

� Accordo Stato-Regioni per percorsi formativi conformi �27

tteemmaa

> Fonte AIFOS

tiva di risultati senza alcun effetto di mi-glioramento dell’attività gestionale. D’altra parte, è solo dal costante con-fronto in itinere tra obiettivi e risultati che

possono scaturire azioni correttive tali daconsentire il raggiungimento di migliora-menti significativi. Ed è solamente que-sto confronto che può legittimare la va-lutazione della performance e la conse-guente assegnazione di incentivi premiali.

Inoltre, lo sviluppo di tale circuito vir-tuoso alimenterebbe la motivazione diogni individuo che, in quanto parte diuna squadra, sentirebbe di aver contri-buito positivamente al raggiungimentodegli obiettivi.

locali”, Maggioli Editore Rimini, n. 3 - 20119 S - servizi, A – apprendimenti, P – pari op-

portunità, E – etica, R – ricerca, aggiorna-

mento, sperimentazione, I – integrazione

con le scuole, con il territorio e con l’Euro-

pa. Il seguente articolo ne fornisce filosofia

ispiratrice nell’ambito del miglioramento

continuo: Vito Infante, Qualità e scuola: sul-

le strade del miglioramento, in “Rivista del-

l’Istruzione Scuola e autonomie locali”,

Maggioli Editore Rimini, n. 3 - 201110OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e

lo Sviluppo Economico) – PISA (Programme

for International Student Assessment), INVAL-

SI Istituto nazionale per la valutazione del si-

stema educativo di istruzione e di formazione

11Piano Offerta Formativa, obbligatorio in

ogni Istituzione Scolastica12Insegnanti che si candidano e vengono elet-

ti a particolare funzioni non di insegnamen-

to curriculare (es. Handicap, Qualità, POF,

ecc.). In genere coordinano delle Commis-

sioni specifiche e vengono brevemente indi-

cate come FS. In ogni IS c’è un budget fisso

da spalmare sulle FS prescelte.

continua da pagina 14

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PremessaL’Accordo Stato Regioni del 21.12.2011di cui alla G.U. n. 8 del 11.01.2012 hafinalmente colmato una lacuna storicain termini di formazione “adeguata e suf-ficiente” per tutti gli attori della sicurez-za portatori di posizioni di garanzia, adeccezione del datore di lavoro, che po-tremmo già anticipare rimane l’unico adavere il diritto all’ignoranza, pur avendole responsabilità e gli oneri maggiori intermini di salute e sicurezza dei lavora-tori.Pur avendo un’articolazione assoluta-mente contorta, l’accordo indica il per-corso da seguire per ottemperare agli ob-blighi di formazione di cui all’art. 37 delD.Lgs 81/2008, almeno per quanto ri-guarda:

� la formazione generale dei lavoratori� la formazione specifica in relazioneal settore di appartenenza

� la formazione particolare dei prepo-sti

� la formazione dei dirigentiNel presente lavoro non si accennerà al-l’altro documento relativo all’AccordoStato Regioni sempre della stessa datache tratta la formazione per i Datori diLavoro che intendono svolgere diretta-mente il ruolo di RSPP di cui all’art. 34del D.Lgs 81/2008.Il presente lavoro vuole solo condivide-re con gli associati alcune riflessioni equalche schema esemplificativo.

Formazione dei lavoratoriIl D.Lgs 81/2008 in realtà già distinguein modo chiaro e netto:� l’informazione� la formazione� l’addestramentoin relazione alla necessità di rendere

Diego CerraPresidente del Comitato Salute e Sicurezza AICQ

Formazione dei lavoratori e accordo Stato-Regioni

competenti e consapevoli i lavoratori.E’ vero anche che l’informazione (art.36 D.Lgs 81/2008) è un compito speci-fico del RSPP ed è ben definito nel T.U.cosa debba trattare; non è indicato co-me debba essere erogata lasciando quin-di al datore di lavoro il ricorso a riunio-ni formative, distribuzione di opuscoli

>>

D. Lgs 81/2008Articolo 36 - Informazione ai lavoratori1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguatainformazione:a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impre-sa in generale;

b)sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’eva-cuazione dei luoghi di lavoro;

c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli45 e 46;

d)sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e pro-tezione, e del medico competente.

2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguatainformazione:a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative disicurezza e le disposizioni aziendali in materia;

b)sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla ba-se delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dallenorme di buona tecnica;

c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.3.<<omissis>>4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i la-voratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la infor-mazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della com-prensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.

� Salute e Sicurezza sul lavoro �28tteemmaa

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marzo/aprile 2012www.aicq.it

informativi, newsletter aziendali, ecc..Per quanto concerne la formazione, in-vece, è vero che l’art. 37 del D.Lgs81/2008 precisa chiaramente che la for-mazione deve essere fornita dal datore dilavoro e precisa anche quali debbanoessere gli argomenti; in particolare alcomma 1 dell’art. 37 si parla prima diconcetto di rischio e di diritti e doveridei vari soggetti aziendali (lettera a) epoi di rischi riferiti alle mansioni, ai pos-sibili danni, alle misure di prevenzionee protezione tipici del settore dell’a-zienda. In realtà non si parla ancora del-l’entità del rischio per i lavoratori espo-sti, ma solo delle situazioni tipiche, ca-ratteristiche. Alla lettera 2 del comma 1 dell’art. 37viene indicato che la durata, i contenu-ti minimi e le modalità di erogazione sa-ranno definiti da un Accordo in sede di

Conferenza Stato Regioni entro dodicimesi dall’entrata in vigore del TU, ovve-ro entro il 2009; ecco quindi la pubbli-cazione degli accordi con due anni emezzo di ritardo.Al comma 3 dell’art. 37 viene inoltre in-dicato che il datore di lavoro deve assi-curare anche la formazione “sufficienteed adeguata” in merito ai rischi specifi-ci di cui ai titoli del T.U.. E anche quiviene richiamato l’Accorso in oggettoper fissare l’entità del “adeguato” e “suf-ficiente”; quanto poi questa formazionepossa essere ritenuta “sufficiente” di fron-te ad un evento colposo è tutto da ve-dere. Ma in ogni caso adesso c’è un pun-to fermo, che indica cosa si può inten-dere per adeguato e sufficiente.L’accordo precisa tutti i criteri per orga-nizzare la formazione precisando nei va-ri casi come procedere; l’accordo preci-

sa altresì i programmi dei corsi e la du-rata. Viene precisato che la formazionedeve essere suddivisa in:

� Formazione generale con rif. art. 37,comma 1, lettera a)

� Formazione specifica con rif. Art.37, comma 1, lettera b), comma 3,comma 4 lettere a), b) e c):

La formazione generale, della durata di4 ore deve coprire i seguenti argomenti:� Introduzione al concetto di rischio,danno: definizioni di cui al D.Lgs81/2008

� La valutazione del rischio: il concet-to di rischio residuo o rischio accet-tabile.

� Differenza tra misure di prevenzionee misure di protezione

� Organizzazione della prevenzioneaziendale: art. 15, misure generali ditutela

� Diritti, doveri e sanzioni per i varisoggetti aziendali: artt. 16, 17, 18,19, 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 26 delD.Lgs 81/2008

� Organi di vigilanza, controllo e assi-stenza: ruolo dell'ASL, dell'INAIL,del Ministero del lavoro delle politi-che sociali

Mentre la formazione specifica, della du-rata variabile (4 ore -livello di rischio BAS-SO, 8 ore -livello di rischio MEDIO, 12ore - livello di rischio ALTO) deve copri-re i seguenti argomenti:� Rischi infortunistici: meccanici ge-nerali, elettrici generali, macchine,attrezzature, cadute dall'alto, rischida esplosione

� Rischi per la salute: rischi chimici,Nebbie - Oli -Fumi - Vapori - Polve-ri, Etichettatura, Rischi cancerogeni,rischi biologici, videoterminali,

� Rischi per la salute: rischi fisici, ru-more, vibrazioni, radiazioni, micro-clima e illuminazione, Stress lavorocorrelato, movimentazione manualedei carichi, DPI

� Organizzazione del lavoro, Ambien-ti di lavoro

� Movimentazione merci (apparecchidi sollevamento, mezzi di trasporto)

� Segnaletica� La gestione delle Emergenze: proce-

� Formazione dei lavoratori e accordo stato regioni �29

tteemmaa

gennaio/febbraio 2012

D. Lgs 81/2008Articolo 33 - Compiti del servizio di prevenzione e protezione1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:a) <<omissis>> b)<<omissis>> c) <<omissis>> d)a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;e) <<omissis>>; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36.

D. Lgs 81/2008Articolo 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione suffi-ciente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle cono-scenze linguistiche, con particolare riferimento a:a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della pre-venzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigi-lanza, controllo, assistenza;

b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e pro-cedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di ap-partenenza dell’azienda.

D. Lgs 81/2008Articolo 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazio-ne sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presen-te Decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in mate-ria, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l’Accordodi cui al comma 2.

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marzo/aprile 2012 www.aicq.it

dure di esodo, antincendio, di primosoccorso

� Le procedure di sicurezza con riferi-mento al profilo di rischio specifico

� Incidenti e infortuni mancati� Altri rischiAspetto fondamentale è la costruzionedel programma in relazione al settore incui opera l’azienda, settori indicati se-condo la classificazione ATECO del 2002e del 2007. Da qui è stata costruita dalnormatore una classificazione in termi-ni “spannometrici” di categorie di ri-schio: si parla di azienda indicate conlivello di rischio BASSO (es. Alberghi,Ristoranti), MEDIO (es. Trasporti, Istru-zione), ALTO (es. Costruzioni, Lavora-zioni Metalli).Viene anche detto che se un lavoratorenon accede, anche solo sporadicamen-te, ai reparti produttivi, questi può se-guire un percorso formativo da livelloBASSO qualsiasi sia il settore dell’a-zienda.

Formazione dei prepostiAtteso che il datore di lavoro ha la fa-coltà di organizzare come crede la suaazienda, il TU identifica in questa figurafondamentale il garante della vigilanzasulle regole definite; va da se che in as-senza di regole (leggi sistema di gestio-ne) non c’è preposto. In ogni caso l’ac-cordo precisa che l’applicazione dellostesso per la formazione dei preposti co-stituisce un modo corretto di interpreta-re il dettame legislativo di cui al comma7 art. 37 D.Lgs 81/2008. Viene indicatodi fornire ai preposti una formazione ag-giuntiva, detta “particolare”, rispetta aquella per i lavoratori della durata di 8ore e secondo un programma didatticoche riprende quella dei lavoratori ed ap-profondisce alcuni argomenti degni dinota, quali ad esempio la gestione degli“infortuni mancati”, “le tecniche di co-municazione”, “modalità di esercizio del-la funzione di controllo….”.

Formazione dei dirigentiAnche per i dirigenti (ricordiamo “diri-genti, intesi come coloro che organizza-no il lavoro, ecc…- cfr art. 2 D.Lgs

81/2008) viene sottolineata la facoltà deldatore di lavoro di procedere anche consoluzioni alternative. Viene indicato unprogramma didattico comunque basatosu 4 moduli formativi per 16 ore com-plessive, che tratta si:� Aspetti giuridici� Aspetti gestionali ed organizzativi� Individuazione e valutazione dei ri-schi

� Comunicazione, formazione e con-sultazione dei lavoratori

Ruolo degli enti bilateraliUn altro fattore importante dell’accordoè la definizione delle modalità di attu-zione del comma 12 dell’art. 37, che giàprecisava la opportunità di collabora-zione con gli organismi paritetici. Vieneindicata come obbligatoria la collabora-zione con gli enti bilaterali e degli orga-nismi paritetici. Viene precisato che il da-tore di lavoro “deve” organizzare i corsidi formazione per i lavoratori richieden-do la collaborazione preventivamenteagli enti bilaterali o agli organismi pari-

tetici, ove esistenti sia nel territorio chenel settore nel quale opera l’azienda. Ovela richiesta riceva riscontro occorre te-ner conto delle indicazioni ircevute; se in-vece alla richiesta non c’è seguito entroquindici giorni dall’invio, il datore di la-voro procede autonomamente alla pia-nificazione ed alla realizzazione delleattività di formazione.Ma come si fa a sapere se nel territorioesiste un ente bilaterale o un organismoparitetico per il settore dell’azienda? Inrealtà anche i fondi interprofessionali so-no considerati enti bilateriali, anche sein realtà si tratta di soggetti privati a tut-ti gli effetti. In realtà ne esistono in tuttisettori e sono trasversali alle attività. Que-sti enti sono sostenuti da contributi ver-sati dalle aziende che pertanto dovreb-bero sapere in anticipo quale organismoparitetico o ente bilaterale è competen-te nel suo settore/territorio. Per la crea-zione di un ente bilaterale o un organi-smo paritetico l’iter non è complesso; inattesa delle normative regionali, è ne-cessario comunicare il possesso dei re-

� Salute e Sicurezza sul lavoro �30tteemmaa

D. Lgs 276/2003Articolo 2 - Definizionih)“enti bilaterali”: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei da-tori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sediprivilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozionedi una occupazione regolare e di qualità, l'intermediazione nell'incontro tra do-manda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determi-nazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; lapromozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione deisoggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione el'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolaritào congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezzasul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contrat-ti collettivi di riferimento.

D. Lgs 81/2008Articolo 2 - Definizioniee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associa-

zioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentati-ve sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di atti-vità formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzioni-stici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l’as-sistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia; ognialtra attività o funzione assegnata loro dalla Legge o dai Contratti collettivi diriferimento.

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quisiti previsti dalla legge al Ministerodel Lavoro e delle Politiche Sociali che,verificata la regolarità della comunica-

zione, entro 60 giorni iscrive tali sogget-ti nell'apposita sezione dell'albo delleagenzie per il lavoro

Requisiti dei docentiLe caratteristiche dei docenti sono ge-nericamente indicate come “docenti che

marzo/aprile 2012www.aicq.it

� Formazione dei lavoratori e accordo stato regioni �31

tteemmaa

Formazione generale con rif.art. 37, comma 1, lettera a): durata 4 oreFormazione specifica con rif. Art. 37, comma 1, lettera b), comma 3, comma 4 lettere a), b) e c): durata 4 ore (livello di rischio BAS-SO), 8 ore (livello MEDIO), 12 ore (livello ALTO)

lavoratore

da assumere

effettuare il corso prima dell'inzio del lavoro; programmarel'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dall'assunzione

oppure chiudere il corso entro 60 giorni dall'assunzione; program-mare l’aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data del corso

ha fatto giàformazionesecondo leprevisioninormative

la formazione è antecedente al 10/1/2007

la formazione è successiva al 10/1/2007

effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro il 10 gennaio 2013

effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro 5 anni dalla forma-zione fatta

già assunto non ha fatto formazione secondo

le previsioni normative

il datore di lavoro ha chiuso un accordocon un soggetto erogatore abilitato ed icorsi sono stati formalmente e docu-mentalmente approvati al 10/1/2012

immediatamente

chiudere i corsi programmati entro il 10 gennaio 2013; pro-grammare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio 2018

Formazione base come lavoratori: durata 8 ore (livello di rischio BASSO), 12 ore (livello MEDIO), 16 ore (livello ALTO)Formazione particolare con rif. Art. 37, comma 7: durata 8 ore

preposto

da assumere

effettuare il corso prima dell'inzio del lavoro; programmarel'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dall'assunzione

oppure chiudere il corso entro 60 giorni dall'assunzione; program-mare l’aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data del corso

ha fatto giàformazionesecondo leprevisioninormative

la formazione è antecedente al 10/1/2007

la formazione è successiva al 10/1/2007

effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro il 10 gennaio 2013

effettaure l'aggiornamento di 6 ore entro 5 anni dalla forma-zione fatta

già assunto non ha fatto formazione secondo

le previsioni normative

il datore di lavoro ha chiuso un accordocon un soggetto erogatore abilitato ed icorsi sono stati formalmente e docu-mentalmente approvati al 10/1/2012

immediatamente

chiudere i corsi programmati entro il 10 gennaio 2013; pro-grammare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio 2018

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� Salute e Sicurezza sul lavoro �

squadra primo soccorso DM 388/03Art. 46: formazione e addestramentosquadra antincendio DM 10.03.98E per i lavoratori espostiArt. 73: l’uso di DPI e delle attrezzature(DPI III cat.)Art. 174: segnaleticaArt. 169: Movimentazione Manuale deiCarichiArt. 177: VideoterminaliArt. 184: agenti fisiciArt. 195: rumoreArt. 227: agenti chimiciArt. 239: agenti cancerogeniArt. 257: amiantoArt. 278: agenti biologiciArt. 294-bis: atmosfere esplosiveE comunque fornire la formazione “ade-guata e sufficiente” che emerge come mi-sura preventiva dall’esito della valuta-zione dei rischi.

� Parte della formazione per preposti

Disposizioni transitorieformazione pregressaSono presenti una serie di clausole checonsento di riconoscere valida la forma-zione già fatta, o prevedere delle equi-valenze tra percorsi formativi.Negli schemi seguenti sono riportati i ca-si possibili

Cosa resta da fareLa formazione indicata dall’AccordoStato Regioni in realtà non copre l’ad-destramento, né la formazione specifi-ca a valle della valutazioni dei rischi, dicui ai Titoli successivi al primo. Restada fare la formazione e addestramentodi cui a:Art. 45: formazione e addestramento

possono dimostrare di possedere espe-rienza almeno triennale di insegnamen-to o professionale in materia di salute esicurezza del lavoro. L’esperienza pro-fessionale può consistere anche nellosvolgimento per un triennio dei compi-ti del RSPP”. Criteri troppo generici? Si-curamente non appaiono dei criteri diqualifica.

Metodologia diinsegnamento/apprendimentoE’ degno di nota il battesimo formale del-l’e-learning che viene indicato come stru-mento per:� La formazione generale dei lavorato-ri

� La formazione dei dirigenti� I corsi di aggiornamento per i lavora-tori, preposti e dirigenti

www.aicq.itmarzo/aprile 2012

Formazione con rif. Art. 37, comma 7: durata 16 ore

dirigente

da assumere effettuare il corso prima dell'inzio del lavoro; programmarel'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dall'assunzione

oppure chiudere il corso entro 60 giorni dall'assunzione; pro-grammare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalla data del

corso

non ha fattoalcun corsoper dirigenti

nulla è stato pianficato primadel 11/01/2012

il datore di lavoro ha chiusoun accordo con un soggettoerogatore abilitato ed i corsisono stati formalmente e do-cumentalmente approvati al-la data del 11 gennaio 2012

avviare un corso subito da concludere entro il 10 luglio2013; programmare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10

gennaio 2018

chiudere i corsi programmati entro il 10 gennaio 2013;programmare l'aggioranmento di 6 ore entro il 10 gennaio

2018

già assunto

il dirigente ha seguito un corso dopo il 14 ago-sto 2003 ed entro la data del 11 gennaio 2012con contenuti conformi all'art. 3 del DM

16/01/97 (corso di 16 ore per datori di lavoro)

il dirigente ha seguito un corso di formazionein accordo con il modulo A per RSPP e ASPP

di cui all'accorso stato regioni del26.01.2006 pubblicato il 14.02.02006

programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalladata di effettuazione del corso

programmare l'aggioranmento di 6 ore entro 5 anni dalladata di effettuazione del corso

tteemmaa

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ddaall mmoonnddoo ddeellllee iimm

pprreessee

La grandissima quantità di informazionidisponibili nei database aziendali poneun problema importante legato alla rin-tracciabilità e alla fruibilità delle infor-mazioni stesse.Dando per scontato che esse siano ge-stite in modo strutturato (e non è sem-pre così, basti pensare alle grandi quan-tità di documenti Word ed Excel presen-ti sui server aziendali nella maggior par-te delle organizzazioni), l’utente do-vrebbe avere a disposizione apposite in-terrogazioni (query o reports) per estrar-re dal database dati aggregati di consun-tivo che consentano di evidenziare lecriticità e di conseguenza prendere leopportune decisioni volte ad un miglio-ramento del sistema.E dando pure per scontato che anche illavoro di definizione di tali interrogazio-ni sia stato fatto (e non è sempre cosìdal momento che si tratta di un lavoronon semplice che richiede da un latocompetenze informatiche e dall’altroun’ottima conoscenza dei processiaziendali), questo non è ancora suffi-ciente, perché, anche avendo a disposi-zione le interrogazioni, resta sempre ilproblema di quando farle. Un conto èse esse sono necessarie per il lavoroquotidiano, un altro è se si tratta di con-suntivare attività mensili o trimestrali,per ottenerne indicatori di performanceo eventuali segnali di allarme rispettoad attività che non stanno procedendocome previsto o a processi che nonstanno avendo l’efficienza e l’efficaciaprogrammate.In questo caso, soprattutto se il monito-raggio avviene fuori dal contesto di ap-posite riunioni interfunzionali alle quali

ci si deve presentare con le informazio-ni già pronte, non si ha ovviamente lacertezza che gli utenti eseguano le op-portune interrogazioni, e che quindi uti-lizzino la conoscenza che deriva dall’e-laborazione delle informazioni.In altre parole, non si può essere sicuriche l’utente prema, al momento giusto,il pulsante che produce la statistica chegli è stata messa a disposizione (spessoimpiegando una quantità consistente ditempo) e gli è stato chiesto di esaminareperiodicamente.L’omissione di questo tipo di azione,per mancanza di tempo, mancanza diadeguate conoscenze, o semplicementeperché non se ne condivide l’utilità, èuna situazione purtroppo molto fre-quente nelle aziende. Il risultato è chela grande quantità di informazioni dicui si parlava all’inizio risulta ampia-mente inutilizzata. O, meglio, è utiliz-zata solo per quanto riguarda il lavorodi routine e non per il miglioramentodell’organizzazione. Questo nonostan-te il miglioramento e la valutazione diindicatori siano un requisito delle nor-mative ISO 9000 e di altre dalla struttu-ra analoga.La soluzione per ovviare alla “pigrizia”degli utenti è molto semplice: recapita-re l’informazione “a domicilio” nellaposta elettronica, che può essere con-sultata in qualsiasi momento da qualsia-si dispositivo (PC, telefono, tablet, ecc.).

Per fare questo, QualiWare offre unostrumento molto potente e con ampiepossibilità di configurazione: QualiWa-re Server Daemon, un servizio che con-sente la definizione di politiche di mai-ling per recapitare agli utenti, interni edesterni, promemoria, statistiche e docu-menti.Le regole di generazione degli e-mailsono definibili in modo estremamenteflessibile grazie alla possibilità di crea-re query su qualunque database (nonsolo quello di QualiWare ma anche al-tri disponibili in azienda, come adesempio quello dell’E.R.P.) che specifi-cano i destinatari, il soggetto e il testodel messaggio. E’ inoltre possibile alle-gare l’output di statistiche e grafici informato PDF, nonché documenti pre-senti all’interno del sistema documen-tale. La tempistica di invio è totalmenteconfigurabile, e può essere determinataanche dalla valutazione di specifichecondizioni (ad esempio situazioni dicriticità come la presenza di nonconformità non risolte).Per concludere, dividendo in 3 fasi ilprocesso di gestione delle informazioni(in particolare dei Sistemi di Gestionecome quelli per Qualità, Sicurezza eAmbiente):•Input → raccolta dati capillare, possi-bilmente effettuata laddove i dati na-scono

•Output→ statistiche e report necessariper estrarre la conoscenza dalle infor-mazioni

•Delivery → recapito agli utenti al mo-mento giusto secondo una politicapredefinita,

possiamo dire che QualiWare, graziealla sua versatilità e completezza fun-zionale, rappresenta la soluzione idealeper implementare con efficacia ed effi-cienza tutte e 3 queste fasi. Ulterioriinformazioni sono disponibili suwww.qualiware.it.

RECAPITARE AUTOMATICAMENTE VIA E-MAIL STATISTICHE E INDICATORI

(DELLA QUALITÀ MA NON SOLO)

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l’interno e hanno aperture di accesso edi uscita limitate e ristrette. A fronte di untrend crescente di infortuni mortali tragi-camente accaduti in ambienti confinati:Molfetta - maggio 2008, Mineo - luglio2008, Sarroch - maggio 2009 e Capua -settembre 2010, è stato chiesto l’innal-zamento delle misure di prevenzione,controllo e tutela dei lavoratori. A segui-to di ciò è stato Pubblicato sulla Gazzet-ta Ufficiale n. 260 dell'8 novembre 2011il D.P.R. n. 177 del 14 settembre 2011che introduce misure di maggiore tuteladella salute e sicurezza dei lavoratori ope-ranti in ambienti sospetti di inquinamen-to o confinati. Il provvedimento adotta-to in attuazione degli articoli 6 e 27 delD.Lgs 81/08 e s.m.i., è in vigore dal 23novembre 2011, introduce misure di tu-tela della salute e sicurezza dei lavorato-ri e la completa conoscenza dei rischidelle lavorazioni a tutte le imprese e i la-voratori autonomi che possano svolgereattività lavorative in ambienti sospetti di

Requisiti per lavorare insicurezza in spazi confinati

Francesco TaurasiTecnologo INAIL area ex ISPESL Diego CerraPresidente Comitato Nazionale AICQ Salute e Sicurezza

attività in ambienti confinati e sospetti diinquinamento, quali:� Luoghi di lavoro: Pozzi neri, fogne,camini, fosse, gallerie e in generaleambienti e recipienti, condutture ecaldaie e simili dove sia possibile ilrilascio di gas deleteri - art. 66.

� Cantieri: Pozzi, fogne, cunicoli, ca-mini e fosse in genere con presenzanegli scavi di gas o vapori tossici,asfissianti, infiammabili o esplosivi,in rapporto alla natura geologica delterreno o alla vicinanza di fabbriche,depositi, raffinerie, stazioni di com-pressione e di decompressione, me-tanodotti e condutture di gas, e in ge-nerale situazioni dove sia possibileun’infiltrazione di sostanze pericolo-se - art. 121.

� Requisiti dei luoghi di lavoro: Va-sche, canalizzazioni, tubazioni, ser-batoi, recipienti, silos in cui i lavora-tori debbano entrare - Allegato IV -punto 3.

Non è possibile fornire una lista comple-ta di tutti gli spazi confinati. Alcuni am-bienti, infatti, possono comportarsi daspazi confinati durante lo svolgimentodelle attività lavorative cui sono adibiti odurante la loro costruzione, successivamodifica o riparazione. Nella fattispecie,sono i luoghi che sono abbastanza ampida permettere ad una persona di entrar-ci dentro per eseguire dei lavori, ma nonsono stati previsti perché ci si lavori al-

PremessaPer spazi o ambienti confinati si intendeun qualsiasi ambiente di lavoro circo-scritto, in cui il pericolo di morte o diinfortunio grave è molto elevato, a causadella presenza di sostanze o condizioni dipericolo. Gli spazi confinati sono facil-mente identificabili proprio per la pre-senza di aperture di dimensioni ridotte,limitate aperture di accesso e ventilazio-ne naturale sfavorevole, all’interno deiquali non è possibile escludere la forma-zione di sostanze nocive o di gas, quali si-los, cisterne, pozzi e simili e in cui po-trebbe verificarsi un evento incidentaletale da causare un infortunio grave. In al-cune parti il D.Lgs 81/08 ha riportato al-cune indicazioni per quanto concerne le

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� Salute e Sicurezza sul lavoro �34

Dal 23 novembre 2011 è in vigore ilDPR 177/2011 a norma dell’articolo 6e 27 del DLgs 81/2008, disciplina il si-stema di qualificazione delle impresee lavoratori autonomi che operano inspazi confinati ovvero luoghi di lavo-ro nei quali vi siano rischi di sviluppodi sostanze altamente nocive o di gas (si-los, cisterne, pozzi, ecc.). Il decreto po-ne particolare attenzione sia alle te-matiche della formazione degli addet-ti, sia che le attività eseguite in regimedi appalto vengano affidati solo a sog-getti di comprovata esperienza e com-petenza.

>>

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� Requisiti per lavorare in sicurezza in spazi confinati �

nelle quali si svolgano lavori del tipo pre-so in esame il rispetto di livelli di forma-zione, addestramento, ecc., superiori aquelli oggi imposti, determinando un in-nalzamento dei livelli di tutela, e dall'al-tro, si identificano procedure di partico-lare rigore nel caso di affidamento dei la-vori ad una impresa appaltatrice o a la-voratori autonomi.L'articolo 2 del DPR 177/2011, esprimeil principio che “Qualsiasi attività lavo-rativa, in ambienti sospetti di inquina-mento o confinati, può essere svolta uni-camente da imprese o lavoratori auto-nomi qualificati in ragione del possessodi determinati requisiti”, i quali, pertan-to, hanno valenza obbligatoria per qual-siasi operatore, sia datore di lavoro com-mittente che appaltatore, che lavoratoreautonomo. I requisiti richiesti per svolge-re tale tipo di attività sono i seguenti:1. richiama la necessità della integrale ap-plicazione dei vigenti obblighi in ma-teria di valutazione dei rischi, sorve-glianza sanitaria, misure di gestionedelle emergenze;

2. impone alle imprese familiari e ai la-voratori autonomi l'obbligo di sotto-porsi a sorveglianza sanitaria e di par-tecipare a corsi di formazione specifi-ci, integrale e vincolante applicazioneanche del comma 2 dell'articolo 21 delDLgs 81/2008;

3. impone a ciascuna impresa di averepersonale esperto, in percentuale noninferiore al 30% della forza lavoro, conesperienza almeno triennale in attività"in ambienti sospetti di inquinamentoo confinati", assunto con contratto dilavoro subordinato o con altri contrat-ti (in questo secondo caso, necessaria-mente certificati ai sensi del Titolo VIII,Capo I, del DLgs 276/2003). Tale espe-rienza deve essere necessariamente inpossesso dei lavoratori che svolgono lefunzioni di preposto;

4. impone alle imprese e ai lavoratori au-tonomi che svolgano attività negli am-bienti confinati, ivi compreso il datoredi lavoro (ove svolga tale attività), l'ob-bligo di procedere a specifica attivitàdi informazione e formazione (i cuicontenuti verranno identificati con ac-

scarsa consapevolezza, da parte deglioperatori, del rischio di formazione di at-mosfere pericolose (asfissianti, tossiche,infiammabili o esplosive). Si intuisce ilruolo fondamentale della “formazione delpersonale” sui fenomeni che contribui-scono a generare un’atmosfera pericolo-sa in un ambiente confinato, sulle misu-re di protezione da adottare in caso di ac-cesso e sulle procedure da attivare in ca-so di emergenza. La tendenza a sottova-lutare il fenomeno infortunistico relativoall’accesso in “ambienti confinati” si ri-scontra soprattutto in aziende che effet-tuano detto accesso in maniera occasio-nale ovvero di tipo non ripetitivo: in que-sti casi si tende spesso a non pianificareadeguatamente il processo lavorativo che,troppo spesso viene lasciato all’improv-visazione delle squadre operative, nonsempre sufficientemente formate ed infor-mate dei rischi cui si trovano ad essereesposte. Mentre si ribadisce la necessitàdi effettuare la valutazione dei rischi, po-nendo specifica attenzione alle attivitàche espongono i lavoratori a fattori di ri-schio per la sicurezza e la salute a causadella presenza di sostanze tossiche, asfis-sianti o infiammabili. L'articolo 1 del DPR177/2011, adottato in attesa della com-plessiva definizione del sistema di quali-ficazione delle imprese e dei lavoratoriautonomi previsto dall'articolo 6, com-ma 8, lettera g) e dell'art. 27 del DLgs81/2008, impone criteri e procedure diqualificazione a chiunque intenda svol-gere lavori in ambienti sospetti di inqui-namento o confinati, definiti al comma 2come luoghi in cui si rinvengano le con-dizioni di rischio di cui agli articoli 66 e121 e all'allegato IV, punto 3, del DLgs81/2008. L’articolo 1, comma 3 pun-tualizza che il provvedimento si applicain talune sue parti a tutti i datori di lavo-ro, compresi quelli che svolgono "in pro-prio" (vale a dire con propri lavoratori cheoperino nel proprio ciclo produttivo), ilavori in parola e in altre sue parti unica-mente nelle ipotesi che i lavori venganosvolti da una impresa appaltatrice o la-voratori autonomi. In tal modo, da un la-to - tramite le misure di portata "genera-le" - si impone a tutte le realtà produttive

inquinamento o confinati, disciplina il si-stema di qualificazione delle imprese edei lavoratori autonomi destinati ad ope-rare nel settore. I provvedimenti introdottiriguardano la preparazione, la formazio-ne, i DPI, le competenze professionali deilavoratori e delle imprese che saranno leuniche a potere operare in ambienti con-finati, la conoscenza delle misure di si-curezza e l’addestramento complemen-tare alla valutazione di tutti i rischi.

Pericoli legati agli spaziconfinatiLe statistiche dei dati relativi agli infortu-ni mostrano che un considerevole nu-mero di morti e infortuni gravi è associa-to alla presenza di sostanze tossiche, asfis-sianti o infiammabili, con un’incidenzamaggiore nelle attività svolte in spazi con-finati, all’interno dei quali possono ve-nirsi a creare condizioni atmosferiche eambientali tali da favorire il verificarsi del-l’evento incidentale. Le diverse situazio-ni pericolose che possono verificarsi, spes-so sono riconducibile a:� Mancanza di ossigeno; � Gas, fumi, o vapori tossici;� Sostanze liquide e solide che, se per-turbate, possono improvvisamenteriempire l'ambiente o rilasciare gas;

� Incendi ed esplosioni;� Residui all’interno di cisterne, serba-toi o depositi su superfici interne,che possono emettere gas, fumi o va-pori;

� Elevate concentrazioni di polveri, adesempio nei silos per la farina;

� Temperature elevate possono portaread un pericoloso aumento della tem-peratura dei corpi.

I possibili rischi e le relative conseguen-ze per le persone sono:� l’asfissia;� i danni alla salute per inalazione divapori;

� l’elettrocuzione;� l’esplosione;� l’incendio.

Qualificazione nel settoreLa principale causa di infortuni, in casodi accesso in “ambienti confinati”, è la

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� Salute e Sicurezza sul lavoro �

delle imprese o dei lavoratori autonomiai quali le lavorazioni vengano subap-paltati, evidenziando la assoluta indero-gabilità del principio per cui le attività diriferimento possano essere svolte solo daimprese e/o lavoratori autonomi adegua-tamente qualificati, secondo i livelli im-posti dal regolamento.

Procedure di sicurezza Dall’esito della valutazione del rischiovengono definite le misure di prevenzio-ne e protezione specifiche che vengonoindicate nelle procedure di lavoro. Taliprocedure di lavoro devono essere scrit-te, precise e dettagliate per ogni fase la-vorativa indicando le criticità e i correttimodi di operare (individuazione delle per-sone e delle competenze, identificazio-ne dei rischi in ogni fase lavorativa, e lemodalità di lavoro nonché i dispositivicollettivi di prevenzione e protezione, iDPI, la segnaletica, compresa quella perla delimitazione dell’area, le procedureper gestire l’emergenza). Le modalità ope-rative messe in atto e adottate durante leattività, devono mettere in pratica gli ac-corgimenti necessari a eliminare poten-ziali fonti di rischio e ottenere condizio-ni di lavoro tali da tutelare la sicurezza ela salute dei lavoratori.L'articolo 3 del DPR 177/2011, ai com-mi 1 e 2 identifica le procedure di sicu-rezza da applicare ove i lavori vengonodal datore di lavoro appaltati o affidati alavoratori autonomi. Tali procedure si van-no a sommare agli obblighi dei datori dilavoro già previsti dall’art. 26 del D.Lgs81/08. Si tratta di procedure che, tenen-do conto delle modalità di accadimentodegli infortuni negli ambienti confinati,impongono una reale ed efficace tra-smissione a chiunque debba entrare inuna area di lavoro che possa avere i se-verissimi rischi di riferimento (esalazioniletali, esplosioni e quant'altro), di cono-scere tutte le caratteristiche dei luoghi,cosa vi è stato contenuto, che tipo di rea-zioni possano svilupparsi in caso di la-vorazioni improprie e, infine, quali sianole procedure di emergenza da applicarein caso di incidente sul lavoro. Il comma1, in particolare, specifica che prima del-

di lavoro, relativamente ai rischi chesono propri degli "ambienti confinati" ealle peculiari procedure di sicurezzaed emergenza che in tali contesti deb-bono applicarsi;

7. richiama il rispetto integrale degli ob-blighi in materia di Documento Unicodi Regolarità Contributiva (DURC);

8. richiama il rispetto integrale degli ob-blighi relativi alla parte economica enormativa della contrattazione di set-tore, compreso il versamento dell'e-ventuale contributo all'ente bilateraledi riferimento.

In relazione alle attività lavorative in am-bienti sospetti di inquinamento o confi-nati non è ammesso il ricorso a subap-palti, se non autorizzati espressamentedal datore di lavoro committente e certi-ficati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, deldecreto legislativo 10 settembre 2003, n.276. Le disposizioni del presente rego-lamento si applicano anche nei riguardi

cordo in Conferenza Stato-Regioni), og-getto di verifica di apprendimento e ag-giornamento. Finalizzate a consentirea tutte le maestranze la piena cono-scenza di tutti i rischi che sono propridei lavori in ambienti confinati;

5.obbliga i datori di lavoro e i lavoratoriautonomi a possedere dispositivi di pro-tezione individuale (maschere protet-tive, imbracature di sicurezza, ecc.),strumentazione e attrezzature di lavo-ro (rilevatori di gasi, respiratori, ecc .)idonei a prevenire i rischi propri delleattività lavorative in ambienti sospettidi inquinamento o confinati e ad avereffettuato attività di addestramento al-l'uso corretto di tali dispositivi, coe-rentemente con le previsioni di cui agliarticoli 66 e 121 e all'allegato IV, pun-to 3, del DLgs 81/2008;

6. richiede la effettuazione di attività diaddestramento di tutto il personale im-piegato, sempre ivi compreso il datore

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DPR 177/2011 - Art. 1 Finalita' e ambito di applicazione 1. <<omississ>>. 2. Il presente regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento dicui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e negli ambienticonfinati di cui all'allegato IV, punto 3, del medesimo decreto legislativo.

3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, e 3, commi 1 e 2, operano unica-mente in caso di affidamento da parte del datore di lavoro di lavori, servizi e forni-ture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azien-da o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ci-clo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica,a norma dell'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, deiluoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo.

4. Restano altresì' applicabili, limitatamente alle fattispecie di cui al comma 3, fi-no alla data di entrata in vigore della complessiva disciplina del sistema di qua-lificazione delle imprese di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), del decretolegislativo 9 aprile 2008, n. 81, e fermi restando i requisiti generali di qualifica-zione e le procedure di sicurezza di cui agli articoli 2 e 3, i criteri di verifica del-la idoneità tecnico-professionale prescritti dall'articolo 26, comma 1, lettera a),del medesimo decreto legislativo.

DPR 177/2011Art. 2 Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati 2. In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinatinon e' ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore dilavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni delpresente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori au-tonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.

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� Requisiti per lavorare in sicurezza in spazi confinati �

valutazione dei rischi, occorre fare alcu-ne considerazioni preliminari. Innanzi-tutto, occorre sottolineare che i rischipossono essere già presenti nello spazioconfinato o manifestarsi durante le ope-razioni che al suo interno vengono ese-guite, quali ad esempio saldature, utiliz-zo di solventi come prodotti per la puli-zia e impiego di apparecchiature elettri-che. Questa considerazione evidenzia ilfatto che uno “spazio confinato” è un am-biente che cambia in modo repentino. Inaltri termini, potrebbe essere un errore li-mitare la valutazione dei rischi alle con-dizioni di vivibilità presenti nello “spazioconfinato” nel momento in cui l’opera-tore vi effettua il proprio accesso. È buo-na norma tenere in considerazione le con-dizioni di vivibilità che si determinanoall’interno dello “spazio confinato” inconseguenza delle lavorazioni che al suointerno vengono eseguite per tutto il pe-riodo di permanenza dell’operatore. In caso di incidente, gli addetti ai lavoripotrebbero essere esposti ad un serio edimmediato pericolo. Risulta quindi di fon-damentale importanza stabilire misure ef-ficaci per la segnalazione dell'emergen-za e per lo svolgimento delle operazionidi soccorso. Le misure da adottare di-penderanno dalla natura dello spazio con-finato, dal tipo di rischio individuato equindi dalla possibile natura del soccor-so da prestare.

ConclusioniLe situazioni più critiche sono rappre-sentate dalle attività occasionali, ovverodi tipo non ripetitivo, in questi casi si ten-

venire soltanto dopo aver adottato le ne-cessarie misure di prevenzione e prote-zione collettive ed individuali. Il principiogenerale di tutela a cui attenersi è quellodi operare dall’esterno dell’ambiente pe-ricoloso (attrezzature manovrate a di-stanza per l’ispezione, la bonifica e il con-trollo dello spazio confinato). Soltantoquando è dimostrabile che non vi è unamodalità di operare dall’esterno è possi-bile accedere all’area pericolosa attuan-do tutte le misure specifiche e generali diprevenzione e protezione per i lavorato-ri e per gli addetti al soccorso e al salva-taggio.Il DLgs 81/2008 fornisce informazioni uti-li alla valutazione del rischio, e precisa-mente:

� art. 66 “Lavori in ambienti sospetti diinquinamento”;

� art. 121 "Presenza di gas negli scavi";

� allegato IV “Requisiti dei luoghi dilavoro” - Capo 3 “Vasche, canalizza-zioni, tubazioni, serbatoi, recipienti,silos”.

Alcuni luoghi sono immediatamente ri-conducibili a uno spazio confinato per leloro dimensioni ridotte, per le condizio-ni di ventilazione sfavorevole e per la pro-babile presenza di agenti chimici peri-colosi. Altri luoghi non sono immediata-mente riconducibili a uno spazio confi-nato: le vasche degli impianti di depura-zione, per esempio, non hanno dimen-sioni anguste, ma l’accumulo di sostanzetossiche sul fondo di tali vasche e il con-seguente sviluppo di gas nocivi durante leoperazioni di pulizia possono trasformarlein ambienti in cui è molto alto il rischiodi avvelenamento. Ai fini di una corretta

l'accesso nei luoghi di lavoro, tutti i la-voratori che verranno impiegati nelle at-tività (compreso, eventualmente, il dato-re di lavoro) siano puntualmente e detta-gliatamente informati dal datore di lavo-ro che appalta o affida i lavori di tutti i ri-schi che possano essere presenti nell'a-rea di lavoro (compresi quelli legati aiprecedenti utilizzi). E' puntualizzato chetale attività debba essere svolta per un pe-riodo sufficiente e adeguato allo scopodella medesima e, comunque, non infe-riore ad un giorno. Il comma 2 chiede aldatore di lavoro committente di indivi-duare un proprio rappresentante, ade-guatamente formato, addestrato ed edot-to di tutti i rischi dell'ambiente in cui deb-ba svolgersi l'attività dell'impresa appal-tatrice o dei lavoratori autonomi, che vi-gili sulle attività che in tali contesti si rea-lizzino. Questo al fine di coordinare le at-tività che nel contesto lavorativo si svol-gano e, comunque, per limitare il "rischioda interferenza" delle lavorazioni. Il com-ma 3 richiama l'obbligo di adottare, du-rante tutte le fasi delle lavorazioni in am-bienti sospetti di inquinamento o confi-nati, ed efficacemente attuare una pro-cedura di lavoro specificamente diretta aeliminare o ridurre al minimo i rischi pro-pri di tali attività. Viene puntualizzato chetali procedure potranno anche essere"buone prassi", quali definite dall'artico-lo 2, comma 1, lettera v), del DLgs81/2008. Il comma 4 ribadisce espressa-mente, sempre in ragione dell'obiettivo,di raggiungere un notevole innalzamen-to dei livelli di qualificazione, con riferi-mento alla salute e sicurezza sul lavoro,di qualunque operatore, impresa o lavo-ratore autonomo, che intenda svolgereattività in "ambienti confinati". Il manca-to rispetto delle previsioni del provvedi-mento determina il venir meno della qua-lificazione necessaria per operare, diret-tamente o indirettamente, negli ambien-ti sospetti di inquinamento o confinati.

Analisi operativa del rischioIl datore di lavoro deve valutare prelimi-narmente il rischio in ambienti confinatie l’accesso ai luoghi di lavoro deve av-

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DPR 177/2011Art. 3 Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamentoo confinati 2. Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in posses-so di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che abbiacomunque svolto le attivita' di informazione, formazione e addestramento di cuiall'articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti nei luo-ghi in cui si svolgono le attivita' lavorative, che vigili in funzione di indirizzo ecoordinamento delle attivita' svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appalta-trice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavo-razioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.

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e conseguenze. L'art. 7 comma 3 delD.Lgs 334/99 e il D.M. 9 agosto 2000,prevedono l’obbligo per le aziende a ri-schio di incidente rilevante, che si doti-no di un Sistema di Gestione della Sicu-rezza (SGS), e precisa i contenuti mini-mi che deve avere. La documentazionenecessaria per il funzionamento di un Si-stema di Gestione della Sicurezza (SGS)è essenzialmente costituita da procedu-re, manuali operativi, istruzioni, rappor-ti di sicurezza, documenti di pianifica-zione e di registrazione, ecc. La gestio-ne del rischio, art. 7 del D.M. 09/08/2000,prevede l’identificazione dei pericoli, lavalutazione dei rischi di incidente rile-vante e l’adozione delle misure per la ri-duzione del rischio. L’analisi del rischioè oggetto di diverse metodologie, cia-scuna con vantaggi, svantaggi, limita-zioni, non esistono metodologie conso-lidate anche se negli ultimi anni l’affer-marsi di società specializzate in questo ti-po di studi ha portato ad una certa unifor-mità e omogeneizzazione almeno nelmodo di procedere. E’ quindi necessariocondurre, sempre da parte del gestore

Aziende a rischiodi incidente rilevante

Francesco Taurasitecnologo inail area ex ispesl

indica che quell’impianto dovrà esseresottoposto a severi adempimenti e con-trolli, affinché attui tutte le misure ne-cessarie di prevenzione e sicurezza. IlDLgs n. 334 del 17 agosto 1999 modi-ficato dal D.Lgs 238 del 21 settembre2005, si applica agli stabilimenti in cui so-no presenti sostanze pericolose in quan-tità uguali o superiori a quelle indicatenell´allegato I (art. 5 comma 2 DLgs334/99 e s.m.i.). Il D.Lgs 334/99 stabili-sce un criterio qualitativo, in base allaclassificazione delle sostanza pericolo-se, ed uno quantitativo, stabilendo duevalori soglia, per le sostanze chimichemaggiormente diffuse. Il superamento delprimo limite comporta l’obbligo di noti-fica da parte del gestore dello stabili-mento al Ministero dell’Ambiente, allaRegione, alla Provincia, al Prefetto, alComitato Tecnico Regionale gestito dal-la Direzione Regionale dei VVF, comeda art. 6, mentre il superamento del se-condo limite implica, oltre la notifica aisuddetti soggetti, anche la redazione delRDS, in applicazione dell’art. 8 del cita-to decreto. È quindi necessario condur-re, sempre da parte del gestore dell’im-pianto, un’analisi di sicurezza, che puòessere praticamente suddivisa in analisipreliminare ed analisi delle probabilità

Il rischio di incidente rilevante di unazienda è caratterizzato “da una pro-babilità di accadimento molto bassa

ma danni potenziali gravissimi con con-seguenze anche fuori dal perimetro del-lo stabilimento”. Tale concetto di rischioè contenuto nella Direttiva 96/82/CE -così come modificata ed integrata dallaDirettiva 2003/105/CE – ed è strettamenteconnesso alla presenza in azienda di so-stanze pericolose. Queste direttive sonostate chiamate “Direttive Seveso” in re-lazione al tristemente noto incidente del1976, sono state recepite dal D.Lgs.334/99 e dal D.Lgs. 238/05. L’esigenzadi adottare sistemi di gestione si sta pre-sentando per un numero sempre più ele-vato di aziende. Nasce pertanto l’esi-genza di razionalizzare il complesso de-gli adempimenti necessari per aderire atali sistemi che spesso risultano coinci-denti. Tale razionalizzazione può avvenireattraverso la fusione dei diversi Sistemiin un unico “sistema integrato” che ri-sponda ai requisiti di tutte le norme di ri-ferimento per l’ambiente, la qualità e lasicurezza.

PremessaL’inserimento nell’elenco delle aziendeclassificate a rischio di incidente rilevante

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38 � Salute e Sicurezza sul lavoro �

>>

Integrazione dei requisiti e sistema

OIMS della Exxonmobil

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� Aziende a rischio di incidente rilevante �

4.uniforme politica e cultura aziendalecon minimi o assenti conflitti di inte-ressi tra le differenti funzioni azien-dali;

5. riduzione dei costi.

Documento sulla politica diprevenzione degli incidentirilevanti Per definire la Politica della prevenzio-ne dei rischi di incidente rilevante, oc-corre preparare un documento sintetico,sottoscritto dal gestore dell’impianto, cioèda colui che detiene la massima respon-sabilità ed il potere decisionale ed eco-nomico di intervento. La politica devefornire uno schema di riferimento perl’attività, e per la definizione degli obiet-tivi specifici nel campo della sicurezza,deve essere diffusa a tutto il personaleper poter essere attuata nelle attività ge-stionali ed operative di ogni giorno. Inol-tre deve essere sottoposta a riesame pe-riodico da parte del gestore stesso, alloscopo di verificarne l’efficacia. Il Docu-mento sulla politica di prevenzione de-gli incidenti rilevanti è redatto dal Ge-store ed emesso previa consultazione delRappresentante dei Lavoratori. In essosono riportati:

� Gli obiettivi che intende perseguirenel campo della prevenzione e delcontrollo degli incidenti rilevanti,per la salvaguardia dei lavoratori,della popolazione e dell'ambiente, eche costituiscono, nel loro insieme,la politica del gestore in materia.

� I principi generali su cui intende ba-sare la politica, indicando, tra l'altro,eventuali adesioni volontarie a nor-mative tecniche, regolamenti, accor-di e iniziative, non richiesti da nor-me cogenti.

� Il proprio impegno a realizzare,adottare e mantenere un sistema digestione della sicurezza, in attuazio-ne a quanto richiesto dall'art. 7 deldecreto legislativo n. 334, del 17agosto 1999, e in attuazione dellapolitica stessa.

� L’articolazione del sistema di gestio-ne della sicurezza che intende adot-tare, con l'indicazione dei principi e

via, “la specificità di contenuti richiesti dalparticolare comparto produttivo (ad es.la gestione delle modifiche agli impian-ti, gli aspetti specifici relativi al control-lo operativo e alla gestione delle emer-genze)”. Per quanto attiene alla gestio-ne della sicurezza, nella progettazione enell’esercizio dell’impianto, gli elemen-ti fondamentali sono specificati in altredue norme rispettivamente nelle normeUNI 10672 (Procedure di garanzia del-la sicurezza nella progettazione) e UNI10616 (Gestione della sicurezza nell'e-sercizio. Criteri fondamentali di attua-zione). Il campo di applicazione dellanorma copre tutte le fasi che vanno dal-la progettazione (includendo le attivitàdi ricerca per lo sviluppo del processo, glistudi di fattibilità dell’impianto, ecc.),esecuzione, attivazione, manutenzionee disattivazione dell’impianto. Un’altranorma di interesse è la UNI/TS11226:2007 “Sistemi di gestione della si-curezza - Procedure e requisiti per gli au-dit” che stabilisce i “criteri fondamenta-li per eseguire un audit. Essa fornisce icriteri per verificare il sistema di gestio-ne della sicurezza e la qualificazione de-gli auditor”, specificando altresì i con-tenuti di tale audit e i principi per la qua-lificazione del valutatore. La UNI/TS11226 è quindi il riferimento per accer-tare la conformità della UNI 10617 at-traverso la verifica dei contenuti tecnicispecificati dalla UNI 10616. Altre nor-me utili a cui fare riferimento nell’im-postazione generale del SGS (previsto dalDLgs 334/99) sono l’OHSAS 18001 (de-finisce i requisiti di un Sistema di Ge-stione della Sicurezza e Salute dei Lavo-ratori), che è compatibile con altre nor-me relative ai sistemi di gestione, qualiISO 9001 (qualità) e le norme ambien-tale ISO 14001 e l’EMAS. I vantaggi del-l'integrazione del sistema qualità, am-biente e sicurezza sono i seguenti:1.maggiore efficienza dei sistemi graziealla razionalizzazione delle risorse uti-lizzate;

2. razionalizzazione del sistema docu-mentale;

3.omogeneità delle metodologie di ge-stione aziendale;

dell’impianto, un’analisi di sicurezza,che può essere praticamente suddivisain analisi preliminare, analisi delle pro-babilità e conseguenze.

Il sistema SGS e l’integrazione con altrisistemiIl sistema SGS può integrarsi ad altre ti-pologie di “sistema di gestione” già adot-tate dalle imprese, garantendone al con-tempo l’integrazione con i preesistentisistemi (quali quello per la qualità, perla protezione dell’ambiente, per la sicu-rezza e l’igiene dei luoghi di lavoro, ecc.),(ISO 9000, ISO 14000, Reg. (CE) n.1221/2009 (EMAS), OHSAS 18001). IlDLgs 17 agosto 1999 n. 334 e il DM 9agosto 2000 lasciano la libertà di indivi-duare gli standard internazionali più ri-spondenti alle specifiche esigenze. In-fatti, il DM 9 agosto 2000 "Linee guidaper l'attuazione del sistema di gestionedella sicurezza" all’art. 4, c. 3, definiscela struttura del sistema di gestione dellasicurezza (SGS): “così come definito alcomma 2, deve rispondere allo stato del-l'arte in materia. In particolare, i requisitistabiliti dalla norma UNI 10617 ovvero,per gli aspetti attinenti alla prevenzionedegli incidenti rilevanti, dalle norme del-la serie ISO 9000 o da quelle della serieISO 14000 o dal Regolamento EMAS, siintendono corrispondere al detto statodell'arte “. La norma UNI 10617:2009fornisce i principi e i requisiti di base perpredisporre un efficace sistema di ge-stione della sicurezza nell’ambito degliimpianti di processo, essa nasce dalla tra-sposizione alle aziende a rischio di inci-dente rilevante dei principi e requisitispecificati nelle norme UNI EN ISO 9000-1 e UNI EN ISO 9004. La UNI 10617 hauna struttura perfettamente rispondente alciclo PDCA (pianificare, attuare, verifi-care, agire) ed in evidenza sono i puntidedicati alla “Pianificazione”, all’”At-tuazione e Funzionamento” del sistemadi gestione della sicurezza in relazione al-la "Prevenzione Incendi Rilevanti", maanche ai momenti di “Verifica” in pro-spettiva di un miglioramento continuodel sistema. Il tutto mantenendo, tutta-

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dei criteri a cui intende riferirsi nellasua attuazione.

� Il programma di attuazione dellostesso ed i relativi tempi.

La politica di prevenzione, viene diffu-sa sia al personale interno che alle ditteterze. Inoltre durante riunioni di Sicu-rezza, il documento di Politica costitui-sce argomento di formazione.

Il sistema di gestioneOIMSIl Sistema Integrato di Gestione della Si-curezza della ExxonMobil e denomina-to “OIMS” (Operations Integrity Mana-gement System = Sistema di gestione perl’integrità delle operazioni) è un siste-ma integrato di gestione, basato su unapproccio sistematico e strutturato perla gestione della sicurezza, dell’igiene,dell’ambiente e delle problematiche ope-rative. È stato introdotto dalla societàExxonMobil ed in vigore dal 1992, essoè orientato al miglioramento continuo edè simile alla ISO 14001 e alla OHSAS18001. OIMS è parte integrante del pro-cesso di lavoro giornaliero e stabilisceun modello comune, è un modello di ge-stione progettato per identificare i pericolie gestire i rischi associati, ha integrato unprocesso per cui continua a migliorare

arricchendosi sia delle esperienze loca-li sia di quelle di altre raffinerie e/o de-positi. Lloyd’s register quality assurance,ha attestato, in seguito ad una valuta-zione che si ripete ogni tre anni, cheOIMS soddisfa i requisiti dello standardISO 14001 per la gestione ambientale, eche soddisfa anche i requisiti OHSAS18001. Il sistema OIMS è come un om-brello che copre tutti gli aspetti delle ope-razioni:

� Impianti produttivi� Centri di Tecnologia� Centri di distribuzione e logistica� Uffici� TerziL'approccio OIMS è caratterizzato da11 elementi, ognuno con delle proce-dure ad esso associate ed in tutto sono60. Gli elementi del sistema OIMS sono:1. Leadership, Impegno e Responsabi-

lità del Management2. Gestione & Valutazione dei Rischi3. Progetto & Costruzione degli Impian-

ti4. Processo di Informazione e Docu-

mentazione5. Personale e Formazione6. Operazioni & Manutenzione7. Gestione dei Cambiamenti8. Servizi di terzi (Contrattori)

9. Indagine e Analisi degli Incidente10. Rapporti con la Comunità circostan-

te e Preparazione alle Emergenze11. Valutazione e Miglioramento del-

l’Integrità delle Operazioni

Il sistema di gestioneintegratoPer la realizzazione del sistema docu-mentale integrato si può partire inte-grando prima le procedure e poi il ma-nuale, in maniera tale da armonizzare ilpiù possibile i contenuti. Le nuove pro-cedure vanno realizzate tenendo contodelle prescrizioni delle norme, dei do-cumenti esistenti di ogni sistema (qua-lità, ambiente e sicurezza), del contenu-to che deve essere descrittivo, ma nontroppo per evitare la realizzazione di unmanuale eccessivamente sintetico. Il ma-nuale contiene gli elementi fondamen-tali del Sistema di Gestione della Sicu-rezza per la prevenzione degli inciden-ti rilevanti, che sono quelli descritti nel-l’Allegato III del D.Lgs 334/99 e s.m.i enel Decreto 9 Agosto 2000:1. Organizzazione e personale2. Identificazione e valutazione dei pe-ricoli rilevanti3. Controllo operativo4. Gestione delle modifiche

� Salute e Sicurezza sul lavoro �40tteemmaa

SGS - All. III del d.lgs. 334/99 e s.m.i e D.M. 9.8.00 SISTEMI OIMS1. ORGANIZZAZIONE E PERSONALE 1 Ruolo guida, Impegno e responsabilità del Management

5A Addestramento del Personale8A Servizi di terzi - Contrattori & Altri

2. IDENTIFICAZIONE E VALUTAZIONE DEI 2 Valutazione del Rischio PERICOLI RILEVANTI 5B Sicurezza e Salute del Personale

3 Progettazione e Costruzione 3. CONTROLLO OPERATIVO 6A Operazioni

6B Ispezioni e Manutenzione6C Pratiche di Lavoro Sicuro e Permessi di Lavoro6D Apparecchiature Critiche di Sicurezza 4A Informazione & Documentazione8A Servizi di terzi - Contrattori & Altri

4. GESTIONE DELLE MODIFICHE 7 Gestione dei Cambiamenti3 Progettazione e Costruzione

5. PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA 10 Pubblica Informazione & Preparazione della Emergenza6. CONTROLLO DELLE PRESTAZIONI 9 Indagine ed Analisi degli Incidenti 7. CONTROLLO E REVISIONE 11 Valutazione dell'Integrità delle Operazioni e continuo

miglioramento

> Tab. 1: Correlazione tra il sistema di gestione della sicurezza (D.Lgs. 334/99 e D.M . 9 agosto 2000) ed il sistema OIMS per un deposito di prodotti petroliferi

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5. Pianificazione di emergenza6. Controllo delle prestazioni7. Controllo e revisioneNella tabella 1 si fornisce una indica-zione della correlazione tra il sistema digestione della sicurezza, SGS, ed il piùgenerale sistema di gestione dell’integritàdelle operazioni OIMS, della ExxonMo-bil.Il manuale è realizzato coerentementecon le “Linee guida per l’attuazione delsistema di gestione della sicurezza” re-lative agli impianti di processo a rischiodi incidente rilevante e fa riferimento alpiù generale sistema generale di gestio-ne adottato dall'azienda per assicurarel’integrità delle operazioni e la preven-zione di incidenti relativi a security, si-curezza, salute, ambiente. L’emissionedel manuale è effettuata dopo l’informa-zione e consultazione del Rappresen-tante dei Lavoratori. E’ prevista una ve-rifica di congruenza ed il riesame del SGSin occasione di ogni aggiornamento delRapporto di Sicurezza e in occasione diogni modifica che lo richieda e comun-que entro 2 anni. Con periodicità è pre-vista una verifica delle aspettative del si-stema mediante l’esame degli specificiindicatori di prestazione.La valutazione dell'efficacia del SistemaIntegrato costituisce elemento essenzia-le che permette di realizzare il continuomiglioramento:

� Le operazioni devono essere valutatesecondo una frequenza predetermi-nata in maniera tale da stabilire laconformità con le aspettative.

� La frequenza e l'oggetto delle valu-

tazioni deve riflettere la complessitàdelle operazioni, il livello del rischioe la performance storica.

� Le valutazioni devono esser condot-te da teams multidisciplinari, inclu-dendo possibilmente anche speciali-sti esterni.

� Le azioni raccomandate nel corsodelle valutazioni devono essere ese-guite e documentate.

� L'efficacia del processo di valutazio-ne deve essere rivisto periodicamen-te e le raccomandazioni utilizzateper traguardare il miglioramento.

Organizzazione epersonale per laprevenzione degli incidentirilevantiL’organizzazione del sistema di gestionedella sicurezza, espressione della cultu-ra di sicurezza, è fondata sull’impegnoed il ruolo guida della Direzione, sul-l’allocazione delle risorse necessarie edassegnazione di chiare responsabilità atutti i livelli e sulla partecipazione delpersonale. Tale organizzazione può es-sere articolata secondo i seguenti ele-menti chiave: � Emissione del Documento sulla poli-tica di prevenzione degli incidentirilevanti redatto dal Gestore edemesso previa consultazione delRappresentante dei lavoratori.

� Adozione di politiche in materia di: - sicurezza; - salute del personale; - alcool e droga; - protezione dell'ambiente.

� Assegnazione e comunicazione del-le responsabilità e delle mansioni inmateria di sicurezza, salute ed am-biente. Le responsabilità sono indi-cate nei mansionari del personale eillustrati al personale da parte del lo-ro supervisore.

� Assegnazione e comunicazione del-le responsabilità e delle mansioni incaso di emergenza indicate nel Pia-no di Emergenza Interno.

� Istituzione di una posizione di Coor-dinatore per la Security, Sicurezza,Igiene ed Ambiente, che si occupain maniera specifica di fornire sup-porto e coordinamento in materia disecurity, sicurezza, salute, ambientee prevenzione degli incidenti rile-vanti, assicurando la costante acqui-sizione delle informazioni sull’evo-luzione normativa anche medianteutilizzo di professionisti esterni qua-lificati.

� Ruolo guida ed impegno visibile del-la Direzione attuato mediante:- emissione di linee guida aggiornate; - visite programmate per verificare larealizzazione dei programmi;

- riunioni di Direzione e partecipa-zione alle riunioni in materia di si-curezza, salute, ambiente.

� Coinvolgimento del personale attra-verso sistemi strutturati di comunica-zione a due vie tra Direzione, perso-nale e terzi appaltatori.

� Definizione di obiettivi realistici inmateria di security, sicurezza, salute,ambiente e controllo periodico deirisultati da parte della direzione.

� Aziende a rischio di incidente rilevante �41

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> Tab. 2: Elementi che costituiscono i regolamenti in vigore in USA e nella UE

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� Salute e Sicurezza sul lavoro �

de a rischio di incidente rilevante.28° Congresso Nazionale AIDII” -pagg. 46-50

[4]Torretta Vincenzo. Sicurezza e anali-si di rischio di incidenti rilevanti, Si-stemi Editoriali, 2006.

[5]Salomone R, Franco G.. Dalla “qualitàtotale” alla “qualità integrata”. L’inte-grazione dei sistemi di gestione qua-lità, ambiente, sicurezza ed etica peril vantaggio competitivo. Franco An-geli, 2006.

[6]Italia. Decreto Ministeriale 9 agosto2000. Linee guida per l'attuazione delsistema di gestione della sicurezza.Pubblicato nella Gazzetta Ufficialedel 22 agosto 2000, n. 195.

[7]Taurasi F., I sistemi di gestione nelleaziende a rischio di incidente rilevantee gli standard tecnici internazionali. VIConvegno scientifico nazionale "si-curezza nei sistemi complessi" - Poli-tecnico di Bari - C.R.I.S.M.A. - Otto-bre 2011

le norme cogenti con i requisiti delle nor-me volontarie di riferimento, l’approcciointegrato sintetizza elementi comuni al-le diverse norme in un’unica soluzione,visione complessiva dell’organizzazionee trae le sue origini dall’esigenza di snel-lire l’insieme di procedure e dei loro si-stemi attraverso l’accorpamento degli ele-menti comuni.

Bibliografia [1]ing. Alberto Ricchiuti, ing. Giorgio

Macchi. Principi Guida dell’OCSE perla prevenzione, la preparazione e l’in-tervento nei casi di incidente. [onli-ne]. [consultato luglio 2011]

[2]Taurasi F., Cerra D. I modelli di or-ganizzazione e di gestione: l’intera-zione tra normative cogenti e volon-tarie. ISPESL - Supplemento della ri-vista Prevenzione Oggi numero 3/4,2009 .

[3]Taurasi F., Approccio integrato allagestione della sicurezza nelle azien-

Regolamentazionenell’Unione Europea e negli USAIl principale riferimento normativo per lasicurezza e la salute nel settore degli im-pianti di processo con rischi rilevanti, aldi fuori dell’Unione Europea è quello de-gli Stati Uniti, nei quali la produzionelegislativa, con riferimento alle attività diprogettazione, montaggio ed eserciziodegli impianti con rischio rilevante si svi-luppa, analogamente al processo Euro-peo e con analogo criterio di priorità, alivello federale, di Stato e locale. Analo-gamente all’UE, anche negli USA è pre-visto l’obbligo, da parte dei responsabi-li degli impianti, di adottare sistemi digestione della sicurezza allo scopo diprevenire, contenere e gestire i rischi diincidenti rilevanti all’interno e all’ester-no dei siti produttivi. Il Regolamento PSMOSHA è entrato in vigore nel 1992, men-tre il Programma EPA RMP è entrato invigore nel 1996. Anche se i requisiti diprevenzione del Regolamento PSMOSHA e del Programma EPA RMP sonosimili, quest'ultimo contiene una serie direquisiti aggiuntivi che vanno oltre lostandard PSM. Il Programma EPA RMPprevede tre livelli, per ciascun di esso lanorma definisce i requisiti che riflettonoil livello di rischio. La tabella 2 mostragli elementi dei diversi regolamenti.

ConclusioniNelle aziende a rischio di incedente ri-levante è immediato pensare ad un van-taggio nell’integrazione dei requisiti del-

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In via eccezionale la rubrica corsi comparirà sul nostro sito http://aicqna.com/redazione/qualita/ sezione “segnalazione articoli”

EVENTI AICQ 2012Evento Luogo DataDALL’ACCREDITAMENTO ALL’ECCELLENZA IN SANITA’ MESTRE - Ospedale dell’Angelo 11 maggio 2012SALUTE e SICUREZZA BOLOGNA 14 giugno 2012EDUCATION FIRENZE 8 ottobreTURISMO TORINO 1 novembre 2012TRASPORTI FIRENZE 1 settembre 2012CONVEGNO-PREMIO AICQ FEDERMANAGER in definizione in definizioneSETTIMANA EUROPEA QUALITA’ MILANO e altre sedi 5-11 novembre 2012

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Il mandatoIl cambiamento strutturale del sistema na-zionale di valutazione della conformitàha una data storica: il 1° gennaio 2010,quando è entrato in vigore in tutti i Paesidell’Unione Europea il regolamento765/2008/CE in materia di accreditamentoe vigilanza del mercato.Il regolamento fa parte di un “pacchet-to” normativo, che comprende la deci-sione 768/2008/CE relativa a un quadrocomune per la commercializzazione deiprodotti e il regolamento 764/2008/CEche stabilisce procedure relative all’ap-plicazione di determinate regole tecni-che nazionali a prodotti legalmente com-mercializzati in un altro Stato membro.I tre provvedimenti hanno dato forma alnuovo quadro legislativo comunitario,elaborato in sede di revisione del “Nuo-vo Approccio” – così definito in funzio-ne del cosiddetto “Vecchio Approccio”dei primi anni Settanta – per garantire efavorire la libera circolazione dei pro-dotti nell’UE attraverso un rafforzamen-to del mutuo riconoscimento delle nor-me tecniche nazionali e della vigilanzadel mercato.Il “Nuovo Approccio”, che dagli anni Ot-tanta ha portato all’emanazione di un’ar-ticolata serie di direttive (oltre 20), ha in-

trodotto alcuni principi fondamentali:

� la conformità a determinati requisitiritenuti essenziali (salute, sicurezza,ambiente), con rinvio alle norme tec-niche “armonizzate” per la definizio-ne degli specifici requisiti tecnici ap-plicabili;

� la presunzione di conformità ai requi-siti essenziali di un prodotto se sussi-ste la conformità ai requisiti della nor-ma armonizzata applicabile;

� la prassi di fornire al mercato eviden-za chiara e visibile della conformitàcon l’apposizione della marcatura CEsul prodotto coperto da direttiva.

L’esperienza ha però evidenziato alcuniproblemi, sostanzialmente riconducibilialla mancanza di omogeneità nell’appli-cazione delle regole tecniche comunita-rie (direttive e regolamenti) da parte degliStati membri. A tali “difficoltà” si è inteso ovviare con larevisione del “Nuovo Approccio”. In par-ticolare, con il regolamento 765/2008 siè fornito il riconoscimento giuridico e ladefinizione strutturale dell’istituto del-l’accreditamento, già operativo in Europada circa 20 anni, stabilendo, in particola-re, che l’attività possa essere svolta ancheda organismi non pubblici.Significativi sono gli impegni che gli Sta-

Filippo TrifilettiDirettore Generale ACCREDIA

Settore cogente: il ruolo di Accredia

ti membri sono chiamati ad assolvere dalreg. 765/2008. Devono infatti designarele Autorità nazionali responsabili per lenotifiche (in Italia, i Ministeri responsa-bili dell’attuazione delle varie direttive) enotificare alla Commissione e agli Statimembri gli organismi di parte terza au-torizzati a condurre valutazioni di confor-mità ai sensi della legislazione comuni-taria. In questi termini, il 22 dicembre 2009 AC-CREDIA è stata riconosciuta dal Governocome Ente unico nazionale di accredita-mento, ai sensi del DM 22 dicembre 2009"Designazione di ACCREDIA quale uni-co organismo nazionale italiano autoriz-zato a svolgere attività di accreditamentoin conformità al regolamento (CE) n.765/2008, ai sensi dell'articolo 4, com-ma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99".Oggi, l’Ente, attraverso i suoi quattro Di-partimenti, accredita:

� gli organismi di certificazione e ispe-zione,

� i laboratori di prova, � i laboratori di prova per la sicurezzadegli alimenti e

� i laboratori di taratura; le corrispondenti attestazioni di confor-mità sono riconosciute a livello interna-zionale in virtù dell’adesione di ACCRE-DIA agli Accordi internazionali di mutuoriconoscimento EA, IAF e ILAC MLA/MRA,per tutti gli schemi coperti (qualità, am-biente, prodotto, personale, ispezione,

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� Valutazione della conformità �

L’accreditamento degli organismi di

certificazione ai fini della notifica

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prova, taratura).Il regolamento ha affidato la vigilanza delmercato, di competenza degli Stati mem-bri, alle strutture pubbliche deputate, maha previsto che l’attività di accreditamen-to copra tutte le attività di valutazione del-la conformità, sia nel volontario che nel co-gente.ACCREDIA si è prodigata insieme alle Au-torità competenti in Italia per la correttaattuazione delle norme europee e in ot-temperanza al principio della sussidiarietàpubblico-privato, che ha sempre ispiratola sua attività, si è messa a disposizione,facendosi parte diligente per supportareil Ministero dello Sviluppo economico nel-l’adeguamento al quadro legislativo co-munitario. L’Ente è attivo da tempo nel settore rego-lamentato delle produzioni biologiche edelle certificazioni di prodotto a marchiodi qualità agroalimentare, in virtù dellaproficua e consolidata relazione con il Mi-nistero delle politiche agricole, alimenta-ri e forestali.

L’attuazione del mandatoNel 2011, ACCREDIA ha avviato un rigo-roso e sistematico programma anche pergestire le attività di verifica in settori ob-bligatori (in conformità a direttive e rego-lamenti) di competenza di altre Pubbli-che Amministrazioni (Ministeri dello Svi-luppo economico, delle Infrastrutture etrasporti, dell’Ambiente).Fatta salva l’autorità dei Ministeri perti-nenti – per la relativa autorizzazione e lasorveglianza del mercato – spetta oggi adACCREDIA svolgere la funzione dell’ac-creditamento, istituzionalmente attribui-tole, anche nell’attuazione delle direttivedi Nuovo Approccio. Ciò in forza di unaserie di collaborazioni, formalizzate daprotocolli e convenzioni ad hoc, con i Mi-nisteri competenti per le proprie attivitàdi notifica, così da rispondere alle esi-genze di accreditamento degli organismiitaliani.Il primo di questi atti di attribuzione èdel 13 giugno e riguarda la convenzionestipulata con il Ministero dello Sviluppoeconomico con cui si affida all’Ente uni-

co l'accreditamento degli organismi divalutazione che operano in conformitàa sei direttive del nuovo approccio, si-curezza dei giocattoli (2009/48/CE); MID- strumenti di misura (2004/22/CE); cal-daie ad acqua calda (1992/42/CE); PED- Attrezzature a pressione (1997/23/CE);ATEX - apparecchi e sistemi di protezio-ne destinati a essere utilizzati in atmo-sfera potenzialmente esplosiva(1994/09/CE); compatibilità elettroma-gnetica (2004/108/CE). Successivamente, ACCREDIA ha siglato ilprotocollo d’intesa con il Ministero delleInfrastrutture e dei trasporti sul servizioeuropeo di telepedaggio (SET), e la con-venzione tripartita con Ministero del La-voro, salute e politiche sociali e Sviluppoeconomico per la marcatura di ascensori(1995/16/CE); macchine (2006/42/CE),bassa tensione (2006/95/CE) e dispositividi protezione individuale (1989/686/CEE). In applicazione della direttiva 2010/35/CE,e coerentemente con quanto indicato inapposita circolare del Ministero delle In-frastrutture e dei trasporti - DG Motoriz-zazione, ACCREDIA ha avviato anche l'at-tività di accreditamento degli organisminotificati per le attrezzature a pressionetrasportabili. Da ultimo, a fine 2011, è stata attivata unanuova ed importante collaborazione conil Ministero dell’Ambiente, che ha am-pliato sensibilmente l’attività dell’Ente inmateria ambientale, già consolidata nelsettore volontario, con l’accreditamentodelle certificazioni di sistemi di gestioneambientale (ISO 14001) e per l’energia(ISO 50001) nonché per le dichiarazioniambientali di prodotto (14025).Le norme europee coperte dall’accordocon il MATTM sono le direttive:2000/14/CE - riguardante l’emissioneacustica delle macchine ed attrezzatu-re destinate a funzionare all’aperto;2003/87/CE - che istituisce un sistemaper lo scambio di quote di emissioni deigas a effetto serra nella Comunità Euro-pea; 2009/28/CE - sulla promozione del-l'uso dell’energia da fonti rinnovabili;2009/30/CE - sul controllo e riduzionedei gas serra; e i regolamenti CE1221/2009 - sull’adesione volontaria del-

le organizzazioni a un sistema comuni-tario di ecogestione e audit (EMAS), e842/2006 - sull’emissione di taluni gasfluorurati ad effetto serra.In particolare, si segnala l’importanza del-le attività di accreditamento ai sensi delregolamento EMAS, del regolamento sutaluni gas fluorurati a effetto serra e delladirettiva “Emission trading”.Emas è lo schema di eco-gestione e au-dit (Eco-Management Audit Scheme, allaIII formulazione con il reg. CE/1221/2009),che prevede l'adesione volontaria delleorganizzazioni ad un sistema di registra-zione gestito dalla Comunità Europea. L'adesione al sistema prevede una verifi-ca delle organizzazioni da parte di sog-getti accreditati. L'organizzazione che in-tende registrarsi deve dimostrare di man-tenere attivo un sistema di gestione am-bientale conforme alla ISO 14001, conalcune aggiunte e precisazioni. La verifi-ca è volta a validare la dichiarazione am-bientale dell'organizzazione.La registrazione Emas viene concessa da-gli organismi competenti nominati dagliStati membri (in Italia il Comitato per l'E-colabel e l'Ecoaudit), secondo una pro-cedura che, oltre ad esaminare nuova-mente l'adeguatezza complessiva delladichiarazione ambientale validata dal ve-rificatore accreditato, prevede la richiestadi parere alle autorità ambientali locali (inItalia ARPA e APPA).In ambito cogente si inserisce l’accredi-tamento ai sensi del reg. 842/2006, cheriguarda il contenimento, l'uso, il recu-pero e la distruzione di taluni gas fluoru-rati ad effetto serra. Il MATTM ha emesso un decreto attuati-vo che prevede la certificazione dei sog-getti che effettuano l’installazione, ma-nutenzione e ricarica dalle apparecchia-ture e impianti contenenti gas fluorurati(impianti di refrigerazione, condiziona-mento d’aria, antincendio ecc). ACCREDIA, in accordo con il Ministero,procederà alla definizione dei requisiti diaccreditamento per gli schemi certifica-zione del personale; del prodotto/serviziodelle imprese che erogano servizi di in-stallazione, manutenzione e riparazione;e del servizio di erogazione di corsi pro-

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aa� Settore cogente: il ruolo di Accredia �

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� Valutazione della conformità �

possano fare affidamento sui risultati del-le valutazioni effettuate dagli organismi dicertificazione che solo in virtù dell'ac-creditamento sono poi autorizzati dal MSEe notificati alla Commissione per l'iscri-zione nella banca dati Nando.Il sistema della notifica è essenziale, siaper gli organismi di certificazione auto-rizzati sia, di riflesso, per le aziende per ap-porre la marcatura CE sui loro prodotti.L’inclusione degli organismi notificatinell’elenco, infatti, rende l’autorizza-zione ministeriale valida non solo a li-vello nazionale ma nell’intero territoriocomunitario. La gestione delle notificheè risultata per un periodo difficoltosa emolti organismi per qualche tempo si so-no trovati esclusi dalla banca dati co-munitaria.Per le aziende, l’iscrizione nella banca da-ti degli organismi responsabili, significasbloccare una situazione che nel tempoavrebbe potuto compromettere la liberacircolazione dei loro prodotti sul merca-to comunitario.Per gli organismi, l'accreditamento AC-CREDIA rappresenta un valore aggiuntonei termini dei vantaggi operativi che de-rivano dall'iscrizione al registro Nando edalla garanzia di valutazioni imparziali eindipendenti assicurate da un corpus ispet-tivo di professionisti impegnato ogni annosul campo per oltre 10.000 giornate uomodi verifica, senza costi aggiuntivi rilevan-ti. ACCREDIA applica infatti il proprio ta-riffario, nel rispetto delle determinazionidella Commissione di sorveglianza inter-ministeriale, costituita con Decreto del-l’MSE del 27 luglio 2011.

operano nell'ambito delle attività prope-deutiche alla marcatura CE dei giocattolida parte dei produttori. Con il decreto 54 - 11 e in virtù delle in-tese sottoscritte, l’accreditamento è di-ventato formalmente pre-requisito per l’au-torizzazione ministeriale e successiva no-tifica alla Comunità Europea da parte delMinistero dello Sviluppo Economico o de-gli altri Ministeri interessati.

Gli organismi notificati e la banca dati NANDOL’attività in ambito cogente (o obbligato-rio) prevede infatti a carico degli uffici mi-nisteriali l’adempimento dell’inserimentodegli organismi di valutazione dellaconformità nella banca dati comunitariaNando.Per gli organismi, la pubblicazione sul si-to Nando, garantisce la riconoscibilità ela validità sui mercati internazionali del-l’autorizzazione rilasciata dallo Stato mem-bro.Le convenzioni interessano settori portantidell’economia, in cui operano centinaiadi migliaia di aziende in tutto il territorioitaliano e la collaborazione tra ACCRE-DIA e i Ministeri consente di organizzaree razionalizzare le attività di accredita-mento nei diversi comparti in coerenzacon i principi della qualità, della sicurez-za, della salute, della tutela ambientale edella protezione dei consumatori. L'intervento di ACCREDIA è volto ad ac-crescere la certezza per gli utenti dei pro-dotti a marcatura CE (siano essi consu-matori finali, come nel caso dei giocatto-li, o partner nelle relazioni BtoB), perché

fessionali per il personale addetto agli im-pianti di condizionamento d’aria in de-terminati veicoli a motore contenenti ta-luni gas fluorurati ad effetto serra.Per quanto riguarda la direttiva2003/87/CE, in applicazione del Proto-collo di Kyoto la UE ha realizzato unoschema per rendicontare e ridurre nel tem-po le emissioni di gas serra (GHG) di im-pianti relativi a specifici settori produttivied al di sopra di definite soglie di produ-zione. Lo schema EU ETS - Emission Tra-ding, ha delle evidenti ricadute di naturaeconomica, obbligando le realtà menovirtuose all’acquisto nel “mercato dellaCO2” dei crediti corrispondenti agli ec-cessi delle proprie emissioni. In questoambito cogente si inserisce l’accredita-mento dei verificatori deputati al control-lo delle emissioni delle organizzazioni.L’obiettivo di riduzione delle emissioni digas serra sarà perseguito anche quandonei prossimi mesi partirà il sistema di cer-tificazione della sostenibilità dei biocar-buranti, a cui si dovranno sottoporre tuttii soggetti della filiera: da chi produce lamateria prima, per arrivare a chi fornirà ilprodotto finale.Il sistema di valutazione della conformità,come previsto nel regolamento 765/2008,è stato applicato per la prima volta sulladirettiva 2009/48/CE sicurezza dei gio-cattoli, attuata in Italia con il D.Lgs. n. 54dell'11 aprile 2011 e in vigore dal 12 mag-gio.Questo recante il primo atto normativo diapplicazione del reg. 765/2008, in virtùdel quale ACCREDIA è incaricata dell'at-tività di valutazione degli organismi che

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de spesso a non pianificare adeguata-mente il processo lavorativo, e troppospesso i lavoratori addetti alle operazio-ni non sono sufficientemente formati edinformati dei rischi cui si trovano ad es-sere esposti. Bisogna eseguire un’ap-profondita e corretta valutazione dei ri-schi, un addestramento efficace, preve-dere l’impiego di attrezzature idonee epianificare sia le attività ordinarie sia gliscenari di emergenza, codificando le ope-

razioni da porre in essere. L'autorizza-zione ai lavori assicura che siano stati ese-guiti tutti i controlli formali per garantirela conformità ai requisiti di sicurezza del-lo spazio confinato prima dell'inizio deilavori. Un'autorizzazione ai lavori deveprevedere obbligatoriamente:

� l’individuazione dei soggetti autoriz-zati a predisporre l’esecuzione di atti-vità pericolose e dei responsabili allaselezione delle misure di sicurezza;

� le disposizioni per le ditte appaltatrici;� la formazione ed istruzione in mate-

ria di autorizzazioni;� il monitoraggio e il controllo teso agarantire che le procedure venganoapplicate come previsto.

Bibliografia[1]Fucile Antonio: “Lavori in spazi con-

finati”, Ambiente, Lavoro e Sicurezza,EPC Periodici, via dell’Acqua Traver-sa 187/189, Roma, Italy, ottobre 2010.

[2]D.P.R. n. 177 del 14 settembre 2011.[3]www.ispesl.it/documenti_catalogo/am-

bienticonfinati.pdf

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completamenti specifici per la com-petenza per ogni tipo di Sistema digestione, come mostrato nella se-guente figura; in altre parole, questanorma non entra nello specifico deisistemi di gestione per la qualità oper l’ambiente, demandando questia future pubblicazioni specifiche (danotare che per la Qualità e perl’Ambiente tali lavori sono già ini-ziati).

I capitoli che hanno visto modifiche so-stanziali rispetto all’edizione preceden-te sono il 3, il 7, il 9, quest’ultimo deri-vato, in precedenza, dalla ISO 19011.La norma contiene anche 6 Allegati (1normativo e 5 informativi).La Norma UNI EN ISO contiene anche iltesto inglese.

L’Introduzione della NormaLa presente norma internazionale speci-fica i requisiti per gli organismi di certi-ficazione.L’osservanza di tali requisiti ha lo scopodi garantire che gli organismi di certifi-cazione realizzino la certificazione delsistema di gestione in modo competen-te, congruente ed imparziale, facilitan-do così il riconoscimento di tali organi-smi e l’accettazione delle loro certifica-zioni su base nazionale ed internazio-nale. La certificazione di un sistema digestione fornisce una dimostrazione in-dipendente che il sistema di gestione del-

La revisione della normaISO 17021

Giovanni Mattana

Peculiarità della NormaLa presente norma sostituisce la UNI CEIEN ISO/IEC 17021:2006, conservando iltitolo precedente ma allargando lo sco-po e l’ambito.Principali motivazioni per la revisionedell’edizione del 2006 sono state le se-guenti:� includere tutti i requisiti per gli auditdi parte terza e quindi togliere dallaNorma ogni riferimento alla ISO19011 (che continua a trattare anchegli Audit di Parte seconda e Prima);

� estenderne la validità a tutti i Siste-mi di Gestione (non più ai soli siste-mi di gestione per la qualità e l’am-biente, come in precedenza);

� incrementare il ruolo della compe-tenza in tutte le fasi del processo eper tutte le funzioni implicate nellacertificazione; indicando anche imodi per specificare la competenza,valutarla, mantenerla aggiornata;

� incorporare indicazioni recepite dal-le Guide IAF;

� rimpiazzare le Guide ISO-IEC 62 e66;

� prevedere che in futuro ci siano dei

Questa nuova norma UNI CEI ENISO/IEC 17021, 2011, contiene iprincipi ed i requisiti per la com-

petenza, la coerenza e l’imparzialità del-l’audit e della certificazione dei sistemidi gestione di tutti i tipi (per esempio si-stemi di gestione per la qualità o sistemidi gestione ambientale) e per gli organi-smi che forniscono queste attività.

Importanza della NormaLa norma conserva il ruolo di documen-to essenziale, anche contrattuale, per l’ac-creditamento degli organismi di certifi-cazione.Ma assume anche un valore, enorme-mente accresciuto rispetto all’edizioneprecedente, in quanto diventa il riferi-mento� per il processo di audit per la certifi-cazione di parte terza, sostituendo intale ruolo la Iso 19011

� per i requisiti di competenza atti-nenti al processo di certificazione.

Diventa cioè un documento essenzialeanche per le organizzazioni e per i va-lutatori, non solo per gli organismi di cer-tificazione.

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Valutazione della conformità: Requisiti

per gli organismi che forniscono audit e

certificazione di sistemi di gestione

� Valutazione della conformità �tteemmaa

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� La revisione della norma ISO 17021 �

APPENDICE C (informativa) -ESEMPIODI UNO SCHEMA DI FLUSSO PER DE-TERMINARE E MANTENERE LA COM-PETENZA -figura C.1 Esempio di unoschema di flusso per determinare e man-tenere la competenzaAPPENDICE D (informativa) -COM-PORTAMENTI PERSONALI ATTESI APPENDICE E (informativa)-PROCESSODI AUDIT E CERTIFICAZIONE DI TER-ZA PARTE - figura E.1 Schema di flussotipico per un processo di audit di terzaparte e un processo di certificazione APPENDICE F (informativa)- CONSIDE-RAZIONI PER IL PROGRAMMA, IL CAM-PO DI APPLICAZIONE O IL PIANO DIAUDIT BIBLIOGRAFIA

I contenuti principali dellaNormaNel seguito ci limitiamo ad illustrare quel-li che sono più nuovi e che vanno oltrela specifica attività di accreditamento.Cioè, essenzialmente:� il processo di audit� gli aspetti di competenzaTratteremo separatamente i due temi.A-IL PROCESSO DI AUDIT in dettaglio- LA STRUTTURA E I REQUISITI DELPROCESSO9.1 REQUISITI GENERALI9.1.1 Programma di audit9.1.2 Piano di audit9.1.2.2 Determinazione degli obiettivi,del campo di applicazione e dei criteridi audit9.1.2.3 Elaborazione del piano di audit9.1.3 Selezione e assegnazione del grup-po di audit9.1.4 Determinazione della durata di au-dit9.1.6 Comunicazione dei compiti delgruppo di audit9.1.7 Comunicazione riguardante i mem-bri del gruppo di audit9.1.8 Comunicazione del piano di audit9.1.9 Conduzione di audit su campo9.1.9.2 Conduzione della riunione ini-ziale9.1.9.3 Comunicazione nel corso del-l’audit9.1.9.5 Raccolta e verifica delle infor-

6 REQUISITI STRUTTURALI 6.1 Struttura organizzativa e alta dire-zione 6.2 Comitato per la salvaguardia del-l’imparzialità 7 REQUISITI PER LE RISORSE 7.1 Competenza della direzione e delpersonale 7.2 Personale coinvolto nelle attività dicertificazione7.3 Impiego di auditor ed esperti tecniciesterni singoli7.4 Registrazioni del personale 7.5 Affidamento all’esterno 8 REQUISITI RELATIVI ALLE INFOR-MAZIONI 8.1 Informazioni accessibili al pubblico 8.2 Documenti relativi alla certificazio-ne 8.3 Elenco dei clienti certificati8.4 Riferimento alla certificazione ed uti-lizzo dei marchi 8.5 Riservatezza8.6 Scambi di informazioni fra un orga-nismo di certificazione ed i propri clien-ti 9 REQUISITI DI PROCESSO9.1 Requisiti generali 9.2 Audit e certificazione iniziale9.3 Attività di sorveglianza9.4 Rinnovo della certificazione 9.5 Audit speciali 9.6 Sospensione, revoca o riduzione delcampo di applicazione della certifica-zione9.7 Ricorsi9.8 Reclami9.9 Registrazioni relative ai clienti ed airichiedenti la certificazione10 REQUISITI RELATIVI AL SISTEMA DIGESTIONE DEGLI ORGANISMI DI CER-TIFICAZIONE 10.1 Opzioni10.2 Opzione 1: Requisiti di un sistemadi gestione conforme alla ISO 9001 10.3 Opzione 2: Requisiti di un generi-co sistema di gestione APPENDICE A (normativa) - CONO-SCENZE E ABILITÀ RICHIESTE- prospet-to A.1 Prospetto delle conoscenze e abi-litàAPPENDICE B (informativa) -POSSIBILIMETODI DI VALUTAZIONE

l’organizzazione:a) è conforme ai requisiti specificati;b)è capace di conseguire in modo coe-rente la politica e gli obiettivi definitidall’organizzazione;

c) è attuato in modo efficace.Nella presente norma internazionale ilpunto 4 descrive i principi su cui si ba-sa una certificazione credibile. Tali prin-cipi aiutano il lettore a comprendere l’es-senza della certificazione e costituisco-no una necessaria premessa ai punti da5 a 10. Le attività di certificazione com-portano l’audit del sistema di gestione diun’organizzazione. La presente norma internazionale forni-sce un insieme di requisiti per le attivitàdi audit di sistemi di gestione ad un li-vello generale, finalizzato a fornire unadeterminazione affidabile della confor-mità ai requisiti applicabili per la certifi-cazione, condotta da un gruppo di auditcompetente, con adeguate risorse e se-guendo un processo coerente, con risul-tati riportati in un modo altrettanto coe-rente.La presente norma internazionale è ap-plicabile per le attività di audit e di cer-tificazione di ogni tipo di sistema di ge-stione. Si riconosce che alcuni requisiti,ed in particolare quelli relativi alla com-petenza degli auditor, possono essere in-tegrati con criteri aggiuntivi al fine di sod-disfare le aspettative delle parti interessate.

Indice della Norma1 SCOPO E CAMPO DIAPPLICAZIONE 2 RIFERIMENTI NORMATIVI 3 TERMINI E DEFINIZIONI 4 PRINCIPI 4.1 Generalità 4.2 Imparzialità.4.3 Competenza4.4 Responsabilità4.5 Trasparenza4.6 Riservatezza4.7 Rapida ed efficace risposta ai recla-mi5 REQUISITI GENERALI 5.1 Aspetti legali e contrattuali 5.2 Gestione dell’imparzialità5.3 Responsabilità e risorse finanziarie

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mazioni9.1.9.6 Identificazione e registrazio-

ne delle risultanze dell’audit9.1.9.7 Elaborazione delle conclusioni

dell’audit9.1.9.8 Conduzione della riunione di

chiusura9.1.11 Analisi delle cause delle non

conformità9.1.12 Efficacia delle correzioni e del-

le azioni correttive9.1.14 Decisione di certificazione9.1.15 Azioni prima di prendere una

decisione9.2 AUDIT E CERTIFICAZIONE INIZIA-LE9.2.2 Riesame della domanda9.2.3 Audit iniziale di certificazione9.2.3.1 Audit di fase 19.2.3.2 Audit di fase 29.2.4 Conclusioni dell’audit iniziale

di certificazione9.2.5 Informazioni per il rilascio del-

la certificazione iniziale9.3.2 Audit di sorveglianza9.3.3 Mantenimento della certifica-

zione9.4.2 Audit di rinnovo della certifi-

cazione9.4.3 Informazioni per il rilascio del

rinnovo della certificazione9.5 Audit speciali9.5.1 Estensione del campo di appli-

cazione9.5.2 Audit senza preavviso9.6 Sospensione, revoca o riduzione

del campo di applicazione della certifi-cazione9.7 Ricorsi9.9 Registrazioni relative ai clienti ed

ai richiedenti la certificazioneL’APPENDICE E (informativa) - PRO-CESSO DI AUDIT E CERTIFICAZIONEDI TERZA PARTE Presenta lo Schema di flusso tipico perun processo di audit di terza parte e unprocesso di certificazione.Vedi fig. E.1(presente sul nostro sito: http://aicqna.com/redazione/qualita/ nella sezione "segnala-zione articoli").B-LA COMPETENZA4 -PRINCIPI4.3 CompetenzaPer rilasciare una certificazione che tra-smetta fiducia è necessaria la compe-tenza del personale, supportata dal si-stema di gestione dell’organismo di cer-tificazione.Competenza è la capacità di applicareconoscenze e abilità per ottenere i risul-tati desiderati.7 -REQUISITI PER LE RISORSE 7.1.2 Determinazione dei criteri di com-petenzaGli elementi in uscita del processo de-vono essere i criteri documentati della

conoscenza richiesta e delle abilità ne-cessarie per eseguire i compiti di audit edi certificazione al fine di ottenere i ri-sultati attesi. L’appendice A specifica laconoscenza e le abilità che un organi-smo di certificazione deve definire perle particolari funzioni.L’organismo di certificazione deve di-sporre di un processo documentato perdeterminare i criteri di competenza peril personale coinvolto nella gestione edesecuzione degli audit e della certifica-zione. I criteri di competenza devono es-sere determinati con riferimento ai re-quisiti di ogni tipo di norma o specificadi sistema di gestione, per ogni area tec-nica e per ogni funzione nel processo dicertificazione. Gli elementi in uscita delprocesso devono essere i criteri docu-mentati della conoscenza richiesta e del-le abilità necessarie per eseguire i com-piti di audit e di certificazione al fine diottenere i risultati attesi. L’appendice Aspecifica la conoscenza e le abilità cheun organismo di certificazione deve de-finire per le particolari funzioni. Nei ca-si in cui, per uno schema specifico di cer-tificazione, per esempio ISO/TS 22003(Sistemi di gestione per la sicurezza ali-mentare), siano stati stabiliti criteri spe-cifici di competenza aggiuntivi, questidevono essere applicati.Nota Il termine “area tecnica” può esse-re applicato differentemente in funzionedella norma di sistema di gestione con-siderata. Per ogni sistema di gestione, iltermine è relativo a prodotti e processinel contesto del campo di applicazionedella norma di sistema di gestione. Learee tecniche possono essere definite dauno specifico schema di certificazione(per esempio ISO/TS 22003) o possonoessere determinate dall’organismo di cer-tificazione.APPENDICE A7.1.3 Processi di valutazioneL’organismo di certificazione deve di-sporre di processi documentati per la va-lutazione iniziale della competenza e peril monitoraggio continuo sia della com-petenza sia della prestazione di tutto ilpersonale coinvolto nella gestione e con-duzione degli audit e della certificazio-

� Valutazione della conformità �50tteemmaa

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ne, applicando i criteri di competenzastabiliti. L’organismo di certificazione de-ve dimostrare l’efficacia dei propri me-todi di valutazione. Gli elementi in usci-ta da questi processi devono essere ido-nei ad identificare il personale che pos-siede il dimostrato livello di competenzarichiesto per le differenti funzioni del pro-cesso di audit e di certificazione.Nota Un numero di metodi di valuta-zione che possono essere utilizzati pervalutare la competenza e le abilità sonodescritti in appendice B e comprendonoi seguenti:

� Riesame delle registrazioni� Informazioni di ritorno� Interviste� Osservazioni� EsamiAPPENDICE D -COMPORTAMENTI PER-SONALI ATTESI (informativa)Riporta esempi di comportamenti perso-nali, che sono importanti per il persona-le coinvolto nelle attività di certificazio-ne, per ogni tipo di sistema di gestione.7.2.5 L’organismo di certificazione devedisporre di un processo per poter conse-guire e dimostrare l’efficacia dell’attivitàdi audit, compresi l’impiego di auditor edi responsabili di gruppi di audit che pos-seggano abilità e conoscenze generalicirca gli audit, nonché abilità e cono-scenze appropriate per effettuare auditin aree tecniche specifiche.

7.2.11 Le procedure documentate di mo-nitoraggio per gli auditor devono com-prendere una combinazione di osserva-zioni su campo, riesami di rapporti di au-dit ed informazioni di ritorno dai clientio dal mercato e devono essere precisatein requisiti documentati. Tale monito-raggio deve essere concepito in modo daminimizzare il disturbo arrecato ai nor-mali processi di certificazione, soprat-tutto dal punto di vista del cliente.APPENDICE C (informativa) - MOSTRAUN ESEMPIO DI SCHEMA DI FLUSSOPER DETERMINARE E MANTENERE LACOMPETENZA.

Impatti operativiPoiché la iso 17021 è un documento co-gente, a differenza della Iso 19011 che èuna Guida, ne nascono importanti im-plicazioni operative, tra cui ( ):� Per rilasciare una certificazione chetrasmetta fiducia è necessaria lacompetenza del personale coinvoltonel processo di certificazione (nonlimitata a quella degli auditors).

� L’organismo di certificazione deveavere pertanto un processo docu-mentato

a) per determinare i criteri di competen-za per il personale coinvolto nella ge-stione ed esecuzione dell’audit e del-la certificazione. I criteri di compe-tenza devono essere determinati con

riferimento ai requisiti di ogni tipo nor-ma o specifica di sistema di gestione,per ogni area tecnica e per ogni fun-zione nel processo di certificazione,oltre che per area geografica, se ap-plicabile ALLEGATO A,

b)per la valutazione della competenzainiziale e per il monitoraggio dellacompetenza nel tempo e della presta-zione di tutto il personale coinvoltonella gestione e prestazione degli au-dit e della certificazione, applicandodeterminati criteri di competenza.

� Gli ODC devono riqualificare tutti ipropri auditor utilizzando i metodisuggeriti nell’ ALLEGATO B

� Non si deve più ragionare in terminidi requisiti minimi per la competenza(ad es. 10 audit, 3 anni di esperienza,laurea, anche se tutto ciò può rimane-re) ma innanzitutto sulle conoscenzerichieste per lavorare in un’area tecni-ca definita, e quindi sui metodi utiliz-zati per verificare questa competenza.

� Gli ODC devono predisporre un pia-no di transizione da rendere disponi-bile ad Accredia prima della verificadi transizione, e comunque entro il 1Febbraio 2012. Accredia verificheràil rispetto del piano proposto in oc-casione della prima verifica ispettivapresso la sede dell’OdC interessato;

� Piano di transizione.-IAF ha emessoun documento informativo (IAF ID2:2011), disponibile sul sito IAF, doveviene definito un periodo di transizio-ne di 24 mesi dalla data di pubblica-zione; pertanto, entro il 1 febbraio2013 tutti gli Organismi AccreditatiISO/IEC 17021:2006 dovranno ade-guarsi alla nuova norma al fine di evi-tare provvedimenti sanzionatori.

� A partire dal 1 Febbraio 2012 Accre-dia emetterà nuovi accreditamenti so-lo a fronte della ISO/IEC 17021:2011.

� Dal 1 febbraio 2013 tutti gli accredi-tamenti emessi a fronte della ISO17021:2006 verranno revocati.

� La revisione della norma ISO 17021 �51

tteemmaa

> Prospetto A.1 - prospetto delle conoscenze e abilità

� NOTE1 Emanuele Riva, UNI / ACCREDIA - Ottobre

2011, Aspetti applicativi della UNI CEI EN

ISO/IEC 17021.

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Aicq Centro Insulare>>

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Dalla Regola Benedettinaalla Qualità TotaleNell’ambito delle molteplici iniziative pro-mosse ed organizzate dall’AssociazioneItaliana Cultura per la Qualità centro insu-lare AICQ-ci per celebrare la settimana eu-ropea per la Qualità 2011 - svoltasi que-st’anno all’insegna dello slogan «Qualityfor best impact» - meritano di essere se-gnalate due che si sono svolte con il me-desimo titolo e che hanno attratto un nu-merosissimo e qualificatissimo pubblico:“dalla Regola Benedettina alla Qualità To-tale”.Entrambe hanno avuto come relatore ilqualitologo, prof. ing. Sergio BINI, notostudioso della materia ed assiduo ricerca-tore di nuove frontiere della Qualità e dimodelli di gestione delle organizzazioni,oltre che consigliere e socio fondatore del-la stessa AICQ-ci.Le manifestazioni, strutturate come “se-minari – conversazioni”, si sono tenute aRoma:

� il 9 novembre 2011, presso la salaconferenze della centralissima sededell’Ordine degli Ingegneri della pro-vincia di Roma. L’incontro è stato de-dicato agli iscritti all’Ordine;

� il 19 dicembre 2011, presso il Pontifi-cio Ateneo di Sant’Anselmo, la presti-giosa ed antica Università internazio-nale dei monaci benedettini sull’Aven-tino. L’incontro è stato aperto dal Ma-gnifico Rettore ed ha richiamato in salaanche numerosi docenti dell’Ateneo.

Per poter rispondere alle richieste prove-nienti da parte di coloro i quali non han-no potuto partecipare ai due incontri, siprovvederà ad organizzare altre due repli-che dell’evento.Comunque, al fine di mettere tempestiva-mente a disposizione di tutti i Soci del-l’Associazione i principali contenuti af-frontati durante i due seminari, si voglionosintetizzare - di seguito e per grandi linee- sia il quadro tematico affrontato, sia i prin-cipali aspetti trattati.

La Regola Benedettina Da quasi quindici secoli c’è un documen-

gabile senza la loro presenza e la loro azio-ne. In questo senso, San Benedetto e con luii benedettini sono i “padri dell’Europa” nelsenso pieno del termine, sia da un puntodi vista storico che sociologico …» [LéoMorin, 2008].Sono molti, fortunatamente, gli studiosi nelmondo che dedicano i propri studi e le pro-prie ricerche per approfondire sia questoprezioso testo, sia le sue applicazioni chehanno consentito nei secoli di far migliorareprogressivamente la qualità della vita e difar accrescere la cultura dei popoli, a par-tire da quelli gravitanti nelle aree di in-fluenza dei monaci e dei monasteri.Tra questi, non sono pochi quelli che ri-tengono la Regola benedettina un testo chevada ben oltre la dimensione “religiosa”;essa è, soprattutto, una guida metodologi-ca che aiuta a mettere ordine nella vita del-le persone e delle comunità (organizza-zioni; aziende; imprese; reti di imprese;gruppi; famiglie; sistemi; network; e cosìvia).Dagli Stati Uniti Skrabec jr. - un importan-te studioso di Qualità- conferma con de-terminazione che, grazie alla Regola di SanBenedetto, «le comunità benedettine furo-no la dinamo economica della loro epoca.Erano centri agricoli, di produzione e di co-noscenza… all’inizio la loro attività fu agri-cola, ma ben presto seguirono la strada …per raggiungere l’indipendenza economi-ca, ottenendo i loro primi successi nellapesca, nella lavorazione della lana, nellamacinazione del grano e nell’allevamentodei cavalli.Queste comunità monastiche erano orga-nizzazioni culturali in cui venivano pro-mossi studi ed esperimenti nel campo del-la manifattura di beni. Nel XV se-colo, or-mai i monasteri europei gestivano attivitàcome la fabbricazione della birra, l’estra-zione dei minerali, la molitura del grano,la produzione del ferro e la lavorazione delvetro. …. Queste comunità “industriali” edi loro monopoli con-trollavano l’Europa at-traverso dipendenze (“masserie”) …. L’effi-cienza organizzativa è l’eredità che essehanno lasciato al nostro secolo, alla cui ba-se troviamo alcuni principi benedettini: ar-monia, lavoro di gruppo e stabilità … ».[Quentin R. Skrabec jr., 1998]

� Eventi �52eevveennttii

to che continua a costituire, silenzio-sa-mente, la base della struttura organizzati-va, produttiva e culturale dell’Italia, del-l’Europa e - più in generale - del mondooccidentale: la «Regula Benedicti».Il documento elaborato da San Benedettoda Norcia nel 530 d.C. - anche se è statodefinito dallo stesso Santo “una piccolissi-ma Regola per principianti … con la qua-le risulta possibile raggiungere finalmentele più alte vette di dottrina e di virtù …” -ha consentito di avviare ed alimentare uninesorabile circolo virtuoso che ha cam-biato il corso della storia e dell’economia,il concetto di lavoro ed ha stimolato unprocesso di miglioramento continuo del-la stessa qualità della vita delle persone edelle società coinvolte.Dallo studio attento di questa Regola (edella sua progressiva attuazione ed e-span-sione in abbazie e monasteri) si può sco-prire che effettivamente il concetto stessodi Europa poggia le proprie basi sulle di-rettive tracciate dal grande Santo umbro:

� concetti-base della vita delle organiz-zazioni: parlamento, elezioni, scruti-nio, ballottaggio, rappresentanza, arbi-trato, cooperative, fondazioni, e cosìvia;

� parole e forme: “avere voce in capito-lo”, rubrica, scomunica, breakfast,gris-sino, biscotto, indispensabile, ecosì via;

� invenzioni e soluzioni tecnologiche: ivari tipi di mulino (ad acqua e a ven-to); la bussola, l’aratro, l’organizzazio-ne tecnica dell’agricoltura, dell’itticol-tura, la stampa, la ferratura dei cavalli,l’orologio (lo svegliarino); l’altoforno;le tecniche di costruzione delle catte-drali e dei monasteri, insieme con unamoltitudine di prodotti innovativi e dialtre “cose nuove”.

La “Regola” ha costruito la vera cultura occidentaledell’EuropaCome affermava, infatti, lo studioso LéoMORIN «… i monaci sono all’origine, in-consapevole ed involontaria, di un movi-mento economico e sociale così profon-do, così diverso e vasto che l’evoluzionedel Medio Evo sarebbe difficilmente spie-

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Ancora oggi, senza saperlo, dopo 1500 an-ni la “Regola di Benedetto da Norcia” con-tinua a regolare la vita e le relazioni all’in-terno delle piccole imprese; infatti, con laguida “paterna” del proprietario-imprendi-tore si tende a rafforzare una serie di prin-cipi che non regolano solo le ore, i riti, le at-tività, i ruoli, i compiti e le responsabilità diciascun protagonista, ma anche i processidi crescita personale dei singoli.

Gli aspetti innovativi nella gestione delleorganizzazioni, come“sistemi”In occasione delle due conversazioni, il re-latore si è soffermato, in particolar modo,sulla interpretazione delle declinazioni ap-plicative della Regola soprattutto nei ri-guardi dei seguenti ambiti: � eliminazione delle negatività all’inter-no delle organizzazioni;

� ottimizzazione del lavoro di squadra,servendosi della cooperazione pervincere;

� capacità di integrare nel lavoro le di-mensioni materiali (tangibili) con quel-le spirituali (intangibili);

� possibilità di raggiungere il vertice del-la “piramide dei bisogni” di Maslow(cioè l’autorealizzazione) da parte ditutte le persone;

� sviluppo di un’organizzazione creatri-ce, con continuità, di conoscenza e diinnovazione.

L’attenzione del relatore si è focalizzata,inoltre, su come la “Regola” abbia svolto -nella realtà dei fatti – il ruolo indiscutibiledi vera e propria antesignana dello stan-dard internazionale ISO 9001 (prima) e,

successivamente, dei principi-base del To-tal Quality Management (la cosiddetta Qua-lità Totale). La Regola, infatti, ha introdotto concetti og-gi attualissimi come: miglioramento con-tinuo; circoli della qualità; team work; lea-dership; brainstorming; standardizzazione;benchmarking; autovalutazione; just in ti-me; knowledge management; e così via.La Regola - sintetizzata egregiamente dal-lo slogan «ora et labora» - è quindi un sem-plice progetto di vita, un insieme di principichiaramente più vicino al significato origi-nario della parola latina «regula», o guida,piuttosto che al termine «lex» o legge.Infatti, «Regula» - la parola che oggi vienetradotta con “regola” - nell’accezione ori-ginaria significava, invece “indicatore stra-dale”, oppure “ringhiera”, cioè qualcosa acui aggrapparsi e sorreggersi nel buio e/onella stanchezza, qualcosa che indica lastrada e che aiuta ad andare verso una de-terminata (corretta) direzione, nel “desertodella vita” quotidiana. Non è, quindi, solo una serie di istruzioni,ma aiuta a costruire uno stile di vita!Forse anche per questo, la Regola costitui-sce uno strumento estremamente vivo esempre attuale e la si può applicare anchein un momento così complesso e difficilecome quello attuale - sia per i singoli, cheper le organizzazioni-.

Con la “Regola”, la personaviene posta al centrodell’organizzazioneLa Regola benedettina - o meglio la “Re-gula Benedicti” -, questo antico testo delVI secolo d.C. scritto nell’Abbazia di Mon-tecassino, non può e non deve essere con-

� Eventi � 53eevveennttii

siderato un trattato di teologia, bensì unaguida di sapienza per l’uomo di sempre -compreso (o forse ancor di più) per quellodi oggi - per poter:� comprendere meglio l’Uomo, comeentità e come singolo;

� comprenderemeglio il Gruppo;� costruire un processo virtuoso nelGruppo, cioè un miglioramento con-tinuo dei singoli, della comunità e del-le attività svolte.

In tale ambito metodologico, la «sapien-za» per San Benedetto è un qualcosa di sa-pido, di saporoso, di interessante che con-sente:� di penetrare nei significati delle cose edelle azioni umane;

� di conoscere l’uomo in tutte le suemanifestazioni evidenti come e parolee le azioni, e nascoste, ma non del tut-to (i cosiddetti “segnali deboli”).

Le tre virtù principali fissate dalla “Rego-la” per il processo di miglioramento - chedevono essere prima riconosciute e poiesercitate - sono: � l’obbedienza, che è un mettersi inascolto (ob-audire), in piedi, e prontiad agire secondo saggezza e cono-scenza (cioè, le competenze) [capitolo5°];

� il silenzio, che non è un vuoto menta-le o l’assenza di proposte, ma il mo-mento e il modo che le fa maturare.Collegate al silenzio, e funzionale adesso, ci sono la sobrietà e la proprietàdi linguaggio [capitolo 6°];

� l’umiltà, che è un sentirsi permanente-mente vicini alla terra (humus) - cioèvicini ai problemi ed attenti alle realtàquotidiane -. L’acquisizione di questavirtù consente di avere la reale perce-zione della propria fallibilità e dellapropria fragilità in ogni situazione [ca-pitolo 7°].

Le suddette tre “virtù” vanno, comunque,declinate alla luce di un quarto concet-tounificante, quello di persona, come esse-re razionale, libero e autocoscien-te. La “Regola benedettina” è costituita da unprologo e da 73 capitoli, che pos-sono es-sere letti immaginandoli organizzati in quat-tro parti:Di tutta la “Regola” si vuole, di seguito, ri-

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portare solo le prime righe del “prologo”che recitano così:«ASCOLTA, figlio, i precetti del maestro,PORGI attento il tuo cuore,RICEVI di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene eMETTILI risolutamente in pratica, per RITORNARE con la fatica dell’obbe-dienzaa Colui dal quale ti eri allontanato …».Da una lettura particolarmente attenta (eforse anche molto laica) di queste ri-ghetraspaiono le fasi «plan-do-check-act» delmodello operativo a base del mi-gliora-mento continuo rappresentato dal ciclo diDeming; che, quindi, risulterebbe poter es-sere stato tracciato con circa 1.500 anni dianticipo.

La guida è affidata allaleadership di un uomoscelto dalla comunitàUno dei principali pilastri della “Regolabenedettina” è costituito dalla “leadership”esercitata dall’Abate, il capo della comu-nità; attraverso sia la sua opera quotidia-na, sia le sue particolari caratteristiche uma-ne, «deve riuscire a costruire la comunitàper mezzo dell’organizzazione».E’ indispensabile che l’Abate «detesti i vi-zi, ma ami i fratelli …» e nel corregge-reagisca con prudenza e senza eccessi, per-ché volendo raschiare troppo la ruggine,non gli capiti di rompere il vaso; abbia sem-pre presente la sua fragilità e si ricordi che“non si deve spezzare la canna incrinata”[Anselm Grün, 2004]. All’Abate la Regola ricorda che deve ope-rare cercando di «essere amato più che te-muto» [capitolo LXIII]; «l’Abate si ricordisempre di quello che è e di come viene

ti oggi nelle aziende:Comunque, «ogni volta che in monasterosi devono trattare cose d’importanza, l’Abateraduni tutta la comunità ed esponga eglistesso di che si tratta. E udito il parere deifratelli, consideri dentro di sé la cosa, e fac-cia quello che gli sembre-rà più utile. Abbiamo detto di chiamare tutti a consi-glio, perché spesso il Signore ispira al piùgiovane il partito migliore. … consigliatiin tutto ciò che fai e dopo non avrai a pen-tirtene» [capitolo III].Ma l’organizzazione e la gestione della co-munità secondo la Regola Benedettina èscandita e regolata da un nutrito ed im-portante dizionario farcito di concetti la cuiattenta analisi semantica meriterebbe gior-nate intere di approfondimento. Di segui-to si riportano, ad esempio, alcuni tra i piùimportanti con-cetti benedettini, presentinella Regola: la stabilitas; humilitas (da “hu-mus”); obsculta/ausculta; la discretio; la ta-citurnitas; la statio; la mormorazione; l’ho-ra competens; la con + solatio; la respon-sabilitas (da “responsum + abilis”); la sop-portazione; lo zelo; l’autorità (da “auctori-tas”); decidere (da “de + caedere”); la con-sapevolezza; tras-formare; e così via.Il prof. ing. Sergio Bini conclude la con-versazione con una riflessione finale dedi-cata alla ricerca delle possibili motivazio-ni che hanno portato l’Unione Europea a vo-ler negare (non solo formalmente, ma an-che fattualmente) la matrice cristiana/be-nedettina delle origini della propria cultu-ra occidentale. L’Unione Europea sembraconcentrare le proprie attenzioni quasiesclusivamente all’economia ed alla fi-nanza; infatti, sembra quasi che per le bu-rocrazie europee non esistano più né lepersone, né i “cittadini”, ma solo dei “con-sumatori”. Non sembrano meritevoli di at-tenzione nemmeno i “lavoratori”, consi-derati es-senzialmente come “forza lavo-ro” e considerati quasi una “merce” inter-cambiabile, grazie all’adozione di soluzionidelocalizzate sempre più economiche.Forse si sta realizzando proprio quanto pre-visto, con preoccupazione, da GeorgeOrwell quando avvertiva che “chi si ap-propria del nostro passato, si appropria delnostro futuro”, come stava accadendo an-che ai tempi di San Benedetto.

� Eventi �54eevveennttii

chiamato, e sappia che a chi fu dato mol-to, molto sarà richiesto. Sia inoltre consa-pevole della difficoltà e della delicatezza delcompito che si è assunto di governare leanime, adattandosi ai diversi temperamenti,che richiedo-no alcuni la dolcezza, altri ilrimprovero, alti ancora la persuasione; sap-pia adat-tarsi e conformarsi a tutti, secon-do l’indole e l’intelligenza di ciascuno, co-sì da non subire perdite nel gregge affida-togli, rallegrandosi invece per il suo incre-mento» [capitolo II].San Benedetto, nel suo modello di condu-zione dell’organizzazione della comunitàmonastica, vuole che l’Abate si debba li-berare dall’orgoglio di dirigere una comu-nità di grande fama e che, invece, presti lamassima attenzione al singolo - da rispet-tare con tutta le sue debolezze - e se neoccupi come il buon pastore. In questomodo, mentre segue il singolo (nelle suedebolezze) potrà conoscere meglio anchele proprie e troverà il modo per combat-terle. Si deve, cioè, comportare come ilbravo medico che vive in se stesso le feri-te del paziente.Walter Nigg definisce San Benedetto «co-struttore di uomini», uno che realizza congrande energia e determinazione, ciò chein quel momento era più necessario, cioèdegli uomini riaggiustati da cima a fondoin senso positivo [A. Grün, 2004]; diventareuomini positivi che sanno costruire senzademolire gli altri: proprio questa è una del-le più importanti raccomandazioni di SanBenedetto valide anche per i cittadini delterzo millennio.Per assicurare la gestione operativa del-l’organizzazione era stata prevista anchela presenza di altre figure che sono in qual-che modo riconducibili alle figure presen-

Figure della REGOLA benedettina Figure dell’impresa modernaABATE Amministratore DelegatoPRIORE Direttore GeneraleCELLERARIO Direttore Amministrativo e finanziario

e Direttore ApprovvigionamentiDECANI Dirigenti, responsabili di Strutture

organizzativeCIRCATORES Internal AuditingARMARIUS (Capo Biblioteca) Responsabile Formazione e cultura d’impresa

(gestore del know how)

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ITALIA, PA

Continuità operativaPubblicata sulla Gazzetta del 27 dicem-bre 2011 la Circolare n.58 con le indica-zioni necessarie per adempiere a quantoprevisto dall'articolo 50-bis (ContinuitàOperativa) del Codice dell'Amministra-zione Digitale. In particolare, la circolarechiarisce le informazioni da inviare a Di-gitPA per il rilascio del parere sullo studiodi fattibilità tecnica e per l’attività di veri-fica dell’aggiornamento dei piani di Disa-ster Recovery. Alla sicurezza dei dati e del-le applicazioni informatiche DigitPA de-dica particolare attenzione, specie in unquadro di progressiva e radicale digitaliz-zazione dei servizi a cittadini e imprese. IlDisaster Recovery è il primo passo neces-sario a garantire la piena ed efficace con-tinuità dei servizi online delle pubblicheamministrazioni.La continuità operativa è l’insieme di atti-vità volte a minimizzare gli effetti distrut-tivi, o comunque dannosi, di un eventoche ha colpito un’organizzazione o partedi essa, garantendo la continuità delle at-tività in generale. La sfera di interesse del-la continuità operativa va oltre il solo am-bito informatico, interessando l’intera fun-zionalità di un’organizzazione, ed è per-tanto assimilabile all’espressione “busi-ness continuity”. La continuità operativapuò quindi essere intesa come “l’insiemedi attività volte a ripristinare lo stato del si-stema informatico o parte di esso, com-presi gli aspetti fisici e organizzativi e lepersone necessarie per il suo funziona-mento, con l'obiettivo di riportarlo allecondizioni antecedenti a un evento disa-stroso”.La continuità operativa comprende sia gliaspetti strettamente organizzativi, logisticie comunicativi che permettono la prose-cuzione delle funzionalità di un’organiz-zazione, sia la continuità tecnologica, chenel contesto delle pubbliche amministra-zioni riguarda l’infrastruttura informaticae telecomunicativa (ICT). Pertanto, le so-luzioni per garantire la continuità dei ser-vizi non considerano soltanto le compo-

re di nuove alleanze, come stimolo cultu-rale, lobbistico e operativo per rimuoveregli ostacoli e le chiusure normative, orga-nizzative e tecnologiche che si oppongo-no ad una PA realmente aperta.

La convenzione delleNazioni Unite sui dirittidelle persone con disabilitàL’Italia ha ratificato La convenzione delleNazioni Unite sui diritti delle persone condisabilitàLa capacità di risposta ai bisogni delle per-sone disabili è uno degli indicatori princi-pali di un Welfare moderno, maggiormenteinclusivo, equo ed efficiente e l’Italia hafatto un passo avanti decisivo in tale dire-zione.La Convenzione rappresenta pertanto unostrumento condiviso dalla comunità inter-nazionale che segna valori e obiettivi perampliare il grado di inclusione sociale del-le persone disabili. La persona al centro, lo sviluppo integra-le di ciascuna persona: è questa la stellapolare per riconoscere e promuovere il va-lore infinito della persona per il solo fattoche esista, così come è. “Gli Stati Parti riaffermano che il diritto al-la vita è connaturato alla persona umanaed adottano tutte le misure necessarie agarantire l’effettivo godimento di tale di-ritto da parte delle persone con disabilità(…)”,art.10.Il concetto di disabilità non indica più unassoluto della persona come in passato mariguarda il rapporto tra la persona e il suoambiente di riferimento. Educazione e la-voro sono due ambiti particolari cui la Con-venzione fa riferimento invitando a un im-pegno preciso istituzioni e società civile.Come per ogni persona, il percorso di istru-zione e formazione e l’esperienza lavora-tiva rappresentano momenti essenziali an-che per la vita di una persona disabile. E’necessario pertanto sviluppare percorsi,servizi e tecnologie nuove che permettanodi rispondere adeguatamente a tali neces-sità.Nessuna legge o convenzione può peròsostituire la responsabilità dei singoli e cia-scuno di noi è chiamato, su questo tema,a una responsabilità grande.

� Qualità dal mondo �56qquuaalliittàà ddaall mmoonnddoo nenti tecnologiche utilizzate, ma anche

tutte le altre risorse (personale, impianti,ecc.). La continuità operativa considera imezzi tecnici impiegati nei procedimentiamministrativi come strumenti per l’ero-gazione dei servizi ed estende la sua sfe-ra di interesse alle tematiche più generalidi natura organizzativa.La continuità operativa rappresenta unaspetto di estrema importanza per l’e-go-vernement, poiché consente di garantirerealmente una disponibilità dei servizi online superiore a quella degli accessi tradi-zionali tramite sportello. In tal modo, èpossibile fornire al cittadino il pieno eser-cizio del suo diritto ad accedere ai servi-zi pubblici per via telematica, come pre-visto dall’Articolo 3 del Codice dell’Am-ministrazione Digitale. L’importanza diquesto tema ha trovato conferma in occa-sione della revisione del CAD operata daldecreto legislativo 30 dicembre 2010, n.235 che ha inserito un nuovo articolo, il 50-bis, “Continuità operativa”.Linee guida per il disaster recovery dellePubbliche amministrazioni -http://www.digitpa.gov.

Piano Nazionale per la Banda Larga È del 29 dicembre scorso l’annuncio delMinistero dello Sviluppo Economico, delproseguimento Piano Nazionale per laBanda Larga, che in questa quarta trancemetterà a disposizione 95 milioni di euroattraverso la società Infratel-Invitalia per larealizzazione di un’infrastruttura a bandalarga nei territori a digital divide di Sicilia,Basilicata, Campania, Molise, Lazio, Mar-che, Toscana, Sardegna e Veneto.

Forum Pa 2012 Il tema del prossimo FORUM PA 2012 (Fiera di Roma,15-18 maggio) sarà l’OPENGOVERNMENT in quanto considerata come strada obbli-gata per la PA del futuro, capace di pro-muovere innovazione e speranza a citta-dini e imprese. In questo contesto di “in-novazione necessaria” FORUM PA si pro-pone come luogo della divulgazione emessa a sistema delle esperienze italianedi Open Government, come catalizzato-

A cura di Giovanni Mattana>>

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