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C Epica Prove di verifica finale Unità 2 pag. 309 I primi poemi epici Unità 3 pag. 312 L’epica classica Unità 4 pag. 339 L’epica cavalleresca Soluzioni delle prove Unità 2 pag. 354 Unità 3 pag. 355 Unità 4 pag. 365

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CEpica

Prove di verifica finale Unità 2 pag. 309I primi poemi epici

Unità 3 pag. 312L’epica classica

Unità 4 pag. 339L’epica cavalleresca

Soluzioni delle prove Unità 2 pag. 354 Unità 3 pag. 355 Unità 4 pag. 365

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Unità 2

I primi poemi epici

C

VERIFICA FINALEUnità 2: I primi poemi epici

Alunno Classe Data

Conoscenza dell’argomento

1 Da chi e quando furono elaborati i primi racconti sulla vita di Gilgamesh?

2 Quando divennero un racconto unitario?

3 Come sono stati tramandati fino a noi?

Il poema dI GIlGamesh Gilgamesh ed Enkidu hanno deciso di affrontare il terribile mostro Khubaba, il guardiano della Foresta dei Cedri (luogo sacro agli dèi) simbolo del Male. Egli è un essere dal corpo umano ma con artigli da leone e una testa mostruosa coperta da lunghi capelli; sul viso ha dei baffi animaleschi. Ha una forza smisurata e sa usare la parola. Tavola V, versi 51-115.

La sconfitta di Khubaba

51 Egli1 colpì la sua testa e gli si parò davanti;

sotto la pressione dei loro talloni la terra si divise, a causa del loro saltellare Sirara2 e Libano furono spaccati in due.

Le nuvole bianche divennero nere, 55 morte scese giù su di essi come la nebbia.

Shamash chiamò grandi venti di tempesta contro Khubaba: il vento del sud, il vento del nord, il vento dell’est, il vento del l’ovest, il

turbine,

la tempesta, l’uragano, il vento cattivo, il vento-Simurru, il demone Asakku, il vento gelido, il vento di pioggia, il mulinello,

1. Egli: a causa della lacuna che precede questa porzione di testo non è pos-sibile sapere a chi alluda il pronome: è però probabile, sulla base di quan-to viene detto subi-to dopo, che si trat-ti di Gilgamesh, e che dunque il successivo loro si riferisca ai talloni di Gilgamesh e di Enkidu che, uniti, possiedono una forza smisurata, pari a quella del terribile mostro che stanno affron-tando.

2. Sirara: un alto monte del Libano.

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Volume C

Epica

60 tredici venti insorsero contro di lui e il viso di Khubaba si oscurò:

egli non poteva avanzare né poteva indietreggiare, così le armi di Gilgamesh ebbero successo contro Khubaba.

Khubaba, cercando di salvarsi, si rivolse a Gilgamesh:

«Gilgamesh, tu sei piccolo3: tua madre ti ha (appena) partorito, 65 e tu sei il seme [di Lugalbanda].

Tu ti sei sollevato4 per volere di Shamash, Signore della montagna, tu, l’erede di Uruk, re Gilgamesh,

[ ] Gilgamesh [ ] [ ]

70 Gilgamesh [ ] io mi metterò a tua disposizione [

[tu avrai per te] tutti gli alberi che vorrai, ti riserverò come dono speciale il mirto, [ ] tronchi di legno che siano orgoglio [del tuo palazzo]».

75 [Enki]du fece udire la sua parola e disse, così [parlò a Gilgamesh]: «[Amico mio], non ascoltare [le parole] di Khubaba

Tre righe frammentarie Lacuna di ca. 20 righe

(Parla Khubaba) «Tu hai scoperto le leggi della mia Foresta, le leggi [della mia abitazione], ed ora conosci tutto ciò che (per lei) è stato deciso.

Io avrei dovuto scaraventarti in alto e ucciderti all’entrata della mia Foresta,

100 avrei dovuto dare in pasto la tua carne ai serpenti volanti, alle aquile e agli avvoltoi.

Ma ora, o Enkidu, sta a te decidere (benevolmente) la (mia) sorte e dì a Gilgamesh di risparmiare la mia vita».

105 Enkidu fece udire la sua voce e parlò, così disse a Gilga[mesh]:

«Amico mio, Khubaba, il guardiano della Foresta [dei Cedri], azzoppalo, uccidilo, schiaccialo [in modo che io possa sopravvivere].

(Fa’ ciò), prima che il capo di tutti, Enlil, possa udirlo [ ] e gli dèi siano pieni di collera con noi [ ],110 Enlil, a Nippur, Shamash, a Sippar. [ ]

3. Piccolo:giovane.

4. Tu… sollevato: tu hai deciso di bat-termi.

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Unità 2

I primi poemi epici

C

Fa ciò ad eterna [memoria], (perché si possa raccontare) come Gilgamesh sgozzò Khubaba [ ]».

Khubaba però udì e [ ] 115 [ ] Khuba[ba ]

Da La saga di Gilgamesh, trad. di G. Pettinato, Rusconi, Milano

Comprensione

1 Esegui la parafrasi dei versi sottolineati.

2 Chi è Khubaba?

3 Che cosa fa quando si accorge che sta per soccombere?

4 Che cosa chiede Enkidu a Gilgamesh?

Analisi, riflessione e produzione

1 Perché Gilgamesh non si lascia tentare dai doni offerti da Khubaba?

2 Anche Enkidu fa indirettamente capire, con le sue parole, di condividere la motivazio-ne di questo rifiuto: dove?

3 Perché gli dèi proteggono Khubaba? E perché, invece, Shamash non la pensa come loro?

4 Spiega che cosa indicano le parentesi quadre e le parentesi tonde presenti nel passo che hai letto.

5 Nel testo ci sono alcuni elementi tipici dello stile formulare: completa con degli esempi questo schema che li raccoglie.

Un patronimico: ………………………………………………………………………………

due apposizioni: ………………………………………………………………………………

una formula: …………………………………………………………………………………

un elenco: ……………………………………………………………………………………

6 All’inizio del passo proposto la forza dei protagonisti è descritta, per essere enfatizzata al massimo, per mezzo di una figura retorica: quale?

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classica

Il tema della guerra e delle virtù dell’eroe

Alunno Classe Data

Conoscenza dell’argomento

1 Quale fatto storico è alla base dell’Iliade?

2 Quando si concluse, secondo i calcoli degli storici greci, la guerra di Troia?

3 Che cosa hanno dimostrato gli scavi di Heinrich Schliemann?

IlIade omero

I Troiani, guidati da Ettore, irrompono nell’accampamento acheo, costringendo i nemici a correre verso il mare a difesa delle navi. Aiace Telamonio, un soldato molto forte (è secondo solo ad Achille) e con-sapevole del proprio dovere, resiste e infonde coraggio ai suoi. Libro XV, vv. 676-695; 716-746.

Due eroi a confronto

676 [...] marciava a gran passi per i banchi1 delle navi, brandiva in pugno una pertica2 enorme, da lotta navale, da ventidue cubiti3, fatta di pezzi uniti da anelli. Come talvolta un uomo che sa ben montare cavalli, 680 dopo che quattro cavalli ha aggiogato fra molti, li lancia per la pianura, li spinge a una grande città per una via frequentata; molti lo guardano, uomini e donne; saldo e sicuro, continuamente

1. Banchi: i sedili su cui si siedono i re-matori per vogare.

2. Pertica: lungo ba-stone.

3. Da ventidue cu-biti: di circa dieci metri.

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Unità 3

L’epica classica

C

cambia, saltando dall’uno all’altro, e quelli galoppano; 685 così Aiace, per molti banchi delle rapide navi moveva a gran passi, giungeva all’etere4 la sua voce: sempre paurosamente gridando incoraggiava i Danai che difendessero le tende e le navi. E neppure Ettore restò tra il folto dei Teucri dalle salde corazze:690 ma come aquila fulva piomba su un branco d’uccelli alati, che beccano in riva al fiume – d’oche o di gru o di cigni dal lungo collo – così Ettore dritto contro una nave prua azzurra piombò, in faccia a sè: Zeus lo spinse da dietro,695 con la sua larga mano, spronò la gente con lui.

La battaglia non si ferma. Ettore sale su una nave achea e ne afferra la poppa; tutt’intorno è un feroce massacro.

716 Ettore, da ch’ebbe afferrato la poppa, non la lasciava, stringendone l’aplustre5, e incitava i Troiani: «Portate il fuoco e tutti insieme destate la lotta! Zeus ci dà ora un giorno che tutti gli altri compensa: 720 prender le navi, che contro il volere dei numi venute, molti mali ci fecero, per la viltà degli Anziani6, i quali me, che volevo combattere presso le poppe, impedivano sempre, tenevano indietro l’esercito; ma se allora Zeus vasta voce accecava le menti725 nostre, ora egli stesso ci spinge e ci desta». Disse così, e quelli ancora di più si gettarono contro gli Argivi. Aiace non resisteva: era travolto dai dardi; e retrocesse un poco, credendo di morire, fino a un banco di sette piedi7, lasciò il castello8 della nave.730 Qui circospetto ristette9 e sempre con l’asta teneva i Teucri lontan dalle navi, chi indomito fuoco portasse10. E sempre paurosamente gridando incoraggiava gli Achei: «O cari eroi Danai, servitori d’Ares, siate uomini, amici, memori d’ardente valore.735 O forse crediamo che dietro ci siano rinforzi o un qualche muro migliore, che dai guerrieri allontani il disastro? Non c’è qui presso una rocca ben salda di mura, in cui possiamo difenderci, avendo aiuto dal popolo: nella pianura dei Teucri, dalle forti corazze,740 in riva al mare noi siamo, lontano dalla patria. Nel braccio è la luce in battaglia, non nell’abbandono!» Disse, e furibondo con l’asta acuta insisteva: chiunque dei Teucri contro le concave navi venisse col fuoco ardente, obbedendo agli ordini d’Ettore,745 questo Aiace colpiva, con la grande asta accogliendolo: e dodici ne colpì da vicino davanti alle navi.

Da Omero, Iliade, trad. di R. Calzecchi-Onesti, Einaudi, Torino

4. Etere: cielo.

5. Aplustre: un or-namento in legno della poppa, che rappresentava, in genere, una figura con due ali rivolte all’indietro, verso la prua.

6. Per la viltà… Anziani: quel-li che formano il consiglio del re; allo scoppio della guerra hanno scel-to la linea difensiva anziché l’attacco.

7. Sette piedi: circa due metri.

8. Il castello: il ponte.

9. Circospetto ri-stette: si fermò guardandosi attor-no con attenzione.

10. Chi… portasse: chiunque corag-giosamente por-tasse del fuoco.

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Volume C

Epica

Comprensione

1 Esegui la parafrasi dei primi dieci versi di ognuno dei due passi proposti.

2 Chi è Aiace? Che cosa è il termine (Telamonio) che affianca il suo nome?

3 Chi è Ettore?

4 Perché Ettore è riuscito ad arrivare fino alle navi greche?

5 Che intenzioni ha?

Analisi, riflessione e produzione

1 A chi viene paragonato Aiace? Che cosa intende sottolineare questo paragone?

2 A chi viene paragonato Ettore? Che cosa intende sottolineare questo paragone?

3 Confronta gli argomenti che i due capi usano per incitare i propri compagni: perché essi sono diversi tra loro?

4 Perché Ettore non approva la strategia suggerita dagli Anziani? Ti pare che essa si sia rivelata sbagliata fino ad ora (ricorda che siamo nel nono anno di guerra…)?

5 Il testo proposto contiene un verso che può essere considerato una sorta di manifesto dell’etica eroica: quale? E perché?

6 Spiega che cosa si intende per stile formulare; poi sottolinea e commenta cinque esempi di espressioni formulari presenti nel testo.

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Unità 3

L’epica classica

C

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classica

Il tema della guerra e delle virtù dell’eroe

Alunno Classe Data

Conoscenza dell’argomento

1 Che cosa sono i nostoi?

2 Perché l’Odissea può essere considerata un nostos?

3 Da quanti libri è composta l’Odissea?

odIssea omero

Alla corte di Alcinoo, durante il banchetto preparato in suo onore, l’ospite sconosciuto finalmente si presenta. Libro IX, vv. 1-36.

L’eroe si presenta

1 Rispondendo gli disse l’astuto Odisseo: «Potente Alcinoo, insigne tra tutti i popoli, certo è bello ascoltare un cantore così come è questo, simile per la voce agli dèi. 5 Perché penso non v’è godimento più bello, di quando la gioia pervade tutta la gente, i convitati ascoltano nella sala il cantore seduti con ordine, le tavole accanto son piene di pane e di carni, dal cratere1 attinge vino10 il coppiere, lo porta e nelle coppe lo versa: questo mi sembra nell’anima una cosa bellissima. Ma il tuo cuore s’è volto a chiedere delle mie dolorose sventure, perché piangendo io gema di più.

1. Cratere: grosso vaso in cui si me-scolavano acqua e vino.

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Volume C

Epica

Quale devo narrare per prima, quale per ultima?15 perché sventure me ne diedero molte gli dèi Uranidi2. Anzitutto dirò ora il nome, perché lo sappiate anche voi ed io dopo, sfuggito al giorno spietato, per voi sia un ospite, anche abitando lontano. Sono Odisseo, figlio di Laerte, noto agli uomini 20 per tutte le astuzie, la mia fama va fino al cielo. Abito ad Itaca chiara nel sole: in essa è un monte che spicca, il Nerito frusciante di foglie; intorno sono molte isole, vicine tra loro, Dulichio e Same e Zacinto selvosa.25 Bassa nel mare essa giace, ultima verso occidente – le altre a parte, verso l’aurora e il sole –, irta di sassi, ma brava nutrice di giovani. Non so vedere altra cosa più dolce, per uno, della sua terra. Da una parte mi teneva Calipso, chiara3 tra le dee,30 nelle cave spelonche, vogliosa d’avermi marito; e così mi teneva anche Circe; nella sua casa, l’insidiosa abitante di Eea, vogliosa d’avermi marito: mai nessuna però convinse nel petto il mio animo. Perché niente è più dolce, per uno, della patria35 e dei suoi genitori, anche se abita una casa opulenta4 lontano, in terra straniera, diviso dai genitori.

Da Omero, Odissea, trad. di G. A. Privitera, Mondadori, Milano

Comprensione

1 Dove si trova Odisseo?

2 Che cosa gli viene chiesto da Alcinoo?

3 Perché Circe è definita l’insidiosa abitante di Eea?

4 Perché Odisseo è ancora lontano da casa? Chi aspetta con ansia il suo ritorno?

Analisi, riflessione e produzione

1 La scena del banchetto ci fornisce un’interessante testimonianza dell’attività dei can-tori: quali particolari possiamo ricavare da questa descrizione?

2 Ma questo passo sottolinea anche l’importanza del valore dell’ospitalità: perché?

3 Quale atteggiamento ha Odisseo mentre svela la sua identità?

2. Uranidi: tipico epiteto degli dèi, legato alla figura di Urano (o Crono), personificazione del cielo e primo signore dell’uni-verso.

3. Chiara: luminosa.

4. Opulenta: lussuo-sa.

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Unità 3

L’epica classica

C

4 Quali aspetti di sé mette in evidenza l’eroe?

5 Il narratore definisce Odisseo astuto e anche l’eroe si compiace di questa sua caratte-ristica: racconta due episodi del poema in cui Odisseo dimostra la sua astuzia.

6 Quali aspetti di Itaca sono evidenziati in modo oggettivo?

7 E quali, invece, in modo soggettivo?

8 Questa distinzione è resa possibile dall’uso di un interessante espediente narrativo: quale?

9 Al giorno spietato è una ……………………… per indicare ………………………: perché Odisseo usa questa figura retorica?

10 Rintraccia un’espressione formulare ripetuta per due volte in chiusura di verso e spiega a che cosa serve.

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classica

Il tema della guerra e delle virtù dell’eroe

Alunno Classe Data

Conoscenza dell’argomento

1 Quale è il tema dei primi sei libri dell’Eneide?

2 E quale quello degli altri sei?

3 Da chi e perché Virgilio ha ricevuto l’incarico di scrivere l’Eneide?

eneIde VIrGIlIo

Enea, approdato, durante il suo viaggio, nella terra dei Ciclopi, incontra Achemenide, uno degli uomini di Odisseo che è stato dimenticato dai compagni durante la loro precipitosa fuga. Libro III, vv. 590-683.

Il Ciclope Polifemo

[…]590 ecco a un tratto dai boschi, macilenta1 e sfinita, la strana figura d’un uomo, miserabile aspetto, esce e tende alla spiaggia, supplicando, le mani. Noi lo guardiamo: orrenda sporcizia, incolta la barba, è veste uno straccio tenuto da spini: un Greco, per altro, 595 e certo a Troia con l’armi a suo tempo venuto. Costui, come forme di Dardani, armi troiane conobbe2

di lontano, un istante, smarrito alla vista, esitò, trattenne il piede: ma poi a precipizio alla riva corse, con pianti e scongiuri: «Per le stelle vi supplico, 600 pei superi3, per l’aria divina, che respiriamo, del cielo, prendetemi, Teucri, portatemi via, non conta in che terra:

1. Macilenta: magra.

2. Come… conob-be: non appena riconobbe figure di Troiani e armi troiane.

3. Pei superi: in no-me degli dèi.

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Unità 3

L’epica classica

C

mi basterà questo. Lo so che fui della flotta dei Dànai, confesso che ho fatto guerra agli iliaci penati; perciò, se l’offesa del nostro delitto è insanabile,605 a pezzi nell’onde gettatemi, nel vasto mare annegatemi. Se muoio, sarà conforto per mano umana morire». Diceva, e abbracciava i ginocchi, e ginocchioni strisciando ci s’avvinghiava. A dirci chi sia, di che sangue sia nato l’esortiamo, a narrare che sorte lo insegua da allora.610 Lui stesso, il padre Anchise, senz’aspettare, la destra offre al giovane, e l’animo con chiaro pegno assicura4. Egli allora così, deposto il terrore, racconta: «Di patria son d’Itaca, compagno d’Ulisse infelice, di nome Achemenide. Per Troia, perché il padre Adamasto 615 era povero (e fosse rimasta quella fortuna!5) partii. Me qui, mentre la grotta crudele trepidando abbandonano, i miei compagni nell’antro vasto del Ciclope lasciarono immemori: antro di sangue corrotto6, di cibi cruenti ingombro dentro, vastissimo; lui, alto che l’ardue620 stelle tocca7 (o dèi, di tal peste8 liberate la terra!). Nessuno regge a guardarlo, non può parlarci nessuno. Suo pasto, le viscere, il nero sangue dei miseri. Io l’ho visto afferrare dal nostro numero9 due corpi con mano immane, in mezzo all’antro disteso,625 e infrangerli contro le rocce, e tutta piovere sangue la grotta: l’ho visto che i pezzi, colanti nero coagulo10, maciullava, tepide ancora guizzavano fra i denti le membra. Ma non senza vendetta, che Ulisse non sopportò, non si scordò di sé l’Itaco nel momento terribile,630 ma, come pieno di carne, sepolto nel vino il collo riverso poggiò e giacque per l’antro smisurato, ruttando sangue e misti, fra il sonno, bocconi e vino cruento, noi, supplicate le grandi Potenze, tirate a sorte le parti, insieme in cerchio stringendolo, 635 gli siamo addosso e col palo aguzzo trapaniamo quell’occhio enorme, che unico sotto la fronte torva guatava11, simile a scudo argolico,12 tondo come una luna: l’ombre, così, dei compagni vendichiamo con gioia. Ma fuggite, fuggite via, miseri, e dal lido la fune640 strappate. Orridi, enormi, com’è Polifemo, che chiude nell’antro cupo le bestie lanute e le poppe ne preme,13

cento altri ce n’è, che vivono sparsi per le coste ondulate14, maledetti Ciclopi, e vagan per balzi15 e per monti.645 Già della terza luna s’empie di luce la falce16, dacché per boscaglie, per covi e vuoti rifugi di fiere trascino la vita, e da sotto una rupe gli spaventosi Ciclopi vedo lontano, tremo al rimbombo dei passi, alla voce. Sterile vitto17, bacche ed acerbe corniole,

4. L’animo… assi-cura: rassicura il suo animo con un indubbio segno di lealtà.

5. E fosse… fortu-na!: e non fosse cambiata quella condizione (cioè mi fossi acconten-tato della mia po-vertà)!

6. Di sangue corrot-to: infetto di san-gue.

7. Alto… tocca: co-sì alto da toccare le irraggiungibili stelle.

8. Peste: essere mo-struoso.

9. Numero: gruppo.

10. Colanti… coa-gulo: che faceva-no cadere grumi di sangue rappre-so.

11. Guatava: vedeva.

12. Simile… argoli-co: rotondo come uno scudo greco (i Romani, infat-ti, usavano anche scudi rettango-lari).

13. E le poppe… preme: e le mun-ge.

14. Ondulate: ricche di insenature.

15. Balzi: pendii.

16. Già… falce: so-no già passati tre mesi.

17. Sterile vitto: po-vero cibo.

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Volume C

Epica

650 mi danno i rami, erbe mi nutrono e radici scavate. Sempre intorno esplorando, questa prima flotta alla riva ho visto venire. A questa, qualunque essa fosse, ho deciso d’unirmi: lasciar la razza nefanda18 mi basta. Voi, piuttosto, strappatemi l’anima non so con che morte!».655 Aveva appena finito, e dalla vetta del monte vediamo proprio lui tra le pecore muover la mole paurosa, Polifemo pastore, e al noto lido discendere: mostro orrido, informe, grandissimo, cui l’occhio è spento. Un pino divelto ne guida e regge l’andare.660 Lanute lo seguon le pecore: questo il solo contento19, il conforto del male. Quando i flutti profondi toccò, arrivò all’acqua alta, dall’ occhio cavato lavò l’umore sanguigno20, i denti stringendo con gemito, e già in pieno mare 665 cammina e i flutti ancora gli alti fianchi non toccano. Noi lontano di lì, trepidando, affrettiamo la fuga, raccolto quel supplice così benemerito: muti l’ormeggio tronchiamo, solchiamo l’onde, piegandoci, con remi affannosi21. Ma ci sentì, volse i passi al sonar d’una voce:670 e quando modo non ha d’avventarci la mano22, non può pareggiare, inseguendoci, l’onde e lo Ionio, smisurato un grido levò, a cui il mare e tutte l’acque tremarono, tremò fino in fondo la terra d’Italia, l’Etna per le tortuose caverne mugghiò.675 E il popolo dei Ciclopi, dai boschi, dall’alte montagne stanato accorre sul golfo, affolla le rive. Li vediamo là dritti, l’occhio invano feroce, gli Etnei fratelli23 alte al cielo le teste levare, assembramento pauroso: così con l’altissima cima680 aeree24 querce si levano o cipressi coniferi25, folta boscaglia di Giove, selva sacra a Diana26. A precipizio il terrore folle ci spinge a girare le scotte27 ovunque, a gonfiare d’ogni buon vento le vele.

Da Virgilio, Eneide, trad. di R. Calzecchi-Onesti, Mondadori, Milano

Comprensione1 Chi è Achemenide?

2 Perché si trova sull’isola dei Ciclopi?

3 Chi sono gli iliaci penati?

4 Che fine fa Achemenide?

18. Nefanda: empia, scellerata.

19. Il solo contento: l’unica consola-zione.

20. Umore sangui-gno: un liquido misto a sangue.

21. Con remi affan-nosi: muovendo affannosamente i remi.

22. Quando… ma-no: poiché non ha la possibilità di afferrarci con la mano.

23. Etnei fratelli: i Ciclopi, secon-do una leggen-da posteriore a Omero, abitano la regione dell’Et-na.

24. A e r e e : a l t e , che s’innalzano nell’aria.

25. Coniferi : che producono coni (le pigne).

26. Folta… Diana: la quercia era sacra a Giove, il cipres-so a Diana.

27. Le scotte: i ca-vi collegati con l’angolo inferiore delle vele; servo-no a tenderle e a orientarle nella posizione voluta.

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Unità 3

L’epica classica

C

Analisi, riflessione e produzione

1 Il personaggio di Achemenide è stato inventato da Virgilio per dar modo a Enea di esercitare, ancora una volta, la sua pietas: in che modo?

2 Anche un altro personaggio dimostra questa virtù: chi? E come?

3 Ricostruisci il ritratto dell’eroe Odisseo, fatto da Achemenide.

4 Confronta, a livello di contenuti, il racconto di Achemenide e quello di Odisseo nell’Odissea, sottolineando, in particolare, le concordanze, le differenze e, se ti ricordi, che cosa manca nel racconto virgiliano rispetto a quello omerico.

5 Perché Virgilio riprende in modo così evidente un episodio dell’Odissea?

6 E perché ne modifica alcuni aspetti?

7 Virgilio dà prova delle sue capacità narrative anche moltiplicando i narratori del passo, che puoi ricostruire completando questo schema:

narratore di primo grado: Virgilio

narratore di secondo grado: ……………………………

narratore di terzo grado: ………………………………

8 Ma Virgilio dà prova delle sue capacità artistiche anche rielaborando delle similitudini omeriche: che cosa diventa, per esempio, la similitudine omerica che paragona i Ciclo-pi “alla cima selvosa di altissimi monti, che appare isolata dalle altre”? E perché Virgilio può permettersi di impreziosire i suoi versi?

9 Achemenide descrive l’altezza del Ciclope per mezzo di una figura retorica: l’……………… Rintracciala e spiega in che cosa consiste.

10 L’Etna per le tortuose caverne mugghiò: quale figura retorica consente a Virgilio di rendere più pauroso il suono emesso dall’Etna?

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classica

Il tema dell’amore e dei sentimenti

Alunno Classe Data

IlIade omero

È l’alba: Priamo entra in città con il cadavere del figlio Ettore, che gli è stato consegnato da Achille. Libro XXIV, vv. 704-776.

Il pianto sul cadavere di Ettore

«Venite a vedere Ettore, Troiani e Troiane,705 se mai gioiste, quando vivo tornava dalla battaglia; perché era gioia grande alla città e a tutto il popolo». Disse così, e nessun uomo rimase fermo in città, nessuna donna: tutti li vinse insopportabile strazio: e alle porte scontrarono1 il re che portava il cadavere.710 La sposa cara per prima e la veneranda madre si gettarono sul carro, presero a strapparsi i capelli, e gli stringevano il capo: la folla le circondava piangendo. Tutto il giorno fino al calare del sole versando lacrime, avrebbero pianto Ettore là sulle porte, 715 ma il vecchio disse alla gente dal cocchio: «Fatemi largo da passar con le mule: dopo vi sazierete di pianto, quando l’avrò condotto al palazzo». Disse così e si scostarono, fecero largo al carro, e quando l’ebbero portato nell’inclita2 casa,720 su un letto a trafori3 lo posero, gli misero presso i cantori, gli intonatori del compianto; e lamentosa canzone quelli cantavano; intorno le donne piangevano. E fra di loro Andromaca incominciò il lamento, d’Ettore massacratore abbracciando la testa:725 «Oh sposo, troppo giovane lasci la vita e me vedova nella tua casa abbandoni: non parla ancora il bambino che generammo tu ed io, disgraziati, e non penso che verrà a giovinezza4… Prima la città intera sarà distrutta, perché tu sei morto, il suo difensore,

1. Scontrarono: in-contrarono.

2. Inclita: nobile.

3. A trafori: di legno traforato.

4. Non penso… gio-vinezza: e penso che morirà prima d’arrivare alla gio-vinezza.

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Unità 3

L’epica classica

C

730 tu che la proteggevi, le spose salvavi e i piccoli figli. Esse presto andran via, sulle concave navi, e io con loro: tu, bimbo, tu seguirai me, là dove insigni fatiche dovrai sopportare, penando sotto un duro padrone. Oppure un acheo735 ti scaglierà, sollevandoti, giù dalle mura – orribile fine! – irato perché, forse, Ettore gli uccise un fratello, o il padre, o un figlio: moltissimi Achei sotto la forza d’Ettore morsero la terra infinita5. Non era dolce, no, il padre tuo nella carneficina paurosa. 740 Per questo lo piange il popolo per la città. Ah! Maledetto pianto e singhiozzo ai genitori hai lasciato, Ettore, ma soprattutto a me restano pene amare: tu non m’hai tesa la mano dal letto, morendo, non m’hai detto saggia parola, che sempre potessi 745 avere presente, notte e giorno, tra il pianto!». Disse così, singhiozzando; le donne intorno piangevano. E anche Ecuba fra loro iniziò alto lamento: «Ettore, carissimo fra tutti i figli al mio cuore, anche da vivo, sì, tu m’eri caro agli dèi,750 e nel destino di morte t’hanno protetto ancora! Altri figliuoli miei il piede rapido Achille vendette, come li prese, di là dal mare mai stanco, a Samo, a Imbro, a Lemno fumante6. Ma te, quando t’ebbe tolta la vita col bronzo affilato, 755 quante volte trascinò intorno alla tomba del suo compagno Patroclo, che tu gli hai ucciso – né l’ha risuscitato così. Eppure eccoti fresco, incorrotto a giacere qui nella sala, simile a uno che Apollo arco d’argento con le sue dolci frecce sia venuto a uccidere7».760 Così diceva piangendo, e suscitò singhiozzo infinito: allora fra esse, per terza, Elena cominciò il lamento: «Ettore, fra tutti i cognati il più caro al mio cuore, ah il mio sposo è Alessandro8 simile ai numi, che m’ha condotto a Troia; ma fossi morta prima.765 È questo, ormai, il ventesimo anno da che partii di laggiù, lasciai la mia patria, e mai ho udito da te mala parola o disprezzo; anzi, se qualche altro mi rimbrottava9 in casa, o dei cognati o delle cognate o delle spose bei pepli770 oppure la suocera – il suocero sempre come padre fu buono – tu con parole calmandoli li trattenevi, con la dolcezza tua, con le tue dolci parole. Così piango te e me, sciagurata, afflitta in cuore: nell’ampia Troia più nessun altro verso di me775 è buono, è amico; tutti m’hanno in orrore». Disse così piangendo, la folla immensa gemeva.

Da Omero, Iliade, trad. di R. Calzecchi-Onesti, Einaudi, Torino

5. Morsero… infi-nita: furono co-stretti a mordere la polvere della terra sterminata (cioè a morire).

6. Altri… fumante: Achille dalla corsa veloce ha venduto come schiavi altri miei figli, appe-na catturati, nelle isole dell ’Egeo (Samotracia, Im-bro e Lemno, detta fumante perché di natura vulcanica), al di là del mare in eterno movimen-to.

7. Simile… uccide-re: le frecce di A-pollo, come già sai, davano una morte rapida e indolore.

8. Alessandro: altro nome di Paride.

9. Mi rimbrottava: mi rimproverava.

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Volume C

Epica

Comprensione

1 Chi riporta a Troia il cadavere di Ettore?

2 Come lo ha ottenuto?

3 Chi piange Ettore?

4 Perché il suo cadavere non reca traccia dello scempio compiuto da Achille?

Analisi, riflessione e produzione

1 Sul cadavere di Ettore piangono tre donne; ognuna di loro ha un diverso rapporto di parentela con il defunto: infatti

Andromaca è sua ……………………………

Ecuba è sua …………………………………

Elena è sua …………………………………

2 Ognuna di queste donne elogia una virtù del defunto e spiega il suo dolore con motivazioni diverse. Completa questo schema:

DONNA VIRTÙ ELOGIATAMOTIVAZIONI DEL PROPRIO DOLORE

Andromaca

Ecuba

Elena

3 Andromaca esprime il suo amore per il marito anche con un gesto che ripete più volte: quale?

4 Ecuba è una madre, ma non dimentica di essere anche una fiera regina: da un lato piange il figlio, ma dall’altro si compiace di qualcosa. Che cosa?

5 Elena sembra la creatura più fragile, perché è odiata da tutti: per quale colpa? E qual è il suo stato d’animo?

6 Quale dei tre lamenti ti pare più straziante? Per quale motivo?

7 Quale immagine del popolo di Troia emerge da questo compianto funebre?

8 Quando t’ebbe tolta la vita col bronzo affilato: quale figura retorica è stata usata in questo verso?

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Unità 3

L’epica classica

C

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classica

Il tema dell’amore e dei sentimenti

Alunno Classe Data

odIssea omero

Telemaco, di ritorno da Sparta, dove si è recato per avere notizie sul padre, entra nella capanna di Eu-meo, in cui c’è Odisseo, travestito da mendicante. È la prima volta che Odisseo vede suo figlio, perché è partito per la guerra quando Telemaco era solo un neonato: però, fedele agli ordini di Atena, non gli si manifesta. Il giovane descrive al mendicante la grave situazione di Itaca: i danni causati dai Proci, il saccheggio dei beni e delle ricchezze, la difficile posizione di Penelope, che non trova più scuse per rimandare le nozze. Finalmente, rimasto solo con lui, Odisseo, per volontà di Atena, che gli ha restituito il suo vero aspetto, gli si rivela.Libro XVI, vv. 177-238.

Telemaco ritrova il padre

177 Odisseo nella capanna rientrò1; senza fiato restò il figlio a vederlo, distolse gli occhi, pauroso che si trattasse d’un nume, e a lui rivolto disse parole fugaci:180 «Ospite, ben diverso m’appari ora da prima: hai altre vesti e non è uguale l’aspetto. Tu sei un nume, di quelli che il cielo vasto possiedono. Ah, siici propizio, che ti facciamo offerte gradite e doni d’oro ben lavorato: rispàrmiaci!»185 E gli rispose Odisseo costante, glorioso: «Non sono un dio, no: perché m’assomigli2 agli eterni? Il padre tuo sono, per cui singhiozzando, soffri tanti dolori per le violenze dei principi». Così dicendo baciò il figlio e per le guance190 il pianto a terra scorreva: prima l’aveva frenato. Telemaco – poiché non ancora credeva che fosse il padre – gli disse di nuovo, rispondendo, parole: «No, tu non sei Odisseo, non sei il padre mio, ma m’incanta3

un nume perché io soffra e singhiozzi di più.195 Mai un mortale poteva far questo

1. Odisseo… rien-trò: Odisseo è u-scito per incontrare la dea Atena.

2. M’assomigli: mi paragoni.

3. M’incanta: m’il-lude.

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Volume C

Epica

con la sua sola mente, a meno che un dio, senza fatica, a sua voglia venisse a farlo giovane o vecchio; tu poco fa eri un vecchio e malamente vestivi, e ora somigli agli dèi che il cielo vasto possiedono».200 E ricambiandolo disse l’accorto Odisseo: «Telemaco, non va che tu, avendo qui il caro padre tornato, lo guardi stordito, con troppo stupore. Un altro Odisseo non potrà mai venire, perché son io, proprio io, che dopo aver tanto errato e sofferto, 205 arrivo dopo vent’anni alla terra dei padri. E questa è azione4 d’Atena, la Predatrice5, che mi fa come vuole, e può farlo, a volte simile a un mendicante, altre volte a un uomo giovane, con belle vesti sul corpo:210 facile ai numi, che il cielo vasto possiedono, fare splendido o miserabile un uomo mortale». E così detto sedeva: allora Telemaco, stretto al suo nobile padre, singhiozzava piangendo. A entrambi nacque dentro bisogno di pianto: 215 piangevano forte, più fitto che uccelli6, più che aquile marine o unghiuti avvoltoi, quando i piccoli ruban loro i villani7, prima che penne abbian l’ali: così misero pianto sotto le ciglia versavano. E certo calava il raggio del sole che ancora piangevano, 220 ma Telemaco a un tratto parlò al padre suo: «Con quale nave, padre mio caro, i marinai ti condussero in Itaca? e chi si vantavano d’essere? a piedi non penso che tu potessi venirci!» E gli rispose il costante Odisseo luminoso:225 «Certo, creatura, ti dirò il vero: m’han condotto i Feaci, navigatori gloriosi, che tutti accompagnano gli uomini, chi arriva fra loro. Addormentato nell’agile nave sul mare guidandomi, mi deposero in Itaca, mi fecero splendidi doni,230 bronzo e oro e molte vesti tessute: questi là nelle grotte stanno, per volere dei numi. Poi venni qui, per consiglio d’Atena, perché insieme facciamo piani di morte ai nemici. Dimmi dunque a uno a uno i pretendenti, contandoli, 235 che sappia quanti e quali uomini sono: poi, riflettendo nel mio cuore glorioso, penserò se noi due potremo assalirli da soli, senza l’aiuto altrui, o se cercheremo anche altri».

Da Omero, Odissea, trad. di R. Calzecchi-Onesti, Einaudi, Torino

4. Azione: opera.

5. La Predatrice: non si conosce il motivo di questo epiteto.

6. Più… uccelli: con singhiozzi più a-cuti di strida di uc-celli.

7. Villani: contadini.

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Unità 3

L’epica classica

C

Comprensione

1 Dove si trovano Odisseo e Telemaco?

2 Perché Odisseo è molto diverso dal mendicante che il figlio ha visto fino ad un attimo prima?

3 Perché Telemaco pensa che egli sia un dio?

4 Che cosa fanno padre e figlio fino al tramonto?

Analisi, riflessione e produzione

1 Perché Telemaco non vuole credere al ritorno del padre? Che cosa dimostra questa sua incredulità?

2 Quale comportamento di Odisseo fa capire il profondo affetto che egli nutre per il figlio?

3 A che cosa viene paragonato il pianto di Odisseo e di suo figlio?

4 Il poeta ha scelto questo strano termine di paragone per fare capire il vero sentimen-to provato da padre e figlio: qual è, dunque?

5 E perché, secondo te, ha scelto proprio questo termine di paragone?

6 Qual è il primo pensiero di Odisseo, dopo che ha a lungo pianto con il figlio? Perché questo pensiero ci sembra naturale e prevedibile, conoscendo il suo carattere?

7 Spiega il senso di questa riflessione di Odisseo: facile ai numi, che il cielo vasto pos-siedono, fare splendido o miserabile un uomo mortale.

8 A quale valore molto importante per la Grecia antica si fa riferimento nel testo?

9 Che il cielo vasto possiedono: come può essere definita questa espressione? Per quale motivo?

10 Odisseo, parlando di sé, afferma di avere un cuore glorioso: trova un altro aggettivo che, secondo te, può costituire una valida alternativa nella parafrasi.

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classica

Il tema dell’amore e dei sentimenti

Alunno Classe Data

eneIde VIrGIlIo

Enea piange sul cadavere del giovane Pallante, che una schiera di mille soldati riporta poi al padre. Libro XI, vv. 139-202.

Evandro piange il figlio

E già l’alata Fama, preannunciando un così grande dolore, 140 investe Evandro, e di Evandro la casa e le mura, lei che poc’anzi riferiva Pallante vittorioso nel Lazio. Gli Arcadi corsero alle porte, e secondo l’antico costume afferrarono le fiaccole funebri; riluce la via d’una lunga fila di fiamme, e divide ampiamente i campi;145 la turba dei Frigi1 che veniva in direzione opposta congiunge le schiere piangenti. Dopo che le madri le videro avvicinarsi alle case, incendiano di grida la mesta città2. Ma nessuna forza può trattenere Evandro; giunge nel folto3, si getta sul deposto feretro150 di Pallante, e non si stacca, piangendo e gemendo, e infine la via della voce si schiude a stento per il dolore: «Non avevi promesso questo, o Pallante, a tuo padre, di volerti affidare più cautamente al crudel Marte4: sapevo quanto potere avesse la nuova gloria155 nelle armi e il dolcissimo onore del primo scontro. Sventurate primizie del giovane, e duro noviziato della guerra vicina5! e voti e preghiere mie inascoltate da tutti gli dèi! e tu, santissima sposa felice nella tua morte, scampata a questo dolore!160 Al contrario io vivendo vinsi i miei fati, per restare genitore superstite. Se avessi seguito da alleato le armi dei Teucri, i Rutuli mi avrebbero sommerso di dardi!

1. La turba… Fri-gi: la schiera dei Troia-ni (detti Fri-gi perché originari della Frigia).

2. Incendiano… cit-tà: è una metafora: le grida sono così intense da infiam-mare la città.

3. Nel folto: dove la folla è più fitta.

4. Di volerti… Mar-te: di voler essere cauto e prudente nei crudeli pericoli della guerra.

5. Sventurato… vi-cina!: sfortunati primi frutti della gioventù, e duro apprendistato del-la guerra troppo vicina!

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Unità 3

L’epica classica

C

Io avrei dato la vita, e il corteo riporterebbe a casa me, non Pallante. Non accuso voi, o Teucri, e i patti,165 e le destre che stringemmo nell’ospitalità. Questa era la sorte dovuta alla mia vecchiaia. Se un’immatura morte attendeva il figlio, mi consolerà che cadde, uccisi prima migliaia di Volsci, mentre guidava i Teucri nel Lazio. Ed io non potrei onorarti con esequie migliori6 o Pallante, 170 di quelle che ti rende il pio Enea, e i grandi Frigi, e i capi tirreni, e l’intero esercito tirreno. Portano i grandi trofei di coloro che uccise la tua destra; ed anche tu saresti un tronco immane nell’armi, se fossero uguali l’età e la forza degli anni, o Turno7.175 Ma perché, infelice, trattengo i Teucri dalle armi? Andate, e riferite memori al re8 questo messaggio: se continuo una vita odiosa, perduto Pallante, ne è causa la tua destra, lo sai, che deve Turno al figlio e al padre9. Ti manca questo soltanto ai meriti180 e alla fortuna; non lo chiedo per gioia della vita, non è lecito; ma per dirlo al figlio tra i profondi Mani10»! L’Aurora frattanto aveva portato la vivida luce ai miseri mortali, riconducendo le fatiche e gli affanni: già il padre11 Enea e Tarconte12 sulla curva spiaggia185 avevano eretto i roghi. Qui ognuno portò i corpi dei suoi secondo il costume dei padri; e appiccati neri fuochi, l’alto cielo si nasconde per la caligine nelle tenebre. Tre volte, cinti di fulgide armi, corsero intorno ai roghi accesi; tre volte galopparono190 guardando al triste fuoco funebre, e ulularono. La guerra si bagna di lagrime, se ne bagnano anche le armi; va al cielo il clamore degli uomini e il clangore delle trombe. Qui alcuni gettano nel fuoco le spoglie strappate ai Latini uccisi, elmi e belle spade195 e briglie e fervide13 ruote; altri le note offerte, gli scudi dei loro morti e le armi sfortunate. Intanto si sacrificano con la morte molti corpi di buoi, e setolosi maiali, e, razziate da tutti i campi, sgozzano bestie sulla fiamma. Allora su tutta la riva200 guardano i compagni che bruciano, e vegliano i roghi, semiarsi, e non sanno staccarsi, finché l’umida notte volge il cielo trapunto di stelle lucenti14.

Da Virgilio, Eneide, trad. di R. Calzecchi-Onesti, Einaudi, Torino

6. Esequie migliori: funerali più degni.

7. E anche… Turno: e anche tu, Turno, se io fossi uguale a te per età e vigo-re, saresti uno dei trofei che ora sono portati in corteo (durante il quale le armi dei guerrieri sconfitti erano at-taccate a un tron-co).

8. Al re: a Enea.

9. Che deve… pa-dre: che deve uc-cidere Turno per vendicare Pallante ed Evandro.

10. Tra i… Mani: nell’aldilà. I Ro-mani credevano, infatti, che per le anime dei defun-ti fosse un motivo di conforto sape-re di essere state vendicate.

11. Il padre: l’epiteto sottolinea la sag-gezza e la bontà di Enea, che è, per i suoi uomini, come un padre.

12. Tarconte: capo supremo degli Etruschi.

13. Fervide: roventi (per il movimen-to).

14. Volge… lucenti: gli antichi crede-vano che la volta del cielo ruotasse intorno alla ter-ra, mostrando di giorno l’emisfero del sole e di notte quello delle stel-le. L’espressione vale, quindi, “fi-no alla sera”.

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Volume C

Epica

Comprensione

1 Chi dà a Evandro la notizia della morte del figlio?

2 Questa notizia arriva inaspettata? Per quale motivo?

3 Che cosa organizzano Enea e Tarconte sulla spiaggia?

Analisi

1 Il lamento di Evandro sul cadavere del figlio è molto articolato e complesso: in esso si alternano, infatti, rimpianti, ipotesi irrealizzabili, momenti di orgoglio e di disperazio-ne… Illustra ognuno degli elementi indicati con i versi di riferimento:

Invidia per il destino toccato alla moglie

Dispiacere perché Pallante non ha mantenuto le promesse

Ipotesi irrealizzabili

Accettazione del proprio destino

Consapevolezza del fascino che la gloria delle armi esercita sui giovani

Ammissione di una parziale consolazione

Rinnovamento della stima nei confronti dei Teucri

Esclamazioni di disappunto per le sfortunate imprese del figlio e per il mancato aiuto degli dèi

Richiesta di vendetta

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Unità 3

L’epica classica

C

2 Nel poema virgiliano il legame padre-figlio viene esaltato anche in altri episodi: per

esempio Enea protegge Anchise, durante la fuga da Troia, addirittura …………………

……………………………………………………………………………………………………

e nell’amicizia tra Eurialo e Niso il più “anziano” dei due ………………………………

……………………………………………………………………………………………………

3 In questo passo Virgilio esprime un chiaro giudizio sulla guerra: in quale verso?

4 E che cosa pensa, dunque, Virgilio della guerra?

5 Questo giudizio viene confermato dall’espressione sventurate primizie del giovane: a che cosa allude, infatti?

6 Perché i compagni corrono per tre volte intorno ai roghi accesi? In che modo Virgilio sottolinea l’importanza di questo numero?

7 Portano i grandi trofei di coloro che uccise la tua destra: quale figura retorica ricono-sci in questo verso?

8 Perché Virgilio dice che i soldati ulularono?

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classicaIl tema degli dei e dell’aldilà

Alunno Classe Data

IlIade omero

Zeus consente agli dèi di partecipare attivamente alla guerra di Troia: essi scendono in campo scam-biandosi insulti e combattendo in un modo non sempre ortodosso… Libro XX, vv. 32-40; libro XXI, vv. 385-395; 400-411; 415-426; 479-483; 489-496.

La battaglia degli dèi

32 Anche gli dèi scesero in campo, con opposte intenzioni. Era venne alle navi e così Pallade Atena e Posidone che scuote la terra ed Ermes, 35 il Benefattore, che per mente astuta primeggia; venne con loro anche Efesto, superbo della sua forza, ma zoppo, le esili gambe arrancavano. Ares dall’elmo ondeggiante raggiunse i Troiani e con lui Febo dai lunghi capelli e Artemide saettatrice40 e Leto e Xanto e Afrodite che ama il sorriso […]

385 Fra gli dèi s’accese una lotta dura, terribile, nei loro petti il cuore anelava a scopi diversi: s’azzuffarono in grande tumulto, risonò la terra sconfinata, il cielo immenso mandava squilli di tromba. Udì Zeus seduto in Olimpo: rise di gusto il suo cuore,390 allorché vide gli dèi venirsi incontro alla lotta. Non restarono a lungo a distanza: era alla testa Ares che fora gli scudi, aggredì Atena per primo, stringendo la lancia di bronzo, e le disse parole offensive: “Perché ancora, mosca rabbiosa, spingi gli dèi a contesa395 con ardire smodato, ti sprona il tuo grande livore? […]” 400 Detto così, colpì sull’egida ornata di nastri, terribile, che nemmeno Zeus riesce a spezzare col fulmine:

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Unità 3

L’epica classica

C

su questa colpì con la sua lunga lancia Ares massacratore. Lei, traendosi indietro, prese con mano robusta una pietra che stava sul campo, nera, puntuta, pesante,405 messa lì dagli uomini antichi, perché fosse confine del campo: colpì con questa al collo Ares bellicoso, fiaccò le sue forze. Caduto, coprì sette iugeri, s’intrise i capelli di polvere, sopra di lui risuonò l’armatura; rise Pallade Atena e a lui, vantandosi, diceva parole che volano: 410 “Non hai pensato, bamboccio, quanto più forte di te mi vanto di essere, se vuoi pareggiare la mia furia […]”

415 Detto così, volse altrove i suoi occhi splendenti; lo prese per mano e lo portò via la figlia di Zeus, Afrodite, mentre gemeva senza posa e traeva a stento il respiro. Appena la vide la dea Era dalle bianche braccia, subito ad Atena diceva parole che volano:420 “Ahinoi, figlia di Zeus portatore dell’egida, infaticabile, riecco la mosca rabbiosa che sottrae alla lotta crudele il bellicoso Ares in mezzo alla mischia: su, corri!” Disse così, ed Atena accorse, contenta in cuor suo, s’accostò, e con mano pesante la colpì nel petto:425 all’altra mancarono cuore e ginocchia. Giacevano dunque ambedue sul suolo fecondo […]

la legittima sposa di Zeus, adirata, 480 apostrofò la saettatrice a male parole: “Come ardisci, cagna sfacciata, metterti contro di me? Son dura da battere a viva forza,483 anche se sei un arciere […]”.

Disse, e con la sinistra le strinse entrambe le mani490 sul polso, con la destra le tolse le frecce via dalle spalle, e la colpiva con queste sopra le orecchie ridendo, mentre si dibatteva; caddero a terra le frecce veloci. Piangendo fuggì via la dea, come colomba che davanti al nibbio fugge volando nella cava roccia,495 in una grotta; non era destino che fossa presa; così fuggì via piangendo, lasciò lì le sue frecce.

Da Omero, Iliade, trad. di G. Cerri, Rizzoli, Milano

Analisi, riflessione e produzione

1 Descrivi, con ampi riferimenti ai versi che hai letto, le principali caratteristiche degli dèi omerici; traccia poi un breve ritratto delle più importanti divinità citate in que-sto passo, tenendo presenti anche i testi che hai studiato sino ad ora.

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classicaIl tema degli dei e dell’aldilà

Alunno Classe Data

odIssea omero

Menelao fornisce a Telemaco delle notizie sicure sul padre che ha ottenuto dal dio marino Proteo, che conosce il presente e il futuro ma che risponde alle domande che gli vengono poste solo se costretto con la violenza.Libro IV, vv. 399-424; 440-459; 555-560.

Proteo, un vecchio dio marino

«Certo straniero, con verità ti rispondo1.400 Quando il sole raggiungerà il mezzo del cielo, allora esce dal mare il Vecchio marino verace2, nascosto nel brivido bruno3, sotto il soffio di Zefiro e, uscito, dorme nelle cave spelonche; intorno a lui le foche piedi natanti della bella Figlia del mare4 405 dormono strette, uscite dal mare schiumoso, l’acuto odore del mare ricco d’abissi emanando. Là conducendoti all’apparire del sole, ti farò stendere in fila; tu scegli bene i compagni, tre, i più forti che hai nelle navi dai buoni scalmi5.410 E ti dirò anche tutte le malizie del Vecchio: prima riconterà le foche, le passerà in rassegna, e poi quando tutte le avrà numerate e vedute, si stenderà in mezzo a loro come pastore fra greggia di pecore. Appena dunque l’avrete visto dormire,415 forza e violenza allora abbiate nel cuore, e tenetelo fermo benché si dibatta e si slanci a fuggire. Tenterà allora di divenire ogni cosa che in terra si muove, e acqua e fuoco che prodigioso fiammeggia, ma voi tanto più tenetelo fermo e stringetelo.

1. Certo… rispon-do: Menelao sta raccontando a Te-lemaco il suo in-contro con Proteo. Durante il viaggio di ritorno a casa, al termine della guerra di Troia, e-gli, fermo da molto tempo, la mancan-za di vento, sull’i-sola di Faro, situata davanti all’Egitto, conosce una nin-fa, Idotea, che, impietosita per la sua sorte, lo invita a chiedere aiuto a suo padre, il dio marino Proteo.

2. Verace: che non dice bugie.

3. Nel brivido bru-no: nella bruna nebbia che si alza dal mare.

4. Della bella… ma-re: Amfitrite, la re-gina del mare.

5. Dai buoni scalmi: dagli scalmi (gli in-cavi in cui si fissano i remi in modo che ne siano sostenuti) ben fatti.

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Unità 3

L’epica classica

C

420 Quando infine lui stesso t’interrogherà con parole, con l’aspetto con cui l’avrete visto dormire, lascia allora la forza, libera il Vecchio, o guerriero, e chiedi chi degli dèi ti perseguita, chiedi il ritorno, come potrai navigare sul mare pescoso».

La ninfa accompagna Menelao e i suoi uomini nel luogo in cui potranno trovare il dio marino.

440 Ci fece allora stendere in fila e gettò su ciascuno una pelle. E quello era un agguato tremendo, tremendamente angosciava il puzzo micidiale delle foche marine: chi potrebbe dormire vicino a un mostro del mare? Ma lei ci salvò e pensò gran rimedio:445 venne a istillare ambrosia sotto le nari6 a ciascuno, soavemente odorosa, e cancellò il puzzo dei mostri. Tutto il mattino aspettammo con cuore costante7. Ed ecco le foche uscirono in folla dal mare: esse dunque in fila si coricavano sul frangente del mare8.450 A mezzogiorno dal mare uscì il Vecchio, trovò le foche grasse, le passò tutte in rassegna e le ricontò: e contò noi per primi fra i mostri, e nel cuore non sospettò inganno; poi si stese anche lui. E noi gridando balzammo e gli gettammo le mani 455 addosso: ma il Vecchio non scordò la sua arte ingannevole, prima di tutto divenne chiomato leone, e poi serpente e pantera e immane cinghiale; liquida acqua si fece poi, albero d’alto fogliame: ma noi tenevamo forte, con cuore costante.

Dopo aver convinto Proteo a parlare, Menelao gli chiede notizie sul suo ritorno a casa e sulla sorte di Odisseo.

555 «È il figlio di Laerte, che in Itaca ha casa: l’ho visto in un’isola versar largo pianto, nella dimora della ninfa Calipso, che a forza lo tiene. E non può ritornare alla terra paterna, perché non ha navi armate di remi, non ha compagni 560 che lo trasportino sul dorso ampio del mare».

Da Omero, Odissea, trad. di R. Calzecchi-Onesti, Einaudi, Torino

6. Nari: narici.

7. Cuore costante: animo determina-to.

8. Sul frangente del mare: sulla batti-gia, dove si infran-gono le onde.

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Volume C

Epica

Comprensione

1 Chi racconta questo episodio?

2 Chi sono, invece, i protagonisti del racconto?

3 A chi viene fatto questo racconto?

4 Per quale motivo?

Analisi

1 Descrivi il dio marino Proteo, raccogliendo tutte le informazioni che trovi sparse nel racconto.

2 Da una delle sue caratteristiche è derivato l’aggettivo “proteiforme”: sai che cosa significa? In caso contrario riesci a dedurne il significato sulla base di quanto hai letto?

3 Proteo dorme in mezzo alle foche, incurante dell’acuto odore del mare e del puzzo micidiale, che invece risultano insopportabili per Menelao e i suoi compagni: come si spiega questa immagine così poco “divina” di un dio?

4 La storia di Proteo dimostra che gli dèi non sono invincibili: quali sono, infatti, le uniche due caratteristiche che li rendono superiori agli uomini?

5 Idotea aiuta Menelao in molti modi: quali? Che cosa dimostra il suo aiuto a un mor-tale?

6 Ella insiste molto sulla veridicità delle sue parole: dove? E per quale motivo?

7 Ricordi perché Calipso trattiene Odisseo nell’isola? Ella lo lascerà andare solo per il volere degli dèi, che assecondano i piani dell’unica divinità a loro superiore: chi?

8 Che figura retorica è della bella Figlia del mare?

9 Che cos’è l’espressione con cuore costante? Perché la definisci in questo modo?

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Unità 3

L’epica classica

C

VERIFICA FINALEUnità 3: L’epica classicaIl tema degli dèi e dell’aldilà

Alunno Classe Data

eneIde VIrGIlIo

Enea, mentre si trova nell’Ade, scorge Didone.Libro ……, vv. 450-479.

Lo spirito di Didone

450 La fenicia Didone con la ferita ancor fresca s’aggirava nel bosco. Quando l’ eroe troiano le fu vicino, e la vide, e la riconobbe, oscura nell’ombra, come chi vede o crede di vedere un’esilissima falce di luna all’inizio del mese455 sorgere tra le nubi, si sciolse in pianto e le disse con dolce amore: «Infelice Didone, dunque era vera la voce che eri morta, che avevi obbedito al tuo estremo destino col ferro. Ahimè, io sono stato la causa della tua morte? Lo giuro per le stelle e i Celesti,460 per quel che c’è di più sacro sotto la terra profonda, ho lasciato il tuo lido, regina, mio malgrado. Mi spinsero a fuggire gli ordini degli Dei, che m’obbligano adesso a andare attraverso le Ombre per un cammino spinoso e un’altissima notte;465 non avrei mai creduto di darti un tale dolore partendo da Cartagine. Fermati, non sottrarti alla mia vista! Chi fuggi? Questa è l’ultima volta, per volere del Fato, che io posso parlarti». Così Enea cercava di calmare quell’anima470 ardente di furioso dolore, dagli sguardi torvi, e volgerla al pianto. Ma Didone, girando la testa, teneva gli occhi fissi sul suolo, senza commuoversi in volto per quel discorso, più che fosse un’aspra selce o una rupe di Marpesso1.

1. Aspra… Mar-pesso: una dura pietra o un pezzo del marmo bianco del Marpesso, un monte dell’isola di Paro, che si trova nel Mar Egeo.

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Volume C

Epica

475 Infine scappò via, si rifugiò sdegnata nel bosco ombroso, dove il primo marito Sicheo condivide i suoi affanni e ricambia il suo amore. Ma Enea la seguì in lagrime per lungo tratto, mentre s’allontanava, pietoso, dolente della sua sorte.

Da Virgilio, Eneide, trad. di C. Vivaldi, Edisco, Torino

Comprensione

1 Perché Didone ha una ferita ancor fresca?

2 Che cosa fa Didone mentre Enea parla?

3 Chi è Sicheo?

Analisi

1 A quale libro appartengono questi versi? Quale caratteristica ha questo libro? Perché?

2 Dove si trova Didone? Ti ricordi quali caratteristiche ha questo luogo? E perché anche Sicheo si trova qui?

3 Virgilio indica l’amore con due metafore: la ferita e la fiamma. Trovi che esse si addi-cano alla morte della regina? Perché?

4 Secondo Virgilio chi è morto per amore trova pace nell’aldilà?

5 Quali giustificazioni dà Enea per spiegare la sua partenza?

6 Secondo alcuni critici le parole di Enea evidenzierebbero un sincero pentimento per quanto accaduto, secondo altri, al contrario, alcune espressioni dimostrerebbero che egli non ha sofferto più di tanto. Quale delle due ipotesi di lettura condividi? Per quale motivo?

7 L’espressione le fu vicino, e la vide, e la riconobbe può essere considerata un

……………………………………: per quale motivo? Essa è stata usata per sottolineare

…………………………………………………………

8 Commenta il paragone che illustra lo stato d’animo di Didone di fronte ad Enea.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

VERIFICA FINALEUnità 4: L’epica cavalleresca

Il tema della guerra e della virtù dell’eroe

Alunno Classe Data

la Chanson de roland Leggi con attenzione queste lasse, tratte dalla Chanson de Roland, che raccontano la morte del valoro-so paladino Orlando, avvenuta durante la battaglia di Roncisvalle.

La morte di Orlando

168I monti sono alti e altissime le piante;quattro pietre son là di marmo risplendente.Sull’erba verde sviene il conte Orlando.Un saraceno tuttavia lo spia,si finge morto e giace in mezzo agli altri;ha sporcato di sangue il corpo e il viso,s’alza in piedi e di corsa s’avventa.Bello era e forte e di gran valore;per orgoglio commette follia mortale:afferra Orlando e il suo corno e le sue armi,e dice solamente: «È vinto il nipote di Carlo!Questa spada porterò in Arabia».A quel tirare il conte si riprende un poco.

169Orlando sente che gli sottrae la spada.Apre gli occhi e dice solamente:«Ch’io sappia, tu non sei dei nostri!».Stringe l’olifante1 che non volle perder mai,lo colpisce sull’elmo ch’era gemmato e d’oro: spezza l’acciaio e la testa e le ossa,gli occhi gli fa schizzare fuori dal capo,giù ai suoi piedi l’ha abbattuto morto.Quindi gli dice: «Vile, come fosti così temerario d’afferrarmi, né a torto né a ragione2?

1. Olifante: il corno magico che Orlan-do usa per dare i segnali alle trup-pe. Ha un suono potentissimo ed è stato ricavato da una zanna di ele-fante.

2. Né a torto… ra-gione: non a torto perché è un nemi-co, ma neanche a ragione, perché ha aggredito un uomo svenuto.

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Volume C

Epica

Chi lo saprà, ti prenderà per folle.S’è spezzato il padiglione3 del mio olifante, caduti sono il cristallo e l’oro».

170Orlando sente che la vista ha perduto;si drizza in piedi, si sforza quanto può; il suo viso ogni colore ha perduto.Davanti a lui c’è una pietra bruna:vibra dieci colpi con dolore ed ira;stride l’acciaio, ma non si spezza o spunta. «Ah! – dice il conte – Santa Maria, aiuto! Ah! mia buona Durendal4, pietà di voi! Poiché io muoio, di voi non ho più cura. Tante battaglie sul campo con voi ho vinto e tante vaste terre ho conquistato,che tiene Carlo, dalla barba canuta!Non v’abbia mai chi per un altro fugge! Un buon vassallo5 vi ha tenuto a lungo: Francia la libera mai ne avrà uno simile».

171Colpisce Orlando la pietra di Cerritania6:stride l’acciaio, ma non si scheggia o spunta. Quando comprende che non può spezzarla, dentro di sé comincia a piangerla:«Ah! Durendal, come sei chiara e bianca!Contro il sole come splendi e fiammeggi!Era Carlo nelle valli di Moriane,quando Dio dal cielo gli ordinò per un angelo7

che ti donasse a un conte capitano:allora me la cinse il re gentile, il grande.Con lei gli ho conquistato l’Anjou e la Bretagna, con lei gli ho conquistato e Poitou e Maine;con lei gli ho conquistato Normandia la nobile; con lei gli ho conquistato Provenza ed Aquitania e Lombardia e tutta la Romagna;gli ho conquistato Baviera e l’intera Fiandrae Bulgaria e tutta la Polonia,Costantinopoli, di cui ebbe l’omaggio,ed in Sassonia può tutto ciò che vuole;con lei gli ho conquistato Scozia e Irlandae l’Inghilterra che “sua camera”8 chiamava;con lei gli ho conquistato paesi e terre tante,che tiene Carlo dalla barba bianca.Per questa spada ho dolore e pena:preferisco morire che abbandonarla tra i pagani. Dio padre, non lasciare che Francia sia disonorata!»

3. Padiglione: l’e-stremità svasata, opposta all’imboc-catura, che racco-glie i suoni e li con-voglia nel cilindro.

4. Durendal: la spa-da di Orlando; nel-la tradizione po-polare il suo nome diventa Durlinda-na o Durindarda. Orlando cerca di spezzarla perché non vuole che fi-nisca nelle mani del nemico; per lo stesso motivo cer-ca di nascondere anche l’olifante.

5. Vassallo: è l’uo-mo di fiducia del re, cioè colui che ne amministra un territorio e che gli è fedele in guerra.

6. Cerritania: una regione dei Pirenei orientali ricca di granito.

7. Per un angelo: per mezzo di un ange-lo.

8. “Sua camera”: suo dominio per-sonale.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

172Orlando sferra colpi su una pietra grigia:più ne frantuma di quanto io sappia dire. Stride la spada, non si scheggia o spezza, rimbalza in alto contro il cielo.Quando il conte vede che non potrà spezzarla,dolcissimamente la piange dentro sé:«Ah! Durendal, come sei bella e santa!Il tuo pomo d’oro è colmo di reliquie9:il dente di san Pietro, il sangue di san Basilio e i capelli del signor mio san Dionigi;e un lembo della veste di santa Maria.Non è giusto che t’abbiano i pagani;dai cristiani dovete esser servita.Non v’abbia mai chi faccia codardia!Con voi avrò conquistato tante vaste terre, che tiene Carlo dalla barba fiorita10,e così l’imperatore è potente e ricco».

173Orlando sente che la morte lo invade,dalla testa sul cuore gli discende. Sotto un pino se ne va correndo, sull’erba verde s’è coricato prono, sotto di sé mette la spada e il corno. Ha rivolto il capo verso la pagana gente: l’ha fatto perché in verità desiderache Carlo dica a tutta la sua genteche da vincitore11 è morto il nobile conte. Confessa la sua colpa rapido e sovente12, per i suoi peccati tende il guanto a Dio13.

174Orlando sente che il suo tempo è finito.Sta sopra un poggio scosceso, verso Spagna; con una mano s’è battuto il petto:«Dio! mea culpa, per la grazia tua,dei miei peccati, dei piccoli e dei grandi, che ho commesso dal giorno che son nato fino a questo giorno in cui sono abbattuto!» Il guanto destro ha teso verso Dio.Angeli dal cielo sino a lui discendono.

175Il conte Orlando è disteso sotto un pino,verso la Spagna ha rivolto il viso.Di molte cose comincia a ricordarsi,

9. Il tuo… reliquie: le reliquie (gene-ralmente fram-menti di oggetti sacri o parti del corpo dei santi) avevano il compi-to di proteggere il cavaliere durante i combattimenti.

10. Fiorita: bianca come i fiori di biancospino.

11. Da vincitore: perché ha il viso rivolto verso il nemico.

12. Sovente: più vol-te.

13. Tende… Dio: in segno di totale sottomissione, come avrebbe fatto nei confronti del suo re.

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Volume C

Epica

di tante terre che ha conquistato, il prode, della dolce Francia, della sua stirpe,di Carlomagno, suo re, che lo nutrì;non può frenare lacrime e sospiri.Ma non vuol dimenticar se stesso, proclama la sua colpa, chiede pietà a Dio:«O padre vero, che giammai mentisci, tu che resuscitasti Lazzaro da mortee Daniele salvasti dai leoni,salva l’anima mia da tutti i pericoli per i peccati che in vita mia commisi!» A Dio ha offerto il guanto destro:san Gabriele con la sua mano l’ha preso. Sopra il braccio teneva il capo chino; con le mani giunte è andato alla sua fine. Dio gli manda l’angelo Cherubinoe san Michele del Pericolo del mare; insieme a loro venne san Gabriele: portano in paradiso l’anima del conte.

Da Chanson de Roland, trad. di G. Ruffini, Guanda, Milano

Analisi, riflessione e produzione

1 Traccia (con numerosi riferimenti al testo) un ritratto dell’eroe Orlando.

2 Confronta questo tipo di eroe con un altro (o altri) scelto (scelti) a tuo piacere tra i personaggi delle opere di Boiardo, Ariosto e Tasso.

3 Illustra le principali caratteristiche della poesia epico-cavalleresca (anche in que-sto caso con numerosi riferimenti al testo).

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

VERIFICA FINALEUnità 4: L’epica cavalleresca

Il tema dell’amore e dei sentimenti

Alunno Classe Data

Conoscenza dell’argomento

1 Quando è stata composta l’opera da cui è tratto il passo?

2 Perché essa ha un legame molto stretto con l’Orlando innamorato di Boiardo?

3 Che cosa si intende per medietas?

orlando furIoso ludoVICo arIosto

Cloridano e Medoro, due guerrieri pagani legati da una profonda amicizia, tentano di recuperare il cadave-re del loro comandante, Dardinello, che il giorno prima è stato ucciso in battaglia.Canto XVIII, ottave 165-166, 170-172, 186-190; canto XIX, ottave 1-3, 6-10, 13-17 (6).

Cloridano e Medoro

165Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro,d’oscura stirpe nati in Tolomitta1;de’ quai l’istoria, per esempio rarodi vero amore, è degna esser descritta.Cloridano e Medor si nominaro2,ch’alla fortuna prospera e alla afflitta3

aveano sempre amato Dardinello,et or passato in Francia il mar con quello.

166Cloridan, cacciator tutta sua vita,di robusta persona era et isnella:

1. Duo Mori… Tolo-mitta: lì (nel cam-po posto vicino alle mura di Parigi, dove si è svolta una furiosa battaglia) tra gli altri soldati saraceni c’erano due Mori di umile origine, nati a Tol-metta (una località sulle coste della Cirenaica).

2. Si nominaro: si chiamavano.

3. Ch’alla… afflitta: che nella buona e nella cattiva sorte.

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Volume C

Epica

Medoro avea la guancia coloritae bianca e grata ne la età novella4;e fra la gente a quella impresa uscitanon era faccia più gioconda e bella:occhi avea neri, e chioma crespa d’oro:angel parea di quei del sommo coro5.

Durante la notte Medoro confida a Cloridano il suo proposito: poichè non sopporta il pensiero del cadavere del suo signore abbandonato ai lupi e ai corvi, ha deciso di andare a cercarlo nel campo nemico, consapevole – ma incurante – dell’enorme pericolo a cui va incontro.

170Stupisce Cloridan, che tanto core,tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo:e cerca assai, perché gli porta amore,di fargli quel pensiero irrito e nullo6;ma non gli val, perch’un sì gran dolorenon riceve conforto né trastullo7.Medoro era disposto o di morire,o ne la tomba il suo signor coprire.

171Veduto che nol piega e che nol muove,Cloridan gli risponde: – E verrò anch’io,anch’io vuo’ pormi a sì lodevol pruove,anch’io famosa morte amo e disio.Qual cosa sarà mai che più mi giove8,s’io resto senza te, Medoro mio?Morir teco con l’arme è meglio molto,che poi di duol, s’avvien che mi sii tolto. –

172Così disposti, messero in quel locole successive guardie9, e se ne vanno.Lascian fosse e steccati, e dopo pocotra’ nostri son, che senza cura10 stanno.Il campo dorme, e tutto è spento il fuoco,perché dei Saracin poca tema hanno.Tra l’arme e’ carrïaggi stan roversi11,nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi.

I due Mori attraversano il campo nemico: spinti dal desiderio di vendetta uccidono molti soldati addormentati. Dopo aver oltrepassato le tende dell’esercito cristiano, essi arrivano al campo di battaglia, dove giacciono ancora i cadaveri dei caduti. Il buio non permette di distinguerli: ma la Luna, commossa dalle preghiere di Medo-ro, illumina con un raggio il cadavere di Dardinello.

4. Grata… novella: leggiadra per la giovane età.

5. Di quei… coro: del coro dei Serafi-ni, la più alta gerar-chia angelica.

6. Irrito e nullo: va-no e senza effetto.

7. Ma non… tra-stullo: ma non ci riesce, perché un dolore così grande non può trovare né conforto né distra-zione.

8. Qual cosa… gio-ve: che cosa ci sarà mai che potrebbe piacermi ancora.

9. Le successive guardie: le guar-die del turno suc-cessivo.

10. S e n z a c u r a : senza a lcuna preoccupazione (perché hanno appena vinto una lunga battaglia contro i nemici).

11. Tra l’arme… ro-versi: sono riversi tra le armi e i carri da guerra.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

186Rifulse lo splendor molto più chiaroove d’Almonte giacea morto il figlio.Medoro andò, piangendo, al signor caro;che conobbe il quartier bianco e vermiglio12:e tutto ’l viso gli bagnò d’amaropianto, che n’avea un rio13 sotto ogni ciglio,in sì dolci atti, in sì dolci lamenti,che potea ad ascoltar fermare i venti14.

187Ma con sommessa voce e a pena udita;non che riguardi a non si far sentire15,perch’abbia alcun pensier de la sua vita,più tosto l’odia, e ne vorrebbe uscire:ma per timor che non gli sia impedital’opera pia che quivi il fe’ venire.Fu il morto re sugli omeri sospesodi tramendui, tra lor partendo il peso16.

188Vanno affrettando i passi quanto ponno17,sotto l’amata soma che gl’ingombra18.E già venìa chi de la luce è donnole stelle a tor del ciel, di terra l’ombra19;quando Zerbino20, a cui del petto il sonnol’alta virtude, ove è bisogno, sgombra,cacciato avendo tutta notte i Mori,al campo si traea21 nei primi albori.

189E seco alquanti cavallieri avea22,che videro da lunge i dui compagni.Ciascuno a quella parte si traea,sperandovi trovar prede e guadagni23.– Frate, bisogna (Cloridan dicea)gittar la soma, e dare opra ai calcagni24;che sarebbe pensier non troppo accorto,perder duo vivi per salvar un morto. –

12. Che conobbe… vermiglio: per-ché riconobbe lo scudo diviso in quattro parti (dette quartieri) bianche e rosse.

13. Rio: fiume.

14. Che… venti: che avrebbero potuto fermare i venti (scelti perché so-no gli elementi più mobili e in-costanti della na-tura).

15. Non che… sen-tire: non perché faccia attenzione a non farsi sentire.

16. Di tramendui… peso: di entram-bi, e il peso risul-tava equamente distribuito.

17. Ponno: possono.

18. Sotto… ingom-bra: sotto l’ama-to carico (cioè il cadavere del loro signore) che li o-stacola.

19. E già… ombra: e già giungeva il so-le, signore (donno, dal latino domi-nus) della luce, a togliere dal cielo le stelle e dalla terra l’ombra.

20. Zerbino: un prin-cipe scozzese che combatte al servi-zio di Carlo Ma-gno.

21. Si traea: tornava.

22. E seco… avea: e aveva con sé nu-merosi cavalieri.

23. Ciascuno… gua-dagni: ciascuno andava da quella parte, sperando di trovarci un ric-co bottino.

24. Frate… calcagni: amico, bisogna (diceva Clorida-no) gettare il cari-co e scappare.

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Volume C

Epica

190E gittò il carco, perché si pensavache ’l suo Medoro il simil far dovesse:ma quel meschin, che ’l suo signor più amava,sopra le spalle sue tutto lo resse.L’altro con molta fretta se n’andava,come l’amico a paro o dietro avesse:se sapea di lasciarlo a quella sorte,mille aspettate avria, non ch’una morte25.

Zerbino e i suoi uomini circondano i due amici, che cercano scampo in una vicina foresta. Qui il canto si interrompe.

CANTO DECIMONONO

1Alcun non può saper da chi sia amato,quando felice in su la ruota siede;però c’ha i veri e i finti amici a lato,che mostran tutti una medesma fede26.Se poi si cangia in tristo il lieto stato,volta la turba adulatrice il piede;e quel che di cor ama riman forte,et ama il suo signor dopo la morte.

2Se, come il viso, si mostrasse il core,tal ne la corte è grande e gli altri preme,e tal è in poca grazia al suo signore,che la lor sorte muteriano insieme27.Questo umil diverria tosto il maggiore:staria quel grande infra le turbe estreme28.Ma torniamo a Medor fedele e grato,che ’n vita e in morte ha il suo signore amato.

3Cercando gìa nel più intricato calle il giovine infelice di salvarsi29;ma il grave peso ch’avea su le spalle,gli facea uscir tutti i partiti scarsi30.Non conosce il paese, e la via falle31,e torna fra le spine a invilupparsi.Lungi da lui tratto al sicuro s’eral’altro, ch’avea la spalla più leggiera.

Cloridano, ormai al sicuro, si accorge che l’amico non è accanto a lui: senza pensar-ci un attimo torna sui suoi passi e lo trova circondato dai nemici.

25. Mille… morte: avrebbe aspettato non una, ma mille morti.

26. Alcun… fede: nessuno può sa-pere da chi sia amato quando vive nella buona sorte, perché ha accanto gli amici veri e quelli falsi, che gli mostrano tutti la medesima amicizia.

27. Tal… insieme: alcuni che nella corte sono tenuti in grande con-siderazione ed umiliano gli altri e altri che invece godono di scarsa considerazione da parte del loro signore si scam-bierebbero le parti.

28. Questo… estre-me: chi è in basso diventerebbe su-bito il più grande e quello che sta in alto finirebbe nelle schiere dei cortigiani meno importanti.

29. Cercando… sal-varsi: il giovane sventurato cer-cando di salvarsi andava per il sen-tiero più tortuoso.

30. Uscir… scarsi: riuscire inefficaci tutti i tentativi.

31. La via falle: sba-glia strada.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

6Cento a cavallo, e gli son tutti intorno:Zerbin commanda e grida che sia preso.L’infelice s’aggira com’un torno32,e quanto può si tien da lor difeso,or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno,né si discosta mai dal caro peso.L’ha riposato al fin su l’erba, quando33

regger nol puote, e gli va intorno errando:

7come orsa, che l’alpestre cacciatorene la pietrosa tana assalita abbia,sta sopra i figli con incerto core, e freme in suono di pietà e di rabbia34:ira la ’nvita e natural furorea spiegar l’ugne e a insanguinar le labbia35;amor la ’ntenerisce, e la ritiraa riguardare ai figli in mezzo l’ira36.

8Cloridan, che non sa come l’aiuti,e ch’esser vuole a morir seco ancora,ma non ch’in morte prima il viver muti,che via non truovi ove più d’un ne mora37;mette su l’arco un de’ suoi strali acuti,e nascoso con quel sì ben lavora,che fora ad uno Scotto38 le cervella,e senza vita il fa cader di sella.

9Volgonsi tutti gli altri a quella bandaond’era uscito il calamo39 omicida.Intanto un altro il Saracin ne manda,perché ’l secondo a lato al primo uccida;che mentre in fretta a questo e a quel domandachi tirato abbia l’arco, e forte grida,lo strale arriva e gli passa la gola,e gli taglia pel mezzo la parola.

10Or Zerbin, ch’era il capitano loro,non poté a questo aver più pazïenza.Con ira e con furor venne a Medoro,dicendo: – Ne farai tu penitenza. –Stese la mano in quella chioma d’oro,e strascinollo a sé con vïolenza:

32. Torno: tornio (Medoro, cioè, gira sempre nello stesso punto).

33. Quando: dal mo-mento che.

34. Con incerto co-re… rabbia: con il cuore diviso tra la rabbia contro il cacciatore e l’a-more per i figli e freme con versi di affetto (per gli u-ni) e di rabbia (per l’altro).

35. A spiegar… lab-bia: a tirar fuori le unghie e ad assalire a morsi il cacciatore.

36. La ritira… ira: la induce a proteg-gere i piccoli, pur nell’ira.

37. Che… mora: che non sa come aiu-tarlo e che vuol essere con lui an-che nella morte, ma che non vuole mutare la sua vita in morte prima di far morire qual-che nemico.

38. Scotto: scozzese.

39. A quella… ca-lamo: da quella parte da cui è ar-rivata la freccia (è un latinismo, perché in latino freccia si dice ca-lamus).

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Volume C

Epica

ma come gli occhi a quel bel volto mise,gli ne venne pietade, e non l’uccise.

Medoro prega Zerbino di lascirgli seppellire il suo signore; Zerbino è profondamen-te commosso da tanta fedeltà.

13In questo mezzo40 un cavallier villano,avendo al suo signor poco rispetto,ferì con una lancia sopra mano41

al supplicante il delicato petto.Spiacque a Zerbin l’atto crudele e strano42;tanto più, che del colpo il giovinettovide cader sì sbigottito e smorto,che ’n tutto giudicò che fosse morto.

14E se ne sdegnò in guisa e se ne dolse43,che disse: – Invendicato già non fia! –e pien di mal talento44 si rivolseal cavallier che fe’ l’impresa ria45:ma quel prese vantaggio, e se gli46 tolsedinanzi in un momento, e fuggì via.Cloridan, che Medor vede per terra,salta dal bosco a discoperta guerra.

15E getta l’arco, e tutto pien di rabbiatra gli nimici il ferro intorno gira,più per morir, che per pensier ch’egli abbiadi far vendetta che pareggi l’ira.Del proprio sangue rosseggiar la sabbiafra tante spade, e al fin venir si mira47;e tolto che si sente ogni potere,si lascia a canto al suo Medor cadere.

16Seguon gli Scotti ove la guida loroper l’alta selva alto disdegno mena48,poi che lasciato ha l’uno e l’altro Moro,l’un morto in tutto, e l’altro vivo a pena.Giacque gran pezzo il giovine Medoro,spicciando il sangue da sì larga vena49,che di sua vita al fin saria venuto,se non sopravenia chi gli diè aiuto.

40. In questo mez-zo: in questo mo-mento.

41. Sopra mano: è un’espressione tecnica che indica uno dei modi con cui si poteva im-pugnare la lancia.

42. Strano: estraneo al codice cavalle-resco.

43. In guisa… dolse: in modo tale che se ne ebbe molto a male.

44. Mal talento: fu-rore.

45. Ria: malvagia.

46. Se gli: gli si.

47. Del proprio… si mira: vede la sabbia diventare rossa del proprio sangue e si vede arrivare alla mor-te.

48. Ove… mena: il loro comandante, là dove lo condu-ce per la fitta selva il più profondo sdegno per l’ac-caduto.

49. S p i c c i a n d o … vena: perdendo sangue con tanta abbondanza.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

17Gli sopravenne a caso una donzella,avolta in pastorale et umil veste,ma di real presenzia e in viso bella,d’alte maniere e accortamente oneste.Tanto è ch’io non ne dissi più novella50,ch’a pena riconoscer la dovreste:

Da L. Ariosto, Orlando furioso, Einaudi, Torino

Comprensione

1 Chi sono Cloridano e Medoro?

2 Chi è Zerbino?

3 Per quale motivo Cloridano e Medoro tentano una sortita notturna?

4 Chi è la donna che sta arrivando e che salverà Medoro?

Analisi, riflessione e produzione

1 Questo racconto è ispirato a due temi caratteristici del genere epico-cavalleresco,

la ……………………………………………… e l’………………, e presenta un momento

tipico del genere epico: quale?

2 Descrivi il personaggio di Medoro, spiegando perché è una figura più ideale che reale.

3 Descrivi il personaggio di Cloridano, illustrando, in particolare, il suo buon senso e le caratteristiche del suo eroismo.

4 Zerbino è un personaggio positivo, che ha una funzione ben precisa: quale?

5 Perché il poeta sospende la narrazione alla fine di un canto e la ricomincia nell’altro? Che cosa gli consente questa interruzione?

6 Nel testo ci sono alcune iperboli: spiega questa figura retorica e indicane due esempi.

7 Quale figura retorica riconosci in questa espressione: cercando gìa nel più intricato calle il giovine infelice di salvarsi?

8 Ricorderai certamente il racconto virgiliano che ha come protagonisti Eurialo e Niso: quale dei due racconti ti pare illustrare meglio il sentimento dell’amicizia? Per quale motivo?

50. Tanto… dovre-ste: è da tanto che non do più noti-zie di lei.

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Volume C

Epica

VERIFICA FINALEUnità 4: L’epica cavalleresca

Il tema della religione

Alunno Classe Data

Conoscenza dell’argomento

1 Quali avvenimenti storici e culturali condizionarono pesantemente il clima in cui fu scritta la Gerusalemme liberata?

2 L’invocazione del proemio illustra lo scopo di quest’opera: qual è?

3 Il fatto storico che è alla base dell’opera è ricostruito con fedeltà? Per quale motivo?

Gerusalemme lIberata torquato tasso

Erminia, una coraggiosa guerriera pagana, fugge in una foresta perché è inseguita dai Crociati. Dopo averli seminati, ella giunge sulle rive del fiume Giordano, dove si addormenta. Al risveglio Erminia scopre, insieme alla bellezza del luogo, la pace e la serenità della vita pastorale. Canto VII, ottave 5 – 14.

Erminia tra i pastori

5Non si destò fin che garrir gli augelli1

non sentì lieti e salutar gli albori2,e mormorar il fiume e gli arboscelli3, e con l’onda scherzar l’aura4 e co i fiori. Apre i languidi lumi5 e guarda quelli alberghi solitari6 de’ pastori,e parle voce udir tra l’acqua e i rami ch’ a i sospiri ed al pianto la richiami.

1. Garrir gli augelli: cantare gli uccelli.

2. Gli albori: le pri-me luci dell’alba.

3. Arboscelli: fronde degli alberi.

4. L’aura: il vento.

5. Languidi lumi: gli occhi malinconici (Erminia soffre per amore, perché a-ma, non ricambia-ta, Tancredi).

6. Alberghi solitari: dimore solitarie.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

6Ma son, mentr’ella piange, i suoi lamenti rotti da un chiaro suon ch’a lei ne viene, che sembra ed è di pastorali accenti misto e di boscareccie inculte avene7. Risorge8, e là s’indrizza a passi lenti,e vede un uom canuto a l’ombre amene tesser fiscelle9 a la sua greggia a cantoed ascoltar di tre fanciulli il canto.

7Vedendo quivi comparir repente10 l’insolite arme, sbigottìr costoro;ma li saluta Erminia e dolcementegli affida11, e gli occhi scopre e i bei crin d’oro: – Seguite, – dice – aventurosa12 genteal Ciel diletta, il bel vostro lavoro,ché non portano già guerra quest’ armia l’opre vostre, a i vostri dolci carmi. –

8Soggiunse poscia13: – O padre, or che d’intorno d’alto incendio di guerra arde il paese,come qui state in placido soggiornosenza temer le militari offese?– Figlio14, – ei rispose – d’ogni oltraggio e scorno15 la mia famiglia e la mia greggia illesesempre qui fur16, né strepito di Marteancor turbò questa remota parte.

9O sia grazia del Ciel che l’umiltade d’innocente pastor salvi e sublime17, o che, sì come il folgore non cade in basso pian ma su l’eccelse cime, così il furor di peregrine18 spadesol de’ gran re l’altere teste opprime, né gli avidi soldati a preda alletta19 la nostra povertà vile e negletta20.

10Altrui21 vile e negletta, a me sì cara che non bramo tesor né regal verga22, né cura o voglia ambiziosa o avara23 mai nel tranquillo del mio petto alberga.

7. Di pastorali… avene: di canti di pastori mescolati al suono di rozze e rustiche zampo-gne.

8. Risorge: si alza in piedi.

9. A l’ombre… fi-scelle: intrecciare cestelli di vimini sotto le gradevoli ombre (delle pian-te).

10. Repente: im-provvisamente.

11. Gli affida: li ras-sicura.

12. Aventurosa: for-tunata.

13. Poscia: poi.

14. Figlio: Erminia ha chiamato pa-dre l’anziano pa-store in segno di rispetto; il pasto-re ricambia chia-mandola figlio, perché Erminia, anche se ha tolto l’elmo, è ancora vestita come un guerriero.

15. Oltraggio e scor-no: aggressione e insulto.

16. Fur: furono.

17. Sublime: renda privilegiata.

18. Peregrine: stra-niere.

19. A preda alletta: invita a fare bot-tino.

20. Vile e negletta: umile e disprez-zata.

21. Altrui: per gli al-tri.

22. Regal verga: scettro regale.

23. Né cura… ava-ra: né tormento o brama di onori o di ricchezze.

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Volume C

Epica

Spengo la sete mia ne l’acqua chiara, che non tem’io che di venen s’asperga24, e questa greggia e l’orticel dispensa cibi non compri25 a la mia parca26 mensa.

11Ché poco è il desiderio, e poco è il nostro bisogno onde27 la vita si conservi.Son figli miei questi ch’addito e mostro, custodi de la mandra, e non ho servi. Così me ‘n vivo in solitario chiostro28, saltar veggendo i capri snelli e i cervi,ed i pesci guizzar di questo fiumee spiegar gli augelletti al ciel le piume.12Tempo già fu, quando più l’uom vaneggia ne l’età prima29, ch’ebbi altro desioe disdegnai di pasturar la greggia;e fuggii dal paese a me natio,e vissi in Menfi un tempo, e ne la reggia fra i ministri30 del re fui posto anch’io,e ben che fossi guardian de gli orti31

vidi e conobbi pur l’inique corti32.

13Pur lusingato da speranza ardita soffrii lunga stagion ciò che più spiace33; ma poi ch’insieme con l’età fiorita34

mancò la speme e la baldanza audace35, piansi i riposi di quest’umil vitae sospirai la mia perduta pace,e dissi: «O corte, a Dio». Così, a gli amici boschi tornando, ho tratto36 i dì felici. –

14Mentre ei così ragiona, Erminia pende da la soave bocca37 intenta e cheta;e quel saggio parlar, ch’al cor le scende, de’ sensi in parte le procelle acqueta38. Dopo molto pensar, consiglio prende in quella solitudine secretainsino a tanto almen farne soggiorno ch’agevoli fortuna il suo ritorno39.

Da T. Tasso, Gerusalemme liberata, Mondadori, Milano

24. Di venen s’a-sperga: sia con-taminata con il veleno.

25. Non compri: non comprati.

26. Parca: povera.

27. Onde: affinché.

28. Me… chiostro: io vivo in un so-litario luogo ap-partato.

29. Tempo g ià… prima: vi è stata un’epoca, duran-te la giovinezza, quando l’uomo si illude di più.

30. Ministri: servi-tori.

31. Guardian de gli orti: custode dei giardini.

32. L’inique corti: le ingiustizie delle corti.

33. Pur lusingato… spiace: tuttavia, allettato dalla speranza di qual-che incarico più nobile, sopportai per lungo tempo le peggiori umi-liazioni.

34. Età fiorita: giovi-nezza.

35. Baldanza auda-ce: audace entu-siasmo.

36. Ho tratto: ho tra-scorso.

37. Da la soave boc-ca: dalla bocca che pronuncia dolci parole.

38. De’ sensi… ac-queta: placa in parte le tempeste dei suoi senti-menti.

39. Consiglio… ritorno: prende la decisione di soggiornare in quella solitudine appartata almeno sino a quando un caso favorevole non renda possibile il suo ritorno.

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Unità 4

L’epica cavalleresca

C

Comprensione

1 Chi è Erminia?

2 Perché è arrivata in questo luogo?

3 Chi vi incontra?

Analisi

1 L’incontro con i pastori porta all’interno del mondo militarizzato una pausa, che può costituire una forte critica nei confronti della guerra: per quale motivo?

2 Confermano questa ipotesi di lettura i vocaboli e le espressioni usati per definire ciò che ha attinenza con la guerra: quali sono? Perché si discostano molto dal linguag-gio solitamente usato per celebrare l’eroismo cavalleresco?

3 Ma la critica si estende anche a un altro mondo: quale? E perché?

4 Con quale espediente il poeta fa in modo che questa seconda critica risulti partico-larmente chiara?

5 Quale ideale di vita illustrano le parole del pastore?

6 Quale insegnamento richiamano in modo esplicito queste parole? È significativo, in questo senso, che esse siano pronunciate proprio da un pastore?

7 Perché il pastore può essere considerato una proiezione autobiografica di Tasso?

8 Tasso usa con molta abilità la figura retorica dell’enjambement: spiega in che cosa consiste e commenta tre esempi che ti paiono particolarmente significativi.

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Volume C

Epica

SOLUZIONIVolume C: EpICA

Unità 2: I pRIMI pOEMI EpICI

Conoscenza dell’argomento1 I primi racconti furono elaborati a partire dall’inizio del III millennio a.C. dal popolo dei Sumeri,

che abitavano la parte della Mesopotamia meridionale compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate.

2 Tra il II e il I millennio a.C.

3 All’inizio essi furono trasmessi oralmente, poi, nel I millennio a.C., il racconto fu trascritto, in caratteri cuneiformi, su dodici tavolette d’argilla: esso ci è pervenuto proprio grazie a queste tavolette.

Comprensione1 “Amico mio, azzoppa, uccidi, schiaccia Khubaba, il guardiano della Foresta dei Cedri, in modo

che io pos sa sopravvivere. Fa’ ciò prima che il capo di tutti gli dèi, Enlil, possa udirlo e che gli dèi siano pieni di colle ra con noi, Enlil (nel suo santuario) a Nippur e Shamash a Sippar”.

2 Khubaba è un terribile mostro che gli dèi hanno scelto come guardiano della Foresta dei Cedri, il loro luogo sacro. Egli, che è considerato il simbolo del Male, è un essere dal corpo umano ma con artigli da leone e una testa mostruosa coperta da lunghi capelli; sul viso ha dei baffi animaleschi. Ha una forza smisurata e sa usare la parola.

3 Prova a lusingare Gilgamesh, promettendo di donargli, se lo risparmierà, tutti gli alberi che vorrà, il mirto e tronchi di legno che siano orgoglio del suo palazzo.

4 Di non ascoltare le lusinghe del mostro e di abbatterlo il più in fretta possibile, prima che gli dèi possano accorrere in suo aiuto.

Analisi, riflessione e produzione1 Perché non gli interessano le ricchezze ma l’immortalità, che può essere ottenuta solo sotto

forma della fa ma che si conquista con le grandi imprese.

NB: per tutte le prove di verifica saranno fornite le soluzioni solo delle domande che lo consentono.

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Soluzioni

C

2 Quando invita l’amico a non avere pietà del mostro perché, uccidendolo, permetterà che si possa racconta re, ad eterna memoria, come Gilgamesh sgozzò Khubaba.

3 Perché gli dèi non amano particolarmente gli uomini, con cui non vogliono in alcun modo dividere i loro privilegi: per questo motivo non si preoccupano di loro se non quando posso-no rappresentare un pericolo o una minaccia. Khubaba, il guardiano del giardino degli dèi, è dunque il simbolo del loro egoismo e della loro malvagità. Shamash, invece, è il dio del Sole e della saggezza e sta dalla parte del Bene.

4 Le lettere, le parole e le espressioni poste tra parentesi quadre sono state ricostruite dal traduttore perché non leggibili nell’originale; le parentesi tonde contengono, invece, delle aggiunte che il traduttore ha ritenu to necessarie per una migliore comprensione del testo.

5 Un patronimico: il seme di Lugalbandadue apposizioni: Shamash, Signore della montagna… tu, l’erede di Urukuna formula: fece udire la sua parola e disse, così parlò a…un elenco: quello dei venti inviati da Shamash.

6 Un’iperbole, per cui la terra si divide sotto la pressione dei talloni dei due eroi.

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DELLA GUERRA E DELLE VIRTÙ DELL’EROE – ILIADE

Conoscenza dell’argomento1 Una guerra che contrappose un potente esercito greco alla città di Troia a causa della sua

posizione strate gica: Troia, infatti, che controllava il traffico marino che si svolgeva da e per il Mar Nero e imponeva forti tasse per il passaggio delle navi, voleva impedire ai Greci di accedere liberamente dall’Egeo al mar Nero, sbocco naturale della loro espansione marittima e commerciale.

2 Nel 1184 a.C.

3 L’esistenza di Troia: egli ha infatti scoperto sulla collina di Hissarlik, in Turchia, esattamente nei luoghi de scritti da Omero, i resti di una città che ebbe una vita lunga e intensa, proprio come quella di cui parla Omero nell’Iliade.

Comprensione2 Aiace è un soldato dell’esercito greco, molto forte, coraggioso e consapevole del proprio

dovere. Il termine Telamonio è un patronimico (cioè un soprannome derivato dal nome del padre).

3 Ettore, figlio del re di Troia, Priamo, e della regina Ecuba, è il più valoroso guerriero dell’eserci-to troiano. Morirà per mano di Achille dopo averne ucciso il migliore amico, Patroclo.

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Volume C

Epica

4 Perché Achille, il più forte guerriero greco, infuriato con Agamennone, che gli ha sottratto la schiava Brisei de, si è ritirato dal combattimento. Ettore non ha dunque trovato alcun ostacolo sul suo cammino.

5 Vuole incendiare le navi, affinché i Greci non possano più fuggire.

Analisi, riflessione e produzione1 Aiace viene paragonato a un uomo che sa ben montare cavalli, che li spinge a una grande

città per una via frequentata suscitando l’ammirazione di chi assiste alla scena; questo para-gone vuole mettere in eviden za l’agilità, la forza fisica e il coraggio dell’eroe, che si muove a gran passi per i banchi delle navi per esortare i compagni alla difesa.

2 Ettore viene paragonato a un’aquila fulva che piomba su un branco d’uccelli alati, che bec-cano in riva al fiume; questo paragone intende sottolineare la rapidità dell’azione, anche per mettere in risalto il favore e l’aiuto del più grande degli dèi, Zeus, che spinge Ettore con la sua larga mano.

3 Ettore esorta a portare il fuoco con cui essi potranno finalmente passare all’azione, in un gior-no favorevole per il volere degli dèi, per vendicarsi di coloro che li hanno attaccati, strategia resa impossibile fino ad ora dall’opposizione degli Anziani della città; Aiace, invece, si appella al valore greco e alla necessità di non aspettare aiuti che non potranno arrivare.Ettore, esaltato dalla sorte favorevole (i suoi sono, infatti, all’attacco), cerca di trasmettere fiducia e la sensa zione che quelli siano il luogo e il momento giusti per lo scontro decisivo; Aiace, invece, consapevole della difficoltà dell’impresa, tenta di spronare i suoi alla battaglia con una lucida e realistica descrizione della lo ro situazione.

4 Perché egli, giovane e irruente, preferirebbe attaccare anziché difendersi; il lungo assedio della città dimo stra, però, che il piano degli Anziani non è errato, dal momento che i Greci, per vincere, saranno costretti a ricorrere all’inganno del cavallo.

5 Nel braccio è la luce in battaglia, non nell’abbandono: perché esorta a cercare la gloria (luce) in battaglia con la forza e la totale dedizione alla causa anche quando la missione sembra impossibile e invita alla fuga.

6 Per stile formulare si intende il ricorso a formule più o meno cristallizzate e ripetitive che han-no due scopi: facilitare la creazione dei versi e agevolarne l’apprendimento mnemonico. Lo stile formulare si avvale di patronimici, epiteti, apposizioni e vere e proprie formule.

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DELLA GUERRA E DELLE VIRTÙ DELL’EROE – ODISSEA

Conoscenza dell’argomento1 I nostoi sono brevi poemetti che raccontano il ritorno in patria degli eroi che hanno combat-

tuto nella guerra di Troia.

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Soluzioni

C

2 Perché anche l’Odissea contiene il racconto del lungo viaggio che l’eroe Odisseo ha compiu-to per ritornare a Itaca al termine della guerra di Troia.

3 24, come l’Iliade.

Comprensione1 Odisseo è ospite di Alcinoo, re dei Feaci, perché ha fatto naufragio nei pressi dell’isola da lui

governata.

2 Di svelare la sua identità, perché egli si è commosso ascoltando il racconto di un aedo.

3 Perché Circe, che abita sull’isola di Eea, ha l’abitudine di trasformare gli uomini in animali, come è succes so anche ad alcuni compagni di Odisseo.

4 Perché il dio del mare, Poseidone, adirato con lui per l’accecamento di suo figlio Polifemo, sta cercando di ostacolare in ogni modo il suo ritorno a casa, dove lo aspettano la moglie Penelope e il figlio Telemaco, or mai ventenne, che egli ha lasciato neonato.

Analisi, riflessione e produzione1 I cantori (o aedi) giravano per le città e le corti dell’antica Grecia per raccontare le imprese

gloriose degli eroi al suono della cetra, uno strumento musicale a corde: anche in questo passo il banchetto è rallegrato dal racconto di un cantore, che i convitati ascoltano nella sala seduti con ordine, provando nell’animo una grande gioia.

2 Perché Odisseo è stato accolto a corte e onorato con un banchetto anche se di lui non si sa nulla; gli onori dell’ospitalità (bagni profumati, vestiti puliti, banchetti, doni…) legavano l’ospi-te e il suo benefattore in mo do indissolubile e duravano nel tempo, come testimonia Odisseo quando afferma che per questo popolo egli sarà sempre un ospite, anche abitando lontano.

3 All’inizio è commosso e provato, ma appena comincia la presentazione vera e propria (Sono Odisseo…) lascia trasparire l’orgoglio e la consapevolezza dei propri meriti.

4 Le sue astuzie; la sua fama che va fino al cielo; la sua forza d’animo (nessuna però convinse nel petto il mio animo) e il suo smisurato amore per la patria.

6 La sua posizione geografica (intorno sono molte isole, vicine tra loro, Dulichio e Same e Zacinto selvosa. Bassa nel mare essa giace, ultima verso occidente – le altre a parte, verso l’aurora e il sole –) e le sue prin cipali caratteristiche (in essa è un monte che spicca, il Nerito frusciante di foglie; l’isola è irta di sassi).

7 Chiara nel sole e brava nutrice di giovani, due definizioni che lasciano trasparire l’affetto che Odisseo ha per la sua terra, che gli sembra risplendere nel mare e che genera e nutre eroi, come lui e suo figlio.

8 La sostituzione del narratore esterno con il narratore protagonista, espediente che permette di esaltare le emozioni e le sensazioni del personaggio.

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9 È una perifrasi per indicare la morte, cioè un giro di parole che Odisseo usa per evitare di nominare diret tamente la morte durante il banchetto.

10 Vogliosa d’avermi marito; essendo già “pronta” consente al narratore di pensare con calma al verso suc cessivo.

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DELLA GUERRA E DELLE VIRTÙ DELL’EROE – ENEIDE

Conoscenza dell’argomento1 La fuga da Troia e il faticoso viaggio di Enea, destinato dal Fato a fondare una nuova città e

una nuova stirpe, progenitrice dei Romani.

2 La conquista con le armi della terra promessa dal Fato.

3 Dall’imperatore Ottaviano, che vuole che questo testo esalti le sue scelte politiche e la pace che egli ha sa puto riportare a Roma dopo anni di guerra. Virgilio lo elogia tramite la ricostru-zione del lungo viaggio di Enea perché l’imperatore appartiene alla gens Julia, che discende proprio da Enea.

Comprensione1 Un soldato di Odisseo che ha partecipato, per povertà, alla guerra di Troia.

2 Perché è stato dimenticato dai compagni durante la loro precipitosa fuga.

3 Gli dèi troiani: i Penati, infatti, erano gli dèi protettori della famiglia e della patria, oggetto di un culto e di una devozione particolarmente forti.

4 Viene salvato da Enea e dai suoi uomini.

Analisi, riflessione e produzione1 Mostrando la sua generosità e il rispetto per la vita umana: egli, infatti, accoglie e salva un

nemico, un gre co che ha contribuito a portare guerra, morte e distruzione nella sua terra. Enea lo perdona nell’istante in cui lo vede provato e distrutto dalla terribile esperienza che ha vissuto: parlando di lui lo definisce addirittu ra un supplice così benemerito.

2 Anchise, che per primo, senz’aspettare, la destra offre al giovane, e l’animo con chiaro pegno assicura.

3 L’immagine di un eroe provato dalla sventura (lo definisce, infatti, Ulisse infelice) ma capace di reagire e di vendicare i compagni (Ma non senza vendetta, che Ulisse non sopportò, non si scordò di sé l’Itaco nel mo mento terribile). Nel ritratto fatto da Achemenide, così come

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in Omero, Odisseo non perde la sua lucidità e sa utilizzare al meglio, anche in momenti estremamente difficili, la sua scaltrezza e la sua capacità di archi tettare piani, valutandone lucidamente pro e contro.

4 Concordanze: la descrizione della caverna del Ciclope (in cui ci sono gli animali e i resti

delle vittime); la descrizione dell’uccisione dei compagni di Odisseo (sbattuti contro la roccia e mangiati a brandelli); la descrizione dell’accecamento di Polifemo (che dorme, ubriaco, ruttando vino e cibo e che viene accecato con un palo usato come un trapano da uomini estratti a sorte).

Differenze: il numero dei compagni uccisi dal Ciclope (solo due in Virgilio, rispetto ai sei omerici); la permanenza nella grotta di Odisseo e dei suoi compagni (che in Virgilio sembra di poche ore mentre in Omero dura due giorni).

Omissioni: i discorsi di Polifemo e di Odisseo e lo stratagemma del nome.

5 In omaggio al suo modello, poiché Omero è considerato il maestro del genere epico e deve quindi costituire un punto di riferimento irrinunciabile per chiunque si dedichi a questo tipo di poesia.

6 Per adattarli alle sue esigenze e per dare prova del proprio valore poetico.

7 Narratore di secondo grado: Enea narratore di terzo grado: Achemenide.

8 Così con l’altissima cima aeree querce si levano o cipressi coniferi, folta boscaglia di Giove, selva sacra a Dia na, una similitudine molto più ricca ed elaborata, perché piena di riferimenti al mito. Questo accade perché Virgilio, a differenza di Omero, lavora per iscritto: egli può quindi rielaborare e impreziosire il suo testo.

9 Alto che l’ardue stelle tocca: un’iperbole, cioè l’espressione di un concetto in forma esage-rata o inverosimi le, in questo caso per eccesso.

10 Una personificazione (l’Etna, infatti, mugghia come uno spaventoso animale).

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DELL’AMORE E DEI SENTIMENTI – ILIADE

Comprensione1 Suo padre, il re Priamo.

2 È andato a chiederlo ad Achille, dopo aver ricevuto un ordine degli dèi.

3 Priamo, Andromaca, Ecuba, Elena e tutto il popolo di Troia.

4 Perché gli dèi, che odiano l’hybris, hanno fatto in modo di risanarlo prima che venisse ricon-segnato al padre.

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Analisi, riflessione e produzione1 Andromaca è sua moglie Ecuba è sua madre Elena è sua cognata.

2DONNA VIRTÙ ELOGIATA MOTIVAZIONI DEL PROPRIO DOLORE

Andromaca

Lo sposo era un guerriero fortissimo: sotto la sua forza moltissimi Achei morsero la terra infinita

Lo sposo ha lasciato la vita troppo giovane: in questo modo egli l’ha resa vedova troppo presto e ha reso troppo presto orfano il figlio

Lo sposo ha lasciato la città indifesa, perché era lui che salvava le spose e i piccoli figli. Ora essa sarà distrutta e le donne saranno portate via come schiave

Anche Andromaca e suo figlio sono destinati a diventare schiavi, o forse a loro toccherà addirittura la morte

Lo sposo se ne è andato senza dire una sag-gia parola che la sposa potesse aver presente notte e giorno, tra il pianto

EcubaEttore era caro agli dèi, che lo hanno protetto nel destino di morte

Ettore era carissimo fra tutti i figli

ElenaEttore era un uomo molto dolce (con la dolcezza tua, con le tue dolci parole)

Ettore era fra tutti i cognati il più caro al suo cuore

Ettore non ha mai pronunciato mala parola o manifestato disprezzo nei suoi confronti

Ettore l’ha sempre difesa quando qualche pa-rente la rimbrottava

Ora Elena è sola, perché nell’ampia Troia più nessun altro verso di lei è buono, è amico; tutti l’hanno in orrore

3 Abbraccia la testa del marito, per tenerlo vicino a sé.

4 Che la furia di Achille non abbia fatto resuscitare Patroclo: Ecuba, insomma, si compiace del fatto che l’as sassino di suo figlio non abbia trovato pace.

5 Perché vent’anni prima la sua fuga con Paride ha causato la guerra di Troia; ella è pentita di ciò che ha fat to, tant’è vero che afferma che sarebbe stato meglio, per lei, morire prima di fuggire a Troia.

7 Un popolo unito nel dolore per la perdita del suo capo, un dolore che viene espresso da tutti con le lacrime e la disperazione (nessun uomo rimase fermo in città, nessuna donna: tutti li vinse insopportabile strazio).

8 Una metonimia, per cui l’oggetto (la spada) viene indicato con la materia (il bronzo) di cui è fatto.

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Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DELL’AMORE E DEI SENTIMENTI – ODISSEA

Comprensione1 Nella capanna di Eumeo, uno dei pochi servi che sono rimasti fedeli a Penelope e a Tele-

maco.

2 Perché la dea Atena gli ha restituito le sue vere sembianze e ha cambiato le vesti da mendi-cante con ricchi abiti.

3 Perché solo uno degli dèi che il cielo vasto possiedono avrebbe potuto mettere in atto questa trasformazione.

4 Piangono abbracciati.

Analisi, riflessione e produzione1 Perché troppe volte si è illuso e poi ha sofferto: perciò preferisce diffidare che illudersi ancora.

Questo at teggiamento dimostra il profondo amore che nutre per il padre, che ha conosciuto solo attraverso le parole della madre.

2 Il fatto che, appena la dea Atena glielo consente, bacia e abbraccia il figlio, non vergognandosi di piange re a dirotto davanti a lui.

3 Al pianto di uccelli a cui sono stati portati via i piccoli prima che le loro ali avessero le penne.

4 La famiglia di Odisseo e di Telemaco, come quella degli uccelli, ha sperimentato la disunione, che può capi tare all’improvviso e distruggere una casa-nido faticosamente costruita: il dolore per i vent’anni di vita fa miliare andati perduti supera dunque la gioia del ritrovamento.

5 Perché le aquile marine e gli avvoltoi unghiuti sono particolarmente adatti a essere accostati a due uomini valorosi e forti come Odisseo e suo figlio.

6 Come organizzare la vendetta sui Proci: Odisseo, astuto, calcolatore e attento ai dettagli, non può certo pensare alla vendetta senza pianificarla con cura.

7 Gli dèi sono padroni assoluti del destino degli uomini, che possono essere resi felici oppure tormentati a lo ro piacimento, come dimostra la storia di Odisseo.

8 Al valore dell’ospitalità: i Feaci, infatti, che hanno accolto Odisseo nella loro terra, non si sono limitati a ri accompagnarlo a Itaca ma gli hanno fatto anche splendidi doni, bronzo e oro e molte vesti tessute.

9 Un’espressione formulare, perché viene ripetuta molte volte nel passo, sempre uguale a se stessa e sempre alla fine del verso.

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Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DELL’AMORE E DEI SENTIMENTI – ENEIDE

Comprensione1 L’alata Fama.

2 Sì, perché fino a poco prima la Fama aveva riferito che Pallante era vittorioso nel Lazio.

3 Le esequie dei soldati caduti in battaglia.

Analisi, riflessione e produzione1

Invidia per il destino toccato alla mogliee tu, santissima sposa felice nella tua morte, scam pata a questo dolore! Al contrario io vivendo vinsi i miei fati, per restare genitore superstite

Dispiacere perché Pallante non ha mantenuto le promesse

Non avevi promesso questo, o Pallante, a tuo pa dre, di voler-ti affidare più cautamente al crudel Marte

Ipotesi irrealizzabili

Se avessi seguito da alleato le armi dei Teucri, i Rutuli mi avrebbero sommerso di dardi! lo avrei dato la vi ta, e il corteo riporterebbe a casa me, non Pallante

ed anche tu saresti un tronco immane nell’armi, se fossero uguali l’età e la forza degli anni, o Turno

Accettazione del proprio destino Questa era la sorte dovuta alla mia vecchiaia

Consapevolezza del fascino che la gloria delle armi esercita sui giovani

Sapevo quanto potere avesse la nuova gloria nelle armi e il dolcissimo onore del primo scontro

Ammissione di una parziale consolazioneSe un’immatura morte attendeva il figlio, mi conso lerà che cadde, uccisi prima migliaia di Volsci, mentre guidava i Teucri nel Lazio

Rinnovamento della stima nei confronti dei Teucri

Non accuso voi, o Teucri, e i patti, e le destre che stringemmo nell’ospitalità

Ed io non potrei onorarti con esequie migliori o Pal lante, di quel-le che ti rende il pio Enea, e i grandi Frigi, e i capi tirreni, e l’intero esercito tirreno

Esclamazioni di disappunto per le sfortunate imprese del figlio e per il mancato aiuto degli dèi

Sventurate primizie del giovane, e duro noviziato della guer-ra vicina! e voti e preghiere mie inascol tate da tutti gli dèi!

Richiesta di vendetta

se continuo una vita odiosa, perduto Pallante, ne è causa la tua destra, lo sai, che deve Turno al figlio e al padre. Ti manca questo soltanto ai meriti e alla fortuna; non lo chiedo per gioia della vita, non è lecito; ma per dirlo al figlio tra i profondi Mani!

2 Nel poema virgiliano il legame padre-figlio viene esaltato anche in altri episodi: per esempio Enea protegge Anchise, durante la fuga da Troia, addirittura portandolo sulle proprie spalle perché è troppo anziano per correre e nell’amicizia tra Eurialo e Niso il più “anziano” dei due si comporta come un padre nei confronti dell’amico, cercandolo e difendendolo a costo della propria vita.

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C

3 La guerra si bagna di lagrime, se ne bagnano anche le armi.

4 La guerra, per Virgilio, è sempre negativa, anche quando rientra, come in questo caso, in un piano voluto dagli dèi. Essa, infatti, porta inevitabilmente con sé morte, dolore e distruzione, e colpisce indifferentemente ovunque e chiunque.

5 Allude al fatto che la vita di Pallante è stata stroncata nel momento più bello, quando, nel pieno della giovi nezza, cominciava a dare i suoi primi frutti (le primizie).

6 Perché il numero tre ha un forte valore religioso e rituale, che ben si addice alle esequie che si stanno cele brando; la sua importanza è sottolineata con la ripetizione in due versi successivi.

7 La tua destra è una metonimia, perché la spada è indicata con la mano che la manovra.

8 Per mettere in evidenza lo strazio del loro pianto, implicitamente paragonato al lamentoso ululare dei lupi.

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DEGLI DEI E DELL’ALDILÀ – ILIADE

Data la natura della prova, non può essere fornito uno schema di correzione.

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DEGLI DEI E DELL’ALDILÀ – ODISSEA

Comprensione1 Il re greco Menelao.

2 Lo stesso Menelao, la ninfa marina Idotea e suo padre, il dio marino Proteo.

3 A Telemaco, il figlio di Odisseo.

4 Perché egli si è recato da Menelao per avere notizie sul padre.

Analisi, riflessione e produzione1 Il dio marino Proteo conosce il presente, il passato e il futuro, ma non parla volentieri con

nessuno, a meno che non sia costretto con la violenza. Egli ama dormire tra le foche, dopo averle contate: è questo il mo mento giusto per sorprenderlo, anche perché il dio ha il potere di trasformarsi in ciò che vuole. Se si riesce a bloccarlo per un po’, però, egli rinuncia ad op-porsi e rivela tutto ciò che sa.

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2 L’aggettivo indica chi è capace di assumere improvvisamente aspetti o atteggiamenti diver-sissimi.

3 Con il fatto che gli dèi non sono creature molto diverse dai mortali: essi hanno lo stesso aspetto (sono solo un po’ più alti), gli stessi sentimenti e gli stessi comportamenti, sia positivi che negativi. Per questo non me raviglia l’idea di un dio che si comporta come un pastore o come un guardiano di porci.

4 L’immortalità e il potere: essi possono essere feriti in battaglia ma non hanno alcun timore di morire; le loro tecniche guerriere e le loro astuzie sono superiori a quelle degli uomini, a meno che, come in questo caso, gli uomini sappiano come avere la meglio.

5 Spiegando che possono avere aiuto dal padre e illustrando il modo per costringerlo a parla-re; preparando il luogo del tranello e donando loro un po’ d’ambrosia per eliminare l’odore delle foche. Questo aiuto di mostra che gli dèi possono provare dei sentimenti di pietà e di compassione nei confronti dei mortali.

6 Ella dice a Menelao “con verità ti rispondo” e definisce il padre il Vecchio marino verace: questo perché gli dèi non dicono sempre la verità (e infatti i mortali quando vogliono essere sicuri della loro sincerità li co stringono a fare dei solenni giuramenti).

7 Perché è innamorata di lui; si decide a lasciarlo andare solo quando glielo impongono gli altri dèi per vole re del Fato, che stabilisce la vita e la morte degli uomini: le sue decisioni, infatti, non possono essere modifi cate neppure dagli dèi.

8 Una perifrasi per indicare la regina del mare, Amfitrite.

9 Un’espressione formulare, perché viene ripetuta nel passo, uguale a se stessa e sempre alla fine del verso.

Unità 3: L’EpICA CLASSICA. IL TEMA DEGLI DEI E DELL’ALDILÀ – ENEIDE

Comprensione1 Perché si è appena uccisa per amore di Enea.

2 Gira la testa, tiene gli occhi fissi al suolo e non si commuove minimamente.

3 Il primo marito di Didone.

Analisi, riflessione e produzione1 Questi versi sono tratti dal sesto libro dell’Eneide, che ha la caratteristica di essere interamen-

te dedicato alla discesa di Enea nell’Ade. L’episodio viene ampliato in questo modo perché fornisce la chiave di lettura del l’opera virgiliana: la presentazione dei futuri grandi Romani e

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una profonda riflessione sulla missione di Roma, di cui la leggenda di Enea costituisce solo il contorno.

2 Nei Campi del Pianto, in cui si trovano le anime di coloro che sono morti per amore; è un bosco con molti sentieri e pieno di mirti, la pianta sacra a Venere, la dea dell’amore. Sicheo si trova qui perché è stato ucci so a tradimento dal fratello di Didone, Pigmalione: l’Antiferno ospita, infatti, le anime di coloro che sono morti prima del tempo.

3 Si, perché la ferita d’amore diventa la vera ferita della spada con cui la regina si uccide e la fiamma della passione diventa la fiamma della pira che consumerà il suo cadavere.

4 No: Virgilio lo dice esplicitamente quando descrive i Campi del Pianto (nemmeno nella mor-te trovano re quie al dolore), ma lo si comprende anche dall’atteggiamento di Didone, che dimostra di non aver né di menticato né perdonato Enea.

5 La necessità di obbedire al volere degli dèi, che lo ha portato, suo malgrado, a privilegiare l’interesse gene rale anziché i sentimenti personali.

7 Un climax, perché crea una sorta di crescendo di stupore: esso, infatti, sottolinea la sorpresa di Enea, che era all’oscuro della morte di Didone (aveva solo sentito delle voci in proposito).

Unità 4: L’EpICA CAVALLERESCA. IL TEMA DELLA GUERRA E DELLE VIRTÙ DELL’EROE – LA CHANSON DE ROLAND

Data la natura della prova, non può essere fornito uno schema di correzione.

Unità 4: L’EpICA CAVALLERESCA. IL TEMA DELL’AMO-RE E DEI SENTIMENTI – ORLANDO FURIOSO

Conoscenza dell’argomento1 L’Orlando furioso ebbe una lunga elaborazione: Ariosto vi lavorò, infatti, per parecchi anni,

curando tre edizioni del poema, di cui l’ultima, del 1532, di 46 canti.

2 Perché ne costituisce la continuazione (una gionta dice l’autore), dal momento che Boiardo non aveva con cluso la sua opera a causa della discesa in Italia del re di Francia, Carlo VIII.

3 L’accontentarsi di ciò che si ha, senza proporsi mete e obiettivi troppo elevati.

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Comprensione1 Cloridano e Medoro sono due Mori che fanno parte dell’esercito degli infedeli; sono originari

di Tolmetta e di umili origini.

2 Zerbino è un principe scozzese che combatte nell’esercito di Carlo Magno.

3 Perché vogliono recuperare il cadavere del loro signore, Dardinello, caduto in battaglia il gior-no preceden te sotto le mura di Parigi.

4 Angelica.

Analisi, riflessione e produzione1 La fedeltà al proprio signore e l’amicizia; il momento tipico è la sortita notturna.

2 Medoro è un giovane ingenuo ed entusiasta, serio, generoso e particolarmente devoto al suo signore, per cui è disposto a rischiare la vita. La sua dote principale è la bellezza, una bellezza certamente ideale (diffi cile incontrare un arabo con i riccioli biondi!) che lo fa somigliare a un angelo: non c’è da stupirsi se di lui, che rappresenta l’ideale di bellezza maschile, si innamora Angelica, che rappresenta l’ideale di bellezza femminile. I due ideali si incontrano, si ricono-scono e si uniscono: il loro amore è felice e possibile proprio perché questi due personaggi rappresentano il sogno, la meta troppo alta che gli uomini comuni non po tranno mai raggiun-gere, rischiando solo di impazzire.

3 Cloridano, cacciator tutta sua vita, di robusta persona era et isnella; è dotato di molto buon senso, che di mostra sia con le parole (per esempio quando cerca di fare irrito e nullo il pensiero di Medoro) che con le azioni (per esempio quando gitta la soma perché sarebbe pensier non troppo accorto, perder duo vivi per salvar un morto). Il suo eroismo nasce dall’affetto per Medoro: egli, infatti, decide di partecipare all’impre sa per ottenere la fama (anch’io famosa morte amo e disio), ma diventa davvero un eroe solo quando vede il suo amico in grave pericolo.

4 Zerbino è un perfetto cavaliere (egli non dorme di notte per andare in cerca di nemici!) che ha il compito di far risaltare meglio, per contrapposizione, la figura negativa del fellone, rappresentata da un suo soldato che, contravvenendo al codice cavalleresco, ferisce a tradi-mento Medoro e fugge via.

5 Per allontanare da sé la materia, un espediente che gli consente di introdurre una pausa di riflessione sull’i pocrisia che caratterizza la vita della corte, ipocrisia messa in risalto proprio da questo raro esempio di amicizia.

6 L’iperbole è l’espressione di un concetto in forma esagerata o inverosimile, per eccesso o per difetto: sono iperboli che potea ad ascoltar fermare i venti e mille aspettate avria, non ch’una morte.

7 Un iperbato.

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Unità 4: L’EpICA CAVALLERESCA. IL TEMA DELLA RE-LIGIONE – GERUSALEMME LIBERATA

Conoscenza dell’argomento1 La Controriforma, che cercava di opporsi alla Riforma luterana, e la minaccia dei Turchi, che

provocavano i cristiani con atti di pirateria. L’entusiasmo per la lotta armata fu accresciuto dalla vittoria ottenuta nella bat taglia navale di Lepanto, che fu combattuta nel 1571.

2 La scelta di invocare la Musa Urania, che risiede nel cielo, sottolinea l’ispirazione religiosa del poema, che ha lo scopo di guarire, come una salutare medicina, la malattia spirituale degli uomini che hanno perso di vista la retta via. La Gerusalemme liberata propone infatti illustri esempi di cristiani che non esitano a com battere e a sacrificare la loro vita per Cristo.

3 Alla base della Gerusalemme liberata c’è il racconto della prima Crociata, che viene ricostruita con docu menti storici attendibili (per esempio le memorie dei Crociati); i fatti storici possono essere però lievemente modificati (per esempio la durata della Crociata, che passa da tre a sei anni) per facilitare la comprensione dei contenuti da parte dei lettori.

Comprensione1 Erminia è una valorosa guerriera pagana; è innamorata, non ricambiata, di Tancredi.

2 Perché sta fuggendo inseguita dai Crociati.

3 Un anziano pastore e i suoi tre figli.

Analisi, riflessione e produzione1 Perché Tasso ha deciso di celebrare le imprese e le azioni gloriose dei Crociati, ma il sangue e

le morti ad dolorano il suo animo sensibile, che sente il bisogno di esaltare il valore della pace.

2 Perché essi non nobilitano per il nulla il contesto militare, anzi, al contrario, ne propongono un’immagine completamente negativa: i soldati non sono eroici e coraggiosi ma avidi, le loro imprese non sono azioni nobili e mirabili ma offese, oltraggio e scorno, dal momento che li guida il furore non la virtù; ovunque ci sono alto incendio e strepito di Marte.

3 Il mondo della corte, che secondo Tasso è pieno di falsità, di ipocrisia e di cattiveria.

4 Contrapponendo alla serenità del mondo pastorale la meschinità della vita di corte attraverso l’esperienza diretta del pastore, che ha provato entrambi gli stili di vita perché in gioventù ha soggiornato nella corte di Menfi.

5 Una vita che si accontenta di poco ed è priva di ambizioni. In questo modo di vivere la felicità è garantita dalla natura, semplice e incontaminata, dalla soddisfazione di procurarsi il cibo con il proprio lavoro, dal l’amore della famiglia, dalla libertà di non essere servo di nessuno, dalla mancanza delle preoccupazioni legate alla falsità o all’invidia altrui.

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6 Esse richiamano i precetti del Vangelo, che predica l’umiltà, la pace, la serenità, la fratellanza tra gli uomi ni. È significativo che queste parole siano messe in bocca a un pastore perché anche Cristo è rappresentato come il buon pastore.

7 Perché Tasso ha vissuto a corte fin da bambino a causa del lavoro del padre: egli conosceva dunque molto bene i pregi (pochi) e i difetti (molti) della vita di corte, che gli risultava parti-colarmente ostile anche a cau sa del suo carattere timido e riservato. È dunque Tasso a dire, riferendosi alla corte, soffrii lunga stagion ciò che più spiace.

8 L’enjambement è la continuazione di una frase nel verso successivo.

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