Il Bacchiglione

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Il Bacchiglione • Periodico bimestrale della Associazione Maranathà • N. 1 Anno XXVI • Gennaio - Febbraio 2008 • Sped. in A.P. articolo 2 comma 20/C legge 662/96 - D.C.I. - Padova • Un numero E 1,03 2 2 5 5 A A N N N N I I

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Numero di Febbraio 2008

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Il 27 dicembre 1981 si chiudeva illungo percorso, iniziato qualche annoprima, di un piccolo gruppo di amiciche, attraverso la preghiera, uno stile divita essenziale, la disponibilità all’ac-coglienza, aveva iniziato a condivideremomenti importanti della loro vita.Con la stesura definitiva della “cartacostitutiva”, questo piccolo gruppo diamici e famiglie decideva di chiamarsi“Comunità Maranathà”. Iniziava, allora, a prendere forma ilsogno comune che ci avrebbe portatodue anni dopo ad iniziare l’avventuradi Vicolo Santonini a Padova, dove laCaritas Antoniana aveva messo a dis-posizione un piccolo appartamento perl’accoglienza dei primi ragazzi.Questo “sparuto” gruppo di amici stavamettendo i primi mattoni di una “casa”che sarebbe poi diventatal’Associazione Maranathà a partiredalla messa in comune delle proprie“storie” personali e familiari, delleesperienze quotidiane di lavoro, di vitadomestica, delle proprie aspirazioni,ma, soprattutto, della quotidianità del-l’accoglienza delle famiglie e deiragazzi.In quegli anni si stavano mettendo iprimi mattoni, insieme a tante altrepersone, famiglie, gruppi, organizza-zioni, sparsi in giro per l’Italia, anchedi un’altra costruzione che, a partiredalla legge 184/83, promulgata qual-che mese dopo l’apertura della nostracomunità, meno di vent’anni più tardiavrebbe sancito la chiusura degli istitu-ti educativi assistenziali, avvenuta con

1. ...E la storia continua PAG. 2

2. Comunita` Maranatha`:25 anni di storia in 10 tappe PAG. 4

3. 25 anni di vita insieme: un po di memoria storicanon fa mai male! PAG. 5

4. Cade il Governo. Pagano i piu` deboli PAG. 7

5. RENDERE GIUSTIZIALa forma migliore di legalita` PAG. 8

6. Per sconfiggere la poverta`:oltre ai soldi, anche i servizi PAG. 9

7. Galan nomina i nuovi direttorigenerali delle Aziende Sanitariece` lottizzazione o no? PAG. 11

8. Elenco dei nuoviDirettori Generali PAG. 12

9. Forse, non li conosciamoabbastanza. PAG. 13

10. Nuova legge sul volontariato:le Regioni dicono che …. PAG. 14

Gennaio - Febbraio 2008 N. 1 - Anno XXVISped. in A.P. articolo 2 comma 20/Clegge 662/96 - D.C.I. - PadovaAutorizzazione Tribunale di Padova n. 513 16/2/1976Un numero E 1,03Il BacchiglionePeriodico della Associazione Maranatha`Direttore responsabileLucio BabolinRedazioneLucio BabolinStampaLitocenter snc, Limena (PD)

SOMMARIO2 ………… .... EEEE LLLL AAAASSSS TTTT OOOO RRRR IIII AAAA

CCCC OOOO NNNN TTTT IIII NNNN UUUU AAAA

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forse, bisogna farsi qualchedomanda in più se sia in atto unreale processo di de-istituzionaliz-zazione che, per forza di cose, deve coin-volgere tutta la società, cambiare la cultu-ra e la prospettiva delle politiche di un ter-ritorio. Deve cambiare anche il nostromodo di organizzare i servizi, la scuola, lacittà, a partire dai bisogni di chi è più indifficoltà: è lì che si misura la nostra capa-cità di includere, di integrare, e lì che simisura la nostra competenza.I bisogni dei ragazzi e dello loro famiglie,soprattutto quelle più vulnerabili, allora,non possono mai essere considerati dellerichieste o delle preghiere, ma sono dirittida garantire che impegnano tutti gli adul-ti, individualmente e collettivamente: lacomunità sociale, la società organizzata,lo Stato nelle sue articolazioni di compe-tenze territoriali all’interno di processi dico-responsabilità dove ognuno mette lapropria parte.Un vero progetto di de-istituzionalizza-zione, allora, deve passare attraverso lagaranzia dei diritti dei bambini/e e degliadolescenti. Non basta ristrutturare la fac-ciata della “casa”, elargire “beneficamen-te” qualche contributo per superare dav-vero le logiche della istituzionalizzazione.

Ci vuole tutta una città per far crescere unbambino!Ogni cittadino, famiglia, persona è chia-mato all’interno e fuori dalle istituzioni afare la propria parte.

Gigi

la legge 149 del 28 marzo 2001, alla finedel 2006. Sono stati, questi, anni intensi,di fatiche, dove con determinazioneabbiamo perseguito, nel nostro piccolo,questo importante obiettivo consapevoliche i ragazzi che via via abbiamo accoltoavevano diritto ad una vita normale, unaquotidianità familiare, come tanti ragazzidella loro età. Avevano diritto ad unafamiglia che stesse vicino alla loro persostenerli nella crescita con qualchepossibilità in più per il futuro.Una comunità allora, in questa prospettivapossiamo rappresentarla come il luogo deilegami che si creano tra le persone chepermettono di ricostruire, se necessario, iltessuto della vita di ognuno quando perdiversi motivi viene strappato dalle diffi-coltà di qualche momento. La comunità èun “luogo comune” perché è nella quoti-dianità che adulti, famiglie, genitori,ragazzi, compiono quei gesti che costrui-scono le relazioni fondamentali per cre-scere tutti insieme.Abbiamo avuto la consapevolezza checon i sessanta ragazzi, che in questi annihanno vissuto a casa nostra, è statocostruito un pezzo importante della storiadel nostro territorio e del nostro paese,sostenuti da tanti compagni di strada checon piccoli e grandi gesti, all’interno deiservizi sociali, delle istituzioni o nellasocietà civile, sono stati accanto a noi.

Ma, chiudere gli istituti non basta!!Non basta definirsi comunità o famiglieaperte!!È necessario potere e sapere garantire airagazzi accolti competenze specifiche cheli rendano capaci di cogliere con consape-volezza situazioni e bisogni, accanto aduno stile di vita familiare e all’inserimen-to nella vita sociale del territorio. Se lecomunità diventano “riserve indiane”entro le quali rinchiudere il disagio che cimette in discussione e che ci dà fastidio,

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17 feb. 1983 Con l’arrivo di Moreno inizia l’av-ventura della comunità Maranathà a Padova,vicolo Santonini 9, un piccolo appartamentoofferto in comodato d’uso dalla CaritasAntoniana sul retro della Basilica del Santo.Abitiamo ancora tutti a Tencarola ed è un viavai di viaggi, turni, orari per conciliare doverifamiliari ed impegni di lavoro.

apr. 1984 “Giovani ai margini” è il primo con-vegno che ci vede protagonisti sul territorionel nostro impegno in favore degli adolescen-ti e giovani in difficoltà; nello stesso annoviene attivato un piccolo “laboratorio interno”di falegnameria per la produzione di giochididattici che ci permette di affrontare il temadell’inserimento lavorativo dei ragazzi e qual-che entrata straordinaria, sempre utile.Affittiamo anche un appartamento in viaGiotto per i ragazzi che intraprendono un per-corso di autonomia

12 set. 1986 Con l’arrivo a Cittadella inizia laconvivenza delle nostre due famiglie; Berta eRita continuano ad essere le colonne portantidell’esperienza. Arriviamo in un territorio a noisconosciuto e alla felicità per l’importantetappa raggiunta si unisce la tristezza per quel-lo che abbiamo lasciato.Il sogno continua e ci disponiamo con impe-gno in questa nuova storia con la stipula del-l’importante convenzione con l’Ulss 19 diCittadella.Mettiamo a frutto l’esperienza fatta e ripartia-mo nuovamente con il laboratorio di giochididattici; qui facciamo le cose per benino enasce la Coop. Futura che apre un negozio invia Garibaldi all’interno delle mura; sono annidi grande soddisfazione, partecipiamo allafiera dell’artigianato di Firenze dopo aver vintoil 1° premio alla mostra dell’artigianato duran-te l’”Ottobre cittadellese”.

feb. 1992 Continua a vari livelli il nostro impe-gno sul territorio e la comunità si allarga con l’a-pertura della comunità Samuele; si tratta di unaesperienza che vede per la prima volta impe-

gnati educatori professionali nell’intento di atti-vare esperienze di accoglienza di tipo familiareper adolescenti

set. 1993 Apriamo la comunità Sichem nelcomune di S. Martino di Lupari per adolescen-ti e negli anni seguenti la comunità Mir Sada eSicomoro per i ragazzi che non rientrano infamiglia e si avviano all’autonomia; la comuni-tà Gian Burrasca per le pronte accoglienze.

gen. 1996 Lucio e Gigi viaggiano per l’Ecuadorper incontrare d. Giorgio partito qualche annoprima all’interno del progetto missionariodella Diocesi di Padova: inizia così una nuovaavventura di scambi, collaborazioni, aperturaad un mondo che ha molto da insegnare atutti noi.

ott. 1996 Nasce la “rete famiglie aperte all’ac-coglienza” dopo un percorso formativo duratoquasi un anno in collaborazione con l’Ulss 19 econ il contributo della Provincia di Padova;

apr. 1997 Nasce la cooperativa Carovana cheorganizza tutti gli educatori professionali chelavorano nelle varie esperienze di accoglienzae progetti dell’Associazione Maranathà. Nellostesso anno nasce anche la Fondazione LaGrande Casa con il sogno di costruire una casaper le famiglie della comunità Maranathà: lefiglie già protagoniste sin dall’inizio (Sara eBenedetta) e le nuove nate (Maddalena,Martina e Marta) cominciano ad avere diverseesigenze e tutti noi il bisogno di stabilità.

4 apr. 2002 Termina la costruzione della “gran-de casa” e la comunità Maranathà si trasferiscea S. Maria di Cittadella, via Case Bianche; l’e-sperienza continua in convenzione conl’Azienda Ulss n. 15

giu. 2006 Inizia l’avventura della comunità “IlPettirosso” a S. Andrea O/M con la famiglia diRoberto e Daniela che oggi accoglie sei bam-bini; una nuova storia, una nuova avventurama anche un nuovo impegno.

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Gli anni della nostra giovinezza hanno coin-ciso con gli anni “ardenti”del “68; qualcuno dinoi ha frequentato le superiori e l’universitàdurante i “famosi”“anni di piombo”. Sempre lapassione ci ha coinvolti e ci ha visti impe-gnati e protagonisti di cambiamenti all’inter-no dei nostri gruppi giovanili. Avevamo sen-tito dire che se si sognava tanto intensamen-te insieme a qualcuno, i sogni potevanodiventare realtà. Anche noi portavamo nelcuore un sogno, anzi, due, e spesso abbiamosospettato di non poterlo realizzarre esiamo stati sul punto di mollare tutto: pensa-vamo di poter vivere assieme ad un’altrafamiglia nello stile delle prime comunità cri-stiane e poter dare a dei ragazzi, con proble-mi familiari, la possibilità dki vivere in uncontesto sereno dove al di là dei legami disangue poter stabilire rapporti affettivi erelazioni tali da poter crescere in modo “nor-male”.Passo dopo passo tra rabbia e delusioni macon determinatezza e con la forza di chi nonvuole mollare, 25 anni fa, in una casa dellaCaritas Antoniana, arrivava il primo ragazzo.Un pezzetto di sogno si era realizzato. Tremesi dopo usciva la legge 184 (4 maggio1983) “Disciplina dell’adozione e dell’affida-mento dei minori”. Le leggi si sa, come leregole, servono a dare sicurezza. Devonoguidare la “vita comunitaria” e aiutano a starbene. Ma le leggi sono fatte di parole, la vitaè fatta di azioni e quotidianità. Erano le 16,00quando il campanello della “casetta rosa” hasquillato, mia figlia di 2 anni dormiva suldivano, io ero al telefono con padre Danilo:“Vai – mi dice – io vado a pregare”. Ogni voltache un ragazzo arriva provo la stessa com-mozione, la stessa emozione e risento quellestesse parole.Nel 1986 arriviamo a Cittadella. L’Ulss 19 delMedio Brenta ci ha messo a disposizione unacasa per l’accoglienza dei ragazzi del territo-rio. Quel sogno in cui quasi nessuno avevacreduto e che la passione di “quattro gatti”aveva alimentato, giorno dopo giorno era

diventato realtà. Quel sogno è diventato sto-ria ….. e la storia continua!“Lascia il paese e la casa di tuo padre”.Abbiamo dovuto lasciare Padova, i nostriluoghi d’origine, i nostri familiari, gli amici.Abbiamo sofferto questa separazione maquesta sofferenza ci ha aiutato a capiremolte cose. Ci ha avvicinato ai nostri ragazziche lasciano la loro famiglia, il loro territorio,i loro amici; ci ha fatto comprendere più afondo le loro fatiche, il loro dolore, la paura di“diventare bravi come voi”. Ricordo quelloche diceva un ragazzo arrivato dalle campa-gne della Bassa Padovana quando la comu-nità era ancora in Vicolo Santonini, dietro allaBasilica del Santo: “Mi manca il profumo dicasa mia (“….el profumo che verse i polmo-ni”)”. Siamo anadati a casa sua; il profumo eraun misto di muffa, di stalla, di sudore umano.Ma era il profumo di casa sua.Alcuni valori come la condivisione, la solida-rietà, la ricerca della giustizia hanno sempreilluminato le nostre azioni e la strada intra-presa tanto tempo fa. Nella nostra prospetti-va essi hanno coinciso con la speranza e conla passione per la vita.Quando tutto sembrava e sembra caderciaddosso e non ne possiamo più di psicologiae di pedagogia, di tante parole e di teorie,pensiamo con tutta la nostra forza q queltesto in cui si parla di quelli che “hanno famee sete di giustizia”.I fallimenti? Si, ci sono stati.Fanno parte della vita e ci ricordano che nonsiamo onnipotenti e che soltanto l’amorenon basta.Un giorno una mamma era stata invitata dal-l’assistente sociale a vedere la casa dovesarebbe vissuto suo figlio per qualchetempo. Forse aveva sbagliato orario, o forseno, ed era arrivata prima. Si è messa in unangolo e ha pianto per tutto il tempo di atte-sa. Quel pianto sommesso, là, in fondo allastanza, mi ha tolto la parola e ad un certopunto ho avuto la tentazione di prenderla inbraccio e cullarla come si fa con un bambino

52222 5555 AAAA NNNN NNNN IIII DDDD IIII VVVV IIII TTTTAAAA IIII NNNN SSSS IIII EEEE MMMM EEEE ::::un po’ di memoria storica non fa mai male!

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per farle sentire tutto il calore quell’a-more che forse nessuno le aveva maidato. Dopo qualche tempo mi ha rac-

contato che per 10 lunghi anni era vissuta inun istituto.Abbiamo sempre cercato di avere buoni rap-porti con le famiglie dei ragazzi. Sin dai primiattimi di conoscenza ciç che vale è essereaccoglienti perché la loro serenità e il loroconsenso creano fiducia e sicurezza nei figli.Ciò che vale è il “non giudicare”.Li abbiamo sempre rassicurati sul fatto chenon volevamo “rubare” i loro figli, anzi che eraimportante la loro collaborazione.Non abbiamo mai preteso che i ragazzi, ciritenessero i loro genitori. Abbiamo fattoper loro, però, tutto quello che si fa per unfiglio dando, qualora qualcuno lo avessevoluto, la possibilità di sentirsi amati comedei figli.A loro dobbiamo molto: la capacità di adat-tarsi, di andare avanti nonostante tutto, diaccettare una nuova vita e nuove regole.Abbiamo imparato ad entrare nelle loro vitein punta di piedi, ad ascoltarli con pazienzacome si fa con i figli, anche quando sei stan-co e ti si chiudono gli occhi.Paradossalmente crediamo che anche noidobbiamo lasciarci prendere in affidamentodai ragazzi per guardare insieme al di làdelle situazioni spesso misere, per costruireinsieme una realtà vivibile serena.Ci siamo accorti di essere e-ducati da qual-cuno di loro.Francesco che ritorna dal padre che lo avevaabbandonato e lo accudisce fino alla morte.Lorenzo che va nella sua isola, cerca lamadre, la trova e la porta a vivere con la suafamiglia perché ammalata.Dimitri che dopo essere stato abbandonatoa 8 anni ed essere arrivato da solo in Italia,riesce a confidare: “Mi sembra di essermitolto un peso dal cuore, ho ripreso i rapporticon mia madre. Finalmente ho capito chenon potevo fare altro che lasciarci con nostro padre, il marito che le era stato impo-sto a 14 anni e che non l’aveva mai amata.Ora forse dovrei chiederle scusa per tuttoquello che ho pensato e per tutte quellecose che le ho rinfacciato”.

Non tutti i ragazzi hanno fatto le scelte che cisaremmo aspettati. Ci siamo sentiti impoten-ti e ci siamo chiesti cosa dovevamo o pote-vamo fare. Sono sempre nel nostro cuore e illoto ricordo è sempre presente nella nostramemoria. Piccoli fatti gioiosi che li ha vistiprotagonisti.Una ricompensa? Un diploma, una vita one-sta, il voler bene ad una donna, il coraggio difar nascere dei figli, la loro presenza neimomenti importanti, il far festa insieme.La scelta di vivere insieme, tra famiglie eragazzi, non è stato un sacrificio impostodalla nostra fede né da valori politici. È statauna scelta libera che nonostante tante diffi-coltà e momenti di stress e fatiche ci procurauna gioia profonda e la sensazione di “essereal nostro posto”.Ed ora …? La storia continua. Siamo ancoratutti e quattro qui. Le nostre figlie sono quasitutte cresciute e alcuni dei nostri ragazzisono già genitori. Il tempo passa, abbiamo icapelli bianchi e qualche acciacco. Ma che ciimporta: come 25 anni fa “…ci arde ancora ilcuore”.

Berta

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la nemica della nazione.Purtroppo, era già un anno che avevamo ricominciato a segna-lare come quel programma elettorale fosse stato pesantemen-te messo all’angolo, per buona parte dimenticato.I segnali erano già venuti al momento della composizione delgoverno, con l’indiscriminata e incomprensibile frammentazionedelle competenze tra i diversi ministri che - a vario titolo - avreb-bero dovuto occuparsi della lotta alla povertà e dei diritti di cit-tadinanza, con il rinvio di decisioni e impegni scritti nero su bian-co nel programma e le continue strizzate d’occhio alla parte defi-nita come “moderata” del quadro politico nazionale.E ora l’epilogo di una china discendente sempre più evidente,proprio quando avrebbero dovuto venire al pettine decisioni stra-tegicamente rilevanti: la riforma del sistema elettorale e l’ap-puntamento referendario, la revisione dei sistemi di distribuzio-ne del reddito a favore del lavoro dipendente e delle famiglie, ladiscussione parlamentare della legge sull’immigrazione e dellanormativa sulla cittadinanza, la convocazione della conferenzanazionale sulla tossicodipendenza, la definizione del nuovopiano nazionale sull’infanzia e l’adolescenza, il piano sui rifiutiper la Campania e le politiche ambientali.Tutti a casa, se ne riparlerà più avanti, quando non si sa. L’importante, per ora, è che ognuno possa rafforzare le proprietrincee e consolidare le posizioni acquisite.Ci stiamo chiedendo cosa dovrebbe e potrebbe fare la societàcivile, in questo momento che consideriamo a dir poco dram-matico e carico di rischi di deriva antidemocratica.Pensiamo sia ancora una volta necessario che la parte sana delnostro Paese levi la sua voce, in modo forte, con azioni di gran-de impatto anche mediatico, per urlare che scelte di piccolocabotaggio non sono più tollerabili.La politica va riformata dal basso invocando e imponendo l’e-sclusione di tutti quei politici che sono indagati e condannati,rivendicando il diritto ad una riforma immediata del sistema elet-torale che offra garanzie di stabilità, liberando la sanità dai vin-coli della politica per restituirla al governo dei cittadini attraver-so le autonomie locali, imponendo politiche dei redditi capaci diridistribuire ricchezza a favore delle famiglie e dei cittadini, ren-dendo realmente esigibili diritti sociali essenziali sanciti dallalegge - che vuol dire servizi di base adeguati e garantiti su tuttoil territorio nazionale - , pretendendo politiche per la cittadinan-za e l’integrazione sociale e culturale di tutti.Invochiamo una mobilitazione immediata e massiccia dellasocietà civile, delle organizzazioni del privato sociale, del mondodel lavoro.

Lucio Babolin

Per la società civile è tempo di mobilitarsiLe speranze suscitate dal governo sostenuto dall’Unione si eranovia via affievolite. A pagare il prezzo della caduta di Prodi saran-no i più deboli. Cosa fare per riformare la politica dal basso?

Sino alla fine avevamo sperato, inutilmente, in un sussulto disenso di responsabilità, ma oramai l’intera classe politica italia-na sembra unicamente ispirarsi a logiche di salvaguardia delleproprie posizioni di potere, che teme possano essere messe indiscussione.Qualsiasi richiamo al Paese con i suoi problemi reali, al sensodello Stato, al cosiddetto bene comune lasciano il tempo che tro-vano e suonano come patetiche implorazioni che possono inte-ressare solo chi di politica capisce poco o nulla.Prodi è stato mandato a casa.Con lui e il suo governo se ne va a casa quel residuo di speran-za al quale ci eravamo aggrappati.In questi ultimi mesi ne abbiamo viste di cotte e di crude: politi-ci condannati a cinque anni che dichiarano la loro soddisfazioneperché una condanna di questo tipo è equivalente ad una asso-luzione e, per questo, festeggiano e rimangono tranquillamenteal loro posto; politici che dichiarano che le raccomandazioni, lepressioni a favore di amici, le sottili minacce nei confronti di chinon ottempera ai loro comandi sono il normale, quotidiano, tra-sparente esercizio del proprio ruolo; gruppi politici pronti a tra-sbordare da una parte all’altra in barba e in spregio al mandatoelettorale in forza del quale erano stati eletti; politici che affer-mano che è nel loro sacrosanto diritto nominare i dirigenti delleaziende sanitarie non sulla base della loro competenza, madella loro appartenenza politica; un ministro della Giustizia cheattacca frontalmente i magistrati perché personalmente sottopo-sto a delle azioni giudiziarie; uno scaricabarile di responsabilitàperfino ridicolo di tutti su tutti per la situazione dei rifiuti inCampania.Eppure eravamo tra coloro che avevano salutato con interesseed espresso consenso al programma con il quale il centrosinistrasi era presentato agli elettori, conquistando anche grazie ad essola responsabilità di guidare il Paese.Abbiamo sperato fosse, almeno per alcuni anni, allontanato ilrischio di una definitiva deriva politica liberista, conservatrice,securitaria, intollerante, populista.Avevamo sperimentato gli anni del quinquennio Berlusconiano,che abbiamo cercato di contrastare in tutti i modi che ci è statopossibile quando abbiamo preso consapevolezza che si trattavadi un governo che pensava alla povertà come male inevitabile,alle politiche di welfare come assistenzialismo caritatevole, allediversità come un male da estirpare, alla multiculturalità come

7Cade il Governo. Pagano i più deboli

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L’ingiustizia è la forma più alta di violenzache possa esistere nei confronti di ogni uomo,donna, bambino e bambina.Non vi è ingiustizia peggiore della negazionedei diritti civili fondamentali: diritto ad unacasa, ad un lavoro, alla salute, all’istruzione.Sono diritti universalmente riconosciuti datutte le convenzioni internazionali sottoscritteanche dal nostro paese.Sorprende che, anziché preoccuparci di dareesigibilità a questi diritti inalienabili, la gene-rale preoccupazione della politica, delle isti-tuzioni, delle organizzazioni sociali sia, inve-ce, colpevolmente rivolta a ricercare apparen-temente validi motivi per confondere assenzadi diritti con stato di illegalità e di pericolosi-tà sociale.Non si può diversamente spiegare perché unapersona che si trovi priva di lavoro e di abita-zione e, quindi, di un reddito di sopravviven-za debba essere considerata di per sé causa dipericolo per gli altri cittadini e, quindi, allon-tanata dal territorio nel quale ha deciso di abi-tare.Crediamo che la forma migliore di garantiresicurezza e legalità sia quella di permettere atutti coloro che lo desiderano e lo chiedono diavere accesso ai livelli minimi di cittadinanzacivile e sociale.Crediamo che compito delle Istituzioni edelle organizzazioni sociali sia quello di indi-viduare percorsi di inclusione e di integrazio-ne sociale.

Il nostro territorio si può permettere la pre-senza significativa di persone immigrate:per-ché lo richiede il mondo del lavoro; lo richie-dono le nostre famiglie per accudire ai nostrianziani; lo richiede la bassa natalità cherischia di far regredire il livello di vita del ter-ritorio.Servono politiche per la casa a prezzi accessi-bili; serve che venga portato in emersione ilfenomeno massicciamente presente anche danoi del lavoro nero; serve che si dia certezzadi istruzione ai bambini figli di immigrati rea-gendo alla cultura dell’isolamento e dellacostruzione di recinti etnici e razziali.Serve che a tutti sia indistintamente offerta latutela della salute.Solo dopo e in presenza di dati certi, non disensazioni e di percezioni, ci si potrà porre ilproblema dell’aumento delle forze dell’ordi-ne, della costruzione di altre caserme, dellaconcentrazione e aumento dei servizi di vigi-lanza diretta e indiretta.E, se lo si decidesse, che le motivazioni sianochiaramente dettate dall’esigenza di contra-stare tutte le forme di criminalità e di violen-za siano esse agite da italiani o da stranieri.Perché i diritti, la giustizia, la legalità non siaccompagnano a particolari colori della pelledelle persone, né valgono più o meno a secon-da della razza o della religione.

(Coordinamento Nazionale Comunitàdi Accoglienza)

8 RENDERE GIUSTIZIARENDERE GIUSTIZIALa forma migliore di legalità

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Signor Presidente,Le scrivo a nome delle oltre duecentosessan-ta organizzazioni che compongono ilCoordinamento Nazionale delle Comunità diAccoglienza (CNCA), ai sui oltre diecimila travolontari e operatori sociali, i quarantamilaaccolti presso le nostre strutture di acco-glienza, le oltre centomila persone contattateannualmente.Già in altre occasioni direttamente a lei o aMinistri del Governo (solidarietà sociale,salute, famiglia, politiche giovanili, lavoro), dasoli o congiuntamente con altre organizzazio-ni sociali (Libera,Tavola della pace, Forum delterzo Settore, Sbilanciamoci) e in varie forme(comunicati stampa, documenti, appelli, con-ferenze stampa, seminari assemblee naziona-li) abbiamo provveduto a segnalarLe l’intolle-rabile situazione in cui versano le fasce piùmarginali della nostra società italiana. Si trat-ta di alcuni milioni di cittadini che vivono aldisotto o ai limiti del livello di sopravvivenzasia per carenza di reddito, che per impossibi-lità ad accedere ai servizi primari.Oltre a lamentare la situazione che va pro-gressivamente peggiorando, abbiamo anchesempre provveduto ad accompagnare ladenuncia con un insieme di proposte erichieste di politiche attive, strutturali, noncasuali che potessero invertire drasticamentela tendenza all’impoverimento sempre piùpesante di una parte di cittadine e cittadinidel nostro paese.Si è trattato sempre di proposte, a nostrogiudizio, praticabili: non sogni o utopie, maconcrete azioni di Governo che, purtroppo,ad oggi, hanno incontrato molti plausi e con-sensi verbali, ma poche pratiche e quasi nes-suna decisione.Certo dobbiamo riconoscere che la Finanziaria2008 in qualche modo tenta delle azioni di ridi-stribuzione di reddito, ma ci sembra (Lei stes-so l’ha riconosciuto) si basi più su azioni unatantum che su interventi strutturali.

Tra l’altro ci permettiamo di segnalarLe chenon è sufficiente procedere quasi esclusiva-mente con interventi di “restituzione” mone-taria che aumentino la dotazione economicadei singoli e delle famiglie (azione degna diessere apprezzata e riconosciuta), ma esistela necessità, soprattutto per i più deboli diaumentare la qualità e quantità dei servizi allapersona cui potersi rivolgere e che siano ingrado di farsi carico delle persone in situa-zione di maggiore svantaggio.Per questo abbiamo richiesto a gran voce chesi desse attuazione ai dispositivi della legge328 approvando, con una azione concertatacon le Regioni, i Livelli Essenziali di Assistenza(Liveas); che fossero definiti i profili delle pro-fessioni sociali; che fosse ripristinato ilReddito Minimo di Inserimento.E, riequilibrando uno squilibrio quasi esclusi-vamente italiano nel contesto europeo, che ilFondo sociale nazionale fosse raddoppiatopermettendo la definizione di una quota capi-taria pro capite di almeno 35 euro per abi-tante, permettendo alla rete formale dei ser-vizi territoriali di darsi un assetto minima-mente adeguato al bisogno di servizi essen-ziali inglobando tutti gli attuali interventi chesi reggono solo su finanziamenti a progetto eche riguardano quasi sempre l’area della pre-venzione, della bassa soglia e delle unità distrada.Nel momento in cui Ella avvia una serie diincontri con le parti sociali sui temi dei salarie del fisco riteniamo improrogabile che anchequeste tematiche siano parte integrante deltavolo e del confronto.E continuiamo anche a pensare che le orga-nizzazioni del privato sociale debbano essereformalmente coinvolte nella discussione enon siano sempre considerate l’anello debo-le della catena di risposta ai problemi socialie, quindi elusi dalla concertazione nazionale.Conosciamo la Sua sensibilità, ma notiamoanche quanto sia faticoso riuscire a mettere

PER SCONFIGGERE LA POVERTA’:OLTRE AI SOLDI, ANCHE I SERVIZI

(Lettera al Presidente che non c’è più e, forse, a quello che verrà)

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all’ordine del giorno del dibattito poli-tico questi temi che non si prestanoad azioni di “ricatto” politico, non

possono essere gridati in piazza e sui giorna-li pur interessando una larga fascia di popola-zione del nostro paese.In tutta franchezza dobbiamo segnalarLe chela voce e lo sforzo si stanno esaurendo ancheperché operiamo in luoghi di frontiera e conuna professionalità e un impegno quasi sem-pre misconosciuti sia sul versante salarialeche normativo e molte delle nostre organiz-zazioni sopravvivono strozzate dall’inadem-pienza di molti Enti locali che si possono per-mettere di corrispondere quanto loro dovu-to per i servizi di accoglienza anche dopo un

10 anno e mezzo dalla erogazione del servizio.

La ringrazio per l’attenzione e Le segnalo che

questo nostro appello sarà inoltrato, per

conoscenza, sia ai suoi colleghi di Governo e

ai Segretari delle Organizzazioni sindacali, ma

anche reso pubblico con una raccolta di firme

a livello nazionale.

Nel ringraziarLa ancora per l’attenzione Le

formulo i migliori auguri di proseguimento del

lavoro che Ella sta svolgendo per il nostro

paese, in particolare, speriamo, per coloro che

sono maggiormente affaticati e in difficoltà.

Lucio BabolinPresidente nazionale CNCA

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Nuove nomine nelle Aziende Sanitarie delVeneto.A fine anno il Governatore Galan haprovveduto, come è nelle sue competen-ze, alla indicazione dei nuovi direttorigenerali che dovranno, a loro voltaProvvedere alla indicazione dei collabo-ratori responsabili dell’area sanitaria,sociale e amministrativa.E, come sempre, sono subito scoppiate lepolemiche: alcune esplicite, molte implici-te e giocate nell’informalità.La più eclatante è stata quella promossada Alleanza nazionale che ha ritirato ipropri assessori dalla Giunta e che haincontrato l’appoggio dell’UDC di De Poli. Motivo per tanto clamore (per la veritàquasi subito tacitato, almeno sulla stam-pa)?Non sembra che il risentimento e la criticasia collegabile al fatto che sarebbero statiscelti degli incompetenti (questo elementonon è sembrato interessare molto gli aven-tiniani del Veneto), né che con le nominefatte Galan togliesse possibili continuitàprogettuali alle dirigenze delle Aziendesanitarie della nostra Regione.E allora?Allora non resta da pensare che il tuttosia dovuto agli equilibri di appartenenzapolitica dei nuovi Direttori che, probabil-mente, Galan ha in qualche modo infran-to continuando nella sua sottile tattica dirafforzare il suo potere personale a scapi-to anche dei propri alleati nel governoregionale.E’ la conferma di quanto andiamo daanni denunciando: i partiti espulsi dallaporta con la riforma e la trasformazione inAziende Sanitarie dei precedentiConsorzi sono rientrati dalla finestra e,come prima, la politica governa la sanitàe il sociale delle Regioni con l’accentua-zione del potere monocratico dei

Presidenti delle Giunte regionali che pos-sono fare e disfare a loro piacimentosenza dover rendere conto in alcun modoai cittadini dei territori interessati dalleloro decisioni, ma nemmeno ai sindaciche questi cittadini rappresentano.La riforma, insomma, richiederebbe unacontroriforma che restituisse un po’ diautorevolezza ai territori e ai cittadini cheli abitano.E’ facilmente intuibile quale possa essereil potere di interdizione di un piccolo par-tito presente in Consiglio regionale neiconfronti del Presidente stesso nel caso incui questo partito fosse nelle condizioni dideterminare la vita o la morte di una mag-gioranza. Potrebbe pretendere di piazza-re suoi uomini a dirigere strutture com-plesse e delicate che dovrebbero essereesclusivamente interessate al benessere ealla salute dei cittadini.A suo tempo dicevamo e proponevamo chesi scorporasse la gestione ospedaliera daquella degli ambiti territoriali da riaffilarealla gestione collegiale delle amministra-zioni locali magari anche tramite la costitu-zione di aziende di gestione a controllopubblico provvedendo ad implementare epotenziare la sanità di territorio e la ospe-dalizzazione a domicilio e attivando verepolitiche locali di integrazione socio-sanita-ria grazie ai Piani di Zona triennali dacoordinare su base territoriale omogenea.Esistono studi e ricerche qualificate cheipotizzano questa o altre soluzioni piùcompatibili con la garanzia di mantenerela salutre nell’area delle responsabilitàdelle Istituzioni e non dei partiti o delleondeggianti maggioranze.Ma per ora la cosa sembra interessare apochi.

Lucio Babolin

11GALAN NOMINA I NUOVI DIRETTORIGALAN NOMINA I NUOVI DIRETTORIGENERALI DELLE AZIENDE SANITGENERALI DELLE AZIENDE SANITARIEARIE

C’E’ LOTTIZZAZIONE O NO?C’E’ LOTTIZZAZIONE O NO?

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Rispetto alla precedente tornata, escono discena 10 Dg.; 9 sono le nuove nomine; 8 leconferme e 5 gli spostamenti da un’Ulss adun’altra. Questo è l’elenco: ULSS 1 BELLUNO - ERMANNO ANGO-NESE: nuova nomina. Nella precedente torna-ta è stato direttore generale dell’Ulss 20 diVerona.ULSS 2 FELTRE – BORTOLO SIMONI: con-fermato.ULSS 3 BASSANO DEL GRAPPA – VALE-RIO ALBERTI: nuova nomina. Nella prece-dente tornata è stato Direttore Generaledell’Azienda Ospedaliera di Verona.ULSS 4 ALTO VICENTINO - DOMENICOMANTOAN: nuova nomina. E’ alla primaesperienza come Direttore Generale. In prece-denza è stato dirigente medico dell’Ulss 5Ovest Vicentino, ed è attualmente dirigente deiServizi Sanitari della Regione.ULSS 5 OVEST VICENTINO - RENZOALESSI: nuova nomina. E’ alla prima espe-rienza come Direttore Generale. Ha maturatouna vasta esperienza nel settore sanitario, inparticolare nell’ambito della gestione dellerisorse umane, nell’ambito dell’Ulss 16 edell’Azienda Ospedaliera di Padova.ULSS 6 VICENZA - ANTONIO ALESSAN-DRI: confermato.ULSS 7 PIEVE DI SOLIGO - ANGELOLINO DEL FAVERO: confermato.ULSS 8 ASOLO - RENATO MASON:nuova nomina. E’ alla prima esperienza comeDirettore Generale. Proviene dal settore del-l’artigianato, nell’ambito del quale è attual-mente segretario regionale dellaConfartigianato del Veneto.ULSS 9 TREVISO - CLAUDIO DARIO: con-fermato.ULSS 10 SAN DONA’ VENETO ORIEN-TALE – PAOLO STOCCO: nuova nomina. E’alla prima esperienza come DirettoreGenerale. Proviene dal settore del volontariatoed è stato presidente della ComunitàTerapeutica Specialistica per Cura eRiabilitazione “Villa Renata” del Lido diVenezia e direttore generale della FondazioneOpera Santa Maria della Carità.ULSS 12 VENEZIANA - ANTONIOPADOAN: confermatoULSS 13 MIRANO - ARTURO ORSINI:

nuova nomina. Nella precedente tornata èstato Direttore Generale dell’Ulss 14 diChioggia.ULSS 14 CHIOGGIA - AD INTERIM PER 1ANNO ANTONIO PADOANULSS 15 ALTA PADOVANA - FRANCE-SCO BENAZZI: nuova nomina. Alla primaesperienza come Direttore Generale. E’ statoDirettore Sanitario dell’Ulss 7 di Pieve diSoligo, e dell’Ulss 2 di Feltre.ULSS 16 PADOVA - FORTUNATO RAO:confermatoULSS 17 ESTE - GIOVANNI PAVESI:nuova nomina. Alla prima esperienza comeDirettore Generale. Veronese, proviene dal set-tore privato dove ha operato in Veneto e inLombardia.ULSS 18 ROVIGO – ADRIANO MARCO-LONGO: confermatoULSS 19 ADRIA - GIUSEPPE DAL BEN:nuova nomina. Medico trevigiano con unalunga esperienza come responsabile deldistretto socio sanitario di Oderzo prima, ecome direttore dei servizi sociali dell’Ulss 9 diTreviso poi.ULSS 20 VERONA – MARIA GIUSEPPI-NA BONAVINA: nuova nomina. Alla primaesperienza come Direttore Generale. E’ statadirigente medico in diverse strutture sanitarie,ed era Direttore Sanitario dell’IstitutoOncologico Veneto (IOV).ULSS 21 LEGNAGO – DANIELA CAR-RARO: nuova nomina. Nella precedente tor-nata è stata Direttore Generale dell’Ulss 5Ovest Vicentino.ULSS 22 BUSSOLENGO – ALESSAN-DRO DALL’ORA: nuova nomina. Proviene dall’ambito sanitario, con un’attivitàsvolta all’interno dell’Azienda Ospedaliera diVerona sin dal 2000 e quindi, dal 2005 adoggi, in qualità di direttore amministrativodell’Ulss 14 di Chioggia.AZIENDA OSPEDALIERA DI PADOVA –ADRIANO CESTRONE: confermato.AZIENDA OSPEDALIERA DI VERONA –SANDRO CAFFI: nuova nomina. Nella pre-cedente tornata è stato Direttore Generaledell’Ulss 4 Alto Vicentino.

12 EEEE LLLL EEEENNNNCCCCOOOO DDDDEEEE IIII NNNNUUUUOOOOVVVVIIII DDDD IIIIRRRREEEETTTTTTTTOOOORRRRIIII GGGGEEEENNNNEEEERRRRAAAALLLL IIII

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impauriti e disorientati che da una seria, pur difficile, analisi.Fatto questo ritorniamo, poi, a sentirci a posto. In fondo qual-cosa abbiamo fatto, sono i giovani che non rispondono, sonoapatici, irresponsabili. E il cerchio è chiuso.Sappiamo che i comportamenti a rischio fanno parte dell’a-dolescente. Il ragazzi sono per antonomasia “costretto arischiare” molto per capire chi sono e chi vorranno essere, peravere una precisa comprensione di quali siano i limiti e i puntidi forza, per modellare e restituire al gruppo allargato, allaloro “famiglia sociale”, un’immagine che non corrisponde piùa quella che era stata sapientemente confezionata all’internodella famiglia d’origine.Qual’è la sfida, allora, oggi? Quali le ragioni che spingono, avolte, un adolescente a cacciarsi nei guai? Quale atteggia-mento debbono assumere i genitori, gli adulti, chi ha compitieducativi, per affrontare la situazione senza demonizzare nebanalizzare il problema?Per gli adolescenti è di incanalare le pulsioni ad assumere deirischi all’interno di esperienze di ricerca del rischio positivo asostegno del benessere.Per gli adulti è di saper interpretare il significato funzionale esimbolico della ricerca del rischio e di sensazioni forti per gliadolescenti proponendo alternative e possibilità realistiche ecostruttive allo loro naturale tendenza ad assumere dei rischi.Vanno aperti allora, spazi, affrontate le questioni, i problemi,fuori dalla logiche delle apparenze, ma mettendo la testa edil cuore e le nostre capacità e risorse. Per fare questo bisognadisporre di informazioni corrette e conoscere trovando iltempo per ascoltare, farsi coinvolgere, proporre, stimolare,fare insieme.Va, infine, recuperata anche una dimensione di coerenza inuna società adulta che propone e ripropone continuamentemodelli di successo, della necessità di consumare, di gode-re pienamente, addirittura di assumersi dei rischi, senzaessere per nulla toccati mai dal dubbio che mentre noisiamo alle prese con queste preoccupazioni i nostri ragazzisono lì a guardarci.

GIGI i.o.c.i.

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Capita nei numerosi incontri con genitori e adulti in genere chefacciamo in questi mesi di attività del progetto“Pentagramma”, di imbattersi spesso nella tipica domanda:“Mi sono accorta che mio figlio si è fatto una canna! Cosadevo fare?”. Oppure: “Da qualche sabato mia figlia tornatardi e, forse, un po’ bevuta, non so mai cosa dirle”.Sono domande che spesso vengono rivolte all’”esperto” diturno, in incontri o confronti che, per la verità, quasi mai sonogranché frequentati dai genitori, e che quasi mai trovano unarisposta soddisfacente, soprattutto se dietro si nasconde l’in-sidia di voler per forza di cose trovare una “ricetta” valida perogni stagione e situazione.Manca spesso la voglia di guardare un po’ dentro di sé per tro-vare la propria “linfa” per cogliere le proprie competenze ecapacità che il più delle volte sono presenti. Manca la vogliadi riflettere sui modelli genitoriali che abbiamo acquisito nellarelazione con i nostri genitori e che abbiamo “subito” quandoeravamo noi gli adolescenti. Modelli, che, consapevolmente omeno, vengono spesso ripetuti.Non si tratta, allora, di dire che cosa si deve fare o non si devefare, ma di arrivare, autonomamente, a prendere decisioniche siano più o meno giuste non solo per i nostri figli, maanche per noi. Bruno Bettelheim nel definire l’educazione deifigli come un’impresa “creativa, un’arte più che una scienza”dice che “…per il suo stesso bene, nonché per il bene di suofiglio, il genitore deve risolvere i problemi via via che gli si pre-sentano, e deve risolverli a modo suo; altrimenti la soluzionenon andrà bene ne per il bambino né per lui, non lo farà sen-tire a posto con se stesso”.Sentirsi bene nella propria pelle di genitori è un’esperienzache passa soprattutto se siamo soddisfatti della nostra vita,anche se occupatissimi e indaffarati a far quadrare i tempi e ibilanci. Si tratta, in altre parole, di ritrovare un senso alla vita,con o senza figli.Manca, però, e, forse in misura maggiore anche la voglia difare la fatica di guardare dentro alle situazioni …..Preferiamo preoccuparci dei nostri figli anziché occuparcene.Pensiamo e agiamo comportamenti che spesso sono il fruttodi stereotipi e rappresentazioni dei giovani d’oggi lontani dallarealtà concreta. Con questa lente poi tiriamo delle conclusio-ni, per forza di cose, affrettate che in molti casi si trasforma-no anche in “linee d’azione” e “politiche” nei confronti deigiovani, che partono più dalla emotività della pancia di adulti

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14 NUOVA LEGGE SUL VOLONTARIATO:LE REGIONI DICONO CHE ….

La Conferenza delle Regioni e delle ProvinceAutonome ha approvato il seguente docu-mento che sintetizza le osservazioni delleRegioni in merito ai disegni di legge n. 1171 e1386 del 2006.E’ stata evidenziata, tuttavia, la necessità diavviare un percorso di approfondimento eriflessione sulle problematiche inerenti ilvolontariato, alla luce degli sviluppi normativiin materia di terzo settore.A tal fine verrà costituito un apposito gruppodi lavoro con il compito di elaborare le pos-sibili strategie affinchè le Regioni possanoassumere quel ruolo primario che laCostituzione ha riconosciuto loro in materiadi politiche sociali e un ruolo di interlocuzio-ne forte e unitario nei confronti dei soggettiistituzionali e sociali che, per legge, sonodeputati alla promozione e allo sviluppo delvolontariato.Si evidenziano, per punti, le considerazioniprincipali sui disegni di legge in materia divolontariato:1 SOLIDARIETÀ: la proposta del DDL.

1386 di affrancare la nuova legge da taleprincipio oltre a snaturare il volontariatoda uno dei concetti cardine, aumentereb-be la confusione, già peraltro esistente,rispetto alla promozione sociale. Vieneinvece sottolineata la necessità di affron-tare il tema della distinzione tra volonta-riato e promozione sociale (e quindi trasolidarietà e utilità sociale).

2 GRATUITÀ: la deroga introdotta dalDDL.1386 alla gratuità delle cariche neiconfronti dei responsabili delle organizza-zioni di carattere nazionale non è assolu-tamente condivisa, essendo opinione dif-fusa che la caratteristica peculiare edistintiva del volontariato sta appuntonella gratuità e neppure i vertici possonosottrarsi alle regole generali.

3 RISORSE ECONOMICHE: l’elencodelle possibili entrate delle organizzazionidi volontariato deve rimanere tassativo e

l’introduzione di “ogni altra entrata” daparte di entrambi i DDL va eliminata, inquanto potrebbe aprire la strada a formedi introito inamissibili nonostante vengaasserita la compatibilità con le finalità sta-tutarie.Sarebbe al contrario utile estendere l’ob-bligo della gratuità delle prestazioni ancheda parte dell’associazione.Non è condivisibile neppure la sostituzio-ne di “entrate” anziché “rimborsi da con-venzioni” proposta dai due DDL checompromette comunque la gratuità delleprestazioni.

4 DEMOCRATICITA’ DELLASTRUTTURA RELATIVAMENTEALL’ELETTIVITA’ DELLE CARI-CHE: la deroga prevista dal DDL 1171 inrelazione alla struttura complessa o allefinalità perseguite da talune organizzazioni,da concedere con Decreto Ministerialesentito l’osservatorio nazionale per ilvolontariato, viene solo in parte condivisa ea condizione che le autolimitazioni discen-dano dalla espressa volontà dei soci.

5 ORGANISMI DI SECONDOLIVELLO: l’estensione dell’iscrizione diquesti soggetti da parte di entrambi iDDL viene accolta favorevolmente anchese si ritiene utile definire la composizionedi tali organismi (tutte organizzazioni divolontariato), come previsto dal DDL1171 ma non dal DDL 1386.

6 SPECIFICITA’ DEL VOLONTA-RIATO: l’elencazione di soggetti esclusidal volontariato proposta dai due DDLpare pericolosa. Sarebbe preferibile indivi-duare ulteriori elementi definitori delvolontariato per meglio identificarlo,anche rispetto alla promozione sociale esalvaguardarne l’autonomia all’interno delterzo settore. È difficile elencare tutte lefattispecie escluse e potrebbero presen-tarsi nuove tipologie non prevedibili almomento dell’elencazione.

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DDL 1386) e specificate le modali-tà di attuazione demandate dalDDL 1171 ad un successivo prov-vedimento del Ministro della solidarietàsociale.

10 FONDI SPECIALI PRESSO LEREGIONI: i Centri Servizi delVolontariato sono una grande opportuni-tà: è necessario che nell’art. 15, se si vuolemodificarlo, si rafforzi il principio secondocui tali risorse devono essere impiegateesclusivamente per promuovere e soste-nere le organizzazioni di volontariato.Condivisibile l’inserimento del ruolo deiCSV e del CO.GE. (ripreso dal DM 1997)da parte del DDL 1171, ma sarebbenecessario chiarire tali ruoli ed esplicitarele modalità di riparto del fondo del DDL1386. Il Centro di servizio deve rimanereuno strumento a disposizione del volon-tariato e non un organo di rappresentan-za. Viene suggerita anche la necessità diraccordo tra l’attività dei centri di servi-zio e le politiche sociali regionali, nonchétutti gli altri settori nei quali si esplica l’in-tervento del volontariato (sanità, cultura,ambiente, etc…).

Roma, 6 dicembre 2007

157 OSSERVATORIO NAZIONALE: siall’aumento dei membri anche se il nume-ro dei rappresentanti delle organizzazioniiscritte al registro nazionale potrebbeessere diminuito; i rappresentanti delleregioni e degli enti locali dovrebberoessere previsti, come proposto dal DDL1171 e non dal DDL 1386, ma in qualità dimembri effettivi e sarebbe opportunospecificare il numero dei componenti inrappresentanza dei vari enti.Apprezzabile la partecipazione del mem-bro per l’agenzia delle ONLUS e di quel-lo designato dall’ACRI previsti dal DDL1171.

8 AGEVOLAZIONI: viene vista favore-volmente l’introduzione dell’articolo 8bisda parte del DDL 1386 sui tributi localianche se si propone di integrare con la pos-sibilità di esenzioni oltre che di riduzioni.Condivisibili le previsioni dei benefici inmateria di lavoro sia per il volontariato cheper la promozione sociale del DDL 1386.

9 REGISTRO NAZIONALE: in viagenerale l’istituzione del registro nazionale,in analogia con le APS, da parte di entram-bi i DDL, è condivisibile anche se si ritienedebba essere maggiormente chiarito il rap-porto tra registri nazionali e regionali (nel

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