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PROTAGONISTI DELLA SOCIETÁ PLURALE 14 attività per sviluppare competenze interculturali A cura di Anna Granata e Paolo Guiddi

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PROTAGONISTI DELLA SOCIETÁ PLURALE

14 attività per sviluppare competenze interculturali

A cura di Anna Granata e Paolo Guiddi

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Mettersi nei panni degli altri p.19

Non siamo il centro del mondo p.10

Imparare ad accogliere p.25

2

Oltre il noi e il loro p.33

Le FAQ p.39

Per approfondire p.40

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Domenico Giupponi

Presidente, Avis Lombardia

Prefazione

L’Avis Regionale Lombardia ha attivato da qualche anno una collaborazione con

l’Università Cattolica di Milano allo scopo di far acquisire ai dirigenti associativi sensibilità e

competenze nell’ambito multiculturale.

Il progetto “Donare è appartenere” si è sviluppato nell’organizzazione di incontri, seminari e

con una serie di laboratori partecipati condotti da alcuni docenti/ricercatori, Paolo Guiddi e

Anna Granata, coordinati dalla prof.ssa Elena Marta.

In parallelo, anche sul fronte scientifico, la nostra organizzazione ha sviluppato la

discussione del tema immigrazione valutando le possibili implicazioni di questo fenomeno

sociale in relazione alle donazioni /trasfusioni di sangue.

Il vademecum che presentiamo è frutto di esperienze maturate in itinere progettuale e

davvero rappresentativo di una sintesi delle numerose occasioni di confronto e talvolta

anche vivaci differenze di opinione.

Grazie a Laura, Miro e Aldo che per nostro conto hanno seguito con responsabilità e

dedizione il progetto.

Questo libretto riporta alcune riflessioni ma soprattutto delinea alcuni esempi pratici di

attività facilmente gestibili dai molti volontari delle nostre sedi territoriali dedicati a svolgere

azioni di promozione e sensibilizzazione sul tema.

Sono certo che sia interesse comune presentarsi nelle scuole ma anche in altri ambiti con

le necessarie competenze. Le attività sviluppate in questo vademecum rappresentano

certamente un contributo prezioso.

Grazie anche ai ragazzi del SCN e SVE della nostra sede che hanno contribuito alla

stesura finale di questo prezioso sussidio.

L’augurio e invito che rivolgo a tutti è di usarlo come sostegno alle sensibilità personali

davvero indispensabili per poter risultare incisivi e presentare l’immagine di

un’associazione adeguata anche in questa occasione.

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Nelle ricerche in prospettiva psicologica che in questi anni ho realizzato con il mio gruppo, in

collaborazione con Avis, la donazione di sangue è considerata un’azione di volontariato che sortisce i

medesimi effetti del volontariato classicamente inteso, sia sul piano personale sia sul piano sociale-

comunitario.

A livello personale, sono ormai assodati gli effetti dell’azione sociale sul benessere psico-fisico dei

volontari. Per citarne uno, l’essere parte di un’associazione aggiunge un nuovo ruolo alla lista personale

dell’individuo, e ciò produce maggior benessere. Inoltre, l’appartenenza ad un gruppo di volontari implica

necessariamente la nascita di un rapporto con nuove persone e di conseguenza l’allontanamento della

sensazione d’isolamento sociale - il sentimento di non avere nessuno che è importante per te e di non

essere importante per nessuno. Il volontariato, quindi, come anche la donazione di sangue, rappresenta

un’opportunità di avvicinamento tra le diverse generazioni che spesso faticano ad incontrarsi nella vita

quotidiana: la dimensione associativa, perciò, diventa occasione di confronto e trasmissione

intergenerazionale promuovendo così “una conversazione tra le diverse età” su ciò che accomuna

l’umanità (Kaplan, 1997), di fondamentale importanza per la costruzione dell’identità adulta e della

relazione tra la persona (o la famiglia) e la comunità (Marta & Pozzi, 2007).

A livello sociale-comunitario, tra gli effetti prodotti dall’impegno volontario vi è la generazione di capitale

sociale. Se intendiamo infatti per capitale sociale l’insieme di relazioni sociali, formali e informali, fondate

su fiducia e reciprocità (Coleman, 1988), che permette a persone, istituzioni e comunità di agire

produttivamente, più di quanto i singoli elementi potrebbero fare da soli (Vieno & Santinello, 2006), si

comprende bene come il volontariato – e ovviamente la donazione in quanto azione di volontariato -

siano produttori di capitale sociale. Le azioni di volontariato, tra cui la donazione, sviluppano quindi

cittadinanza attiva, ossia “la capacità degli abitanti di una nazione d’ auto-organizzarsi, di mobilitare

risorse umane, finanziare e tecniche, e di occuparsi della tutela dei diritti, esercitando poteri e

responsabilità allo scopo di contribuire alla cura e allo sviluppo di beni comuni” (Fiaccavento & Moro,

2003, p .27).

Queste considerazioni stimolano a riflettere sulla possibilità di utilizzo del volontariato come strumento

di promozione di integrazione, come ne è esempio l’impegno volontario dei migranti: esso si configura

come una possibilità concreta di essere parte della comunità ospitante senza perdere i legami con le

proprie origini. In questo senso però, il processo di attivazione individuale può esitare in una integrazione

reale solo laddove il cambiamento e l’inclusione avvengano anche a livello del gruppo e del contesto

ospitante. Il continuo confronto che si crea all’interno delle organizzazioni genera un “pensiero critico” che

permette una acquisizione di consapevolezza che dà l’opportunità di generare cambiamenti sociali

innovativi e inclusivi.

Creare occasioni in cui il volontariato e la donazione diventano contesti capaci di favorire l’integrazione

nella costruzione di processi di condivisione di nuovi legami che intrecciano valori di solidarietà, reciprocità

e fiducia tra soggetti, comunità e società, dev’essere quindi obiettivo prioritario di un contesto sociale che

veda i migranti non come sfida da affrontare ma come risorsa da coinvolgere.

Questo vademecum, che si fonda sul dialogo e collaborazione tra diverse generazioni, è stato

realizzato con l’obiettivo di creare occasioni di riflessione e consapevolezza rispetto al tema interculturale.

Le attività in esso proposte, infatti, mirano, in ultima istanza, alla creazione di un tessuto sociale coeso,

allo sviluppo del benessere dei suoi cittadini, all’integrazione dei gruppi minoritari all’interno della

comunità, in un’ottica di giustizia sociale che sviluppi e valorizzi il capitale sociale interculturale dell’Italia di

oggi.

Elena Marta

Professore Ordinario di Psicologia Sociale e di Comunità

Università Cattolica

Premessa

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Avis promuove la cultura della solidarietà e del dono, che trova la sua alta espressione

associativa nel dono di sangue e di emocomponenti. Al contempo, Avis considera

fondamentale la promozione del volontariato e la costruzione di una cultura sociale di

condivisione.

Oggi la società italiana è segnata da rapidi mutamenti - quali la sempre più diffusa

globalizzazione a livello economico, culturale e degli stili di vita - e la presenza sempre più

consolidata di famiglie migranti, che vengono a costituire una componente stabile e crescente

della nostra società.

Vivere e crescere in una società plurale significa incontrarsi e talvolta scontrarsi con le

concezioni dell’altro, con stili diversi dai propri, con fraintendimenti di natura culturale. La

società plurale è anche il luogo dove possono svilupparsi stereotipi e pregiudizi che, pure

essendo normali modi di funzionare della nostra mente, possono rendere più difficile l’incontro

con l’altro.

Promuovere iniziative e ricerche per rafforzare il senso di cittadinanza e di solidarietà, così

come fa Avis ormai da anni, significa porre attenzione anche alle sfide particolari della società

interculturale.

E’ in quest’ottica che Avis Regionale Lombardia ha finanziato e promosso, in collaborazione

con l’Università Cattolica di Milano, un progetto di ricerca-azione dal titolo “Donare è

appartenere. Promuovere la cultura della solidarietà nei nuovi italiani” (2012-2015), di cui il

seguente vademecum costituisce il passaggio finale.

Scopo della ricerca è stato indagare quali approcci sviluppano i giovani di origine straniera

rispetto all’esperienza della solidarietà e della donazione di sangue, nonché mettere in luce

quali esperienze e percorsi formativi favoriscano la realizzazione di relazioni interculturali

positive, anche negli ambienti associativi.

In questo vademecum si intende fornire a chiunque sia interessato, alcuni percorsi per lo

sviluppo di “competenze interculturali” ovvero di quelle capacità, conoscenze e

atteggiamenti che rendono possibile la realizzazione di incontri interculturali efficaci e

profondi, il più possibile liberi dai pregiudizi e orientati a una cittadinanza comune.

L’obiettivo è contribuire a diffondere una cultura dell’altro, più che mai urgente e

necessaria nella società europea d’oggi, a partire da ambienti quali la scuola, le associazioni, i

centri educativi, là dove il pluralismo culturale è ormai una realtà diffusa e consolidata.

Buon viaggio, allora, nel mondo dell’intercultura attraverso giochi, esercizi, attività, spunti

di riflessione che possono favorire, individualmente o in gruppo, occasioni di crescita e

comprensione dell’altro.

Un’opportunità per diventare, tutti, protagonisti della società plurale!

Introduzione

Anna Granata e Paolo Guiddi

Anna Granata è ricercatrice di pedagogia all'Università degli Studi di Torino dove insegna pedagogia

interculturale ai futuri insegnanti ed educatori. Accosta da sempre all'attività di ricerca progetti di formazione sui

temi interculturali rivolti ad associazioni di insegnanti, educatori ed operatori del terzo settore.

Paolo Guiddi è psicologo, PhD e docente a contratto in Università Cattolica di Brescia dove insegna psicologia

dei gruppi e di comunità e metodi e tecniche di empowerment. Partecipa a diversi progetti di

ricerca del Laboratorio di Psicologia Sociale Applicata dell'Università Cattolica di Milano e collabora come

formatore con diverse realtà associative del terzo settore.

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Perché utilizzare questo vademecum? (Quale nucleo tematico per quale obiettivo)

Il vademecum che ti appresti ad utilizzare si divide in 4 nuclei tematici.

1. Il primo nucleo tematico, “non siamo il centro del mondo”, può essere utilizzato quando

l’obiettivo del tuo incontro è comprendere che ogni atteggiamento o comportamento è

profondamente influenzato dalla cultura di appartenenza e che, quando cambia la cultura,

cambiano anche gli atteggiamenti e i comportamenti.

2. Il secondo nucleo tematico, “mettersi nei panni degli altri”, può essere utilizzato quando

l’obiettivo del tuo incontro è comprendere la prospettiva altrui.

3. Il terzo nucleo tematico, “imparare ad accogliere”, può essere utilizzato quando l’obiettivo

del tuo incontro è costruire rapporti di reciprocità.

4. Il quarto nucleo tematico, “oltre il noi e il loro”, può essere utilizzato quando l’obiettivo del

tuo incontro è superare la separazione “noi” e “loro” per cogliere elementi comuni di

appartenenza.

Come utilizzare i nuclei tematici?

Per ogni nucleo tematico vengono proposte due attività. Le attività proposte in questo

vademecum possono essere utilizzate sia con gruppi di bambini e ragazzi, sia con gruppi di

adulti. In entrambi i casi, vi sarà una figura adulta in grado di condurre il gruppo, monitorare i

tempi e raggiungere l’obiettivo prefissato.

Come scegliere le attività da proporre?

All’inizio di ogni attività, ci sono alcune indicazioni che possono orientare la scelta:

1. numero di partecipanti consigliato;

2. fascia di età a partire dalla quale proporla;

3. durata dell’attività.

4. livello di complessità, indicato da . Ogni attività può avere un livello di difficoltà

differente dalle altre. Il livello di difficoltà verrà indicato in questo modo:

: facile

: media

: complessa

Infine, prima di ogni attività vengono indicati i materiali che occorre preparare.

Tutti i materiali di tutte le attività sono disponibili nella sezione dedicata sul sito di Avis

Lombardia.

Cosa occorre ricordare?

E’ importante che il coordinatore del gruppo:

faccia rispettare il più possibile i tempi indicati per ogni attività;

ricordi ai componenti del gruppo che non si conduce l’attività da soli, ma con gruppi di

soggetti con cui è fondamentale confrontarsi, interagire, parlare. Questo dev’essere sempre il

primo obiettivo che ci si pone come fattore fondamentale di formazione interculturale;

suddivida equamente i tempi di presentazione dell’attività e i tempi di svolgimento, nel quale

viene dato ampio spazio all’espressione dei membri del gruppo.

Nota tecnica

Anna Granata e Paolo Guiddi

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Si ringrazia il gruppo di lavoro di Avis Lombardia

che da anni crede in questo progetto

con costanza e impegno.

Si ringraziano inoltre, per l’aiuto e il supporto

Dounia, Alejandro, Emile e Igor.

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Prima di entrare in classe: elementi per lo svolgimento di un buon percorso

Ciascuno di noi ha competenze in merito all’educare e nella vita accade di metterle a servizio

per gli altri (come genitori, zii, nonni, in parrocchia, nel volontariato..).

Tuttavia è bene che queste conoscenze innate, culturali, apprese per studio o esperienze,

vengano incanalate e gestite in modo professionale quando l’ambito non è più solo familiare

ma complesso come il mondo della scuola (altrimenti non sarebbe più necessario studiare

per insegnare…e chiunque lo saprebbe fare… ).

Entrare in una scuola o in un contesto di gruppo infatti vuole dire entrare in un mondo

organizzato e strutturato e di cui spesso noi conosciamo poco o niente, un mondo complesso,

fatto di rapporti, di persone con proprie specificità e peculiarità… vuole dire entrare a fare

parte di un qualcosa che fino a quel momento è andato avanti senza di noi e dove “l’elemento

esterno” potrebbe in qualche modo rompere equilibri, rivoluzionare, destabilizzare…per poi

portare sicuramente a qualcosa di bello, nuovo, diverso, ricco.

Può essere molto utile (e consigliato) vedere sempre i gruppi/le classi

almeno in due. Questo permette che uno dei due “formatori” si focalizzi maggiormente

sulle attività (attenzione maggiore sull’obiettivo e sui tempi da rispettare) e l’altro sulle

relazioni (attenzione maggiore sui bambini/sul gruppo, sul dare spazio e parola a tutti e

garantire il coinvolgimento e la partecipazione di tutti).

E’ importante tenere a mente alcuni elementi per garantire l’efficacia del messaggio

che vuoi portare.

1. Conoscete prima gli insegnanti.

E’ bene che avvenga un incontro tra chi proporrà le attività e le insegnanti/gli educatori/i

formatori della classe/del gruppo per:

- Conoscere/conoscersi

- Spiegare, raccontare, condividere cosa e come si vuole proporre

- Conoscere la realtà in cui si andrà ad operare

2) Appuntatevi una traccia per “condurre” l’incontro

Per ottimizzare i tempi dell’incontro cercando di non avere “tempi morti” inaspettati, può

essere opportuno calcolare il tempo che verrà impiegato in classe. Puoi aiutarti con uno

schema a punti come questo:

- Gioco di presentazione e conoscenza (“rompere il ghiaccio”)

- Rito di inizio (in particolare con i bambini piccoli)

- Spiegazione di ciò che verrà proposto in quell’incontro

- Proposta – attività

- Svolgimento

- Tempo di riflessione… è piaciuto o no…cosa e perché…

- Rito di fine(in particolare con i bambini piccoli)

- Saluto

Potete approfondire in particolare l’importanza del gioco di presentazione e dei riti in pagina

seguente.

Prima di entrare in classe…

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Le 10 regole per entrare in una classe/fare attività con gruppi

1. Entra in punta di piedi senza giudicare il contesto in cui ti trovi

2. Sii consapevole di essere “un pezzetto” in un percorso già avviato e che proseguirà

3. Sii consapevole che non farai miracoli: mettiti in gioco con sincerità e rispetto

4. Sii accogliente

5. Mantieni alto l’entusiasmo cercando di coinvolgere tutti e offrendo un po’di attenzione a

ciascuno

6. Evita battute non necessarie, nomignoli, parole modificate… (con i bambini e i ragazzi

bisogna usare le parole che spiegano e dicono la realtà).

7. Accetta le critiche costruttive

8. Calcola i tempi per ciascun aspetto dell’incontro

9. Organizza i materiali necessari

10. Sii aperto alla realtà: modifica l’incontro in corso d’opera se ti accorgi che c’è un calo di

entusiasmo o emerge qualche difficoltà di gestione del processo o del gruppo.

3. Strutturate prima l’incontro

E’ opportuno che ogni incontro abbia queste “fasi”:a. Un gioco di conoscenza e presentazione (se sono previsti più incontri e a un certo punto il

gruppo è formato si può pensare comunque ad un gioco per approfondire la conoscenza…e

che sia un gioco cooperativo (senza vincitori o perdenti) e dove tutti siano coinvolti.

b. Un “rito”, (un gesto, una canzone…) che apra e chiuda ogni incontro. Tenete conto del fatto

che spesso il vostro intervento è all’interno di una mattinata scolastica/di un percorso di

incontri per cui è bene che questo tempo venga condiviso non secondo i canoni abituali, ad

esempio scolastici (non sei nel gruppo per fare l’insegnante o per fare una lezione… i ruoli

sono molto differenti!).

Quando vedete una classe/ un gruppo, è sempre opportuno:

a. Vivere la “sospensione del giudizio”: i formatori su temi interculturali è in quella classe,

in quel gruppo “di passaggio” per cui non si possono permettere di (e non deve) giudicare

fatti o persone. Può accadere ad esempio che ragazzi che normalmente seguono le lezioni

con interesse fatichino a partecipare ad attività diverse, dove viene chiesto di uscire dal

tracciato “scolastico”: in questo - come in altri casi di difficoltà - è sempre bene chiedere il

confronto con l’insegnante di classe.

b. Essere chiari nell’esposizione: i bambini e i ragazzi seguono gli adulti se sono chiari e

sanno quale obiettivo si stanno dando facendo un certo tipo di attività. Chi pensa di avere

difficoltà nell’esposizione può prepararsi uno schema a punti, ad esempio.

c. Tenere a mente ciò che non sei: non sei un insegnante e non sei tutto ciò che non è un

insegnante o un formatore professionista… hai un ruolo differente: sei colui che, come dice

il termine “animatore”, “anima”, smuove, fa riflettere.

Prima di entrare in classe…

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Non siamo

il centro del mondo

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Nota tecnicaNon siamo il centro del mondo

Tutti noi diamo per scontato il modo in cui

viviamo. Ci sembra così, ovvio, logico, “naturale”.E invece, ogni nostro comportamento, scelta, stile

di vita è profondamente “culturale”.

L’incontro con persone di culture diverse può

renderci consapevoli che i nostri comportamenti

non sono universali, ma legati a una specifica

cultura. Così i comportamenti degli altri, derivano

da esperienze culturali diverse dalle nostre. La

cultura infatti è come l’acqua del mare per un

pesce: finché vi è immerso non si rende conto

dell’esistenza dell’acqua!

Le attività che seguono sono occasioni per

riflettere in gruppo sul carattere culturale dei nostri

comportamenti e sull’importanza di riconoscere

come vi siano molti altri modi di vivere e di

comportarsi, oltre al nostro.

Su cosa impostare il dibattito con il gruppo?

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 1. In aereoporto (saluti dal mondo)

Obiettivo: conoscere i tipi di saluto che si fanno in altre parti del mondo.

Numero di partecipanti: illimitato

Età: 5-10 anni (se utilizzato con bambini di 5 anni, leggere loro i bigliettini)

Durata: mezz'ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: sottofondo musicale (se si può), luogo dove i ragazzi possano

muoversi semi-liberamente (sarebbe ideale un’aula vuota), scatola con foglietti

con i tipi di saluto possibili ‘vedi sezione dedicata sul sito di Avis Lombardia’ (per

ogni tipo di saluto dovranno essere inseriti due foglietti).

Svolgimento: Distribuite a ciascuno bambino/ragazzo un foglietto in cui

troveranno scritte le indicazioni e la provenienza del saluto che dovranno

eseguire.

Dividete il gruppo in due: I viaggiatori all’arrivo in aeroporto e gli amici e i parenti

che aspettano fermi sul posto.

Al via i viaggiatori dovranno cercare i propri connazionali, senza parlarsi,

mimando semplicemente il saluto.

Al termine del gioco si può chiedere:

a) Come avete vissuto questa esperienza?

b) Ora potete mostrare agli altri il saluto riportato sul vostro biglietto, così da

permettere la conoscenza dei modi diversi di salutarsi presenti nei differenti

Paesi del mondo.

Se avanza tempo è bello ripetere il gioco in modo che ogni partecipante

sperimenti almeno un paio di modi di salutare diversi.

Al termine del gioco è importante aprire la discussione con i partecipanti

sull’attività svolta. Potete farvi aiutare per questo dall’insegnante di classe.

E’possibile ad esempio chiedere ai ragazzi:

• Quali tipi di saluto avete imparato?

• Come vi siete sentiti nel fare questo gioco?

• Come vi siete sentiti quando avete trovato la persona che ha risposto nello

stesso modo al vostro saluto e come invece vi sentivate quando salutavate

persone che non avevano il vostro stesso modo di salutare?

Aiutate i partecipanti a comprendere che le diverse modalità di saluto rimandano

a qualcosa che ci è stato insegnato, e che dipende dal luogo in cui siamo nati e

dalla cultura nella quale siamo cresciuti.

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 2. La ragnatela1

Obiettivo: comprendere che siamo parte di un gruppo e siamo uniti anche se non

stiamo vicini.

Numero di partecipanti consigliato: da 10 a 25

Età: dai 5 anni in poi

Durata: 40 minuti circa

Difficoltá:

Cosa occorre: 1 gomitolo (di lana o spago grosso), luogo silenzioso e spazioso

dove si possa stare tutti seduti in cerchio, forbice per tagliare i pezzi di filo tagliato

il gioco e darli a ciascun bambino finito il gioco, colla, pennarelli, fogli A4.

Svolgimento: I partecipanti siedono in cerchio sul pavimento. Chi propone il

gioco ha in mano un grosso gomitolo (di lana, di spago…).

Ciascuno a turno, quando ha in mano il gomitolo, dice forte il suo nome, si

lega il filo al polso e lo lancia ad un altro bambino che è in cerchio.

Quando tutti sono legati al filo, si può giocare a muovere i fili per scoprire i

“legami” creati.

Aiutate i partecipanti a comprendere come siamo tutti uniti gli uni agli altri e parte

di uno stesso gruppo, e quindi, dello stesso mondo.

Se avanza tempo, un approfondimento di questa attività può essere quello di

chiedere ai partecipanti, una volta tornati a posto, di riprodurre l’esperienza

avvenuta disegnandola su un foglio.

Per questo, potete fornire ai partecipanti dei pezzettini di filo per poterla meglio

rappresentare (quindi sul foglio ci sarà una parte disegnata e una parte

realizzata con i pezzi di filo incollati).

Per avviare la riflessione dopo il gioco, si può chiedere all’insegnante di classe di

riguardare gli elaborati e chiedere a ciascun bambino come si è sentito durante il

gioco.

[1] La seguente attività, dal titolo originario “Una ragnatela di nomi”, è tratta (e in parte riadattata) da Di Capita M.,L’interculturalità nella scuola materna,EMI, Bologna, 1999, pp. 44-45.

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 3. La mappa della realtà2

Obiettivo: prendere coscienza della propria rappresentazione del mondo.

Numero di partecipanti: da 5 a 25 circa

Età: dai 10 anni in poi

Durata: mezz'ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: un foglio e una matita (per ciascun partecipante) e sedie disposte a

cerchio.

Svolgimento: l’utilizzo delle cartine e delle mappe è uno strumento tra i più

efficaci per riflettere sul nostro punto di vista sul mondo. Ogni mappa è infatti

anche il frutto della nostra fantasia e del nostro immaginario personale e

collettivo. Ne possiamo avere una prova - facendo precedere ad attività che

mettano a confronto le diverse proiezioni cartografiche - un gioco di questo tipo:

Chiedete ai partecipanti di disegnare su un foglio bianco A4 in orizzontale una

cartina del mondo, tracciando i contorni dei continenti.

Insistete perché ognuno provi a fare almeno uno schizzo e perché lo sforzo

rimanga individuale. Lasciate circa 10 minuti, tempo sufficiente per tracciare

una carta del mondo abbastanza approssimata.

Invitate i partecipanti a girare il foglio tenendolo in grembo in modo che, se

disposti in circolo, tutti i partecipanti possano avere un’idea delle immagini

prodotte anche dagli altri. Ponete al gruppo le seguenti domande:

a. Quali sono le deformazioni più evidenti?

b. Quale parte del mondo avete disegnato per prima?

c. Perché in tante carte geografiche l’Africa è così distante dall’Europa?

d. C’è, secondo, voi, una corrispondenza tra le inesattezze relative al continente

asiatico e le vistose lacune che riguardano la formazione scolastica rispetto a

queste regioni?

Confrontando i disegni avrete molti materiali per riflettere sull’etnocentrismo

(l’Europa eccessivamente grande e sempre al centro), qualche triste conferma

(quanto mare tra noi e l’Africa, invece tra Lampedusa e Ras Kaboudja, in Tunisia,

vi sono solo 167 km), ma anche molti spunti per continuare a cercare una più

corretta ed equilibrata immagine del mondo.

A conclusione della discussione è possibile proiettare le due mappe di Mercatore

(1569) e Peters (1973) che costituiscono due rappresentazioni molto diverse del

mondo (cfr. immagini nella sezione sul sito di Avis Lombardia).

[2] La seguente attività, dal titolo originario “Il mondo che abbiamo in testa”, è tratta (e in parte riadattata) da Miltenburg A., Surian A., Apprendimento ecompetenze interculturali. 20 giochi e attività per insegnanti e educatori, Quaderni dell’interculturalità, n. 24, EMI, Bologna, 2002, pp. 57-59

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 4. Brain storming… interculturale3

Obiettivo: prendere coscienza della propria rappresentazione del mondo.

Numero di partecipanti: da 5 a 25 circa

Età: dai 10 anni in poi

Durata: mezz'ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: Una classe/gruppo variegata (o per contesti di origine differenti, o

per altre caratteristiche)

Svolgimento: L’idea è semplice: consiste nel dare una parola chiave ai

partecipanti.

La parola chiave che potete scegliere dovrà essere qualcosa che riguardi le

culture in generale. Ad esempio il cibo, l’arte….

Chiedete a ciascun partecipante di associare alla parola da voi proposta

un’altra parola che a suo parere la rappresenti (esempio classico per un

italiano: cibo = pizza).

Lasciate al massimo un paio di minuti: una caratteristica del brainstorming è

quella di dire la prima parola che viene in mente che rappresenta l’argomento

proposto, senza pensarci troppo.

Chiedete ai partecipanti di raccontare cosa e perché hanno scelto di associare

quella determinata parola allo stimolo da voi proposto, riportandole tutte su un

cartellone/lavagna che dev’essere ben visibile da tutto il gruppo. Per

stimolare la discussione, potete chiedere:

a. Quale parola hai scelto? Come mai? A quale contesto (geografico e culturale)

fa riferimento? (esempio: la pizza fa riferimento a un contesto italiano)

Quando tutti avranno presentato quanto scelto, stimolate la discussione,

sottolineando i casi in cui partecipanti di culture diverse danno la stessa

rappresentazione della parola chiave ma anche, nel caso contrario, la bellezza

della diversità di opinione che caratterizza da sempre il mondo. Ad esempio:

a. Proviamo a vedere similitudini e differenze tra le parole che avete scelto.

b. (per te: ci sono persone provenienti da culture differenti che associano la

stessa parola? Ricordati che cultura può essere paese di origine, ma nel caso di

italiani anche regione o provincia…)

Al termine della discussione fate emergere come non sempre “cultura diversa”vuol dire “idea diversa” e che anche se lo fosse non vuol dire che sia peggiore

ma solo… diversa.

[3] La seguente attività è stata creata dai volontari Igor Bacco (Servizio Civile - Avis Lombardia) e Dounia El Mansouri (Garanzia Giovani – Avis Lombardia) .

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 5. Immagini dell’infanzia

Obiettivo: prendere coscienza del carattere “culturale” di comportamenti e stili di

vita (propri e altrui).

Numero di partecipanti: da 8 a 20 circa

Età: dai 15 anni in poi

Durata: mezz'ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: un foglio e una matita (per ciascun partecipante), proiettore (se

possibilie. In alternativa stampare in A4 le immagini A e B contenute nella sezione

dedicata sul sito di Avis Lombardia– le due delle due pagine successive).

Svolgimento: le rappresentazioni dell’infanzia e dell’educazione costituiscono un

campo particolarmente fecondo nel quale emergono le diverse rappresentazioni

culturali. La durata dell’infanzia, le pratiche di accudimento, le attività concesse a

determinate età, rappresentano tutte scelte profondamente radicate

culturalmente.

Ne possiamo avere una prova portando i partecipanti a riflettere su ciò che è

“lecito” o “non lecito” permettere di far fare ai bambini di determinate età:

Consegnate ad ogni partecipante un foglio bianco nel quale vengano indicate le

seguenti domande (potete anche scriverle prima):

1. A quale età è possibile maneggiare oggetti pericolosi?

2. A quale età è possibile prendersi cura di bambini più piccoli?

Insistete perché ognuno provi a formulare le due risposte e perché lo sforzo

rimanga individuale. Lasciate circa 10 minuti, tempo sufficiente per riflettere e

formulare una risposta.

Invitate quindi i partecipanti a condividere con gli altri le proprie risposte.

NB: Se il gruppo è interculturale potranno emergere risposte anche molto

diverse: cogliete l’occasione per far discutere il gruppo sull’opportunità delle

diverse risposte.

Per stimolare la discussione, ponete al gruppo le seguenti domande:

a) Secondo voi queste vostre risposte sono universali?

b) Vi immaginate che vostri parenti o amici possano dare risposte molto diverse?

c) Vi immaginate che in altre parti del mondo si trovino soluzioni educative molto

diverse?

Vedere pagina successiva

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 5. Immagini dell’infanzia

d) C’è, secondo, voi, una corrispondenza tra l’idea di “infanzia lunga” e

iperprotetta diffusa nel nostro Paese e le risposte che avete fornito?

e) Pensate che il nostro modo di accudire i bambini e rappresentare l’infanzia

possa essere considerato “strano” da altri?

Animate la discussione e dopo circa 15 minuti (se la discussione dura di più, non

interrompete il dibatitto ma date a ciascuno lo spazio per dire ciò che pensa, se

lo desidera), aiutate a fare sintesi sui punti di vista (più o meno diversi) emersi.

A conclusione della discussione è possibile proiettare le due immagini qui sotto

che mostrano due risposte, probabilmente diverse da quelle della maggioranza

dei partecipanti all’attività, in merito alle domande poste.

Immagine A (la trovi anche nella sezione dedicata sul sito di Avis Lombardia)Fonte: Rogoff 2004

L’immagine mostra

un bimbo di 2 anni

nella foresta Ituri

(Rep. Democratica

del Congo) che

taglia abilmente un

frutto con un

macete, sotto lo

sguardo dei

genitori.

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Non siamo il centro del mondo

Attivitá 5. Immagini dell’infanzia

L’immagine mostra una

ragazzina polinesiana di

6 anni che si prende cura

con abilità del fratellino

neonato.

Le persone crescono

come partecipanti di

comunità culturalmente

situate. Il loro sviluppo

può essere compreso

solo alla luce delle

pratiche culturali e delle

circostanze in cui vivono

le loro comunità di

appartenenza – che pure

cambiano.

E’ possibile accompagnare la proiezione (o visione) dell’ultima immagine con

la seguente lettura:

“La sorella più grande, cui era mostrato come accudire e far giocare il bimbo di

quattro mesi, si indispettiva se la madre non gli dava “il suo bebè” quando

piangeva. Ella prendeva il suo compito seriamente, imparando tutto sulle

abitudini del piccolo: ciò che gli piaceva e ciò che invece lo faceva piangere” .

A detta delle madri polinesiane, i bambini più piccoli sono maggiormente

interessati a giocare con gli altri bambini, e anzi piangono quando i fratelli

maggiori escono di casa senza di loro, lasciandoli a casa con la madre. Le

madri ritenevano che l’interesse dei più piccoli a stare e a dormire con i fratelli

fosse naturale, argomentando che il gioco degli altri bambini è interessante per

loro, mentre le attività degli adulti li annoiano. I genitori ‘sorvegliano’ i bambini,

ma non partecipano alle loro attività. (Rogoff, 2004, p. 123)

Immagine B (la trovi anche nella sezione dedicata sul sito di Avis Lombardia)Fonte: Rogoff 2004

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Mettersi nei panni

degli altri

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Mettersi nei panni degli altri

Per dare avvio all’incontro con l’altro è necessario

mettere in azione una modalità di stare con gli altri

fondamentale, che si chiama “empatia”.

Provare empatia non significa provare affetto o

simpatia per qualcuno. Empatia vuol dire

“rendersi conto dello stato d’animo altrui”, di

ciò che l’altro fa, sente, vuole, pensa.

Per stabilire una buona relazione interculturale ci

è chiesto di uscire da noi stessi e aprirci all’altro,

sviluppando dentro di sé emozioni mai provate

come la paura della guerra, la nostalgia della

propria patria, la preoccupazione per la povertà, la

frustrazione per il senso di discriminazione… in

poche parole, “mettersi nei panni degli altri”!

Le attività che seguono sono occasioni per

stimolare personalmente, in coppia o in piccolo

gruppo, le nostre capacità di empatia.

Su cosa impostare il dibattito con il gruppo?

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Attivitá 6. Io sono te4

Mettersi nei panni degli altri

Obiettivo: mettersi nei panni degli altri per valorizzare le differenze e imparare a

rispettarsi reciprocamente.

Numero di partecipanti: da 10 a 30 circa

Età: 5 – 10 anni

Durata: 1 ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: colori (per ciascun partecipante), forbici, cartoncini bianchi (almeno

1 per ciascun bambino), colla (se poi si gioca a realizzare le altre facce), spazio

adatto.

A ciascun partecipante viene chiesto di disegnare il proprio viso su un foglio di

carta. Prestate attenzione al fatto che:

a) i partecipanti disegnino tutte le parti del proprio viso: occhi, capelli, naso,

bocca, orecchie;

b) ci siano i colori adatti per rispettare il più possibile la realtà.

Una volta che ciascun partecipante avrà disegnato il proprio viso:

1. Ritirate i fogli;

2. Ritagliate da ciascun disegno occhi e bocca (in modo che il disegno diventi

una specie di maschera).

3. Distribuite le “maschere” in modo che ciascuno abbia un disegno diverso dal

proprio.

Spiegate ai partecipanti: “Ora dovrete mettervi nella faccia di un altro” (nello

specifico, del compagno/a di cui hanno ricevuto il disegno).

4. Fate mettere i partecipanti in cerchio

5. Chiedete a ciascuno di indossare la propria “maschera”6. Chiedete a ciascuno di presentarsi alla classe dicendo “io ero …” (nome del

bambino) e “ho la faccia di…” (nome del bambino che ha fatto il disegno).

E’ importante riflettere poi insieme ai partecipanti sul fatto che, pur avendo

ciascuno caratteristiche diverse, la nostra ricchezza è quella di metterle a

servizio degli altri ed è quindi importante imparare come gli altri si sentono per

rispettarci reciprocamente.

Se avanza tempo, è possibile proseguire il gioco in modo divertente provando ad

incollare gli occhi e la bocca precedentemente ritagliati su altri fogli divertendosi

a formare facce buffe e irreali (perché no!).

Con i bambini più grandi è possibile intavolare una discussione chiedendo a

ciascuno di loro come si sente “nei panni di” nel contesto della classe/del

gruppo in cui si trova.[4] Questa attività è stata curata da A. Cantoni (liberamente tratta da B. Munari (2003), Guardiamoci negli occhi, ed. Corraini, Mantova.

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Attivitá 7. Una lettera dalla Sicilia5

Mettersi nei panni degli altri

Obiettivo: mettersi nei panni di persone immigrate o dei famigliari rimasti a casa;

stimolare una riflessione sul recente passato dell’emigrazione italiana all’estero.

Numero di partecipanti: da 10 a 50 circa

Età: dai 9 anni in poi

Durata: 1 ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: un foglio e una matita (per ciascun partecipante), proiettore (se

possibile. In alternativa stampare in A4 il disegno di pagina successiva

(disponibile nella sezione dedicata sul sito di Avis Lombardia – foto C - tratto da

Bufalino G., La luce e il lutto, Sellerio, Palermo)

Svolgimento: ai partecipanti viene distribuita l’immagine riportata in pagina

successiva (e disponibile in formato pdf nel dvd allegato), che riporta una lettera

inviata nel 1973 da una signora siciliana al marito emigrato in Germania).

Ai partecipanti viene spiegato tale contesto e viene chiesto di tradurre le

immagini riportate nella lettera in parole, scrivendo quindi, a coppie o in piccoli

gruppi, la lettera con parole proprie.

Al termine (dopo circa 20 minuti), vengono confrontate le varie versioni della

lettera prodotte da partecipanti, mettendo in luce similitudini, differenze e

abilità nell’interpretare il linguaggio iconico, per sua natura mai univoco e

fortemente dipendente dal contesto culturale.

Dopo la fase di lettura a cura dei partecipanti, potete proporre la versione redatta

dallo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, riportata a pagina 24 (nella pagina

successiva al disegno).

Il conduttore conclude l’attività dicendo che anche l’Italia ha vissuto circa cento

anni di significativi flussi migratori e portando tutti a riflettere sull’esperienza della

e/migrazione…

Se l’età del gruppo è adeguata, è possibile stimolare la riflessione fornendo

qualche dato sull’emigrazione italiana all’estero e l’immigrazione oggi in Italia

(per avere dati sempre aggiornati è possibile consultare nel web, ad esempio, i

dati Istat o i dati di caritas migrantes, che sono sempre aggiornati).

[5] La seguente attività è tratta (e in parte riadattata) da Miltenburg A., Surian A., Apprendimento e competenze interculturali. 20 giochi e attivitàper insegnanti e educatori, Quaderni dell’interculturalità, n. 24, EMI, Bologna, 2002, pp. 60-61.

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Attivitá 7. Una lettera dalla Sicilia

Mettersi nei panni degli altri

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Attivitá 7. Una lettera dalla Sicilia

Mettersi nei panni degli altri

“Amore mio caro, il mio cuore è trafitto dal tuo pensiero lontano, e ti

tendo le braccia insieme ai tre figli. Tutti in buona salute, io e i due

grandicelli, indisposto, ma non gravemente, il piccino. La precedente

lettera che t’ho spedito non ha ricevuto risposta e ne soffro. Tua

madre, colpita da un male, si trova in ospedale, dove mi reco a

trovarla. Non temere che ci vada a mani vuote; né sola, dando esca a

malelingue: m’accompagna il figlio mezzano, mentre il maggiore

rimane a guardare il minore. Il nostro poderetto, ho provveduto che

fosse arato e seminato. Ai due “giornalieri” ho dato 150.000 lire. Si

son fatte le elezioni per il Comune. Ho votato Democrazia Cristiana,

come il parroco m’ha suggerito. Per la Falce e Martello la sconfitta è

stata grande: come fossero morti, in un cataletto. Ma che vincano gli

uni o gli altri, è tutt’una. Nulla cambia per noi poveretti: abbiamo

zappato ieri, zapperemo ancora domani. Molte ulive quest’anno, dai

nostri ulivi. L ’uomo e i due ragazzi che ho assunto, l’uno per

bacchiarle, gli altri per raccoglierle a terra, mi sono costati 27.000 lire.

Altre 12.000 lire le ho spese per il frantoio. Ne ho ricavato tant’olio da

riempire una giara grande e una piccola. Posso ricavarne il prezzo

corrente che è di 1.300 lire al litro. Amore lontano, il mio cuore ti

pensa. Ora, soprattutto, che viene Natale e vorrei essere insieme a te,

cuore a cuore. Un abbraccio, dunque, da me e dai tre figliolini.

Arrivederci, amore caro, il mio cuore è tuo e ti sono fedele, unita a te

come i nostri due anelli”.

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Imparare

ad accogliere

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Imparare ad accogliere

Un passo fondamentale per costruire una

relazione interculturale positiva ed efficace, è

quello dell’accoglienza.

Saper accogliere l’altro, accettare le diversità,

valorizzare il contributo che ognuno può dare,

sono tutte modalità attraverso le quali stabilire un

buon rapporto con l’altro. Senza un atteggiamento

di accoglienza non è possibile instaurare alcuna

relazione interculturale.

D’altra parte, come generazione adulta, abbiamo

il compito di diffondere una cultura

dell’accoglienza tra le nuove generazioni, a partire

dai più piccoli.

La scuola, in particolare, è il luogo in cui

sperimentare l’accoglienza e diffondere una

cultura dell’accoglienza, miglior antidoto alle

dinamiche di discriminazione e razzismo.

Le attività che seguono sono occasioni per

sviluppare le capacità di accoglienza dell’altro,

verso la costruzione di un rapporto di reciprocità.

Su cosa impostare il dibattito con il gruppo?

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Attivitá 8. L’abbraccio perfetto6

Obiettivo: favorire l’accoglienza attraverso il linguaggio non verbale.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 28

Età: 4 – 6 anni

Durata: 1 ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: musica rilassante, spazio ampio.

[6] La seguente attività è tratta (e in parte riadattata) da Walsh J., e Abbot J., L’abbraccio perfetto, Nord-Sud Ed., Milano, 2012.

Imparare ad accogliere

Svolgimento: Ai partecipanti seduti in cerchio viene proposta la storia

“L’abbraccio perfetto” (di J. Walsh e J. Abbot).

Si consiglia una lettura lenta intervallata dalle immagini del libro; se il testo non

fosse disponibile, si prova a riflettere insieme ai bambini sui vari tipi di abbracci

(caldo, freddo, grandi, piccoli, abbracci che coinvolgono tutto il corpo o solo le

braccia…l’abbraccio di mamma,quello della maestra…), fino ad arrivare a capire

se esiste l’abbraccio perfetto oppure no. L’abbraccio perfetto in realtà è quello

che ci donano le persone a cui vogliamo molto bene.

La continuazione della discussione con i bambini può essere indirizzata verso

l’aiutarli a capire che occorre essere accoglienti anche verso coloro che non

conosciamo, perché solo così possono nascere amicizie nuove.

Dopo aver riflettuto su questi aspetti lasciando a ciascun partecipante il proprio

spazio di parola, si invitano i partecipanti a muoversi liberamente nello spazio

(meglio se con un sottofondo musicale rilassante) e, allo stop della musica,

ciascuno abbraccia come vuole il partecipante che trova in quel momento

davanti a sé cercando di mantenere il silenzio. L’obiettivo è anche quello di

sottolineare l’importanza della comunicazione gestuale.

Se l’attività viene fatta con bambini dai 5 anni in su, si può riflettere al termine

dell’attività sul fatto che l’abbraccio è un modo per comunicare, per “andare

verso l’altro” senza dover usare la parola.

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Attivitá 9. Io + te7

Obiettivo: imparare a cooperare, a fare insieme ad un altro.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 28

Età: 5 – 10 anni

Durata: 1 ora circa

Difficoltá:

Cosa occorre: spazio ampio (meglio se palestra), bambini vestiti comodi, spago

grosso o filo di lana spessa.

Imparare ad accogliere

Svolgimento: I partecipanti vengono divisi a coppie e vengono proposte loro una

serie di attività motorie (qui sotto ne vengono proposte due, ma potete

“inventarne” altre a vostro piacimento: l’importante è che i partecipanti siano

legati gli uni agli altri a coppie).

E’ necessario innanzitutto concordare una partenza e un arrivo:

1. Invitate le coppie di partecipanti a sdraiarsi a terra (viso davanti a viso) e a

rotolare tenendosi sempre per mano.

Devono riuscire ad arrivare fino ad all’arrivo senza staccarsi.

2. Invitate le coppie di partecipanti a muoversi nello spazio rimanendo legati

(cioè avendo il polso dell’uno legato con uno spago al polso dell’altro).

Se avete tempo, potete ripetere l’esercizio legando i partecipanti ad esempio un

piede dell’uno con un piede dell’altro.

In caso di partecipanti con difficoltà motorie è possibile variare l’attività in modo

che tutti riescano a partecipare.

Al termine dell’attività chiedete ai partecipanti di sedervi tutti in cerchio.

Riflettete con loro sul fatto che queste attività pur assomigliando a “staffette” non

prevedono un vincitore, ma per lo svolgimento è necessaria l’attiva

collaborazione di ciascuno.

E’ possibile anche chiedere a ogni partecipante come si è sentito durante le

attività.

E’ importante spiegare che per ogni gioco proposto è stato necessario che

ciascuno collaborasse con l’altro, accogliendone peculiarità e trovando accordo

sui movimenti e sui tragitti da compiere.

Il dover rimanere “legati” rafforza il sentimento cooperativo e permette ai

partecipanti di farne esperienza.

[1] Questa attività è stata curata e tratta da A. Cantoni insegnante di scuola dell’infanzia., (2005), “Didattica dell’affettività e ascolto nella scuola dell’infanzia”, tesi di laurea.

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Attivitá 10. Io secondo te8

Obiettivo: favorire una discussione tra insegnanti e operatori scolastici per

migliorare l’accoglienza degli alunni stranieri a scuola.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 25

Età: da preadolescenti ad adulti

Durata: 1 ora e mezza circa

Difficoltá:

Cosa occorre: un foglio e una biro per ciascun partecipante, uno spazio ampio.

[8] La seguente attività, dal titolo originale “Incidenti critici”, è tratta (e in parte riadattata) da Miltenburg A., Surian A., Apprendimento e competenze

interculturali. 20 giochi e attività per insegnanti e educatori, Quaderni dell’interculturalità, n. 24, EMI, Bologna, 2002, pp. 41-43.

Imparare ad accogliere

Questo gioco è consigliato nei gruppi in cui i partecipanti non si conoscono bene

(ad esempio può essere indicato nelle classi prime delle scuole secondarie di

primo e di secondo grado).

Svolgimento: si dividono i partecipanti a coppie casuali e di sedersi uno di fronte

all’altro.

1. Invitate ciascuno a raccontare cosa gli viene in mente guardando chi ha di

fronte (“Secondo me, tu…”);

2. Chiedete a ciascuno di appuntarsi le cose che l’altro gli/le dice.

Se c’è tempo, si può ripetere l’attività invertendo i ruoli nella coppia in massimo

10 minuti (5 minuti a testa).

3. Chiedete ai partecipanti di tornare in cerchio

4. Ciascuno si presenta agli altri utilizzando quanto detto dal compagno/a,

facendo osservare sia le cose giuste sia le cose sbagliate che sono state dette.

Una volta che tutti si saranno presentati, è importante sottolineare come ci

lasciamo guidare nei nostri giudizi e nelle nostre opinioni dalle prime

impressioni, dall’apparenza e, spesso, anche da una serie di luoghi comuni.

Per sfatare questi “falsi miti” è sempre importante prendersi tempo per

conoscere gli altri, ascoltandoli davvero.

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Attivitá 11. La diversità a scuola9

Obiettivo: favorire una discussione tra insegnanti e operatori scolastici per

migliorare l’accoglienza degli alunni stranieri a scuola.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 25

Età: adulti (adatto in particolare ad operatori scolastici)

Durata: 1 ora e mezza circa

Difficoltá:

Cosa occorre: stampa in A4 dei due incidenti delle pagine successive (disponibili

nella sezione dedicata sul sito di Avis Lombardia – allegati D e E.

[9] La seguente attività, dal titolo originale “Incidenti critici”, è tratta (e in parte riadattata) da Miltenburg A., Surian A., Apprendimento e competenze

interculturali. 20 giochi e attività per insegnanti e educatori, Quaderni dell’interculturalità, n. 24, EMI, Bologna, 2002, pp. 41-43.

Imparare ad accogliere

Dividete i partecipanti in piccoli gruppi. Ogni partecipante riceve una fotocopia

con la descrizione, riportata qui di seguito (e disponibile nella sezione dedicata

al progetto sul sito di Avis Lombardia), di uno o più “incidenti critici”.

Date a ogni gruppo di partecipanti 15 minuti per “analizzare” gli incidenti nei

piccoli gruppi e formulare le loro proposte.

Chiedete in particolare a ciascun piccolo gruppo di rispettare le opinioni

reciproche e di formulare una opinione del gruppo.

Passati i 15 minuti, tornate in plenaria.

Chiedete a ciascun gruppo di presentare le proprie proposte di “intervento”.

E’ importante che ciascuno abbia spazio di parola durante il dibattito in plenaria

(calcolate prima i tempi a seconda della numerosità del gruppo a cui proponete

l’attività: potete calcolare circa 2 minuti per ciascun partecipante in questa fase

di riflessione). L’obiettivo di questa attività (in entrambi i casi) è spostare

l’attenzione dal cosa al come.

Il vostro obiettivo non dev’essere quello di arrivare ad un accordo comune su

cosa occorre fare nelle situazioni presentate, ma imparare ad accogliere.

Per accogliere occorre dialogare.

Nella discussione, fate comprendere ai partecipanti che la scelta migliore è

quella che rispetta l’altro pur nella specificità del contesto in cui ci si trova (nei

due casi proposti, quello scolastico).

Questo implica che la scelta migliore non può prescindere dal dialogo e dalla

comprensione delle motivazioni che hanno portato a quelle richieste da parte

della famiglia del/la nuovo/a inserito/a.

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Attivitá 11. La diversità a scuola

Imparare ad accogliere

11 a - Primo incidente

(adatto in particolare per insegnanti e operatori della scuola primaria)

[allegato D nella sezione dedicata

Sul sito di Avis Lombardia]

Sei un insegnante in una classe frequentata anche da alunni di origine straniera.

Durante l’anno si inserisce nella classe una nuova alunna di origine maghrebina.

La nuova alunna ti informa che i suoi genitori non vogliono che partecipi all’ora

di educazione fisica. Come ti comporteresti?

Penso che la proibizione dei genitori si basi sulla fede musulmana dei genitori

dell’alunna. Quindi ritengo che l’alunna non debba partecipare alle lezioni di

educazione fisica e suggerisco di impiegare quelle ore per esercitarsi in classe

per migliorare il proprio livello di italiano.

Anche questa alunna dovrà partecipare alle lezioni di educazione fisica. Come

insegnanti ci atteniamo a quanto scritto nel nostro Piano dell’Offerta Formativa,

senza fare eccezioni. Se i genitori non sono d’accordo sarebbe meglio che

mandassero la propria figlia in un’altra scuola.

Anche se posso immaginare le motivazioni religiose alla base della scelta dei

genitori, ritengo che l’alunna debba partecipare alle lezioni di educazione fisica.

Nel suo caso le sarà permesso di vestire con pantaloni lunghi e con una

maglietta con le maniche lunghe.

Mi comporterei in modo diverso, cioè…

Per lo svolgimento dell’attività: vedere pagina precedente

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Attivitá 11. La diversità a scuola

Imparare ad accogliere

11 b - Secondo incidente

(adatto in particolare per insegnanti e operatori della scuola primaria di secondo

grado e della scuola secondaria)

[allegato E nella sezione dedicata

Sul sito di Avis Lombardia]

In classe nasce spontaneamente una discussione sulle opportunità di trovare

lavoro dopo il termine degli studi.

Un alunno afferma che la situazione sarebbe molto più favorevole se tutti gli

stranieri tornassero al proprio Paese.

Un altro alunno, di origine straniera, prende questa affermazione molto male e

reagisce con rabbia.

I due alunni minacciano di voler alzare le mani l’uno contro l’altro…

a. Ritieni di dover intervenire?

b. In caso di risposta negativa, perché no?

c. In caso di risposta affermativa, come interverresti?

d. Quali sarebbero secondo te gli effetti generati dai comportamenti b e c?

Per lo svolgimento dell’attività: vedere pagina precedente.

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Oltre il noi

e il loro

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Tutti noi siamo portati, per economizzare i nostri

processi cognitivi, a semplificare la realtà e

dividere anche le persone in categorie.

“Gli insegnanti”, “le donne”, “gli stranieri”, “i

giovani”, “i musulmani” sono tutte etichette che ci

permettono con grande facilità e rapidità di riferirci

a gruppi di soggetti con caratteristiche ben precise.

Non siamo matti o poco intelligenti, ma è la nostra

mente che per orientarsi nella realtà funziona in

questo modo!

Tuttavia, non di rado, le categorie divengono delle

“gabbie” che ci impediscono di vedere davvero

chi abbiamo di fronte, di cogliere le eccezioni e le

sfumature della realtà, di riconoscere le persone

per chi sono realmente e non per i gruppi ai quali

appartengono.

Il “noi” e “loro”, attribuito a “noi italiani” e “loro

stranieri ” è una delle distinzioni più frequenti

quando si parla di relazioni interculturali. Superare

questa logica è il solo modo per costruire una

cittadinanza comune e condivisa.

Le attività che seguono sono occasioni per

superare la separazione noi e loro, nei contesti

multiculturali, e provare a cogliere elementi

comuni di appartenenza.

Su cosa impostare il dibattito con il gruppo?

Oltre il noi e il loro

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Attivitá 12. Il puzzle10

Obiettivo: scoprire che accogliere è anche realizzare qualcosa insieme.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 28

Età: 4 – 10 anni

Durata: 1 ora e mezza circa

Difficoltá:

Cosa occorre: fogli A4 (uno per ciascun bambino), colori, 1 cartellone almeno da

1m x 70 cm, forbici, colla.

Oltre il noi e il loro

Svolgimento: si consegna a ciascun partecipante un foglio da disegno e lo/la si

invita a realizzare un disegno libero con elementi di realtà.

1. Potete proporre l’attività in questo modo: “Fate un disegno libero

rappresentando ciò che volete, ma che siano cose reali”.

Attendete che tutti i partecipanti abbiano finito il loro disegno (circa 15 minuti).

2. Invitate ciascun partecipante a raccontare ciò che ha disegnato.

3. Chiedete ad ogni partecipante di ritagliare un elemento del suo disegno da

mettere in comune con gli altri.

4. Invitate quindi ciascun partecipante ad incollare il proprio pezzettino su un

foglio più grande che avrete precedentemente predisposto.

Una volta che tutti i partecipanti avranno incollato sul foglio più grande i loro

elementi, avrete un disegno del gruppo/della classe.

Invitate i partecipanti a riflettere su quanto è importante passare da una parte a

un tutto più grande che non è solo la somma dei singoli disegni ma è la

realizzazione di un qualcosa di completo e imprevedibile.

Gli incontri con gli altri sono così: ci regalano sempre qualcosa di più di quanto

ci aspettiamo o prevediamo.

Se c’è ancora tempo e se il livello della partecipazione è ancora alto, invitate i

partecipanti a:

1) dare un titolo al loro disegno;

2) inventare una piccola storia che racconti quanto raffigurato nell’immagine

comune.

[10] Questa attività è stata curata da A. Cantoni, insegnante di scuola dell’infanzia.

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Attivitá 13. Uno, nessuno, centomila

Obiettivo: prendere coscienza delle nostre appartenenze plurali e degli aspetti in

comune con persone di altri gruppi e culture.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 20

Età consigliata: da 15 anni in poi (valida anche per un gruppo di adulti).

Durata: massimo 30 minuti (attività preliminare ad un incontro tematico o a una

formazione su un tema sociale o associativo. Ha come effetto secondario di far

conoscere reciprocamente i membri del gruppo).

Difficoltá:

Cosa occorre: penna e foglio bianco (per ogni partecipante), sedie a cerchio.

Svolgimento: tutti noi abbiamo molteplici appartenenze: il genere, l’età,

l’eventuale appartenenza religiosa, il credo politico, l’origine culturale, il luogo di

vita…

Prendere coscienza delle nostre molteplici appartenenze ci permette di

individuare il pluralismo insito anche nell’identità degli altri. Il mio vicino di casa

è un musulmano, ma è anche un mio coetaneo e un padre di famiglia. La mia

compagna di classe è ebrea, ma è anche una mia coetanea e ha gli stessi

interessi musicali.

I migranti che arrivano anche alle porte d’Italia sono stranieri, ma sono anche

persone in carne ed ossa con gli stessi sentimenti, gli stessi vissuti, gli stessi

legami che possiamo sviluppare noi, anche senza migrare.

Invitate i membri del gruppo a porsi in cerchio e a prendere in mano un foglio

bianco.

Invitate ognuno di loro a stilare una lista il più possibile lunga di proprie

caratteristiche. Ad esempio: anziano, giovane, papà, figlio, militante di sinistra,

cattolico, musulmano, italiano, francese, cinese, etc.

Lasciate dieci minuti, tempo sufficiente per stilare una lista sufficientemente

ricca e articolata.

A conclusione del lavoro individuale chiedete ai partecipanti di leggere la propria

lista agli altri.

Per riflettere con tutti i partecipanti sulle molteplici appartenenze che ciascuno di

noi ha, potete aiutarvi con gli stimoli presenti in pagina seguente.

Oltre il noi e il loro

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Attivitá 13. Uno, nessuno, centomila

Raccogliete le diverse categorie emerse (religione, età, ruolo famigliare,

cittadinanza, etc.) e sottolineate come ognuno di noi abbia un’identità plurale

e condivida con altri alcuni aspetti della propria identità.

A conclusione dell’esercizio precedente potete leggere ai partecipanti il

seguente testo di Amartya Sen, premio Nobel per l’economia, forte sostenitore

dei diritti delle minoranze.

Oltre il noi e il loro

“Nella nostra vita quotidiana noi ci

consideriamo membri di una serie di gruppi:

facciamo parte di tutti questi gruppi.

La stessa persona può essere, senza la

minima contraddizione, di cittadinanza

americana, di origine caraibica, con

ascendenze africane, cristiana,

progressista, donna, vegetariana,

maratoneta, storica, insegnante,

romanziera, femminista, eterosessuale,

sostenitrice dei diritti dei gay e delle

lesbiche, amante del teatro, militante

ambientalista, appassionata di tennis,

musicista jazz e profondamente convinta

che esistano esseri intelligenti nello spazio

con cui dobbiamo cercare di comunicare al

più presto (preferibilmente in inglese).

Ognuna di queste collettività, a cui questa

persona appartiene simultaneamente, le

conferisce una determinata identità.

Nessuna di esse può essere considerata

l'unica identità o l'unica categoria di

appartenenza della persona” .

(Amartya Sen, 2006)

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Attivitá 14. Indovina chi… interculturale

Obiettivo: prendere coscienza del fatto che l’altro non è sempre come ci appare al

primo sguardo.

Numero di partecipanti consigliato: da 8 a 20

Età consigliata: da 15 anni in poi (valida anche per un gruppo di adulti).

Durata: massimo 45 minuti (attività preliminare ad un incontro tematico o a una

formazione su un tema sociale o associativo. Ha come effetto secondario di far

conoscere reciprocamente i membri del gruppo).

Difficoltá:

Cosa occorre: un videoproiettore; il file powerpoint delle immagini disponibile nella

sezione dedicata sul sito di Avis Lombardia, dove troverete anche delle indicazioni

per svolgere l’ attività (se non è possibile proiettare le immagini, si possono

stampare prima dell’incontro in modo da mostrarle alle persone durante l’incontro).

Svolgimento: spesso non siamo abituati a vivere in una società interculturale.

Le persone intorno a noi, il loro modo di apparire, i tratti somatici,

l’abbigliamento, ci inducono a pensare, in maniera quasi scontata, a determinati

gruppi e appartenenze (ad esempio velo = musulmana; pelle scura = straniero;

capelli biondi e occhi azzurri = autoctono…). Questa attività è stata creata

apposta per sfatare queste prime impressioni.

Si invitano i membri del gruppo a porsi in cerchio tutti insieme.

Proiettate alcune immagini evocative (ad esempio: un anziano con la barba

lunga, un giovane con i capelli lunghi…). Potete anche stampare le immagini

disponibili nella sezione dedicata a questa attività nel sito di Avis Lombardia.

Invitate i partecipanti a rispondere alla domanda “Chi è?”.

Per alzata di mano ognuno può esprimere la sua impressione, sapendo che non

vengono forniti altri dettagli che quelli offerti dall’immagine stessa.

Spiegate ai partecipanti che il gioco è fatto apposta per “sbagliarsi” e riflettere

così sul fatto che l’altro non è per forza come mi appare al primo sguardo, e

come gli elementi di contesto (non sempre facilmente identificabili nelle

immagini) siano fondamentali per interpretare la realtà.

Oltre il noi e il loro

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Qui di seguito alcune domande frequenti emerse nei contesti di Avis e nelle

occasioni di formazione interculturale condotte dai curatori. Non esistono ricette

assolute per le domande interculturali, ma è possibile dare alcune linee-guida

per orientarsi in maniera consapevole all’ interno dei contesti plurali. Dunque,

più che risposte prestabilite, si propongono spunti e riflessioni per… porsi nuove

domande!

E’ giusto fare la messa di rito cattolico durante le giornate di Avis?

L’approccio interculturale non richiede mai di rinunciare alla propria cultura

associativa. Se è prevista una messa di rito cattolico e sono presenti persone di

altre religioni o persone non religiose, si suggerisce di riflettere su come

impegnare il tempo delle persone che non frequentano la messa e su come

immaginare un momento comune, oltre alla messa, che possa fare da “ritocomune” per dare il via alla giornata associativa, senza escludere nessuno.

Leggere un testo che suggerisce il senso della giornata, potrebbe essere uno di

questi modi.

Abbiamo degli ospiti di religione musulmana ed alcuni di loro chiedono

diete specifiche (oltre ai celiaci). Quali accortezze avere?

Di fronte ad ospiti di religione musulmana, può essere opportuno ricordarsi che,

in genere, i fedeli di quella religione non fanno uso di alcol. Sarà dunque

opportuno non offrire loro vino, contemplare anche la presenza di non alcolici e

avere la giusta attenzione per questo aspetto, evitando ironie che potrebbero

offendere o essere mal comprese.

Stiamo organizzando alcuni eventi durante il mese di Ramadan. Quali

domande evitare e quali accortezze avere?

Il Ramadan è un periodo dell’anno di particolare intensità per i mussulmani.

Evitate di fare domande sul fatto che sia faticoso, e non offrite cibi o bevande

(potrebbe essere interpretato come una “tentazione”).

Le FAQ

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Bibliografia

Con ragazzi e adulti

Ghazy R. (2007), Oggi forse non ammazzo nessuno. Storie minime di una giovane

musulmana stranamente non terrorista, Fabbri, Milano.

Granata, A. (2011), Sono qui da una vita. Dialogo aperto con le seconde generazioni, Carocci,

Roma.

Granata A., Pedagogia delle diversità in classe, Carocci, Roma, in press

Granata A., Guiddi P. (2014). Modi di dare. Orientamenti pedagogici, ISSN 0030-5391, Vol.

61, Nº. 358, pp.825-856.

Miltenburg A., Surian A. (2002), Apprendimento e competenze interculturali. 20 giochi e

attività per insegnanti e educatori, Quaderni dell’interculturalità, n. 24, EMI, Bologna.

Santerini M. (2003), Intercultura, La Scuola, Brescia.

Sen A. (2006), Identità e violenza, Laterza, Roma-Bari.

Con i bambini

Biella D. (2015), Prima ora di lezione. Parliamo di immigrazione, Vita no profit, Milano.

Lionni L., (2009), Pezzettino. Ed. Babalibri, Milano.

Lionni L., (2009), Guizzino. Ed. Babalibri, Milano.

Walsh J. e Abbot J.(2012), L'abbraccio perfetto. Ed. Nord-sud, Milano.

Lionni L., (2009), Piccolo blu e piccolo giallo. Ed. Babalibri, Milano.

Unigerer T. (2008), I tre briganti. Ed. Nord-sud, Milano.

Ramos M. (2008), Il lupo che voleva essere una pecora. Ed. Babalibri, Milano.

Laboratorio Migrazioni Genova (2005), Le carte del viandante, Ed. Guerini e ass., Genova.

Zanotti C., Guicciardini G. (2013), Fu’ad e Jamila, Ed. Lapis, Roma.

Per approfondire

FilmografiaSamdereli M. (2011), Almanya. La mia famiglia va in Germania (tema: famiglie migranti)

Crialese E. (2006), Nuovomondo (tema: immigrazione italiana all'estero)

Con i bambiniPlisson L (2013), Vado a scuola.

D’Alò L. (1998), La gabbianella e il gatto

Oalot M. (1998), Kirikou e la strega Karaba

Oalot M. (2005), Kirikou e gli animali

Miyazachi H. (2008), Ponyo sulla scogliera

Girerd J. (2004), La profezia delle ranocche

Coulais B. (2004), I ragazzi del coro

Caro N. (2003), La ragazza delle balene

Hosseini K. (2003), Il cacciatore di aquiloni

Con adultiGatti F. (2007), Bilal. Il mio viaggio da infiltrato nel mercato dei nuovi schiavi, ed. Rizzoli

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Per info e contatti: www.AvisLombardia.it