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la Professione di Psicologo 2/04 Giornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi la Professione di Contenuti segue a pag. 72 02/2004 e tecniche psicolo- giche avevano già visto rinviare per troppe sessioni, non completa affatto la nostra riforma. Riportiamo in questo bollettino le nostre ulteriori proposte per il prossimo decreto più generale sugli esami di stato ed i tirocini che, a differenza del decreto d’urgenza, stavolta riguarderà anche le altre professioni rifor- mate dal DPR 328/ ’01, ma ovviamen- te anche la nostra. La legge di ordina- mento 56/’89 non viene dunque stravolta dalla riforma, tanto temuta, e resta ben agganciata ai livelli europei, che in questo bollettino abbiamo voluto richiamare pubbli- cando la piattafor- ma elaborata in funzione del Diplo- ma Europeo, che l’EFPA sta ancora integrando, in paral- lelo all’evoluzione della proposta di direttiva sul ricono- scimento delle qualifiche. Oltre alle conferme del livello italiano, vediamo in questo documento molte interessanti proposte di matrice inglese, di ricono- scimento delle competenze più settoriali acquisite informalmente e sul lavoro, che in Italia sono state addirittu- Maggio 2004 C C Psicologo Psicologo Tecniche psicologiche per i contesti ed i servizi Pierangelo Sardi Presidente Nazionale Governo e Parlamento correggono lo “psicologo junior” CdS conferma: psicologia clinica agli psicologi EFPA elabora la piattaforma dello psicologo europeo L’Ordine collabora al progetto CICLOPE Prestazioni psicologiche via internet e a distanza Governo e Parlamento correggono lo “psicologo junior” CdS conferma: psicologia clinica agli psicologi EFPA elabora la piattaforma dello psicologo europeo L’Ordine collabora al progetto CICLOPE Prestazioni psicologiche via internet e a distanza on la con- versione in legge del Decreto-legge che abolisce la figura dello psicologo junior ed istituisce due nuove figure professionali come sbocco della forma- zione triennale, la grande riforma, partita con la Di- chiarazione di Bolo- gna sul riordino delle università europee, raggiunge la nostra legge di ordinamento profes- sionale, integrando- la in modo impor- tante e finalmente accettabile. Questo intervento legislati- vo, effettuato d’ur- genza per rendere possibili gli esami di stato che i laureati triennali in scienze

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la Professione di Psicologo 2/04

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Giornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi

la Professione di

Contenuti

segue a pag. 7202/2004

e tecniche psicolo-giche avevano giàvisto rinviare pertroppe sessioni,non completaaffatto la nostrariforma. Riportiamoin questo bollettinole nostre ulterioriproposte per ilprossimo decretopiù generale sugliesami di stato ed itirocini che, adifferenza deldecreto d’urgenza,stavolta riguarderàanche le altreprofessioni rifor-mate dal DPR 328/’01, ma ovviamen-te anche la nostra.La legge di ordina-mento 56/’89 nonviene dunquestravolta dallariforma, tantotemuta, e restaben agganciata ai

livelli europei, chein questo bollettinoabbiamo volutorichiamare pubbli-cando la piattafor-ma elaborata infunzione del Diplo-ma Europeo, chel’EFPA sta ancoraintegrando, in paral-lelo all’evoluzionedella proposta didirettiva sul ricono-scimento dellequalifiche. Oltre alleconferme del livelloitaliano, vediamo inquesto documentomolte interessantiproposte di matriceinglese, di ricono-scimento dellecompetenze piùsettoriali acquisiteinformalmente e sullavoro, che in Italiasono state addirittu-

Maggio 2004

CC

PsicologoPsicologoTecniche psicologicheper i contesti ed i serviziPierangelo SardiPresidente Nazionale

Governo e Parlamentocorreggonolo “psicologo junior”

CdS conferma:psicologia clinica aglipsicologi

EFPA elaborala piattaforma dellopsicologo europeo

L’Ordine collabora alprogetto CICLOPE

Prestazionipsicologichevia internete a distanza

Governo e Parlamentocorreggonolo “psicologo junior”

CdS conferma:psicologia clinica aglipsicologi

EFPA elaborala piattaforma dellopsicologo europeo

L’Ordine collabora alprogetto CICLOPE

Prestazionipsicologichevia internete a distanza

on la con-versione inlegge del

Decreto-legge cheabolisce la figuradello psicologojunior ed istituiscedue nuove figureprofessionali comesbocco della forma-zione triennale, lagrande riforma,partita con la Di-chiarazione di Bolo-gna sul riordinodelle universitàeuropee, raggiungela nostra legge diordinamento profes-sionale, integrando-la in modo impor-tante e finalmenteaccettabile. Questointervento legislati-vo, effettuato d’ur-genza per renderepossibili gli esami distato che i laureatitriennali in scienze

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la Professione di Psicologo 2/04

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S O M M A R I OS O M M A R I OEditoriale pag.1

Legge n.170/03 di conversione del decreto legge n. 105di modifica del titolo professionale di psicologo junior pag.3

Delibera del CNOP attuativa della legge 170 pag.5

La legge 170/03 e la regolamentazione della professione di psicologo:intervista a Walter Gerbino.a cura di Maria Pedone pag.7

Le proposte dell’Ordine di modifica del DPR 328/01per la disciplina degli esami di stato pag.10

Le proposte dell’Ordine di modifica del DPR 328/01 in merito al tirocinio(comma 2 dell’articolo 6) pag.12

Linee guida nazionali sul tirocinio per l’accesso allasezione A dell’Albo pag.14

Sentenza del Consiglio di Stato sulla distinzione tra la specializzazionein psicologia clinica e quella in psicoterapia pag.15

La professione di psicologo in Europa: quale futuro?di Remo Job pag.19

La bozza di piattaforma per il Diploma Europeo in Psicologia pag.20

Questionario di raccolta dati sul fenomeno della pedofilia pag.35

La lotta alla pedofilia e la collaborazione degli psicologidi Stefania Prestigiacomo pag.42

Il contributo degli psicologi italiani alla conoscenza del fenomeno pedofilia pag.43di Fulvio Giardina

Lo psicologo e l’obbligo di testimonianzadi Fulvio Frati pag.46

Scienza, pertinenza e professionedi David Lazzari pag.57

Counsellors e counselling in Italia: quale futuro? pag.60di Fulvio Giardina

Linee guida per le prestazioni psicologiche via internet e a distanza pag.65

La valutazione ambientale multidimensionale: il caso dei luoghi ospedalieridi Ferdinando Fornara pag.67

Recensioni: “Psicologia e nuove professionalità”:un excursus sugli scenari prossimi venturi pag.71

n.2 - Maggio 2004

Sommario

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Legge 170/03 : modificazioni apportate in sede di conversione al D.L. 9 maggio 2003, n. 105, concernenti la professione di psicologo

LE NUOVE DISPOSIZIONI SUGLI ESAMIDI STATO E SULL’ESERCIZIO

DELLA PROFESSIONE DI PSICOLOGOCONTENUTE NELLA LEGGE n. 170

DELL’11/7/2003

All’articolo 1:omissis”

All’articolo 2:“omissis”

All’articolo 3:la rubrica è sostituita dalla seguente:«Esami di Stato per l’abilitazione alla pro-fessione di farmacista e per l’accesso alla se-zione B dell’albo professionale degli psico-logi e altre norme in materia di abilitazioneprofessionale»;

al comma 1, primo periodo, le parole: «ap-provato con decreto ministeriale» sono so-stituite dalle seguenti: «di cui al decreto delMinistro per la pubblica istruzione», le pa-role: «è indetta» sono sostituite dalle seguen-ti: «sono indette», dopo le parole: «per l’an-no 2003,» sono inserite le seguenti: «senzanuovi o maggiori oneri per la finanza pub-blica,» e sono aggiunte, in fine, le parole: «,nonché una sessione straordinaria di esamidi Stato per l’accesso alla sezione B dell’al-bo professionale degli psicologi»; il secon-do periodo è soppresso;

dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:

«1-bis. I possessori dei titoli conseguiti se-condo l’ordinamento previgente alla rifor-ma di cui al D.M. 3 novembre 1999, n. 509del Ministro dell’università e della ricercascientifica e tecnologica, e ai relativi decretiattuativi, fino alle sessioni di esame di Statodi abilitazione professionale dell’anno 2006,svolgono le prove degli esami di Stato per leprofessioni di dottore agronomo e dottoreforestale, architetto, assistente sociale,attuario, biologo, chimico, geologo, inge-gnere e psicologo secondo l’ordinamentoprevigente al decreto del Presidente della Re-

pubblica 5 giugno 2001, n. 328.

1-ter. Al fine di consentire lo svolgimentodegli esami di Stato per l’accesso ai settoriprevisti nella sezione B dell’albo professio-nale degli psicologi dall’articolo 53, comma3, lettera b), del decreto del Presidente dellaRepubblica 5 giugno 2001, n. 328, nella pre-detta sezione B sono individuati i seguentisettori:

a) settore delle tecniche psicologiche per i con-testi sociali, organizzativi e del lavoro;

b) settore delle tecniche psicologiche per iservizi alla persona e alla comunità.

1-quater. Agli iscritti nei settori di cui allelettere a) e b) del comma 1-ter spettano, ri-spettivamente, i titoli professionali di “dot-tore in tecniche psicologiche per i contestisociali, organizzativi e del lavoro “e di “dot-tore in tecniche psicologiche per i servizi allapersona e alla comunità”, in luogo del tito-lo di “psicologo iunior” previsto dall’artico-lo 50, comma 3, del decreto del Presidentedella Repubblica 5 giugno 2001, n. 328.

1-quinquies. Le attività professionali che for-mano oggetto delle professioni di cui aicommi 1-ter e 1-quater sono individuate nelmodo seguente:

a) per il settore delle tecniche psicologicheper i contesti sociali, organizzativi e dellavoro:

1) realizzazione di progetti formativi diret-t i a promuovere lo svi luppo dellepotenzialità di crescita individuale e diintegrazione sociale, a facilitare i proces-si di comunicazione, a migliorare la ge-stione dello stress e la qualità della vita;

Il decreto-legge 9

maggio 2003, n. 105,

recante disposizioni

urgenti per le univer-

sità e gli enti di

ricerca, è stato con-

vertito in legge con

alcune modificazioni,

di cui riportiamo

quelle riguardanti in

particolare la nostra

professione.

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Legge 170/03 : modificazioni apportate in sede di conversione al D.L. 9 maggio 2003, n. 105, concernenti la professione di psicologo

2) applicazione di protocolli per l’orienta-mento professionale, per l’analisi dei bi-sogni formativi, per la selezione e lavalorizzazione delle risorse umane;

3) applicazione di conoscenze ergonomichealla progettazione di tecnologie e al mi-glioramento dell’interazione fra indivi-dui e specifici contesti di attività;

4) esecuzione di progetti di prevenzione eformazione sulle tematiche del rischio edella sicurezza;

5) utilizzo di test e di altri strumenti stan-dardizzati per l’analisi del comportamen-to, dei processi cognitivi, delle opinionie degli atteggiamenti, dei bisogni e dellemotivazioni, dell’interazione sociale,dell’idoneità psicologica a specifici com-piti e condizioni;

6) elaborazione di dati per la sintesipsicodiagnostica prodotta dallo psicolo-go;

7) collaborazione con lo psicologo nella co-struzione, adattamento e standardizza-zione di strumenti di indagine psicolo-gica;

8) attività didattica nell’ambito delle spe-cifiche competenze caratterizzanti il set-tore;

b) per il settore delle tecniche psicologicheper i servizi alla persona e alla comuni-tà:

1) partecipazione all’équipe multidiscipli-nare nella stesura del bilancio delledisabilità, delle risorse, dei bisogni e delleaspettative del soggetto, nonché delle ri-chieste e delle risorse dell’ambiente;

2) attuazione di interventi per la riabilita-zione, rieducazione funzionale e integra-zione sociale di soggetti con disabilitàpratiche, con deficit neuropsicologici,con disturbi psichiatrici o con dipenden-za da sostanze;

3) collaborazione con lo psicologo nella re-alizzazione di interventi diretti a soste-nere la relazione genitore-figlio, a ridur-re il carico familiare, a sviluppare reti disostegno e di aiuto nelle situazioni didisabilità;

4) collaborazione con lo psicologo negli in-terventi psico-educativi e nelle attività dipromozione della salute, di modifica deicomportamenti a rischio, di inserimen-to e partecipazione sociale;

5) utilizzo di test e di altri strumenti stan-dardizzati per l’analisi del comportamen-to, dei processi cognitivi, delle opinionie degli atteggiamenti, dei bisogni e dellemotivazioni, dell’interazione sociale, del-l’idoneità psicologica a specifici compitie condizioni;

6) elaborazione di dati per la s intesipsicodiagnostica prodotta dallo psicolo-go;

7) collaborazione con lo psicologo nella co-struzione, adattamento e standardizzazio-ne di strumenti di indagine psicologica;

8) attività didattica nell’àmbito delle speci-fiche competenze caratterizzanti il setto-re.

1-sexies. Il comma 2 dell’articolo 51 del de-creto del Presidente della Repubblica 5giugno 2001, n. 328, è abrogato.

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Delibera per l’istituzione della sezione A e della sezione B dell’Albo degli psicologi

DELIBERA ATTUATIVA DEL DPR 328/01E DELLA LEGGE 170

Il Consiglio dell’Ordine ….VISTA la legge 18 febbraio 1989, n.56, re-cante “Ordinamento della professione di psi-cologo”;VISTO il decreto del Presidente della Re-pubblica 5 giugno 2001, n.328, recante“Modifiche ed integrazioni della disciplina deirequisiti per l’ammissibile all’esame di Stato edelle materie per l’esercizio di talune profes-sioni, nonché della disciplina dei relativi or-dinamenti”;VISTA la legge 11 luglio 2003, n.170, re-cante “Conversione in legge, conmodificazioni, del decreto-legge 9 maggio2003, n.105, recante disposizioni urgenti perle università e gli enti di ricerca”;PRESO ATTO che la legge n.170/2003 hariformato l’ordinamento di coloro che sonoin possesso di laurea triennale;RITENUTO che ai sensi dell’art.15 del re-gio decreto 16 marzo 1942, n.262, recante“Disposizioni sulla legge in generale”, sono daconsiderarsi abrogate le disposizioni delD.P.R. n.328/2001 che regolano la materiaovvero risultino incompatibili con le dispo-sizioni della legge n.170/2003;PRESO ATTO che ai sensi dell’art.54,comma 2, del d.P.R. n.328/2001 gli attualiappartenenti all’ordine degli psicologi sonoiscritti nella sezione A dell’albo;

DELIBERAQUANTO SEGUE

1. È istituita la sez. A – Sezione degli Psi-cologi nell’albo professionale dell’Ordi-ne degli Psicologi del ……………. (In-dicare la Regione o Provincia);

2. Agli iscritti nella sez. A spetta il titoloprofessionale di psicologo;

3. Qualora gli iscritti nella sez. A abbianoconseguito la specializzazione in psico-terapia, l’esercizio dell’attività dipsicoterapeuta è annotata nell’Albo;

4. Ai sensi dell’art. 1, comma 2), DPR n.328/2001, gli iscritti alla sezione A svol-gono le competenze di cui alla L. n. 56/

Con la delibera del 20/

9/2003 il Consiglio

dell’Ordine ha appro-

vato lo schema di

delibera, che pubbli-

chiamo a lato, per

l’istituzione della

sezione A e della

sezione B dell’Albo

degli psicologi, da

trasmettere ai compe-

tenti Ordini territoriali.

89 nonché alla normativa, nazionale e re-gionale, che si applica allo psicologo, ealle competenze di cui all’art. 3, comma1)-quinques della L. n. 170/2003 e, inparticolare, ai sensi dell’art. 51, comma1 del DPR n. 328/2001:

a) l’uso di strumenti conoscitivi e di inter-vento per la prevenzione, la diagnosi, leattività di abilitazione, riabilitazione e disostegno in ambito psicologico rivolte allapersona, al gruppo, agli organismi socialie alle comunità;

b) le attività di sperimentazione, ricerca e di-dattica in tale ambito;

c) il coordinamento e la supervisione delleattività degli iscritti nella sez. B;

5. Gli attuali appartenenti all’ordine deglipsicologi sono iscritti d’ufficio, mante-nendo l’anzianità di iscrizione, nella sez.A dell’albo degli psicologi della Regione/Provincia…………………….;

6. Coloro i quali sono in possesso dell’abili-tazione all’esercizio della professione dipsicologo alla data di entrata in vigore delD.P.R. 5 giugno 2001 n. 328, 18 agosto2001, possono iscriversi nella sez. A del-l’Albo dell’Ordine degli Psicologi dellaRegione/Provincia……, così come colo-ro che hanno conseguito e conseguiran-no tale abilitazione in data successiva se-condo l’ordinamento previgente al D.P.R.5 giugno 2001 n. 328 in quanto posses-sori di laurea in psicologia regolata dal-l’ordinamento previgente alla riforma dicui al decreto del Ministero dell’univer-sità e della ricerca scientifica e tecnologi-ca 3 novembre 1999, n. 509, e ai relatividecreti attuativi;

7. Alla sez. A si accede previo esame di statodi cui all’art. 52 del D.P.R. 328/01;

8. Per l’ammissione all’esame di stato di cuial punto precedente è richiesto il posses-so della laurea specialistica nella classe 58/S – Psicologia, oltre a un tirocinio delladurata di un anno;

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Delibera per l’istituzione della sezione A e della sezione B dell’Albo degli psicologi

9. È istituita la sez. B nell’albo professiona-le dell’Ordine degli psicologidel……………….. (Indicare Regione oProvincia), nella sez. B sono individuati iseguenti settori:

• settore delle tecniche psicologiche per i con-testi sociali, organizzativi e del lavoro;

• settore delle tecniche psicologiche per iservizi alla persona e alla comunità;

10.Agli iscritti nei settori di cui al preceden-te punto 9) spettano, rispettivamente, ititoli professionali di “dottore in tecni-che psicologiche per i contesti sociali,organizzativi e del lavoro” e di “dottorein tecniche psicologiche per i servizi allapersona e alla comunità”;

11.Le attività professionali degli iscritti nel-la sez. B sono individuate nel modo se-guente:

Per il settore delle tecnichepsicologiche per i contesti sociali,

organizzativi e del lavoro:

• realizzazione di progetti formativi direttia promuovere lo sviluppo dellepotenzialità di crescita individuale e diintegrazione sociale, a facilitare i processidi comunicazione, a migliorare la gestio-ne dello stress e la qualità della vita;

• applicazione di protocolli per l’orienta-mento professionale, per l’analisi dei bi-sogni formativi, per la selezione e lavalorizzazione delle risorse umane;

• applicazione di conoscenze ergonomichealla progettazione di tecnologie e al mi-glioramento dell’interazione fra individuie specifici contesti di attività;

• esecuzione di progetti di prevenzione eformazione sulle tematiche del rischio edella sicurezza;

• utilizzo di test e di altri strumenti stan-dardizzati per l’analisi del comportamen-to, dei processi cognitivi, delle opinionie degli atteggiamenti, dei bisogni e dellemotivazioni, dell’interazione sociale, del-l’idoneità psicologica a specifici compitie condizioni;

• elaborazione di dati per la sintesipsicodiagnostica prodotta dallo psicolo-go;

• collaborazione con lo psicologo nella co-struzione, adattamento e standardizzazio-ne di strumenti di indagine psicologica;

• attività didattica nell’ambito delle speci-fiche competenze caratterizzanti il setto-re.

Per il settore delle tecnichepsicologiche per i servizi alla persona

e alla comunità:

• partecipazione all’èquipe multidisciplinarenella stesura del bilancio delle disabilità,delle risorse, dei bisogni e delle aspettati-ve del soggetto, nonché delle richieste edelle risorse dell’ambiente;

• attuazione di interventi per la riabilita-zione, rieducazione funzionale e integra-zione sociale di soggetti con disabilitàpratiche, con deficit neuropsicologici, condisturbi psichiatrici o con dipendenza dasostanze;

• collaborazione con lo psicologo nella re-alizzazione di interventi diretti a sostene-re la relazione genitore-figlio, a ridurre ilcarico familiare, a sviluppare reti di so-stegno e di aiuto nelle situazioni didisabilità;

• collaborazione con lo psicologo negli in-terventi psico-educativi e nelle attività dipromozione della salute, di modifica deicomportamenti a rischio, di inserimentoe partecipazione sociale;

• utilizzo di test e di altri strumenti stan-dardizzati per l’analisi del comportamen-to, dei processi cognitivi, delle opinioni edegli atteggiamenti, dei bisogni e dellemotivazioni, dell’interazione sociale, del-l’idoneità psicologica a specifici compitie condizioni;

• elaborazione di dati per la sintesipsicodiagnostica prodotta dallo psicolo-go;

• collaborazione con lo psicologo nella co-struzione, adattamento e standardizzazio-ne di strumenti di indagine psicologica;

• attività didattica nell’ambito delle speci-fiche competenze caratterizzanti il setto-re.

12.L’iscrizione a ciascun settore della sez. Bè subordinata al superamento dello spe-cifico esame di stato di cui all’art. 53 delD.P.R. 328/01; per l’ammissione all’esa-me di stato è richiesto il possesso dellalaurea nella classe 34 - Scienze e tecnichepsicologiche, oltre a un tirocinio delladurata di sei mesi.

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Con la legge 170, pubblicata nell’agosto del 2003,si è giunti a una migliore definizione delle profes-sioni di ambito psicologico. Di questo buon risulta-to, e dei problemi rimasti ancora aperti, parliamocon il professor Walter Gerbino - ora Prorettore perl’area “Studenti e formazione” dell’Università de-gli Studi di Trieste - che in qualità di presidentedella Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Psico-logia, carica ricoperta fino all’ottobre 2003, avevaseguito il lavoro che ha portato alle modifiche con-tenute nella legge.

Professor Gerbino, le modifiche riguardanti laprofessione di psicologo contenute nella legge 170/03 sono anche il frutto di una stretta collabora-zione tra Ordine degli Psicologi e Università. Sipuò dire che questo di per sé è un risultato posi-tivo?Questo sicuramente è un buon risultato. Non èdetto che sempre, di fronte a problemi di tiponormativo, il mondo professionale e il modo ac-cademico si troveranno su posizioni vicine; mail lavoro che alla fine ha portato alla legge 170/03 ha rappresentato un ottimo modello. Ancheperché bisogna tenere presente che in ambitonormativo il problema è sempre almeno a tre ter-mini: c’è l’Ordine, l’Università, ma soprattuttoil Ministero competente che deve accogliere leindicazioni di modifica. Certamente è stata de-terminante la nostra capacità di presentareall’interlocutore politico una posizione comune,raggiunta grazie al dialogo tra la componente ac-cademica, rappresentata dalla Conferenza deiPresidi, e la componente professionale, rappre-sentata dall’Ordine.Nel caso specifico il dialogo è stato facilitato dal-l’esistenza di un punto su cui tutti erano d’ac-cordo dall’inizio, e cioè la necessità di eliminaredall’ambito delle professioni regolamentate il ti-tolo di psicologo iunior, ritenuto quantomenofuorviante sia dal mondo universitario sia dalmondo professionale.

Per quanto riguarda il testo della legge, è soddi-sfatto delle modifiche che sono state apportate?Più che di modifiche si è trattato di una grossanovità, che ci ha dato una visibilità addiritturaeccessiva rispetto ad altre categorie professiona-

li, che nello spesso periodo di tempo non hannoavuto la possibilità di vedere riconosciute altrerichieste. In effetti, siamo riusciti ad ottenere tan-tissimo: addirittura un intervento sulle compe-tenze delle figure professionali cui può accederechi è in possesso di una laurea triennale dellaclasse “Scienze e tecniche psicologiche”, inter-vento possibile solo attraverso una legge, cioè unprovvedimento sovraordinato rispetto al DPR328/01, che a tutt’oggi adegua l’assetto delle fi-gure professionali al nuovo ordinamento deglistudi universitari. Si è così ottenuta una defini-zione della sezione B dell’albo che va ben oltrequanto contenuto nel DPR 328/01. Si è trattatoindubbiamente di un risultato eccezionale. Quel-lo che invece mi lascia insoddisfatto è il titoloprofessionale prescelto per la sezione B, che ini-zia con il termine “dottore”. Dal mio punto divista (ma non solo dal mio) così si è aperto unproblema che non era necessario aprire.

Effettivamente da più parti ci sono state criticheper l’attribuzione del titolo di dottore aitriennalisti, cioè ai laureati di primo livello.Gli psicologi (sia la componente accademica siaquella professionale) hanno espresso tutte le pro-prie riserve sull’utilizzo di “dottore”, anche per-ché si erano ad un certo punto trovati d’accordonel proporre il termine “tecnico di psicologia”.Per me andava benissimo: “tecnico” sarebbe ap-parso subito come un termine adeguato a de-scrivere una figura professionale di tipo operati-vo che lavora prevalentemente in équipe. Nel-l’ambito delle professioni sanitarie, per esempio,nessuno nega ai tecnici una propria specificitàprofessionale, che tipicamente trova collocazio-ne all’interno di servizi coordinati da altre figureprofessionali. Nel corso della discussione eraemerso anche il termine “perito”, che però avreb-be rinviato a professioni lontane dalla psicologiae quindi era sembrato inopportuno. Ora ci ri-troviamo con una legge, difficile da modificare,che autorizza l’uso del termine “dottore” per untecnico triennalista, mentre il professionista del-la sezione A continua a essere “soltanto” psicolo-go, pur essendo possessore di un titolo di studio,l’attuale laurea specialistica, cui dovrebbe corri-spondere il titolo accademico di dottore. In so-

LA LEGGE 170/03 E LA REGOLAMENTAZIONEDELL’ALBO DEGLI PSICOLOGI:

INTERVISTA A WALTER GERBINO

a cura di Maria Pedone

La legge 170/03 e la regolamentazione della professione di psicologo

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stanza, senza per questo contraddire la sostanzadella legge 170/03 ritengo che a livello di comu-nicazione sarebbe bene promuovere l’uso del ter-mine “tecnico di psicologia”, che mi sembra fa-cilmente radicabile nell’uso quotidiano.

Quindi da una parte lei è soddisfatto perché lecompetenze dei laureati di primo livello sono statedelineate con chiarezza, dall’altra rimane que-sta linea d’ombra per quanto riguarda il titolo,che porterà inevitabilmente un po’ di confusio-ne…Per quel che riguarda i titoli la confusione sottoil cielo è grande perché per il Ministero è diffici-le prendere una posizione netta sull’uso del ter-mine “dottore” nel contesto del nuovo ordina-mento. Si pensi al fatto che il testo del decretoche dovrebbe sostituire il DM 509/99 (quelloche ha portato alla riforma del 3+2, per capirsi) èesplicito soltanto sul titolo di “dottore di ricer-ca”, che viene conseguito al termine del ciclo didottorato, cioè al terzo livello degli studi univer-sitari. Nulla si dice a proposito degli altri duelivelli. Nella tradizione italiana il termine “dot-tore” era accoppiato alla laurea, che è l’etichettaora usata in Italia per il primo livello; anche setutti sono inclini a riconoscere che le lauree delvecchio ordinamento sono – in generale – vicinealle attuali lauree specialistiche, di secondo livel-lo, e non a quelle di primo livello. Tuttavia sem-bra difficile riservare il titolo di dottore ai laure-ati di secondo livello; proprio perché del laurea-to di primo livello si finisce per dire soltanto cheè “laureato”.La confusione aumenta se si considera che il ter-mine “dottore” non circola solo in ambito acca-demico, dove tutto sommato potrebbe essere ri-solta dall’interno. In questo momento il termineè utilizzato per alcune figure professionali, ma inmodo non omogeneo. In base alla legge 170/03,gli iscritti alla sezione B dell’albo degli psicologisono dottori (gli unici triennalisti a trovarsi inquesta condizione), mentre in altri albi sono dot-tori gli iscritti alla sezione A (i dottori agronomie dottori forestali, e i dottori commercialisti). Unbel pasticcio.Altra cosa è l’interesse che il titolo di “dottore intecniche psicologiche” potrà suscitare in futuro.Una delle funzioni delle etichette è quella di at-trarre o non attrarre le persone. In questo mo-mento non sappiamo quale sia l’attrattività diprofessioni definite da questo titolo e da questecompetenze. Vedremo anzitutto nel corso del2004, nella sessione estiva ma soprattutto in quel-la autunnale quanti laureati di primo livello sa-ranno interessati a presentarsi agli esami di statoper la sezione B.

Lei è stato Preside per diversi anni della Facoltàdi Psicologia di Trieste. Secondo lei c’è corrispon-denza tra gli attuali corsi di studio di area psico-logica e le nuove figure professionali così comedelineate dalla L. 170/03?Credo debba verificarsi un avvicinamento, per-ché nel recente passato la progettazione dei per-corsi formativi non ha potuto beneficiare disbocchi professionali specifici per il primo li-vello. Grazie al lavoro che ha portato alla 170/03, che è stato lungo ed impegnativo, siamoarrivati a definire due figure professionali abba-stanza ben caratterizzate; anche se con un’am-pia sovrapposizione, poiché metà delle compe-tenze, quelle relative all’area della misura e del-la valutazione, sono condivise dai due settori incui si articola la sezione B, quello riferito preva-lentemente al mondo del lavoro e quello riferi-to ai servizi alla persona e alla comunità. Perfare solo un esempio, non trovano un chiarocorrispettivo in questi due settori i corsi di stu-di che fanno riferimento al mondo della scuolae dell’educazione.

Come mai è successo questo?’In un certo momento – così mi sembra di poterdire – è risultato più evidente il rischio disovrapposizione con altre figure professionali cheoperano in ambito scolastico e educativo. I lavo-ri che hanno portato alla 170/03 non offrivanoil contesto adeguato ad affrontare un problemamolto ampio, che in sostanza tocca il rapportotra la psicologia e scuola. Non mancheranno leoccasioni per riprendere in mano la questione,che non sarebbe stata risolvibile all’interno di unpercorso che doveva mirare soprattutto a una ri-forma strutturale della sezione B dell’Albo deglipsicologi. Ma indipendentemente da questo casoè necessario attivare un processo di adeguamentodei percorsi di studio anche in riferimento alleuscite professionali di primo livello. La riformadel 509 prevede infatti che le sedi offrano, dopoun minimo di 60 crediti (pari a un anno), per-corsi differenziati per gli studenti che intendonoaccedere subito a una professione e per quelli cheaspirano a una formazione specialistica. A mioparere si dovrebbe cogliere l’occasione per for-mare figure ben caratterizzate: cioè non dei “pic-coli psicologi” a responsabilità limitata, ma tec-nici con competenze definite, capaci di svolgereattività di ricerca e intervento in un ambito pre-ciso.

Gli esami di Stato e il relativo tirocinio sono unadelle questioni rimaste ancora aperte. L’Ordineha presentato una proposta di revisione per di-sciplinare l’accesso alle due diverse sezioni del-

La legge 170/03 e la regolamentazione della professione di psicologo

Il ministero, nella

trattativa per la

riforma dello junior,

si è trincerato dietro il

diritto dei laureati a

chiamarsi dottori, già

sancito dai tempi di

Gentile, mai abroga-

to, e quindi vigente

oggi per i laureati

triennali. Il nome

“tecnici”, che noi

avremmo preferito, è

rivendicato dalle

potenti e suscettibili

Regioni per i loro

corsi

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la Professione di Psicologo 2/04

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l’Albo. Che ne pensa?In questo momento, presso il Ministero del-l’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, conil coordinamento del Sottosegretario sen. MariaGrazia Siliquini, opera un gruppo di lavoro dicui faccio parte, che ha il compito di raccoglierele proposte degli Ordini su possibili migliora-menti del DPR 328/01 in materia di esami diStato e di tirocini. In generale, sta emergendol’esigenza di un rafforzamento dell’esame di Sta-to come momento qualificante per l’abilitazionea una professione. Per quanto concerne il tiroci-nio, va notato che il modello già previsto dal DPR328/01 per gli psicologi sembra interessare mol-to anche le professioni che finora non prevede-vano il tirocinio come requisito di accesso all’esa-me di Stato.

Quali sono le questioni ancora aperte per il tiro-cinio?Per quanto riguarda l’area psicologica, trovo mol-to sensata la proposta dell’Ordine, che si riassu-me in un semestre per la sezione B e in due se-mestri per la sezione A, uno dei quali da svolgereobbligatoriamente dopo il conseguimento deltitolo di secondo livello. Vedo piuttosto dei grossiproblemi legati alla realizzazione dei tirocini, cheper altro caratterizzano il mondo di tutte le pro-fessioni. A livello nazionale, si osserva una obiet-tiva difficoltà di reperimento di sedi di tirociniovalide e in numero sufficiente a coprire la do-manda proveniente dai candidati agli esami diStato. Ho l’impressione che tutte le professioni– e in particolare gli psicologi - debbano interro-garsi sulle modalità di svolgimento del tirocinio,che di fatto costituisce uno dei modi per regola-re l’accesso alle professioni. Deve farsi strada l’ideache, se mancano le sede di tirocinio adeguate aglistandard prescelti, questo non è un buon moti-vo per modificare gli standard. In via di princi-pio, il consenso sulla necessità di mantenere ele-vati gli standard della formazione professionalec’è; sicuramente non è una questione normati-va. Vedo piuttosto un problema nel momentodella realizzazione.

Da questo dipenderà anche l’appetibilità dellelauree di primo livello.Perlomeno di quelle che indicheranno in modoesplicito una uscita professionale; poiché all’in-terno di quei percorsi si dovrà garantire la dispo-nibilità di sedi di tirocinio adeguate, nelle qualiil candidato all’esame di Stato possa svolgereun’attività congruente con le caratteristiche del-la figura professionale di suo interesse. Va dettoche finora non tutte le sedi tradizionali hannomostrato interesse per i triennalisti. Nella miglio-

re delle ipotesi c’è stato disorientamento sullecompetenze attribuibili. Per esempio, in ambitosanitario i laureandi dei corsi di primo livello sonoapparsi poco preparati rispetto alla complessitàdei compiti affidati agli psicologi, e non semprein grado di veicolare una buona immagine dellapsicologia. Credo si debba prendere in seria con-siderazione il problema del confronto tra le variefigure professionali, che si trovano spesso ad ope-rare in un regime di cooperazione-competizio-ne. L’attenzione alla qualità, per tutte le attivitàdi tirocinio, può tradursi in un potenziamentodell’intera categoria professionale.

Per quanto riguarda invece il tirocinio per i lau-reati di secondo livello?Qui si tocca un punto dolente di caratterenormativo. In questo momento il DPR 328/01prevede la possibilità di svolgere anche entrambii semestri di tirocinio prima dell’acquisizione deltitolo di secondo livello, allo stesso modo in cuiè possibile svolgere il semestre di tirocinio neces-sario per l’accesso alla sezione B prima della lau-rea. Attenzione a non confondere questa possi-bilità di inclusione temporale conl’incorporazione del tirocinio nelle attività uni-versitarie (nel senso che viene svolto dentro allemura degli atenei). Le norme attuali dicono sem-plicemente che il tirocinio può essere riconosciu-to come dotato di doppia valenza, cioè comevalido sia per l’accesso a un esame di Stato siaper l’acquisizione di crediti formativi universita-ri, quelli che consentono il completamento delcorso di studi.L’attuale ipotesi di revisione del 509/99 mi sem-bra rafforzi il modello della doppia valenza, nelmomento in cui indica i tirocini che portano alleprofessioni regolamentate tra le attività che i corsidi studio debbono prevedere. Obiettivamente,se si vuole che il secondo semestre di tirociniosia successivo all’acquisizione del titolo di secon-do livello, si tratterà di creare un forte consensotra Conferenza dei Presidi e Ordine. Altrimentisarà difficile contrastare una norma che in so-stanza riconosce allo studente il diritto di richie-dere l’iscrizione a tirocini con doppia valenza.Su questa possibilità potrebbe innescarsi la com-petizione tra le sedi universitarie, le quali potreb-bero trovarsi su posizioni non concordi. A mioparere, in presenza di un forte consenso sullanecessità di riservare soltanto ai possessori di ti-tolo di secondo livello l’accesso al secondo seme-stre di tirocinio, si potrebbe anche trovare il mododi includere tale previsione nel complesso di prov-vedimenti attualmente all’attenzione del grup-po di lavoro su esami di Stato e tirocini, costitu-ito presso il MIUR.

La legge 170/03 e la regolamentazione della professione di psicologo

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Proposte di modifica concernenti la disciplina degli esami di Stato per l’accesso alla sezione A e B dell’Albo degli Psicologi (artt. 52 e 53 del D.P.R. 328/01)

LE PROPOSTE DELL’ORDINE DI MODIFICADEL DPR 328/01 PER LA DISCIPLINA

DEGLI ESAMI DI STATO

VECCHIO TESTO D.P.R. 328/01Capo X - Professione di psicologo

Omissis.52. Esami di Stato per l’iscrizione nella sezio-ne A.1. L’iscrizione nella sezione A è subordinata

al superamento di apposito esame di Stato.2. Per l’ammissione all’esame di Stato è richie-

sto il possesso della laurea specialistica nel-la classe 58/S - Psicologia, oltre a un tiroci-nio della durata di un anno.

3. L’esame di Stato è articolato nelle seguentiprove:

a) una prima prova scritta sui seguenti argo-menti: aspetti teorici e applicativi avanzatidella psicologia; progettazione di interven-ti complessi su casi individuali, in àmbitosociale o di grandi organizzazioni, con ri-ferimento alle problematiche della valuta-zione e dello sviluppo delle potenzialitàpersonali;

b) una seconda prova scritta sui seguenti ar-gomenti: progettazione di interventi com-plessi con riferimento alle problematichedella valutazione dello sviluppo dellepotenzialità dei gruppi, della prevenzionedel disagio psicologico, dell’assistenza e delsostegno psicologico, della riabilitazione edella promozione della salute psicologica;

c) una prova scritta applicativa, concernentela discussione di un caso relativo ad un pro-getto di intervento su individui ovvero instrutture complesse;

d) una prova orale sugli argomenti della pro-va scritta e su questioni teorico-pratiche re-lative all’attività svolta durante il tirocinioprofessionale, nonché su aspetti di legisla-zione e deontologia professionale.

NUOVO TESTOPROPOSTA DEL 05.03.2004

52. Esami di Stato per l’iscrizione nella sezio-ne A.1. L’iscrizione nella sezione A è subordinata al

superamento di apposito esame di Stato.2. Per l’ammissione all’esame di Stato è richie-

sto il possesso di una laurea specialisticadella classe 58/S (Psicologia) e di una lau-rea della classe 34 (Scienze e tecniche psico-logiche), oltre al completamento di due se-mestri di tirocinio, posteriori all’acquisizionedella laurea specialistica, fatta salva l’even-tualità che uno dei due sia stato già espletatoai fini dell’ammissione all’esame di Stato perl’iscrizione alla sezione B dell’albo

3. L’esame di Stato è articolato nelle seguentiprove:

a) una prova scritta riguardante le basi teori-che e metodologiche della progettazione diinterventi complessi in ambito psicologicorivolti a persone, gruppi, organismi socialio comunità, con riferimento alla prevenzio-ne, alla valutazione, alla diagnosi, al soste-gno, all’abilitazione-riabilitazione e alla ri-cerca;

ABROGATO

b) una prova pratica, concernente la sintesipsicodiagnostica, la programmazione e la ve-rifica degli interventi psicologici, leattestazioni e le certificazioni di condizionipsicologiche, la consulenza tecnica e la peri-zia in ambito giudiziario civile e penale;

c) una prova orale sugli argomenti della provascritta e della prova pratica, nonché sull’at-tività svolta durante il tirocinio professio-nale e su aspetti di legislazione e deontologiaprofessionale.

4. Gli iscritti nella sezione B ammessi a soste-nere l’esame di Stato per l’ammissione allasezione A sono esentati dalla prova praticadi cui all’art. 52, comma 3b. Per gli iscrittinella sezione B la prova orale dovrà inclu-dere la discussione di un progetto di inter-vento proposto dalla commissione.

���

Alcuni degli

adeguamenti

normativi proposti si

sono resi necessari a

seguito delle recenti

modifiche introdotte

dalla L. 11 luglio

2003, n. 170, che, tra

le altre cose, ha

individuato due

distinti settori all’in-

terno della sezione B.

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Proposte di modifica concernenti la disciplina degli esami di Stato per l’accesso alla sezione A e B dell’Albo degli Psicologi (artt. 52 e 53 del D.P.R. 328/01)

Si propone inoltre un’integrazione all’art.6, o,in subordine, una specificazione all’art. 52comma 2 e 53 comma 3 in relazione al tiroci-nio.

“Il tirocinio si caratterizza come un’attività dipratica supervisionata da un tutor iscritto allasezione A dell’Albo da almeno due anni e deveavere come oggetto le specifiche attività pro-fessionali individuate dal DPR 328/01 e dallaL. 170/03; deve essere svolto in forma conti-nuativa presso una struttura, pubblica o priva-ta, accreditata congiuntamente dagli ordini ele università. Ciascun tutor può seguire al mas-simo due tirocinanti al semestre; l’eccedenzainvalida tutti i tirocini seguiti contemporane-

53. Esami di Stato per l’iscrizione alla sezione B.

1. L’iscrizione alla sezione B è subordinata alsuperamento di apposito esame di Stato.

2. Per l’ammissione all’esame di Stato è richie-sto il possesso della laurea nella classe 34 -Scienze e tecniche psicologiche, oltre a untirocinio della durata di sei mesi.

3. L’esame di Stato è articolato nelle seguentiprove:

a) una prova scritta vertente sulla conoscenzadi base delle discipline psicologiche e deimetodi di indagine e di intervento;

b) una seconda prova scritta vertente su disci-pline e metodi caratterizzanti il settore;

c) una prova pratica in tema di definizione earticolazione dello specifico intervento pro-fessionale all’interno di un progetto propo-sto dalla commissione;

d) una prova orale consistente nella discussio-ne delle prove scritte e della prova pratica, enella esposizione dell’attività svolta duran-te il praticantato, nonché su aspetti di legi-slazione e deontologia professionale.

4. L’iscrizione nella sezione B avviene con l’an-notazione della specifica attività professio-nale, in coerenza con il percorso formativo,con riferimento alle specifiche figure pro-fessionali individuate con decreto del Mi-nistro dell’università e della ricerca scienti-fica e tecnologica, su proposta dell’ordine,sentita la conferenza dei presidi delle facol-tà di psicologia, ferma restando comunquela facoltà di esercitare una qualsiasi delleattività di cui all’articolo 51, comma 2.

53. Esami di Stato per l’iscrizione alla sezione B.

1. L’iscrizione alla sezione B è subordinata alsuperamento di apposito esame di Stato.

2. Per l’ammissione all’esame di Stato è richie-sto il possesso di una laurea della classe 34(Scienze e tecniche psicologiche) e di un se-mestre di tirocinio.

3. L’esame di Stato è articolato nelle seguentiprove:

a) una prova scritta vertente sulla conoscenzadi base delle discipline psicologiche e deimetodi di indagine e di intervento;

b) una prova scritta concernente le conoscenzedi base relative alle discipline e ai metodicaratterizzanti il settore;

c) una prova pratica, consistente nella descri-zione di uno specifico intervento professio-nale rilevante per il settore prescelto, all’in-terno di un progetto proposto dalla com-missione;

d) una prova orale consistente nella discussio-ne delle prove scritte, della prova pratica edell’attività svolta durante il tirocinio, non-ché nella verifica di conoscenze relative allalegislazione e deontologia professionale.

4. Per gli iscritti ad un settore della sezione Bche richiedano l’iscrizione ad un altro set-tore della stessa sezione l’esame di Stato èarticolato nelle prove (a) e (b) di cui alcomma precedente, riferite al settore per ilquale è richiesta l’iscrizione.

Si propone inoltre l’abrogazione del comma 2 dell’art. 6.

Art. 6, comma 2.Coloro che hanno effettuato il periodo di tiro-cinio per l’accesso alla sezione B possono esser-ne esentati per l’accesso alla sezione A, sulla basedi criteri fissati con decreto del Ministro com-petente sentiti gli ordini e i collegi.

ABROGATO

amente dallo stesso tutor”Si propone, infine, per armonizzazione fra il testodel DPR 328/’01 e la Legge 170/’03, la sostituzio-ne del comma 4 dell’art. 50 del DRP 328/’01, conil seguente comma:

4. L’istituzione dell’albo professionale degli psi-cologi è accompagnata, rispettivamente, dal-le dizioni: ”Sezione degli psicologi”, “Sezionedei dottori in tecniche psicologiche”

Per lo stesso scopo armonizzatorio, nell’art. 51comma 1, le parole “oltre alle attività indicate nelcomma 2” vanno sostituite con le parole “oltre alleattività indicate all’art. 3 comma 1 quinquies dellalegge 170/’03”.

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Proposta di abrogazione del comma 2 dell’art. 6 del D.P.R. 328/01 relativo all’effettuazione del tirocinio

LE PROPOSTE DELL’ORDINEDI MODIFICA DEL DPR 328/01

IN MERITO AL TIROCINIO(COMMA 2 DELL’ARTICOLO 6)

Gent.ma senatrice Siliquini,invio, come da Voi richiesto, le propostedi modifica concernenti la disciplina degliesami di Stato per l’accesso alla sezione Ae B dell’Albo degli Psicologi (artt. 52 e 53del D.P.R. 328/01), indicandospecificatamente le correzioni da apporta-re al contenuto delle prove.

Vi sottopongo, inoltre, un’ulteriore richie-sta che probabilmente potrebbe trovare ri-sposta nel provvedimento attualmente infase di predisposizione. A questo proposi-to si propone di abrogare il comma 2dell’art. 6 del D.P.R. 328/01, sulla basedelle seguenti considerazioni.

Il comma in oggetto stabilisce che “coloroche hanno effettuato il periodo di tiroci-nio per l’accesso alla sezione B possonoesserne esentati per l’accesso alla sezioneA, sulla base dei criteri fissati con decretodel Ministro competente sentiti gli ordinie i collegi”.

Partendo dal presupposto che l’anno di ti-rocinio professionale previsto dal D.P.R.328/01 rappresenta un elemento di fon-damentale importanza per la formazioneprofessionale dello psicologo (iscritto allasezione A), così come, d’altra parte, il se-mestre di tirocinio richiesto per l’ammis-sione all’esame di Stato per la sezione Bcostituisce una condizione irrinunciabileai fini dell’acquisizione e del consolida-mento delle competenze tecnico-operati-ve che caratterizzano le figure professio-nali del “dottore in tecniche psicologicheper i contesti sociali, organizzativi e del la-voro” e del “dottore in tecniche psicologi-che per i servizi alla persona e alla comu-nità”, si fa notare quanto segue:

a) il decreto ministeriale che dovrebbe fis-sare i criteri che rendono possibile

Le proposte di modifi-

ca concernenti la

disciplina degli esami

di Stato per l’accesso

alla sezione A e B

dell’Albo degli Psico-

logi sono state accom-

pagnate da un’ulte-

riore richiesta, relati-

va all’abrogazione del

comma 2 dell’art. 6

del D.P.R. 328/01,

sulla base delle

considerazioni che

pubblichiamo a lato.

l’esenzione del tirocinio per gli iscritti allasezione B che vogliono sostenere l’esamedi stato per l’ammissione alla sezione Anon è mai stato emanato;

b) per la professione di psicologo il D.P.R.328/01 stabilisce che la durata del tiro-cinio per l’ammissione all’esame di Statoper la sezione B e A dell’albo sia diversa,sei mesi nel primo caso (un semestre nellaproposta allegata), un anno invece perl’ammissione all’esame di stato che per-mette l’iscrizione alla sezione A (due se-mestri nella proposta attuale). L’esenzio-ne potrebbe aver senso solo nel caso incui i due periodi fossero di uguale dura-ta. La soluzione più logica in questo casosarebbe che il semestre di tirocinio, giàespletato dall’iscritto ad un settore dellasezione B, venga “scalato” dall’anno (o daidue semestri) necessario/i per sostenerel’esame di Stato per l’accesso alla sezioneA. La proposta allegata consentirebbel’applicazione di tale procedura, che ri-sulta inoltre congruente con i cambia-menti normativi apportati dalla L.11 lu-glio 2003, n. 170. Tale provvedimento,infatti, abrogando il titolo professionaledi psicologo iunior e le attività profes-sionali ad esso riservate, ha provveduto adefinire due f igure professionaliregolamentate di primo livello (“dottorein tecniche psicologiche per i contestisociali, organizzativi e del lavoro” e “dot-tore in tecniche psicologiche per i servizialla persona e alla comunità”), che risul-tano essere ben distinte dalla figura di se-condo livello (psicologo). Ne consegueche almeno parte del tirocinio previstoper l’ammissione alla sezione A (un se-mestre) dovrebbe riguardarespecificatamente quelle attività che for-mano oggetto della professione di psico-logo e non quelle che caratterizzano in-vece le professioni del “dottore in tecni-

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la Professione di Psicologo 2/04

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Proposta di abrogazione del comma 2 dell’art. 6 del D.P.R. 328/01 relativo all’effettuazione del tirocinio

La lettera di proposta

di revisione della

disciplina degli esami

di stato è stata inviata,

in data 28/10/2003,

alla cortese attenzione

della Sen. Maria

Grazia Siliquini,

Sottosegretario di

Stato al MIUR, e, per

specifica competenza,

al signor Andrea De

Leitenburg, Capo

della segreteria

particolare del Sotto-

segretario di Stato.

che psicologiche per i contesti sociali, or-ganizzativi e del lavoro” e del “dottorein tecniche psicologiche per i servizi allapersona e alla comunità”.D’altra parte considerare il semestre ditirocinio effettuato per l’iscrizione allasezione B come utile (anche se non suf-ficiente) ai fini dell’esame di Stato perl’accesso alla sezione A potrebbe esseresensato tenendo conto che, ai sensidell’art. 3, comma 5, del D.P.R. 328/01,gli iscritti alla sezione A possono eserci-tare, oltre al le att ività ad essispecificatamente attribuite, anche quel-le previste per gli iscritti della sezioneB;

c) poiché nel D.P.R. 328/01 il tirocinio co-stituisce un requisito per l’ammissioneall’esame di Stato solo per la professionedi psicologo, sarebbe possibile abrogaretale norma senza preventivi pareri dellealtre professioni ordinate da tale regola-mento.

Vi segnalo infine un ultimo problema rima-sto aperto dopo l’approvazione della L. 170/

03: se, da un lato, il titolo professionale di“psicologo iunior” è stato modificato in“dottore in tecniche psicologiche per i con-testi sociali, organizzativi e del lavoro” e“dottore in tecniche psicologiche per i ser-vizi alla persona e alla comunità”. (art. 50,comma 3), non si è mai provveduto a modi-ficare o ad abrogare il successivo comma (art.50, comma 4) che recita “L’iscrizione all’al-bo professionale degli psicologi è accompa-gnata rispettivamente dalle dizioni: ‘sezionedegli psicologi’, ‘sezione degli psicologiiuniores’…”.

Data l’evidente l’incongruenza di quest’ul-tima titolazione, si propone quindi di eli-minare la denominazione ‘sezione degli psi-cologi iuniores’ prevedendo l’annotazionesull’albo del settore specifico di competenzadell’iscritto alla sezione B.

Grazie dell’attenzione ed arrivederci.

Il PresidenteDr. Pietro Angelo Sardi

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la Professione di Psicologo 2/04

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Tirocinio per l’accesso all’Esame di Stato della sez. A dell’Albo: linee guida nazionali

LINEE GUIDA NAZIONALISUL TIROCINIO PER L’ACCESSO

ALLA SEZIONE A DELL’ALBO

Il tirocinio professionale previsto per l’ac-cesso alla sezione A dell’albo si caratteriz-za come attività di pratica supervisionatada parte di psicologi abilitati che si svolgeall’interno di una particolare area profes-sionale della psicologia allo scopo di pre-parare alla pratica autonoma. In tal casonon sono equiparabili al tirocinio profes-sionale lo stage, le esperienze pratiche gui-date e le attività pratiche incluse nei corsid’insegnamento.

• La valutazione dell’idoneità delle strut-ture pubbliche e private ad ospitare itirocini deve avvenire tenendo contodella rilevanza dell’intervento psicolo-gico rispetto all’intera struttura o ad unsuo specifico settore, all’effettiva pre-senza di psicologi iscritti da almeno dueanni alla sezione A dell’albo che intrat-tengono un rapporto professionale conla struttura in qualità di dipendenti, oconsulenti, o supervisori esterni;

• Il semestre di tirocinio già espletato daun iscritto ad un settore della sezioneB, può essere “scalato” dall’anno (duesemestri) necessario/i per sostenerel’esame di stato per l’accesso alla sezio-ne A dell’albo;

• Periodi inferiori ai 6 mesi continuativi(20 crediti) non vengono riconosciuti;

• Almeno uno dei due semestri deve es-sere successivo all’acquisizione del ti-tolo di laurea specialistica;

• Nel caso in cui un semestre di tiroci-nio venga espletato pr imadell’acquisizione del titolo di laureaspecialistica, tale semestre deve svolger-si nel corso del secondo anno, preferi-bilmente durante il secondo semestre;

• I semestri devono essere intesi comecontinuativi e per ogni semestre l’atti-

vità deve svolgersi presso un’unica sedericonosciuta, sotto la supervisione di untutor psicologo iscritto alla sezione Adell’albo da almeno due anni;

• Per ogni periodo di tirocinio ciascuntutor psicologo può seguire al massimo2 tirocinanti;

• I progetti di tirocinio che devono averecome oggetto le specifiche attività pro-fessionali individuate dal DPR 328/01e dalla L. 170/03.

Per quanto riguarda invece le convenzio-ni stipulate tra università e ordini regio-nali relativamente al tirocinio per l’acces-so alla sezione B dell’albo, vista la pre-senza di una certa disomogeneità terri-toriale, andrebbe ribadito e chiarito cheil semestre deve essere inteso come con-tinuativo e l’attività deve svolgersi pres-so un’unica sede riconosciuta, sotto lasupervisione di un tutor psicologo iscrit-to alla sezione A dell’albo da almeno dueanni, che può seguire al massimo duetirocinanti al semestre. Le convenzionigià stipulate andrebbero quindi riviste eaggiornate alla luce dalla L. 170/03, spe-cificando tra le altre cose che il program-ma di tirocinio deve avere come oggettole specifiche attività professionali indi-viduate dall’art.3, comma quinquies, peri settori in cui si articola la sezione B del-l’albo. Per gli ordini che hanno approva-to convenzioni non confacenti a questicriteri saranno previste delle norme tran-sitorie a sanatoria, in vista del nuovo re-gime che dovrebbe partire dal 2004. Perquanto riguarda la continuità del seme-stre di tirocinio per l’accesso all’esame distato della sezione B, in subordine, po-trebbero essere riconosciuti due trimestridi attività continuativa, purché espletatiall’interno della stessa struttura ricono-sciuta.

Il Consiglio Naziona-

le riunito a Roma il

13 dicembre 2003 ha

approvato le linee

guida sull’effettuazio-

ne del tirocinio per

l’acceso alla sezione

A dell’Albo. La

relativa delibera è

stata inviata alla

Conferenza dei

Presidi.

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la Professione di Psicologo 2/04

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SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATOSULLA DISTINZIONE TRA

LA SPECIALIZZAZIONE IN PSICOLOGIACLINICA E QUELLA IN PSICOTERAPIA

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguentedecisione sul ricorso in appello n. 11380/98,proposto dal Consiglio Nazionale dell’Ordi-ne degli Psicologi, contro l’ Universita’ De-gli Studi di Padova, per l’annullamento del-la sentenza del Tribunale amministrativo re-gionale del Veneto, sezione II, 1 luglio 1998,n. 1210.Visto il ricorso in appello, con i relativi alle-gati; visto l’atto di costituzione in giudiziodell’Università degli studi di Padova; vistitutti gli atti della causa; ritenuto e conside-rato quanto segue:1. Il primo giudice ha respinto il ricorso pro-

posto dal Consiglio Nazionale dell’Ordi-ne degli Psicologi avverso il decreto delrettore dell’Università degli studi di Pa-dova 11 ottobre 1995, con cui, presso lamedesima Università, è stata istituita laScuola di specializzazione in psicologiaclinica. Il decreto modificava lo statutodell’Università degli studi di Padova ag-giungendo, dopo l’art. 114, un nuovo ar-ticolo, 115, composto di 24 paragrafi,contenente l’ordinamento della dettaScuola. Il Consiglio nazionale dell’ordi-ne degli psicologi appella contestando lasentenza.

L’Università degli studi di Padova si è costi-tuita in giudizio, resistendo al ricorso in ap-pello.2. Il ricorso in appello è fondato. La sezio-

ne condivide le tesi sostenute dall’appel-lante.

La professione di psicologo è definita dall’art.1 della l. 18 febbraio 1989, n. 56, secondocui essa “comprende l’uso degli strumenti co-noscitivi e di intervento per la prevenzione,la diagnosi, le attività di riabilitazione e disostegno in ambito psicologico rivolte allapersona, al gruppo, agli organismi sociali ealle comunità. Comprende altresì le attivitàdi sperimentazione, ricerca e didattica in taleambito”. Il successivo art. 2 prevede, alcomma 1, che “per esercitare la professione

di psicologo è necessario aver conseguitol’abilitazione in psicologia mediante l’esamedi Stato ed essere iscritto nell’apposito alboprofessionale” e, al comma 3, che “sono am-messi all’esame di Stato i laureati in psicolo-gia che siano in possesso di adeguata docu-mentazione attestante l’effettuazione di untirocinio pratico secondo modalità stabilitecon decreto del Ministro della pubblica istru-zione, da emanarsi tassativamente entro unanno dalla data di entrata in vigore della pre-sente legge”.L’art. 3 della l. n. 56/1989 prescrive, alcomma 1, che “l’esercizio dell’attivitàpsicoterapeutica è subordinato ad una speci-fica formazione professionale, da acquisirsi,dopo il conseguimento della laurea in psico-logia o in medicina e chirurgia, mediantecorsi di specializzazione almeno quadriennaliche prevedano adeguata formazione e adde-stramento in psicoterapia, attivati ai sensi deldecreto del Presidente della Repubblica 10marzo 1982, n. 162, presso scuole dispecializzazione universitaria o presso istitu-ti a tal fine riconosciuti con le procedure dicui all’articolo 3 del citato decreto del Presi-dente della Repubblica”.Ciò premesso, in forza delle disposizionianzidette ai laureati in medicina non è con-sentito acquisire specialità psicologiche diver-se dalla psicoterapia. La psicologia clinica,inoltre, rappresenta una specializzazione dellapsicologia (e non della medicina) e consenteanche, ma non solo, l’esercizio della psicote-rapia. Essa, in quanto specializzazione dellapsicologia, non può che essere riservata ai solipsicologi.Ne consegue l’illegittimità di quanto previ-sto dallo Statuto della Scuola dispecializzazione in psicologia clinica, laddove,aprendola anche ai laureati in medicina, sidice che la Scuola rilascia “il titolo di specia-lista in psicologia clinica che consente l’iscri-zione nell’albo degli psicoterapeuti”. La Scuo-la, nel rispetto del disposto dell’art. 3 della l.n. 56/1989, se aperta sia agli psicologi sia ai

Il Consiglio di Stato

ha pubblicato una

chiarissima sentenza

sulla distinzione fra

la specializzazione in

psicoterapia e quella

in psicologia clinica,

la prima aperta sia a

medici che psicologi,

la seconda riservata

ai soli

psicologi, in base alla

distinzione delle due

mansioni operata

dalla nostra legge di

ordinamento n. 56

del 1989.

Buone nuove sulla psicologia clinica

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la Professione di Psicologo 2/04

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medici, potrebbe rilasciare solo un titolo dispecializzazione in psicoterapia, che rappre-senta l’unica area di specializzazione comunead entrambe le professioni, e non, come in-vece previsto, il diverso titolo dispecializzazione in psicologia clinica.La tesi fatta propria dalla sezione è oltremo-do avallata dalla circostanza per cuil’equipollenza tra il titolo di specializzazionein psicoterapia e quello di specializzazione inpsicologia è stata riconosciuta solo dalla leg-ge (art. 2, comma 3, della l. 29 dicembre2000, n. 401), e in epoca successiva al prov-vedimento impugnato in primo grado. Vaquindi ritenuta la fondatezza delle censure diviolazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2e 3 della l. n. 56/1989, nonché di eccesso dipotere per difetto di presupposto e di incom-petenza, dedotte in primo grado.

2.2. L’appellante ripropone il terzo motivo delricorso di primo grado, con cui si era de-dotta la violazione degli artt. 3 e 35 dellal. n. 56/1989 e l’eccesso di potere per di-fetto di motivazione.

Si sosteneva l’illegittimità della previsione delparagrafo 9 dello statuto, secondo cui, per iprimi due anni accademici successivi all’en-trata in vigore del nuovo ordinamento, pos-sono essere ammessi alle prove per consegui-re l’iscrizione alla Scuola, oltre ai laureati inmedicina e psicologia, anche i candidati cheabbiano conseguito altre lauree e che posseg-gano i requisiti per potere essere iscritti al-l’albo degli psicologi. Così che, in via transi-toria, sarebbe stato possibile l’accesso ad unaScuola di specializzazione in psicoterapia an-che a soggetti i quali, pur iscritti all’albo de-gli psicologi, non siano in possesso della lau-rea in psicologia; in contrasto con quantoprevisto dall’art. 35 della l. n. 56/1989.Il primo giudice ha ritenuto la censura inam-missibile per carenza di legittimazione a ri-correre, poiché gli ordini professionali, sic-come enti esponenziali di interessi collettivi,sono legittimati ad agire per la tutela degliinteressi di tutte le categorie rappresentate,oltre che per sopravvenuto difetto di interes-se a causa della mancanza attuale di efficaciadella disposizione, concepita durante il peri-odo di efficacia dell’art. 35 della l. n. 56/1989;periodo scaduto nel marzo 1994.Il motivo è fondato.La legittimazione sussiste sulla base di quan-

to previsto dall’art. 28, comma 6, lett. d), dellal. n. 56/1989, secondo cui “il Consiglio na-zionale dell’ordine...cura l’osservanza delleleggi e delle disposizioni concernenti la pro-fessione relativamente alle questioni dirilevanza nazionale”.Quanto poi alla previsione del paragrafo 9dello statuto, che risulta espressamente limi-tata solo ai primi due anni accademici e non,invece, al periodo di efficacia previsto dall’art.35, comma 3, della l. n. 56/1989, essa è incontrasto, oltre che con il sistema a regimeprevisto dall’art. 3 della l. n. 56/1989, conquello transitorio di cui al comma 1 del cita-to art. 35; secondo cui, “in deroga a quantoprevisto dall’articolo 3, l’esercizio dell’attivi-tà psicoterapeutica è consentito a coloro iquali o iscritti all’ordine degli psicologi omedici iscritti all’ordine dei medici e degliodontoiatri, laureatisi entro l’ultima sessionedi laurea, ordinaria o straordinaria, dell’annoaccademico 1992-1993, dichiarino, sotto lapropria responsabilità, di aver acquisita unaspecifica formazione professionale in psico-terapia, documentandone il curriculumformativo con l’indicazione delle sedi, deitempi e della durata, nonché il curriculumscientifico e professionale, documentando lapreminenza e la continuità dell’esercizio del-la professione psicoterapeutica”.

3. Il ricorso in appello, pertanto, deve essereaccolto e, in riforma della sentenza impu-gnata, il ricorso di primo grado va accol-to con il conseguente annullamento, perquanto di ragione, del provvedimento im-pugnato. Le spese e gli onorari del dop-pio grado di giudizio, sussistendo giustimotivi, possono essere compensati.

Per questi motivi, il Consiglio di Stato in sedegiurisdizionale, sezione sesta, accoglie il ri-corso in appello e, in riforma della sentenzaimpugnata, accoglie il ricorso di primo gra-do e annulla, per quanto di ragione, il prov-vedimento impugnato.Compensa tra le parti le spese e gli onoraridel doppio grado di giudizio.Ordina che la presente decisione sia eseguitadall’autorità amministrativa.Così deciso in Roma il 20 gennaio 2004 dalConsiglio di Stato in sede giurisdizionale, se-zione sesta, in camera di consiglio.

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la Professione di Psicologo 2/04

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Consiglio di StatoAdunanza della Sezione terza dell’8 genna-io 2002N° Sezione 514/99OggettoMinistero della sanità (ora Ministero del-la salute). Ricorso straordinario al Presi-dente della Repubblica proposto da XXXYYY contro la A.S.L. di KKK, in materiadi concorso per posto di primo livello di-rigenziale del profilo professionale di psi-cologo.

La SezioneVista la relazione trasmessa con nota prot.n. DPS.II.PR.3/1780/2820, in data 11marzo 1999, con la quale il Ministero dellasanità ha chiesto ilparere del Consiglio di Stato in ordine alricorso straordinario indicato in oggetto;Viste la pronuncia interlocutoria in data14 luglio 1999 e la risposta dell’Ammini-strazione con nota prot. n. DIRP VIIIPR.3/1780/10068, in data 4 dicembre2001;Esaminati gli atti ed udito il relatore edestensore;

Premesso:Omissis

Considerato:OmissisCome puntualizzato dal Ministero riferen-te, in base alla legge 18 febbraio 1989, n.56, che ha dettato l’ordinamento dellaprofessione di psicologo, i presupposti egli ambiti operativi delle attività di psico-logo e di psicoterapeuta, rispettivamentedelineati negli artt. 1 e 3 della legge cita-ta, risultano nettamente caratterizzati edifferenziati, atteso che nel primo caso èprevisto un tipo di attività comprendentel’uso in generale di tutti gli strumenti co-noscitivi e di intervento, nonché le attivi-tà di sperimentazione, ricerca e didattica,inerenti in modo specifico alla professio-

PARERE DEL CONSIGLIO DI STATOIN MATERIA DI CONCORSO

PER PRIMO LIVELLO DIRIGENZIALEDEL PROFILO PROFESSIONALE DI PSICOLOGO.

ne; nel secondo caso, invece, è prevista unaspecializzazione finalizzata esclusivamen-te alla psicoterapia.Sopravvenute le disposizioni dell’art. 15,comma 3, del decreto legislativo 30 dicem-bre 1992, n. 502, secondo le quali per l’ac-cesso ai concorsi per la dirigenza del ruolosanitario è richiesto, tra l’altro, il possessodel diploma di specializzazione nella di-sciplina, si è quindi ribadito, con l’art. 52dell’apposito regolamento di cui al d. P.R.10 dicembre 1997, n. 483, che la parteci-pazione ai concorsi in questione resta su-bordinata al possesso della specializzazionein parola. Tenuto conto, peraltro, delladifferenziazione operata dalla legge perquanto riguarda le due attività di psicolo-go e di ps icoterapeuta, in sede diindividuazione delle “specializzazioni affi-ni”, con decreto del Ministro della sanitàin data 31 gennaio 1998, e di definizionedelle “discipline equipollenti”, con decre-to dello stesso Ministro in data 30 genna-io 1998, si è conseguentemente previstoche la psicoterapia facesse parte di un’areaseparata dalla psicologia.Dall’esame del citato decreto in data 30gennaio 1998, peraltro, emerge che, perquanto riguarda le discipline equipollenti,nelle summenzionatedue aree distinte sono ricomprese alcunespecializzazioni comuni (psicologia del ci-clo di vita, psicologia clinica e psicologiadell’età evolutiva), tenendosi evidentemen-te conto delle potenzialità insite nellespecializzazioni stesse. Ciò, tuttavia, nonpotrebbe comportare (in unasorta di applicazione della “proprietà tran-sitiva”), una identità delle due aree, attesoche le dette specializzazioni possono evi-dentemente trovare differenti modalitàapplicative ed attuative nell’ambito delledue aree in questione, in correlazione conle diverse attività professionali che le ca-ratterizzano.E in tale prospettiva, trattandosi di norme“a regime”, essendo intese a regolare nor-

Per mero scrupolo,onde evitare dei

dubbi su un passodella stessa che parla

di un’equipollenzadelle due

specializzazioni aisoli effetti della

sanatoria di cui allalegge 401/’59, pubbli-chiamo anche un’al-

tra pronunzia delConsiglio di Stato.

Bisogna qui ricorda-re che, nell’iter della

cosiddetta leggeDuilio, prima della

sua approvazionefinale, alla semplice

equipollenza frascuole private ricono-sciute dal MIUR e le

corrispondenti scuoledi specializzazione

universitarie, venneaggiunta, su richiesta

dei precari, ancheun’estensione del

concetto diequipollenza, sino aiposti della disciplina

psicologia, e non solodella disciplina

psicoterapia, comeinizialmente era stato

proposto. Questaestensione è stata

usata dai medici persostenere, pericolosa-

mente, che ormai ladistinzione fra l’arti-

colo 1 e l’articolo 3della nostra legge di

ordinamento erastata abrogata.

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malmente, in via generale, l’accesso a po-sizioni dirigenziali nell’ambito del Servi-zio sanitario nazionale, nessun rilievo puòattribuirsi alle modalità di accesso agevo-lato all’esame di Stato, in favore di sog-getti operanti nel campo della psicotera-pia, inizialmente previste da norme di leg-ge e regolamentari, cui fa cenno il ricor-rente, poiché si trattava chiaramente diuna disciplina di carattere meramentetransitorio, con il limitato fine di consen-tire la regolarizzazione di posizionipregresse, ormai consolidate.Il ricorrente prospetta, inoltre, con il se-condo motivo di ricorso, una pretesa vio-lazione di principi generali in materia dibuon andamento delle attività ammini-strative, nonché, propriamente, in mate-ria di pubblici concorsi, poiché, a dire delmedesimo interessato, con l’esclusione deiposs ibi l i candidat i in possesso dispecializzazione in psicoterapia, si restrin-gerebbe eccessivamente la possibilità di se-lezione degli aspiranti.Anche tale assunto appare infondato atte-so che, a parte il carattere apodittico diuna simile affermazione, deve considerar-si che non appare censurabile il principiosecondo cui debbano essere ammessi aiconcorsi in questione soltanto i soggettiin possesso delle qualificazioni professio-nali che, in base alla vigente disciplinanormativa, siano da qualificare come ef-fettivamente pertinenti ai posti organicida ricoprire. Ciò anche se restano natu-ralmente salve le modifiche alla discipli-na del settore conseguenti a specifiche ini-ziative in senso innovativo del legislatore,come quella che ha portato alla emana-zione della legge 29 dicembre 2000, n.401, recante norme sull’organizzazione esul personale del settore sanitario, cui facenno (con particolare riferimento all’art.2, comma 3) il Consiglio nazionale del-l’Ordine degli Psicologi, con nota in data5 ottobre 2001, acquisita a seguito dellaprecedente pronuncia interlocutoria del-la Sezione.Sulla base di quanto esposto sopra, il ri-corso non può trovare accoglimento.P.Q.M.Esprime il parere che il ricorso debba es-sere respinto.Omissis

MASSIMEIn base alla legge 18 febbraio 1989, n. 56,che ha dettato l’ordinamento della profes-sione di psicologo, i presupposti e gli am-biti operativi delle attività di psicologo edi psicoterapeuta, rispettivamente deline-ati negli artt. 1 e 3 della legge citata, risul-tano nettamente caratterizzati e differen-ziati, atteso che nel primo caso è previstoun tipo di attività comprendente l’uso ingenerale di tutti gli strumenti conoscitivie di intervento, nonché le attività disperimentazione, ricerca e didattica, ine-renti in modo specifico alla professione;nel secondo caso, invece, è prevista unaspecializzazione finalizzata esclusivamen-te alla psicoterapia. Tenuto conto delladifferenziazione operata dalla legge perquanto riguarda le due attività di psicolo-go e di psicoterapeuta, deve ritenersi le-gittimo che in sede di individuazione del-le “specializzazioni affini”, con decreto delMinistro della sanità in data 31 gennaio1998, e di definizione delle “disciplineequipollenti”, con decreto dello stessoMinistro in data 30 gennaio 1998, sia sta-to previsto che la psicoterapia faccia partedi un’area separata dalla psicologia. Né as-sume rilievo, in senso contrario, la circo-stanza che nel citato decreto in data 30gennaio 1998, per quanto riguarda le di-scipline equipollenti, nelle summenzionatedue aree distinte siano ricomprese alcunespecializzazioni comuni (psicologia del ci-clo di vita, psicologia clinica e psicologiadell’età evolutiva), tenendosi evidentemen-te conto delle potenzialità insite nellespecializzazioni stesse. Ciò, infatti, non po-trebbe comportare (in una sorta di appli-cazione della “proprietà transitiva”), unaidentità delle due aree, atteso che le dettespecializzazioni possono evidentementetrovare differenti modalità applicative edattuative nell’ambito delle due aree in que-stione, in correlazione con le diverse atti-vità professionali che le caratterizzano.

Il Consiglio di Stato,

sia in questa senten-

za, che in questo

parere, conferma

invece la vigenza

della distinzione, e

delimita

l’equipollenza ai soli

fini della spendibilità

di ambo i titoli per

gli inquadramenti di

quei precari in ambo

le discipline del SSN.

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la Professione di Psicologo 2/04

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Sono grato al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psi-cologi che ha deciso di ospitare nel proprio giornale, erendere così noto a tutti gli iscritti, il documento elabora-to dal gruppo di lavoro costituitosi nell’ambito del Pro-gramma “Leonardo” della Comunità Europea per l’isti-tuzione di un Diploma Europeo di Psicologia. Il gruppodi lavoro, in composizione parzialmente diversa, avevagià elaborato un documento sull’iter formativo degli psi-cologi europei, che è stato pubblicato sul numero 2/2002di “ La Professione di Psicologo”. Se l’ obiettivo del pri-mo gruppo di lavoro era di offrire un quadro di riferi-mento comune per i percorsi formativi degli psicologieuropei che, pur rispettoso delle differenze storiche, cul-turali e normative dei diversi paesi, fornisse dei criteriminimi per una preparazione adeguata dei futuri psico-logi professionisti, il gruppo di lavoro attuale ha cercatodi offrire degli strumenti per favorire la mobilità e il mu-tuo riconoscimento degli psicologi nell’ambito dei paesieuropei, sviluppando altresì dei criteri, qualitativi equantitativi, per assicurare standard condivisi di qualitàper lo psicologo professionale che inizia la sua carrieralavorativa. Allo stato attuale, questo documento è unostrumento di consultazione, che, in qualità di membroitaliano del gruppo, ho inviato all’Ordine degli Psicologi,alla Consulta dei Presidi delle Facoltà dei Presidenti diCorso di Laurea in Psicologia, e all’Associazione Italianadi Psicologia per ottenere pareri e commenti che permet-tessero di migliorare il documento, di verificarne l’ade-guatezza rispetto al contesto italiano, di rilevare eventualilacune e temi non trattati. Sarò grato a tutti coloro chevorranno fornire ulteriori osservazioni e commenti diret-tamente a me ([email protected]) o alla Coordinatricedel gruppo professoressa Ingrid Lunt ([email protected]).Ricordo anche che la versione originale inglese del docu-mento è reperibile sul sito www.europsy.orgIl lavoro compiuto ha avuto come riferimento legislativola proposta di direttiva europea sul riconoscimento dellequalifiche professionali. L’iter è ancora in pieno svolgi-mento, avendo già superato un voto dell’assemblea e inattesa di della procedura di conciliazione con le posizionidel consiglio e della commissione. Dagli sviluppi di que-sta procedura dipenderà se questo documento sarà la baseper una semplice piattaforma oppure per una più ambi-ziosa direttiva settoriale o, come ora si dice, sezione della“direttiva unica”.Indipendentemente da queste implicazioni normative,ritengo che il documento costituisca di per sé uno spun-to per una riflessione e una discussione sulla professionedello psicologo in Europa in una situazione in cui è utilee produttivo ricercare ciò che, al di là delle pur importan-ti specificità e idiosincrasie proprie delle diverse realtà lo-cali, può essere utilmente condiviso fra gli psicologi cheoperano in paesi diversi.Le linee guida che hanno accompagnato il nostro lavoro

LA PROFESSIONE DI PSICOLOGO IN EUROPA:QUALE FUTURO ?

di Remo Jobsono stati da un lato la salvaguardia del cliente e dall’altrola valorizzazione della professione. Sul primo versante, siè ritenuto di riconfermare il quadro di riferimento delpercorso formativo delineato nel documento elaboratodal primo gruppo di lavoro (si veda www.EuroPsyT.org),di introdurre il meccanismo della riconferma dell’abilita-zione alla professione, e di prevedere sistematiche attivitàdi aggiornamento certificate. Sul versante dellavalorizzazione della professione si sono sottolineati ambi-ti di competenza in cui le molteplici applicazioni dellapsicologia possono essere delineate, si è reso determinan-te giudizio dello psicologo supervisore di tirocinio per l’en-trata nel mercato del lavoro, si è cercato di costruire unmodello di professione che incorporasse sia aspetti di input(che cosa devo imparare per essere uno psicologo compe-tente) sia aspetti di output (che competenze devo posse-dere per essere uno psicologo competente).Il diploma europeo di psicologia è una certificazione, ri-chiesta dai singoli individui e rilasciata – in presenza deirequisiti richiesti - da un organismo nazionale in collabo-razione con un organismo internazionale, che attesta ilraggiungimento di un livello di competenza adeguato al-l’entrata nel mondo del lavoro come psicologo. Il diplo-ma verrà riconosciuto in tutti i paesi europei nei quali leassociazioni e/o gli ordini responsabili della certificazioneprofessionale lo avranno formalmente accettato, e potrebbepertanto costituire un meccanismo di riconoscimentoautomatico del titolo di psicologo nei diversi paesi euro-pei. Tuttavia, è importante sottolineare che il DiplomaEuropeo non si sostituirà ai titoli professionali previstidalle normative nazionali; costituirà invece un titoloaggiuntivo che sottolinea il fatto che un professionista hasvolto un percorso formativo concordato a livello euro-peo. Ma oltre a questo obiettivo, che riguarderàpresumibilmente un numero limitato di persone, ve nesono altri ugualmente importanti. Il diploma si prestainfatti essere una procedura atta a promuovere l’introdu-zione di standard transnazionali nella formazione e nellapratica professionale; a favorire lo sviluppo delle “bestpractice”; a facilitare l’accesso di clienti a servizi psicologi-ci di alto livello in tutta Europa. Di questo, la professionepsicologica potrà trarre beneficio in termini di riconosci-mento a livello istituzionale e sociale.Poiché la discussione nell’ambito del progetto Leonardoè ancora aperta su molti dei temi considerati, e il docu-mento è ancora in fase di ulteriore elaborazione, sarebbemolto utile e produttivo se gli psicologi italiani esprimes-sero le loro osservazioni in una fase in cui tali osservazio-ni, anche critiche, potessero essere considerate prima dilicenziare la versione definitiva.

Prof. Remo JobProfessore ordinario Università di Padova

Referente italiano gruppo di progetto Europsy

Il diploma europeo: un quadro di riferimento comune per gli psicologi dell’Europa

Il gruppo di lavoro

attuale ha cercato di

offrire degli strumenti

per favorire la mobili-

tà e il mutuo ricono-

scimento degli psico-

logi nell’ambito dei

paesi europei, svilup-

pando altresì dei

criteri, qualitativi e

quantitativi, per

assicurare standard

condivisi di qualità

per lo psicologo

professionale che

inizia la sua carriera

lavorativa.

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la Professione di Psicologo 2/04

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

DIPLOMA EUROPEO IN PSICOLOGIABOZZA DI PIATTAFORMAREDATTA DAL GRUPPO

DI PROGETTO EUROPSY2

PREFAZIONEIl presente documento contiene una proposta perla determinazione di un sistema di standard perla formazione ed il training di psicologi profes-sionisti in Europa attraverso un Diploma Euro-peo che possa essere assegnato ad ogni psicologocon formazione accademica che soddisfa un cer-to set di standard concernenti istruzione, com-petenza e condotta etica.La proposta è stata sviluppata nel contesto di unprogetto finanziato dal Programma Leonardo daVinci dell’Unione Europea. Il progetto è statoportato avanti da un gruppo composto da psico-logi che rappresentano un certo numero di asso-ciazioni professionali e università. I membri delgruppo di lavoro e le organizzazioni rappresen-tate sono:

Professor Dave Bartram (BPS, UK)Professor Eva Bamberg

(Università di Hamburg, Germania)Cand psychol Birgitte Brauner

(DPF, Danimarca)Professor Jim Georgas

(Università di Atene, Grecia)Professor Arne Holte (NPF, Norvegia)*

Dr Stefan Jern (SPF, Svezia)Professor Remo Job

(Università di Padova, Italia)Professor Roger Lécuyer

(Università di Parigi, Francia)Nigel Lloyd (CamProf UK)coordinatore del progetto

Professor Ingrid Lunt(Institute of Education, Università di Londra,

UK) direttore del progettoDr Pirkko Nieminen (Psykonet, Finlandia)

Professor Jose Maria Peiro(Università di Valencia, Spagna)

Professor Csaba Pleh(Università di Budapest, Ungheria)

Professor Ype Poortinga(Università di Tilburg, Olanda)

Professor Robert Roe (NIP, Olanda)Tuomo Tikkanen (EFPA)

*Torleiv Odland (NPF, Norvegia) ha partecipa-to nelle prime fasi del progetto ed è stato in se-guito sostituito da Arne Holte.Si sta provvedendo a far circolare la presente pro-posta su larga scala con lo scopo di sollecitarecommenti e suggerimenti da parte di istituzioniaccademiche, professionali e amministrative. Le

risposte ricevute saranno integrate in una bozzafinale che sarà a disposizione della FederazioneEuropea delle Associazioni di Psicologi (EFPA).Tale federazione professionale ha espresso un vivointeresse nel definire un Diploma Europeo nelcontesto di una nuova Direttiva europea relativaal riconoscimento delle qualifiche professionali,una proposta al riguardo è stata sottoposta al Par-lamento Europeo e al Consiglio d’Europa nelMarzo 2003 (COM-2002-119).La prima fase del periodo di consultazione for-male si chiuderà il 31 Dicembre 2003 e le rispo-ste a questo documento dovrebbero essere indi-rizzate al nominativo, nella lista sopra riportata,relativo a colui che sta coordinando la consulta-zione nazionale a nome del progetto.

CONTENUTI

1. Preambolo2. Regolamenti

3. Diploma4. Registro

APPENDICI

I. DefinizioniII. Quadro di riferimento e standard mini-

mi per la formazione ed il training di psi-cologi

III. Competenze degli psicologiIV. Pratica supervisionataV. Schema di Sviluppo Continuo Professio-

naleVI. Storia del Diploma Europeo in Psicolo-

giaVII. Pubblicazioni

1. PREAMBOLOBackground

Ci sono stati considerevoli cambiamenti nel con-tenuto e nella pratica di erogazione di prestazio-ni psicologiche in Europa nell’arco degli ultimidecenni. Fin dai primi anni gli psicologi sonostati formati e hanno applicato la loro conoscen-za in quadri di riferimento definiti a livello na-zionale, caratterizzati da diverse tradizioniformative, forme di impiego, modalità dicoinvolgimento del governo, e lingue. Dal mo-mento che affonda le proprie radici nella filoso-

traduzione a cura di Barbara SummoCome si noterà anche

da alcuni riferimenti

temporali, questa

bozza risale all’otto-

bre 2003, per l’esat-

tezza è la versione

2.7, delle molte che

seguono sia la dina-

mica interna al

gruppo di lavoro, sia

le evoluzioni delle

normative nazionali,

sia soprattutto l’evo-

luzione della proposta

di Direttiva europea

sul riconoscimento

delle qualifiche

professionali, di cui

abbiamo ampiamente

riferito nel bollettino

precedente, e che

all’art. 15 prevede

che le Associazioni a

livello Europeo

presentino piattafor-

me illustranti i criteri

in base ai quali esse

accreditano le compe-

tenze professionali

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

fia e nella medicina e si sviluppa in condizionipolitiche ed economiche molto differenti, la for-mazione degli psicologi ha assunto forme diversein Paesi diversi, in alcuni casi con un’enfasi su untraining lungo ed uniforme, finanziato con de-naro pubblico e regolato dalla legge, in altri casicon un’enfasi su una differenziazione precoce ecompetizione con altre professioni basata sulmercato. Durante questo periodo c’è stato unsostanziale incremento della qualità dei serviziformativi e professionali, e una crescita nel livellodi regolamentazione legale degli psicologi attra-verso l’Europa.La crescente internazionalizzazione dell’economiain generale e l’implementazione di un comunemercato interno all’Unione Europea hanno sti-molato la mobilità dei professionisti così comel’erogazione di prestazioni al di là dei confini na-zionali. Importanti passi sono stati fatti anche ri-spetto alla mobilità della formazione, soprattut-to a livello accademico. Come conseguenza dellaDichiarazione di Bologna del 1999, attualmenteattraverso l’Europa si sta avviando una comples-siva revisione del sistema formativo universita-rio. L’attuale agenda della Commissione Euro-pea mira ad ulteriori progressi nella stessa dire-zione. Di conseguenza, la Commissione ha pro-posto una radicale revisione del sistema di rico-noscimento delle qualifiche professionali, che èattualmente sottoposto a revisione dal ParlamentoEuropeo e dal Consiglio Europeo, al fine di pro-muovere la libera circolazione dei professionistiattraverso l’Europa. Queste tendenze sono di in-dubbia rilevanza per gli psicologi e per i loro clien-ti. Gli psicologi, come altri liberi professionisti,dovrebbero avere l’opportunità di ottenere la for-mazione ed esercitare la professione ovunque nellaUE. I clienti, siano essi singoli cittadini o istitu-zioni, dovrebbero poter ottenere prestazioni dapsicologi competenti secondo i loro interessi ediritti in qualunque luogo all’interno della UE.Sebbene regolarità, trasparenza e flessibilità do-vrebbero essere indicati come obiettivi quandosarà possibile muoversi attraverso sistemi forma-tivi e professionali che trascendono i confini na-zionali, questi obiettivi non sono facilmente rag-giunti, considerando la diversità dei sistemi e dellepratiche che sono state sviluppate nel tempo.Quadri di riferimento comuni devono essere tro-vati per confrontare e stabilire l’equivalenza dellequalifiche professionali e formative, e standardcomuni devono essere fissati per garantire livellidi expertise e qualità professionale nella UE. Ciòpone di fronte ad una grande sfida dal momentoche richiede di modificare sistemi e pratiche esi-stenti, e di superare gli interessi costituiti in nomedi queste. È particolarmente urgente per le co-munità professionali evitare la difesa e l’eccessivaprotezione di interessi nazionali, e definire un co-mune punto di vista sul futuro della professione,incluso lo sviluppo, la formazione e il trainingdei propri membri.Nel campo della psicologia, negli ultimi decenni

si sono fatti diversi sforzi per stabilire un quadrodi riferimento e standard. Così, nel 1990 la Fe-derazione Europea delle Associazioni di Profes-sionisti Psicologi (EFPPA) adottò una serie diStandard Ottimali per la Professione di Psicolo-go (EFPPA 1990) nella quale sono stati posti re-quisiti per la formazione accademica e il trainingprofessionale per gli psicologi. La Rete Europeadegli Psicologi del Lavoro e delle Organizzazioni(ENOP), sulla base del finanziamentoCopernicus della Commissione Europea, elabo-rò un quadro di riferimento curriculare e standardminimi per la psicologia del lavoro e delle orga-nizzazioni (Roe et al., 1994; ENOP, 1988). Ungruppo di lavoro di Psicologi Europei ha seguitoun approccio simile quando definisce un quadrodi riferimento per la formazione e il training de-gli psicologi Europei nell’ambito del program-ma dell’UE Leonardo da Vinci (Lunt, 2000; Luntet al. 2001a, Lunt 2002). Il documento finale,dal titolo ‘EuroPsyT, Un quadro di riferimentoper la formazione e il training per Psicologi inEuropa’ è stato ampiamente discusso in tutta Eu-ropa e adottato dall’EFPA nel 2001. Questo qua-dro di riferimento costituisce la base per ulteriorisviluppi che ci si attende siano il risultato in unsistema di diploma a due-livelli, che compren-derà un Diploma Europeo di Base in Psicologiae un numero di Diplomi Europei Avanzati inPsicologia.

ObiettivoIl presente documento rappresenta un ulteriorepasso verso la promozione della mobilità deglipsicologi e l’accesso dei clienti a servizi psicologi-ci di alto livello in tutta Europa. La costruzionedi un quadro di riferimento formativo e distandard minimi accettati nel 2001 e la successi-va decisione del 2003 dell’EFPA relativa al siste-ma di diploma a due-livelli, pone come obietti-vo la creazione di una serie di Standard Europeio Punti di Riferimento per la Psicologia che ser-viranno come base per valutare la formazione ac-cademica e il training professionale degli psico-logi nei diversi paesi della UE. Il presente docu-mento focalizza l’attenzione sul Diploma Euro-peo di Base in Psicologia (EDP), e definisce al-cune regole riguardanti il modo in cui questosarà correlato, in futuro, all’EDP Avanzato. Men-tre un quadro di riferimento per l’EDP Avanza-to sarà elaborato in un documento diverso dalgruppo EuroPsy2, lo sviluppo degli stessi EPDAvanzati saranno lasciati all’EFPA.Durante la redazione della presente propostamolta attenzione è stata dedicata alla varietà deicontesti formativi, occupazionali e regolativi cheattualmente esistono in Europa. È stato notatoche i curricula formativi differiscono in lunghez-za così come nella presenza/assenza didifferenziazioni o specializzazioni. Al fine di tro-vare un sistema che possa essere condivisocostruttivamente con queste diverse modalitàformative e di training, c’è una differenziazione

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

nei Regolamenti tra pratica dipendente e indi-pendente, una distinzione tra il numero dei con-testi professionali in cui gli psicologi lavorano, euna distinzione tra entrata nella professione esuccessiva specializzazione. Lo scopo del DEPdi Base è quello di definire uno standard o unpunto di riferimento rispetto alla pratica dipen-dente e/o indipendente, in uno o più contestiprofessionali, al punto di entrata nella profes-sione. Questo standard o punto di riferimentodefinisce requisiti minimi, che singoli psicologiprobabilmente superano. Il DEP di Base nonrappresenta una licenza e non intende sostituirele regolamentazioni nazionali. Al livello in cuigli standard o punti di riferimento compresi nelDEP di Base sono sentiti come significativi nel-le diverse nazioni, è auspicabile siano presi inconsiderazione nei futuri cambiamenti delleregolamentazioni.Lo scopo del DEP consiste nello specificare i re-quisiti per una pratica indipendente in un parti-colare setting al punto che chiaramente si collocaoltre l’entrata nella professione. Il DEP Avanzatopotrebbe essere utilizzato, in alcuni Paesi, per pre-servare l’esclusività dell’attività professionale percoloro che la possiedono. Ciò potrebbe implicareche lo sviluppo dei DEP Avanzati potrebbero, infuturo, portare a restrizioni nei setting, livelli e com-piti per i quali coloro che sono in possesso del DEPdi Base possono essere considerati competenti peruna pratica indipendente.

Principi GuidaUn numero di principi guida è alla base di questaproposta per una serie di Diplomi Europei in Psi-cologia (DEP) in cui è incluso lo standard euro-peo. Questi principi mirano a:1) promuovere la disponibilità di adeguati ser-

vizi psicologici in Europa. Ogni cittadino e ogniistituzione dovrebbe poter ottenere prestazio-ni psicologiche da personale qualificato e com-petente, e il sistema dovrebbe essere di suppor-to per raggiungere questo obiettivo.

2) tutelare consumatori e cittadini in Europa at-traverso l’assicurazione di qualità e protegge-re il pubblico da provider di servizi non qua-lificati.

3) promuovere la mobilità degli psicologi per-mettendo loro di praticare ovunque in Euro-pa, purché abbiano i titoli adatti.

4) assicurare che il DEP sia concesso sulla basedi: a) dimostrato compimento di uncurriculum accademico in psicologia di por-tata sufficiente; b) dimostrata competenza nel-l’adempimento di ruoli professionali durantela pratica supervisionata; c) approvazione distandard etici europei (così come nazionali)perpsicologi.

5) assicurare che il sistema DEP è leale ed evitadi favorire o meno psicologi sulla base di dif-

ferenze nazionali nel background formativoo professionale, e che riconosce una presta-zione di alta qualità come principio prevalen-te. Ciò implica che il DEP non dovrebbe pro-porre quesiti specifici che riguardano la strut-tura o il formato della formazione accademi-ca, o la natura e l’organizzazione del of tiroci-nio per la pratica professionale.

6) garantire la qualifica per l’esercizio della pro-fessione di psicologo al livello di entrata allaprofessione così come dopo.

7) appoggiare l’impegno a mantenere attivamen-te la competenza. Per questa ragione il Di-ploma è assegnato per un periodo di tempolimitato, e dovrebbe essere rinnovato, ancoraper un periodo limitato di tempo, sulla basedella dimostrazione della pratica professiona-le continua e dello sviluppo professionale.

8) rispettare piuttosto che sostituire i regolamentiper psicologi già presenti a livello locale.

2. REGOLAMENTIRIGUARDANTI IL DIPLOMAEUROPEO IN PSICOLOGIA

Il Diploma Europeo in Psicologia intende forni-re uno standard di formazione accademica e trai-ning professionale per dare informazioni a clien-ti, datori di lavoro e colleghi che uno psicologopuò considerarsi aver acquisito le necessarie com-petenze per fornire prestazioni psicologiche. IlDiploma ha lo scopo di proporre uno standardcomune di competenza in tutti i Paesi dove que-sto è fissato. Viene promossa la libertà di muo-versi degli psicologi attraverso i Paesi dell’UnioneEuropea.Il Diploma può essere assegnato a singoli psico-logi che incontrano le condizioni specificate inquesti Regolamenti.Ad una persona in possesso del Diploma ci si ri-ferirà come ad un “Diplomato Europeo in Psico-logia”.

Sezione A. Il Diploma Europeoin Psicologia

Articolo 1 Il Diploma Europeo in Psicologia(EDP)1 fornisce un set di standarddi formazione e training degli psi-cologi professionisti come descrittinell’Appendice II e III.

Articolo 2 Ad un singolo psicologo può esse-re assegnato il Diploma Europeose lui/lei

a) ha completato con successo un curriculumaccademico accreditato a livello nazionale nel-l’università o in una istituzione equivalenteche per legge o prassi conduce ad un titolonazionale o qualifica di “psicologo”, purché ilcurriculum abbia una durata equivalente al-meno a cinque anni di studio a tempo pieno

1 Diploma Europeo di Psicologia (DEP) da qui in poi si riferisce al Diploma Europeo di Base (DEP di Base) inPsicologia, come descritto nel Preambolo

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come descritto nell’Appendice II,b) è in grado di produrre prova della pratica

supervisionata (vedi Appendice I e Appendi-ce IV) come psicologo-professionista-in trai-ning (vedi Appendice I e Appendice IV) perla durata non inferiore ad un anno a tempopieno (o suo equivalente), e dell’esecuzionesoddisfacente di questo lavoro come valutatodai suoi supervisori (vedi Appendice I e Ap-pendice IV), e

c) presenta un impegno per iscritto alla Com-missione Nazionale* per il rilascio del titoloche accetta i principi di condotta professio-nale dichiarati nel MetaCodice di Etica Pro-fessionale dell’EFPA e che porterà avanti leattività professionali secondo il codice eticodell’associazione nazionale di psicologia nelPaese in cui esercita.

Articolo 3 Il Diploma Europeo in Psicologiaè valido per un periodo di 7 anni.

Articolo 4 Ai fini della rivalidazione, il Di-ploma può essere riassegnato allopsicologo che dimostra di soddi-sfare i seguenti requisiti:

a) Ha ricevuto o ri-validato il Diploma non piùdi 6 anni prima la data di istanza.

b) È in grado di dar prova del mantenimento del-la competenza professionale sottoforma di unnumero minimo di ore di pratica come psico-logo e di formazione continua e sviluppo pro-fessionale come indicato nell’Appendice V.

c) Ha presentato un impegno scritto alla Com-missione Nazionale per il rilascio del titolo incui sottoscrive i principi di condotta profes-sionale dichiarati nel MetaCodice dell’EticaProfessionale dell’EFPA e che condurrà l’atti-vità professionale nel rispetto del Codice Eti-co dell’associazione nazionale di psicologia nelPaese in cui esercita.

Articolo 5 Il Diploma sarà simile nel signifi-cato e nell’aspetto al modello pre-sentato in questo documento.

Articolo 6 La Nota del Diploma conterrà in-formazioni sulla formazione uni-versitaria, la pratica supervisionata,incluse le competenze professiona-li, ruoli e contesti nell’ambito deiquali il Diplomato Europeo ha la-vorato per avere i requisiti, e l’espe-rienza lavorativa del richiedente.

Articolo 7 Le informazioni nell’Articolo 6 sa-ranno incluse nel Registro Euro-peo (vedi pag. 27 di questo docu-mento).

Articolo 8 Si ritiene il Diplomato competenteper l’esercizio indipendente dellaprofessione di psicologo, nell’am-bito di uno o due contesti profes-sionali citati nella Nota, a menoche non ci siano restrizioni nei re-golamenti nazionali o nei Diplo-mi avanzati nel Paese preso in con-

siderazione. Ciò si applica in tuttii Paesi della UE, e in ogni altropaese che ha accettato il Diplomae questi Regolamenti.

Articolo 9 Si ritiene il Diplomato compe-tente per la pratica supervisionatae/o dipendente come psicologonell’ambito di ogni contesto pro-fessionale, in tutti i paesi dellaUE, e in ogni altro paese che haaccettato il Diploma e questi Re-golamenti.

Articolo 10 Il Diploma in Psicologia perde lasua validità (I) dopo la data dellasua scadenza; (II) su richiesta delpossessore a meno che il possesso-re non sia sotto inchiesta per in-frazione del Codice Etico nazio-nale o ha perduto la licenza nazio-nale, se applicabile; (III) nel casoin cui uno psicologo sia giudicatoaver commesso una violazione delcodice etico professionale e se unasentenza o provvedimento è statoimposto, da un tribunale o da unacommissione nazionale sull’eticaprofessionale, resta inteso che il ri-tiro è sospeso durante ogni perio-do in cui sia in corso un appellocontro tale provvedimento o sen-tenza. La perdita di validità delDiploma porta ad una immedia-ta cancellazione dello psicologo dalRegistro.

Sezione B.Agenzie per il rilascio del titolo

Articolo 11 La responsabilità dell’implemen-tazione di questi Regolamenti inun paese è riposta in una Com-missione Nazionale per il rilasciodel titolo supervisionata da unaCommissione Europea prepostaalla supervisione delle pratiche.

Articolo 12 La Commissione Europea** è co-stituita da un Chairperson e quat-tro altri Membri, due uomini edue donne. Questi sono eletti dalConsiglio Esecutivo dell’EFPA erestano in carica quattro anni,rinnovabili una sola volta. I cin-que membri dovranno provenireda cinque diversi paesi apparte-nenti all’UE e rappresentare i prin-cipali contesti professionali dellapsicologia e avere un equilibrio fracoloro che lavorano come profes-sionisti e coloro che lavorano nel-le università e sono implicati nellaformazione di psicologi.

Articolo 13 I compiti della Commissione Eu-ropea sono i seguenti:

* per CommissioneNazionale si intende laCommissione Nazionale

preposta al rilascio del titolo

** per CommissioneEuropea si intende laCommissione Europea

preposta alla supervisionedelle pratiche

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

a) fornire indicazioni alle Commissioni Nazio-nali;

b) coordinare il lavoro delle Commissioni Na-zionali;

c) supervisionare la corretta implementazione diquesti Regolamenti da parte di ogni Com-missione Nazionale;

d) prendere provvedimenti circa la sospensionedi una Commissione Nazionale nel caso in cuisia provata la cattiva amministrazione o l’uti-lizzo errato di questi Regolamenti;

e) ricorrere in appello contro le decisioni delleCommissioni Nazionali;

f ) preparare un report ogni due anni per il Con-siglio Esecutivo e l’Assemblea Generaledell’EFPA;

g) collaborare con le associazioni nazionali perrimediare le ragioni di una sospensione dellaCommissione Nazionale;

h) determinare la tassa per l’amministrazione acarico delle associazioni nazionali;

i) tenere e mantenere il registro Europeo.Articolo 14 In ogni Paese dove viene assegna-

to il Diploma è istituita una Com-missione Nazionale eletta dall’as-sociazione nazionale sulla base deipresenti Regolamenti e a seguitodi consultazione con la Commis-sione Europea.

Articolo 15 La Commissione Nazionale ècomposta da un Chairperson eQuattro altri membri, due uomi-ni e due donne. Essi sono elettidall’Associazione Nazionale di Psi-cologi (Appendice I) e restano incarica fino per quattro anni,rinnovabili una sola volta. I cin-que membri rappresenteranno iprincipali contesti professionalidella psicologia in quel paese e sa-ranno in equilibrio fra coloro chelavorano come professionisti e co-loro che lavorano nelle universitàe sono implicate nella formazionedegli psicologi.

Articolo 16 Fra i compiti della CommissioneNazionale sono inclusi i seguenti:

a) assicurare che le disposizioni nazionali perl’accreditamento dei curricula accademici in-contrino i requisiti come fissati nelle appen-dici dei presenti Regolamenti, e preparare epubblicare una lista dei curricula accreditati;

b) avere una visione d’insieme dei curricula ac-cademici accreditati a livello nazionale esupportare e sostenere standard elevate, comeappropriati;

c) informare le istituzioni di condizioni di mag-giore apprendimento per l’accreditamento;

d) accreditare corsi per l’educazione continua elo sviluppo professionale;

e) stabilire la modalità con cui un candidato deveprodurre prova di competenze professionali;

f ) fissare linee guida per la valutazione delle com-petenze da parte dei supervisori;

g) preparare un modulo sull’etica professionaleche deve essere firmato dai candidati;

h) determinare la tassa per I costi amministrati-vi che deve essere corrisposta dai candidati;

i) sottoporre tutti i regolamenti nazionali all’ap-provazione della Commissione Nazionale;

j) decidere su ogni singola richiesta di Diplo-ma, informando il candidato sia delle ragioniper le quali la richiesta è stata respinta sia perle ragioni per le quali è stata accettata;

k) tenere un registro pubblico di psicologi ai qua-li è stato assegnato il Diploma;

l) preparare annualmente un report delle atti-vità della Commissione Europea;

m) gestire il mantenimento delle annotazioni nelRegistro.

Articolo 17 Un Commissione Nazionale chesecondo la Commissione Europeanon lavora secondo i presenti Re-golamenti dovrebbe essere sospesadalla Commissione Nazionale, fin-ché le negligenza nell’osservare i Re-golamenti non sia stata rimediata.Nessun Diploma Europeo può es-sere concesso da una Commissio-ne Nazionale nel periodo in cuiquesta è sospesa.

Sezione C. La proceduraper ottenere il diploma

Articolo 18 Per ottenere il Diploma Europe oilcandidate deve fare richiesta allaCommissione nazionale nel Paesein cui esercita. Qualora il paese incui esercita non è lo stesso in cuiha ottenuto la prima qualifica dipsicologo, la prova della qualificaoriginale deve essere verificata inquel paese.

Articolo 19 La richiesta deve essere prodottasu modulo simile nel contenuto enella forma al modello incluso inquesto documento (pagina 26). Larichiesta deve fornire informazio-ni su: formazione universitaria,pratica supervisionata, specifican-do le competenze professionali e icontesti in cui ha lavorato sottosupervisione per avere la qualificadi pratica indipendente. Il richie-dente deve produrre rapporti ap-provati dai suoi supervisori. Il ri-chiedente deve firmare un pledgeche condurrà attività professiona-li secondo il codice etico dell’as-sociazione nazionale di psicologianel paese in cui esercita.

Articolo 20 La Commissione Nazionale stabi-lirà se il candidato soddisfa i crite-

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ri così come citati nell’articolo 2.esaminerà le competenze profes-sionali e i contesti professionali neiquali il richiedente ha lavoratosupervisionato e/o indipendente-mente e deciderà in quali contestiprofessionali il candidato si è qua-lificato per la pratica indipenden-te.

Articolo 21 La richiesta sarà esaminata solodopo che il candidate avrà versatola tassa citata all’art. 16.

Articolo 22 La Commissione Nazionale dovràesaminare le prove esibite e decide-re se sono necessarie maggiori in-formazioni da parte del candidatoo meno. Il richiedente sarà informa-to se la Commissione Nazionalenecessita di ulteriori informazionientro 13 settimane dal ricevimentodella richiesta originale e della tassa.

Articolo 23 Laddove vengano richieste infor-mazioni aggiuntive, il richiedentedovrà essere informato della deci-sione della Commissione Nazio-nale entro 13 settimane dal rice-vimento di tali ulteriori informa-zioni.

Articolo 24 Laddove non vengano richieste ul-teriori informazioni, il richieden-te dovrà essere informato della de-cisione della Commissione Nazio-nale di assegnare o meno il Diplo-ma entro 13 settimane dal ricevi-mento della richiesta originale edella tassa.

Articolo 25 Una volta assegnato il Diploma,l’informazione contenuta nellaNota del Diploma sarà inclusa nelRegistro.

Sezione D. Procedure di AppelloArticolo 26 Un richiedente la cui richiesta di

Diploma Europeo sia stata riget-tata dalla Commissione Naziona-le può ricorrere in appello controla decisione con l’Associazione Na-zionale di Psicologia del Paese diriferimento, fornendo le ragioniper il ricorso.

Articolo 27 Questa Associazione Nazionale diPsicologia nominerà un comitatoconsultivo indipendente per esa-minare il ricorso. Tale comitato de-ciderà in merito all’appello e for-nirà un giudizio scritto entro 60giorni. Questo giudizio sarà co-municato al candidato e alla Com-missione Nazionale. Il comitatoconsultivo indipendente può chie-dere consiglio alla CommissioneEuropea.

Articolo 28 Laddove il ricorso di un richieden-te sia rigettato, il candidato puòappellarsi alla Commissione Euro-pea (cfr Articolo 13e). Tale appellosarà preso in considerazione sola-mente quando saranno state pro-dotte prove che la CommissioneNazionale e i ricorsi nazionali han-no fallito nell’applicare i regola-menti per la concessione del diplo-ma in modo coerente con le mo-dalità di applicazione degli stessiin altri paesi.

Articolo 29 L’associazione nazionale in un pa-ese in cui la Commissione Nazio-nale sia stata sospesa può ricorrerein appello contro tale provvedi-mento presso il Consiglio Esecuti-vo dell’EFPA. Il Consiglio Esecu-tivo dell’EFPA chiederà consiglioad un comitato consultivo europeoeletto per l’occasione e con il Presi-dente EFPA come convenor.

Sezione E. MiscellaneaArticolo 30 I regolamenti e le appendici sul

Diploma europeo sono stabilite epossono essere cambiate dall’As-semblea Generale dell’EFPA, conuna maggioranza di 2/3 dei votidei presenti.

Articolo 31 Disposizioni transitorie sarannoapplicate per quattro anni dall’ac-cettazione dei Regolamenti da par-te del Consiglio Esecutivodell’EFPA. I candidati, che primadi questa data siano stati autorizzatiad esercitare in modo indipendentecome psicologi da un ente naziona-le autorizzante riconosciuto dallaCommissione Europea, possono so-stituire l’elenco della loro praticasupervisionata come psicologi, conun documentazione dell’esperienzalavorativa successiva al momentodell’autorizzazione ad esercitare inmodo indipendente come psicolo-gi. In questi casi è richiesta per l’as-segnazione del Diploma la dimo-strazione dell’equivalente di alme-no di cinque anni, entro gli ultimidieci, di esercizio indipendente del-la professione di psicologo nell’am-bito di uno stesso contesto, e dimo-strazione dell’attuale competenza esviluppo continuo professionale(vedi Appendice V).

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3. DIPLOMA

Modello di Diploma Europeo

Diploma Europeo in PsicologiaSi certifica che al

[Titolo accademico] MMMMData di nascitaavendo dimostrato la conoscenza scientifica e le competenze professionali richieste, ed avendo accet-tato di rispettare i principi di condotta professionale dichiarati nel Meta-Codice della FederazioneEuropea delle Associazioni di Psicologi (EFPA) ed essendosi impegnato ad agire nel rispetto delcodice etico nazionale del paese in cui esercitaè stato rilasciato il titolo di

Diplomato Europeo in Psicologia

e con il presente è considerato qualificato ad esercitare in modo indipendente come psicologo inqualunque paese della UE e in qualunque altro paese che abbia accettato il Diploma e i suoi regola-menti, soggetto ai regolamenti nazionali esistenti, nei contesti professionali specificati sul retro.Noi, sottoscritti, riteniamo che la documentazione presentata è coerente con quanto stabilito neiRegolamenti concernenti l’Assegnazione del Diploma Europeo in Psicologia, approvato dall’EFPA ilxx xx, 20xx.

Il presente Diploma è valido fino al xx xx, 2xxx

Presidente della Commissione Nazionale Membri della Commissione NazionaleAwarding Awardingper il Diploma Europeo in Psicologia per il Diploma Europeo in Psicologiadel paese xxx del paese xxx

Modello della Nota del Diploma Europeo

Nota del DiplomaIl presente Diploma è stato attribuito a

MMMMM

Indirizzo

Tel e fax

Email

Il Diploma è stato assegnato sulla base della dimostrazione concernente le seguenti qualifiche:1. Formazione universitaria in psicologia.

Elencare ogni titolo di studio universitario relativo con data, titolo di laurea e nome e paesedell’università dove è stato ottenuto.

2. Attività supervisionata/eSi prega di elencare prove per l’equivalente di un minimo di un anno di attività supervisionata atempo pieno, incluso il/i periodo/i di tempo, il/i nome/i del/dei supervisore/i, il/i contesto/iprofessionale/i, e il/i ruolo/i secondo l’Appendice IV. Elencare solo i contesti che costituisconol’attività supervisionata formalmente riconosciuta.

3. Esperienza professionale come psicologo che esercita in modo indipendente(Valida solamente per i richiedenti che prima del xx.xx.20xx sono stati autorizzati alla praticaindipendente come psicologi da un ente nazionale riconosciuto dalla Commissione EuropeaAwarding e non utilizzare la categoria 2, sopra). Elencare storia lavorativa, contesto/I professiona-le/i e ruolo/i. Elencare solamente l’esercizio della professione indipendente come psicologo equi-valente ad almeno 3 mesi a tempo pieno.

4. Contesto professionale in cui è richiesta competenza (elencare uno o due dei seguenti: educazio-ne, salute, lavoro e organizzazione, altro)

Data, luogo Firme

Questa pagina è il

risultato di lunghe

diatribe ed un faticoso

compromesso fra le

Associazioni conti-

nentali e la British

Psychological Society

(non del tutto isolata

nella sua richiesta)

che non ritiene affatto

possibile per uno

psicologo essere

competente a tutto

campo. Il compromes-

so sta nel Diploma

generico, da un lato, e

nell’indicazione

aggiuntiva della

competenza coprente

un terzo, o al massi-

mo due terzi, del

campo psicologico

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

Contesti Professionali Educazione Salute e clinica Lavoro e organizzazione AltroCompetenzeA. definizione obiettivoB. valutazione(assessment)C. sviluppoD. interventoE. verificaF. comunicazioniCompetenze acquisite

SCHEDA DI RICHIESTA

NomeIndirizzoTel e FaxEmail

1. Formazione Universitaria in Psicologia(si prega di elencare titolo(i), date in cui glistudi universitari sono iniziati e sono termi-nate, il campo peril quale è stato assegnato iltitolo)

2. Attività supervisionata(si prega di fornire dettagli dell’attivitàsupervisionata, le date e il/i contesto/i profes-sionale/i in cui è stato ottenuto, e il contestoprofessionale in cui si intende richiedere lacompetenza ad esercitare come psicologo in-dipendente; si prega di fornire prove per unequivalente di un minimo di un anno, inclu-so il/i periodo/i, nome/i del supervisore/i, tipidi attività, contesto/i e ruolo/i. Elencare sola-mente i contesti formalmente riconosciuticome attività supervisionata)3. Pratica Professionale

(per quegli psicologi qualificati e praticanti pri-ma del ****. Si prega di fornire dettagli del-l’esercizio professionale portato avanti negli ul-timi 10 anni. Dar prova solamente dell’eser-cizio indipendente della professione di psico-logo equivalente ad almeno tre mesi a tempopieno)

4. REGISTRO1) Le informazioni citate nella Nota del Di-

ploma Europeo saranno annotate nel Re-gistro Europeo, che sarà un archivioconsultabile online disponibile su internet(www.europsy.org/register).

2) Le annotazioni del Registro Europeo perun paese saranno aggiornate dalla Com-missione Nazionale Esami ogni qual vol-ta un Diploma Europeo è assegnato, ri-assegnato, ritirato, o scaduto. Diversa-

mente l’informazione nel Registro non èsoggetta a modifiche, a meno non si di-mostri esser falsa.

APPENDICE I. DEFINIZIONIIn questi Regolamenti sono utilizzate le seguen-ti definizioni dei termini:Il Diploma Europeo in Psicologia consiste in uninsieme di standard o un punto di riferimentoin psicologia che definisce un livello di qualità estandard condivisi dai paesi membri dell’EFPA.Un Diplomato Europeo in Psicologia abbrevia-to in Diplomato Europeo, si riferisce a colui chepossiede il Diploma Europeo sopra citato.Uno psicologo è una persona che ha completatocon successo un curriculum accademico in psi-cologia presso una università o un istituto equi-valente e ha soddisfatto altre condizioni che perlegge o prassi portano al titolo nazionale o allaqualifica di “psicologo”, purché il curriculumabbia una durata equivalente ad almeno cinqueanni di studio a tempo pieno.La Nota del Diploma Europeo di Psicologia, daqui in poi chiamata la Nota, è una appendice alDiploma che specifica le evidenze, al momentodell’assegnazione, riguardanti il trainingformativo e le competenze professionali di co-lui che possiede il Diploma Europeo specificatoall’art. 2 (vedi Appendice II e III).Il Registro Europeo degli Psicologi, da qui in poichiamato il Registro, è un registro che contieneuna annotazione per ogni Diplomato Europeoin Psicologia contenente le informazioni speci-ficate all’art. 2.Ruoli Professionali si riferisce a sei categorie diattività professionali che costituiscono le presta-zioni psicologiche erogati nell’ambito di un con-testo professionale, come citato nell’AppendiceII, p.e. definizione dell’obiettivo, valutazione,sviluppo, intervento, verifica e comunicazione(assessment, development, intervention,evaluation and communication).Contesto Professionale si riferisce ad una parti-colare categoria di setting lavorativi nei quali leprestazioni psicologiche sono rese vis-à-vis aduna particolare categoria di clienti. I contestiprofessionali devono essere intesi in un sensoampio, e per l’attuale Diploma definiti come unodei seguenti: educazione, salute, lavoro e orga-

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nizzazione, altro.Conoscenza Scientifica si riferisce alla conoscen-za accumulate nell’ambito della letteratura scien-tifica della disciplina di psicologia e condivisadalla comunità dei ricercatori e docenti di psi-cologia.Competenza Professionale si riferisce alla capa-cità di adempiere adeguatamente un ruolo pro-fessionale come definito nell’Appendice III.Esercizio Indipendente come psicologo si riferi-sce all’adempimento di ruoli professionali vis-à-vis con i clienti senza la necessità di unasupervisione diretta da parte di altri psicologi.Esercizio Dipendente come psicologo si riferi-sce all’adempimento di ruoli professionali vis-à-vis con i clienti sotto la responsabilità e l’au-torità di un altro psicologo che è qualificato perl’esercizio indipendente in un particolare con-testo professionale (Articolo 9).Esercizio Supervisionato si riferisce all’adempi-mento di ruoli professionali vis-à-vis con i clientida parte di uno psicologo professionista-in-trai-ning con la supervisione diretta da parte di unopsicologo qualificato come specificato nell’Ap-pendice IV, sia come parte del curriculum uni-versitario sia fuori dall’università.Uno psicologo Professionista-in-Training è unapersona che, sotto la responsabilità di unsupervisore qualificato come descritto nell’Ap-pendice IV, è in fase di completamento della pro-pria pratica supervisionata.Un supervisore è uno psicologo che, nell’arcodegli ultimi tre anni, ha almeno due anni di espe-rienza di lavoro a tempo pieno come praticanteindipendente nall’ambito di un contesto pro-fessionale, e che è responsabile dell’acquisizionee dalla valutazione della competenza professio-nale di un professionista-in-training in quel con-testo professionale.L’Associazione Nazionale di Psicologi in un pa-ese è l’associazione o federazione di associazionimembro della Federazione Europea delle Asso-ciazioni di Psicologi (EFPA).Il paese di residenza è il paese in cui lo psicologoo Diplomato Europeo è registrato come residen-te.Un paese della pratica è un paese in cui lo psico-logo o il Diplomato Europeo sta esercitando laprofessione.

APPENDICE II.QUADRO DI RIFERIMENTO

E STANDARD MINIMIPER LA FORMAZIONE E IL

TRAINING DEGLI PSICOLOGIQuesta appendice indica i requisiti formativi perottenere il Diploma Europeo in Psicologia, e sibasa sostanzialmente sul report: EuroPsyT Unquadro di riferimento per la formazione e il trai-ning di psicologi in Europa, che è stato ampia-

mente accettato e approvato dall’Assemblea Ge-nerale dell’EFPA nel 2001. Solo coloro che pos-sono provare di aver conseguito un curriculumche soddisfa i seguenti requisiti e che hanno com-pletato una pratica supervisionata per l’equiva-lente di un anno, per un totale di almeno 6 anni,possono qualificarsi per il diploma.I requisiti sono stati formulati in riferimento adun curriculum tipo che si distingue in tre fasi:1a fase Bachelor o equivalente2a fase Master o equivalente3a fase Pratica supervisionataSi assume che la 1a e la 2a fase sono parte delcurriculum accademico in psicologia, mentre la3a può essere inclusa nel curriculum universita-rio o meno. Si assume inoltre che ci saranno unaserie di accordi stipulati dalle università per sod-disfare questi requisiti e che una struttura di fasidifferenti non è essenziale. Ad esempio, un cer-to numero di università hanno sviluppato ap-procci problem-Based Learning (PBL) alla for-mazione e al training di psicologi, in cui blocchiintegrati di cicli teoria-metodo-applicazionesono organizzati dall’inizio del programma. Ilmodello assume che gli studenti che si laureanocon questi programmi abbiano raggiunto un li-vello equivalente di conoscenza, capacità e com-petenza, e gli approcci innovativi sono un aspettogradito della formazione professionale. La pre-sente proposta rimane neutra rispetto all’orga-nizzazione e alla sequenza del programma di for-mazione.L’appendice fornisce una descrizione del conte-nuto che deve essere incluso nelle due fasi, e irequisiti minimi per la formazione. La terza faseè descritta nell’Appendice IV di questo docu-mento.

DESCRIZIONEDEL CONTENUTODEL CURRICULUM

La prima faseLa prima fase è tipicamente dedicata all’orien-tamento degli studenti nelle diversesottospecializzazioni in psicologia, ma può an-che essere aperto a discipline correlate. Offre unaformazione di base in tutte le specializzazioni inpsicologia, e le maggiori teorie e tecniche dellapsicologia. Dà una introduzione di base alle abi-lità degli psicologi, e i fondamenti della ricercain psicologia. Non conduce ad alcuna qualificaprofessionale e non fornisce la necessaria com-petenza per la pratica indipendente in psicolo-gia.

La seconda faseIl programma della seconda fase prepara lo stu-dente alla pratica professionale indipendentecome psicologo. Questa parte del curriculumpuò non essere differenziata e preparare all’ulte-

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TABELLA 1. PRIMA FASE

Tipo di contenuto/ Individui Gruppi Sistemi/SocietàObiettiviOrientamento Metodi in psicologiaConoscenza Storia della psicologia

Specializzazioni e ambiti professionali in psicologiaTeorie esplicative Psicologia generaleConoscenza Neuro-psicologia

Psicologia cognitivaPsicologia differenzialePsicologia socialePsicologia dello sviluppoPsicologia della personalitàPsicologia del lavoroPsicologia clinica e della salutePsicologia dell’educazionePsicopatologia

Teorie delle tecniche Teoria dei dati e dei testConoscenza Teoria del questionario

Teoria della valutazioneTeorie esplicative Formazione abilità diagnosticheAbilità Formazione abilità di intervistaTeorie tecnologiche Formazione alla costruzione di test e questionariAbilità Formazione all’intervento nei gruppiMetodologia Introduzione ai metodi: il metodo sperimentaleConoscenza Metodi qualitativi e quantitativiMetodologia Pratica sperimentale,Abilità Pratica metodologica e statistica

Formazione per acquisizione dati, analisi qualitativaAbilità accademiche Raccolta informazioni/library bibliografia,Abilità Lettura /scrittura di articoli

EticaTeorie non-psicologiche EpistemologiaConoscenza Filosofia

SociologiaAntropologia

Le implicazioni di quanto sopra è che sia i siste-mi formativi nazionali con un curriculum nondifferenziato sia quelli con un curriculum diffe-renziato possono soddisfare questi requisiti,laddove il curriculum è unico la teoria e la prati-ca sono integrati (p.e. formazione professionaleintegrata, apprendimento basato su problemi)o separati. Deve essere sottolineato che si ritieneche un Master o livello equivalente dia la quali-fica di base necessaria per entrare nella praticadella psicologia ed è necessario sia seguita da una

pratica supervisionata prima che un individuoconsiderato competente come professionista in-dipendente. La pratica professionale specializza-ta in qualunque area della psicologia richiederàgeneralmente una formazione post-accademicain aree come p.e. psicologia della salute, psicolo-gia cinica, psicologia del lavoro e delle organiz-zazioni, psicologia del lavoro e della salute, psi-cologia dell’istruzione, psicologia dello sviluppoecc.

riore formazione di dottorato o all’impiegocome ‘praticante generico’ in psicologia o esse-re differenziato e preparare alla pratica in unaparticolare area professionale della psicologia,come la psicologia del lavoro e delle organizza-zioni, la psicologia dell’educazione o la psico-logia clinica. Nel primo caso lo studente ac-quisirà conoscenze ulteriori su argomenti giàtrattati durante la prima fase, come la teoriadell’architettura cognitiva, le specifiche teoriesulle emozioni, le teorie avanzate sulla perso-

nalità. Nel secondo caso lo studente acquisiràuna conoscenza specialistica su p.e. teorie sulleprestazioni lavorative, teorie sulla leadership, omodelli statistici di selezione del personale. Dalmomento che la conoscenza e le abilità acquisi-te si basano sulla disciplina psicologica, il tipodi contenuto del curriculum è accettabile nelquadro di riferimento della seconda fase. Comeparte della seconda fase lo studente deve di-mostrare la capacità di acquisire abilità nellaricerca.

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TABELLA 2. SECONDA FASETipo di contenuto/ Individuo Gruppo SocietàObiettiviOrientamentoConoscenzaTeorie esplicativeConoscenza

Teorie tecnologicheConoscenza

Teorie esplicativeAbilità

Teorie tecnologicheAbilità

MetodologiaConoscenza

MetodologiaAbilitàAbilità professionaliaccademiche e professionaliAbilitàTeorie non-psicologicheConoscenzaCompetenza di baseCompetenza di base

Orientamento sul contenuto della pratica e le possibilità di specializzazione

Corsi su teorie esplicative della psicologia generale e/o psicologia fisiologica e/o psicologiadello sviluppo, e/o psicologia della personalità, e/o psicologia sociale. P.e. teorie dell’appren-dimento, teoria dell’architettura cognitiva, teoria avanzata della personalità.Corsi su teorie esplicative di psicologia del lavoro e delle organizzazioni e/o psicologiadell’educazione e/o psicologia clinica e/o sottodiscipline psicologiche. P.e. teorie sulle pre-stazioni lavorative, teorie della cognizione situata, teorie sulla leadership, teorie sui disturbidi personalità.Corsi su teorie tecnologiche di psicologia generale e/o psicologia fisiologica e/o psicologiadello sviluppo, e/o psicologia della personalità, e/o psicologia sociale. P.e. teoria psicometrica,teoria di valutazione di EEG.Corsi su teorie tecnologiche di psicologia del lavoro e dell’organizzazione e/o psicologiadell’educazione e/o psicologia clinica e/o sottodiscipline psicologiche. P.e. teorie di analisidel lavoro, analisi dei bisogni di apprendimento, teorie di counselling e psicoterapia.Formazione ad abilità nell’applicare le teorie esplicative su menzionate nei setting diagnosticinell’ambito della ricerca/laboratorio. P.e. formazione alla misura di EMG, formazione invalutazione di personalità.Formazione ad abilità nell’applicare le su menzionate teorie esplicative nei setting diagnosticidi ricerca sul campo/applicata. P.e. formazione nell’analisi dell’errore, diagnosi dei disturbidell’apprendimento.Formazione ad abilità nell’applicare le su menzionate teorie tecnologiche nei setting diintervento nell’ambito della ricerca/laboratorio. P.e. formazione nella costruzione di test,disegno di un esperimento di apprendimento.Formazione ad abilità nell’applicazione di teorie tecnologiche sopra citate negli interventiin setting applicativi/sul campo. P.e. formazione nel disegno di sistemi di valutazione diprestazioni, disegno di un sistema di formazione, sviluppo di un piano terapeutico, psico-terapia.Disegno sperimentale avanzatoStatistica multivariata di base e avanzata:ANOVA Multivariata, Analisi della regressione multipla, Analisi fattoriale, Analisi di cluster,Analisi delle serie temporali, Metodi Qualitativi, ecc.Formazione ad attività nei su citati metodi e tecniche

Formazione ad abilità di resocontazione e scrittura di articoliFormazione ad attività nelle interviste professionali ecc.

Corsi teorici e pratici su argomenti di alter discipline, rilevanti per l’attività professionale.P.e. medicina, giurisprudenza, economiaRICERCATIROCINIO (“STAGE”)

Tirocinio (“stage”)Lo scopo del tirocinio (chiamato “stage” in alcunipaesi europei) è quello di fornire una formazioneintroduttiva nel campo professionale al fine di ren-dere gli studenti capaci di:• integrare conoscenze teoriche e pratiche• apprendere procedure correlate a conoscenze

psicologiche• iniziare ad esercitare sotto supervisione• essere capace di riflettere su e discutere attività

proprie e di altre persone• iniziare a lavorare in un setting con altri colle-

ghi professionistiTale formazione solitamente si svolge durante laseconda metà del curriculum accademico, ma po-trebbe iniziare prima e/o estendersi oltre il

curriculum. Nell’ultimo caso, dovrebbe esserci unaresponsabilità congiunta dell’università e/o dell’as-sociazione di psicologi nazionale e/o gli enti rile-vanti per l’accreditamento della formazione. Ladurata dovrebbe essere di almeno 6 mesi (o 30ECTS), a seconda della specifica area di interesse.Il tipo di pratica durante il tirocinio varia e puòincludere:• osservazione della situazione attuale in cui ven-

gono utilizzate procedure psicologiche• utilizzo di procedure di base sotto supervisione• prendere parte in progetti con un ruolo specifico• analisi e discussione di “casi”.Il luogo in cui generalmente si svolgerà il tirociniosarà un istituto o una azienda privata “certificata”che:

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• erogare prestazioni che siano congruenti con ilbackground formativo del tirocinante

• è in grado di garantire che la maggior partedella supervisione sarà erogata da psicologi pro-fessionisti

• è riconosciuto dalla Associazione Nazionale diPsicologia e/o una università accreditata.

La terza fase(un anno di pratica supervisionata)

La terza fase nella formazione di psicologi consistein una pratica supervisionata all’interno di una par-ticolare area di psicologia professionale. Può essereconsiderata come formazione sul campo professio-nale al fine di:• prepararsi per la pratica indipendente come psi-

cologo autorizzato (o equivalente),• sviluppare ruoli lavorativi come psicologo pro-

fessionista basato su una propria formazione epersonalità,

• consolidare l’integrazione di conoscenza teori-ca e pratica.

Questa formazione generalmente si svolge dopo ilcompletamento della seconda fase, e spesso si svol-ge dopo aver lasciato l’università. Comunque, puòanche essere parte della formazione universitariacome il terzo ciclo. La sua durata è di 12 mesi (60ECTS).Il tipo di pratica consta in un lavoro semi-indipen-dente come psicologo sotto supervisione in unsetting professionale collegiale. Questo tipo di for-mazione si ritiene essere essenziale per ottenere laqualifica professionale di psicologo. L’applicazionedella conoscenza e le abilità acquisite durante laprima e seconda fase in un setting professionale èun pre-requisito per lo sviluppo delle competenzedegli psicologi. I laureati che hanno completato laprima e la seconda fase senza un periodo di praticasupervisionata non possono essere considerati qua-lificati per esercitare in modo indipendente comepsicologi.La pratica supervisionata si svolgerà generalmentepresso istituzioni o aziende private “certificate” che:• erogare prestazioni congruenti con il

background formativo del tirocinante,• possono garantire che la maggior parte della

supervisione sarà erogata da uno psicologo pro-fessionista,

• sono accreditate dall’ente nazionale che regolal’ingresso nella professione.

REQUISITI MINIMII requisiti in questa sezione descrivono lo scopoe i contenuti minimi che un curriculum in psi-cologia deve contenere. Questi sono formulatiin termini di categorie di contenuto, come sottospecificato, e una grandezza minima in terminidi unità curriculari. L’unità adottata è l’unità-ECTS (ECTS= Sistema di trasferimento di Cre-diti Formativi). 1 ECTS si assume equivalere a25 ore di studio attivo (i.e. ‘study load’) da parte

dello studente.

Lunghezza totaledella formazione e del training

Il curriculum deve avere una durata di almeno 5anni (300 ECTS), suddivisi in 180 unità per la 1°fase e 120 unità per la 2° fase. La durata della terzafase (pratica supervisionata) deve essere di almeno1 anno (60 ECTS o suo equivalente). Ciò condu-ce ad una durata complessiva di 6 anni o 360 ECTS.

Composizione del curriculumIl curriculum accademico deve comprendere tuttele componenti curriculari descritti nelle Tabelle 1 e2. Comunque, potrebbero esserci differenze nel-l’importanza a campi di studio e/o tipi di obiettiviformativi. La Tabella 3 descrive i limiti all’internodei quali la composizione del curriculum può va-riare. Forniscono una definizione flessibile del ‘nu-cleo comune’ della psicologia europea in terminioperazionali.I requisiti dovrebbero essere intesi come segue:1. La maggior parte della prima fase dovrebbe es-

sere dedicata a corsi teorici e formazione ad abi-lità; comunque una qualche parte dovrebbeessere riservata alla metodologia e teoria non-psicologica (p.e. filosofia e sociologia) rilevanteper lo studio della psicologia. È stato suggeritoche la parte spesa su corsi teorici e formazionead abilità, più orientamento e abilità accade-miche dovrebbero esser comprese fra 125 e 135unità (su 2 anni). All’interno di corsi teorici eformazione di abilità la maggior parte dovreb-be essere dedicata al comportamento individua-le. Il comportamento delle persone in gruppoe la società dovrebbero avere una copertura mi-nima di 20 unità ognuno.

2. La metodologia dovrebbe avere una coperturadi almeno 30 unità; teoria non-psicologica tra15 e 25 unità. Presi insieme, questi componentidel curriculum dovrebbero valere da 45 a 55unità.

3. All’interno della 2a fase approssimativamente60 unità (1 anno) dovrebbero essere spesi incorsi teorici, seminari, lavoro individuale ecc.Per assicurare che attenzione sufficiente sia dataa individui nei contesti dei sistemi e/o nella so-cietà il numero di unità da dedicare a ciò do-vrebbe essere di almeno 30.

4. Almeno 30 unità dovrebbero essere dedicatead un tirocinio (“stage”) e ad un progetto diricerca o tesi. Queste due attività dovrebberocoprire almeno 60 unità (1 anno).

5. Almeno 60 unita (1 anno) dovrebbe essere im-piegato nella pratica supervisionata.

6. Un articolo o una dissertazione o tesi non èritenuta necessaria per la prima fase, dal mo-mento che non si ritiene che il grado di Bachelorconduca alla qualifica per la pratica indipen-dente. Comunque, una dissertazione è richie-sta per la seconda fase.

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TABELLA 3. REQUISITI MINIMI (IN ECTS)

Fase Componente Individuo Gruppo Società Totale1a Fase:(“Bachelor” o Il curriculum dovrebbe includereequivalente) Orientamento l’orientamento alla psicologia, le sue

sottodiscipline e aree di attività professionale Min 125Max 135

Corsi teorici eesercizi pratici Max 95 Min 20 Min 20Abilità Formazione ad abilità accademicheaccademiche dovrebbe essere inclusaMetodologia Min 30 Min 45

Max 55Teoria non-psicologica Min 15 – Max 25

Totale 1802a Fase: Corsi teorici,(Master o seminari, Min 30 Max 60equivalenti) assignments ecc.

Tirocinio Min 30 Min 60Progetto diricerca/tesi Min 30

Totale 1203a Fase Pratica

supervisionata Min 60 Total 60

APPENDIX III.COMPETENZE E DEFINIZIONE

DI COMPETENZA

Competenze degli psicologiLo scopo complessivo dell’esercizio della profes-sione di psicologo è di sviluppare e applicare i prin-cipi psicologici, conoscenze, modelli e metodi inmodo etico e scientifico al fine di promuovere losviluppo, il benessere e l’efficacia di individui, grup-pi, organizzazione e società.Questa appendice definisce le competenze piùimportanti che lo psicologo professionista dovreb-be sviluppare e dimostrare prima di essere abilita-to alla pratica indipendente. Tali competenze sonoriferite a parti del processo attraverso il quale glipsicologi rendono prestazioni ai loro clienti.Esistono due gruppi principali di competenze, p.e.quelle che si riferiscono al contenuto psicologicodel processo dell’esercizio professionale (chiamatecompetenze primarie) e quelle che consentono alprofessionista di fornire prestazioni efficaci (chia-mate competenze abilitanti). Le competenze pri-marie sono esclusive per la professione di psicolo-go rispetto al loro contenuto e conoscenza e abili-tà richieste per l’esercizio. Le competenze abili-tanti sono condivise da altre professioni e fornitoridi prestazioni. Sia le competenze primarie che quel-le abilitanti sono essenziali per rendere prestazio-ni in modo professionalmente accettabile.Le competenze forniscono una descrizione dei variruoli che gli psicologi svolgono. Questi ruoli sonosvolti in uno o più contesti professionali e in rela-zione a tipi diversi di cliente. Le competenze sono

basate sulla conoscenza, comprensione e abilità ap-plicate ed esercitate in modo etico. Il professionistacompetente non è solo in grado di dimostrare leabilità necessarie ma anche atteggiamenti appropriatiall’esercizio proprio della professione. Atteggiamentisono considerati di particolare importanza, dal mo-mento che definiscono la natura unica della profes-sione di psicologo. Mentre parte della conoscenza edelle abilità sono generali nella loro applicabilità, lamaggior parte di queste sono contesto-correlate.Così, non è possibile assumere che lo psicologo cheha dimostrato competenza professionale in un datocontesto e con un dato gruppo di clienti sia compe-tente in altri contesti o con altri gruppi di clientinello stesso modo.

Ogni possessore di DEP avrà un profilo che defini-sce i contesti entro i quali lo psicologo avrà dimo-strato competenza per la pratica indipendente nelmomento in cui il Diploma viene riconosciuto.Ci sarà una suddivisione in quattro ampi contestiprofessionali:

• Educazione• Salute• Lavoro e organizzazione• AltroPer raggiungere lo scopo di descrivere le qualifichealla pratica si ritiene sufficiente l’ampiacategorizzazione in contesti professionali. Per quel-le attività professionali che non possono essere clas-sificate in nessuna delle tre categorie, sarà utilizzatauna quarta categoria, definita come “Altro” e saràannotata una specificazione del particolare setting(p.es. forense, o sport).Le descrizioni di queste competenze sono intese

Le proposte degli

inglesi, dopo la

mediazione basilare

di cui abbiamo

accennato a lato della

pagina 26, hanno

trovato molto spazio

nella descrizione

delle competenze qui

a lato. Invece quello

che è stato sostanzial-

mente respinto è il

concetto stesso di

rivalidazione periodi-

ca obbligatoria, che

in Inghilterra è

inesorabile, ma in

Italia è solo vaga-

mente prefigurato

dalla nostra ECM,

comunque prescin-

dente dalla pratica

effettiva, che invece

in Inghilterra è

fondamentale. Il

professionista che

non dimostra di

continuare a lavorare

viene considerato

arrugginito, e cancel-

lato dalla Charter,

senza più neppure le

eccezioni che una

volta erano ammesse

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come generiche e applicabili alla maggior parte delletipologie di impiego degli psicologi professionisti.

Competenze primarieEsistono 20 competenze primarie che ogni psico-logo dovrebbe essere in grado di dimostrare, que-ste possono essere raggruppate in sei categorie, chesi riferiscono ad altrettanti ruoli professionali.

Tali ruoli sono definiti come:A. definizione dell’obiettivoB. valutazioneC. sviluppoD. interventoE. verificaF. comunicazione.

Descrizione

Interazione con il cliente allo scopo di definire gli obiettivi della presta-zione che sarà prestata.Raccolta di informazioni dei bisogni del cliente attraverso l’utilizzo dimetodi appropriati, chiarendo e analizzando i bisogni al punto in cuipossono essere intraprese ulteriori azioni significative.Proposta e negoziazione di obiettivi con il cliente, stabilendo obiettiviaccettabili e realizzabili, e specificando i criteri per la verifica delraggiungimento dell’obiettivo in un momento successivo.Stabilire caratteristiche rilevanti di individui, gruppi, organizzazioni, esituazioni attraverso l’utilizzo di metodi appropriatiEffettuare la valutazione attraverso strumenti dell’intervista, test e osser-vazione di individui in un setting adatto per la prestazione richiesta.Effettuare la valutazione attraverso strumenti dell’intervista, test e osser-vazione di gruppi in un setting adatto per la prestazione richiesta.Effettuare valutazione attraverso strumenti dell’intervista, indagine e al-tri metodi e tecniche che sono appropriate per lo studio delle organizza-zioni in un setting adatto per la prestazione richiesta.Effettuare valutazione attraverso strumenti dell’intervista, indagine e al-tri metodi e tecniche che sono appropriate per lo studio delle situazioniin un setting adatto per la prestazione richiesta.Sviluppare servizi o prodotti sulla base di teorie e metodi psicologici perl’utilizzo da parte dei clienti o degli psicologi.Definizione dello scopo della prestazione o prodotto, identificando sog-getti interessati, analizzando requisiti e limiti, e stilando le specifiche peril prodotto o servizio, prendendo in considerazione il setting in cui ilservizio o prodotto sarà utilizzato.Progettazione o adattamento di prestazioni o prodotti secondo i requisitie i limiti, prendendo in considerazione il setting in cui il servizio o pro-dotto sarà utilizzato.Testare il servizio o prodotto e valutare la sua fattibilità, realizzabilità,validità e alter caratteristiche, prendendo in considerazione il setting incui il servizio o prodotto sarà utilizzato.Verifica del servizio o prodotto rispetto a utilità, soddisfazione del clien-te, utilizzabilità, costi e altri aspetti appropriati al setting in cui il servizioo prodotto sarà utilizzato.Identificazione, preparazione e svolgimento di interventi appropriate peril raggiungimento degli obiettivi fissati, utilizzando I risultati della valu-tazione e le attività di sviluppo.Sviluppo di un piano di intervento appropriato per il raggiungimentodegli obiettivi fissati in un setting appropriato per il servizio richiesto.Applicazione di metodi di intervento che riguardano direttamente uno opiù individui secondo il piano di intervento, in un setting appropriatoper il servizio richiesto.Applicazione di metodi di intervento che riguardano direttamente sele-zionati aspetti della situazione secondo il piano di intervento, in un settingappropriato per il servizio richiesto.Applicazione di metodi di intervento che rendono individui, gruppi oorganizzazioni in grado di imparare e prendere decisioni nel loro interes-se, in un setting appropriato per il servizio richiesto.Introduzione di servizi o prodotti e promozione dell’utilizzo di questi daparte di clienti o altri psicologi.Stabilire l’adeguatezza degli interventi in termini di aderenza al piano diintervento e raggiungimento degli obiettivi fissati.

LE COMPETENZE SONO DI SEGUITO DESCRITTE

Competenze primarie

A. Definizione dell’obiettivo

1. Analisi dei bisogni

2. Goal setting

B. Valutazione

3. Valutazione dell’individuo

4. Valutazione del gruppo

5. Valutazione dell’organizzazione

6. Valutazione della situazione

C. Sviluppo

7. Definizione del servizio o prodottoe analisi dei requisiti

8. Progetto del servizio o prodotto

9. Test del servizio o prodotto

10. Verifica del servizio o prodotto

D. Intervento

11. Pianificazione dell’intervento

12. Intervento diretto orientato allapersona

13. Intervento diretto situation-oriented

14. Intervento indiretto

15. Implementazione di servizi o pro-dottiE. Verifica

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16. Pianificazione della verifica

17. Misurazione della verifica

18. Analisi della verifica

F. Comunicazione

19. Dare feedback

20. Stesura del resoconto

Disegno di un piano di verifica di un intervento, inclusi i criteri derivatidal piano di intervento e dagli obiettivi fissati, in un setting appropriatoper il servizio richiesto.Selezione e applicazione di tecniche di misurazione adeguate per realizzareil piano di verifica, in un setting appropriato per il servizio richiesto.Condurre analisi secondo il piano di verifica, e trarre conclusioni su effica-cia degli interventi in un setting appropriato per il servizio richiesto.Fornire informazioni ai clienti in modo adeguato per soddisfare bisogni easpettative dei clienti.Dare feedback ai clienti, utilizzando strumenti vocali e/o audio-visivi ade-guati, in un setting appropriato per il servizio richiesto.Stesura di resoconti per dare informazioni ai clienti sui risultati della valu-tazione, lo sviluppo di servizi e prodotti, interventi e/o verifiche, in unsetting appropriato per il servizio richiesto.

Uno psicologo dovrebbe conoscere a fondo ognuna di queste competenze per quanto applicabilinell’ambito di un particolare contesto professionale. Al fine di ottenere il Diploma Europeo illivello di approfondimento deve essere tale che ci si attende che lo psicologo possa svolgere ognunodei sei ruoli principali in modo adeguato e indipendente.

Competenze AbilitantiCi sono otto competenze abilitanti che riguardanol’attività professionale in generale e che lo psicologoprofessionista dovrebbe dimostrare di avere.

Uno psicologo dovrebbe conoscere a fondo ogni com-petenza abilitanti, come richiesto per l’esercizio inun particolare contesto professionale, al fine di esse-re qualificato per il Diploma Europeo.

Competenze Abilitanti1. Strategia professionale

2. Sviluppo professionale con-tinuo

3. Relazioni professionali

4. Ricerca e sviluppo

5. Mercato

6. Capacità di amministrazione7. Capacità gestionale

8. Certificazione di qualità

DefinizioneScegliere una strategia adeguata per trattare la/e problematica/che posta/e, ba-sata su una riflessione sulla situazione professionale e le proprie competenzeprimarie.Aggiornamento e sviluppo delle competenze primarie e enabling, delle cono-scenze e abilità sulla base dei cambiamenti nel settore e degli standard e i requi-siti della professione di psicologo, dei regolamenti nazionali ed europei.Stabilire e mantenere relazioni con altri professionisti, così come con le orga-nizzazioni del settore.Sviluppare nuovi prodotti e servizi che possano potenzialmente soddisfare ibisogni presenti e futuri dei clienti e generare nuova occupazione.Portare all’attenzione di clienti attuali o potenziali prodotti e servizi presenti enuovi, contattare i clienti, proporre offerte di lavoro, vendere servizi, fornireservizi dopo la vendita.Stabilire e mantenere relazioni con (potenziali) clienti, monitorare bisogni esoddisfazione, identificare opportunità di espansione dell’occupazione.Definire e gestire la pratica con cui i servizi sono resi, se come piccola società ocome parte di una organizzazione più ampia pubblica o private, inclusi aspettifinanziari, di personale e operative, dando una leadership agli impiegati.Stabilire e mantenere un sistema di certificazione di qualità per la pratica nelsuo complesso.

Nello sviluppo e nella valutazione delle compe-tenze va considerato il fatto che il contenuto at-tuale dei servizi offerti è differente, dipendente dalcontesto in cui si esercita. Questa è una conse-guenza diretta del fatto che gli psicologi assolvo-no differenti ruoli nella società e hanno a che farecon diverse tipologie di cliente, problematiche, me-todi, ecc. Come già detto sopra, per il DiplomaEuropeo sono stati distinti quattro ampi contestiprofessionali:• Educazione• Salute• Lavoro• AltroLa quarta categoria generale (Altro) è utilizzataper comprendere altre applicazioni più specificheche non coincidono con questi contesti generici.

Procedure per il DEP ProfilingCategorie per la valutazione

I supervisori faranno valutazioni della formazionee complessive dei risultati degli psicologi secondole regole e le tradizioni specifiche per il particolarecontesto professionale e/o nazionale. Queste valu-tazioni devono essere utilizzate per o integrate dallavalutazione delle competenze primarie sopra men-zionate. È necessario che questa valutazione distin-gua le seguenti categorie di competenze.

1Conoscenza di base e abilità presenti, ma com-petenza sviluppata in modo insufficiente

segue a pag. 39

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QUESTIONARIO DI RACCOLTA DATISUL FENOMENO DELLA PEDOFILIAQUESTIONARIO DI RACCOLTA DATISUL FENOMENO DELLA PEDOFILIA

Dati anagrafici dell’intervistato

1) Età

2) Sesso � M � F

3) Nazionalità

4) In quale città svolge la sua professione: � fino a 40.000 abitanti

� da 40.000 a 150 abitanti

� oltre 150.000 abitanti

5) Lavora in ambito: � pubblico

� privato

6) Tipo di qualifica………………………………………………………………………………………..

7) Da quanto tempo esercita la sua professione……………………………………………………………..

8) E’ psicoterapeuta � SI � NO

9) Durante questi anni le è mai capitato di avere in trattamento soggetti pedofili?

� SI � NO

10) Se si può specificare quante volte?………………………………………………………………………

Dati anagrafici dell’utente

11) Età………………………………………………………………………………………………………

12) Sesso � M � F

13)Nazionalità……………………………………………………………………………………………….

14) Titolo di studio………………………………………………………………………………………..

15) Occupazione……………………………………………………………………………………………

16) Componenti famiglia di origine………………………………………………………………………….

………………………………………………………………………………………………………….

17) Componenti famiglia attuale……………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………….

Tipologia dell’utenza

18) Ha riscontrato, negli ultimi anni, un aumento di responsabili di reati sessuali nella fascia di età adolescenziale?

� SI � NO

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19) Dai dati presenti in letteratura emerge una correlazione tra l’età della vittima e la preferenza di genere deibambini e, più specificatamente, alcuni studi hanno riscontrato che i pedofili che scelgono vittime nellafascia di età compresa tra gli 8 –10 anni preferiscono vittime di sesso femminile, mentre quelli attratti daimaschi mostrano una preferenza di età per bambini poco maggiore. Sulla base della sua esperienza clinica,potrebbe confermare questi risultati?

� SI � NO

20) In quanti casi ha riscontrato che il soggetto era attratto solo da bambini e in quanti casi, invece, era promiscuoanche con gli adulti?

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

Motivazione della richiesta d’aiuto da parte dell’utente

21) Nel trattamento di responsabili di reati sessuali che ruolo ha l’aspetto motivazionale?

……………………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………………………………………

22) Il soggetto ha scelto volontariamente di rivolgersi al suo ambulatorio?� SI � NO

23) Se no, chi è stato ad inviare il paziente? � parente

� conoscente

� autorità giudiziaria

24) Il soggetto che ha richiesto spontaneamente aiuto cosa si aspetta dal trattamento?

………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………

25) In quanti casi il soggetto ha riportato di avere provato tendenze pedofiliche che non ha mai agito?

…………………………………………………………………………………………………………..

26) In caso di tendenze pedofiliache mai agite, il soggetto vorrebbe ottenere dal trattamento:

� l’eliminazione di tali tendenze

� una maggiore capacità di autocontrollo

27) Può accadere che in un soggetto in trattamento si ripresentino delle fantasie abusive, senza però che ciòcomporti necessariamente il verificarsi di una ricaduta?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

28) In che percentuale gli abusatori negano il loro reato?

…………………………………………………………………………………………………………..

29) Con che frequenza i pedofili negano di avere consapevolezza del reato che hanno commesso?

…………………………………………………………………………………………………………..

30) Quante volte tale negazione corrisponde ad una reale amnesia che fa seguito all’illecito commesso?

…………………………………………………………………………………………………………..

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31) Quante volte la negazione dell’auto consapevolezza è falsa?

…………………………………………………………………………………………………………..

32) Ha riscontrato una correlazione tra negazione e livello intellettivo del soggetto ?

………………………………………………………………………………………………………..

33) Capita di frequente che siano i familiari delle vittime a negare i fatti?

…………………………………………………………………………………………………………..

34) Quante volte è la stessa vittima a negare?

…………………………………………………………………………………………………………..

Rapporti familiari

35) In quanti casi l’abuso si è verificato in ambito extrafamiliare?

…………………………………………………………………………………………………………..

36) In quanti casi, invece, si è verificato nell’ambito della famiglia?

…………………………………………………………………………………………………………..

37) I familiari sono a conoscenza del problema?

…………………………………………………………………………………………………………..

38) In quanti casi un familiare che è a conoscenza del reato denuncia l’abusatore?

…………………………………………………………………………………………………………..

39) Quanto tempo intercorre fra la conoscenza del fatto e la sua denuncia?

…………………………………………………………………………………………………………..

40) Quante volte è un familiare ad inviare il soggetto dal professionista?

…………………………………………………………………………………………………………..

Esiste una pulsione alla base della pedofilia?

41) Quante volte ha riscontrato la presenza di distorsione cognitive ovvero soggetti che pensano di fare cosa utilee gradita ai bambini oppure che attribuiscono alle vittime intenzioni di seduzione?

………………………………………………………………………………………………………..

………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

42) Secondo la teoria dell’abusatore abusato”- i cui precedenti storici possono essere fatti risalire alla teoria deltrauma di Ferenczi (1932)- fra gli abusatori vi è un numero elevato di vittime di abuso sessuale infantile.Sulla base della sua esperienza clinica potrebbe confermare tale teoria?

……………………………………………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………………………………..

43) Sempre sulla base della sua esperienza clinica ritiene utile pensare che l’inibizione dell’abuso sessuale altrui,in un soggetto vittima di abuso sessuale precoce, potrebbe essere associata allo sviluppo di un’adeguatacoscienza sociale e della capacità d’identificarsi con gli altri?

……………………………………………………………………………………………………..

……………………………………………………………………………………………………..

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44) Si è verificato che i pazienti autori di reati di abuso soffrissero di un disturbo post-traumatico? Se si puòspecificare quante volte ?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

45) Nel pedofilo è presente senso di colpa o comunque disagio per le proprie azioni?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

46) Quale meta si prefigge l’abusatore, nella maggior parte dei casi ?� la riduzione di effetti negativi� il raggiungimento di mete positive

(Nota: Gli autori che sostengono il “modello dell’autoregolazione” (Ward ecoll., 1998.) oltre alle emozioni negative,evidenziano anche la funzione che l’emozioni positive possono svolgere nell’indurre condotte abusive. In questi casi,l’abusatore non perde affatto il controllo e non usa per nulla il sesso come mezzo di fuga o per ridurre emozioni negative,ma al contrario, ha l’obiettivo di aumentare o mantenere uno stato emozionale positivo attraverso l’atto abusivo e,quindi pianifica l’atto in modo esplicito, attento e deliberato).

Recidività

47) Ha riscontrato differenze nei tassi di recidività fra gli abusatori di bambini maschi e femmine?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

48) Approssimativamente potrebbe quantificare il tasso di ricadute in comportamenti abusanti, nei pazienti dalei seguiti?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

49) Secondo la sua esperienza, il più alto numero di abusi commessi può essere considerato uno dei fattori dirischio associati alla recidività?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

Pedofilia e psicopatia

50) Ha mai riscontrato, in soggetti con orientamento pedofilico, un’elevazione significativa della scala della scaladella Psicopatia (Pd) dell’MMPI ? Se si in quanti casi?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

51) Ha mai riscontrato tratti caratteristici del disturbo antisociale di personalità nei soggetti pedofili?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

52) Ha rilevato la presenza di comorbilità tra i due disturbi (antisociale/pedofilia)?

…………………………………………………………………………………………………………..

…………………………………………………………………………………………………………..

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

2Competenza per raggiungere obiettivi ma cherichiede guida e supervisione

3Competenza per raggiungere obiettivi di basesenza guida o supervisione

4Competenza per raggiungere obiettivi comples-si senza guida o supervisione

Le categorie possono essere utilizzate per la valuta-zione della formazione così come per una valuta-zione complessiva. La più importante distinzioneda operare da parte del valutatore è tra 2 e 3. Altermine del periodo di supervisione dovrebbero es-sere presenti competenze sufficienti al livello 3 o 4per rendere capace l’individuo di esercitare in modoindipendente nell’ambito di uno o più contesti, conuno o più gruppi di clienti. Linee guida per la valu-tazione saranno fissate dalla Commissione Europea.L’assegnazione del DEP dovrebbe essere basata su

una valutazione finale sinottica della capacità delprofessionista di integrare conoscenza, abilità e com-petenze in un unico processo di resa di un servizioprofessionale ai propri clienti, tenendo in conside-razione, allo stesso tempo, i principi etici.Nella valutazione finale il supervisore dovrebbe rias-sumere le informazioni a disposizione e indicare se,sulla base delle prove disponibili, ci si attende che ilcandidato ricopra in modo adeguato e indipenden-te i sei ruoli primari sotto i quali sono state rag-gruppate le 20 competenze. Il giudizio deisupervisori dovrebbe essere espresso nei termini di“competente” o “non ancora competente”. In ag-giunta, il supervisore dovrebbe dare una valutazio-ne complessiva delle competenze abilitanti, ancoranei termini di se la persona è “competente” o “nonancora competente”. Il candidato dovrebbe dar pro-va di soddisfare il proprio supervisore per le compe-tenze dei sei ruoli primari, così come sul complessodelle competenze abilitanti.I risultati della valutazione dovrebbero essere rias-sunte in una tabella, come indicato nell’esempiosotto riportato.

Contesti Professionali Lavoro e organizzazione Educazione Salute e clinica ComunitàCompetenzeA. definizione dell’obiettivo �B. valutazione � � � �C. sviluppo �D. intervento �E. verifica � �F. communicazione � �Competenze abilitanti � �

APPENDICE IV.PRATICA SUPERVISIONATA

Psicologi Professionisti-in-TrainingUn Professionista-in-training è una persona cheè in corso di completamento della praticasupervisionata parte dei requisiti del DEP (vediappendice 1). Lui/lei lavorerà in setting realicon clienti reali ma sotto la supervisione di unprofessionista qualificato. Il supervisore sarà re-sponsabile della valutazione della competenzadel professionista-in-training giorno per gior-no e incoraggiandolo ad agire in modo più in-dipendente possibile, data la situazione e lacompetenza.Il Professionista-in-training può completare lasua formazione professionale con un program-ma integrato gestito da un dipartimento uni-versitario o lavorare sotto la supervisione di psi-cologi abilitati iscritti o registrati nel posto dilavoro. In entrambi i casi, è necessario per unapersona opportunamente qualificata agire comesupervisore del professionista-in-training. È ne-cessario che il supervisore sia riconosciuto dal-la Commissione Nazionale o dall’associazionenazionale attraverso il meccanismo di un per-corso di accreditamento nel caso di una forma-

zione su base universitaria, sia su base indivi-duale nel caso di supervisione post-universita-ria sul posto di lavoro. È noto che attualmenteci sono prassi diverse nei vari paesi europei cheriflettono differenti fasi della evoluzione dellaprofessione in relazione all’accreditamento deisupervisori; tali differenze vanno da quei paesidove c’è un sistema estensivo per la formazio-ne e il riconoscimento dei supervisori e deisetting lavorativi come appropriati per il trai-ning professionale e la pratica supervisionataa quelli in cui tali prassi non sono ancora statesviluppate.

Pratica Ongoing evalutazione formativa

Per ognuna delle principali attività della prati-ca supervisionata, il Professionista-in-Trainingeil supervisore dovrebbero accordarsi su qua-le:1. Contesto professionale e gruppo/i di clientiè compreso dal lavoro pratico2. Ruolo/i (fra quelli elencati nelle opzioni delprofilo) che più da vicino incontrano il lavo-ro.3. Competenze di cui dovrà produrre eviden-ze.

continuo di pag. 34

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

Quando il lavoro sarà terminato, il supervisoredovrà completare una valutazione (vedi peresempio: Annex B) del Professionista-in-Trai-ning su ognuna delle 20 competenze rilevantiper quella parte della professione. Questa va-lutazione dovrebbe essere discussa con il Pro-fessionista-in-Training e fornire indicazionidelle aree per un ulteriore sviluppo.Chiaramente, tali valutazioni sono formative,dal momento che il Professionista-in-Trainingsta sviluppando le proprie abilità nel corso diun periodo minimo richiesto di un anno.

Valutazione delle competenzeSi propone che I supervisori valutino le com-petenze di un Professionista-in-Training duran-te e al termine del periodo di praticasupervisionata, utilizzando categorie standardcome presentate nell’Appendice III del presentedocumento. Una guida e linee guida per la va-lutazione dovrebbero essere rese fruibili. Perconfrontare gli obiettivi, è stato suggerito chele università o i paesi che utilizzano metodiavanzati sviluppino sistemi per trasferire i ri-sultati da tale valutazione avanzata alla scalasopra riportata.

APPENDICE V. SCHEMADELLO SVILUPPO CONTINUO

PROFESSIONALE (SCP)

Ci si attende che il possessore del Diploma Eu-ropeo in Psicologia mantenga e inoltre svilup-pi il suo livello di competenza professionale.Questo dovrebbe essere raggiunto attraverso glistrumenti dell’esperienza lavorativa e dello svi-luppo professionale personale, e potrebbe es-sere raggiunto attraverso i requisiti di meetinglocali per lo SCP se ciò esiste. Per il rinnovodel Diploma il richiedente deve mostrare pro-ve evidenti.Laddove non esista requisito di SCP, ciò chesegue è fornito come linee guida per l’utilizzodap arte delle Commissioni NazionaliAwarding.

Esperienza lavorativaIl richiedente dovrebbe esibire prova di espe-rienza lavorativa come psicologo per non menodi 400 ore medie annuali per un periodo noninferiore a 4 anni compresi negli ultimi 6 anniprecedenti all’atto della domanda per il rinno-vo. Prove accettabili comprendono, per esem-pio: contratti d’impiego accompagnati da unadescrizione del lavoro, contratti a progetto, odichiarazione dei redditi (nel caso degli psico-logi nella pratica indipendente.)

Sviluppo professionale personaleÈ responsabilità del Diplomato Europeo in Psi-cologia dare informazione dei recenti sviluppiprofessionali in psicologia, inclusi ma non li-mitati al campo della pratica. Sono raccoman-date un minimo di 80 ore annuali e i richie-denti dovrebbero essere in grado di dare provaesplicita di 40 ore di sviluppo continuo pro-fessionale annuale. È richiesta una diversità frale attività.C’è un’ampia serie di differenti tipi di attivitàdi sviluppo professionale, e la seguente lista nonsi intende esaustiva. Per ogni tipo di attività èstato indicato un approssimativo minimo e/omassimo di percentuale di tempo che può es-sere accreditato, al fine di garantire che gli psi-cologi intrapreso una serie di attività diversecome parte del loro SCP.• Presenza certificata e partecipazione in corsi

accreditati e/o workshop diretti a ulterioresviluppo professionale (15-60%).

• Sviluppo di nuove abilità attraverso la pra-tica lavorativa (15-20%)

• Partecipazione certificata a confronto fracolleghi o incontri di supervisione fra pari(10%-20%)

• Partecipazione certificata ad una conferen-za professionale o scientifica (10-20%)

• (Co-)authore e/o editore di pubblicazionisu ricerca e/o principi professionali (max30%)

• Presentazioni ad auditori professionisti(max 20%).

• Lavoro editoriale su giornali e libri di psi-cologia (max 20%)

• Al fine dell’accreditamento la soma delle ul-time tre categorie sopra citate non può ec-cedere il 60%.

Tenuta di un registroSi richiede che il possessore di Diploma Euro-peo mantenga una registrazione del suo svilup-po continuo professionale. In aggiunta alla re-gistrazione dell’acquisizione di esperienza nel-la pratica nel contesto di nuove funzioni, gruppidi clienti e setting, questa dovrebbe compren-dere il training e lo sviluppo dato dall’educa-zione continua. Tale registrazione, con provedi supporto, fornirà le basi per il profilo delDEP come compreso nel Registro, quando ilDiploma sarà rinnovato dopo sette anni.

APPENDICE VI. STORIADEL DIPLOMA EUROPEO

IN PSICOLOGIA

Nei primi giorni della Comunità Europea, ilTrattato di Roma nel 1957 promosse la libertà

Anche in Italia molte di

queste competenze, che per

compromesso fra EFPA e

BPS nell’appendice V sono

state prefigurate ma non

dettagliate, vengono

rispecchiate da specifiche

società scientifiche e

professionali, a volte

suddivise in sezioni ancora

più specifiche, a volte

partecipanti a federazioni

più ampie; sono spesso

collegate ad agenzie di

formazione, e talvolta

dotate di strumenti di

supervisione o addirittura

di controllo della qualità

delle prestazioni dei propri

associati. Tutti gli

accreditamenti che queste

società possono conferire

dovranno essere resi più

trasparenti e riconoscibili

dalla nuova normativa in

arrivo dall’Europa, che

penalizza ogni forma di

regime autorizzatorio, ed

incentiva ogni forma di

regime accreditatorio. Per

gestire invece di subire

questa riforma, ed evitare

che sia una rivoluzione

sconvolgente, durante la

presidenza di turno italiana

abbiamo avviato il sito

www.

borsaeuropeadellecompetenze

.org

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Bozza di piattaforma del Diploma Europeo in psiclogia

di movimento dei professionisti attraverso l’Eu-ropa; ‘la libertà di lavorare ovunque nella co-munità europea è uno dei diritto di base fissa-ti dal Trattato di Roma’; l’Articolo 48 del Trat-tato di Roma ha dato indicazioni per il liberomovimento del lavoro e l’Articolo 57 ha a chefare con il mutuo riconoscimento e coordina-mento delle qualifiche professionali. Tuttavia,la messa in atto di tale impegno è stata lenta edifficoltosa. All’inizio, ci sono stati tentatividi armonizzare qualifiche dei paesi membri ele così dette Direttive Settoriali sono state ap-provate per sette professioni dei medici, den-tisti, infermieri, ostetrici, veterinari, farmaci-sti e architetti, con accordo fra tutti i paesimembri sull’armonizzazione e standardizzazio-ne della formazione e del training. Ma è ap-parso subito chiaro che questi tentativi di ar-monizzare le qualifiche erano enormementecomplessi e richiedevano tempi lunghi, el’obiettivo di estendere questo processo ad al-tre professioni era impossibile. Così, nel 1985la Commissione introdusse un nuovo approc-cio per comprendere altre professioni il cuiaccesso era in qualche modo ristretto (o rego-lato) dallo Stato o attraverso la legge o attra-verso una organizzazione professionale e cherichiede almeno tre anni di formazione acca-demica o equivalente (Direttiva Generale 89/48/EC, intitolata Mutuo Riconoscimento diDiplomi di Istruzione Superiore, e più recen-temente la seconda Direttiva Generale 92/51).Allo stato attuale, gli psicologi sono compresinelle direttive 89/48 e 92/51, cioè direttivegenerali o orizzontali che comprendono tuttele professioni regolate le cui qualifiche richie-dono almeno un Diploma (Lunt 1997).

Sebbene queste Direttive sono state pensate perfacilitare la mobilità dei professionisti, non c’èstato un progresso significativo nell’utilizzarleper promuovere la mobilità di psicologi attra-verso l’Europa, dal momento che ogni paeseha facoltà di imporre i propri requisiti a queglipsicologi che intendono entrare nel paese conla qualifica ottenuta in un altro paese. La Fe-derazione Europea delle Associazioni di Psi-cologi (EFPA), prima nominata FederazioneEuropea delle Associazioni di Psicologi Pro-fessionisti (EFPPA) approvò una dichiarazio-ne nel 1990 su “Standard ottimali per la for-mazione professionale in psicologia” (EFPPA1990) che forniva un quadro di riferimentomolto generale per il livello di qualifiche perpsicologi.

Gli anni recenti hanno visto una crescita nelnumero di paesi in Europa con unaregolazione legale o leggi che definiscono i

requisiti per il titolo di “psicologo” e in alcu-ni paesi impongono requisiti e costrizioni suattività per le quali può essere richiesto il ti-tolo di psicologo. Ci sono ora leggi sulla pro-fessione di psicologo in 11 paesi della UEcon una aggiunta di tre in fase di sviluppo.L’EFPA ha un interesse attivo in questi svi-luppi. Sebbene non ci sia regolamentazionedella professione a livello europeo, sarà unbeneficio sia per i consumatori che per i pro-fessionisti se venisse concordato attraversol’Europa uno standard minimo che influen-zerà a sua volta i futuri requisiti per laregolamentazione a livello di un singolo pa-ese.

Negli ultimi 10-15 anni alcuni sviluppi han-no dato fondamento al conseguente lavoro;questi hanno incluso il lavoro della ENOPper sviluppare una “modello di riferimento”e standard minimi (ENOP 1988) e il lavorodella BPS per sviluppare standard che speci-ficano competenze di psicologi al livello dipratica indipendente (Bartram 1996). Suc-cessivamente, nel 1999, una richiesta di fi-nanziamento fu posta alla UE sotto il pro-gramma Leonardo da Vinci per sviluppareuna Quadro di Riferimento Europeo per laFormazione degli Psicologi; questo progettodi due anni è terminato nel 2001 con la pre-sentazione del report sul Quadro di riferi-mento Europeo per la Formazione di Psico-logi (Lunt et al 2001). I seguenti paesi han-no preso parte al progetto: Danimarca, Fin-landia, Francia, Germania, Grecia, Italia,Olanda, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera,Gran Bretagna, e hanno dato un supportogenerale al quadro di riferimento, che è statoappoggiato dall’Assemblea generaledell’EFPA nel luglio 2001. Un secondo pro-getto anch’esso finanziato dalla UE nell’am-bito del Programma Leonardo da Vinci è ini-ziato nel Novembre del 2001, e intende de-lineare il Diploma Europeo in Psicologia.Questo progetto è coinciso con gli sviluppinell’UE, e i cambiamenti nella Direttiva cheregola le qualifiche professionali (vedi Lunt2002). La presente proposta costituisce par-te del secondo progetto Leonardo che coin-volge associazioni dai seguenti paesi: Dani-marca, Finlandia, Francia, Germania, Gre-cia, Ungheria, Italia, Olanda, Norvegia, Spa-gna, Svezia, Gran Bretagna. Questo proget-to è stato un tentativo di sviluppare un Di-ploma Europeo in Psicologia che produrràun set di standard o punti di riferimentobenchmark per la qualità della formazione eil training in psicologia attraverso l’Europa.

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La lotta alla pedofilia e ad ogni forma di vio-lenza ed abuso sui minori è uno degli impegniprioritari presi, sin dall’inizio della legislatura,da questo Governo. Un impegno che, per es-sere mantenuto, necessita di un’attività com-plessiva e coordinata di tutte le Istituzioni edel cosiddetto privato sociale, nonché di entied associazioni che si occupano a vario titolodi pedofilia.In tale ottica e progettualità è nato il Ciclope,il Comitato interministeriale di coordinamen-to per la lotta alla pedofilia. Questo Comitato,che fa capo al Ministero per le Pari Opportu-nità, coordina l’attività dei dodici Ministeri esi avvale, per l’appunto, della collaborazionedi quanti, con diverse competenze, lavoranoda anni sul territorio per combattere lapedofilia. In un anno e mezzo dalla sua nascita il Ciclo-pe ha elaborato il Primo Piano Nazionale diprevenzione e contrasto della pedofilia, che ha,tra gli altri, l’obiettivo di raccordare dati e in-formazioni, raccolti a livello nazionale e loca-le, sulle attività svolte per la conoscenza e laprevenzione del fenomeno. Frutto del PianoNazionale sono anche le nuove norme di con-trasto alla pedofilia on line, racchiuse in un di-segno di legge ora all’esame del Parlamento, el’istituzione di un Centro nazionale di contra-sto della pedofilia, cui potranno giungere tut-te le segnalazioni di siti che diffondono mate-riale pornografico.Un pacchetto di misure, che pone il nostroPaese in prima linea nella lotta contro questofenomeno e che si rivela come una novità as-soluta in ambito internazionale sul tema dellarepressione.E’ evidente però che per affrontare adeguata-mente questa tematica non basta operare solosu questo piano; è invece necessario, e direi anziprimario, lavorare sulla prevenzione.La lotta contro la pedofilia, per la sua naturacomplessa, richiede un approccio articolato chetenga conto del suo aspetto culturale, sociale esoprattutto psicologico.Ecco perché sono convinta della grande im-portanza dell’apporto degli psicologi e deglipsicoterapeuti nell’affrontare le problematicheinerenti alla pedofilia. Prevenzione e cura, al-lora, rappresentano strumenti imprescindibiliper la lotta agli abusi sessuali sui minori, stru-menti che valgono tanto per le vittime dellapedofilia quanto per i loro carnefici.

LA LOTTA ALLA PEDOFILIA ELA COLLABORAZIONE DEGLI PSICOLOGI

di Stefania PrestigiacomoMinistro delle Pari Opportunità

Il bambino vittima di abuso sessuale ha biso-gno infatti di intraprendere un lungo, doloro-so percorso di recupero che gli permetta ungraduale reinserimento all’interno della propriastruttura familiare e sociale. In questo percor-so di ricostruzione della propria personalitàviolata, il piccolo necessita di un programmaterapeutico e di un forte sostegno psicologico,che solo un operatore del settore può offrirgli.Senza un forte aiuto psicologico, infatti, il mi-nore abusato rischia a sua volta di trasformar-si, da adulto, in pedofilo. Perché, purtroppo,le sofferenze vissute nell’età infantile opreadolescenziale possono riemergere negli annie possono portare il bambino di un tempo ariproporre i comportamenti subiti. Cura e pre-venzione: sta dunque qui la duplice valenza delsupporto psicologico.Cura per la piccola vittima, prevenzione per-ché la vittima di oggi non diventi il carneficedi domani.E’ evidente come un forte sostegno psicologi-co divenga essenziale anche per il pedofilo, perla persona che è incline a compiere questi attiturpi e violenti contro i minori.Da qui l’importanza basilare del lavoro di psi-cologi e psichiatri, gli unici in grado di capirele cause, i meccanismi che portano un indivi-duo a tali, innaturali, comportamenti.Una seria analisi psicologica del “soggettopedofilo” può garantire, a mio avviso, un ap-proccio altamente qualificato al problema. Puòconsentire una raccolta di dati sui comporta-menti deviati, più diretta perché frutto di unrapporto relazionale che il terapeuta ha instau-rato con il pedofilo.Chiaramente la via dell’interventopsicoterapeutico non può e non deve esclude-re l’allontanamento del pedofilo dalla colletti-vità, ma credo altresì che sia un passaggio fon-damentale sulla via della prevenzione di un cri-mine turpe e raccapricciante qual è la pedofilia.Sono certa che l’esperienza maturata dagli psi-cologi italiani può dare un contributo fonda-mentale alla conoscenza ed all’analisi di unaproblematica sociale così strutturata e comples-sa.La collaborazione fattiva tra queste professio-nalità, le istituzioni ed il privato sociale, è unobiettivo di questo Governo per contrastare eprevenire il fenomeno pedopornografico; ed èl’obiettivo del Comitato Interministeriale Ci-clope.

Il contributo degli psicologi alla lotta contro la pedofilia: l’ opinione del ministro Prestigiacomo

La lotta contro la

pedofilia, per la sua

natura complessa,

richiede un approccio

articolato che tenga

conto del suo aspetto

culturale, sociale e

soprattutto psicologi-

co. Ecco perché sono

convinta della grande

importanza dell’ap-

porto degli psicologi e

degli psicoterapeuti

nell’affrontare le

problematiche ineren-

ti alla pedofilia.

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la Professione di Psicologo 2/04

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“Primo Piano Nazionale di Contrasto e prevenzione della Pedofilia”: la collaborazione degli psicologi

IL CONTRIBUTO DEGLI PSICOLOGI ITALIANIALLA CONOSCENZA

DEL FENOMENO PEDOFILIA

di Fulvio GiardinaLa collaborazione degli psicologi italiani alla lottacontro la pedofilia si colloca nel novero delle ini-ziative che il governo ha programmato per con-trastare e prevenire questo drammatico problema.Il Ministero delle pari opportunità ha ricevutodelega dal Presidente del Consiglio, per espletarele funzioni di coordinamento delle attività svolteda tutte le pubbliche amministrazioni, relative allaprevenzione, assistenza e tutela dei minori dallosfruttamento e dall’abuso sessuale.Il Ministero delle pari opportunità ha istituito ilComitato Interministeriale di Coordinamentoper la lotta alla Pedofilia denominato “CICLO-PE”, mirato a fronteggiare le diverseproblematiche connesse al fenomeno, ed ha ela-borato il “Primo Piano Nazionale di Contrasto eprevenzione della Pedofilia”. Il “CICLOPE” èdeputato a svolgere, in osservanza di quanto pre-visto dall’art. 17 della L. 269/98, la funzione dicoordinamento delle attività svolte da tutte lepubbliche amministrazioni in materia di preven-zione e tutela dei minori dallo sfruttamento edall’abuso sessuale.Il Comitato Ciclope ha ritenuto opportuno pro-cedere al proprio interno alla costituzione di unOsservatorio. Tale organo concorrerà ad eserci-tare le attribuzioni previste dall’art. 17L.269/98,comma 3, lett.a.). A tale fine acquisirà dati e in-formazioni, a livello nazionale e internazionale,sulle attività svolte sulla prevenzione e la repres-sione e sulle strategie di contrasto in corso di pro-grammazione anche all’estero, raccoglierà altresìogni dato utile per la migliore conoscenza del

fenomeno anche dal punto di vista giudiziario,nella prospettiva dell’individuazione di possibiliinterventi di recupero e sostegno nei confrontidelle vittime e degli stessi condannati per abusi,una volta espiata la pena.In tale contesto, il Consiglio Nazionale dell’Or-dine degli Psicologi ha deliberato di aderire al pro-getto attraverso un’ampia indagine conoscitiva,sia per stimare i dati che emergono dal punto divista quantitativo (numero di abusatori, sesso, età,numero di denunce, etc….), sia per poter leggeresu uno specifico piano professionale gli stessi dati.In più, avremo modo di colmare uno dei princi-pali limiti che incontrano le statistiche in materiadi abusi in danno dei minori e cioè che i relatividati provengono quasi esclusivamente da fontigiudiziarie.Il comportamento del pedofilo verrà indagato nonattraverso l’osservazione diretta ma in manieraindiretta; attraverso la lente di lettura del profes-sionista che ha avuto possibilità d’instaurare unarelazione con lui.Questo genere di esperienza farà si che - oltre aidati di maggiore ed oggettiva valutazione – po-tremo arricchirci di una seria d’informazioni de-rivanti proprio dal vissuto del soggetto interessa-to, dalle sue impressioni, immagini, sensazioni,che complessivamente costituiscono la sua per-sonale esperienza, e che potranno, senz’altro, aiu-tarci a comprendere meglio un mondo cosi com-plesso e “strano” quale è quello di uomini/donneche scelgono come loro partner sessuale bambiniancora immaturi dal punto di vista sessuale.

L’ Ordine degli

Psicologi partecipa al

Piano Nazionale di

Contrasto e preven-

zione della Pedofilia

attraverso un’ ampia

indagine conoscitiva

che intende realizzare

con la collaborazione

di tutti gli psicologi.

Una parte degli elementi caratteristici dellapedofilia riguardano: l’età e il sesso della vitti-ma; il rapporto tra quest’ultima e l’abusatore;la modalità di distribuzione territoriale del fe-nomeno; le nazionalità rispettivamente della

vittima e dell’abusatore.E’ opportuno analizzare alcuni dati riguardan-ti il numero e le caratteristiche dei minori vitti-me di violenze sessuali tratti da una banca datidel Ministero dell’Interno.

ALCUNI DATI SUL FENOMENO PEDOFILIA

Minori vittime di violenze sessuali, segnalazioni di reato e personedenunciate all’Autorità giudiziaria anni 1999 –2001.

Anni n. Vittime Segnalazioni di reato Persone denunciateall’Autorità Giudiziaria

1999 572 425 5232000 701 492 6252001 409 357 439

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“Primo Piano Nazionale di Contrasto e prevenzione della Pedofilia”: la collaborazione degli psicologi

I dati riportati in questa tabella fanno emerge-re una riduzione delle segnalazioni relative aireati di violenza sessuale tra l’anno 2002 (n.357) rispetto all’anno 2000 (n. 492).

Minori vittime di violenze sessualiper classe di età - Anno 2000

Minore %

0 –10 43,4%

11 –14 32,4%

15 – 17 24,3%

Minori vittime di violenze sessualiper classe di età - Anno 2001

Minore %

0 –10 34,0%

11 –14 35,7%

15 – 17 30,3%

I dati relative all’età della vittima indicano unariduzione del numero di minori vittime di abu-so nell’anno 2001 rispetto all’anno 2000 nel-l’età compresa tra 0 e 10 anni, mentre, nellostesso periodo, si segnala un aumento delle vit-time di reati nella fascia di età compresa tra 15e 17 anni. Complessivamente risulta che nel2001 la fascia più colpita è quella tra 11 e 14anni 35,7% delle vittime.Significativi risultano poi i dati inerenti la ri-partizione delle vittime per genere, riferendoche su 10 minori vittime di violenza sessuale inmedia sette sono bambine.

Persone denunciate secondoil tipo di relazione con la vittima

Anni 2000 –2001 (d.p.)

Tipo di relazione Anno Anno2000 2001

Relazioneintraspecifica 476 222

Relazioneextraspecifica 147 221

Totale 623 443

I dati riportano, inoltre, che nell’ambito dellarelazione “intraspecifica” le violenze sessualiconsumate in famiglia rappresentano rispetti-vamente, il 72,1% per l’anno 2000 ed il 46,3%per il 2001 del dato totale.

Distribuzione territorialedel fenomeno

Zona n.vittime/100.000(minori)

Italia meridionale 5

Italia centrale 4.6

Italia insulare 4

Italia settentrionale 2.6 – 3

Per quanto concerne la ripartizione territoria-le, dall’analisi dei dati si evince che l’Italia me-ridionale è la zona con il più alto numero divittime in considerazione del rapporto tra talenumero e la popolazione minorile residente.Nel meridione abbiamo di fatti circa 5 vittimedi violenza sessuale ogni 100.000 minori, men-tre nell’Italia centrale, nell’Italia insulare ed inquella settentrionale si registra, rispettivamen-te, un rapporto di 4.6/100.000, di 4/100.000e di 2.6 –3/100.000.

Nazionalità degli autori del reatoAnno 2001

Nazionalità n. sogg. SegnalatiItaliana 255

Marocchina 15

Albanese 14

Tot 312

Nazionalità degli autori del reatoAnno 2002

Nazionalità n. sogg. SegnalatiItaliana 184

marocchina 7

Albanese 25

Tot 216

Per quanto concerne la nazionalità degli autoridell’abusatore, dalla lettura dei dati operativiriferiti ai periodi in esame si evince che, nellaquasi totalità dei casi, il responsabile è risulta-to un cittadino italiano.

CHI È IL PEDOFILOQuando si parla di pedofilia è importante spe-cificare sia l’età della vittima che dell’abusatoreIl DSM-IV specifica che non si può parlare dipedofilia se il soggetto è un tardo-adolescenteche intrattiene una relazione sessuale con unbambino di 12-13 anni.Tale indicazione può apparire in contraddizio-ne con il numero sempre più elevato di respon-sabili di reati sessuali che si rileva, in epoca

Ogni contributo,

anche e soprattutto

critico, è benvenuto,

specialmente se

proveniente dalle

società scientifiche e

professionali specia-

lizzate nel settore, che

purtroppo non hanno

ancora potuto essere

adeguatamente

coinvolte nell’iniziati-

va, ma lo saranno

certamente nel suo

sviluppo futuro

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“Primo Piano Nazionale di Contrasto e prevenzione della Pedofilia”: la collaborazione degli psicologi

recente nella fascia adolescenziale.Che cosa porta un adulto ad abusaresessualmente di un minore, di un bambinoprepubere che non ha, quindi, ancora svilup-pato i caratteri dello sviluppo secondario? Lateoria delle pulsione sessuali non basta a spie-gare questi comportamenti.Di recente, sono state chiamate in causa altreteorie dello sviluppo psicologico per spiegarela pedofilia.

Teoria del TraumaFerenczi (1932), al contrario di Freud che par-lava di fantasie sessuali, ha affermato la storicitàdel trauma. Sulla base di questo orientamentogrande risalto hanno avuto gli studi che hannoevidenziato come fra gli abusatori vi sia un nu-mero elevato di vittime di abuso sessuale in-fantile, portando cosi alla nascita della cosid-detta teoria dell’ “abusatore abusato”. Le vitti-me di abuso sessuale infantile agirebberosessualmente ed aggressivamente per ridurre glieffetti dolorosi provati più volte in occasionedel trauma pregresso, oltre che per superare ilsenso d’impotenza, l’immagine di sé negativa,la perdita di fiducia negli altri e il timore dipericolo incombente, che costituiscono aspet-ti legati al trauma dell’abuso sessuale.Groth (1982) definisce l’abuso come un atto“pseudosessuale”, al servizio di bisogni non ses-suali. Egli afferma che la motivazione di base,che spinge l’abusatore ad agire non è di naturasessuale, ma comporta l’espressione di bisogninon sessuali e di aspetti esistenziali non risolti.Van der Kolk (1987) ha spiegato gli effetti deltrauma da una prospettiva psicobiologica.Secondo quest’autore gli effetti del trauma su-bito porterebbero ad una incapacità di modu-lare affetti intensi, compresi quelli aggressivi,come conseguenza di un’alterazione di specifi-ci processi neurobiologici.

Teoria dell’effetto positivo:“modello dell’autoregolazione”

Spesso anche la teoria del trauma non è suffi-ciente a spiegare il fenomeno. Infatti non tuttele vittime di abuso sessuale in età evolutiva di-ventano degli abusatori.Gli autori che sostengono il “modellodell’autoregolazione” (Ward e coll., 1998.) ol-tre alle emozioni negative, evidenziano anchela funzione che le emozioni positive possonosvolgere nell’indurre condotte abusive. In que-sti casi, l’abusatore non perde affatto il con-trollo e non usa per nulla il sesso come mezzodi fuga o per ridurre emozioni negative, ma alcontrario ha l’obiettivo di aumentare o mante-

nere uno stato emozionale positivo attraversol’atto abusivo e quindi pianifica l’atto in modoesplicito, attento e deliberato.Esisterebbero due diversi tipi di motivazioni:• Via delle mete devianti: Il problema non è

individuabile nei processi diautoregolazione, che paradossalmente, sonoinvece altamente efficienti ma risiede nellascelta della meta. Un pedofilo può consi-derare il sesso con i minori come perfetta-mente legittimo e può quindi elaborare stra-tegie impeccabili ed adeguate diperseguimento di tale meta: è la società checonsidera tale meta non accettabile. Nonvi è in questo caso la presenza di emozioninegative ma la persona cerca di realizzare isuoi scopi e non considera particolarmenteproblematico il suo stile di vita.

• via della sottoregolazione e delladisinibizione: potenti stati affettivi negati-vi agiscono direttamente come disinibitorio portano a comportamenti che a loro vol-ta inducono ad una perdita di controllo.

LA RACCOLTA DEI DATI

Nelle pagine centrali del giornale è possibiletrovare il questionario con cui l’Ordine si pro-pone di raccogliere le informazioni relative alcomportamento del pedofilo e alle sue caratte-ristiche di personalità., e con il quale si speradi portare un utile contributo al lavoro svoltodall’Osservatorio. Preghiamo perciò tutti i col-leghi che ne abbiano la possibilità di risponde-re al questionario e di inviarlo al proprio Ordi-ne di appartenenza.

Con i dati raccolti

attraverso il questio-

nario l’Ordine si

propone di contribui-

re attivamente al

lavoro svolto dall’Os-

servatorio, fornendo

informazioni utili a

comprendere il

comportamento del

pedofilo e le sue

caratteristiche di

personalità.

Dott. Fulvio GiardinaPresidente Ordine

degli Psicologi della Sicilia

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

E’ sempre più frequente, per gli Psicologi delnostro Paese, che nel corso della propria attivitàprofessionale si venga prima o poi chiamati arendere “testimonianza” per elementi relativi alproprio lavoro ed in qualche modo collegati,anche indirettamente, a fatti rispetto ai quali leAutorità preposte abbiano già avviato o stianoavviando procedimenti amministrativi o giuri-dici, di tipo sia civile che penale.Il presente lavoro si pone quindi il compito dicercare di indicare, a quei colleghi che si venga-no a trovare in tali situazioni di convocazione ascopo testimoniale da parte delle competentiautorità, quali linee di comportamento adotta-re al fine di non incorrere in violazioni dellenorme al riguardo vigenti, e ciò al fine di indi-viduare in ogni singola fattispecie quali obbli-ghi e quali divieti, a volte anche confliggenti tradi loro, l’attuale complesso di norme giuridichee deontologiche preveda al riguardo.Occorre innanzitutto evidenziare che questatematica è esplicitamente affrontata dall’art. 12del vigente Codice Deontologico degli Psicolo-gi italiani, il quale si collega più o meno diretta-mente agli articoli 11, 13 e 15 del CodiceDeontologico medesimo, e di cui riportiamo inriquadro il testo integrale.

ARTICOLI 11,12,13,15DEL CODICE DEONTOLOGICO

DEGLI PSICOLOGI

Articolo 11Lo psicologo è strettamente tenuto al segretoprofessionale. Pertanto non rivela notizie, fattio informazioni apprese in ragione del suo rap-porto professionale, né informa circa le pre-stazioni professionali effettuate o program-mate, a meno che non ricorrano le ipotesipreviste dagli articoli seguenti.

Articolo 12Lo psicologo si astiene dal rendere testimo-nianza su fatti di cui è venuto a conoscenzain ragione del suo rapporto professionale.Lo psicologo può derogare all’obbligo dimantenere il segreto professionale, anche in

LO PSICOLOGOE L’OBBLIGO DI TESTIMONIANZA

di Fulvio Frati

Con questo lavoro si

cerca di indicare, a

quei colleghi che

vengano convocati a

scopo testimoniale ,

quali linee di compor-

tamento adottare al

fine di non incorrere

in violazioni delle

norme deontologiche

e giuridiche al

riguardo vigenti.

caso di testimonianza, esclusivamente in pre-senza di valido e dimostrabile consenso deldestinatario della sua prestazione. Valuta, co-munque, l’opportunità di fare uso di tale con-senso, considerando preminente la tutela psi-cologica dello stesso.

Articolo 13Nel caso di obbligo di referto o di obbligo didenuncia, lo psicologo limita allo stretto ne-cessario il riferimento di quanto appreso inragione del proprio rapporto professionale,ai fini della tutela psicologica del soggetto.Negli altri casi, valuta con attenzione la ne-cessità di derogare totalmente o parzialmen-te alla propria doverosa riservatezza, qualorasi prospettino gravi pericoli perla vita o per lasalute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

Articolo 15Nel caso di collaborazione con altri soggettiparimenti tenuti al segreto professionale, lopsicologo può condividere soltanto le infor-mazioni strettamente necessarie in relazioneal tipo di collaborazione.

Oltre a questi quattro articoli del vigente Codi-ce Deontologico degli Psicologi italiani sono datenere oltremodo presenti, relativamente al temache oggi intendo qui affrontare, anche varie al-tre norme giuridiche, tra le quali occorre citare,in primo luogo, almeno gli articoli 622 (“Rive-lazione di segreto professionale”) e 326 (“Rive-lazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio”) delCodice Penale attualmente vigente nel nostroPaese. Anche di ambedue queste norme si ri-porta pertanto in riquadro l’attuale testo com-pleto.

ARTICOLI DEL CODICEPENALE SUL SEGRETO

PROFESSIONALE

Art. 622 - Rivelazionedi segreto professionale

Chiunque, avendo notizia, per ragione del pro-prio stato o ufficio, o della propria professione oarte, di un segreto, lo rivela senza giusta causa,

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la Professione di Psicologo 2/04

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

l’art. 194 (Oggetto e limiti della testimonianza)e l’art. 207 (Testimoni sospettati di falsità o reti-cenza. Testimoni renitenti) del nostro attualeCodice di Procedura Penale: in particolar modo,per ciò che qui interessa, l’art. 198 (Obblighidel testimone), l’art. 200 (Segreto professiona-le) e l’art. 201 (Segreto di ufficio) dello stesso.Occorre peraltro, a questo proposito, ricordareche la Legge 1 marzo 2001 n. 63 “Modifiche alcodice penale e al codice di procedura penale inmateria di formazione e valutazione della provain attuazione della legge costituzionale di rifor-ma dell’art. 111 della costituzione” ha introdot-to numerose variazioni proprio a varie norme inmateria di testimonianza presenti all’interno delCodice Penale e di quello di Procedura Penale:con tale legge non sono stati però modificati néi sopra riportati articoli 622 e 326 del CodicePenale né gli articoli 198, 200 e 201 del Codicedi Procedura Penale, bensì varie altre norme dilegge tra le quali vi sono proprio alcuni altri ar-ticoli inseriti anch’essi, come gli ultimi tre quicitati, all’interno del Capo I del Titolo II dellaParte Prima del Libro Terzo del Codice di Pro-cedura Penale.Con tale doverosa precisazione si riportano quidi seguito, nella loro forma attualmente vigen-te, alcuni articoli del nostro attuale Codice diProcedura Penale compresi tra il 194 ed il 207, iquali si ritengono particolarmente significativiper l’argomento che si intende in questa sedeaffrontare.

ARTICOLI DEL CODICEDI PROCEDURA PENALE

SULL’OBBLIGO DITESTIMONIANZA E SEGRETO

PROFESSIONALE

Art. 194 - Oggetto e limitidella testimonianza

1. Il testimone è esaminato sui fatti che costitui-scono oggetto di prova (187). Non può deporresulla moralità dell’imputato (234-3), salvo chesi tratti di fatti specifici, idonei a qualificarnela personalità (133 c.p.) in relazione al reato ealla pericolosità sociale (203 c.p.).

2. L’esame può estendersi anche ai rapporti di pa-rentela e di interesse che intercorrono tra il testi-mone e le parti o altri testimoni nonché allecircostanze il cui accertamento è necessario pervalutarne la credibilità. La deposizione sui fat-ti che servono a definire la personalità della per-sona offesa dal reato è ammessa solo quando il

ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, èpunito se dal fatto può derivare nocumento, conla reclusione fino a un anno o con la multa da L60.000 a 1 milione (c.p.326).Il delitto è punibile a querela della persona offesa(c.p.120-126).La pena è aggravata se il fatto è commesso da am-ministratori, direttori generali, sindaci o liquida-tori o se è commesso da chi svolge la revisione con-tabile della società (comma aggiunto dall’articolo2 del decreto legislativo n. 61 del 2002).

Art. 326 - Rivelazione ed utilizzazionedi segreti d’ufficio

1.Il pubblico ufficiale o la persona incaricata diun pubblico servizio, che, violando i doveri ine-renti alle funzioni o al servizio, o comunqueabusando della sua qualità, rivela notizie diufficio, le quali debbano rimanere segrete, o neagevola in qualsiasi modo la conoscenza, è pu-nito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2.Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applicala reclusione fino a un anno.

3.Il pubblico ufficiale o la persona incaricata diun pubblico servizio, che, per procurare a sé oad altri un indebito profitto patrimoniale, siavvale illegittimamente di notizie di ufficio, lequali debbano rimanere segrete, è punito conla reclusione da due a cinque anni. Se il fatto ècommesso al fine di procurare a sé o ad altri uningiusto profitto non patrimoniale o di cagio-nare ad altri un danno ingiusto, si applica lapena della reclusione fino a due anni.

All’argomento della testimonianza riservano im-portanti spazi specifici, inoltre, sia il Codice diProcedura Penale che il Codice di ProceduraCivile attualmente vigenti nel nostro Paese: inparticolare, il nostro Codice di Procedura Pena-le dedica ad esso gli articoli compresi tra il n.194 ed il n. 207, vale a dire l’intero Capo I (Te-stimonianza) del Titolo II (Mezzi di prova) del-la Parte Prima del Libro Terzo (Prove), mentreil nostro Codice di Procedura Civile riserva aquesto stesso argomento l’intero Paragrafo 8(Della prova per testimoni) della Sezione III(Dell’istruzione probatoria) del Capo II (Del-l’istruzione della causa) del Titolo I (Del proce-dimento davanti al Tribunale) del Libro Secon-do (Del processo di cognizione), vale a dire gliarticoli compresi tra il 244 e il 257.Sono pertanto da tenere ben presenti in questasede innanzitutto, oltre agli articoli del CodiceDeontologico e del Codice Penale sopra ripor-tati, anche alcuni articoli appunto compresi tra

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

fatto dell’imputato deve essere valutato in rela-zione al comportamento di quella persona.

3. Il testimone è esaminato su fatti determinati(499). Non può deporre sulle voci correnti nelpubblico (2343) né esprimere apprezzamentipersonali salvo che sia impossibile scinderli dalladeposizione sui fatti.

Art. 198 - Obblighi del testimonel. Il testimone ha l’obbligo di presentarsi al giudi-

ce e di attenersi alle prescrizioni date dal mede-simo per le esigenze processuali e di risponderesecondo verità (497) alle domande che gli sonorivolte.

2.Il testimone non può essere obbligato a deporresu fatti dai quali potrebbe emergere una suaresponsabilità penale.

Art. 200 - Segreto professionale1.Non possono essere obbligati a deporre su quanto

hanno conosciuto per ragione del proprio mi-nistero, ufficio o professione, salvi i casi in cuihanno l’obbligo di riferirne all’autoritàgiudiziaria (331, 334):

a)i ministri di confessioni religiose, i cui statutinon contrastino con l’ordinamento giuridico ita-liano;

b)gli avvocati, i procuratori legali, i consulentitecnici (2224 coord.) e i notai;

c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetrichee ogni altro esercente una professione sanitaria;

d)gli esercenti altri uffici o professioni ai quali lalegge riconosce la facoltà di astenersi dal depor-re determinata dal segreto professionale.

2.Il giudice, se ha motivo di dubitare che la di-chiarazione resa da tali persone per esimersi daldeporre sia infondata, provvede agli accerta-menti necessari. Se risulta infondata, ordinache il testimone deponga.

3.Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si ap-plicano ai giornalisti professionisti iscritti nel-l’albo professionale, relativamente ai nomi del-le persone dalle quali i medesimi hanno avutonotizie di carattere fiduciario nell’esercizio del-la loro professione (1957). Tuttavia se le noti-zie sono indispensabili ai fini della prova delreato per cui si procede e la loro veridicità puòessere accertata solo attraverso l’identificazionedella fonte della notizia, il giudice ordina algiornalista di indicare la fonte delle sue infor-mazioni.

Art. 201 - Segreto di ufficio1.Salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne

all’autorità giudiziaria (331), i pubblici uffi-ciali (357 c.p.), i pubblici impiegati e gli inca-ricati di un pubblico servizio (358 c.p.) hannol’obbligo di astenersi dal deporre (204) su fatticonosciuti per ragioni del loro ufficio che devo-no rimanere segreti (326 c.p.).

2.Si applicano le disposizioni dell’art. 200 commi2 e 3.

Art. 207 - Testimoni sospettati di falsità oreticenza. Testimoni renitenti

1.Se nel corso dell’esame un testimone rende di-chiarazioni contraddittorie, incomplete o con-trastanti con le prove già acquisite, il presidenteo il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, sedel caso, l’avvertimento previsto dall’art. 497comma 2. Allo stesso avvertimento provvede seun testimone rifiuta di deporre fuori dei casiespressamente previsti dalla legge e, se il testi-mone persiste nel rifiuto, dispone l’immediatatrasmissione degli atti al pubblico ministeroperché proceda a norma di legge (476).

2.Con la decisione che definisce la fase processualein cui il testimone ha prestato il suo ufficio, ilgiudice, se ravvisa indizi del reato previstodall’art. 372 c.p., ne informa il pubblico mi-nistero trasmettendogli i relativi atti.

Per quanto riguarda l’argomento che in questasede mi sono ripromesso di approfondire, vale adire, appunto, l’obbligo o meno di testimonianzada parte dello Psicologo in relazione a fatti ap-presi durante lo svolgimento della propria atti-vità professionale, mi sembra necessario citareancora in questa sede almeno il più importanteriferimento a tale tema presente all’interno del-le “Disposizioni sul processo penale a carico diimputati minorenni” approvate con Decreto delPresidente della Repubblica n. 448 del 22 Set-tembre 1998, riportandone integralmente inquesta sede il testo del suo art.9.

DISPOSIZIONI SULPROCESSO PENALE

A CARICO DI MINORENNI

Art. 9 DPR del 22 settembre 1988, n. 448“Approvazione delle disposizioni sulprocesso penale a carico di imputati

minorenni” - Accertamenti sulla persona-lità del minorenne

1.Il pubblico ministero e il giudice acquisisco-no elementi circa le condizioni e le risorse per-

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

sonali, familiari, sociali e ambientali del mi-norenne al fine di accertarne l’imputabilitàe il grado di responsabilità, valutare larilevanza sociale del fatto nonché disporre leadeguate misure penali e adottare gli even-tuali provvedimenti civili.

2.Agli stessi fini il pubblico ministero e il giu-dice possono sempre assumere informazionida persone che abbiano avuto rapporti con ilminorenne e sentire il parere di esperti, an-che senza alcuna formalità.

In ogni caso, a parte quanto previsto dall’art. 9sopra riportato che si discosta in modo signifi-cativo da quanto disposto dalle corrispondentinorme di procedura penale vigenti per gli im-putati adulti, per tutte le altre disposizioni ri-guardante l’obbligo di testimonianza da partedella psicologo nei procedimenti penali riguar-danti imputati minorenni vale di fatto quantopiù dettagliatamente espresso al riguardo dallanormativa, già in parte sopra riportata, che siapplica per gli imputati maggiori degli anni 18.Appare infine necessario riportare in questa sede,oltre a ciò che è stato evidenziato finora per l’am-bito penale, anche alcuni articoli compresi tral’art. 244 (Modo di deduzione) e l’art. 257 (As-sunzione di nuovi testimoni e rinnovazione del-l’esame) del Codice di Procedura Civile: inparticolar modo, per ciò che qui interessa, l’art.249 (Facoltà d’astensione), l’art. 250 (Intima-zione ai testimoni), l’art. 255 (Mancata com-parizione dei testimoni) e l’art. 256 (Rifiuto dideporre e falsità della testimonianza).

ARTICOLI DEL CODICEDI PROCEDURA CIVILE

SULLA TESTIMONIANZA

Si applicano all’audizione dei testimoni le di-sposizioni degli articoli 351 e 352 del codicedi procedura penale relative alla facoltà d’asten-sione dei testimoni. (Si vedano, attualmente,gli artt. 199 nuovo c.p.p. per la facoltà di asten-sione e gli artt. 200 e 204 stesso codice per l’ob-bligo di astenersi a causa di segreto professiona-le o di Stato).

Art. 250 Codice di Procedura Civile -Intimazione ai testimoni

L’ufficiale giudiziario, su richiesta della parteinteressata, intima ai testimoni ammessi dalgiudice istruttore di comparire nel luogo, nelgiorno e nell’ora fissati, indicando il giudice

che assume la prova e la causa nella quale deb-bono essere sentiti.

Art. 255 Codice di Procedura Civile -Mancata comparizione dei testimoni

Se il testimone regolarmente intimato non si pre-senta, il giudice istruttore può ordinare una nuo-va intimazione oppure disporne l’accompagna-mento all’udienza stessa o ad altra successiva.Con la medesima ordinanza lo condanna a unapena pecuniaria non inferiore a lire quattro-cento e non superiore a lire ottomila, oltre chealle spese causate dalla mancata presentazione.Se il testimone si trova nell’impossibilità di pre-sentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle con-venzioni internazionali, il giudice si reca nellasua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sonosituati fuori della circoscrizione del tribunale,delega all’esame il pretore del luogo.

Art. 256 Codice di Procedura Civile -Rifiuto di deporre e falsità

della testimonianzaSe il testimone, presentandosi, rifiuta di giura-re o di deporre senza giustificato motivo, o se viè fondato sospetto che egli non abbia detto laverità o sia stato reticente, il giudice istruttorelo denuncia al pubblico ministero, al quale tra-smette copia del processo verbale. Il giudice puòanche ordinare l’arresto del testimone.

Per completezza informativa, va comunque ri-cordato che nell’ordinamento giudiziario del no-stro Paese non sono previste soltanto una Giu-stizia Penale ed una Giustizia Civile, ma esisteanche una Giustizia Amministrativa (regolata inmodo particolare dalla Legge n. 1034 del 6 di-cembre 1971) che ha fondamentalmente il com-pito di accertare la correttezza o meno degli atticompiuti dalla pubblica Amministrazione. Sinoma pochi anni fa, tuttavia, i processi ammini-strativi si svolgevano esclusivamente attraversol’analisi degli atti formali e degli altri scritti alriguardo presentati dalle parti in causa, e nonprevedevano quindi alcuna forma di testimo-nianza personale diretta. Tale possibilità è statapoi introdotta dalla più recente Legge n. 205del 21 luglio 2000 (“Disposizioni in materia digiustizia amministrativa”, pubblicata nella Gaz-zetta Ufficiale n. 173 del 26 luglio 2000), percui ora la testimonianza è ammessa anche neiprocedimenti avviati e condotti dalla magistra-tura amministrativa. A tale forma di acquisizionedella testimonianza in sede di giustizia ammini-strativa, comunque, si applicano le medesime

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

procedure previste per i procedimenti di tipocivile, e le norme da tenere presenti in tale sedeper quanto concerne il coinvolgimento in qua-lità di testimoni di persone che possono esserevenute a conoscenza di fatti rilevanti ai finiprocessuali durante l’esercizio della loro attivitàprofessionale di psicologo risultano quindi es-sere, di fatto, i medesimi articoli del Codice diProcedura Civile già sopra trascritti.Dall’analisi complessiva di tutte le norme giuri-diche sopra riportate, indipendentemente dalfatto che ciascuna di esse sia in realtà piùspecificatamente riferibile all’ambitodeontologico, a quello civile o amministrativooppure, infine, a quello penale, emerge comun-que in primo luogo una loro sostanziale con-vergenza rispetto a due concetti fondamentali:1) Alcune figure professionali, per la loro spe-

cifica natura sanitaria (tra le quali dovreb-bero quindi sicuramente ricadere sia quelladello psicoterapeuta sia quella dello psico-logo clinico) o comunque per il fatto chesvolgano una particolare professione od arteregolate da un apposito Albo e CodiceDeontologico (e tra le quali dovrebbe quin-di ricadere anche quella di psicologo tout-court), sono di norma tenute all’obbligo disegreto professionale, cioè non possono diregola rivelare a nessuno, e quindi nemme-no a chi avendone facoltà li interroga in qua-lità di testimoni, notizie segrete o comun-que riservate apprese nel corso della propriaattività professionale. In caso contrario essecommettono un reato penale in violazionedell’art. 622 c.p., ed eventualmente anchedell’art. 326 c.p. se esse sono pubblici uffi-ciali o incaricati di pubblico servizio (quali-fica che nel caso dello psicologo può esseresicuramente attribuita ai dipendenti o aiconvenzionati con il Servizio Sanitario Na-zionale, a chi svolge funzioni di C.T.U. ecc.).

2) Tale norma di carattere generale può esseretuttavia derogava in caso di valido edimostrabile consenso informato della per-sona da cui le notizie da considerarsi segreteo comunque riservate sono state riferite, op-pure, anche in assenza di tale consenso in-formato, da un giudice che, sulla base dellaconsiderazione per la quale possa essere inalcune circostanze da considerarsi prevalen-te l’interesse generale del dover rendere giu-stizia ad una vittima rispetto all’interesse in-dividuale relativo all’inviolabilità del segre-to, obblighi con apposito atto a testimonia-re il professionista che conosce tali notizie

segrete o comunque riservate.E’ quindi da evidenziare, in primo luogo, chenessuna Autorità al di fuori di un giudice o diun presidente di tribunale può mai ordinare aduno psicologo di rendere testimonianza su fattiche egli ha appreso durante lo svolgimento del-la propria attività professionale. Ciò, tuttavia,non esime affatto ogni psicologo che sia convo-cato in qualunque sede a ciò riconosciuta dalloStato al fine di rendere testimonianza dal pre-sentarsi nell’ora e nel luogo indicati nella con-vocazione stessa: in caso contrario, infatti, il giu-dice o il presidente del tribunale può disporne“l’accompagnamento all’udienza stessa o ad al-tra successiva”, sia che si tratti di un procedi-mento di tipo penale sia che si tratti di un pro-cedimento di tipo civile o amministrativo. Intutti questi casi, pertanto, è opportuno che, dinorma, lo psicologo convocato per rendere te-stimonianza si presenti spontaneamente nel luo-go e nell’ora indicatigli, al fine di prevenire lapossibilità di un accompagnamento coatto chesicuramente non giova né all’immagine socialedel singolo professionista né a quella della pro-fessione complessivamente intesa.Una prima doverosa precisazione, al riguardo,va tuttavia operata in riferimento all’eventualitàper nulla remota che uno psicologo - special-mente se operante nel territorio italiano o co-munque europeo - venga chiamato a testimo-niare da un giudice appartenente non ad unacorte di tipo penale, civile o amministrativo,bensì del Tribunale della Sacra Rota, Tribunaledella Curia romana, per quanto riguarda proce-dimenti concernenti l’annullamento di un ma-trimonio contratto con il rito religioso. Il presi-dente della corte di questo tribunale può con-vocare in qualità di testimone uno psicologo chepuò avere in qualche modo avuto tra i propriclienti o pazienti una delle parti in causa, adesempio uno dei coniugi: ma in questi casi, nonavendo questo tribunale alcuna autorità di tipopenale o civile ma solo una funzione di tipo re-ligioso, lo psicologo non solo non è obbligato apresentarsi dinanzi a tale corte (e se non lo fanon può sicuramente essere costretto a farlo at-traverso l’utilizzo della forza pubblica), ma se lofacesse senza aver prima acquisito al riguardoun apposito consenso informato scritto da par-te del proprio cliente coinvolto in tale causa ri-cadrebbe evidentemente in una palese violazio-ne della norma penale sull’obbligo di segretoprofessionale (art. 622 C. P. sopra riportato, e,nel caso che egli sia pubblico dipendente o co-munque incaricato di pubblico servizio, anche

Alcune figure profes-

sionali sono di norma

tenute all’ obbligo di

segreto professionale,

o per la loro specifica

natura sanitaria (e tra

queste rientrano

quindi lo

Psicoterapeuta e lo

Psicologo Clinico) o

per il fatto che svolgo-

no una professione

regolata da un appo-

sito Albo e Codice

Deontologico (e tra

queste rientra lo

Psicologo).

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

art. 326 C.P.) nonché dell’art. 12 del proprioCodice Deontologico, esponendosi quindi siaalle conseguenti sanzioni sia disciplinari che pe-nali conseguenti a tali norme.Diverso è, invece, il caso dello psicologo chevenga chiamato a rendere testimonianza da partedi un’autorità riconosciuta come tale ai fini pe-nali, civili o amministrativi da parte dello statoitaliano. In tutti questi casi, al fine di prevenireil rischio di essere poi invitato a presentarsi difronte a tale autorità attraverso l’azione dellaforza pubblica è sicuramente opportuno che lopsicologo si presenti sollecitamente e sponta-neamente di fronte a tale autorità, al fine di chia-rire in via preliminare i propri doveri ed i limitia lui imposti dalle vigenti normativedeontologiche e penali in materia di segreto pro-fessionale.Una volta giunto di fronte all’autorità che lo haconvocato affinché renda testimonianza lo psi-cologo ha il dovere di informarla immediata-mente che, se già non dispone di uno specificoconsenso informato scritto e sulla base di quantoprevisto sia dal Codice Penale che dal proprioCodice Deontologico, è rigorosamente tenutoal rispetto del segreto professionale ed incorrenel rischio di sanzioni sia penali sia disciplinarise infrange tale divieto rendendo testimonian-za. A questo punto, nel caso che l’autorità inquestione non sia un giudice (ma sia, ad esem-pio, un ufficiale di polizia giudiziaria che stiasvolgendo indagini, oppure un funzionario dipubblica sicurezza operante su mandato di unpubblico ministero) essa deve solo prendere attodi tale obbligo dello psicologo, senza alcuna pos-sibilità di obbligarlo a testimoniare. Nel caso sitratti di un giudice o di un presidente di tribu-nale, invece, possono originarsi alcune differentipossibilità, che vanno ad una ad una specificateed esaminate.Prima di entrare nel merito di ciascuna di esse,comunque, vale la pena di sottolineare una nor-ma di comportamento generalmente valida, perlo psicologo, in tutti i casi in cui si prospetti lapossibilità che egli venga chiamato a testimo-niare in relazione a quanto appreso durante lapropria attività professionale, vale a dire quan-to prescritto dall’art.12 del vigente Codicedeontologico degli psicologi italiani e già soprariportato.Il secondo comma di tale articolo afferma in-fatti che “Lo psicologo può derogare all’obbli-go di mantenere il segreto professionale, anchein caso di testimonianza, esclusivamente in pre-senza di valido e dimostrabile consenso del

destinatario della sua prestazione”. Inoltre, ilsuccessivo e finale periodo del medesimo art.12 C.D. stabilisce che lo psicologo, anche incaso di valido e dimostrabile consenso alla pro-pria testimonianza reso da parte del destinatariodella sua prestazione, “valuta, comunque, l’op-portunità di fare uso di tale consenso, conside-rando preminente la tutela psicologica dellostesso”.Ed è proprio al fine di evitare che eventuali vio-lazioni non autorizzate del segreto professiona-le, a seguito di richiesta di testimonianza, sorti-scano effetti dannosi per l’equilibrio ed il be-nessere psicologico del soggetto che va anchein questa sede considerata come fondamentalela soluzione indicata dall’art. 12 del CodiceDeontologico, e cioè il consenso informato. Oc-corre cioè, non appena lo psicologo venga a co-noscenza del fatto di essere stato chiamato dauna qualunque autorità a rendere testimonianzasu notizie apprese nel corso della propria atti-vità professionale con una specifica persona ouno specifico gruppo di persone (ad es. cop-pia, famiglia, comunità ecc.) che lo psicologone parli direttamente con quella o quelle speci-fiche persone, al fine di valutare con loro, edeventualmente acquisire da loro, quel consensoinformato alla testimonianza che più di ogni al-tra cosa lo garantirebbe rispetto a qualunquerischio sia disciplinare sia amministrativo, civi-le o penale. Ottenendo tale consenso informa-to, infatti, lo psicologo potrebbe effettuare conla massima serenità la dovuta testimonianza al-l’autorità, sicuro di non infrangere in alcunmodo il dovere di riservatezza proprio in quan-to preventivamente abilitato a farlo dal proprioassistito o dai propri assistiti dopo averli, a pro-pria volta, resi edotti delle conseguenze dellapropria eventuale testimonianza.Viceversa, senza aver ottenuto tale consenso allopsicologo non è di norma possibile prestare al-cun tipo di testimonianza, perché da un latociò infrangerebbe il rapporto di fiducia col pro-prio assistito e minerebbe quindi alla base i fon-damentali presupposti di qualunque ulteriorefuturo lavoro con lui, e dall’altro lo esporrebbesia ad una concreta sanzione disciplinare daparte del proprio Ordine territoriale di appar-tenenza per violazione dell’art. 12 del C.D. siaa non meno pesanti conseguenze da parte dellaGiustizia ordinaria per violazione dell’art. 622(ed eventualmente anche dell’art. 326) delCodice Penale.E’ a questo punto, tuttavia, che occorre distin-guere – sulla base delle differenti fattispecie pre-

Dall’obbligo di

segreto professionale

si può derogare in

caso di valido e

dimostrabile “consen-

so informato” della

persona da cui le

notizie da considerar-

si segrete o comunque

riservate sono state

riferite.

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

viste dal Codice di procedura Civile (che comeho già detto si applica anche ai casi relativi aprocedimenti condotti dalla Giustizia Ammi-nistrativa) da un lato e dal Codice di ProceduraPenale dall’altro, attraverso gli specifici articolisopra al riguardo già riportati – che cosa puòaccadere allo psicologo che non ottenga dal pro-prio assistito tale consenso, e che ciò nonostan-te si trovi ad essere convocato a rendere testi-monianza non di fronte ad una qualsiasi pub-blica autorità, ma più specificatamente ad unGiudice o ad un Presidente di Tribunale.Come ho già sopra sottolineato, infatti, unavolta giunto di fronte ad un giudice o ad unpresidente di tribunale che lo ha convocato af-finché renda testimonianza lo psicologo ha ildovere di informarlo immediatamente che, segià non dispone di uno specifico consenso in-formato scritto e sulla base di quanto previstosia dal Codice Penale che dal proprio CodiceDeontologico, egli è rigorosamente tenuto alrispetto del segreto professionale ed incorre nelrischio di sanzioni sia penali sia disciplinari seinfrange tale divieto rendendo testimonianza.Anche nel caso opposto, nell’ipotesi cioè che lopsicologo disponga di tale consenso, egli devefar comunque rilevare sin dall’inizio a tale giu-dice o Presidente di Tribunale che l’ultima par-te dell’art. 12 del proprio Codice Deontologicogli impone, comunque, di rivelare soltanto ciòche, per il fatto stesso di essere reso noto, nonprovochi alcun tipo di negativa conseguenza ri-spetto all’equilibrio ed al benessere psicologicodel soggetto stesso.E’ quindi a questo punto che si originano alcu-ne differenti possibilità, come sopra anticipa-vo, nel caso che il giudice o presidente del tri-bunale al quale lo psicologo si trova di frontestia operando in un contesto giudiziario di tipocivile o amministrativo, da un lato, oppure pe-nale dall’altro.Per quanto riguarda infatti un’eventuale richie-sta di testimonianza rivolta ad uno psicologoda parte di un giudice chiamato a decidere re-lativamente ad un procedimento di tipo civileo amministrativo, l’art. 249 del Codice di Pro-cedura Civile (“Facoltà d’astensione) richiamadirettamente l’art. 200 del Codice di Procedu-ra Penale, anch’esso relativo all’obbligo dei te-stimoni di astenersi a causa di segreto profes-sionale, e quindi, in tal caso, se lo psicologoritiene di non potere (in quanto privo del ne-cessario consenso informato da parte del pro-prio assistito) o di non dovere testimoniare (sullabase di quanto previsto a sua volta dall’ultimo

periodo dell’art. 12 C.D. e sopra giàripetutamente evidenziato) al giudice non restache prendere atto di tale giustificato motivo espli-citamente previsto dal sopra riportato art. 256C.P.C., e di rinunciare quindi ad acquisire la te-stimonianza dello psicologo stesso senza alcunaconseguenza ulteriore per quest’ultimo.Nel caso invece che lo psicologo si trovi ad esse-re chiamato a rendere testimonianza da parte diun giudice o di un presidente di tribunale relati-vamente ad un procedimento di natura penalela legge attualmente vigente non appare del tut-to univoca come quella invece vigente in mate-ria di procedimenti civili o amministrativi. Oc-corre pertanto distinguere, a questo proposito,tre differenti ulteriori casi particolari.Nel caso il procedimento penale riguardi un sog-getto tossicodipendente, in primo luogo, la leg-ge attualmente vigente (art. 120 D.P.R. n.309del 9/10/1990) riconosce allo psicologo operantepresso servizi pubblici oppure presso enti, cen-tri, associazioni o gruppi convenzionati con ilservizio pubblico per le tossicodipendenze il to-tale diritto di astenersi da qualunque tipo di te-stimonianza, anche nel caso si tratti di un pro-cedimento che veda tale soggetto accusato di reatiprevisti come tali dal Codice Penale: come rile-vano al riguardo Gulotta e Calvi (Il CodiceDeontologico degli Psicologi commentato articoloper articolo, Milano, Giuffrè, 1999, pag. 102) “siprivilegia qui la necessità terapeutica rispetto aquella giudiziaria”, il che poi è il medesimo prin-cipio che viene, con altre parole, ribadito dal piùvolte qui ricordato ultimo periodo dell’art. 12del nostro Codice deontologico attualmente vi-gente.Non tutta la normativa vigente in materia di pro-cedimenti a carattere penale, tuttavia, è ancorachiaramente scritta in termini che rendono espli-cita in tale specifico contesto procedurale l’uni-versalità di tale principio. Esso tuttavia può rite-nersi, nel nostro attuale panorama giuridico, con-solidato in maniera per certi aspetti analoga aquanto stabilito dal D.P.R. 309/90 per i sogget-ti tossicodipendenti anche per quanto riguarda,ad esempio, i soggetti minorenni, in quanto tuttolo spirito del D.P.R. n. 448 del 1988 (Approva-zione delle disposizioni sul processo penale a ca-rico di imputati minorenni), anch’esso qui giàin precedenza citato, appare orientato a tutelareprioritariamente la salute e l’adeguato sviluppopsicologico successivo di questi soggetti rispettoad esigenze immediate di accertamento della ve-rità attraverso procedure che potrebbero invececomprometterlo.

Lo Psicologo ha il

dovere di informare

immediatamente

l’Autorità che lo ha

convocato che, se

non dispone di uno

specifico consenso

informato, incorre nel

rischio di sanzioni sia

penali sia disciplinari

se infrange l’obbligo

di segreto

professionale.

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

Nel caso di soggetti maggiorenni non tossico-dipendenti, infine, l’art. 200 del Codice di Pro-cedura Penale esonera dall’obbligo di “deporresu quanto hanno conosciuto per ragione del pro-prio ministero, ufficio o professione” sia “i me-dici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche eogni altro esercente una professione sanitaria”(Comma 1 lettera c) sia “gli esercenti altri ufficio professioni ai quali la legge riconosce la facol-tà di astenersi dal deporre determinata dal se-greto professionale” (Comma 1 lettera d).Come quindi sopra già anticipavo, secondo lamia personale interpretazione, nella prima diqueste due fattispecie dovrebbero sicuramentericadere, per la loro specifica natura sanitaria,sia la figura professionale dello psicoterapeutasia quella dello psicologo clinico, mentre nellaseconda (vale a dire quella di professionisti chesvolgano una particolare “professione od arte”regolate da un apposito Albo e CodiceDeontologico) dovrebbe con altrettanta proba-bilità ricadere quella di psicologo “tout-court”.Da tali considerazioni, pertanto, ne discende-rebbe che, di norma, nessun giudice o presi-dente di tribunale potrebbe di fatto obbligare atestimoniare (o, per meglio dire, assumere iprovvedimenti anche coercitivi al riguardo pre-visti dal sopra riportato art. 207 C.P.P. al fine diobbligarlo a testimoniare) uno psicologo con-vocato in un procedimento penale allo scopodi rendere testimonianza relativamente a fatti onotizie appresi nel corso della propria attivitàprofessionale che si rifiutasse di testimoniare oin base alla mancanza di un consenso informa-to a lui concesso o in base alla propria persona-le valutazione che la rivelazione di tali notizie ofatti potrebbe risultare rischiosa per la salute edil benessere psicofisico del soggetto che glie l’harivelata.Tuttavia, occorre precisarlo, qualche giudice opresidente di tribunale avrebbe almeno due buo-ne argomentazioni per confutare, almeno in pri-ma istanza, tale mia interpretazione “garantista”per lo psicologo, e ciò sulla base dei seguentielementi:1) Né la figura professionale dello psicologo

tout court né quelle più specialistiche dellopsicoterapeuta o dello psicologo clinico ri-sultano in realtà inserite tra le professionisanitarie esplicitamente citate nell’art. 99 delTesto Unico delle Leggi Sanitarie;

2) Né la legge istitutiva della professione di psi-cologo (L. 56/89) né le sue successivemodificazioni od integrazioni affermano al-l’interno del loro testo che tale figura pro-

fessionale ha l’obbligo di segreto professio-nale (a differenza di quanto avviene all’in-terno di norme giuridiche relative ad altrefigure professionali, tra le quali, ad esempio,basterà citare le apposite “Disposizioni con-cernenti l’obbligo del segreto professionaleper gli Assistenti Sociali” emanate con la re-cente Legge 3 aprile 2001, n. 119).

E’ tuttavia già presente, tra le Leggi in vigore nelnostro Paese, una norma che assegna ad opera-tori di varie professionalità, tra le quali può intaluni casi certamente ritrovarsi anche quelladello psicologo, un chiaro “non obbligo di testi-monianza” assolutamente identico a quello ditutte le altre Professioni per le quali si applicainvece inequivocabilmente quanto previstodall’art. 200 del Codice di Procedura Penale: sitratta del comma 7 dell’art. 120 del D.P.R. 9Ottobre 1990 n. 309 “Testo unico delle leggi inmateria di disciplina degli stupefacenti e sostan-ze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazionedei relativi stati di tossicodipendenza”. Affermatestualmente tale comma:“I dipendenti del servizio pubblico per letossicodipendenze non possono essere obbligatia deporre su quanto hanno conosciuto per ra-gione della propria professione, né davanti al-l’autorità giudiziaria né davanti ad altra autori-tà. Agli stessi si applicano le disposizioni dell’ar-ticolo 200 del codice di procedura penale e siestendono le garanzie previste per il difensoredalle disposizioni dell’art. 103 del codice di pro-cedura penale in quanto applicabili. La presentenorma si applica anche a coloro che operanopresso gli enti, centri, associazioni o gruppi chehanno stipulato le convenzioni di cui all’artico-lo 117”, vale a dire gli enti ausiliari delvolontariato e del privato sociale operanti nel-l’ambito delle tossicodipendenze e a tal finespecificatamente riconosciuti con apposita con-venzione da parte delle Aziende Sanitarie Localiterritorialmente competenti.Questa norma di Legge, pertanto, assegna a tut-ti i dipendenti dei Ser.T. e delle altre struttureautorizzate ad operare nell’ambito delle dipen-denze patologiche, inclusi quindi anche gli psi-cologi che operano in tale ambito anche se, ov-viamente, limitatamente alla loro attività in talespecifico contesto, una completa autonomia ri-spetto all’obbligo di sottostare o meno ad ognispecifica richiesta di testimonianza rivolta a loroda qualunque autorità, inclusa quella rappresen-tata da un giudice incaricato di occuparsi di unprocedimento relativo alla presunta violazionedi disposizioni del Codice Penale.

Né la legge istitutiva

della professione di

psicologo (L. 56/89)

né le successive

modificazioni od

integrazioni afferma-

no che tale figura ha

l’obbligo di segreto

professionale , a

differenza di quanto

avviene all’interno di

norme giuridiche

relative ad altre

professioni, per

esempio gli assistenti

sociali.

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

Si tratta tuttavia, almeno sino a questo momentodell’unica norma di legge vigente in Italia nellaquale tale autonomia di scelta per lo Psicologochiamato a testimoniare all’interno di un pro-cedimento a carattere penale sia chiaramente edinequivocabilmente espressa.Per tutti gli altri casi di attività dello psicologo,al di fuori del circoscritto ambito relativo agliinterventi di “prevenzione, cura, riabilitazionee reinserimento” nel settore delle dipendenze pa-tologiche, tale “autonomia di valutazione” daparte di un professionista psicologo regolarmen-te iscritto all’Albo degli Psicologi Italiani rispet-to ad una convocazione rivoltagli da parte diun giudice operante in ambito penale al fine dirichiedergli testimonianza non è di fatto, almomento attuale, esplicitamente riconosciutada alcuna norma di legge. Si può quindi al ri-guardo affermare che allo stato attuale, in tuttele situazioni inerenti procedimenti penali chenon vedono come imputati soggetti tossicodi-pendenti o ex-tossicodipendenti conosciuti dauno psicologo operante nel nostro paese in re-lazione alla propria attività professionale nel set-tore delle dipendenze patologiche, lo psicologostesso è chiaramente obbligato a presentarsi difronte al giudice che lo ha chiamato a testimo-niare.In conseguenza di tali considerazioni, pertan-to, potrebbe di fatto verificarsi concretamentela possibilità che uno psicologo nonspecificatamente operante nell’ambito delletossicodipendenze, sentendosideontologicamente impossibilitato a testimonia-re nel corso di un procedimento penale a caricodi uno o più soggetti terzi in quanto privo delnecessario consenso informato oppure al finedi tutelare la loro salute ed il loro benessere psi-cologico e psicofisico e comportandosi di con-seguenza, corra il rischio di veder attivato neipropri confronti dal giudice o dal presidente delTribunale quanto previsto dall’art. 207 del Co-dice di Procedura Penale (testimoni sospettatidi falsità o reticenza, testimoni renitenti) e sisenta quindi rivolgere da tale autorità “l’avver-timento previsto dall’art. 497 comma 2” delC.P.P. stesso. In tale non frequentissima ma nep-pure impossibile ipotesi, al fine di evitare che ilGiudice allora disponga “l’immediata trasmis-sione degli atti al pubblico ministero perchéproceda a norma di legge” mettendo eventual-mente in atto anche misure di tipo coercitivo ocomunque potenzialmente limitanti la proprialibertà personale, lo psicologo può allora riba-dire la propria posizione di rifiuto alla testimo-

nianza attraverso le seguenti argomentazioni:1) Sebbene né la figura professionale dello psi-

cologo tout court né quelle più specialisti-che dello psicoterapeuta o dello psicologoclinico risultino in effetti inserite tra le pro-fessioni sanitarie esplicitamente citatenell’art. 99 del testo unico delle leggi sanita-rie, ciò è essenzialmente dovuto al fatto chetale testo risale ad un epoca (e precisamentel’anno 1934) in cui “l’attività dello psicolo-go era ai primordi e, possiamo dire, scono-sciuta al legislatore” (Gulotta e Calvi, cit.,pag. 105);

2) Varie altre norme giuridiche successive han-no comunque chiaramente caratterizzato insenso sanitario sia le attività specialistichedello psicoterapeuta e dello psicologo clini-co (ad es. il Decreto 21 Gennaio 1994 “Pre-stazioni sanitarie rese da professionisti esen-ti dall’Imposta sul Valore Aggiunto”, pub-blicato sulla G.U. del 2 Febbraio 1994, n.26)sia quella dello psicologo genericamente de-finito come tale in varie normative riguar-danti le figure professionali operanti all’in-terno del Servizio Sanitario Nazionale (ades. il D.P.R. n. 761 del 20/12/1979);

3) La stessa legge alla base di ogni altra normagiuridica dello stato italiano, vale a dire laCostituzione della Repubblica, pone con ilproprio art. 32 la salute come “fondamenta-le diritto dell’individuo e interesse della col-lettività”, e di questo principio non solo lopsicologo, ma anche lo stesso giudice o pre-sidente del tribunale devono tener conto nel-l’esercizio della propria attività professiona-le. Pertanto, se anche la Costituzione stessa(e non solo il proprio Codice Deontologico)impone allo psicologo di tener conto dellatutela della salute dei cittadini, anche il giu-dice nell’esercizio della sua funzione non puòprescindere dal fatto che il diritto alla saluteva tutelato almeno in misura equivalente alprincipio della corretta amministrazione del-la giustizia, e che nel procedimento penalein corso ambedue i suddetti principi devo-no concorrere in modo che la tutela dellasalute dei soggetti coinvolti non venga inalcun modo esposta ad alcun tipo di rischio.

Con tali argomentazioni, io credo, difficilmen-te uno psicologo che si rifiutasse di rendere te-stimonianza in un processo penale al fine esclu-sivo di non infrangere il rapporto di fiducia chelega a lui il proprio paziente, consentendo così aquest’ultimo di consolidare il proprio equilibrioe la propria salute psicologica e psicofisica, può

E’ già presente tra

le leggi in vigore nel

nostro Paese una

norma che assegna

ad operatori di varie

professionalità, tra le

quali può in taluni

casi certamente

ritrovarsi anche

quella dello psicolo-

go, un chiaro “non

obbligo di testimo-

nianza” .

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

realmente correre il rischio di incorrere nellemisure previste dal sopra riportato articolo 207del Codice di Procedura Penale. Non vi è co-munque, al riguardo, nessuna certezza, nessunagaranzia, ed il nucleo del rischio contro cui glipsicologi appaiono scontrarsi nel caso della ri-chiesta di una loro testimonianza in ambito pe-nale è appunto rappresentato dal più volte so-pra ricordato art. 622 del Codice Penale, cheprevede e descrive il reato di “rivelazione disegreto professionale”. Tale articolo meritapertanto, in questa sede, un’ultima attentadisamina, in quanto è appunto all’interno diesso che si trovano le motivazioni che sino adoggi hanno impedito allo psicologo italianodi vedersi tout court riconosciuta ladiscrezionalità di rendere o meno testimo-nianza all’interno di un procedimento a ca-rattere penale.La fattispecie del reato previsto dall’art. 622C.P. si configura, è opportuno sottolinearlo,se il segreto viene rivelato senza giusta causa.E’ infatti un principio comune ad ogni areadel diritto quello per cui nel concetto di“nocumento” non vi è soltanto un aspetto sog-gettivo, nel senso di danno o pericolo di dan-no ad un soggetto, ma anche quello obietti-vo per cui il danno medesimo sia ingiusto,cioè, appunto, contrario al diritto. Perciò viè una stretta correlazione, nell’ipotesi previ-sta dall’art. 622 C.P., tra la giusta causa dellarivelazione del segreto e la possibilità delnocumento: quando sussiste tale giusta cau-sa il nocumento non è ingiusto (e quindi nonè nocumento in senso giuridico) e, viceversa,ogni volta che il nocumento è giusto vi è giu-sta causa della rivelazione. In tali situazioni,quindi, il reato di rivelazione di segreto pro-fessionale previsto dall’art. 622 C.P. non sus-siste: ad esempio, la Corte di Cassazione haaffermato che non risponde di tale reato ilmedico che riferisce ad una società di assicu-razione la presenza in una persona assicuratadi una malattia che egli ha precedentementeaccertata come medico privato e di fiduciadella persona medesima, impedendo in talmodo a quest’ultima di percepire un inden-nizzo non dovuto (Cass., II, 15.12.1961, n.542).A questo punto appare sicuramente chiaro cheper converso, allorquando viene cioè menola configurabilità della fattispecie di reato pre-vista dall’art. 622 C.P., viene meno anche laprincipale delle motivazioni per le quali unopsicologo possa non testimoniare, ed è per

tale motivo che sino a questo momento – conla sola già evidenziata eccezione prevista dalcomma 7 dell’art. 120 D.P.R. 309/90 – nonè stata estesa anche agli esercenti l’attività dipsicologo quella facoltà di astenersi dal ren-dere testimonianza in procedimenti a carat-tere penale prevista, per altri professionisti,dall’art. 200 C.P.P.Nel nostro Codice di Procedura Penale, in-fatti, sembra evidenziarsi con chiarezza il fattoche il legislatore abbia sempre manifestato lagenerale tendenza a prevedere come eccezio-nali le ipotesi di incompatibilità assoluta atestimoniare, considerando invece come pre-minente rispetto ad esse il pubblico interessedell’accertamento dei reati e delle responsa-bilità ad essi relative. Tutto ciò lo si deduceappunto dal fatto che le ipotesi di astensionedall’obbligo di testimonianza sono indicatetassativamente nell’art. 200 del Codice diProcedura Penale, ove si elencano le catego-rie professionali tutelate e tra le quali lo psi-cologo non è previsto: inoltre, come già si èsottolineato, non si può farinequivocabilmente rientrare tale professio-nista né tra gli esercenti una professione sa-nitaria né tra gli esercenti altri uffici o pro-fessioni ai quali la legge riconosce la facoltàd’astenersi dal deporre.In conseguenza di tali considerazioni apparesicuramente possibile, eppur tuttavia nonsempre ed inequivocabilmente sostenibile, lasopra ipotizzata interpretazione estensivadell’art. 32 della Costituzione inerente il di-ritto alla salute al fine di sostenere l’impor-tanza della segretezza delle informazioni noteallo psicologo ed il conseguente obbligo diquest’ultimo di astenersi dalla testimonian-za.Da tutte queste considerazioni non può nondiscendere, dunque, che nel procedimentopenale purtroppo manca il fondamentonormativo per suggerire di norma, allo psi-cologo che venga a trovarsi dinanzi ad unaconvocazione a scopo testimoniale, di rifiu-tare la testimonianza al solo fine di non in-frangere il rapporto di fiducia che lo lega alproprio paziente.In conclusione quindi, al fine di evitare alriguardo ogni decisivo margine didiscrezionalità tuttora evidentemente attri-buito, in ambito penale, al giudice e non allopsicologo, rimane evidente il fatto che pro-prio una chiara norma giuridica che consen-ta di far rientrare esplicitamente la profes-

Nel procedimento

penale purtroppo

manca il fondamento

normativo per sugge-

rire di norma, allo

psicologo che venga a

trovarsi dinanzi ad

una convocazione a

scopo testimoniale, di

rifiutare la testimo-

nianza al solo fine di

non infrangere il

rapporto di fiducia

che lo lega al proprio

paziente.

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Obbligo di testimonianza e segreto professionale: norme deontologiche e giuridiche

sione di psicologo tra quelle per le quali èsancito per legge l’obbligo del segreto pro-fessionale anche in caso di testimonianzain contesto penale, oppure (tenendo co-munque presente che l’una di queste duesoluzioni non esclude affatto l’altra) il ri-conoscimento per legge della professionedi psicologo tout-court tra quelleclassificabili a pieno titolo tra le professio-ni sanitarie (in quanto primariamente tesein ogni area della propria attività - ancheal di fuori di un setting strettamentepsicoterapeutico o comunque clinico - allatutela ed alla promozione della salute e delbenessere delle persone), appare ormai oggicome un obiettivo non solo auspicabile, maprobabilmente anche necessario, anche alfine di riaffermare concretamente, nellostesso tempo, sia i diritti ed i doveri di chiintende svolgere questa professione nelmodo più efficace possibile, sia, soprattut-to, le ragioni di chi intende usufruire diprestazioni psicologiche per l’affermazionedi quel diritto alla tutela del proprio be-nessere e della propria salute che non soloil nostro Codice Deontologico, ma propriolo stesso art. 32 della Costituzione della Re-pubblica Italiana, oltre a numerose altrenorme giuridiche tuttora vigenti nel nostroPaese e che da esso discendono, già esplici-tamente gli riconosce.

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Dott. Fulvio FratiPresidente dell’Ordine degli Psicologi

dell’Emilia-RomagnaComponente della Commissione Deontologica

del Consiglio Nazionale dell’Ordinedegli Psicologi Italiani

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La dimensione

psicologica ha una

sua autonomia e

contribuisce a

determinare ciò che

l’uomo è, pensa e fa o

tutto questo è solo un

riverbero, una “fac-

ciata” che nasconde

il vero motore?

Quale formazione per lo Psicologo? Vorrei dareun contributo su questo tema partendo da al-cune considerazioni sul ruolo e lo “spessore”della Psicologia come scienza. Per capirci: citroviamo a maneggiare una scienza che ci for-nisce le chiavi per inquadrare, descrivere edintervenire su fattori fondamentali, “agenti” e“causali” della natura - e di quella umana inparticolare - o ci occupiamo solo di raccontare“con parole nostre” alcuni effetti della biochi-mica del cervello? Siamo tra quelli che “stannodentro” la storia o ci limitiamo a raccontarla ea cercare di ripararne gli effetti? La dimensionepsicologica, insomma, ha una sua autonomia econtribuisce a determinare ciò che l’uomo è,pensa e fa o tutto questo è solo un riverbero,una “facciata” che nasconde il vero motore?

LA PSICOLOGIA COMESCIENZA NATURALEDELLA VITA PSICHICA

Come sappiamo la nascita della scienza mo-derna passa attraverso l’affermazione galileianache lega il metodo scientifico alla possibilità dimisurare i fenomeni e il compromessocartesiano che rende possibile uno studio “lai-co” della natura a prezzo di separarla dalla rescogitans. E questo dato iniziale segna profon-damente il percorso: si parte dal basso versol’alto, dal semplice verso il complesso, dal piùmisurabile (e descrivibile con la matematica di-sponibile nell’epoca) a quello meno afferrabileo che richiede matematiche più sofisticate.I successi della “Scientia Nova” l’hanno resa unpunto di riferimento per tutta la società, cheha cominciato a guardare sé stessa e la realtàattraverso le sue lenti, il percorso dal “bassoverso l’alto” è stato inteso come un percorsodal più “vero”, dal più “reale” verso il menovero e reale.Già sul finire del secolo XIX, quando il giova-ne Freud - occupandosi di fisiologia e neurolo-gia - si mette ad indagare su pazienti afasici, siaccorge che non vi era un riscontro puntualetra zone cerebrali lesionate e disturbi psicolo-gici presenti e conclude che le facoltà psicologi-che seguono una logica funzionale specifica e de-vono quindi essere descritte secondo una termino-

SCIENZA, PERTINENZA E PROFESSIONE

di David Lazzari

logia propria di una scienza psicologica. (1) Unsecolo fa, quindi, un brillante osservatore e ungenio scientifico era arrivato “dal basso” a fareil salto dal neurofisiologico allo psicologico ea comprendere che “il rapporto tra mente ecorpo è di reciproca dipendenza” ma dovevaaggiungere “l’influenza della mente sul corpoincontra scarso favore agli occhi dei medici,per timore che ciò comporti l’abbandono diun solido terreno scientifico” (2).Questo timore oggi - agli inizi del XXI secolo- appare, francamente, antiscientifico.Proprio la logica riduzionista, restringendoprogressivamente l’area di osservazione, haconsentito di guardare dentro al corpo, den-tro i singoli organi, dentro ai tessuti, alle cel-lule, e fin dentro il nucleo cellulare e gli acidinucleici, e, andando fino in fondo alla localiz-zazione - sino ad una definizione molecolaredella salute o della malattia – si è vista l’im-portanza dei processi di regolazione dell’insie-me e come “tutto si tiene”. La materia viventesi auto-organizza in relazione costante conl’ambiente per produrre quelle funzioni e pro-prietà che aumentano la sua fitness, in una lo-gica organizzativa globale e coerente. Gli ato-mi legandosi non formano composti con pro-prietà del tutto nuove? E se la chimica è unadescrizione delle vicissitudini di elementi fisi-ci pure li trascende, e la biologia non descriveuna storia che parte dalla chimica del carbonio?Nell’ultimo scorcio del XX secolo l’accumu-larsi dei dati e le nuove possibilità di gestirnein numero elevato e di simulazione offerte dal-l’informatica hanno offerto alla scienza l’op-portunità di alzare lo sguardo verso la com-plessità: si è cominciato ad inquadrare la stra-da che trasforma delle quantità - se sufficientie se inserite in processi organizzativi adeguati- in delle qualità, che possono essere descrittecome nuove proprietà di un insieme.Si è così potuto capire che cento miliardi dineuroni collegati con un milione di miliardidi connessioni formano un sistema sufficien-temente complesso ed integrato da produrrela coscienza. E rendersi conto che tale struttu-ra si modella incessantemente in relazione alledinamiche psicologiche, creando così un con-

La psicologia come scienza della realtà

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tinuo processo di retroazione tra pensieri e cir-cuiti biochimici.La mente - così come la vita stessa - è una di-mensione che scaturisce da un processo.Si può legittimamente affermare che nella lun-ga storia evolutiva il livello psicologico si è svi-luppato perché ogni essere per vivere ha biso-gno di processare l’informazione e gestirla tra-sformando dei segnali fisico-chimici in signifi-cati per poi attivare energia (che si lega quindiai significati): se la mente c’è, c’è per una buo-na ragione! Un livello che non è specifico del-l’uomo ma che nell’uomo, come ben sappia-mo, raggiunge la sua massima espressione, equesto comporta molte altre cose: “con la spe-cie umana l’evoluzione biologica ha superatose stessa ed ha condotto ad una sorta di para-dosso – afferma il genetista Boncinelli – “nelnostro caso infatti il patrimonio genetico, si-gnore quasi assoluto della vita e del comporta-mento degli animali inferiori, ha per così direvolontariamente abdicato, lasciando ampi spaziall’azione dell’ambiente circostante, all’appren-dimento e all’educazione.” (3)E la psyche è la dimensione della Natura cheha consentito la nascita della Cultura e nellaquale l’interazione dinamica tra fisiologia del-l’organismo, cultura e ambiente è gestita e siesprime al suo massimo livello.

IL PRINCIPIO DI PERTINENZAAbbiamo quindi concluso che la mente è unadimensione della natura in grado di interagirecon altre dimensioni (passivamente e attiva-mente) e che la Psicologia è il registroepistemologico che è stato messo a punto perleggere questa dimensione.Facciamo un esempio. Se analizziamo un sem-plice comportamento - un uomo che si alza ecammina – possiamo descriverlo come insie-me di reazioni biochimiche oppure possiamousare la lente della fisiologia per parlare di im-pulsi nervosi e contrazioni muscolari e così via.Man mano che il nostro sguardo si alza descri-viamo la stessa realtà ad un livello più integra-to e complesso.Se rimaniamo a livello neurofisiologico – gra-zie alle moderne tecniche di brain imaging –possiamo descrivere tutti i passaggi biochimi-ci che sono serviti a gestire il comportamentoosservato, possiamo anche manipolare o pro-vocare questo comportamento. Ma rimarremoprigionieri di tautologie di tipo circolare –molecole o impulsi che incontrano altre mole-

cole ed impulsi – per quanto sofisticate po-tranno diventare grazie a tecnologie sempre piùpotenti. Dovremo concludere - scientificamen-te - che stiamo osservando un burattino senzafili manovrato dai suoi circuiti interni.E’ questa la realtà? Noi crediamo invece chequesti circuiti siano in grado di produrre unadimensione nuova che supera il livello biolo-gico – nel senso che lo include e lo trascende –e che noi chiamiamo dimensione psicologica(che non è fatta di “materia psichica”, così comela biologia non è fata di “materia biologica”ma da carbonio, ossigeno, azoto ed idrogeno:il dato è come questi elementi sono organizza-ti). La psicologia non può essere ridotta allafisiologia o alla biologia, così come la biologianon può essere spiegata solo in termini chimi-ci o fisici.Se lo sguardo della scienza non si alza alla di-mensione psicologica occorre sapere che si stafacendo una osservazione parziale, che esclu-de un livello di realtà e di causalità: non si puòscambiare qualcosa di necessario per qualcosadi sufficiente.Questo dato oggi è diffusamente ignorato. Sedobbiamo ammettere che anche gli Psicologiusano spesso la “parte per il tutto” è altrettan-to vero che probabilmente è proprio la dimen-sione psicologica la principale vittima di undiffuso riduzionismo epistemologico.Credo che in campo scientifico si debba or-mai rivendicare l’applicazione di un criterio ge-nerale, che ho definito come “principio di per-tinenza”(4): il registro epistemologico utiliz-zato deve essere pertinente alla natura del pro-blema studiato cioè alla peculiare dimensionedella realtà che si vuole osservare.L’esperienza ha dimostrato che questo è l’uni-co modo per cogliere quelle proprietà, queinessi causali, che altrimenti diventano inaffer-rabili se analizziamo livelli di organizzazione-aggregazione inferiori o superiori, e quindi perottenere i maggiori elementi di conoscenza ecomprensione.Occorre consapevolezza e trasparenza su quel-lo che si sta facendo (quali “lenti” si utilizzanoe per quale livello fenomenico): l’esigenza diottenere il massimo con il minimo sforzo nonpuò portare ad un eccesso di inferenze, altri-menti si da alla società una scienza forse effi-ciente ma non certo efficace! Una maggiorepertinenza porterebbe inevitabilmente ad unmaggiore confronto tra scienze e linguaggi everso modelli scientifici più integrati (se la re-altà è interdipendente anche le scienze dovreb-

La psicologia come scienza della realtà

Se crediamo che la

psicologia si occupi

della realtà e non sia

solo un insieme di

tecniche da sommini-

strare non possiamo

certo pensare che lo

psicologo possa essere

solo e prima di tutto

un “tecnico”.

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La psicologia come scienza della realtà

bero ovviamente esserlo).E’ evidente che la pertinenza dell’analisi divie-ne poi pertinenza dell’intervento e della verifi-ca dei risultati: la società reclama in ogni am-bito politiche, misure ed interventi adeguatied appropriati!

LA FORMAZIONEDELLO PSICOLOGO

La Psicologia è una scienza fondamentale perdare alla società uno sguardo meno parziale epiù consapevole sulla natura umana, su ciò chel’uomo - in generale e come singolo, nella suaunicità - vive, sente e fa, sulla sua salute e sullasua malattia, su come ognuno può realizzarsi,svilupparsi e tutelarsi. In un mondo sempre piùcomplesso l’uomo ha bisogno di conoscere isuoi equilibri, le sue potenzialità, le sue risor-se, ha bisogno di strumenti per le nuove sfide,ha bisogno di individuare e di proteggersi daelementi nocivi. Se la salute dell’uomo è unequilibrio complesso la psyche gioca un ruolofondamentale: biologicamente l’essere umanoè simile a tutti gli altri esseri viventi (come sap-piamo i nostri geni sono tanti quanti quelli deltopo…), è la sua dimensione psicologica chelo rende unico e diverso, ma si tratta di unadimensione che ha bisogno di essere capita,sviluppata e difesa.Se ci guardiamo intorno ci rendiamo conto diquanta Psicologia - buona e di qualità - sarànecessaria all’uomo dei XXI secolo, di quantoquesta scienza - giovane e antica al tempo stes-so - dovrà correre per uscire da un suo certoisolamento e rintracciare con chiarezza (essen-do ormai maturo il tempo) i corrispettivi livel-li biologici e socio-culturali-ambientali delle sueaffermazioni.Se tutto questo non è chiaro, se tante diversemotivazioni esterne (ed interne) alla Psicolo-gia hanno impedito che questo ruolo e questaspecificità fosse patrimonio diffuso della socie-tà, dobbiamo avere oggi la forza e la chiarezzaper spiegarci e farci capire.Ed il campo della formazione è emblematico.Chi si occupa di Psicologia deve essere primadi tutto in grado di maneggiare una scienza dibase, cioè una delle scienze che ci porta a con-tatto direttamente con la “trama della realtà” eche, proprio per questo, richiede sia di saperusare metodi e linguaggi specifici ma anche diconoscere le interconnessioni (verso l’”alto” everso il “basso”) insite nella realtà. Quindi unaconoscenza insieme specifica ed integrata, poi-

ché la dimensione psichica è specifica ma noncerto isolata, influenza ed è influenzata.La via dell’approfondimento di un’area specia-listica, secondo me, può aprirsi solo dopo que-sta fase di adeguata “iniziazione”. Se crediamoche la Psicologia si occupi della realtà e non siasolo un insieme di tecniche da somministrarenon possiamo certo pensare che si possa parti-re dalla fine o che lo Psicologo possa essere soloe prima di tutto un “tecnico”. Esistono tantitecnici in tanti campi che utilizzano saperi opersino tecniche psicologiche ma non possonodefinirsi “psicologi” in quanto non in grado dimaneggiare il registro epistemologico di que-sta disciplina.Come si vede la formazione dello Psicologo - equindi il ruolo che si riconosce alla disciplina edalla professione - non è una questione accademi-ca o corporativa, ma una importante questionesociale. Per molti motivi, uno dei quali mi sem-bra meriti di essere sottolineato in conclusione.Il libero arbitrio dell’uomo è stato storicamen-te salvaguardato dal determinismo fisico-chi-mico grazie all’aggancio alla mente, ma quellacartesiana non regge più e molti – come sap-piamo – vorrebbero rimpiazzarla del tutto conil cervello, abbandonando senza rimpianti lasoggettività al suo destino biochimico (o, al più,lasciandola in custodia a qualche convento). Laposta in gioco è alta: un nuovo modello di men-te scientificamente credibile è la garanzia percontinuare ad attribuire all’essere umano la ca-pacità (e quindi il diritto) di essere libero. Que-sta è la sfida che chiamerà la Psicologia a dive-nire trincea scientifica avanzata a difesa dellalibertà e della dignità dell’Uomo.

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Dott. David LazzariPsicoterapeuta specialista in Psicosomatica e

Psicologia della Saluteresponsabile Unità di Psicologia Ospedaliera

Azienda Osp. “S.Maria” di Ternidocente di Psicologia Medica presso

l’Università di Perugia

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COUNSELLORS E COUNSELLING IN ITALIA:QUALE FUTURO ?

di Fulvio Giardina

Si ha riscontro che la prima volta in cui laparola “consulente” fu utilizzata nel nostropaese nel significato odierno (“professionistaa cui ci si rivolge per avere informazioni o con-sigli”) fu all’incirca nel 1673. Tale definizio-ne può indurre a pensare che una relazionedi consultazione tra un professionista e uncliente si esplichi in qualche forma di consi-glio e/o di giudizio.Vi è invece una netta differenza tra ilcounselling e la consulenza professionale. Ilcliente infatti richiede una consulenza quan-do necessita di un consiglio, di un parere ri-spetto alla soluzione di un problema tecni-co, ed in questo caso assume un ruolo passi-vo, subordinato rispetto alla relazione con ilconsulente.Al contrario il counselling non ha come obiet-tivo quello di fornire risposte predeterminatee deresponsabilizzanti per colui che le attua,ma di rendere la persona consapevole dei pro-pri comportamenti, delle proprie decisioni equindi capace di utilizzare le proprie risorsepersonali.

RIFERIMENTI STORICI,TEORICI E METODOLOGICI

La figura del counsellor inizia a delinearsi ne-gli anni 30 in America con la nascita e la dif-fusione dei gruppi di auto-aiuto (AlcolistiAnonimi), rispondendo ai bisogni di quellepersone, che - non essendo o non volendodiventare psicologi o psicoterapeuti - svolge-vano comunque un lavoro che richiedeva unabuona conoscenza della personalità umana.Infatti, la diffusione e costituzione di questigruppi nasceva sulla base di una spinta inte-riore che andava al di là di qualsiasiteorizzazione terapeutica: l’obiettivo prima-rio era quello di ovviare alla solitudine e al-l’esclusione sociale che caratterizzava moltesituazioni di disagio, per tentare di trasfor-mare - attraverso il sostegno reciproco -un’esperienza negativa in qualcosa dicostruttivo e proficuo.Tra il 1945-57, grazie alla feconda esperien-

za tratta da un centro di consulenza per stu-denti, Carl R. Rogers apportò un notevolecontributo a questa metodologia, sviluppan-do una teoria e una tecnica: il counseling e lapsicoterapia di consultazione,diametralmente opposta ai paradigmipsicoanalitici ed alla psicoterapiapsicoanalitica. La nuova tecnica terapeuticavenne definita “terapia centrata sul cliente oterapia non direttiva”.Il presupposto teorico è legato anche ad unavisione deterministica del comportamentoumano, del quale i l bisogno diautorealizzazione, supportato dall’ottimismomotivazionale, è l’unica fonte energetica.Questa tecnica di consultazione influenzeràsignificativamente la psicologia e la psicote-rapia. Si svilupperanno diversi modelli qua-li l’analisi transazionale di Eric Berne, la te-rapia della Gestalt di Fritz Perls, la relazionedi aiuto di Robert Carkhuff.

IL COUNSELLING SECONDOGERARD EGAN

La metodologia che veniva sperimentata edapplicata con un certo successo nei gruppidi auto-aiuto degli alcolisti anonimi, venneulteriormente ripresa e sistematizzata daGerard Egan, il quale definì una struttura ouna cornice (framework) dentro cui ilcounsellor potesse lavorare con il cliente inmodo coerente e sistematico.Anche se ancora non veniva letto il contestoapplicativo come una finalizzazione di un in-tervento psicoterapeutico, di fatto Egan - nelmomento in cui ipotizzò un punto di riferi-mento predeterminato nella gestione delcounselling - trasformò la semplice attivitàdi consulenza in un processo terapeutico.L’approccio sistematico di Egan al counsellingè articolato in tre fasi che si suddividono instadi ulteriori. Queste tre fasi derivano daun approccio di problem solving ai proble-mi del cliente, e segnalano le abilità delcounsellor che sono necessarie per aiutare iclienti a gestire i loro problemi. Le fasi indi-

Counselling e psicoterapia: differenze, affinità e prospettive

Il counselling ha

come obiettivo quello

di rendere la persona

consapevole dei

propri comportamenti

e delle proprie deci-

sioni e quindi capace

di utilizzare le proprie

risorse personali.

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Counselling e psicoterapia: differenze, affinità e prospettive

cate da Egan sono le seguenti:• Fase 1: Esplorazione e chiarificazione dei

problemi presenti. Far parlare per iden-tificare il problemi.

• Fase 2: Sviluppo di una nuova compren-sione (insight); considerazione degli sco-pi e degli obiettivi. Aiutare la persona acercare opzioni alternative.

• Fase 3: Concepire e attuare piani d’azio-ne, muovendosi verso le finalità deside-rate. Aiutare la persona a scegliere l’op-zione per lei migliore accompagnandolaa portare avanti queste scelte e quindiad applicarle.

L’intera relazione “counsellor – cliente” sibasa quindi su abilità di consulenza che sonocentrali nell’opera di Gerard Egan e checomprendono:• l’ascolto attivo;• formulare domande in modo da soste-

nere e non fare sentire sotto interroga-torio;

• riformulare quel che i clienti dicono peraiutarli a chiarificare i loro pensieri, sen-timenti e idee;

• riassumere il contenuto di quel che han-no detto per aiutarli ad essere più speci-fici e a focalizzarsi sulle aree e sulle que-stioni chiave che potrebbero essere piùproblematiche o difficili per loro da ge-stire.

Egan parla anche delle abilità di mettere indiscussione, di dare informazioni, di mette-re in risalto le incoerenze, di comunicareempatia per tutto il processo del counsellinge di aiutare i clienti a delineare e attuare spe-cifici piani d’azione.In ogni caso, il processo terapeutico deter-minato dall’attività di counselling era impre-gnato di quel pragmatismo e di quella sin-tesi teorica che caratterizzava il pensiero psi-cologico americano degli anni trenta - qua-ranta.

LA TERAPIA CENTRATASUL CLIENTE

DI CARL ROGERS

Anche l’attenzione di Carl Rogers fu rivoltaverso quelle abilità pratiche essenziali, chedefiniva come condizioni chiave per l’effi-cacia di un counsellor: l’empatia, il rispettoe la congruenza.• Empatia

E’ difficile immaginare un counsellor ef-ficace senza l’abilità di provare empatiaper i suoi clienti. Ciò può avvenire sol-tanto quando il processo comunicativofra due persone è veramente intenso. E’questa la base dell’insight e della veracomprensione.

• RispettoE’ parimenti difficile immaginare uncounsellor efficace senza il rispetto per iclienti. L’espressione “considerazione po-sitiva incondizionata” è quella che Rogersusava spesso in relazione al rispetto, ac-cettando il punto di vista dell’altro. Ac-cettare il cliente senza alcun pregiudizio,perfino se le sue azioni o il suo sistemadi valori sono molto differenti da quellidei counsellor. Accettazione che non sa-rebbe possibile senza una pienaautoconsapevolezza del counsellor, acqui-sita sia durante la sua formazione, sia at-traverso la regolare supervisione.

• Congruenzaterza condizione rogersiana, della con-gruenza o genuinità, si riferisce all’abili-tà del counsellor di essere realmente unapersona aperta rispetto al cliente. Taleapertura si basa sull’onestà e su una co-municazione, sia verbale sia non verba-le, chiara. Il punto fondamentale èl’ascolto attivo che il counsellor mette inatto nella relazione con l’altro assumen-do una postura accogliente, osservandoil linguaggio non verbale dell’altro,riformulando ciò che l’altro ha detto sen-za aggiungere nulla di proprio, rispettan-do le pause e i silenzi.

LO SVILUPPO DELCOUNSELLING IN EUROPA

ED IN ITALIA

La professione del counsellor approda in Eu-ropa attraverso la Gran Bretagna negli anni70, dove in breve tempo si afferma con ruo-li e funzioni specifiche, sia come serviziod’orientamento scolastico e professionale, siacome supporto nei servizi sociali e nelvolontariato (disagi sociali economici, im-migrati, profughi, rifugiati politici), conte-sti questi che necessitavano interventi consoluzioni più rapide possibile.Nel 1976 è stata fondata la British Associationfor Counselling (BCA), che ha fornito varie

Sia la psicoterapia

che il counselling

tendono a promuove-

re il processo di

cambiamento della

persona: la psicotera-

pia privilegiando

nella diagnosi e

nell’intervento il

livello intrapsichico,

il counselling

focalizzandosi sulla

dimensione

interpersonale.

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definizioni di counselling fra cui la seguente:“Il counsellor può indicare le opzioni di cuiil cliente dispone e aiutarlo a seguire quellache sceglierà. Il counsellor può aiutare ilcliente ad esaminare dettagliatamente le si-tuazioni o i comportamenti che si sono ri-velati problematici, e trovare un punto pic-colo ma cruciale da cui sia possibile origina-re qualche cambiamento. Qualunque ap-proccio usi il counsellor lo scopo fondamen-tale è l’autonomia del cliente: che possa farele sue scelte”.I primi centri di couselling hanno fatto laloro comparsa negli atenei italiani neglianni ‘80 come servizio per studenti in dif-ficoltà. Oggi la figura professionale delcounsellor si è dilatata assumendo, se vo-gliamo, una connotazione più “mediterra-nea”.Infatti, oltre ad un tipo di counselling la-vorativo, socio-comunitario, si è andatastrutturando una figura di counsellor chesi avvicina molto a quella di un personaltrainer psicologico, una persona a metàs t rada f ra l ’ amico s incero e lopsicoterapeuta, che può agevolare i lsuperamento di un periodo difficile, il sen-so di vuoto di un momento di crisi esi-stenziale, l’indecisione di fronte ad un bi-vio. Ed è stata proprio l’Italia, insieme alBAC ad esportare in Europa questametodologia, che ha portato nel 1994 allanasci ta del l ’European As soc iat ion forCounselling (EAC), un’associazione che ri-spondesse ai bisogni delle diverse nazio-nalità e che assistesse l’ulteriore sviluppodel counselling come professione in Euro-pa. Sviluppo che ha inevitabilmente por-tato il BAC a diventare nel 2001 una as-sociazione che vede cooperare due figureprofessionali diverse seppur con campid’applicazione comune: gli psicoterapeutied i counsellor: la British AssociationCounselling & Psicotherapy (BACP).

IL COUNSELLING ELA PSICOTERAPIA

Purtroppo l’intreccio tra psicoterapia ecounselling appare quanto mai oggetto diequivoci e di confusione. Non ci si riferi-sce certamente agli impianti teorico emetodologico, che sul piano formale pre-sentano differenze notevoli. La psicotera-pia privilegia nel focus della diagnosi e del-

l ’ intervento soprattutto i l l ivel lointrapsichico dell’individuo; il counsellingprivi legia invece la dimensioneinterpersonale dell’individuo colto nella suadimensione relazionale. Però sia la psicote-rapia che il counselling tendono a promuo-vere il processo di cambiamento, che nonappare più esclusivo della psicoterapia.In Italia la figura del counsellor non èregolamentata in albo professionale ricono-sciuto dallo Stato. Esistono operatori,counsellor per l’appunto, che, avendo segui-to corsi di studi, alcuni dei quali biennali otriennali, ed in possesso pertanto di un di-ploma rilasciato da specifiche scuole di for-mazione di differenti orientamenti teorici,sono in grado di favorire la soluzione di di-sagi esistenziali che non comportino tutta-via una ristrutturazione profonda della per-sonalità.Ma è bene ribadire che non vi è alcun ob-bligo formativo, se non autorefenziato, perdivenire counsellor.L’intervento di counselling può essere defi-nito come la possibilità di offrire un orien-tamento o un sostegno a singoli individuio a gruppi, favorendo lo sviluppo e l’utiliz-zazione delle potenzialità del cliente in ognitipo di contesto. In teoria non esiste uncampo di attività specifico per il counselling.Infatti, in funzione di ciò il counselling sista ramificando in ogni campo professio-nale con lo scopo di migliorare le relazioniinterpersonali a seconda dei contesti conadeguate formazioni specifiche.Sono numerosi i professionisti che conse-guono un diploma in counselling per viverepiù attivamente il proprio contesto lavora-tivo: assistenti sociali, infermieri, medici,insegnanti. Non si comprende però comepsicologi , e a maggior ragionepsicoterapeuti, possano inseguire il diplo-ma in counselling, nel momento in cui laloro professione, intesa come processoformativo ed esperenziale, racchiude già insé, e con un profondo arricchimento, gli ele-menti caratterizzanti l’ intervento dicounselling.In Italia la Società Italiana di Counselling(SICO) propone - proprio come si fa condiscipline scientifiche autonome - una arti-colazione strutturata dell’attività:• counselling individuale, di coppia, di fa-

miglia, di gruppo;• counselling di comunità (scuole, istituzio-

Counselling e psicoterapia: differenze, affinità e prospettive

L’intervento di

counselling può

essere definito come

la possibilità di offrire

orientamento o

sostegno a singoli

individui o a gruppi,

favorendo lo sviluppo

e l’utilizzazione delle

potenzialità del cliente

in ogni tipo di conte-

sto. In teoria non

esiste un campo di

attività specifico per il

counselling.

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Counselling e psicoterapia: differenze, affinità e prospettive

ni, organizzazioni);• counselling aziendale (piccole, medie e

grandi industrie, o in ogni caso unitàlavorative strutturate);

• counselling sessuologico (relativo allacoppia e alle varie tendenze sessuali oalle violenze e agli abusi sessuali);

• counselling professionale per personecome per organizzazioni (in grado digestire situazioni relazionali attraversola propria professionalità);

• counselling artistico, in grado di agevo-lare il benessere dell’individuo attraver-so varie forme dell’arte: musica, teatro,poesia, danza, pittura, ed altre formecreative;

• counselling sanitario.Addir i t tura in ques t i mes i s i s taaffacciando il counselling filosofico !!Senza dubbio si tratta di una metodologiache si impone con una attenzione crescenteper la sua elevata flessibilità d’interventoa tutti i livelli ed in tutti i contesti lavora-tivi e non, in una realtà socio-economicacome la nostra continuamente soggetta aglieffetti negativi dello stress su grande sca-la.

L’EFFICACIA DELCOUNSELLING

Alcuni autori, recependo e rielaborando l’at-tuale impianto teorico e metodologico delcounselling in una dimensione sempre piùproiettata verso la psicoterapia, consideranoper l’appunto l’intervento di counsellingcome terapia in setting di 1° livello.In Inghilterra l’accesso a setting specialisticidi salute mentale è mediato infatti dai servi-zi di primo livello.Fino ad ora non è stato rilevato alcun indi-catore di efficacia dell’ intervento dicounselling, anzi sembrerebbe che l’eventua-le successo dell’intervento dipenda esclusi-vamente dalle caratteristiche del counsellingofferto e dell’operatore.Sembra anche che l’efficacia dell’interventosia riferita ad uno specifico gruppo di clien-ti (pazienti con reazioni di lutto, donne condepressione post partum).In altre parole, non si riscontrano palesi suc-cessi determinati da questo intervento, pro-babilmente anche a causa del fatto che vi ac-cedono soggetti senza gravi patologie o di-sturbi di personalità.

CONSIDERAZIONIDI POLITICA

PROFESSIONALE

Il problema che oggi è opportuno affronta-re, prima che gli eventi procedano senza al-cuna regolamentazione e possano sfuggiredi mano, è proprio quello di ridefinire l’in-tervento di counselling all’interno delle pra-tiche professionali regolamentate dalla L.56/89 e dal DPR 328/2001.Vi sono almeno tre livelli di criticità:semantico, formale, sostanziale.

• Il livello semanticoNon vi è alcun dubbio che la nostra cultu-ra, quella odierna per intenderci, e special-mente quella scientifica, è sottomessa aquella anglofona. Il presidente dell’Accade-mia della Crusca, Francesco Sabatini, ha de-nunciato l’uso indiscriminato di parole in-glesi (anche il Parlamento, ad esempio, daqualche anno ha adottato i l termine“question time”). La parola in lingua ingleseè rafforzativa nel nostro vissuto di un si-gnificato che - nella sua utilizzazione im-propria all’interno della lingua italiana - sidistacca dal suo reale significato originario.In altre parole, così come la parola “consu-lenza” nel nostro linguaggio ha un suo spe-cifico peso connotativo, anche nella linguainglese la parola “counselling” ha un suo spe-cifico significato.Nessun inglese confonderebbe mai l’offer-ta psicoterapeutica con quella di counselling,e nessun inglese si sentirebbe particolarmen-te importante dal punto di vista professio-nale se fosse un counsellor, così come avvie-ne invece in Italia. Del resto, in un paese incui non vi è una rigida regolamentazionedelle professioni intellettuali, il libero mer-cato è determinato dalla legge della doman-da e della qualità dell’offerta.In Inghilterra l’offerta del prodotto psico-logico può essere liberamente proposta e ge-stita da chiunque, ma soltanto il charteredpsychologist è garante della qualità della suaofferta.Invece appare, quanto meno, strano - e pa-radossale - che in un paese come il nostro,in cui la professione di psicologo e dipsicoterapeuta sono r igidamenteregolamentate, vi sia un uso così liberale deltermine inglese.

Sul piano prettamente

formale, non vi è

alcun dubbio che il

counselling dovrebbe

trovare ospitalità (e

protezione) nella

sezione B dell’albo

professionale. L’ele-

mento di criticità sta

nel fatto che non è

richiesto alcun titolo

specifico per esercita-

re l’attività di

counselling, e basta

un diploma di scuola

media superiore per

iniziare un percorso

formativo specifico.

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• Il livello formaleSul piano prettamente formale, non vi è al-cun dubbio che i l counse l l ing è unsottoprodotto psicologico, che - in quantotale - dovrebbe trovare ospitalità (e prote-zione) o nella sezione B dell’albo profes-s ionale, o in a l tr i ambit i nonautoreferenziati. Ma proprio il livello for-male trova il suo elemento di criticità nelmomento in cui, non solo non è richiestoalcun titolo specifico per esercitare l’atti-vità di counselling, ma addirittura è suffi-ciente il diploma di scuola media superio-re per avviarsi verso un percorso formativospecifico.La responsabilità storica di aver avviato unprocesso di dequalificazione della forma-zione specialistica in psicoterapia e di averinvece elevato ad un rango quasi omologoquella del counselling è proprio delle scuo-le di specializzazione riconosciute dalMIUR, che da tempo orami offrono unprodotto formativo r idondante incounselling, immettendo sul mercato un nu-mero sempre più elevato di counsellors enobilitando un titolo che non ha alcunrisconto operativo, se non all’interno dispecifiche professionalità. Vi si potrebbecogliere una ben precisa strategia, miratadapprima ad una vera e propria invasionedel mercato professionale italiano e succes-sivamente ad un vero e proprio riconosci-mento formale da parte dello Stato.

• Il livello sostanzialeLa criticità più rilevante è proprio legataalla specifica attività del counsellor.. Infattiil bisogno di psicoterapia in questi ultimianni, diversamente dai tempi e dalle mo-dalità che hanno caratterizzato gli ultimiquarant’anni, si orienta sempre più versointerventi brevi, con una durata comples-siva sempre più ridotta. R. MacKenzie, nelconvegno sulla valutazione della psicotera-pia che si è tenuto a Palermo nel dicembredel 2002, ha illustrato gli strumenti di va-lutazione della psicoterapia, proposta in untempo limitato (6 - 8 sedute !!). E’ moltodifficile, e ancor più per un giudice chedovrebbe dirimere controversie professio-nali, cogliere la differenza (ammesso che visia) tra la psicoterapia “brevissima” ed ilcounselling.

CONCLUSIONI

Chi ha la responsabilità di governare la pro-fessione di psicologo non può ignorare, nésottovalutare, il fenomeno “counselling”, cosìcome si manifesta in Italia. Tra qualche annoinevitabilmente i cosiddetti counsellors, eser-citando una professione intellettuale nonregolamentate ed avendo - bene o male - con-seguito un titolo, agiranno in piena e legitti-ma autonomia e non saranno sottoposti adalcun controllo, se non su base volontaristica,né ad alcun obbligo di concorrenza leale(tariffario, codice deontologico, ecc.).Non credo sarà possibile adire in giudiziocontro i counsellors per l’eventuale esercizioabusivo dell’attività di psicoterapeuta, néfrancamente credo che sia la soluzione piùefficace, anzi ……Sicuramente il CNO può e deve rivolgere ilproprio potere di controllo verso tutte lescuole di specializzazione in psicoterapia, ri-chiedendo loro tutti i corsi di specializzazionee di perfezionamento, i master e quant’altrovenga offerto sul mercato della formazione apsicologi e non.In altre parole, il counselling è presente in Ita-lia (paese, ripeto, ricco di storia e tradizionelegate alle professioni regolamentate) ancheperché le scuole di formazione e dispecializzazione in psicoterapia hanno avutoed hanno la necessità di compensare il gra-duale ed inesorabile calo del numero di ri-chieste di specializzazione con altre offerteformative rivolte ad utenti laureati e non(pedagogisti, sociologi, assistenti sociali, in-fermieri, educatori, ecc.). Come era del re-sto ben prevedibile, il numero di scuole ri-conosciute dal MIUR è eccessivo oltre ognimisura, rispetto non solo ai modelli teoricidi riferimento, ma anche al reale bisogno dipsicoterapeuti.E’ quanto mai opportuno riaffermare il ruo-lo del CNO all’interno della confederazionedelle scuole riconosciute, e bloccare - nellemore di un percorso condiviso - ulteriori ri-conoscimenti.

Si ringraziano per la preziosa collaborazionela dottoressa Alessandra Lo Curzio e la

dottoressa Barbara Summo

Dott. Fulvio GiardinaPresidente Ordine

degli Psicologi della Sicilia

Counselling e psicoterapia: differenze, affinità e prospettive

Tra qualche anno i

counsellors, eserci-

tando una professione

intellettuale non

regolamentate ed

avendo conseguito un

titolo, agiranno in

piena e legittima

autonomia e non

saranno sottoposti ad

alcun controllo, se

non su base

volontaristica, né ad

alcun obbligo di

concorrenza leale

(tariffario, codice

deontologico, ecc.).

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Prestazioni psicologiche a distanza: linee guida deontologiche

LINEE GUIDA PER LE PRESTAZIONIPSICOLOGICHE

VIA INTERNET E A DISTANZA

Nelle more di una codificazione deontologica nei termini di cuiall’articolo 41 del Codice Deontologico degli psicologi italiani

PRINCIPI GENERALI

1. I principi etici e le regole di deontologia pro-fessionale dello psicologo si applicano an-che nei casi in cui le prestazioni, o parti diesse, vengono effettuate a distanza, viaInternet o con qualunque altro mezzo.L’utilizzo di tali mediazioni per la praticaprofessionale richiede particolare attenzio-ne e cautela da parte dello psicologo, soprat-tutto laddove esse sono non usuali,innovative o sperimentali e comunque incarenza di conoscenze sulle implicazioni se-condarie del loro utilizzo sia sul piano dellateoria e della tecnica professionale, che sulpiano relazionale.

2. La conoscenza del Codice Deontologico èindispensabile per una attenta riflessione sul-lo sviluppo dell’intervento professionale del-lo psicologo, soprattutto nei casi di utilizzodi mezzi di comunicazione nuovi per taleambito e nei casi di limitata esperienza pro-fessionale.

3. Ogni nuovo o innovativo mezzo di comu-nicazione utilizzato nell’esercizio della pro-fessione di psicologo necessita dell’identifi-cazione del profilo delle sue specifiche ca-ratteristiche e quindi delle sfide professio-nali che pone sul piano dell’appropriatezzaepistemologica, teorica, tecnica edeontologica.

4. Al momento attuale, in base alla delibera-zione n. 19 del 23 marzo 2002 del Consi-glio Nazionale dell’Ordine degli PsicologiItaliani, le pratiche di attivitàpsicodiagnostica e psicoterapeutica effettuatevia Internet potrebbero risultare non con-formi ai principi espressi negli artt. 6, 7 e 11del vigente Codice Deontologico degli Psi-cologi Italiani, ed in tal caso sarebberosanzionabili.

ASPETTI SPECIFICI

1. SICUREZZA

1.1 Identità degli psicologi1.1.1 - Gli psicologi devono essere riconoscibiliin modo da poterne verificare l’identità e il do-micilio.1.1.2 - Gli psicologi associati che sviluppano sitiWeb devono facilitarne l’identificazione come sitiappartenenti a psicologi iscritti all’Ordine pro-fessionale.1.1.3 - Lo psicologo singolo o associato che of-fre prestazioni via internet è tenuto a segnalareal proprio ordine professionale di appartenenzal’indirizzo web del sito presso il quale eroga taliprestazioni.1.1.4 - Gli psicologi sono tenuti a specificare laloro iscrizione all’Ordine professionale. Se spe-cificano anche l’appartenenza ad associazioniscientifiche devono rendere identificabili econtattabili tali associazioni e reperibili i relativistatuti.1.1.5 - Dove un servizio è fornito da più psico-logi, questo deve essere chiaramente specificato.In ogni caso deve essere identificabile l’autoredella prestazione.1.1.6 - Se i professionisti coinvolti afferiscono aprofessionalità diverse queste devono essere chia-ramente identificabili. Nel sito web in cui ven-gono offerte prestazioni psicologiche devono es-sere fornite informazioni relative alle norme pro-fessionali e al codice deontologico vigenti, ed allemodalità di consultazioni dei medesimi.

1.2 Identificazione degli utilizzatori

1.2.1 - Di norma va richiesta l’identificazionedell’utente.1.2.2 - Anche nei casi in cui una data prestazio-ne preveda in generale la possibilità di garantirel’anonimato dell’utente, lo psicologo deve sem-pre valutarne la compatibilità caso per caso. Lagaranzia dell’anonimato dovrà comportare sem-pre, da parte dello psicologo, l’adozione di pre-

Le prestazioni psico-

logiche a distanza

richiedono particola-

re cautela da parte

dello psicologo, anche

a causa della carenza

di conoscenze sulle

implicazioni seconda-

rie del loro utilizzo,

sia sul piano della

teoria e della tecnica

professionale, che sul

piano relazionale.

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la Professione di Psicologo 2/04

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Prestazioni psicologiche a distanza: linee guida deontologiche

cauzioni supplementari, in relazione anche allapossibilità che gli utilizzatori possano necessita-re di specifiche tutele o avere uno specifico statogiuridico (per esempio un minore).1.2.3 - Gli psicologi che garantiscono l’accessoanonimo a prestazioni professionali devono spe-cificare chiaramente quali prestazioni sono com-patibili con l’anonimato e quali non lo sono.1.2.4 - Le prestazioni professionali che garanti-scono l’anonimato sono allo stesso modo sog-gette alle regole sul consenso informato ancorchéacquisibile solo con un identificativo del cliente.1.2.5 - Le prestazioni professionali a distanza ri-volte a minori o a clienti soggetti a tutela neces-sitano di particolare attenzione e maggiori misu-re di sicurezza.Va prestata particolare attenzione alla autentici-tà del consenso da parte di coloro che esercitanola potestà genitoriale o la tutela.

1. 3 Protezione della transazione

1.3.1 - Gli psicologi devono accertarsi della si-curezza delle transazioni, comprese le operazionifinanziarie, e della riservatezza delle informazio-ni psicologiche e personali, anche attraverso l’uti-lizzo di tecnologie finalizzate.1.3.2 - Va comunque ricercata la massima sicu-rezza sul sito Internet, sulla linea telefonica o sualtri mezzi elettronici utilizzati, attraverso ido-nea strumentazione (hardware e software) e com-preso l’uso dei servizi cifrati.1.3.3 - I livelli di sicurezza devono essere sempreaggiornati.

2. RISERVATEZZA

2.1 Riconoscimento dei limiti

2.1.1 - Gli psicologi devono assicurarsi che gliutenti siano informati sulla legislazione relativaalla protezione di dati su qualsiasi tipo di sup-porto siano registrati, alla comunicazione delleinformazioni e sui limiti alla riservatezza, peresempio nei casi in cui ricorre obbligo di refertoo di denuncia.2.1.2 - Gli utenti vanno informati circa i daticustoditi e i loro diritti su di essi.

2.2 Conservazione dei dati

2.2.1 - Le regole sulla custodia dei dati e delleinformazioni si applicano anche per le prestazio-ni a distanza per qualsivoglia tipologia di sup-porto o tecnologia venga utilizzata.2.2.2 - Gli psicologi devono tenere conto dellapossibilità che l’interazione attraverso mezzi

telematici può comportare la registrazione e lamemorizzazione delle informazioni anche daparte dell’utente.

3. RELAZIONE CONLE CARATTERISTICHEDI SPECIALI SERVIZI

OFFERTI DA INTERNET

3.1 - Gli psicologi che offrono prestazioni a di-stanza devono tenere conto che il servizio è uti-lizzabile anche al di fuori dei confini nazionalie che gli utenti possono afferire a nazionalità,etnie, religioni, costumi e riferimenti normatividisomogenei rispetto a quelli del professioni-sta, nonché del fatto che regolamentazioni di-verse (o assenti) della professione di psicologoin altre nazioni possono indurre aspettative ina-deguate, incongrue o errate da partedell’utilizzatore.

4. APPROPRIATEZZA

4.1 La ricerca di base

4.1.1 - In considerazione del rapido sviluppodei sistemi di comunicazione e delle ricadute diquesti sulla pratica professionale a distanza, glipsicologi devono utilizzare con cautela soprat-tutto quelli ancora mancanti di una base di ri-cerca consolidata.4.1.2 - È un dovere professionale dello psicolo-go che opera a distanza di informarsi sulle ca-ratteristiche e sui limiti dei mezzi utilizzati e ditenere conto della ancora ridotta disponibilitàdi informazioni sulle differenze con l’interazionediretta.4.1.3 - Lo psicologo tiene conto dei limiti dellapropria competenza sugli strumenti e sulla tec-nologia che utilizza e, conseguentemente, atti-va servizi ed intraprende solo attività compati-bili con tali limiti.

5. COMPITIDEGLI ORDINITERRITORIALI

5.1.1 - È opportuno che ciascun Ordine terri-toriale tenga un registro aggiornato dei siti incui gli iscritti offrono prestazioni psicologiche.5.1.2 - È opportuno che ciascun Ordine terri-toriale istituisca un gruppo di studio allo scopodi monitorare le attività psicologiche svolte, viainternet e a distanza, nel proprio territorio dicompetenza.

Nel sito web in cui

vengono offerte

prestazioni psicologi-

che devono essere

fornite informazioni

relative alle norme

professionali e al

codice deontologico

vigenti, ed alle moda-

lità di consultazione

dei medesimi.

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Il presente lavoro riguarda lo studio di alcunetipologie di risposta valutativa in relazione algrado di umanizzazione fisico-spaziale degliambienti ospedalieri. Il contributo si collocaall’interno della prospettiva teorica e di ricercadella psicologia sociale dell’ambiente, con par-ticolare riferimento alla teoria del luogo(Canter, 1977) ed al paradigma multi-luogo(Bonnes, Secchiaroli, 1992).I principali modelli presenti in letteratura cheriguardano la valutazione ambientale sono statianalizzati ai fini di un applicazione empiricaad una classe specifica di ambienti, rappresen-tata dai luoghi ospedalieri. In particolare, sonostati scelti e utilizzati un modello per ciascunfilone di ricerca, ovvero: il modello sugli indi-catori di qualità percepita dei luoghi (filonedegli assessment ambientali; cfr. ad esempioCraik e Feimer, 1987), il modello delle qualitàaffettive attribuite ai luoghi (filone degliappraisal ambientali; cfr. ad esempio Gifford,2002) ed il modello della valutazione contin-gente (filone di matrice economico-ambienta-le; cfr. ad esempio Spash, 2000).L’obiettivo generale della ricerca è rappresen-tato dalla verifica dei nessi esistenti tra, da unlato, la percezione/valutazione diumanizzazione fisico-spaziale degli ambientiospedalieri e, dall’altro lato, la valutazione disoddisfazione e di qualità affettive positive at-tribuite a tali ambienti. L’umanizzazione fisi-co-spaziale consiste in una tipologia di proget-tazione architettonico-edilizia centrata sugliutenti, che sottolinea l’importanza di bisognied esigenze quali (cfr. Rossi Prodi e Stocchetti,1990; Spinelli, 1994; Pressly e Heesacker,2001): il comfort spaziale e sensoriale (intesoin senso sia visivo, con illuminazione adeguatae presenza di viste rilassanti; sia acustico, conl’evitamento di rumori molesti; sia olfattivo,con la riduzione di cattivi odori; sia epidermi-co, con un adeguato livello di temperatura eumidità); l’orientamento e la configurazionespaziale; il senso di accoglienza; la privacy. Taliesigenze possono essere soddisfatte ponendoattenzione ad attributi quali le forme degli spa-zi; i colori e i materiali che caratterizzano lepareti e gli arredi; la quantità, il tipo e lafocalizzazione dell’illuminazione artificiale e

LA VALUTAZIONE AMBIENTALEMULTIDIMENSIONALE:

IL CASO DEI LUOGHI OSPEDALIERI

di Ferdinando Fornara

naturale; il tipo di visuali interne ed esterne.Negli ultimi anni si è assistito ad un aumentodell’attenzione verso gli utenti dell’ambienteospedaliero, da parte sia dei progettisti sanita-ri, sia di coloro che hanno il compito di deci-dere e di investire fondi in materia di organiz-zazione degli aspetti fisico-spaziali dell’ambien-te ospedaliero (ovvero primari, amministrato-ri, enti governativi locali e statali, ecc.). Taleattenzione si esprime con un tipo di progetta-zione più centrata sui bisogni e le esigenze del-l’utente, le quali sono legate non solo al livellodi tecnologia medica presente, ma anche algrado di comfort ambientale che il luogo offreda un punto di vista sia fisico, sia sociale erelazionale. A onor del vero, nella realtà attua-le, soprattutto italiana, questa tendenza sem-bra assai poco diffusa, come emerge chiaramen-te non tanto dagli episodi di “malasanità” chefrequentemente vengono riportati dai media,quanto dall’immagine collettiva dell’ambienteospedaliero, considerato tipicamente asettico,freddo, spersonalizzante e disumano. Tale im-magine è probabilmente aderente alla realtànella maggioranza degli ospedali italiani. Inol-tre, accade spesso che i casi di disservizio sani-tario avvengano in ospedali o reparti che pre-sentano scarsa qualità ambientale (ovvero, sonofatiscenti, o affollati, o caotici), mentre, al con-trario, gli esempi di ospedali all’avanguardia sicaratterizzano anche per un’alta qualità am-bientale. D’altronde, è probabile che un am-biente a misura di utente possa diminuire illivello di stress sia dei pazienti, sia del persona-le, permettendo così una migliore erogazionedel servizio ed una maggiore soddisfazione ditutti gli attori sociali coinvolti.Chiaramente, chi ha il compito e il mandatodi gestire a vari livelli (da quello nazionale aquello del singolo reparto ospedaliero) risorsefinanziarie da destinare all’ambienteospedaliero, deve decidere come ripartire talirisorse sulla base di varie istanze informative,di natura politica, economica e sociale. Daquanto è dato a vedere, almeno nel nostro pa-ese, le risorse destinate al miglioramento dellaqualità ambientale sembrano mediamente esi-gue. Il fatto è che, allo stato attuale, sono scar-se le evidenze empiriche degli effetti positivi

Estratto della Tesi di Dottorato in Psicologia Sociale vincitrice del premio Ordine degli Psicologi / AIP

L’obiettivo generale

della ricerca è rappre-

sentato dalla verifica

dei nessi esistenti tra,

da un lato, la perce-

zione/valutazione di

umanizzazione fisico-

spaziale degli am-

bienti ospedalieri e,

dall’altro , la valuta-

zione di soddisfazione

e di qualità affettive

positive attribuite a

tali ambienti.

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dell’umanizzazione ospedaliera sulla salute e ilbenessere degli utenti.Dunque, perchè realizzare una ricerca su que-sti temi? Due principali ragioni hanno guida-to la conduzione della ricerca. La prima ragio-ne riguarda il fornire prove verificabili sull’im-portanza dell’umanizzazione di un ambienteospedaliero, alla luce del benessere e della sod-disfazione dei suoi utilizzatori. La seconda ra-gione riguarda la promozione della figura del-lo psicologo ambientale come professionista ingrado di fornire utili informazioni ai versantidella progettazione e del design architettonico,in merito ai bisogni, alle preferenze e alle aspet-tative degli attuali o potenziali fruitori dell’am-biente oggetto di analisi. Tutto questo nellaprospettiva di una progettazione più centratasugli utilizzatori.Più specificatamente, la ricerca presentata inquesta sede aveva il fine di dare risposta ai se-guenti quesiti.1) L’umanizzazione ospedaliera ha effetto sulla va-

lutazione di soddisfazione e di qualità ambien-tale degli utenti?

2) Esiste una relazione positiva tra la valutazionedi qualità ambientale ospedaliera fornita dagliesperti del campo della progettazione e quellafornita dagli utenti?

3) Esiste una relazione positiva tra valutazioni diqualità affettiva e valutazioni di qualità degliattributi ambientali (fisico-spaziali, socio-relazionali e organizzativo-funzionali) in rife-rimento agli ambienti ospedalieri?

4) Esiste una relazione positiva tra percezione diqualità ambientale e soddisfazione degliutilizzatori?

5) Esistono differenze di soddisfazione e perce-zione di qualità tra diverse categorie diutilizzatori?

6) Esistono differenze di soddisfazione e perce-zione di qualità tra diversi sub-luoghi dell’ospe-dale?

7) Quali aspetti della percezione di qualitàospedaliera rivestono un ruolo più importan-te nella soddisfazione e nell’evocazione di sen-timenti positivi verso il luogo negli utilizzatori?

8) Le percezioni di qualità ospedaliera rivestonoun ruolo di mediazione nella relazione traumanizzazione fisico-spaziale da un lato e, dal-l’altro lato, soddisfazione ed evocazione di sen-timenti positivi verso il luogo negli utilizzatori?

9) Le appartenenze socio-demografiche sono ri-levanti nel determinare le risposte valutativeanalizzate?

Per quantificare diversi tipi di rispostevalutative, da parte di differenti attori sociali,in merito ai diversi sub-luoghi che compon-gono l’ambiente ospedaliero (spazi esterni del-l’ospedale, reparti, aree degenza, aree attesa),sono stati preparati sia una griglia di valuta-zione “esperta”, rivolta appunto ai tecnici del

campo della progettazione edilizia, sia i seguentistrumenti per misurare la valutazione delle prin-cipali categorie di fruitori/utilizzatori:a) una serie di scale costruite ad hoc per misu-

rare gli indicatori di umanizzazioneospedaliera percepita, riguardanti diversiaspetti (fisico-spaziali, socio-relazionali,organizzativo-funzionali) e ripartiti nei di-versi luoghi (spazi esterni dell’ospedale, re-parto, aree di degenza, aree di attesa) checaratterizzano l’ambiente ospedaliero;

b) una scala di misura della soddisfazione ver-so il reparto;

c) lo strumento di misura delle qualità affetti-ve dei luoghi, basato sul modello di Russelle coll. (cfr. ad esempio Russell e Lanius,1984), e recentemente validato per conte-sti italiani (Perugini et al., 2002);

d) un item per misurare la valutazione con-tingente.

La fase preliminare della ricerca, consistente inuna serie di interviste qualitative ed in un pre-test, ha portato alla costruzione delle scale dimisura dell’umanizzazione percepita. In segui-to alla preparazione anche degli altri strumen-ti, sono stati condotti tre studi, utilizzando lagriglia di valutazione “esperta” e due differentiversioni (una per gli utilizzatori dell’areadegenza, una per gli utilizzatori dell’area atte-sa) di un questionario autocompilabile. Per ognistudio, due valutatori “esperti” (laureati o lau-reandi in architettura) hanno riempito la gri-glia mentre visitavano i luoghi da giudicare,mentre i campioni di utilizzatori (costituiti dapazienti, operatori e visitatori/accompagnatoriche utilizzavano l’area degenza oppure un’areaattesa di un reparto) sono stati contattati in locoed hanno risposto al questionario nello stessoluogo oggetto d’analisi (area degenza oppurearea attesa).Il primo studio (N = 156) ha confrontato le valu-tazioni di due reparti più umanizzati (costruitida poco) e di due reparti meno umanizzati dellostesso ospedale, posto in un capoluogo regiona-le del sud Italia.. La ricerca è stata condotta se-condo un disegno fattoriale 2 X 3 X 2, ovveroGrado di Umanizzazione (alto vs. basso) XTipologia di Utilizzatori (pazienti vs. operatorivs. visitatori/accompagnatori) X Tipologia diluoghi (area degenza vs. area attesa).Contrariamente a questo primo studio, neglialtri due studi sono stati confrontati repartifunzionalmente omologhi di ospedali diversi.Il secondo studio (N = 207) ha confrontatodue reparti pediatrici di due ospedali di Roma.In questo caso, quindi, in vece dei giovanissi-mi pazienti hanno partecipato i loro genitori.A causa della mancanza di visitatori/accompagnatori in uno degli ospedali, ma perrispettare la reale composizione di tipologie diutilizzatori in ciascun ospedale, i pazienti e i

Estratto della Tesi di Dottorato in Psicologia Sociale vincitrice del premio Ordine degli Psicologi / AIP

E’ probabile che un

ambiente a misura di

utente possa diminui-

re il livello di stress

sia dei pazienti, sia del

personale, permetten-

do così una migliore

erogazione del servi-

zio ed una maggiore

soddisfazione di tutti

gli attori sociali

coinvolti.

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visitatori sono stati accorpati in un’unica cate-goria, costituita dagli “utenti”. Quindi, la ri-cerca in questo secondo studio ha seguito undisegno fattoriale 2 X 2 X 2.Il terzo studio (N = 201) ha confrontato trereparti di Ortopedia di tre ospedali di Roma.In questo caso, quindi, la ricerca ha seguito undisegno fattoriale 3 X 3 X 2, con il grado diumanizzazione a tre livelli (alto vs. medio vs.basso). Per questo studio, lo strumento di mi-sura dell’umanizzazione ospedaliera percepitaè stato ampiamente modificato, sia sulla basedelle risultanze degli altri due studi, sia per avereuna maggiore uniformità tra le versioni per gliutenti dell’area degenza e dell’area attesa.In riferimento ai principali quesiti che hannomotivato il presente progetto di ricerca, le evi-denze empiriche emerse nei tre studi effettuatihanno prodotto le seguenti risposte.1) La soddisfazione e la percezione di qualità

ambientale (sia in senso affettivo, sia in sen-so valutativo-descrittivo) da parte degliutilizzatori risultano legate alla qualità fisi-co-spaziale, di natura architettonico-edili-zia, degli ambienti ospedalieri. Dunque, ilfatto che una migliore soddisfazione e va-lutazione di qualità ambientale sia associa-ta a un più elevato grado di umanizzazionefisico-spaziale, come emerso anche in altristudi (cfr. Arneill e Devlin, 2002; Bonaiutoet al., 2001; Davidson, 1994; Devlin,1995),, costituisce un’importante provaempirica a sostegno di scelte gestionali edecisionali orientate ad una progettazionesanitaria finalizzata all’umanizzazione am-bientale, al fine di massimizzare il benesse-re psicologico, oltre alla salute degliutilizzatori (cfr. Ulrich, 1984).

2) Le risposte valutative fornite dagliutilizzatori dei luoghi ospedalieri sonocongruenti con la valutazione espressa da-gli esperti del campo della progettazionearchitettonica. Tale congruenza è presenteanche nel caso in cui la valutazione espertapresenta una debole discriminazione dellivello di umanizzazione degli ambienticonsiderati (come verificatosi nel terzo stu-dio). Dunque, in questo caso, non emergela discrepanza tra valutazione “esperta” e“valutazione “ingenua” come rilevato, adesempio, per la qualità del verde urbano(cfr. Bonnes e Bonaiuto, 1995; Carrus etal., 2003).

3) La percezione delle qualità affettive è stret-tamente connessa alla valutazione di quali-tà degli attributi ambientali. Nel comples-so, più alta è la qualità percepita dei variaspetti (fisico-spaziali, socio-relazionali,organizzativo-funzionali) che caratterizza-no i luoghi ospedalieri, più frequente nerisulta l’attribuzione agli stessi di qualità

affettive positive (e, viceversa, meno fre-quente l’attribuzione di qualità affettivenegative). Dunque, è presente una sostan-ziale convergenza tra le due tipologie di ri-sposta valutativa (appraisal vs. assessment: cfr.Bonnes e Secchiaroli, 1992; Gifford, 2002),che rimandano a due differenti modalità ditransazione con i luoghi, nonché a compo-nenti più affettive ovvero cognitive.

4) La soddisfazione degli utilizzatori risulta po-sitivamente associata alla percezione di qua-lità degli attributi dei luoghi ospedalieri, at-tributi di natura sia fisico-spaziale, sia socio-relazionale, sia organizzativo-funzionale.

5) Emergono talvolta differenze tra le catego-rie di utilizzatori in relazione alla soddisfa-zione e alle qualità affettive percepite. Inparticolare, gli operatori confermano (cfr.Bonaiuto e Fornara., 2003) una modalitàdi transazione contestuale più “attiva”(Shumaker e Pequegnat, 1989), sia in sen-so negativo (luoghi percepiti come più stres-santi), sia in senso positivo (luoghi perce-piti come più stimolanti e attivanti) rispet-to agli altri utenti; mentre i pazienti (maanche i visitatori) mostrano una modalitàpiù “passiva” sia in senso negativo (luoghipercepiti come più soporiferi e deprimen-ti), sia in senso positivo (luoghi percepiticome più rilassanti). Queste differenze ditransazione rimandano al differente ruoloambientale (Canter, 1983) agito dagli at-tori sociali presenti nel luogo esaminato.

6) La differenza tra tipologie di luoghi giocainvece nel complesso un ruolo minore, an-che se, in alcuni casi, l’area attesa riceve unavalutazione di qualità inferiore all’areadegenza. Ciò potrebbe dipendere dal mi-nor grado di familiarità degli utenti (cfr.Shumaker e Pequegnat, 1989) di quest’arearispetto all’altra e/o dalle specificitàcontestuali riguardanti i particolari ospedaliesaminati.

7) Tra le qualità percepite degli attributi deiluoghi ospedalieri, le dimensioni concer-nenti gli aspetti fisico-spaziali si mostrano,in accordo con quanto sostenuto da alcunistudiosi (cfr. ad esempio Evans e MitchellMcCoy, 1998), almeno tanto importantiquanto quelle riguardanti gli aspettirelazionali e organizzativi, nel predire la sod-disfazione e la percezione di qualità affetti-ve positive. In particolare, emergono comesalienti in tal senso in prima istanza ilcomfort fisico-spaziale e, in seconda istan-za, la qualità dell’illuminazione naturale, lapresenza di visuali interessanti o rilassantisull’esterno e il micro-clima.

8) Le dimensioni di qualità percepita degli at-tributi dei luoghi mostrano nel complessoun effetto di mediazione tra, da un lato, il

Estratto della Tesi di Dottorato in Psicologia Sociale vincitrice del premio Ordine degli Psicologi / AIP

I risultati della

ricerca nel loro

complesso forniscono

una conferma del

fatto che l’

umanizzazione fisico-

spaziale migliora il

benessere percepito, e

quindi la qualità della

vita , di tutti i princi-

pali utilizzatori dei

luoghi ospedalieri

(pazienti, operatori e

visitatori/

accompagnatori).

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grado di umanizzazione fisico-spaziale e, dall’al-tro lato, la soddisfazione verso il reparto e la per-cezione di qualità affettiva, in quanto quest’ulti-ma relazione diretta diventa spesso non signifi-cativa se si prendono in considerazione (ovvero,se si inseriscono nel modello) i principali indica-tori di qualità percepita.

9) Le differenze socio-demografiche (genere,età, scolarità) mostrano invece, in linea con lamaggior parte della letteratura in merito (cfr.Favretto, 2002), un peso nel complesso margi-nale nella soddisfazione e nella qualità affetti-va percepita degli utilizzatori.In conclusione, i risultati nel loro complessorappresentano una sostanziale conferma delleprincipali ipotesi di ricerca e forniscono quin-di una serie di evidenze empiriche in meritoall’importanza dell’umanizzazione fisico-spaziale per il benessere percepito (e dunqueper la salute e la qualità della vita), in tutte leprincipali categorie di utilizzatori dei luoghiospedalieri (pazienti, operatori e visitatori/accompagnatori). Tali evidenze possono avereripercussioni applicative alla luce della promo-zione sia di un tipo di progettazionearchitettonico-edilizia centrata sull’utente (inparticolare per quanto riguarda lo specificoambiente ospedaliero), sia del ruolo dello psi-cologo ambientale in fase di riqualificazione oprogettazione ex novo di ambienti.

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Dott. Ferdinando FornaraDipartimento di Psicologia dei Processi di

Sviluppo e SocializzazioneUniversità degli Studi di Roma

“La Sapienza”

Estratto della Tesi di Dottorato in Psicologia Sociale vincitrice del premio Ordine degli Psicologi / AIP

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Recensioni

“PSICOLOGIA E NUOVEPROFESSIONALITA’“:

UN EXCURSUS SUGLI SCENARIPROSSIMI VENTURI

La psicologia del nuovo millennio ha or-mai superato i confini della clinica e deitrattamenti psicoterapeutici ed ha allargatoi propri spazi di intervento.L’espansione è stata così rapida e tumul-tuosa da richiedere anche agli addetti ai la-vori un continuo aggiornamento sugli svi-luppi più recenti, che vanno dalla riformadel corso di laurea, all’ istituzione di dellelauree specialistiche e di nuovi master , allamessa a punto di strumenti e strategie diintervento più efficaci, fino all’apertura dinuovi spazi di mercato.In questo contesto di rapida evoluzione sirivela molto utile un testo come “Psicolo-gia e nuove professionalità” che offre unapanoramica completa delle prospettive at-tuali e future della psicologia, partendo dainuovi iter formativi fino ad arrivare ai pos-sibili esiti nel mercato del lavoro.Il volume, a cura di Lucia Carli e ClaudioTonzar, uscito per i tipi della casa editriceLiguori di Napoli, raccoglie gli atti del con-vegno con lo stesso titolo organizzato dalCorso di Laurea in Psicologia della Facoltàdi Scienze della Formazione di Urbino, dal-l’Ordine Nazionale degli Psicologi, dall’As-sociazione Italiana di Psicologia e dall’Or-dine degli Psicologi delle Marche, che hariunito i maggiori esponenti dei vari settoridella psicologia.Citiamo per brevità solo qualcuno degli au-tori degli interventi : Sirigatti , Bertini,Trabucco per la psicologia della salute,Francescato per la psicologia di comunità,Benelli per la scolastica, Sarchielli per lapsicologia del lavoro, Sartori per la psicolo-gia del web, Rumiati e Legrenzi per la psi-cologia economica (che ha visto la sua con-sacrazione proprio nel 2002 con i lconferimento del premio Nobel per l’eco-nomia ad uno psicologo, DanielKahneman), oltre ai contributi di naturagenerale, quali quelli di Gerbino, Violani,

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Tecniche psicologiche per i contesti ed i servizicontinuo di pag. 1

Autorizzazione Trib. di Roma, n 28 del 24/01/2002,Sped. abb. post. art. 2 comma 20/C Legge 662/96 PoEditore: Consiglio Nazionale Ordine degli PsicologiVia G.B. Vico 29 - 00196 Roma - tel. 06 3203141 fax 06 3220076Su Internet: www.psy.it - E-mail: [email protected]: Nuova Grafica Fiorentina FI

***Direttore responsabile: Pietro Angelo SardiGruppo editoriale: Immacolata Tomay, Fulvio Giardina,Max Dorfer, Tito Zorzi, Antonio Telesca, Patrizia La Porta.Consulente di Redazione: Maria PedoneRedazione: “La professione di Psicologo”c/o Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi.Chiuso in redazione il 7 Maggio 2004

L’eventuale cambio di indirizzoo mancato ricevimento della rivista,va comunicato esclusivamenteal proprio Ordine di appartenenza.

LINEE DI INDIRIZZO PERLA CONCESSIONE DEL PATROCINIO

Approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 14 dicembre 2001

Art. 1 – PATROCINIO1) Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi può con-cedere il patrocinio a quelle manifestazioni e iniziative senzafinalità di lucro a carattere Nazionale, a quelle iniziative diinteresse generale rispetto alle quali la professione assumerilevanza sotto il profilo dei valori sociali, morali, culturali edell’immagine pubblica, nonché a quelle di cui vuole in par-ticolare incentivare, attraverso la concessione del patroci-nio, la continuità per il carattere qualificante della professio-ne e l’incentivazione dell’occupazione. La concessione di talepatrocinio è comunque subordinata al rilascio di analogo pa-trocinio, o comunque di parere favorevole, da parte del Con-siglio Regionale o Provinciale dell’Ordine degli Psicologi sulcui territorio di competenza si svolge la manifestazione per laquale il patrocinio è richiesto.2) Il patrocinio deve essere formalmente richiesto dal sogget-to organizzatore e formalmente concesso dal Consiglio Na-zionale dell’Ordine. I richiedenti devono inoltrare istanza alPresidente del Consiglio Nazionale almeno 90 giorni primadella data di inizio della manifestazione, specificando nellastessa i contenuti, gli obiettivi ed il periodo di svolgimentodella manifestazione. Nella richiesta deve essere dichiaratoche la manifestazione per cui si richiede il patrocinio vienerealizzata senza finalità di lucro, e che analoga richiesta dipatrocinio o parere favorevole è già stata avanzata anche alConsiglio Regionale o Provinciale dell’Ordine degli Psicolo-gi sul cui territorio di competenza si svolge la manifestazioneper la quale il patrocinio è richiesto. Il patrocinio ottenutodal Consiglio Nazionale deve essere reso pubblicamente notoattraverso i mezzi con i quali si provvede alla promozionedell’iniziativa.3) La concessione del patrocinio può essere disposta a favo-re di Enti pubblici, Enti privati, Associazioni, Comitati edaltre Istituzioni di carattere privato.

Art. 2 - PROCEDURE PER LA CONCESSIONEDEL PATROCINIO

1) Il Consiglio Nazionale, nel conferire i patrocini di cuiall’ articolo precedente, si avvale della Commissione Culturaprevista del Regolamento interno dell’Ordine Nazionale.2) La Commissione Cultura, ai fini del conferimento delpatrocinio, acquisisce il programma di attività che il soggettorichiedente intende svolgere, in cui siano precisati gli obiet-tivi, i destinatari degli interventi, le modalità attuative, ilperiodo di svolgimento e quanto altro utile a valutare larilevanza e l’interesse sociale, culturale e scientifico dell’ini-ziativa a livello Nazionale. La Commissione Cultura deveinoltre acquisire, prima di esprimere il proprio parere relati-vamente alla richiesta di patrocinio da parte del ConsiglioNazionale, la specifica documentazione attestante il rilasciodel patrocinio o comunque di parere favorevole da parte delConsiglio Regionale o Provinciale dell’Ordine degli Psicolo-gi sul cui territorio di competenza si svolge la manifestazioneper la quale il patrocinio è richiesto. Le richieste di patroci-nio che non rispondono ai requisiti ed alla documentazioneprevista dalla presente normativa non vengono prese in con-siderazione.La Commissione Cultura può inoltre richiedere, a propriadiscrezione, la seguente documentazione:a) il programma dettagliato delle attività che si intendonosvolgere, specificando il progetto complessivo in cui l’inizia-tiva si inserisce per un processo di qualificazione professiona-le e di sviluppo dell’occupazione;b) copia autentica dell’atto costitutivo e dello statuto del sog-getto organizzatore;c) atti relativi all’esistenza di eventuali sezioni periferiche.3) La Commissione Cultura, relativamente alle competen-ze di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, entro 60 giornidalla data di arrivo della richiesta o conferimento dell’incari-co, valutata la documentazione, e fatta salva la pausa estivadal 1° agosto al 15 settembre, formula proposta motivata alConsiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, che decidenella prima seduta utile ed adotta la sua decisione sulla basedegli elementi emersi dall’istruttoria effettuata.

ra ostacolate dallalegislazione sullapubblicità sanitaria,e comunque nonriconosciute rego-larmente dallacomunità dei colle-ghi e degli utenti,ma che prestoverranno maggior-mente alla ribalta,sicuramente periniziativa delleassociazioniaccreditatrici este-re, il cui ingressoin Italia èpreannunziatodalla nuovissimaproposta di diretti-va sul mercatointerno dei servizi,ce ne dobbiamooccupare già primache entri in vigore,per gestirla inveceche subirla, e perevitare che nuovecompetenze maga-ri alla moda scaval-chino i confinistabiliti dalla nostralegge di ordina-mento. Nel frattem-po, comunque, ilnostro Consiglio diStato ha rafforzatoi confini fissatidalla legge 56/’89con un paio dipronunzie, quiriportate, sullaspecificità dellaqualifica di psicolo-go rispetto adalcune embricaturecon la professionemedica, che inpassato avevanocerto avuto unaloro positiva fun-zione, ma che poisi sono configurate

come indebiteinvasioni di campo,confusive e perico-lose per la nostradelicata utenza.Del resto, comedimostrano altriarticoli in questostesso bollettino, laserietà di certiproblemi richiederisposte altrettantoserie, professionalie specifiche, nonimprovvisabili daprofessionisti iquali, proprioperché hannodovuto tanto pre-pararsi per acquisi-re la propria nobilequalifica, vorrannorispettare la prepa-razione che è statanecessaria peraccedere ad altreprofessioni.Comunque, i colle-ghi medici italianiapprezzano ladifesa che noistessi stiamo fa-cendo a livelloeuropeo contro irischi d’invasioneda parte dellecosiddette “profes-sioni parziali”, cheminacciano laprofessione medicatanto quanto lanostra, come ab-biamo visto nelprecedente bolletti-no. In particolare,con l’Ordine deimedici una collabo-razione stretta esolidale è stata giàavviata dal nostroOrdine in difesadella psicoterapia,che da vari Paesi

europei preme ainostri confini italia-ni appunto come“professione par-ziale”, cioèsguarnita dellaformazione prelimi-nare in psicologiao medicina. Perquesta attivitàconta non soloquel che si fa, maquel che si è, quelche si diventa e sirimane evolvendosinel tempo: questoci viene impostoanche dall’articolo5 del nostro Codi-ce Deontologico,come ricorda uncomponente delnostro Osservato-rio Deontologico,G. Madonna, nelsuo recente studiosu “La psicoterapiaattraversoBateson”. Dovremodunque difenderequesti requisitid’accesso, e poidovremo assicura-re anche traspa-renza sul successi-vo divenire dellenostre competen-ze, sia acquisiteformalmente, siainformalmente esul lavoro.Tanto i nodi sull’ac-cesso, quantoquelli sul seguito,verranno al pettinedurante l’incom-bente presidenza diturno inglese, allaquale le organizza-zioni professionaliitaliane debbonoarrivare ben prepa-rate e solidali.