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INNOVAZIONE & TUTELA DEI DATI PERSONALI La sfida della sicurezza «social» Lotta al crimine online e privacy in cerca di un difficile equilibrio di Susanna Sandulli U na delle tematiche più ri- correnti degli ultimi anni ri- guarda la tutela della sicu- rezza nello svolgimento delle attività online; se tale questione, da una parte, concerne indubbiamen- te la lotta al terrorismo internaziona- le e la repressione di altri reati come la pedopornografia, notevoli problemi si pongono a causa dello sviluppo dei social networks, in quanto la sicurez- za pubblica può essere minacciata da diverse forme di cybercrime. Il fulcro della questione è ravvisa- bile nelle ripercussioni economiche che tali fattispecie di reato possono produrre, poiché nella Rete sono pre- senti molti dati riguardanti imprese o patrimoni individuali e, pertanto, la cosiddetta business continuity è sot- toposta a un forte rischio. La necessità di una maggior imple- mentazione dei sistemi di sicurezza è stata sottolineata anche dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la quale, tramite la raccomandazione sulla si- curezza digitale e la gestione del ri- schio del 1° ottobre 2015, ha evidenzia- to che essa si pone come un problema non solamente di ordine tecnologico, ma anche economico. Come rimarcato dal presidente del Garante per la tutela dei dati persona- li, Antonello Soro, non è pensabile eli- minare del tutto i rischi derivanti dal digitale e, in un certo senso, questi de- vono essere accettati in ragione dei plurimi obiettivi che l’Italia e l’Unio- ne europea si sono poste; tuttavia, ciò non può esonerare i governi dei sin- goli Stati dall’adottare una serie di strategie che assicurino la tutela della privacy dei cittadini, conferendo a quest’ultima il ruolo di obiettivo pri- mario dei piani di sviluppo. L’innovazione, infatti, a parere del- l’Ocse, deve essere considerata un aspetto fondamentale nell’attività di gestione della sicurezza digitale, la quale, per essere efficiente, deve ga- rantire una piena collaborazione non solo tra soggetti pubblici e privati, ma anche fra i diversi Stati, dando vita a una compenetrazione fra diritto na- zionale e sovranazionale. Infine, sebbene la digital security influenzi profondamente il raggiun- gimento dei diversi obiettivi econo- mici e sociali, essa deve andare sem- pre di pari passo con la salvaguardia dei diritti fondamentali, affinché la tutela di questi non risulti, in alcun modo, diminuita. A partire dagli eventi dell’11 settem- bre 2001 e a seguito dei, purtroppo, numerosi attentati terroristici che sono stati realizzati in Europa negli ultimi anni, la necessità di una mag- gior sicurezza ha comportato un’in- gerenza notevole di dati personali che potrebbe ledere quel sistema di protezione così difficilmente realiz- zato; pertanto, la Corte di giustizia ha sottolineato la necessità che il con- trollo sui dati personali degli utenti per ragioni di sicurezza incontri limi- ti ben precisi. Proprio per questo, il 6 luglio 2016 sono state approvate dal Parlamento europeo le norme relative alla strate- gia sulla sicurezza informatica («Cy- ber security») e fra queste anche la di- rettiva Nis (Network and Informa- tion Security), applicabile a tutti i soggetti che svolgono attività ascrivi- bili ai cosiddetti servizi essenziali; es- sa nasce dalla consapevolezza che il sistema moderno si caratterizza per una logica di interoperabilità dei ser- vizi, la quale aumenta in maniera esponenziale i rischi e, infatti, la diret- tiva, oltre a imporre agli Stati membri di riferire a un’apposita Autorità na- zionale i vari incidenti che si verifica- no, obbliga questi ultimi a istituire il Cert (Computer emergency respon- se team), ossia un network che si oc- cupi delle reti più critiche, monito- rando gli eventuali incidenti verifica- tisi a livello nazionale. Sebbene, dunque, la sicurezza e la privacy degli internauti costituisca- no uno dei più importanti obiettivi che l’Ocse si è prefissata di raggiun- gere mediante l’instaurazione di un clima di maggior fiducia, è innegabi- le che, in realtà, giungere alla crea- zione di un diverso e migliore mosai- co giuridico, comunitario e interna- zionale, sia un risultato estrema- mente ambizioso; infatti, oltre che delle indubbie difficoltà applicative, è necessario tener conto anche dei diversi valori che caratterizzano gli Stati, europei e non. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’articolo è un estratto dal capitolo «Privacy e sistema social» contenuto nel rapporto «Consumerism 2016» (giunto alla nona edizione) realizza- to da Consumers’ Forum, in collabo- razione con l’Università degli studi di Roma Tre e coordinato da Liliana Rossi Carleo e Fabio Bassan, rispetti- vamente professore emerito di Dirit- to privato e professore ordinario di Diritto internazionale presso lo stes- so ateneo OLYCOMS Il lucchetto giusto. Una delle tematiche più ricorrenti degli ultimi anni, a livello giuridico internazionale, riguarda la tutela della sicurezza nello svolgimento delle attività online, a fronte della crescente diffusione dei social media e di diverse forme di cybercrime IL CONVEGNO «Social economy» giovedì 17 a Roma «Authority e consumatori. Dalla sharing alla social economy» è il titolo del convegno in programma a Roma giovedì 17 novembre presso Unioncamere, piazza Sallustio 21, organizzato da Consumers’Forum, associazione di cui fanno parte associazioni di consumatori, imprese industriali e di servizi e loro associazioni di categoria, centri di ricerca. Durante i lavori sarà presentato il rapporto «Consumerism 2016», realizzato da Consumers’ Forum in collaborazione con l’Università degli studi di Roma Tre e dedicato ai temi della sharing e della social economy. Ne discuteranno, insieme al presidente di Consumers’ Forum, Mario Finzi, i rappresentanti di tutte le principali Authority. INNOVAZIONE & TUTELA DEI DATI PERSONALI La sfida della sicurezza «social» Lotta al crimine online e privacy in cerca di un difficile equilibrio di Susanna Sandulli U na delle tematiche più ri- correnti degli ultimi anni ri- guarda la tutela della sicu- rezza nello svolgimento delle attività online; se tale questione, da una parte, concerne indubbiamen- te la lotta al terrorismo internaziona- le e la repressione di altri reati come la pedopornografia, notevoli problemi si pongono a causa dello sviluppo dei social networks, in quanto la sicurez- za pubblica può essere minacciata da diverse forme di cybercrime. Il fulcro della questione è ravvisa- bile nelle ripercussioni economiche che tali fattispecie di reato possono produrre, poiché nella Rete sono pre- senti molti dati riguardanti imprese o patrimoni individuali e, pertanto, la cosiddetta business continuity è sot- toposta a un forte rischio. La necessità di una maggior imple- mentazione dei sistemi di sicurezza è stata sottolineata anche dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la quale, tramite la raccomandazione sulla si- curezza digitale e la gestione del ri- schio del 1° ottobre 2015, ha evidenzia- to che essa si pone come un problema non solamente di ordine tecnologico, ma anche economico. Come rimarcato dal presidente del Garante per la tutela dei dati persona- li, Antonello Soro, non è pensabile eli- minare del tutto i rischi derivanti dal digitale e, in un certo senso, questi de- vono essere accettati in ragione dei plurimi obiettivi che l’Italia e l’Unio- ne europea si sono poste; tuttavia, ciò non può esonerare i governi dei sin- goli Stati dall’adottare una serie di strategie che assicurino la tutela della privacy dei cittadini, conferendo a quest’ultima il ruolo di obiettivo pri- mario dei piani di sviluppo. L’innovazione, infatti, a parere del- l’Ocse, deve essere considerata un aspetto fondamentale nell’attività di gestione della sicurezza digitale, la quale, per essere efficiente, deve ga- rantire una piena collaborazione non solo tra soggetti pubblici e privati, ma anche fra i diversi Stati, dando vita a una compenetrazione fra diritto na- zionale e sovranazionale. Infine, sebbene la digital security influenzi profondamente il raggiun- gimento dei diversi obiettivi econo- mici e sociali, essa deve andare sem- pre di pari passo con la salvaguardia dei diritti fondamentali, affinché la tutela di questi non risulti, in alcun modo, diminuita. A partire dagli eventi dell’11 settem- bre 2001 e a seguito dei, purtroppo, numerosi attentati terroristici che sono stati realizzati in Europa negli ultimi anni, la necessità di una mag- gior sicurezza ha comportato un’in- gerenza notevole di dati personali che potrebbe ledere quel sistema di protezione così difficilmente realiz- zato; pertanto, la Corte di giustizia ha sottolineato la necessità che il con- trollo sui dati personali degli utenti per ragioni di sicurezza incontri limi- ti ben precisi. Proprio per questo, il 6 luglio 2016 sono state approvate dal Parlamento europeo le norme relative alla strate- gia sulla sicurezza informatica («Cy- ber security») e fra queste anche la di- rettiva Nis (Network and Informa- tion Security), applicabile a tutti i soggetti che svolgono attività ascrivi- bili ai cosiddetti servizi essenziali; es- sa nasce dalla consapevolezza che il sistema moderno si caratterizza per una logica di interoperabilità dei ser- vizi, la quale aumenta in maniera esponenziale i rischi e, infatti, la diret- tiva, oltre a imporre agli Stati membri di riferire a un’apposita Autorità na- zionale i vari incidenti che si verifica- no, obbliga questi ultimi a istituire il Cert (Computer emergency respon- se team), ossia un network che si oc- cupi delle reti più critiche, monito- rando gli eventuali incidenti verifica- tisi a livello nazionale. Sebbene, dunque, la sicurezza e la privacy degli internauti costituisca- no uno dei più importanti obiettivi che l’Ocse si è prefissata di raggiun- gere mediante l’instaurazione di un clima di maggior fiducia, è innegabi- le che, in realtà, giungere alla crea- zione di un diverso e migliore mosai- co giuridico, comunitario e interna- zionale, sia un risultato estrema- mente ambizioso; infatti, oltre che delle indubbie difficoltà applicative, è necessario tener conto anche dei diversi valori che caratterizzano gli Stati, europei e non. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’articolo è un estratto dal capitolo «Privacy e sistema social» contenuto nel rapporto «Consumerism 2016» (giunto alla nona edizione) realizza- to da Consumers’ Forum, in collabo- razione con l’Università degli studi di Roma Tre e coordinato da Liliana Rossi Carleo e Fabio Bassan, rispetti- vamente professore emerito di Dirit- to privato e professore ordinario di Diritto internazionale presso lo stes- so ateneo OLYCOMS Il lucchetto giusto. Una delle tematiche più ricorrenti degli ultimi anni, a livello giuridico internazionale, riguarda la tutela della sicurezza nello svolgimento delle attività online, a fronte della crescente diffusione dei social media e di diverse forme di cybercrime IL CONVEGNO «Social economy» giovedì 17 a Roma «Authority e consumatori. Dalla sharing alla social economy» è il titolo del convegno in programma a Roma giovedì 17 novembre presso Unioncamere, piazza Sallustio 21, organizzato da Consumers’Forum, associazione di cui fanno parte associazioni di consumatori, imprese industriali e di servizi e loro associazioni di categoria, centri di ricerca. Durante i lavori sarà presentato il rapporto «Consumerism 2016», realizzato da Consumers’ Forum in collaborazione con l’Università degli studi di Roma Tre e dedicato ai temi della sharing e della social economy. Ne discuteranno, insieme al presidente di Consumers’ Forum, Mario Finzi, i rappresentanti di tutte le principali Authority. .

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INNOVAZIONE & TUTELA DEI DATI PERSONALI

La sfida della sicurezza «social»Lotta al crimine online e privacy in cerca di un difficile equilibrio

di Susanna Sandulli

Una delle tematiche più ri-correnti degli ultimi anni ri-guarda la tutela della sicu-rezza nello svolgimento

delle attività online; se tale questione,da una parte, concerne indubbiamen-te la lotta al terrorismo internaziona-le e la repressione di altri reati come lapedopornografia, notevoli problemi si pongono a causa dello sviluppo deisocial networks, in quanto la sicurez-za pubblica può essere minacciata dadiverse forme di cybercrime.

Il fulcro della questione è ravvisa-bile nelle ripercussioni economicheche tali fattispecie di reato possonoprodurre, poiché nella Rete sono pre-senti molti dati riguardanti imprese opatrimoni individuali e, pertanto, la cosiddetta business continuity è sot-toposta a un forte rischio.

La necessità di una maggior imple-mentazione dei sistemi di sicurezza èstata sottolineata anche dall’Ocse(Organizzazione per la cooperazionee lo sviluppo economico), la quale,tramite la raccomandazione sulla si-curezza digitale e la gestione del ri-schio del 1° ottobre 2015, ha evidenzia-to che essa si pone come un problemanon solamente di ordine tecnologico,ma anche economico.

Come rimarcato dal presidente delGarante per la tutela dei dati persona-li, Antonello Soro, non è pensabile eli-minare del tutto i rischi derivanti dal digitale e, in un certo senso, questi de-vono essere accettati in ragione deiplurimi obiettivi che l’Italia e l’Unio-ne europea si sono poste; tuttavia, ciònon può esonerare i governi dei sin-goli Stati dall’adottare una serie distrategie che assicurino la tutela dellaprivacy dei cittadini, conferendo a quest’ultima il ruolo di obiettivo pri-mario dei piani di sviluppo.

L’innovazione, infatti, a parere del-l’Ocse, deve essere considerata un aspetto fondamentale nell’attività digestione della sicurezza digitale, laquale, per essere efficiente, deve ga-rantire una piena collaborazione nonsolo tra soggetti pubblici e privati, ma

anche fra i diversi Stati, dando vita auna compenetrazione fra diritto na-zionale e sovranazionale.

Infine, sebbene la digital securityinfluenzi profondamente il raggiun-gimento dei diversi obiettivi econo-mici e sociali, essa deve andare sem-pre di pari passo con la salvaguardiadei diritti fondamentali, affinché la tutela di questi non risulti, in alcunmodo, diminuita.

A partire dagli eventi dell’11 settem-bre 2001 e a seguito dei, purtroppo,numerosi attentati terroristici che sono stati realizzati in Europa negliultimi anni, la necessità di una mag-gior sicurezza ha comportato un’in-gerenza notevole di dati personaliche potrebbe ledere quel sistema di protezione così difficilmente realiz-zato; pertanto, la Corte di giustizia hasottolineato la necessità che il con-

trollo sui dati personali degli utentiper ragioni di sicurezza incontri limi-ti ben precisi.

Proprio per questo, il 6 luglio 2016sono state approvate dal Parlamentoeuropeo le norme relative alla strate-gia sulla sicurezza informatica («Cy-ber security») e fra queste anche la di-rettiva Nis (Network and Informa-tion Security), applicabile a tutti isoggetti che svolgono attività ascrivi-bili ai cosiddetti servizi essenziali; es-sa nasce dalla consapevolezza che ilsistema moderno si caratterizza peruna logica di interoperabilità dei ser-vizi, la quale aumenta in manieraesponenziale i rischi e, infatti, la diret-tiva, oltre a imporre agli Stati membridi riferire a un’apposita Autorità na-zionale i vari incidenti che si verifica-no, obbliga questi ultimi a istituire ilCert (Computer emergency respon-se team), ossia un network che si oc-cupi delle reti più critiche, monito-rando gli eventuali incidenti verifica-tisi a livello nazionale.

Sebbene, dunque, la sicurezza e laprivacy degli internauti costituisca-no uno dei più importanti obiettiviche l’Ocse si è prefissata di raggiun-gere mediante l’instaurazione di unclima di maggior fiducia, è innegabi-le che, in realtà, giungere alla crea-zione di un diverso e migliore mosai-co giuridico, comunitario e interna-zionale, sia un risultato estrema-mente ambizioso; infatti, oltre chedelle indubbie difficoltà applicative,è necessario tener conto anche deidiversi valori che caratterizzano gliStati, europei e non.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’articolo è un estratto dal capitolo«Privacy e sistema social» contenutonel rapporto «Consumerism 2016»(giunto alla nona edizione) realizza-to da Consumers’ Forum, in collabo-razione con l’Università degli studi diRoma Tre e coordinato da LilianaRossi Carleo e Fabio Bassan, rispetti-vamente professore emerito di Dirit-to privato e professore ordinario diDiritto internazionale presso lo stes-so ateneo

OLYCOMS

Il lucchetto giusto. Una delle tematiche più ricorrenti degli ultimi anni, a livello giuridico internazionale, riguarda la tutela della sicurezza nello svolgimento delle attività online, a fronte della crescente diffusione dei social media e di diverse forme di cybercrime

IL CONVEGNO

«Social economy» giovedì 17 a Roma «Authority e consumatori. Dalla sharing

alla social economy» è il titolo del convegno in programma a Roma giovedì 17 novembre presso Unioncamere, piazza Sallustio 21, organizzato da Consumers’Forum, associazione di cui fanno parte associazioni di consumatori, imprese industriali e di servizi e loro associazioni di categoria, centri di ricerca. Durante i lavori sarà presentato il rapporto «Consumerism 2016», realizzato da Consumers’ Forum in collaborazione con l’Università degli studi di Roma Tre e dedicato ai temi della sharing e della social economy. Ne discuteranno, insieme al presidente di Consumers’ Forum, Mario Finzi, i rappresentanti di tutte le principali Authority.

Labirinto tributario

supposti e se contiene una valutazione propria è quella della

to, diviso sulla questione di fondo dell’innovazione: una

INNOVAZIONE & TUTELA DEI DATI PERSONALI

La sfida della sicurezza «social»Lotta al crimine online e privacy in cerca di un difficile equilibrio

di Susanna Sandulli

Una delle tematiche più ri-correnti degli ultimi anni ri-guarda la tutela della sicu-rezza nello svolgimento

delle attività online; se tale questione,da una parte, concerne indubbiamen-te la lotta al terrorismo internaziona-le e la repressione di altri reati come lapedopornografia, notevoli problemi si pongono a causa dello sviluppo deisocial networks, in quanto la sicurez-za pubblica può essere minacciata dadiverse forme di cybercrime.

Il fulcro della questione è ravvisa-bile nelle ripercussioni economicheche tali fattispecie di reato possonoprodurre, poiché nella Rete sono pre-senti molti dati riguardanti imprese opatrimoni individuali e, pertanto, la cosiddetta business continuity è sot-toposta a un forte rischio.

La necessità di una maggior imple-mentazione dei sistemi di sicurezza èstata sottolineata anche dall’Ocse(Organizzazione per la cooperazionee lo sviluppo economico), la quale,tramite la raccomandazione sulla si-curezza digitale e la gestione del ri-schio del 1° ottobre 2015, ha evidenzia-to che essa si pone come un problemanon solamente di ordine tecnologico,ma anche economico.

Come rimarcato dal presidente delGarante per la tutela dei dati persona-li, Antonello Soro, non è pensabile eli-minare del tutto i rischi derivanti dal digitale e, in un certo senso, questi de-vono essere accettati in ragione deiplurimi obiettivi che l’Italia e l’Unio-ne europea si sono poste; tuttavia, ciònon può esonerare i governi dei sin-goli Stati dall’adottare una serie distrategie che assicurino la tutela dellaprivacy dei cittadini, conferendo a quest’ultima il ruolo di obiettivo pri-mario dei piani di sviluppo.

L’innovazione, infatti, a parere del-l’Ocse, deve essere considerata un aspetto fondamentale nell’attività digestione della sicurezza digitale, laquale, per essere efficiente, deve ga-rantire una piena collaborazione nonsolo tra soggetti pubblici e privati, ma

anche fra i diversi Stati, dando vita auna compenetrazione fra diritto na-zionale e sovranazionale.

Infine, sebbene la digital securityinfluenzi profondamente il raggiun-gimento dei diversi obiettivi econo-mici e sociali, essa deve andare sem-pre di pari passo con la salvaguardiadei diritti fondamentali, affinché la tutela di questi non risulti, in alcunmodo, diminuita.

A partire dagli eventi dell’11 settem-bre 2001 e a seguito dei, purtroppo,numerosi attentati terroristici che sono stati realizzati in Europa negliultimi anni, la necessità di una mag-gior sicurezza ha comportato un’in-gerenza notevole di dati personaliche potrebbe ledere quel sistema di protezione così difficilmente realiz-zato; pertanto, la Corte di giustizia hasottolineato la necessità che il con-

trollo sui dati personali degli utentiper ragioni di sicurezza incontri limi-ti ben precisi.

Proprio per questo, il 6 luglio 2016sono state approvate dal Parlamentoeuropeo le norme relative alla strate-gia sulla sicurezza informatica («Cy-ber security») e fra queste anche la di-rettiva Nis (Network and Informa-tion Security), applicabile a tutti isoggetti che svolgono attività ascrivi-bili ai cosiddetti servizi essenziali; es-sa nasce dalla consapevolezza che ilsistema moderno si caratterizza peruna logica di interoperabilità dei ser-vizi, la quale aumenta in manieraesponenziale i rischi e, infatti, la diret-tiva, oltre a imporre agli Stati membridi riferire a un’apposita Autorità na-zionale i vari incidenti che si verifica-no, obbliga questi ultimi a istituire ilCert (Computer emergency respon-se team), ossia un network che si oc-cupi delle reti più critiche, monito-rando gli eventuali incidenti verifica-tisi a livello nazionale.

Sebbene, dunque, la sicurezza e laprivacy degli internauti costituisca-no uno dei più importanti obiettiviche l’Ocse si è prefissata di raggiun-gere mediante l’instaurazione di unclima di maggior fiducia, è innegabi-le che, in realtà, giungere alla crea-zione di un diverso e migliore mosai-co giuridico, comunitario e interna-zionale, sia un risultato estrema-mente ambizioso; infatti, oltre chedelle indubbie difficoltà applicative,è necessario tener conto anche deidiversi valori che caratterizzano gliStati, europei e non.

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L’articolo è un estratto dal capitolo«Privacy e sistema social» contenutonel rapporto «Consumerism 2016»(giunto alla nona edizione) realizza-to da Consumers’ Forum, in collabo-razione con l’Università degli studi diRoma Tre e coordinato da LilianaRossi Carleo e Fabio Bassan, rispetti-vamente professore emerito di Dirit-to privato e professore ordinario diDiritto internazionale presso lo stes-so ateneo

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Capitale della cultura non si diventa per casodiAntonello Cherchi

Siidieci città che si contenderanno il ti-tolo di capitale della cultura per il2018 su oltre venti aspiranti, titolo

che quest’anno è nelle mani di Mantova, il prossimo passerà a Pistoia e nel 2019 sarà di Matera, designata nel 2014 capitale europea (dunque, anche italiana) della cultura. In quell’occasione il ministero dei Beni cultu-rali decise di istituire anche la capitale italia-na della cultura, che nel 2015 venne assegna-ta alle altre cinque città - Cagliari, Ravenna, Perugia-Assisi, Siena e Lecce - che contese-ro il titolo europeo a Matera.

Domani la commissione del ministero deiBeni culturali si riunirà per valutare i dossierproposti dalle città candidate, sulla base dei quali saranno selezionati i dieci concorrenti

al titolo per il 2018. Per le amministrazioni che non ce la faranno, si tratterà comunque di un lavoro di progettualità che non andrà perduto. Infatti, se si è operato bene e con lungimiranza, il dossier permetterà alle cittàdi avere le idee chiare sugli interventi cultu-rali da realizzare e sugli effetti a cui si tende.

Una prospettiva che potrebbe diventarecomune a tutti i centri se passasse la propo-sta uscita dal Lubec, l’incontro sulle politi-che culturali organizzato da PromoPa, giunto alla dodicesima edizione e che si è tenuto a Lucca a metà ottobre. L’idea - con-tenuta in un vademecum di cinque propo-ste - è di prevedere nel documento unico diprogrammazione degli enti locali una se-zione riservata al piano strategico della cul-tura. «Si tratta - spiega Gaetano Scognami-glio, presidente di PromoPa - di un lavoro simile a quello di preparazione del dossier

per candidarsi a capitale della cultura e che,dunque, può tornare utile anche sotto tale versante. L’obiettivo finale è sempre lo stesso: coniugare le attività culturali con lo sviluppo del territorio». In questo modo si riuscirebbe anche a salvaguardare il geniuslociversità data da tradizioni, paesaggio, arti-gianato, enogastronomia che connota - ag-giunge Scognamiglio - l’identità dei grandi e piccoli centri della Penisola si sta perden-do sotto i colpi dell’omologazione: si apro-no gli stessi negozi, si avviano le medesime attività e così facendo si snaturano i centri storici. La proposta è di difendere il genius loci e di considerare questo come premian-te per altri fini. Per esempio, per il ricono-scimento di capitale italiana della cultura».

In questo senso vanno anche le altre pro-poste: si prevede di attivare un gruppo di la-

voro presso il Focus capitali europee della cultura (ufficio dei Beni culturali che si oc-cupa di istruire i dossier delle città candida-te) in modo da favorire lo scambio di infor-mazioni e progetti. Prospettiva da perse-guire anche attraverso un coordinamento a livello regionale dei siti Unesco, in modo da definire a livello territoriale azioni co-muni sul fronte culturale ed economico, in particolare turistico.

L’ultima proposta riguarda, invece, l’artbonus, il credito d’imposta per chi finanzia la cultura e che al Lubec si è proposto di estendere ai beni ecclesiastici vincolati e aperti al pubblico, sulla falsariga di quanto già fatto dal decreto legge 189 per le zone colpite dal sisma, dove si è previsto di utiliz-zare lo sconto fiscale anche per restaurare ibeni culturali di interesse religioso.

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IL CONVEGNO

«Social economy» giovedì 17 a Roma «Authority e consumatori. Dalla sharing

alla social economy» è il titolo del convegno in programma a Roma giovedì 17 novembre presso Unioncamere, piazza Sallustio 21, organizzato da Consumers’Forum, associazione di cui fanno parte associazioni di consumatori, imprese industriali e di servizi e loro associazioni di categoria, centri di ricerca. Durante i lavori sarà presentato il rapporto «Consumerism 2016», realizzato da Consumers’ Forum in collaborazione con l’Università degli studi di Roma Tre e dedicato ai temi della sharing e della social economy. Ne discuteranno, insieme al presidente di Consumers’ Forum, Mario Finzi, i rappresentanti di tutte le principali Authority.

IL FUTURO DEL FISCO

Labirinto tributarioper le unioni civilidiEnrico De Mita

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In più punti della legge si è voluto riscontrare un’applica-zione delle norme in materia di successione e donazione,ma sempre questi tentativi sono accompagnati dalla con-siderazione che occorrono maggiori chiarimenti che non

possono prescindere dalla legge 76, oggettivamente caotica e incompleta. Essendo vietata in materia fiscale l’interpretazio-ne analogica o estensiva, la ricerca di un’applicazione diretta diventa impossibile senza la chiarezza dei presupposti. Quan-to meno ai fini fiscali, perciò, il legislatore deve fornire chiari-menti e intervenire su una legislazione oscura, perché nessunaimposizione può essere disposta se non in base alla legge.

C’è di più. Come ha notato Carmine Romano (Notariato4/2016), manca un trattamento “successorio” a regime per il convivente di fatto, il che tradisce le attese riposte nel nuovo testo normativo e appare difficilmente spiegabile in ragione dei precedenti testi di legge e del dibattito dottrinale. L’atteg-giamento del giurista è duplice: da un lato, vi sono quanti, di fronte alle nuove forme affettive, invocano esigenze di regola-mentazione auspicando l’applicazione in via analogica delle discipline dettate per la famiglia legittima; dall’altra, invece, sipongono quanti sottolineano come scelta di libertà autonomae responsabile di quanti decidono di vivere una vita in comuneal di fuori del matrimonio. La Corte costituzionale ha sottoli-neato la peculiarità della convivenza quale unione sostanzial-mente libera perché nata per volontà degli stessi membri al difuori di ogni schema, laddove il matrimonio nasce da un rap-porto stabile certo, qualificato da reciprocità e corrispettività.

Qual è la disciplina tributaria da applicare a successioni edonazioni per queste nuove “famiglie”? La mancanza di un’espressa disciplina tributaria è stata una scelta precisa del legislatore. Mentre si ritiene che sia il caso di sollecitare l’in-troduzione di una specifica disciplina tributaria in funzione dei decreti attuativi e correttivi previsti dalla legge Cirinnà.

Poiché i contenuti della legge sono frutto di un compromes-so politico, il gioco di richiami, rinvii ed esclusioni complica fortemente il compito dell’interprete e in futuro quello dei giu-dici, non essendo definito il quadro civilistico, indispensabile riferimento per valutare le ricadute di carattere fiscale. Il legi-slatore si è guardato bene dal definire il rapporto fra i diversi tipi di unione e una disciplina fiscale espressa poteva essere an-che il criterio per stabilire il tipo di rapporto che intercorre tra idiversi tipi di unione. Ma il diritto tributario è disciplina che si fonda presupposti precisi, viene dopo la definizione dei pre-supposti e se contiene una valutazione propria è quella della convenienza fiscale di questa o quella scelta.

Qui è mancato un altro interlocutore nella fase legislativa,il responsabile governativo della politica tributaria, grandeassente di questa innovazione dove ha lavorato il Parlamen-to, diviso sulla questione di fondo dell’innovazione: una scelta unitaria con un modello che si articola in tante fattis-pecie o tante previsioni specifiche, ciascuna delle quali conuna propria disciplina.

Inizia un nuovo iter legislativo che interesserà i contri-buenti. Saranno proposte al giudice diverse domande; avre-mo una nuova giurisprudenza che condurrà a nuove pronun-ce della Corte Costituzionale e da tutto ciò potranno uscire nuovi orientamenti legislativi.

Alcune considerazioni, infine, quanto alle convivenze difatto. Sono cresciute più del doppio e sono il profilo più rile-vante della nuova famiglia. Sono una scelta di libertà autono-ma e responsabile di quanti decidono di vivere una vita in co-mune al di fuori del matrimonio, sostanzialmente tradite da interventi legislativi tesi a inquadrare tali scelte entro sistemigiuridici. La verità è che tali coppie da una parte rifiutano ob-blighi incompatibili con una scelta di libertà, dall’altra esigonoforme di tutela le più svariate. Una scelta di libertà non può es-sere imbrigliata con regole legali.

Se è vero che nel 2032 non avremo più matrimoni canonici,le convivenze di fatto saranno la forma più diffusa di “matri-monio”; allora ci sarà bisogno di un’altra legge.

In conclusione, la legge 76/2016 è una risposta frettolosa aproblemi diversi fra loro, come le coppie di fatto e l’unione fra omosessuali, con un atteggiamento cauto nel regolare la materia. Il punto di riferimento tacito è sempre il matrimo-nio con taluni diritti, senza mai evocare la nozione di fami-glia. Si fa riferimento alle formazioni sociali di cui all’articolo2 della Costituzione: una categoria troppo ampia nella qualepuò stare di tutto.

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