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    IILLPPLLUURRAALLEE

    DDII AAMMOORREE

    MAURIZIO DARGENIO

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    UNO

    Ho deciso di scr ivert i.Quello che sappiamo, vissuto dentro di noi ormai appart iene all uomoche ero e alla donna che fosti ; mi r imane ancora un solo insanabile rim-pianto, i l tuo primo vero sguardo.

    pi di un r icordo, come un vecchio vest i to che non saprei piindossare. Non varrebbe la pena neanche ricominciare; eppure mimuovo dent ro me stesso come un tur ista per caso.

    M i piace cercare i l uoghi nascost i del nostro passato dove rinnovo lostupore, int atto ed inconcil iabile, per i giochi fumosi i n cui mi cir cuiv i.

    Non so, ancora oggi, quanto mia tu sia veramente stata. Io ti ho

    appartenuto, nell inut il e innocenza dell uomo che dona.....

    Molto intenso, indubbiamente molto intenso.Daltronde il modo di amare di Paolo sempre stato tutto di un fiato.Questo piccolo stralcio di una lettera lunga una notte, racchiude il

    lento logorarsi di una stagione passata, inutilmente, a rincorrere un amoremai per davvero comprensibilmente corrisposto.

    Paolo, come me non ancora trentenne, di classe media, aspetto inno-cente in un fisico tagliato a colpi di accetta, stava venendo fuori, espres-

    sione forse troppo colorita da una storia vissuta pericolosamente : ovve-ro pericolosamente dal lato suo.

    Clara in fondo, ma chi potrebbe veramente dirlo, si era lasciata placi-damente concupire, senza trasporto, in un intrecciarsi di attenzioni,discorsi lunghi e prorompenti a cui aveva dato nei primi momenti, senzavolerlo, il tono di un innamoramento sotterraneo a cui Paolo aveva volu-to e dovuto sottostare.

    Io Luca, amico, confidente strafottente di Paolo, ne ho voluto rac-

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    cogliere, in queste pagine minime, la storia, che potrebbe risultare esem-

    plare per pi di un'aspetto.

    Si erano conosciuti in un luogo comune, tra mille luoghi comuni,dove il vero modo di intrecciarsi rimaneva, ancora, il guardarsi non visti,per scorgere nellaltro lo scintillio di un interessamento che supera lu-suale fatica di provarci.

    Di Clara basta poco per irretirti, ben fat ta, capelli lunghi e curati, nelvolto una luce intensa tut ta concentrata in quegli zigomi alti oltre i qualiincrociavi lo sguardo anchesso strafottente di cui aveva una padro-nanza assoluta e di cui il povero Paolo rimase immediatamente schiavo.

    Clara di origini umili, aveva reso le proprie fatt ezze, esteriori ed inte-riori , un piccolo gioco di societ a cui partecipavano immaturamente uncodazzo di uomini, in ordine sparso, tut ti con la fissa di: una botta gli eladarei , ma con lincapacit frustrata di superare anche la pi innocua dellebarriere, visto che lei, in questa sfrenata ideale corsa ad ostacoli, ne avevasempre uno nuovo da proporti, molto simile allultimo, ma solo un pocopi alto e comunque leggermente inferiore al successivo.

    meglio confessarlo subito, limbambolamento, lo avevo avutoanchio; ma alla prospettiva di uno stancante, insistente e con ogni proba-bilit inutile corteggiamento avevo rinunciato ben presto. Mi ero defilatonella pi congeniale posizione di stratega di Paolo che nella cerchia sem-brava essere quello con minori speranze e quindi, per naturale contrappe-so, aveva a mio modesto avviso possibilit che neanche lui poteva pro-spettarsi.

    Sappia chi legge, e avr la premura di seguirmi oltre queste prime

    righe, che nel prosieguo di questo racconto, nel tentativo di traslare le-satto rincorrersi degli accadimenti interiori del mio povero amico Paolo, sarcostretto talvolta, ma vi assicuro senza malizia retorica, a intrecciare i tempidella narrazione; in quanto, come anticipavo, ogni volta che Paolo aggiun-geva un nuovo vetro infranto al tentativo di vedere per intero Clara venivaa trovarsi davanti agli occhi, voglio dirlo (e diciamolo pure) del cuore , unnuovo specchio che nulla concedeva ad una nuova visione, ma riproponeva,guardandoci dentro, la strada percorsa sino a quel momento.

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    Comunque bando alle ciance, andiamo a incominciare.

    Del primo incontro bene che fornisca subito dettagli. Esso fu perPaolo motivo di parziale soddisfazione e nello stesso tempo di sotterraneafrustrazione che sarebbe esplosa gi alla prima successiva telefonata.

    Solita riunione di gente, in una casa qualsiasi, in cui ci si conosceva inparte; Clara era il centro, in parte non condiviso, dellattenzione di ungruppo.

    Paolo studiava una qualche forma di coinvolgimento.I tentat ivi di avvicinamento, fatt i con scontrosa ritrosia avevano

    avuto buon esito solo quando Paolo, batt ito cardiaco notevolmente accele-rato, aveva senza preavviso, pensate un p, gelato luditorio sino a quelmomento accondiscendente, contraddicendo in maniera inequivocabileClara usando ipotizziamo inconsciamente un frasario forte e per luistridente, che invece di respingerlo definitivamente nel mondo degli ado-ratori senza speranza lo aveva inaspettat amente proiett ato sul prosceniopronto ad essere cannibbalizzato dallamazzone senza cuore.

    La scena aveva assunto un tono ottocentesco in cui il cortigianoimpudente, purtroppo nel nostro caso senza celia, si era adoperato, questo

    si goffamente, per avere un solo at timo di gloria prima del patibolo.

    Ho la netta impressione aveva incominciato Paolo con voce som-messa ma in crescendo ...che lenciclopedia delle cazzate abbia avuto unnuovo significativo aggiornamento! .

    Si stava discutendo, con qualche enfasi, delleterno dissidio: se tra unessere-donna ed un essere-uomo, entrambi appartenenti alla categoria deipiacenti in et g iovanile e stimoli sessuali usuali, si potesse rintracciare ilsentimento dellamicizia pura scevra da secondi fini, ed io aggiungerei

    terzi , quarti , etc. etc. .

    Luscita di Paolo aveva creato un senso di imbarazzo, visto il tonoimpudente dellapproccio ben pi grave della gratuit della sua afferma-zione.

    Clara gli aveva lanciato uno sguardo di sbieco, ironico e sorpreso altempo stesso e lo at tendeva al varco della successiva fr ase. Frase che nonsi fece attendere.

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    Volevo dire aggiunse Paolo cio ...., avevo... o meglio era mia

    intenzione chiarire, che io di queste cose ne posso parlare per esperienzadirett a: catalogare il sentimento t ra un uomo ed una donna un esercizioal qualemi sono prestato troppe volte, ed ogni volta, come in un bosco dopola tempesta, lo stato di confusione che ne rimane sempre incommensu-rabile. Compilareuna donna al di fuori di uno schema sentimentale impossibile per un uomo; essa vive sentimento e ragione in un solo intrec-cio; quindi! ?

    Quel compilare compilare cosa? lo aveva definitivamente allonta-nato dalla discussione; se ne era occupata immediatamente la buona Laura,che in due battute, ritagliate dallultima rivista che aveva divorato pocoprima al cesso, gli aveva risposto:

    Senti, Paolino! Ma lo sai che tutt e le donne, e dico tutte, utilizzanoentrambi gli emisferi cerebrali?

    A differenza degli uomini: netta supremazia; perci proprio inutileche cerchiate di capire quando vera amicizia o passione amorosa, con dueemisferi possiamo fare le due cose anche contemporaneamente, oppurefarne una sola ma dare ad intendere che stiamo facendo laltra .

    La cosa era piaciuta, non poco, e Paolo si era rifugiato in un laconico

    Lascia perdere, va beh! Non voglio replicare, non sono inserata .Invece Clara si, caspita se era in serata, aveva tirato fuori la lunga

    sigaretta, lei fumava lui no, se lera portata lentamente alle labbra, avevachiesto da accendere un p in giro e poi aveva iniziato a fumare, con lun-ghe sorsate, alternando sguardi annoiati a furtive occhiate alla finestra chedava su un piccolo terrazzo che sembrava improponibile per il freddobestiale che cera. Paolo, bisogna dirlo per onest di cronaca, la botta alcuore laveva avuta tut ta. Clara gli era irrimediabilmente caduta nei pen-sieri e nonostante, come dire, si compilassenel personaggio dellintristito

    disinteressato, non faceva alt ro che cercarla, un p con gli occhi un p conla posizione, cio gironzolava in modo da capitargli, del tutto casualmente,davanti.

    La serata andava avanti, con qualche gridolino di troppo e quel tant inodi alcool che poi in fondo confonde ma non indispone. Altro problema, Paolonon beve Clara si, ma con moderazione, almeno cos mi sembrava.

    Devo immediatamente aggiungere che lo stile con cui vestiva Clara

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    era del tutto particolare: poca enfasi, poche curve in mostra, praticamente

    pantaloni, si attillati con stivaloni, ma ben coperti nelle zone di interesseesplorativo, da un lungo maglione di almeno due taglie in pi, e poi i colo-ri risentivano quasi di una mentalit mascolina nel vestire.

    Bene, andiamo avanti.

    Il gironzolare, aveva, finalmente sortito qualche effetto, il Ma tu nonbevi niente? detto da Clara, nel momento esatto in cui Paolo, per ricon-quistarsi un piccolo ambito di appartenenza, aveva deciso di concedersialmeno un goccio, lo aveva, ovviamente, colto impreparato. In un turbiniodi indecisioni, aveva finalmente pronunciato: Sono astemio e non soloallalcool . Che cacchio potesse significare e non solo allalcool ancoranon sono riuscito a saperlo.

    Fatto sta che la cosa era piaciuta a Clara che aveva concesso al nuovovenuto, ma lo aveva gi intravisto almeno un altro paio di volte, senzaaverci fatto caso, il titolo ambito di intrat tenitore momentaneo almenofino al prossimo: Mi fai accendere? .

    Paolo si era presentato nel modo pi banale possibile: et, professio-ne, misure corporali, taglia delle mutande e quant altro potesse, secondo

    lui, farlo conoscere, gi al primo impatto, in maniera chiara ed inconfondi-bile.

    La prima cosa che not in Clara era una sete spasmodica di voler sape-re. Non faceva altro che inanellare domande una dietro laltra senza dare maila possibilit a Paolo di rilanciare la palla nellalt ro campo. In poche parole leiascoltava con bramosia e Paolo si stava facendo vivisezionare nella manierapi rapida possibile.

    Clara aveva una strana somiglianza, pensava Paolo nei rarissimimomenti in cui non era intento a rispondere, con un vecchio quadro di casa

    dei suoi. La cosa che lo colpiva di pi erano quegli zigomi alti, ancor piaccentuati da un modo di truccarsi che li sottolineava con pervicacia.

    Quel quadro stava l non so da quanti anni, e lui ne era stato sem-pre affascinato per lesiguit della figura rappresenta ta, che veniva adessere tutta compressa ed in un certo qual modo esplosa in quegli zigo-mi.

    Il dialogo continuava, Che macchina hai? chiese Clara. Non amo lemacchine, almeno pi di tanto rispose Paolo la macchina mi serve per

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    muovermi, non ne ho mai fatto un fine; al massimo un mezzo , provan-

    do ad accennare un lieve sorriso, visto lesiguo giuoco di parole.Insist Clara, Si ma che macchina hai? , Ho una vecchia Rover,

    tutt a da rifare disse Polo. Mi piacciano le macchine straniere, devi farmela provare rispose

    Clara incuriosita, Ma la mia, ti assicuro, non niente di speciale, anzi unmezzo catorcio ribatt Paolo con uno scorcio di risata.

    Paolo continuava a fissarle gli zigomi e anche le cosce per esser sin-ceri, ed in entrambi i casi lo faceva con la massima cautela anche se in unasola occasione, nel provare a risalire un p pi su, aveva incontrato unosguardo docile, quasi languido, che lo aveva ulteriormente confuso.

    Caro lettore, concedimi un inciso, io e penso anche Paolo, avremmorinunciato ai migliori anni della nostra vita per sapere cosa pensava Clarain quel momento e per la verit, in senso lato, questo desiderio inappaga-bile lo estenderei ad ogni donna.

    Ma in questo caso nessuna eccezione che confermasse la regola.Clara stava l, quasi si irradiava , parole del Paolo gi irrimediabil-

    mente innamorato, ma nulla lasciava percepire se un piccolo rintocco bat-tesse anche nel cuore della nostra protagonista

    Linnamoramento, dopo meno di trenta minut i passati insieme, erastato G LOBALE.

    E poi quelle cosce; talvolta la sessualit prende il sopravvento suglizigomi, o mi sbaglio?! Lasciavano presagire un corpo flessuoso, ben pro-porzionato e con quei fianchi larghi che erano una delle fisse di Paolo.

    Lincontro si era interrotto senza un motivo apparente, ovvero: la sim-paticissimaLaura, ancorch stronzissima per Paolo, era riuscita ad intrufo-larsi, si badi bene senza alcuna premeditazione, avrebbe detto lei, per ripor-

    tare i due orfanelli , non so perch li avesse appellati cos, nel grande ven-tredella discussione comune, dove sempre secondo lei, non potevamo man-care.

    Paolo aveva capito che il momento di gloria era agli sgoccioli e gistava iniziando un bel ripasso dellintera discussione con il triplice scopo:di non dimenticare assolutamente neanche il pi insignificante dei parti-

    colari;di avere tut to il materiale intat to e ben conservato per una bella e lunga

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    analisi dellaccaduto;

    di procedere, con compostezza scientifica, allindividuazione degli erroridi percorso da lui compiuti, ne era certo, nello sviluppo di quello che luichiamava al momento mancato irretimento .

    Ma io, accortomi dellavvenuto abbandono, fott endomene del richia-mo alla comune discussione, mi ero immediatamente apprestato a romper-gli le pall e, ben sapendo che in quel momento, lo conoscevo da troppo, nonavrebbe voluto altro al mondo che restare solo con se stesso per iniziarelalacre lavoro.

    Un senso di fastidio, neanche malcelato, traspariva dal suo volto men-tre mi avvicinavo. La prima cosa che mi disse, tra i denti, fu quasi un sibilo: Mo che cacchio vuoi? . Io avevo un bel sorriso sornione stampigliato sullabocca e con il mezzo tono del complice, un p ricattatore, gli dissi Niente,ho notato un bello scontro frontale ed ero venuto ad accertarmi se necessi-tavi di assistenza . Risposta scontata Vaffanculo . Controrisposta Per que-sta volta t i grazio e mi ritiro, ma fai at tenzione: spesso quello che appare etut to quello che c . Mi aveva guardato un p soprappensiero tra l irritatoe lintristito e se ne era andato in un altro angolo della sala con il chiarointento di non volermi ulteriormente parlare.

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    DUE

    Paolo aveva intuito che la serata, almeno per lui, volgeva al termine.Aveva, comunque, notato che Clara, quasi furtivamente, aveva raggiunto ilpiccolo terrazzo e se ne stava pudicamente raggomitolata in un angolo, fis-sando un punto lontano: che fosse miope?

    Paolo era ben conscio che non poteva reggere una nuova discussio-ne, ma nello stesso tempo non voleva lasciarsi sfuggire unoccasionecome quella; con passo anchegli furtivo era riuscito, non visto, tranneche da me, a raggiungerla e tutto in un colpo, sgraziatamente, le avevachiesto il fat idico numero di telefono. La bel la amazzoneglielo aveva

    fornito svogliatamente, ma senza opporre eccezioni e cos si erano lascia-ti, senza t rasporto alcuno, quasi con indifferenza.

    Si era messo in macchina con la testa un p imbambolata ed era tor-nato a casa senza neanche accorgersi che strada stesse facendo.

    Il rincorrersi dei pensieri era farfugliato, ogni inizio si spezzava troppopresto e lunica cosa che rimaneva indelebile, come un rumore di fondo, eraquel famoso sguardo rubato ove Clara aveva lasciato intravedere un abisso ditenerezza che Paolo forse non pot mai dimenticare.

    Non era tardissimo e le folate di vento gelido che entravano dalla fine-stra, spalancata volutamente della sua camera, non potevano dirsi di certomolto consone ad un eventuale addormentamento che il pigiama e le gi tra-scorse att ivit corporali nel bagno di casa avrebbero dovuto lasciar presagire.

    Paolo stava riassaporando pi che le immagini, di questo dannatissi-mo primo incontro, i toni di voce con cui Clara aveva posto la famosa seriedi domande.

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    Cercava disperatamente di capire il senso complessivo della loro

    discussione e si accorgeva che, in effetti, lintreccio delle domande non por-tava ad alcun percorso utile.

    Ogni tanto, in questo turbinio, aveva provato, con il telefono, chestranamentesi era portato dietro mentre si adagiava sul letto, a comporreil numero di Clara quasi per memorizzarlo senza mai finirlo.

    Lo stadio successivo non poteva che prevedere di tentare di farlosquillare, almeno una volta, per poi riattaccare, chiudere la finestra, spe-gnere la luce, tirare su le coperte, infossare la testa nel cuscino e lasciareche Morfeo si occupasse dei suoi derelitti pensieri.

    Il problema fu che, nonostante, lora tarda, il telefono era occupato.Pervicacemente occupato.

    Bisognava immediatamente ridestarsi, raccogliendo ogni residuaenergia ed impostare un ragionamento adeguato per capire perch iltelefono non fosse libero.

    Caro lettore, non lasciare che il tuo raziocin io prenda necessaria-mente il sopravvento. Questa stori a modesta fatt a di spasmi e accennidi sorr iso di vere e propr ie piccole insofferenze, che sembrano precludere

    un senso di sopraggiunto appagamento o quanto meno rassegnazione, maforse a nessuno dei due traguardi giunger.

    Il nostr o eroe, dimostr all epoca dei fat ti , ne sono io verit iero testi -mone, grande bisogno di conforto.

    Confor to che mi auguro anche tu non voglia negargli .Ti rassicuro per che alla fi ne della fiera ogni tensione andra scio-

    gliersi e una condiscendenza, credo tu non negherai, al protagonista di que-ste pagine.

    Telefono occupato uguale amante incazzato. Rima un p cretina , maefficace, Paolo se la faceva rimbalzare nel cervello allunisono con il suocuore.

    Pronto?! . Era lei. La voce era suadente, per nulla irritata. Sono Paolo , bella scoperta, almeno per noi. Ciao, come va? , aveva una qualche voglia di riascoltarlo, o forse era

    pi che abituata alla telefonata di sussiegodopo il primo incontro. Paolo

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    aveva propeso per la seconda ipotesi, ma in effetti era abbastanza imprepa-

    rato al dialogo. Tutto bene aveva risposto un p confuso, ...Tutto bene... . Certo

    non poteva mica ripeterlo per la terza volta?Meglio prender tempo. Scusa per lora, spero di non averti svegliato . Molto improbabile

    visto che fino a quel momento il telefono era occupato, No, no, ero atelefono con un amico, fino ad un attimo fa, nessun problema, dimmi .

    Il dimmi sembrava un macigno. Soluzione rapida, fin troppo affrett a-ta.

    No, volevo chiederti, se eventualmente domani, senza impegno, disera ....., comunque senza impegno, se domani hai da fare, .... insommapotremmo vederci .

    Scusa hai fretta? gli chiese Clara. In che senso? rispose Paolo cercando di non sembrare perplesso. Nel senso, se adesso ti va di parlare, sai io dormo pochissimo Clara

    con tono quasi caritatevole.Anche io dormo poco, ma certo che mi va di parlare disse Paolo

    simulando.Allora dimmi . Rieccolo, il dimmi di Clara, porcaccia la miseria

    zozza. Bene, rimbocchiamoci le maniche e giochiamocela al meglio.

    Paolo, convinto di aver avuto una brillantissima idea le disse Mi haidetto cos poche cose di te. Sai mi piacerebbe conoscerti meglio .

    Ma se mi conoscono tut ti. Tu invece mi hai raccontato cos poco glirispose Clara

    Alla faccia! Ci mancava solo che le avesse fotocopiato le pagelle delleelementari.

    Ma il momento richiedeva il massimo sforzo e Paolo, con qualche

    legitt imo entusiasmo per la nuova idea, aveva imboccato il tranquillo sen-tiero della narrazione autocelebrativa delle sue attivit lavorative.

    Il mestiere di lui, era semplice a dirsi, diff icile a raccontarsi. Avvocatodi belle speranze: inseritosi, con qualche difficolt, in uno dei pi noti studidella citt ah dimenticavo! Siamo a Napoli, quindi utile att rezzarsi adusare le necessarie proporzioni, ove risultasse indispensabile si era dedi-cato con abnegazione ad alcune prat iche di indubbia difficolt, mi sembradi rammentare relat ive a diritto societario o cose del genere, che lo aveva-

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    no relegato nellatt enzione del gran capo, mostro sacro dellavvocatura

    Napoletana, allinfausto ruolo, quantomeno sotto laspetto strettamenteeconomico di ricercatore di sentenze.

    Sentenze che dovevano essere assolutamente inedite , cos le defi-niva lui, in modo che potessero sostenere le tesi pi ardite, in quanto, nongi suffragate da precedente citata giurisprudenza.

    Le evenienze, ovviamente, richiedevano, che il nostro accanito stu-dioso, onde accrescere la sua sostanza patrimoniale, fosse dedito, quasi dinascosto (almeno per il suo amor proprio) a trat tare sopratut to causett eriguardanti quel mondo selvaggio e menzognero che in gergo legal-popo-lare-partenopeo appellasi dei tozzi-tozzi ovvero: cause civili inerenti ilcodice della strada; dicasi pure: finti tamponamenti, mai effett ive avvenu-te lesioni, ricerca spasmodica di inveterati t estimoni oculari e chi pi ne sapi ne aggiunga.

    Lindomita C lara, invece, insegnava, qualcosa che aveva a che fare conmaterie tecniche, o gi di l. E la differenza si sentiva eccome se si senti-va in quel senso di comando che ancorch limitato ad un gruppo di alun-ni, era pur sempre esercitabile.

    Ovviamente, del lavoro di Clara, Paolo, non riusc a sapere molto dipi. Anche se alcune parole fugaci e non completamente chiarif icatrici delloro dialogo, gli avevano lasciato intuire un certo non so che di sentimen-tale che doveva essere presente nellambito lavorativo. Era sta ta ad uncerto punto poco pi di una sensazione, o meglio di un tono di voce menomeccanico di quello che la giovane Prof aveva fino a quel momento utiliz-zato, a fargli nascere quel sospetto.

    A quel punto una piccola fitta gli aveva incrinato i pensieri e laltrolato del suo ragionare, quello che non stava raccontando, con una f requen-

    za in crescendo lo spingeva ad essere pi esplicito.

    Senza preavviso Paolo e n adeguata int roduzione, ridacchiando disse Clara... , pronunciato arrotando le prime due consonanti ... non sarmica che... , nuovamente ridacchiando questa volta in mal modo ...comedire ..., ... o meglio parafrasando..., ... hai, o forse hai avuto ... , questa voltaridendo proprio ... una bella storia due cuori e un aula... e gi unaltrabella risata.

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    Clara facendosi ant icipare, e con ogni probabilit procurandoselo

    onestamente non saprei dire come, ma nessuno potr schiodarmi da que-sta convinzione dal trillo di un inaspettato telefonino, disse Scusa unattimo... sentiamoci tra un ventina di minuti... va bene.. ciao . E senzaattendere neanche laccenno di una risposta aveva troncato quella primatelefonata notturna.

    Se dopo venti minuti devo immaginare, conoscendolo bene esatt iPaolo avesse ritelefonato io non lo so. Certo che il senso di frustrazionedel nostro eroe f di un bel sapore amaro. Quindi, per gradire si profuse inuna not te agitata, poco dormire ed un bel dolore alla nuca come souvenirda portarsi dietro per lintera nuova giornata.

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    TRE

    Ritrovarsi per Napoli, il giorno dopo, gli aveva procurato una strana sen-sazione. Colpa o merito dellamore.

    Di quellamore che si propaga, germogliando solo se stesso e spandee si vernicia tut to quello che ci gira intorno. Gli occhi di Paolo, i suoi gesti,un sorriso labile, ma irrefrenabile, erano indizi inconfondibili. Ci si senteaccomunati. Un senso di fratellanza con le cose, gli altri, gli sconosciuti, cipervade.

    Napoli di primo mattino aveva, o meglio Paolo ne vegheggiava, unfascino tutto nuovo. Non negava che facesse freddo, ma era un freddo

    secco, intenso, a dir poco piacevole. Che fare?! Troppo presto un p pertutto. Meglio camminare, guardarsi intorno e riannodare tutti i fili.Ripercorrere i dialoghi, rammentandone brani che si sovrapponevano, tralui e Clara. Neanche pi il suo volto gli risultava nit ido ma ne annusava,questo si, il profumo. Il volto di Clara, come le frasi, era scomposto, e lin-sieme veniva sempre ad essere offuscato dal magnetismo dello sguardo.

    Mi piacerebbe, a questo punto, poter rintracciare, non visto, i gesti diClara, poter dividere questa pagina in due e raccontare, in parallelo, i loro

    pensieri, poterli confrontare sino a giungere a sovrapporli, come quando sicongiungono due mani e solo in quel momento hai palese davanti agliocchi quanto possano somigliarsi e al tempo stesso essere tanto dissimili,finch noti lindice affusolato che si confronta con quello pi squadrato, iltaglio delle unghie cos diverso; eppure quelle due mani nei palmi comba-ciano come in uno stampo.

    Sincerit, per sincerit, devo confessarvi che quello che segue con

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    ogni probabilit altamente verosimile, ma di certo non vero, almeno nel

    senso del testimone oculare, non quello delle cause di Paolo, ovviamente.Clara si era svegliata al solito modo, fresca e pimpante. Molto pi

    tardi di Paolo, ma in questi casi e solo in questi casi, i tempi collimanoanche se gli accadimenti reali risultano tra loro sfasati.

    In amore, ovvero in un percorso amoroso, si riesce a pensare alluni-sono anche in luoghi e tempi diversi, una stramberia a cui credo, ma cheda verifiche effettuate sembra non appartenere solo a me.

    A Clara era venuto, in maniera divertente, in mente Paolo. La facciaun p buffa, di quella sera prima, si accomunava con una parte frammen-taria della loro telefonata. La cosa sembrava essere troppo complicata perulteriori approfondimenti. Meglio truccarsi. Lat tendeva una giornata giparzialmente scontata. Poi il traffico, che lei viveva, tutt i i santi giorni, conla stessa insofferenza. Il tragit to in macchina tra casa e scuola, un vero eproprio gioco delloca, con le caselle delle penitenze ed i percorsi alternat i-vi tentati, ogni volta, senza successo.

    Nel traff ico di Napoli, si sappia, non esistono percorsi alternat ivi almassimo esistono orari alternativi che, bene chiarirlo, non sono mai glistessi.

    Sul sedile di dietro la borsa semiaperta, di chi ha da poco cercato ilportafogli, lasciava intravedere uno strano foulard, di gusto eccentricovolendo essere magnanimi, che la diceva lunga sul suo carattere.

    A volte per scardinare le apparenze di qualcuno ci basta un piccoloparticolare, meglio se insignificante per chi, inconsapevolmente celomostra .

    come cercare luscita in un labirinto omettendo di scegliere tra lealternative proposte alla partenza, ma individuando allimprovviso al cen-

    tro del gioco quella piccola curva che sentiamo essere subito giusta; ci bastasalire e scendere seguendo quellindizio per scoprire inzio e fine del trac-ciato. Quel foulard, anche un p sgualcito, doveva essere certamente difoggia straniera.

    Pensereste ad una fissa esterofila, vi sbagliate! Allora vogliamo ipo-tizzare una volont ferrea di volersi distinguere ad ogni costo usufruendodellaccecante scintillio che procura il cattivo gusto. Ancora non ci siamo!

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    Va bene vi voglio soccorrere. Nuovo indizio: il foulard va associato alla

    borsa.Allora .... ci siete ?Non voglio irritarvi oltre, propongo subito il mio teorema.Il foulard andava annodato alla borsa e sin qu niente di part icolare se

    per non si tiene presente che il modo di annodarlo, con molta poca cura ealmeno due nodi, era quello tipico di una stagione generazionale che perClara e gli altri trentenni della nostra storia sarebbe dovuta essere da unp di anni gi alle loro spalle.

    Quellet che aveva negli ideali ambientalisti un suo modo particola-re di identificarsie vedeva nella purezza delladolescenza imprestata allagiovinezza, in fase di definitiva maturazione, come giusto che sia, unin-nocenza di fondo (comunque bravamente pervasa dai primi focolai disesso), che almeno nel caso di Clara era r imasta inaspett atamente intat ta eper gran parte inaccessibile.

    Mi perdonerete se eccedo, ma quel foulard lasciava trasparire qualco-sa di pi: un legame nostalgico con alcune irruenze che il passare degli annied il naturale condizionamento dei compromessi avrebbero dovuto gi

    ampiamente placare, facendo relegare quel pezzo di stof fa fuori moda in uncassetto dimenticato, probabilmente in compagnia di qualche vecchio dia-rio con attaccate su alcune foto sbiadite.

    Questa netta demarcazione del suo carattere intimo si adombravaspesso negli atteggiamenti e qualche volta anche nei toni di voce; insom-ma la sua adultaggine non era poi cos compromessa, come alcuni intende-vano e su questo aspetto in pochi si soffermavano.

    Paolo non ne aveva ancora colto in pieno il senso, ma diciamo cos siera subbitaneamnete accorto che alcune semplificazioni di Clara non rica-devano nella schiera del pressapochismo, un p tipico in alcune sue coeta-nee, ma in una specie di infant ilismo lirico che lasciava presagire unfondo di tenero, mai reso completamente disponibile, da cui forse trarreradiose sensazioni.

    La giornata di Clara era facilmente cadenzata; finito il tragit to casa-

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    scuola, leggermente stizzita e per questo mot ivo ancora pi bella agli occhi

    dei suoi spasimanti senza coraggio di proferir parola, se non tra loro stes-si, si introduceva in aula.

    Il suo comportamento da insegnante era inf lessibile, nessuno spazioper facili cameratismi e solo qualche volta, ma con un intensit inaudita, silasciava andare al pi sadico sarcasmo: delizia inusperabile per coloro chenon ne erano oggetto, ma motivo di dolorosissima sofferenza per chi nesubiva lo sferzante motteggio.

    Questa capacit di essere cos acida era al tempo stesso: indice diunintelligenza intuit iva rapidissima, vivace ed intensa, ma anche spia diun carattere ombroso, probabilmente fortemente provato dagli avveni-menti dolorosi del vivere, in cui il cinismo, come un rigurgito, di tanto intanto le saliva alle labbra irrefrenabile.

    Brutta bestia da t rattare. Indubbiamente.

    La materia che insegnava doveva essere una di quelle che definiamo,nelluso comune, complementari; ma che in realt vanno correttamenteaggettivate come inutili, volendo essere benevoli.

    Questo lei lo sapeva e lo sapevano bene anche i suoi alunni, non ne

    aveva mai rimandato nessuno, ma il dualismo insegnate-alunno non con-sentiva a nessuno dei due di abbassare la guardia.

    Nei confronti delle ragazze delle sue classi il grado di acidit eranettamente inferiore a quello usato per i ragazzi. Un modo complice diriconoscersi nella sua razza femminea. Le ragazze lo sapevano e ovvia-mente ne approfitt avano.

    Marco, non ancora ripetente, ma con tutt i gli att ributi per diventarlo,da qualche settimana era diventato il suo preferito (in senso negativo).

    Per onest di cronaca il ragazzo, non possiamo sottacerlo, non era

    indenne da colpe, ma a suo discarico egli rammentava allinsegnante intransigente , che ben pi gravi erano le sue deficienze in altre materie(questa volta non complementari) e che pertanto, dovendo scegliere ilminore tra due mali, ma ne erano certamente molti pi di due, egli avevapreferito abbandonare la materia, tanto cara a Clara, per provare a recupe-rare nelle altre.

    Clara con fare spazientito si rivolse a Marco Monett i, nel tralasciare

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    lo scritto, mi auguro almeno che per linterrogazione orale lei, oggi, sia

    finalmente pronto? . Professoressa, mi spiace...., ma oggi preferirei saltare, mi dia almeno

    qualche sett imana, sto indietro con altre materie important i, vorrei prova-re a recuperare rispose con flemma M arco.

    Monetti le ho gi diffusamente chiarito che non esistono materiepi importanti di altre, alla fine dellanno, il mio voto vale come quello ditutti gli altri miei colleghi e le assicuro che se continua cos andr a som-marsi alle altre insufficienze che mi pare stia gi collezionando in granquant it; Monett i mi dica un p ma lei a casa il tempo come lo passa? loriprese Clara con voce stizzita.

    A ... studiare... cio a provare a studiare gli rispose Marco semprepi flemmatico.

    Bravo, invece di studiare lei fa le prove, e i suoi genitori? glidomand Clara.

    Professoressa, scusi, cosa centrano i miei genitori? gli risposeMarco quasi con tono offeso.

    No mi chiedevo, sua madre, suo padre, che fanno assistono alleprove oppure provano con lei? gli disse Clara.

    Professoressa non ho capito, in che senso? ribbatt Marco.

    Lasci stare Monett i, le do il suo bellimpreparato; una nuova bella isulla sua riga, devo dirle che dopo il suo nome con tutte quelli imi sembradi sentire quasi il fischio di un treno, il treno che la porter drit to drit to allabocciatura concluse Clara.

    Ho t ralasciato, ovviamente, di riportare le intemperanze tipiche di unuditorio cos poco benevolo verso un perdente che usualmente il coro deiragazzi di una scuola superiore al primo biennio.

    Daltro canto, per, la bella Clara non dava mai lopportunit di met-

    tersi in vista alla sua alunna migliore e questo in un certo senso compen-sava, almeno nella sua particolarissima logica di giusta equit , i piccolimartir i a cui era costretto a soggiacere con una ripetitivit irritante il pove-ro Monetti.

    Il resto della giornata scolasticasi era dipanato svogliatamente eClara, suo malgrado, qualche altro piccolo pensierino indirizzato al Paolinolo aveva intercettato.

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    Ed il nostro lui?!

    Il nostro lui i pensierini li aveva fatt i diventare un pensierone tal-mente grande che prat icamente non riusciva pi a manovrarlo. Gli era suc-cesso come quando con le gomme da masticare, per provare, una voltaesaurito il gusto dolciastro della prima, si aggiunge una seconda e poi unaterza, e cos via per rinvigorire il piacere del palato. Purtroppo per ad uncerto punto il pasticcio che ti sballotti da una mascella allaltra diventainsopportabile e in un colpo solo non puoi fare a meno di sputarlo.

    Capita anche, ma solo nei veri masochisti, che immediatamente doporicominci con un nuovo pacchetto. Non so bene quant i pasticci Paoloavesse ruminato, certo che verso luna, nellistante preciso in cui Claraterminava le sue rovinose lezioni, il dolore mascellare del suo cervello eragiunto al culmine, ed espulso lultimo pensierone si era finalmentelasciato at trarre da un nuovo sano istinto: cibarsi.

    Per essenzialit di racconto tralasceremo la cronaca delle rispettivepause pranzo dei nostri eroi. Ci corre, per, obbligo di segnalare cheentrambi erano fornit i di un eccellente corollario di desideri culinari. Soloche Paolo, abbastanza spesso, lasciava che la sua bramosia si placasse in unabbondante piatto mediterraneo, mentre la Clara, in continua lotta con un

    corpo strutturalmente formoso, rinunciava, non senza qualche patimentoe ta lvolta pentimento.

    Il pomeriggio di entrambi era trascorso senza sussulti.Paolo, in studio, finalmente immerso in una ricerca che aveva saputo

    stuzzicare il suo personalissimo ego.Clara con due ore di sana e vigorosa palestra , aveva smaltito anche

    quel leggero e, stranamente per lei, incontrollabile pruritocerebrale cheerano stati i pensierini per Paolo.

    La serata, invece, prometteva bene. Avevo sentito Paolo e lo avevopraticamente costretto ad un incontro, e con la faccia da stronzo matrico-lato avevo iniziato ad incalzarlo subito.

    Non ti voglio raccontare niente, n i e n t e ! mi disse immediata-mente Paolo.

    Su via Paolino, qualche accenno, anche solo un piccolissimo accen-no insistetti io.

    Senti, Luca, se facciamo un discorso serio, possiamo anche parlarne,

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    se hai intenzione di sfottermi, preferisco starmene per i cazzi miei rispo-

    se Paolo. Ma come, io corro in tuo soccorso, sono pronto ad un ascolto atten-

    to e ragionato, a guardare da osservatore, si interessato agli accadimenti,ma imparziale solo per fornirti un supporto e tu mi allontani, anche mala-mente. Di un po Paolino, hai visto che belle tett ine ci ha la Clara gli dissi.

    Senti brutto stronzo, se ti permetti, una sola volta ancora di fareaccenni di questo tipo su Clara, ti rompo il culo rispose Paolo.

    Sembrava seriamente incazzato, anzi lo era.Paolo, in effett i, quando si imbambolava sul fronte delle esternazioni

    pubbliche si mostrava pudico. Insomma fantasie e fornicazioni dovevanorimanere per chiunque top secret .

    Ma io incalzavo: Comunque ti piace? . Si, abbastanza mi risposeAbbastanza, quanto? insistetti ancora io. Uffa, abbastanza, per adesso non lo so mi disse alquanto irritato. Telefonate? gli chiesi.Mentendo, poi dovette ammetterlo Nessuna . Scusa l'insistenza gli domandai ma ieri per tutto quel tempo che

    cavolo vi siete detti? . Ma, io le ho raccontato le solite cose, e non sono neanche tanto sicu-

    ro che mi abbia ascoltato, un tipo strano, una di quelle con la puzza sottoil naso, ma non si capisce bene cosa l infastidisca e cosa lappassioni. Tu gila conoscevi? mi chiese incuriosito Paolo

    Tutt i gi la conoscono, loscuro oggetto del desiderio risposi iosempre pi sarcastico.

    Va be' se tutt i la conoscono e quindi anche tu, che idea t i sei fat to?insistette Paolo.

    Io pi che un idea mi sarei fatta lei. Cio mi sarebbe piaciuto farme-la, ma loscuro oggetto del desiderio, almeno per me rimane tale . Avevodovuto dirla tutta di un fiato questa frase prima che il pudore di circostan-za di Paolo riafforasse.

    Senti ti ho gi ripetuto mille volte che non assolutamente il casodi trascendere se hai voglia di darmi una mano bene, se non vaf f.... .

    Culo avevo terminato io .... pausa di riflessione .... Vogliamo par-lare del suo bel culetto, che si vede poco, effettivamente, sempre troppo

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    coperto: penso abbia il culo un p piatto, ma comunque, per il resto niente

    male, anzi .

    Sai dove insegna ? - mi aveva chiesto Paolo in modo da troncarelapprofondimento che a me tanto interessava - e sopratutto che cazzoinsegna? .

    No gli risposi.In un eccesso di sincerit Paolo mi disse Devo confessarti che ci

    sono molte cose che mi sfuggono eppure proprio questo quello che miatt ira di pi.

    Vacci piano te lho gi detto ieri: a volte quello che appare e tuttoquello che c. Comunque, credo tu abbia bisogno di un consigliori, insom-ma qualcuno che dietro le quinte lavori per te, che ti apra la strada, che tiscovi gli indizi, che ti sappia fornire una strat egia. Insomma ti serve qual-cuno che per prima cosa ti faccia sapere, nel giro massimo di una settima-na, se la signorina misteriosa fot te oppureno .

    Apriti cielo, questa volta si era incazzato davvero.Per riportarlo ad uno stato danimo pi sereno avevo dovuto repenti-

    namente abbandonare largomento.

    Paolo aveva fretta di tornare a casa. Quasi sicuramente per telefonar-la. Io lo lasciai andare senza fare troppo ostruzionismo. In fondo un uomoinnamorato felice e trepidante sino a quando non sa.

    Per Paolo questa at tesa sarebbe durata a lungo.

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    QUATTRO

    Erano t rascorse alcune sett imane, avevo visto spesso Paolo, ed alme-no un paio di volte Clara, e tutto sembrava procedere per il verso giusto.

    Lui meditabondo alla ricerca del famoso bandolo, lei irriverente ecapricciosa, ma a quanto iniziava a trasparire: disposta a corrispondere .

    Si erano ovviamente ritelefonati, o meglio lui aveva ritelefonato, conuna certa assiduit, e da quanto mi era sembrato di intendere ogni tentat i-vo di Paolo di avanzare si era comunque infranto contro le alte scoglieredi Dover che Clara disponeva su ogni lato che Paolo cercava di att accare.

    In ogni caso i tempi sembravano maturi per un primo pronuncia-

    mento. Insomma Paolo si era convinto che bisognava fare il salto di qua-lit nei suoi rapporti con Clara.

    Io come promesso, avevo indagato, molto mestamente e senza gran-di risultati.

    Una precedente storia, forse ancora con qualche strascico, in effettiClara la aveva vissuta almeno cos si diceva in giro. Qualcuno, esagerando,raccontava di un uomo sposato, molto pi grande di lei, forse divorziato omeglio separato; cio stava per separarsi; E figli ne aveva?, si qualcuno in

    et adolescienzale, o forse no, erano tutt i piccolini, ma quanti? uno, no,erano almeno tre .

    Insomma lettore avrai capito che nessuno sapeva esattamente comestavano le cose, e se veramente ci stavano . Certo che il professionistacon villa al mare e casa in montagna, cinquantenne di bellaspetto, da gio-vane avresti dovuto vederlo, sembrava un attore , ma ancora conservatobenissimo, il tennis in questi casi fa miracoli , non lo avrei visto maleaccanto alla Clara .

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    Spesso si fanno soff rire gli a ltri come improprio riscatto delle proprie

    sofferenze, la cosa mi intrigava, ma le mie ricerche di riscontri oggett ivierano state vane.

    Mi ero deciso ad una verifica diretta con linteressata; appena ne aves-si avuto loccasione. Purtroppo loccasionesi present molti mesi dopo,queste prime sett imane di annusamento tra Paolo e Clara, e per sempli-ficazione di intendimento, ne riporto qui di seguito lesatta cronaca, anchese e di nuovo purtroppo alcuna utilit ne pot avere in quel momentoPaolo, a differenza di te mio privilegiato compagno spettatore, che avraiqualche piccolo dettaglio in pi per conformarti la

    tua personal issima opi-nione

    Un giorno incontrai Clara seduta da sola in un orario insolito, in unadelle caffetterie pi alla moda della citt.

    Vestita meglio del solito o quantomeno di come la ricordavo, in unagiornata di sole pallido, adatt issima per esercitare pi di un ozio, sorseg-giava un aperitivo con poca volutt e lo sguardo stranamente perso nelvuoto.

    Mi ero seduto allimprovviso accanto a lei quasi per volerla cogliere

    di sorpresa, ed invece, la naturalezza del suo saluto lasciava intuire che pro-babilmente mi aveva scorto, mentre io, coglione pensavo non visto, miavvicinavo.

    Linizio del nostro dialogo si era tut to concentrato sul perch e sul percome la nostra bella Clara ah dimenticavo! Bella lo era ancora e forseancora di pi stesse in un orario da tu t t i in classe ad aspettare il famige-rato intervallosola soletta a rimirare i pochi passanti di un isola pedona-le che nel giro di qualche ora si sarebbe inevitabilmente affollata.

    Non insegnava pi, o meglio, mi era sembrato di capire che per ilmomento era in quel limbo tutto particolare che gli statali chiamano aspettativa . Scelta di vita, o pausa di riflessione.

    Qualcosa di pi mi disse Devo mettere ordine nella mia vita .

    La cosa era certamente stuzzicante. Per la prima volta, a mia memo-ria, la bella Clara stava per aprire uno squarcio sul suo intimo. Almeno io

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    ci speravo.

    Avevo deciso di prendere la cosa alla lontana, con molta cautela e pos-sibilmente con qualche furbizia; cercavo, di distoglierla dallargomento,introducevo spesso variant i in modo da dissimulare il mio interesse. Micomplimentavo con me stesso, per questa astuzia.

    Esagero?! Lettore pensi che sto esagerando? B in effetti ci sto met-tendo qualcosina in pi, forse meglio che riporti fedelmente lo scambiodi battute.

    Sai Luca, con il tempo, prima o poi devi scegliere, non si puo andareavanti senza scegliere mi disse.

    Clara ma tu non hai bisogno di scegliere per forza, hai sempre avutotut to ci che volevi, omi sbaglio? io cercai di proporre con fare imperti-nente.

    Si, .. si! vero io mi prendo sempre quello che voglio, solo sai oraqualche punto fermo bisogna pure che lo metta. Insomma, ho bisognoanchio di fermarmi un att imo, forse per ripartire, ma di una sosta ne hobisogno mi rispose Clara;

    Io ti trovo in forma smagliante, forse un p pi in carne ... e quiapriti cielo: lei un p pi in carne?! Non lo avessi mai detto. Mi snocciola

    tut ta dun f iato il suo peso medio degli ultimi 12 mesi ed in effetti, alme-no a sentire lei, in quel preciso istante conteggiando la media dei pesi regi-strat i sino a quel momento, in quel mese mamma mia che fobia eraesattamente in media con la media di tutti i mesi.

    Io non che lavessi ascoltata con la massima attenzione, ma quello checertamente mi si era ben inculcato in mente, era che se volevo sapere qual-cosa, il grado di adulazione (ben celata) non doveva mai scendere sotto lasoglia delladorazione.

    Mi ci conformai e at tesi pazientemente che sbollisse.

    Luca, devo essere sincera, un p di tempo che mi sento insicura,che ho voglia di trovare nella vita un punto di riferimento, come dire, unluogo, una situazione, un lavoro , insomma un qualcosa a cui legarmimi disse.

    Ritengo che tu stia pensando ad un uomo, forse? le domandai. Forse Clara senza aggiungere altro.

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    E sarebbe ora, insomma dovrai deciderti a donare a qualcuno, que-

    sto immenso piacere che la tua persona, prima o poi le dissi. Ma sai, troppo spesso mi sono negata , anche e solo per il piacere di

    essere desiderata, e poi a chi invece non mi voleva ho offerto tutta me stes-sa, senza avere nulla in cambio mi rispose Clara con aria mesta.

    Il momento era propizio, provai ad incunearmi. Sai in giro si diceva che avevi una storia sotterranea con un com-

    mercialista, o qualcosa di simile, adesso potresti anche dirmelo, pu darsiche lo conosca pure? le chiesi quasi in modo evasivo.

    Ma che storia sotterranea! Io non ho bisogno di nascondermi affat-to! Io sono sempre quella che sono! ribatte Clara riprendendo la suairruenza.

    E chi lo mette in dubbio, scusa ma io dicevo sotterranea nel sensoche nessuno ne sapeva molto le risposi con fare ingenuo.

    Vedi Luca, io ho amato ed anche molto, ed anche pi uomini allostesso tempo, ma colui che mi ha avuta senza chiedermi e colui a cui nonrinuncer mai pi mi rispose in modo fermo.

    Era chiaro che era gi andata oltre il suo standard, era chiaro che unpizzico di malinconia le rigava le parole, era chiaro che questo fantomatico

    commercialista esisteva e chiss da quanti anni, era chiaro che non avreisaputo pi nulla in merito. Comunque?! .

    Oggi ho esagerato nei particolari, non il mio stile, eviter di rac-contart i altro. bene che mi dica subito qualcosa di te e con dovizia di par-ticolari Clara riprendendo le redini della situazione.

    Cominci a sezionarmi, come il suo solito, io mi feci guardare fino almidollo, praticamente. Lei lo faceva con il distacco di un chirurgo che havisto uninf init di casi come il mio. La cosa dur poco pi di venti minu-

    ti. Suon il telefonino, poche parole non capii un bel niente, si alz, unbreve sorriso, uno scambio di sguardi: il mio indagatore, il suo rassegnatoe ci salutammo.

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    CINQUE

    Avevamo, io e gli altrialtruisti

    , organizzato una ricca due giorni,ottimo scenario per incrementare, ognuno a suo modo, le proprievelleit.

    Si sa le occasioni migliori le forniscono i fine settimana.

    Paolo si era presentato con uno strano sorriso sulle labbra tra ilmalinconico e larrogante. Clara, invece splendeva come un astro diprimo mat tino era bellissima, con i capelli che sbattevano ad ognipasso.

    Gi prima della partenza si erano immediatamente isolati.Parlavano, fit to f itto per la precisione era Paolo il grande oratore ma Paolo non riusciva quasi mai a trovare il coraggio di incrociare losguardo di lei. Doveva sentire ancora quel tipo di imbarazzo che nel-luomo innamorato lo porta ad una spavalderia nel dire che era nelfare lesatto contrario.

    Il viaggio in macchina, a me lingrato compito di autista conaccant o la pi racchia del gruppo, dur due ore e ci condusse in una

    di quelle localit di montagna, un p striminzite con tutt i gli elemen-ti della natura a scartamento ridotto: poca neve, ma anche poco sole;poca altitudine, ma anche poca pianura; poche piste, ma anche maltenute e cos di seguito sino al r istorante-bar-albergo-sala giochicheovviamente avendo di tutto e di pi mancava di ogni cosa, ma con dis-crezione: il rotolo della carta igienica cera, ma era quasi finito e ovvi-amente non era prevista la presenza di uno di ricambio. Insomma ci

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    siamo capiti, il luogo era del tut to confacente ai nostri pochi mezzi.

    Paolo sin dallinizio del viaggio, aveva tentato, con qualche suc-cesso un avvicinamento corporeo con Clara. Tentat ivi discreti, moltostudiati, quasi innocenti, il clima cameratesco lo agevolava e per certiversi lo imponeva.

    Il buon profumo di lei, molto seducente, messo in dosi massiccegli era andato alla testa. Clara era stranamente accondiscendente,almeno per ci che riguardava la familiarit e questo accendeva sper-anzenel cuore di Paolo.

    difficile per noi omuncoli interpretare queste forme di famil-iarit semicorporea, in cui nessuno conosce per davvero le intenzioni,e quello che pretenderemmo quasi che la nostra lei ad un certopunto diventi esplicita. Pura illusione.

    Io stavo nervosamente a smanettare in continuazione sullostereo, in modo da ridurre al minimo le occasioni di discussione con

    la mia vicina di viaggio.Cosa si dissero in quelle due ore? Riporto fedelmente, alcunibrani scelti, da me carpiti ed integrat i da breve successiva discussionecon Paolo.

    Ho dormito malissimo, ieri sera ho letto moltissimo, poi sonocrollato, ma dopo due ore di nuovo sveglio, insomma una notte din-ferno disse Paolo

    Io invece, sono rientrat a abbastanza presto, ho fatto una quar-antina di minuti di stracking e poi mi sono addormentata placida-

    mente, e ti ho sognato rispose Clara.Paolo, infinitamente confuso E cosa hai sognato di bello?Ah, non me lo ricordo, so solo che ti ho sognato. E tu non sogni

    mai? domand Clara. Certo che sogno; ma perch non fai un piccolo sforzo e provi a

    ricordare che tipo di sogno era insist Paolo Non me lo ricordo disse stizzita Clara e poi mica la prima

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    volta che mi capiti nel bel mezzo dei miei sogni. Uffa, dovresti essere

    un p pi cortese e chiedermi il permesso di venirmi in sogno; devodire la verit in questo senso stai un p esagerando .

    Paolo, frastornato, le chiese: Scusa, in che senso? Nel senso che sono convinta che avrai un metodo, non so come

    dirtelo, un sistema, per venirmi in sogno anche contro la mia volon-t .

    Il tutto accompagnato da espressioni del volto di lei che erano unpendolare tra limbronciato ed il divertito.

    Eccolo pronto al primo intreccio da sbrogliare. Lui, il poverino,incolpevole ed incuriosito (ed anche inorgoglito delle sue scorribandenotturne) ora doveva difendersi da queste presunte intrusioni nelseminconscio di Clara.

    Nel frattempo per, laltra parte dellumano sentire (quella s seminconscia ) procedeva molto pi speditamente del parlato .Nei lunghimomenti di silenzio, Clara si lasciava carpire dal paesaggio

    e per Paolo si aprivano possibilit inaspettate, poteva guardarla at ten-tamente.

    Erano gli occhi dellamore, o realt ingigantita, ma Clara glisembrava ancora pi affascinante del solito: le mani curat issime,eppure quasi innocenti (io avrei detto infantili, ma su questo Paolo fuinamovibile) att iravano il suo sguardo continuamente.

    Come al solito era vestita senza gran gusto; eppure per la prima

    volta, aveva una gonna chiaramente nelloccasione usualmentemeno appropriata e questo la rendeva ancora pi femminile. Legambe sempre strette e movimentante con gran maestria non lascia-vano spazio a nessuna fantasia ardita, eppure quelle mani poggiatesui ginocchi, un filino scoperti io potevo ogni tanto buttarci unocchio dal retrovisore le davano una sensualit mistica anche suquesta terminologia Paolo non accett discussioni che contrastava

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    brutalmente con il tono tagliente delle sue parole.

    I gesti calmi, misurati, infondevano una serenit dissonante:Clara sembrava essere in quella macchina e contemporaneamentealtrove; gesticolava lenta, altalenando indizi di noia a momenti divivacit interessata.

    Trascorsa la prima ora di viaggio, senza preavviso (come suosolito) si era addormentata di colpo, crollando, praticamente sullaspalla di Paolo. Apriti cielo, il nostro eroe era rimasto senza fiato.Avevo avuto lopportunit di guardarlo negli occhi proprio al

    momento del crolloe approfittando della distrazione della mia vic-ina con il rapido movimento delle labbra gli avevo mandato un mes-saggio inequivocabile: E VAII . Ma non andava da nessuna parte.Impietrito, con la muscolatura tesa, facendo grandissima attenzione anon infast idirla con movimenti che potessero svegliarla, era tuttointento ad evitare (povero fesso) che Clara gli scivolasse oltre: se sifosse poggiata sulle gambe, o qualcosa del genere, come avrebbe potu-to evitare un eventuale erezione.

    Il problema era alquanto spinoso. Trascorsero cos almeno ventiminuti. Paolo oramai si era praticamente paralizzato, altro cheerezione, non controllava pi alcun fascio muscolare. Ma a volte lig-naro destino ci soccorre: avevo preso in pieno la buca pi grande del-lintero percorso.

    Il sobbalzo fu fort issimo. Paolo nel tentativo di evitare a Claralabotta pi forte le fece scudo con un movimento istintivo del capo eper poco non sfond il tettuccio dellauto.

    Le risate di Clara furono inarrestabili. Lincazzatura di Paoloaltrettanto.

    Si era sciolto per Paolo, senza ombra di dubbio, lincantesimo etut to era oramai irrimediabile. Il restante del viaggio era scorso lentoe sospeso, io ero impossibilitato ad un intervento energico che potessealmeno farmi mandare a quel paese da Paolo, decisi ahim! , di spilluc-care un paio di paroline con la mia compagna di viaggio Enrica; le

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    solite parole senza senso tutte improntate al vago ed ai luoghi comu-

    ni.

    Nonostante la mia assoluta neutralit, Enrica un tipo spiglia-to, simpatico, molto estroverso, ancorch esteriormente improponi-bile e certamente di facili, anzi, facilissimicostumi faceva, come sidice, la sostenuta.

    Scusa Luca, ho un terribile mal di testa, potresti quan-tomenospegnere quella maledett issima radio mi disse con garbo

    Enrica.E va b spegniamo la radio. Scusa Luca, te lho gi detto ho unemicrania terribile, potresti,

    quantomeno e sottolineo quantomeno, fare un p pi di attenzione incurva. Se ci si mette anche il mal dauto, ti assicuro crollo continuEnrica.

    E va b facciamo pi attenzione. Scusa Luca, potresti aprire un p il finestrino, dal lato tuo per,

    c bisogno di ricambio daria, se aprissi il mio potrei prendermiuninfreddattura nuovamente Enrica.Frenata di botto, scendo, apro la portiera di Paolo lo faccio scen-

    dere, giro intorno la macchina, apro la portiera di Enrica (quan-tomeno per cavaller ia) la f accio scendere ed inverto lordine preordi-nato dei posti di viaggio: gli UOMINI avanti, le donne INDIETRO.

    Detto fatto.In un solo att imo si ravviva tutto il viaggio. Loro, le signore,

    iniziarono a parlare a raffica senza che noi potessimo carpire un solo

    spezzone di frase ed io e Paolo eravamo intenti a scambiarci i miglioriinsulti del nostro f rasario triviale. Finalmente dividendo i due sessi,ognuno ritrova il proprio senso di effettiva fratellanza e con esso lasi-curezza nello scambio interpersonale.

    In effett i, lho gi detto, ma non mi stancher mai di ripeterlo:valle a capire le donne!

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    Narrato del viaggio, segue ora, ad insaputa dei nostri protago-nisti, il resoconto non chiedetemi come sono riuscito a ricostruirloperch questo appartiene a quel criterio di verosimiglianza che misono imposto e che spero sia quanto pi vicino alla verit dei fatti delle elucubrazioni che attraversarono le cervella sfiancate di Paolo equelle bizzose di Clara:

    Paolo: Sono un imbecil le, dovevo osare qualche cosa di pi:far-

    gli , un p di struscio con la gamba o almeno col braccio, mi perdosempre le occasioni migl ior i, dopo a tavola mi siedo vicino e con unascusa mi appoggio, mi fa morire con quegli occhi (sospirolungo e singhiozzato)

    Clara: Perchmai dovrei dirgli delle cose di cui , adesso, almenoadesso, non sono aff att o sicur a

    Paolo: ora che la faccia finita, o dentro o fuor i, in questi duegiorni o ci r iesco o mi fott o

    Clara: M i piace?, non mi piace? Adesso non lo so e non vogliosaperlo se gli va mi invita a cena e poi si vede, ma se almeno la finissedi girarci int orno

    Quanto dur questo strazio signori miei? Almeno mezza gior-nata.

    A pranzo Paolo non riusc a sedersi accanto a Clara (probabil-mente perch lei lo evit o almeno questo pens Paolo) ed il nostrobellinfante per tut to il pomeriggio se la vide bamboleggiare con tutt i

    gli altri del gruppo tra una sigaretta e laltra, qualche goffaggine ditroppo e persino un brindisi.

    Il crepuscolo port consiglio, nella solita stanca passeggiata dimezza sera, tra rincorse e grida, il loro isolarsi si not di meno e Paolosi ritrov udite udite! mano nella mano con Clara. Non che la cosasi potesse ritenere eclatante, in questi casi, il limite del coinvolgi-

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    mento sentimentale difficile da stabilirsi, ma in fondo Paolo le

    piaceva, o quantomeno questa era la convinzione del gruppo e nes-suno rimase sorpreso pi di tanto.

    Paolo non sapeva se gioire o preoccuparsi di questa, comevogliamo definirla scaramuccia tat tica , di Clara e stava tut to inten-to a non t rasmettere troppi messaggi meta-muscolari con stretteparticolari o per essere pi precisi fuori luogo .

    Clara, dal suo canto, come gi aveva potuto at tentamente osser-vare Paolo, aveva una mano intrigante, affusolata, curata e nel tempostesso forte e coesa.

    Lidillio dur poco, come si erano int recciate senza motivoapparente nessuno sa se fu lui a prendere la mano di lei o lei a pren-dere la mano di lui cos si sciolsero e per un lungo periodo non siriannodarono.

    Il loro discorrere, nel frat tempo, aveva avuto un buon salto diqualit, per parafrasare erano ben oltre il mano nella mano. Lei glichiedeva del suo lavoro, del suo futuro, delle sue aspirazioni e questo

    dava a Paolo una sensazione fort issima, di appartenenza tra questedomande ed il loro rapporto.A mio modestissimo avviso tenendo presente che le cose le

    racconto a fatt o compiuto questa sensazione, nel contempo sfioravasolo labilmente Clara, che era si interessata al progredire dellerisposte di Paolo, ma si guardava bene dallincludere nel suo indagare,se questo futuro in qualche modo la potesse anche lontanamentecoinvolgere

    Paolo si sentiva pronto, lanimo libero ad aprirsi, anzi il coraggiotipico che anima linnamorato nel predire il suo domani, quello dellasua donna e se del caso e per Paolo era proprio del caso anchequello dellumanit intera, aveva assunto toni soavi ed irruenti altempo stesso; un contrasto diff icile da spiegare che per riuscivabenissimo a mantenere alta la tensione del dialogo tra i due che pote-va anche sfociare in qualcosa di pi concreto: T un bacio?! .

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    Non saprei dire se quello che faccio mi basta, oggi come oggi,

    ho altre voglie da mettere in chiaro disse Paolo. In che senso ? lo incalzava Clara. Vorrei lasciarmi andare, essere travolto e travolgere al tempo

    stesso, vorrei come dire innamorarmi per poi far innamorare siapr Paolo.

    Di questi tempi pensi ancora che uno possa davveroinnamorarsi? Con tut te le cose che uno deve fare, trova anche iltempo di innamorarsi? Mah! E gi una bella risata dissacratoria diClara.

    Paolo intuito che il cambio di tono non prometteva niente dibuono, tent, Clara vorrei parlarti chiaro

    Clara interrompendolo di botto mentre lui cercava di andareavant i con una qualche frase ad effetto Vado a prendermi unasigaretta le mie le ho finite e tu neanche lo compri un pacchetto perme, ingrato! E di nuovo un sorriso sornione.

    Si allontan con passo felpato, girandosi un paio di volte a farglicenno con la mano Ciao, ciao! che sembrava un saluto di benvenu-

    to ed un commiato al tempo stesso.

    Vi chiederete giustamente, se a questo punto Paolo si stessespazientendo. No cari miei, neanche ci pensava. Preferiva vedersisconfit to. Accantonato pi che meditare un sacrosanto: ma va a mor iammazzata, preferiva elucubrare le sue colpe: quali? non sapreidirvelo.

    Il giorno seguente - quello del rientro, quello in cui tutte le ten-sioni si stemperano, quello in cui una sottile vena di rimpianto porta,ognuno, pi dentro ai propri pensieri - tutto sembrava essersi assopito.

    Notavo che Paolo, dopo avermi raccontato la sera prima quelpoco che ora sapete anche voi, si era svegliato meno perplesso delsolito.

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    SEI

    Come si era conclusa poi la giornata credo lo possiate immaginareanche da soli.

    Frustrazione, senza evoluzione. Ingratitudine esarcasmo al tempostesso.

    La prima frustrazione preda di Paolo la seconda ingratitudine esarcasmo a cura di Clara a spese di Paolo.

    Il tempo tra i due trascorreva innocuo. Vi era stato il primo veroamoreggiare: baci e carezze tenere e diffuse? Questo non lo so e sarebbestato inut ile chiedere a Paolo conferme lievi ed indimenticabili per Paolo,

    inat tese e forse persino inopportune per Clara. Questo li aveva un pocoallontanat i: lui si era ritrat to sperando che il coinvolgimento materialefacesse finalmente accendere in Clara il fuoco inarrestabile della pas-sione; lei incominciava a capire di essere andata troppo avanti, ovvero, nonavanti abbastanza per poi poterlo realmente scaricare, in caso di necessit.

    Erano entrambi in bilico, entrambi in attesa. Diciamo di qualche set-timana, vi sembra troppo?! No, non era affat to troppo e vi spiego perch.

    Nelle storie vere mica come nei romanzi le persone oltre ad

    armeggiare con i propri sentimenti sono costantemente prese dallaffan-narsi del sopravvivere, quello che dannatamente molti chiamano: durolavoro. Clara si era recata a Torino, nel bel mezzo del loro momento di rif -lessione, per 5 giorni per un corso corso di aggiornamento professionale.

    Paolo aveva gradito.In fondo era abbastanza scontento di se. Aveva trascurato il lavoro,

    quello da avvocato serio e nel frattempo quello di appoggio da azzeccagar-bugli gli si era parzialmente rivoltato contro.

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    Una causaccia, gi vinta, gli era andata male.

    Il suo testimone pi fidato (quello su cui aveva costruito una vera epropria fama di invincibile) il giorno topico aveva fat to un incidente nonc da crederci -questa volta serio e non si era recato in udienza, procuran-do alnostro avvocato di belle speranza una sconfitta pi che inaspettata..

    Insomma un momentaccio che richiedeva un minimo di allentamen-to della tensione.

    Si dice, ed io concordo, che il tempo sani anche le ferite pi profonde,o quanto meno le cicatrizzi e la sofferenza diventa malessere e quandoqualcosa ci distoglie perfino sopportabile. Questo era accaduto a Paolo,che assaporava dopo alcuni mesi, finalmente, un ritrovato senso di libertpersonale.

    Non avere il cruccio di dover fare la solita a ltalenante discussione perstrappare un appuntamento a Clara, gli donava un sottile piacere, di cuirimaneva un p spaventato.

    Di nuovo vita semplice ed oziosa, ripetitiva e senza prerogative,piacevole momento per momento; ed in effett i del tut to vuota in sensoprospettico, ma andava bene cos, anzi benissimo.

    E qui la storia si complica, e non poco.Questo senso di riacquistata libert di movimento (interrotto da tele-

    fonate scevre da qualsiasi utilit per Paolo e quindi necessariamente ancheper Clara) lo vedeva riproiettato nel suo mondo usuale.

    Lui era cos: scontroso, propenso ad una solitudine in cui confluiva lasua libera scelta in parte, e la scelta degli altri per il rimanente.

    Era il suo modo di stare con se stesso: riflettere, riflettere, riflettere!

    E poi?Poi, dopo una cervellotica ricostruzione degli accadimenti, scaturi-

    vano le prime indicazioni di un portentoso piano dazione .Con abilit incomparabile, iniziava a prevedere situazioni e frasi con

    cui sarebbe riuscito a concupire la sua preda.Intesseva trappole, in cui Clara sarebbe facilmente caduta e nel con-

    tempo furbissimo lui schivava ogni agguato di Clara. Insomma veri epropri scenari irrealizzabili.

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    Questa era la sua stanza degli attrezzi dove allenava le doti di

    corteggiatore distaccato e sempre con le briglia ben salde. Dimenticandoche nella realt il cavallino trottante era lui.

    Gioved sera, ma ancora sullimbrunire, in un momento in cui avevaesaurito linebetimento da distacco, in macchina il nostro Paolo, con laradio che gli trasmetteva qualcosa che finalmente non valeva la pena dicambiare, immerso nel traff ico della Tangenziale, dimprovviso, si vedecostretto a frenare di botto. Perch? Perch nella macchina davanti alla sua,guardando, con fare sospetto, sedeva Clara.

    Nello spechietto di quellauto davanti si erano stagliati gli occhi dellanostra eroina. Ovvero cos gli era sembrato.

    Era durato un attimo, come una vera allucinazione. Ma gli occhierano i suoi. Si, per, lauto no. Si va b poteva essere lauto di qualcunaltro (e di chi?). Si per non era a Torino? (mi inganna finalmente ritor-nava il tormentone -).

    Si, ma non possibile lho sentita questa mat tina in verit ci avevasolo provato: lei gli aveva stroncato la t elefonata conun ci sentiamo t ra unatt imo e poi bella ed invitante segreteria telefonica .

    Nel frat tempo che rifletteva, aveva perso di vista la macchina sospetta.E qui esce fuori lanimo del segugio. Avvocato, ci dimostri!In un lampo, finalmente, di assoluta razionalit, comprende che deve

    riacciuffare la Clara mentitrice . pi avanti, di poche altre macchine, ma in unaltra fila.Inizia unindecorosa scorribanda a rischio di tamponamento contin-

    uo, Clara sembra intuire (sar forse il suo stile di guida): cambia fila, frec-cia a destra , gira a sinistra, doppie frecce, frenate improvvise e chi pi ne

    ha pi ne metta.

    Paolo non voleva mollare la presa, ma il t raff ico si sa non puoi intuir-lo, la fila breve diventa lunga, la lunga diventa breve

    Sembrava che lavesse quasi agganciata. Un att imo di distrazione e dinuovo tra lei e lui altre due auto. Un vero tormento.

    Ora siamo di nuovo nella condizione di partenza: Lei avanti, lui indietro.

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    Che cavolo ci fa ora con gli occhiali: e poi non sono i suoi soliti;

    aspetta che adesso se li leva: si se li leva. E allora? Ma lei, certamente che lei .

    Ormai ne era assolutamente convinto. Non sapeva ne come, ne per-ch ci fosse possibile, ma ora lei era li. Bisognava rischiare: qualchemanovra pericolosa, aff iancarla e finalmente vederla in faccia e smascher-are il suo inganno.

    Ma che ci vuoi fare i propositi, spesso rimangono tali, anzi pi siintensificano nella speranza e pi t i deludono nel loro avverarsi. Infat ti ilproposito, ricco delle migliori suggestioni, si mortific allimprovviso(come se qualcuno avesse spento la luce).

    Clara, senza alcun preavviso, ti infila un uscita traversando in tutt ala loro diagonale le tre corsie e il Paolo segugio con poca sorte dalla suaparte, rimane imballato senza poter replicare la stessa manovra.

    A completare lopera (c sempre spazio per un peggioramento) si eraparato davanti proprio al suo sguardo indagatore un bell autoarticola-to (inamovibile) che gli smorza definitivamente ogni velleit di riconosci-mento.

    Cosa rimase al nostro eroe, poco, ma veramente molto poco. Il tipo diautolosservazione di quegli occhiali insoliti e le iniziali della targa. Altroparticolare aggiuntivo di poco conto (e come capita nella migliori spystory) ma di importanza decisiva quello strambo portaoggetti piazzato amo di torre sulla macchina sconosciuta.

    Dire che era rimasto sorpreso sarebbe riduttivo. Al terzo ripetutosuono di clacson (con aggiunta di improperi) si era reso conto che nonos-tante avesse subito una cos forte emozione, il resto degli automobilisti se

    ne fottevano altamente e che in pratica aveva bloccato (ulteriormente) ilgi bloccato traff ico e che se non si muoveva, visto che davanti si era lib-erata strada per ben 50 metri avrebbe rischiato lincolumit personale.

    La vita (ovvero il suo tran tran ) molto mortificante in certe occa-sioni lo sappiamo tutt i. Paolo dovette, suo malgrado e facendo forzasulle residue energie di comprendonio che gli erano rimaste, riprendere lamarcia del tutt i in fila.

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    Ah dimenticavo! sar preciso: dimenticava lui che Clara aveva

    imboccato unuscita molto insolita e questo sarebbe stato oggetto di ulte-riore intensa (e sperava lui proficua) riflessione.

    Tutto questo era durato oltre 20 minut i, ovvero la possibilit di incro-ciare lo sguardo di lei solo per pochi attimi.

    Il tempo non si era fermato, come sarebbe stato auspicabile nellin-conscio di Paolo per potergli permettere le riflessioni del caso, e lorizzontesi era rabbuiato, guarda un p, con il calar della sera.

    Era rientrato a casa, sfinito aveva tentato il contat to telefonico (mossascontata) senza successo e si era addormentato di botto con lo stereo acce-so e il gatto scorazzante in cucina.

    Lo strano episodio trov collocazione successiva, ma in quei frangen-ti nel rimanere oscuro procur allumore di Paolo quella ricaduta in sof-ferenza che per qualche tempo sembrava essersi attutita.

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    SETTE

    Conoscere per comprendere. anche questo un tentat ivo, ma credo possa servire ora, fornirvi una

    descrizione sommaria della casa di Paolo e di alcune sueabitudini di vita.Prendete da quello che segue, ci che riterrete utile, ma sappiate che

    talvolta (mi sembra di averlo gi accennato) il particolare racconta linsie-me.

    Paolo viveva, o meglio vivacchiava da solo, in un piccolo appartamen-to oserei dire austero, ma tenuto, con buona dovizia, in ordine da lui e dallasolita moglie del portiere che nulla lasciava intendere anche al pi lascivo

    degli osservatori.Sulla porta di casa una targhetta di sbieco non riportava neanche il

    titolo accademico (il profilo basso gli si addiceva): Paolo Landi (cognome inparte partenopeo, in parte mi raccontava, di origini venete).

    Casa piccola, comodit ed altalenanti f inanze lo richiedevano, con lu-suale salone living, ricco di suggestioni senza un f ilo conduttore, come lavita da single imponeva.

    La camera da letto, invece contrastava con lambiente introduttivo,oserei definirla rigorosa; si notava, comunque, che spesso si addormentava

    sul divano. E del divano conviene accennare. Era una specie di lungo diri-gibile rosso (scurissimo quasi violaceo) molto basso che si dipanava aforma di L ma con un lato molto corto, insomma dei sette posti disponi-bili (con qualche angustia) ben sei erano quelli sul lato lungo.

    Il suo piccolo appartamento era localizzato ai margini della primaperiferia, dove ci si conosce poco, ma nel contempo quel poco anche scon-troso. Vicini, quasi mai visti: nlui di loro, nloro di lui.

    Viveva, in quel posto da poco tempo (meno di un anno, non ricordo

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    bene), ma si era abituato quasi subito.

    Il distacco dai suoi era risultato necessario ad entrambi. No che ci fos-sero particolari attrit i, a meno che il non parlarsi quasi pi possa inten-dersi un attrito Paolo diceva che non lo era ed a dire il vero anche igenitori sulla questione assumevano posizioni non belligeranti Cera unmutuo (o per meglio dire muto ) accordo.

    Laf fett o per i suoi era comunque intat to, e sebbene mai palesementemanifesto, talvolta prendeva il sopravvento e sfociava persino in qualchetelefonata alla mamma.

    La mamma, inevitabilmente e quasi per accordo tacito, senza che luicommentasse, irrompeva nel suo menag, talvolta, per mettere ancora unpoco dordine in giro, anche se a mio avviso non era affat to necessario.

    Questo rendeva la casa del nostro protagonista spesso ingentilitaan-che oltre le sue intenzioni.

    Sui muri del salone campeggiavano alcuni pensili tra cui quello che lorendeva pi fiero era un poster di medie dimensioni con scrit to, in stam-patello: INSOMMA, CHI SEI? .

    Il perch di tale quesito non era chiaro ad alcuno, ma rendeva Paolosempre di buon umore quando lo leggeva, e a dire il vero neanche lo osses-sionava, quella domanda inevasa su cui una volta persino Clara volle sof-fermarsi.

    Non mi aveva mai raccontato dove lo avesse preso, quello che eraimportante per lui era la spinta spronante dellavviso a cui prima o poiavrebbe dato chiara e dettagliat a risposta: aveva promesso ad ogni suo ospi-te che prima, o poi (ed a quanto ne so io siamo ancora in at tesa del poi), in

    una visita successiva avrebbero trovato a pi di quella scritta il commentovergato di sua propria mano.

    La cosa pi stramba, comunque, almeno ad osservatore neutrale, erala disposizione dei libri tutt i messi in avventurose librerie, sparse nei pochimuri della casa (compresi cucina e bagno) che si allineavano, insolitamen-te, in sequenza orizzontale e non verticale, con il dorso nascosto in modotale da essere tutti inconsultabili.

    Paolo, diceva di conoscerli uno ad uno (sar stato vero?) e di poterli

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    immediatamente individuare.

    Questa modalit faceva trasparire un originalit forse un p troppodedita al vezzo, cheper non gli impediva di citare qualsiasi tomo senzaa-ver la necessit di mostrarlo allinterlocutore; infattiogni qual volta se nepresentasse loccasione (comunque abbastanza rara) diceva:

    Non mi credi che c scritto proprio cos! Allora vallo a leggere neltesto, io non cito mai nessuno a caso, dai prendi il libro e con fare incu-rante, indicava il primo scaffale che gli capitava sotto gli occhi.

    A quel punto, lo sventurato di turno, o se ne era gi accorto (ma que-sto accadeva poche volte) e prendeva coscienzasolo in quel momento del-lassoluta impossibilit ad identificare i libri e lo mandava a farsi fottere dislancio, oppure (come purtroppo capitava soprat tutto alla prima visita)rimaneva parzialmente interdetto (cosa che faceva inorgoglire enorme-mente ilnostro eroe).

    Naturalmente, superato il primo imbarazzo, quasi tut ti lo mettevanoalla prova e tranne la solita raccolta di aforismi di Wilde, Paolo non ciazzeccava mai.

    Era fat to cos Paolo: sempre alla ricerca di un modo insolito di pro-porsi, senza enfasi subito percepibile nelle forme, ma l insieme doveva stu-

    pire, portare fuori dallordinario. Il suo habitat ne era conformato appieno.Dunque, ricapitolando: casa di Paolo piccola complessivamente part i-

    colare e con una camera da letto sempre ben tenuta.

    Al risveglio Paolo, con il gatt o quasi sul collo, aveva di nuovo presocoscienza dellaccaduto della sera prima, sebbene con qualche diff icolt econ una rivisitazione della strategia da adottare

    I motivi di risentimento erano notevoli (era in corso da parte di Clarauna scaltrezza che non era accettabile). A questo punto, a ripensarci, a

    mente fredda era si o no necessario provare a parlare conClara?! E quellache gli era sembrata lidea migliore, al rientro serale, di buon mat tino gli simostrava come una cazzata detto letteralmente e su cui non possiamoesimerci dal convenire alla quale solo il fato (e labitudinariet oppositi-va di Clara) aveva impedito il compiersi.

    Necessita ora frugare nel frattempo nel buco nero che Clara avevadisegnato, con la maestria che le era solita, in quella sett imana a Torino.

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    OTTO

    Clara, in effett i, pi che assecondare le sue necessit di aggiornamen-to professionale, aveva deciso di verificare ma senza ammetterlo inmaniera palese un sentimento di cui non era ancora completamentedominata (o dominante): ascoltare, possibilmente tra molti altri ed altre, per dirla teatralmente tra le quinte , la voce suadente del formatore(professore e pubblicista noto ai frequentatori di settore).

    Cinque giorni di corso, non erano un eternit, ma tanto meno pochi,ed infatticos risultarono.

    Il resoconto di questa trasferta frutto, in parte, di alcuni dettaglipostumi che ho raccolto qualche tempo dopo, e in gran parte (avallat a dallaprotagonista, lo giuro) da mie ricostruzioni per ipotesi logiche, che vi assi-curo sarebbero difficilmente smentibili nel contenuto.

    Conoscerete bene Clara nel prosieguo e mi darete ragione.Potr aver ecceduto nelle forme ma la sostanza non poteva essere che

    quella che troverete nelle prossime pagine.

    La sua bellezza, a trat ti sfrontata, non era passata ovviamente inos-

    servata; ed in part icolar modo alle colleghe che con fare discreto avevanodeciso per la non belligeranza; conseguentemente quindi si erano messe afare crocchio con la bella pavona per rafforzarsi della di lei belt quasi comese fosse la loro.

    Laltra met del cielo : i maschietti con il solito t ramare alle spalle sierano messi sulla difensiva. Il primo giorno era trascorso senza che le dueopposte fazioni t rovassero modo di venire a contatto, al di l di qualche fle-bile apprezzamento di maniera .

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    Il Vate, invece, nello svolgimento della prima giornata, pieno dellapropria dott a conoscenza e sfrut tando doti di mirabile comunicatore, avevacalibrato dizione e mite dialetto partenopeo, con fare a volte persino scan-zonato. Era cos riuscito a tenere la sala tutt a raccolta, in un clima di piace-volezza, in cui le sue esplicazioniad onor del vero sebbene la materia fossedi per se arida erano risultate interessanti e perfino non prive di alcunipregi.

    Risulta subito chiaro che il Professore, dei professori, aveva moltesomiglianze con il tennista un p attempato di precedente memoria. E ora chiaro che oltre gli indizi, stiamo inseguendo una vera e propria t raccia.

    Io al momento non sapevo fino a che punto fossero cordiali i rap-porti tra il Professore (dottor De Marco Giulio per gli amici -) e la nostraClara. Certo che in pubblico i due scambiavano solo unaccentuata sim-patia pedagogica .

    Ma naturalmente la pavona, oltre al prof. Giulio, aveva immediata-mente, del tutto involontariamente puntato una nuova preda.Chiaramente il malcapitato, con qualche imbarazzo ed un primissimo ros-

    sore (subito controllato) aveva iniziato a corrispondere senza neanchesapere bene il perch ed il per come.

    Si dice che gli uomini, sono cacciatori e questo in parte vero. Ma siconvenga anche che nulla pu imbarazzarli in maniera inequivocabile senon la sfrontatezza di uno accatt ivante sguardo femmineo. Ed in questogenere di attivit Clara era impareggiabile. Pertanto, aveva suscitato nelnuovo venuto (tale Enrico) un senso di strisciante desiderio che come alsolito sarebbe sfociato in un tentativo, tra il goffo e larrogante, di padro-neggiarla gi alla prima occasione: cosa che non gli sarebbe riuscita (ed

    infatt i non riusc) e che lo avrebbe immediatamente invischiato nella ricer-ca vana ed affaticante del dove ho sbagliato?! .

    Ma andiamo in aula.Il Prof. De Marco, conscio del suo stato di privilegio, continuava imper-

    territo ad inondare la sala di nozioni e tabelle con un ritmo lento, ma inces-sante, che portava (merito suo) i suoi uditori, fossanche per stanchezza, acondividere tutto anche in presenza di un qualche potenziale dissenso (maipalesemente manifesto, ma sotterraneamente comunque presente).

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    Al primo breafing il sussurrio come al solito si era calmato ed il cosid-

    detto giro di tavolo conoscitivo ed indagatoredi quanto effettivamentefosse stato percepito si apprestava ad essere pi che generoso di risposteinadeguate.

    Tutt i confermavano di aver inteso, ma alla prova dei fat ti si notavauna certa , come dire, incompletezza (tanto per essere magnanimi) non dieffettivo comprendonio, ma certamente di locuzione. Insomma: una seriedi si, si , certo, certo infatti, infatti ma senza seguiti apprezzabili.

    Arrivati a Clara, la cosa si fece oltremodo interessante.De Marco, rivolgendosi a lei con un tu che lasciava intendere, le

    chiese: Clara, tienici edott i, come credi che il grafico in figura 4 debbainterpretarsi, tenendo conto che i due estremi sono cos significativamen-te distanti? .

    I due estremi, significativamente distant i?Clara non rammentava neanche che cosa rappresentassero ed allora,

    come al solito attacc: G iulio il dire diretto fu subito notato ma se la figura 4 quel-

    la che precede la 3 e segue ovviamente la 5 come faccio a dirlo se non vedole altre due?

    Giulio in evidente difficolt prov ad abbozzare:

    Dai Clara sai bene che la figura 3 e la 5 non centrano affat to, anchese a ben dire tutte e 3 messe insieme, forse, potrebbero assumere un signi-ficato che avevo ritenuto di non dover ancora chiarire in quanto .

    Stavano facendo effetto gli occhi magnetici di lei, puntat i dritt i sullelabbra del Prof., creandogli un leggero imbarazzo e lo incitavano a toglier-la dallempasse e cos accadde.

    Insomma si mise a difenderla senza sapersi dominare. Senza che nefosse effett ivamente conscio, aveva perso in pochi at timi tutt a la sua bril-

    lantezza e senza che se ne rendesse conto, a differenza degli altri si eranoinvertite le part i (con Clara capitava spesso): lui cercava di giust ificarsi alei, e lei bont sua, gli concedeva qualche scappatoia per nonapprofitt aretroppo della mutata situazione.

    Naturalmente chi venne dopo di Clara, nel giro, se la vide bruttamafortunatamente si trat tava di uomini e quindi la cosa si svolgeva nellam-bito del gi visto.

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    La prima cena tutt i insieme ovvero tra quelli che non erano di Torino,fu una vera meraviglia.

    Enrico non cera per precedenti impegni (sempre chnon avere ilcoraggio di affrontarla poteva definirsi un precedente impegno).

    Avevo gi accennato che, su Clara, il Prof. aveva pi di un ascenden-te e con loccasione volle mettersi di nuovo in competizione.

    Una cena di lavoro, doveva essere, e nelle fasi iniziali certamente lo fu, ma mantenne da subito un tono molto conviviale.

    Lei seduta accanto a Giulio, degnamente protetta da almeno altre duefemmine ai lati: onde evitare intrusioni non gradite.

    Giulio si era tenuto alquanto taciturno e gli altri, pian piano, tra sto-rie personali, presentazioni e voglia di mettersi in mostra, avevano preso ilsopravvento.

    Clara se ne stava zitt a, a fumare una sigarett a dietro laltra (probabil-mente innervosita).

    Giulio interveniva raramente, ma con molta arguzia suscitando lila-

    rit (certamente forzata) degli allievi .Quando lei si alz, per andare al bagno, lui repentinamente fece

    altrett anto. La cosa non pass inosservata e siccome lassenza si prolungoltre i canonici 5 minuti (sfior i venti) la rivincita era bella e che servita.

    Al ritorno al tavolo sembrarono alquanto alterati; Giulio ancor piilare e Clara rabbuiata, poi accadde la cosa che fece rompere realmente gliequilibri.

    Lunica del gruppo che non aveva aderito allelezione di Miss Aula ,

    aveva cambiato di posto (in assenza dei due), e si era posizionata al fiancodel prof.

    Appena incrociato lo sguardo di Clara laveva anticipata dicendo: Scusa sai ma non vorrei perdermi loccasione di avere dal professo-

    re alcuni chiarimenti per me essenziali , ivi compreso uno sguardo allabella minigonna, a cui il buon Giulio giocoforza non aveva potuto far ameno di dedicare la sua professorale att enzione.

    Ma certo Sabine, sono tut to suo e gi a dare precisazioni e genero-

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    se occhiate alla nuova arrivata tutta bella protesa nellascolto.

    Clara, non aveva molta voglia di batt agliare e si ritir in un ascoltodistratto del cicaleggioaltrui.

    Ma si sa sotto la cenere cova la fiamma; quando dimprovviso Sabinechiese agli astant i un bel brindisi con dedica da at tr ibuire, Clara colse loc-casione a volo e senza chenessuno avesse la possibilit di precederladisse:

    Brindiamo ad un evento che certamente ha reso felice il nostro ama-tissimo Prof.:

    Brindo, e vi invito ad unirvi, allo scampato pericolo del terzogenitodel prof. De Marco che proprio oggi ha saputo che non deve fare il servi-zio militare . E che cosa centra? Centra, centra.

    Era stato il motivo della discussione (animata per chi laveva vissu-ta) nellant icamera delle toilett e. Sembrerebbe (uso il condizionale perun senso di cautela al quale non mi sottraggo mai) che i due avesseroqualche progetto legato alla militarizzazione della prole del professore.Progetto che, naturalmente, doveva essere andato a monte e che il pro-fessore avrebbe voluto rapidamente rimuovere, cosa che ovviamente aClara non andava gi.

    Il buon umore che aveva generato la vicinanza di Sabine gli passsubito; gli allievi, chiss perch, chiss per come, intorno allargomentotrovarono spunt i di discussione vivacissimi e la cosa irrit ulteriormente ilbuon G iulio, che avrebbe voluta gi cancellarla dal proprio immaginario(che a questo punto potremmo definire collett ivo ).

    La serata si spense senza ulteriori goliardie.

    Il rientro in albergo (guarda caso Clara e Giulio con camere allo stes-

    so piano) fu quasi anonimo ed il giorno successivo i postumi umoralidella serata si avvertirono ancora per poco.

    Il dovere richiamava tutt i allordine. G iulio si cal, ove fosse statoulteriormente necessario, nel ruolo del docente integerrimo. La Sabine dalcanto suo accorci (avendone i mezzi) ulteriormente la minigonnaportan-dosi sempre pi verso la catt edra. Mentre Clara, per tutta risposta, inizi afissare con tale intensit il malcapitato Enrico, che questi nonostante ogni

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    sforzo facesse per ristabilire un contatto con la realt pedagogica, non riu-

    sc pi a riprendersi per tutto il corso.

    Le cene successive videro il gruppo originario suddividersi in sotto-gruppi con gusti e destinazioni variegate, tant che al quarto giorno Clarae Giulio ebbero loccasione di rimanere praticamente soli.

    Non ch la cosa fosse stata programmata, ma allultimo momento glialtri vennero meno per motivi futili e quindi pi che plausibili (per dove-re di cronaca avvertiamo che uno o meglio una dei fuggit ivi era lafascinosa Sabine).

    Era giunto il momento del chiarimento.Sebbene dellintimit tra i due noi gi sappiamo, il loro contegno

    lasciava t rasparire cos poco, che persino, qualche allievo che li avesse guar-dati senza essere scorto, non avrebbe potuto avanzare nessuna illazione.

    Probabilmente erano avvezzi a un comportamento depistante , ed illoro modo di discorrere era tut to esteriormente finalizzato a minimizzareogni attrito.

    Clara, per, quella sera non dissimul