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Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La complessità e l’autonomia delle istituzioni
(famiglia e scuola)
di
PIETRO BOCCIA
- “Il vento è sempre favorevole per chi sa dove andare” – Seneca
1. La globalizzazione nella storia della civiltà
occidentale 2. (mondo antico, società romana, mondo medievale, società moderna e
contemporanea)
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2. La società della conoscenza
(la commissaria europea Crésson, nel 1995, afferma, in un rapporto,
che la società umana è fissata sul capitale della conoscenza)
La società della conoscenza: Istruzione e formazione
nell’Unione europea
Il Rapporto UNESCO della Commissione Delors, nel 1993, e
il Libro Bianco su istruzione e formazione, a cura della
Commissione
dell’Unione europea, del ministro Crèsson, nel 1995,
hanno, come obiettivo, l’esigenza di costruire, attraverso le
politiche dell’istruzione e della formazione degli Stati
membri, un’Europa
del futuro, capace di padroneggiare e non di subire la
globalizzazione.
Si fa strada non solo il concetto di “educazione
per tutta la vita” ma anche la strategia della “long life
education”.
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La società della conoscenza: Istruzione e formazione
nell’Unione europea
La società del futuro viene, così, definita “società
conoscitiva”.
Il Consiglio europeo, nel tracciare le politiche scolastiche e
formative, fissa come obiettivo strategico per l’Europa
quello di diventare una società costruita sulla conoscenza.
I passi da compiere sono,
perciò, ancora oggi, notevoli e irti di ostacoli. Gli esperti dei
ministeri dell’istruzione dei Paesi membri che nel 2000
intervengono ai lavori sugli “Indicatori di qualità”,
predispongono una relazione sulla qualità dell’istruzione
scolastica, in cui vengono indicate
cinque sfide:
• la sfida del sapere;
• la sfida della decentralizzazione;
• la sfida delle risorse;
• la sfida dell’integrazione sociale;
• la sfida dei dati e della comparabilità.
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La società della conoscenza: Istruzione e formazione
nell’Unione europea
A livello dell’Unione europea, la sfida principale resta, così,
quella di garantire a ogni europeo un elevato livello
d’istruzione scolastica.
Il gruppo di lavoro propone, inoltre, anche un numero di
sedici indicatori che vertono sui settori delle matematiche,
della lettura,
delle scienze, delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (TIC), delle lingue straniere, della capacità
di “imparare con metodo” e dell’educazione civica.
Nel marzo del 2000, il Consiglio
europeo di Lisbona fissa, poi, l’obiettivo di dimezzare entro
il 2010 la quantità dei giovani che terminano soltanto il
ciclo inferiore di studi.
Le percentuali di completamento scolastico superiore sono
indici importanti del buon funzionamento dei sistemi
educativi.
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La società della conoscenza: Istruzione e formazione
nell’Unione europea
Il successo di un allievo non può essere separato dal
contesto della carriera scolastica, né dalla congiuntura
economica del Paese.
La Strategia di Lisbona, formulata nel 2000 da parte del
Consiglio europeo, ha, pensando a un metodo globale per
la crescita e l’occupazione, come obiettivo strategico
l’esigenza di far diventare l’Europa
un’economia basata sulla “conoscenza più competitiva e
dinamica del mondo”.
La strategia contiene in sé la premessa culturale del
Libro Bianco di Crèsson, che aveva come motivazione:
“Insegnare e apprendere: verso la società basata sulla
conoscenza”.
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nell’Unione europea
Il Consiglio dei Ministri dell’istruzione dei Paesi membri
dell’Unione europea stabilisce, a tal proposito, nel 2001,
tre obiettivi strategici, in altre parole:
• aumentare la qualità e l’efficacia dei sistemi d’istruzione
e di formazione dell’Unione europea;
• facilitare l’accesso ai sistemi d’istruzione e di formazione;
• aprire i sistemi d’istruzione e di formazione al mondo
esterno.
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Nel 2003 lo stesso Consiglio introduce i “Parametri di
riferimento” e precisa in termini di quantità gli obiettivi da
raggiungere entro il 2010:
• diminuzione degli abbandoni precoci (percentuale non
superiore al 10%);
• aumento dei laureati in matematica, scienze e tecnologia
(almeno del 15% e, al contempo, diminuzione dello squilibrio fra i
sessi);
• aumento dei giovani che completano gli studi secondari
superiori (almeno l’85% della popolazione ventiduenne);
• diminuzione della percentuale dei quindicenni, che presentano
una scarsa capacità di lettura (almeno del 20% rispetto al 2000);
• ampliamento della media europea di partecipazione a iniziative
di lifelong learning (almeno fino al 12,5% della popolazione
adulta in età lavorativa 25-64 anni);
• incremento degli investimenti per l’istruzione.
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Nel 2005, un ruolo rilevante viene richiesto anche alle
Regioni, considerate protagoniste dello sviluppo
economico e del rinnovamento della rete di protezione
sociale.
Per il nuovo ciclo, il Consiglio europeo invita a rafforzare il
coinvolgimento delle parti sociali nel processo della
strategia di Lisbona e riconosce il ruolo centrale del livello
locale e regionale nel creare crescita e occupazione.
Si arriva, così, al Trattato di Lisbona, conosciuto anche
come il Trattato di riforma, che viene firmato nel 2007, che
apporta ampie modifiche sia al Trattato che fonda la
Comunità europea sia a quello che istituisce l’Unione
europea.
Si prospetta che l’Ue, fino al 2020, affronti
la sfida della globalizzazione per governarne il processo e
non subirlo passivamente.
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Già nel Consiglio di Lisbona del 2000 i Capi
di Stato e di governo si sono accordati sulla cosiddetta
“strategia di Lisbona”, vale a dire sull’urgenza di costruire
uno strumento per competere con i Paesi emergenti e,
nello stesso tempo, superare ogni forma di crisi
economica.
L’obiettivo strategico, che, in tal modo,
l’Ue si prefigge, è elevato; perciò, un ruolo trainante viene
attribuito all’istruzione e alla formazione. In data 17 giugno
del 2010, il Consiglio europeo adotta una nuova strategia,
che definisce “Ue 2020” o post-2010.
In una fase di grandi trasformazioni e di crisi “l’Europa
deve agire in modo collettivo in quanto Unione”.
Il nuovo programma deve essere un’elaborazione di tutti
gli Stati membri.
Ci deve essere, pertanto, un maggiore coordinamento
delle rispettive politiche nazionali.
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L’obiettivo principale della strategia “Ue 2020” è
rappresentato dal binomio: una vita migliore e più posti di
lavoro.
La strategia “Ue 2020” deve fondarsi su tre priorità, in altre
parole:
• crescita intelligente;
• crescita inclusiva;
• crescita sostenibile.
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nell’Unione europea
Il fattore di stimolo di una crescita intelligente è lo sviluppo
di un’economia che deve basarsi, attraverso la ricerca,
sulla conoscenza e sull’innovazione continua. In un mondo
in cui i prodotti e i processi si diversificano in funzione
dell’innovazione, la conoscenza diventa fattore di
ricchezza.
Per tale motivo devono essere potenziate le opportunità e
la coesione sociale, attraverso la valorizzazione
dell’istruzione, della ricerca e dell’economia digitale.
La seconda priorità (la crescita inclusiva) è il fattore di
stimolo per il coinvolgimento di quei cittadini, in possesso
di nuove competenze e di creatività, in una società di
partecipazione condivisa, dove lo sviluppo
dell’imprenditorialità e la possibilità di cambiare lavoro
diventano fondamentali per immettersi in maniera
ricorrente nel circuito delle attività produttive.
La crescita sostenibile rappresenta il fattore di
un’economia competitiva, interconnessa ed
ecocompatibile.
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nell’Unione europea
Le istituzioni educative e formative devono svolgere e
sviluppare nuovi metodi e tecniche in cui le azioni
fondamentali dovrebbero essere:
• passare dall’approccio nozionistico, basato sulla
trasmissione dei saperi, a una didattica attiva per acquisire
nuove e funzionali competenze;
• trasformare i contenuti e le abilità in competenze;
• favorire, per promuovere le competenze principali per
una cittadinanza attiva, la trasversalità e
l’interdisciplinarità;
• facilitare, incoraggiandone la portata, l’apprendimento
non solo formale ma anche quello informale.
Il Consiglio europeo non trascura neanche l’importanza
dell’istruzione prescolare, atta a favorire lo sviluppo
emotivo e intellettuale del
bambino.
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Il Consiglio lo fa, facilitando il passaggio dall’apprendimento ludico a
quello formale e contribuendo, in tal modo, al successo scolastico.
Nel vertice di Stoccolma, nel 2001, già s’individuano tre obiettivi
strategici:
• aumentare la qualità dell’istruzione e della formazione;
• facilitare l’accesso all’istruzione e alla formazione;
• allargare l’istruzione e la formazione al mondo esterno.
Ancora a Lisbona, nel 2002, si vara un piano di lavoro
circostanziato con l’individuazione dei principali interventi da
mettere in cantiere:
• incrementare la percentuale dei giovani che terminano gli
studi superiori;
• ampliare la media europea di partecipazione al lifelong
learning;
• estendere il numero di laureati nelle scienze, in matematica
e in tecnologia;
• ridurre la dispersione scolastica;
• abbassare la percentuale dei giovani con scarsa capacità di
lettura.
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La società della conoscenza: Istruzione e formazione
nell’Unione europea
Nel 2004, a Maastricht, i Ministri dell’istruzione e della
formazione insieme alla Commissione europea si
accordano su forme di collaborazione, per modernizzare i
sistemi d’istruzione, dando vita a
diversi progetti di revisione dei sistemi formativi; in tal
modo, ogni Paese membro dell’Ue, pur preservando la
propria identità culturale, cerca di uniformare i percorsi
scolastici e formativi.
L’attuale strategia dell’Unione verso l’“Europa 2020”,
attraverso l’investimento sulle competenze, è, perciò,
diventata un riferimento cruciale per il
superamento della pesante crisi economica, che ha, ormai,
investito l’economia mondiale.
La strategia è, appunto, improntata alla promozione
della crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
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La società della conoscenza: Istruzione e formazione
nell’Unione europea
L’Unione europea, con i suoi programmi d’istruzione e di
formazione, arriva direttamente a un numero non
trascurabile dei suoi cittadini.
Il programma per l’intero arco della vita ha come obiettivo
generale quello di contribuire allo sviluppo dell’Unione,
intesa alla maniera di società della conoscenza
avanzata, in conformità agli obiettivi della strategia di
Lisbona.
Il programma, sostenendo e completando l’azione degli
Stati membri, si prefigge di incoraggiare gli scambi, la
cooperazione e la mobilità tra i sistemi d’istruzione e di
formazione all’interno dell’Unione,
affinché questi possano diventare un punto di riferimento
per la qualità internazionale e globale.
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3. La complessità
(Philip W. Anderson, Premio Nobel per la Fisica nel
1977, afferma in un articolo “More is different” sulla
rivista “Science”, nel 1972, che l’insieme è più della
somma delle sue parti).
I singoli elementi in un insieme non sempre sono
prevedibili, perché presentano proprietà emergenti.
L’affermazione di Anderson rappresenta la nascita e il
manifesto della complessità.
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La complessità
"La complessità è una parola problema e non una parola
soluzione" (Edgar Morin)
Quanto maggiore è la quantità e la molteplicità delle
relazioni fra gli elementi, che costituiscono un sistema,
tanto maggiore è la sua complessità.
La condizione è che le relazioni fra gli elementi costitutivi
di tale sistema siano non-lineari.
Un'altra peculiarità che un sistema complesso esplicita è
quello di un comportamento emergente, non prevedibile e
non ricavabile dall’insieme degli elementi che
costituiscono il sistema.
Un sistema non-lineare e complesso presenta maggiori
parametri di descrizione.
L’obiettivo della teoria della complessità è d'intendere il
comportamento dei sistemi complessi, descritti da
elementi (numerosi e diversi tra loro) e da connessioni
numerose e non lineari.
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La complessità
Gli studiosi più rappresentativi che hanno discusso la
complessità sono:
- L'antropologo britannico Gregory Bateson è uno degli
autori di riferimento della teoria dei sistemi.
«Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il
folle, il comico e il serio... perfino l'amore e l'odio, sono
tutti temi che oggi la scienza evita.
Ma tra pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi
della mente e i problemi della natura cesserà di essere un
fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere,
essi diventeranno accessibili al pensiero formale».
Gregory Bateson, Dove gli angeli esitano. Verso
un'epistemologia del sacro, Adelphi editore, Milano 1989
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La complessità
- Il filosofo francese Edgar Morin è sicuramente l'esponente di
maggior spicco della scienza della complessità.
«La planetizzazione significa ormai comunità di destino per tutta
l'umanità.
Le nazioni consolidavano la coscienza delle loro comunità di
destino con la minaccia incessante del nemico esterno. Ora, il
nemico dell'umanità non è esterno.
È nascosto in essa.
La coscienza della comunità di destino ha bisogno non solo di
pericoli comuni, ma anche di un'identità comune che non può
essere la sola identità umana astratta, già riconosciuta da tutti,
poco efficace a unirci; è l'identità che viene da un'entità paterna
e materna, concretizzata dal termine patria, e che porta alla
fraternità milioni di cittadini che non sono affatto consanguinei.
Ecco che cosa manca, in qualche modo, perché si compia una
comunità umana: la coscienza che siamo figli e cittadini della
Terra-Patria.
Non riusciamo ancora a riconoscerla come casa comune
dell'umanità.
Edgar Morin, L'identità umana, Raffaello Cortina, Milano 2002.
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La complessità
Ludwig von Bertalanffy è stato (1901-1972) un biologo
austriaco e fondatore della teoria generale dei sistemi.
Nel 1968 ha pubblicato il volume Teoria generale dei
sistemi, in cui scrive:
«Pensare in termini di sistemi gioca un ruolo dominante in
un ampio intervallo di settori che va dalle imprese
industriali e dagli armamenti sino ai temi più misteriosi
della scienza pura…»
La relazione tra la teoria dei sistemi e quella della
complessità ha, così, dato fondamento alla teorizzazione
dei sistemi dinamici e complessi, applicandosi all’essere
vivente in generale e all’uomo in particolare.
In un sistema aperto, partendo da differenti condizioni
iniziali, l’obiettivo finale può essere raggiunto in diversi
modi.
Al contrario, in quelli chiusi delle organizzazioni
tradizionali, il risultato finale è già determinato dalle
condizioni iniziali.
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La complessità
Nei sistemi aperti, un argomento importante è
rappresentato dalla teoria della complessità per gestire le
organizzazioni.
Tale teoria è un nuovo approccio al sapere, che è diretto
alla comprensione olistica.
I sistemi complessi e dinamici sono capaci di auto-
organizzazione, vale a dire costituiti da un numero elevato
di parti che interagiscono in maniera non lineare e che
danno luogo a comportamenti globali, non spiegabili da
una particolare legge fisica, come ad esempio: una
comunità di soggetti interagenti o i neuroni del cervello
umano.
Il campo scientifico che studia e dà forma a questi sistemi è
la scienza della complessità.
«L'adattamento è raggiunto mediante la costante ridefinizione del
rapporto tra il sistema e il suo ambiente (co-evoluzione). Il biologo
americano Kauffman (2001) sostiene che i sistemi complessi adattativi si
muovono in paesaggi adattabili, o elastici, (fitness landscape), in continua
deformazione per l'azione congiunta dei sistemi stessi, di altri sistemi, e di
elementi esogeni».
De Toni e Comello, Prede o ragni. Uomini e organizzazioni nella ragnatela
della complessità, Utet, Torino 2005.
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La complessità
L’epistemologia di Karl Popper e il modello falsificazionista
• lo status delle asserzioni scientifiche è determinato dal
principio della falsificazione;
• una teoria è scientifica quando può essere
contraddetta dall’esperienza;
• un’ipotesi è scientificamente vera finché non viene
falsificata;
• la scienza non produce verità certe ma quelle ancora non
falsificate.
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Leggi della complessità
• La complessità non è presente in un sistema chiuso,
perché il risultato finale è già determinato dalle condizioni
iniziali.
• La complessità in un sistema aperto, è, invece, presente,
perché, partendo da differenti condizioni iniziali, l’obiettivo
finale può essere raggiunto in diversi modi.
Distinzione tra complicato e complesso
• Complicato è un procedimento analitico (metodo
cartesiano) per spiegare o risolvere un problema.
• Complesso è, invece, un approccio al sapere diretto alla
comprensione olistica dei sistemi interconnessi.
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Leggi della complessità
Le leggi, che contraddistinguono la complessità, sono:
• azioni elettive e aperte;
• istituzionalizzazione del cambiamento;
• strategie di direzione;
• presente come equilibrio dinamico tra il passato e il futuro;
• crisi degli status sociali e dei ruoli;
• conoscenze e competenze per governare il cambiamento;
• pretesa dell’impostazione galileiana insufficiente;
• metodo scientifico – analitico non permette di giungere alle
conoscenze;
• “certezza cartesiana” insufficiente per conoscere;
• percorsi “lineari non fanno pervenire a verità definitive;
• complessità come sfida e non come non soluzione;
• percorso aperto e dialogico;
• elemento della complessità è l’incertezza;
• ricerca senza bussola e orizzonte;
• impossibile programmare scoperte, conoscenze e azioni;
• imparare a muoversi nell’indefinito, nell’imprevisto, nella
verosimiglianza e nell’impensato.
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Complessità e cambiamento
La complessità del cambiamento mette in discussione sicurezze,
equilibri, legami, poteri e quotidianità.
Il modello organizzativo nelle scuole autonome deve, perciò,
essere la risposta alla complessità.
Diventa, allora, compito vitale la progettazione del modello
organizzativo nei sistemi complessi, che:
- deve essere pensata in relazione agli obiettivi, alla missione
(mission), alla strategia (vision) e ai valori che s’intendono
conseguire.
Il problema principale della progettazione organizzativa nella
società complessa è la ricerca della strategia maggiormente
efficace ed efficiente per dividere e integrare le attività.
• Dividere per includere e valorizzare le competenze.
• Integrare per orientare, con adeguate strategie, attività e
processi al perseguimento di obiettivi comuni e condivisi
N-B. Un modello organizzativo nella società complessa non deve essere
pensato come strumento perfetto, ma come processo per costruire
apprendimenti, sviluppare competenze e perseguire obiettivi.
“L’attività organizzativa è qualcosa di riconoscibile e ripetibile mediante
l’adozione di regole e di comportamenti integrati, relativamente stabili”.
Assunta Ferricchio, Claudio M. Mombelli (a cura di), Management della
scuola, La Nuova Italia, Firenze 1999
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Flessibilità organizzativa e cambiamento
In un sistema di Governance ogni singolo elemento che
costituisce l’organizzazione è debole.
Il problema è, allora, quello di mettere insieme le singole
debolezze per convertirle in un punto di forza.
In un’organizzazione complessa tutte le risorse umane
devono essere indotte ad agire indirettamente sulla
governance.
Bisogna dare il senso (perché) e la direzione (dove) del
cambiamento, ripensando continuamente l’azione
organizzativa in rapporto ai risultati.
E’ fondamentale la condivisione da parte di tutti dell’idea
che ci si propone per avvicinarsi all’orizzonte prospettato.
E’ necessario l’empowerment (far sentire le persone
capaci con la conquista della consapevolezza di sé e del
controllo sulle proprie scelte).
Fare del cambiamento un’abitudine e una cultura.
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Resistenze al cambiamento
Le resistenze al cambiamento possono essere:
• culturali
- le risposte che l’istituzione scolastica offre ai bisogni degli
alunni/studenti e del contesto sociale sono a priori;
- la competenza professionale dei docenti è rappresentata
soltanto dalla conoscenza delle discipline
• organizzative
- l’istituzione scolastica è una struttura che punta più sul
contributo dei singoli che sulla progettualità complessiva e
sul lavoro di gruppo
• operative
- rigidità e azioni formali nella gestione delle risorse,
centrata sulla regolarità degli atti formali e non diretta ai
risultati.
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Le azioni per smussare le resistenze al cambiamento
• creare, curare e sostenere i momenti di formazione;
• impiegare le risorse interne;
• diffondere le buone pratiche;
• iniziare le sedute formali anche con riflessioni pedagogiche e
didattiche;
• far vivere e condividere le emozioni della riuscita, mettendo
in campo la pedagogia del successo;
• riconoscere le esperienze didattiche significative e renderle
pubbliche.
Le azioni del dirigente scolastico e dello staff dirigenziale per
smussare le resistenze al cambiamento:
• creare, curare e sostenere i momenti di formazione;
• impiegare le risorse interne;
• diffondere le buone pratiche;
• iniziare le sedute formali anche con riflessioni pedagogiche e
didattiche;
• far vivere e condividere le emozioni della riuscita, mettendo in
campo la pedagogia del successo;
• riconoscere le esperienze didattiche significative e renderle
pubbliche.
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Strategie per guidare i cambiamenti
Su come guidare il cambiamento ci sono tantissimi ricercatori e
consulenti che hanno pubblicato teorie e modelli. Uno degli
autori più classici e influenti è senza dubbio John P. Kotter,
professore alla Harvard Business School e autore del libro
"Leading Change", Harvard Business Review Press, Boston (2012)
John P. Kotter e gli otto step in un processo di cambiamento
1. creare la consapevolezza dell’urgenza
E’ necessario, affinché il cambiamento progettato possa avvenire
nella realtà, che l'organizzazione lo voglia per davvero e che si
crei un senso di esigenza verso il cambiamento stesso.
Occorre, quindi, spiegare con chiarezza ciò che sta succedendo
nel contesto e ciò che occorre fare per mantenere la posizione o
migliorarla.
Le azioni, per creare la consapevolezza dell’urgenza, sono:
- identificare eventuali minacce che provengono dall'ambiente
esterno;
- ipotizzare possibili scenari futuri;
- identificare le opportunità che potrebbero essere sfruttate;
- fare in modo che le persone possano parlare liberamente e
confrontarsi sull'urgenza del cambiamento;
- far rafforzare argomentazioni proposte dai stakeholder.
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2. costituire un team efficace che diriga il processo
Individuare le persone giuste che possono essere di aiuto
in questo percorso, allargare il più possibile il team di
persone che sosterranno il processo della governance del
continuo mutamento, i cosiddetti “agenti del
cambiamento”.
Le azioni, per costituire un team efficace, che diriga il
processo, sono quelle di:
- identificare le persone giuste con le quali costruire
alleanze e coinvolgerle anche da un punto di vista
emozionale;
- individuare le aree deboli del team che si sta costruendo;
- assicurare un giusto mix di persone provenienti da aree
diverse e con esperienze diverse.
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3. sviluppare vision e strategia
Ricordare che le persone hanno bisogno di vedere in
maniera pratica ciò che si intende fare.
Fornire esempi, usare illustrazioni, cercare di far immaginare
chiaramente dove si vuole arrivare.
Questa è immagine simbolica che in letteratura viene
chiamata “cartolina dalla destinazione”.
Le azioni, per sviluppare visione e strategia, sono quelle di:
- determinare i valori che saranno centrali nel processo di
cambiamento;
- riassumere ciò che si vuole fare in un sommario efficace o
in un paio di frasi a effetto. Anche un'immagine ben
studiata andrà bene;
- descrivere brevemente e in maniera efficace il futuro che si
immagina dopo il cambiamento;
- creare una strategia per mettere in atto la visione e
collegarla a pochi punti facili da ricordare;
- assicurarsi che le persone siano in grado di riassumere il
lavoro;
- cercare di essere visibili nelle descrizioni.
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4. comunicare la vision del cambiamento
Non basta che la visione sia chiara a chi guida il
cambiamento, ma è necessario anche comunicarla
efficacemente ai collaboratori.
Questa comunicazione dovrà distinguersi tra le tante
comunicazioni che vengono fatte quotidianamente.
Per questo motivo è importante che il messaggio venga
ricordato frequentemente e con efficacia.
Le azioni, per comunicare la visione del cambiamento, sono
quelle di:
- parlare spesso della visione;
- ascoltare con attenzione le persone che sono preoccupate
a causa del cambiamento - applicare la visione a tutti gli
aspetti della quotidianità;
- guidare le persone con l’esempio.
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5. mettere i collaboratori in condizione di agire in
base alla vision
In questa fase bisogna riconoscere pubblicamente le
persone che supportano il cambiamento, rinforzando i
comportamenti positivi.
Al contrario è necessario anche identificare chi non lo
supporta e cercare di capirne i motivi, parlandone
apertamente e cercando di risolvere eventuali
problemi.
Le azioni, per mettere i collaboratori in condizione di
seguire la vision, sono:
- riconoscere pubblicamente le persone che
supportano il cambiamento;
- identificare chi, al contrario, non lo supporta e
cercare di capirne i motivi, parlandone;
apertamente e cercando di risolvere eventuali
problemi;
- rimuovere in fretta le barriere, di qualunque tipo
esse siano.
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6. pianificare e creare dei successi a breve termine
Per motivare le persone è importante progettare qualche
obiettivo di breve termine (quick wins) che abbia una
ricaduta immediata in fatto di visibilità e di risultati
ottenuti.
I risultati veloci da sottoporre all'attenzione di tutti
aiuteranno a mantenere il focus sul change management e
a convincere chi è ancora scettico.
Le azioni, per pianificare e creare dei successi a breve
termine, sono:
- dare la priorità agli obiettivi raggiungibili senza il
contributo di coloro che sono più restii a supportare il
cambiamento;
- scegliere come primi obiettivi target non troppo
dispendiosi da raggiungere;
- avviare per primi gli obiettivi che hanno più "pro" che
"contro";
- ricompensare chi dà una mano a portare avanti
queste prime fasi di lavoro.
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7. consolidare i miglioramenti e introdurre ulteriori
cambiamenti
Un cambiamento efficace ha bisogno di tempo e di sostegno
continuo.
Gli obiettivi facili da raggiungere e che diano soddisfazione
sono solo avvisaglie di un cammino più lungo e complicato.
In tale step bisogna analizzare ogni obiettivo raggiunto
mantenendo traccia di ciò che è andato bene e di ciò che
occorre migliorare.
Sicuramente non tutto quello che si ha in mente si rivela
efficace.
Le azioni, per consolidare i cambiamenti e introdurre
ulteriori cambiamenti, sono:
- analizzare ogni obiettivo raggiunto mantenendo traccia di
ciò che è andato bene e di ciò che bisogna migliorare;
- costruire nuovi obiettivi per impedire che il cammino verso il
miglioramento si areni;
- iniziare a porre le basi della metodologia del miglioramento
continuo (Kaizen giapponese, KAI (cambiamento) e ZEN
(migliore);
- fornire energie fresche al team che lavora sul progetto per
trasmettere di continuo nuovo entusiasmo alternando gli
agenti del cambiamento.
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8. inglobare i nuovi approcci nella cultura
L’ultima fase è quella che spesso viene sottovalutata; è però
fondamentale mantenere in futuro i cambiamenti
implementati.
E' normale, infatti, che quando si spinge una persona a
cambiare (magari facendole adottare metodologie nuove)
questa torni allo stato di partenza se non si fa in modo di
rendere il cambiamento "acquisito", ovvero se non lo
s’interiorizzerà come un vero e proprio cambiamento
all'interno della cultura manageriale
Le azioni, per inglobare i nuovi approcci nella cultura, sono:
- ricordare i progressi fatti ogni volta che vi sarà
possibile;
- includere il percorso fatto all'interno della formazione
dei nuovi assunti in modo da renderli partecipi del
cambiamento avvenuto e testimoni del fatto che non
si può più lavorare come si faceva prima.
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La famiglia come istituzione complessa
L’istituzione, storicamente più stabile e duratura per la
convivenza umana, è stata per secoli la famiglia.
Questa ha sempre conservato intatta, pur nel mutare delle
condizioni storiche, la sua natura fondamentale, vale a dire
vincoli, rapporti e sentimenti esclusivi tra tutti i membri
che l’hanno costituita.
Dal punto di vista strutturale, la famiglia, per dimensioni,
per organizzazione e per funzioni, dipende dalle forme
economiche e dalle condizioni, relative alla cultura delle
società in cui è inserita; essa, anzi, ne è il prodotto e ne è
l’espressione.
Nella società complessa anche la famiglia è, però, una
realtà in trasformazione; al suo interno, deve, perciò,
essere previsto un progetto, basato sull’ecologia dei
rapporti tra i membri, che la costituiscono, e un’equilibrata
crescita delle loro personalità.
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La famiglia come istituzione complessa
La famiglia è, nel complesso, considerata un organismo
non solo giuridico, ma anche etico e sociale.
Il primo è regolato da un insieme di norme, concernenti il
rapporto tra i coniugi, la protezione dei figli minorenni, il
matrimonio e così via.
L’organismo etico attiene ai comportamenti morali dei
membri della famiglia.
L’organismo sociale) ha una connotazione
prevalentemente sociologica.
La famiglia è, nell’ultimo caso, caratterizzata dal processo
di socializzazione, vale a dire da dinamiche interne, da
rapporti interpersonali e da condizionamenti socio-
culturali e relazionali.
Al suo interno, ogni comportamento è comunicazione, che
influenza ed è influenzata da altri comportamenti.
Ogni società finisce, dunque, per organizzare “un luogo-
istituzione” psicologico e fisico non solo per procreare e
per allevare i figli, ma anche per educarli e per socializzarli,
ovverosia per badare a trasmettere loro conoscenze e
valori e per integrarli nella società di appartenenza.
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La famiglia come istituzione complessa
L’organizzazione istituzionale di tali funzioni si fonda su
alcuni principi giuridici:
- matrimonio, come atto che la società formula al fine di
autorizzare e di riconoscere la sessualità;
- divieto d’incesto, come condanna dei rapporti sessuali tra
i membri del gruppo familiare;
- divisione del lavoro in base al sesso e all’interno del
gruppo familiare.
Tali principi non costituiscono, però, una necessità
biologica; anzi, esprimono una scelta culturale e
rappresentano una costante storica, che, nelle varie
epoche, ha assunto contenuti diversi.
La stabilità del rapporto coniugale non è, dunque, un
bisogno biologico, ma un dovere materiale ed etico di un
reciproco sostegno nell’affrontare le difficoltà.
Nemmeno il divieto d’incesto è una necessità biologica: non è un
bisogno quello di evitare i danni della procreazione tra i
consanguinei, ma soprattutto quello socio-culturale di indurre i
membri di un gruppo chiuso, come la famiglia, a ricercare i loro
partner sessuali all’interno di gruppi diversi da quelli delle
famiglie di origine.
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La famiglia come istituzione complessa
Non è, infine, un bisogno neppure, all’interno della
famiglia, la divisione sessuale del lavoro; questa è, anzi, la
conseguenza sia dell’organizzazione sociale sia
dell’immagine femminile e maschile, che la cultura, in una
determinata circostanza, esprime.
Generalmente quando si parla di famiglia, oggi, ci si
riferisce a quella coniugale, ovverosia al “luogo” di
convivenza tra un uomo e una donna, legati di norma dal
vincolo di matrimonio.
Le famiglie fanno, quindi, parte di sistemi parentali.
I soggetti, che sono legati da vincoli (maternità, paternità e
filiazione), costituiscono un organismo sociale e giuridico,
che, nella maggior parte dei paesi, è detto matrimonio.
Questo, in generale, assume due forme:
– matrimonio monogamico, quando è circoscritto a un uomo e
una donna.
– matrimonio poligamico, quando un soggetto può
contemporaneamente sposarsi con due o più soggetti dell’altro
sesso (se è l’uomo ad avere più donne, si ha la poliginia; se, al
contrario, è una donna ad avere più uomini, si ha la poliandria).
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La famiglia come istituzione complessa
Non tutte le famiglie si fondano, tuttavia, sul vincolo del matrimonio.
Nella società contemporanea si possono, infatti, distinguere vari tipi di
unioni familiari:
– la famiglia nucleare, detta anche elementare, è costituita di padre, di
madre e di figli;
– la famiglia plurima, che si costituisce, attraverso matrimoni tra vedovi o
divorziati, con i loro figli, nati in unioni precedenti;
– la “famiglia a doppia carriera”, nella quale la moglie e il marito al di fuori
del nucleo familiare sono impegnati professionalmente e, all’interno della
famiglia, s’interessano dei lavori domestici. La donna, sovvertendo anche
l’organizzazione della vita domestica, ha, in tal modo, acquistato
maggiore autonomia;
– la famiglia dove vige l’unione libera (coppie accettate dall’opinione
pubblica e dall’ambiente circostante come se fossero sposate);
– la famiglia comunitaria (coppie che vivono in comunità, senza
minimamente mettere in pericolo l’intimità coniugale);
– la famiglia individuale (famiglia di un solo individuo, che
occasionalmente ospita altri soggetti).
– la convivenza monosesso (famiglia di soggetti dello stesso sesso, che
convivono per ragioni economiche o di lavoro);
– le coppie di fatto (coppie che dovrebbero godere per legge di una
garanzia legale. Queste non dovrebbero, però, essere poste sullo stesso
piano delle coppie eterosessuali sposate).
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La famiglia come istituzione complessa
Il matrimonio e la parentela
Il matrimonio è un negozio giuridico con cui una donna e un
uomo costituiscono una famiglia, assumendo tra loro un vincolo
di fedeltà, di assistenza, di coabitazione e di collaborazione.
Nell’ordinamento giuridico italiano la materia del matrimonio è
regolata dal libro primo del Codice civile.
La collocazione del matrimonio in tale nel libro del Codice esclude
che tale istituto sia da ricomprendersi nella disciplina dei
contratti. Per l’ordinamento italiano, il matrimonio non è, infatti,
un contratto tra le parti.
Se lo fosse sarebbe regolamentato dal libro quarto del Codice
civile. Anche nella Costituzione repubblicana la famiglia è trattata
ampiamente in tre articoli.
L’art. 29 sostiene che la “Repubblica riconosce i diritti della
famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità
familiare”.
L’art. 30, a sua volta, afferma che è “dovere e diritto dei genitori
mantenere, istruire e educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio. Nei casi d’incapacità dei genitori, la legge provvede a
che siano assolti i loro compiti.
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La famiglia come istituzione complessa
Il matrimonio e la parentela
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela
giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della
famiglia legittima.
Essa detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.
L’art. 31 stabilisce che la “Repubblica agevola con misure
economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle
famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli
istituti necessari a tale scopo”.
In Italia vigono tre forme di matrimonio che hanno, in ogni modo,
effetti civili, in altre parole:
- il matrimonio concordatario, che viene celebrato in conformità
alle norme del diritto canonico;
- il matrimonio civile, che viene celebrato davanti all’ufficiale
dello stato civile ed è regolato dal Codice civile;
- il matrimonio religioso “acattolico”, che viene celebrato davanti
ad un ministro di culto non cattolico.
Esso è, però, una cerimonia a tutti gli effetti civile, perché è
trascritto dall’ufficiale dello stato civile.
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La famiglia come istituzione complessa
Il matrimonio e la parentela
Esistono, poi, alcuni istituti, concernenti il matrimonio, come la
separazione, lo scioglimento e l’annullamento.
La separazione personale dei coniugi è un istituto che, senza
arrivare
allo scioglimento del matrimonio, ne tempera gli effetti.
Essa può essere giudiziale oppure
consensuale.
Lo scioglimento del matrimonio si ha, a norma del Codice civile
con:
- la morte di uno dei coniugi (art. 149);
- la sentenza di divorzio;
- una condanna penale di uno dei coniugi, se richiesto lo
scioglimento dall’altro coniuge;
- la separazione personale dei coniugi, nel caso che si sia
protratta, senza interruzione, per
almeno cinque anni;
- il divorzio, che si ottiene, al di fuori dell’Italia, da un coniuge
straniero;
- un matrimonio non consumato.
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La famiglia come istituzione complessa
Il matrimonio e la parentela
L’annullamento è un istituto che si verifica o quando uno
dei coniugi ha contratto il matrimonio in buona fede, in
altre parole il consenso è stato estorto, oppure quando
entrambi i coniugi l’hanno contratto in mala fede.
Il diritto civile affronta anche il problema della parentela e
dell’affinità.
La parentela è un vincolo, in base all’art. 74 del Codice
civile, che unisce le persone che discendono da uno stesso
stipite.
Si è uniti per linea retta e per linea collaterale.
L’intensità, poi, del vincolo di parentela è misurato dal
grado che rappresenta il numero di generazioni.
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La famiglia come istituzione complessa
Il matrimonio e la parentela
Per conteggiare tale numero di generazioni si ha:
- primo grado: linea retta ascendente di primo grado (genitori) e linea retta
discendente di primo grado (figli);
- secondo grado: linea retta ascendente di secondo grado (nonni), linea retta
discendente di secondo grado (nipoti), linea collaterale di primo grado (fratelli);
- terzo grado: linea retta ascendente di terzo grado (bisnonni), linea retta
discendente di terzo grado (bisnipoti), linea collaterale ascendente di secondo grado
(zii paterni e materni), linea collaterale discendente di secondo grado (nipoti, intesi
come figli di fratello);
- quarto grado: linea retta ascendente di quarto grado (trisavolo), linea retta
discendente di quarto grado (trisnipoti), linea collaterale ascendente di terzo grado
(prozii), linea collaterale discendente di terzo grado (pronipoti, intesi come figli dei
figli del fratello, e cugini);
- quinto grado: linea retta ascendente di quinto grado (quadrisavolo), linea retta
discendente di quinto grado (figlio del trisnipote), linea collaterale ascendente di
quarto grado (genitori dei prozii e cugini dei genitori), linea collaterale discendente
di quarto grado (figli dei pronipoti e figli dei cugini);
- sesto grado: linea ascendente di sesto grado (genitore di quadrisavolo), linea
discendente di sesto grado (nipote del trisnipote), linea collaterale ascendente di
quinto grado (nonni dei prozii e cugini dei nonni), linea collaterale discendente di
quinto grado (nipoti dei pronipoti, e nipoti dei cugini).
La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado, salvo che per alcuni
effetti specialmente determinati (art. 77 del Codice civile). Gli affini, per il Codice
civile italiano, sono i parenti del coniuge.
Il grado di parentela è lo stesso del coniuge.
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
I Patti civili di solidarietà sarebbero unioni che prevedono un contratto tra
due soggetti di sesso diverso o dello stesso sesso.
I contraenti dovrebbero assumere diritti e obblighi, come assistenza in
ospedale, impegno a condurre vita in comune, aiuto reciproco ed
eventuale eredità.
In Europa la questione delle unioni civili o coppie di fatto è stata sempre
presente nelle direttive dell’Unione europea.
Gli europei hanno sancito nelle loro costituzioni che tutti i cittadini hanno,
indipendentemente dalle origini, dalla nazionalità, dalla condizione
sociale, dalla religione e dall’orientamento sessuale, gli stessi diritti.
L’Unione europea ha, anzi, emanato, nel 1994, una risoluzione, nella
quale si ribadisce la parità dei diritti degli omosessuali e delle lesbiche.
In Europa la legislazione, a proposito delle unioni civili, è molto variegata.
Tra i paesi che hanno regolato e legittimato, in qualche modo, la
questione, si possono registrare:
Austria. Pur non avendo regolato per legge le unioni civili, ha spinto a fare
esprimere, nel 2003, la Corte europea per i diritti dell’uomo.
Questa ha, in tale circostanza, stabilito che la coabitazione di due
omosessuali ha la stessa consistenza di una coabitazione non registrata
ma riconosciuta delle coppie eterosessuali;
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
Belgio. Il matrimonio è aperto alle coppie omosessuali dal 13 febbraio del
2003.
La regolamentazione delle unioni civili ha, invece, avuto inizio il 29
ottobre del 1998, allorché il parlamento ha approvato la Loi instaurant la
cohabitation légale sulla convivenza legale (cohabitation légale).
Essa è, poi, entrata in vigore (Statutory Cohabitation Contract) il 4
gennaio del 2000.
In tale legislazione sono incluse anche le coppie, che, per mancanza di
alcune condizioni, non possono riferirsi al sesso.
I contraenti, per assicurarsi la convivenza legale, non devono essere legati
da vincoli matrimoniali o da convivenze legali.
La dichiarazione di convivenza deve essere prodotta per iscritto e deve
essere consegnata, dietro il rilascio di una ricevuta, all’ufficiale di stato
civile del comune, nel quale si è domiciliati.
Il suddetto ufficiale, dopo aver verificato che i due contraenti riescono ad
assolvere le condizioni previste dalla legislazione, protocolla la
dichiarazione nel registro della popolazione;
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
Danimarca. È stato il primo Paese europeo che ha ufficializzato i rapporti
di coppia degli omosessuali con un’unione simile al matrimonio.
La legislazione danese, a tal proposito, è stata approvata con la Legge n.
372 del 1989 e aggiornata, con integrazioni e modificazioni, nel 1999.
I contraenti assumono lo status di “partner registrati” e, anche se non
possono accedere all’adozione congiunta, hanno, tuttavia, la possibilità di
adottare i figli biologici del partner;
Finlandia. Una legge a favore delle unioni civili tra soggetti dello stesso
sesso è in vigore dal marzo 2002.
Essa garantisce, tranne che nei casi in cui i contraenti dispongono
diversamente, tutti i diritti che, di norma, appartengono alle coppie
eterosessuali.
Sia la registrazione sia lo scioglimento dell’unione si ottengono con la
stessa procedura valida per il matrimonio.
La convivenza si contrae al cospetto delle stesse autorità, che sono
investite sia per la celebrazione del matrimonio sia per lo scioglimento
della convivenza.
Le leggi sulla paternità, sull’adozione e sulla possibilità di fare uso di un
nome in comune non possono, però, essere applicate alle convivenze
registrate;
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
Francia. La Legge del 15 dicembre 1999 (Du pacte civil de solidarité et du
concubinage) ha sancito una nuova forma di unione, distinta dall’istituto
del matrimonio.
I Patti civili di solidarietà sono contratti tra due soggetti dello stesso sesso
o di sesso diverso, al fine di organizzarsi una vita in comune.
La legge tutela la convivenza, garantisce i diritti di rilevanza pubblicistica,
regola il rapporto di locazione, contempla misure fiscali, prevede
reciproca assistenza e così via.
I Patti civili di solidarietà sono contratti, che si definiscono con una
dichiarazione congiunta e trascritta alla cancelleria della giurisdizione di
residenza.
Il testo del contratto viene registrato e, poi, conservato presso la
cancelleria del comune.
I Patti civili di solidarietà comportano obblighi per ambedue i partner
come, ad esempio, l’impegno a condurre una vita in comune, il sostegno
e aiuto reciproco sia a livello materiale sia a livello psicologico e
l’assunzione di responsabilità comune per i debiti che vengono contratti
per la firma del Patto civile di solidarietà.
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
In Francia, i Patti civili di solidarietà non dovrebbero, secondo la posizione
di alcuni giuristi, prevedere la possibilità di adozione; anzi, con la morte di
uno dei due partner, tali contratti dovrebbero automaticamente
sciogliersi.
La legislazione francese prevede anche il concubinaggio.
In tale circostanza offre, però, ai contraenti diritti limitati (affitto,
immigrazione, salute e assicurazione).
I Patti civili di solidarietà considerano anche le coppie eterosessuali, che
non si propongono di contrarre matrimonio, giacché sono favorevoli
soltanto a utilizzare uno strumento giuridico diverso dal matrimonio civile
o religioso e, nello stesso tempo, desiderano essere tutelate con le
prerogative di cui godono le coppie “regolarmente” unite (assistenza del
partner in ospedale, partecipazione alle decisioni che riguardano la salute
e la vita, trasmissione in eredità del proprio patrimonio al soggetto con
cui si è condivisa l’esistenza, ricongiungimento di un partner
extracomunitario e così via);
Germania. L’istituto giuridico della convivenza registrata, in altre parole
l’Eingetragene Lebenspartnerschaft è stato introdotto in Germania, nel
2001, con la Legge Gesetz überdie Eingetragene Lebenspartnerschaft.
Tale legislazione è entrata in vigore il primo agosto del 2002.
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
La legge sulla convivenza registrata non equipara, a tutti gli effetti, la
convivenza al matrimonio; ciò avviene per i seguenti motivi:
a) due persone che desiderano organizzare una convivenza registrata
hanno l’obbligo di dichiarare, alla presenza delle autorità competenti, la
volontà di convivere per tutta la vita. I conviventi possono, quando sono
d’accordo, scegliere un cognome comune e possono assumersi l’obbligo
di assistersi e di sostenersi reciprocamente anche dopo l’eventuale
separazione;
b) la legge cautela la coppia dal punto di vista contributivo e assistenziale.
Ogni convivente può, infatti, usufruire dei benefici dell’assicurazione sulla
malattia del partner e avvalersi degli stessi diritti del matrimonio in
materia di cittadinanza (procedura agevolata per ottenere la
naturalizzazione e diritto al ricongiungimento);
c) l’istituto giuridico della convivenza è diverso dal matrimonio per
quanto riguarda l’adozione e la filiazione. Fino al 2004 ai conviventi non
era nemmeno concesso il diritto di adozione congiunta.
La legislazione tedesca prevede anche: la pensione di reversibilità; la
reversibilità degli affitti; il permesso d’immigrazione per il contraente
straniero; l’obbligo di soddisfare i debiti che sono contratti durante la vita
della coppia;
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Patti civili di solidarietà
Italia. L’istituto, in Italia, per regolare le unioni civili e per disciplinare
le convivenze con la Legge 20 maggio 2016, n, 76, denominata
“Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e
disciplina delle convivenze”.
Le unioni civili omosesessuali si costituiscono alla presenza di due
testimoni e di fronte a un ufficiale di stato civile.
I due sottoscrittori dell’unione hanno l’obbligo di coabitare e di
assistersi moralmente e materialmente.
Ambedue i partner possono scegliere il cognome
dell’altro posponendolo o anteponendolo al proprio.
Hanno anche diritto alla pensione di reversibilità e al Tfr maturato.
Per quanto concerne lo scioglimento, nelle unioni omosessuali,
la legge n. 76 fa riferimento, eludendo l’istituto di separazione, alla
normativa italiana concernente il divorzio.
Le convivenze di fatto, secondo la legge n. 76/2016, riguardano le coppie
di omosessuali e di eterosessuali. In base al testo, può essere considerato
convivente di fatto un soggetto maggiorenne, che, quando è corrisposto,
si unisce a un altro stabilmente per legami affettivi e per una reciproca
assistenza morale e materiale; ambedue devono essere coabitanti e
aventi dimora abituale nello stesso Comune.
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
I diritti previsti per i conviventi di fatto sono quelli riguardanti: la visita in
ambito sanitario e penitenziario; la facoltà d’indicare il partner come
rappresentante (anche per le decisioni sulla scelta di donare gli organi); la
casa di abitazione e il risarcimento del danno da fatto illecito.
I due conviventi possono anche redigere un contratto di convivenza, per
disciplinare i propri rapporti patrimoniali.
Il contratto deve essere sottoscritto da un notaio o da un avvocato, sotto
forma di atto pubblico o scrittura privata; esso si risolve con la morte del
partner; con recesso unilaterale o con accordo tra le parti.
All’interruzione della convivenza potrà esserci il diritto agli alimenti in
capo a uno dei due conviventi.
Tale diritto deve essere, secondo il diritto civile, riconosciuto dal giudice,
in base al bisogno in cui si trova il convivente e all’impossibilità di badare
al proprio mantenimento.
La durata dell’obbligo alimentare è calcolata in proporzione alla durata
della convivenza.
Regno Unito. La legislazione sulle coppie civili è stata approvata nel 2004
ed è stata applicata alla fine del 2005.
Tale legislazione si è prefissa, come risultato, di dare alle unioni del
medesimo sesso gli stessi diritti e obblighi delle coppie sposate, in altre
parole esenzioni fiscali, eredità, patria podestà e proprietà.
Le unioni si possono sciogliere con la stessa procedura di un divorzio;
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La famiglia come istituzione complessa
Patti civili di solidarietà
Spagna. La legge per le coppie dello stesso sesso è stata
approvata, nel 2005, e prevede addirittura il matrimonio.
Le Regioni spagnole (Comunidades autonomos)
prevedevano, in verità, già da tempo, attraverso
legislazioni adeguate, i diritti dei soggetti delle coppie di
fatto, appartenenti allo stesso sesso o di sesso diverso.
Esse disciplinavano la responsabilità solidale per le spese e
per i debiti della coppia e l’uso della casa comune.
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La famiglia come istituzione complessa
La famiglia italiana
La società italiana, nell’ultimo cinquantennio, si è trasformata
radicalmente. Da comunità agricola è diventata società postindustriale.
Di conseguenza, anche le istituzioni e i rapporti individuali hanno subito
mutamenti storici.
I fattori che hanno determinato tali trasformazioni sono stati:
- il processo democratico;
- lo sviluppo industriale e tecnologico;
- il pluralismo culturale.
All’interno di tale realtà, anche la famiglia ha subito una svolta storica.
Essa, da istituzione patriarcale, è diventata, dissolvendosi sotto l’azione
della modernizzazione, famiglia nucleare.
La Carta costituzionale italiana stabilisce all’art. 29, in una nuova visione
di politica democratica e sociale, che la famiglia, come società naturale, si
fonda sul matrimonio, fissato sul principio di uguaglianza normale e
giuridico dei coniugi.
Tale principio costituzionale è stato riconosciuto, però, concretamente, in
Italia, soltanto con l’introduzione del diritto di famiglia (Legge n. 151 del
19 maggio 1975).
Esso è, però, rimasto un principio.
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La famiglia come istituzione complessa
La famiglia italiana
La riforma del diritto di famiglia avrebbe, infatti, dovuto demolire la
posizione egemone del marito sulla moglie, all’interno della famiglia, e
dell’uomo sulla donna, all’interno della società.
Le cose non sono, invece, andate così.
Esiste ancora, all’interno delle famiglie, una divisione dei ruoli.
Solo le coppie più giovani sono riuscite ad attuare una certa parità.
In alcune famiglie la donna vive una situazione ancora più gravosa di
quella precedente alla Legge n. 151 del 1975.
Svolge spesso un doppio lavoro: insegna, fa l’impiegata, lavora in fabbrica
e contemporaneamente fa la casalinga.
La cultura italiana, poi, gioca un ruolo decisivo nell’ostacolare
l’emancipazione della donna.
Il lavoro delle donne è, perciò, diventato, nonostante le migliori intenzioni
e i buoni propositi giuridici, un problema complesso.
Esso non può essere ricondotto soltanto a valutazioni di tipo economico,
perché ha anche un forte risvolto psicologico.
Le donne stanno, pertanto, ripensando, nelle società, tecnologicamente
avanzate, ai loro ruoli e ai loro status sociali, abbandonando il lavoro
extradomestico e rinunciando, per ritornare a svolgere il ruolo di madre e
di casalinga, a professioni di elevato status sociale.
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La famiglia come istituzione complessa
La famiglia italiana
All’art. 30 la Costituzione italiana ribadisce anche il diritto-dovere dei
genitori di “mantenere, istruire e educare i figli”.
Tale disposizione giustamente obbliga il padre e la madre ad assicurare ai
propri figli le condizioni minime per costruirsi una vita migliore non solo
attraverso un adeguato e sano sviluppo fisico, ma anche attraverso
l’istruzione e l’educazione.
Oggi, tuttavia, i giovani non hanno, in generale, una guida o punti di
riferimento adeguati; il modo di vivere, i valori e le preoccupazioni
professionali dei genitori determinano rapporti conflittuali all’interno
delle famiglie e acuiscono le forti tensioni tra genitori e figli.
Tale situazione si riscontra soprattutto nelle relazioni interpersonali e
nella comunicazione; anzi, la famiglia è protesa, nella società
contemporanea, a produrre i surrogati del modo di vivere individuale,
ovverosia la produzione materiale.
Le discussioni si stanno, per tale motivo, accentrando sul ruolo femminile
nella società: la donna sta ripensando al proprio ruolo e al proprio status
sociale, acquisiti recentemente, per riappropriarsi di quelli di moglie e di
madre.
La famiglia nucleare, nella società complessa, presenta numerose
disfunzioni, che, per le giovani coppie, producono, per la perdita, come si
diceva nell’introduzione, delle funzioni tradizionali e per la fragilità
psicologica, il rischio di non sopportare la responsabilità e il peso del
matrimonio.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La famiglia come istituzione complessa
Famiglia nucleare e rischi
Le funzioni tradizionali, che tenevano ingessato il rapporto di coppia, sono
state assunte da altre istituzioni (la funzione economica è stata assunta
dall’industria; la funzione educativa è stata acquisita dalla scuola; la
funzione sanitaria è stata assunta dagli ospedali; la funzione per
l’assistenza è stata acquisita dalle associazioni di solidarietà; la funzione
protettiva è stata assunta dallo Stato; la funzione comunicativa è stata
espugnata dai mass media, e così via).
La famiglia nucleare, oggi, svolge solo la funzione affettiva.
I suoi membri sono costretti a vivere in modo precario e provvisorio i
rapporti interpersonali e sociali.
Nel momento in cui tale funzione viene, infatti, a mancare (uno dei due
membri non ami più l’altro), il nucleo familiare, non potendo fare
affidamento su altre funzioni, come avveniva nella famiglia tradizionale, è
costretto a disgregarsi. Le separazioni e i divorzi, perciò, nell’attuale
società, sono all’ordine del giorno.
I membri di una famiglia tradizionale potevano, in caso di bisogno,
rivolgersi a una moltitudine di parenti; nella famiglia nucleare, quando
qualcuno si ammala o incontra difficoltà, in qualsiasi campo, l’intero
nucleo familiare, non potendo contare sulla collaborazione di tutta la
parentela, entra in un grave stato di malessere e immagina che sia più
sopportabile sfuggire alle responsabilità, attraverso la separazione e
l’abbandono del tetto coniugale.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
Un modello organizzativo complesso è anche la scuola,
vista come un sistema aperto al centro di una rete di
relazioni con il territorio.
In tale prospettiva ogni cambiamento di un elemento del
sistema si riflette sull’intera organizzazione.
Diventa vitale diventa la strategia dell’auto-organizzazione
per barcamenarsi nella società complessa e per operare
nelle scuole, come modelli aperti.
L’auto-organizzazione, come:
- strategia che incoraggia la realizzazione di una rete
interna ad un modello organizzato;
- nodi costruiti sull'intelligenza delle singole persone;
- connessioni modellate sull’intelligenza distribuita;
- fenomeno, che emerge dal basso;
- spinta di tutti gli attori ad alleanze strategiche.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
La scuola autonoma:
• è un “sistema complesso”, ad alto spessore etico-sociale;
• ha una funzione sociale e, come tale, non può essere
soggetta al mercato né pensata come una prestazione che
può andare a pareggio di bilancio. Non si può, attraverso la
scuola, tutelare l’interesse pubblico, conseguendolo con
riferimento alle prestazioni. In tal modo tale interesse si
smonta e si sostituisce con la commercializzazione di un
servizio. Con riferimento alla scuola, il diritto
amministrativo prefigura che l’interesse pubblico deve
manifestarsi tramite il diritto vissuto non come fine ma
come strumento;
• fornisce un servizio (la scuola, come servizio, deve calarsi
sui bisogni degli stakeholder);
• produce risultati attraverso la comunità educante e le
figure di sistema, in un contesto di elevata autonomia
professionale;
• racchiude una molteplicità di figure professionali
interdipendenti e non complementari.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
Negli anni Novanta è iniziato un processo di radicale
trasformazione della pubblica amministrazione (Legge n.
241/1990, legge n. 142/1990, D.lgs. n. 29/93, Legge n.
59/1997, riforma Titolo V della Costituzione – Legge n.
3/2001 …….).
Gli assi fondamentali del cambiamento sono:
- trasparenza;
- decentramento;
- distinzione tra indirizzo politico e gestione;
- privatizzazione e amministrazione leggera;
- focalizzazione sul risultato, sul servizio e sul rapporto
costo/beneficio.
Il paradigma organizzativo da verticale diventa orizzontale
(D.lgs. n. 300/1999, Riforma dell'organizzazione del
Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo
1997, n. 59, e organizzazione centrale e periferica del
Ministero della pubblica istruzione).
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scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
Il paradigma organizzativo
Prima dell’autonomia
Paradigma verticale (dal centro alla periferia)
- preside – docente – segretario – bidello;
- gestione e controllo del Ministero;
- cultura di tipo autoreferenziale;
- adempimenti svolti sul riconoscimento.
Con l’Autonomia
Paradigma circolare e orizzontale
- D.S.– Docenti – Dsga – assistenti amministrativi –
collaboratori scolastici – risorse esterne;
- si ha la valorizzazione della cultura e delle risorse delle
istituzioni scolastiche e dei contesti territoriali.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
La scuola autonoma è:
- ambiente di apprendimento organizzato
- valorizzazione di esperienze e conoscenze
- apprendimento collaborativo e cooperativo
- consapevolezza del proprio ruolo e della propria
funzione
- esplorazione, ricerca e scoperta
- attivazione di percorsi e di sinergie
Variabili della progettazione organizzativa
La progettazione organizzativa va affrontata in stretta
correlazione anche con le variabili:
1. ambiente;
2. obiettivi che si vogliono perseguire.
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scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
Ambiente
Dell’ambiente, per la valenza etico-sociale della scuola e la specificità del servizio
erogato, sono da considerare i seguenti fattori:
• esigenze di apprendimento a livello cognitivo, emotivo e relazionale degli
alunni/studenti;
• richieste che le strutture sovraordinate e le Istituzioni sottopongono alle istituzioni
scolastiche (valenza nazionale e territoriale della missione);
• bisogni e aspirazioni delle famiglie e degli stakeholder;
• istanze, sfide e stimoli del contesto sociale;
• esigenze del mercato locale e delle attività produttive;
• presenza di concorrenti reali e potenziali che offrono servizi formativi sullo stesso
segmento di mercato.
Obiettivi
Gli obiettivi devono essere:
• “temporizzati” e misurabili;
• definiti per dare corpo e concretezza alla finalità e alla missione dell’istituzione
scolastica;
• elaborati dalle diverse componenti della scuola coinvolgendo anche i soggetti
istituzionali, le forze sociali e le associazioni culturali;
• centrati sul focus del tipo di scuola che si intende realizzare;
• focalizzati sul rapporto con il territorio;
• calati sul sistema di valori da prospettare;
• formulati sulle competenze che si vogliono promuovere e sviluppare.
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scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
Autonomia e risposte formative come sfida alla complessità
L’autonomia implica, nel suo sviluppo, modelli organizzativi con forti
innovazioni e, in parte, tarati sulla specificità delle istituzioni scolastiche.
L’autonomia comporta differenze e varietà di modelli dell’offerta
formativa perché l’utenza, nelle istituzioni autonome, è centrale.
Le risposte formative devono, nelle organizzazioni autonome, essere
personalizzate e conformi:
• all’equità
• all’efficacia
• all’efficienza
• La sfida formativa ha una valenza etica, basata sulle relazioni umane e
una ecologica, fondata sulla relazione con l’ambiente.
• La sfida formativa ha, come obiettivo, la costruzione di una società
migliore attraverso le generazioni future.
Bisogna, perciò, cogliere i problemi globali e vitali, superare gli
apprendimenti frammentati, sviluppare una forma mentis atta a
contestualizzare gli apprendimenti significativi.
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scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
Autonomia e risposte formative come sfida alla complessità
Per Edgar Morin i sette saperi indispensabili per
l’educazione dell’uomo futuro sono:
- capacità della conoscenza: l’errore e l’illusione;
- principi di una conoscenza pertinente;
- condizione umana;
- insegnare l’identità terrestre;
- affrontare le incertezze;
- insegnare la comprensione;
- etica del genere umano.
Per Morin è necessario che l’educazione pensi a “una testa
ben fatta e non una testa ben piena”.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La scuola come modello organizzativo complesso
L’autonomia scolastica è:
• un’esigenza, nella società complessa per far
comprendere i cambiamenti e per governarli;
• strumento e risorsa con cui adottare metodi e
metodologie di lavoro, tempi d’insegnamento, soluzioni
funzionali alla realizzazione dei Piani dell’offerta formativa
e alle esigenze di ciascun alunno;
• mettere ciascuno in condizione di raggiungere la piena
realizzazione di sé e l’acquisizione della cultura e dei valori
necessari per vivere da cittadini responsabili.
Gli attori dell’AUTONOMIA sono:
• il Parlamento;
• il M.I.U.R.;
• le scuole (studenti, dirigente scolastico, docenti,
personale ATA);
• le famiglie;
• gli Enti locali;
• il territorio;
• le reti di scuole e le associazioni culturali.
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scuola)
Autonomia scolastica e riferimenti normativi
• art. 3 del DPR n. 419/1974 – sperimentazione e innovazioni di
ordinamenti e strutture;
• dpcm del 7 giugno 1995 – schema della Carta dei servizi scolastici;
• direttiva n. 254 del 21 luglio 1995 (Carta dei servizi scolastici e Progetto
educativo d’Istituto);
• legge n. 676/96 – tutela dei dati personali;
• legge n. 59/1997 – la legge delle autonomie – art. 21: le istituzioni
scolastiche;
• d.lgs n. 281/1997 – la Conferenza Unificata Stato/Regioni;
• d.lgs n. 59/1998 – qualifica dirigenziale dei capi di istituto;
• d.lgs n. 112/1998 – nuovi poteri a Regioni ed Enti Locali;
• dpr n. 275/1999 – l’autonomia delle istituzioni scolastiche;
• d.lgs n. 300/1999 recante “Riforma dell'organizzazione del governo, a
norma dell'articolo 2 della legge 15 marzo l997, n. 59;
• d.i. n. 44/2001 - regolamento di contabilità;
• legge n. 3/2001 – il nuovo Titolo V e il Sistema educativo nazionale di
Istruzione e Formazione Con la riforma del Titolo V della Costituzione
l’autonomia scolastica ha addirittura assunto costituzionalmente il rango
di sistema policentrico;
• legge n. 107/2015.
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scuola)
Art. 21 – Legge n. 59/1997 e autonomia
I principi dell’art. 4, comma 3 della legge n. 59/1997.
L’art. 4, comma 3, stabilisce che i conferimenti di funzioni di cui ai commi
1 e 2 avvengono nell'osservanza dei seguenti princìpi fondamentali:
• il principio di sussidiarietà;
• il principio di completezza;
• il principio di efficienza e di economicità;
• il principio di cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti locali anche al fine
di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate
nell'ambito dell'Unione europea;
• i princìpi di responsabilità e unicità dell'amministrazione;
• il principio di omogeneità;
• il principio di adeguatezza;
• il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni;
• il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi;
• il principio di autonomia organizzativa e regolamentare;
• il principio di responsabilità degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e
dei compiti amministrativi ad essi conferiti.
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scuola)
DPR 8 marzo 1999, n. 275, e autonomia scolastica
Il DPR n. 275 (8 marzo 1999) è un regolamento, recante le
norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche
ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
DPR n. 275/1999 e l’autonomia funzionale – art. 1
Art. 4 - Autonomia didattica - DPR n. 275/1999
Le scuole ……… “concretano gli obiettivi nazionali in
percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad
apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni,
riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le
potenzialità di ciascuno, adottando tutte le iniziative utili al
raggiungimento del successo formativo”.
Nel secondo comma si stabilisce, per realizzare
l’autonomia didattica, anche che nell’esercizio
“dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano
i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole
discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e
ai ritmi di apprendimento degli alunni”.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Art. 4 – Autonomia didattica e flessibilità
• l’articolazione modulare del monte/ore annuale di ciascuna
disciplina e attività;
• la definizione di unità d’insegnamento non coincidenti con
l’unità oraria della lezione e l’utilizzazione, nell’ambito del
curricolo obbligatorio di cui all’articolo 8, degli spazi orari residui;
• l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del
principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel
gruppo, anche riguardo agli alunni in situazione di handicap
secondo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104;
• l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla
stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso;
• l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari;
• percorsi formativi che coinvolgono più discipline e attività
nonché insegnamenti in lingua straniera in attuazione di intese e
accordi internazionali;
• realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e
di orientamento scolastico e professionale;
• la scelta, l'adozione e l'utilizzazione delle metodologie e degli
strumenti didattici sono coerenti con il Piano dell'offerta
formativa.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Art. 5 - Autonomia organizzativa - DPR n. 275/1999
Le scuole adottano:
• modalità organizzativa che sia espressione di libertà
progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di
ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il
sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta
formativa;
• adattamenti del calendario scolastico in relazione alle esigenze
del Piano dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in
materia di determinazione del calendario scolastico esercitate
dalle Regioni a norma dell’articolo 138, comma 1, lettera d) del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
• flessibilità dell’orario complessivo del curricolo e quello
destinato alle singole discipline e attività sono organizzati in
modo flessibile, anche in conformità a una programmazione
plurisettimanale;
• modalità d’impiego dei docenti diversificate nelle varie classi e
sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte
metodologiche e organizzative adottate nel piano dell’offerta
formativa.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Art. 6 - Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo - DPR
n. 275/1999
Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate,
esercitano:
• la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
• la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del
personale scolastico;
• l’innovazione metodologica e disciplinare;
• la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione
nei processi formativi;
• la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno
della scuola;
• gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;
• l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico
e, d’intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra i diversi
sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Art. 7 - Reti di scuole - DPR n. 275/1999
Le scuole operano:
• accordi di rete per il raggiungimento della finalità istituzionali.
Gli accordi di rete possono:
- avere, come oggetto, le attività didattiche di:
a. ricerca, sperimentazione e sviluppo;
b. formazione e aggiornamento;
c. amministrazione e contabilità……
- prevedere uno scambio temporaneo di docenti;
- istituire laboratori finalizzati a:
1. ricerca didattica e sperimentazione;
2. documentazione, anche attraverso rete telematica, di
ricerche, esperienze, materiali e informazioni;
3. formazione in servizio del personale scolastico;
4. orientamento scolastico e professionale.
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scuola)
Art. 8 (DPR n. 275/1999) e quota di autonomia
• livello nazionale 33%, livello regionale 33% e livello dell’istituzione
scolastica 33%.
Art. 3 del Decreto Ministeriale 26 giugno 2000, n. 234:
• quota nazionale 85% e quota riservata alle istituzioni scolastiche 15%.
D.M. 28 dicembre 2005:
• quota nazionale 80% e quota dell’autonomia 20%).
Articolo unico del Decreto Ministeriale
n. 47/2006:
Il D.M. 28 dicembre 2005, relativo alla quota del 20% dei curricoli rimessa
all'autonomia delle istituzioni scolastiche, nelle more delle procedure di
formalizzazione, produce i suoi effetti con riferimento agli ordinamenti
vigenti e ai relativi quadri orari, nei singoli ordini d’istruzione secondaria
superiore.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Autonomia e flessibilità
• Le istituzioni del primo ciclo (autonomia del 20%).
• I licei (autonomia del 20% nel primo biennio, flessibilità
del 30% nel secondo biennio e del 20% al quinto anno).
• Gli istituti tecnici (autonomia del 20% nel primo biennio,
flessibilità del 30% nel secondo biennio e del 35% al quinto
anno).
• Gli istituti professionali (autonomia del 20% nel primo
biennio con il 25% di flessibilità nel primo biennio, il 35%
nel secondo biennio e il 40% al quinto anno).
Gli spazi di flessibilità sono riservati esclusivamente alle
aree di indirizzo e si possono aggiungere alle quote di
autonomia.
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Analogie e differenze tra Piano dell’offerta formativa e Piano triennale
dell’offerta formativa
1. POF (Piano dell’offerta formativa)
Le fasi, per la realizzazione del Pof (art. 3 del D.P.R. n. 275/1999), sono:
• documentazione e analisi (bisogni e risorse);
• elaborazione;
• definizione delle attività corrispondenti ai bisogni;
• identificazione delle funzioni e degli obiettivi;
• determinazione dei ruoli e delle attività (chi, cosa, come, quando);
• produzione di nuova documentazione;
• approvazione (Collegio dei docenti);
• adozione (Consiglio d’istituto);
• pubblicazione (Albo e Sito Web dell’Istituto);
• pubblicizzazione (interna ed esterna – studenti, famiglie, territorio);
• esecuzione, verifica, documentazione, valutazione, trasparenza e
responsabilità (accountability, customer satisfaction).
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
Analogie e differenze tra Piano dell’offerta formativa e Piano triennale
dell’offerta formativa
2. PTOF (Piano triennale dell’offerta formativa)
Le fasi per la realizzazione del Ptof (art. 1, commi 12,13 e 14 della legge
n. 107/2015):
• documentazione e analisi (bisogni e risorse);
• elaborazione da parte del Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi
per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione
definiti dal dirigente scolastico;
• definizione delle attività corrispondenti ai bisogni;
• identificazione delle funzioni e degli obiettivi;
• determinazione dei ruoli e delle attività (chi, cosa, come, quando);
• produzione di nuova documentazione;
• approvazione (Consiglio d’istituto);
• adozione (Dirigente scolastico);
• pubblicazione (Albo e SitoWeb dell’Istituto);
• pubblicizzazione (interna ed esterna – studenti, famiglie, territorio);
• esecuzione, verifica, documentazione, valutazione, trasparenza e
responsabilità (accountability, customer satisfaction).
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
L’evoluzione normativa dell’autonomia scolastica
L’autonoma per tutti e per ciascuno è stato il principio
ispiratore delle riforme che hanno interessato la scuola
italiana:
• legge n. 30 del 2000;
• legge n. 53 del 2003 e i decreti attuativi;
• legge n. 133/2008;
• legge n. 169/2009;
• d.p.r. nn. 87, 88 e 89/2010;
• legge n. 111/2011;
• direttiva ministeriale n. 254/2012;
• legge n. 107/2015.
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scuola)
Costituzionalizzazione dell’autonomia e legge
n. 3/2001
Prima della legge n. 3/2001
• legge n. 59/1997;
• d.lgs. n. 112/1998;
• d.p.r. n. 275/1999;
• d.lgs n. 300/1999;
• legge costituzionale n. 3/2001.
Dopo la legge n. 3/2001
• legge n. 42/2009 (Federalismo fiscale).
Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le
autonomie territoriali delineato dalla legge n. 42 è incentrato sul
superamento del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di
una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati,
nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e
coesione sociale sottesi al sistema costituzionale italiano.
La legge n. 42/2009 distingue le spese che investono i diritti
fondamentali di cittadinanza, quali sanità, assistenza e istruzione
e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali.
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scuola)
La Riforma del tit. V della Costituzione
Legge Costituzionale n. 3/2001
Costituzione:
L’art. 114 della Costituzione afferma: la Repubblica si riparte in
Regioni, Province e Comuni
Legge Costituzionale n. 3/2001:
L’art. 114 è sostituito nella Legge Costituzionale n. 3/2001 con la
dicitura:
“La Reppubblica è costituita dai Comuni, dalla Province, dalle
Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
L’art. 117 stabilisce: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato
e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali.
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scuola)
Potestà esclusiva dello Stato
Lo Stato italiano, in base all’art. 117 della legge n. 3/2001, ha potestà
esclusiva in:
• norme generali sull’istruzione (art. 117, comma 2 lett. n);
• principi fondamentali (art. 117, comma 3);
• livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, comma 2 lett. m).
Potestà concorrente in:
- istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 117,
comma 3).
Potestà esclusiva della Regioni
Le Regioni, secondo la legge n. 3/2001, hanno potestà esclusiva in
istruzione e formazione professionale (art. 117, comma 4).
La potestà regolamentare
•allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle
Regioni;
•alle Regioni in ogni altra materia;
•ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane in ordine alla
disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite.
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scuola)
Costituzionalizzazione dell’autonomia e legge n. 3/2001
Prima della legge n. 3/2001:
• legge n. 59/1997;
• d.lgs. n. 112/1998;
• d.p.r. n. 275/1999;
• d.lgs n. 300/1999;
• legge costituzionale n. 3/2001.
Dopo la legge n. 3/2001:
• legge n. 42/2009 (Federalismo fiscale).
Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le
autonomie territoriali delineato dalla legge n. 42 è incentrato sul
superamento del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di
una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati,
nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e
coesione sociale sottesi al sistema costituzionale italiano.
La legge n. 42/2009 distingue le spese che investono i diritti
fondamentali di cittadinanza, quali sanità, assistenza e istruzione
e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali.
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scuola)
La Riforma del tit. V della Costituzione - Legge Costituzionale n. 3/2001
Costituzione:
L’art. 114 della Costituzione afferma: la Repubblica si riparte in Regioni,
Province e Comuni.
Legge Costituzionale n. 3/2001
L’art. 114 è sostituito nella Legge Costituzionale n. 3/2001 con la dicitura:
“La Reppubblica è costituita dai Comuni, dalla Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
L’art. 117 stabilisce: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Potestà esclusiva dello Stato
Lo Stato italiano, in base all’art. 117 della legge n. 3/2001, ha potestà
esclusiva in:
• norme generali sull’istruzione (art. 117, comma 2 lett. n);
• principi fondamentali (art. 117, comma 3);
• livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, comma 2 lett. m).
Potestà concorrente in:
• istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 117,
comma 3).
Potestà esclusiva della Regioni
Le Regioni, secondo la legge n. 3/2001, hanno potestà esclusiva in
istruzione e formazione professionale (art. 117, comma 4).
Dipartimento di Psicologia – docente Pietro Boccia - Pedagogia sociale: La complessità e l’autonomia delle istituzioni (famiglia e
scuola)
La potestà regolamentare
•allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salvo delega alle
Regioni;
•alle Regioni in ogni altra materia;
•ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane in ordine alla
disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite.
Istruzione e formazione professionale (Art. 13 della Legge n. 40/2007)
Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione
dell'autonomia scolastica.….
1. Fanno parte del sistema dell'istruzione secondaria superiore, di cui al decreto
legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, i licei, gli istituti
tecnici e gli istituti professionali, di cui all'articolo 191, comma 2, del testo
unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al
conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore.
Libro adottato
Sergio Tramma, La pedagogia sociale, Guerini scientifica, Milano 2010
Libri consigliati
Pietro Boccia, la Buona scuola, Anicia edizioni, Roma 2015
Pietro Boccia, Avvertenze generali per il concorso a cattedra nelle scuole
secondarie di secondo grado. Maggioli editore, Rimini 2018
Pietro Boccia, Lezioni simulate per la prova orale, Maggioli editore, Rimini
2018
Pietro Boccia, Competenze, metodologie e tecnologie didattiche, Maggioli
editore, Rimini 2018