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AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VICENZA Ufficio Protezione Civile PROGRAMMA PROVINCIALE DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI IL RISCHIO IDRAULICO Vicenza, 27 aprile 2001

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AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VICENZA

Ufficio Protezione Civile

PROGRAMMA PROVINCIALE DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI

IL RISCHIO IDRAULICO

Vicenza, 27 aprile 2001

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Prof. ing. Vincenzo Bixio Via Paolo da Sarmeola, 1 35030 Sarmeola di Rubano (PD)

Commessa n° 61/2000 File: q:\provinciavicenza\relazione\relazione_01-05-31.doc

0 23/04/2001

Rev. Data Motivo della revisione Verificato Approvato

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SOMMARIO

SOMMARIO ........................................................................................................................................... 3 ELENCO DELLE TAVOLE ALLEGATE .................................................................................................... 4 1 DEFINIZIONE DI RISCHIO IDRAULICO .............................................................................................. 5 2 FONTI DI RISCHIO IDRAULICO......................................................................................................... 6 3 IL RISCHIO IDRAULICO DERIVANTE DAI CORSI D’ACQUA PRINCIPALI ........................................... 7

3.1 Lineamenti idrografici del territorio ............................................................................................. 7 3.2 Regime dei corsi d’acqua .......................................................................................................... 8

3.2.1 Fiume Bacchiglione ......................................................................................................... 8 3.2.2 Fiume Agno-Gua’ ............................................................................................................ 9 3.2.3 Fiume Brenta .................................................................................................................. 9

3.3 Notizie storiche sulle piene maggiori e sulle relative esondazioni in Provincia di Vicenza............. 10 3.3.1 Fiume Bacchiglione ....................................................................................................... 10 3.3.2 Fiume Agno-Guà........................................................................................................... 12 3.3.3 Fiume Brenta ................................................................................................................ 13 3.3.4 Aree allagate in Provincia di Vicenza nel novembre 1966................................................. 15

3.4 Studi sul rischio idraulico......................................................................................................... 16 3.5 Il rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali ............................................................. 20

4 IL RISCHIO IDRAULICO DERIVANTE DAI COLLETTORI DI BONIFICA ............................................. 21 4.1 I consorzi di bonifica in Provincia di Vicenza............................................................................. 21

4.1.1 Consorzio di bonifica Medio Astico Bacchiglione ............................................................. 21 4.1.2 Consorzio di bonifica Riviera Berica ............................................................................... 21 4.1.3 Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta..................................................................... 21 4.1.4 Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà ....................................................................... 21 4.1.5 Consorzio di bonifica Euganeo ....................................................................................... 22

4.2 Canali di bonifica appartenenti ai Consorzi in Provincia di Vicenza............................................. 22 4.2.1 Consorzio di bonifica Medio Astico Bacchiglione ............................................................. 22 4.2.2 Consorzio di bonifica Riviera Berica ............................................................................... 22 4.2.3 Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta..................................................................... 22 4.2.4 Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà ....................................................................... 22 4.2.5 Consorzio di bonifica Euganeo ....................................................................................... 22

4.3 Indagini complessive sul carattere del rischio idraulico .............................................................. 22 4.4 Il rischio idraulico derivante dai collettori di bonifica................................................................... 23

5 IL RISCHIO IDRAULICO IN PROVINCIA DI VICENZA ....................................................................... 24 6 TENDENZE EVOLUTIVE DEL RISCHIO ........................................................................................... 29 7 SUGGERIMENTI E PROPOSTE PER UNA POLITICA DI PREVENZIONE DEGLI ALLAGAMENTI....... 30

7.1 Interventi strutturali sui corsi d’acqua principali ......................................................................... 30 7.1.1 Sistema Astico – Tesina – Bacchiglione.......................................................................... 30 7.1.2 Bacino del Bacchiglione – fiume Retrone ........................................................................ 36 7.1.3 Bacino del Bacchiglione – torrenti Leogra – Timonchio .................................................... 37 7.1.4 Bacino del Bacchiglione – torrente Giara – Orolo............................................................. 38 7.1.5 Bacino del Bacchiglione – fiume Ceresone – Tesina Padovano ........................................ 38 7.1.6 Bacino del Bacchiglione – canale Bisatto – Battaglia ....................................................... 38 7.1.7 Bacino dell’Agno - Guà - Gorzone – asta principale ......................................................... 39

7.2 Interventi sulle reti di bonifica................................................................................................... 40 7.3 Il preannuncio e la gestione degli eventi estremi ....................................................................... 43

8 LE COMPETENZE ISTITUZIONALI................................................................................................... 45 9 CONCLUSIONI................................................................................................................................ 46 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................................... 47

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ELENCO DELLE TAVOLE ALLEGATE

Tavola 1.1. Carta delle aree potenzialmente inondabili – Foglio 1

Tavola 1.2. Carta delle aree potenzialmente inondabili – Foglio 2

Tavola 2.1. Carta dei tronchi fluviali pericolosi – Foglio 1

Tavola 2.2. Carta dei tronchi fluviali pericolosi – Foglio 2

Tavola 3.1. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 081080 – Pedemonte

Tavola 3.2. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 082090 – Valdastico

Tavola 3.3. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 082120 – Valstagna

Tavola 3.4. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 083010 – Primolano

Tavola 3.5. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 083050 – Enego

Tavola 3.6. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 083130 – Campolongo sul Brenta

Tavola 3.7. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 104010 – Bassano del Grappa

Tavola 3.8. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 125030 – Vicenza Nord

Tavola 3.9. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 125060 – Altavilla Vicentina

Tavola 3.10. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 125070 – Vicenza Sud

Tavola 3.11. Aree a rischio idraulico elevato – CTR 125080 – Grumolo delle Abbadesse

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1 DEFINIZIONE DI RISCHIO IDRAULICO

Il concetto di rischio idraulico, intuitivo da un punto di vista concettuale, è stato oggetto nel tempo di varie definizioni ai fini applicativi, con particolare riferimento a vari parametri. Alcuni di questi erano di carattere idraulico, quali altezza dell’esondazione e tempo di ritorno dell’evento considerato; altri erano rapportati al danno prevedibile dall’esondazione, distinto generalmente in danno a persone ed a cose.

In base agli atti di indirizzo contenuti nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 settembre 1998, il rischio idraulico viene distinto nelle seguenti 4 categorie:

a) R1 moderato: per il quale i danni sociali economici e al patrimonio ambientale sono marginali;

b) R2 medio: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;

c) R3 elevato: per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, l’interruzione di funzionalità delle attività socio – economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale;

d) R4 molto elevato: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività economiche.

Da ricordare inoltre, in tema di definizione di aree soggette a rischio idrogeologico, e quindi a rischio idraulico in particolare, il Decreto legge 12 ottobre 2000, coordinato con la legge di conversione 11 dicembre 2000 n.365, recante “Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali”. In tale legge viene stabilita in particolare la predisposizione di progetti di piano stralcio per la tutela del rischio idrogeologico da effettuarsi entro il 30 aprile 2001 per i bacini di rilevo nazionale. Inoltre viene previsto quanto segue: “ai fini dell’adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alle quali partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione ed a un rappresentante dell’Autorità di bacino”.

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2 FONTI DI RISCHIO IDRAULICO

Le fonti di rischio idraulico possono derivare per la Provincia di Vicenza da due ordini di corsi d’acqua: i corsi d’acqua principali ed i corsi d’acqua appartenenti alle reti di bonifica; non risulta invece apprezzabile il rischio idraulico generato al di fuori del territorio provinciale, per cui non verrà considerata la trattazione relativa a tale argomento.

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3 IL RISCHIO IDRAULICO DERIVANTE DAI CORSI D’ACQUA PRINCIPALI

3.1 Lineamenti idrografici del territorio

Nei riguardi dell’idrografia, i 2722 km2 di superficie della Provincia di Vicenza vanno suddivisi per la quasi totalità tra i bacini dei fiumi Brenta, Bacchiglione ed Agno-Guà. Fa eccezione il solo bacino del torrente Chiampo, tributario dell’Alpone (ultimo affluente di origine prealpina del fiume Adige).

Circa 1200 km2, vale a dire il 44% del totale, si estendono al di sotto dell’isoipsa 200 m s.m.m. e possono quindi considerarsi sostanzialmente di pianura, risultando tributari dei corsi d’acqua principali nel loro tratto inferiore, anche al di fuori dei limiti della provincia; i restanti 1500 km2 ricadono nel territorio montano e collinare, dove si sviluppano i bacini di alimentazione dei rispettivi sistemi idrografici.

Mentre il fiume Brenta raggiunge la Provincia di Vicenza quasi al termine del suo tratto montano, per cui nel territorio della stessa ricadono soltanto i suoi ultimi affluenti prealpini, provenienti dal massiccio del monte Grappa e dal margine sud-orientale dell’altopiano dei Sette Comuni, i bacini montani degli altri tre corsi d’acqua, pur di estensione tra loro molto dissimile, si sviluppano per intero (o quasi) in territorio vicentino.

Oltre la metà del territorio della Provincia risulta tributaria del fiume Bacchiglione, il cui bacino imbrifero, a settentrione e ad occidente, ha per un ampio tratto andamento sostanzialmente coincidente con quello dei relativi limiti amministrativi. Alla sezione di Longare, naturale chiusura del sistema idrografico, dove fin dal 1839 sono state eseguite osservazioni orarie dei livelli idrometrici di piena, il bacino imbrifero del Bacchiglione raggiunge infatti una superficie di 1383.68 km2 non essendovi nel tratto immediatamente successivo immissioni di rilievo, il medesimo valore può essere in pratica esteso anche alla successiva sezione di Montegaldella, circa 12 km a valle di Longare, dove, poco prima che il fiume lasci il territorio vicentino, dal 1929 è in funzione una stazione per la misura dei deflussi.

In realtà il torrente Astico, ramo iniziale del sistema idrografico, nasce in Provincia di Trento, a SE di Folgaria, ma raggiunge il territorio vicentino già a monte di Lastebasse. Oltre all’altopiano di Lavarone, appartiene amministrativamente alla Provincia di Trento anche la parte superiore della Val d’Assa, per un totale comunque di soli 82.55 km2, corrispondenti al 6% circa dell’intero bacino montano.

A valle di Montegaldella, in sinistra idrografica, tramite il Tesina Padovano, a sua volta originato dalla confluenza dei fossi Tesinella e Ceresone, risultano tributari del Bacchiglione ulteriori settori della pianura vicentina al confine con quella di Padova.

L’Agno si sviluppa sulla destra idrografica del Bacchiglione; ha origine sul versante meridionale del monte Obante, presso il confine tra le province di Vicenza e di Trento, e nel suo tronco iniziale è alimentato da un complesso di torrenti che scendono tutt’intorno alla conca di Recoaro. Dalla confluenza del Rotolon fino a Recoaro, il torrente scorre da ponente a levante, ricevendo il contributo di molti piccoli affluenti alimentati da risorgive. Da Recoaro a Valdagno piega verso Sud-Est e successivamente, nel tratto da Valdagno a Tezze, prosegue dapprima in direzione Sud-Est e curva poi verso Sud.

Il bacino montano si chiude nei pressi di Lonigo, ad una quota di 30 m s.m.m., dove la superficie tributaria risulta pari a 260.05 km2, con una lieve prevalenza delle formazioni impermeabili (52.6%) su quelle permeabili.

Il torrente Chiampo, il cui bacino imbrifero ha una superficie complessiva pari a 114.42 km2, si immette ora nel torrente Alpone, ultimo affluente di rilievo del fiume Adige, a

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Montebello Vicentino. In passato esso è stato però tributario, in destra idrografìca, del fiume Guà, contribuendo ad aumentarne la gravità delle inondazioni. Per l’estensione decisamente minore rispetto agli altri sistemi idrografici del Vicentino, esso verrà pertanto trattato unitamente allo stesso Agno-Guà.

Il fiume Brenta, terzo (dopo Adige e Piave) per estensione del bacino e rilevanza dei deflussi tra i corsi d’acqua delle Alpi Orientali, si sviluppa a settentrione e ad oriente del Bacchiglione; entra in territorio vicentino nei pressi di Primolano, poco a monte della sezione nella quale, in seguito alla confluenza del Torrente Cismon, il suo bacino tributario risulta più che raddoppiato (passando da 641.63 a 1314.43 km2). Oltre all’area in destra idrografica a valle della confluenza del torrente Grigno e ad alcune porzioni del bacino del Cismon, sono pertanto interamente attribuibili al territorio vicentino i successivi 252.40 km2, tributari del Canal del Brenta, che portano la superficie complessiva alla chiusura del bacino montano, tradizionalmente ubicata nei pressi di Bassano del Grappa, a 1566.83 km2. In questo tratto gli unici affluenti di un certo rilievo sono i torrenti Gadena e Valstagna, rispettivamente con bacini imbriferi di 60.64 ed 89.29 km2, ma il contributo ai deflussi risulta decisamente più significativo, per la presenza di sorgenti carsiche che trovano alimento, anche oltre lo spartiacque orografico, dai settori orientali del sovrastante altopiano dei Sette Comuni, in teoria tributarie del contiguo bacino del Bacchiglione.

A valle di Bassano il fiume Brenta attraversa quindi il territorio della Provincia canalizzato senza ricevere ulteriori affluenti di rilievo.

Nel tratto di pianura i tre principali corsi d’acqua sono tra loro interconnessi, dando luogo ad un sistema idrografico estremamente complesso; questo, se da un lato consente manovre volte a favorire l’officiosità dei singoli rami, si rivela spesso di difficile gestione per le condizioni non tranquillanti di alcuni tronchi, con arginature ai limiti della sicurezza idraulica, nei confronti della sicurezza dagli eventi di piena.

3.2 Regime dei corsi d’acqua 3.2.1 Fiume Bacchiglione

Il regime idrologico del Bacchiglione risulta, in complesso, assai variabile, con rapide transizioni dallo stato di magra a quello di piena. Quando le precipitazioni scarseggiano, a causa della dispersione delle acque dovuta alla forte permeabilità dei terreni ed alle numerose derivazioni industriali, i deflussi sono costituiti unicamente dai contributi dei corsi d’acqua di pianura, alimentati da risorgive.

Per definire il regime idrologico del corso d’acqua si dispone dei dati di deflusso raccolti, a partire dal 1930, alla stazione idrometrografica di Montegaldella, che sottende un bacino di 1384 km2 di superficie, nel quale prevalgono (con il 79%) i terreni di natura permeabile. La stazione dovrebbe essere tuttora in funzione, ma le elaborazioni dei dati registrati si arrestano con il 1975.

Tra il 1930 ed il 1975 la portata media è risultata pari a 29.1 m3/s, valore a cui corrispondono un contributo specifico di 21.0 l/s.km2 ed un’altezza di deflusso annua di 663 mm. Poiché l’afflusso meteorico medio annuo è risultato di 1457 mm, si ricava un co-efficiente di deflusso medio pari a 0.45; il massimo valore annuale del coefficiente di deflusso, pari a 0.68, si è verificato nel primo anno di funzionamento della stazione, quello minimo (0.30) nel 1944 e nel 1945. Le portate medie annue sono variate da un minimo di 13.1 m3/s nel 1943 ed un massimo di 48.9 m3/s nel 1960. Con riferimento all’anno medio, le portate medie mensili ra~giungono il loro massimo nel mese di novembre, con 37.8 m3/s, ed il

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loro minimo, con 19.3 m3/s, in agosto quando anche il coefficiente di deflusso tocca il suo minimo (0.32); il coefficiente di deflusso massimo (0.75) compete invece al mese di febbraio.

Nel settembre 1962 la portata giornaliera è scesa fino ad un valore minimo di 2.61 m3/s.

La portata massima è stata invece registrata il 4 novembre 1966, quando si raggiunse un valore al colmo di 600 m3/s, cui corrisponde un contributo di 434 l/s.km2.

3.2.2 Fiume Agno-Gua’

La parte superiore del bacino ricade nella fascia di massime precipitazioni che partendo dal tratto iniziale dell’Agno ed abbracciando la zona delle Prealpi, si estende fino al limite orientale della regione veneta. A tale situazione si devono attribuire i fenomeni di piene repentine e di magre molto accentuate, caratteristiche peculiari del corso d’acqua.

Per definire il regime idrologico si dispone dei dati di deflusso raccolti, dal 1927 al 1937, alla stazione idrometrografica di Cologna Veneta, in una sezione separata da quella di chiusura del bacino montano, nei pressi di Lonigo, da un tratto arginato di una decina di km di lunghezza; poiché lungo di esso non hanno luogo immissioni di rilievo, la superficie sottesa dalla sezione di misura si può ritenere di 260 km2.

Le portate medie annue sono risultate comprese tra 2.63 ed 8.7 m3/s, con una media per l’intero periodo pari a 6.1 m3/s, valore a cui corrispondono un contributo specifico di 23.60 l/s.km2 ed un’altezza di deflusso annua di 748 mm. Poiché l’afflusso meteorico medio annuo è risultato di 1548 mm, si ricava un coefficiente di deflusso medio pari a 0.48, valore piuttosto basso confermato dall’andamento dei valori annui, che non hanno mai superato il valore 0.65, scendendo ad un minimo di 0.31. Le portate medie mensili hanno raggiunto il loro massimo nel mese di marzo, con 9.50 m3/s, ed il loro minimo in agosto, con 2.95 m3/s.

Nel gennaio 1937 la portata giornaliera è scesa fino ad un valore minimo di 0.40 m3/s, mentre nell’aprile 1928, escludendo l’effetto di laminazione del bacino di espansione di Montebello Vicentino, la massima portata al colmo sarebbe risultata di 360 m3/s, con un contributo, quindi, di 1385 l/s.km2.

3.2.3 Fiume Brenta

Nei riguardi del comportamento idrologico, il sistema Brenta-Cismon si inserirebbe tra i corsi d’acqua subalpini a regime pluvionivale, con deflussi massimi in primavera (quando al contributo delle precipitazioni si assomma quello derivante dallo scioglimento del manto nevoso presente alle quote più elevate) ed in autunno, e minimi in inverno ed in estate. I laghi di Caldonazzo e Levico, per la loro capacità e soprattutto per la loro ubicazione, sono infatti in grado di esercitare un’apprezzabile effetto di regimazione dei deflussi e di laminazione delle piene soltanto sul tratto iniziale del fiume Brenta.

In realtà nel bacino, tra il 1942 ed il 1963, sono stati realizzati 5 sbarramenti di ritenuta, che hanno portato alla formazione di 5 invasi la cui capacità complessiva ammonta a circa 70 milioni di m3. Per la loro ubicazione e per le modalità di esercizio (di tipo elettro-irriguo), questi invasi hanno completamente modificato il regime dei deflussi all’uscita dal bacino montano, giungendo ad influenzare, almeno in qualche misura, anche l’evoluzione dei principali eventi di piena.

Va inoltre tenuto presente che il fiume è interessato da diversioni dal serbatoio del Travignolo (bacino dell’Avisio) volte a garantire una portata di magra estiva non inferiore a 37 m3/s.

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La portata massima è stata registrata il 4 novembre 1966, con una media giornaliera di 1330 m3/s e valore al colmo di 2800 m3/s.

3.3 Notizie storiche sulle piene maggiori e sulle relative esondazioni in Provincia di Vicenza

3.3.1 Fiume Bacchiglione

Le notizie storiche riguardanti le piene del Bacchiglione sono molto abbondanti, probabilmente per il fatto che dalle vicende del corso d’acqua dipendeva la sicurezza delle città di Vicenza e Padova.

Una prima stazione idrometrica fu istituita nel 1839 presso la sezione di Longare. Nel 1930 l’Ufficio Idrografico del Magistrato alle Acque di Venezia rese operativa la stazione idrometrografica di Montegaldella. Uno studio della correlazione tra i livelli idrometrici a Longare e Montegaldella venne sviluppato dal Miliani nel 1939, consentendo di comparare le registrazioni più antiche con i dati della stazione di più recente istituzione. I dati relativi a Montegaldella sono disponibili fino al 1975; in seguito, pur proseguendo le misure idrometriche, non fu più aggiornata la scala delle portate.

Nell’ambito del bacino del Bacchiglione, furono predisposte nel 1949 altre due stazioni idrometrografiche, precisamente a Stancari sul T. Posina, a Forni Val d’Astico sull’Astico. Le relative registrazioni terminarono rispettivamente nel 1958 e nel 1965.

Dai dati registrati e da altre fonti storiche è possibile ricostruire le piene principali degli ultimi due secoli.

Nel secolo XIX, dopo le gravi piene del 1823, 1825 e 1827, che diedero luogo a numerose rotte e provocarono gravi danni, soprattutto nel territorio padovano, si ebbe un periodo di tranquillità, interrotto dalla piena del 1846. In quella circostanza le altezze idrometriche di colmo furono lievemente superiori a quelle verificatesi nel 1825. Piene sempre più gravi si succedettero nel 1856, 1859, 1860, 1863, 1868 e 1872. Mentre ancora si procedeva a diffusi lavori di sovralzo arginale, sopravvenne la memorabile piena del 1882, che assunse il carattere di funesta calamità. I danni maggiori si manifestarono a Padova, con l’inondazione dei quartieri più depressi, e più a valle a San Nicolò e a Pontelongo. In Provincia di Vicenza si verificarono rotte e straripamenti dell’Astico e del Leogra.

Altri due eventi di notevole gravità si verificarono nel 1905 e nel 1907, con particolare pericolo del tratto fluviale a valle di Padova.

Più recentemente si osservarono cinque piene eccezionali, che di seguito elenchiamo:

• Maggio 1926: questa piena fu caratterizzata da precipitazioni molto intense e prolungate che diedero luogo ad un’unica, cospicua onda di piena. L’altezza idrometrica al colmo superò a Longare il livello massimo conosciuto.

• Novembre 1951: in questa occasione le precipitazioni si concentrarono in due nuclei ben distinti, intercalati da apporti molto scarsi; ne conseguirono due distinte onde di piena, la seconda delle quali leggermente inferiore alla prima.

• Ottobre 1953: dai dati pluviometrici e idrometrici risulta che le precipitazioni manifestarono un andamento irregolare con due nuclei, iniziale e finale, di maggiore intensità, che diedero luogo a due distinte onde di piena.

• Settembre 1965: la piena fu causata da due gruppi di precipitazioni della durata complessiva di circa 50 ore e si presentò con due successive onde, con altezze

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idrometriche al colmo notevoli, ma inferiori a quelle successivamente osservate nel 1966.

• Novembre 1966: le precipitazioni, iniziatesi tra la tarda mattinata ed il primo pomeriggio del 3 novembre, si prolungarono con continuità fino alle ore 18 circa del giorno 4, con intensità via via crescente, tanto da far registrare nelle ultime 12 ore più di metà della precipitazione totale. Si trattò, pertanto, di un afflusso meteorico continuo ed intenso che, secondo le vigenti convenzioni, fu ripartito nei giorni pluviometrici 4 e 5 ma che ebbe durata reale di sole 32-34 ore. Analizzando la distribuzione degli apporti meteorici dei giorni 4 e 5 novembre per i bacini del Brenta, del Bacchiglione e dell’Agno-Guà, si rileva come le zone di massima precipitazione, con valori superiori a 400 mm, siano localizzate nel bacino del Cismon e lungo il Basso Brenta, e si prolunghino verso occidente nella Valle dell’Astico. Dalla zona di massimo i valori vanno degradando sia verso le zone di pianura dove, nei due giorni in questione, le precipitazioni sono risultate comprese fra 150 e 50 mm circa, sia verso SO, in direzione del bacino dell’Agno. Nei bacini del Brenta e del Bacchiglione, i valori massimi verificatisi nel novembre 1966 hanno superato, in molte località, quelli relativi al periodo 1921-1950; anche per le stazioni nelle quali le preci-pitazioni del novembre 1966 non hanno raggiunto il massimo valore assoluto del periodo precedente, i valori registrati in quest’occasione rientrano nei primi casi critici della serie.

Nel territorio montano, gli altipiani carsici prealpini pur interessati dai massimi di precipitazione, risentirono meno degli effetti dell’evento alluvionale del 4 novembre 1966, per lo più limitati a rari ed isolati fenomeni franosi. I dissesti furono invece imponenti dove l’acqua, dopo un percorso sotterraneo entro i massicci carsici, riaffiora alimentando il corso inferiore di alcuni torrenti che scendono ripidi dall’Altopiano dei Sette Comuni verso il Brenta (Val Frenzela, Val Gadena) e verso l’Astico (Val d’Assa, Val di Rio Torto). La rilevante intensità delle precipitazioni causò un eccezionale incremento delle altezze idrometriche che, salvo qualche eccezione, superarono i massimi conosciuti. Va ricordato che l’effetto delle precipitazioni particolarmente intense fu aggravato dalla saturazione dei terreni provocata dalle notevoli piogge verificatesi nella seconda quindicina di ottobre, il che, assieme alla concomitante saturazione della capacità d’invaso degli alvei (più o meno ac-centuata a seconda delle caratteristiche dei corsi d’acqua), determinò tempi di corrivazione assai brevi.

Per il Bacchiglione, la precipitazione media ragguagliata sul bacino chiuso a Montegaldella è risultata pari a 217 mm, ma sull’Altopiano dei Sette Comuni (bacino dell’Astico) è stato rilevato un massimo di 401 mm.

L’altezza idrometrica massima e la portata al colmo raggiunte a Montegaldella (quest’ultima riferita al colmo idrometrico e facendo ricorso alla scala delle portate) furono, rispettivamente, di 8.21 m (massimo precedente 8.08 m nel novembre 1951) e di 600 m3/s, valore a cui, nel rapporto del Gruppo di Lavoro coordinato dal prof. Tonini, veniva associato un periodo di ritorno dell’ordine di 50 anni. Come già si è avuto occasione di notare, regolarizzando secondo il metodo di Gumbel i valori riportati nella Pubblicazione n 17 del S.I. per il periodo che va dal 1930 al 1965, alla portata rilevata nel 1966 si può invece associare un periodo di ritorno dell’ordine di 80 anni.

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Va comunque precisato che queste frequenze corrispondono alla portata effettivamente defluita a Montegaldella e che valori di ben diverso ordine di grandezza, più rappresentativi della eccezionalità dell’evento del 1966, si sarebbero ottenuti qualora la portata al colmo non fosse stata attenuata dalle esondazioni conseguenti a due rotte verificatesi alle ore 20 del giorno 4 novembre nell’argine sinistro del Tesina, a Bolzano Vicentino ed a Marola, che provocarono allagamenti nei comuni ad est di Vicenza ed a nord-ovest di Padova. Le rotte lungo il fiume Tesina sono probabilmente in relazione con l’onda di piena causata, in zona montana, dal torrente Zara; quest’ultimo, demolito lo sbarramento di un piccolo lago, produsse notevoli danni lungo la val Posina ed aggravò la già precaria situazione idrologica dell’intero sistema Posina-Astico-Tesina.

L’influenza delle esondazioni non pare di facile valutazione. Sulla base delle indicazioni di “Competenti Uffici” del Vicentino, in assenza di rotte la portata al colmo a Montegaldella avrebbe raggiunto gli 800 m3/s; a questo valore il Gruppo di Lavoro coordinato dal prof. Tonini associa un periodo di ritorno di 400 anni ma, sulla base delle portate verificatesi tra il 1930 ed il 1965, si sarebbe invece ottenuto un periodo di ritorno di oltre 860 anni.

Il sottobacino che nel 1966 ha determinato, con i suoi apporti, l’eccezionalità dell’evento, è stato senza dubbio quello montano dell’Astico; dalle misure di portata allo scarico della diga di Leda si sarebbero rilevate infatti portate massime di circa 670 m3/s. A valle della diga, sia per la larghezza dell’alveo (mediamente di 80-100 m) e la presenza di opere trasversali che ne diminuiscono la pendenza aumentandone capienza ed invaso, sia per la potenza dello strato ghiaioso drenante di fondo, la portata al colmo dell’Astico ha certamente subito riduzioni di un certo rilievo.

3.3.2 Fiume Agno-Guà

Numerose sono le notizie delle piene verificatesi nei secoli passati. Qui basterà ricordare che la piena verificatasi nel 1826, giudicata la più elevata di quelle sino ad allora conosciute, venne superata nel 1836 e che in tale evento rimasero allagati per circa un mese i bassi terreni tra il Fratta ed il Gorzone ed una notevole superficie di terre coltivate. Nel 1837, in una memoria idrometrica e progetto di sistemazione di Guà e Frassine, il Paleocapa scriveva: “all’epoca in cui venne istituito il sistema idrografico Frassine – S.Caterina – Gorzone, ossia nel XVI secolo, l’Agno, da cui in sostanza dipendono tutti i presenti disastri, era torrente placidissimo. La valle di Trissino traversata da questo torrente non risentiva che il beneficio delle sue alluvioni tranquille e regolari. Compiuto però il disboscamento delle vali superiori a cui succedettero le frane e le erosioni, mutate insomma le condizioni dei tronchi superiori, il sistema che prima era buono per ogni stato d’acqua, ora non lo è più che per gli stati di magra”.

Nel 1882 anche l’Agno-Guà fu interessato da una piena eccezionale, che mise in particolare evidenza la fragilità del sistema e stimolò la realizzazione di diversi interventi di rialzo arginale, di rettifica e di creazione di bacini di espansione. Tra questi ultimi vanno ricordati gli invasi di Trissino e di Montebello Vicentino, ultimati rispettivamente nel 1910 e nel 1927.

Nel secolo XX si possono ricordare le cinque maggiori piene:

• Maggio 1926: la piena fu caratterizzata da precipitazioni molto intense e prolungate, che diedero luogo ad un’unica cospicua onda di piena. L’altezza

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idrometrica al colmo a Cologna Veneta ha raggiunto in quell’occasione il livello massimo finora conosciuto (5.75 m).

• Novembre 1951: in questa occasione le precipitazioni si concentrarono in due nuclei ben distinti, intercalati da apporti molto scarsi; ne conseguirono due distinte onde di piena, la seconda delle quali leggermente inferiore alla prima.

• Ottobre 1953: dai dati pluviometrici e idrometrici risulta che le precipitazioni manifestarono un andamento irregolare con due nuclei, iniziale e finale, di maggiore intensità, che diedero luogo a due distinte onde di piena.

• Settembre 1965: la piena fu causata da due gruppi di precipitazioni della durata complessiva di circa 50 ore e si presentò con due successive onde, con altezze idrometriche al colmo notevoli, ma inferiori a quelle successivamente osservate nel 1966. L’altezza idrometrica massima a Cologna Veneta (4.10 m) fu inferiore a quella della piena massima del 1926 (5.75 m) ed a quelle di altre 10 piene conosciute.

• Novembre 1966: le precipitazioni, iniziatesi tra la tarda mattinata ed il primo pomeriggio del 3 novembre, si prolungarono con continuità fino alle ore 18 circa del giorno 4, con intensità pressoché costante. Nel bacino dell’Agno-Guà, ove generalmente si registrano precipitazioni superiori a quelle dei bacini contermini, i valori relativi al 4 e 5 novembre 1966 non raggiunsero i 300 mm, mantenendosi quindi inferiori ai massimi verificatisi in precedenza; l’afflusso medio ragguagliato sul bacino montano chiuso a Lonigo fu di 169 mm.

A Cologna Veneta, nella serata del 4 novembre si raggiunse un’altezza idrometrica massima pari a 5.58 m, alla quale, in base alla scala delle portate, corrisponde un valore al colmo di 340 m3/s. Trattasi di una portata alquanto superiore a quella rilevata nel novembre 1951 (298 m3/s) ma comunque inferiore a quella verificatasi nel maggio 1926, quando venne raggiunto un valore al colmo di 363 m3/s. Da un’analisi della forma dell’onda di piena si osserva un primo arresto della crescenza dell’onda nelle prime ore del giorno 4, in conseguenza dell’entrata in funzione del bacino di Montebello Vicentino.

Lungo il tratto di pianura l’Agno-Guà allagò soltanto aree di limitata estensione a sud di Montebello Vicentino. Gli allagamenti furono dovuti alla impossibilità di caricare ulteriormente il bacino scolmatore di Montebello, che si rivelò comunque di grande utilità nella attenuazione dei livelli di piena.

3.3.3 Fiume Brenta

Nel secolo XIX le piene del Brenta si succedettero con frequenza notevolissima. Uno degli eventi più gravi si verificò nel 1823, ma particolarmente significativo è il fatto che nel ventennio 1838-1877 il fiume sorpassò a Bassano il segnale di guardia ben 285 volte. La piena più grave del Brenta fu comunque quella del 1882, sia per le altezze raggiunte dall’acqua, sia per la durata dell’intumescenza, sia per i gravissimi danni provocati. Il 16 settembre 1882 le acque del fiume raggiunsero all’idrometro di Bassano la quota fino ad allora mai toccata di 4.75 m.

L’alluvione del 1882 stimolò le amministrazioni austriaca e italiana a notevoli lavori di sistemazione dei tratti di loro competenza, con diffusi interventi di regimazione dei deflussi e di rialzo arginale.

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Nel secolo XX notevoli piene furono registrate nel 1905 e nel 1907, con valori idrometrici a Stra compresi tra i cinque massimi storici nel periodo 1882-1966. Le cinque piene successive di maggiore rilievo e migliore documentazione sono descritte in seguito:

• Maggio 1926: la piena fu caratterizzata da precipitazioni molto intense e prolungate, che diedero luogo ad un’unica cospicua onda di piena. L’altezza idrometrica al colmo a Bassano risultò inferiore a quella registrata nel 1882.

• Novembre 1951: in questa occasione le precipitazioni si concentrarono in due nuclei ben distinti, intercalati da apporti molto scarsi; ne conseguirono due distinte onde di piena, la seconda delle quali nella stazione di Bassano leggermente inferiore alla prima.

• Ottobre 1953: dai dati pluviometrici e idrometrici risulta che le precipitazioni manifestarono un andamento irregolare con due nuclei, iniziale e finale, di maggiore intensità, che diedero luogo a due distinte onde di piena.

• Settembre 1965: la piena fu causata da due gruppi di precipitazioni della durata complessiva di circa 50 ore e si presentò con due successive onde, con altezze idrometriche al colmo notevoli, ma alquanto inferiori a quelle degli anni 1882, 1926, 1928 e 1953, e a quelle successivamente osservate nel 1966. La quota idrometrica massima a Bassano fu pari a 3.50 m, a fronte del valore di 4.75 del 1882.

• Novembre 1966: per il bacino montano del fiume Brenta chiuso a Bassano del Grappa la precipitazione media ragguagliata è risultata pari a 262 mm ma, nell’ambito del bacino del Cismon, per il 4 ed il 5 novembre fu misurato un apporto meteorico massimo di 520 mm.

L’altezza idrometrica e la portata al colmo raggiunte a Bassano (quest’ultima riferita al colmo idrometrico e facendo ricorso alla scala delle portate) furono, rispettivamente, di 5.60 m (massimo precedente 4.75 m nel settembre 1882) e di 2800 m3/s, valore, quest’ultimo, associato ad un periodo di ritorno dell’ordine di 500 anni, assai indicativo della eccezionalità dell’evento, pur con le necessarie riserve riguardanti l’estensione del periodo di osservazione, limitato al periodo 1922-1935 e dal quale risultano quindi esclusi gli eventi del 1951 e del 1953.

A monte di Bassano il Brenta allagò la piana di Primolano fino alla ferrovia, ma ben più gravi risultarono i dissesti provocati dal Cismon. Nel breve tratto robustamente imbrigliato che intercorre tra la diga del Corlo e la confluenza nel Brenta l’apporto solido da monte risulta trascurabile; superata l’ultima briglia, la potenzialità erosiva del torrente si scaricò pertanto sulle alluvioni deposte tra il ponte della Statale e la confluenza, mobilizzandole: vennero così allagati la Statale, l’abitato di Cismon e gran parte della piana antistante.

A valle di Bassano il fiume risentì del passaggio dell’onda di piena in modo differenziato. Nel primo tratto, fino a Fontaniva, il corso d’acqua si sviluppa infatti nell’Alta Pianura, corrispondente all’ampia ed appiattita conoide che il fiume stesso ha costituito allo sbocco dalla profonda incisione montana; in condizioni normali le alluvioni fluvioglaciali, grossolane e permeabili, ancora sensibilmente inclinate, assorbono gran parte degli apporti idrici, ed il fiume si trova a divagare con modeste portate su un ampio letto ghiaioso. In occasione delle piene, l’abbondante deflusso di subalveo, sfasato in ritardo rispetto a

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quello superficiale, contribuisce a limitare le portate e a ridurne gli effetti. Non va dimenticato, inoltre, che l’escavazione massiccia delle ghiaie, iniziatasi già negli anni ‘50, può aver contribuito ad un più facile contenimento delle portate di piena. A monte di Fontaniva, nonostante la pendenza media relativamente elevata, ancora superiore allo 0.4%, gli effetti dell’onda di piena furono pertanto molto ridotti, limitati a modeste erosioni di sponda a Cittadella ed al confine tra Cittadella e Fontaniva, quindi già fuori del territorio vicentino. A partire da Fontaniva, al progressivo restringersi dell’alveo fluviale si accompagnò invece un graduale aumento dell’entità degli allagamenti, dapprima con sommersione di limitate aree golenali, quindi di estese aree agricole ed insediative; il fenomeno giunse ad interessare 3400 ha (1150 in destra e 2250 in sinistra). Il meccanismo di fuoriuscita dell’acqua fu sostanzialmente per esondazione da numerosi punti. L’unica rotta si ebbe sull’argine destro, a nord dell’abitato di Limena.

3.3.4 Aree allagate in Provincia di Vicenza nel novembre 1966

La piena del 1966 provocò allagamenti diffusi in gran parte della Provincia di Vicenza. In particolare si possono elencare le seguenti aree interessate dall’evento:

• esondazione del T. Astico nel tratto montano compreso tra i comuni di Lastebasse, Pedemonte e Valdastico e in prossimità della confluenza del T. Posina nei comuni di Arsiero, Cogollo del Cengio e Velo d’Astico;

• crisi diffuse dei torrenti Zara, Posina e Rio Freddo nei comuni di Posina, Laghi, Arsiero e Velo d’Astico;

• esondazioni localizzate del T. Astico nel tratto tra Piovene Rocchette e lo sbocco in pianura, in particolare in tre aree comprese nei comuni di Piovene Rocchette, Caltrano, Chiuppano, Calvene, Lugo di Vicenza, Zugliano e Fara Vicentino;

• allagamento di un’ampia area compresa tra il rio Tribolo, il T. Tesina, la roggia Tesinella e il F. Tesina Padovano, nei comuni di Bolzano Vicentino, Quinto Vicentino, Vicenza, Torri di Quartesolo, Grumolo delle Abbadesse, Camisano Vicentino, Grisignano di Zocco e Montegalda;

• diffuse esondazioni del Bacchiglione a monte di Vicenza, fin dalla confluenza del T. Igna, nei territori dei comuni di Dueville, Caldogno e Vicenza;

• crisi del F. Astichello nei comuni di Monticello Conte Otto e Vicenza;

• allagamento della zona di S.Agostino ad opera del F. Retrone, nei comuni di Altavilla Vicentina, Arcugnano e Vicenza;

• tracimazioni diffuse del Bacchiglione tra Vicenza e la confluenza del T. Tesina, nei comuni di Vicenza, Torri di Quartesolo e Longare;

• esondazione del F. Guà in un’area compresa nei comuni di Montebello Vicentino, Sarego e Lonigo;

• esondazioni localizzate nel tratto montano del F. Brenta, nei territori dei comuni di Cismon del Grappa, Valstagna, S.Nazario, Campolongo sul Brenta e Bassano del Grappa;

• allagamenti diffusi lungo il corso di pianura del F. Brenta nei comuni di Bassano del Grappa, Nove, Cartigliano, Pozzoleone e Tezze sul Brenta.

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3.4 Studi sul rischio idraulico

Studi sul rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali sono stati di recente svolti dall’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta – Bacchiglione. I criteri per la valutazione del rischio adottati da tale autorità per lo studio in esame risultano diversi da quelli precedentemente citati, consistenti nel raggruppare il rischio nelle quattro categorie R1, R2, R3 ed R4. In particolare, l’analisi del rischio idraulico è stata articolata nei suddetti studi in tre diversi ambiti, ciascuno relativo ad aspetti differenti e complementari del tema. La definizione del coefficiente di rischio si ottiene così attraverso la sintesi numerica di tre distinti fattori, contraddistinti dalle lettere “A”, “B” e “C”, e rappresentativi rispettivamente dell’aspetto storico, del danno e della pericolosità.

Il fattore storico (fattore A) mette in evidenza le problematiche di sicurezza idraulica riscontrate in passato, in occasione di eventi di piena caratterizzati da una particolare criticità. Esso viene espresso come funzione della tipologia di danno procurata dall’evento critico di piena e viene attribuito a quei tratti dell’asta fluviale che si sono rivelati deficitari dal punto di vista della sicurezza idraulica.

Il secondo fattore (fattore B) descrive il danno economico o ambientale che un’esondazione può procurare agli insediamenti abitativi, agli insediamenti produttivi ed alle infrastrutture che gravitano entro l’area in cui è circoscrivibile l’evoluzione del fenomeno.

Il fattore di pericolosità (fattore C) esprime infine una valutazione sulla natura e sull’intensità degli eventi catastrofici considerati, tenendo conto anche delle caratteristiche e degli aspetti locali del territorio che possono favorire o limitare lo sviluppo di un evento calamitoso.

I tre fattori citati non coincidono con i criteri prescritti dal D.P.C.M. del 29/11/1998, pur essendo ad essi correlati. Il fattore A considera infatti un aspetto storico che la normativa attuale non prevede. Il fattore B, che pure più si avvicina, è riferito non a specifiche porzioni di territorio ma singoli tronchi fluviali, in funzione delle aree soggette a una loro eventuale crisi. Il fattore C introduce valutazioni di tipo idraulico e strutturale dell’adeguatezza del corso d’acqua.

Per lo studio del rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali è opportuno fare comunque riferimento al fattore di pericolosità, perché esso riassume l’indispensabile procedimento di individuazione dei tronchi di maggiore criticità attraverso semplici criteri idraulici e morfologici.

Il fattore C si ottiene come sommatoria di tre contributi.

Il primo termine riguarda le ipotizzabili limitazioni alla capacità di deflusso del corso d’acqua e considera i possibili ostacoli incontrati dalla corrente: manufatti in alveo che riducano in maniera significativa la sezione trasversale, depositi prodotti da fenomeni di sovralluvionamento o presenza di vegetazione d’alto fusto in alveo, che, se mobilitata durante una piena, possa ostruire la luce di deflusso in corrispondenza a ponti o ad altri manufatti. Il valore di questo elemento può variare da 0 ad un massimo di 20 punti, come indicato in Tabella 1.

Il secondo contributo è legato ai limiti delle difese esistenti e riguarda le inadeguatezze sia strutturali sia funzionali delle arginature.

Per inadeguatezza funzionale si intende la riduzione o l’annullamento, con conseguente esondazione, del franco di sicurezza tra pelo libero in piena e sommità arginale, il cui valore

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minimo è di un metro. Tale inadeguatezza può essere evidenziata tramite l’applicazione del modello matematico propagatorio, per eventi di piena con differenti tempi di ritorno.

Per inadeguatezza strutturale si intende l’incapacità da parte del rilevato arginale di contrastare il sifonamento; ciò si verifica nei tratti fluviali in cui gli argini sono privi di diaframmature o hanno una sezione non sufficientemente ampia da contenere al loro interno la linea di saturazione. Tale carenza è descritta da un incremento di 15 punti del fattore di pericolosità.

Un’ulteriore maggiorazione del fattore di pericolosità viene attribuita ai tratti di asta fluviale con alveo pensile o nei quali si osservino fenomeni di erosione di sponda, distinguendo poi se l’erosione è presente su un argine in froldo o su un argine in golena. In quest’ultimo caso, infatti, il pericolo che l’erosione possa degenerare in criticità strutturale è minore.

Il valore di questo secondo contributo può variare tra 0 e 60 punti; il valore massimo caratterizzerà quei tratti in cui si verifichino limiti funzionali delle arginature per eventi ricorrenti di tempo di ritorno pari a 10 anni, con il concomitante verificarsi di tutte le situazioni di ulteriore potenziale pericolo e di crisi strutturale.

L’ultimo elemento descrittivo del fattore di pericolosità, complementare a quello inerente i limiti delle difese esistenti, riguarda la stima della dimensione della potenziale esondazione. Utilizzando la carta morfologica è possibile stimare la dimensione della potenziale esondazione, nei casi in cui il modello matematico propagatorio evidenzi una tracimazione degli argini. A seconda della dimensione della superficie allagabile, il peso di questo elemento varia tra 5 e 20 punti.

Il valore massimo che può assumere il fattore C di pericolosità è pari a 100.

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Tabella 1. Valori numerici del coefficiente di rischio

FATTORE STORICO A

FATTORE DI DANNO B

FATTORE DI PERICOLOSITÀ

C

Nessun danno 0 Lesioni 15 Distruzioni 25 Vittime 60

Insediamenti abitativi Nessun insediamento 0 Case sparse 10 Nuclei 15 Frazioni 25 Centri 30

Limitazione alla capacità di deflusso

Sovralluvionamento 0-5 Presenza di vegetazione in alveo 0-5 Presenza di manufatti in alveo 0-10

Insediamenti produttivi Assenti 0 Presenti 20

Limiti delle difese esistenti - inadeguatezza sommità arginale per Tr=10 anni 30 per Tr=50 anni 20 per Tr=100 anni 10 - arginature inadeguate a contrastare fenomeni di sifonamento 15 - ulteriore pericolo potenziale dovuto a pensilità dell’alveo 10 - fenomeni di erosione di sponda d’alveo in froldo 5 - fenomeni di erosione di sponda d’alveo con golena 2

Infrastrutture viarie Strade o ferrovie: - secondarie 5 - principali 10 (presenza di ponti +5)

Stima della dimensione della potenziale esondazione

- in area delimitata da rilevati: < 1 km² 5 compresa tra 1 e 5 km² 10 > 5 km² 15

- in area non delimitata da rilevati 20 Altre infrastrutture

Reti di acquedotto e fognatura 5 Interruzione linee di alta tensione 10 Grandi linee di adduzione idropotabile 10 Grandi sistemi di produzione idropotabile 15

Danno ambientale Modificazioni del paesaggio - riparabili 5 - irreversibili 10 Gravi alterazioni della disponibilità di risorse idriche 20

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Nello studio dell’Autorità di bacino, i tronchi fluviali sono poi raggruppati in 5 classi, in funzione del valore assunto dal fattore di pericolosità, secondo il seguente criterio:

Classe 1 C < 10 Classe 2 10 < C < 20 Classe 3 20 < C < 30 Classe 4 30 < C < 50 Classe 5 C > 50

Nella Provincia di Vicenza i tratti caratterizzati dal rischio idraulico più elevato e da frequenza probabile di esondazione elevata risultano i seguenti:

• Fiume Retrone, con classe di pericolosità 4 e con frequenza probabile di esondazione inferiore a 10 anni;

• Torrente Timonchio e Fiume Bacchiglione in prossimità della confluenza, nel territorio dei comuni di Caldogno, Villaverla e Dueville, con classe di pericolosità 4 e frequenza probabile di esondazione inferiore a 10 anni in destra, con classe di pericolosità 3 e frequenza probabile di esondazione inferiore a 50 anni in sinistra;

• Fiume Bacchiglione tra la confluenza del Torrente Orolo e Borgo S.Croce, in comune di Vicenza, con classe di pericolosità 2 e frequenza probabile di esondazione in destra inferiore a 50 anni;

• Fiume Bacchiglione tra Borgo S.Croce e il centro cittadino di Vicenza, con classe di pericolosità 3 in destra e 4 in sinistra e con frequenza probabile di esondazione inferiore a 50 anni in sinistra;

• Fiume Tesina in comune di Torri di Quartesolo, a monte del ponte della SS 11, con classe di pericolosità 4 e con frequenza probabile di esondazione inferiore a 50 anni;

• Fiume Ceresone nei comuni di Grisignano di Zocco e di Camisano Vicentino, a monte del tracciato dell’ex ferrovia militare, in prossimità della frazione di Poiana di Granfion, con classe di pericolosità 3 e con frequenza probabile di esondazione inferiore a 50 anni;

Altri tratti fluviali di classe 4 e 5 sono i seguenti:

• Fiume Bacchiglione da Vicenza a Debba, in comune di Vicenza, con classe di pericolosità 4 in destra;

• Canale Bisatto a monte di Lozzo, nei comuni di Albettone e Agugliaro, con classe di pericolosità 5;

• Fiume Guà nei comuni di Sarego e Lonigo, tra Sarego e la frazione di Bagnolo, con classe di pericolosità 4 in destra;

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Una rappresentazione del rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali, e definita in base ai criteri precedentemente esposti, è riportata nelle Tavole 2.1 e 2.2.

3.5 Il rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali

Tenendo conto degli elementi acquisiti da diverse ricerche, tra le quali le indagini svolte dalla Regione del Veneto, si sono delimitate le aree a rischio idraulico, derivanti in particolare dai corsi d’acqua principali compresi nella Provincia, e ricadenti nelle categorie R2, R3 ed R4 che contraddistinguono il rischio più elevato.

Sono state in tal modo individuate le seguenti aree a rischio:

• rischio R4: aree a ridosso del F. Brenta comprese nei comuni di Cismon del Grappa, Valstagna, S.Nazario, Solagna e Bassano del Grappa;

• rischio R3: aree a ridosso del F. Brenta comprese nei comuni di Cismon del Grappa, S. Nazario e Valstagna; aree a ridosso del T. Astico comprese nel comune di Valdastico; aree a ridosso del F. Retrone comprese nei comuni di Vicenza, Arcugnano, Altavilla Vicentina e Creazzo; area a ridosso dei fiumi Bacchiglione e Astichello compresa nel comune di Vicenza; aree a ridosso del F. Tesina comprese nei comuni di Vicenza e Torri di Quartesolo;

• rischio R2: area a ridosso del F. Brenta compresa nel comune di S. Nazario; aree a ridosso del T. Astico comprese nel comune di Valdastico; aree a ridosso del F. Retrone comprese nei comuni di Vicenza, Arcugnano e Altavilla Vicentina e Creazzo; aree a ridosso del F. Tesina comprese nei comuni di Vicenza e Torri di Quartesolo; area a ridosso del F. Ceresone compresa nei comuni di Camisano Vicentino e Grisignano di Zocco.

Oltre alle aree indicate, sono state segnalate alcune situazioni di rischio idraulico relative a tronchi stradali soggetti a possibili allagamenti improvvisi. Per tali casi non è opportuno individuare una perimetrazione precisa d’area; sono stati semplicemente segnalati gli assi viari a rischio:

• rischio R4: S.S. 350 di Folgaria e Valdastico nel comune di Valdastico, circa 1500 m a monte della frazione di Maso e circa 300 m a valle della frazione di Forni; S.P. Pedescala – Ponte Maso, nel comune di Valdastico a monte dell’abitato di Pedescala e a monte della frazione di Forme Cerati, lungo la deviazione a ridosso del T.Astico; S.P. da Pedescala a Rotzo, nel comune di Valdastico in prossimità della frazione di Pedescala;

• rischio R3: tratto di strada comunale in comune di Pedemonte a valle della località Scalzeri.

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4 IL RISCHIO IDRAULICO DERIVANTE DAI COLLETTORI DI BONIFICA

4.1 I consorzi di bonifica in Provincia di Vicenza

In Provincia di Vicenza sono compresi, in tutto o in parte, i comprensori dei seguenti Consorzi di bonifica: Medio Astico Bacchiglione, Riviera Berica, Pedemontano Brenta, Zerpano Adige Guà, Euganeo.

4.1.1 Consorzio di bonifica Medio Astico Bacchiglione

Il Consorzio di bonifica Medio Astico Bacchiglione ha sede a Thiene (VI) ed estende il suo comprensorio sulla porzione dell’alta pianura vicentina a ridosso delle prealpi Asiaghesi a nord, lungo la dorsale delle colline Berico – Lessiniche ad ovest, sino a Vicenza e ad est in fregio all’asta idrografica dell’Astico – Tesina fino alla confluenza con il Bacchiglione a sud del capoluogo. Il Consorzio si estende su una superficie di 38.496 ettari, interamente nella Provincia di Vicenza, e comprende, per intero o in parte, il territorio di 27 comuni.

4.1.2 Consorzio di bonifica Riviera Berica

Il Consorzio di bonifica Riviera Berica ha sede in Sossano (VI) ed il suo comprensorio è costituito dalla parte dell’area Berico Vicentina tra Agno Guà e Bacchiglione. Il territorio del Consorzio si estende su una superficie di 57174 ettari, nelle province di Vicenza, Verona e Padova e comprende, per intero o in parte, il territorio di 38 comuni, dei quali 34 in Provincia di Vicenza (per un totale di 52512 ha), 2 in quella di Verona (2805 ha) e 2 in Provincia di Padova (1857 ha).

4.1.3 Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta

Il Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta ha sede in Cittadella (PD) e il suo comprensorio si estende nell’alta pianura veneta a cavallo del fiume Brenta, tra il fiume Astico – Tesina ad Ovest ed il fiume Muson dei Sassi ad est, dai massicci prealpini del Grappa e dell’Altopiano di Asiago a nord fino al fiume Bacchiglione a sud. Il comprensorio del Consorzio si estende su di una superficie di 70662 ettari, nelle province di Vicenza, Padova e Treviso. Comprende, per intero o in parte, il territorio di 54 comuni, dei quali 30 in Provincia di Vicenza (37357 ha), 21 in Provincia di Padova (30766 ha) e 3 in quella di Treviso (2539 ha).

4.1.4 Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà

Il Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà ha sede in San Bonifacio (VR) e il suo comprensorio comprende sostanzialmente l’area orientale della Provincia di Verona ed occidentale della Provincia di Vicenza, tra i fiumi Adige a sud – ovest e Guà – Fratta ad est. Il confine settentrionale coincide invece con i limiti delle comunità montane della Lessinia e del Guà – Chiampo. Il comprensorio del Consorzio si estende su di una superficie di 76702 ettari, nelle province di Verona, Vicenza e Padova. Comprende, per intero o in parte, il territorio di 42 comuni, dei quali 30 in Provincia di Verona (63580 ha), 9 in quella di Vicenza (12622 ha) e 3 in Provincia di Padova (500 ha).

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4.1.5 Consorzio di bonifica Euganeo

Il Consorzio di bonifica Euganeo ha sede in Este (PD) e il suo comprensorio costituisce quella parte delle aree delle province di Padova, Vicenza e Verona approssimativamente compresa tra le propaggini dei Berici a nord, l’Adige a sud, i colli Euganei ad est ed il fiume Fratta ad ovest. Il comprensorio del Consorzio si estende su di una superficie di 70170 ettari, nelle province di Padova, Vicenza e Verona. Comprende, per intero o in parte, il territorio di 49 comuni, dei quali 36 in Provincia di Padova (55612 ha), 9 in quella di Vicenza (11942 ha) e 4 in Provincia di Verona (2616 ha).

4.2 Canali di bonifica appartenenti ai Consorzi in Provincia di Vicenza

I canali di bonifica, gestiti dai Consorzi in Provincia di Vicenza sono assai numerosi, e si estendono su una lunghezza di circa 2170 km.

4.2.1 Consorzio di bonifica Medio Astico Bacchiglione

Nel comprensorio del Consorzio di bonifica Medio Astico Bacchiglione, interamente situato in Provincia di Vicenza, ricadono 405 collettori di bonifica e corsi d’acqua minori, per una lunghezza complessiva di circa 676 km.

4.2.2 Consorzio di bonifica Riviera Berica

Nella parte del Consorzio di bonifica Riviera Berica in Provincia di Vicenza ricadono 305 collettori di bonifica e corsi d’acqua minori, per una lunghezza complessiva di circa 631 km.

4.2.3 Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta

Nella parte del Consorzio di bonifica Pedemontano Brenta in Provincia di Vicenza ricadono 557 collettori di bonifica e corsi d’acqua minori, per una lunghezza complessiva di circa 977 km.

4.2.4 Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà

Nella parte del Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà in Provincia di Vicenza ricadono 83 collettori di bonifica e corsi d’acqua minori, per una lunghezza complessiva di circa 143 km.

4.2.5 Consorzio di bonifica Euganeo

Nella parte del Consorzio di bonifica Euganeo in Provincia di Vicenza ricadono 64 collettori di bonifica e corsi d’acqua minori, per una lunghezza complessiva di circa 144 km.

4.3 Indagini complessive sul carattere del rischio idraulico

I caratteri complessivi del rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua di bonifica appartenenti ai citati 5 Consorzi di bonifica possono essere desunti da un’indagine statistica recentemente svolta [20], i cui risultati sono riportati in Tabella 2, nella quale sono riportate rispettivamente le superfici soggette ad allagamento nell’ultimo trentennio, le lunghezze dei

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corsi d’acqua consortili con alvei insufficienti, le superfici idraulicamente sofferenti, le superfici a rischio di inondazione da tracimazione di arginature.

Tabella 2. Caratteri complessivi del rischio idraulico nei comprensori dei Consorzi di bonifica interessanti anche la Provincia di Vicenza

Superfici soggette ad allagamento nell’ultimo

trentennio

Corsi d’acqua consortili con alvei insufficienti

Superfici idraulicamente sofferenti

Superfici a rischio di inondazione da tracimazione di

arginature

Consorzio di

bonifica ha % km % ha % ha %

Medio Astico Bacchiglione

3000 7.79 40 7.05 6182 16.06 8000 20.78

Riviera Berica 2500 4.37 281 53.63 4050 7.08 3200 5.60

Pedemontano Brenta 10599 15.00 123 17.50 7930 11.22 42397 60.00

Zerpano Adige Guà 8170 10.65 185 24.77 22865 29.81 47170 61.50

Euganeo 4000 5.70 24 2.94 22175 31.60 0 0.00

Allegata a tale pubblicazione è stata redatta una “Mappa della pericolosità idraulica”, che riporta le aree soggette a frequenti allagamenti (con tempo di ritorno pari a 2-5 anni) e quelle storicamente allagate negli ultimi 20 anni. Tale carta, riprodotta nelle Tavole 1.1 e 1.2, pone in evidenza la vastità delle superfici oggetto di allagamento per effetto di esondazione da collettori di bonifica nel corso degli ultimi anni.

4.4 Il rischio idraulico derivante dai collettori di bonifica

Un’analisi di dettaglio sul rischio idraulico derivante dai collettori di bonifica in Provincia di Vicenza è stata svolta ricorrendo particolarmente a documentazione raccolta presso i consorzi stessi. Nell’ambito di tale ricerca, sono stati individuati, in base agli elementi disponibili, il carattere del rischio e la superficie ad esso interessata.

Per quanto riguarda il carattere del rischio idraulico, esso sembra appartenere prevalentemente alla categoria R1, per cui a questa è stato uniformato nelle rappresentazioni grafiche; non si può escludere in ogni caso, dato il limitato intervallo di frontiera fra le categorie R1 e R2, che in alcuni casi esso possa essere assimilato alla categoria R2.

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5 IL RISCHIO IDRAULICO IN PROVINCIA DI VICENZA

Le aree soggette a rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali e dai collettori di bonifica in Provincia di Vicenza, desunte dalle fonti precedentemente citate, sono state suddivise nelle quattro categorie di rischio R1, R2, R3 ed R4 previste dal D.P.C.M. del 29 novembre 1998. Le aree a rischio elevato (R3 ed R4) sono rappresentate in dettaglio nelle Tavole 3.1 – 3.11, con l’indicazione degli elementi vulnerabili a rischio tra quelli indicati dall’amministrazione provinciale.

In termini sintetici, le superfici interessate a rischio idraulico risultano le seguenti:

• rischio R1 moderato 9699 ha

• rischio R2 medio 1490 ha

• rischio R3 elevato 876 ha

• rischio R4 molto elevato 9 ha

Totale 12074 ha

In Tabella 4 per ciascun comune della Provincia di Vicenza è segnalata l’area delle zone caratterizzate da rischio idraulico da R1 a R4.

Vale la pena di sottolineare che i valori relativi alle aree con rischio medio (R2) o superiore sono da ritenersi di buona affidabilità, essendo frutto di elaborazioni e verifiche idrauliche approfondite, svolte principalmente dall’Autorità di Bacino dei Fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta – Bacchiglione. Le aree contrassegnate da rischio R1, invece, indicano per lo più situazioni di pericolosità idraulica per insufficienza della rete minore: per esse è estremamente difficile valutare una perimetrazione univoca, e i dati riportati a riguardo vanno dunque considerati puramente indicativi.

Si ricorda, inoltre, che il concetto di rischio, di qualsiasi natura, è frutto della collocazione di un elemento vulnerabile (di valore sociale, economico o ambientale) in un’area pericolosa. Le aree a rischio idraulico, pertanto, non coincidono con le aree allagabili, ma all’interno di queste individuano le zone in cui un evento alluvionale potrebbe produrre danni agli elementi attualmente esistenti. In base a questi criteri, conformi alla normativa vigente, non si considerano a rischio le aree soggette ad allagamenti anche frequenti, ma prive di elementi vulnerabili.

Di questo è necessario tener conto in fase di pianificazione territoriale e urbanistica: la stima di rischio nullo o moderato di una zona non esclude la pericolosità idraulica dell’area. L’analisi di rischio, quindi, può essere utilizzata per stabilire dei vincoli, ma non ha valore “negativo”. Una corretta pianificazione del territorio, in altre parole, non deve escludere vincoli della stessa natura anche in zone attualmente non a rischio, ma potenzialmente tali se soggette ad urbanizzazione, quando cioè vi si collochino elementi di un qualche valore sociale o economico.

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Tabella 3. Aree a rischio idraulico in m2 nei comuni della Provincia di Vicenza.

Comune R1 R2 R3 R4 TOT

AGUGLIARO ALBETTONE 3799842 3799842 ALONTE 22403 22403 ALTAVILLA VICENTINA 471258 2061 1454370 1927689 ALTISSIMO ARCUGNANO 3498033 1579386 555526 5632946 ARSIERO ARZIGNANO 174197 174197 ASIAGO ASIGLIANO VENETO 523746 523746 BARBARANO VICENTINO 954458 954458 BASSANO DEL GRAPPA 653234 37348 690582 BOLZANO VICENTINO 1765884 1765884 BREGANZE 263082 263082 BRENDOLA 3722000 3722000 BRESSANVIDO 625956 625956 BROGLIANO 1482902 1482902 CALDOGNO CALTRANO CALVENE CAMISANO VICENTINO 1579059 3052481 4631540 CAMPIGLIA DEI BERICI 1014021 1014021 CAMPOLONGO SUL BRENTA CARRE' CARTIGLIANO CASSOLA 9242 9242 CASTEGNERO CASTELGOMBERTO 2765434 2765434 CHIAMPO CHIUPPANO CISMON DEL GRAPPA 74297 2913 77210 COGOLLO DEL CENGIO CONCO CORNEDO VICENTINO 2263359 2263359 COSTABISSARA CREAZZO 889006 2238705 264358 3392070 CRESPADORO DUEVILLE ENEGO FARA VICENTINO FOZA GALLIO GAMBELLARA 3061483 3061483 GAMBUGLIANO 495736 495736 GRANCONA 120937 120937 GRISIGNANO DI ZOCCO 1416067 3764579 5180646 GRUMOLO DELLE ABBADESSE 1593256 1593256 ISOLA VICENTINA 3066468 3066468 LAGHI LASTEBASSE LONGARE 185730 185730 LONIGO 250241 250241 LUGO DI VICENZA LUSIANA MALO 1533793 1533793 MARANO VICENTINO MAROSTICA 1174612 1174612 MASON VICENTINO 480227 480227 MOLVENA MONTE DI MALO

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Comune R1 R2 R3 R4 TOT

MONTEBELLO VICENTINO 535957 535957 MONTECCHIO MAGGIORE 187210 187210 MONTECCHIO PRECALCINO MONTEGALDA 1047675 1047675 MONTEGALDELLA MONTEVIALE 2189918 2189918 MONTICELLO CONTE OTTO 4863518 4863518 MONTORSO VICENTINO 1429998 1429998 MOSSANO 1747002 1747002 MUSSOLENTE 2199920 2199920 NANTO NOGAROLE VICENTINO NOVE NOVENTA VICENTINA 4521515 4521515 ORGIANO 994315 994315 PEDEMONTE PIANEZZE 148270 148270 PIOVENE ROCCHETTE POIANA MAGGIORE 4061991 4061991 POSINA POVE DEL GRAPPA POZZOLEONE QUINTO VICENTINO 4164886 4164886 RECOARO TERME ROANA ROMANO D'EZZELINO 1353017 1353017 ROSA' ROSSANO VENETO ROTZO SALCEDO SAN GERMANO DEI BERICI 3655286 3655286 SAN NAZARIO 1394 40959 981 43333 SAN PIETRO MUSSOLINO SAN VITO DI LEGUZZANO SANDRIGO 255101 255101 SANTORSO 169197 169197 SARCEDO SAREGO SCHIAVON 489727 489727 SCHIO 194679 194679 SOLAGNA 7958 7958 SOSSANO 5188034 5188034 SOVIZZO 3488133 3488133 TEZZE SUL BRENTA 118141 118141 THIENE 486440 486440 TONEZZA DEL CIMONE TORREBELVICINO TORRI DI QUARTESOLO 1610436 1875580 1057661 4543677 TRISSINO 447537 447537 VALDAGNO 1053978 1053978 VALDASTICO 26791 17270 44061 VALLI DEL PASUBIO VALSTAGNA 2505 42427 44932 VELO D'ASTICO VICENZA 4652053 2355096 5289709 12296857 VILLAGA 5822398 5822398 VILLAVERLA ZANE' ZERMEGHEDO 53676 53676 ZOVENCEDO ZUGLIANO Totale complessivo 96985674 14896072 8756654 91627 120730028

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Tabella 4. Aree a rischio idraulico nei comuni della Provincia di Vicenza in percentuale sul territorio comunale.

Comune R1 R2 R3 R4 TOT

AGUGLIARO ALBETTONE 18.926 18.926 ALONTE 0.201 0.201 ALTAVILLA VICENTINA 2.822 0.012 8.709 11.543 ALTISSIMO ARCUGNANO 8.412 3.798 1.336 13.546 ARSIERO ARZIGNANO 0.510 0.510 ASIAGO ASIGLIANO VENETO 6.420 6.420 BARBARANO VICENTINO 4.898 4.898 BASSANO DEL GRAPPA 1.387 0.079 1.466 BOLZANO VICENTINO 8.918 8.918 BREGANZE 1.208 1.208 BRENDOLA 14.536 14.536 BRESSANVIDO 7.490 7.490 BROGLIANO 12.254 12.254 CALDOGNO CALTRANO CALVENE CAMISANO VICENTINO 5.268 10.179 15.447 CAMPIGLIA DEI BERICI 9.159 9.159 CAMPOLONGO SUL BRENTA CARRE' CARTIGLIANO CASSOLA 0.072 0.072 CASTEGNERO CASTELGOMBERTO 15.880 15.880 CHIAMPO CHIUPPANO CISMON DEL GRAPPA 0.213 0.008 0.221 COGOLLO DEL CENGIO CONCO CORNEDO VICENTINO 9.603 9.603 COSTABISSARA CREAZZO 8.453 21.287 2.514 32.254 CRESPADORO DUEVILLE ENEGO FARA VICENTINO FOZA GALLIO GAMBELLARA 23.507 23.507 GAMBUGLIANO 6.220 6.220 GRANCONA 0.978 0.978 GRISIGNANO DI ZOCCO 8.187 21.762 29.949 GRUMOLO DELLE ABBADESSE 10.589 10.589 ISOLA VICENTINA 11.574 11.574 LAGHI LASTEBASSE LONGARE 0.815 0.815 LONIGO 0.506 0.506 LUGO DI VICENZA LUSIANA MALO 5.017 5.017 MARANO VICENTINO MAROSTICA 3.221 3.221 MASON VICENTINO 4.013 4.013 MOLVENA MONTE DI MALO MONTEBELLO VICENTINO 2.495 2.495

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Comune R1 R2 R3 R4 TOT

MONTECCHIO MAGGIORE 0.614 0.614 MONTECCHIO PRECALCINO MONTEGALDA 5.941 5.941 MONTEGALDELLA MONTEVIALE 25.998 25.998 MONTICELLO CONTE OTTO 47.201 47.201 MONTORSO VICENTINO 15.405 15.405 MOSSANO 12.437 12.437 MUSSOLENTE 14.428 14.428 NANTO NOGAROLE VICENTINO NOVE NOVENTA VICENTINA 19.775 19.775 ORGIANO 5.541 5.541 PEDEMONTE PIANEZZE 2.960 2.960 PIOVENE ROCCHETTE POIANA MAGGIORE 14.321 14.321 POSINA POVE DEL GRAPPA POZZOLEONE QUINTO VICENTINO 23.895 23.895 RECOARO TERME ROANA ROMANO D'EZZELINO 6.336 6.336 ROSA' ROSSANO VENETO ROTZO SALCEDO SAN GERMANO DEI BERICI 23.626 23.626 SAN NAZARIO 0.006 0.178 0.004 0.188 SAN PIETRO MUSSOLINO SAN VITO DI LEGUZZANO SANDRIGO 0.909 0.909 SANTORSO 1.277 1.277 SARCEDO SAREGO SCHIAVON 4.081 4.081 SCHIO 0.294 0.294 SOLAGNA 0.050 0.050 SOSSANO 24.373 24.373 SOVIZZO 22.269 22.269 TEZZE SUL BRENTA 0.656 0.656 THIENE 2.477 2.477 TONEZZA DEL CIMONE TORREBELVICINO TORRI DI QUARTESOLO 8.620 10.039 5.661 24.320 TRISSINO 2.031 2.031 VALDAGNO 2.095 2.095 VALDASTICO 0.112 0.072 0.184 VALLI DEL PASUBIO VALSTAGNA 0.010 0.164 0.174 VELO D'ASTICO VICENZA 5.778 2.925 6.568 15.271 VILLAGA 25.127 25.127 VILLAVERLA ZANE' ZERMEGHEDO 1.803 1.803 ZOVENCEDO ZUGLIANO

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6 TENDENZE EVOLUTIVE DEL RISCHIO

Risulta acquisito in letteratura ed anche nella mentalità comune il concetto in base al quale il rischio idraulico tende ad aumentare con l’incremento dell’urbanizzazione, in assenza di adeguate opere di mitigazione dei coefficienti udometrici.

A tale tendenza non sfugge il territorio della Provincia di Vicenza, nel quale non sono state realizzati negli ultimi decenni interventi strutturali di grande rilevanza idonei a mitigare il pericolo di esondazioni.

In particolare non hanno trovato seguito le proposte formulate dalla Commissione De Marchi dopo la grande piena del novembre 1966, soprattutto per quanto riguarda le opere principali previste: la diga di Meda e il serbatoio di Marola, quest’ultimo non più realizzabile per l’estendersi dell’edificazione nell’area ad esso inizialmente dedicata.

La mancanza di interventi adeguati nell’ambito delle grandi opere è stata in parte compensata da interventi diffusi sulle reti idrauliche, sia principali che di bonifica, i quali hanno contribuito a mitigare il pericolo o l’entità di esondazione: numerosissime sono state le opere realizzate dagli Enti nel territorio per eliminare situazioni di particolare criticità.

Risulta evidente tuttavia che tali interventi, se da un lato hanno consentito di limitare i danni conseguenti alle ricorrenti piene, sono però ben lungi da risolvere l’essenza del problema.

Si rendono pertanto necessari interventi strutturali adeguati, a partire da alcune delle grandi opere proposte per la sicurezza idraulica che interessano le principali aste fluviali del territorio.

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7 SUGGERIMENTI E PROPOSTE PER UNA POLITICA DI PREVENZIONE DEGLI ALLAGAMENTI

7.1 Interventi strutturali sui corsi d’acqua principali

Varie sono state nel corso del tempo le proposte per interventi strutturali volti alla mitigazione del rischio idraulico derivante dai corsi d’acqua principali. Tali proposte sono state in particolare riprese di recente in vari studi condotti dall’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta – Bacchiglione, nell’ambito di un interesse rivolto anche alla creazione di maggiori disponibilità di risorsa idrica oltre che di difesa idraulica.

7.1.1 Sistema Astico – Tesina – Bacchiglione

La rilevanza del bacino del fiume Bacchiglione e del torrente Astico - Tesina rende ragione dell’importanza della regolazione dei suoi deflussi ai fini della sicurezza idraulica dei territori circostanti. Numerosi e popolosi sono i centri abitati interessati: fra questi spiccano per rilevanza le città di Vicenza e di Padova.

Fortemente critica risulta la situazione idraulica lungo il tratto del torrente Astico - Tesina compreso tra Quinto Vicentino, Marola e Torri di Quartesolo fino alla confluenza con il Bacchiglione, soprattutto in destra orografica. In particolare, in corrispondenza del ponte della S.S. 11, il raggiungimento di portate di piena tra 350 e 400 m3/s, corrispondenti a tempi di ritorno di circa 5 anni, comporta il rischio di allagamento del centro abitato di Torri di Quartesolo, come verificatosi negli anni 1966 e 1993.

Anche a valle della confluenza Bacchiglione – Tesina eventi di piena del fiume Bacchiglione caratterizzati da portate di circa 600 m3/s determinano estesi tratti di riduzione del franco di sicurezza e possono provocare pericolo di esondazione in località Montegaldella e fino all’attraversamento della città di Padova.

I provvedimenti per la messa in sicurezza idraulica del sistema Bacchiglione – Astico – Tesina potrebbero teoricamente essere costituiti da un esteso adeguamento degli alvei e delle protezioni spondali. In alternativa, è necessaria una serie di interventi tesi a moderare i colmi di piena entro i limiti sostenibili allo stato attuale dei corsi d’acqua in questione. Considerata l’entità dei problemi nonché le caratteristiche del territorio, la prima alternativa è da ritenersi impraticabile sia per il notevole onere economico ed il rilevante impatto ambientale degli interventi necessari, sia per le connesse difficoltà di manutenzione.

Sono dunque necessari provvedimenti di contenimento e di moderazione dei fenomeni di piena nel bacino idrografico del Bacchiglione e dei suoi affluenti principali, considerandone la fattibilità operativa in relazione alla presenza di fattori condizionanti naturali ed antropici, l’efficacia, l’impatto ambientale e il rapporto tra i costi di investimento e gestione e i benefici diretti ed indiretti conseguibili.

In tale senso devono essere valutati i seguenti aspetti:

• non appaiono tecnicamente ed economicamente fattibili eventuali opere significative per la laminazione delle piene all’interno e nelle immediate vicinanze del fiume Bacchiglione, per l’intero tratto compreso tra l’origine e Montegaldella;

• alle portate di morbida e di piena del fiume Bacchiglione contribuiscono in maniera sostanziale e con tempi di ritorno abbastanza coincidenti gli apporti dell’affluente Astico – Tesina, in una percentuale dell’ordine del 40-50%;

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• interventi per la moderazione delle piene sono al contrario convenientemente eseguibili lungo il corso medio-basso del torrente Astico – Tesina: la loro realizzazione, oltre a risolvere i problemi presenti in tale tratto, avrebbe effetti significativi anche sul fiume Bacchiglione, in base a quanto evidenziato nel punto precedente.

In conformità alle presenti considerazioni, la proposta qui formulata, che riprende i risultati di studi precedenti, prevede una serie di opere di laminazione delle piene del bacino idrografico del Bacchiglione che comprendono la realizzazione di un invaso della capacità di circa 9 milioni m3 sul torrente Astico in località Meda, tra Piovene Rocchette e Cogollo del Cengio e di una cassa di espansione del volume di circa 15 milioni m3 in corrispondenza delle esistenti cave estrattive poste in fregio al torrente Astico nella zona di Breganze – Sandrigo.

Già nel 1968 la Commissione Interministeriale De Marchi aveva fortemente raccomandato la costruzione di un serbatoio sul torrente Astico, come necessaria soluzione alla sistemazione idraulica del bacino del fiume Bacchiglione, individuando come posizione più opportuna lo stesso sito qui indicato.

Con riferimento agli effetti di laminazione delle piene del sistema Astico – Tesina – Bacchiglione, una simulazione su modello idrologico-matematico ha confermato che l’intervento proposto permetterebbe di ridurre il valore della portata naturale di colmo a valle di Sandrigo da 460 a 330 m3/s. In corrispondenza della confluenza nel Bacchiglione, la portata verrebbe corrispondentemente diminuita da 500 a 360 m3/s (Figura 1), con un beneficio, in termini di livello idrometrico nel Bacchiglione, di circa 0.40 e 0.80 m, rispettivamente a monte e a valle dell’immissione.

Figura 1. T. Tesina alla confluenza col Bacchiglione. Effetto congiunto di laminazione del serbatoio di Meda e delle casse di Sandrigo.

Torrente Tesina alla confluenza con il Bacchiglione (tp= 24 h, TR = 100 anni)

0

100

200

300

400

500

600

700

0 12 24 36 48 60 72 84

tempo (h)

Po

rtat

a (m

3 /s)

non laminato

con serbatoio e casse diespansione

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7.1.1.1 Invaso sul torrente Astico

Lo sbarramento è previsto in località Leda, in corrispondenza di una stretta gola meandriforme del torrente Astico tra Piovene Rocchette e Cogollo del Cengio. Essa è costituita da dolomia affiorante ed è caratterizzata da pareti sub-verticali della profondità di 70 m e da una larghezza di base di 10 m. La sezione di imposta può essere situata nelle immediate vicinanze dell’esistente sbarramento di proprietà Lanerossi-Marzotto, che presenta una quota di coronamento a 231.5 m s.m.m. e forma un invaso di 700000 m3 lordi, utilizzato a solo fine idroelettrico attraverso una galleria di adduzione a pelo libero alla centrale di Bessè della capacità di 5.9 m3/s.

L’attuale opera potrebbe essere convenientemente usata come avandiga di monte durante la costruzione, qualora risultasse possibile una localizzazione del nuovo sbarramento immediatamente a valle dell’esistente.

Il nuovo sbarramento può essere costituito da una diga a gravità o ad arco-gravità con quota di massimo livello idrometrico di riempimento pari a 247÷248 m s.m.m., che permette di ottenere un invaso con un volume lordo di 9 milioni m3.

La zona presenta favorevoli condizioni geologico – geotecniche in termini di sicurezza statico – strutturale dell’opera. Infatti, dall’indagine geologica condotta a supporto degli studi della Commissione De Marchi emerse che la costruzione dello sbarramento risultava fattibile in quanto le condizioni statiche e di tenuta del sito erano definite favorevoli sia per la natura litologica della roccia, sia per la giacitura dei banchi rocciosi.

Anche le condizioni di stabilità e di tenuta dei fianchi del previsto serbatoio erano risultate favorevoli: in sponda destra i depositi morenici appoggiano su di un substrato roccioso collegato con la dolomia affiorante nella gola, mentre si ritiene probabile la presenza in sponda sinistra di un antico tronco vallivo sepolto dai materiali morenici, che non sembra creare problemi particolari, date le notevoli dimensioni longitudinali dei terreni di riempimento e lo spessore, certamente notevole, del diaframma roccioso che separa l'attuale formazione epigenetica dall'alveo sepolto.

Si ipotizza di contenere l’altezza di ritenuta della diga entro i 25 m, benché le condizioni geologiche consentano una maggiore altezza, per evitare che le spese di esproprio conseguenti alla concentrazione degli insediamenti nell’area sottesa, quali centri abitati, opifici ed anche un'opera monumentale assumano entità tali da rendere troppo oneroso il progetto di un serbatoio di maggior volume.

Lo sbarramento proposto è dotato di uno sfioratore libero delle portate di colmo e, ai fini della laminazione delle piene, può essere indicativamente destinato un volume invasabile di 4÷5 milioni m3 al fine di contenere le escursioni del livello nel bacino ad un massimo di circa 4 m per ridurre l’impatto ambientale.

Nello sbarramento è inoltre previsto un sistema di scarichi di fondo e mezzo fondo per operare le manovre di svotamento e sghiaiamento del serbatoio, nonché per regolare il rilascio a valle di una portata stagionalmente modulabile destinata alla ricarica della falda ad all’utilizzo irriguo attraverso la derivazione del Canale Mordini.

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Figura 2. Vista prospettica da valle della diga di Meda [5].

L’invaso formato dallo sbarramento proposto è localizzato in corrispondenza di un’ampia varice dell’alveo del torrente Astico, formatasi a seguito di un’espansione creatasi in epoca glaciale e poi parzialmente ricoperta da depositi alluvionali. La morfologia della zona è favorevole alla creazione di un serbatoio, combinandosi questo con le caratteristiche naturali e naturalistiche della conca alveare in questione.

Figura 3. Vista prospettica dell’invaso della diga di Meda [5].

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Le alluvioni ed i depositi morenici delle sponde poggiano su un substrato roccioso collegato con la dolomia affiorante nella gola di valle. Non esistono particolari problemi in relazione alla stabilità dei versanti ed alla tenuta idraulica complessiva del serbatoio.

Come già detto, il livello massimo di ritenuta nell’invaso è contenuto alla quota di 247÷248 m s.m.m. allo scopo di non creare alcuna interferenza con le varie strutture esistenti e future, nonché con gli insediamenti produttivi a valle di Velo d’Astico.

Al livello massimo, l’invaso occupa una superficie di circa 1 km2 e le escursioni di livello sono previste entro un valore massimo di 4 m allo scopo di ottenere un ridotto impatto ambientale. I collegamenti stradali esistenti permettono senza difficoltà l’accesso alle sponde del bacino, favorendo l’insediamento di attività ricreative e sociali.

7.1.1.2 Cassa di espansione di Breganze - Sandrigo

In un’area ricadente sul territorio amministrativo dei Comuni di Breganze e Sandrigo e situata in fregio alla sponda sinistra del torrente Astico, sono attualmente presenti alcuni impianti di estrazione degli inerti con un volume scavato attualmente valutabile in circa 8 milioni m3 concentrato in tre distinte cave coltivate a 45° e con profondità variabili da 20 a 35 m sul piano di campagna.

L’intervento proposto prevede di utilizzare le attuali cave, opportunamente riadattate, come cassa di espansione per la laminazione delle piene del torrente Astico, con efficacia autonoma o combinata con il serbatoio di Leda.

Il nuovo utilizzo rende necessaria la realizzazione di una serie di interventi di adattamento e trasformazione delle esistenti cave ed in particolare:

• un abbassamento del piano di campagna dell’area circostante le attuali cave estrattive, con la formazione di due distinti bacini, invasabili a quote diverse, ed una sistemazione a gradoni all’interno di ciascun bacino, mediante l’adozione di una geometria confacente alle funzioni di laminazione delle piene; ciò comporta un aumento del volume complessivo disponibile per il riempimento delle portate del torrente Astico dagli attuali 8 milioni m3 ad un valore ottimale compreso tra 13÷15 milioni m3;

• un’interconnessione dei due bacini mediante collegamento idraulico attraverso una soglia sfiorante regolata con paratoie, così da rendere possibile un funzionamento a cascata, con riempimento da monte verso valle progressivo e controllabile. Si ottiene così un effetto di decantazione del materiale solido trasportato dalle piene del torrente Astico, che rimarrebbe contenuto all’interno del bacino situato più a monte;

• la realizzazione di un’opera di intercettazione a quota fissa sul torrente Astico in corrispondenza della soglia regolata d’ingresso al bacino di espansione più a monte, che limiti la derivazione a portate di morbida e di piena dell’Astico con valori superiori a 180÷200 m3/s. Per portate inferiori non è conveniente riempire l’invaso disponibile, perché si riduce l’effetto di laminazione prodotto dalla cassa di espansione sulle onde di piena eccezionale;

• la realizzazione di una soglia regolata di recapito all’alveo del torrente Astico dei volumi di piena laminati in corrispondenza del bacino più a valle.

La cassa di espansione verrà alimentata attraverso uno sfioratore, la cui soglia è posta intorno a 94 m s.m.m., quota che consente di scolmare le portate del torrente Astico superiori a 180÷200 m3/s. Tale sfioratore è previsto parallelo alla direzione della corrente e non presidiato con paratoie di regolazione della luce, in maniera da consentire un automatismo di

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funzionamento in caso di piena. La lunghezza dello sfioratore è pari a 120 m; esso è sagomato secondo il profilo Creager – Scimemi. In corrispondenza dello sfioratore è prevista la realizzazione nell’alveo del torrente Astico di una soglia fissa della larghezza di 140 m.

La cassa di espansione è suddivisa in due bacini, che vengono resi comunicanti da una soglia sfiorante posta a quota 90 m s.m.m., e cioè a 2 m al di sotto del livello di massimo invaso del bacino 1. Il bacino 2 può restituire la portata entrante in eccesso attraverso un’altra soglia sfiorante posta lungo il lato di valle della cassa di espansione ad una quota di 83 m s.m.m.. Le due soglie sono state dimensionate per consentire lo sfioro della portata massima entrante nella cassa di espansione in corrispondenza alla piena centenaria, e cioè per una portata di 165 m3/s.

Ai piedi delle tre soglie previste, quella di derivazione dal torrente Astico e quelle sui due bacini che costituiscono la cassa di espansione, è previsto un adeguato dispositivo di dissipazione e di smorzamento della vena liquida di tracimazione.

Figura 4. Vista prospettica della proposta sistemazione delle casse di espansione di Breganze e Sandrigo [5].

Nella zona in cui è prevista la costruzione della cassa di espansione, il terreno risulta notevolmente permeabile, per cui è prevedibile uno svotamento delle casse in tempi sufficientemente rapidi. L’apporto di materiale fine nel corso delle piene può tuttavia far presumere una riduzione di permeabilità ed un incremento del tempo di dispersione.

Risulta evidente tuttavia l’opportunità di abbreviare i tempi di vuotamento in alcune situazioni, in maniera da consentire l’invaso di piene consecutive. Per tale motivo sono stati previsti due scarichi di fondo. Il primo, situato sulla soglia sfiorante interposta tra i due bacini, è a quota 78 m s.m.m.. Il secondo, sulla soglia sfiorante di valle, è previsto a quota 76 m s.m.m.. Gli scarichi di fondo, opportunamente presidiati, sono costituiti da condotte del diametro di 2 m.

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7.1.2 Bacino del Bacchiglione – fiume Retrone

La sistemazione del Retrone, con le conseguenti implicazioni sulla sicurezza idraulica del nodo di Vicenza, è un problema che è stato oggetto di attenzione fin dai primi anni del secolo, con conseguente elaborazione di varie soluzioni progettuali, fino al più recente, datato 1990, nessuna delle quali ha avuto pratica realizzazione.

Nel seguito sono riportate le proposte di sistemazione, ordinate in senso crescente di beneficio, nei confronti del nodo di S.Agostino, dove per l’elevata densità di insediamenti produttivi ed abitativi è maggiormente sentito il problema della sicurezza idraulica.

In particolare:

• risezionamento del tratto cittadino del Retrone, inteso come intervento di espurgo e pulizia dell’alveo per asportare il materiale depositatosi per effetto del rigurgito soprattutto nel tratto compreso da ponte Maganza fino a valle del ponte della ferrovia;

• risezionamento del fosso Cordano, affluente di destra del Retrone che, assieme alla roggia Dioma, drena le acque di scolo della zona ovest di Vicenza e di quella industriale; l’intervento prevede altresì l’individuazione di un bacino ad allagamento controllato sulle aree agricole del bacino del Cordano, la cui efficacia potrebbe risultare ulteriormente accresciuta con la realizzazione di una cassa di espansione vera e propria;

• risezionamento della roggia Dioma con realizzazione di rialzi arginali immediatamente prima della confluenza in Retrone, con conseguente riduzione del rischio idraulico ad eventi critici di piena di tempo di ritorno decennale;

• diversione della roggia Dioma verso una cassa di espansione nel bacino del Cordano, da attuarsi attraverso uno sbarramento trasversale e lo sfruttamento di un’area agricola di allagamento opportunamente arginata; detto intervento consente di fronteggiare eventi di piena caratterizzati da tempi di ritorno di 50 anni;

• realizzazione di una cassa di espansione sul Timonchio, del volume di 3.5 milioni m3 e con superficie di 100 ha, in un’area individuata nel comune di Caldogno, ai limiti con Villaverla; detta collocazione risulta ideale perché consente di sottendere l’intero bacino montano del Leogra – Timonchio, conseguendo il massimo effetto di laminazione; il presente intervento ha una valenza molto elevata per quanto riguarda la sicurezza idraulica della città di Vicenza ma ha un effetto poco significativo se rapportato alla sicurezza idraulica del solo Retrone;

• realizzazione di un canale scolmatore in grado di convogliare tutta o parte della portata di piena del Retrone direttamente in Bacchiglione, a Debba, previa costruzione delle citate casse di espansione sul Timonchio; mentre la realizzazione degli interventi finora descritti porta, al massimo livello di aggregazione degli stessi, ad ottenere un beneficio a S.Agostino corrispondente alla possibilità di far fronte ad eventi di piena che mediamente possono verificarsi ogni 50 anni, questo intervento, pur risultando il più impegnativo tra gli interventi previsti dal punto di vista economico e costruttivo, consente, in compenso, di fronteggiare eventi critici caratterizzati da tempi di ritorno di 100 anni;

• risezionamento di due anse fluviali del Bacchiglione nel tratto compreso tra la confluenza del Retrone ed il ponte di Longare, con incremento della capacità di

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portata del Bacchiglione ma effetto nullo nei riguardi della sicurezza idraulica del Retrone;

• risezionamento del Retrone nel tratto Sovizzo – S.Agostino, allargando la base dell’alveo e ridisegnando le sponde; l’intervento, che pure permette di ridurre il rischio idraulico a monte di S.Agostino, non comporta alcun beneficio per l’area urbana ed industriale di Vicenza ed anzi potrebbe determinare innalzamenti del pelo libero nella zona di S.Agostino;

• realizzazione di zone ad allagamento controllato a Sovizzo e ad Olmo di Creazzo – Altavilla, in modo tale da ottenere un volume di invaso di circa 800000-1000000 di m3, atto a laminare le portate di piena dei due affluenti di monte più importanti del Retrone;

• sistemazione del torrente Riello, ovvero di un piccolo affluente del fiume Retrone, che nel suo tratto terminale, essendo fortemente rigurgitato dal Retrone stesso, produce vistosi allagamenti nella campagna circostante. L’intervento in questione può essere realizzato mediante rialzi arginali oppure con costruzione di un impianto idrovoro o di un diversivo.

L’entità degli interventi necessari per la definitiva sistemazione del fiume Retrone ne rende impraticabile la realizzabilità in tempi brevi. È tuttavia proponibile una soluzione di prima fase che comprende parte delle opere precedentemente descritte e permette di far fronte agli eventi critici nel nodo di S.Agostino per tempi di ritorno fino a 50 anni. Essa si basa sulla gestione ottimizzata delle onde di piena degli affluenti del Retrone (Dioma e Cordano) coerente con le diverse quote di piena e con l’invaso dei colmi entro tre casse di espansione localizzate tra l’autostrada ed il Retrone, della superficie complessiva di circa 81 ettari.

Più precisamente, l’intervento prevede la realizzazione delle seguenti opere:

• sbarramento del Dioma a monte del recapito dell’idrovora della fognatura da attivare per quote del Retrone superiori a 31.50 m s.m.m.;

• cassa di espansione di circa 36 ettari ricavati a cavallo del vecchio corso del Cordano, atta ad invasare le piene del Dioma;

• deviazione del colmo di piena del Dioma nella cassa di espansione precedentemente descritta, mediante sifone sottopassante Retrone e Cordano;

• costruzione del nodo di smistamento e sollevamento sul Cordano;

• casse di espansione da realizzarsi a cavallo del vecchio corso del Cordano ed in adiacenza della strada Gogna, della superficie complessiva di 25 e 20 ettari rispettivamente, atte ad invasare le piene del Cordano;

• rialzo e ringrosso delle arginature del torrente Riello.

7.1.3 Bacino del Bacchiglione – torrenti Leogra – Timonchio

L’analisi di rischio idraulico evidenzia, per il bacino del Leogra-Timonchio, la possibilità di esondazioni nel tratto compreso tra Caldogno e Cresole, soprattutto nel punto in cui il corso d’acqua confluisce nelle risorgive che originano il Bacchiglione, e nel tratto compreso tra la confluenza con l’Orolo e la sezione di Vicenza specie nel tratto a monte di Ponte degli Angeli.

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I punti critici menzionati si trovano a valle della posizione individuata per la realizzazione di una cassa di espansione lungo il Timonchio nel territorio del comune di Caldogno. Questo intervento non appare tuttavia decisivo a portare beneficio idraulico al centro storico della città di Vicenza, se non inserito in un quadro complessivo idoneo ad utilizzare l’insieme degli invasi reperibili lungo i corsi d’acqua a monte della città.

7.1.4 Bacino del Bacchiglione – torrente Giara – Orolo

L’analisi di rischio non evidenzia particolari situazioni di criticità per cui non sono allo stato attuale prefigurabili interventi sistematori di rilievo. Si ricorda peraltro la necessità di operare periodicamente interventi manutentori sia per mantenere attiva la capacità di deflusso del corso d’acqua, evitando che la vegetazione spontanea ingombrante possa occupare le sponde interne degli argini o addirittura l’alveo centrale, sia per garantire la completa funzionalità delle opere di difesa trasversali e longitudinali oggi esistenti.

7.1.5 Bacino del Bacchiglione – fiume Ceresone – Tesina Padovano

Quantunque non si riscontrino elevate punte del coefficiente di rischio idraulico, il Ceresone presenta lungo tutto il tronco terminale e nella parte compresa tra Camisano e Campodoro la possibilità che si verifichino esondazioni con piene caratterizzate da tempi di ritorno superiori a 50 anni.

Nel tratto terminale, interamente compreso in Provincia di Padova, il fatto è dovuto all’insufficienza dei rilevati arginali, posti a quota inferiore rispetto all’altezza del pelo libero di piena nel Bacchiglione e quindi superati dal profilo di rigurgito che ne deriva. A ciò si può agevolmente ovviare con un modesto rialzo delle difese longitudinali, anche in considerazione di eventuali benefici indotti sul Bacchiglione da interventi realizzati a monte (per esempio le casse di espansione sul Timonchio e sull’Astico).

Nel tratto iniziale invece le esondazioni sono dovute alla limitata capacità di portata del fiume. Qui si può ridurre il coefficiente di rischio, eliminando le attuali possibilità di esondazione, con la realizzazione di casse di espansione in margine al corso d’acqua.

Queste aree potrebbero ad esempio essere realizzate in margine alla roggia Puina, che rappresenta il maggiore tra gli affluenti del Ceresone a monte del tratto in cui si possono verificare le esondazioni, per cui sottenderebbero un ampio bacino imbrifero e consentirebbero di ottenere il maggiore beneficio di laminazione. A tal fine particolarmente idonea risulterebbe l’area a nord – ovest dell’abitato di Camisano, tra le località S.Maria e Rampazzo.

7.1.6 Bacino del Bacchiglione – canale Bisatto – Battaglia

In Provincia di Vicenza, il canale Bisatto – Battaglia è messo in crisi da eventi caratterizzati da un tempo di ritorno di 50 – 100 anni se si considerano le attuali condizioni di deflusso. In tale situazione il profilo idrometrico è pur sempre contenuto entro le quote arginali del canale, ma con forti riduzioni del franco di sicurezza di 1 m ed uno stato di incipiente esondazione nella zona a nord del monte Lozzo, nei comuni vicentini di Agugliaro e Albettone, poco più a valle delle immissioni di alcuni affluenti del canale (Nina, Rio Zovon e Liona).

Nell’ipotesi che tutta la portata generata in alcuni bacini tributari di monte possa giungere nel canale (bacini del Fimon e del Liona), le condizioni idrometriche conseguenti sarebbero incompatibili con le quote attuali degli argini del Bisatto, essendo i tronchi di valle

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sottodimensionati rispetto agli incrementi di portata considerati. Va però ricordato che tali sottobacini sono costituiti da territori soggetti alla bonifica agraria, il cui sistema di canali di drenaggio è generalmente dimensionato per eventi con tempo di ritorno compreso tra 10 e 30 anni. Per questo motivo, in concomitanza con i più importanti eventi di piena, le condizioni critiche con esondazioni ed allagamenti diffusi si manifestano dapprima negli scoli di bonifica, mentre i canali di valle sono posti al sicuro proprio per effetto delle tracimazioni della rete tributaria.

Per affrancare i sottobacini del Bisatto – Battaglia dalle situazioni che provocano allagamenti relativamente frequenti non è tuttavia opportuno incrementare semplicemente la capacità di portata dei canali secondari, per poter convogliare verso valle tutta la portata attualmente in eccesso. Allo stato attuale tali situazioni sarebbero incompatibili con la sicurezza idraulica del canale ricettore principale. Un conseguente adeguamento della capacità di portata dell’alveo del Bisatto per fronteggiare gli eventi estremi con frequenza probabile di 100 anni, richiederebbe inoltre rialzi arginali di entità improponibile, a fronte della notevole pensilità che già attualmente caratterizza il canale a valle di Barbarano e di Albettone e fino a Battaglia Terme.

Per far fronte a questi eventi è preferibile quindi realizzare dei bacini di accumulo temporaneo dell’acqua, proprio nei sottobacini attualmente sofferenti, in aggiunta a quelli già esistenti nel sottobacino del Liona. In questo modo si ottiene il duplice scopo di ridurre i colmi di piena del Bisatto e di invasare le acque, che altrimenti si sparpaglierebbero su vaste zone di campagna, in aree ben definite, comunque coltivabili e fruibili quando non utilizzate a fini idraulici. Tali interventi andrebbero localizzati in particolare nel sottobacino del lago di Fimon, per governare gli allagamenti spontanei dovuti all’ostruzione al deflusso dello scolo Marza, principale collettore dell’area, e, più a valle, nel bacino del Liona, con l’ampliamento di un invaso già esistente in località Pozzale e con la realizzazione ex novo di una cassa di espansione sullo scolo Siron.

I provvedimenti elencati possono essere associati a un programma per la manutenzione del canale Bisatto che preveda interventi di sistemazione di sponda e rinforzi arginali, ove necessari, nonché interventi periodici di ricalibratura delle sezioni per il mantenimento delle quote di fondo del canale, onde evitare i fenomeni di interrimento oggi in atto.

7.1.7 Bacino dell’Agno - Guà - Gorzone – asta principale

Nell’ambito del bacino dell’Agno – Guà – Gorzone il Magistrato alle Acque di Venezia ha realizzato negli anni 1926 –1928 un complesso di opere denominate “Bacino idraulico di Montebello Vicentino”. Allo stato attuale, risultano improbabili elementi di rischio nel territorio della Provincia di Vicenza. Per eventi caratterizzati da tempi di ritorno di 50 e 100 anni, infatti, si manifestano insufficienze arginali solo a valle, nel tratto terminale del Gorzone e nel canale S.Caterina in prossimità di Este.

È opportuno tuttavia analizzare in questa sede la questione, poiché gli interventi proposti per la prevenzione degli allagamenti dell’Agno – Guà – Gorzone verrebbero localizzati a monte, in Provincia di Vicenza. Un adeguamento della capacità di portata dell’alveo laddove esso risulta insufficiente, infatti, richiederebbe rialzi arginali in tratti parzialmente pensili, dove i rilevati presentano già altezze considerevoli rispetto al piano campagna. Per fronteggiare questi eventi è preferibile ridurre in limiti più accettabili i colmi di piena dell’Agno - Guà attraverso invasi appositamente predisposti. A tal fine possono essere prefigurati i seguenti interventi:

• potenziamento della portata di immissione dell’opera di presa del bacino idraulico di Montebello. L’insufficiente ampiezza della varice di alimentazione

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dell’esistente bacino idraulico di Montebello, realizzato dal Magistrato alle Acque nel 1926 – 1928, determina la pratica impossibilità di derivare la portata massima di progetto prevista, pari a 200 m3/s; per ovviare a dette carenze il Nucleo operativo di Vicenza del Magistrato alle Acque ha previsto, e già risultano in fase attuativa, alcuni lavori di sistemazione tra cui l’allargamento della vasca ed il sovralzo della soglia di sfioro;

• realizzazione di un bacino di laminazione delle piene già individuato dal Consorzio di bonifica Zerpano Adige Guà e denominato bacino di Zermeghedo, compreso tra i rilevati sinistro del Chiampo e destro del Guà. Il volume risultante di complessivi 5 milioni m3 potrebbe essere in parte riservato alle esigenze del Guà ed in parte al Chiampo con conseguente incremento dell’attuale capacità di laminazione dell’esistente bacino di Montebello di oltre il 40%.

• riduzione della pensilità del fiume Guà nel tratto compreso tra Montebello e Cologna Veneta, che attualmente si manifesta con un alveo sospeso sul piano campagna per 1 - 1.5 m ed arginature che nei punti più critici si elevano per 7 – 8 m. È auspicabile attuare un intervento di generale abbassamento del fondo del fiume al di sotto del livello del piano campagna, compatibilmente con le sezioni obbligate nel passaggio attraverso centri abitati come Lonigo, provvedendo al contempo ad un ampliamento della sezione trasversale;

• cassa di espansione di Trissino (Rotte del Guà).

Il potenziamento della portata di immissione dell’opera di presa del bacino idraulico di Montebello è un intervento di fondamentale importanza per la moderazione dei colmi di piena del fiume Guà, in quanto consente di ridurre la portata centenaria nella sezione di Montebello da 450 m3/s a 250 m3/s, a fronte dell’attuale valore laminato di 300 m3/s.

Accanto a questo intervento è indispensabile attuare anche il potenzialmento delle capacità di invaso di Montebello mediante la realizzazione del bacino di Zermeghedo, che consente di destinare circa 2 milioni m3 alle necessità del fiume Guà. Si è constatato infatti che idrogrammi di piena aventi portate al colmo anche inferiori a quella critica esaminata ma caratterizzati da tempi di precipitazione più lunghi, possono mettere in crisi l’attuale invaso di Montebello per saturazione della sua capacità. Inoltre l’incremento delle possibilità di invaso consente di fronteggiare l’eventualità, peraltro non infrequente, che nel Guà si manifestino due eventi di piena in rapida successione.

L’effetto di moderazione del colmo di piena che si può ottenere con la realizzazione di una cassa di espansione di circa 800000 m3 a valle di Trissino, nella zona denominata “Rotte del Guà”, ha priorità inferiore rispetto ai precedenti interventi, ma può costituire un’ulteriore riserva per compensare gli incrementi di portata che i Consorzi di bonifica, a valle, hanno in progetto di immettere nel Gorzone.

7.2 Interventi sulle reti di bonifica

L’estendersi dell’urbanizzazione e l’uso sempre più intensivo del territorio hanno provocato un’ampia e diffusa insufficienza delle reti idrauliche di bonifica e dei manufatti ad essa pertinenti.

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Inoltre ad essa si accompagna spesso una parallela insufficienza dei corpi idrici nei quali devono confluire le acque dei comprensori, con la difficoltà o l’impossibilità di scarico in alcune situazioni, e conseguente pregiudizio della sicurezza idraulica del territorio.

Da ricordare inoltre la sollecitazione subita dal regime idraulico delle reti di bonifica a causa dell’estendersi delle fognature bianche a servizio dei centri urbani, con immissioni di portate concentrate rilevanti e spesso di ordine di grandezza superiore rispetto alla ricettività del corso d’acqua conseguente compromissione della sicurezza idraulica dei collettori di valle.

Il riassetto delle reti di bonifica per un adeguamento alle esigenze di sicurezza idraulica richiede pertanto un diffuso ampliamento delle sezioni dei collettori, un potenziamento degli impianti di sollevamento esistenti e la costruzione di nuove idrovore e manufatti di regolazione.

Un siffatto indirizzo di procedere, se può consentire di limitare i pericoli di allagamento nelle zone maggiormente a rischio, non può tuttavia condurre al raggiungimento di un adeguato assetto dei comprensori di bonifica sotto il profilo della difesa idraulica, se non è accompagnato da indirizzi di carattere strutturale idonei ad introdurre, accanto ai provvedimenti tradizionali di difesa, nuove strategie di interventi specie se miranti a perseguire, oltre alla difesa idraulica, anche la valorizzazione del territorio.

Per la moderazione delle piene nelle reti minori, risulta indispensabile predisporre provvedimenti idonei ad arrestare la progressiva riduzione degli invasi ed a favorire il rallentamento e lo sfasamento dei tempi di concentrazione dei deflussi.

Analogamente, appare necessario limitare gli effetti di punta degli idrogrammi di piena conseguenti allo scarico delle portate concentrate delle fognature bianche nei collettori di bonifica a sezione ridotta.

Gli effetti citati potrebbero essere ottenuti programmando la realizzazione di superfici da destinare all’invaso di volumi equivalenti a quelli via via soppressi e, per quanto riguarda lo scarico delle reti bianche, mediante vasche di laminazione delle portate immesse in rete. Le superfici citate potrebbero altresì assicurare, in alcuni casi, il raggiungimento di finalità fondamentali e parallele alla bonifica idraulica, quali la tutela ambientale attraverso processi di rinaturazione e di miglioramento qualitativo delle acque. Un esempio semplice di tali interventi diffusi è riportato in Figura 5.

Un’analisi di dettaglio dei provvedimenti da adottare per la sicurezza idraulica nei bacini di competenza non risulta utilmente perseguibile in questa sede a causa della notevole estensione della rete di bonifica e del numero elevatissimo di manufatti ad essa pertinenti.

In base agli elementi che risultano disponibili in merito alla geometria delle reti stesse ed alla modellistica di trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi, appare possibile pervenire ad una individuazione puntuale delle aree a rischio di allagamento con indagini di dettaglio da sviluppare nell’ambito dei singoli comuni.

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Figura 5. Esempio di sistemazione di un collettore di bonifica con incremento dei volumi di invaso per laminazione delle piene e rinaturazione delle sponde.

Area di espansione golenale

Ansa sul corso d’acqua

Zone di rinaturazione

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7.3 Il preannuncio e la gestione degli eventi estremi

A partire dalla metà degli anni ’80 si è andata sviluppando, a cura del Dipartimento per l’Agrometeorologia della Regione Veneto – C.S.I.M. di Teolo, una rete di Telerilevamento Regionale dei parametri agrometeorologici ed idrologici. Nell’ambito di tale sistema, con riferimento alla Provincia di Vicenza, sono attualmente funzionanti 11 stazioni agrometeorologiche di pianura, 17 stazioni meteorologiche site in zone urbane, collinari o montuose, 4 stazioni idrometriche e 2 stazioni miste idro-meteorologiche.

Per la misurazione delle portate sono state recuperate nel 1985 le vecchie stazioni idrometriche di Stancari sul T. Posina e di Pedescala sul T. Astico. Sugli stessi corsi d’acqua, a Bazzoni e Velo d’Astico rispettivamente, sono stati aggiunti altri due idrometri. Altre due stazioni sono state create sul Rio Freddo (affluente in sinistra del Posina) a Valoje e sull’Agno a Recoaro.

Tabella 5. Stazioni di telerilevamento di dati agrometeorologici e idrometrici di competenza dell’ARPAV in Provincia di Vicenza (Fonte: sito web ARPAV)

Stazioni Lat. N Long. E Quota (m s.m.m.) Anno attivazione Agrometeorologiche

BARBARANO VICENTINO 45°23'55" 11°34'17" 16 1992 BREGANZE 45°43'13" 11°34'34" 182 1992 BRENDOLA 45°28'35" 11°28'20" 148 1992

LONIGO 45°23'28" 11°22'45" 28 1991 MALO 45°40'13" 11°27'56" 99 1992

MONTECCHIO PRECALCINO 45°39'34" 11°32'56" 74 1993 MONTEGALDA 45°27'02" 11°39'46" 23 1992

NOVENTA VICENTINA 45°15'57" 11°34'01" 14 1992 QUINTO VICENTINO 45°34'12" 11°37'53" 34 1992

ROSA' 45°42'06" 11°46'41" 85 1992 TRISSINO 45°34'49" 11°21'32" 265 1992

Meteorologiche ASIAGO 45°53'00" 11°30'36" 1010 1996

BRUSTOLE' 45°48'03" 11°20'47" 328 1991 CASTANA 45°49'03" 11°18'36" 430 1986

CONTRA' DOPPIO 45°48'30" 11°13'31" 725 1986 CRESPADORO 45°37'39" 11°12'36" 382 1986

LUSIANA 45°47'10" 11°35'24" 773 1991 MOLINI 45°49'32" 11°14'48" 597 1991

MONTE SUMMANO 45°45'10" 11°24'57" 619 1986 PASSO S. CATERINA 45°37'16" 11°15'33" 806 1992

PASSO XOMO 45°46'28" 11°13'18" 1056 1991 POVE DEL GRAPPA 45°48'24" 11°44'29" 675 1985

RECOARO 1.000 45°40'53" 11°13'36" 1171 1986 RIFUGIO LA GUARDIA 45°43'06" 11°10'45" 1131 1991

TURCATI 45°42'04" 11°11'01" 705 1986 VALDAGNO 45°37'57" 11°18'32" 228 1986

VALLI DEL PASUBIO 45°45'31" 11°12'56" 600 1992 VICENZA Città 45°33'24" 11°31'48" 45 1997

Idrometriche AGNO A RECOARO 45°42'20" 11°13'38" 432 1986

ASTICO A VELO D'ASTICO 45°48'00" 11°22'29" 252 1992 POSINA A BAZZONI 45°48'10" 11°17'36" 453 1991

POSINA A STANCARI 45°48'20" 11°20'12" 388 1985 Idrometriche + Meteo

ASTICO A PEDESCALA 45°50'45" 11°22'06" 308 1985 RIO FREDDO A VALOJE 45°48'33" 11°20'08" 391 1991

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Le stazioni non coincidono con quelle ufficiali dell’Ufficio Idrografico di Venezia e sono caratterizzate da serie storiche piuttosto brevi. Ciò nonostante, le osservazioni raccolte, elaborabili in tempo reale, costituiscono un’utile integrazione conoscitiva soprattutto nei riguardi delle misure di deflusso.

La rete di telerilevamento, inoltre, può costituire il fondamento di due attività di fondamentale importanza nel campo della protezione civile dal rischio idraulico. In primo luogo, essa consente di rilevare l’andamento di una piena già nelle sezioni montane dei corsi d’acqua. In alcuni casi, queste informazioni possono costituire un primo significativo preannuncio di un pericolo incipiente nei tratti più a valle. Va detto però che i tempi di corrivazione dei corsi d’acqua considerati sono relativamente brevi, dell’ordine di qualche ora, e che pertanto uno stato di attenzione rilevato presso le stazioni idrometriche considerate sarebbe probabilmente già tardivo, se non altro per il territorio della Provincia di Vicenza.

Uno strumento efficace di preannuncio e gestione degli eventi estremi prevederebbe l’uso combinato dei dati meteorologici, pluviometrici e idrografici registrati dall’ARPAV, attraverso la predisposizione e la continua verifica di modelli idrologici che correlino i diversi tipi di dato. Con il radar meteorologico di Teolo è possibile prevedere l’arrivo di sistemi ciclonici sul territorio e seguire con notevole grado di dettaglio l’evoluzione del processo piovoso. Con un primo modello è possibile associare al dato di riflettività misurato dal radar un corrispondente valore di intensità di pioggia. In seconda istanza, dalla conoscenza – o dalla previsione – della distribuzione delle precipitazioni su un dato bacino si potrebbe ricostruire il processo di trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi, con l’uso di uno dei numerosi modelli disponibili in letteratura. Attraverso la conoscenza più o meno dettagliata delle caratteristiche morfologiche del bacino è possibile elaborare una stima delle portate dai dati di pioggia acquisiti.

La rete di misura è un elemento indispensabile per una corretta ricostruzione dei fenomeni idrologici. È nota l’importanza e la delicatezza delle operazioni di taratura di un modello di questo tipo: la disponibilità di misure frequenti, diffuse e affidabili consente di comprendere in maniera approfondita le correlazioni tra dati del radar, precipitazioni al suolo e conseguenti deflussi nei corsi d’acqua principali, risolvendo una delle maggiori difficoltà e delle maggiori fonti di incertezza nell’analisi del regime pluviometrico e idrologico del territorio.

Attraverso una continua taratura e verifica dei modelli, si potrebbero formulare previsioni in tempo reale degli eventi di piena, fornendo elementi utili per la gestione della crisi a tutti gli enti interessati, quali ad esempio la Protezione civile, l’Autorità di bacino e i Consorzi di bonifica.

Vale la pena sottolineare che lo sviluppo della modellistica qui presentata è di competenza istituzionale della Regione Veneto e che essa costituisce una delle maggiori urgenze nel campo della prevenzione del rischio idraulico.

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8 LE COMPETENZE ISTITUZIONALI

I corsi d’acqua pubblici compresi nel territorio della Provincia di Vicenza sono, da un punto di vista della classificazione, interessati da un frazionamento di competenze, costituite da Magistrato alle Acque, Genio Civile Regionale e Consorzi di bonifica. Tale situazione rende talora difficoltosa l’azione di manutenzione e di gestione della rete idraulica pubblica, particolarmente in situazioni di emergenza, considerata la connessione della stessa pur se soggetta a diversi gestori.

Risulta quindi auspicabile un’azione di coordinamento negli interventi sulle reti idrauliche suddette.

In tale ambito si devono ricordare il Progetto di legge regionale n. 65 (Trasferimento di competenze della Regione agli Enti Locali) ed il Disegno di legge di iniziativa della Giunta Regionale (D.G.R. 27/ DDL del 10/10/2000 “Conferimento funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del D.L. n. 112/98”).

Si deve ricordare come, a tale riguardo, alcuni Consorzi di bonifica della Provincia di Vicenza si siano proposti quali strutture delegate allo svolgimento delle funzioni di esercizio, polizia idraulica e manutenzione ordinaria di tutti i corsi d’acqua pubblici presenti nel comprensorio consortile, agendo pertanto quale braccio operativo della Regione, della Provincia e di Comuni interessati per la gestione delle opere idrauliche comunque classificate.

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9 CONCLUSIONI

L’indagine svolta sul rischio idraulico in Provincia di Vicenza ha consentito di rilevare la presenza di aree definite a rischio idraulico molto elevato, elevato, medio e moderato.

Le prime risultano di superficie alquanto limitata, mentre più estese risultano le rimanenti, con particolare riferimento a quelle a rischio idraulico moderato.

La rappresentazione cartografica eseguita sulla distribuzione spaziale delle aree a rischio idraulico può ritenersi adeguata, fatta salva l’opportunità di una ulteriore definizione da ottenere attraverso studi di dettaglio e risoluzione maggiore nell’ambito dei singoli comuni, con particolare riferimento alle aree a rischio medio e moderato.

Il permanere di una superficie complessiva assoggettata a rischio idraulico consistente, valutata complessivamente in circa 121 km2, a distanza di 35 anni dalla disastrosa alluvione del novembre 1966, è dovuta alla mancata esecuzione degli interventi allora individuati come prioritari, ed in parte non più proponibili per l’elevata estensione raggiunta dall’urbanizzazione.

Il cospicuo numero di opere di natura minore eseguite ha consentito di alleviare il possibile pericolo di alluvione, che appare tuttavia consistente in molte parti del territorio provinciale. Si rendono necessari quindi adeguati provvedimenti per il raggiungimento della sicurezza idraulica, alcuni dei quali appaiono ben individuati nell’ambito di approfonditi studi e suscettibili quindi di portare all’eliminazione delle situazioni di pericolo una volta realizzati.

In altre situazioni, ed in particolare per il contenimento delle piene del F. Bacchiglione a monte del centro storico di Vicenza, appare opportuno armonizzare singoli studi eseguiti per interventi elementari allo scopo di valutare l’efficacia globale delle soluzioni progettuali prospettate.

Per quanto riguarda il carattere degli interventi proposti, possono risultare prioritari quelli che consentono di pervenire ad una limitazione del rischio idraulico attraverso l’utilizzazione di superfici in pieno abbandono, quali le cave dismesse, e quelli che possono consentire un’utilizzazione a scopo multiplo dei serbatoi, sia per difesa dalle piene, sia per valorizzazione della risorsa idrica.

Un ulteriore consistente apporto alla difesa idraulica può derivare da un’adeguata considerazione della rete minore negli interventi di sistemazione con appropriata considerazione ed introduzione di volumi destinati agli invasi distribuiti.

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[14] MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI – MINISTERO PER L’AGRICOLTURA E LE FORESTE: “Sistemazione idraulica del Bacino del Bacchiglione”, Commissione Interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e la difesa del suolo – II Sottocommissione, 1° Gruppo di Lavoro per le Tre Venezie, Padova, 1968.

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