Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

129
Lezione 1: introduzione al corso; Che cosa è la psicosociopatologia dell’organizzazione Risulta molto difficile assegnare una precisa definizione a questa nuovissima neonata Disciplina, ancora “in fieri” circa il suo significato e posizionamento epistemologico nelle Scienze socio-umanistiche. Essa trarrebbe origine da vari contributi scientifici, derivanti da conoscenze psicologiche, sociali, psichiatriche, economico-sanitarie, antropologiche, giuridiche, medico-legali, politiche ed altre, in via di acquisizione/sviluppo. La nozione di rischio “relazionale” ed “organizzativo-interpersonale” in campo lavorativo si dovrebbe aggiungere agli obblighi che il Medico Competente di un’Azienda sarebbe tenuto ad assolvere, oltre ai tradizionali rischi chimico-fisicobiologici, propri delle Aziende del secolo scorso. Risulterebbe essere una disciplina neonata, che si prefigge di affiancarsi ad una corretta gestione del Soggetto nel suo ambiente fisico-biologico, legato alla sede di lavoro, anche attraverso l’acquisizione, con la reale percezione, soggettiva ed obiettiva, di un clima di lavoro, formulato, creato e teso all’introduzione, conservazione e miglioramento di un preciso clima lavorativo ideale, funzionale alla rimotivazione dei Soggetti che, attraverso il talento dell’Affiliazione, si sentano in completo “benessere biopsicosociospirituale” nella propria quotidianità lavorativa. Spesso, negata nella sua essenza e ritenuta inutile allinearla nei quadri di Direzione Generale, in quanto, ipoteticamente, foriera di “sprechi” di Risorse Umane ed Economiche, risulta, invece, essere ottimale, quale bussola indicante la via ideale da seguire nella motivazione/rimotivazione del Capitale Umano, sul quale si dovrebbe fondare la forza di qualsiasi Azienda. Poiché è nostro compito tendere all’empowerment, verranno identificati i “danni e le trappole” connesse ad una cattiva manutenzione dei concetti, positivamente espressi: in tal caso, esamineremo la disfunzionalità individuale ed aziendale legata ad un maldestra gestione delle Risorse Umane. Conoscere le definizioni di gruppo, équipes funzionali e disfunzionali, clima di lavoro, motivazioni, straining, mobbing, stalking, workaholism, pone il Discente nell’opportunità di essere in grado di conseguire una presenza ottimale nel proprio lavoro di Ricerca e di Studio, La conoscenza di alcuni fenomeni che verranno trattati in questo Corso può rendere edotti i Cultori di questa Disciplina nel far

description

psicologia del lavoro

Transcript of Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Page 1: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Lezione 1: introduzione al corso;Che cosa è la psicosociopatologia dell’organizzazioneRisulta molto difficile assegnare una precisa definizione a questa nuovissima neonata Disciplina, ancora “in fieri” circa il suo significato e posizionamento epistemologico nelle Scienze socio-umanistiche. Essa trarrebbe origine da vari contributi scientifici, derivanti da conoscenze psicologiche, sociali, psichiatriche, economico-sanitarie, antropologiche, giuridiche, medico-legali, politiche ed altre, in via di acquisizione/sviluppo. La nozione di rischio “relazionale” ed “organizzativo-interpersonale” in campo lavorativo si dovrebbe aggiungere agli obblighi che il Medico Competente di un’Azienda sarebbe tenuto ad assolvere, oltre ai tradizionali rischi chimico-fisicobiologici, propri delle Aziende del secolo scorso. Risulterebbe essere una disciplina neonata, che si prefigge di affiancarsi ad una corretta gestione del Soggetto nel suo ambiente fisico-biologico, legato alla sede di lavoro, anche attraverso l’acquisizione, con la reale percezione, soggettiva ed obiettiva, di un clima di lavoro, formulato, creato e teso all’introduzione, conservazione e miglioramento di un preciso clima lavorativo ideale, funzionale alla rimotivazione dei Soggetti che, attraverso il talento dell’Affiliazione, si sentano in completo “benessere biopsicosociospirituale” nella propria quotidianità lavorativa. Spesso, negata nella sua essenza e ritenuta inutile allinearla nei quadri di Direzione Generale, in quanto, ipoteticamente, foriera di “sprechi” di Risorse Umane ed Economiche, risulta, invece, essere ottimale, quale bussola indicante la via ideale da seguire nella motivazione/rimotivazione del Capitale Umano, sul quale si dovrebbe fondare la forza di qualsiasi Azienda. Poiché è nostro compito tendere all’empowerment, verranno identificati i “danni e le trappole” connesse ad una cattiva manutenzione dei concetti, positivamente espressi: in tal caso, esamineremo la disfunzionalità individuale ed aziendale legata ad un maldestra gestione delle Risorse Umane. Conoscere le definizioni di gruppo, équipes funzionali e disfunzionali, clima di lavoro, motivazioni, straining, mobbing, stalking, workaholism, pone il Discente nell’opportunità di essere in grado di conseguire una presenza ottimale nel proprio lavoro di Ricerca e di Studio, La conoscenza di alcuni fenomeni che verranno trattati in questo Corso può rendere edotti i Cultori di questa Disciplina nel far evitare incresciosi risvolti psicopatologici lievi o, anche, medio-gravi, che possono, se non identificati e, anche, trascurati,divenire di pertinenza del Trattamento Psichiatrico.Effettuata questa doverosa premessa, ci sembra utile, a questo punto, riuscire ad identificare le corrette definizioni connesse ai vari argomenti, che andremo, via via, a trattare, precisando che la PsicoSociopatologia dell’Organizzazione, essendo una nuova disciplina sempre in via di sviluppo, necessita di continui aggiornamenti, legati a vicissitudini “ambientali sempre in rapido mutamento”. Risulta essere, come tante discipline attuali, centrate sì su concetti basilari, ma necessitante di continui aggiornamenti utili ad un inarrestabile restyling circostanziale, derivante da attese/inattese modificazioni legate al mondo dell’Organizzazione.E che cos’è lavorare con amore?• È tessere un abito con i fili del cuore, come se dovesse indossarlo il vostro amato.• È costruire una casa con dedizione, come se dovesse abitarla il vostro amato.• È spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia, come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.• È diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito.Cos’è il lavoro?• Il lavoro è amore rivelato.• E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l’elemosina di chi lavora con gioia.

Page 2: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

• Poiché se cuocete il pane con indifferenza, voi cuocete un pane amaro, che non potrà sfamare l’uomo del tutto.• E se spremete l’uva controvoglia, la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.• E anche se cantate come angeli, ma non amate il canto, renderete l’uomo sordo alle voci del giorno e della notte.Definizione sociologica Il gruppoOccorre, innanzitutto, assegnare una corretta definizione a questo vocabolo, spesso ed ingiustamente, abusato e bistrattato. In sociologia, risulta essere un insieme circoscritto di persone, che hanno la possibilità di conoscersi direttamente, condividono comuni interessi oppure occupano lo stesso status sociale. Ancora, tali persone possono avere in comune caratteristiche personali (strutturali o acquisite), che li accomunano.Un gruppo si qualifica, anche, per scopi (formali, informali): può distinguersi da una associazione, da un’istituzione e da un ‘organizzazione.Essi possono essere studiati secondo numerose prospettive:• Il tipo d’interesse che accomuna i membri• La maniera in cui prendono forma e si trasformano nel tempo• Le dimensioni• Gli scopi e gli obiettivi dei membri• Le modalità di comunicazione interna• Le modalità interrelazionali, con l’esterno• L’analisi della struttura interna del gruppo.Analizziamo, ora, il concetto di gruppi primari/secondari. Tale distinzione venne introdotta da H.C. Cooley (1909) ed è orientata squisitamente sull’analisi dei rapporti intragruppali. Un esempio del primo tipo orienta la nostra attenzione sui microgruppi, dove tutti si conoscono intimamente (banda. Famiglia, gruppo ristretto di amici ad alta frequentazione): appare evidente, qui, che l’identificazione dell’io individuale corrisponde, squisitamente, al NOI del gruppo.Il secondo tipo è rappresentato da un macrogruppo, con la contraddistinzione di rapporti formali e significativamente distaccati ( ad esempio, un gruppo legato ad un ordine professionale). Interessante, ora, analizzare, la modalità di come il gruppo si struttura. Trascorso un certo periodo di rodaggio e di reciproca conoscenza, i membri cominciano ad occupare una determinata posizione: tale posizione si rileva attraverso due criteri, che illustriamo, qui di seguito.• Un criterio orizzontale, riguardante la dimensione affettiva dei rapporti nel gruppo;• Un criterio verticale, riguardante i rapporti di potere all’interno del gruppo.L’insieme delle posizioni degli individui, che formano il gruppo, ne costituisce la struttura.La dinamica di gruppo (k. Lewin, 1944) è rappresentata da una metodologia adatta allo studio dei piccoli gruppi (oggi: indica, genericamente, l’integrazione dei processi e delle relazioni interpersonali che avviene all’interno del gruppo).In conclusione:Ci sembra utile assegnare una certa classificazione sociologica dei gruppi:• Gruppo di appartenenza (insieme di coloro che si identificano col gruppo di cui fanno parte);• Gruppo dei pari (insieme d’individui, di pari età, con assidua frequentazione);• Gruppo di riferimento (gruppo che condiziona il comportamento di un individuo che prende a modello gli atteggiamenti degli individui che lo compongono);• Gruppo d’interesse (insieme di individui che si mobilita e agisce a difesa delle proprie posizioni e prerogative);

Page 3: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

• Gruppo di pressione (insieme organizzato di individui, che, nel tentativo di perseguire interessi propri, cerca di influenzare le decisioni politiche, attraverso procedure di controllo positive (incentivi) o negative (boicottaggi).Ha la funzione di far circolare la domanda politica, costituendo un corpo intermedio tra società e governo.Per ulteriori approfondimenti di carattere epistemologico attinenti i gruppi, si rinvia il discente ad approfondire i suggerimenti espressi in bibliografia.IL GRUPPOIl Gruppo presenta caratteristiche peculiari che necessitano di approfondite letture specifiche, che si possono evidenziare dall’attenta lettura di alcuni riferimenti bibliografici espressi nella prima lezione. Sollecito il Lettore ad approfondire, seguendo le indicazioni bibliografiche, i seguenti concetti correlabili alla SocioPatologia Organizzativa:• Analisi dei Meccanismi d’azione dei Gruppi sull’Individuo (Imitazione, Suggestione, Facilitazione Sociale, Conformismo);• Analisi della Struttura dei Gruppi (Livello di Organizzazione, Natura dell’Organizzazione, Coesione del Gruppo, la Rete di Comunicazione nel Gruppo, le Dinamiche connesse al Gruppo).IN SociometriaLa Sociometria è il metodo per studiare la strutturazione dei Gruppi, con le relative relazioni interpersonali intercorrenti tra i vari Membri. Si usa uno speciale test sociometrico (Moreno): ci si interroga sulle simpatie-antipatie presenti singolarmente per ogni Membro. Se vogliamo descrivere il termine lessicale, Sociometria è la Scienza che s’interessa della relazione reciproca dei fenomeni sociali nei Gruppi. Il Sociogramma emergente rappresenta visivamente la struttura del Gruppo, in termine di scelte. Nozioni più approfondite possono essere reperite in specifici testi di Sociologia.IL GRUPPO Disfunzionale – 1Il concetto di Gruppo Disfunzionale può essere percepito nello spectrum del Gruppo “inutile, di cattiva immagine per l’Azienda, in altre parole, IMPRODUTTIVO”. Da un’approfondita lettura di alcuni testi che trattano di Organizzazione del Lavoro, questi “Stronzi” (Sutton R.I., 2007) diventano arroganti sul luogo di lavoro, creando “metaregole”, altamente disfunzionali alla crescita armonica dell’équipe, condizionando la vita professionale e, spesso, l’esistenza dei Soggetti che “sfortunatamente” si trovano a trascorrere con lo “ stronzo” otto ore al giorno, per circa cinque giorni, la settimana.IL GRUPPO Disfunzionale – 2Ovviamente la “resa” o risultato per l’Azienda risulterà compromessa, in quanto il Soggetto finisce per sentirsi, più che un Affiliato, un Aderente alla mission dell’Azienda per cui lavora. Mi appare indispensabile effettuare un sollecito, deciso e forte richiamo alle Direzioni Generali e agli Uffici delle Risorse Umane: tali comportamenti vanno censurati e annullati sul nascere,perché possono travolgere e modificare il clima organizzativo preventivato.ALCUNE EQUIPES PATOLOGICHE/DISFUNZIONALI – 1• Sembra opportuno, ora, ricorrere ad alcuni esempi di equipe perverse, dove non è chiaro assolutamente l’obiettivo per cui si è al lavoro: notare la ricaduta negativa sull’immagine dell’Azienda.ALCUNE EQUIPES PATOLOGICHE/DISFUNZIONALI – 2• Nell’équipe, intesa, come aggregato: non è stata fatta una scelta oculata nella costituzione della stessa, da parte della Persona dedicata alla costituzione della stessa, presumibilmente per urgenze cronologiche o per superficialità noetica. Purtroppo, l’esito si rivela disastroso, in quanto non esiste un confronto “leale” tra pari, si sostiene ampiamente la necessità di “andare d’accordo”, senza ricorrere a “sofismi-filosofici”, nella rigida ossevanza di ruoli e funzioni, con

Page 4: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

rigidità in ogni tipo di risposte a Chiunque (Direzione- Membri del Gruppo-Clienti): la conseguenza è univoca, centrata su rigidità, aprioristica conservazione dei ruoli e di idee ancestrali, con mancata tensione a comporre innovazioni e nuove iniziative d’adattamento alle richieste di mercato o epidemiologiche.ALCUNE EQUIPES PATOLOGICHE/DISFUNZIONALI – 3• La stessa paralisi si può evidenziare in équipes, intese come gruppo coeso o quelle contraddistinte da sottogruppi scismatici: in entrambi i casi si giunge alla difficoltà d’incorporare nuove idee, funzionali alla crescita dei singoli Individui (leggi:aumento del livello di motivazione, con rinnovato concetto di Senso di Appartenenza o Affiliazione) e allaAzienda stessa (con migliorata percezione del valore della stessa sul Mercato), perchè l’équipe, unita negli apporti singoli costituirebbe una forza dirompente e realmente attenta alle richieste innovative del mercato, cui si rivolge, con flessibilità/duttilità ed un alto livello di adattamento.IL GRUPPO Ottimale -1Dichiarasi Gruppo Ottimale il Gruppo, in cui:Il LEADER è condiviso: costui è riconosciuto dai vari Membri come il migliore. Egli si è conquistato e guadagnato il titolo sul campo, sia per capacità noetiche e sia per abilità tecniche. Egli risulta essere in grado di gestire i suoi Collaboratori, gratificandoli, motivandoli a conseguire per sé stessi traguardi importanti, contribuendo alla loro crescita professionale, e, indirettamente, anche a quella esistenziale, con manifesta capacità di apprezzare le doti individuali.IL GRUPPO Ottimale – 2Gli Obiettivi sono dichiaratamente perseguibili: non si tratta di “verbigerare di chimere o sogni ad occhi aperti”. Ogni Membro può trovare ascolto ed affrancamento nel suo Leader, quando intervengono difficoltà, apparentemente insopportabili: esiste un ottimo ritorno d’informazione nel sentirsi “affiliato” a quel particolare gruppo. Si ha la reale sensazione, comprovata dall’esperienza diretta, di essere un reale team work con regole precise d’ingaggio e di comportamento, rispettoso delle caratteristiche individuali.Caratteristiche ottimali, in sintesi:1. Sensazione di essere riconosciuti come PERSONE, di non essere percepiti come una mera sommatoria di Membri/Numeri/Individui;2. Riconoscimento da parte del vero Leader come parte significativa dell’ideo-prassi gestionale;3. Chiarezza nelle regole d’ingaggio, con determinazione dei vari obiettivi, raggiungibili attraverso la compartecipazione di Tutti, mediante una manifesta collaborazione congiunta di ogni membro.IL CLIMA ORGANIZZATIVO – 1E’ significativamente importante verificare, continuamente, il clima lavorativo, in cui si è inseriti: non dimentichiamo che lì ci passiamo 1/3 della nostra giornata, condividendo spazio e tempo con Persone, che non sono né nostri Amici né nostri Famigliari: con loro è opportuno esprimere forti capacità adattattive, finalizzate al raggiungimento di obiettivi perseguibili egratificanti per molti.IL CLIMA ORGANIZZATIVO – 2Occorre ricercare la presenza/assenza di un clima lavorativo favorevole/dannoso al nostro benessere psicofisico ed avere il coraggio di segnalare qualsiasi evento avverso al Responsabile del Gruppo di Lavoro,onde evitare “lassismi, connivenze e metacomunicazioni”, che rischiano, poi, di avvelenare/rendere funesto un clima, già di per sé, sfavorevole per la fatica connessa al lavoro stesso, accrescendo il concetto di disfunzionalità individuale e di Gruppo.

Page 5: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

IL CLIMA ORGANIZZATIVO – 3Un Gruppo di lavoro deve essere costruito su validi fondamenti, basati su: Efficacia, Efficienza, Credibilità, Gratificazione (estesa all’Operatore, al Cliente, alla Direzione Aziendale, nel rispetto delle reciproche peculiari aspettative).IL CLIMA ORGANIZZATIVO – 4Quando un gruppo di lavoro evidenzia e mantiene chiarezza sugli obiettivi precisi, enunciati da un Capo dotato di reale leadership, con l’evidenziata capacità di esercitare equità nelle proprie valutazioni e nei propri giudizi, con una credibile connessione a coerenti azioni, quando il clima lavorativo è veramente interessante, forse, allora, si può iniziare ad introdurre il concetto di équipe.L’ÉQUIPE DEFINIZIONE L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO D’ÉQUIPECARATTERISTICHE L’ÉQUIPE – 1• Il termine è stato ampiamente usato nei gruppi di lavoro, in special modo in campo socio-sanitario, a partire dalla seconda metà del secolo scorso.• L’équipe era contraddistinta, per lo meno in quelle funzionali, da una leadership assegnata alla Persona veramente capace, dotata di spiccate conoscenze tecniche, acquisite durante una faticosa militanza operativa in cui “la Prassi aveva informato la Teoria” (Heidegger M.), condivisa per elementari, semplici e “rustiche/rozze” capacità manageriali.• L’introduzione di specifici “addestramenti” a marca politica o, vagamente ispirati a concetti americaneggianti, avrebbero sacrificato quei soggetti, potenzialmente “leaders”, ma criticamente non arroganti e consapevoli dei propri limiti, a vantaggio di soggetti inetti, poco validi, “autodefinitisi in carriera”, prepotenti e presuntuosi, arroganti e irrispettosi delle altrui conoscenze (gli yuppies del secolo scorso, n.d.r.).L’ÉQUIPE – 2L’équipe era altamente funzionale:• all’Individuo, in quanto era implicito il concetto “guascognesco “ (tutti per uno e uno per tutti);• al Gruppo di Lavoro, in quanto l’obiettivo era univoco e chiaro: il lavoro;• alla Direzione Aziendale, che si accingeva, spesso, ad operare check (verifica);• al Destinatario dell’opera svolta, in quanto veniva ampiamente soddisfatta l’aspettativa attesa dalla prestazione richiesta.• Negli anni seguenti, con l’avanzamento del progresso e con lo pseudoperfezionamento della Comunicazione, è venuto sempre meno questo concetto dell’équipe, risultando privilegiato il nuovo lessico centrato su team-work (inefficace inglesismo per un reale ed apprezzabile arricchimento culturale, termine obsoleto e poco accetto alla cultura del lavoro reale, non fantasmatico, connesso all’economia virtuale).• E, nell’arco di pochi anni, si è assistito ad un notevole incremento nella conoscenza del processo scientifico, ma è, anche, sempre venuta meno l’assistenza tecnica alla “strategia di rete”, con un manifesto disinteresse verso la manutenzione/verifica/formazione/informazione della stessa da parte dei Responsabili delle Politiche Socio-Economiche.• E’ di questi momenti la constatazione che la crisi si può rivelare come un momento favorevole pedagogogico-diagnostico-operativo per effettuare un cambiamento, senza riluttanza, per evitare d’incorrere nella R.A.C. (Resistenza al Cambiamento), con le conseguenze connesse al rifiuto dell’adattamento funzionale al reale progresso tecno-scientifico e cognitivo-emotivo-affettivo. Si rende necessario non incorrere nella RAC, per evitare di subire un forte adeguamento, funzionale solamente al regime consumistico che contraddistingue la “liquida società” (Bauman Z.) in cui siamo perennemente immersi da qualche anno.

Page 6: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

• Quindi, oggi più che mai si rivela necessario ed urgente abbandonare il concetto obsoleto e disfunzionale di T.W. e di riformulare, adattandosi a nuove modalità espressive, i significativi valori legati al concetto di équipe, magari con parole diverse, ma che rispecchino iconcetti che più sotto vorremmo venissero rispettati.Questi Concetti Essenziali per una Vita Civile non possono non essere inglobati in un gruppo di lavoro, che vuole crescere in:“SAPERE-SAPERE ESSERE-SAPER FARE-ESSERE”.Li avrei identificati in:1. Coraggio (fisico,morale,psicologico)2. Giustizia ed Equità nell’assegnazione di ruoli e meriti3. Umanità (o umanizzazione delle Relazioni)4. Temperanza5. Trascendenza6. Saggezza7. Sincerità e trasparenza idetico-operativaNon si esclude la possibilità di elencare ulteriori concetti, maggiormente specifici relativamente ad alcune situazioni: è importante, sempre, nelle elencazioni e nelle citazioni risultare fedeli e circostanziali all’enunciato.Mi sembra estremamente conveniente, per il Discente, far emergere in Lui, una corretta capacità critica nell’affrontare qualsiasi enunciato: lo legge, cerca di capirlo e , soprattutto, di comprenderlo, interiorizzandolo ed inglobandolo nel suo patrimonio cognitivo-operativo solo se lo ha ben “afferrato” e metabolizzato, dopo averlo ampiamente criticato. Ribadiscocome la funzione psicopedagogica di un Docente, anche on-line, sia quella di favorire la ricerca di un’ottimizzazione del sapere da acquisire sia a livello di enunciati didattici formali (lezioni in rete, incontri mediatici tra i 2 interlocutori) sia a livello di ricorso a precisi suggerimenti di percorsi bibliografici funzionali ad una stabilizzazione della personale specificaconoscenza. Quali caratteristiche “funzionali” IO, come membro, ho necessità di individuare nel mio compagno di équipe?Si possono ipotizzare le seguenti “virtù-talenti”, che, se presenti, possono ottimizzare la équipe e renderla fortemente competitiva.• CAPACITA’ EMOZIONALI (ad un primo livello si pone la Fiducia in Sé Stessi, mentre, al secondo livello, considererei la Capacità di Gestire i Conflitti).• CAPACITA’ RELAZIONALI (con la verificata presenza di Competenza di Comunicazione Verbale, migliorata dalla Capacità Negoziativa).• CAPACITA’ GESTIONALI (con presenza del talento Iniziativa, migliorato dal Controllo, inteso come “CHECK”- presenza percepita, soggettivamente, come Governement, nel corretto senso etimologico del termine, non come Controllo Sanzionatorio).• CAPACITA’ INNOVATIVE (inizialmente, Adattabilità/Flessibilità, migliorate, in seguito dall’inserimento della Creatività).Équipe come aggregatoALCUNE EQUIPES PATOLOGICHE/DISFUNZIONALI 1Sembra opportuno, ora, ricorrere ad alcuni esempi di équipes perverse, dove non appare chiaro assolutamente l’obiettivo per cui si è sta sul luogo di lavoro: da notare la ricaduta negativa sull’immagine dell’Azienda.ALCUNE EQUIPES PATOLOGICHE/DISFUNZIONALI 2Nell’équipe, intesa, come aggregato: non è stata fatta una scelta oculata nella costituzione della stessa, da parte della Persona dedicata alla costituzione della stessa, presumibilmente per urgenze cronologiche o per superficialità noetica da parte delle Direzioni Aziendali: è

Page 7: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

grandemente scemata la corretta analisi delle Motivazioni e delle Caratteristiche Intrinseche del futuro dipendente.Purtroppo, l’esito si rivela disastroso, in quanto non esiste un confronto “leale” tra pari, si sostiene ampiamente la necessità di “andare d’accordo”, senza ricorrere a “sofismi-filosofici”, nella rigida osservanza di ruoli e funzioni, con rigidità in ogni tipo di risposte a Chiunque (Direzione-Membri del Gruppo-Clienti): la conseguenza è univoca, centrata su rigidità,aprioristica conservazione dei ruoli e di idee ancestrali, con mancata tensione a comporre innovazioni e nuove iniziative d’adattamento alle richieste di mercato o epidemiologiche.ÉQUIPE come AGGREGATO (sintesi)1. Il confronto è superfluo;2. Gli scontri e i conflitti sono ritenuti superflui;3. Difensiva e aprioristica definizione dei RUOLI e delle FUNZIONI;4. Difficoltà a considerare i pazienti (utenti? clienti?):• Come soggetti creativi• Capaci d’intessere reti sociali• Capaci di creare rapporti basati su reciprocità e solidarietàConseguenza negativa finale Impossibilità ad incorporare nuove idee: immobilismo organizzativo.

Page 8: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

ÉQUIPES PATOLOGICHE E DISFUNZIONALI GRUPPO COESOIL GRUPPO COESO RISULTA PATOLOGICO ED IMPRODUTTIVO.Ha difficoltà ad incorporare nuovi “membri”, che devono, obbligatoriamente, in qualità di neofiti/nuovi un codice non scritto, voluto da Soggetti Inefficaci, magari, anche Leader creati/voluti dal Sistema ( a lui funzionale!), ma, non certo naturali; Ogni nuovo ingresso viene vissuto come “intrusivo”: “o ti allinei o ti facci fuori. Rispetta la nostra legge interna! Evita sconnessioni o polemiche, allineati e non rompere...!!!”;Il nuovo Membro venuto rischia di evidenziare un clima/atteggiamento paranoideo, sotteso; Il nuovo membro sopraggiunto è costretto ad allinearsi comportamentale “non scritto”, che impedirebbe l’acquisizione di nuove idee da incorporare, finalizzate alla crescita dinamica del Gruppo Originario: il Soggetto si maladatterebbe al clima imperante, comportandosi da meroesecutore di quanto il Gruppo, vero leader patologico, stabilisce di compiere, per un’omeostasi patologica interna.ÉQUIPE COME GRUPPO COESO: SINTESI• Scarsa attenzione all’iter formativo;• Ridotta visione dell’oggetto• Scarsa importanza dell’area ; costituita dalla visione oggettiva delle esperienze di vita.LA MOTIVAZIONE; GLI INCENTIVI; I DETERRENTILA MOTIVAZIONE-1In PsicoSociopatologia dell’Organizzazione risulta indispensabile avere presenti alcuni concetti teorici legati alla Motivazione, per, poi, operare ingienieristiche interpretazioni connesse a realtà, spesso, molto complesse e di difficile interpretazione.

Page 9: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Essa è ciò che spinge l’Uomo all’azione, può orientare e, in parte, determinare il comportamento. Possono essere: innate o acquisite, semplici o complesse, consapevoli o inconsapevoli, ecc.LA MOTIVAZIONE-2Parliamo, ora, di motivazioni Primarie o Secondarie.• Le Primarie sono legate ai bisogni fisiologici, permettendoci, ad es., di regolare la fame e la sete.• Le Secondarie sarebbero legate non a bisogni fisiologici e ci spingerebbero a comportamenti tipici, per il conseguimento, ad.es., di successo o di arricchimento.LA TEORIA DELLE MOTIVAZIONI.• Le Motivazioni Primarie sono state spiegate da C. Hull, ricorrendo alla teoria delle pulsioni:quando in un Soggetto si altera l’equilibrio omeostatico interno, per poterlo ripristinare, si crea il bisogno, che creerebbe, a sua volta, una pulsione. La teoria di Hull è sta, poi, rivista, in quanto non sempre ad un bisogno seguirebbe una pulsione, in quanto, spesso, stimoli esterni e incentivi possono spingere all’azione, anche in assenza di un reale bisogno.Secondo la teoria psicoanalitica, alla base della nascita della motivazione ci sarebbe uno squilibrio/conflitto tra piano conscio ed inconscio della Persona.Per la teoria comportamentista le motivazioni secondarie dipenderebbero da rinforzi connessi alle motivazioni primarie e, però, in seguito, assumerebbero una propria autonomia. Tale teoria venne criticata dalla Psicologia Umanistica, che sostiene che non tutte le Motivazioni possonoessere sostenute dal criterio S(timolo)-R(isposta) attraverso i rinforzi e che le secondarie non debbano necessariamente dipendere dalle m. primarie.• Secondo la teoria cognitivista la motivazione è connessa al raggiungimento di uno scopo. Partendo da alcune aspettative il Soggetto, su questa spinta, si attiva con un piano strategico, teso alla realizzazione attesa: in questo modo si assiste alla deliberata e consapevole soggettiva scelta delle Persone.• I Soggetti, secondo le ipotesi di R. White, , interagendo con il milieu/ambiente si attiverebbero per acquisire competenze, tese a migliorare le proprie competenze per una realizzazione pratica degli obiettivi attesi e sperati. La motivazione può essere intrinseca oestrinseca (ovvero fine a sé stessa o tesa alla realizzazione di qualcosa d’altro).• J.W.Atkinson sostiene che alcuni Soggetti:• tendono a realizzare, incorrendo in un successo od in un fallimento, il loro obiettivo con ampio impegno e relativa soddisfazione durante la fase esecutiva;• altri, che temono quasi sempre l’insuccesso, tendono ad eseguire compiti molto semplici, facilmente eseguibili, il cui errore sarebbe giudicato”normale”, non evitabile, dovuto al caso.• Anche per A. H. Maslow la motivazione alla realizzazione è molto significativa: in una gerarchia dei bisogni dell’Uomo, al vertice della Piramide, viene fissato il bisogno di Autorealizzazione. Secondo tale Autore, la maggior parte degli Uomini non riesce a raggiungere la piana autorealizzazione, perché difficilmente soddisfa del tutto i bisogni precedenti (bisogni fisiologici, sicurezza, affetto e appartenenza,stima e, infine, autorealizzazione). A completezza di questi enunciati si apprenda la corretta interpretazione diincentivo: Esso è stimolo esterno, che può attivare, intensificare o motivare un certo comportamento. Gli incentivi tenderebbero ad indurre l’insorgere di alcune pulsioni e potrebbero stimolare alcuni comportamenti, anche in assenza di un reale ed oggettivo bisogno.Agli stimoli positivi si possono accompagnare i deterrenti, che intenderebbero sfavorire e scoraggiare l’azione e i comportamenti, ritenuti non accetti da una determinata Organizzazione.Ritengo utile la presenza sia degli Uni che degli Altri: un vero Leader, per motivare, deve poter contare su REGOLE, che creano ipotetiche linee guida di comportamento, centrate su equità,

Page 10: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

intesa come giustizia comportamentale. Evidentemente, ciò risulta efficace nell’evitare favoritismi, metacomunicazioni e comportamenti discordanti ed estranei alla funzionalità aziendale.Operatori Improduttivi – 1Trattasi di Soggetti, che, forse, inizialmente, si sono insediati nell’Azienda Pubblica, con idee interessanti, progressiste ed innovative. In seguito, però, dopo un’iniziale valutazione della realtà circostante, si adeguano ad un regime d’immobilismo, centrato sul non fare nulla, veri interpreti della resistenza al cambiamento/RAC.Operatori Improduttivi – 2Sono, potenzialmente, inadatti a far crescere l’Azienda, in quanto creano delle “isole comportamentali atipiche”, altamente contagiose: da qualche Autore (vedi bibliografia ragionata) sono definiti “stronzi” . Ogni cambiamento operativo rischierebbe di creare difficoltà nel mantenere il loro status quo: da lì, l’immobilismo esasperato, per contrastare ogni ideainnovativa. Per l’Azienda costoro sono depositari solo di un continuum apparentemente “valido”: sono Soggetti che non rappresentano minimamente la storia dell’Azienda né rappresentano il futuro auspicabile.Operatori Improduttivi – 3Essi sono, quindi, “disutili” alla stessa organizzazione: il metodo “antistronzi”, citato in bibliografia, si propone l’individuazione diagnostica degli stessi, con successiva terapeutica eradicazione degli stessi, in quanto ritenuti “zavorra e zizzania” per l’Organizzazione Ottimale Aziendale.OPERATORI IMPRODUTTIVIUn atipico esempio, ma diffuso: Over-Time Job E’ un nuovo concetto, connesso ad osservazione obiettiva: sono molto diffusi in Azienda, risultando Soggetti pericolosi per l’evoluzione della stessa. Spesso, capita di rilevare come Operatori siano presenti sul luogo di lavoro, oltre il dovuto tempo necessario ad espletare il compito loro assegnato. Confrequenza, essi sono scovati, intenti al Computer, a far ricerche non funzionali all’Azienda, che è costretta a mantenerli in organico, a dilettarsi di Giochi mediatici o alla ricerca di “siti pruriginosi” . Costoro sono un reale dispendio energetico per l’Azienda, in quanto sidichiarano “fedelissimi”, ma alla fine si rivelano Soggetti Mediocri, arroganti e nullafacenti, in quanto sono altamente efficienti, ma scarsamente improduttivi ed inefficaci (sono fedelissimi esempi legati alla Cultura dell’Apparenza). Solitamente, appartengono a quella categoria di Persone che si realizzerebbe solamente nella presenza sul lavoro, dove ricercano solamenteun loro profitto. Nella loro biografia è rilevante la mancanza cronica di altriinteressi extra-lavorativi. Sono Soggetti che, solitamente, frequentano il luogo di lavoro oltre l’usuale tempo di prestazione, ma che , continuamente, trascorrono gran parte del loro tempo in conversazioni d’intrattenimento solo a loro funzionali, facendo perdere, notevolmente, tempo a loro stessi e agli Altri Operatori con cui si intrattengono “compulsivamente” (gran dispersione di risorsa “allargata”). Da esperto Medico Psichiatra ho incontrato tale “specie umana” più volte: sono soggetti “disutili e disfunzionali”, che una corretta prassi di PsicoSociologia dell’Organizzazione dovrebbe evidenziare e, biasimare, in un corretto, ma inefficace, tentativo di correzione: sono, però, per la maggior parte Soggetti “incorreggibili/irriducibili”.Da esperto Medico Psichiatra ho incontrato tale “specie umana” più volte: sono soggetti “disutili e disfunzionali”, che una corretta prassi di PsicoSociologia dell’Organizzazione dovrebbe evidenziare e, biasimare, in un corretto, ma inefficace, tentativo di correzione: sono, però, per la maggior parte Soggetti “incorreggibili/irriducibili”.

Stress Definizione fisiologica

Page 11: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

STRESS: definizioneSELYE H. (1956) indica lo stato in cui l’Individuo si trova, quando, mutando l’ambiente usuale, egli è costretto a modificare atteggiamenti e comportamenti usuali.Lo stesso Autore esprimeva questi concetti di “sindrome di adattamento generale”, cronologicamente elencando tre fasi:1. Allarme (in cui si evidenzia l’avvento di un nuovo stressor);2. Resistenza ( dove si cerca di opporre un adattamento alla nuova realtà creatasi);3. Esaurimento ( dove si constata il progressivo dispendio delle Energie Psicofisiche, atte a contrastare l’evento stressante). Ovviamente, il cronico perdurare degli eventi stressanti (stressors) produrrebbe ripercussioni negative sull’organismo dell’Individuo coinvolto.Stress Cronico e ConseguenzeLO STRESS-1Molteplici Persone, oggi, sono in grado di esprimere concetti, più o meno scientificamente precisi, circa la definizione lessicale di stress. Cerchiamo di fornire definizioni precise, per evitare di concedere pseudoinformazioni, ascientifiche, umorali e viscerali. Citiamo vagamente gli orientamenti di M. Ghini Lo stress diviene la risposta del nostro organismo alle sollecitazioni dell’ambiente, come già visto;Il livello di stress dipende dall’intensità della Sollecitazione e dalla nostra Capacità di Fronteggiarla;Lo stress è una risposta a sollecitazioni esterne: qualitativamente noi rispondiamo, in base alla percezione che abbiamo delle stesse; Ovviamente, la tipologia di risposta allo stress è individuale, con la presentazione-manifestazione di una specifica psicosomatizzazione;Ci sembra opportuno indicare, di seguito, una sommaria indicazione dei sintomi psicosomatici più diffusi:CefaleaDispneaTachicardiaDeficit della concentrazionePolifobieVertiginiTurbe del sonnoLO STRESS-2Quali sono gli Elementi che possono causare più frequentemente Stress? Proviamo ad indicarne alcuni: Fattori organizzativi: conflitti nel gruppo di lavoro, conflitti circa gli obiettivi da perseguire, inadeguatezza nella comunicazione;Accesso alla carriera: assenza nella opportunità di avanzamento, eccessiva aspettativa nell’esecuzione di responsabilità indiscretamente assegnata;Ruolo: conflitto ed ambiguità di ruolo; incapacità ad esercitare leadership nel ruolo assegnato: discrepanza tra assegnazione ed aspettativa;Carichi di lavoro inadeguati: ruoli connessi ad incapacità nel prendere decisioni di rilievo;Ambiente di lavoro, fisicamente, inadeguato;Turni di lavoro antifisiologici ed inadeguati alla Persona, irrispettosi della dignità umana.ATTENZIONE: Lo stress continuativo può, a lungo andare, condurre a situazioni di malattia significativa, producendo alterazione dell’equilibrio omeostatico.Stress prevenzione dello stress/stress auditPrevenzione dello stress

Page 12: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Lo stress può essere prevenuto con l’instaurare lo stress-audit, che diviene, così, lo strumento in grado di approcciarsi all’organizzazione socio lavorativa e di identificarne la locazione , le caratteristiche e le cause, suggerendone, poi, la capacità risolutiva, attraverso l’educazione e laprevenzione.Risulta, però, importante verificare se da parte della direzione aziendale c’è il desiderio di salvaguardare la salute psicosociale delle risorse umane affidatele, con l’attuazione di piani pedagogico-preventivi nella creazione conservazione di ideali climi lavorativi. Alla fine, la direzione aziendale constaterà che, di fronte ad un impegno di varie risorse, la trasparenza e l’investimento nella risorsa umana “pagano” e risultano redditizie nel medio e lungo percorso.burn-out definizionesistemi preventivi Burn-outPrevalentemente, nella nostra realtà lavorativa, nei gruppi di lavoro legati alla rete socio-assistenziale, si sta assistendo, specie in questi ultimi anni, all’acuirsi di fenomeni legati all’insoddisfazione lavorativa, con ampia diffusione di disservizio all’utenza che usufruisce di tali prestazioni, dovuti ad un’alta emotività espressa (EE), con l’esplicitazione di una grave forma di eteroaggressività (senza trascurare l’autoaggressività che si tradurrebbe, in seguito, in rilevante somatizzazione) e penosi atteggiamenti di conflittualità. Significa, letteralmente: “scoppiato-bruciato-esaurito”. Si rinvia il lettore a documentarsi sulle opere suggerite in bibliografia. Compito dell’esperto in sociopatologia organizzativa effettuare rilievi, atti adidentificare le possibili cause, che hanno scatenato, tale tempesta emotivoaffettiva. Non risultano sempre evidenti, però. Spesso la demotivazione al lavoro si innesta in soggetti psicolabili o vulnerabili, in cui il SOCIO-AMBIENTE patologico può favorire dissesti emotivo-affettivi.Quali opportunità offre il lavoro di gruppo SocioPatologia dell’Organizzazione:come evitare il Burn-out!!!Risolve problemi più complessi Elabora migliori decisioni Permette Scambio d’informazioni Sviluppa capacità e fiducia Libera e utilizza la Creatività d’ognuno Migliora la Qualità delle Attività Favorisce l’Ascolto e la RicercaCrea GRATIFICAZIONERimedi anti Burn-out / Sistemi PreventiviRUOLI E COMPONENTI DEL LAVORO DI GRUPPO

Page 13: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

BURN-OUT: cause ipotizzateIl luogo di lavoro è, da sempre considerato, un luogo, dove il soggetto, che ha acquisito un certo ruolo, tende oltreché a mantenerlo, incrementando, anche, la sua crescita professionale e relazionale: occorre, però, che venga “monitorato” da persona “accorta” (direzione con leadership chiara e riconosciuta dallo staff, con ampie capacità noetiche, relazionali egestionali). In assenza di queste caratteristiche, il gruppo rischia d’incorrere in una situazione di estrema stanchezza ed affaticamento, che può condurre il soggetto ad un esaurimento psico-fisico (burn-out ), sindrome contraddistinta da:• Complessiva riduzione degli impegni verso lo staff e l’utenza, con progressivo aumento dell’aggressività nei confronti dei colleghi, dell’utenza e, anche, dei propri famigliari, specie al rientro al domicilio dall’attività lavorativa, ritenuta insoddisfacente;• Caduta degli aspetti motivazionali connessi alla professione, con caduta dello slancio vitale (bergson) e della creatività lavorativa, con comparsa di apatia e indifferenza, grave resistenza ad ogni proposta d’innovazione o cambiamento (R.A.C.);• Progressivo isolamento e manifesta chiusura artistica;• Evidente sensazione di malessere, con comparsa di trascuratezza personale;• Manifestazioni psicosomatiche, legate ad una situazione neurotica centrata su fenomenologia ansioso-depressiva, con maldestri e pericolosi tentativi di autocura a base di alcool o psicofarmaci, caffè e tabacco.BURN-OUT : tipologie e prevenzione-1Queste realtà si configurerebbero e si incisterebbero, meglio, in soggetti cosiddettiVulnerabili.Costoro, i vulnerabili, sarebbero, tipologicamente, contraddistinti da:• Eccessivo attaccamento lavorativo, con profonda incapacità a tenerlo disgiunto dalla privacy;• Esasperata caratteristica caratteriale di perfezionismo, con necessità compulsiva a mantenere tutto sotto controllo, con relativa scarsa fiducia nei collaboratori;• “Mistica professionale”, con ideazione “deliroide” a dover essere di aiuto agli altri;• Elevata quota caratteriale di ansia, ostilità ed impulsività,• Alta, obiettivabile, ambizione e dipendenza• Scarsa soddisfazione dalle relazioni extra-lavorative.Ovviamente questa fenomenologia, perniciosa e altamente disfunzionale per il soggetto stesso, di conseguenza, avrebbe un’ampia ricaduta sullo staff intero, minando, alla radice, l’evoluzione positiva dell’azienda, nella propria crescita sul panorama del mercato.Spesso, però, l’atteggiamento è legato ad un vetero-pensiero, inusuale e non progressista, che vieterebbe, improrogabilmente, qualsiasi innovazione o “correzione di rotta” con la ipotetica introduzione di “correttivi” funzionali ad un’ottimizzazione della gestione delle risorse umane.E’ questo il motivo che rende difficoltoso reperire in qualsivoglia organizzazione un’attenzione specifica per i problemi psicosociali che possono, senz’ombra di dubbio, evidenziarsi in una realtà organizzativa complessa. Si configurerebbe, come spesso si manifesta nella nostra “epocapost-moderna”, centrata su una “realtà liquida” (concetti socio-filosofici, tremendamente attuali) l’evidenziazione di un diffuso meccanismo di difesa freudiano: la negazione (dell’evidenza).BURN-OUT : tipologie e prevenzione-2La cura? Oserei premettere che prima della cura, esisterebbe la prevenzione (vocabolo caduto irrimediabilmente in disuso, dopo una sua eccelsa valorizzazione nelle prime decadi della seconda metà dello scorso secolo nell’illusione che ad ogni cosa possa esserci un rimedio), preceduta, ancora, da una sana pedagogia o educazione, che dovrebbe trovare la culla ideale

Page 14: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

all’interno della famiglia, della scuola a vari livelli ed, in seguito, conferma, anche nei vari ambienti di lavoro, che il soggetto, nel suo percorso d’impiego, si trova, via via, a frequentare, ambienti ideali per impartire “efficaci lezioni di vita”.Una direzione aziendale “attenta” e presente sui luoghi di lavoro dei propri dipendenti, ripeto: reale patrimonio dell’azienda, non può non accorgersi dell’esistenza di problematiche connesse al socio-esistenziale di gente, che quotidianamente, frequenta il suo posto di lavoro. In questo, l’operatore, in cerca d’impiego, dovrebbe essere accorto, nella scelta di dove trascorreregran parte della giornata. Chiaramente questo aspetto si configurerebbe come un particolare aspetto di attenzione alla persona-risorsa umana (tale attenzione potrebbe essere alla base di un rilievo di effettiva presenza di motivazione, finalizzato all’affiliazione).Si ritiene indispensabile privilegiare, in questo ed in altri corsi, l’uso corretto ed appropriato del lessico. Per cui, con la parola affiliazione si vuole intendere il bisogno di creare una condizione di vicinanza con altre persone in situazioni ansiogene (il lavoro non può non creare una certa fisiologica tensione al risultato).Rammento come l’alternativa all’affiliazione è il vocabolo adesione, non altamente impregnato di valore e di dedizione professionale. La prossimità dell’altro mirerebbe a ridurre la tensione, con la possibilità di confrontare le proprie emozioni. L’accompagnamento ricercato è quello tipico di persone poste nella medesima condizione.Straining e Mobbing- Definizioni e Ricadute STRAININGQuesto vocabolo entra a far parte del lessico giuridico, all’indomani di una favorevole sentenza del Tribunale di Bergamo nei confronti di una lavoratrice da parte di un’Azienda, che si è vista costretta ad elargire una somma non indifferente sia per il danno, legato alla dequalificazioneprofessionale sia per il danno biologico, nel giugno 2005, riferito ad un caso di dequalificazione professionale.Il vocabolo straining viene tradotto, letteralmente, dalla lingua di Albione, in “forzatura e sforzo”. H. Hege, Psicologo del Lavoro, uno dei massimi esperti di mobbing, esistenti, definisce lo straining quale “una situazione psicologica a metà strada tra il mobbing e il semplice stress occupazionale”. Trattasi, infatti, di un tipo di stress forzato, cioè, superiore a quello connesso alla natura del lavoro e diretto nei confronti di una vittima o di un gruppo divittime in maniera intenzionale e discriminatoria così da provocare un peggioramento permanente della condizione lavorativa prima ancora che psicofisica delle Persone coinvolte.In conclusione, con tale termine si intende “una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la Vittima subirebbe, almeno, un’azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre che essere stressante è caratterizzata anche da una durata costante”. E’, quindi, una condizione tra il mobbing e il comune stress occupazionale.E’ finalizzato a provocare un peggioramento della condizione lavorativa e, in seguito, psicofisica delle Persone coinvolte: presenterebbe differenze nei confronti di stress e mobbing.Stress= situazione di “pressione” connessa alla natura e alla mal organizzazione del lavoro;Mobbing = situazione di conflitto, connessa a persecutorietà. Esso corrisponderebbe ad una serie di condotte ostili;Straining = situazione di forzatura nello stress, connesso a discriminazione: è possibile , anche, una sola azione con effetti duraturi nel tempo (v., ad esempio, demansionamento).Straining e mobbing Evoluzione dei concetti - IIL MOBBING Cosa è???• Mobbing e Lavoro• Mobbing e Malattia• La Pratica del Mobbing• Mobbing e Aspetti Giuridici• Azienda: ”Evitiamo un imbarazzante ricorso al licenziamento:

Page 15: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

risulterebbe di nocumento all’immagine della stessa”.• Mobbing Gerarchico• Mobbing Ambientale• Mobbing Verticale-Orizzontale• Italia (ultima nella U.E.): 4,2% Lavoratori• U.K. 16% dei Lavoratori• Centri d’Ascolto Aziendali! (luogo dove esprimere il proprio disagio)

Page 16: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 17: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Straining e mobbingEvoluzione dei concetti - IIIl mobbingE’ un fenomeno molto complesso in grado di provocare seri danni alle Persone.Si ritiene che per poter assistere al fenomeno psicosociopatologico occorra osservare:1. L’Ambiente lavorativo con relativo analisi del CLIMA connesso;2. Presenza di Tratti Psicopatologici nella Vittima (preesistenza di psicolabilità o vulnerabilità psicosociale);Ovviamente, nelle cause giudiziali, tutti questi aspetti vanno dettagliatamente vagliati, onde evitare una generalizzazione negli interventi, da parte di Persone particolarmente Esperte ed Affidabili dal punto di vista noetico ed esperienziale.Ege e Collaboratori Emiliani suggeriscono di ricorrere ad Esperti, esterni all’Azienda, per motivi comprensibili, immediatamente dopo essersi resi conto della malfamante operazione “in fieri”. Essi sostengono, come il sottoscritto, come la miglior difesa dal mobbing sial’attacco (formazione ed educazione preventiva, con una sano addestramento al litigio anti-prevaricazione). Ripeterò continuamente che l’ambiente di lavoro appare come un luogo “dove trascorrere, effettuando il proprio lavoro-dovere, gran parte della nostra esistenza, senza crearedipendenze e strani coinvolgimenti emotivo-affettivo-comportamentali, dai quali, in seguito, risulta difficoltoso districarsi”. Ecco spiegato perché un coinvolgimento viscerale nell’ambiente di lavoro, caratterizzato da estrema ed acritica totale dedizione, può risultare patogeno e foriero di spiacevoli ed imbarazzanti situazioni. Ho fatto tesoro di una frase descritta nel Vangelo:Semplici come Colombe, ma Astuti come Serpenti. Si può traslare in Organizzazione del Lavoro uno dei principali assiomi che l’Operatore PsicoSociale osserva, nella propria prassi operativa: disponibilità apparentemente neutra, con manifesta dichiarazione di negazione all’oblatività grezza e gratuita, in quanto questa risulta fuori moda e, soprattutto, scarsamente gratificante ed altamente diseducativa.DEFINIZIONE E CONCETTI GENERALI PRASSI OPERATIVAMOLESTIE SESSUALIE’ l’esito, purtroppo, di una cattiva e maldestra informazione educativa, che conseguentemente arriva ad ipotizzarsi quale reato, socio patologicamente inquadrabile in una forma alterata di comunicazione/interazione sociale disturbata o abnorme.E’ una violenza psicologica, insidiosa e strisciante, sempre più diffusa e sempre più sommersa, che intacca la dignità personale di soggetti socialmente più vulnerabili, che porterebbe la vittima ad un logoramento psicologico progressivo, partendo dalla battutina provocatoria, a doppio ed ambiguo senso, fino alle manifeste e meschine “avances”, corredate da atteggiamenti intimidatori e provocatori.EVENTO PATOGENO, EVOLUZIONE e PROGNOSISpesso, sul luogo di lavoro, si assiste a comportamenti tipici ed assimilabili a questa penosa realtà, da cui, spesso, risulta difficoltoso, difendersi. La Vittima di Molestie Sessuali può incorrere in crisi depressive, stati psicopatologici legati a disordini ansiosi, con la comparsa di una sintomatologia psicosomatica individuale, mista ad una minore efficienza lavorativa e ad una significativa alterazione della propria autostima. Come sempre è da privilegiare il fattore educativo: considerare l’ambiente di lavoro come un luogo, dove si entra in contatto con Persone e non con Amici, con un luogo fisico che non apparterrà mai alla propria sfera affettivafamigliare è un primo passo per prevenire il possibile attacco da parte di Persona fragile, che, travestita da Orco, assale con il proprio potere un Soggetto ritenuto fragile, per dominarlo e ridurlo alla propria becera mercè. Vari Centri di Medicina del Lavoro hanno elaborato norme comportamentali utili a suggerire comportamenti dedicati all’arresto sul nascere di

Page 18: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

permissivismi licenziosi e sociopatologici, di cui, in seguito, è impossibile liberarsi. Occorre una manifesta assertività nel comportamento: banalizzare il comportamento dell’Assalitore, tollerandolo, significa alimentare in lui la “possibilità di successo”(ovviamente, perverso!), nell’ottica di una coazione a ripetere, in un concetto di autodeliberata autorizzazione giustificata dai propri impulsi, mal criticata, essendo assente il concetto etico “censurante”. Un esempio, per comprendere quale possa essere l’atteggiamento da intraprendere di fronte ad una simile provocazione : davanti ad un esibizionista, occorre evitare di esprimere la propria fastidiosa e soggettiva sorpresa. Un atteggiamento ipercritico, banalizzante circa l’oggetto delle sue provocazioni, potrebbe avere la facoltà di inibire il comportamento provocatorio dello stesso.Chiaramente, questo implica una dimestichezza creativa allenata, che si può acquisire solamente con una vivacità relazionale, centrata su critiche osservazioni e rigorose percezioni, frutto di esperienza e significativa capacità interrelazionale.Come difendersi? Abbiamo già accennato a fattori protettivi di tipo educativo, cui si dovrebbeprestare maggior attenzione nell’educazione e nell’orientamento professionale, nozioni, spesso, trascurate, perché ritenute inutili e non confacenti all’obiettivo che occorre raggiungere, ad ogni costo: il posto sicuro e a franca retribuzione.Qualche centro di Psicologia dell’organizzazione ha provato a stilare alcune regole, da cui estrapoliamo alcuni suggerimenti. Occorre reagire ai primi segnali d’invasione della propria privacy, per evitare di trasmettere all’invasore l’idea di fronteggiare solamente un essere altamente vulnerabile fragile. Costa parecchio, in termine di coraggio esistenziale davanti ai capi o ai colleghi di lavoro, ma appare fondamentale stabilire, fin dall’inizio, regole certe di salvaguardia del proprio spazio “vitale” (prossemica). Di fronte a molestie tattili è opportuno fulminare colui che osa con uno sguardo intenso e paralizzante, senza trascurare, nella sincronicità dell’evento sfavorevole, di urlare per quello che sta accadendo: diviene, almeno un fatto, di disapprovazione “agito e manifesto: chiaro ed inequivocabile”.Di fronte ad un Soggetto con evidente psicopatologia sessuale, quale può essere l’esibizionista, occorre evitare la “sorpresa”. Ci si difende meglio, criticando fermamente e serenamente il Soggetto nella sua misera e disfunzionale manifestazione esibita. Ovviamente, occorre rivolgersi a Persone Esperte e Competenti, che possono suggerire comportamenti idonei ed efficaci, esperti nella Comunicazione.Lo STALKING (persecuzioni e molestie insistenti)Esso rappresenta una serie di comportamenti (telefonate, lettere, pedinamenti, appostamenti, minacce, aggressioni ed intrusioni continue nella vita privata lavorativa scolastica) di una Persona.• Risultano essere Azioni non desiderate ed intrusive che incutono paura nella Persona Ricevente o Vittima.• E’ problema di alterata relazione tra le Persone.• Sono in corso studi approfonditi per definire socialmente e giuridicamente il fenomeno.PROBLEMI APERTI di fronte al reato di Stalking• La certezza della pena comminata, da scontare, senza “pseudo sconti fasulli”da parte di Politici e Magistrati;• Percorso riabilitativo, certo ed efficace , con presenza di Figure Professionali Esperte, quali il Medico, lo Psichiatra, lo Psicologo, L’Educatore Professionale e l’Assistente Sociale;• Ci si ricordi che trattasi, spesso, di P.D. (Disturbi di Personalità), con affievolito senso etico, scarso insight e relativa scarsa compliance: compito non certamente facile quello che compete all’Esperto decisionista. Meglio il ricorrere ad una valida équipe multi professionale nell’esprimere Giudizi ed assumere Provvedimenti Legali.

Page 19: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

• Tutela della Vittima, durante la carcerazione dell’Autore del reato e, soprattutto, dopo la sua scarcerazione, per evitare ritorsioni, minacce ed agiti pericolosi per la stessa Vittima.Stalking FenomenologiaGli elementi che compongono lo Stalking sono:• Il Persecutore;• La Vittima.Comportamenti Atipici ripetuti nel tempo: almeno 10 episodi/30 gg., a carattere ossessivo, con effetto scatenante di:• Paura;• Disagio;• Minaccia alla Sicurezza.Implicherebbe, conseguentemente:• Danni psicologici;• Sociali;• Fisici.Spesso, si assiste a: atti vandalici nell’abitazione della Vittima, appropriazione della Posta della Vittima, deposizione davanti a casa o sul luogo di lavoro della Vittima di fiori/oggetti sgraditi alla Stessa, pedinamenti, molestie telefoniche o attraverso posta cartacea o mediatica, danneggiamento o incendio dell’automezzo della Vittima. Perché esiste il Persecutore: quale è il “primum movens”? Per il Predatore è fondamentale il perseguitare: diventa una ragione di vita, per avere senso di potere/controllo su Altra Persona. È Persecutore colui, che non accettando una relazione paritaria (per senso d’insicurezza o perché timoroso di un rifiuto, atteso/inaccettabile come crollo della propria autostima) inizia la persecuzione, mascherando la propria insicurezza: costui desidererebbe ricominciare la relazione “a modo suo, in modo possessivo, unidirezionalmente egocentrata” o vendicarsi per un torto, soggettivamentesubito. Spesso, colui, che agisce stalking , risulta affetto da P.D. (disturbo della Personalità), con assenza di senso etico: occorre, a questo punto, investigare su specifici testi di Psichiatria (vedi bibliografia suggerita) o contattare Operatori , che, scientificamente e deontologicamente, s’interessano di tale Disciplina Medica.Stalking Prassi operativaE’ PsicoPatologia diffusa, anche, sui Luoghi di Lavoro: ecco perché si è ritenuto importante effettuarne un breve accenno. Risulta importante “segnalare” sempre l’evento fin dalla sua comparsa, in quanto il trascurare, spesso, conduce ad un “ingarbugliamento” da cui,difficilmente, si riesce a districarsi. Come in altre situazioni potenzialmente sociopatogene, si raccomanda la tempestività nella segnalazione dell’evento avverso all’Autorità competentesul Luogo di Lavoro, verificando il processo evolutivo dell’avvenuta segnalazione.• Il trascurare, volutamente, dando loro scarsa importanza, questi piccoli suggerimenti, ignorandone le possibili drammatiche conseguenze, offre lo spunto al Persecutore per agire, nuovamente, indisturbato, non risultando il suo comportamento biasimato, redarguito e punito da nessun Appartenente alla Società CivileLEADERSHIPAll’interno del Gruppo esiste un Individuo cui viene delegato il Coordinamento dello stesso.Il capo riceve e trasmette continuamente informazioni atte a far crescere il Gruppo in modo competente e competitivo, cercando di ottimizzare le caratteristiche individuali di ogni membro a Lui affidato Ovviamente, egli deve avere notevole esperienza nel condurre gruppi, conriconosciuta autorevolezza e capacità noetiche, tecniche e relazionali ottimali.

Page 20: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Sottolineo, nuovamente, il profondo e veritiero riconoscimento del suo operato da parte della Direzione Aziendale. Attenzione ad evitare atteggiamenti denigratori: sono un iniziale e manifesto segnale di aperta e manifesta delegittimazione. ESSERE leader, oggi, significa: avere la funzione di Guida in un Gruppo, effettiva o reale, con ampia condivisione riconosciuta da parte della Direzione Aziendale, come, pure, dai Membri dell’équipe d’appartenenza.Concludendo, la LEADERSHIP deve essere, ampiamente , riconosciuta dai Membri del Gruppo di Appartenenza, per poter essere operativamente efficace e funzionale, a vantaggio gratificante per un notevole numero di Persone.Esistono vari tipi di Leadership:• Politica;• Economica;• Militare;• Religiosa;• Ideologica;• Altro.Ciascuna di esse si fonda su elementi di legittimazione differenti. Infatti, la Leadership politica dipende dalla capacità del Leader di capire, interpretare e rappresentare le richieste obiettive dei seguaci, mentre quella economica è strettamente correlata alla sua competenza e dalsuccesso, rilevati obiettivamente nell’attività economica svolta. Tale concetto ha interessato, particolarmente M. Weber, con il privilegio, nei suoi approfondimenti, degli aspetti carismatici connessi all’esercizio della Leadership.Altri Autori avrebbero svolto approfondimenti specifici in vari settori, tipo nelle scelte di consumo (P. F. Lazarfeld), mentre della fascia giovanile s’interessò, particolarmente, F. Alberoni.La managerialità DefinizioneNote caratteristiche Managerialita’Si parla molto e, spesso, a dismisura ed erroneamente, di managerialità, in un mondo dove la più parte s’improvvisa, manager, in improprio autoinvestimento, senza tener conto che la leadership, in parte è quasi congenita e per l’altra parte, occorre conservarla, con studi approfonditi, aggiornati, critici, efficaci e credibili, atti a migliorarla.• L’autoproclamazione o l’autodichiarazione, spesso, come in questo caso, rischiano di apparire fallaci e meri specchietti per le allodole!• Occorre verificare, obiettivamente, la costante presenza delle capacità di:• Pianificazione• Organizzazione• Motivazione (con la capacità di saper fissare obiettivi chiari e raggiungibili; colloqui finalizzati ad aumentare il senso d’affiliazione dei propri collaboratori; essere in grado di gestire correttamente una riunione, valutandone l’efficacia; saper porre attenzione allesuggestioni che arrivano dai collaboratori, considerandole sempre arricchenti nella borsa degli attrezzi: critiche costruttive.• Controllo.• Inoltre, deve risultare presente, in modo eccelso la capacità tecnica, intesa come la capacità di comprendere i problemi, una perfetta conoscenza del contesto di riferimento, un’alta competenza nel problem solving, capacità nel gestire la quotidianità aziendale con lapresenza di saper stabilire ed affrontare le priorità, capacità nel saper motivare, addestrare e formare i collaboratori (attraverso l’arte del coaching).

Page 21: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Le doti comunicative devono essere altamente presenti, nel saper negoziare con spiccata assertività, nel gestire i colloqui e le riunioni, nel prestare e saper comprendere le istanze di chi si rivolge a lui. Ovviamente, la dote di empatia (vocabolo appartenente alle scienzepsicologiche) risulta una valida “condicio sine qua non”: indispensabile la sua presenza.Tra le capacità concettuali, citiamo:• Elaborare una strategia credibile, efficace ed immensamentegratificante;• Dotazione di spiccata leadership;• Creatività prorompente;• Far lavorare in team;• Saper lavorare in team;• Propositività;• Positività.Gli strumenti per dirigere:• Il budget;• La pianificazione;• Il piano strategico e quello operativo;• Il controllo sui compiti e la gestione del tempo;• La conoscenza del mercato;• Saper scrivere una relazione efficace;• La capacità di decision making;• La capacità di problem solving;• Esercitare una corretta ed equa leadership;• Saper esercitare una corretta ed equa delega, mediante l’analisi della capacità dei collaboratori nell’effettuare prestazioni e la loro leadership nei confronti delle persone loro affidate;• Saper individuare le aree di non-accettazione; è in grado di prevenire il conflitto, severamente disfunzionale, se cronicizzato, per l’azienda.Presenza di conflitti:Risulta, invece, utile far emergere il conflitto, anche se sotteso, in quanto, una volta evidenziato, lo si può affrontare in modo multimodale, alla “luce del sole”, introducendo chiari e trasparenti correttivi. Nella relazione manager-collaboratore occorre saper operareun’integrazione tra i “devo-posso-voglio” di reciproca istanza per addivenire, da un’area di non-accettazione ad un’altra di fattiva ed evidente collaborazione .La managerialitàInnata o Acquisita?Difficile rispondere al quesito proposto: la capacità di essere MANAGER èinnata o acquisita? Non esistono fattori certi, che possano dirimere tale questione.Personalmente, ipotizzo che una certa capacità di essere leader è concretamente vincolata a fattori biologici. Ovviamente il socio-ambiente, assieme alle proprie caratteristichepersonologiche, risulta essere in grado di condizionare alcuni fattori nella genesi del fenomeno.Da parte mia, ritengo che non Tutti possono esercitare la funzione di Manager, in quanto occorrono doti e conoscenze acquisibili da varie discipline, cui il Candidato Manager deve saper attingere, in modo oculato, nel corso della sua vita relazionale e lavorativa, discriminatorio e funzionale, evitando il richiamo “falenico”, pronto ad enunciare, a mo’ di decalogo, quali debbano essere le caratteristiche da accaparrarsi, in ogni modo, per potersiconsiderare un vero manager.“Tanti sono i chiamati (in autopromozione): ma POCHI sono gli Eletti (i veri

Page 22: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

manager!)”. Non si trascuri, poi, l’esperienza acquisita negli anni, che permetterebbe alla Persona di districarsi da situazioni già sperimentate, in modo similare, nel corso della propria esperienza lavorativa e di assegnare ipotesi comportamentali, frutto di un interessante amalgama tra Competenza, Esperienza e Saggezza.

Tipologia di BudgetBudget Operativo: relativo a risorse esistenti.

Page 23: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 24: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 25: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 26: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Effettuare commenti nella fase descrittiva Scrivere una relazione troppo estesaEvitare “gloria-autoincensazione- autocelebrazione”Evitare eccessive giustificazioniNon inserire trucchi grafici o tabellariOBIETTIVI DI UN “BUON” PROCESSO DI VERIFICANel “buon” processo di valutazione c’è spazio, anche per:- l’innovazione, quando sono attuate interazioni tra differenti competenze;- integrare diverse dimensioni dell’analisi, possibile in un clima di collaborazione;- favorire lo sviluppo del senso di appartenenza.Ne consegue che un buon processo di valutazione non è finalizzato unicamente al raggiungimento dell’obiettivo, ma al coinvolgimento dei singoli attori, all’assunzione di responsabilità e alla crescita umana e professionale degli stessi.

Page 27: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 28: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

L’intervista si basa su domande aperte, che dovrebbero essere poste in modo da non influenzare il candidato per quanto concerne sia i contenuti che la modalità di risposta.Il colloquio semistrutturato si basa su domande predefinite, che tendono a valutare aspetti specifici. Ad esempio se nel lavoro che il candidato andrà a svolgere sono importanti le capacità relazionali, le domande verteranno sulle sue capacità sociali.I testIl test è uno strumento costruito per valutare una o più qualità psicologiche della Persona. Esiste un’ampia varietà di test, ognuno dei quali misura aspetti diversi (personalità, intelligenza, abilità, interessi, ecc.). Devono essere somministrati da personale specializzato, che può essere interno o esterno all’azienda.Prove tecnicheLe prove tecniche sono connesse alla professionalità da selezionare, generalmente si utilizzano in settori “pratici”. Hanno un buon valore selettivo quando la performance del candidato può essere misurata e confrontata con gli standard scelti.L’assesment center è un tipo particolare di prova tecnica, adatto a rilevare abilità e attitudini di tipo organizzativo richieste per ricoprire ruoli manageriali di alto livello.Essa è una procedura operativa basata su simulazioni, che possono essere: esercizi di gruppo a ruoli fissi per valutare le capacità gestionali e relazionali; esercizi di gruppo a ruoli liberi per valutare le capacità intellettuali; esercizi individuali per valutare le capacità intellettuali e gestionali.Le simulazioni vengono analizzate e valutate da osservatori professionali che hanno il compito di stilare profili predittivi di comportamenti organizzativi futuri.La valutazione dell’attività di selezioneAnche l’attività di selezione dovrebbe essere sottoposta a valutazione, nell’ottica di un costante miglioramento delle performance. Si possono individuare tre tipologie di indicatori:indicatori di costo, che si ottengono rapportando i costi diretti al numero deicandidati esaminati ovvero assunti;indicatori di tempo del procedimento, che esaminano il tempo intercorso tra la deliberazione della selezione e la data di assunzione del personale;indicatori di efficacia della selezione riguardano la valutazione del livello qualità del personale assunto con riferimento al posto da essi ricoperto.Viene considerato il superamento del periodo di prova, le promozioni e la permanenza nell’azienda dopo n anni.ORIENTARE - ADDESTRARE/FORMAREOrientareOrientare, ossia comunicare ciò che si è pianificato circa l’obiettivo pensato. Il manager dovrebbe fornire tutte le informazioni, a partire dall’ideazione fino alle attività progettate, per evitare che la risorsa umana attui “ azioni improvvisate ed afinalistiche”. Inoltre dovrebbe non ostacolare eventualiobiezioni, proposte, richieste di chiarimenti per favorire un maggior coinvolgimento della risorsa umana.Per quanto riguarda quest’ultima dovrebbe vivere tale fase con coscienza, per ottimizzare la conoscenza degli obiettivi e delle attività correlate.AddestrareAddestrare, ossia evidenziare nella pratica quanto pianificato e concordato,individualmente, nel programma di addestramento.

Page 29: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

L’addestramento, quindi, permette di avviare la risorsa umana nell’attivitàda svolgere con l’obiettivo di “puntellare” l’esperienza attraverso riferimentisignificativi e utili per il proseguimento autonomo.Generalmente gli incontri di addestramento avvengono individualmente, per non far vivere situazioni imbarazzanti alla persona che sta imparando;l’obiettivo è di evitare che altri colleghi vengano a conoscere di inadeguatezza o impreparazione.L’apprendimento dovrebbe procedere per “steps”, tenendo conto del livello di maturità della risorsa umana. Con tale termine si intende la capacità della persona di comportarsi in modi diversi a seconda delle situazioni in cui si trova; di coltivare interessi senza limitarsi a una vita routinaria; di essere autonoma nello svolgimento dei lavori assegnati e nelle attivitàfondamentali quotidiane; deve avere consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri limiti.In ambito lavorativo, ai fini dell’addestramento, si possono distinguere quattro livelli di maturità:Il primo livello è caratterizzato da una bassa maturità, in quanto la risorsa umana non è in grado di realizzare autonomamente l’obiettivo. In tale situazione l’intervento del manager dovrebbe essere orientato a comunicare, in un colloquio a due, la sua analisi, descrivere l’attività da svolgere e concordare percorso di addestramento e formazione. È fondamentale che il manager evidenzi l’importanza di questi due momenti in funzione sia di un completamento di competenze, sia del raggiungimento dell’obiettivo prestabilito.Il percorso di addestramento dovrebbe essere graduale per permettere alla risorsa umana di apprendere ciò che non sapeva, unitamente a “cosa” e “come” fare. Dall’iniziale “tutoraggio” costante del manager si dovrebbe arrivare all’autonomia della risorsa umana, capace di utilizzare anche l’autoapprendimento.I primi compiti assegnati saranno semplici, la verifica sarà effettuata in modo da far prendere coscienza alla risorsa umana di quanto appreso e avviarla alla verifica autonoma.Si prosegue assegnando compiti sempre più complessi. La durata di tale fase è variabile da persona a persona.Il passaggio alla fase successiva avviene quando la risorsa umana inizierà a porre interrogativi sul significato dello svolgimento dei compiti assegnati.Il secondo livello è caratterizzato da una maturità medio-bassa: la risorsa umana comincia a domandarsi e domandare “perché” deve eseguire determinati compiti. In questa fase è importante che il manager motivi la persona, anche attraverso il riconoscimento del lavoro svolto con gratificazioni verbali. Gli obiettivi prioritari sono di favorire un’ulteriorecrescita della risorsa umana e avviare il processo di coinvolgimento. La verifica, oltre ad essere orientata sul raggiungimento dell’obiettivo, deve prendere in esame la capacità creativa e la disponibilità della persona al coinvolgimento.Il passaggio al livello successivo avviene quando la risorsa umana è disponibile a collaborare con gli altri.Il terzo livello è caratterizzato da una maturità medio-alta, che permette di lavorare in gruppo e per obiettivi. Il passaggio alla fase successiva avviene quando il manager può delegare.Il quarto livello è fondato sulla delega. Tale termine indica, dal punto di vista manageriale, la disponibilità e possibilità di affidare alle risorse umane una parte delle proprie responsabilità o autorità manageriale. Si dovrebbe iniziare con deleghe limitate nel tempo e nell’importanza che, a fronte di verifiche positive, dovrebbero essere gradualmente incrementate.L’obiettivo è far crescere il maggior numero di risorse umane, in modo che il manager possa dedicarsi prevalentemente all’attività di progettazione e coordinamento e sempre meno all’attività materiale.

Page 30: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Il solo addestramento non è sufficiente, perché non include la formazione.FormazioneL’attività di formazione permette di far emergere le potenzialità di ciascuno in determinate situazioni e di occuparsi dei “perché” e non solamente del “cosa” e del “come”.Essa è un processo ampio che riguarda diverse aree: i riferimenti teoricopratic specifici dell’attività che si svolge, lo sviluppo delle capacità relazionali, l’incentivazione e il perfezionamento del lavoro d’équipe.Una competenza trasversale, quindi utile in ogni campo di attività e qualunque sia la posizione funzionale assegnata (progettazione, operatività, verifica, ecc.) che dovrebbe essere oggetto di formazione è la capacità di effettuare un’adeguata analisi della realtà. Essa permette di anteporre all’azione l’osservazione, di valutare l’opportunità e l’efficacia degliinterventi, di attuare, se necessario, i cambiamenti in progresso d’opera a livello progettuale. La formazione dovrebbe insegnare anche ottimizzare il lavoro di équipe o di gruppo e la supervisione.Il primo permette di cogliere e considerare aspetti e sfumature che al singolo potrebbero sfuggire; la seconda è un momento fondamentale per la verifica dell’operato personale e di gruppo, che solitamente facilita l’analisi costruttiva, diventando un rinforzo per atteggiamenti e comportamenti sintonici alla situazione, un incoraggiamento per ricerca di modalità più idonee, in caso di inadeguatezza; per il buon esito della stessa è importante creare un clima sereno e collaborativo, dove sono tenute sotto controllo ledinamiche colpevolizzanti e screditanti; altra possibilità offerta dalla supervisione è il supporto all’esame obiettivo di quanto attuato delprogetto, la fattibilità e l’eventuale modifica dei passaggi successivi, di fatto un sostanziale e costante monitoraggio del progetto. Può essere attuata co questionari, colloqui individuali e incontri di gruppo.Una buona formazione, inoltre, dovrebbe stimolare la “curiositas” e lasciare spazio all’aggiornamento personale, nella prospettiva di una coesistenza di più modelli formativi. Pertanto, sarebbero da privilegiare il metodo interattivo e la progettazione dei contenuti a partire dalle conoscenze esperienze e aspirazioni delle persone.Infine, alla formazione spetta anche il compito di far custodire ed accrescere i valori, i principi, il patrimonio culturale propri dell’azienda. In sintesi, la formazione dovrebbe essere considerata un ingrediente essenziale per la promozione e lo sviluppo delle risorse umane nella direzione della continuità e dell’utilizzo ottimale di competenze personali e al tempo stesso potrebbe essere utile anche per ripensare e riprogettare l’organizzazione dell’azienda.SVILUPPARESviluppare, ossia sforzarsi d’incidere sugli atteggiamenti di chi è statochiamato al raggiungimento dell’obiettivo attraverso il coinvolgimento, nel lavoro di gruppo, l’unico ritenuto valido per far bene operare per obiettivi.D’altra parte lo sviluppo delle risorse umane e il raggiungimento degli obiettivi risultano essere per l’azienda una strategia di consolidamento e progresso, fondamentali per la continuità prosperosa della stessa.L’integrazione dello sviluppo delle risorse umane con lo sviluppo della propria organizzazione permette all’azienda di attrezzarsi nell’affrontare i cambiamenti imposti dalle nuove esigenze emergenti dal contesto socioeconomico.Per attuare questa linea di sviluppo le aziende possono interpellare gli Psicologi del lavoro, professionisti in grado di orientare e dirigere “ il cambiamento e l'innovazione “ nell’ottica di uno sviluppo ottimale dell’azienda .STRESS LAVORO CORRELATO: INQUADRAMENTO CONCETTUALE

Page 31: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Il termine stress è entrato nel linguaggio comune in tempi piuttosto recenti; i significati ad esso attribuiti sono molteplici e generalmente hanno connotazione negativa. È utilizzato per indicare uno stato personale “sono stressato”, oppure una condizione legata all’ambiente “vivere in città è stressante” o all’attività “è un lavoro stressante!”. Il vocabolo, però, è antichissimo e le caratteristiche peculiari sono la trasformazione semantica subita nel corso del tempo e le numerose discipline che l’hanno utilizzato.Una corsa rapida nei secoli ci permette di coglierne la poliedricità. Si rintracciano origini latine: strictus (stretto, serrato); lo ritroviamo nell’antica lingua francese: estresse (ristrettezza) e nell’inglese seicentesco stresse, (sofferenza, afflizione).In tempi piuttosto recenti è stato utilizzato dalle scienze con ambiti speculativi assai lontani gli uni dagli altri: la metallurgia, le scienze biologiche, in particolare la fisiologia, la medicina e la psicologia. In metallurgia il termine è inserito nell’espressione “mettere sotto stress” edindica il processo di verifica della resistenza delle travi metalliche; in questa accezione predomina il significato di “pressione, di forza in grado di deformare un corpo”.Lo studioso che ha utilizzato e definito il termine stress per la prima volta è stato il fisiologo Hans Selye nel 1936 in un articolo sulla rivista “Nature”, anche se va riconosciuto al fisiologo francese Claude Bernard e all’americano Walter Cannon il merito di aver fatto da battistrada. Il primo ha elaborato il concetto di omeostasi, inteso come equilibrio interno, raggiunto da unorganismo attraverso un insieme di processi di regolazione e controregolazione che si attivano quando si verifica un allontanamento dall’equilibrio. Cannon ha scoperto il ruolo dell’adrenalina, ormone prodotto in situazioni di emergenza, quando è richiesto un rapido adattamento.Hans Selye ha elaborato una teoria, la cui validità è riconosciuta ancora oggi. Ha definito lo stress come “la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata ad esso(1)”. Pertanto, esiste un rapporto dinamico tra individuo e ambiente e gli effetti dello stress non sono tutti negativi. Nel suo articolo “The evolution of the stress concept” pubblicato sul numero 61 del 1973 della rivista The American Scientist considera lo stress come una risposta essenziale per la vita: “La completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando lanostra filosofia dell’esistenza a esso(2)”.Gli individui, secondo Selye, possiedono un “serbatoio di energie” a cui attingono per fronteggiare gli stimoli esterni (stressor). Alcune situazioni possono portare ad un progressivo all’esaurimento delle riserve di energia; può verificarsi quando l’agente stressante è particolarmente intenso o quando più fattori stressanti agiscono contemporaneamente, oppure quando l’azione degli agenti stressanti si prolungata nel tempo. Esistono, inoltre, situazioni in cui l’organismo rimane attivo, anche, in assenza di eventi stressanti oppure reagisce in modo sproporzionato rispetto all’entità lieve degli stimoli(3).In questi casi lo stress è negativo (distress) e può causare patologie sia psichiche, sia organiche.Lo stress positivo (eustress) si ha, invece, quando il livello è tale da migliorare le capacità individuali, quali, ad esempio, l’attenzione, la memoria, l’apprendimento, la risoluzione “creativa” di problemi; facilita il raggiungimento di un obiettivo; agisce inoltre come un rinforzo positivo per situazioni simili che possono verificarsi in futuro, e aumenta l’energia “delserbatoio”. Recenti studi hanno evidenziato che in situazioni simili, le Persone elaboranorisposte differenti; quindi ogni Persona ha una propria soglia di vulnerabilità e una propria capacità di tollerare lo stress. D’altra parte condizioni di stress di vario genere, inducono alla medesima riposta più Persone. I fattori responsabili di tali diversità sono molteplici, quelle

Page 32: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

maggiormente incidenti sembrano essere le caratteristiche genetiche, la struttura di personalità, le pregresse esperienze affettive e sociali.In sintesi, lo stress rappresenta il risultato di un’interazione dinamica complessa fra la Persona e l’ambiente esterno.Elementi identificativi dello stress lavoro-correlatoLo stress lavoro-correlato è uno dei tanti volti del distress (dello stress disfunzionale), come emerge dalle seguenti definizioni scelte tra quelle avallate scientificamente.Secondo il National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) lo stress lavoro-correlato è un insieme di “reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore(4)”. In questa definizione viene evidenziata la discrepanza che può verificarsi tra richiesta dell’azienda e risposta del lavoratore”.Nel documento “Guida allo stress legato all’attività lavorativa” elaborato dalla Commissione Europea viene ampliato lo spettro con l’inclusione degli aspetti lavorativi che potrebbero essere fonte di stress. Il fenomeno viene definito: “La reazione emotiva, cognitiva, comportamentale e fisiologica ad aspetti avversi e nocivi del contenuto, dell’ambiente e della organizzazionedel lavoro. È uno stato caratterizzato da livelli elevati di eccitazione e ansia, spesso accompagnati da senso di inadeguatezza(5)”. In questa definizione sono indicate sia le aree a rischio, ossia il contesto e il contenuto del lavoro(6), che le conseguenze sulla salute del lavoratore.Fanno parte del contenuto lavorativo, ad esempio, il Disegno del compito lavorativo, i cui item da valutare riguardano la Monotonia, i Cicli di lavoro brevi, il Lavoro frammentato o senza scopo identificabile, il Sottoutilizzo delle attitudini/capacità individuali, l’Incertezza; l’Orario di lavoro con l’analisi del Lavoro a turni, gli Orari di lavoro senza flessibilità/pause, gli Orariimprevedibili e gli Orari di lavoro protratti. Rientrano nel contesto l’Organizzazione del lavoro e la relativa valutazione degli item: Scarsa possibilità di comunicazione, Bassi livelli di sostegno per la risoluzione dei problemi e crescita personale, Mancanza di definizione degli obiettivi aziendali; Interfaccia casa-lavoro i cui item da valutare sono: Richiestecontrastanti tra casa e lavoro; Scarso appoggio in ambito domestico;Problemi di doppio lavoro(7).Nell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 viene affermato che “Lo stress, potenzialmente, può colpire in qualunque luogo di lavoro e qualunque lavoratore, a prescindere dalla dimensione dell’azienda, dal campo di attività, dal tipo di contratto o di rapporto di lavoro(8)”. L’elemento rilevante del documento è la potenziale onnicomprensività del fenomeno che, da una parte impone l’estensione della valutazione ad ogni tipo di impresa, ma dall’altra permette di affermare con certezza che solo una parte dei luoghi di lavoro e dei lavoratori è interessata allo stress-lavoro correlato. In sintesi, appartengono al fenomeno stress-lavoro correlato lamultifattorialità e la complessità, che impongono una valutazione articolata e la collaborazione di professionisti di diverse discipline, fra cui lo Psicologo del Lavoro, il Medico Competente, il Responsabile Sicurezza Lavoratori.Dimensione quantitativa del fenomenoDalle numerose ricerche condotte nei paesi della Comunità Europea dagli inizi degli anni duemila, emerge che lo stress lavoro correlato sta assumendo proporzioni preoccupanti e le proiezioni future lo danno in crescita; dall’elaborazione dei dati risulta che:1) lo stress lavoro-correlato è il responsabile di una percentuale compresa tra il 50% e il 60% delle giornate lavorative perse in un anno(9);2) nel 2002 il costo economico nei 15 Paesi che ne facevano parte è stato di circa 20 miliardi di Euro(10);

Page 33: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

3) lo stress interessa quasi un lavoratore europeo su quattro; ed è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa fra quelli maggiormente indicati dai lavoratori;4) il fenomeno sembra destinato ad aumentare in futuro, a causa di alcuni cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, quali ad esempio l’incertezza e l’insicurezza del lavoro stesso; i pesanti carichi di lavoro e le frequenti pressioni sui lavoratori da parte delle Direzioni (11).Fanno parte del contenuto lavorativo, ad esempio, il Disegno del compito lavorativo, i cui item da valutare riguardano la Monotonia, i Cicli di lavoro brevi, il Lavoro frammentato o senza scopo identificabile, il Sottoutilizzo delle attitudini/capacità individuali, l’Incertezza; l’Orario di lavoro con l’analisi del Lavoro a turni, gli Orari di lavoro senza flessibilità/pause, gli Orariimprevedibili e gli Orari di lavoro protratti. Rientrano nel contesto l’Organizzazione del lavoro e la relativa valutazione degli item: Scarsa possibilità di comunicazione, Bassi livelli di sostegno per la risoluzione dei problemi e crescita personale, Mancanza di definizione degli obiettivi aziendali; Interfaccia casa-lavoro i cui item da valutare sono: Richieste contrastanti tra casa e lavoro; Scarso appoggio in ambito domestico;Problemi di doppio lavoro.Nell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 viene affermato che “Lo stress, potenzialmente, può colpire in qualunque luogo di lavoro e qualunque lavoratore, a prescindere dalla dimensione dell’azienda, dal campo di attività, dal tipo di contratto o di rapporto di lavoro”. L’elemento rilevante del documento è la potenziale onnicomprensività del fenomeno che, da una parte impone l’estensione della valutazione ad ogni tipo di impresa, ma dall’altra permette di affermare con certezza che solo una parte dei luoghi di lavoro e dei lavoratori è interessata allo stress-lavoro correlato.In sintesi, appartengono al fenomeno stress-lavoro correlato la multifattorialità e la complessità, che impongono una valutazione articolata e la collaborazione di professionisti di diverse discipline, fra cui lo Psicologo del Lavoro, il Medico Competente, il Responsabile Sicurezza Lavoratori.Stress lavoro-correlato e saluteLe conseguenze dello stress-lavoro correlato sulla salute riguardano sia il lavoratore che l’impresa, per quest’ultima il termine salute va inteso nel senso di benessere organizzativo essenziale per la qualità della vita e delle relazioni nei luoghi di lavoro(12) ed anche per l’eccellenza del prodotto e del servizio erogato.Per quanto riguarda i lavoratori da iniziali sintomi che possono essere fisici, psicologici o psicosomatici, si possono sviluppare patologie severe a carico dei tre livelli indicati, se non si interviene in modo tempestivo e appropriato.I sintomi iniziali più diffusi sono i disturbi del sonno, un senso eccessivo di affaticamento, irritabilità, problemi di memoria e concentrazione, abbassamento delle difese immunitarie, emicrania, dolori agli altri e alla schiena, caduta della libido, difficoltà digestive e problemi cardio-vascolari.L’evoluzione può portare a disturbi dell’umore, soprattutto la depressione, a disturbi emotivi, quali l’ansia e gli attacchi di panico, all’abuso di sostanze, a patologie a carico dell’apparato digerente (gastrite, gastroduodenite, ulcera duodenale) e dell’apparato cardiocircolatorio (aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa).Sul versante aziendale i costi aumentano in quanto in un’organizzazione “stressante” si verificano maggiormente conflitti interpersonali, turnover, assenteismo, problemi disciplinari; diminuisce la produttività e la qualità del lavoro (errori, infortuni); crescono i costi d’indennizzo e/o delle spese mediche; può essere compromessa l’immagine sociale dell’azienda.La valutazione

Page 34: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Tra le finalità della valutazione, oltre a quella di verificare il rischio stresslavoro correlato, ricordiamo:- “aumentare la consapevolezza e la comprensione degli imprenditori, dei lavoratori e dei loro rappresentanti sullo stress da lavoro;- portare la loro attenzione sui segnali che possono indicare problemi relativi allo stress da lavoro(13)”. Pertanto, è importante per il corretto svolgimento del processo di valutazione e gestione del rischio stress lavoro correlato(14), prevedere un intervento di sensibilizzazione e di informazione relativa sia al fenomeno che alla valutazione stessa;- “offrire ai datori di lavoro ed ai lavoratori un quadro di riferimento per individuare e prevenire o gestire problemi di stress lavoro-correlato”.Questo aspetto implica che l’intervento dovrebbe prevedere la valutazione generale del rischio, il cosiddetto Risk Assessmente la gestione orientata alla prevenzione o comunque alla riduzione del rischio specifico, il Risk Management, il monitoraggio e il follow up, in quanto l’assenza o la presenza di stress lavoro-correlato non è uno stato consolidato nel tempo, ma è una situazione soggetta a variazioni costanti. Questi quattro momenti andrebbero intesi come parti di un unico processo.La valutazione di un fenomeno così complesso e multifattoriale risulta piuttosto articolata e richiede un approccio basato su metodologie scientificamente provate, e che devono essere utilizzate da professionisti competenti e specificamente preparati in questo settore.La Comunicazione DefinizioneLa comunicazione.Limitandoci alla definizione lessicale, essa è legata all’azione del comunicare, ossia alla trasmissione e alla trasfusione di un’informazione, di un fatto e di un’emozione.Per la tipologia dell’Insegnamento che, andiamo, via via approfondendo e per la particolare formazione umanistica legata alle nostre conoscenze, non possiamo slegare dalla sfera emotivo-affettiva ciò che rimane l’oggetto della comunicazione, ovvero il comunicato.Ovviamente, il Ricevente la comunicazione avrà un riverbero emotivoaffettivo circa l’agente della comunicazione e lo stesso enunciato.Questi sono, apparentemente, soltanto aspetti accessori, ma, bensì, funzionali all’efficacia della comunicazione ed alle successive azioni consequenziali a quanto verbalmente e, qualitativamente, percepito e recepitoLa comunicazione CaratteristicheIn ogni Gruppo Aziendale si richiede una Comunicazione EFFICACE .Per essere tale, essa dovrebbe possedere alcuni indispensabili requisiti:• finalizzata all’affronto-superamento di una problematica, emergente e necessitante di ipotesi risolutive, con ampia partecipazione di tutto il Gruppo, magari attraverso una tecnica di brainstorming, efficace nel coinvolgere tutti i Membri, a vario di titolo di competenza;• trasparente, affinché tutti, indistintamente, siano resi edotti dei dati che emergono dall’enunciazione dei fatti in modo semplice, onde evitare metacomunicazioni idonee a costruire difese aprioristiche disfunzionali nel fornire suggerimenti risolutivi;• pragmatica, tesa a privilegiare la raccolta e l’analisi di dati/fatti. In tal modo risulterebbe adatta al contenimento del conflitto e ad una presa di decisioni rapida e condivisa.A tali fondamentali caratteristiche si aggiungano la presenza della coerenza tra il linguaggio verbale e quello non verbale, la possibilità di sollecitare un interesse globale con la raccolta di un feedback significativo, la precisa presenza di una contestualità e di una cronologia accettabili e credibili.

Page 35: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Un breve accenno, ora, al CLIMA ideale (se ne parla più diffusamente, in altro capitolo) in un ambiente lavorativo ottimale: per poter apprezzare il benessere connesso al ritrovarsi assieme quotidianamente a produrre “creatività” è importante, per tutti i Membri dello Staff, riuscire adapprezzare un’atmosfera composta da elementi, opinioni, sentimenti e percezioni, che possano essere ritenute libere, spontanee e gratificanti.Indicatori ottimali per un clima organizzativo ideale sono:• sostegno, ovvero la fiducia di poter ottenere le risorse necessarie all’esecuzione dei propri compiti sia da parte del Gruppo che da parte del Leader;• calore, come descrittivo della qualità della relazione. Conseguenza di un buon calore emotivo è la percezione della serenità con cui il Gruppo si appresta a svolgere le proprie funzioni. Connesso al calore è l’empatia e la sensazione che ognuno sta svolgendo al meglio i propri compiti, con assenza d’idee di sospettosità o paranoiche;• riconoscimento dei ruoli contraddistingue la differenza individuale che, alla fine, migliorerebbe le possibilità d’integrazione dei vari saperi e delle varie competenze;• apertura rivela la libertà d’espressione, facilitando uno spontaneo costruttivo brainstorming, teso all’ottimizzazione del progetto “in fieri”;• feedback: è strettamente connesso al Check / Controllo, con indicativi suggerimenti di ritorno, atti all’ottimizzazione del prodotto finale. La verifica risulta necessaria alla conservazione dell’autostima individuale e della fisiologica tensione verso un risultato.Nell’ambiente Socio-assistenziale la Comunicazione assume una peculiarità interessante tra Colui che emette parole ed esprime comportamenti funzionali ad un corretto agito da parte dell’ Altro, cui si trasmette il comunicato e il Ricevente la Comunicazione.L’importante è riuscire “sempre” a verificare l’EFFICACIA di quanto comunicato, se, cioè, il nostro Interlocutore ha compreso, veramente, quanto trasmessogli.La capacità di comunicare in maniera efficace, creando e mantenendo rapporti significativi con gli Altri, non è legata assolutamente alla genetica: essa può essere appresa ed accresciuta nelle vicissitudini di vita quotidiana, divenendo, in tal modo, un reale laboratorio esperienziale e vitale.Comunicare non è solo parlare: Meherabian A, psicologo U.S.A., sostien in un messaggio comunicativo, almeno il 55% è connesso alla “non verbale (relazione), il 38% è connesso al messaggio verbale, mentre il restante 7% verbale è relativo al contenuto della trasmissione.Spesso, noi usiamo il linguaggio del Corpo, senza avere la consapevolezza di farlo: non ne siamo attenti né con gli Altri né con Noi stessi, creando, spesso, un’incomprensione circa l’inefficacia di alcune comunicazioni “non accudite”.Essa potrebbe essere appresa e migliorata attraverso sistemi di comunicazione “moderne” apportati da studi di settore, innovativi e multidisciplinari, che non possiamo trascurare nella nostra continua conoscenza, in costante evoluzione.Occorre riapprendere, anche se ormai adulti, a comunicare, per comprendere le ragioni di alcuni insuccessi , introducendo correttivi atti a migliorare e a rendere più efficace quanto vogliamo trasmettere.Comunicare bene porta non solo ad un successo “transitorio ed effimero”, ma riesce a migliorare la nostra capacità relazionale con gli ALTRI, influendo macroscopicamente sulla qualità della Vita, coadiuvandoci nel definire la nostra identità psicosociale.E queste affermazioni possono essere ampiamente rilevate nelle “professioni di aiuto”, i cui esiti e risultati possono essere pregiudicati da alcuni blocchi comunicativi e affievoliti da inimmaginabili perdite energetiche o caduta della credibilità.Ognuno di Noi, in particolari momenti di sofferenza, necessita dell’ altrui capacità di comprensione ed accadimento: serve all’individuo per ritrovar la forza atta ad affrontare la

Page 36: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

sofferenza, il dolore ed un futuro “diverso”, cui adattarsi. Occorre una grande coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa (coerenza ideo-prassica), onde evitare comunicazioni distorte o“metacomunicazioni”, prontamente identificabili come “mancanza di credibilità” nelle comunicazioni. Spesso,” il solo parlare” non risulta efficace.Spesso, occorre accompagnare, con la VERIFICA, cercando di constatare se il Soggetto sta eseguendo quanto suggerito nelle primitive comunicazioni (concetto di management connesso al ciclo PDCA). La Persona capace d comunicare riesce a produrre effetti molto positivi sull’ALTRO, innescando un processo di cambiamento connesso alla vita dello Stesso (comunicazione pragmatica), facendogli percepire, magari di fronte all’evento avverso lanecessità d’introdurre correttivi maggiormente funzionali al mutare le proprie convinzioni e i propri comportamenti, ritenuti obsoleti ed inefficaci.Occorre rammentare che connessa alla comunicazione c’è sempre la capacità di porsi interamente all’ascolto dell’Altro: quindi, è necessaria un’intensa capacità attentiva, per evitare di dare segnali negativi al nostro interlocutore, come, ad esempio, la metacomunicazione. L’obiettivo dellaComunicazione, per concludere, rimane quello di “produrre effetti” (agendo sulla sfera emotiva e, in seguito, sul comportamento). Utile effettuare ricerche sulla scuola di Paolo Alto/California e sulla successiva disciplina, collegata alle Neuroscienze, da identificarsi con il nome di “Programmazione NeuroLinguistica” (PNL) (autori: Bandler R. e Grinder J.). La Pnl ci invita aricercare le modalità per affrontare una problematica, evitando di preoccuparsi del significato della fenomenica esistente circa l’ontologia della stessa. Disporre di strumenti tecnici validi a modificare un comportamento può, così, risultare utile nella ricerca di uno stile comunicativo efficace.Effetti negativi di una MetacomunicazioneSpesso,” il solo parlare” non risulta efficace.Occorre una grande coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa (coerenza ideo-prassica), onde evitare comunicazioni distorte o “metacomunicazioni”, prontamente identificabili come “mancanza di credibilità” nelle comunicazioni.Spesso, occorre verificare, controllando se il Soggetto sta eseguendo quanto suggerito nelle primitive comunicazioni (concetto di management connesso al ciclo PDCA: plan - do - control - action).La Persona capace di comunicare riesce a produrre effetti molto positivi sull’ALTRO, innescando un processo di cambiamento connesso alla vita dello Stesso (comunicazione pragmatica), facendogli percepire, magari di fronte all’evento avverso la necessità d’introdurre correttivi maggiormente funzionali al mutare le proprie convinzioni e i propri comportamenti, ritenuti obsoleti ed inefficaci.Occorre rammentare che connessa alla comunicazione c’è sempre la capacità di porsi interamente all’ascolto dell’Altro: quindi, intensa capacità attentiva, per evitare di dare segnali negativi al nostro interlocutore, come, ad esempio, la metacomunicazione.L’obiettivo della Comunicazione, per concludere, rimane quello di “produrre effetti” (agendo sulla sfera emotiva e, in seguito, sul comportamento). Utile effettuare ricerche sulla scuola di Palo Alto/California e sulla successiva disciplina, collegata alle Neuroscienze, da identificarsi con il nome di “Programmazione NeuroLinguistica” (PNL) (autori: Bandler R. e Grinder J.).La Pnl ci invita a ricercare le modalità per affrontare una problematica, evitando di preoccuparsi del significato della fenomenica esistente circa l’ontologia della stessa. Disporre di strumenti tecnici validi a modificare un comportamento può, così, risultare utile nella ricerca di uno stile comunicativo efficace.

Page 37: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Alcuni Autori (Pignatto- Regazzo di Antiforma - Milano) sostengono che nell’Efficacia Comunicativa entrano in azione i seguenti fattori:• finalizzazione: attività concreta, tesa ad avviare e conseguire risposte efficaci, gratificanti per tutti;• pragmatismo: lungi dalle riunioni “perditempo”, senza nessun vincolo di Orario, di Luogo, di Persone Partecipanti, di Ordine del Giorno preciso e puntuale, con una precisa indicazione su chi fa che cosa, come, quando e con quali “possibili-verificate” risorseeconomiche e personali. Occorre evitare di effettuare “voli pindarici” o “illusioni operative”, “evitando,rigorosamente, di ricorrere al Libro dei Sogni. Questo, però, non significa trascurare l’entusiasmo propositivo;• trasparente: ognuno deve fornire al Gruppo le informazioni, di cui è in possesso, per evitare di “rifugiarsi in sacche di potere”;• coerenza: tra l’ideazione e quanto si comunica di voler intraprendere. Si inneggia ad una comunicazione sollecitante e, costantemente, verificabile, nella propria veridicità, credibilità efattibilità.STILI COMUNICATIVI CENNI STORICIcultura greco-romanaSono state elaborate varie teorie sugli stili comunicativi individuali. Esse prendono in esame le più recenti considerazioni su come le Persone, con diversi temperamenti, interagiscono nell’ambito lavorativo.La “Tipologia” affonda le radici nella cultura greca.Il medico Ippocrate, padre della medicina occidentale, riteneva che lo stato di salute si basasse sull’equilibrio di quattro fluidi: sangue, flemma, bile gialla, bile nera.Galeno, nel II secolo d.C., ampliò la teoria di Ippocrate, individuando quattro temperamenti:CollericoSanguignoFlemmaticoMelanconicoLa dominanza della bile gialla sarebbe responsabile del temperamento collerico; la dominanza della bile nera del temperamento melanconico; il flemma del flemmatico (apatia) e il sangue del sanguigno (esuberanza). 1800-inizi 1900Il filosofo tedesco I. Kant ha integrato nella sua elaborazione filosofica la teoria di Galeno. Elemento fondamentale è il carattere categoriale, ovvero una persona appartiene ad un tipo o a un altro; pertanto, non sono previste mescolanze. Tale impostazione si è affermata quale “dottrina ufficiale” ed è rimasta in auge fino alla fine del 1800.In contrapposizione al punto di vista categoriale, W. Wundt ha proposto quello dimensionale, basato sul concetto che esistono due dimensioni, immaginate come linee ai cui estremi si collocano: emotivo/non emotivo e stabile/mutevole.Pertanto i quattro tipi individuati da Galeno sono collocati sulle due dimensioni e presentano le seguenti caratteristiche:MELANCONICO si situa nelle dimensioni emotivo/stabile e manifesta ansia, irrequietezza, infelicità, diffidenza, serietà e ricchezza di idee.COLLERICO si situa nelle dimensioni emotivo/mutevole e manifesta eccitabilità, egocentrismo, esibizionismo, impulsività, teatralità, dinamismo.FLEMMATICO si situa nelle dimensioni non-emotivo/stabile e appare assennato, di elevati principi, controllato, perseverante, risoluto, tranquillo.SANGUIGNO si situa nelle dimensioni non-emotivo/mutevole e appare allegro, bonario, socievole, spensierato, speranzoso, soddisfatto.

Page 38: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Anche con questa suddivisione non è possibile giungere ad una quantificazione di tipo statistico. Bisogna aspettare fino agli inizi del 1900 quando B. Heymans e E. Wiersma hanno elaborato un sistema descrittivo della personalità con metodi quasi-statistici. Può essere considerato il prototipo delle check-list. contributo della psicoanalisi junghianaCarl Gustav Jung è stato tra i primi psichiatri e medici a classificare i tipi di personalità. Nell’opera Tipi psicologici, pubblicata nel 1921, Jung distingue due atteggiamenti fondamentali presenti nelle persone: introversione ed estroversione.Quando tali atteggiamenti risultano definiti e stabili lungo l’arco dell’esistenza la Persona può essere definita come tipo “introverso” o “estroverso”. È possibile, però, che la Persona alterni frequentemente periodi in cui predomina l’introversione a periodi in cui predomina l’estroversione: in questo caso si parla di tipo “intermedio”.Gli introversi risultano maggiormente influenzati dal proprio mondo interno e da fattori soggettivi, mentre gli estroversi dal mondo e da fattori esterni.Per Jung si nasce introversi o estroversi, ma sottolinea l’importanza di giungere ad un completezza della personalità, attraverso lo sviluppo delle parti carenti.Individua, inoltre, quattro funzioni psichiche nel tratto conscio. Due razionali: pensiero e sentimento; due irrazionali: sensazione e intuizione. Le quattro funzioni sono presenti in ogni Persona, con la predominanza di una.Attraverso la teoria dell’introversione-estroversione e delle quattro funzioni, Jung individua otto tipi psicologici:L’intellettuale-estroversoIl sentimentale-estroversoIl sensoriale-estroversoL’intuitivo-estroversoL’intellettuale-introversoIl sentimentale-introversoIl sensoriale-introversoL’intuitivo-introversoMBTI testFacendo riferimento alla teoria dei tipi di C. G. Jung, Isabel Briggs Myers e sua madre Katharine Cook Briggs hanno pubblicato, nella seconda metà del secolo scorso, il test MBTI. Questo test è stato utilizzato prevalentemente per la selezione del personale, l’orientamento e il counseling.Il fondamento del test è che le persone hanno modi differenti di interagire con l’ambiente, di percepire la realtà esterna, di formulare giudizi;l’integrazione di questi aspetti porta a differenti stili di comportamento, interessi e valori.Il MBTI si basa su quattro indici:Il primo indice evidenzia se la Persona è estroversa o introversa.Il secondo ha lo scopo di evidenziare la preferenza tra due modi di percepire: affidarsi alle sensazioni, attraverso i 5 sensi, oppure all’intuizione, fondata sull’inconscio.Il terzo indice ha lo scopo di indicare la preferenza tra i due modi di giudicare: quello basato sul pensiero, che distingue nettamente il vero dal falso, e quello basato sul sentimento, che distingue ciò che ha valore da ciò che non ne ha.Il quarto indice ha lo scopo di evidenziare se la Persona, nel rapportarsi con l’ambiente esterno, si affida fondamentalmente al giudizio o alla percezione.Il test fornisce un quadro complessivo della Persona, non è, quindi valutativo.Può aiutare a definire quale sia il profilo professionale più adatto alla Persona che è stata sottoposta al test e la sua attitudine al lavoro.

Page 39: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

In Italia è stato pubblicato e diffuso da OS di Firenze fino al 2000; attualmente viene utilizzato il test Jung Type Indicator (JTI) che può essere considerato l’evoluzione del MBTI.STILI COMUNICATIVI: I DIRETTORIIn base alla Teorie sulla Tipologia , sono state individuate quattro principali tipi di comunicatori: Direttori, Relazionali, Socializzatori e Pensatori.Questa lezione riguarda i Direttori; sono analizzate le caratteristiche personologiche, gli atteggiamenti e i comportamenti lavorativi.I Direttori: caratteristiche personologicheI Direttori dal punto di vista personologico presenterebbero le seguenti caratteristiche:Decisionalità e competitività Impazienza e tendenza al controllo che favorirebbero il loro coinvolgimento in situazioni conflittualiAutonomia e indipendenzaRapidità ed immediatezza nello svolgimento dei loro compitiFreddezza e distanziamento relazionalePropensione al cambiamentoAtteggiamenti e comportamentiI Direttori con una visione tradizionale della gestione considererebbero le persone funzionali quando soddisfano gli obiettivi dell’organizzazione e la personale affermazione; pertanto, non vengono considerate come “risorse”.In tale visione non esiste spazio per la motivazione, la collaborazione, l’autonomia e la responsabilizzazione. Essi sarebbero inclini solamente a comandare, inquisire, correggere, a dare ordini e disposizioni. Difficilmente delegano, in quanto lasciare il controllo rappresenta una questione importante. Una volta formulato un giudizio, difficilmente tendono a rivedono.Di contro, le risorse umane che lavorano con Direttori di “tipo tradizionale” sviluppano uno scarso senso di appartenenza, insicurezza, sentono di avere poco spazio per la crescita personale e l’autorealizzazione.Tali caratteristiche determinerebbero nell’ambito lavorativo atteggiamenti e comportamenti che tenderebbero a:privilegiare il lavoro immediato rispetto alle Persone coinvolte;lavorare tramite le Persone e non con Esse; pertanto, potrebbero “usarle” per raggiungere i loro obiettivi;concentrarsi sul “come” della progressione del lavoro piuttosto che sul “perché”; conseguentemente, potrebbero considerare la pianificazione e la supervisione come strumenti atti al raggiungimento dei loro personali obiettivi;scalare l’organizzazione per arrivare ai vertici; vi riuscirebbero con estrema facilità.I Direttori con visione innovativa della gestione organizzativa:atteggiamenti e comportamentiI Direttori con una visione innovativa della gestione considererebbero le persone al centro dell’organizzazione, pertanto, come “risorsa”. C’è spazio per:- la motivazione, in quanto riconosciuta come un elemento fondamentale nella determinazione dei livelli di prestazione- il coinvolgimento- l’accoglienza della critica, se costruttiva- la gestione del conflitto- la responsabilità- la delegaAscolto attivo

Page 40: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Un fattore importante per attuare quanto esposto risulta essere l’ascolto attivo, ovverol’attenzione all’altro e a ciò che sta dicendo, ma anche a se stessi per ascoltare le proprie emozioni e reazioni; fondamenti dell’ascolto attivo sono l’empatia e la disponibilità a comprendere il punto di vista altrui. Ciò implica sospendere giudizi di valore, cioè sfuggire alla tentazione di inserire in categorie precostituite l’interlocutore o quanto egli dice; mantenere unbuon livello di osservazione e attenzione, così da cogliere gli elementi essenziali per la comprensione dell’altro; verificare, attraverso riformulazioni e/o domande aperte, la comprensione dei contenuti; procedere insieme, quando la situazione lo permette, nella ricerca di risposte ed evitare il “pronto soccorso immediato”, vale a dire provvedere unilateralmente alla risoluzione dei problemi sollevati dall’interlocutore; quest’ultima modalità ha la prerogativa di responsabilizzare e ri-generare la capacità di autonomia decisionale a chi è in stato di bisogno. Da molti studi risulta che l’ascolto attivo è un elemento positivo per le dinamiche di gruppo: generalmente le persone si aprono all’esperienza, limitano gli atteggiamenti difensivi, diventano più collaboranti, tolleranti e meno autoritari.Altri fattori importanti nell’ascolto attivo sono la capacità di decodificare il linguaggio non verbale, ossia i segnali del corpo.Comunicazione non verbaleLa comunicazione non verbale è più antica di quella verbale sia sul piano filogenetico che ontogenetico. Relativamente al primo, essa è stata tramandata nel percorso evolutivo comune all’uomo e alle specie animali.Sul piano ontogenetico il bambino appena nato non possiede ancora il linguaggio verbale, ma una vasta gamma di linguaggio non verbale (pianto, sorriso, contatto con il corpo materno, ecc.) che sollecita l’intervento dell’adulto. Pertanto, è possibile affermare che la comunicazione nonverbale esprime la parte più inconscia e naturale: infatti, l’essere umano la utilizza senza rendersene conto.A titolo esemplificativo ricordiamo la mimica facciale, la gestualità, il ritmo del respiro, la postura, la disposizione dello spazio, il silenzio e l’aspetto esteriore.MotivazioneLe organizzazioni del nostro tempo operano in situazioni molto competitive e complesse; pertanto necessitano di personale determinato, preparato e innovativo.La motivazione svolge un ruolo fondamentale, in quanto:può influenzare il comportamento della persona sia in termini di direzione che di intensità;può incidere sulla determinazione a raggiungere l’obiettivopuò spingere ad andare oltre il risultato, mettendo a disposizione dell’organizzazione la propositività, la creatività, la sana ambizione.Come motivare?Sono state elaborate diverse teorie, tra le principali si segnalano:la Teoria del rinforzo di B.F. Skinnerla Teoria dell’aspettativa-valenza di V.H. Vroomla Teoria della definizione degli obiettivi di E.A. LockeSkinner sosteneva che gli individui tendono a ripetere i comportamenti legati a percezione, ricordi , esperienze positivi, mentre tendono a non ripetere quelli legati a episodi negativi. Si fonda su tale principio la possibilità di orientare i comportamenti degli altri, in particolare portarli a ripetere taluni comportamenti. Per ottenere ciò è indispensabile associare ad essi unrinforzo positivo. Rappresentano una esemplificazione di tale strategie i sistemi premianti o incentivanti: ad esempio, se una Persona raggiunge un determinato volume di vendite, avrà un premio del 10%; se rispetta i tempi di consegna della commessa avrà un premio del 15%, ecc.

Page 41: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Nel caso si tratti di correggere o eliminare alcuni comportamenti è opportuno rilevare l’errore e segnalarlo a chi l’ha commesso, affinché non si ripeta. In questa fase non è opportuno punire.Secondo Vroom la persona prima di adottare un comportamento per conseguire un obiettivo effettua un’automatica valutazione di due fattori, la valenza e l’aspettativa, che successivamente determinano la motivazione, quale spinta all’azione verso l’obiettivo definito. Pertanto la motivazione è correlata ai due fattori e può essere espressa con la seguente formula:Motivazione = Valenza x AspettativaLa valenza è il valore che l’individuo attribuisce all’obiettivo, mentre l’aspettativa è relativa alla probabilità che l’obiettivo possa essere raggiunto.La teoria è stata ulteriormente elaborata, includendo un altro fattore: il valore della ricompensa, che si riferisce alla ricompensa derivante dal conseguimento dell’obiettivo. La formula della motivazione diviene quindi la seguente:Motivazione = Valenza x Aspettativa x ValoreIn base a questa teoria per favorire la motivazione del personale è necessario definire con chiarezza: il rapporto tra il lavoro e il conseguimento dell’obiettivo il comportamento considerato positivo il premio per il raggiungimento dell’obiettivo.Secondo la teoria di Locke, la definizione degli obiettivi è uno strumento motivazionale che può migliorare le prestazioni.Gli obiettivi devono essere: chiari e specifici, perché le Persone devono sapere chiaramente cosa ci si aspetta dalle loro prestazioni;difficili, in quanto esiste una correlazione tra difficoltà dell’obiettivo e livello delle prestazioni: più difficile è l’obiettivo, più alto sarà il livello delle prestazioni; se l’obiettivo è percepito come irraggiungibile, si verifica un crollo delle prestazioni condivisi per favorire la percezione della raggiungibilità verificati costantemente: sapere come e quando si è vicini all’obiettivo aiuta il raggiungimento dello stesso.Da quanto esposto emerge il ruolo fondamentale della motivazione, a cui i Direttori dovrebbero prestare attenzione quotidianamente nella gestione del personale.Gestione dei conflittiSecondo J. Edgerton e R.J. Campbell III il conflitto è “una lotta mentale che prende origine dall’operazione simultanea di contrapporre impulsi, spinte, richieste esterne (ambientali o interne). Viene definito intrapsichico quando il conflitto è tra le forze interne alla personalità ed extrapsichico quando è tra il Sé e l’ambiente” (Glossario Americano di Psichiatria, Masson, Milano, 1995).A livello relazionale, il conflitto in sé non rappresenta un fattore di rischio per la relazione; esistono modalità costruttive e distruttive. Le prime sono caratterizzate dall’ascolto e dalla comunicazione verbale, dall’impegno nella comprensione, dal perdono e dalla negoziazione su fini e strumenti futuri; questa modalità permette di giungere ad un riconciliazione che rassicura le persone coinvolte e le riconferma nella positività della relazione. Nelle modalità distruttive prevalgono invece l’aggressività, la rabbia, la sopraffazione e a volte la violenza, il tutto inserito in una sorta di “ciclo di atti negativi” dove ad un atto negativo segue come risposta, spesso automatica, un atto altrettanto negativo, determinando l’amplificazione e l’estensione del conflitto.Gestione della criticaLa modalità di gestione della critica è fondamentale per mantenere buone relazioni i lavoro, anzi migliorarle.Generalmente la critica induce sia in chi la propone, sia in chi la riceve comportamenti difensivi e può generare fraintendimenti.Alcuni accorgimenti possono preservare da inconvenienti negativi.

Page 42: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Criticare il comportamento ed evitare di sottolineare mancanze riferibili alla personalità. Esemplificazione: “è spesso in ritardo, è una persona poco affidabile” esprime un giudizio sulla personalità; “è spesso in ritardo, è possibile risolverlo? È legato all’organizzazione del suo orario?” è una rilevazione sul comportamento che lascia spazio alla comprensione dellecause e alla possibile soluzione.Dare indicazioni concrete sul comportamento da attuare, evitando generalizzazioni. Esemplificazione: “In questa azienda non siamo sbrigativi con i clienti” è un’indicazione generica; “Mi sembra che non abbia curato la conversazione telefonica con il cliente Rossi. Le prossime volte cerchi di prestare maggiore attenzione alle richieste del cliente e di fornireinformazioni più esaustive .Non criticare in presenza di altre persone. Anche se è una prassi piuttosto diffusa, in quanto alcune organizzazioni privilegiano riunioni informali e “disinvolte”. È preferibile un incontro in un luogo riservato con la persona alla quale è diretto l’osservazione.Esporre un problema alla volta. In una situazione ricca di tensioni da parte di ambedue le parti, occorre evitare le manifestazioni “viscerali”, che rischiano di compromettere la veridicità e, conseguentemente, l’efficacia della “contestazione”. Inoltre, è consigliabile affrontare un problema alla volta, per evitare un accumulo di tensione e un elenco litanico di lamentele. Nelcaso ci fossero più problemi, sarebbe opportuno riservarne la discussione per le riunioni successive.STILI COMUNICATIVI: i relazionaliQuesta lezione riguarda i “Tipi Relazionali”; sono analizzate le caratteristi che personologiche, le caratteristiche della comunicazione verbale e le caratteristiche comportamentali.I Relazionali prestano particolare attenzione alle relazioni, che costituiscono la loro principale fonte di soddisfazione. Solitamente, essi scelgono professioni di aiuto. Per le loro capacità di mediazione sarebbero una buona risorsa per i Direttori, in quanto integrerebbero l’area del rapporto umano che i Direttori tendono a trascurare.A livello di tipologia di personalità i Relazionali tendono a privilegiare il rapporto interpersonale.I Relazionali: caratteristiche personologicheI Relazionali dal punto di vista personologico presenterebbero le seguenti caratteristiche:Ponderati nelle decisioniContrari al rischioContrari al conflittoSupportiviFlessibiliBuoni ascoltatoriRicercatori di affiliazioneTendenti al lavoro di gruppoNon prevaricatoriDisponibili a riconoscere serenamente i propri limitiCapaci di porsi obiettivi realistici di cambiamentoIndisponibili a qualsiasi forma di ricattoIn grado di esprimere in modo adeguato le proprie esigenze e bisogniI Relazionali: caratteristiche della comunicazione verbaleI Relazionali hanno una comunicazione chiara e con una struttura logica ben articolata.Tendono a ridurre l’uso di domande chiuse, che prevedono risposte brevi (del tipo sì/no), in quanto limiterebbero lo sviluppo della conversazione.

Page 43: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Privilegiano, invece, le domanda aperte, strutturate in modo da creare un rapporto, verificare idee, chiedere notizie, dimostrare e suscitare interesse.Sono disponibili a fornire informazioni spontaneamente, senza alcunasollecitazione altrui.Se necessario ribadiscono il loro punto di vista con estrema calma, evitando eventuali tentativi manipolativi messi in atto da altri.Ammettono serenamente gli errori, senza accompagnare talecomunicazione con sensi di colpa o inadeguatezza; l’immagine che hanno di se stessi non viene intaccata.Generalmente si scusano; questo ridurrebbe l’eventuale ostilità e animosità da parte di chi subisce le conseguenze del loro errore.Tali caratteristiche facilitano l’espressione dei rispettivi punti di vista e la comprensione del messaggio.La loro comunicazione presenta i caratteri:1) dell’intimità, nella poliedricità dei suoi aspetti e intesa come:vicinanza affettiva, cognitiva espressa con modalità e gradazione sintoniche al tipo di relazione; apertura all’altro attuata nel comunicare efficacemente e nel confidarsi;2) della profondità che è la dimensione in cui l’altro è accolto e si sente accolto nella totalità e per come è.Pertanto, riescono a vivere la comunicazione nel senso originario latino di “communicatio”, cioè messa in comune, il cui valore fondamentale è quello della “reciprocità, dunque di diffusione incrociata, di partecipazione in accoglienza e di ritorno”. (Lever F., Rivoltella P.C., Zanacchi A. (a cura di) (2000): “ La comunicazione, in Dizionario di scienze e tecniche”, Eri-Rai- Elledici-LAS, Roma).I Relazionali: caratteristiche comportamentaliI Relazionali sono in grado di dare sostegno alle Persone con cui lavorano, riuscendo a trovare uno spazio nelle giornate lavorative spesso frenetiche.Inoltre, tendono ad assumere responsabilità e impegno nei confronti dell’altro.Sono inclini ad esprimere stima e complimenti sinceri, precisando i comportamenti apprezzati.Presentano tratti di spiccata fiducia, nel duplice aspetto di capacità e possibilità di affidarsi perché non temono di appoggiarsi all’altro, al quale, contemporaneamente, riconoscono le qualità adatte per accogliere. È un spazio fondamentale per l’incontro dell’Io con il Tu.Godono di notevoli capacità empatiche, che permettono loro di cogliere gli stati d’animo altrui e di trovare parole e comportamenti che rispondano armonicamente alle situazioni che si presentano.Tendono ad attuare “l’accomodamento” che consiste nel saper inibire i comportamenti distruttivi; questo aspetto ha una funzione di protezione della relazione perché sembra eserciti una influenza maggiore sulla positività del rapporto rispetto alle azioni costruttive.Risultano essere assertivi: quando si trovano di fronte a un comportamento che non condividono, non tacciono e non subiscono, ma esprimono le proprie posizioni in modo chiaro e diretto; non sono aggressivi e offensivi.Esemplificazione di una situazione di mancato impegno da parte di un’altr persona: “Sono amareggiato perché non hai fatto… (citare il fatto in questione), troviamo una strada affinché non si ripeta tale situazione” ; evitano espressioni tipo: “Sono arrabbiato perché hai dimostrato di essere nuovamente inaffidabile”.STILI COMUNICATIVI: I SOCIALIZZATORIQuesta lezione riguarda i “Tipi Socializzatori”; sono analizzate le caratteristiche personologiche, le caratteristiche della comunicazione verbale e le caratteristiche comportamentali.

Page 44: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

I Socializzatori potrebbero essere definiti “compagnoni”: prediligono lavorare con gli altri e creano un clima di famigliarità con i loro collaboratori. In questo modo risultano essere abili costruttori di consenso.Come i Relazionali, sono prioritariamente orientati alla creazione e al mantenimento delle relazioni.I Socializzatori: caratteristiche personologicheI Socializzatori dal punto di vista personologico presenterebbero le seguenti caratteristiche:Spontanei ed energiciFrenetici ed entusiastiPersuasivi e ricchi di immaginazioneRicercatori di conferme e di coinvolgimentoTendenti ad esagerare e a generalizzareI Socializzatori: caratteristiche della comunicazione verbaleNell’ambito lavorativo, la loro comunicazione generalmente è scarna di dettagli, in quanto tendono a focalizzarsi maggiormente sulla relazione rispetto alla descrizione di fatti e attività.Le loro critiche nei confronti degli altri riguardano comportamenti relazionali, piuttosto che modalità di lavoro, attività ed obiettivi.I Socializzatori: caratteristiche comportamentaliI Socializzatori quando si trovano ad affrontare situazioni problematiche, tendono ad affidarsi alla rete relazionale per trovare la soluzione.Tendono alla gestione partecipativa, favorendo lo scambio di idee e il coinvolgimento.Cercano di evitare il conflitto, in quanto sono orientati alla relazione.Mettono in atto comportamenti persuasivi. Accanto all’accezione negativa di persuasione, legata a tentativi di inganno, manipolazione, alcuni studiosi, tra cui Massimo Piattelli Palmarini, sottolineano aspetti positivi della persuasione. Essa può interessare la volontà, l’intenzionalità, la credenza e la decisione. Affinché si attui la persuasione è necessario avviare processi di convergenza; pertanto, la persuasione percorre la strada della scelta e dellalibertà globali, ossia che riguardano l’azione e il pensiero. Non utilizza il potere autoritario, la minaccia, il ricatto, la corruzione. Non va contro la volontà altrui.In concreto:Individuano i punti di forza delle proprie argomentazione, in modo da farle risaltare.Sviluppano le proprie argomentazioni in rapporto a modi di pensare ed esigenze altrui.STILI COMUNICATIVI: I PENSATORIQuesta lezione riguarda i “Tipi Pensatori”; sono analizzate le caratteristiche personologiche, le caratteristiche della comunicazione verbale e le caratteristiche comportamentali.I Pensatori lavorano bene da soli in un clima non conflittuale; sono impegnati, prevalentemente, in attività di ricerca o in discipline che richiedono una severa valutazione dei rischi e dei risultati. Sono molto attenti alla coerenza e alla giustizia. A differenza dei Relazionali e deiSocializzatori privilegiano il lavoro e sono poco interessati alle relazioni e alleconversazioni su argomenti privati in ambito lavorativo.Come i Relazionali evitano il conflitto, tendono a condividere le informazioni.Infine essi, a differenza dei Direttori, non risultano essere aggressivi.I Pensatori: caratteristiche personologicheI Pensatori dal punto di vista personologico presenterebbero le seguenticaratteristiche:AffidabiliRiflessiviAnalitici e interessati al dettaglio

Page 45: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Molto organizzati e strutturatiRazionaliRealisticiObiettiviI Pensatori: caratteristiche della comunicazione verbaleRiescono a stendere rapporti, a formulare piani strategici in modo ottimale, in quanto dotati di buona capacità di raccolta ed elaborazione di informazioni, raffinata valenza di analisi e soluzione di problemi. Pertanto, riescono a:Definire i piani d’azione in termini di risorse, impegni e tempistica.Individuare e comunicare con chiarezza gli obiettivi finali e quelli intermedi necessari al raggiungimento dei primi.Organizzare le informazioni sulla base delle finalità da raggiungere.Confrontare le informazioni sulla base di analogie e combinazioni in grado di produrre nuove sintesi.Valutare e interpretare le informazioni raccolte in funzione del raggiungimento dell’obiettivo.In sintesi, risultano essere degli ottimi “programmatori”.Quando devono effettuare una critica solitamente elaborano una lunga lista di dettagli, faticano a operare una selezione delle argomentazioni..I Pensatori: caratteristiche comportamentaliNello svolgimento del proprio lavoro sono metodici, molto attenti e autonomi.Sono in grado di programmare in modo efficiente ed efficace il proprio lavoro in quanto:hanno una visione d’insieme dei propri compiti e del proprio campo di attività, che permette di progettare il percorso da seguire e di portare a termine quanto prefissato; hanno una buona capacità di analisi, che permette di scomporre le situazioni in elementi essenziali;sono in grado di cogliere le probabilità di rischio e di successo (costi e benefici);attuano verifiche sul proprio processo lavorativo e, in caso di impedimenti,sono in grado di prospettare soluzioni alternative.Le prestazioni lavorative sono caratterizzate da stabilità, grazie al fatto che:mantengono un buon livello di concentrazione sulle attività da svolgere;sono tenaci nel perseguimento dell’obiettivo;sono costanti nell’agire;riescono ad essere lucidi ed equilibrati anche in condizioni di difficoltà;sono in grado di mantenere pressoché inalterato il proprio comportamento anche in situazioni conflittuali;reagiscono costruttivamente ai carichi di lavoro.Dato che i pensatori sono concentrati sul compito, le possibili critiche riguarderebbero, ad esempio, scadenze non rispettate, ritardi alle riunioni, errori nella stesura di documenti e nelle procedure, ecc.Sono in grado di intervenire nelle relazioni e procedure deteriorate in modo sufficientemente costruttivo.Nella gestione di un gruppo di lavoro tendono ad agire come “autocrati benevoli”, ossia sono fortemente direttivi, ma allo stesso tempo, disponibili a dare riconoscimenti e ricompense per le prestazioni ottimali.La comunicazioneNel linguaggio comune moderno non c’è più spazio per un periodo corretto con subordinate: assistiamo a frasi brevi, tipo spot, spesso sgrammaticate, coordinate o indipendenti, ma di forte impatto emotivo-coercitivo, in quanto, purtroppo, oggi la comunicazione tende a convincere più

Page 46: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

che a proporre un enunciato, modificabilissimo, un tempo, in base ad una negoziazione verbale, che poteva essere contradditorio o ampiamente dissenziente dall’enunciato primitivo. Grazie (o, purtroppo), per l’intervento massivo ed iperfagocitante dei mass-media, il linguaggio coinvolge la memoria, la fantasia e l’emozione (McLuhan M.).Il linguaggio che meglio appare adattarsi alla gente odierna, di media cultura, è il linguaggio audiovisivo, che comunica, in contemporanea, su quattro registri:• Suono• Immagine• Linguaggio Parlato• Scrittura.Tale modalità espressiva privilegerebbe il tessuto immaginario, avviando rapidi processi connessi alla memoria e alla fantasia, trascurando, appieno, il pensiero e, conseguentemente, la capacità critica.L’uomo medio (o, oggi oserei dire, mediocre) è un uomo semplice, elementare, curioso, fanciullino, amante della rappresentazione giocosa, caratterizzato da fortissimi processi d’identificazione (io ed il protagonista della narrazione risultano essere un tutt’uno) e di proiezione (il mio Ego proietta sul protagonista della vicenda i miei bisogni inconsci, èempaticamente dipendente(?)-connesso con lui).Le caratteristiche dell’Idioma Moderno sono relative alla:• Semplificazione, in quanto la Gente semplice ricerca cose “semplici”, non complesse, cercando, però, di non porre fede alla banalità (concetto di: ”semplificare, senza tradire”).• Personalizzazione: il significato ultimo, espresso criticamente, è la spersonalizzazione o ricreazione di un neologismo, irto di “trappole”, quale la “compagnoneria” ovvero il concedere largo spazio al cameratismo commilitonesco, il dare eccessivamente del Tu a qualsivoglia, come se ciò fosse in relazione ad una crescita progressista e culturalmente avanzata, non avvedendosi che un’immensa e sfacciata eccessiva fiducia in Soggetti,con cui il rapporto non è intimizzato può condurre ad inevitabili e incresciosi esiti. Ovviamente, non si vuole instillare il mito della paranoia, ma occorre, sempre, monitorare la relazione ed il contenuto della stessa,criticamente, per ovviare alle “trappole” sovradescritte.• Drammatizzazione: essa risulta di fondamentale importanza, quando le Persone o i Simboli entrano in contraddizione tra di loro. La drammatizzazione avrebbe lo scopo di scatenare la fantasia “sulla scena in cui si disputerebbe la verità”.• Attualizzazione del linguaggio “urlato” attraverso il ricorso a semplici vocaboli di uso comune (ad es. : acqua, luce, fiore, cambiare strada, pioggia. Sarebbero i cosiddetti “archetipi”, forme prime, attorno alle quali si condenserebbe l’esperienza umana, le idee, le intuizioni, isentimenti della vita.Una comunicazione: criteri attuali per verificarne la soggettiva importanza.Fino a qualche decennio fa i nostri media erano caratterizzati dall’influsso della tradizione umanistica, mentre oggi prevale ampiamente lo stile americano, palesemente vincolato al profitto.Caratteristiche dominanti di questa “rappresentazione” sono la spettacolarità e la concorrenzialità esasperata ed esasperante, senza esclusione di colpi, irrispettosa di norme etiche.• Quindi, una notizia, per essere efficace nella propria propagazione dovrebbe rispettare i quattro seguenti canoni:• Notorietà. Occorre privilegiare il Personaggio arcinoto vs. un Soggetto non carico di notorietà.• Novità. Il Soggetto operante deve essere noto e compiere qualcos di strabiliantemente nuovo.

Page 47: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

• Attualità. Il soggetto noto deve compiere qualcosa di nuovo in un contesto che renda attuale quel gesto. Questa affermazione necessita di considerazione circa il momento, l’attualità e la rapidità.• Semplicità. Prevale sempre la notizia semplice nei confronti di quella complessa: meglio un gesto che non un discorso slegato dai fatti.La ProssemicaLa prossemica è: una parte della semiologia, che s’interessa dello spazio fisico, ovvero la tendenza a frapporre maggiore o minor spazio tra sé e l’interlocutore, in termine di comunicazione.Deriva dall’inglese prosemics: termine introdotto in sociologia dallo scienziato statunitense e. T. Hall (cui si rinvia per approfondimenti scientifici, in bibliografia).La parola, etimologicamente, deriverebbe dal greco séma = segno.Ma che significa e perché è necessaria la sua conoscenza, nella gestione corretta della nostra disciplina?Rifacendoci agli studi e alle osservazioni di e. T. Hall, negli anni sessanta, emerge che, per ogni realtà socio-esistenziale esisterebbe una distanza ideale tra il sé e l’altro.Per cui, egli ipotizzò l’esistenza di quattro tipiche realtà esistenziali (intima, personale, sociale e pubblica), contraddistinte da alcune peculiari caratteristiche che, ora, andremo a descrivere.Nella situazione intima (amplesso, lotta, protezione) il contatto fisico è significativamente espresso e risulta di fondamentale importanza, con perfetta conoscenza ed adesione a tale tipo di “relazione altamente intimizzata”: la comunicazione è di perfetta adesione, con l’evidenziazione di una confusa visione oculare.Nella relazione personale, la seconda, c’è una distanza tra le due entità compresa tra i 15 e i 45 centimetri, le parti corporee non appaiono contigue ed aderenti, anche se molto prossime tra di loro: la gente è costretta, spesso, a stare così vicina, da situazioni imponderabili, senza il desiderio e la volontà di guardarsi negli occhi.Si parla ora di distanza sociale, ovvero quella compresa tra i 75 e i 120 cm. Si assiste, sempre, ad episodi interrelazionari riferiti al pubblico: in questa realtà d’incontro, non ci si aiuta con il senso dell’olfatto (importante e fondamentale, invece, in alcune realtà non occidentali, dove risulterebbe di massimo valore percepire l’odore dell’altro, per cogliere “fino in fondo” lesue reali intenzioni).La distanza sociale, la penultima che andiamo a considerare, è quella che, maggiormente, interesserebbe la nostra disciplina: è quella che contraddistingue il rapporto di distanza tra il padrone e il suo sottoposto.Andrebbe conservata in modo rigorosamente ottimale, per evitare di scivolare nella fase storica, altamente vituperata da Platone, nel libro V° della repubblica e, magistralmente riportata da O. Fallaci in “uomo” (vedi pag. 250).La pubblica distanza viene riservata alle alte autorità dello stato: un tempo la distanza ottimale si aggirava attorno ai 5-6 m. Nella nostra società “liquida” il personaggio politico cerca di “appropinquarsi il più possibile” alla gente, per dimostrare il suo desiderio e capacità (apparenti) di comprendere le problematiche del popolo, ma solo per efficienza, per carpirne,superficialmente, il consenso, rivelando, inconsciamente, la reale motivazione, egocentrica ed efficiente, poco credibile, inefficace e scarsamente totogratificante.La gente, a volte, non si rende conto della mendacia che avvolgerebbe tale approccio pseudoamicale: la massa si comporta come ci si comportava, in epoche precedenti, con la sensazione che una soggettiva agìta intima prossemica con il personaggio pubblico possa coincidere con un gesto taumaturgico o “addirittura” sacro e “preservante da mali oscuri”, in questa ipotetica auspicata realtà di semi-intimità.

Page 48: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

Spesso, nei gruppi, viene evidenziato come assolutamente normale (io riterrei più adeguato l’uso del termine “comune”) un atteggiamento abbastanza “esibizionistico e narcisistico”, teso, solo, a dimostrare la futile esistenza del banale. Basterebbe solamente cercare d’interpretare laprogrammazione o il contenuto della neotelevisione o di quanto viene”maldestramente comunicato attraverso i marchingegni mediatici” per renderci conto di come gli assiomi che regolano il sistema di comunicazione ottimale ed efficace non siano più rispettati, addirittura irrispettosamente alterati, nella loro modalità di presentazione, perdendo di vista l’obiettivodella stessa, che è sempre stato quello di privilegiare, il più obiettivamente possibile, il contenuto della trasmissione, cercando di evitare un ipercoinvolgimento emotivo-affettivo, che poteva compromettere la neutralità dell’informazione trasmessa.Purtroppo, la nostra società sta privilegiando il sensazionale, connesso al concetto dell’effetto “speciale-american way – stupire - il clamoroso e stupefacente”: il mondo reale non viene più percepito per quello che è, ma solamente presentato “attraverso rappresentazioni virtuali”,clamorosamente lontano dalla realtà. Quindi, tutto ciò che non passa (e non è rappresentato) attraverso il sistema mediatico, è ritenuto incredibilmente inesistente.Di qui, la evidenziazione di alcuni pseudovalori che sono rappresentati come evidenti, efficaci e ampiamente gratificanti, mentre, invece, risultano futili, inefficaci, senza reale carisma, vuoti di significato.Occorre stupire, attuare comportamenti sensazionali (omologati, alla fine), fuori dal comune, onde evitare l’anonimato: il dramma è che la maggior parte delle persone crede a queste fallaci operazioni d’imbonimento e truffaldine, che oltre che a lasciare nulla tra le mani, evidenziano una triste e malinconica sensazione di vuoto, con un’ampia evidenziazione della mediocrità ideo-prassica, finalizzata al profitto consumistico, a rapidissima dissoluzione.PEDAGOGIA e PREVENZIONE:Come evitare il disagio psichico in aziendaAgli inizi del 1990 la Sociologia del Lavoro si esprimeva così: “La Risorsa Umana è destinata a divenire, in un prossimo futuro, di fondamentale importanza nella Struttura Aziendale. Il migliore modo per rendere uniti gli Uomini è indurli a lavorare assieme”.Con questi semplici enunciati, già allora, si poteva intravedere l’orientamento che una moderna Azienda, oggi costretta a misurarsi con i processi economici, finanziari e sociali, imposti dalla globalizzazione, deve assolutamente intraprendere per poter sopravvivere e, anzi, trionfare inquesto “mare magnum” di pseudo-imprenditorialità, fasulla ed inefficiente, assolutamente incompetente e centrata su una atipica ed inefficace “moralità”.Quali le ricette o, meglio, i vaccini?Già sono stati enunciati, in altre osservazioni, ma vale la pena ricordarli:• maggior circolazione dell’Informazione sulla mission aziendale;• flessibilità decisionale nei vari organismi che hanno ricevuto una delega a intraprendere decisioni parziali, ma importanti perché il processo si avvii e non si arresti per futili e banali motivi, dovuti ad un semplice “scarico di responsabilità”;• l’importanza, e lo si ripeterà continuamente, della presenza della VERIFICA da parte della Persona, dedicata al controllo-governement del processo avviato (il Check del ciclo PDCA- plan-do-check-act);• l’importanza della Formazione, per addestrare - creare Operatori altamente competitivi, che sappiano operare in rete, intrinsecandosi ed intersecandosi con i loro saperi.E’ d’uopo riprendere il concetto di Manager: egli deve essere vissuto, dal gruppo di lavoro, come il Leader del Gruppo, il Direttore d’Orchestra cui ogni singolo strumentista deve fare riferimento, il Coach che sa gestire, con ossessiva perfezione, in campo e fuori campo, i suoi

Page 49: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)

atleti, conoscendo ottimamente le individuali caratteristiche, in modo da poterli schierare opportunamente e con accorta oculatezza, nelle varie occasioni.La prima metafora venne già usata ai tempi dell’Antica Grecia, da Aristotele, mentre la seconda è più confacente alla nostra epoca: le unirebbe, però, il risultato, efficace, credibile e gratificante, che in tal modo si riesce a conseguire.Chiaramente, si tratta di compiere una conversione ad U, nel pensiero contemporaneo, che necessita di spinte innovative, per evitare d’incorrere nella R.A.C. (resistenza al cambiamento): occorrerà molto tempo, però, perché s’instaurino questi nuovi concetti, nella cultura di massa.E’ importante non scoraggiarsi se non s’intravede, a breve termine, la fine del tunnel. Fedeli all’enunciato dello scrittore piemontese C. Pavese “Non ci si libera di una cosa evitandola, ma, soltanto, attraversandola”, occorre procedere con alta determinazione e senza alcun timore, fiduciosi nel raggiungimento, almeno, di una metameta, per raggiungere un ipoteticotraguardo, che per restare omeostatico, necessita di continuo monitoraggio congiunto da parte di più Persone, ognuno in base alla propria competenza e capacità tecnica.

Page 50: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 51: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 52: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 53: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 54: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 55: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 56: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 57: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 58: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 59: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 60: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 61: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 62: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 63: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 64: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 65: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 66: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 67: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 68: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 69: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 70: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 71: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 72: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 73: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 74: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 75: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 76: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 77: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 78: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 79: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 80: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 81: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 82: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 83: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 84: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 85: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 86: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 87: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 88: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 89: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 90: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 91: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 92: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 93: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 94: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 95: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 96: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 97: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 98: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 99: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 100: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 101: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)
Page 102: Psicosocipatol. Dell'Organizz. (1)