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A. V. SERIO, DISPENSA di PSICOLOGIA CLINICA 2015 Pagina 1 Serio A. V. 1 Dispensa di PSICOLOGIA CLINICA Si propone un campo di conoscenza notevolmente diverso da quello basato sulle discipline biologiche, che suscita un’apprensione vaga e singolare fino a sentimenti di rigetto o di fascino, mai indifferenza. Come la fisiologia sta alla medicina, la psicologia sta alla psichiatria, che in un recente passato era invece collegata con la neurologia. FUNZIONI SOCIOSTORICHE* (cultura, società, storia) ↑ ↓ FUNZIONI MENTALI* (mente, coscienza) ↑ ↓ FUNZIONI CEREBRALI* (cervello) *Proprietà emergente: notevolmente nuova e spesso sorprendentemente ed inspiegabilmente diversa dalle componenti da cui è costituita. Ciascun livello emergente è un livello diverso di realtà ed ha proprietà uniche che non sono riducibili ai livelli inferiori ed opera causativamente influenzando i livelli più bassi e viceversa. Semeiotica In medicina si consente di partire dalle manifestazioni cliniche rilevabili per giungere a una diagnosi: il disturbo, come scarto dalla norma, è un fatto che risulta da una causa. I fatti sono segni accertabili con la perfezione di tecniche che svelano una verità sottostante. In psicologia e psichiatria le manifestazioni cliniche non sono misurabili, si riferiscono ad una relazione, un pensiero, un’affettività perturbati, espressioni di un significato che richiede una decodificazione individuale. 1 Psichiatra, Psicoterapeuta, Criminologo clinico, Dottore di Ricerca in Psicologia clinica.

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A. V. SERIO, DISPENSA di PSICOLOGIA CLINICA 2015 Pagina 1

Serio A. V.1

Dispensa di PSICOLOGIA CLINICA

Si propone un campo di conoscenza notevolmente diverso da quello basato sulle discipline biologiche, che suscita un’apprensione vaga e singolare fino a sentimenti di rigetto o di fascino, mai indifferenza. Come la fisiologia sta alla medicina, la psicologia sta alla psichiatria, che in un recente passato era invece collegata con la neurologia.

FUNZIONI SOCIOSTORICHE* (cultura, società, storia)

↑ ↓ FUNZIONI MENTALI*

(mente, coscienza) ↑ ↓

FUNZIONI CEREBRALI* (cervello)

*Proprietà emergente: notevolmente nuova e spesso sorprendentemente ed inspiegabilmente diversa dalle componenti da cui è costituita. Ciascun livello emergente è un livello diverso di realtà ed ha proprietà uniche che non sono riducibili ai livelli inferiori ed opera causativamente influenzando i livelli più bassi e viceversa. Semeiotica In medicina si consente di partire dalle manifestazioni cliniche rilevabili per giungere a una diagnosi: il disturbo, come scarto dalla norma, è un fatto che risulta da una causa. I fatti sono segni accertabili con la perfezione di tecniche che svelano una verità sottostante. In psicologia e psichiatria le manifestazioni cliniche non sono misurabili, si riferiscono ad una relazione, un pensiero, un’affettività perturbati, espressioni di un significato che richiede una decodificazione individuale. 1 Psichiatra, Psicoterapeuta, Criminologo clinico, Dottore di Ricerca in Psicologia clinica.

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Il disturbo psichico non si colloca nel corpo o nel suo comportamento, ma in uno spazio metaforico, quello della comunicazione simbolica verso gli altri e verso se stessi. Distinzione tra “significato”: contenuto concettuale, non osservabile; “significante”: mezzo che lo esprime, osservabile acusticamente o sperimentalmente; “referente”: l’oggetto concreto corrispondente. “Rosa”: il pensiero (significato), la parola – voce (significante), il fiore concreto (referente). A seconda della distanza tra significante e significato si possono distinguere i segni in indici, ikone e simboli; su di esse si basa la diagnosi psicologico clinica al posto della diagnosi causale della medicina, dove si tratta con indici (glicemia, EEG, ecc.) e con ikone (Rx, TAC, ecc.) o con loro combinazioni. Indice: il significante è influenzato dal significato; non vi è spazio tra significante e

significato poiché il primo è parte del secondo (l’orma è un indice, in continuità col piede, che qualcuno è passato di lì); esprime contiguità.

Ikona: presenza di alcuni dei diversi attributi della relazione di somiglianza tra significante e significato; una certa emancipazione del significante dal significato, appartenenti a universi diversi, non continui, legati da somiglianza (fotografia); esprime somiglianza.

Simbolo: l’emancipazione tra significante e significato è massima, la relazione tra loro è arbitraria e convenzionale o inconscia. Ciò che li lega è un processo associativo: per contiguità (parte per il tutto = metonimia); per similarità (somiglianza di una rappresentazione a un’altra = metafora). Il primo è simbolismo diacritico o operativo, il secondo confusivo o affettivo .

L’uso del simbolo è proscritto in medicina, mentre in psicologia e psichiatria non è proscritto l’uso di indici o ikone, che servono alla comprensione della patogenesi del disturbo e devono essere integrati e subordinati ai simboli inerenti il fatto psichiatrico. E’ il simbolo a fondamento della diagnosi psicologica e psichiatrica in quanto si riferisce direttamente all’eziologia. In medicina non sussiste separazione tra eziologia (psichica) e patologia (organica). I simboli non sono di immediata evidenza e sono a loro volta diacritici o confusivi, richiedono rispettivamente l’uso della ricostruzione storica e dell’interpretazione per essere decodificati (es.: contadina che si lamenta di non essere più bastonata dal marito, richiede una interpretazione).

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Lo strumento di lavoro è l’associazione, passando dal piano simbolico / metaforico della interpretazione a quello segnico / metonimico della ri–costruzione e quindi a un nuovo simbolo e ad un’altra metonimia. La diagnosi psicologica e psichiatrica si basa su queste tecniche psicodinamiche da integrare, possibilmente, con il substrato neurochimico della patogenesi. Quando la diagnosi si fa psicologico / psichiatrica il quadro si illumina, si approfondisce, si mette a parlare, il delirio si mostra nella sua natura di discorso, si svela la natura dialogica e attraverso la possibilità di un imprinting precocissimo lo si lega alle vicissitudini psico – neuro – endocrine ed al suo trattamento biologico. Diagnosi psicologica La diagnosi è un processo di identificazione di una malattia, che si presume esistere come entità specifica e manifestarsi con determinati segni nel caso particolare e che va ri-conosciuta. Diagnosi è: “l’arte o l’atto di determinare la natura della malattia di un paziente” ovvero “una conclusione raggiunta nell’identificazione di una malattia di un paziente”; “l’arte di distinguere una malattia da un’altra”; “la distinzione che il medico deve fare tra le diverse malattie delle quali il malato presenta alcuni sintomi: analisi delle analogie e dei caratteri differenziali”. La malattia si considera come “un’entità specifica rappresentante la somma totale di numerose espressioni di uno o più processi patologici” DIAGNOSI MEDICA: critica. Nel suo processo diagnostico il medico è tenuto ad emettere almeno tre tipi di giudizio: - giudizio anatomopatologico: alterazione evidenziabile nel corpo, lesione d’organo; - giudizio eziologico: identificazione di causa e concause della lesione e specificazione della malattia; - giudizio funzionale: capacità dell’organo, ancorché malato, di assolvere alla propria funzione relativamente ad uno standard. Ad ogni tappa è possibile tornare sulle precedenti per confermarle o negarle. Si definisce diagnosi critica poiché le procedure hanno le caratteristiche di un processo critico.

a) Osservazione di una serie di fenomeni (sintomi).

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b) Organizzazione dei dati secondo un certo metodo. c) Unificazione dei sintomi intorno all’ipotesi di malattia. d) Discriminazione della malattia ipotizzata da altre malattie. e) Discriminazione di quel malato di quella malattia da tutti gli altri malati

della stessa malattia. 1) La diagnosi medica è un processo che si svolge in un tempo finito (tempo

della diagnosi) e si articola in una cascata di eventi tra loro criticamente connessi.

2) E’ fondamentale, in ordine alla presa di decisione, il rapporto tra parti e funzioni sane e parti e funzioni malate.

3) Prende l’avvio dall’esistenza accertata di entità denominabili come “malattie”.

DIAGNOSI PSICHIATRICA: fenomenologica. E’ fondamentale il vissuto, con la contrapposizione tra erleben e verstehen, tra aspetto interiore dell’esperienza vissuta e possibilità di conoscerla per comprensione. Il vissuto si presenta come un flusso di eventi unici ed irripetibili, è irriducibile ad un linguaggio formalizzato, ha caratteristiche di immediatezza fondandosi sulla omogeneità tra i due termini della relazione (Io – Tu) e sulla rinuncia alla verifica intersoggettiva. Il setting (luogo, tempo, costo,…) finisce per essere denso di significati. La nosografia non può essere rifiutata ma costituisce lo strumento concettuale capace di ordinare e organizzare determinate entità allo scopo di poterle conoscere e capire le une in relazione alle altre. Tuttavia la ragione nosografica non può essere uno strumento decisionale, un criterio di assegnazione di determinati pazienti a determinati trattamenti. In un primo momento si organizzano le parti malate, definendo la malattia, nel secondo si valutano le parti sane, decidendo un trattamento. DIAGNOSI PSICOANALITICA: metapsicologica. Fa riferimento ad una precisa teoria della mente umana, che si fonda sull’esistenza e sul funzionamento di strutture, contenuti e dinamiche mentali inconsce. Di solito è del tipo on –off: il paziente è idoneo al trattamento o non lo è, senza alternative.

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DIAGNOSI PSICOLOGICA: psicometrica. Strumento concettuale specifico è la teoria della misura mentale. Dà un suo contributo specifico alla diagnosi come presa di decisione e scelta tra alternative nel momento in cui si pone il problema di stabilire il rapporto quantitativo tra diverse parti all’interno di una persona e non solo il confronto con l’uomo medio. Il punto di vista psicometrico illumina le parti sane e indirizza l’azione verso le risorse interiori che possono essere mobilitate in una terapia, fissando i limiti di azione di un intervento terapeutico.

o Trae fondamento dalla capacità dello psicologo di procedere a operazioni di misura mentale.

o Si dispone alla misura di parti sane da utilizzare in una terapia. o Si configura spesso con la proposta di un programma terapeutico, piuttosto

che con l’indicazione di una sola terapia. o E’ guidata dal criterio della fattibilità del trattamento.

Difficoltà epistemologiche riguardano la natura specifica dell’oggetto, il mondo psichico. Modo conscio / inconscio. Dimensione cosciente: facilmente accettata, fondamento di una psicopatologia razionale che riguarda sintomi, cause, diagnosi, terapie (psicopatologia classica, relazionale, organogenetica, sociogenetica, ecc. si riferiscono alla parte cosciente della mente). Dimensione inconscia: difficoltà di conoscenza e di trasmissione, riguarda un inconscio attivo, dinamico, il cui contenuto può essere una cosa e/o il suo esatto contrario, minacciando le motivazioni coscienti e rifuggendo misurazioni oggettive. L’inconscio ci spaventa per timore di restarne schiavi a danno delle parti nobili della mente (coscienza, volontà, libero arbitrio). I fatti psichici hanno spessore rilevante, affondano nell’inconscio dinamico = grande resistenza delle malattie mentali alla guarigione, rigetto da parte dei medici. L’inconscio biodinamico : accettato più facilmente di quello psicodinamico. Riflesso condizionato: nevrosi sperimentale, disturbi mentali riconducibili a processi di apprendimento inconscio patologico (terapia: apprendimento correttivo; terapia del comportamento: controcondizionamento, ricondizionamento positivo,

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estinzione, desensibilizzazione). Però le nevrosi sperimentali guariscono però anche col maternage. Imprinting: neonati seguono automaticamente qualsiasi figura semovente che si presenti alla schiusa dell’uovo; per tutta la vita quasi esclusivo attaccamento per ciò che richiama quella figura. Si sviluppa entro un tempo critico, l’intensità correla direttamente con l’aumento del lavoro necessario per il suo stabilirsi. Attaccamento parentale (scimmie di Harlow: oggetto morbido, base esplorativa per la conoscenza del mondo; nell’uomo: sorriso, ecc.): protezione dai predatori, importante per la sopravvivenza, autonomo quanto nutrizione e riproduzione, radice di disadattamento sessuale, sociale, mentale. Tre cervelli (MacLean, 1977): cervello umano tripartito, coesistenza di tre mentalità filogenetiche e ontogenetiche. - Mentalità dei rettili (gangli della base, tronco, ipotalamo): imitazione,

perseverazione, ripetizione stereotipata, tropismo migratorio, predazione (comportamenti innati e rigidi: sopravvivenza, senso del presente).

- Mentalità dei protomammiferi (paleocorteccia, sistema limbico): alimentazione, lotta, autodifesa, sessualità, parentalità (comportamenti emotivi: conservazione della specie, apprendimento piacere / dispiacere, identità personale, senso del passato).

- Mentalità dei mammiferi superiori (neocorteccia, connessioni con tutto SNC e SNP): invenzione, pensiero astratto, associazione stimoli a rappresentazioni, creazione di modelli della realtà e di fantasie, simbolizzazione, linguaggio, senso del futuro.

Normalità è l’armonia funzionale per la quale tutti e tre cervelli funzionano insieme. Possibile lo scivolamento che deve però essere controllato dall’Io (regressione al servizio dell’Io) per riacquistare un migliorato controllo; dipende da struttura dell’Io matura e autonoma: a) più facilmente quanto più l’Io è adattato alla realtà; b) definita da un inizio e una fine; c) reversibile; d) suscettibile di arresto da parte del soggetto; e) si stabilisce quando il soggetto giudica che le circostanze permettono di farlo; f) è scelta volontariamente dal soggetto ed è attiva; (sonno, fantasia, orgasmo, rabbia adeguata, creatività).

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L’inconscio psicodinamico. Ipnosi : i meccanismi psichici inconsci possono determinare azioni compiute (suggestione postipnotica). Processualità patogena inconscia su fatti organico – funzionali, comportamentali, mentali. Sorgente comune: conflitto tra pulsione e censura = compromesso (sintomo). Teoria delle nevrosi: conflitto tra rappresentazioni mentali, tra protagonisti individuali, dialettica interpersonale (complesso di Edipo: il bambino aspira ad unirsi al genitore del sesso opposto e desidera la scomparsa del genitore del suo stesso sesso). Genesi nel trauma sofferto nell’evoluzione a causa di adulti significativi; cura nel rapporto transferale con terapista (nevrosi di transfert: ansiose, fobico – ossessive, isteriche). Teoria delle psicosi: nevrosi narcisistiche, assenza di transfert (depressione, schizofrenia, caratteropatie), difficoltà di trattamento. Conflitto fra parti di persone (oggetti), eventi traumatici più precoci (I° anno di vita), sottili e distruttivi (scissione, proiezione, idealizzazione). Oggetti parziali sono vissuti come persone (occhi, voci, …). Nei casi gravi (autismo, malattie psicosomatiche, borderline) il conflitto è fra oggetti anonimi (protomentale: un evento è insieme biologico, psichico e sociale). E’ turbata la trasformazione dell’esperienza emotiva in simbolo = azione in assunto di base, scarica psicosomatica, allucinazione (deficit di pensiero o di metacognizione). Il modo di essere dell’uomo è contemporaneamente conscio ed inconscio: certi di aver compiuto un’azione voluta e conscia, scopriamo che era determinata assolutamente dall’inconscio. Ammetterlo ci fa sentire incerti e confusi dal fatto di non avere a che fare con un se stesso unico ed irripetibile ma con due se stessi, due mondi psichici che si ignorano e si oppongono (amare e odiare una persona può essere altrettanto vero!). Aspetti adulti, consci, critici, “sani” (il discorso del giorno) coesistono con aspetti infantili, inconsci, emotivi, “folli” (il discorso della notte) in varie proporzioni, per cui tutti possono ad un tratto divenire matti e tutti hanno il diritto di difendersi da tale evento. Un programma terapeutico di successo non può che svolgersi mediante l’interazione tra fattori consci ed inconsci della mente: costruendo un’alleanza tra la mente di chi cura e le aree sane di quella del paziente, lavorando insieme sulle aree folli di quest’ultima. E’ l’entrata in gioco delle aree folli della nostra mente che, se non preparati, genera timore, difficoltà di accettazione e perfino patologia.

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Patologia iatrogena: induzione di malattia ad opera di chi cura. Il medico, lo psicologo, l’operatore sanitario agiscono come un farmaco (rimedio e veleno) con le sue interazioni (rapporti transfert / controtransfert) e controindicazioni (perché incompetente, turbato da pressioni interne ed esterne, ecc.). Il disturbo mentale origina in una relazione interpersonale andata male per cui è certamente patogeno un rapporto scorretto, specie se di natura transferale e se vi è collusione con le difese del paziente. Difficoltà da resistenze. Conseguenza diretta dell’inconscio dinamico sono le difese (resistenze) che si mettono in atto di fronte alla scoperta di contenuti inconsci cui non siamo ancora pronti. Le resistenze originano dalle ferite inferte all’uomo ed alle sue emozioni da nuove idee che colpiscono il suo narcisismo (tendenza ad amare, preservare ed incrementare il proprio modo di essere). Difendersi dall’inconscio, non ammetterlo o considerarlo come il contenitore di tutta la negatività, permette di avere l’esperienza di essere perfetti o comunque di continuare a godere delle soddisfazioni perverse che lo stesso inconscio conferisce (guadagno primario e secondario: i sintomi come gratificazione; l’evitamento delle responsabilità, dominio e controllo degli altri). Si può arrivare a negare anche l’inconscio cognitivo: composto di strutture di significato interagenti tra loro e da processi di elaborazione dell’informazione. L’inconscio psicoanalitico, invece, è composto da desideri, istinti, contenuti rimossi e meccanismi di difesa. Secondo le teorie cognitive l’esperienza conscia non riproduce esattamente il contenuto inconscio ma lo interpreta ricostruendolo attivamente. Inconscio e coscienza hanno funzioni diverse, sono integrati ed in caso di malfunzionamento possono entrare in conflitto. Proiezione: processo adulto, oggettuale di esteriorizzazione alla superficie di uno schermo (un impulso o un’idea propri vengono attribuiti ad altri, spostati all’esterno). Identificazione proiettiva: processo primitivo, proiezione di parti o attributi che non si fermano alla superficie ma entrano nell’oggetto e lo animano (identificazione introiettiva), restando disponibili per una proiezione all’indietro. Come nell’innamoramento si proiettano nel partner le proprie parti migliori, quindi ci si sente svuotati e dipendenti dall’oggetto amato, salvo che l’amore sia

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ricambiato per cui si rientra in possesso di ciò che si era alienato, giungendo ad una migliore conoscenza e fusione con l’altro. Spesso manca la riproiezione oppure la proiezione è massiva ed avviene in modo aggressivo, non solo esportando negatività ma sottraendo positività. L’intervento terapeutico si attua opponendosi all’identificazione proiettiva in un quadro di relazioni interpersonali libere e non nell’ambito di un incontrollato ed ignorato transfert / controtransfert, certamente inevitabile ma fonte di informazione e comprensione. Quindi l’identificazione proiettiva è un processo inconscio trifasico attraverso cui aspetti propri vengono disconosciuti e attribuiti ad un altro. 1) Il paziente proietta nel terapeuta una rappresentazione di sé; 2) il terapeuta si identifica inconsciamente con quanto è stato proiettato ed inizia a sentirsi e comportarsi conformemente a quella rappresentazione del sé proiettata; 3) il materiale proiettato viene elaborato e restituito al paziente che lo reintroietta. L’elaborazione del materiale proiettato modifica la corrispondente rappresentazione del sé ed il relativo modello di relazione interpersonale. Il dissesto mentale, lungi dall’essere un fatto esclusivamente privato, dipende da un gruppo che agisce silenziosamente dall’interno ed opera continuamente nel sostenere il disadattamento personale. L’interazione soggetto / società / biologia è talmente forte da invertire l’azione di un principio farmacologico a seconda delle attese o delle identificazioni proiettive ed introiettive dell’ambiente sociale (esperimento di Joyce, 1968). Rapporto tra l’individuo ed il suo gruppo. L’uomo non è avulso dal contesto socio- ambientale; egli è provvisto di “valenze”, che esprimono la sua maggiore o minore disposizione a combinarsi emotivamente con gli altri e formare un “gruppo”. Tra l’individuo ed il suo collettivo non vi è continuità. L’essere psichico dell’uomo è l’intreccio permanente di due modi di essere che hanno bisogno l’uno dell’altro (Bi-logica, Matte Blanco): - quello che si manifesta nel pensiero della logica che divide, separa, distingue,

mette in relazione (modo asimmetrico); - quello alieno al pensiero, allo spazio, al tempo, che vive e sente la realtà come

omogenea ed indivisibile (modo simmetrico).

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Secondo il modo di essere asimmetrico l’uomo si sente individuo, diverso da tutti gli altri; secondo il modo simmetrico si sente fuso con gli altri in una unità indivisibile (come quando ci si trova nella folla presa dall’entusiasmo, dal panico, ecc.). Gli uomini sono dunque individuo e tutto. Transfert: nessun rapporto di gruppo potrà mai essere immune dal rischio di venir utilizzato come ricettacolo di relazioni interne esteriorizzate. L’abilità con cui alcuni riescono ad indurre altri a recitare una parte nel teatro della loro vita fantasmatica è inferiore solo alla prontezza con cui questi ultimi accettano di recitare la parte che viene loro imposta. Controtransfert: situazioni in cui una persona perde la propria capacità di cogliere la natura di una determinata situazione emotiva e si lascia coinvolgere in una recita di cui spesso non riesce ad individuare né l’autore né il regista. Situazione in cui gli individui non si comportano come tali, ma come detentori del ruolo loro attribuito dall’organizzazione sociale; la responsabilità delle azioni individuali ricadrà interamente sull’organizzazione. Ma può un’organizzazione sentirsi responsabile? L’ansia depressiva ed il senso di responsabilità sono inversamente proporzionali alle dimensioni dell’organizzazione: la sofferenza depressiva (l’angoscia sentita come minaccia agli oggetti d’amore) costituisce la base emotiva del senso di responsabilità individuale. Dal momento che i fatti psichici si inscrivono in strutture sociali, specialmente lavorative (in cui è svolta l’azione diagnostica, terapeutica o assistenziale), giova richiamare i concetti di organizzazione ed istituzione ed il loro portato psicologico. Organizzazione: ha precipui compiti di trasformazione attraverso un lavoro ed è costituita da un collettivo regolato. Istituzione: attraversa l’organizzazione, ne esprime la funzionalità implicita, il volto che rimane velato, il rimosso del collettivo regolato, l’inconscio che come tale interagisce con l’inconscio dell’individuo sia in modo sinergico che antergico, violento. Le istituzioni producono e riproducono violenza come matrici di ideologia, formando codici privilegiati per una difesa corporativa da imporre con forza agli altri. Ne risulta una relazione di alienazione / mistificazione non sostenibile che conduce alla confusione.

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In modo antergico, le istituzioni possono servire da apparato di difesa contro angosce persecutorie, regolando la dinamica interna di un sistema chiuso e alienante. In modo sinergico, possono essere fonti di vita, arricchimento, creatività = sistemi sociali aperti, nascita di nuove istituzioni (es. al feudalesimo succede il capitalismo e a questo il socialismo; al paganesimo succede il Cristianesimo). Trattasi di istituzioni che funzionano come nuovo referente, producono un discorso diverso; hanno un formidabile potenziale finché permangono allo “stato nascente”; presto o tardi si chiudono e diventano, in modo antergico, fonte di psicopatologia e disadattamento. Si sentono quindi attaccate dal lavoro gruppoanalitico che ad un livello profondo può cambiarle; si sottraggono alla critica, non si mettono in discussione ed emarginano, rendendolo inutilizzabile, chi rechi valori capaci di trasformazione. Secondo Bion, l’uomo è un animale gregario che partecipa sempre ad uno o più gruppi. Il gruppo non è riducibile alla somma degli individui che lo compongono: è un fenomeno funzionale, una sorta di organismo vivente finalizzato alla sua conservazione. Ha due tendenze: 1) realizzare un compito comune; 2) opporsi a questo scopo attraverso un’attività regressiva (l’essere parte di un insieme riattiva l’esperienza confusiva e caotica che precede il pensiero). Esiste un conflitto tra la volontà collettiva anonima ed inconscia e le necessità ed i desideri individuali → assunti di base (esprimono emozioni intense e primitive, fantasie onnipotenti attivate da ansie psicotiche indotte dall’appartenenza al gruppo). Dipendenza: il gruppo è convinto di essere riunito affinché qualcuno provveda a soddisfare tutte le sue necessità ed i suoi desideri (posizione materna – chiesa). Attacco – fuga: convinzione che esiste un nemico esterno da combattere (posizione paterna – esercito). Accoppiamento: credenza inconscia che le necessità attuali saranno risolte in futuro da un essere non ancora nato (posizione filiale – aristocrazia). Gruppo di lavoro: caratterizzato dal contatto con la realtà, dalla tolleranza alla frustrazione, dal controllo delle emozioni, dalla capacità di collaborazione. Usa il linguaggio per comunicare. Il linguaggio del gruppo in assunto di base non è comunicazione ma azione.

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L’individuo portatore di un’idea nuova è sentito come distruttivo per il gruppo; è come un “mistico” in un rapporto con la verità diretto e non mediato dall’istituzione. La sua relazione con il gruppo può essere: - conviviale: coesistenza senza influenza; - simbiotica: retta dall’emozione di amore, odio o conoscenza; - parassitaria: centrata sull’invidia. Il gruppo cerca di contenere la sua forza esplosiva, rifiutando ciò che sente come una intrusione nel suo mondo interiore. Bisogna saper attendere, porsi in una situazione di sospensione, di accettazione dell’assenza (“capacità negativa”). Dall’assenza nasce il pensiero; pensare è organizzare, creare relazioni. Anche la colpa ha una funzione strutturante connessa alla conoscenza. Le funzioni emotive del gruppo: la sofferenza psichica (persecutoria, confusionale, depressiva) è implicita nella crescita e nello sviluppo, poiché non può esservi sviluppo senza sofferenza ed ogni regressione comporta una riattivazione della sofferenza. Il gruppo deve garantire la sua distribuzione (“chi si assumerà la sofferenza?”) ed il suo contenimento (per modulazione: si può produrre pensiero che permetta di capire le azioni che producono cambiamenti positivi; per modificazione: ad opera di difese, di fantasie onnipotenti che hanno lo scopo di negare la realtà, costituendo bugie che fanno proliferare bugie, veleno della mente). Importante considerare il livello di sofferenza psichica che è tollerabile per l’individuo e che può essere adeguato, critico o insufficiente ai fini della crescita. A1) Generare amore: creare un clima di fiducia e di sicurezza che rende possibile la dipendenza. Aiutare chi si trova nella posizione di dipendenza a tollerare le sofferenze e concedere spazio e tempo sufficiente prima di intervenire. A2) Suscitare odio: attacco ai legami d’amore, tendenza a trasformare il gruppo in una banda tirannica che si serve della minaccia o della seduzione per mantenere la stabilità. B1) Infondere speranza: la speranza e l’ottimismo dipendono dalla possibilità che le forze costruttive prevalgano su quelle distruttive; necessario mantenere il senso delle proporzioni. L’atmosfera ricca di speranza rende possibile fare progetti, sviluppare iniziative, suscitare il desiderio di conoscere ed imparare. Se la speranza è solo apparente si ha la maniacalità.

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B2) Seminare disperazione: il sistema è rigido ed immodificabile, ci si lascia andare al pessimismo, il clima è avvelenato e soverchiante. Prevale l’apprendimento di tipo ossessivo o la tentazione di abbandonare il campo, come nell’apprendimento raccattato di abilità inutili e conoscenze illusorie con estraneamento dalla propria cultura. C1) Contenere la sofferenza depressiva: spetta alla figura genitoriale ed è indispensabile perché i membri possano apprendere dall’esperienza. Se non avviene si crea frammentazione, irritabilità, egoismo, avidità, ambizione. C2) Trasmettere ansia persecutoria: chi ha particolare sensibilità nell’avvertire il terrore, lo proietta anche sugli altri terrorizzandoli; atmosfera di panico, catastrofe incombente. La disperazione paralizza le capacità di apprendimento. D1) Pensare: chi sia capace di pensare può rapidamente diventare oggetto di transfert. D2) Creare bugie e confusione: atmosfera di insicurezza ed atteggiamento cinico nei confronti della verità, tendenza a confabulare, a distruggere ogni desiderio di imparare o a disimparare quanto già appreso. LA COMUNICAZIONE INTERUMANA 1) Si svolge regolarmente quando vi è intersincronia (corrispondenza motoria) tra

gli interattanti; 2) si scandisce su regolatori specifici (mimica di apprezzamento, cenni del capo,

scambio degli sguardi); 3) non ci si deve sovrapporre ma bisogna alternarsi: la simultaneità oltre 5 secondi

distrugge la comunicazione. L’ordinata interazione posturo – mimo – gestuale costituisce la conversazione adulto – bambino che crea il vissuto di appartenenza, di gratificazione e fonda la capacità di simbolizzare in modo consensuale. Un suo disturbo, specie se confermato a livello verbale, promuove una simbolizzazione privata psicotica. Tuttavia la dis-comunicazione non è necessariamente patogena in quanto l’adulto sano ha la capacità di sottrarsi alla situazione cambiando ambiente; la patologia si genera quando è impossibile lasciare il campo o non si ha l’avvertenza di quanto sta accadendo perché la comunicazione perversa si manifesta all’interno di un rapporto che sembra accettabile e da cui non ci si può sottrarre.

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Doppio legame (Bateson, anni ‘50): comunicazione distorta per cui la persona coinvolta comunque si comporti non può farcela e quindi diviene folle. 1) L’interazione di due o più persone, di cui una è vittima e gli altri persecutori. 2) La ripetizione dell’esperienza, per cui l’evento è atteso abitualmente. 3) Un’ingiunzione primaria negativa (“Non fare così, altrimenti ti punirò”). 4) Un’ingiunzione secondaria in conflitto con la prima , a livello più astratto e

sostenuta da minaccia, di solito non verbale e sconferma il divieto primario (“Non considerarla come una punizione”, “Non dubitare del mio amore”).

5) Un’ingiunzione terziaria negativa che impedisce alla vittima di sottrarsi al conflitto in modo diretto o con ricatti.

In una situazione di dipendenza si ha necessità di discriminare chiaramente il messaggio per rispondervi in modo adeguato, in realtà ci si trova di fronte due messaggi di cui uno nega l’altro e nell’impossibilità di criticare chi emette il messaggio. La via di uscita è la metafora privata che permette alla vittima di spostarsi altrove, fino a varcare la soglia della psicopatologia quando non ci si rende più conto che le proprie risposte sono metaforiche e che si è instaurata una simbolizzazione non consensuale dovuta alla rottura del sistema metacomunicativo. Sei modi per rendere l’altro folle (Searles, 1959) Ciascuno di questi inficia la fiducia dell’altro nelle proprie reazioni emotive e nella percezione della realtà: 1) insistere su certi settori della personalità dell’altro, di cui egli è poco

consapevole e che non sono in armonia con come egli crede di essere; 2) stimolare sessualmente l’altro in una situazione nella quale sarebbe disastroso

cercare una gratificazione sessuale; 3) sottoporre l’altro a esperienze contemporanee di stimolo e frustrazione; 4) strutturare la situazione comunicativa a due livelli non correlati (doppio

legame); 5) scivolare nel tono emozionale del rapporto, p. es. trattando prima sul serio e poi

scherzosamente uno stesso argomento; 6) reciproco del precedente, conservare lo stesso tono emotivo pur cambiando

argomento.

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Sono tutte situazioni che generano confusione, difficoltà per il soggetto di capire chi egli sia, chi sia l’altro e quale è la situazione in cui si trovano. Altri tipi di comunicazione patogena (Watzlawick,1971). 1) Tangenzializzazione e sconferma: il figlio dice alla madre “ma tu mi tratti come

un bambino!”, la madre “ma tu sei il mio bambino!”. 2) Mistificazione: chi sta sopra presenta a chi sta sotto lo sfruttamento che fa di lui

come una forma di benevolenza, confondendo il suo pensiero, inducendo gratitudine infondata e facendolo sentire cattivo in caso di ribellione.

3) Paradosso: dice il cretese Epimenide “tutti i cretesi sono bugiardi”. Il messaggio contiene in sé la sua contraddizione. Se poi è un ordine “sii spontaneo, amami”, si può ubbidire solo disobbedendo.

Ognuno di questi modelli origina sia dal paziente sia da chi gli è intorno e produce una reazione che si perpetua in modo circolare, in un processo interpersonale in cui gli individui si confermano o si sconfermano l’un l’altro. Il trattamento della psicosi segue il cammino inverso, ma per questo è necessario l’incontro col paziente. L’incontro col paziente. L’incontro col paziente portatore di un bisogno psichico, dovremmo dire la maggior parte delle persone che si incontrano nella pratica sanitaria, è un’impresa non innocua e non affidabile allo spontaneismo e al filantropismo; violente reazioni difensive in chi vi si avvicina senza preparazione. Atteggiamento riduttivamente medico: difendersi dietro il camice bianco, al riparo di una fortezza, opporre la propria sterilità alle proiezioni contagiose dell’ammalato. Ciò con cui si ha a che fare non è una malattia contagiosa, ma un evento vitale di cui bisogna contagiarsi senza cadere malato (l’abbandono del camice pone il medico sul medesimo piano del suo paziente). Chi cura apprende che la malattia mentale è una realtà onnipresente, che egli stesso ha recato entro di sé una volta riuscendo a servirsene anziché rimanere al suo servizio, cosa che rende, anziché più fragili, più sensibili alle comunicazioni distorte dell’ammalato, più ricchi di teorie operative, meno a rischio di paure o abbagli.

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Necessitano pertanto quattro lutti in campo psicologico e psichiatrico: 1) Abbandono dell’atteggiamento per cui il curante si colloca fuori del malato,

scoraggiandolo dal parlare di ciò che non si riferisce al sintomo (il medico ontologicamente diverso e fuori dal malato): in psicologia e psichiatria non può darsi esteriorità!

2) Abbandono della pratica di rispondere con immediatezza alle domande, spesso di contenuto medico, che il paziente pone al curante: la rassicurazione occulta il desiderio = non rispondere direttamente alle domande se non in forma di interrogazione alla domanda affinché emerga un desiderio.

3) Abbandono della certezza di sapere più del malato e della presunzione di conoscere fin dall’inizio la sua verità: la conoscenza nasce dall’empatia (sentire dentro un’altra persona, percezione appropriata dei sentimenti e dei bisogni del paziente e risposta adeguata ad essi) e dalla collaborazione tra curante e paziente (perdita dello stato di soggezione del malato in rapporto al presunto sapere del curante).

4) Abbandono della preoccupazione centrata sul corpo promesso alla morte per privilegiare quella sul corpo promesso alla gioia: recuperare le energie emotive nascoste nei sintomi = vivere sintomi e malattie non come nemici da trafiggere ma come costruzioni significative con cui allearsi per scoprirne il significato.

L’incontro psichiatrico presuppone l’intendimento dei due protagonisti per costituirsi ed avviarsi al fine terapeutico, che certamente dipende dalla disponibilità del paziente che a volte manca. E’ un affare tra due persone che si cercano e molte volte tra tanti => impraticabilità di terapie farmacologiche all’insaputa del paziente, nell’indifferenza del paziente! Si tratta di progetti terapeutici psicotici in cui ci si lancia impadronendosi dell’altro per evitare il sentimento di solitudine, di minaccia dell’essere con l’altro. La relazione terapeutica Riferendosi alle considerazioni di T. S. Szasz e M.H. Hollender (Szasz, Hollender, 1956), la relazione medico - paziente si può quindi sviluppare secondo tre modelli:

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Modello Ruolo del medico

Ruolo del paziente

Applicazione clinica

Prototipo

Attività / Passività

Fa qualcosa al paziente

Riceve inerte Coma, delirio Genitore - Bambino

Guida / Collaborazione

Dice cosa fare al paziente

Collabora obbedendo

Processi acuti Genitore - Adolescente

Partecipazione reciproca

Aiuta il paziente ad aiutarsi

Partecipa utilizzando l’aiuto del medico

Malattie croniche

Adulto - Adulto

Strutture mentali prototipiche memorizzate organizzano l’esperienza della relazione. Schemi interpersonali: rappresentazione generica dell’interazione tra sé e l’altro ricavata dall’esperienza interpersonale. Transfert: cliché che definisce il dominio cognitivo di un rapporto affettivo, dei bisogni e degli scopi implicati, un ponte tra presente e passato applicazione sul terapeuta di tali cliché (teoria cognitiva / concezione metapsicologica). Modelli operativi interni (Bowlby): contengono previsioni sulla propria capacità di suscitare negli altri affetto e disponibilità alla cura e sulla propensione dell’altro a fornire sostegno e aiuto. CCRT - Tema relazionale conflittuale centrale (Luborsky): comprende ciò che il paziente desidera dall’altro, il modo in cui ne interpreta la condotta, il modo in cui reagisce alla condotta dell’altro; cambia nel corso del trattamento. Weiss e Sampson: il paziente compie sul terapeuta continuamente tests guidati da “convinzioni irrazionali inconsce” relative alle reazioni che l’altro significativo potrebbe avere se il paziente perseguisse i propri scopi di vita. Il terapeuta diviene fonte autorevole di informazioni per la costruzione della visione di sé. Sperimentare il terapeuta come base sicura favorisce l’esplorazione del proprio mondo intersoggetivo. Ciclo cognitivo – interpersonale (Safran e Segal): le aspettative negative sulla condotta altrui portano a comportamenti tali da indurre nell’altro proprio le condotte che confermano tali aspettative. Il terapeuta è sottoposto ad una pressione emotiva che lo spinge alla riproposizione di cicli interpersonali disadattativi da

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parte del pz. necessità per il terapeuta di monitorare stati emotivi, fantasie e pensieri automatici verso i loro pazienti, utilizzandoli come informazioni di ciò che accade al pz. ed alla relazione. Il terapeuta può cogliere emozioni inibite dal pz. per il timore di fallimenti interpersonali, aiutandolo a riconoscere le emozioni inibite e le convinzioni per cui le inibisce e favorendo una esperienza correttiva. Ad ogni ciclo il paziente acquisisce maggiore conoscenza di sé e capacità di sperimentare situazioni interpersonali nuove. Gli eventi della relazione sono condizionati dal rischio di instaurarsi di circoli viziosi (reazioni che confermano aspettative negative) capacità dei partecipanti di riconoscerli, evitarli, utilizzarli terapeuticamente (disconferma di aspettative negative).

Alleanza terapeutica e di lavoro: a) negoziazione di un accordo rispetto agli scopi, b) accordo rispetto ai compiti reciproci, c) sviluppo di un legame interpersonale costituito da sentimenti positivi reciproci. Esiste un rapporto tra qualità dell’alleanza e risultati del trattamento. La relazione con il terapeuta svolge un ruolo terapeutico diretto di correzione degli schemi interpersonali problematici; l’aumento di consapevolezza è favorito dalle esperienze interpersonali positive e rassicuranti nella relazione. Esperienza emotiva correttiva: l’esperienza relazionale con il terapeuta opera un cambiamento nelle componenti emotive, cognitive e di disposizione all’azione negli schemi interpersonali del pz. Non è la frustrazione a favorire l’aumento di consapevolezza, piuttosto esiste una sinergia tra esperienze correttive ed aumento della conoscenza di sé, di nuove costruzioni che favoriscono attività autoriflessive più adattative. Osservando le condotte del terapeuta il paziente può apprendere atteggiamenti e modi di pensare e di agire più utili di quelli abitualmente addottati (assimilazione, identificazione con il terapeuta). L’identificazione terapeutica è favorita da un atteggiamento di valutazione critica della realtà, dall’attenzione ai processi psicologici, dalla ricerca di un equilibrio tra fantasia e realtà, dalla disponibilità all’ascolto. L’immagine di una persona attivamente e seriamente impegnata, evitando di mostrare padronanza e sicurezza assolute che favoriscono pericolose idealizzazioni, si raggiunge pensando ad alta voce, rendendo il paziente partecipe dei pensieri, riflessioni, dubbi ed ipotesi.

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Il terapeuta si comporta come perturbatore strategicamente orientato (Guidano), egli non può informare, bensì perturbare un sistema divenendo costruttore di realtà insieme col paziente. L’attività cognitiva del paziente consiste essenzialmente nel testare la condotta del terapeuta rispetto ai propri piani inconsci ed alle convinzioni negative che impediscono il perseguimento dei piani. Egli costruisce modelli dei punti di vista del terapeuta che gli consentono di impegnarsi in una sorta di gioco di simulazione: provare a guardare se stesso e le proprie relazioni dal presunto punto di vista del terapeuta. Ciò facilita l’identificazione terapeutica e l’uso vicariante dei punti di vista del terapeuta per compensare funzioni deficitarie. Mediante l’uso delle opinioni immaginarie del terapeuta può arrivare a interpretazioni di sé e della realtà e compiere scelte diverse da quelle abituali. Appaiono nuovi significati, nuovi schemi interpersonali nei quali le abituali rappresentazioni di sé e dell’altro sono modificate. Si configura un potenziamento reciproco tra esperienze correttive, aumento di consapevolezza e funzione vicariante della relazione. Una buona interazione fra interventi tecnici (fattori specifici) ed interventi che influenzano positivamente il clima interpersonale (fattori aspecifici) ha un efficacia terapeutica maggiore. La capacità di far interagire in modo ottimale i due elementi è il tratto essenziale del bagaglio tecnico di un terapeuta, consentendogli di utilizzare con consapevolezza tecnicamente orientata le sue eventuali doti e caratteristiche personali.