Psicologia e Società moderna · Psicologia: verso una professione europea Psicologia e Società...

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ISSN 1828-7646 n. 1 - gennaio 2011 Intervista al Prof. Mario Bertini Psicologia: verso una professione europea Psicologia e Società moderna Offrire risposte dove emerge la domanda: uno psicologo di base nello studio medico di medicina generale Poste Italiane s.p.a. - Sped.abb.post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46), art. 1 comma 2, DCB Po la PROFESSIONEdiPSICOLOGO Giornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi segue a pag. 3 Psicologia e Società moderna Giuseppe Luigi Palma Presidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi Nella società attuale cʼè ancora posto per la Psicologia? L a risposta ad una domanda così semplice appa- re scontata. Tuttavia non per tutti sono così scontate le motivazione che costituiscono le pre- messe della risposta. La scuola italiana e la qualità dellʼistruzione è agli ultimi posti in Europa. Gli Psicologi dipendenti nel Sistema Sanitario Nazionale sono circa 6.000, a cui si aggiungono circa 1.500 psicologi con contrat- ti di vario tipo, con un rapporto di circa uno Psicologo ogni 10.000 abitanti. La ricerca dimostra che almeno il 50% delle richieste rivolte al medico di base in realtà nasconde un disagio psicologico. Negli ultimi 5 anni, in Italia si sono verificati 5 milioni di infor- tuni sul lavoro, che hanno pro- vocato 200mila invalidi perma- nenti e 7mila morti. Nel 2009 in Italia ci sono stati mille morti per incidenti sul lavoro. Nei primi otto mesi del 2010, sono stati oltre 350 i morti per inci- denti sul lavoro. Fortunatamente il trend è in diminuzione, ma il calo degli infortuni e morti bianche è influenzato dalla crisi produttiva: meno ore lavorate = meno infortuni. Queste le premesse, ma torniamo alla domanda ini- ziale e soprattutto alle ragioni per cui ritengo, ora più che mai, che il contributo degli Psicologi possa esse- re cruciale. Sulla importanza della psicologia per inci- dere sui contesti di vita quotidiana abbiamo dati di realtà fin troppo evidenti. Lʼauspicio è che la doman- da di Psicologia possa essere correttamente intercet- tata e analizzata e gli Psicologi possano avere la giu- sta collocazione nella società moderna per mettere al servizio della società civile la competenza adeguata di disciplina solida e scientificamente fondata. Tutti gli italiani hanno la possibilità/obbligatorietà di scegliere il loro medico di base, fino ad una certa età il pediatra di base. Non è prevista la figura dello psico- logo di base, eppure abbiamo dati che ne dimostrano lʼutilità. Quel 50% di persone che al proprio disagio psi- cologico ottengono una risposta inadeguata attraverso prescrizioni di farmaci e analisi cliniche, quanto dovranno aspettare prima di avere la risposta “appro- priata” che lo Psicologo di base potrebbe fornire?

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ISSN 1828-7646 n. 1 - gennaio 2011

Intervista al Prof. Mario Bertini

Psicologia: verso una professione europea

Psicologia e Società moderna

Offrire risposte dove emerge la domanda:uno psicologo di base nello studio medico di medicina generale

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laPROFESSIONEdiPSICOLOGOGiornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi

segue a pag. 3

Psicologia e Società moderna

Giuseppe Luigi PalmaPresidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

Nella società attuale cʼè ancora posto per laPsicologia?

La risposta ad una domanda così semplice appa-re scontata. Tuttavia non per tutti sono così

scontate le motivazione che costituiscono le pre-messe della risposta. La scuola italiana e la qualità dellʼistruzione è agliultimi posti in Europa. Gli Psicologi dipendenti nelSistema Sanitario Nazionale sono circa 6.000, acui si aggiungono circa 1.500 psicologi con contrat-ti di vario tipo, con un rapporto di circa unoPsicologo ogni 10.000 abitanti. La ricerca dimostrache almeno il 50% delle richieste rivolte al medicodi base in realtà nasconde un disagio psicologico.

Negli ultimi 5anni, in Italia sisono verificati 5milioni di infor-tuni sul lavoro,che hanno pro-vocato 200milainvalidi perma-nenti e 7milamorti. Nel 2009in Italia ci sonostati mille mortiper incidenti sullavoro. Neiprimi otto mesidel 2010, sonostati oltre 350 imorti per inci-denti sul lavoro.

Fortunatamente il trend è in diminuzione, ma il calodegli infortuni e morti bianche è influenzato dalla crisiproduttiva: meno ore lavorate = meno infortuni.Queste le premesse, ma torniamo alla domanda ini-ziale e soprattutto alle ragioni per cui ritengo, ora piùche mai, che il contributo degli Psicologi possa esse-re cruciale. Sulla importanza della psicologia per inci-dere sui contesti di vita quotidiana abbiamo dati direaltà fin troppo evidenti. Lʼauspicio è che la doman-da di Psicologia possa essere correttamente intercet-tata e analizzata e gli Psicologi possano avere la giu-sta collocazione nella società moderna per mettere alservizio della società civile la competenza adeguata didisciplina solida e scientificamente fondata.Tutti gli italiani hanno la possibilità/obbligatorietà discegliere il loro medico di base, fino ad una certa età ilpediatra di base. Non è prevista la figura dello psico-logo di base, eppure abbiamo dati che ne dimostranolʼutilità. Quel 50% di persone che al proprio disagio psi-cologico ottengono una risposta inadeguata attraversoprescrizioni di farmaci e analisi cliniche, quantodovranno aspettare prima di avere la risposta “appro-priata” che lo Psicologo di base potrebbe fornire?

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Indice n. 1 - Gennaio 2011

Psicologia e Società moderna di Giuseppe Luigi Palma

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Linee programmatiche di Giuseppe Luigi Palma

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Comunicato Stampa: La Posizione dellʼOrdine sulla Riforma universitaria

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Verso la fondazione dello psicologo di base Intervista al Prof. Mario Bertini di Raffaele Felaco

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Tra sviluppo e tutela di Antonio Telesca

Psicologia: verso una professione europea di Marco Guicciardi

Decreto legislativo n° 28 del 4 marzo 2010: istituzione della media-conciliazione, risoluzione alternativadelle controversie di Raffaele Felaco e Monica Terlizzi

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Offrire risposte dove emerge la domanda: uno Psicologo di Base nello studio del Medico di MedicinaGenerale di Luigi Solano

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Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

Giuseppe Luigi Palma Presidente Presidente Ordine Puglia

Antonio Telesca Vicepresidente Presidente Ordine Basilicata

Paolo Fausto Barcucci Segretario Presidente Ordine Piemonte

Girolamo Baldassarre Tesoriere Presidente Ordine Molise

Giuseppe Bontempo Consigliere Presidente Ordine Abruzzo

Max Dorfer Consigliere Presidente Ordine Bolzano

Armodio Lombardo Consigliere Presidente Ordine Calabria

Raffaele Felaco Consigliere Presidente Ordine Campania

Manuela Colombari Consigliere Presidente Ordine Emilia Romagna

Paolo Fusari Consigliere Presidente Ordine Psicologi Friuli Venezia Giulia

Marialori Zaccaria Consigliere Presidente Ordine Lazio

Piero Cai Consigliere Presidente Ordine Liguria

Mauro Vittorio Grimoldi Consigliere Presidente Ordine Lombardia

Bernardo Gili Consigliere Presidente Ordine Marche

Marco Guicciardi Consigliere Presidente Ordine Sardegna

Paolo Bozzaro Consigliere Presidente Ordine Sicilia

Sandra Vannoni Consigliere Presidente Ordine Toscana

Luigi Ranzato Consigliere Presidente Ordine Trento

Immacolata Tomay Consigliere Presidente Ordine Umbria

Alfredo Mattioni Consigliere Presidente Ordine Valle d’Aosta

Marco Nicolussi Consigliere Presidente Ordine Veneto

Floriana Angelucci Rappresentante Sezione B

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A questo aggiungerei, visto che siamo in un periodo dicrisi economica, che lo Psicologo di base è in grado diridurre notevolmente i costi della Sanità per farmaci,analisi cliniche e costi diretti e indiretti legati alla croni-cizzazione delle patologie psicologiche!

Il Governo inglese ha investito sugli Psicologi ed hafatto una scelta molto seria basata, come dovrebbesempre accadere, sulle evidenze scientifiche disponi-bili (fornite dallʼIstituto Nazionale per lʼEccellenzaClinica del Regno Unito - NICE). Non le lobby deglipsicologi, ma lʼefficacia delle cure psicoterapeuti-che, la conseguente riduzione della spesa farmaceu-tica, la riduzione delle assenze dal lavoro e maggioreproduttività, sono stati i criteri essenziali alla basedella decisione del Governo inglese.

Attendiamo analoga “illuminazione” nella nostra Italia!

Intanto il numero degli incidenti sul lavoro rimane alto.Tutti riconoscono lʼimportanza del “fattore umano”, mapoi lʼobbligatorietà della valutazione dello stress lavo-ro-correlato incassa proroghe su proroghe, e la sicu-rezza è considerata un “lusso” per le imprese. Eppureè facile comprendere che mentre lʼimpresa risparmiasulla sicurezza, molte famiglie (quelle dei morti e deiveri invalidi) sprofondano nella disperazione produ-cendo costi elevatissimi a carico dellʼintera società!Su questo tema siamo in attesa della conclusione deilavori del Comitato per lʼindirizzo e la valutazione dellepolitiche attive e per il coordinamento nazionale delle

attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sullavoro (art. 5 del D.Lgs 81/2008). Ricordo che datempo abbiamo sostenuto e continueremo a farlo, chein particolare per la valutazione dello stress lavoro cor-relato debba essere fatto espresso riferimento allafigura dello psicologo.

Sulla scuola. Abbiamo messo in evidenza in tutte lesedi istituzionali il ritardo dellʼItalia rispetto alla crea-zione del servizio di Psicologia scolastica Siamopraticamente lʼunico paese europeo che non ha unanormativa specifica nel settore, con tutte le implicazio-ni negative che ne conseguono.Nel resto dellʼEuropa è prevista la presenza continua-tiva dello psicologo al servizio di insegnanti, studenti escuola in generale.

Sicurezza sul lavoro, psicologia di base, cure psicote-rapeutiche, psicologia scolastica, sono alcuni ambitida cui proviene un forte bisogno di Psicologia. Rimanela piena consapevolezza delle difficoltà e resistenze divaria natura da parte dei “decisori” istituzionali, maaltrettanto piena è la consapevolezza di quanto siaurgente un cambiamento culturale e politico forsecoraggioso, ma necessario e utile alla collettività eche possa vedere la psicologia e gli psicologi primiattori sulla scena della società italiana.

Giuseppe Luigi Palma

La Professione di Psicologo n. 01/2011

Editoriale

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La Professione di Psicologo n. 01/2011

Per una Politica di unità

Ritengo utile proporre una riflessione preliminaresulla necessità di una politica di unità. Perché per

quanti sforzi noi si possa fare, tutti, a vantaggio dellanostra professione e dei nostri colleghi resta fonda-mentale e fondante ripensare una politica di unitàche può renderci più forti nel confronto con inostri interlocutori esterni. Una unità che pur nelrispetto delle differenze deve dialogare con tutte lecomponenti della professione e con tutte le organizza-zioni che rappresentano la professione per renderlapercettibile come un unicum che si muove unito ecompatto e che solo così può assumere quel pesopolitico che manca ancora totalmente alla nostracategoria.

Sostegno e piena applicazione della L. n. 56/89, inparticolare per quanto previsto allʼart. 1.Lʼistituzione del gruppo di lavoro Atti Tipici, ha promos-so la costruzione di un iter di lavoro per la ridefinizio-ne della professione a partire dallʼart. 1 della L. 56/89.Il gruppo ha lavorato principalmente sul concetto di“diagnosi” a partire, quindi, da uno dei punti più criticirelativi alla nostra professione. Questa esperienza dilavoro ha avuto seguito nella diffusione a mezzo stam-pa del documento elaborato e validato da tre refereedi fama internazionale, e fa da apripista ad un lavorodi ridefinizione della prassi professionale che costitui-sce un valido supporto anche nelle sedi istituzionali incui negli ultimi anni abbiamo visto apprezzata la pre-sentazione di dati reali e fondamenti scientifici comecorrelato alle ns istanze.

Si propone la prosecuzione dei lavori di un gruppo adhoc per proseguire in tale direzione mantenendoferme le modalità finora utilizzate: stesura documen-to anche in sinergia con esperti di settore esterni,validazione referee internazionali, diffusione entro lacategoria e, per quanto di interesse, verso la societàcivile con conferenze stampa, campagne informati-ve, ecc.

Conclusione iter legislativo per il completo pas-saggio della Vigilanza sullʼOrdine dal Ministero diGiustizia al Ministero della Salute.Il lavoro fin qui svolto è stato estremamente faticosoperché al di là del risultato lungi dal potersi definirecompletamente raggiunto, ha comportato la costruzio-ne di una fitta rete di rapporti con il Ministero dellaSalute e il Ministero della Giustizia per la costruzionedi un passaggio riconosciuto da tutti giusto nella dire-zione, ma complesso da portare a termine. Allo statoattuale è necessario monitorare quotidianamente econ estrema attenzione tutti gli atti in discussione inParlamento o allo studio delle Commissioni riguardan-ti le professioni, le professioni sanitarie, la creazione dinuovi Ordini, et sim. poiché in queste è utile interveni-re e introdurre norme per il passaggio di tutte le attri-buzioni dellʼOrdine al Ministero della Salute. In estre-ma sintesi il passaggio al Min. della Salute è condizio-ne fondamentale in particolare per:

a) il riconoscimento della Psicologia come professio-ne della salute e del benessere;

b) migliorare lʼefficacia dellʼazione deontologica degliOrdini attraverso lʼistituzione di una Commissione

Linee programmatiche

Giuseppe Luigi PalmaPresidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

Linee programmatiche

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Linee programmatiche

La Professione di Psicologo n. 01/2011

centrale anche al fine di una corretta applicazionedellʼarticolo 21 del Codice deontologico (il cd IIgrado entro la professione);

c) la programmazione degli accessi alla professione.

Conclusione iter legislativo per lʼapprovazione delNomenclatore-Tariffario, come previsto dallʼart. 28della L. 56/89Condizione indispensabile per:

- lʼinserimento ed il riconoscimento delle prestazionipsicologiche allʼinterno del tariffario del SSN e deiLEA;

- la definizione degli “atti tipici” della professione diPsicologo.

Lʼiter di approvazione del Nomenclatore-Tariffario si èrivelato negli anni particolarmente complesso: modifi-che alla normativa in materia di tariffe professionali, lamodalità con cui, purtroppo, viene nominato il CSS, gliinterventi, dellʼAGCM.

Qualità della Formazione: superamento della lau-rea triennale e progressiva abolizione della sezio-ne ʻBʼ dellʼAlbo professionaleLa posizione del Consiglio Nazionale dellʼOrdinerispetto alla istituzione della sezione B dellʼAlbo è notae condivisa da tempo. Solo lʼItalia ha utilizzato le poli-tiche europee in tema di formazione che si proponeva-no di incentivare la mobilità degli studenti tra i PaesiMembri come invece un volano per lʼistituzione dinuovi percorsi formativi professionalizzanti tout court.In questi anni la numerosità e la crescita degli iscrittialla sezione B ci ha dato ragione delle ns posizioni: ilmercato stesso ha disincentivato la professione di“dottore in tecniche psicologiche”, inesistente, tra lʼal-tro, negli altri Paesi europei. Appare opportuno monitorare con attenzione gli effettidella Riforma Universitaria e in particolare le aggrega-zioni di facoltà, con particolare attenzione ai livelli diqualità dei percorsi formativi. A questo punto è indero-gabile la necessità di costruire sinergie con lʼUniversitàper incidere sulla politica della formazione intesa comepercorso formativo universitario e altri dispositivi abili-tanti (tirocinio, esame di stato), anche attraverso lacostituzione di un gruppo di lavoro paritetico.

Ri-attivazione dellʼOsservatorio permanente sullaprofessione.Lʼiniziativa non è nuova nellʼambito delle politiche ordi-nistiche, con questa proposta intendiamo riattivarefiloni di ricerca che hanno di recente prodotto unadocumentazione che si è più volte rivelata crucialenelle audizioni presso le Sedi Istituzionali in cui siamo

stati finalmente in grado di fornire dati obiettivi e nonvuoti preconcetti corporativistici.

Promozione e tutela della Professione – Accordi eProtocolli dʼIntesaIn particolare lʼultima consiliatura ha promosso diver-se azioni di promozione della professione che si sonorivelate utili sia nelle finalità specifiche delle singoleazioni, sia nella visibilità che queste hanno comporta-to e lʼapprezzamento mediatico e istituzionale che neè derivato.

La Carta dei Servizi del Consumatore Utente dellePrestazioni Psicologiche ha prodotto il concerto conle Associazioni dei Consumatori, la condivisione di cri-teri e la diffusione di una cultura della professione dipsicologo, e non ultimo lʼapprezzamento dellʼiniziativada parte del Presidente dellʼAGCM.

Il Protocollo dʼIntesa con i Consulenti del Lavorocostituisce un utile precedente per la definizione diambiti di competenza e funzioni in percorsi di interven-to che inevitabilmente si intersecano anche nella nor-mativa di merito.

LʼAccordo con la Guardia di Finanza, oltre che con-sentire la promozione della figura dello psicologo fra leFFAA, ha prodotto un concreto collegamento fradomanda e offerta di servizi professionali.Recentemente anche la Polizia di Stato ha espressola volontà di firmare un accordo con il CNOP.

È da aggiungere a tutto questo il progetto dello psico-logo di base e dello psicologo scolastico, che conil tempo, lʼesperienza e soprattutto il confronto con ipaesi esteri ci si è resi conto deve essere tradotto inuna funzione dello psicologo e della psicologia, impo-nendo quindi un cambio di rotta anche nella propostache infatti deve intendersi per lʼistituzione di unServizio di Psicologia Scolastica. Altre aree di svi-luppo vanno potenziate sia nella definizione che nellaspecifica configurazione normativa: psicologia dellasostenibilità, psicologia del traffico, psicologia delleemergenze, lʼattività di mediazione.Appare necessario attivare specifiche azioni per ilcontrasto dellʼabusivismo professionale anche inrelazione allʼattuazione dellʼart. 26 d.lgs 206/2007 inrelazione al riconoscimento delle qualifiche profes-sionali.

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6La Professione di Psicologo n. 01/2011

Con riferimento alla questione della riforma universitaria, che in questi giorni è sulle prime pagine di tuttii quotidiani, il Presidente del Consiglio Nazionale dellʼOrdine degli Psicologi, dott. Pinluigi Palma,

esprime preoccupazione e rammarico, perché, pur consapevole dellʼautonomia della Università, nélʼOrdine a livello Nazionale né i Consigli territoriali sono stati coinvolti dalle Istituzioni Universitarie sulle ipo-tesi di aggregazioni dipartimentali e sulla costituzione di nuove Facoltà. A Roma, certamente sarebbe statopreferibile mantenere lʼautonomia per la facoltà di Psicologia.Tuttavia, il Presidente dellʼOrdine del Lazio e membro del Consiglio Nazionale, dott.ssa Zaccaria, al fine dievitare qualsiasi fraintendimento, chiarisce che “la nuova Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienzadi Roma, comporta comunque il mantenimento delle rispettive autonomie aggregando 7 Dipartimenti(3 di psicologia e 4 di medicina), che manterranno in vita i rispettivi corsi di laurea tenendo insieme didat-tica e ricerca secondo le rispettive competenze e ambiti professionali, e che la facoltà, secondo proprioStatuto, dovrà valutare la bontà dei dipartimenti”.

Fermo restando che disegno di legge Gelmini attribuirebbe proprio ai dipartimenti la costruzione dei per-corsi formativi, lʼOrdine chiede alle Università precise garanzie circa il rispetto dellʼautonomia scien-tifica e professionale della psicologia.

Il CNOP ha sempre tutelato lʼautonomia della psicologia; infatti ha impugnato 13 bandi di altrettanteUniversità e Facoltà di Medicina che ammettevano i medici alla specializzazione in psicologia clinica. Tuttii ricorsi proposti da CNOP e Ordine del Lazio contro MIUR, Ministero della Salute, FNOMCeO e UniversitàLa Sapienza, hanno avuto come esito ben due sentenze del Consiglio di Stato, che hanno chiarito che lʼac-cesso alla specializzazione in psicologia clinica è riservata esclusivamente ai laureati in psicologia. Di quila conseguente collocazione di psicologia clinica nelle specializzazioni di area psicologica e non medicacon il nuovo ordinamento approvato con Decreto 10 marzo 2010.

Ribadisce Palma: “La qualità della formazione professionale è materia dʼinteresse dellʼOrdine perché diret-tamente connessa alla qualità delle prestazioni professionali erogate e alle competenze che i professioni-sti mettono in campo a favore sia della società civile sia dello sviluppo di una cultura più attenta e al ser-vizio del benessere psicologico.”

In questʼottica, in relazione ai livelli di competenza necessari per lʼesercizio della professione, il ConsiglioNazionale è da sempre contrario alla laurea triennale in psicologia e a favore del ciclo unico.

Per questi motivi, chiediamo che nellʼimmediato si proceda alla giusta collocazione di Psicologia nelraggruppamento con la minima numerosità di studenti, cioè nel gruppo A dellʼAllegato C del D.M.22 settembre 2010, in modo da garantire una adeguata efficacia formativa come richiesto per le laureeprofessionalizzanti.

Auspichiamo pertanto che si possa finalmente aprire un dialogo con le università sullʼurgente necessità diprogrammazione degli accessi correlati alle reali esigenze del mercato del lavoro e della domandasociale.

COMUNICATO STAMPA

27 novembre 2010

La POSIZIONE dellʼORDINE sulla RIFORMA UNIVERSITARIA

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Nel panorama variegato della professionalità psico-logica, la proposta di istituire lo “psicologo di base”,

nel suo evidente accostamento al “medico di base”, puòprovocare una reazione di sorpresa che va dal più con-vinto consenso al commento critico che rasenta lʼuto-pia. Eppure oggi si può dire che si tratta di una propo-sta del tutto realistica se è vero come è vero che è statapresentata come progetto di legge al Parlamento.Lascio da parte il contenuto di questa proposta, ma ilfatto che qualcuno abbia avuto il coraggio di far entra-re nel Parlamento questo messaggio, è stato per meun vero shock.Allo psicologo di base ci sto pensando da diversi anni,ma fino a ieri ho sempre pensato che i tempi nonerano maturi e che bisognasse aspettare. Per la pre-cisione lʼipotesi dello psicologo di base già frullavanella mia mente alla fine degli anni ottanta: a confer-ma riporto per esteso quanto scrivevo nel 1988 a con-clusione di un capitolo del libro Psicologia e Salute:“La psicologia della salute è una tendenza emergenteche merita molta attenzione per capire il futuro dellanostra professione. Lʼinterazione positiva tra i program-mi promossi dalle agenzie internazionali della salute elʼemergenza del modello biopsicosociale, dà alla psico-logia lʼopportunità importante di offrire i suoi contributilungo le linee della sua specifica identità scientifico-pro-fessionale. Per sfruttare appieno questa opportuni-tà, sarebbe probabilmente utile che gli psicologiassumessero una collocazione più capillare e pene-trante nel sistema di cura della salute.Una corretta interpretazione del modello biopsicoso-ciale – che, oltre a quelli fisici, sottolinea la contribu-zione dei fattori psicologici e sociologici in ogni proble-ma di salute – e, dʼaltra parte, Iʼenfasi sulla cura dellasalute a livello primario implicita nel programmaSalute per tutti negli anni 2000 (HFA/2000), sono ele-

menti che dovrebbero convincere ad assicurare unapresenza molto più strutturata di psicologi appropria-tamente preparati come “generalisti” (Diekstra, 1988)a fianco dei medici e degli altri operatori che agiscononel primo fronte dei servizi di salute. Come osserva lostesso autore, dal punto di osservazione privilegiatodella Divisione di Salute Mentale dellʼOms, i resocontida molte nazioni indicano che i medici di famiglia o ipediatri vengono molto più spesso consultati, per pro-blemi mentali e comportamentali, degli psicologi o dialtri operatori specializzati nella salute mentale. Dalmomento che i medici generalmente non sono moltopreparati per valutare, trattare e prevenire i problemi disalute mentale la maggior parte di pazienti che li con-sultano per tali problemi (o per condizioni causate daessi) non ricevono spesso un servizio appropriato oaddirittura non vengono presi in considerazione.Questo a sua volta rinforza il pregiudizio che moltidisturbi di salute mentale non siano trattabili, o nonsiano sufficientemente importanti da essere presentati

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Lʼintervista

La Professione di Psicologo n. 01/2011

Verso la fondazionedello psicologo di base

Intervista al Prof. Mario Bertini

di Raffaele FelacoResponsabile Editoriale “La Professione di Psicologo”

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come motivazioni per il trattamento, o semplicementescompaiano col passar del tempo. È a livello primariodella cura della salute che si può prevedere una gran-de sfida per la psicologia nella prossima decade. La for-mazione di psicologi con la giusta competenza “perlavorare entro il regno e le limitazioni del livello primarioo per formare, super-visionare ed offrire consulenza adaltri operatori sanitari dovrà essere del tutto diversadalla formazione consueta quale si trova in molti curri-cula tradizionali della psicologia clinica (Diekstra, 1988).Lavorare con competenza al livello primario daràalla psicologia lʼoccasione unica di far penetrarenel tessuto sanitario un positivo orientamentoverso la promozione ed il mantenimento della salu-te. Può valere la pena assumere questo impegnocon determinazione e con sufficiente padronanzateorica e pratica dei compiti specifici da affrontare.”Così pensavo e scrivevo con convinzione oltre 20 annifa, ma da allora silenzio assoluto. Ora penso che siagiunto il momento di rimboccarci le maniche, attivare leenergie e coinvolgere i colleghi in vista di un traguardopossibile.

Come si giustifica lo psicologo di base?

Per una corretta premessa si può mettere in evidenzache cʼè oggi, in tutto il mondo, una forte linea di tenden-za verso la cura a livello primario, e che in questo ambi-to la partecipazione dello psicologo è ampiamente rico-noscibile e riconosciuta.Con il progressivo affermarsi della visione bio-psico-sociale, sembra oggi difficile ritenere che le personepossano ricevere risposte adeguate alla complessitàdei problemi che coinvolgono psiche e soma se, nelleprime consultazioni, la domanda viene gestita esclusi-vamente a livello del soma, cioè dal medico. La salute,così come la malattia, è un fenomeno unitario, sempredi natura psicosomatica. Pertanto, ogni volta che unapersona porta allʼattenzione dei servizi sanitari un pro-blema di qualunque natura, si dovrebbe sempre consi-derare uno specifico contributo psicologico anche sesolo allo scopo di escludere la sua rilevanza nella fatti-specie. Citando di nuovo Diekstra (1988): «una cono-scenza e una competenza psicologica dovrebbe esse-re sempre disponibile nei settings di cura primaria dellasalute» e non dovrebbe essere ridotta solo ad unapproccio specialistico di secondo o terzo livello.

Quali esperienze internazionali?

Sul piano internazionale, si insiste nellʼaffermare che iproblemi che le persone presentano a livello di cura pri-maria, cioè al medico di base, non sono in prevalenzasintomi di malattia biologica. Secondo la stima più

ampiamente accettata (e mi riferisco a rassegne recen-ti), durante le consultazioni mediche a livello di cura pri-maria, i problemi di natura psicosociale stanno tra il40% e il 60% di tutte le visite; questo significa che ilPCP (Primary Care Psychologist) ha di fatto un ruolofondamentale. Negli Stati Uniti il “Committee on theFuture of Primary Care for the Institute of Medicine”così afferma: “La parte più rilevante della cura dellasalute mentale viene gestita a livello dei setting di curaprimaria: e sempre così sarà”.Lʼimportanza di attribuire allo psicologo questo ruolo, sipuò dedurre anche dalle enunciazioni ai massimi livellidellʼAPA, cioè dellʼassociazione degli psicologi america-ni. Vorrei sottolineare che nel 2009, il presidente di que-sta associazione, in un editoriale dal Titolo: “Visione peril futuro della pratica della psicologia”, presentava unaserie di linee guida dichiarando che il “21° secolo ci chie-de di cambiare le modalità tradizionali della nostra prati-ca professionale”. Al primo posto poneva il compito diprovvedere ad una cura integrata della salute. “Per aversuccesso nel futuro – così scriveva – gli psicologi devo-no ampliare le loro prospettive per divenire partners apieno titolo nel sistema di cura della salute. Ciò richie-de di lavorare con i colleghi medici a livello dei ser-vizi medici di cura primaria. Oggi gli operatori nellacura primaria trattano oltre il 70% dei problemi di salutementale senza lʼassistenza degli psicologi o di altri oper-atori di salute mentale. Gli operatori di cura primaria cos-tituiscono di fatto un sistema di salute mentale legato apolitiche di cura manageriale e ad un eccesso di fiduciasulle medicine. La ricerca indica che problemi di granderilievo come il diabete, la malattia cardiocircolatoria elʼobesità sono dovuti a fattori psicosociali e a stili di vita,fattori che non sono efficacemente trattati dalla profes-sione medica. I bambini, gli svantaggiati e gli anziani sof-frono ancora di più di questi sistemi di cura. La nostra èla professione maggiormente competente a capire e acambiare il comportamento umano, eppure gli psicologispesso non sono coinvolti nellʼopera di prevenzione e ditrattamento di questi problemi, perché non sono con-siderati come parte integrale del team di cura dellasalute: dobbiamo cambiare tutto questo.”

E in Europa?

Anche in Europa ci sono delle iniziative importanti,come in Olanda, in Inghilterra, nel Belgio. Fra questevorrei ricordare unʼiniziativa olandese che va avanti consuccesso da oltre trenta anni. Lʼipotesi di uno psicologoa livello di cura primaria, chiamato PCP (Primary CarePsychologist), prese origine in questo Paese agli inizidegli anni 80 del secolo scorso. Le caratteristiche fon-damentali si possono riassumere così: Il cliente sta alcentro di un setting in cui viene adottato un approccio di

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Lʼintervista

La Professione di Psicologo n. 01/2011

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cura strettamente personale di livello ʻgeneralista; nonci sono liste di attesa fra registrazione e trattamento; siusa un metodo di lavoro trasparente e a bassa soglia,con una presa in carico graduale; nel quadro di unastretta cooperazione con i medici di famiglia ed altrioperatori della cura primaria e secondaria, si poneunʼattenzione esplicita alla prevenzione, ai processi diattivazione e di recupero. Lʼatteggiamento dello psicolo-go si struttura secondo linee di lavoro integrato che siallargano anche al contesto comunitario. Per quantoriguarda lo status professionale, il PCP olandese è cer-tificato come psicologo della salute, lavora come gene-ralista ma con competenze specialistiche nel campodella cura primaria. Lʼiniziativa olandese si è affermatasu tutto il territorio nazionale con forte sostegno istitu-zionale. Allo stato attuale ogni abitante dellʼOlanda,come base di politica assicurativa, viene rimborsato perun totale di 8 consulenze e, fino a 12, come quota diunʼassicurazione suppletiva che la maggior parte dellepersone tende ad acquisire. La ricerca sugli effetti degliinterventi psicologici negli ultimi 20 anni dimostraampiamente la loro efficacia su una vasta gamma diproblemi sia negli adulti come nei bambini. SecondoDerksen (2009), principale attivatore di questa espe-rienza, la ragione è molto semplice: la maggioranza deiproblemi possono essere risolti sulla base di una cura alivello primario. Oggi, egli afferma il “PCP olandese haun grande successo ed è il momento che gli psicologidi altre nazioni vengano informati di questo sviluppoprofessionale”.

Qualʼè il ruolo dello psicologo di base?

Anche sulla base di queste esperienze a livello interna-zionale, lo psicologo di base deve esercitare un ruolonel quale il concetto di “promozione” si colloca al primopiano rispetto al concetto di terapia. Lʼorientamentodello psicologo della cura primaria mira alla promozio-ne della salute. “Lo psicologo clinico esamina nei det-tagli i quadri sintomatici, utilizzando specifiche tecnicheelaborate allo scopo. Il PCP al contrario si rivolge findallʼinizio agli aspetti sani del cliente e del suo contestoe fa leva su questi lungo tutto il processo dʼintervento. Adifferenza dello psicologo che lavora nei centri di tratta-mento delle tossico-dipendenze, o in altri centri clinici,lo psicologo di base (il PCP) offre un intervento minima-le. Il PCP è pienamente consapevole delle conseguen-ze negative che possono derivare dal prestare troppaattenzione alle lamentale del cliente; lʼapproccio adotta-to deve evitare la psicologizzazione o la medicaliz-zazione dei problemi”.Pertanto il ruolo delle psicologo di base assume dellecaratteristiche di professionalità in cui si deve ricono-scere il passaggio dal cosiddetto “modello malattia” al

“modello salute”. La specifica differenza sta anche nellascelta della clientela: nel modello malattia i clienti sonoi singoli individui o gruppi, filtrati dalla diagnosi (vediDSM) che individua le patologie da trattare. Nel model-lo salute, che va oltre la distinzione di malati e sani, tuttala popolazione è suscettibile di “migliorare” la propriaposizione nei confronti della vita, qualunque sia il rap-porto fra mal-essere e ben-essere.

Quale tipo di collaborazione fra medico e psicologo?

Nellʼambito delle cure primarie sul piano internazionale,si possono distinguere tre tipologie di servizi:Coordinati, Collocati, Integrati.Per quanto riguarda i primi, si tratta di servizi fra i qualicʼè un rapporto di collaborazione, ma a distanza, cioèsituati in setting diversi. I secondi includono servizi col-locati nello stesso setting. I terzi si possono indicareintegrati in quanto servizi che essendo nella stessacollocazione vedono le componenti mediche e psicolo-giche (e possibilmente anche altre) coinvolte nello stes-so luogo in specifici piani di trattamento per pazientiindividuali o popolazioni di pazienti. In linea generale sipuò osservare che questʼultimi sono i servizi che offro-no le maggiori garanzie di efficacia. Allʼinterno della categoria integrati vorrei mettere in evi-denza una iniziativa italiana che si distingue per il suocarattere di novità. Si tratta di unʼiniziativa promossae tuttora condotta da Luigi Solano presso la scuoladi Specializzazione in Psicologia della SalutedellʼUniversità di Roma La Sapienza. Quanto auspicavo con convinzione oltre 20 anni fa, statrovando finalmente uno spunto di realizzazione in qual-che modo esemplare. Questo modello non prevedeinfatti, fra medico e psicologo, una semplice collabora-zione a distanza, o nello stesso setting, e nemmeno unprocesso dʼintegrazione mediante delega, come avvie-ne generalmente anche nelle esperienze più avanzate;la linea adottata con successo, da circa dieci anni, pre-vede un setting in cui il cliente viene accolto dal medicodi base e dallo psicologo disposti insieme ad ascoltarlo.Senza entrare nel merito, perché penso che sarà lostesso prof. Solano a dare spiegazioni, posso dire chequesta esperienza rappresenta una potenzialità forte-mente innovativa nella prospettiva degli obiettivi da rag-giungere. La presenza congiunta delle due figure, evi-tando lʼoperazione di delega dal medico allo psicologo,fa sì che la persona superi il pregiudizio di essere con-siderato mentalmente poco sano; pregiudizio che tantoincide sulla disponibilità della persona a sottoporsi allavisita psicologica. Questa impostazione risolve favore-volmente il problema avvertito in tutti i servizi di cura pri-maria.

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Lʼintervista

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Quale formazione?

Oltre la formazione psicologica di base occorre tenerpresente la specificità del concetto di specialista- gene-ralista, e della funzione di collaborazione con le altrediscipline.Per la consolidata esperienza nel tracciare le caratteri-stiche fondamentali dello psicologo della cura primariaè utile segnalare lʼiniziativa olandese. I promotori diquesta esperienza trentennale hanno ritenuto utile epersino necessario stabilire un percorso specifico di for-mazione per questo psicologo dopo il completamentodella precedente formazione come psicologo della salu-te. Lʼiter formativo del PCP prevede le seguenti tappe.Dopo il master in psicologia si richiede una formazione“postgraduate” di due anni per acquisire il titolo di psi-cologo della salute. Tuttavia – a loro parere – la speci-fica professionalità del PCP da “generalista”, allʼinternodel modello biopsicosociale della salute e della malat-tia, richiede un training ulteriore. In Olanda questo train-ing consiste in un anno nel quale per ogni settimana siprevedono 4 giorni di lavoro supervisionato nella prati-ca di cura primaria e un giorno di lezioni universitarie. Il tema della formazione dello psicologo di base assu-me notevole importanza e va studiato nei dettagli.Lʼesperienza olandese al riguardo offre alcuni spunti mava certamente adattata alla realtà italiana, tenendoanche conto delle caratteristiche del modello che abbia-mo intenzione di assumere.

Quali difficoltà si presenteranno allʼistituzione di unruolo così innovativo?

Le difficoltà sono ovviamente molteplici, sia sul pianointerno sia sul piano esterno. Allʼinterno del mondo psi-cologico, domina lʼorientamento simil-medico: psicodia-gnosi e psicoterapia costuituiscono il centro di attrazio-ne maggiore. Occorre affrettare i passi per dimostrareuna specifica competenza rispetto ad un ruolo che inve-ce deve muoversi in una direzione più orientata allasalute, più sensibile ad una visione integrativo-sistemi-ca e co-costruttiva.Sul piano esterno si possono registrare consensi sulpiano della popolazione in generale, come si è potutoconstatare nella sperimentazione accennata, ma ovvia-mente non mancheranno le resistenze da varie parti:lʼindustria farmaceutica e biotecnologica in primis, nonsaranno pronte a battere le mani… Le componenti poli-tico amministrative potranno dimostrare la loro acco-glienza positiva sul piano culturale ma chiederannoragione precisa per quanto riguarda il piano della spesa.

In conclusione: lʼidea sembra suggestiva, ma la dif-ficoltà potrebbe essere il costo dellʼoperazione,soprattutto in questi momenti di crisi.

Al contrario ci sono tutti gli elementi per affermare che

questa operazione è in grado di diminuire la spesa. Sipuò sostenere questo sulla base di una rapida rasse-gna della letteratura internazionale, e anche sulla basedella nostra esperienza italiana. Tornando ancora allʼesperienza olandese, nel 1980 siaffermava che gli interventi di salute mentale erano ingrado di produrre un 10% di risparmio sul costo dellaspesa medica. Questo dato illustra per un verso lʼinci-denza dei disturbi psicologici che si presentano in gene-rale come malattie mediche e, per un altro, quanto lʼof-ferta di servizi psicologici possano determinare la ridu-zione di spese mediche non necessarie.In USA si può vedere come le case di assicurazionemediche si avvalgano degli psicologi proprio in vistadella riduzione della spesa; conoscendo il pragmatismodegli americani, questo fatto ha un rilievo importante.Altrettanto interessante in questo Stato, è osservare lapressione sugli psicologi, sia da parte degli enti pubbli-ci sia degli enti privati, a diversificare la loro professio-nalità aldilà delle pratiche tradizionali, e la scarsa pro-pensione dei medesimi. In realtà, come affermanoBluestein & Cubic (2009) “la maggior parte degli psico-logi, nonostante lʼimpatto negativo della loro scarsaadesione a queste richieste, non hanno cercato alter-native alle pratiche tradizionali di tipo psicodiagnosticoe psicoterapeutico. Unʼalternativa largamente sottoutilizzata è lo sviluppo di collaborazioni più strettecon i medici a livello della cura primaria.”

E in Italia che cosa possiamo fare?

Da quanto ho cercato di trarre dalle diverse riflessionisu questo tema nella corrente letteratura, mi sembra dicapire che dagli auspici, a volte entusiastici, non si vedepoi una pari affermazione nella prassi concreta. In ogniparte del mondo la presenza degli psicologi, nei set-tings di cura primaria, è ancora al di sotto delle lodevo-li aspettative. Anche in Italia siamo certamente al disotto; tuttavia, nella scommessa sul “medico di base”,mi sento di intravedere un obiettivo ambizioso ma pos-sibile. Per riuscire, dobbiamo muoverci con determina-zione e coraggio su due binari, entrambi necessari. •  Da una parte il binario scientifico che si traduce in

un preciso impegno di sperimentazione a largoraggio nella linea del modello sopraindicato;

•  dallʼaltra, il binario politico che deve portareallʼapprovazione di una legge in grado di rispon-dere alle caratteristiche moderne ed innovativeche il modello stesso richiede.

Se così sarà, se cioè riusciremo ad ottenere una leggeappropriata ed una sperimentazione convincente, èpossibile che proprio lʼItalia riesca ad offrire un contri-buto esemplare nella direzione da tutti ampiamenteauspicata.

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Lʼintervista

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Sfondo culturale della proposta

Ènoto dalla letteratura che almeno il 50% dellerichieste che pervengono ai Medici di Medicina

Generale, dietro la “proposta” di un sintomo somaticoesprimono disagi di tipo relazionale/esistenziale(Balint, 1957; Katon, 1985; Magill e Garrett, 1988). Lepiù recenti tendenze della psicologia della salute edella psicosomatica (Bertini, 1988; Solano, 2001)stanno inoltre ad indicare che qualunque tipo di pro-blema venga portato al medico può trovare miglioresoluzione se, oltre ad essere considerato in terminibiologici, viene inquadrato nel contesto relazionale enel ciclo di vita del paziente. Ciò che accade di fatto èche in molti casi il medico, non essendo in grado disoddisfare la domanda complessa del paziente, tentadi fornire una risposta ricorrendo allʼeffettuazione dianalisi e alla somministrazione di farmaci di cui perprimo riconosce la dubbia utilità.Lʼaccesso volontario e diretto a uno psicologo, ingrado di dare risposta ad un disagio di origine non bio-logica, è reso estremamente difficile dal perdurantepregiudizio sociale nei confronti degli utenti di qualun-que tipo di servizio specificamente operante nelcampo della salute mentale. Questo fa sì che il contat-to con lʼutente avvenga in genere in fasi del disagiodrammaticamente tardive. A conferma di questa diffi-coltà, un recente studio dellʼ Ordine degli Psicologi(Ponzio, 2008) ha mostrato che solo il 5,5% dellapopolazione adulta ha avuto nel corso della sua vitaun contatto professionale con uno psicologo, ivi inclu-se situazioni non cliniche, quali orientamento, selezio-ne, formazione ecc.

Lʼinvio da parte del medico allo psicologo di pazientiportatori di un disagio relazionale/esistenziale apparedifficile non solo per i motivi suddetti, ma anche peruna difficoltà del medico ad identificare tale disagioquando non assuma la forma del disturbo psichiatricoesplicito, o del conflitto relazionale con il medico. È quindi evidente la necessità di costituire una situa-zione in cui lʼascolto psicologico appaia chiaramentecome qualcosa previsto per tutti, e non per una cate-goria particolare di persone.

Lo Psicologo di Base accanto al Medico diMedicina Generale

Appare quindi non solo opportuno, ma forse necessa-rio, se si intende offrire unʼassistenza adeguata ai cit-tadini, lʼintroduzione di uno “Psicologo di Base” in unadimensione di collaborazione congiunta a fianco delMedico di Medicina Generale, allo scopo di offrire unapproccio globale alle richieste dei pazienti, senza lanecessità né di un invio né di una specifica domandapsicologica, entrambe, come sopra descritto, di assaidifficile realizzazione. Una assistenza così organizza-ta può quindi permettere di:

- intervenire in una fase del disagio iniziale, in cui nonsi sono organizzate malattie gravi e croniche sulpiano somatico od organizzazioni intrapsichiche for-temente limitanti una realizzazione ottimale dellʼin-dividuo;

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Psicologo di base

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Offrire risposte doveemerge la domanda: uno Psicologo di Basenello studio del Medico di Medicina Generale

di Luigi Solano Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute,Università “Sapienza” di Roma

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- garantire un accesso diretto ad uno psicologo atutta la popolazione, evitando il filtro della valutazio-ne medica ed evitando altresì il rischio (o la certez-za) per i soggetti, di essere etichettati come “disa-giati psichici”;

- offrire un ascolto che prenda in esame, oltre allacondizione biologica, anche la situazione relaziona-le, intrapsichica, di ciclo di vita del paziente;

- eventualmente, in casi molto limitati e specifici,effettuare correttamente degli invii a specialisti dellaSalute Mentale;

- favorire unʼintegrazione di competenze tra Medicinae Psicologia, con arricchimento culturale di entram-be le figure professionali;

- limitare la spesa per analisi cliniche e visite specia-listiche, nella misura in cui queste derivino da untentativo di lettura di ogni tipo di disagio allʼinterno diun modello esclusivamente biologico.

Una esperienza pilota

Unʼesperienza di questo tipo è stata attuata dallaScuola di Specializzazione in Psicologia della SalutedellʼUniversità “Sapienza” di Roma. Lʼesperienzadura ormai da 10 anni e ha coinvolto 10 studi medici,di Roma, Orvieto e Rieti, per un periodo di 3 anni cia-scuno. Il lavoro è stato oggetto di diverse pubblicazio-ni nazionali e internazionali (Solano e Fayella, 2007;Solano et al., 2009; Solano et al., 2010; Tomassoni eSolano, 2003; Tomassoni et al., 2002).È stata garantita la presenza accanto al Medico diMedicina Generale, in un turno fisso della settimana,di uno psicologo specializzando. In sala di attesa èstato affisso un cartello allo scopo di comunicare lʼini-ziativa ai pazienti, di indicare il giorno di presenzadello psicologo, e di chiarire la possibilità, ove lo sidesiderasse, di essere ricevuti solo dal proprio medi-co. I singoli casi osservati e il funzionamento genera-le dellʼiniziativa sono stati discussi in riunioni almenobisettimanali coordinate dallʼautore del presentelavoro. Lʼattività dello psicologo si è svolta nelle seguentimodalità:- osservazione delle richieste e della modalità di

instaurare la relazione con il medico da parte di ognipaziente;

- inquadramento psicosociale dei casi osservati;- discussione con il medico dei casi osservati;

- eventuale intervento esplorativo-chiarificatore neiconfronti del paziente, nel contesto della visitaambulatoriale o con appuntamenti specifici al difuori dellʼorario di visita del Medico;

- in pochi casi selezionati, invio ad operatori dellasalute mentale.

Desidero ribadire a questo proposito che lo scopo del-lʼiniziativa non è stato di occuparsi del disagio psichi-co esplicito, che deve trovare accoglienza negli speci-fici servizi specialistici, ma di esplorare il significato diqualunque richiesta, in qualunque modo espressa, nelcontesto della situazione relazionale presente e pas-sata del paziente e del suo ciclo di vita.Riporto un caso clinico, probabilmente più chiaro diqualunque descrizione1:

Dino è un uomo di 41 anni, alto, dallʼaspetto giovani-le e molto curato. Si presenta allo studio dichiarandodi soffrire da qualche mese di gravi episodi di vertigi-ni. Lʼassenza di vomito, nausea o tachicardia rendealtamente improbabile un problema organico a livellonervoso o vestibolare. Dino dice di essere moltodisturbato dalla riduzione di capacità lavorativa deri-vante da questo sintomo. Per quanto ammetta diavvertire questi disturbi soprattutto quando “è stressa-to”, si affretta a mettere da parte questa notazione perinsistere nella ricerca di una causa organica, attraver-so una TAC o altre tecniche sofisticate di “brain ima-ging”. Allo stesso tempo è terrorizzato allʼidea di sco-prire un qualche problema di salute serio.Medico e psicologa cercano di capire meglio le circo-stanze di queste vertigini. Si verificano soltanto insituazioni specifiche: al lavoro, specie durante riunioni(in cui magari il pensiero può vagare, non essendolegato strettamente allʼesecuzione di un compito) equando va in palestra. Dino porta anche le ultime analisi del sangue, il medi-co le controlla e con intento tranquillizzante esclama“sono perfette!” Dino, per niente tranquillizzato, sichiede in tono ancora più preoccupato da cosa possa-no dipendere allora queste sue vertigini. Il medico lovisita, effettua delle prove neurologiche, che risultanonegative; esclude quindi lʼutilità di una TAC o di altreanalisi invasive, spiegandogli e sottolineando che levertigini sono un sintomo per nulla raro in situazioni divita difficili, e in accordo con la psicologa propone unincontro separato con questʼultima, per chiarire se e inche misura nella vita di Dino siano presenti condizioni

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1 Ringrazio per il racconto del caso il medico Enzo Pirrotta e la psicologa Veronica Ingravalle.

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di questo tipo. Dino accetta volentieri, sembra incurio-sito anche se un poʼ scettico. La situazione appare altamente illustrativa del senso edellʼutilità dellʼiniziativa, nel suo essere esemplificativodi una situazione molto frequente. Un paziente si pre-senta in uno studio di medicina di base lamentando unsintomo fisico che il medico valuta fin dallʼinizio come“funzionale”; il paziente è preoccupato per la propriasalute, ansioso di scoprire una causa, e richiede inda-gini sofisticate (e costose). Spesso il medico colludecon la richiesta - o è il primo a formularla, non avendoaltri strumenti a disposizione. Il paziente si avvia cosìnello sventurato percorso così ben descritto da Balint(1957) che porterà nella grandissima maggioranza deicasi alla delusione del non trovare nulla (“ma alloracosʼho”) o a qualche reperto casuale, foriero di ulterio-ri indagini e dellʼavviamento a una carriera di malatocronico. Nel nostro caso invece il medico, probabilmenteanche perché sostenuto dalla presenza della psico-loga, è molto fermo nellʼevitare questi percorsi.Tuttavia, Dino non sarebbe probabilmente rimastomolto soddisfatto dal semplice apprendere che il suosintomo è “per nulla raro in situazioni di vita difficili”.Emerge quindi la necessità di un incontro di appro-fondimento.Allʼinterno di questo incontro, emergono rapidamen-te particolari molto significativi. Dino è ingegnere,ricopre un incarico di alto livello, ma vive ancora conla madre di 84 anni, semiinvalida, affetta da diabetee insufficienza renale. In casa è presente anche unabadante. Il padre è morto quando Dino aveva 22anni. Dino è lʼultimo di quattro fratelli, gli altri tre sonotutti sposati e vivono per proprio conto, compresouno che era rimasto disabile a seguito di un inciden-te, e che ha vissuto con Dino e la madre fino a dueanni fa. Dopo il matrimonio di questo fratello, il dia-bete della madre è peggiorato notevolmente.Dino è single, si è lasciato da pochi mesi con lafidanzata con cui stava da 12 anni: le sue giornatesono scandite dal lavoro, dalla palestra e dallʼassi-stenza alla madre; non esce molto. Non gli piace par-ticolarmente andare in palestra, ma ci va tre volte asettimana, oltre a seguire una dieta, per timore diereditare il diabete dalla madre.La psicologa propone il “semplice” suggerimento cheun sintomo fisico può spesso costituire un segnaleda parte del nostro corpo, in rapporto a situazionidella vita, e che piuttosto che cercare di eliminare ilsintomo in quanto disturbante, potrebbe essere utilelavorare insieme per cercare di capire cosa sta cer-cando di segnalare. Dino appare sorpreso ma inte-ressato e dice che ci penserà.

Lʼincontro con la psicologa svela rapidamente diquale situazione di vita difficile si tratta: Dino, il figliominore della famiglia, come spesso accade, è statodestinato dal sistema familiare – per lo meno dallamorte del padre se non da prima – a prendersi curadella madre finché in vita. Questo “destino” ha proba-bilmente favorito la rottura con la fidanzata. La psicologa si guarda bene dal chiarire tutto questoa Dino in modo esplicito, cosa che avrebbe probabil-mente attivato delle resistenze. Si limita a connotareil sintomo non più come un disturbo, ma come unsegnale che il suo corpo gli invia, che merita di esse-re preso in considerazione. Qualche giorno dopo, in un turno di ambulatorio incui la psicologa non è presente, Dino si presenta astudio, ufficialmente solo per chiedere delle ricetteper la madre. “En passant”, però, dice al medico cheha trovato lʼincontro con la psicologa piuttosto utile egli chiede come può fare per incontrarla di nuovo. Ilmedico gli dice di chiamare nel giorno in cui è pre-sente per prendere un appuntamento.Per qualche settimana non si hanno più notizie. Ungiorno il medico va a casa di Dino (mentre lui è allavoro) per un controllo domiciliare alla madre, cheanche è sua paziente. “Che avete fatto a mio figlio?”grida la madre appena lo vede “da quando ha litigatocon la fidanzata stava sempre a casa, adesso escetutte le sere!” Nel tempo, sapremo gli ulteriori sviluppi. Quello che ècerto è che aver dato anche un minimo di senso allevertigini di Dino lʼha aiutato a capire qualcosa di piùdella propria situazione, e gli ha evitato di entrare in uncircuito di indagini fisiche che non avrebbe portato anulla di buono per lui, e avrebbe prodotto inutili speseper la collettività.

Risultati generali, aspetti economici, prospettive future

Lʼiniziativa di copresenza Psicologo di Base/Medico diMedicina Generale è apparsa del tutto fattibile, hariscosso il gradimento della grandissima maggioranzadei pazienti, ha comportato un numero esiguo di inviiad operatori della salute mentale, dissipando quindi iltimore di un incremento di richieste ai servizi speciali-stici con conseguente aumento di spesa. Ogni psico-logo nel corso di 3 anni ha incontrato circa 700 pazien-ti, è intervenuto in circa 120 casi, in modo più appro-fondito in circa 15. In un caso in cui è stato possibileconoscere la spesa farmaceutica relativa allo studiomedico prima e dopo lʼingresso dello psicologo si èriscontrato un risparmio del 17%, pari a 75.000 euro in

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un anno. È ipotizzabile un risparmio analogo sullaspesa per indagini strumentali e ricoveri ospedalieri. In collaborazione con la Presidenza dellʼOrdineNazionale degli Psicologi è stato messo a punto unprogetto di sperimentazione da effettuarsi con psicolo-gi professionisti retribuiti, organizzato su moduli checomprendono 8 Medici di Medicina Generale, 4Psicologi, 1 Supervisore. Ciascuno Psicologo opere-rebbe presso due Medici per due turni di ciascuno stu-dio, effettuando inoltre colloqui individuali in casi parti-colari. Il progetto viene proposto per la durata di 2anni, avendo verificato la necessità di un periodoabbastanza lungo (diversi mesi) per realizzare ilnecessario affiatamento tra i due professionisti coin-volti in ciascun studio. Per la verifica dei risultati, al dilà di misure del benessere e della qualità della vita deipazienti, sarà fondamentale una valutazione dellʼan-damento della spesa sanitaria relativa ai medici inte-ressati, come testimonianza non solo del risparmioottenuto, ma del diverso orientamento dellʼassistenza.Se si confermassero i risultati preliminari il risparmioper la sola spesa farmaceutica potrebbe essere di75.000 x 8 = 600.000 euro lʼanno. Poiché il progettonella forma in cui viene proposto costerebbe circa400.000 euro per due anni, è facile calcolare lʼentitàdel risparmio ottenibile.

Riferimenti Bibliografici

Balint, M. (1957): Medico, paziente e malattia. Trad. It. Feltrinelli,Milano, 1961.

Bertini, M., Psicologia e salute. Roma: La Nuova Italia Scientifica,1988

Katon, W. (1985): Somatization in primary care. Journal of FamilyPractice, 21: 257-258.

Magill, M.K., Garrett, R.W. (1988): Behavioral and psychiatric pro-blems. In R.B. Taylor (Ed.), Family Medicine (3rd ed., pp. 534 -562), New York: Springer - Verlag.

Ponzio, G., a cura di (2008): La Psicologia ed il mercato delLavoro.Ordine degli Psicologi del Lazio, Franco Angeli, Milano

Solano, L. (2001): Tra mente e corpo: come si costruisce la salu-te. Raffaello Cortina, Milano.

Solano L., Fayella P. (2007): Medico e Psicologo insieme in studio.Occhio Clinico, n.7.

Solano L., Pirrotta E., Ingravalle V., Fayella P. (2009): The FamilyPhysician and the Psychologist in the Office together: AResponse to Fragmentation. Mental Health in Family Medicine,6, pp.91-98.

Solano L., Pirrotta E., Boschi A. Cappelloni A., DʼAngelo D., PandolfiM.L. (2010): Medico di famiglia e psicologo insieme nello studio:un nuovo modello gestionale dove il sintomo diventa attivatoredi risorse? Italian Journal of Primary Care, 2, pp. 93-100.

Tomassoni, M., Solano, L. (2003): Una base più sicura: esperien-ze di collaborazione diretta tra medici e psicologi. FrancoAngeli, Milano.

Tomassoni M., Iacarella G., Solano L. (2002): Psicologia dellaSalute e Medicina di Base: una collaborazione proficua.Psicologia della Salute, n.1, 121-134.

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Psicologo di base

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Sviiluppo e tutela

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Gli obiettivi definiti dal Presidente Palma per il pros-simo quadriennio sono lʼespressione di una capa-

cità mirata di riconoscere il momento storico in cui sicolloca lo sviluppo della nostra professione. Sembra,infatti, di poter riconoscere tre ambiti fondamentali chenecessariamente accompagnano il processo di “vita”della psicologia, al pari di altre professioni. Essi sono:il rafforzamento dellʼidentità della psicologia e dellepeculiarità del nostro lavoro; il radicamento nei diversiambiti di vita individuali e collettivi dello specifico pro-fessionale dello psiocologo ed ancora, la tutela dellaprofessione attraverso azioni dirette ma anche comederivate dalla migliore definizione della nostra identitàprofessionale. Si prospetta un lavoro concentrico che vuole trovareun punto di equilibrio tra sviluppo e tutela, consapevo-li che deve prevalere, come è giusto che sia, una pro-spettiva positiva, fortemente evolutiva, su un bisognodi mero protezionismo che, su una identità ancora insviluppo, rischia di essere riduttivistica. Sono da svi-luppare, infatti, quelle operazioni che ci permettono diessere riconosciuti come professione che a tutti i livel-li opera per la promozione del benessere, individuale,collettivo e sociale. Deriva proprio dalla cultura escienza psicologica, la trasformazine del concetto disalute, da assenza di malattia ad una più realistica diricerca del benessere psicofisico. E chi, più dello psi-cologo, possiede strumenti che consentono di pro-

muovere tale benessere attraverso la mobilitazione dirisorse di cui lʼindividuo o il gruppo dispongono. È pro-prio lo specifico della nostra professione conoscere imeccanismi fondanti un ambito di qualità della vita,realizzandola attraverso una metodologia straordina-ria che è quella di sviluppare e abilitare prima ancorache curare. La ricerca del benessere accompagna la storia di cia-scun individuo in tutto lʼarco temporale dellʼesistenzae trova sostanza in ogni contesto in cui egli si troveràa crescere ed a vivere. A partire da questa, forse scontata osservazione,viene da pensare alla psicologia come una professio-ne con potenzialità ancora ampie e che richiamano adun forte senso di responsabilità di ciascuno di noiaffinché ci dotiamo di argomenti validi a risponderealle esigenze di benessere e salute che ci provengo-no dalla società. Dobbiamo ancora migliorare la rico-noscibilità, da parte del contesto contesto sociale, ditali portati della psicologia, consapevoli, ognuno dei75.000 psicologi, che la nostra identità non è quellariflessa dalla nostra mente ma quella che ci vienerestituita dagli utenti nei termini di utilità, validità eresponsabilità.

Tra sviluppo e tutela

di Antonio TelescaVicepresidente Consiglio Nazionale Ordine Psicologi

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Verso una professione europea

La Professione di Psicologo n. 01/2011

Le moderne professioni liberali si sviluppano nelnostro paese tra la fine dellʼottocento e gli inizi del

novecento: le prime professioni a essere regolamen-tate furono quelle giuridiche (avvocati e notai), in unperiodo di poco successivo alla proclamazionedellʼUnità dʼItalia. Da allora, occorre aspettare più dicento anni per lʼistituzione dellʼOrdine degli psicologi:nel frattempo molte professioni sono state normateallʼinterno dellʼarea giuridica, tecnica, sanitaria ed eco-nomica sociale. È quanto emerge dal recente rappor-to CRESME sul valore sociale delle professioni intel-lettuali in Italia, presentato a Roma il 26 novembrescorso, che offre interessanti spunti per discutere eapprofondire alcune tematiche di ordine professiona-le: in particolare quelle relative allʼaccesso alla profes-sione e alla sua successiva qualificazione. Lʼiscrizione ad un Albo professionale – afferma ilPresidente del CUP Nazionale, Marina Calderone,presentando il rapporto CRESME – è divenuta garan-zia di rispetto dei requisiti essenziali per poter operarenel mercato, al servizio dello Stato, del cittadino edelle imprese. LʼOrdine professionale verifica che ilprofessionista possegga i requisiti minimi previsti dalloStato (titolo di studio specifico, superamento dellʼesa-me di Stato, etc.) e ne formalizza lʼiscrizione. Questosistema di legittimazione di tipo autorizzatorio si basa,prevalentemente, sullʼidea che la qualità di una pre-stazione professionale sia strettamente collegata con

la formazione accademica iniziale del professionista,anche se – occorre precisare – la nostra legge ordini-stica, proprio in virtù della sua giovane età, anticipa dicirca ventʼanni quanto sta maturando oggigiorno alivello europeo, a proposito dei requisiti standard diformazione accademica e professionale degliPsicologi. Come recita lʼart. 2 della nostra legge ordi-nistica per esercitare la professione di psicologo ènecessario aver conseguito lʼabilitazione in psicologiamediante lʼesame di Stato ed essere iscritto nellʼappo-sito albo professionale. Sono ammessi allʼesame diStato i laureati in psicologia che siano in possesso diadeguata documentazione attestante lʼeffettuazione diun tirocinio pratico. Questa precisazione è necessaria se si vuole sottoli-neare che per poter esercitare la nostra professione edessere riconosciuti quali psicologi, a livello nazionaleed europeo, la formazione accademica in psicologia enecessaria ma non è sufficiente, se non è accompa-gnata e seguita da un training professionale. Ciò che caratterizza il training professionalizzanterispetto alle precedenti attività pratiche e di tirocinioformativo è il fatto che si tratti di un lavoro semi-indi-pendente svolto come psicologo, sotto supervisione inun setting professionale identificabile. Non a caso piùche di tirocinante si parla oggigiorno nei documentiEuroPsy di professionista-in-training.1 Questo tipo diformazione è ritenuta essenziale per ottenere la quali-

Psicologia:verso una professioneeuropea

di Marco GuicciardiPresidente Ordine Psicologi della Sardegna

1 Il progetto EuroPsy è stato sviluppato da un gruppo di lavoro finanziato dal programma Leonardo da Vinci dellʼUE e composto da psicologiaccademici e professionisti di 12 paesi europei, in rappresentanza delle principali associazioni professionali. LʼEFPA attualmente comprendeassociazioni di psicologi di 35 paesi diversi (di cui 26 europei) , con un numero di iscritti che raggiunge le 250.000 unità. Per conoscere la sto-ria di EuroPsy si può consultare il seguente documento (www.efpa.eu/download/74ddbe2c1d26ff9acbe1066f608c26c8).

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fica professionale di psicologo, dal momento che i lau-reati in psicologia che hanno completato gli studisenza un periodo di pratica supervisionata non posso-no essere considerati qualificati per esercitare inmodo indipendente come psicologi.Gli Ordini professionali in accordo con le Universitàpotrebbero contribuire a migliorare la qualità del tiroci-nio professionalizzante (“praticantato”), stabilendo cri-teri condivisi dalla comunità scientifica e professionale.Gli Ordini e le Università potrebbero mettere a disposi-zione Supervisori, appositamente formati e struttureaccreditate, ove si possa svolgere un periodo annualedi pratica supervisionata, allʼinterno di una particolarearea professionale, ciò al fine di prepararsi per lʼeserci-zio indipendente della professione, sviluppare ruolilavorativi come psicologo professionista e consolidarelʼintegrazione di conoscenza teorica e pratica. Le linee guida EuroPsy specificano quali compiti spet-tano al professionista in formazione e quali al suosupervisore. Questʼultimo è responsabile dellʼacquisi-zione e della valutazione della competenza professio-nale acquisita dal tirocinante nello specifico contestoprofessionale. Pertanto, il professionista-in-training edil Supervisore, al fine di rendere valido il percorso diformazione, devono accordarsi su: a) la tipologia dicontesto professionale e gruppo/i di clienti su cui èorientato il lavoro pratico; b) quali ruoli professionalisono maggiormente compatibili con il lavoro svolto; c)quali sono le competenze di cui si dovrà produrre evi-denze. Queste ultime saranno, infatti, oggetto di spe-cifica e analitica valutazione da parte del supervisore,i cui risultati dovranno essere discussi con il professio-nista-in-training, anche per fornire indicazioni dellearee suscettibili di ulteriore sviluppo (Guicciardi,2008). Anche il lavoro del supervisore e le caratteristi-che della struttura accogliente dovrebbero essere aloro volta valutabili dal professionista-in-training, alfine del miglioramento del praticantato e della verificadella sussistenza dei requisiti di accreditamento daparte delle strutture accoglienti. Al fine di stabilire con-divisi criteri di valutazione del tirocinio e requisiti dellestrutture accreditabili è stato istituito presso ilConsiglio Nazionale dellʼOrdine degli Psicologi ungruppo paritetico Ordine e Università.Il sistema di accreditamento, tipico dei paesi anglo-sassoni, corrisponde ad un processo di valutazionesistematico e periodico, svolto da unʼagenzia esternao da un altro organismo, il cui obiettivo è quello di veri-

ficare il possesso da parte delle strutture o dei profes-sionisti di requisiti predeterminati, che si ritiene influi-scano sulla qualità della prestazione professionale.Questo tipo di processo, sempre più diffuso a livelloeuropeo, trova eco nella strategia di Lisbona, che si èposta lo scopo di favorire la transizione verso unʼeco-nomia competitiva e dinamica fondata sulla conoscen-za e sulla specializzazione anche attraverso politichecoordinate di valorizzazione del capitale umano edella libera imprenditorialità (Calderone, 2010). Ilsistema accreditatorio, per la sua flessibilità e capaci-tà di aggiornamento continuo, corrisponde maggior-mente allʼesigenza di un mercato unico europeo,imperniato sui principi della libera circolazione, dellalibera scelta e della competitività. Occorre partire dal presupposto che lʼaccreditamentoprofessionale, soprattutto se di natura volontaria, nonha come obiettivo quello di creare un modello di con-trollo rigido sullʼoperato di ogni singolo professionista,piuttosto quello di fornire un supporto utile al migliora-mento continuo dellʼoperato di tutti (Balotta e Boaretto,2009)2. Il riferimento culturale e scientifico è quellodella qualità e della sua certificazione, non più riferitaai prodotti e processi di natura industriale (es., normeISO 9000), ma riguardante i servizi offerti e le attivitàsvolte dagli psicologi in ambito professionale. La British Psychological Society (BPS), ad esempio,ha sviluppato per i suoi associati un modello di forma-zione continua (CPD) che prevede attività guidate(corsi, supervisione, congressi) e di autoformazione(studio, counselling personale a scopo formativo), dasvolgersi annualmente per almeno 40 ore. Queste atti-vità devono essere annotate su uno specifico diario dilavoro, che analizzato a campione, è fatto oggetto disuggerimenti e raccomandazioni, volte a svilupparecompetenze e abilità professionali e a garantire lʼuten-za in merito alla qualità delle prestazioni erogate. Più che al fornitore il sistema di accreditamento guar-da al beneficiario delle sue azioni, il consumatore, lecui esigenze e bisogni, impliciti ed espliciti, devonoessere soddisfatti con servizi e attività ad essi conna-turati, che possono modificarsi nel tempo. Come ci ricorda Bosio (2004) nellʼambito del neopro-fessionalismo il cliente cessa di svolgere il ruolo disemplice destinatario e recettore passivo di una pre-stazione per assumere una rilevanza del tutto nuova:da un lato la domanda del cliente diventa essenzialeper la definizione di una professione; da un altro lato il

2 CNOP, Palma, Tonzar, Verde, Franchini (a cura di) (2009). Lʼaccreditamento professionale degli psicologi. Napoli, Liguori. Sullo stesso argo-mento confronta anche il precedente lavoro curato dallʼ Ordine degli Psicologi del Lazio, Zaccaria e Balotta (2005). Psicologo doc. Un modellodi accreditamento professionale volontario, Milano, Angeli.

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cliente costruisce sempre più attivamente con il pro-fessionista la prestazione e il risultato. Corollario diquesto orientamento è unʼattenzione crescente allaqualità quale fattore di successo (qualità intrinseca equalità percepita di una prestazione). Vi è una stretta connessione tra accreditamento eoccupazione, dal momento che la qualità rappresentanon solo uno strumento per entrare nel mercato euro-peo, ma anche il miglior viatico per potervi permane-re. Per questi motivi è necessario che iniziamo a con-siderare lʼesigenza di promuovere la qualità della for-mazione così come dei servizi e dei prodotti da noiofferti, in modo tale che corrispondano al meglio alleesigenze ed aspettative dei nostri potenziali clienti. La qualità dellʼofferta formativa è un argomento digrande attualità dal momento che le recenti normenazionali ed europee si stanno sempre più orientandoverso un accreditamento dei corsi e programmi di stu-dio sulla base di una valutazione che verifica la coe-renza dei percorsi formativi con gli obiettivi dichiara-ti.   Lo stesso disegno di legge di riforma “Gelmini” pre-vede:   a) introduzione di un sistema di accreditamen-to delle sedi e dei corsi di studio e di dottorato univer-sitari, fondato sullʼutilizzazione di specifici indicatoridefiniti ex ante dallʼANVUR3 per la verifica del posses-so da parte degli atenei di idonei requisiti didattici,strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti edelle attività di ricerca, nonché di sostenibilità econo-mico-finanziaria; b) introduzione di un sistema di valu-tazione periodica basato su criteri e indicatori stabilitiex ante, da parte dellʼANVUR, dellʼefficienza e deirisultati conseguiti nellʼambito della didattica e dellaricerca dalle singole università e dalle loro articolazio-ni interne; c) potenziamento del sistema di autovaluta-zione della qualità e dellʼefficacia delle proprie attivitàda parte delle università, anche avvalendosi dei proprinuclei di valutazione e dei contributi provenienti dallecommissioni paritetiche.Una maggiore attenzione al territorio e alle dinamichedel lavoro e delle professioni, una più frequente con-sultazione degli stakeholder, può garantire una mag-giore corrispondenza tra percorso di studi e mondodel lavoro, tra bisogno formativo e ordinamento didat-tico, dal momento che allo stato attuale il sistema uni-versitario tende a formare una grossa mole di laurea-ti, privi di una precisa collocazione nel mondo del lavo-ro. Tale anomalia ostacola lo sviluppo di unʼidentitàprofessionale riconosciuta e certa, rallenta il processo

di inserimento lavorativo e mina la credibilità dellʼinte-ro sistema (Calderone, 2010). LʼOrdine potrebbe inquesti casi svolgere una funzione essenziale tramiteazioni di valutazione e monitoraggio dei fabbisogni for-mativi e degli sbocchi professionali finalizzate alla pro-grammazione degli accessi e alla formazione di base,specialistica e avanzata. Ciò in ossequio a quantoprevisto dal “Piano di azione per lʼoccupabilità dei gio-vani attraverso lʼintegrazione tra apprendimento elavoro (Italia 2020)”, elaborato di concerto tra ilMinistero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali e il Ministero dellʼUniversità e della RicercaScientifica, che suggerisce una maggiore attenzionealla progettazione di unʼofferta formativa attenta airisultati di apprendimento e ai fabbisogni occupazio-nali del territorio. La programmazione degli accessinon deve ridursi esclusivamente al numero program-mato per i corsi universitari determinato sulla base deilimiti oggettivi, come numero di docenti, aule e capa-cità delle strutture, piuttosto ha a che fare con il realefabbisogno del mercato (Palma, 2010). In sintesi la Certificazione della qualità può rappresen-tare un volano per stabilire condivisi criteri di formazio-ne accademica e di training professionale in psicolo-gia, valorizzando le competenze e certificando la qua-lità delle prestazioni, acquisite anche tramite la fre-quenza di esperienze di tirocinio formativo e profes-sionale, secondo criteri di trasparenza e tutela per iclienti, ciò al fine di facilitare la mobilità degli psicologie il riconoscimento e valorizzazione della nostra pro-fessione in Europa.

Riferimenti bibliografici

Bosio A.C. (a cura di) (2004). Professioni psicologiche e professio-nalizzazione della psicologia, Milano, Angeli.

Calderone M. (2010). Il valore sociale ed economico delle professio-ni intellettuali in Italia, In: Il valore sociale delle professioni intel-lettuali in Italia, CRESME Ricerche, Roma.

Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, Palma G.L., Tonzar C.,Verde A., Franchini P. (a cura di) (2009). Lʼaccreditamento pro-fessionale degli Psicologi, Napoli Liguori.

Gelmini M. e Sacconi M. (2010). Italia 2020. Piano di azione perlʼoccupabilità dei giovani attraverso lʼintegrazione tra apprendi-mento e lavoro

http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/56F52DEC-F9A1-4D48-BCF0-C3C444251A37/0/pianogiovani_web.pdf

Guicciardi M. (2008). Quando tre più due non fa cinque.Considerazioni sul tirocinio quale esperienza qualificante perlʼingresso nel mondo della professione. La Professione diPsicologo, 2, 11-13.

3 LʼANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) è un ente pubblico vigilato dal MinisterodellʼUniversità e della ricerca scientifica. Per maggiori informazioni sui sistemi di valutazione della qualità in ambito universitario consultawww.anvur.it

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Lunt, I., Bartram, D., Döpping, J. Georgas, J., Jern, S., Job, R.,Lecuyer, R., Newstead, S., Nieminen, P., Odland, S., Peiró,J.M., Poortinga, Y., Roe, R., Wilpert, B., Herman, E. (2001a).EuroPsyT - a framework for education and training for psychol-ogists in Europe. Brussels, EFPPA.

Lunt, I., Bamberg, E., Bartram, D., Brauner, B., Georgas, J., Holte,A., Jern, S., Job, R., Lecuyer, R., Lloyd, N., Nieminen, P., Peiro,J.M., Pleh, C., Poortinga, Y.H., Roe, R., & Tikkanen, T. (2005).EuroPsy - The European Certificate in Psychology. Brussels:EFPA.

Ministero dellʼUniversità e della Ricerca Scientifica e Tecnologica(2001). Lo spazio europeo dellʼistruzione superiore. Dichiarazionecongiunta dei Ministri Europei dellʼIstruzione Superiore intervenu-ti al convegno di Bologna del 19 giugno 1999. In MIUR, La rifor-

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Ordine degli Psicologi del Lazio, Zaccaria M., Balotta C. (a cura di).Psicologo doc. Un modello di accreditamento professionalevolontario. Milano, Franco Angeli.

Palma G. L. (2010). Lo psicologo moderno, la psicologia dellʼecono-mia e quella delle emergenze. In Il valore sociale delle profes-sioni intellettuali in Italia, CRESME Ricerche, Roma.

Parlamento Europeo e Consiglio dellʼUnione Europea (2005).Direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 relativa al riconosci-mento delle qualifiche professionali. Gazzetta UfficialedellʼUnione Europea del 30.9.2005.

EuroPsy

La Certificazione europea in psicologia, EuroPsy, promossa dallʼEuropean Federation of PsychologistsʼAssociations (EFPA), è finalizzata a sviluppare un quadro di riferimento comune per la formazione,

accademica e professionale, secondo standard condivisi di qualificazione che possono facilitare la mobili-tà e il mutuo riconoscimento delle competenze professionali degli psicologi in Europa. È opportuno sotto-lineare che EuroPsy non rappresenta unʼautorizzazione formale allʼesercizio professionale e non intendesostituire le regolamentazioni nazionali, come ad esempio il nostro Albo; piuttosto può essere consideratauna forma di accreditamento volontario.La Certificazione viene rilasciata, a richiesta del professionista, dal National Awarding Committee (NAC)dello stato membro sulla base dello standard formativo europeo.1

La procedura di accreditamento standard prevede di: a) avere conseguito un titolo accademico in psicolo-gia della durata equivalente ad almeno 5 anni di studio a tempo pieno, accreditabile in base ai requisitiEuropsy; b) avere effettuato almeno un anno di tirocinio professionale (supervised practice) a tempo pieno,valutato positivamente dal supervisore; c) avere sottoscritto un impegno ad accettare sia i principi di con-dotta professionale esplicitati nel Metacodice di etica professionale dellʼEFPA (EFPA, 2000) sia quelli spe-cificati dal Codice deontologico degli psicologi italiani. In via transitoria sino al 31 luglio 2013, gli iscritti alla sezione A dellʼAlbo degli Psicologi possono fare richie-sta di accreditamento EuroPsy se: a) hanno completato con successo un curriculum accademico inPsicologia; b) sono in grado di fornire prova di esperienza lavorativa come psicologo (400 ore per annoper 5 anni negli ultimi 10); c) sottoscrivono un impegno scritto di accettare i principi di condotta professio-nale del MetaCodice di Etica Professionale dellʼEFPA e di condurre le attività professionali nel rispetto delnostro Codice deontologico (Procedura Grandparenting). La registrazione dura un periodo di sette anni ed è rinnovabile su nuova richiesta. Per la riassegnazione ènecessario dar prova del mantenimento della competenza professionale dimostrando di aver svolto almeno400 ore annuali medie di pratica come psicologo e di aver svolto unʼadeguata attività di formazione continuae di sviluppo professionale (si raccomandano almeno 80 ore annuali, di cui almeno 40 documentabili). Terminata la fase di sperimentazione ed entrato a regime il processo di certificazione, il costo di EuroPsy,comprensivo della quota richiesta dallʼEFPA, è pari a 50 euro per il primo anno e 50 euro per il secondo,mentre nei restanti anni nulla è dovuto per la certificazione europea. EuroPsy è un processo in progress,aperto a miglioramenti negli anni, man mano che si renderanno realizzabili maggiori convergenze tra paesiUE e/o si paleseranno feedback di miglioramento con il crescere del numero di pratiche trattate. Per mag-giori informazioni vi rinviamo alla consultazione in italiano del sito http://www.inpa-europsy.it e dellʼEFPA(http://www.efpa.eu/europsy).

1 NAC-Italy è formato dai rappresentanti dellʼINPA (Italian Network Psychologists Association), a sua volta costituitodallʼAssociazione Italiana di Psicologia (AIP), lʼAssociazione Unitaria Psicologi Italiani (AUPI), il Consiglio Nazionale dellʼOrdine degliPsicologi (CNOP), la Federazione Italiana Società Scientifiche di Psicologia (FISSP). Fa parte del NAC-Italy anche un rappresentantedella Conferenza dei Presidi e Presidenti dei corsi di studio in Psicologia.

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Con lʼentrata in vigore del Decreto Legislativo n° 28del 4 marzo 2010 è stata istituita in Italia la media-

conciliazione con lʼobiettivo di limitare lʼescalation delconflitto tra le parti attraverso metodi di negoziazioneper la risoluzione delle controversie. Il D.L. rappresen-ta una straordinaria innovazione nelle modalità digestione del conflitto poiché rende obbligatoria lamediazione prima di intraprendere una lite in sedecivile. Difatti lʼarticolo 1 del D.L. prevede le seguentidefinizioni:a) mediazione: lʼattività, comunque denominata, svol-ta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere dueo più soggetti sia nella ricerca di un accordo amiche-vole per la composizione di una controversia, sianella formulazione di una proposta per la soluzionedella stessa; b) mediatore: la persona o le persone fisiche che, indi-vidualmente o collegialmente, svolgono la mediazionerimanendo prive, in ogni caso, del potere di renderegiudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servi-zio medesimo; c) conciliazione: la composizione di una controversiaa seguito dello svolgimento della mediazione; d) organismo: lʼente pubblico o privato, presso il qualepuò svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto; e) registro: il registro degli organismi istituito con

decreto del Ministro della giustizia ai sensi dellʼartico-lo 16 del presente decreto, nonché, sino allʼemanazio-ne di tale decreto, il registro degli organismi istituitocon il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio2004, n. 222.Qualunque cittadino può accedere alla mediazioneper la conciliazione di una controversia civile o com-merciale. La mediazione si svolgerà presso organismiriconosciuti dal Ministero della Giustizia, potrà duraremassimo quattro mesi e sarà propedeutica allʼapertu-ra di un processo. I mediatori possono essere tutti gliiscritti agli ordini professionali che abbiano seguito unapposito corso.Le materie sulle quali sarà possibile attivare un proce-dimento di mediazione sono indicate allʼArticolo 5:1. Chi intende esercitare in giudizio unʼazione relativaad una controversia in materia di condominio, dirittireali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia,locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimentodel danno derivante dalla circolazione di veicoli enatanti, da responsabilità medica e da diffamazionecon il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubbli-cità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenu-to preliminarmente a esperire il procedimento dimediazione ai sensi del presente decreto…omissis…Lʼesperimento del procedimento di mediazione è con-dizione di procedibilità della domanda giudiziale.

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Decreto legislativo n° 28 del 4 marzo 2010

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Decreto legislativo n° 28del 4 marzo 2010: istituzione della media-conciliazione,risoluzione alternativadelle controversie

di Raffaele Felaco * e Monica Terlizzi *** Presidente Ordine degli Psicologi della Campania** Consigliere Ordine degli Psicologi della Campania

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Lʼimprocedibilità deve essere eccepita dal convenuto,a pena di decadenza, o rilevata dʼufficio dal giudice,non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che lamediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissala successiva udienza dopo la scadenza del termine dicui allʼarticolo 6. Allo stesso modo provvede quando lamediazione non è stata esperita, assegnando conte-stualmente alle parti il termine di quindici giorni per lapresentazione della domanda di mediazione…omis-sis…2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quan-to disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sededi giudizio di appello, valutata la natura della causa, lostato dellʼistruzione e il comportamento delle parti, puòinvitare le stesse a procedere alla mediazione. Lʼinvito deve essere rivolto alle parti prima dellʼudien-za di precisazione delle conclusioni ovvero, quandotale udienza non è prevista, prima della discussionedella causa. Se le parti aderiscono allʼinvito, il giudice fissala successiva udienza dopo la scadenza del termine dicui allʼarticolo 6 e, quando la mediazione non è giàstata avviata, assegna contestualmente alle parti il ter-mine di quindici giorni per la presentazione delladomanda di mediazione…omissis…Una volta esperite le procedure di mediazione ilmediatore dovrà redigere il verbale di conciliazionecosì come previsto dallʼarticolo 11:1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediato-re forma processo verbale al quale è allegato il testodellʼaccordo medesimo. Quando lʼaccordo non è rag-giunto, il mediatore può formulare una proposta diconciliazione. In ogni caso, il mediatore formula unaproposta di conciliazione se le parti gliene fanno con-corde richiesta in qualunque momento del procedi-mento. Prima della formulazione della proposta, ilmediatore informa le parti delle possibili conseguenzedi cui allʼarticolo 13. 2. La proposta di conciliazione è comunicata alle partiper iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, periscritto ed entro sette giorni, lʼaccettazione o il rifiutodella proposta. In mancanza di risposta nel termine, laproposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordodelle parti, la proposta non può contenere alcun riferi-mento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acqui-site nel corso del procedimento. 3. Se è raggiunto lʼaccordo amichevole di cui alcomma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla pro-posta del mediatore, si forma processo verbale chedeve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, ilquale certifica lʼautografia della sottoscrizione delleparti o la loro impossibilità di sottoscrivere…omissis…4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma

processo verbale con lʼindicazione della proposta; ilverbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, ilquale certifica lʼautografia della sottoscrizione delleparti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stes-so verbale, il mediatore da atto della mancata parteci-pazione di una delle parti al procedimento di media-zione…omissis…La portata culturale di questo D.L. ci appare straordi-naria poiché interviene in senso preminentemente psi-cologico, trasformando le modalità di approccio alconflitto da quello basato sul diritto e sul potere ad unapproccio basato sugli interessi (Vidmar & Neil, 1992).Questa innovazione può “spingere” verso una “visionepsicologica” della società innescando processi virtuo-si di cui, ad ora, non è ancora possibile intravedernetutti i risvolti.Nellʼapproccio basato sul diritto le decisioni vengono

prese in riferimento a norme legali; ciò comporta ilricorso ad un giudizio in tribunale o ad una arbitro cheabbia il potere di imporre una decisione (sentenza). Inquesto modo la risoluzione del conflitto prevede cheuna parte vinca o perda, costruendo una soluzionevincitore-perdente (Vidmar & Neil, 1992).La media-conciliazione può invertire la tendenza psi-cologica verso lʼescalation dei conflitti trasformando isoggetti in disputa da “avari egoisti”, che hanno diffi-coltà a negoziare in modo costruttivo a “pensatori prosociali” che risolvono le loro controversie con vantag-gi reciproci (Dreve, & Carsten, 2005).Certo neanche la mediazione riuscirà a livellare le dif-ferenze di razza, classe e diseguaglianza di genereche, come dimostra la ricerca psicosociale (Sanderfur& Rebecca, 2002), influenzano la giustizia civile,potendo addirittura incrementare le diseguaglianze. Questo innovativo approccio alle problematiche dellagiustizia civile coinvolge la ricerca psicologica. Essadeve compiere uno sforzo concettuale ed utilizzareconcetti e paradigmi finora applicati in altri ambiti perla risoluzione di problematiche conflittuali la cui solu-zione è stata finora demandata alle discipline giuridi-che.Riportiamo di seguito e solo al fine di contribuire allariflessione su questo argomento, alcuni concetti psico-logici imprescindibili dai processi di mediazione e con-ciliazione.Una caratteristica cruciale della media-conciliazione èlʼattenzione alla cooperazione piuttosto che alla com-petizione. Le parti dovranno collaborare per trovaresoluzioni soddisfacenti per entrambe. Poiché la coo-perazione è un aspetto centrale e non è preesistente,il mediatore deve costruire un orientamento coopera-tivo. Si tratta di costruire un orientamento mentaleteso a tutelare gli interessi di entrambe le parti, non

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.Decreto legislativo n° 28 del 4 marzo 2010

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tutti gli orientamenti al conflitto infatti protendonoverso soluzioni integrative. Gli stessi negoziatori(Thompson,1990) propendono a pensare che unaparte vinca e una perda. Per impiantare aspettativevincitore-vincitore è necessario le parti dovrannoessere incoraggiate a pensare il conflitto come norma-le, inevitabile e risolvibile, e aprirsi ad una prospettivache tutti possano vincere. Gli approcci cooperativi ini-ziali proposti da una parte sollecitano in modo analo-go lʼaltra, secondo la “nuda legge delle relazioni socia-li” di Deutsch (1973): la competizione porta a maggio-re competizione, la cooperazione a maggiore coope-razione.Un approccio basato sugli interessi ritiene che ogniparte desideri e sia capace di assumere la prospettivadellʼaltra. La parte che “ascolta” deve essere capacedi ascolto attivo, compresa empatia, riflessione ecapacità di sintesi. Cruciale è il ruolo delle emozioniche influenzano il problem solving, col rischio di infi-ciare tutto il processo. Riconoscere i sentimenti è unaparte cruciale dellʼascolto attivo, è raro che chi parla sisenta compreso veramente se si ascoltano solo i“fatti”. I sentimenti possono giocare un ruolo positivo,speranza, fiducia e benevolenza possono essere dellerisorse risolutive.Una differenza importante tra un approccio cooperati-vo e uno basato sui diritti risiede nellʼallocazione delcontrollo. Il controllo riguarda sia la definizione del pro-blema che le modalità per il raggiungimento della solu-zione. In un approccio basato sul diritto, la definizionedei problemi da redimere, il processo per raggiungereun accordo, e la ricerca di una soluzione sono delega-te allʼarbitro (giudice). Al contrario, nel negoziato coo-perativo (conciliazione) il controllo appartiene alle partistesse che decidono la definizione del conflitto, deter-minano le sessioni del negoziato e concordano sullasoluzione finale. Nella mediazione, anche se la terzaparte neutrale controlla il processo la definizione delconflitto e la ricerca della soluzione sono ancora inlarga misura di pertinenza delle parti.Nellʼapproccio basato sul diritto o sul potere ciascu-no suppone di conoscere la soluzione “migliore” o“vincente”. Il processo di risoluzione si impantanaintorno al tentativo di ciascuno di imporre il propriopunto di vista. La contrattazione posizionale impri-giona entrambe le parti nelle loro opposte posizioni,scoraggia lʼanalisi dei problemi sostanziali e lʼemer-genza di soluzioni più creative. La migliore soluzionepossibile resta dunque un compresso tra le posizioniiniziali di ciascuna parte. Un approccio basato sugliinteressi utilizzato dalla “conflict resolution”si con-centra sulle problematiche più profonde o sugli inte-ressi alla base del conflitto, nella ricerca di soluzioni

nuove e creative migliori delle posizioni iniziali delleparti. Bisognerà quindi scandagliare gli interessi sot-tesi al conflitto, bisogni, desideri, paure e preoccupa-zioni. Ury, Brett e Goldberg (1989) dimostrano che icosti dellʼuso dei metodi basati sul diritto e sul pote-re per risolvere i conflitti sono elevati, e che invece èbassa la probabilità di ottenere un accordo duraturo.Gli approcci basati sul diritto implicano alti costifinanziari e di tempo, richiesti dai processi legali edimpongono significative lacerazioni emotive ai parte-cipanti. Il conflitto tende ad essere trattato minuzio-samente, è improbabile che si affrontino i problemisostanziali, e poiché la soluzione è imposta da unaterza parte, ed è imposta da una terza parte ed è tipi-camente di forma distributiva (vincitore-perdente), èprobabile che una delle parti non sia soddisfatta etenda a riproporre successivamente il problema. Alcontrario collaborare al problema, indagare gli inte-ressi sostanziali, e cercare una soluzione che soddi-sfi tutte le parti, implica piccoli costi finanziari, mino-ri costi emotivi e meno tempo rispetto agli altriapprocci. Inoltre, spesso rafforza invece che danneg-giare la relazione. La predilezione per questi metodinaturalmente, non implica che i diritti siano irrilevan-ti anzi ci sono occasioni, come ad esempio per que-stioni di principi, nelle quali soluzioni basate sul dirit-to risolvono in maniera definitiva i conflitti.

Riferimenti bibliografici

Decreto Legislativo n.28 del 4 marzo 2010 pubblicato in G.U. n.53del 5.3.2010.

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Ury W. L., Brett J.M. & Goldberg S.B. (1989) Getting disputesresolved: Designing systems to cut the costs of conflict. SanFrancisco: Jossey-Bass.

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Decreto legislativo n° 28 del 4 marzo 2010

La Professione di Psicologo n. 01/2011

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Ordine degli Psicologi della Regione Abruzzo

FONDO DI SOLIDARIETA’

Il Fondo di Solidarietà è un conto dedicato istituito dal Consiglio dellʼOrdine dellʼAbruzzo nel 2009 dopo iltragico sisma del 6 aprile ad uso esclusivo per il sostegno degli Psicologi aquilani e residenti nella c.d. < area del cratere >.Fin da allora si era palesata la difficoltà che la Professione avrebbe incontrato nei mesi e negli anni suc-cessivi. Molti non sanno che gli Psicologi a LʼAquila, nel primo anno post sisma, sono entrati nelle istitu-zioni per interventi professionali previa documentazione di un finanziamento di importo congruo alProgetto da realizzare. Cioè per lavorare è stato necessario dimostrare di avere il finanziamento a corre-do, pena lʼesclusione.Con il Fondo di Solidarietà lʼOrdine dellʼAbruzzo ha sostenuto economicamente alcune iniziativedellʼAPAq – lʼAssociazione degli Psicologi aquilani – organismo federativo di rappresentanza delle asso-ciazioni di Psicologi aquilani, costituitosi nellʼimmediato del sisma sullʼesperienza del volontariato del-lʼemergenza e fortemente sollecitato dallʼOrdine. Oggi abbiamo bisogno di risorse economiche per sostenere iniziative e progetti co-finanziati per tutelarela Professione a LʼAquila per essere presenti nei presidi e nelle comunità con i nostri Professionisti al ser-vizio delle fasce deboli della popolazione. I contributi donati saranno utilizzati esclusivamente per il co-finanziamento di Progetti approvati e soste-nuti economicamente da privati che chiederanno la partnership, anche economica, allʼOrdine quale fun-zione di garanzia istituzionale, come è accaduto per i Progetti finora approvati e finanziati.La gestione dei progetti e la loro rendicontazione economica è affidata allʼAPAq soggetto giuridico di rap-presentanza delle Associazioni. LʼOrdine provvederà attraverso il proprio sito a rendere pubblica lʼutilizzazione delle risorse del Fondo diSolidarietà.

Per questo chiediamo un Vostro piccolo contributo su questo conto corrente dedicato per sostenere laProfessione a LʼAquila. Un poʼ del Vostro tempo per una noiosa attesa in un ufficio postale …. per lʼAquila. Grazie.

Il Consiglio Regionale Ordine dellʼAbruzzoIl Presidente

Giuseppe Bontempo

Conto Corrente Postale n.: 99215857 - Intestato a: Ordine Psicologi Regione AbruzzoCausale: Fondo di solidarietà

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