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Universit ` a degli Studi di Napoli “FedericoII” Corso di Laurea in Fisica Anno Accademico 2009/20010 Tesi sperimentale Propriet` a fotoelettroniche di prototipi di rivelatori a Nanotubi di Carbonio Candidato: Relatori: Salvatore Del Sorbo Prof. Michelangelo Ambrosio Matricola: 567000485 Prof. Fausto Guarino

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Universita degli Studi di Napoli “FedericoII”

Corso di Laurea in Fisica

Anno Accademico 2009/20010

Tesi sperimentale

Proprieta fotoelettroniche

di prototipi di rivelatori a

Nanotubi di Carbonio

Candidato: Relatori:Salvatore Del Sorbo Prof. Michelangelo AmbrosioMatricola: 567000485 Prof. Fausto Guarino

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Indice

Introduzione 5

1 I nanotubi di carbonio 71.1 Struttura geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.2 Proprieta elettroniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.3 Tecniche di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2 Proprieta fotoelettroniche dei nanotubi di carbonio 212.1 Fotoconduttivita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.2 Evidenze sperimentali: GINT . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3 Il prototipo di rivelatore 293.1 Descrizione dei campioni utilizzati . . . . . . . . . . . . . . . 303.2 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323.3 Misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

3.3.1 Campione B1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 353.3.2 Campione J2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 423.3.3 Confronto tra B1 e J2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

Conclusioni 49

Bibliografia 51

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4 INDICE

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Introduzione

Il lavoro svolto in questa tesi si inserisce all’interno della collaborazione Sin-PhoNIA (Single Photon Nanotechnology Innovative Approach), il cui obiet-tivo e lo sviluppo di un rivelatore di singolo fotone utilizzando nanotubi dicarbonio (CNT).Diversi lavori, tra cui quelli del progetto GINT (Gruppo INFN per le Nano-Tecnologie), hanno mostrato le proprieta di fotorisposta dei nanotubi dicarbonio e in particolare la dipendenza dalla lunghezza d’onda dei fotoniincidenti, mettendo in evidenza una particolare efficienza nella regione UV.Partendo da tali evidenze sperimentali, SinPhoNIA vuole realizzare sensoricompatti, altamente pixellati e sensibili all’UV, che potrebbero essere uti-lizzati su telescopi satellitari, che osservino la luce di fluorescenza dei raggicosmici, e come rivelatori di fotoni Cherenkov.

Le misure effettuate nel lavoro di tesi si inseriscono nell’ambito di questoprogetto e riguardano la caratterizzazione di dispositivi ottenuti crescendonanotubi di carbonio su silicio. In particolare si e avuto come obiettivo distudiare le differenze nella fotorisposta di campioni che differivano per latemperatura di crescita dei CNTs, cercando una relazione tra questa e lasensibilita alle diverse lunghezze d’onda.

Nel capitolo 1 vengono introdotte brevemente le proprieta geometricheed elettroniche dei nanotubi di carbonio e descritte le diverse tecniche diproduzione.Nel capitolo 2 vengono ripresi i risultati ottenuti all’interno del lavoro diGINT circa le proprieta di fotorisposta dei nanotubi.Nel capitolo 3 sono presentati i campioni utilizzati per le misure, l’apparatostrumentale usato, le caratteristiche voltamperometriche dei campioni, gliaspetti che caratterizzano questi dispositivi come fotorivelatori, le differenzedi fotorisposta dovute alla temperatura di crescita dei CNTs.

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6 INDICE

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Capitolo 1

I nanotubi di carbonio

I nanotubi di carbonio, o anche CNTs (Carbon NanoTubes), sono delle strut-ture in cui gli atomi di carbonio si legano insieme per formare dei cilindrilunghi anche centinaia di micron, ma con raggi di dimensioni nanometriche;ogni atomo di carbonio si lega a tre atomi adiacenti, lasciando il quartolegame libero. Per questo un nanotubo di carbonio viene anche rappresen-tato come un foglio di grafene arrotolato lungo un asse. Esistono due tipi diCNT (Fig. 1.1):

• i SingleWall Carbon Nanotubes (SWCNTs), costituiti da una singolaparete di atomi di carbonio;

• i MultiWall Carbon Nanotubes (MWCNTs), formati da piu SWC-NTs (anche di tipo diverso tra loro) concentrici, racchiusi l’uno dentrol’altro.

Figura 1.1: a) Nanotubo a singola parete; b) Nanotubo multiparete.

La loro scoperta e avvenuta nell’ambito della ricerca di strutture nano-metriche del carbonio, che negli anni 70’ e 80’ ha avuto un notevole sviluppo:

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8 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

in quegli anni erano ben note le fibre di carbonio, mentre si cominciava astudiare il fullerene C60 (Fig.1.2).L’esistenza di nanotubi di carbonio e stata congetturata da Dresselhaus [1],ma la scoperta fu di S. Iijima, che alla NEC Research Laboratory da primaosservo i MWCNTs (nel 1991) [2] e in seguito i SWCNTs (nel 1993) [3].In entrambi i casi, i CNTs erano prodotti insieme al particolato di carbo-nio (risultato di scarto) in processi volti alla produzione di fullereni tramitescarica elettrica tra due elettrodi, di cui uno era di carbonio. La loro indi-viduazione e stata possibile osservando la superficie dell’elettrodo di grafitecon tecniche di microscopia a trasmissione elettronica (TEM) (Fig.1.3): inanotubi si presentavano come strutture aghiformi che emergevano dallasuperficie della grafite.

Queste strutture hanno suscitato notevole interesse nel mondo dellaricerca per le singolari proprieta fisiche, sia meccaniche che elettroniche,dovute proprio alle dimensioni nanometriche e al tipo di legame atomico. Inparticolare:

• Il legame covalente che lega gli atomi di carbonio e il piu forte conosciu-to in natura; ne consegue una resistenza meccanica elevatissima allatrazione e una grande flessibilita. Quindi una fibra costituita da nano-tubi di carbonio sarebbe la piu resistente mai realizzata [4](100 voltepiu resistente di quella dell’acciaio, ma a fronte di un peso 6 volteminore).

• Il rapporto tra la lunghezza dei nanotubi e il loro raggio e dell’ordinedi 104, cosa che li rende praticamente strutture unidimensionali; cio,unito a una conduzione di tipo balistico, li rendono delle perfette guided’onda per gli elettroni.

• Diventano evidenti gli effetti quantistici che ne caratterizzano la con-figurazione elettronica; in particolare un nanotubo di carbonio risultaavere un comportamento di tipo metallico o semiconduttore a secondadella sua geometria, come vedremo paragrafo 1.2.

Per queste proprieta i CNTs sono molto promettenti nel campo deinuovi materiali e nel mondo dell’elettronica, ma nella pratica il loro impiegoe ancora ostacolato dalla difficolta di averne una produzione massiva concaratteristiche uniformi e di poterli manipolare con precisione.

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1.1. STRUTTURA GEOMETRICA 9

Figura 1.2: a) Fibre di carbonio; b) Fullerene.

Figura 1.3: Immagine TEM dei primi nanotubi osservati da Iijima.

1.1 Struttura geometrica

Forme allotropiche del carbonio

I nanotubi sono delle particolari forme allotropiche del carbonio. Di questein natura ne esistono diverse, come: diamante, gafite, fullerene etc.Tale varieta di forme e dovuta alla struttura elettronica di questo elemento:ogni atomo di carbonio (numero atomico Z=6) possiede 6 elettroni, che nellostato fondamentale si trovano nella configurazione 1s22s22p2. L’orbitale1s contiene due elettroni fortemente legati al nucleo, che costituiscono ilcore elettronico e non partecipano ai legami chimici; gli orbitali 2s e 2pcostituiscono le shell piu esterne che entrano in gioco nelle reazioni chimiche

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10 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

e spesso si trovano in stati di ibridazione1.In questo modo per il carbonio sono possibili le tre ibridazioni sp, sp2 e sp3.Le ultime due sono le piu comuni:

• l’ibridazione sp2 e quella che si trova piu comunemente nella grafite2, inquesto stato il carbonio forma tre legami σ complanari molto forti, cheforniscono una notevole resistenza alla trazione agente parallelamentead essi, ed un legame π molto piu debole, che unisce i vari fogli digrafite tramite la forza di Van der Waals permettendo la conduzionedi corrente elettrica lungo tali piani;

• l’ibridazione sp3 e quella del diamante, con questa il carbonio formaquattro legami σ, dando luogo ad una struttura tetraedrica molto rigi-da e nella quale non ci sono elettroni disponibili per la conduzione dicorrente elettrica, poiche sono tutti impiegati in legami covalenti3.

Il nanotubo partendo dal grafene

Partendo dal singolo foglio di grafite (il grafene) si puo facilmente compren-dere le geometria del nanotubo.Immaginiamo di avere una rete a maglie esagonali4, ai vertici dei quali sitrovano gli atomi di carbonio: questo e il grafene. Per orientarci su questopiano, fissiamo un sistema di riferimento: prendiamo come assi due vettori~a1 e ~a2, che vanno da uno stesso vertice ai due successivi formando un angolodi 60 come in Fig. 1.4, questi avranno modulo pari a a0 = 2.46 A. Conquesto sistema cartesiano non ortogonale possiamo individuare la posizionedi ciascun atomo del grafene con un vettore del tipo Ch = na1 +ma2, conn,m interi.

Possiamo ottenere il nanotubo, idealmente, arrotolando la striscia digrafene, di larghezza |Ch|, in modo da unire la punta e la coda del vettoreCh (che prende il nome di vettore chirale), come si vede in Fig. 1.5; si avrain questo modo un SWCNT dal diametro:

d =|Ch|π

1La possibilita di avere ibridazione degli orbitali e dovuta alla differenza di energia trail livello 2s(piu basso) e i livelli 2p(piu alto) che e molto piccola rispetto alle energie ingioco nei legami chimici.

2Altre allotropie in cui il carbonio presenta l’ibridazione sp2 sono il fullerene, i graphitewhiskers, le fibre di carbonio e gli stessi nanotubi.

3Cio si rispecchia nella natura del diamante che e un materiale molto duro edelettricamente isolante.

4Gli esagoni avranno lato ` = 1.42 A, che e la lunghezza del legame C-C nel grafene.

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1.1. STRUTTURA GEOMETRICA 11

Figura 1.4: Foglio di Grafene: i vettori ~a1 e ~a2 individuano il sistema diriferimento; in verde un vettore chirale; in blu una linea zigzag; in viola unalinea armchair.

La sua geometria e completamente definita dal vettore chirale e quindidalla coppia di interi (n,m) che prende il nome di chiralita; infatti nota lachiralita, sono noti tutti i parametri strutturali del nanotubo:

• il diametro:d =

a0

π

√m2 +mn+ n2

• l’angolo chirale:

cosθ =n+m/2√

m2 +mn+ n2

se θ e uguale a 0 (m=0) o a 30 (m=n) il CNT e detto rispettivamentezig-zag o armchair, mentre se e compreso tra 0 e 30 e detto, ingenerale, chirale5 (degli esempi di queste tre diverse chiralita sonomostrati in Fig. 1.6);

• il periodo traslazionale lungo l’asse del tubo6, il quale e dato dalmodulo del piu piccolo vettore reticolare del grafene7 perpendicolarea Ch(come si vede in Fig. 1.5):

T = a0

√3(m2 +mn+ n2)

nr

dove nr e il massimo comune divisore di n e m.

5Con valori di θ compresi tra 30 e 60 si ottengono CNTs che hanno proprietaequivalenti, ma la chiralita passa da destrogira a levogira.

6Lo spostamento che si deve compiere parallelamente all’asse del CNT affinche ilreticolo si ripeta uguale.

7Un vettore che unisce due atomi di carbonio sul reticolo del grafene: ad es. Ch e unvettore reticolare.

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12 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

Figura 1.5: Nanotubo ottenuto arrotolando il foglio di grafene: a sinistra ilnanotubo; a destra in grigio la cella fondamentale del nanotubo.

Figura 1.6: Un esempio dei diversi avvolgimenti possibili a seconda dellachiralita del CNT.

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1.2. PROPRIETA ELETTRONICHE 13

1.2 Proprieta elettroniche

Come per la struttura geometrica, anche le proprieta fisiche dei nanotubipossono essere facilmente derivate da quelle del grafene, tenendo pero inconsiderazione che si passa da una struttura piana indefinita ad una cilin-drica con un raggio di curvatura finito (di dimensioni nanometriche). Leproprieta elettroniche del grafene e dei CNTs sono dovute agli elettroni degliorbitali 2pz, che non partecipano ad alcun legame e, restando delocalizzati,permettono la conduzione elettrica. Per poterle studiare in modo semplice,si puo partire dal modello a bande del grafene.

Struttura a bande del grafene

Il modello a bande del grafene si basa sul metodo del tight-binding8 [5].Come si vede dalla figura 1.7, la banda di valenza e quella di conduzionesi toccano in sei punti K [(±4π/3

√3a0, 0); (±2π/3sqrt3a0,±2π/3a0)], che

corrispondono ai vertici della prima zona di Brillouin9.Con questo modello il grafene risulta essere un semimetallo, poiche il livellodi Fermi non e vuoto, ma costituito solo di punti: basta fornire un’energiainfinitesima agli elettroni perche passino nella banda di conduzione.

Figura 1.7: Struttura elettronica del grafene calcolata con il metodo deltight-binding considerando solo i livelli 2pz.

8Questo metodo e utilizzato per ricavare i livelli energetici accessibili agli elettroni instrutture cristalline per le quali il potenziale periodico e rappresentabile, in prima approssi-mazione, come una buca di potenziale, dovuta al singolo atomo, piu una perturbazione,dovuta solo agli atomi primi vicini.

9Si chiama prima zona di Brillouin la cella di Wigner-Seitz del reticolo reciproco; inaltre parole e la trasformata di fourier della cella primitiva. Preso un qualsiasi punto delreticolo, il contorno della zona di Brillouin si ottiene tracciando la bisettrice delle lineecongiungenti i primi vicini.

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14 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

Struttura a bande dei CNTs

Per ottenere la struttura elettronica dei nanotubi dal modello a bande delgrafene dobbiamo imporre le condizioni di quantizzazione, essendo il nano-tubo un oggetto finito [6]:

• Parallelamente all’ asse del cilindro gli elettroni sono liberi di muoversiper distanze molto maggiori della loro lunghezza d’onda associata,percio la densita degli stati ammessi per la componente del vettored’onda ~k in questa direzione e tale da potersi considerare un continuo.

• La componente di ~k ortogonale all’asse deve rispettare la condizionedi periodicita:

k ·Ch = kxChx + kyChy = 2πp

dove p e un intero; abbiamo che i valori ammessi sono discreti.

In questo modo ad ogni k ⊥ corrisponde un continuo di k ‖; dunque dellebande del grafene saranno accessibili solo sottobande 1D, chiamate singo-larita di Van Hove10 (Fig.1.8), determinate dai valori di Chx, Chy e p.

Una volta calcolata la struttura a bande di un CNT, per capire se e ditipo metallico o semiconduttore, sovrapponiamo le sue bande a quelle delgrafene (Fig.1.9):

• Se le sottobande del nanotubo passano per i punti K abbiamo uncomportamento metallico a temperature finite con una conduzione ditipo ballistico; tale condizione si verifica quando |n −m| = 3q, con qintero, in particolare abbiamo che gli armchair (n, n) lo sono sempre,mentre i zig-zag (n, 0) lo sono quando n e multiplo di 3.

• Se le sottobande del nanotubo non passano per i punti K abbiamo uncomportamento semiconduttore con una gap che dipende da quantolontano dai punti K passano le sottobande; per CNTs con la stessachiralita, la gap tra le bande e inversamente proporzionale al raggio(Fig.1.10).

Questo tipo di modellizzazione e valida solo per i SingleWall e non tieneconto della curvatura del piano di grafene, la quale induce una diversa ibri-dazione tra gli orbitali 2s e 2p, cio comporta l’inadeguatezza di tale modelloper nanotubi con raggio molto piccolo.La modellizzazione teorica per MWCNTs e molto piu complicata e le lorocaratteristiche non sono del tutto note, poiche entrano in gioco effetti diinterazione tra le varie pareti, le quali possono anche avere chiralita diverse.

10Una singolarita di Van Hove e un picco (una discontinuita) nella densita degli stati diun solido.

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1.2. PROPRIETA ELETTRONICHE 15

La possibilita di avere nanotubi di tipo metallico e di tipo semiconduttoreunita alla varieta di gap energetiche di questi ultimi sono alla base delleproprieta optoelettroniche che ci interesseranno nel prossimo capitolo.

Figura 1.8: Singolarita di Van Hove: sono mostrati i picchi della densita distati elettronici. A sinistra un nanotubo di tipo semiconduttore: la densitadi stati e nulla al livello di Fermi. A destra un nanotubo di tipo metallico:la densita di stati al livello di Fermi e diversa da zero.

Figura 1.9: Struttura elettronica dei nanotubi: sottobande ammesse dallacondizione di quantizzazione. Sopra e mostrata la sovrapposizione con lebande del grafene; sotto sono mostrate le gap energetiche tra sottobanda divalenza e sottobanda di conduzione.

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16 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

Figura 1.10: Nanotubi di carbonio metallici e semiconduttori indicati sullamappa dei vettori chirali (n,m).

1.3 Tecniche di produzione

La produzione di CNTs puo avvenire tramite o un processo fisico, per va-porizzazione di grafite (alte temperature), o un processo chimico, dove ilcarbonio e preso da fase gassosa; tutti i metodi richiedono la contempo-ranea presenza di una sorgente di carbonio e un catalizzatore metallico didimensioni nanometriche.

Processi Fisici

Arco elettricoFu il metodo utilizzato per la prima volta da Iijima [2] ed e moltosimile a quello utilizzato per la sintesi dei fullereni.Nella camera di reazione (Fig. 1.11) vi sono due elettrodi in grafite,tra i quali si applica una differenza di potenziale di circa 20 V. Uno deidue elettrodi e parzialmente riempito con un metallo (cobalto, ferroo nichel), che ha la funzione di catalizzatore. La camera di reazioneviene riempita di gas inerte e successivamente posta sotto vuoto con-trollato. In seguito si avvicinano tra loro i due elettrodi, fino ad avereuna scarica elettrica di 50-200 ampere. La temperatura tra i due elet-trodi raggiunge i 4000C, e questa temperatura elevata a causare lasublimazione di una parte del carbonio dell’anodo.Il carbonio, in forma gassosa, si deposita sulle pareti del reattore esull’elettrodo stesso presentando una grande varieta di morfologie, tra

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1.3. TECNICHE DI PRODUZIONE 17

cui appunto quella dei nanotubi. Cambiando le condizioni di reazione(quantita e tipo di catalizzatore, intensita di corrente, presenza di gasinerte ecc.) e possibile spingere la reazione verso le morfologie desider-ate [7]. Si riescono ad ottenere produzioni abbastanza selezionate,anche se con percentuali di altre forme.

Vaporizzazione laserQuesto metodo e una variazione di quello ad arco elettrico nel qualela miscela di carbonio e metallo e vaporizzata tramite un laser (Fig.3.7). Si ottengono produzioni con percentuali molto piu elevate (finoal 70-90%) e una migliore qualita di nanotubi rispetto al sistema adarco elettrico.

Figura 1.11: Schema di un arco elettrico per la produzione di nanotubi.

Figura 1.12: Schema di un sistema a vaporizzazione laser per la produzionedi nanotubi

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18 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

Processi Chimici

Deposizione Chimica da Vapore (CVD):Questo metodo e derivato dalla produzione delle fibre in carbone (vapourgrown carbon fibers, VGCF) e consiste nella decomposizione di un gas conte-nente carbonio (idrocarburi, CO ecc) su un catalizzatore finemente disperso.I nanotubi prodotti con questo metodo sono di taglia piu grande e piu etero-genea rispetto a quelli prodotti mediante arco elettrico o laser.I veri meccanismi di crescita sono per il momento sconosciuti, pero tuttele teorie sono concordi sull’aspetto di base del meccanismo: il carbonio eassorbito sulla superficie libera del catalizzatore e diffonde all’interno dellaparticella per alimentare la crescita del tubo. A partire da questo schemavi sono innumerevoli possibili varianti (Fig. 1.13):

• la particella puo restare al suo posto ed avere la funzione di base perla crescita del tubo (meccanismo base-growth);

• oppure allontanarsi dal supporto, al quale resta collegata tramite iltubo (meccanismo tip-growth).

Figura 1.13: Meccanismo di accrescimento dei nanotubi attorno ai clusterdi catalizzatore: a) base-growth; b) tip-growth.

La formazione di SWNT piuttosto che di MWNT dipende dalla tappa ci-neticamente determinante (cioe la piu lenta) nel processo di crescita [8]:

• se la tappa determinante e quella della diffusione del carbonio all’in-terno della particella si avra crescita preferenziale di MWNT;

• se la tappa piu lenta e l’alimentazione di carbonio alla particella dicatalizzatore si ha formazione preferenziale di SWNT.

Quando le condizioni operative sono sfavorevoli alla crescita del tubo, laparticella viene coperta da una serie di strati concentrici di carbone, dando

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1.3. TECNICHE DI PRODUZIONE 19

luogo alla tipica struttura a cipolla che viene spesso ritrovata mescolata ainanotubi.

Della CVD sono state sviluppate molte varianti, quella utilizzata perprodurre i campioni che sono stati impiegati nei nostri esperimenti e laDeposizione Termica da fase Vapore (TCVD) [9].Questa tecnica si realizza attraverso due stadi successivi:

La preparazione del catalizzatore. La camera viene portata in condizio-ni di alto vuoto. Il metallo catalizzatore viene depositato su un sub-strato, in modo da ottenere un layer nanometrico. Il substrato e por-tato ad alte temperature (400-900 C) in presenza di un gas di am-moniaca; in queste condizioni il layer di metallo clusterizza andandoa formare le particelle che fungono da precursori per la crescita deinanotubi.

La crescita dei nanotubi. Viene immesso nella camera un gas come aceti-lene (o metano), mantenendo fissa la temperatura alla quale e avvenu-ta la clustrerizzazione del precursore. A causa dell’alta temperaturale molecole di ammoniaca e di acetilene sono dissociate: gli atomi dicarbonio diffondono nei e sui clusters, assemblandosi per formare inanotubi.

I campioni cosı preparati si presentano anneriti solamente nelle aree dove estato depositato il nichel11.La temperatura, il tipo di idrocarburo e di metallo catalizzatore sono iparametri chiave della TCVD che permettono di controllare le caratteristichedei nanotubi prodotti.

Questa tecnica e un metodo semplice ed economico per produrre grandiquantita di CNTs, avendo il vantaggio di:

• ottenere campioni abbastanza privi di impurita;

• poter controllare il diametro;

• avere un buon allineamento dei nanotubi;

• realizzare la deposizione direttamente su vaste superfici con strutturepredisegnate utilizzando semplici tecniche litografiche12.

11Le immagini al SEM mostrano che tali superfici scure sono costituite da nanotubi dicarbonio (Fig.1.14).

12In questo modo e facile realizzare la superfice finemente pixellata necessaria airivelatori (Fig1.15).

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20 CAPITOLO 1. I NANOTUBI DI CARBONIO

Figura 1.14: Immagini al microscopio elettronico di uno dei campioni re-alizzati mediante Thermal Chemica Vapour Deposition nei laboratori deldipartimento di Fisica dell’Universita dell’Aquila.

Figura 1.15: Immagini di campioni con superficie pixellata.

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Capitolo 2

Proprieta fotoelettronichedei nanotubi di carbonio

L’idea di utilizzare i CNTs per la realizzazione di un dispositivo che riveli laluce e suggerita dall’evidenza sia teorica che sperimentale della loro naturalefotosensibilita.

2.1 Fotoconduttivita

La caratteristica fondamentale di un materiale che manifesta proprieta op-toelettroniche e la presenza di una piccola gap nella struttura a bande, checonsente transizioni elettroniche tra la banda di valenza e la banda di con-duzione. Quando un materiale di questo tipo viene investito da un fascio difotoni di energia hν ' Egap, una parte del fascio viene assorbito. I fotoniassorbiti cedono la loro energia agli elettroni del materiale:

• Se il fotone ha energia hν > Egap, l’elettrone passa nella banda diconduzione lasciando una lacuna1 nella banda di valenza; l’elettrone ela lacuna sono cosı disponibili per il trasporto di carica elettrica.

• Se il fotone ha energia hν < Egap, l’elettrone non riesce a giungerenella banda di conduzione, ma resta in uno stato eccitato; si crea unsistema legato elettrone-lacuna, chiamato eccitone2, che puo muoversinel materiale trasportando energia di eccitazione ma non carica.

In queste condizioni, per ottenere una corrente netta di cariche, bisognarompere la simmetria spaziale del materiale con un campo elettrico chefaccia muovere le cariche in una direzione preferenziale [5]. Cosı facendo si

1La lacuna e il posto vuoto lasciato dall’elettrone nella banda di valenza, che puo esserevisto come un portatore di carica al pari dell’elettrone ma positivo.

2L’eccitone e un sistema legato di tipo idrogenoide, lo si puo trattare come una quasiparticella che descrive lo stato eccitato di un solido.

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22CAPITOLO 2. PROPRIETA FOTOELETTRONICHE DEI NANOTUBI DI CARBONIO

riesce ad estrarre la carica generata dall’assorbimento dei fotoni, andando aseparare anche gli eccitoni. La quantita di carica estratta dipende:

• dal numero di fotoni incidenti sul materiale;

• dal tipo di gap presenti nella struttura a bande del materiale;

• dall’intensita del campo elettrico applicato, infatti aumentando ques-ta diminuisce la probabilita che i portatori di carica si ricombininodurante la migrazione verso gli elettrodi.

L’efficienza della fotoconversione e fortemente limitata dalla perdita del-l’energia in eccesso, di quegli elettroni che vengono eccitati al di sopra delminimo della banda di conduzione, a causa degli urti con gli atomi del reti-colo.

Gli attuali rivelatori a semiconduttore sfruttano il fenomeno appena de-scritto utilizzando una giunzione p-n di silicio come elemento sensibile al-la radiazione elettromagnetica, ma sono fortemente limitati in efficienza,soprattutto nella regione dell’ultravioletto.

I CNTs hanno le caratteristiche necessarie alla fotoconduttivita: infattii nanotubi di tipo semiconduttore presentano le piccole gap tra i livelli divalenza e di conduzione (come si vede in figura 1.8); inoltre tra un CNT ditipo semiconduttore ed un metallo o un CNT di tipo metallico si crea unagiunzione di tipo schottky [11].Come abbiamo visto nel capitolo precedente, in un pattern di CNTs cresciutitramite CVD sono presenti nanotubi di qualsiasi chiaralita, sia di tipo metal-lico sia di tipo semiconduttore; dunque e ragionevole aspettarsi che un talesistema eterogeneo sia sensibile alla luce in un ampio spettro, data la vastagamma di gap presenti nei CNTs semiconduttori, e che la raccolta di caricasia agevolata dalla presenza delle giunzioni tra CNTs metallici e semicon-duttori. Sulla fotoconduttivita dei CNTs SingleWall sono stati fatti moltistudi teorici che hanno trovato conferma nei risultati sperimentali [5]; per iMultiWall le interazioni tra le varie pareti rendono molto piu complessa lamodellizzazione del fenomeno, anche se il meccanismo fisico e lo stesso.

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2.2. EVIDENZE SPERIMENTALI: GINT 23

2.2 Evidenze sperimentali: GINT

Il programma di ricerca GINT (Gruppo INFN per le Nano Tecnologie) neisuoi tre anni di attivita ha indagato le proprieta di fotorisposta dei nanotubiMultiWall [10], con lo scopo di realizzare un rivelatore di luce UV altamentepixellato. Un tale dispositivo potrebbe essere utilizzato per la realizzazionedi rivelatori di effetto Cherenkov e di telescopi satellitari, che osservino laluce di fluorescenza dei raggi cosmici.

Misure di fotosensibilita di Nanotubi cresciuti su Zaffiro

Il primo dispositivo utilizzato per misurare la fotocorrente prodotta daiMWCNTs e costituito da nanotubi multiwall cresciuti a 500C medianteCVD tra due elettrodi di platino su di un substrato di zaffiro. Si e scel-to tale substrato in modo che quest’ultimo, essendo lo zaffiro un materialeinerte, non contribuisca alla generazione di fotocorrente da parte del cam-pione; lo zaffiro e infatti trasparente alla radiazione in un ampio spettro difrequenze.

Un elettrodo e alimentato ad una tensione VDrain; mentre sull’altro elet-trodo, che va a massa tramite il carico resistivo di 50Ω dell’oscilloscopio, simisura la tensione d’uscita Vout (Fig 2.1).

Figura 2.1: Schema del dispositivo. Le dimensioni lineari sono L = 6mm;D = 4mm. Gli elettrodi sono larghi 100µm, posti ogni 100µm, e sono spessi150nm.

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24CAPITOLO 2. PROPRIETA FOTOELETTRONICHE DEI NANOTUBI DI CARBONIO

La corrente che circola nel dispositivo sara data dal rapporto:

Vout

Rosc=

Vdrain

Rosc +RCNTs′

Da questa relazione e possibile stimare il valore dell’impedenza equivalentedella superficie di nanotubi.In figura 2.2 e mostrata la caratteristica I-V nel range (−25,+25)V olt inassenza di luce: il comportamento del dispositivo non e, ne ohmico, nesemiconduttivo, cio e probabilmente dovuto al fatto che ci sono nanotubisia metallici che semiconduttori; la resistenza stimata dei nanotubi e di cir-ca 2kΩ.Variando la Vdrain applicata, viene misurata la risposta del dispositivo adun fascio laser impulsato incidente sulla supeficie di nanotubi, con lunghez-za d’onda pari a 532 nm; la Vout riportata nel grafico (Fig.2.3) e ottenutasottraendo al valore misurato quello ottenuto in configurazione di buio.Risulta evidente che i nanotubi generano una fotocorrente quando sono col-piti dal laser. Inoltre, la simmetria del grafico rispetto all’inversione dellapolarita della tensione applicata indica l’assenza di effetti di polarizzazioneall’interno del dispositivo.

In figura 2.4 e riportato l’andamento dell’efficienza in funzione della ten-sione applicata per tre diverse lunghezze d’onda del laser incidente, questae ottenuta come il rapporto tra il numero di cariche raccolte ed il numero difotoni che incidono sulla superficie sensibile: il valore del numero di caricheraccolte e determinato integrando il segnale di tensione misurato per il tempodi durata dell’impulso laser e dividendo per il carico resistivo dell’oscillosco-pio; mentre misurando l’energia del fascio si determina il numero di fotoniincidenti.L’efficienza di questo dispositivo e molto bassa, cio potrebbe essere legatoo ad una scarsa fotorisposta dei nanotubi, oppure all’elevata probabilita diricombinazione della coppia elettrone-lacuna durante la migrazione verso glielettrodi.Tuttavia l’elevata corrente di buio impedisce comunque di utilizzare questodispositivo come rivelatore di radiazione. E interessante notare come l’effi-cienza sia piu elevata per il laser a 355 nm, per ciascuna tensione applicata.

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2.2. EVIDENZE SPERIMENTALI: GINT 25

Figura 2.2: Caratteristica I-V in condizione di buio

Figura 2.3: Risposta del dispositivo ad un laser impulsato con lunghezzad’onda di 532 nm. Le diverse curve fanno riferimento a differenti tensioni dialimentazione.

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26CAPITOLO 2. PROPRIETA FOTOELETTRONICHE DEI NANOTUBI DI CARBONIO

Figura 2.4: Efficienza del dispositivo.

Assorbanza

Per verificare la reattivita dei nanotubi, si studia l’assorbanza3 della radia-zione in un ampio spettro di lunghezze d’onda.Viene preparato un campione senza elettrodi4, con CNTs cresciuti su zaffiromediante CVD a 500 C. In figura 2.5 e mostrata la curva della trasmittanza(in percentuale) dello zaffiro e del campione zaffiro+MWCNTs: la formadelle due curve e differente, in particolare verso le piccole lunghezze d’ondadove quella del campione diventa prossima a zero. Facendo la differenza trale due curve, si puo stimare la curva di assorbanza dei MWCNTs (Fig2.6):e evidente un aumento nella regione UV, in accordo con i risultati ottenutinella misura della fotorisposta del campione.Questo e un risultato particolarmente interessante vista la scarsa efficienzadei moderni dispositivi nella regione dell’ultravioletto. Inoltre si mostracome l’aumento di efficienza del dispositivo sia legato alla maggiore capaci-ta dei nanotubi di assorbire la radiazione incidente nel range di frequenzeprima indicato.

3Il valore dell’assorbanza e calcolato, per definizione, come il logaritmo dell’inversodella trasmittanza.

4La presenza degli elettrodi renderebbe difficile la misura dell’assorbanza, perche questiintercettano molta della luce che illumina il campione.

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2.2. EVIDENZE SPERIMENTALI: GINT 27

Figura 2.5: Trasmittanza dello zaffiro e del campione zaffiro+MWCNTs.

Figura 2.6: Assorbanza del layer di nanonotubi multiwall.

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28CAPITOLO 2. PROPRIETA FOTOELETTRONICHE DEI NANOTUBI DI CARBONIO

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Capitolo 3

Il prototipo di rivelatore

Nel capitolo precedente si e evidenziato da un lato che i nanotubi di carbo-nio sono un materiale fotosensibile, dall’altro che la configurazione utilizzata(CNTs cresciuti su zaffiro) e inadeguata per la realizzazione di un rivelatore.Il basso valore della resistenza tra i due elettrodi (∼ 2kΩ) comporta una ele-vata corrente di buio, molto maggiore della fotocorrente generata in rispostaall’illuminazione della superficie di CNTs. Ne segue che, per realizzare unfotorivelatore, occorre silenziare tale corrente di buio e accoppiare ai nano-tubi un opportuno stadio di amplificazione del segnale.Le ricerche finali di GINT, su nanotubi cresciuti su un substrato di silicio,hanno mostrato che potrebbe essere proprio la giunzione tra questi ed il si-licio a fungere sia da rivelatore di radiazione che da stadio di amplificazionedel segnale.

Il lavoro svolto all’interno della tesi e stato quello di caratterizzare ilnuovo tipo di dispositivi (CNTs cresciuti su silicio), con l’intento di osservarele diverse risposte alla radiazione elettromagnetica di campioni con diversatemperatura di crescita dei CNTs.In questo capitolo vengono discusse le misure effettuate, mettendone in lucei risultati piu significativi.

La caratterizzazione di questi campioni consiste nello studiare l’anda-mento della corrente fotogenerata al variare della tensione applicata tra glielettrodi. I campioni analizzati sono:

• campione B1, MWCNTs cresciuti su silicio a 500C;

• campione J2, MWCNTs cresciuti su silicio a 700C.

Entrambi sono stati realizzati al dipartimento di Fisica dell’Universita del-l’Aquila.

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30 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

3.1 Descrizione dei campioni utilizzati

I dispositivi utilizzati sono costituiti da una base di silicio drogato p rivestitoda un coating di nitruro di silicio (Si3N4). Su una delle due facce sonocresciuti nanotubi di carbonio MultiWall mediante TCVD. In figura 3.2 eriportata una descrizione schematica del dispositivo: la parte nera e l’areasulla quale sono cresciuti i nanotubi. Il dispositivo e alimentato da treelettrodi, due sulla superficie dei nanotubi e uno sull’altra faccia; in questomodo il dispositivo puo funzionare:

• sia in configurazione 3D (Fig. 3.3 a), in cui la tensione e applicatatra le due superfici del dispositivo, cortocircuitando i due elettrodi suinanotubi in modo da creare una superficie equipotenziale;

• sia in configurazione planare (Fig. 3.3 b), in cui la differenza dipotenziale e applicata tra i due elettrodi sulla superficie di nanotubi.

La differenza sostanziale tra le due configurazioni e che nella seconda lacorrente deve necessariamente attraversare lo strato di silicio.Per le misure svolte nel lavoro di tesi si e usata solo la configurazione 3D.

Figura 3.1: Foto del campione B1; sono visibili gli elettrodi sopra la zonascura, in cui sono stati cresciuti i nanotubi.

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3.1. DESCRIZIONE DEI CAMPIONI UTILIZZATI 31

Figura 3.2: Layout del dispositivo. Lo strato di silicio ha spessore di 500µmricoperto da un film di Si3N4 di 70nm; i due elettrodi sui nanotubi hannodimensioni 1×1 mm2.

Figura 3.3: a) Configurazione 3D. b) Configurazione planare.

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32 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

3.2 Apparato sperimentale

Per misurare le caratteristiche voltamperometriche e necessario generare unatensione da applicare agli elettrodi e misurare la corrente che attraversa ilcampione. Queste funzioni sono svolte dal Keithley 2635 (Fig 3.5). Talestrumento e controllato dal computer tramite un software scritto in Labviewappositamente per queste misure, che ci consente di impostare:

• l’intervallo di tensione nel quale si vogliono effettuare le misure;

• lo step di tensione tra le misure;

• il tempo di attesa tra una misura e la successiva;

• il valore della corrente limite, detta di shutdown: e un parametrodi protezione; se si dovesse raggiungere questo valore di corrente ilprogramma impedisce le misure a tensioni maggiori in modo da evitareche il campione si danneggi.

Una volta impostati questi parametri, sempre da computer e possibile fariniziare l’acquisizione dati; nella schermata del programma di acquisizionecompaiono in un grafico i punti misurati (Fig 3.6), cosı da poter controllarel’andamento delle misure in tempo reale.

Per illuminare la superficie dei CNTs si sono utilizzati laser a diverselunghezze d’onda, alimentati da un generatore (Fig 3.5). Tramite un reosta-to e possibile regolare la potenza della radiazione incidente sul campione,che viene misurata con il powermeter; la precisione con la quale si riesce afissare il valore della potenza e di circa 0.02mW.Il fascio laser prima di giungere sul campione e fatto passare attraverso undiaframma che ne riduce le dimensioni trasversali (Fig 3.7); cio e necessarioper puntare il fascio esclusivamente nella zona coperta dai nanotubi.Il campione e montato su una base mobile, che permette lo spostamento dellospot luminoso del laser sulla superficie, attraverso l’uso di viti micrometriche.

Figura 3.4: Schema della strumentazione utilizzata.

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3.2. APPARATO SPERIMENTALE 33

Figura 3.5: In basso a sinistra il Keithely 2635; in alto a destra l’alimentatoreper i laser; il cilindro rosso in basso a destra e un reostato che permette unaregolazione fine della potenza del fascio laser.

Figura 3.6: Interfaccia grafica del programma di acquisizione dati attraversoil quale si comanda il Keithely dal computer.

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34 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

Figura 3.7: A sinistra: il supporto dei laser. A destra: dal basso verso l’al-to, diaframma per ridurre le dimensioni del fascio, powermeter, dispositivomontato sulla base movibile; e visibile anche la cam, utile per individuare laposizione dello spot dei laser a lunghezze d’onda invisibili a occhio nudo.

3.3 Misure

Anche questi dispositivi, cosı come accade per quelli con substrato di zaffiro,lasciano passare una certa corrente in assenza di radiazione (corrente dibuio); dunque per mettere in evidenza la corrente dovuta alla fotogene-razioene bisogna sottrarre alla corrente misurata in condizione di luce lacorrente di buio:

Ifotogenerata = Iluce − Ibuio

Gli errori sulle misure effettuate sono dovuti alla sensibilita del Keitheley,che nel range dei nostri valori e pari allo 0.02% del valore misurato, sia perla corrente che per la tensione.

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3.3. MISURE 35

3.3.1 Campione B1

Caratteristiche voltamperometriche di buioIl grafico 3.8 mostra la caratteristica I-V del campione B1, ottenuta incondizioni di buio facendo variare la tensione da -30 V a +30 V.

Figura 3.8: Caratteristica voltamperometrica del campione B1 inconfigurazione 3D in assenza di radiazione.

E evidente che l’andamento del grafico e simile a quello di un diodo,con una tensione di soglia di ∼1 V. Il passaggio di corrente e prati-camente inibito quando i CNTs si trovano ad un potenziale maggiorerispetto al silicio. Dunque la polarizzazione diretta e la configurazionein cui il silicio, drogato p, e ad un potenziale maggiore rispetto ainanotubi.La corrente che circola nel dispositivo, in polarizzazione diretta, edell’ordine dei µA, quindi tre ordini di grandezza inferiore rispettoa quella misurata sul campione con lo zaffiro (Fig. 2.2). L’impedenzaequivalente tra la superficie di CNTs ed il back e dell’ordine dei MΩ,molto maggiore di quella misurata tra gli elettrodi sulla superficie dinanotubi.

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36 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

E interessante notare che la presenza di un film isolante sopra e sottoil silicio dovrebbe inibire un qualsiasi passaggio di corrente. Misu-re effettuate sul substrato prima del processo di crescita confermanoquesta affermazione. L’ipotesi sul comportamento tipo diodo e che iCNTs nel processo di crescita vadano a formare una giunzione diretta-mente sul silicio. Inoltre ancora non sono noti gli effetti del processo dicrescita, in cui vengono raggiunte temperature dai 500C agli 800C,sulle proprieta del substrato.Gia le misure di GINT avevano mostrato l’esistenza di questo fenomeno.Risultati ottenuti su campioni diversi evidenziano che la giunzione none sempre dello stesso tipo; non si e ancora in grado di capire quale e ilprocesso che determina la formazione di una determinata giunzione.

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3.3. MISURE 37

Caratteristiche voltamperometriche di luceViene illuminata la superfice dei nanotubi, utilizzando laser con lunghez-za d’onda di 450nm, 532nm, 650nm, 785nm, 808nm e 980nm.Il grafico 3.9 mostra la caratteristica I-V del campione B1 misuratain condizione di luce alla lunghezza d’onda di 450nm: le diverse curvesono ottenute variando la potenza della radiazione incidente attraversol’utilizzo del reostato. Si vede che viene mantenuto l’andamento tipodiodo, ma la corrente che circola nel dispositivo in condizioni di luce emaggiore della corrente di buio e cresce con la potenza della radiazioneincidente.

Figura 3.9: Caratteristiche I-V del campione B1 ottenute in configurazione3D variando la potenza della sorgente luminosa (laser a 450nm).

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38 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

Caratteristiche voltamperometriche della fotorispostaCome si e gia detto sopra, sottraendo la curva della corrente di buioalle curve di luce si ottengono le curve della fotorisposta del campione,che sono riportate nel grafico 3.10. Possiamo dividere il grafico in treparti:

• Finche la tensione applicata non supera ∼5 V, la corrente e quasinulla: il passaggio di corrente e inibito dalla barriera di potenzialeche si crea a causa della giunzione.

• Dai 5 V ad un valore Vsat, che dipende dalla potenza del laser, lacorrente aumenta linearmente con la tensione di drain: in questacondizione la carica generata dalla radiazione nei nanotubi vienein parte raccolta, in parte si ricombina, con un andamento linearerispetto alla tensione applicata.

• Oltre la tensione Vsat, la corrente si stabilizza verso un valore cheindichiamo con Isat, a questo punto, viene raccolta tutta la cari-ca prodotta: infatti la coppia elettrone-lacuna creata dal fotoneha una certa probabilita di ricombinazione, questa e tanto piupiccola quanto maggiore e il campo applicato, fino a che si ha laseparazione di tutte le coppie create giungendo ad un massimodella fotocorrente possibile per una data potenza della radiazioneincidente.

Nella configurazione di saturazione, in cui il valore della corrente gene-rata dipende solo dalla potenza incidente, il dispositivo lavora comerivelatore di radiazione; in questa condizione e possibile verificare lalinearita della risposta rispetto alla potenza della radiazione incidentee stimare l’efficienza del dispositivo in funzione della lunghezza d’onda.

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3.3. MISURE 39

Figura 3.10: Caratteristiche I-V della corrente di fotorisposta campione B1ottenute in configurazione 3D variando la potenza della sorgente luminosa(laser a 450nm).

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40 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

Linearita della corrente fotogenerataUna caratteristica fondamentale di un buon rivelatore e la linearitadella risposta rispetto alla grandezza fisica rivelata. Percio e interes-sante andare a studiare la linearita della corrente fotogenerata rispettoalla potenza della radiazione incidente di questo dispositivo.Per farlo si prendono i valori della corrente fotogenerata, in condizionedi saturazione, alle varie potenze. Nel grafico 3.11 e mostrata la lineari-ta della risposta del campione B1: i valori delle correnti riportate sonopresi alla tensione di 20 V, essendo questo valore di tensione ben oltrela Vsat per tutte le potenze; il campione mostra una buona linearita dirisposta.

Figura 3.11: Grafico delle correnti a 20 V del campione B1 ottenute inconfigurazione 3D in funzione della potenza della radiazione incidente (lasera 450nm).

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3.3. MISURE 41

Risposta spettraleAltra caratteristica importante di rivelatore e la sensibita, cioe il rap-porto tra il valore della risposta fornita e il valore della grandezza fisicache si va a rivelare. Per studiare questa caratteristica in un fotorive-latore, si puo valutare l’efficienza η data dal rapporto tra il numero dicariche estratte e il numero di fotoni incidenti sulla superficie sensibile:

η =Isathc

ePλ

dove I e la corrente misurata in condizione di saturazione, h la costantedi Planck, c la velocita della luce nel vuoto1, e la carica dell’elettrone,P la potenza e λ la lunghezza d’onda della radiazione incidente suldispositivo.Gli errori sull’efficienza sono ottenuti propagando quelli della correntee della potenza. Il grafico 3.12 mostra le curve delle spettrali di efficien-za relative alle varie potenze della radiazione incidente: il campioneB1 ha il massimo di efficienza nel vicino infrarosso.

Figura 3.12: Grafico dell’efficienza in funzione della lunghezza d’onda dellaradiazione incidente, al variare della potenza del laser.

1hc/λ e l’energia del fotone di lunghezza d’onda λ.

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42 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

3.3.2 Campione J2

Per il campione J2 si sono effettuate lo stesso tipo di misure e di analisi datigia descritte per il campione B1.Le caratteristiche voltamperometriche di J2 sono simili a quelle di B1: lacorrente in condizioni di luce e diversa da quella di buio solo a tensionipositive e cresce con la potenza della radiazione incidente.

Caratteristiche voltamperometriche della fotorispostaNel grafico 3.13 sono riportate le curve della fotorisposta del campioneJ2, ottenute sottraendo la curva della corrente di buio alle curve diluce. Anche qui l’andamento delle curve e simile a quello per B1;possiamo dividere il grafico in tre parti:

• Finche la tensione applicata non supera ∼3 V, la corrente e quasinulla.

• Dai 3 V ad un valore Vsat, che dipende sempre dalla potenza dellaser, la corrente aumenta linearmente con la tensione di drain:qui la salita e piu graduale e le tensioni di saturazione alle variepotenze si trovano in un range piu ampio rispetto al campione B1;e come se venissero prodotte piu coppie di carica, la differenzanella tra le Vsat di due potenze successive e netta (o visibile).

• Oltre la tensione Vsat, la corrente si stabilizza verso il valore disaturazione Isat, anche se per alcune potenze presenta una lieveattenuazione alle tensioni piu alte: questa anomalia nell’anda-mento non e da attribuirsi a oscillazioni dovute alla sensibilitadel Keithely, ma piuttosto alla regolazione della potenze del laserche non permette di bloccarne il valore; questo porterebbe ad unacarica generata che cambia durante la presa dati e di conseguenzaun valore diverso, nel tempo, della corrente di saturazione.

Anche per J2, ponendoci in condizione di saturazione, in cui il valoredella corrente generata dipende solo dalla potenza incidente, si possonostudiare le caratteristiche del dispositivo come rivelatore di radiazione.

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3.3. MISURE 43

Figura 3.13: Caratteristiche I-V della corrente di fotorisposta campione J2ottenute in configurazione 3D variando la potenza della sorgente luminosa(laser a 450nm).

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44 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

Linearita della corrente fotogenerataNel grafico 3.14 e mostrata la linearita della risposta del campioneJ2: questa volta si e costretti ad andare a tensioni superiori ai 20 Vper trovare la saturazione a tutte le potenze; il valore delle correntiriportate e preso alla tensione di 30 V; anche questo campione mostrauna buona linearita di risposta.

Figura 3.14: Grafico delle correnti a 30 V del campione J2 ottenute inconfigurazione 3D in funzione della potenza della radiazione incidente (lasera 450nm).

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3.3. MISURE 45

Risposta spettraleSi calcola l’efficienza η del campione J2, secondo la formula usata inprecedenza per B1.Il grafico 3.15 mostra le curve delle spettrali di efficienza relative allevarie potenze della radiazione incidente: il campione ha un’efficienzacirca costante su tutto lo spettro, tranne per la lunghezza d’onda di980nm dove diminuisce bruscamente.

Figura 3.15: Grafico dell’efficienza in funzione della lunghezza d’onda dellaradiazione incidente al variare della potenza del laser.

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46 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

3.3.3 Confronto tra B1 e J2

Nei paragrafi precedenti, presentando le misure effettuate sui campioni B1 eJ2, si e messo in evidenza che questi hanno un comportamento molto similetra loro.Questa somiglianza nell’andamento della risposta non ci stupisce, poicheentrambi i dispositivi sono stati creati allo stesso modo:

• stessa base di silicio;

• stesso coating isolante.

L’unica cosa che li differenzia e il processo di crescita dei CNTs, avvenuto atemperature diverse:

• 500C per il campione B1;

• 700C per il campione J2.

La diversa temperatura di crescita ha un effetto evidente sulla morfologiadei CNTs come si vede in figura 3.16: i nanotubi cresciuti a temperaturamaggiore appaiono molto piu ordinati e definiti nella forma, mentre quellicresciuti a temperatura minore sono irregolari e somigliano piu a fibre dicarbonio che a nanotubi veri e propri.Tale differenza strutturale si rispecchia nella spettrale dell’efficienza, come sivede dal grafico 3.17: le curve mostrano che il campione J2 ha un’efficienzanettamente superiore rispetto al campione B1 su tutto lo spettro indagato.

A quanto pare la presenza di nanotubi ben strutturati fa aumentarel’efficienza del dispositivo nel range del vicino IR, del visibile e, in modoparticolare, del vicino UV.

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3.3. MISURE 47

Figura 3.16: Immagine al microscopio elettronico di nanotubi di carbonio;a sinistra, sono crasciuti a 500C; a destra, sono cresciuti a 700C.

Figura 3.17: Grafico in cui sono riportate le spettrali dell’efficienza dei duecampioni; sopra, curve di J2; sotto curve di B1.

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48 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

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Conclusioni

L’utilizzo dei nanotubi di carbonio come elemento sensibile in un fotori-velatore e giustificato, in estrema sintesi, dal basso costo di produzione deinanotubi mediante la Chemical Vapor Deposition, dalla possibilita di ot-tenere superfici altamente pixellate mediante l’applicazione di semplici edeconomiche tecniche litografiche, dalla sensibilita alla radiazione dei CNTs,in particolare nella regione UV, dove gli attuali rivelatori al silicio mostranonotevoli limiti.Per realizzare un fotorivelatore occorre accoppiare allo stadio di rivelazione egenerazione della carica (nanotubi) un successivo stadio di raccolta e ampli-ficazione del segnale. Le misure effettuate sui campioni di zaffiro mostranoche i nanotubi da soli generano un segnale troppo basso su una correntedi buio elevata. L’accoppiamento degli stessi con il silicio e una possibilesoluzione a questa problematica.

Il lavoro di misure svolto all’interno di questa tesi e descritto nel capito-lo 3 ha avuto come oggetto proprio la caratterizzazione dei campioni ottenuticrescendo i nanotubi sul silicio. Dai risultati delle misure effettuate sui cam-pioni analizzati, risulta che questi sono degli ottimi prototipi di rivelatori diradiazione elettromagnetica:

• presentano una saturazione nella corrente fotogenerata, che si mantienecirca costante oltre una certa tensione Vsat;

• hanno una buona linearita della risposta rispetto alla potenza dellaradiazione incidente;

• hanno un’alta efficienza in un ampio spettro che va dal vicino ultravio-letto (450nm) al vicino infrarosso (980nm).

Inoltre appare evidente che la crescita dei CNTs ad alte temperature aumen-ti in maniera sensibile l’efficienza di tali dispositivi nel range del vicino UV.Dunque le conoscenze acquisite attraverso le misure confermano la possi-bilita concreta di ottenere rivelatori in cui siano i nanotubi a costituire l’ele-mento sensibile, anche se non e ancora chiaro il meccanismo che porta allaformazione della giunzione nanotubi-silicio.

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50 CAPITOLO 3. IL PROTOTIPO DI RIVELATORE

Questi risultati indicano che la strada intrapresa per lo sviluppo di rive-latori basati sui nanotubi di carbonio, potrebbe portare a un nuovo tipodi rivelatore che superi i limiti degli attuali dispositivi a semiconduttorenell’osservazione di luce ultravioletta; tali rivelatori troverebbero impiego,ad esempio, nell’osservazione di luce di fluorescenza dei raggi cosmici e dieffetto Cherenkov.

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