PROGRAMMA SCIENZE

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Metodi e strumenti dell’indagine astronomica La sfera celeste: una meravigliosa illusione -Astronomia è una scienza che studia le caratteristiche dei corpi celestie i loro movimenti La Volta celeste è una grande cupola immaginaria nella quale individuiamo le stelle e i pianeti e le loro rispettive posizioni rispetto a noi che osserviamo La volta celeste è un utile sistema di riferimento per l’osservazione. LA SFERA CELESTE COME SISTEMA DI RIFERIMENTO STELLE: sono corpi celesti dotati di luce propria perché su di essa avvengono reazioni di fusione nucleare Le stelle non sembrano variare le loro distanze sono dette perciò fisse. Le costellazioni sono un altro sistema di riferimento utile: sono insiemi di stelle ben visibili e apparentemente vicine fra loro Punti di riferimento sulla volta celeste: ASSE DEL MONDO EQUATORE CELESTE PARALLELI E MERIDIANI CELESTI PARALLELO E MERIDIANO FONDAMENTALI Coordinate astronomiche equatoriali: ZENIT NADIR CIRCOLI VERTICALI MERIDIANO LOCALE 4 PUNTI CARDINALI MODIFICAZIONI GIORNALIERE E STAGIONALI DELLA SFERA CELESTE Stelle occidue: sorgono, raggiungono la massima altezza e poi tramontano Stelle circumpolari: compiono circonferenze più piccole intorno alla Stella Polare e non finiscono mai sotto il piano dell’orizzonte ANALISI SPETTRALE SPETTRI DI EMISSIONE CONTINUI : rendendo incandescente un solido, un liquido o un gas compresso : sono visibili tutti i colori SPETTRI DI EMISSIONE A RIGHE O A BANDE: prodotti da gas rarefatti incandescenti: sono costituite da righe sottili o bande SPETTRI DI ASSORBIMENTO: luce policromatica bianca attraverso un gas rarefatto: spettro continuo interrotto da righe o bande DISTANZE ASTRONOMICHE: L’ANGOLO DI PARALLASSE: angolo sotto il quale, dalla stella in esame si vedrebbe il semiasse maggiore dell’orbita terrestre

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Metodi e strumenti dell’indagine astronomica La sfera celeste: una meravigliosa illusione -Astronomia è una scienza che studia le caratteristiche dei corpi celestie i loro movimenti La Volta celeste è una grande cupola immaginaria nella quale individuiamo le stelle e i pianeti e le loro rispettive posizioni rispetto a noi che osserviamo La volta celeste è un utile sistema di riferimento per l’osservazione. LA SFERA CELESTE COME SISTEMA DI RIFERIMENTO STELLE: sono corpi celesti dotati di luce propria perché su di essa avvengono reazioni di fusione nucleare Le stelle non sembrano variare le loro distanze sono dette perciò fisse. Le costellazioni sono un altro sistema di riferimento utile: sono insiemi di stelle ben visibili e apparentemente vicine fra loro Punti di riferimento sulla volta celeste:

• ASSE DEL MONDO • EQUATORE CELESTE • PARALLELI E MERIDIANI CELESTI • PARALLELO E MERIDIANO FONDAMENTALI

Coordinate astronomiche equatoriali: • ZENIT • NADIR • CIRCOLI VERTICALI • MERIDIANO LOCALE • 4 PUNTI CARDINALI

MODIFICAZIONI GIORNALIERE E STAGIONALI DELLA SFERA CELESTE Stelle occidue: sorgono, raggiungono la massima altezza e poi tramontano Stelle circumpolari: compiono circonferenze più piccole intorno alla Stella Polare e non finiscono mai sotto il piano dell’orizzonte ANALISI SPETTRALE

• SPETTRI DI EMISSIONE CONTINUI : rendendo incandescente un solido, un liquido o un gas compresso : sono visibili tutti i colori

• SPETTRI DI EMISSIONE A RIGHE O A BANDE: prodotti da gas rarefatti incandescenti: sono costituite da righe sottili o bande

• SPETTRI DI ASSORBIMENTO: luce policromatica bianca attraverso un gas rarefatto: spettro continuo interrotto da righe o bande

DISTANZE ASTRONOMICHE: L’ANGOLO DI PARALLASSE: angolo sotto il quale, dalla stella in esame si vedrebbe il semiasse maggiore dell’orbita terrestre

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LUMINOSITà E MAGNITUDINE DELLE STELLE Stelle non sono tutte ugualmente luminose SCALA DELLE MAGNITUDINI: per misurare la luminosità delle stelleall’inizio da 1 a 6, grazie al fotometro si arriva fino a una magnitudine pari a 29 e alcune sono in negativo (Sole) MAGNITUDINE ASSOLUTA: è la magnitudine apparente che le stelle avrebbero se fossero collocate tutte alla stessa distanza di 10 parsec dalla Terra: LA MASSA DELLE STELLE La massa di una stella determina la sua evoluzione, ma è determinabile solo nel caso delle stelle doppie, sistemi binari in cui i due corpi celesti si muovono intorno a un baricentro comune IL DIAGRAMMA HERTZPRUNG-RUSSELL In ascissa: la classe spettrale In ordinata: la magnitudine assoluta La maggior parte delle stelle si distribuisce lungo una fascia obliqua detta sequenza principale Le stelle in basso a destra sono poco luminose e fredde, in alto a sinistra si trovano le stelle molto luminose e molto calde. Il Sole si trova al centro della sequenza In alto a destra si trovano le giganti rosse e le supergiganti rosse stelle relativamente fredde ma molto luminose In basso a destra si collocano le nane bianche, calde ma poco luminose, quindi di piccole dimensioni STELLE PARTICOLARI STELLE VARIABILI: modificano la loro luminosità nel tempo VARIABILI PULSANTI: variazione regolare della luminosità VARIABILI ERUTTIVE O ESPLOSIVE: modificano la loro luminosità in modo irregolare STELLE DOPPIE: coppie di stelle che ruotano intorno ad un’altra SISTEMI MULTIPLI: tre o più stelle che si influenzano gravitazionalmente a vicenda LO SPAZIO INTERSTELLARE Nello spazio interstellare sono presenti idrogeno ed elio, molecole inorganiche e organiche, radicali e polvere cosmica NEBULOSE: zone a maggior concentrazione di materia, ammassi di gas e di polvere cosmica

• Nebulose luminose:

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1. nebulose a riflessione : che riflettono la luce delle stelle vicine 2. nebulose a emissione: l’idrogeno si ionizza per la presenza di stelle al

suo interno 3. nebulose planetarie: al centro hanno una nana bianca 4. residuo dell’esplosione di una supernova

• Nebulose oscure: sono prive di stelle al loro interno e assorbono la luce delle

stelle retrostanti contengono globuli di Bok. COME NASCE UNA STELLA Si originano da enormi nubi di gas e polveri che si contraggono sotto l’effetto della forza gravitazionale, indotta dall’esplosione di una vicina supernova o dalla collisione di una o più nebulose Si formano protostelle la cui temperatura cresce, non sono vere e proprie stelle perché la loro temperatura interna non è sufficiente ad innescare una reazione di fusione nuclare La fase delle protostelle dipende dalla massa dei materiali in condensazione, quando la protostella raggiunge i 10 milioni di kelvin si innescano le reazioni di fusione nucleare e la protostella diventa una stella. LA FASE DI STABILITà Se la massa è oltre 10 volte qualle solare allora il processo di fusione prevalente è il ciclo carbonio-azoto-ossigeno. Le stelle di massa simile o inferiore al Sole si collocano al centro o in basso nel diagramma HR , inesse prevale la reazione protone-protone. FASI FINALI DI VITA DI UNA STELLA Il nucleo della stella in assenza di energia nucleare comincia a contrarsi per la gravità e aumenta di temperatura.

� STELLE DI MASSA INFERIORE A 0,5 MASSE SOLARI: la temperatura non è sufficiente a innescare reazioni di fusione e la stella si contrae fino a diventare una nana bianca, fino a quando non si spegne del tutto

� STELLE DI MASSA SUPERIORE A 0,5 MASSE SOLARI: temperatura sufficiente a innescare reazioni di fusione, e la stella si espande e diventa una gigante o supergigante rossa, e le fasi successive dipendono dalla sua massa

� GIGANTE ROSSA CON MASSA <1,44: la stella non raggiunge la temperatura e si trasforma in una nebulosa planetaria

� MASSA >1,44: la stella inizia dei processi di fusione sempre più rapidi, formazione di elementi sempre più pesanti, le reazioni si fermano quando si arriva alla produzione di ferro, la stella esplode violentemente dando origine a una supernova il nucleo della stella che non è esploso si trasforma in un buco nero o in una stella di neutroni

� SUPERNOVA <3-4 MASSE: si trasforma in una stella di neutroni � SUPERNOVA >4 MASSE: si trasforma in un buco nero

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� SUPERNOVA >40 MASSE: buco nero+ lampi di raggi gamma LA VIA LATTEA La Via Lattea è una galassia a spirale, con una zona centrale NUCLEO GALATTICO che emette radiazioni, e da cui escono bracci a spirale disposti su un unico piano. Intono al nucleo vi è un ALONE GALATTICO sferoidale e poco addensato Le stelle sono raggruppate in ammassi stellari :

• Ammassi aperti: giovani stelle di popolazione I • Ammassi globulari: nell’alone galattico, antiche stelle di popolazione II

GALASSIE E AMMASSI GALATTICI

� GALASSIE ELLITTICHE: hanno forma ellissoidale, distribuzione omogenea delle stelle, luminosità decrescente dal centro all’esterno.

� GALASSIE A DISCO O A SPIRALE: caratterizzate dalla presenza di braccia a spirale che si dipartono dal centroo dagli estremi di una sorta di barra che attraversa il nucleo

� GALASSIE IRREGOLARI: hanno forme diverse e contengono solo stelle giovani.

IL SISTEMA SOLARE ORIGINE DEL SISTEMA SOLARE Si suppone che una nebulosa fredda in rotazione abbia iniziato a contrarsi, con la formazione di un protosole in continuo accrescimento, che causò un ‘ulteriore contrazione con un incremento della velocità di rotazione Nel frattempo si creano centri di condensazione e si condensarono acqua, ammoniaca e metano, con la formazione dei pianeti rocciosi. Vicino al Sole non si riuscirono a formare stelle di grandi dimensioni, mentre nella zona esterna più fredda si formarono i pianeti più grandi. IL SOLE È una stella di medie dimensioni e di media temperatura situata al centro del diagramma HR Possiede un movimento rotatorio da ovest verso est, intorno ad un asse quasi perpendicolare al piano orbitale della Terra LA STRUTTURA DEL SOLE

� Nucleo: zona centrale, 14-15 milioni di kelvin, costituita da idrogeno allo stato di plasma.

� Zona radiativa: assorbe l’energia prodotta dal nucleo trasmettendola verso l’esterno per irraggiamento

� Zona convettiva: trasporto di energia attraverso movimenti convettivi, movimenti circolatori di materia solare

� Fotosfera: ciò che vediamo quando guardiamo il Sole, la superficie non è uniforme presenta infatti dei granuli che sono zone più calde; il fenomeno delle macchie solari sono aree di ridotta luminosità poiché relativamente fredde

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� Cromosfera: involucro trasparente e incandescente, dal colore rosso vivo, è visibile unicamente durante le eclissi solari, presenta dei margini irregolari per la presenza di turbamenti quali brillamenti o protuberanze, facole e spicole

� Corona solare: si estende per milioni di chilometri costituita da gas fortemente ionizzati e sempre più rarefatti

I PIANETI DEL SISTEMA SOLARE Leggi di Keplero

1. I pianeti descrivono intorno al sole orbite ellittiche di cui i sole occupa uno dei due fuochi 2. Il raggio vettore di un pianeta che unisce il centro del pianeta al centro del sole spazza aree

uguali in tempi uguali 3. I quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti intorno al sole sono proporzionali al cubo

della distanza media dal sole LE CARATTERISTICHE DEI PIANETI

• Tipo terrestre: Mercurio Venere Terra Marte, più vicini al sole, sono di piccole dimensioni, con superficie rocciosa

• Tipo gioviano: Giove Saturno Urano Nettuno, sono di grandi dimensioni, freddi, con una parte esterna fluida e una parte interna solida

I CORPI MINORI

• Asteroidi: corpi rocciosi di forma irregolarela maggior parte è concentrata tra Giove e Marte • Comete: costituite da massa solida contenente acqua e anidride carbonica congelate,

frammenti rocciosi e metano, passando vicino al sole l’alta temperatura fa evaporare le sostanze che conferiscono alla cometa la sua caratteristica coda; le comete vengono dalla nube di Oort

• Meteore o meteoriti: sono fenomeni luminosi provocati dall’impatto con l’atmosfera di frammenti di comete o asteroidi che si incendiano per l’attrito

I MOTI DELLA TERRA I movimenti della terra La terra compie una serie molto complessa di movimenti: i più importanti sono il moto di rotazione intorno al proprio asse e quello di rivoluzione intorno al sole, ma ne effettua altri meno evidenti detti moti millenari, quali la precessione luni-solare, lo spostamento della linea degli apsidi, la variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre, la variazione dell’eccentricità dell’orbita. questi movimenti sono dovuto all’attrazione gravitazionale che gli altri corpi del sistema solare esercitano sulla terra o su parti di essa. La terra è coinvolta nel moto di traslazione che l intero sistema solare compie verso la costellazione d ercole e nel moto di recessione della galassia da tutte le altre, dovuto all’espansione dell’universo. tutti questi movimenti avvengono contemporaneamente, producendo un unico movimento complesso impossibile da descrivere:in conclusione, la terra non passa mai due volte per lo stesso punto dell’universo.

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Caratteristiche del moto di rotazione terrestre la terra compie una rotazione completa intorno al proprio asse in 23h, 56min 4s(giorno sidereo). il movimento avviene in senso antiorario(per un osservatore posto al polo nord celeste):se invece si fa riferimento al piano dell’orizzonte, il moto avviene da ovest verso est. ogni punto della terra compie una rotazione di 360° in un giorno sidereo:tutti i punti della terra possiedono la medesima velocità angolare, intesa come l angolo percorso da un corpo di in rotazione nell’unità di tempo. ciascun punto della superficie terrestre in un giorno una circonferenza di lunghezza diversa in relazione alla sua latitudine, dato che i paralleli sono di diverso diametro. Di conseguenza la velocità lineare di rotazione varia in basa alla latitudine:all’equatore ha un valore massimo di 463m/s mentre al tropici scende a 420m/s e ai poli è nulla. Prove e conseguenze del moto di rotazione terrestre il moto di rotazione della terra non è percepito dai nostri sensi, per due motivi:avviene a velocità costane e l atmosfera ruota insieme al pianeta. da alcuni anni le immagini che i giungono dai satelliti artificiali sono una prova inconfutabile della rotazione terrestre, ma l esistenza di questo movimento è stata diostrata già da molto tempo. una prova di tipo indiretto è l analogia con gli altri pianeti. Esperienza di Guglielmini: egli fece cadere, numerose volte, un peso dalla terra degli asinelli a Bologna. Osservò che il grave caduto da un altezza di 100m, giungeva al suolo spostato rispetto alla verticale di 17 mm verso est. il fenomeno è definito come deviazione dei corpi in caduta libera e non accadrebbe se la terra fosse ferma. quando, infatti, il peso si trova in cima alla torre, partecipa al moto di rotazione terrestre e si muove verso est con una velocità lineare maggiore rispetto al suolo sottostante. mentre sta cadendo, per la legge di inerzia, esso tende a mantenere la propria velocità di spostamento verso est e quindi non cade in verticale. l entità dello spostamento aumenta con l altezza della torre e diminuisce al crescere della latitudine del luogo dell’esperimento. Esperienza di Foucault: un pendolo, costituito da un filo metallico sottile ma molto lungo(67m) e da un corpo d ottone perfettamente sferico fu appeso tramite un perno girevole alla volta del pantheon. la massa notevole garantiva una lunga durata dell’oscillazione e il perno girevole permetteva al pendolo di oscillare su un qualsiasi piano. alla sfera era applicato uno stilo che sfiorava il terreno cosparso di sabbia umida, lasciandovi un traccia. il pendolo, oscillando, non produceva sempre lo stesso solco nella sabbia ma, con il passare del tempo, lasciava tracce a raggiera, come se il suo piano di oscillazione ruotasse in senso orario. poiché era noto che il piano di oscillazione di un pendolo non varia nel tempo in un sistema di riferimento assoluto, si deduceva che era il pavimento, e quindi il nostro pianeta a ruotare in senso antiorario. Legge di Ferrel(forza di Coriolis): A causa del moto di rotazione della terra, un corpo che si muove liberamente modificando la propria latitudine, devia dalla sua direzione originaria:verso la sua destra se si trova nel emisfero boreale, verso la sua sinistra se si trova nell’emisfero australe. La forza che causa tale deviazione è definita forza di Coriolis, ed è una forza apparente, ossia un artificio utile per descrivere un fenomeno causato dalla variazione della velocità di rotazione lineare della superficie terrestre alle differenti latitudini. Un corpo che si sposta dalla zona equatoriale verso il polo nord, nel corso del suo viaggio incontra punti della superficie terrestre che possiedono minore velocità lineare di rotazione rispetto all’equatore da cui esso proviene. un corpo si sposta dalla zona equatoriale verso il polo nord, nel corso del suo viaggio incontra due punti della superficie terrestre che possiedono minore velocità rispetto all’equatore da cui esso proviene. Poiché, per la legge di inerzia, il corpo tende a mantenere la velocità lineare di rotazione che aveva al momento della partenza, esso si troverà in anticipo rispetto ai paralleli che sta attraversando:per questo motivo subisce una deviazione verso la sua destra. un corpo che si muove dal polo nord verso l equatore possiede, invece, una velocità lineare di rotazione inferiore rispetto ai luoghi che

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raggiunge e quindi s troverà in ritardo anche se in questo caso devierà verso la sua destra. Nell’emisfero australe il ragionamento è lo stesso ma ci sarà una deviazione verso la sinistra di chi si muove. l intensità della forza di Coriolis è espressa dalla formula ,dove F è la forza di Coriolis, m è la massa del corpo in movimento, v la sua velocità, la velocità angolare di rotazione della terra e la latitudine. Il fenomeno è di grande importanza geografica, perché determina il movimento circolatorio delle correnti atmosferiche e oceaniche. non mancano conseguenze curiose:i tronchi trasportati per via fluviale si ammassano lungo la sponda destra del fiume nel nostro emisfero e lungo quella sinistra in quello australe, le rotaie dei binari ferroviari disposti lungo il meridiano si consumano in modo disuguale perche premono di più su una di esse. La principale conseguenza del moto di rotazione terrestre è l’alternanza del di e della notte. rispetto al sole il globo terrestre è sempre diviso in due emisferi dal circolo di illuminazione: nella parte illuminata è dì e in quella illuminata è notte. in realtà il circolo di illuminazione non è una linea netta , ma una fascia di una certa larghezza dove l illuminazione varia con gradualità. il motivo per cui il passaggio dal di alla notte detto crepuscolo è la presenza dell’atmosfera. infatti i raggi solari che la attraversano producono fenomeni di diffusione di luce, che sono una delle cause dell’esistenza dell’alba e del tramonto. si producono inoltre fenomeni di rifrazione:i raggi solari che penetrano obliquamente nell’atmosfera, attraversano strati a densità crescente man mano ch si avvicinano al suolo. per effetto dei fenomeni descritti noi vediamo una certa luminosità anche quando il sole deve ancora sorgere o già è tramontato. la durata dei crepuscoli dipende dallo spessore dello strato di atmosfera che la luce ha attraversato:è quindi maggiore alle alte latitudini, dove i raggi solari arrivano al suolo più inclinati. Movimento di rivoluzione terrestre La terra esegue un moto di rivoluzione intorno al sole, descrivendo un orbita ellittica in cui il sole occupa uno dei due fuochi (legge di keplero). si muove in senso antiorario per un osservatore posto al polo nord celeste. l orbita, di eccentricità assai ridotta, prende il nome di eclittica e permette i individuare un piano su cui si trovano sia il sole sia la terra, definito come piano dell’eclittica. il nostro pianeta impiega 365d 6h 9min e 10s a compiere una completa rivoluzione e tale periodo è detto anno sidereo. il punto di massima distanza tra terra e sole è detto afelio mentre il punto di massima vicinanza al sole è detto perielio e la linea che unisce afelio e perielio è detta linea degli apsidi. Le prove del moto di rivoluzione: Esistono prove indirette del moto di rivoluzione terrestre ma si ritengono però più significative le prove sperimentali,che sono:l’aberrazione stellare,l’effetto Doppler e l’effetto di paralasse. -L’aberrazione stellare annua è un fenomeno ottico che fu scoperto da un astronomo che osservando la posizione di alcune stelle al telescopio notò che essa cambiava in modo significativamente regolare nel corso dell’anno,comprendendo che in realtà era uno spostamento apparente,causato dal moto di rivoluzione terrestre. Questo difatti è spiegabile perché la direzione verso cui noi puntiamo il telescopio per osservare una stella è inclinata leggermente in avanti,nel verso del moto di rivoluzione terrestre,rispetto alla posizione reale;l’angolo tra la direzione vera e quella apparente è l’angolo di aberrazione,che può essere ampio al massimo 20,5’’,quindi molto piccolo. La direzione verso cui puntiamo il telescopio non è nient’altro che la risultante della somma di due vettori:uno rappresenta la direzione reale dei raggi stellari e l’altro la velocità di rivoluzione della terra.

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Questa appena descritta è l’aberrazione annua,oltre a questa esiste anche l’aberrazione diurna ,causata dalla rotazione terrestre che è però minima in quanto la velocità lineare di rotazione è decisamente inferiore alla velocità di rivoluzione. -L’effetto di parallasse spiega sempre il perché una stella occupa posizioni diverse nel corso dell’anno, tramite lo spostamento della terra da un estremo all’altro della sua orbita;il fenomeno si somma a quello di aberrazione ma è meno evidente,infatti l’angolo di parallasse non supera 1’’ . -L’effetto Doppler è la causa per cui lo spettro di emissione prodotto da una stella presenta variazioni annuali causate dal fatto che la terra muove verso la stella o si allontana da essa mentre compie il suo moto di rivoluzione. Conseguenze del moto di rivoluzione: Le conseguenze del moto di rivoluzione sono diverse:l’alternanza delle stagioni,la differente durata del dì e della notte nel corso dell’anno,l’esistenza delle zone astronomiche,la diversa durata del giorno sidereo e del giorno solare,il moto apparente del Sole attraverso le costellazioni dello zodiaco. -L’alternanza delle stagioni : a causa del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole,l’angolo che l’asse terrestre forma con i raggi solari si modifica. Ne derivano due importanti fenomeni: nel corso dell’anno cambia l’inclinazione con cui i raggi solari colpiscono la terra; nel corso dell’anno si modifica la durata del dì e della notte. Per descrivere questi cambiamenti individuiamo quattro zone particolari occupate dal nostro pianeta durante il moto di rivoluzione:i due equinozi e i due solstizi. Agli equinozi di primavera e d’autunno (21 marzo e 23 settembre) il Sole in culminazione raggiunge lo zenit all’equatore. Al solstizio d’estate (21 giugno) il Sole in culminazione è alo zenit sul parallelo situato a 23°27’ a Nord dell’equatore,definito come tropico del cancro. Al solstizio d’inverno (22 dicembre) i raggi del Sole in culminazione arrivano perpendicolari al tropico del Capricorno situato a 23°27’ a Sud dell’equatore. L’inclinazione dei raggi solari contribuisce fortemente al clima di un luogo;un fascio di raggi solari infatti si distribuisce in maniera più o meno ampia a seconda dell’angolo che forma con il suolo:se l’angolo è molto elevato (90°) il fascio si distribuisce su una superficie minore riscaldandola di più,mentre se l’angolo è piccolo (30°) il fascio si distribuisce su una superficie maggiore riscaldandola di meno. Anche la durata del dì influenza notevolmente il clima di un luogo,perché da essa dipende la quantità di energia che un luogo riceve giornalmente. C’è da ricordare che nei due emisferi le stagioni sono invertite e hanno differente durata. Le stagioni definite facendo riferimento ai solstizi e agli equinozi sono dette stagioni astronomiche. Dal punto di vista astronomico però un equinozio o un solstizio non sono l’inizio di una stagione ma il suo momento centrale.

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-Differente durata del dì e della notte: Il dì e la notte sono uguali in ogni luogo della Terra solo nei giorni degli equinozi,quando cioè il circolo di illuminazione taglia tutti i paralleli in due parti uguali;nel corso del resto dell’anno invece il dì e la notte sono diversi,poiché il circolo di illuminazione taglia i paralleli in parti diseguali:d’estate è più lungo il dì e d’inverno di più la notte a seconda del prevalere della parte del parallelo illuminata. Tutto questo dipende dalla variazione dell’angolo tra l’asse terrestre e il piano individuato dal circolo di illuminazione:è nullo (0°) nei giorni degli equinozi,è massimo nei giorni dei solstizi (23°27’). Ovviamente c’è qualche caso particolare:All’equatore il giorno e la notte sono sempre uguali,12 ore,perché il parallelo è sempre tagliato in due parti uguali;nel circolo polare artico nel giorno del solstizio d’estate,il circolo di illuminazione non tagli i circoli polari ma è loro tangente e quindi il sole non tramonta e il dì dura 24 ore e si unisce con il giorno dopo in cui ha la stessa durata per un totale di 48 ore consecutive. Questo fenomeno è detto Sole di mezzanotte;ovviamente mentre il sole non tramonta in quello artico non sorge in quello antartico,quindi il dì ai circoli ha una durata nulla durante il solstizio d’inverno e massima durante quello d’estate. Ai poli invece il dì e la notte sono lunghi rispettivamente 6 mesi;il grande dì va dall’equinozio di primavera a quello di autunno e la grande notte va dall’equinozio di autunno fino a quello di primavera. -Esistenza delle zone astronomiche: Possiamo dividere il globo in 5 zone climatiche dette zone astronomiche: la zona torrida,tra i due tropici;le due zone temperate,boreale e australe,tra i tropici e i circoli polari;le due calotte polari,entro i circoli polari. La zona torrida ha un clima sempre caldo in quanto i raggi solari formano ampi angoli con il suolo in qualsiasi stagione e non vi è differenza sostanziale tra il dì e la notte. Nelle calotte polari invece il clima è sempre freddo perché i raggi solari formano con il suolo angoli molto piccoli anche d’estate. Nelle zone temperate esistono vere e proprie stagioni in quanto i raggi solari formano ampi angoli d’estate in cui fa caldo,e angoli piccoli d’inverno in cui fa freddo e il di e la notte hanno diversa durata durante l’anno. -Diversa durata del giorno sidereo e del giorno solare: il giorno sidereo è il tempo che la Terra impiega per compiere una rotazione di 360° intorno al proprio asse: 23h 56min 4s. Si definisce giorno sidereo come il tempo che intercorre tra due successive culminazioni di una stella lontana sul meridiano dell’osservatore. Il giorno solare è invece l’intervallo di tempo che intercorre tra due successive culminazione del Sole sul meridiano del’osservatore e ha una durata di 24 ore. La differenza di circa 4 minuti è dovuta la fatto che le due successive culminazioni del sole sul meridiano dell’osservatore si verificano solo quando la terra compie una rotazione aggiuntiva di circa un grado,che impiega 4 minuti a compiere. Moto apparente del Sole attraverso lo zodiaco: Lo spostamento giornaliero del nostro punto di osservazione dovuto al moto di rivoluzione,si traduce per noi in una variazione della posizione del Sole,relativamente vicino, rispetto alle stelle fisse,molto lontane. Ne consegue che il Sole compie un moto apparente attraverso le costellazioni della volta celeste per tornare alla posizione iniziale dopo un anno. Infatti se fissiamo ogni giorno sulla sfera celeste la posizione del Sole a mezzogiorno notiamo che esso descrive un semicirconferenza chiamata eclittica;quest’ultima ci permette di individuare lo zodiaco,una fascia di costellazioni che il Sole attraversa nel corso dell’anno,esse sono circa 12.

LA LUNA Carta d’identità: Massa 1/81 di quella terreste

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Raggio medio 1738 Km Densità media 3,3 kg/dm3 Forza di gravità 1/6 di quella terrestre Non è corretto dire che la Luna è un satellite della Terra,perché date le dimensioni reciproche, i due corpi formano un sistema biplanetario.

Entrambi ruotano infatti intorno ad un baricentro comune, situato 1700 km sotto la superficie terrestre. Inoltre la Luna, oltre che dell’attrazione gravitazionale terrestre, risente fortemente anche di quella solare. Il campo gravitazionale lunare esercita infine forti influssi sulla Terra, che vanno dalle maree, all’azione frenante sulla rotazione del nostro pianeta. A causa di quest’ultimo effetto, la rotazione terrestre si allunga di circa 2 millesimi di secondo per secolo. Allo stesso tempo, la Terra trasferisce parte della sua energia cinetica alla Luna, provocando un aumento della velocità di rivoluzione lunare, cosa che, a sua volta, tende a far allontanare la Luna dalla Terra.

Morfologia della superficie lunare: La superficie lunare si presenta suddivisa in zone chiare e zone scure. Le prime costituiscono le cosiddette terre alte, zone rilevate ed accidentate, formate da altopiani, colline o vere e proprie catene montuose, che rappresentano oltre l’85% della superficie lunare. Le terre alte formano la parte di crosta originaria, modificata solo dagli impatti meteorici. La superficie dei mari è coperta da uno spesso strato di detrito, detto regolite, formato da ceneri, lave basaltiche sminuzzate e sferule vetrose, prodotto dagli impatti delle meteoriti sulle rocce lunari. Sulla Luna non sembrano esservi stati fenomeni tettonici complessi come quelli che hanno originato il rilievo terrestre. I basalti evidenziano invece un’attività vulcanica con età di 3-4 miliardi di anni. Le emissioni di lave provenienti dal mantello si sono verificate quando la crosta era ancora sottile, in conseguenza delle fratture prodotte

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da violenti impatti meteoritici. Sono dovuti agli impatti delle meteoriti, che, per l’assenza di atmosfera, risultano particolarmente violenti.Spesso i crateri sono circondati dal materiale roccioso sollevato dall’urto. Gli impatti meteorici sono l’unico agente modificatore attuale della superficie lunare, morta ad ogni altro avvenimento geologico.La ridotta gravità lunare non riesce a trattenere i gas e quindi la Luna, come già detto, è priva di atmosfera (e di acqua).A causa di ciò sulla superficie lunare manca qualsiasi forma di modellamento (ad esclusione degli impatti meteorici). Il cielo lunare inoltre è nero, non vi sono albe o tramonti e l’escursione termica è fortissima. La crosta delle terre alte è formata da anortosite, roccia intrusiva ricchissima in plagioclasi, rara sulla Terra; i mari sono invece riempiti di detriti ed effusioni basaltiche. Il mantello sottostante, di natura silicatica, sarebbe diviso in unaparte superficiale rigida (simile al mantello litosferico terrestre) ed in una più profonda plastica (simile all’astenosfera terrestre). Al centro abbiamo infine il nucleo metallico. Teorie sulla formazione della Luna:

� Teoria della fissione:La Luna si è formata per separazione con la terra. Quando sulla Terra, ancora allo stato fuso, i materiali pesanti migrarono verso il nucleo, la conservazione del momento angolare determinò un aumento della velocità di rotazione. Dalle zone equatoriali, a maggior velocità lineare, si sarebbe staccata una grossa “goccia” di materiale fluido terrestre, che avrebbe iniziato ad orbitare intorno alla Terra. Ciò spiegherebbe la minor densità della Luna rispetto alla Terra. Infatti dalla Terra si sarebbero separati gli strati più esterni, dove la differenziazione gravitativa avrebbe collocato i materiali più leggeri.L’ipotesi implicherebbe tuttavia che il piano di rivoluzione lunare co- incidesse con quello della rotazione terrestre, cosa che però non avviene.

� Teoria della cattura: La Luna era un corpo in movimento nel sistema solare che, transitando vicino alla Terra, venne catturato dal suo campo gravitazionale e si mise a ruotare intorno ad essa.La teoria spiegherebbe le differenze nella composizione litologica delIl meccanismo di cattura sembra però piuttosto improbabile.Infatti, per consentire il perfetto aggancio, l’avvicinamento sarebbe dovuto avvenire con una velocità precisa e solo fino ad una particolare distanza tra Luna e Terra.

� Teoria dell’accrescimento: La Luna si sarebbe formata per aggregazione di materiali un tempo in orbita intorno alla Terra.Le analisi chimiche attesterebbero infatti che i materiali di cui è formata la Luna si sarebbero formati nella stessa regione del sistema solare in cui si aggregò la Terra.Il meccanismo di formazione della Luna sarebbe quindi analogo a quello col quale si sono formati tutti i pianeti del sistema solare.

Le maree: La marea consiste nel ritmico elevarsi (flusso) ed abbassarsi (riflusso) del livello marino, provocato dall’azione gravitazionale della Luna e del Sole; l’azione del Sole è però meno della metà di quella della Luna. La parte di Terra rivolta verso la Luna subisce la massima attrazione gravitazionale, mentre sulla parte opposto l’attrazione lunare è minima. Il sistema Terra – Luna è soggetto però anche alla forza centrifuga legata alla rivoluzione che compie attorno al proprio centro di massa. Tale forza è massima nei punti della Terra sul lato opposto alla Luna. Sull’emisfero affacciato alla Luna la risultante delle due forze è diretta verso la Luna, mentre

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sull’altro emisfero la risultante ha verso opposto. Si formano così due rigonfiamenti (alte maree), uno sulla faccia terrestre rivolta alla Luna e l’altro sulla faccia opposta. Nelle zone intermedia l’acqua invece si abbassa (basse maree), perché è richiamata verso i rigonfiamenti. A causa della rotazione terrestre, in 24 ore una stessa località passa due volte dalle zone di rigonfiamento e due volte dalle zone di abbassamento. Anche il Sole provoca due maree, la cui escursione è un po’ meno della metà di quelle lunari. I due gruppi di maree non sono sincroni: quelle solari si ripetono infatti ogni 24h, mentre quelle lunari si ripetono ogni 24h e 50’ (giorno lunare). In 24h la Luna percorre infatti oltre 12° della propria rivoluzione, angolo che la rotazione terrestre copre appunto in circa 50’. Nelle sizigie le forze gravitazionali di Sole e Luna si sommano, generando le massime escursioni di marea (maree sizigiali). Le maree di quadratura generano invece escursioni di marea minori del livello marino. L’entità dell’escursione (o ampiezza) di marea non dipende però solo da motivi di natura astronomica. I dislivelli di marea dipendono infatti anche dalla distribuzione delle terre e dei mari, dalla profondità e dall’estensione degli stessi nonché dalla forma della linea di costa. L’escursioni sono deboli in pieno oceano e nei mari chiusi, mentre aumentano verso le coste oceaniche, assumendo particolare sviluppo lungo estuari e golfi stretti e lunghi, dove posso superare anche 15 metri. FASI LUNARI ED ECLISSI La luna è illuminata in ogni istante a metà dai raggi solari. Vi sono 4 fasi lunari:

• 1fase: NOVILUNIO dove la terra,la luna e il sole sono allineati( la luna ,si dice è in congiunzione )

• 2fase:FASE DI QUADRATURA,il primo quarto di luna • 3fase:FASE DI PLENILUNIO,la luna è piena • 4fase:LUNA CALANTE,

L’intervallo fra due fasi uguali si chiama MESE SINODICO ed è uguale a 29 giorni,14ore e 44 minuti. Esistono 2 eclissi (l’eclissi avviene con l’allineamento di sole.luna e terra

• Sole • Luna

L’eclisse di luna avviene quando la luna è in plenilunio ed è oscurata dall’ombra della terra L’eclisse di sole quando la luna è in novilunio e scherma i raggi solari. L’elissi di sole può essere parziale o totale I minerali

I minerali

I materiali della Terra solida La superficie solida della Terra è composta da rocce. Quando le osserviamo da vicino, scopriamo che queste sono costituite da componenti più piccoli, i minerali. Le caratteristiche dei minerali derivano dalla natura e dalla disposizione nello spazio degli atomi che li costituiscono. Studiando la struttura dei solidi a livello essi sono divisibili in due grandi gruppi, quello dei solidi amorfi e quello dei solidi cristallini. ■ Solidi amorfi Nei solidi amorfi gli atomi e le molecole, pur rimanendo fissi al loro posto, sono disposti in modo caotico, per cui non è possibile riconoscere alcun ordine nella loro distribuzione nello spazio. Un tipico solido amorfo è il vetro, che si forma in seguito alla rapida solidificazione di materiali silicatici fusi. Se la solidificazione del vetro fosse avvenuta molto lentamente gli atomi si sarebbero distribuiti nello spazio in modo regolare. Invece la solidificazione rapida ha come «bloccato» gli

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atomi nella posizione casuale che avevano nel momento della solidificazione, per cui il vetro, pur comportandosi tecnicamente come un solido, mantiene la stessa struttura «disordinata» che aveva allo stato liquido. La struttura amorfa del vetro è però instabile. Infatti dopo milioni di anni, usando le quantità relativamente modeste di energia presenti nell' ambiente, gli atomi cambiano la loro posizione fino a raggiungere la struttura ordinata e stabile caratteristica dei cristalli. È quanto è successo ad alcune rocce derivate da antiche effusioni di lava, in cui il rapido raffreddamento aveva prodotto pasta vetrosa di fondo che ha ormai assunto una struttura microcristallina. ■ Solidi cristallini I materiali che costituiscono la Terra solida sono in buona parte solidi cristallini. Gli atomi che li costituiscono sono disposti nello spazio in modo perfettamente ordinato, tanto che in molti casi la loro forma esterna è una manifestazione di questa regolarità della struttura a livello atomico. Vi è un modo per provare se un certo materiale ha una struttura cristallina oppure una struttura amorfa. Misurare la temperatura di fusione del solido: se la temperatura di fusione corrisponde a un valore ben definito (detto punto di fusione) allora è un materiale con struttura cristallina. I solidi amorfi, invece, non hanno un punto di fusione definito.

CRISTALLI , MINERALI , ROCCE Difficilmente un corpo roccioso è costituito da un unico tipo di materiale e tanto meno è formato da un unico cristallo. Nella maggior parte dei casi i singoli cristalli sono di piccole dimensioni (da 1 a 3 mm). ■ Cristalli Un cristallo è definibile come un solido poliedrico regolare, dove per «poliedro» si intende una forma geometrica delimitata da superfici piane a contatto tra loro per mezzo di spigoli e vertici. In molti casi non è facile riconoscere la regolarità della forma in un cristallo, perché le dimensioni relative delle facce sono «deformate» rispetto a quelle del poliedro corrispondente. La regolarità della forma tipica di un determinato cristallo è descritta dalla legge di Stenone (1669) o legge della costanza dell'angolo diedro. Essa afferma che i cristalli mantengono costanti gli angoli diedri compresi tra le facce omologhe. Crescita dei cristalli: si formano per deposizione di nuovi atomi attorno a un «nucleo di cristallizzazione» che ha la forma tipica del cristallo. I nuovi atomi che si aggiungono si dispongono riproducendo la struttura sottostante, ma la velocità di crescita del cristallo può essere diversa nelle varie direzioni. Solitamente ogni faccia aumenta con la sua velocità e, quanto maggiore è questa velocità, tanto più estesa sarà la faccia del cristallo definitivo. ■ Minerali I cristalli con abito cristallino tipico sono piuttosto rari, ma è forse ancora più raro trovare cristalli «puri» come composizione chimica e «perfetti» a livello della disposizione degli atomi nel loro interno. Il motivo ancora nelle modalità di cristallizzazione. Tutto questo discorso porta a dire che è estremamente improbabile trovare cristalli che realizzino in pieno il «modello» della struttura cristallina. In natura esistono perciò i minerali che qualche volta si avvicinano molto al cristallo puro» previsto dal modello teorico, ma che di solito se ne discostano in misura più o meno elevata. La definizione più comune di minerale: sostanza naturale che ha composizione chimica definita ed è omogenea per le sue caratteristiche fisiche; si trova in giacimenti più o meno grandi. Il termine «definita», relativo alla composizione chimica, vuole sottolineare che questa è perfettamente costante, ma nemmeno variabile da non poter essere descritta mediante una formula. Anche il termine «omogenea», relativo alle caratteristiche fisiche dei minerali, indica che questi hanno caratteristiche leggermente variabili rispetto a quelle teoriche di un cristallo perfetto. ■ Rocce Tutti i corpi che troviamo sulla superfìcie terrestre e l'intera Terra solida sono costituiti da rocce o da derivati dalla loro frammentazione.

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Le rocce sono grandi ammassi di materiale costituiti da aggregati di minerali in proporzioni abbastanza costanti.. Il termine roccia si usa sia per corpi compatti (roccia coerente), come un basalto derivato dalla solidificazione di una colata lavica, sia per ammassi non compatti (roccia incoerente), come una ghiaia. Raramente una roccia è composta da un solo tipo di minerale (roccia monomineralogica). Di solito le rocce sono plurimineralogiche, sono cioè costituite da un aggregato di minerali diversi mescolati in un rapporto abbastanza costante che permette di classificarle.

La struttura cristallina Per determinare sperimentalmente la natura di un qualsiasi materiale occorre farne l'analisi chimica e studiarne la struttura. Quando però il materiale è un cristallo è sufficiente lo studio della sua forma per conoscerne con certa affidabilità la natura. Le forme reali dei cristalli difficilmente corrispondono a quelle teoriche. Pertanto per classificare i cristalli si individua l'abito cristallino tipico facendo uso della legge di Stenone. Si misurano pertanto i valori degli angoli diedri tra le facce del cristallo e da questo valore si risale alla forma poliedrica dell'abito cristallino tipico. ■ Le forme cristalline La classificazione delle forme macroscopiche dei minerali è ottenuta mediante un sistema di assi cartesiani scelto in modo opportuno. Questo schema prevede la suddivisione delle forme cristalline in tre gruppi monometrico, dimetrico e trimetrico. Il gruppo monometrico comprende tutti i cristalli in cui le distanze di facce, spigoli e vertici rispetto all'origine dei tre assi cartesiani sono descrivibili con un solo parametro. Per i cristalli dimetrici occorrono due parametri e per i trimetrici ne occorrono tre. I gruppi a loro volta sono divisi in sistemi (in totale sette) in base all'angolo che i tre assi cartesiani formano tra loro. Tutti gli «abiti cristallini tipici» sono catalogabili in base a questo schema. ■ La struttura dei cristalli Per descrivere la struttura di un cristallo si utilizza il concetto di cella cristallina elementare. Essa è il più piccolo gruppo di atomi, costituenti il cristallo disposti ordinatamente e può essere considerato l'unità costitutiva del reticolo cristallino. Un cristallo può essere così pensato come il ripetersi regolare della cella elementare nelle tre direzioni dello spazio. Va tenuto presente che la cella elementare non si ripete «fisicamente», si ripete invece la sua «struttura». ■ Il reticolo cristallino La disposizione degli atomi nei reticoli cristallini è determinata in gran parte da due caratteristiche: le dimensioni degli atomi e il loro numero di ossidazione. Gli atomi che costituiscono un cristallo di solito sono allo stato di «ioni», hanno cioè elettroni in più o in meno rispetto allo stato neutro. Per quanto riguarda il numero di ossidazione esprimendoci con una certa approssimazione possiamo dire che corrisponde al numero delle cariche elettriche di cui ogni atomo dispone per legarsi agli atomi vicini. In conclusione ogni atomo presente in un cristallo può essere pensato come una "sfera" di una certa dimensione, in possesso di cariche elettriche che devono essere neutralizzate dagli atomi vicini. Nel reticolo cristallino gli atomi tendono a "impacchettarsi" nel modo più compatto possibile pareggiando le cariche elettriche che possiedono. Quando vi è una grande differenza di dimensioni tra gli ioni positivi e negativi, viene favorita una disposizione triangolare in cui lo ione piccolo è circondato e nascosto da tre ioni di grosse dimensioni. Quando la differenza tra le dimensioni degli ioni che formano i legami si riduce, quello più piccolo riesce a legare un numero progressivamente maggiore (4, 6, 8) di ioni grandi e, quando gli ioni hanno circa la stessa dimensione, si raggiunge la struttura più compatta possibile con uno positivo circondato da 12 ioni negativi. ■ La vicarianza Quanto abbiamo detto circa i reticoli cristallini permette di spiegare un fenomeno che si verifica in minerali molto importanti in natura, come per esempio le olivine e i plagioclasi. Si tratta della

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vicarianza per cui, nel reticolo cristallino di un certo minerale, atomi diversi si possono sostituire l'uno all'altro, basta che abbiano circa lo stesso «volume ionico» e che la referenza di carica non generi alterazioni nell'equilibrio elettrico del cristallo. (es. olivine e plagioclasi) ■ L’isomorfismo Fenomeno dell'isomorfismo, la cui spiegazione va cercata nella vicarianza. Col termine di isomorfismo si intende il fatto che minerali di composizione chimica diversa non solo presentano la stessa forma cristallina, ma possono anche dare origine a cristalli "misti", la cui composizione chimica può oscillare ampiamente tra due estremi costituiti da cristalli «puri». (es. olivine e plagioclasi)

La classificazione dei minerali La crosta terrestre è costituita da minerali. Se ne conoscono più di 2000 tipi differenti, alcuni abbondanti, altri molto rari. Circa l'80% della crosta terrestre è costituito da O, Si e Al ed è quindi comprensibile che buona parte dei minerali della crosta siano dei silicati. Di conseguenza lo studio dei minerali che costituiscono le rocce della crosta terrestre si riduce fondamentalmente allo studio dei silicati, con l'importante eccezione dei calcari e delle dolomie. I minerali non silicati invece hanno grande rilevanza come fonte di materie prime per ottenere metalli. La classificazione dei minerali non tiene conto della struttura cristallina, ma viene effettuata in base alla composizione chimica. I minerali vengono divisi in due grandi gruppi: quello dei silicati che è il più omogeneo e anche il più numeroso e quello dei non silicati che, per quanto riguarda la composizione chimica, risulta più vario.

I minerali non silicati Si dividono in: - Elementi nativi; - Aloidi; - Ossidi e idrossidi; - Carbonati, solfati e fosfati.

I Silicati Questi minerali formano un gruppo chimicamente molto omogeneo, con una struttura cristallina in cui è riconoscibile una radice comune. Formano più del 90% delle rocce della crosta terrestre ed è quindi comprensibile come il loro studio sia fondamentale per le Scienze della Terra. L'unità strutturale presente nei reticoli cristallini di tutti i silicati è il tetraedro [SiO4]4-, costituito da un atomo di silicio circondato da 4 atomi di ossigeno. Questo gruppo di atomi assume la forma di un tetraedro regolare, cioè una piramide a base triangolare in cui le 4 facce sono triangoli equilateri. Il silicio occupa il centro geometrico del tetraedro, mentre gli ossigeni occupano i 4 vertici. Quando i tetraedri [SiO4]4- si uniscono a formare i silicati non si creano legami diretti Si-Si, ma soltanto legami Si-O-Si. In altri termini la posizione del vertice in comune a due tetraedri è sempre occupata da un ossigeno. Spesso i tetraedri sono collegati tra loro tramite i vertici a formare lunghe file o superfici piane oppure strutture compatte estese nelle tre direzioni dello spazio. Il modo in cui sono disposti i tetraedri nel reticolo cristallino serve da criterio di classificazione dei silicati. Nesosillicati Sono i silicati a struttura più semplice con tetraedri [SiO4]4- isolati (nesosilicati: dal greco nesos = isola), tenuti assieme da ioni metallici che fanno da ponte tra gli ossigeni dei tetraedri vicini. Vi appartengono, oltre al topazio e allo zircone, le olivine e la famiglia dei granati.

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Sorosilicati La loro struttura base è costituita da tetraedri (di solito 6) uniti tra loro per i vertici a formare un gruppo chiuso ad anello (sorosilicati: dal greco soros = gruppo). Ogni gruppo di tetraedri è poi collegato con gli altri attraverso gli ioni metallici. Oltre al berillo appartengono ai sorosilicati le tormaline. Inosilicati In questi silicati i tetraedri [SiO4]4- sono uniti tra loro a formare delle catene, lunghe praticamente quanto il cristallo, che possono essere singole o doppie (inosilicati: dal greco inos = catena). Agli inosilicati appartengono i pirosseni egli anfiboli. Questi minerali sono costituenti essenziali di buona parte delle rocce ignee e di quelle metamorfiche. I pirosseni sono gli inosilicati con i tetraedri disposti a formare lunghe catene singole. Negli anfiboli, invece, i tetraedri [SiO4]4- sono disposti a formare lunghe catene doppie. Fillosilicati In questi silicati i tetraedri [SiO4]4- sono uniti in modo da formare uno strato piano di tetraedri (fillosilicati: dal greco fillon = foglia). A livello di struttura cristallina, nei fillosilicati ciascuno dei tetraedri è collegato tramite 3 dei suoi atomi di ossigeno ai 3 tetraedri vicini in una struttura esagonale. Il 4° ossigeno sporge perpendicolarmente sempre dalla stessa parte rispetto al piano dei tetraedri. Ogni strato così formato è collegato ai due strati che gli stanno sopra e sotto attraverso gli ioni metallici, dando origine a una struttura che può essere paragonata a un sandwich. A livello macroscopico, i fillosilicati si presentano di solito in forme cristalline piatte facilmente sfaldabili in lamine. Tra i fillosilicati ricordare talco, miche e minerali delle argille. Tectosilicati Si può avere la forma più compatta possibile, in cui i tetraedri [SiO4]4- sono uniti tra loro per i 4 vertici, in modo che ogni ossigeno sia comune a tetraedri (tectosilicati: dal greco tectonichè = architettura). Il rapporto tra il numero di Si e di O diventa così 1:2 e si ha il quarzo, la cui formula è Si02. Negli altri tectosilicati, in alcuni tetraedri l'atomo di silicio posto al centro di un tetraedro viene sostituito da un atomo di alluminio che ha solo 3 elettroni di legame per cui la carica negativa in più di questi tetraedri richiede l'inserimento nel reticolo cristallino di ioni metallici capaci di neutraliz-zarla con la loro carica positiva. Gli ioni metallici che più frequentemente trovano posto nei tectosilicati sono Na+, K+ e Ca2+. � Quarzo: Il quarzo (Si02) è il minerale più abbondante della crosta terrestre. Quando è ben cristallizzato assume l'aspetto di cristalli prismatici terminanti con una piramide. I cristalli di quarzo sono abitualmente incolori e trasparenti, con lucentezza vitrea. � Feldspati:

- Ortoclasio: detto anche “feldspato potassico”; - Plagioclasi: serie isomorfa di feldspati “sodico-calcici”.

� Feldspatoidi: caratteristici delle rocce effusive. PROCESSO MAGMATICO E ROCCE IGNEE: -IL PROCESSO MAGATICO: Le rocce che derivano dal raffreddamento del magma fuso, sono dette IGNEE, MAGMATICHE o ERUTTIVE. Il PROCESSO MAGMATICO, responsabile della formazione della crosta terrestre, ancora attivo tutt'oggi, rappresenta l'insieme di quei fenomeni che per raffreddamento e solidificazione di un originaria massa fusa ad alta temperatura, detta MAGMA formano le rocce ignee.

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Le ROCCE IGNEE( ignis =fuoco), dette che magmatiche o eruttive si formano per raffreddamento di magma incandescente, caratterizzato da temperature comprese tra 650 e 1300°C. Le rocce ignee costituiscono circa l'80% della crosta terrestre e possono essere distinte in due grosse categorie: 1) ROCCE VULCANICHE o anche ROCCE EFFUSIVE, sono generate dalla solidificazione di un magma che trabocca sulla superficie terrestre. 2) ROCCE PLUTONICHE o anche ROCCE INFUSIVE sono originate dalla solidificazione per lento raffreddamento di un magma che ristagna all'interno della crosta. A condizioni intermedie, cioè a piccola profondità si originano le rocce subvulcaniche. L'incremento della temperatura con la profondità è il GRADIENTE GEOTERMICO (30°C\Km ); l'incremento della pressione con la profondità è detto GRADIENTE GEOBARICO. Il processo magmatico è caratterizzato da temperature sempre elevate e da pressioni che variano da quelle in ambiente subaereo(rocce vulcaniche), a pressioni medio-basse(rocce subvulcaniche) fino a elevate(rocce plutoniche). -IL MAGMA: Il magma è un sistema chimico-fisico complesso costituito da una fase liquida prevalente, il fuso, da una o più fasi solide minerali ed eventualmente da una fase gassosa. Si presenta generalmente come un liquido incandescente caratterizzato da temperature variabili tra 630 e 1300°C. La composizione è sempre silicata e può avere una notevole variabilità. Prima della completa solidificazione il magma passa attraverso uno stato semiliquido. Il magma che trabocca sulla superficie terrestre e viene a diretto contatto con l'acqua o l'aria è detto LAVA. Siccome la lava si raffredda velocemente, perdendo i gas disciolti, presenta caratteristiche diverse dal magma da cui deriva; durante la risalita lo stesso magma subisce vari cambiamenti sia fisici che chimici. Le temperature a cui fondono i vari minerali silicati dipendono da molti fattori; ogni minerale ha il suo punto di fusione alla pressione esistente sulla superficie terrestre. Un aumento di pressione può far aumentare la temperatura di fusione dei minerali e di conseguenza anche delle rocce in cui sono contenuti. I magmi ricchi di acqua possono avvicinarsi molto di più alla superficie terrestre prima di solidificare, hanno più probabilità di traboccare sotto forma di lava. L'acqua è presente nel magma sotto forma di gas in soluzione e costituisce circa il 90% in volume di gas disciolti. L'acqua e gli altri gas presenti nel magma vengono indicati collettivamente con il nome di VOLATILI. I volatili sono elementi o composti che rimangono allo stato liquido o gassoso a temperature molto inferiori a quelle dei minerali silicati, perciò vengono separati dalla restante massa magmatica, man mano che la temperatura scende e che i minerali silicatici mineralizzano. L'emissione dei volatili dal magma che trabocca in superficie è chiamata DEGASSAZIONE. Altri importanti caratteri fisici sono la DENSITA' e LA VISCOSITA'. -La DENSITA' dei magmi dipende dalla composizione chimica e dalle condizioni di temperatura e pressione a cui si trovano. -La VISCOSOTA' è la resistenza a fluire, varia in funzione della composizione chimica essendo influenzata dal grado di polimerizzazione del liquido silicatico e quindi dal suo contenuto in silice: i magmi acidi, sono molto più viscosi di quelli basici. -GENESI DEI MAGMI:

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Sono detti SOLIDUS i valori limite di temperatura e pressione in un qualsiasi punto della crosta o del mantello, a cui inizia la fusione del primo minerale di una roccia. L a fusione parziale può verificarsi a causa dei seguenti processi: 1) AMENTO DELLA TEMPERATURA, a causa di un locale innalzamento del gradiente geotermico. 2) ABBASSAMENTO DEL SOLIDUS, cioè dei limiti critici di P e T a causa dell'introduzione di elementi fondamentali come per esempio l'acqua. 3) DECOMPRESSIONE ADIABATICA, cioè la diminuzione della pressione senza perdita di calore. La maggior parte dei magmi che si formano in natura ha la composizione basica e prende il nome di MAGMI PRIMARI. I MAGMI PRIMARI derivano da processi di fusione parziale(non oltre il 30%) di rocce del mantello superiore, le cosiddette peridotiti. Una minoranza di magmi, di composizione acida prende il nome di MAGMI ANATETTICI, si generano per fusione parziale di rocce della crosta, per via di un processo chiamato anatessi crostale che si verifica dove le placche litosferiche si avvicinano l'una all'altra, in corrispondenza dei loro limiti convergenti. In queste situazioni geologiche, le condizioni per il superamento del solidus possono essere raggiunte a causa dell'aumento del gradiente geotermico regionale. -Tra e rocce felsiche sono dominanti quelle intrusive, mentre tra quelle mafiche sono dominanti quelle effusive. Con il termine ANATESSI (dal greco fusione) si designa il processo di fusione parziale di rocce crostali a causa dell'aumento del gradiente geotermico locale o per l'azione dei gas e dei fluidi ad alta temperatura in risalita da parti più profonde della crosta. -CRISTALLIZZAZIONE MAGMATICA E DIFFERENZIAZIONE: I magmi basici, che si generano per fusione parziale del mantello, tendono poi a riunirsi in masse di dimensioni sempre maggiori e a risalire verso la superficie terrestre. Questa tendenza è legata alla minore densità dei fusi magmatici rispetto alle rocce circostanti. L'effetto principale della risalita dei magmi verso zone superficiali via via più fredde è il loro progressivo raffreddamento, il che comporta l'inizio della CRISTALLIZAZIONE, cioè il processo di trasformazione da liquido a solido. Una successione ordinata di cambiamenti nella cristallizzazione magmatica è detta SERIE DI REAZIONE. La reazione può verificarsi in due modi diversi. Possiamo avere:-Una REAZIONE CONTINUA quando il minerale formatosi per primo cambia gradualmente di composizione mediante sostituzione di ioni. -Una REAZIONE DISCONTINUA quando la cristallizzazione procede da una specie minerale all'altra con cambiamento di struttura crstallina ed è tipica dei minerali mafici. La serie di reazioni sopradescritte è detta SERIE DI BOWEN. La serie di Bowen prevede che i minerali cristallizzano per progressiva diminuzione di temperatura. In molti casi i minerali già cristallizzati vengono separati dalla restante massa fusa mediante il processo di CRISTALLIZZAZIONE FRAZIONATA. I cristalli formati per primi possono:-decantare verso il basso; -rimanere intrappolati in basso mentre il magma migra in alto. -LE ROCCE IGNEE: Le rocce ignee possono essere suddivise in plutoniche(intrusive) e vulcaniche(effusive).

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L'attribuzione è basata essenzialmente sul grado di cristallinità e sulla dimensione dei cristalli presenti, due proprietà che vengono chiamate TESSITURA. -Le rocce intrusive, sono quindi completamente cristalline, hanno una grana più grossolana (si parla anche di rocce fanelitiche.) -Le rocce effusive hanno una grana fine(a volte sembrano vetro), data dalla velocità di raffreddamento. Vi possono comunque essere cristalli isolati di maggiori dimensioni distinguibili a occhio nudo, i FENOCRISTALLI, formati in precedenza, all'interno del serbatoio magmatico. Questa tessitura dei cristalli in cui quelli grossi flottano in una massa di fondo molto più fine è detta PORIFICA. A seconda dei minerali che contengono, le rocce ignee possono risultare chiare o scure. Le rocce chiare sono dette FELSICHE, quelle scure MAFICHE. In base alla quantità di silice tra il 40 e il 70 %, le rocce ignee vengono distinte in: -Acide (SiO2 >66%) -Intermedie(SiO2 compresa tra 66 e 56%) -Basiche(SiO2 tra 52 e 45%) -Ultra basiche(SiO2 < 45%) -LE SERIE MAGMATICHE: Le rocce magmatiche presenti sulla Terra sono geneticamente legate e accomunate da caratteri di parentela che definiscono le serie magmatiche. Una SERIE MAGMATICA è un insieme di rocce ignee diverse, ma unite tra loro dall'origine comune e dal rapporto silice/alcali. Il parametro chimico utilizzato è il grado di alcalinità(misurato come abbondanza degli alcali). 1) SERIE SUBALCALINA: è quella più comune. 2) SERIE ALCALINE: è divisibile in due sub-serie rispettivamente a carattere potassico e sodico. 3) SERIE IPERALCALINA: è costituita da rocce ricche di feldspatoidi e povere di silice. -LE ROCCE IGNEE NEL SOTTOSUOLO: Sappiamo molto dei vulcani e dei processi effusivi, ma i fenomeni plutonici sono al di fuori della nostra portata, la loro esistenza ci è fornita dallo studio delle rocce plutoniche. I corpi magmatici che si sono consolidati nel sottosuolo sono detti PLUTONI. Esistono vari tipi di plutoni: batoliti, ammassi, filone strato, dicchi e laccolite. I BATOLITI sono plutoni maggiori e si estendono per centinaia di migliaia di chilometri quadrati. Nel caso di dimensioni minori si chiamano AMMASSI. I batoliti, costituiti da rocce feldspatiche formano l'ossatura dei continenti e si trovano nel cuore delle grandi catene montuose. L'anatessi è un fenomeno di enorme rilevanza che spiega la grande abbondanza delle rocce granitiche. Tutto ciò che indica che i batoliti si formarono in situ per progressiva granitizzazione delle rocce circostanti a seguito del processo di anatessi. I FILONI STRATO sono corpi concordanti di forma tabulare e spessore da qualche centimetro a centinaia di metri. Si distinguono a una normale colata per due elementi: 1) La maggior DIMENSIONE dei cristalli; 2) Gli effetti TERMICI quali cottura o dissoluzioni.

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Anche i LACCOLITI si formano per iniezione di magma lungo i piani di stratificazione delle rocce, ma invece di essere tabulari sono convessi verso l'alto, essi INARCANO LE ROCCE SOVRASTANTI. I corpi discordanti, detti DICCHI o filoni sono tabulari e tagliano secondo vari angoli la stratificazione delle rocce incassanti. I dicchi si intrudono lungo fessure aperte dalla pressione dell'iniezione magmatica o nelle fratture che si formano in zone di sprofondamento. PLUTONI E VULCANI Il magma è destinato a solidificare in modo differente secondo la profondità cui avviene il processo. La solidificazione del magma in profondità è un fenomeno piuttosto lento. Possiamo avere un riscontro diretto di questi eventi profondi solo dopo molti anni quando lo strato roccioso sovrastante il materiale solidificato in superficie, viene eroso dagli agenti atmosferici. All’interno della crosta terrestre, oltre i 10km non sono presenti cavità quindi il magma in risalita è costretto a SFRUTTARE FRATTURE ALLARGANDOLE, INGLOBANDO LA ROCCIA SOVRASTANTE E FONDENDO LE ROCCE INCASSANTI, i corpi magmatici consolidatisi all’interno della crosta sono detti PLUTONI. I plutoni di maggiore dimensioni vengono chiamati BATOLITI hanno una composizione prevalentemente ACIDA possono occupare centinaia di km quadrati a formare il nucleo di catene montuose (l’asse delle cordigliere del continente americano sulla costa pacifica). I batoliti sono COSTITUITI DA ROCCE GRANITICHE non giustificabile con la modesta quantità di fuso residuo della cristallizzazione frazionata, il processo principale di formazione potrebbe essere il fenomeno di ANATESSI con successiva solidificazione di masse granitiche: la viscosità del magma anatettico non ne permetterebbe la risalita perciò esso solidificherà nello stesso luogo in cui si è formato, formando l’ossatura della catena montuosa. I plutoni di dimensioni ridotte vengono chiamati AMMASSI. I plutoni possono anche avere composizione BASICA, se formati dai primi minerali a solidificare (femici come l’olivina e i pirosseni) accumulatisi alla base del complesso magmatico stratificato per gravità secondo cristallizzazione frazionata. I plutoni basici non sono molto estesi ma importanti perché al loro interno si possono trovare concentrazioni di nichel, cobalto, cromo e platino come per il più importante plutone basico, maggior giacimento di platino al mondo, quello sudafricano del BUSHVELD. Plutoni-- CORPI IPOABISSALI Alcuni corpi plutonici di dimensioni modeste possono arrivare a solidificare in prossimità della superficie: l’ INIEZIONE di questi corpi può essere CONCORDANTE (parallela) o DISCORDANTE (perpendicolare) rispetto alla stratificazione delle rocce in cui si introducono. I FILONI STRATO sono corpi concordanti inseriti tra strati di rocce sedimentarie con spessore variabile (10cm—10m) hanno una composizione basica e vengono alimentati dalla stessa fonte che provoca le eruzioni. I LACCOLITI sono dei filoni concordanti che inarcano gli strati sovrastanti creando una forma convessa verso l’alto ( Colli Euganei). I DICCHI sono corpi discordanti che tagliano trasversalmente gli strati della roccia incassante utilizzando come via di fuga numerose fratture che accompagnano la risalita del magma.

I VULCANI

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Il magma in risalita all’interno della crosta terrestre forma strutture come gocce con la radice rivolta verso il basso, sono dette DIAPIRI, si introducono nella crosta sfruttando fratture già esistenti o inglobando blocchi sovrastanti. PROVOCANO TREMORI cioè terremoti associati al movimento dei magmi all’interno della crosta terrestre. Se molti DIAPIRI SI UNISCONO occupando uno spazio più o meno ampio, questo spazio verrà chiamato CAMERA MAGMATICA la cui profondità può variare dai 2 ai 10km. Nelle zone geologicamente attive la camera viene continuamente alimentata ed è COLLEGATA AD UN CAMINO VULCANICO che rappresenta una via di fuga del magma quando la pressione dei gas aumenta fino a provocare eruzioni vulcaniche. Il magma arriva in superficie fuoriuscendo da fratture oppure da una struttura localizzata detta CRATERE. Il magma che fluisce in superficie prende il nome di LAVA. I gas disciolti nel magma (bi- e ossido di carbonio, acido cloridrico, solfidrico, anidride solforica e solforosa, metano, ammoniaca ma soprattutto il VAPORE ACQUEO) si concentrano nella parte superiore della camera magmatica se la pressione litostatica diminuisce e questi passano alla fase gassosa. Le rocce precedentemente consolidatesi formano una specie di tappo che impedisce l’uscita dei gas: se la pressione dei gas supera quella esercitata dalle rocce sovrastanti, le rocce vengono frantumate e si abbassa ulteriormente la pressione della camera magmatica in cui si formano grosse BOLLE che si espandono verso l’alto portando con sé anche il magma. Fino a quando la camera magmatica viene alimentata dal basso i vulcani sono attivi, le eruzioni sono perciò fenomeni ciclici. Una volta esaurita la forza dei gas, il materiale rimasto all’interno del camino si consolida formando un altro “tappo”. MODALITA’ DI ERUZIONE:esplosiva, effusiva, eruzioni centrali. ATTIVITA’ VULCANICA ESPLOSIVA Quella caratterizzata da MAGMA VISCOSO, ACIDO con la fuoriuscita violenta delle bolle di gas. Il magma viene ridotto a brandelli nella fuoriuscita e, unendosi, ai frammenti delle rocce preesistenti, forma il vulcano. I frammenti generati dalle eruzioni vulcaniche vengono chiamati PIROCLASTI : I più piccoli, le CENERI, possono essere trasportate dai venti per anni e disperdersi omogeneamente abbassando la temperatura media del pianeta riflettendo anche solo una piccola parte dell’energia solare. Medi sono i LAPILLI che cadono molto lontano dal cratere. I più grossi le BOMBE cadono in prossimità del centro d’emissione seguendo una traiettoria balistica data dalla gravità. Meccanismi di caduta dei piroclasti: CADUTA GRAVITATIVA I lapilli cadono a grandi distanze dal centro di emissione , le bombe in prossimità e le ceneri ad enormi distanze, con traiettoria balistica poi si consolideranno dando origine a CINERITI, TUFI,

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BRECCE VULCANICE oppure, se si mescolano con i sedimenti di origine differente, in mare a TUFITI. FLUSSO PIROCLASTICO I flussi piroclastici sono caratterizzati dal movimento verso valle di materiale piroclastico tenuto in sospensione da gas ad alte temperature: NUBI ARDENDTI = nubi con densità e temperatura elevate in grado di percorrere grandi distanze mantenendo alta la temperatura dei piroclasti, i frammenti poi si saldano a caldo per dare origine alle ignibriti . I volumi di magma coinvolti sono molto grandi e i depositi tendono a colmare le depressioni del terreno. Se sul vulcano interessato da flusso piroclastico ci sono GHIACCIAI O LAGHI si genereranno vere e proprie COLATE DI FANGO BOLLENTE dette LAHAR che trasporterà con sé molti detriti. ONDATE BASALI Flussi di gas e materiale piroclastico con bassa densità ma elevate temperature, molto veloci e dal flusso turbolento. Osservate per la prima volta nel 1946 in seguito all’ esplosione nucleare di Bikini. Sono CORRENTI CHE SI MUOVONO RADIALMENTE AD ANELLO RASOTERRA RISPETTO AD UNA COLONNA ESPLOSIVA IL CUI PESO SCHIACCIA VERSO IL BASSO IL MATERIALE NUOVO CHE STA FUORIUSCENDO. Fenomeni d ondata basale si generano quando il magma viene a contatto con l’acqua circolante nel sottosuolo, che evapora istantaneamente provocando un’esplosione detta eruzione FREATO—MAGMATICA che può distruggere il vulcano stesso. Un’eruzione di questo tipo fu quella del 79 d.C. del Vesuvio che distrusse Ercolano e Pompei. ATTIVITA’ VULCANICA EFFUSIVA Il magma fuoriesce dal condotto senza subire frammentazioni, di solito sono lave BASALTICHE molto fluide che vengono emesse a temperature di circa 100-1200°C e scorrono tranquillamente verso valle creando veri e propri FIUMI DI LAVA. Le lave più acide a composizione RIOLITICA fuoriescono a minore temperatura 800-900°C e tendono a solidificarsi in prossimità del centro di emissione formando dei RISTAGNI A FORMA DI CUPOLA. L’attività si distingue in subaerea se la lava solidifica a contatto con l’atmosfera e subacquea se a contatto con l’acqua. LAVE SUBAREE quando le superfici delle colate sono LISCE si parla di lave PAHOEHOE; una variante è la LAVA A CORDA che solidifica con dei corrugamenti perchè ha incontrato asperità topografiche. Le superfici possono anche essere irregolari, VETROSE E SPINOSE dette lave AA con il termine onomatopeico hawaiiano che si formano per un’accelerazione del flusso. Se la lava sovrastante solidificata funge da isolante alla lava sottostante creando dei tunnel che poi si svuotano, si parla di struttura tubolare. LAVE SUBACQUEE se le lave FLUIDE entrano a contatto con l’acqua si solidificano a bolle ed onde, si forma la lava detta A CUSCINO.

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ERUZIONI CENTRALI E TIPI DI EDIFICI VULCANICI Si parla di eruzione centrale quando il punto di emissione è una sorgente localizzata e puntiforme, la forma dell’edificio vulcanico dipende dalla viscosità della lava: VULCANI A SCUDO Forma con CONVESSITA’ VERSO L’ALTO, fianchi per nulla ripidi, generati da lave BASALTICHE molto fluide che solidificano a grandi distanze dal centro di emissione. Kilauea e Mauna Loa, Hawaii. STRATOVULCANI Hanno un’ attività mista cioè eruttano alternativamente piroclasti e lava, hanno forma a CONO SIMMETRICO. La lava può inoltre fuoriuscire da crateri avventizi o secondari e lava può solidificare in fessure formando dicchi che rafforzano la struttura del vulcano. Vesuvio, Fujiyama, Etna e Stromboli. Il VULCANESIMO ESPLOSIVO potrebbe produrre un cratere di esplosione chiamato MAAR Oppure da antichi condotti vulcanici possono rimanere dei NECKS cioè rimane solo il “tappo” del condotto e le rocce incassanti vengono erose. CONI DI SCORIE Un’attività di tipo esplosivo genera anche i cosiddetti coni di scorie, caratterizzati da pendii molto ripidi e altezze ridotte: circa 300m; inoltre possono essere facilmente erosi. La formazione più comune è determinata dal susseguirsi di eventi come eruzione, formazione del cono con deposito di clasti, formazione del cratere, colate di lava. Paricutin, Messico. PROTUSIONI SOLIDE Se la lava è SIALICA, non riesce a tracimare dal cratere e forma strutture dette DUOMI o PROTUSIONI SOLIDE che si formano solitamente nelle fasi finali dell’attività di un vulcano di tipo esplosivo. Vulcano di St.Helens, USA. La Pelée .

CALDERE Strutture depresse di forma subcircolare, spesso occupate da laghi, ghiacciai oppure sepolte dai sedimenti (esplosivi) o da lava(effusivi),. CALDERE DI CALDERE DI SPROFONDAMENTO ESPLOSIONE Si formano quando l’entità Depressioni a imbuto genera_ dei prodotti espulsi provoca un te dalla distruzione di tutto il collasso della parte sommitale cono per la violenza dell’es_ dell’edificio vulcanico. plosione. Laghi di Bolsena, Bracciano e Crater Lake, Oregon.

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ERUZIONI FISSURALI Se il magma fuoriesce in grandi quantità da fratture allungate e strette il materiale espulso si distribuirà omogeneamente ai lati della frattura formando espandimenti di lava pianeggianti detti PLATEAUX. BASICI ACIDI BASALTICI IGNIMBRITICI VULCANESIMO SECONDARIO Se si assiste all’emissione di gas o vapor d’acqua che provengono dal magma in raffreddamento nel suolo e il riscaldamento dell’acqua nelle falde freatiche, si assiste ad un fenomeno di vulcanesimo secondario. La vaporizzazione dell’acqua di falda provocata dalla temperatura ancora elevata della camera magmatica: SOFFIONI BORACIFERI Larderello in Toscana vapor d’acqua surriscaldato misto ad acido borico, sfruttate per produrre energia elettrica. FUMAROLE Vengono emessi gas insieme all’acqua: SOLFATARA MOFETE Gas emesso H S acido solfidrico Emissione di anidride con produzione di zolfo a contatto carbonica CO . con l’atmosfera. Settimana scorsa riunione di vulcanologi Ai Campi Flegrei per discutere su trivellazione a 5 km profondità per sfruttare energia geotermica. GEYSER In Islanda e nel Wyoming. Sono emissioni ad intervalli regolari di acqua bollente che si accumula nel sottosuolo in un condotto e viene spinta ad elevate altezze quando i gas sottostanti vincono la pressione idrostatica. VULCANETTI DI FANGO Fenomeni che fanno ribollire le acque fangose depositate in piccoli laghetti. Nel Modenese.

DISTRIBUZIONE DEI VULCANI SULLA TERRA I vulcani attivi sulla Terra sono circa 500, si trovano sui “bordi” dei continenti e negli Oceani raggruppati in fasce come l’ ANELLO DI FUOCO CIRCUMPACIFICO. RISCHIO VULCANICO Si definisce rischio vulcanico il prodotto tra la probabilità che avvenga il fenomeno vulcanico e i danni che esso provocherebbe, in Italia ci sono 6 zone a rischio:

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l’ Etna, lo Stromboli e Vulcano in Sicilia; il Vesuvio e i Campi Flegrei e l’isola d’ Ischia in Campania. Le aree vulcaniche sono caratterizzate da terreni fertili, presenza di materiali utilizzabili in edilizia, clima mite, e sono attrazioni turistiche, perciò, nonostante il rischio, sono fortemente abitate. Perciò tra gestione locale e protezione civile, sono stati redatti dei piani d’emergenza per l’evacuazione delle zone a rischio. ROCCE SEDIMENTARIE processo sedimentario: processo complesso che può durare decine di milioni di anni e che si realizza attraverso: 1. degradazione ed erosione: a. degradazione meteorica: l’alterazione e la disgregazione di rocce affioranti; b. degradazione fisica o meccanica: le rocce disgregate producono frammenti della stessa composizione della roccia madre. Cause: gelo, disgelo, sbalzi di temperatura; c. degradazione chimica o disfacimento: alcuni o tutti i minerali della roccia vengono trasformati in minerali differenti, prevalentemente per l’azione di acqua, del biossido di carbonio o dell’ossigeno. La degradazione ha come risultato l’erosione cioè la distruzione parziale o totale di rocce affiorante e ne produce tre tipi di materiali: detriti, sostanze solubili e minerali di alterazione insolubili. 2. trasporto; 3. sedimentazione: corrisponde alla fase di accumulo dei detriti, dei Sali minerali o dei resti abbandonati dagli organismi dopo la loro morte. Può essere: a. meccanica: riguarda i detriti che vengono abbandonati quando diminuisce la forza degli agenti di trasporto; b. chimica: riguarda le sostanze minerali che l’acqua trasporta un soluzione che precipitano; c. biochimica: riguarda i Sali trasportati in soluzione e utilizzati da organismi per costruire i loro scheletri che verranno depositati dopo la morte. 4. diagenesi: l’insieme di fenomeni fisici e chimici che trasformano i sedimenti incoerenti in una roccia coerente. Si divide in tre fasi: a. compattazione: i sedimenti depistati vengono nel tempo sepolti da nuovi strati di materiale, i granuli si fanno molto più vicini gli uni agli altri; b. cementazione: determinata dalla precipitazione di sostanza poco solubili negli spazi tra i granuli, riduce ulteriormente la porosità e svolge azione cementante. Le sostanze cementanti più comuni sono il calcare (carbonato di calcio) e la silice. c. ricristallizzazione: per effetto di reazioni chimiche tra i minerali presenti. CARATTERISTICHE: • presenza di fossili; • stratificazione. ghiaie – CONGLOMERATI: contengono ciottoli grossolani. Il cemento più comune è il calcare. Quando i ciottoli sono arrotondati si parla di conglomerati, quando hanno frammenti spigolosi prendono il nome di brecce. Ambienti di sedimentazione tipici delle ghiaie da cui derivano i conglomerati sono le pendici delle pareti montuose soggette a frani, o i litorali lungo le coste rocciose. sabbie – ARENARIE: Roccia sedimentaria costituita da granuli di sabbia, prevalentemente di quarzo, legati da silice, carbonato di calcio o ossido di ferro. Il colore della roccia è determinato dal cemento: gli ossidi di ferro conferiscono un colore rosso o rosso-brunastro; gli altri materiali producono colorazioni bianche, giallastre o grigiastre. silt – SILTITI: Materiale sedimentario costituito da grani di dimensioni comprese tra 0,062 e 0,004 mm (intermedie tra quelle della sabbia e quelle dell'argilla), di composizione varia. Si agglomera a formare rocce sedimentarie chiamate siltiti. argille – ARGILLITI: Roccia sedimentaria a grana fine formatasi per consolidamento di depositi di argilla; presenta generalmente una fine

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laminazione parallela al piano di deposizione. Le argilliti sono di solito costituite da mica e minerali dell'argilla, anche se la struttura è così fine da non poter essere riconosciuta se non con l'ausilio del microscopio. Come distinguere una marna da un argillite: • la marna reagisce all’acido cloridrico; • la marna è più ruvida dell’argillite EVAPORITI: precipitazione di sali in bacini di acqua dolce o salata che formano rocce che presentano una struttura cristallina. Le evaporiti più frequenti sono il salgemma, il gesso e il talco. CALCARI INORGANICI: contengono carbonato di calcio depositato per precipitazione. Tra le rocce carbonati che si considerano anche le stalattiti e le stalagmiti. ROCCE SILICEE: si formano il seguito alla precipitazione di silice. La più comune è la selce, una roccia dura e compatta in cui è presente il quarzo in forma microcristallina. CALCARI ORGANOGENI: si formano principalmente in ambiente marino e talvolta anche in acque dolci, da gusci e conchiglie formati di carbonato di calcio. I calcari si formano anche per opera di organismi costruttori, come i coralli e le alghe calcaree che popolano le barriere coralline dei mari tropicali e che producono un’impalcatura calcarea, con la quale si ancorano sui resti di colonie morte. Tra i calcari organogeni ricordiamo, infine, le stromatoliti, tipiche strutture a strati costituite da lamine convesse dello spessore di qualche millimetro. Le stromatoliti sono prodotte dalle alghe azzurre che vivono in acque basse e fissano il carbonato di calcio presente nell’acqua. DOLOMIE: sono rocce costituite dal minerale dolomite (carbonato di calcio e magnesio) simili ai calcari. La maggior parte delle dolomie non si forma direttamente ma deriva per diagenesi da calcari marini. La presenza caratteristica di buchini indica il processo di auto trasformazione o dolomitizzazione, ovvero la sostituzione parziale o totale di ioni calcio con ioni magnesio. Le dolomiti sono costituite in gran parte da dolomie che formano gruppi o massicci isolati, corrispondenti ad antiche scogliere coralline. ROCCIA SEDIMENTARIA STRATIFICATA caratterizzata dall’alternarsi di strati di argillite e Calcare I TERREMOTI NATURA E ORIGINE DEL TERREMOTO I sismi o terremoti, che sono un’improvvisa vibrazione del terreno prodotta da una brusca liberazione di energia, si manifestano solo in alcune fasce della superficie terrestre dette sismiche. Il punto preciso da cui si propaga il terremoto è detto ipocentro: da esso poi l’energia si libera per onde sferiche. Il sismologo Reid nel 1906 giunse a capire quali sono le condizioni per cui si verificherebbero le deformazioni all’origine dei sismi. Quando ci fu il terremoto di San Francisco avvennero anche dei movimenti lungo la faglia di Sant’Andrea. Subito dopo il terremoto si notò che parte degli elementi del paesaggio si erano spostati lateralmente l’uno all’altro anche di 6 metri: la faglia aveva un movimento trascorrente. Secondo gli studi di Reid quegli stessi elementi nel corso degli anni si erano progressivamente incurvati nel tratto in cui attraversavano il percorso della faglia. Il sismologo giunse perciò alla conclusione che le rocce comportandosi in modo elastico si deformano gradualmente fino al limite di rottura: si crea una faglia (linea di minore resistenza della roccia sottoposta a pressioni e quindi la rottura avviene sempre lungo questa linea), le due parti della roccia originaria reagiscono elasticamente, si riappropriano del loro volume (che era stato compresso) e della loro posizione con una serie di scosse. Reid parlò di rimbalzo elastico, teoria tuttora accettata: quando un blocco crostale è sottoposto a sforzi, si comporta elasticamente: anziché

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fratturarsi subito si deforma lentamente, ma nel contempo accumula energia elastica. Continuando lo sforzo, l’energia accumulata supera un punto critico, detto carico di rottura, e le rocce si spaccano improvvisamente. L’energia elastica, che si era andata accumulando per decine o centinaia d’anni, si libera improvvisamente sotto forma di intense vibrazioni che si propagano in tutte le direzioni. PROPAGAZIONE E REGISTRAZIONE DELLE ONDE SISMICHE I movimenti all’ipocentro generano vari tipi di deformazione e dato che la terra ha una struttura complessa (si alternano vari materiali), nelle onde che si propagano si formano fenomeni di rifrazione e riflessione, per cui alcune onde possono arrivare in superficie: il punto dell’ipocentro portato in verticale sulla superficie si chiama epicentro. Si distinguono tre tipi di onde:

• Onde longitudinali o di compressione. • Onde trasversali o di taglio. • Onde superficiali.

Le onde longitudinali si propagano per compressioni e dilatazioni, provocano cioè variazioni di volume, infatti le particelle che compongono la roccia vibrano nella direzione della propagazione dell’onda stessa. Sono onde veloci dette P (perché vengono rilevate per prime dal sismografo) che si muovono in ogni mezzo (fluido, liquido) alla velocità di 4/8 Km/s. Quando le masse rocciose scivolano lungo il piano della faglia provocano deformazioni di taglio che si propagano con le cosiddette onde trasversali, nelle quali le vibrazioni delle particelle hanno luogo in piani perpendicolari alla direzione di propagazione. Scuotono il terreno sia orizzontalmente che verticalmente; sono dette onde S e si muovono alla velocità di 2.3/4.6 Km/s; la loro caratteristica sta nel fatto che non riescono a propagarsi nello stato fluido, quindi se incontrano masse di magma fuso non si propagano oltre in quella direzione. Le onde P e quelle S vengono dette onde di volume. Tra le onde superficiali, quelle cioè che arrivano in superficie, ci sono le onde R nelle quali le particelle compiono orbite ellittiche in un piano verticale lungo la direzione di propagazione, e ci sono le onde L,(hanno un movimento radiale sulla superficie terrestre e si smorzano in profondità) le quali come le onde S si muovono trasversalmente alla direzione di propagazione, ma solo nel piano orizzontale. Le onde superficiali sono più lente e più lunghe rispetto a quelle interne, ma possono percorrere distanze molto lunghe. Le onde provenienti da lontano arrivano molto attenuate e i nostri sensi non sono in grado di percepirle. Per questo motivo i geofisici usano strumenti chiamati sismografi, sensibili alle più lievi vibrazioni del terreno. Il sismografo rileva il passaggio delle onde sismiche, le registra e produce un grafico del movimento del terreno. Dalla lettura del grafico, che prende il nome di sismogramma, si possono ricavare tutte le caratteristiche del terremoto: energia, distanza dell’epicentro, profondità dell’epicentro, l’estensione della faglia dalla quale si è generato il terremoto, ecc. Il funzionamento del sismografo si basa sul principio di inerzia. Nel sismografo è presente un corpo di massa elevate, non vincolata al terreno. Questo corpo, per inerzia, tende a mantenere il proprio stato di quiete. Al corpo è collegato un pennino che scrive su un rullo di carta solidale al terreno, che scorre con velocità costante. Al passaggio delle onde sismiche la massa pesante tende a rimanere immobile e registra lo spostamento del terreno che vibra. LA FORZA DI UN TERREMOTO Per capire la forza di un terremoto, la sismologia ha adottato una scala delle intensità basata sugli effetti, alla quale è stata affiancata la valutazione della magnitudo che meglio definisce la forza di un terremoto a prescindere dagli effetti con cui si manifesta. La scala di intensità più utilizzata in europa è la scala Mercalli, che rileva i dati macrosismici, (valuta cioè gli effetti prodotti dalla sisma su cose e persone) circoscritti alla zona in cui il terremoto è percepito. Con lo studio macrosismico viene assegnata ad ogni posto un grado d’intensità che ovviamente sarà massimo nella zona epicentrale e via via decrescente. Le isosisme sono linee che separano zone di superficie in cui un

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terremoto si è manifestato con intensità diversa, dove la più interna rappresenta l’area dell’epicentro del terremoto mentre quelle più esterne indicano le aree in cui gli effetti sono stati minimi. Le isosisme sono importanti poiché ci danno delle informazione sulla struttura morfologica delle aree prese in considerazione. La magnitudo rappresenta la forza di un terremoto a confronto con un terremoto standard preso come riferimento. Nella scala Richter, messa a punto nel 1935 dall’omonimo sismologo, la magnitudine è espressa con un logaritmo in base 10 del rapporto tra l’ampiezza max del terremoto e l’ampiezza che verrebbe prodotta dal terremoto standard alla stessa distanza epicentrale. M=log10A (A è l’ampiezza max della traccia, espressa in millimetri, registrata da uno strumento standard. La scala Mercalli è una delle varie scale empiriche con cui si misura l’intensità di un terremoto. Può così accadere che un terremoto di elevata magnitudo, verificatosi a grande profondità, faccia registrare in una data località una intensità inferiore a quella di un terremoto di magnitudo più piccola, il cui ipocentro è però situato in prossimità delle superficie terrestre. A differenza della magnitudo, ottenuta da dati strumenti, l’intensità è ricavata da dati in parte soggettivi, come la valutazione degli effetti del sisma, ed è per questo motivo una grandezza meno attendibile. Inoltre il grado di intensità di uno stesso terremoto varia da zona a zona, poiché a distanze diverse si riproducono effetti diversi. GLI EFFETTI DEL TERREMOTO I terremoti possono causare danni ad edifici e sul terreno (frane, faglie). Certi tipi di terreno perdono consistenza e si verifica dunque una liquefazione, perciò gli edifici sovrastanti cadono su di essi. Tra gli effetti dobbiamo ricordare l’abbassamento e il sollevamento del suolo, la variazione del livello d’acqua nei pozzi…se il terremoto si verifica nel mare si genera un maremoto: l’abbassamento brusco di un tratto del fondo del mare genera onde molto alte, oltre 20 metri e veloci (500/1000Km/h). TERREMOTI E INTERNO DELLA TERRA Attraverso lo studio della propagazione delle onde si è potuto risalire alla struttura interna della terra: essa è formata da strati concentrici separati da discontinuità sismica (superficie che separa due materiali diversi per caratteristiche fisiche che influenzano la propagazione delle onde elastiche; in queste zone le onde subiscono una variazione di velocità a cui corrisponde un cambiamento di direzione della loro traiettoria):

• Crosta si estende dalla superficie fino a 10-35 Km di profondità (è solida anche se si sono osservati fenomeni di rifrazione nella propagazione delle onde, che hanno evidenziato la presenza di materiali in parte fusi, come sotto le dorsali oceaniche)

• Segue la discontinuità di Moho. • Mantello, si estende dalla moho fino a 2.900 Km; è solido tranne che nella zona

dell’astenosfera (tra i 70 e i 250 Km di profondità) dove le onde di taglio subiscono una forte diminuzione per poi tornare a crescere in profondità.

• Tra il mantello e il nucleo esterno c’è la discontinuità di Gutenberg. • Nucleo esterno da 2.900 a 5.170 Km è fluido poiché le onde P diminuiscono la velocità

mentre le onde S non riescono ad attraversarlo. • Il nucleo interno va da 5.170 fino al centro della terra; è solido e subisce la pressione degli

strati sovrastanti ed è ricco di ferro e di nichel (pesanti). L’ insieme di crosta e parte del mantello formano la litosfera che al contrario della astenosfera è solida. DISTRIBUZIONE DEI TERREMOTI Da un punto di vista morfologico e geologico si possono distinguere quattro principali tipi di zone sismiche attive:

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• Lungo l’asse delle dorsali medio-oceaniche, in corrispondenza delle quali i terremoti sono poco profondi (meno di 70 Km)

• Lungo le grandi fratture della crosta terrestre (per esempio la faglia di sant’Andrea e la faglia dell’Anatolia) caratterizzate da terremoti poco profondi e assenza di attività vulcanica.

• Presso le fosse oceaniche e i sistemi di archi insulari, tipo quelli che bordano il pacifico occidentale. In queste zone i terremoti possono essere superficiali (fino a 70 km) intermedi (da 70 a 300) e profondi (da 300 a 700). La litosfera oceanica discende nel mantello presso le fosse lungo un piano inclinato detto piano di Benioff, altamente attivo dal punto di vista sismico.

• Lungo la zona continentale associata a elevate catene montuose (Himalaia, hindukush..) che si estende attraverso l’Asia, dalla Birmania al Mediterraneo.

La dinamica della litosfera

Diversamente dalla superficie del globo, le parti più interne sono più uniformi. Sotto la crosta vi è

uno spesso mantello, al quale attinge una parte dei vulcani, composto di una crosta originaria molto basica e quindi pesante e ad alta densità. Ancor più in profondità vi è il nucleo terrestre, un grosso nocciolo in gran parte allo stato fuso.

Un aiuto determinante nello studio dell’interno del globo terrestre è dato dalla sismologia e dalla geofisica grazie allo studio delle onde sismiche che hanno evidenziato la presenza di superfici di discontinuità sismiche.

La crosta.

E’ la parte più esterna, un involucro rigido e sottile dalla composizione eterogenea (35 km sotto i continenti, 6 km sotto gli oceani).

La base della crosta è indicata da una brusca discontinuità sismica nota come superficie di Moho, considerata il limite tra la crosta e il mantello.

Il mantello.

Si estende tra la Moho e la superficie di Gutenberg (2900 km di profondità). La Moho corrisponde a un brusco aumento della velocità con cui si propagano le onde sismiche, e questo significa che le rocce del mantello devono avere una maggiore rigidità.

La temperatura cresce progressivamente in vicinanza del nucleo, mentre la rigidità decresce in prossimità dell’astenosfera (zona di debolezza; tra i 70 e i 250 km di profondità), per poi aumentare nuovamente. Tale zona è detta “plastica” poiché il mantello è parzialmente fuso.

Le lave di certi vulcani che si originano nelle parti più alte del mantello hanno portato alla luce frammenti di natura peridotitica (rocce ultrabasiche formate da olivina e pirosseni), detti xenoliti.

Dalla mescolanza di peridotiti e basalti si sono poi ottenuti le piroliti (costituite da olivina (60-70%), pirosseni, granato).

Densità media D = M = 5,52 g/cm3). V

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Nelle zone di discontinuità sismiche si assiste a un cambiamento di fase: i materiali restano gli stessi ma i reticoli sono più compatti (olivina � spinello; silicati di Fe e Mg � ossidi [MgO e SiO2]).

Si possono distinguere due zone:

− Mantello superiore (crosta - -700 km), caratterizzato da discontinuità come la zona di debolezza e i due bruschi aumenti di rigidità;

− Mantello inferiore (-700 km - nucleo), con caratteristiche più omogenee. L’insieme della crosta e del mantello fino all’astenosfera viene definito litosfera (più resistente dell’astenosfera).

Il nucleo.

La discontinuità sismica di Gutenberg segna il passaggio al nucleo, che ha un raggio di 3470 km.

La parte più esterna del nucleo (fino a -5170 km) ha le caratteristiche di un fluido, mentre a quella profondità una nuova discontinuità sismica (superficie di Lehmann) segna il passaggio a una zona solida, che giunge fino al centro della Terra.

Esso è composto in prevalenza da ferro e nichel, forse alleggerito da silicio e zolfo.

• TEORIA DELLA TETTONICA DELLE PLACCHE (1966-1967,Wilson)

Giustifica l’esistenza dei grandi fenomeni geologici che fanno della Terra un pianeta dinamico, in continua evoluzione. La Terra presenta un involucro esterno rigido: la litosfera. Questo involucro galleggia sulla sottostante astenosfera (parzialmente fusa). La litosfera non è un guscio continuo ma è costituito da circa venti frammenti principali rigidi chiamate placche. Queste placche non sono ferme, ma si muovono reciprocamente sull’astenosfera trascinate passivamente dai moti convettivi del mantello. Nuova litosfera viene continuamente prodotta (per compensazione isostatica) in corrispondenza delle dorsali medio-oceaniche, mentre altra viene riassorbita in corrispondenza delle fosse oceaniche\zone di subduzione. Il volume globale della Terra rimane costante. La teoria della tettonica delle placche sostiene che: • i continenti si spostano lateralmente

• i bacini oceanici si sono formati per allontanamento dei blocchi continentali

• quando due massi continentali collidono, si originano delle catene montuose

* Materiale caldo del mantello sale e dà origine alla placche, che divergono e si allontanano. Dove le placche convergono, una placca, raffreddatasi, viene trascinata al di sotto della placca adiacente, sprofonda, si riscalda e sale di nuovo. * La litosfera, che si forma calda e plastica in corrispondenza delle dorsali oceaniche, ridiscende poi, fredda e pesante, nelle zone di subduzione. * L’interno della Terra è rimescolato da lenti movimenti di materiale, detti correnti convettive, che servono a disperdere l’elevatissimo calore presente all’interno del pianeta. • Le zone ad alta sismicità si identificano con aree strutturali caratteristiche, quali le

dorsali oceaniche, le fosse oceaniche, le catene montuose recenti, le zone ad elevata attività

vulcanica e le valli continentali di sprofondamento note come fosse tettoniche. Si distinguono

4 tipi di zone sismiche:

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1)l’asse delle dorsali oceaniche dove i terremoti sono poco profondi e accompagnati da attività

vulcanica e alto flusso di calore.

2)zona caratterizzata da terremoti poco profondi ma con attività vulcanica assente.

3)le fosse oceaniche e i sistemi di archi insulari. In queste zone si verificano terremoti

superficiali, intermedi o profondi. La profondità dei sismi aumenta con la distanza della fossa,

seguendo un ipotetico piano inclinato detto Piano di Benioff, fortemente attivo simicamente.

4)Zona continentale con sismicità diffusa, in cui i terremoti, generalmente superficiali, sono

associati ad elevate catene montuose chiaramente originate da fenomeni di compressione.

• MARGINI DELLE PLACCHE : 95% dell’attività sismica si verifica in corrispondenza

dei margini delle placche.

o MARGINI DIVERGENTI O IN ACCRESCIMENTO: lungo l’asse delle dorsali le placche

si separano, mentre tra l’una e l’altra si genera continuamente nuova crosta oceanica. Le

dorsali costituiscono i margini.

o MARGINI CONVERGENTI O IN CONSUNZIONE: nelle zone di subduzione le

placche convergono e una di esse sprofonda nell’ astenosfera, si consuma e perde la

propria identità. Quando le placche litosferiche vanno in subduzione al di sotto di altre si

determinano margini.

o MARGINI TRASFORMI O CONSERVATIVI: lungo le grandi

fratture oceaniche e le grandi faglie continentali a

scorrimento orizzontale, le placche scivolano l’una

accanto all’altra, mentre le superfici i gioco rimangono

immutate. Le grandi faglie a scorrimento orizzontale

corrispondono a margini.

Le caratteristiche meccaniche delle placche variano a seconda dello spessore, della composizione e della loro storia strutturale. La litosfera oceanica, vicino alla dorsale, è calda, molto sottile e quindi più debole. Le placche che trasportano un continente, a parità di spessore, sono più facilmente deformabili di quelle oceaniche, tuttavia la litosfera continentale, a causa della bassa densità, non può essere subdotta e riassorbita del mantello. • Per MARGINI CONTINENTALI s’intende la parte più esterna dei blocchi di crosta

continentale, la quale è più sottile e fa da transizione più o meno graduale alla crosta oceanica.

I margini dei continenti possono trovarsi distanti dai margini di placca, oppure coincidere con i

margini di placca. Nel primo caso avremo MARGINI CONTINENTALI PASSIVI O MARGINI

CONTINENTALI TRASFORMI, nel secondo caso MARGINI CONTINENTALI ATTIVI. I margini

continentali passivi e trasformi sono caratterizzati da assenza di fenomeni sismici e vulcanici. I

margini continentali attivi sono interessati in modo significativo dai fenomeni endogeni.

Esistono tre tipi di margini continentali:

o PASSIVI: tipici dei continenti che si trovano ai bordi degli oceani in espansione

(può essere lontano dai margini di placca).

o TRASFORMI: corrispondono a bruschi rigetti o deviazioni della spaccatura iniziale,

in corrispondenza della quale si attuerà poi la separazione continentale. Tipici degli oceani

in espansione. (Può essere lontano dai margini di placca).

o ATTIVI: soggetti a sforzi compressivi. Sono situati sul bordo dei continenti in

posizione anteriore rispetto al verso dello spostamento e coincidono con il confine della

placca. Si tratta di margini tettonicamente attivi, che caratterizzano oceani in contrazione.

Page 32: PROGRAMMA SCIENZE

• Le OFIOLITI sono rocce che corrispondono a lembi di crosta oceanica o di

mantello, variamente metamorfosati, coinvolti in un’orogenesi.

Per ofiolite non si intende una singola roccia ma un’associazione di rocce mafiche e

ultramafiche disposte in una ben definita successione: sedimenti pelagici, lave basaltiche a

pillow, complesso di dicchi verticali e stratiformi, complesso di gabbri, complesso peridotitico.

Le ofioliti sono prova che la crosta oceanica ha dato luogo alla formazione delle montagne. ( e’

stata coinvolta nell’orogenesi). Infatti sono localizzate nelle zone dove si verificò un’interazione

tra crosta continentale e crosta oceanica.

• Raramente le serie ofiolitiche si presentano indisturbate. Spesso sono state

smembrate da i sollevamenti successivi, che ne hanno confuso la stratigrafia originaria e hanno

prodotto associazioni caotiche dette MELANGE TETTONICI. Questi sono appunto caotici

assembramenti di rocce molto deformate, prodotti lungo i margini di placca in consumazione,

più in particolare nei prismi di accrezione.

Le ofioliti sono rocce formatesi su un fondo oceanico in espansione mentre i melange al

contrario testimoniano il fenomeno inverso cioè la subduzione.

Ofioliti e melange tettonici si trovano esclusivamente su catene montuose. Testimoniano la

collisione fra due blocchi continentali con interposto un braccio di mare.

• OROGENESI è il processo che porta alla nascita di una catena montuosa. Si

verifica ai limiti di placca convergenti, dove è in atto subduzione . Vengono proposti tre

processi orogenetici:

1) Orogenesi da collisione o di tipo Himalayano: vi è la convergenza tra due blocchi

continentali. La litosfera oceanica interposta viene subdotta mentre sul margine attivo si

crea un sistema arco-fossa. Il bacino oceanico si riduce progressivamente , si originano

cunei di crosta oceanica che tendono ad accavallarsi verso la placca oceanica in subduzione

mentre i sedimenti oceanici tendono anch’essi ad accavallarsi. La collisione fra i due

continenti provoca la massima compressione e deformazione: la crosta oceanica, i

sedimenti e le rocce continentali sono ridotti in scaglie o cunei che si sovrappongono

reciprocamente. L’incastro provoca un forte ispessimento crostale che in seguito, a causa

della compensazione isostatica, originerà un notevole sollevamento. (es.: Alpi, Himalaya,

Urali).

2) Orogenesi da attivazione: si verifica quando una placca oceanica va in subduzione

sotto un margine continentale. In questo tipo di collisione, tipica ad esempio della

Cordigliera delle Ande (dove la placca di Nazca si immerge sotto la placca Sudamericana), si

forma un arco magmatico sulla placca con crosta continentale. L’area alle spalle dell’arco

magmatico viene fortemente compressa e vengono deformate le rocce presenti. Fenomeni

sismici e vulcanici sono frequenti e intensi. (es.: Ande argentine e cilene, Montagne

Rocciose).

3) Orogenesi per accrescimento crostale: è simile a quella collisionale, consiste

nell’arrivo scaglionato di diversi blocchi crostali che si accumulano contro il margine di un

grande continente. Questo tipo di meccanismo orogenetico si è verificato nella maggior

parte delle regioni pacifiche del Nordamerica, della California fino all’Alaska. La regione è

costituita da un mosaico di blocchi crostali, veri e propri micro continenti che sembrano

essersi accumulati in successione lungo i margini del continente nordamericano durante gli

Page 33: PROGRAMMA SCIENZE

ultimi 150-200 milioni di anni. Tra un blocco e l’altro si trovano anche dei lembi di crosta

oceanica.

• La struttura dei continenti è caratterizzata da una parte centrale stabile,

chiamata cratone. Nei cratoni si distinguono gli scudi, formati dalle rocce magmatiche e

metamorfiche più antiche spianate dall’erosione, e le piattaforme, costituite da rocce

sedimentarie a giacitura sub orizzontale disposte intorno agli scudi. (es.: cratone canadese,

baltico, siberiano, australiano). I cratoni possono essere la testimonianza di catene montuose

dell’Archeozoico.