Programma di sala Magna Graecia Teatro Festival

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Magna Græcia Teatro Festival Luoghi e spettacoli Itinerario teatrale nei Siti Archeologici della Calabria 07 agosto 14 settembre 2010

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Itinerari teatrali nei siti archeologici calabresi

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Magna Græcia Teatro FestivalLuoghi e spettacoli

Itinerario teatrale nei Siti Archeologici della Calabria

07 agosto 14 settembre2010

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Magna Græcia Teatro FestivalLuoghi e spettacoli

Itinerario teatrale nei Siti Archeologici della Calabria

07 agosto 14 settembre2010

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Anche quest’anno il “Magna Græcia Teatro Festival”è una occasionedi arricchimento culturale, e non solo, per tutta la Calabria.La valorizzazione di siti archeologici, per molti sconosciuti, e di tutte le splendide risorse naturali che Madre Natura ha donato alla nostra amata Regione passa anche dal forte processo culturale di cui questa manifestazione si fa portatrice. Una sintesi tra “diversità” accomunate da uno stesso meraviglioso scenario e dall’intento di unire varie sfaccettature di uno stesso popolo. Anche la scelta dei tredici siti che fungeranno da palcoscenico del Festival non è casuale, dal momento che ciascuno di essi avrà la possibilità di mostrare le proprie, notevoli, potenzialità mirate anche allo sviluppo del turismo culturale.Il “Magna Græcia Teatro Festival”, dopo 6 anni, è oramai una rassegna di livello nazionale anche per la caratura artistica che viene impressa dal Direttore artistico Angela Spocci, a cui va il nostro ringraziamento per la splendida vetrina che offre a una Calabria sempre più proiettata verso il Mediterraneo. Un Mediterraneo che, a partire dall’VIII secolo a.C., ha permesso lo sviluppo della nostra splendida area che riteniamo debba mantenere e semmai rafforzare la propria identità di Magna Grecia. Per questo siamo orgogliosi di tale rassegna, ennesimo segnale che l’attenzione verso Sud è massima e che, a nostro avviso, la cultura rimane uno dei fattori principali per il rilancio della Calabria.

Giuseppe ScopellitiPresidente Regione Calabria

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La settima edizionedel Magna Græcia Teatro Festival varca i confini della Calabria e si propone quale evento culturale di qualità non solo regionale ma nazionale ed europea.Sono state queste le indicazioni innovative del Presidente Scopelliti, attuate dall’assessore alla Cultura Caligiuri. Non a caso, la presentazione del cartellone è avvenuta al Teatro Quirino di Roma, alla presenza, tra l’altro, del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta. Il punto di forza del “Magna Græcia Teatro Festival” è che le rappresentazioni si svolgono negli anfiteatri all’aperto delle aree archeologiche calabresi della Magna Grecia. Tali aree rappresentano una forte attrattiva turistica e culturale anche perché il Festival consente di far rivivere i siti archeologici attraverso gli spettacoli che proprio in tali luoghi vengono rappresentati. Questa settima edizione contiene alcune novità. In primo luogo, si è arricchita di un ulteriore sito archeologico nel quale ospitare le rappresentazioni teatrali: la Villa Romana del Comune di Casignana che si aggiunge agli altri dodici del circuito. Inoltre, l’edizione 2010 del Festival ha come tema “La Calabria tra incontro e confronto” e, attraverso la variegata programmazione teatrale selezionata dal Direttore artistico Angela Spocci, consente una rivisitazione, anche in chiave moderna, del Mito. Non meno innovativa è l’idea del “Festival nel Festival”, pensata esclusivamente per il sito archeologico di Rosarno e volta a rimarginare le ferite dell’intolleranza, frutto di una parte minoritaria della popolazione. A dimostrazione, qualora ve ne fosse bisogno, che la cultura vera unisce e non divide, affratella e non separa, favorisce l’incontro e non lo scontro.

Mario CaligiuriAssessore alla Cultura Regione Calabria

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“Le case sono fatteper essere abitate,e non solo per essere guardate.”Questo è il pensiero riassuntivo risultante dagli incontri con i responsabili durante i sopralluoghi nei tredici siti archeologici interessati dal festival “Magna Græcia Teatro” 2010.Un patrimonio culturale inestimabile, ma inutilizzato e soprattutto sconosciuto. Quasi la totalità di questi luoghi incantevoli, che fanno breccia nel tempo facendoci rivivere età ormai perdute, è mal curata, abbandonata al suo destino, in balia dell’erosione del tempo. Gli enormi costi a suo tempo sostenuti per i restauri e la manutenzione se pur scarsa di queste aree, non vengono minimamente ammortizzati dal loro utilizzo, questo avviene contro ogni tendenza europea. Un tale spreco è inaccettabile, soprattutto considerando il periodo critico che il mondo dell’arte sta attraversando. È auspicabile che la Regione Calabria, centro nevralgico di tale progetto, in un azione sinergica con Soprintendenza ai Beni Archeologici della Calabria, con le Amministrazioni locali e le imprese culturali-teatrali della regione, attraverso apposite convenzioni, che diano la possibilità dell’utilizzo di questi siti(ed eventualmente altri di cui la Calabria è particolarmente ricca), per il più lungo periodo possibile durante l’arco dell’anno, e non solo per pochi giorni, al cadere di qualche evento particolare, quale, per l’appunto il “Festival Magna Græcia Teatro”.

Dr.ssa Angela SpocciDirettore artistico

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Magna Græcia Teatro Festival Biglietteria e info

CASIGNANADomenico Di [email protected]

CASSANO ALLO JONIOGiuseppe Manera0981.780252 | 780254www.comune.cassanoalloionio.cs.it

CROTONETeatro Stabile di Calabria0962.905416www.teatrostabilecalabria.itwww.crotone.it

DIAMANTETeatri Calabresi [email protected]

LAMEZIA TERMEUfficio Cultura 0968.207278 0968.207339Biglietteria 366.1726414www.teatroalamezia.it

LOCRISegreteria 0964.20316 0964.391490 / 0964.391435www.comune.locri.rc.itstaffsindacolocri@[email protected]

MONASTERACEGiuseppe Crea0964.732540 - 338.9404447

PALMICarmelo Schipilliti380.7259307

REGGIO CALABRIAO965.362073 – [email protected]

RICADIO963.6665274 / [email protected]

ROCCELLETTA DI BORGIAChiara [email protected]

ROSARNOMichele Spataro 347.6217675Domenico Cannizzaro 333.1904002

VIBO VALENTIAAnna Maria [email protected]@libero.it

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Magna Græcia Teatro Festival – 2010

Casignana si trova nella Locride e fa parte dei comuni della Costa dei gelsomini. Divenuto comune autonomo nel 1809, Casignana, lega il suo nome anche alla produzione dei vini Greco e Mantonico, nonché di tutti i prodotti tipici calabresi. La Villa di Palazzi di Casignana, databile dal I al IV sec. d. C., costituisce uno dei complessi più importanti di epoca imperiale romana dell’Italia Meridionale. Situata tra Bovalino e Bianco, poco oltre il Km 82 della SS 106 ionica, è stata “scoperta” nel 1963 ma valorizzata negli anni successi-vi. La villa conserva il più vasto nucleo di mosaici finora noto nella Calabria romana. Ben 20 sono gli ambienti pavimentati con mosaico, quattro dei quali figurati. Ma la punta di diamante di questa parte della villa, nelle Terme Orien-tali, è la cosiddetta “Sala delle Nereidi”, il primo ambiente del “frigidarium”. Un grosso mosaico sul pavimento, a grandi tessere verdi e bianche, raffigurante un “thiasos” marino con quattro Nereidi dà il nome all’ambiente. Le Nereidi sono sedute sulla groppa di altrettanti animali: un leone, un toro, un cavallo, una tigre, tutti terminanti con tre pinne, conformazione tipica dei mostro marini.

Casignana Villa Romana

Colonia achea fondata nel 720 a.C. circa, Sybaris nell’antichità era molto fertile e la città divenne grande e ricca. Per la sua magnificenza Sibari era rinomata nella madrepatria: nessuna città greca arrivava a tanto benessere e splendore. La sua potenza la portò, naturalmente, alla guerra feroce con la vicina Crotone. I Crotonesi, nonostante le forze nettamente inferiori, vinsero e rasero al suolo Sibari, deviando le acque del Crati a scorrere sulle rovine della città nel 510 a.C. Nel 443 a.C., nelle vicinanze della città distrutta, i discen-denti degli esuli fondarono una nuova città, Thurii. Successivamente, durante il dominio romano, venne fondata la città di Copia, da cui la città prese il nome di Sybaris-Copia. Le ricerche archeologiche, iniziate alla fine dell’800, si fecero più concrete con gli scavi di Umberto Zanotti Bianco negli anni ‘30 del 1900, ma fu solo a partire dagli anni ‘60 che le campagne di scavo sistematiche portarono alla luce l’area archeologica estesa per circa 400 ettari a cavallo del fiume Crati. L’Area Archeologica di Sibari, insieme al Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, è il principale polo culturale del comprensorio ionico cosentino.

Cassano allo Jonio Area Archeologica di Sibari

La città di Kroton fu fondata nel 718 a.C dagli Achei. Era rinomata per il suo clima salubre, le fertili campagne, il mare ricco di pesci, la bellezza delle donne e la forza fisica degli uomini, come Milone, il lottatore più volte vincitore dei Giochi Olimpici di Atene. La città era, inoltre, un florido centro culturale, sede della prestigiosa scuola di medicina di Alcmeone. Quando Pitagora giunse a Crotone, nel V secolo a.C., trovò una città-stato molto potente. Per le sue mire espansionistiche Kroton viveva in perenne conflitto con Sibari e Locri. Nel 520 a.C. circa, sotto la spinta di Pitagora, Kroton dichiarò guerra a Sibari, la distrus-se e costrinse gli abitanti alla fuga. Nel 277 a.C. divenne dominio romano e nel 203 a.C. passò ad Annibale, diventando un importante porto di collegamento con Cartagine. Il Parco Archeologico sorge a pochi chilometri dalla città, sul promontorio Lacinio dedicato a Hera (Giunone), protettrice delle donne, dei pascoli e della fertilità. Il tempio, uno dei più grandi dell’antichità, era posto su un grande basamento di forma rettangolare che serviva da piedistallo. Del tempio rimane oggi solo una colonna, a memoria di un passato di gloria.

Crotone Parco Archeologico di Capo Colonna

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Itinerario teatrale nei Siti Archeologici della Calabria

Cirella, come entità proturbana, ha origini mitiche come testimoniano i resti del tempio di Aristeo. Dalla relazione tra Apollo e la ninfa Carene era nato, infatti, il dio agricoltore e pastore Aristeo che insegnò agli uomini l’arte dell’innesto, l’uso del caglio nel latte e la costruzione dell’alveare. I primitivi ubicarono il culto di Apollo sulla sommità del Pollino, alla sorella Artemide consacrarono l’Aretemisio, e al figlio Aristeo, il tempio nell’omonima contrada “Arieste”, vicinissimo a quello della madre, la ninfa Carene. È probabile, però, che il tempio della ninfa vada identificato con l’attuale chiesa della Madonna dei Fiori. Ciò si desume dal ritrovamento di un mastodontico colonnato mu-rato nei piedritti della stessa, da spezzoni di colonne posti all’estremità di un muro di sostegno a Sud dell’edificio e da un capitello a fogliame corinzio. Pare che ogni colonna terminasse con un capitello del genere. Il teatro, che ricalca lo stile di quello greco, è una costruzione recente, realizzata tra il 1994 e il 1997. Incastonato tra il Monastero dei Minimi (lato monti) e i ruderi della Cirella Medievale (lato mare) è un’opera architettonica di suggestiva bellezza.

Diamante Teatro dei Ruderi, Cirella

Lamezia Terme è situata nel cuore del Mediterraneo, in una zona che va dal lido del mar Tirreno alle pendici dell’Appennino calabro. La città, nata dall’unione degli ex Comuni di Nicastro, Sambiase e S. Eufemia Lamezia il 4 gennaio 1968, ha origini antichissime. Infatti, è presente già nel sinus lametinus da quando i Bizantini, nel IX secolo, costruirono il castron con relativo burgus (Nicastro), per accogliere una ben nutrita guarnigione militare e presidiare il territorio dalla penetrazione longobarda ed il cenobio di S.Biagio (Sambiase) con i suoi padri ospedalieri. Il Parco archeologico, in corso di realizzazione a S.Eufemia Vetere, comprende i resti dell’abitato di Terina, storica città commerciale della Magna Grecia fondata nel V secolo a.C. dai Crotoniati e gli imponenti ruderi dell’Abbazia Benedettina. Fondata da Roberto il Guiscardo tra il 1062 e il 1065 sui resti di un antichissimo monastero bizantino dedicato a S. Eufemia, martire di Calcedonia, l’Abbazia di S.Eufemia fu la prima abbazia fondata dai Normanni in Calabria. Gli scavi archeologici hanno permesso la ricostruzione della planimetria della chiesa, di 63 m di lunghezza, a tre navate con transetto terminante in una abside centrale e due absidi laterali.

Lamezia Terme Abbazia Benedettina

Lokroi Epizephyrioi fu fondata presso il Capo Zefirio (attuale Capo Bruzzano) da coloni che provenivano dalla Locride, nella Grecia centrale. La città ebbe grande sviluppo economico e culturale, con caratteristiche del tutto peculiari che ne fecero una delle principali città della Magna Grecia. Dal III secolo a.C. Locri entrò in rapporto di dipendenza politica da Roma e dopo le guerre puniche attraversò un periodo di declino da cui si risollevò, in parte, in età imperiale. Il santuario di contrada Marasà è il più monumentale fra quelli esplorati a Locri. Non è stato finora possibile stabilire con esattezza a quale divinità fosse consacrato tale santuario, anche se è stata più volte proposta la dea Afrodite, cui era dedicata la non lontana area sacra incentrata sulla “Stoà ad U”. Nell’area sacra di Marasà fu costruito il primo tempio, uno dei più antichi di quelli sinora noti in Magna Gracia. Nella prima metà del V secolo a.C. i Locresi abbatterono il tempio arcaico e lo sostituirono con uno più grande in stile ionico interamente in calcare, uno dei pochi templi di questo ordine esistenti in Magna Gracia. Il tempio è stato distrutto nel 1800. I ruderi mostrano un solo rostro di colonna.

Locri Tempio di Marasà

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Magna Græcia Teatro Festival – 2010

Le sue origini affondano le radici nel mondo della Grecia antica, nei suoi immediati dintorni sorgeva infatti la colonia Taureanum i cui abitanti, cacciati dai Mori, nel 951 d.C. si stabilirono nella terra denominata De Palmis, il cui nome deriva dalle tante palme che avevano nel luogo il loro habitat naturale. Il Teatro all’aperto sorge su un promontorio che si affaccia sul mare Tirreno, nell’incantevole cornice della Costa Viola di fronte all’incomparabile scenario del mitico Stretto di Scilla e Cariddi e delle isole Eolie. Un luogo carico di echi e suggestioni mitologiche che richiamano le epopee di Oreste, Ulisse, Glauco, Eolo, Scilla e del canto ammaliatore delle Sirene. Non lontano da questo sito sorge, infatti, la località denominata “Porto Oreste” dove approdò, appunto, Oreste che, ossessionato dal matricidio commesso, così come sugge-ritogli dall’oracolo di Delfi, consultato dopo l’uccisione della madre Cliten-nestra, era alla ricerca del settimo fiume (il Metauro) per purificarsi nelle sue acque e ritrovare così il senno smarrito. Porto Oreste fu in effetti un posto abbastanza frequentato per diversi secoli, così come attestato dal ritrovamento di reperti di varie epoche raggruppati in una zona circoscritta.

Palmi Anfiteatro località Motta

Fondata dai Calcidesi nell’VIII secolo a.C. con il nome di Rhegion, fu scelta per la posizione strategica che favoriva il controllo delle principali rotte commerciali dello Stretto. Reghion estese il suo dominio lungo le due coste dello Stretto e divenne una città molto prospera dal punto di vista economico e culturale. La tirannide di Anaxilas realizzò l’unità politica con Zancle (l’odierna Messina) nel V secolo a.C. Nel 387 a.C. venne distrutta da Dionisio che ne de-portò gli abitanti a Siracusa. Fu ricostruita da Dionigi Il, che le cambiò il nome in Febea. Nel 351 a. C. si liberò da Siracusa. Dal 270 a.C. Reggio fu sottomessa dai Romani che le diedero il nome di Rhegium lulium. Scarsi sono i resti dell’antica Rhegion anche perché la città moderna si sovrappone interamente, nella sua estensione, all’antico insediamento coloniale. La città fu ricostruita totalmente dopo il disastroso terremoto del 1908 e il suo Castello conosciuto come Aragonese, ha origini in realtà molto più antiche: si hanno notizie certe della sua esistenza già nel 1027, ma se ne fa risalire la costruzione tra il 536 e il 549, probabilmente impiantato su un preesistente nucleo fortificato.

Reggio Calabria Arena dello Stretto, Piazza Castello

L’antica Kaulon fu fondata nel VII secolo a.C. La tradizione vuole che la città sia stata fondata da Caulo, figlio dell’amazzone Clete, al tempo della guerra di Troia. La città era circondata da una cinta muraria con 12 tor-ri, ritrovata dall’archeologo Paolo Orsi ai primi del 900. La cinta muraria variava dai 2 ai 5 metri. Delle torri, oggi, non rimane nulla, poiché in epoche successive alla distruzione da parte dei Campani nel 277 a.C., il materiale fu usato per altri edifici, tra cui la Cattolica di Stilo. Il grado di ricchezza che Kaulon riuscì a raggiungere, non bastò a tenere lontano la guerra e la volontà di espansione di altre città e altri popoli. Fu così che dopo secoli di prosperità e crescita, nel 360 a.C. Kaulon venne attaccata e distrutta una prima volta dai Siracusani. Ricostruita, venne definitivamente distrutta dai Campani alleati dei Romani nel 277 a.C. I resti della città e i suoi tesori per anni furono con-tesi dai Romani e dai Cartaginesi, ma con la sconfitta di questi ultimi, Kaulon rimase territorio di Roma. Tra i reperti rinvenuti, di particolare pregio sono le monete. Kaulon fu la prima città al mondo a coniare monete in argento di eccellente fattura come confermano i ritrovamenti.

Monasterace Parco Archeologico dell’Antica Kaulon

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Itinerario teatrale nei Siti Archeologici della Calabria

L’alto sperone granitico, frastagliato, a base quadrangolare, che partendo dall’Appennino Calabrese si protende sul Mare Tirreno, proprio di fronte alle isole Eolie, è geograficamente noto come il promontorio di Capo Va-ticano. Esso divide i golfi di Sant’Eufemia e di Gioia Tauro. Su questo pro-montorio si estende il comune di Ricadi ad una altitudine di 237 metri s.l.m. Il comune di Ricadi è abitato da epoche assai lontane e porta, ancora visibili, le tracce delle antiche genti. Una necropoli preistorica è stata scoperta a Santa Domenica con le tipiche tombe a cupola scavate nell’arenaria. Reperti di grandissimo interesse storico e archeologico e resti di necropoli paleocristiane sono visibili a Ricadi, Brivadi, S. Nicolò e Santa Domenica. Da insediamenti di età greca rimangono cocci disseminati in quantità notevoli tra Santa Maria di Ricadi e Torre Ruffa, mentre tracce di edifici di età romana si rinvengono in quasi tutto il territorio. Il teatro di Torre Marrana, con la magnifica torre saracena che si erge a suo “guardiano”, è una delle strutture teatrali all’aperto più belle e interessanti di tutta la costa tirrenica, quella che più di ogni altra incarna la sensibilità architettonica greca.

Ricadi Teatro Torre Marrana

La città greca di Skylletion fu fondata, secondo tradizione, dall’eroe ate-niese Menesteo, o, addirittura, da Ulisse, al ritorno dalla guerra di Troia, tuttavia pochi sono i dati certi. La città rappresentava un importante presi-dio dell’istmo nella strategia espansionistica di Crotone contro Locri. Scarsi sono i dati archeologici relativi all’età più antica: frammenti ceramici, alcuni a figure nere di produzione ateniese, risalgono al VI secolo a.C. Nel 123-122 a.C., su iniziativa di Caio Gracco, i Romani fondarono Minervia Scolacium. Forse distrutta da Spartaco tra il 72 ed il 71 a.C., la città superò la crisi e rag-giunse, già in età giulio-claudia, un ruolo primario nel Bruttium romano, che mantenne fin dopo la caduta dell’impero. A questo periodo risalgono forse la pavimentazione del foro e la fase più antica del teatro, che è romano e non greco. Tra il 96 e il 98 d.C. l’imperatore Nerva promosse una ricolonizzazione e la città assunse il nome di Minervia Nervia Augusta Scolacium. Al lI secolo d.C. risalgono l’anfiteatro, la nuova scena del teatro e il grande acquedotto. La guerra greco-gotica (535- 552) ne segnò definitivamente il declino.

Roccelletta Di Borgia, Parco Archeologico Scolacium

L’antica colonia di Medma fu fondata dai Locresi alla fine del VI secolo a.C. Giunti ad una collina al centro di una vasta e fertile pianura, attraversata da abbondanti corsi d’acqua, distante meno di una giornata di cammino da Lokroi Epizephyroi, i Locresi vi trovarono delle popolazioni indigene di stirpe indoeuropea, e da queste trassero e diedero alla città rifondata il nome di Medma, termine che nella lingua delle popolazioni autoctone significava “città di confine”. Nel 389 a.C. fu presa da Dionisio I e forse distrutta, i suoi abitanti furono deportati a Messina, ma la città sopravvisse comunque per tutto il IV secolo a.C., sotto il dominio dei Brettii. Il centro fu forse abbandonato in concomitanza con le vicende della seconda guerra punica: quel che è certo è che non fu più occupato in età romana. Tipiche di Medma sono le statuette fittili e le arule con soggetti mitologici prodotti dalle industrie locali e ritrovate nei vari siti della Magna Grecia. L’attestazione epigrafica più antica di Medma ci proviene da uno scudo di bronzo rinvenuto nel 1938 nel santuario greco di Olimpia. Inoltre, l’unico Medmeo antico di cui si conosca il nome è Filippo di Medma, discepolo, amico e segretario personale di Platone.

Rosarno Area Archeologica dell’Antica Medma

Hipponion nacque su un precedente centro indigeno, Veipo, di cui si è rinvenuta la necropoli. La sua fondazione risale alla seconda metà del VII secolo a.C., frutto delle mire espansionistiche della città madre, Locri. Nel 422 a.C. la città si ribellò e sconfisse la stessa Locri. In seguito si unì ad altre città magno-greche della Lega italiota nella guerra contro i Siracusani guidati dal tiranno Dionisio e appoggiati da Locri. Hipponion fu occupata e in parte distrutta da Dionisio che la restituì a Locri e ne deportò gli abitanti a Siracu-sa. Tra il 383 e il 378 a.C. i Cartaginesi e la Lega italiota liberarono di nuovo la città e ne promossero la ricostruzione. A partire dal 356 a.C. il centro cadde sotto il controllo dei Brettii fino all’arrivo dei Romani, che fondarono la co-lonia Valentia nel 194 a.C. Nell’89 a.C., la città, grazie al ruolo strategico del suo porto, assunse lo status di municipium, con regime di autonomia. Eretto tra il 1055 e il 1057 da Ruggero il Normanno, il Castello si erge maestoso sulla collina dove era situata l’acropoli dell’antica Hypponion. Durante l’epoca angioina e nel periodo della signoria dei Pignatelli, la rocca fu modificata con l’aggiunta di un complesso sistema di fortificazioni.

Vibo Valentia Castello Normanno

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82 Spettacoli 13 Siti Archeologiciagostosettembre2010Direzione artistica Angela Spocci

www.magnagraeciateatrofestival.it

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Magna Græcia Teatro Festival – 2010

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eversivo nella libertà di volersi e potersi rappresentare in un mondo che sembra non aver posto per lui. L’allestimento pone l’attenzione sulle avventure narrate nella seconda parte del capolavoro di Cervantes, che ha inizio con l’invito a Don Quijote e Sancio, da parte della principessa Altisidora, di trascorrere alcuni lieti giorni al Palazzo del Duca. Dopo essere stati oggetto di una serie di crudeli beffe, “l’ingenioso hidalgo” e il suo fedele scudiero abbandoneranno il castello per riprendere le loro avventure che si concluderanno con l’entrata in scena della straordinaria figura del Cavaliere della Bianca Luna, che sfiderà a duello Don Chisciotte, lo vincerà, lo catturerà e lo ricondurrà nella sua casa della Mancha.Qui il povero Hidalgo, rispettando la parola data al vincitore, dovrà vivere fino alla fine dei suoi giorni, rinunciando alla bella utopia di cavaliere errante.

L’opera di Miguel de Cervantes è, secondo Lukacs, il primo grande romanzo delle illusioni perdute; noi con il nostro progetto vogliamo invece ritrovarle tutte le nostre illusioni e invitare tutti coloro che verranno a vederci a fare altrettanto.Verrebbe immediato e nostalgico alla mente un nostro antico slogan “L’illusion au puovoir”; non si tratta però di questo bensì della consapevolezza di una rivoluzione necessaria: “L’illusion pour pouvoir vivre”.In una società in piena decadenza Don Quijote diventa personaggio emblematico della protesta e del rifiuto ad adattarsi a modelli che la società impone.E pur venendo ad assumere il ruolo contraddittorio, già nella sua stessa definizione, di “eroe comico”, Don Quijote dà alla sua condizione uno spessore tragico e sublime per arrivare ad esprimere il suo potenziale

El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha

sab 7 agostoRicadiTeatro Torre Marrana–––––––––––––––––––––---dom 8 agostoCassano Allo JonioArea Archeologica di Sibari–––––––––––––––––––––---lun 9 agostoCrotoneParco Archeologico di Capo Colonna

di Miguel de Cervantesproduzione Doppia Effe srlcon Mariano Rigillo, Tonino Taiuti,Anna Teresa Rossini, Patrizia Spinosi e con A. Borgia, F. Castiglia, P. Cutuli, L. D’Amico, D. D’Antonio, A. Monaco,L. Praticò, B. Santini, P. Spinosi, A. TroianoM. Bonè (ch), V. Pugliese (fl), C. Marino (per), danzatrici ancelle V. Ambrosio, C. Combo,G. Di Martino, M. Ferrillomusiche Nicola Piovani costumi A. Maria Morelli scene Paolo Petti regia Mariano Rigillo

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Itinerario teatrale nei Siti Archeologici della Calabria

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Non un semplice spettacolo ma un ritratto, un’indagine emotiva, una discesa nel cuore vibrante del lucido pensiero di un uomo che ha dedicato e sta dedicando la sua vita alla lotta contro il crimine per il trionfo della legalità.Lo immagino in una stanza.Lui è lì al suo tavolo, forse sta lavorando, forse, stanco, sta pensando, forse sta tenendo una lezione, quello che è certo è che lo spettatore si trova partecipe di una riflessione sorprendente per la sua vitalità intellettuale. Il tempo dello spettatore è lo stesso del protagonista sul palcoscenico.Il tempo della finzione corrisponde perfettamente allo sviluppo dell‘intera pièce che si dipana così tra il momento didattico, quello comico e quello che definirei tragico nel senso antico della parola.Il protagonista/attore narra i tempi moderni come l’aedo cantava la guerra di Troia e ci invita alla speranza, al valore supremo e antico del rispetto della legge dello stato ma guidato da una più profonda legge morale.

Per non morire di mafiadom 8 agostoMonasteraceParco Archeologico dell’Antica Kaulon–––––––––––––––––––––––––lun 9 agostoReggio CalabriaArena dello Stretto––––––––––––––––––––-––––mar 10 agostoDiamanteTeatro dei Ruderi, Cirella

di Pietro Grasso

produzione Associazione Sicilia Teatrocon Sebastiano Lo Monaco versione scenica Nicola Fanoadattamento drammaturgicoMargherita Rubinoregia Alessio Pizzech

Un uomo/attore che dialoga con sé stesso e con il pubblico. Un dialogo lucido in cui i segni tracciati sulla lavagna diventano il concretizzarsi di un percorso di pensiero che scava nella memoria che fa della storia il proprio strumento di orientamento. Un pensiero assolutamente urgente e necessario che viaggia sul delicato binario della contraddizione. Un aspetto, quest’ultimo, che trova la sua sintesi nel senso del dovere, forte e al quale rispondere con una profonda e sana morale individuale.Il nostro protagonista si stacca così dalla vicenda squisitamente autobiografica e diviene teatralmente simbolo di un nuovo cittadino.L’istante si allarga ad un gioco di sottile ironia che colora talora la narrazione ed il protagonista/narratore si pone al centro di una rivoluzione copernicana che ribalta la visione più praticata della mafia e del malesse re sociale che avvolge il nostro paese. Come un nuovo Galileo, egli ci offre un nuovo telescopio per scrutare l’universo che ci circonda: eglici permette di sapere.

Alessio Pizzech

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Magna Græcia Teatro Festival – 2010

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A prima vista sembra che Plauto voglia scrivere una semplice commedia col suo solito saporito linguaggio, con scherzi, intrighi, passioni, incomprensioni, diffidenza, esuberanza, arrivando ad uno scompiglio totale. Ma Plauto fa anche vedere che noi possiamo essere rovesciati sottosopra per la variabilità dell’ essere umano. Per amici e parenti di Menecmo, il nuovo arrivato, suo fratello gemello, altri non è se non Menecmo stesso che, per sottrarsi alle sue responsabilità, si finge quasi un altro. È colui che cerca di salvarsi la pelle, che pensa di poter fare e disfare come conviene a lui. Egli spinge le persone che di solito lo frequentano all’alienazione mentale, per cui esse, a loro volta, dichiarano lui matto e cercano con forza di rinchiuderlo in manicomio. Per fortuna c’è sempre il servo onesto e di buona fede, in questo caso Messenione, a salvare il suo padrone in difficoltà. Ma anche lui non riesce a riconoscere il fratello gemello del suo vero padrone e crede invano d’aver guadagnato la sua libertà con questa impresa eroica. Le complicazioni per Menecmo aumentano rapidamente e la spirale di furberie e inganni non conosce fine. Nessuno si fida più di nessuno fino a quando si scopre lo scambio dei due gemelli e Messenione mette tutto al suo posto. Una storia con un lieto fine insomma, come si voleva all’epoca e come, dopotutto, si gradisce anche ai giorni nostri.Plauto scriveva questa Fabula Atellana (commedia da sagra, festa popolare, kermesse) 2000 anni fa per divertire il pubblico romano. Ci riesce con mezzi semplici e molto efficaci. Facilmente si riconoscono nel comportamento degli attori i nostri stessi comportamenti. Il successo di questa commedia si basa sul fatto che il pubblico sa tutto mentre i personaggi in palcoscenico non sanno niente e questo artificio viene magistralmente sfruttato da Plauto inventando una teoria infinita di malintesi che solo il pubblico comprende.Il cast è un cast affiatato, energico, esperto della commedia. Nel ruolo del

La commedia dei gemellilun 9 agostoCasignanaVilla Romana––––––––––––––––––-dom 5 settembreVibo ValentiaCastello Normanno–––––––––––––––––––lun 6 settembreLamezia TermeAbbazia Benedettina

da I Menaechmi di Plauto

produzione Tiven Group srl /Plautus Festivalcon Massimo Venturielloe con C. Grassi, F. Silvestri, M. Dalla Via,N. Cavallari, F. Casali, T. Fagnocchimusiche Andrea Mazzacavalloregia Ted Keyser

protagonista Massimo Venturiello, attore, doppiatore e regista, la sua esperienza nel campo teatrale e cinematografico insieme alla sua disponibilità a creare e a stupire ne fanno un artista efficace e divertente. Un istrione che magnetizza il pubblico per il suo saper essere presente e sorprendente. Un’ infallibile commedia degli errori, tutta per il pubblico, senza quarta parete, con un allestimento basato sul corpo e sulla verità dei personaggi. Lo spettacolo avrà anche momenti cantati, riprendendo i versi di Plauto, sulle musiche originali di Andrea Mazzacavallo.

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04

mar 10 agosto Lamezia Terme Abbazia Benedettina––––––––––––––––––-mer 11 agostoRoccelletta di Borgia Parco Archeologico Scolacium–––––––––––––––––––giov 12 agostoVibo ValentiaCastello Normanno

produzione Marocco Musiccon Peppe Barra

Un segreto per essere felici, una pietra filosofale dello spirito è tentare di essere in Armunia con se stessi.Rivelo questo piccolo segreto giocando con il pubblico, per divertirmi e far divertire sfruttando tutte le capacità acquisite durante tanti anni d’esperienza, seducendo con l’arte del recitare, e cantare con la gioia di vivere e con tanta Armunia! “Questo è… Armunia… il mio spettacolo”. Buon divertimento

Peppe Barra

ArmuniaPeppe Barra in concerto

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05 Terre

mar 10 agostoLocriTempio di Marasà–-----------------------dom 29 agostoMonasteraceParco Archeologicodell’Antica Kaulon–––---------------------mar 31 agostoLamezia TermeAbbazia Benedettina

di Tino Caspanello

produzione Dracma Centro Sperimentale d’Arti Scenichecon Teresa Bruno, DanielaD’Agostino, Giovanna Mortellaro, Cinzia Muscolino, Tino Calabrò,Paolo Cutuli, Andrea Naso,Renzo Pagliarotoscene e regia Tino Caspanello

Se davvero la Storia è quella scritta dai popoli, non solo quella scritta dalle generazioni dei re, allora anche i popoli di Calabria e Sicilia sono vittime di una grave omissione: essi mancano nel racconto ufficiale, se non per accenni a quelle poche rivolte sedate ora nel sangue ora da qualche lungimirante invasore; non esistono alla corte di nessun sultano arabo, né a quella di Federico II; cancellati dalla storiografia ufficiale, essi hanno continuato a vivere subendo un sacrificio che, ancora con le guerre mondiali, le ondate di emigrazione verso l’America e verso il grande Nord industrializzato, li ha costretti al silenzio. Calabria e Sicilia hanno guardato gli avvenimenti —continuano ancora a farlo ormai come tutti i popoli della Terra — così come si guarda oggi uno schermo televisivo, ignari del ruolo che ogni essere umano, come ogni gruppo sociale, incarna nello svolgimento della Storia. Quel sacrificio e quel silenzio si nascondono ancora nella violenza della lingua, nelle parole degli occhi, nelle uniche armi, le braccia, che fendono l’aria e cancellano i limiti, le prigioni, che lo stesso parlare costruisce.Con il nostro spettacolo non vogliamo certamente ricostruire, sanare o emettere giudizi, vogliamo soltanto rappresentare il senso di quel sacrificio e

far sì che tutti vi si riconoscano, perché in esso sono contenuti i germi di ogni sofferenza mai narrata, del silenzio che, se sicuramente tace i nomi dei singoli, dà, allo stesso tempo, la forza per una voce più potente, linguaggio dell’anima, dell’anima di un popolo, linguaggio di un Sud, di tutti i Sud del mondo, al quale, ricordando le parole di Rosso di San Secondo, tutti guardiamo, perché esso custodisce e rappresenta le radici di ogni essere umano.Lo spettacolo ha inizio con un prologo durante il quale, al senso di una mitologia, delle mitologie che abitavano le nostre terre, si fondono i suoni delle lingue che nascevano per commistione sonora, così il grecanico o il gallo-lombardo, e ancora il racconto muto del sacrificio imposto non solo dalle generazioni di invasori, ma anche da politiche errate, causa di quel degrado che, partendo dalla smitizzazione del luogo, ha invaso popoli, coscienze, costumi.Toccherà alla Madre, solitaria figura ieratica, raccontare la storia, seguendo un filo che si dipana tra lucida follia e amara constatazione dei fatti, mentre i figli, sullo sfondo, vittime di un’orgia di potere e di violenza, si dibattono nel tentativo di una vita legata alla precarietà della sopravvivenza.

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06

Sogno di una notte di mezza estate

ven 13 agostoReggio CalabriaPiazza Castello––––––––––––––––––––----sab 14 agostoDiamanteTeatro dei Ruderi, Cirella––––––––––––––––––––----merc 18 agostoCassano allo JonioParco Archeologico di Sibari

di William Shakespeare

produzione Teatro Stabile di Calabriacon Francesco Pupa, Francesco Sgrò,Giusy Mellace, Emilia Brandi,Augusta Bargilli, Antonella Gallo, Rosario Gualtierielaborazione del testoe regia Giuseppe Cucco

drammatica.Dei quattro innamorati, invece, viene esaltato l’amore inteso come una malattia, e i conflitti tra uomo e donna si spingono fino al comico, esasperando i caratteri in una baraonda di situazioni quasi burlesche.Un lavoro fisico ed espressivo messo in risalto anche dalle musiche che costituiscono un elemento indispensabile nella dinamica dello spettacolo. In modo particolare nella scena dei comici dove abbiamo cercato insieme al compositore, di far vivere armonicamente tra loro l’operetta, l’opera buffa, il vaudeville e l’avanspettacolo.

Giuseppe Cucco

Questo nostro Sogno di una notte di mezza estate è riletto sotto una luce del tutto contemporanea. Puck è una maschera muta che si avvale solo del linguaggio gestuale per esprimere il suo essere ombra in un bosco immaginario e lunare dal sapore metafisico, metropolitano.Il mondo fatato della Regina Titania ha abbandonato finte ali, tulle e tutine, per dar spazio ad un immaginario androgino e trasgressivo sulla scia di un erotismo assolutamente poetico e mai volgare.Oberon, volutamente affidato ad un attore donna, vive in scena come una figura ambigua e a tratti silenziosa, umana e animale, elegante e magnetica, che esprime un’interiorità intrigante e

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07

Testo finalista al Premio Riccioneper il Teatro 2009

produzione Scena Verticalecon Dario De Luca, Rosario Mastrota, Ernesto Orrico, Fabio Pellicori, Marco Silanifoto di scena Angelo Maggioideazione, testo e regia Dario De Luca

U Tingiutuun Aiace di Calabria

ven 13 agostoMonasteraceArea Archeologicadell’Antica Kaulon–––––––––––––––-------–gio 19 agostoPalmiAnfiteatro località Motta––––––––––––––––––––--ven 20 agostoCasignanaVilla Romana

Un clan dell’onorata società calabrese, alla morte del boss Achille, giudica Ulisse e non Aiace l’affiliato più valoroso e gli attribuisce il potere del capobastone morto. Aiace, offeso nel suo onore, progetta di sterminare i sui giudici e di torturare il rivale. Durante la tortura Aiace dà sfogo alla propria rabbia e al proprio dolore; sa che da quel momento in poi è diventato nu tingiutu, per gli uomini della cosca uno tinto col carbone, designato a morire, condannato per lo “sgarro” fatto. Per tutti, anche per se stesso, è un cadavere che cammina. In una agenzia di pompe funebri, quartier generale della cosca e funesto scenario di soprusi e gerarchie crudeli, si svolge tutta l’azione.Ho provato a raccontare la mia mala Calabria usando gli eroi greci. La tragedia antica mi ha offerto la “vista” per spiegare e interpretare facce, affari, ambizioni, destini e pance di questi malacarne che hanno trovato fortuna e identità nell’altra legge. Senza redimerli naturalmente, ma portando anche alla

luce come un certo retroterra possa indirizzare delle scelte non lecite. Perché la maledizione in Calabria si chiama “contiguità”. Quella cosa terribile che costringe onesti e disonesti, mafiosi e non mafiosi a vivere fianco a fianco, a respirare la stessa aria, a frequentare gli stessi luoghi. E questa ignara mancanza di libero arbitrio pone drammaticamente l’attenzione sull’importanza di una educazione anti-mafiosa. Vivendo in questa terra dalle mille contraddizioni, questi dubbi, personali, enormi, sconvenienti, tengono viva la riflessione sul nostro operato quotidiano. Naturalmente mi sono interrogato sulla lingua da usare in una tragedia oggi, e sono arrivato ad un linguaggio, una parlata viva, misteriosa e dialettale. Una parlata fatta di allusioni, di espressioni gergali, di detto e non detto, di segni e occhiate che inaspettatamente, i miei attori ed io, ci siamo ritrovati dentro di noi. Forse per quella solita, maledetta “contiguità”.

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08 Spirito allegro

sab 14 agostoCassano allo JonioParco Archeologico di Sibari––––––––––––––––––––-------dom 15 agostoPalmiAnfiteatro località Motta––––––––––––––––––––------------gio 19 agostoLamezia TermeAbbazia Benedettina

di Noël Coward

produzione Bis Tremila srl e Molise Spettacolicon Corrado Tedeschi,Debora Caprioglio, Marioletta Biderie con A. Piccolo, M. Patanè, A. Toniutti, M. Marchioneregia Patrick Rossi Gastaldi

La commedia, messa in scena per la prima volta nel 1941 in piena Seconda Guerra Mondiale, fu duramente criticata per come rappresentava con poco rispetto un argomento serio come la morte. Il pubblico si curò poco di queste critiche e ne decretò il successo. La commedia rimase in scena per ben 1997 repliche.Nino Marino adattandone il soggetto con grande abilità ha portato la commedia in Italia ai giorni d’oggi pur mantenendo uno stile umoristico molto vicino a Coward.Il linguaggio è diverso: le provenienze dei personaggi sono italiane, anzi spesso regionali, dando così un carattere mediterraneo con una comicità riconoscibile. Ma la scansione delle battute, delle pause, dei ritmi

aiuta a ricordare il distacco ben noto dell’umorismo inglese.Per questo mi è venuta l’idea di tenere un piede nel passato. La scena è una casa elegante piena di riferimenti anni ‘40 ovviamente moderna e anche i costumi avranno stralci d’epoca. Corrado Tedeschi è lo scrittore e sceneggiatore cinematografico importante ma pieno di dubbi nascosti, Debora Caprioglio è il fantasma della prima moglie frivola e petulante, Antonella Piccolo è la seconda moglie poco convinta dell’amore di suo marito, e la medium cialtrona è affidata a Marioletta Bideri con grande sapore partenopeo.Ma gli italiani sanno giocare con la morte?... Vedremo!

Patrick Rossi Gastaldi

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09

Questi personaggi parlano un dialetto frastagliato e tronco, si muovono nervosetti, fanno capolino dalle fessure e dai buchi dei vasi di stoffa variopinti dando il senso di quartieri popolari affollati. Pitecus racconta storie di tanti personaggi, un andirivieni di gente che vive in un microcosmo disordinato: stracci di realtà si susseguono senza filo conduttore, sublimi cattiverie rendono comici ed aggressivi anche argomenti delicati. Non esistono rappresentazioni positive, ognuno si accontenta, tutti si sentono vittime, lavorano per nascondersi, comprano sentimenti e dignità, non amano, creano piattume e disservizio. I personaggi sono brutti somaticamente ed interiormente, sprigionano qualunquismo a pieni pori, sprofondano nell’anonimato ma, grazie al loro narcisismo, sono convinti di essere originali, contemporanei e, nei casi più sfacciati, avanguardisti. Parlano un dialetto misto, sono molto colorati, si muovono nervosi e, attraverso la recitazione, assumono forme mitiche e caricaturali, quasi fumettistiche. La stoffa avvolge i personaggi completandoli: juta, seta, cotone, sintetici, plastica, li rendono opachi o scintillanti. Parti di corpo che aggrediscono parti di realtà.Pitecus si scaglia contro la cultura dell’assopimento e della quiescenza creativa.

Pitecuslun 16 agostoRicadiTeatro Torre Marrana––––––––––––––––––––-–-----mar 17 agostoDiamanteTeatro dei Ruderi, Cirella––––––––––––––––––––-–-----mer 18 agostoMonasteraceParco Archeologico dell’Antica Kaulon

di Flavia Mastrella Antonio Rezza

produzione Antonio RezzaFlavia Mastrellacon Antonio Rezzaquadri di scena Flavia Mastrella(mai) scritto da Antonio Rezzaassistente alla creazione Massimo Camillidisegno luci Maria Pastore

Gidio è chiuso in casa, Fiorenzo, uomo limbo, sta male fisicamente; il professor Stella, videodittatore dipendente, mostra a migliaia di telespettatori alcuni malati terminali, un padre logorroico non si capacita dell’omosessualità del figlio; Saverio, disinvolto ed emancipato, prende la vita così come viene, cosciente del suo fascino fuggevole. Mirella prega intensamente le divinità per essere assunta alle poste, Roscio, di nome e di fatto, frequenta una nuova compagnia di amici che lo sbeffeggiano a tracotanza. La bella addormentata non prende sonno ed il re, stanco di fasce e capricci, tenta di asfissiare il corpicino bambino. Un giovane studente ha un rapporto conflittuale con la radiosveglia mentre mariti annoiati e lussuriosi vengono rapiti dal fascino indiscreto del solito Saverio, borghese che miete amori ed affitta sentimenti. Un nuovo dibattito a tinte fosche analizza il rapporto uomo-droga, un signore solo e mediocre adotta Fernando Rattazzi a distanza, due ragazzi restano a piedi e sfidano le leggi della sopportazione, uomini che tentano di godersi sprazzi di libertà ma, proprio perché a sprazzi, non la riconoscono più. Giovani handicappati incattiviti e solidali si scagliano contro creato e convinzioni, esseri senza ottimismo dividono il proprio corpo pur mantenendo intatto l’istinto luciferino.

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10 Motion

mar 18 agostoCrotone Parco Archeologicodi Capo Colonna––––––––––––––––––––-mar 31 agostoLocri Tempio di Marasà–––––––––––––––––––––lun 13 settembreRosarno Area Archeologicadell’Antica Medma

Liberamente ispirato a “Il gioco della mosca” di Andrea Camilleri

produzione Scenari Visibilidi e con Dario Nataleluci e fonica Maria Teresa Guzzodocumenti fotografici Angelo Maggio

Motion (dal verbo inglese motion-movimento) è una carrellata di suoni e voci, una galleria di uomini e donne passati al ricordo ed alla memoria popolare per un detto, un motto, un gesto, Motion è il racconto orale che si cristallizza e si focalizza su umili, oppressi, artigiani, ciarlatani è la riprova di come il teatro possa servire in chiave antropomorfa a reinterpretare il passato, prendendo in esame manifestazioni comportamentali che solo la narrazione può rinnovare, Motion contiene quei caratteri fondamentali

della prassi teatrale che si muove tra il sorriso e l’impotenza, fra la maschera e lo specchio, fra l’incomunicabilità e le convenzioni. La minuziosa descrizione dell’attore sublima nel corredo fotografico che fa da sfondo, dando alla rappresentazione la forza di un documento visivo e sonoro che abbraccia tutti i sensi, quello che è avvenuto e quello che avverrà, realtà storica e commento, con al centro un rinnovato senso Meridiano vivo e pulsante.

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La bisbetica domata (The Taming of the Shrew) è una festa di trame incrociate, scambi d’identità, manipolazioni linguistiche. In una Padova reinventata dall’autore, viene descritta la vigorosa conquista dell’irrequieta Caterina da parte del caparbio Petruccio, avventuriero veronese, che sposa e soggioga l’intrattabile Caterina di Padova, attirato soprattutto dalla sua dote.

Non tutti sanno però che il testo shakespeariano è contenuto in una cornice che rende i due protagonisti personaggi di una rappresentazione teatrale cui altri personaggi assistono in scena. Una commedia nella commedia, quindi. Precede il dramma un prologo in cui un calderaio, Cristoforo Sly, è raccolto ubriaco da un signore reduce da una partita di caccia, davanti ad un osteria in aperta campagna: Sly è portato al castello, e gli fanno la beffa di trattarlo al suo risveglio come se fosse un gentiluomo che dopo lungo tempo ha ripreso l’uso della ragione e lo fanno assistere a “La bisbetica domata”.

La regia di Armando Pugliese individua tre mondi nell’universo della commedia. Nel prologo e nell’epilogo troviamo quello tardo-cinquecentesco della taverna, abitata dal calderaio e dai suoi compari e raccontato con realismo quasi caravaggesco. La rappresentazione centrale, invece, è proiettata in una sorta di futuro/immaginifico che, immerso nella sonorità balcanica delle musiche di Goran Bregovic, suggerisce un variopinto universo zingaresco, fatto di lestofanti e lenoni, in cui le donne non sono che merce di scambio, trattate e vendute proprio come cavalli. Mentre la casa di Petruccio, dove Caterina viene “educata”, è una sorta di “mondo dei trolls”, dove il “domatore zingaro” comanda e governa i suoi servi ibseniani, per sottomettere la femmina ribelle.

ven 20 agostoLocriTempio di Marasà–––––––––––––––––––sab 21 agostoLamezia TermeAbbazia Benedettina––––––––––––––––––-dom 22 agostoRoccelletta di BorgiaParco Archeologico Scolacium

di William Shakespeareproduzione Indie Occidentali Teatro Stabile D’Abbruzzocon Vanessa Gravina, Edoardo Siravo e con Carlo Di Maio, Vito Facciolla, Daniele Gonciaruk, Elisabetta Alma, Emanuela Trovato, Marco Trebian, Marco Zingaro, Maurizio Tomaciello, Valentina D’Andreae la partecipazione di Giulio Farnesemusiche Goran Bregovicadattamento e regia Armando Pugliese

La bisbetica domata

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La messinscena del mitico personaggio di Pitagora mi ha offerto la più ampia libertà di soluzioni sceniche e interpretative. È con questa convinzione che ho elaborato un disegno registico svincolato dalle supposizioni storiche. Assecondando la svelta impostazione del testo, basata sulla più sfrenata associazione di idee, ho curato i passaggi a vista dei vari personaggi suggerendo agli attori semplicità e scioltezza. Senza perdere di vista le esigenze del ritmo, ho alternato una scenetta cinematografica di Stan Laurel e Oliver Hardy sul tema della “resurrezione”, cardine della filosofia pitagorica, ad un passaggio del “Processo di Giordano Bruno”, una allusione poetica al mito di Pitagora ad una voluta escursione anacronistica sul cenacolo saffico e ad altre immagini all’insegna dell’ormai consueto ma mai consumato teatro nel teatro. Nella prima parte dello spettacolo, che procedeva al limite della provocazione, la linea della leggerezza e della ironia è stata prevalente e gli attori vi hanno aderito con divertita partecipazione. Via via che l’azione andava avanti, il personaggio di Pitagora, ormai fuori dalla finzione del gioco, maturava una sua ieratica drammaticità grazie alla adesione partecipe e sentita del protagonista Domenico Pantano. Gli altri dieci personaggi, – scrupolosamente suddivisi in cinque donne e cinque uomini in omaggio al protofemminismo della Scuola pitagorica che significativamente

sab 21 agostoRoccelletta di BorgiaParco Archeologico Scolacium––––––––––––––––––––--dom 22 agostoVibo ValentiaCastello Normanno––––––––––––––––––––--lun 23 agostoCrotoneParco Archeologicodi Capo Colonna

di Mario Moretti

produzione Produzione C.T.M. diretto da Domenico Pantanocon Domenico Pantano, Saverio Vallone, Grazia Schiavoe con Pier Paolo De Mejo, Antonio Pisu, Sara Platania, Maria Marino, Vittorio Chia, Chiaraluce Fiorito, Claudia Ferriregia Mario Moretti

Pitagora e la Magna Grecia

era intitolata alle Muse ed ammetteva uomini e donne a parità di condizioni – sono stati resi con evidente convinzione e bella scioltezza dagli attori Saverio Vallone, nel ruolo di Liside di Locri, Grazia Schiavo, bella e appassionata nella parte della moglie di Pitagora, e poi Pier Paolo De Mejo, feroce detrattore del Maestro, Antonio Pisu, versatile nel doppio ruolo dell’allievo tracio Salmossi e del pitagorico Miliade, Sara Platania, affascinante ma perfida allieva romana, Maria Marino, fervida allieva crotonese, Vittorio Chia, crudele come Dionigi, vitaminico come Fantone e pacato e dolente come Giordano Bruno, Chiaraluce Fiorito, riflessiva allieva di Metaponto e Claudia Ferri, allieva greca dalla bella voce.

Mario Moretti

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lun 23 agosto Reggio Calabria Piazza Castello––––––––––––––––––mar 24 agostoMonasteraceParco Archeologico dell’Antica Kaulon––––––––––––––––––mer 25 agostoVibo ValentiaCastello Normanno

Interpretato e diretto da Battaglia & Miseferi e prodotto dalla Roma Touring di Francesco Corea C’era DUO volte è una lettura scenica a “due voci” di favole e fiabe che sarà rappresentata nel periodo estivo in location particolari: i siti archeologici. I due, svestiti i panni di mattatori del cabaret pungente e satirico stile Bagaglino, si cimentano, nella lettura di favole e fiabe di vari autori: da Andersen a Collodi, dai Grimm al popolare personaggio Giufà, dalle novelle popolari a quelle natalizie. Tra i testi che saranno raccontati e “animati”, oltre a titoli quali “La figlia furba del contadino”, “Le avventure di Giufà”, “Marzo e il pastore”, “La goccia d’acqua”, “Il mito di Glauco e Scilla”, “Il pescatore di sogni”, anche “Quando venne il giorno della Calabria” di Leonida Rèpaci, che mette in risalto le bellezze

e le vicissitudini della Calabria. La parte conclusiva della rappresentazione include la recitazione della “Natività” tratta dai Vangeli e la nostalgica gag “Quando non eravamo stressati”, un amarcord che esalta la semplicità, la genuinità e la tranquillità delle generazioni passate, cresciute lontane dagli orpelli e dai ritmi frenetici che la vita moderna impone. I testi delle fiabe, sapientemente rielaborati dai due hanno il supporto musicale di originali ballate composte e arrangiate da Sandro Scialpi ed eseguite dal vivo da quattro strumentisti calabresi: Sandro Scialpi (tastiera), Cettina Nicolosi (Violino), Enzo Bruzzese (voce), Peppe sapone (cori e percussioni).C’era DUO volte, una fantastica avventura tra etica, leggenda e mitologia condita da un pizzico di ironia.

C’era Duo volteproduzione Roma Touringdi Francesco Corea

di e con Giacomo Battaglia & Gigi MiseferiLetture sceniche di favole, fiabe e racconti mitologici, accompagnate da quattro musicisti:Sandro Scialpi, tastiera e autore delle musiche originali Argira Morabito, violinoEnzo Bruzzese, vocePeppe Sapone, percussioni e cori

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El Tango è un concerto che reinterpreta e racconta il Tango Argentino di Astor Piazzolla, il compositore oggi più conosciuto, eseguito e amato in tutto il mondo. I testi sono di Louis Borges e Horacio Ferrer, che lungamente hanno collaborato con Piazzolla dando alla luce numerosi capolavori come i cicli delle Baladas e delle Milongas. Lo spettacolo narra di un mondo di speranza e disillusione, di passioni e di tradimenti attraverso il pathos e l’ironia tipica della cultura sudamericana.

mar 24 agostoLocriTempio di Marasà–––––––––––––––––––––----------mer 25 agostoCassano Allo JonioParco Archeologico di Sibari–––––––––––––––––––––-----giov 26 agostoCrotoneParco Archeologicodi Capo Colonna

El tangoRecital musicale su testi di Luis Borgese musiche di Astor Piazzollaproduzione Monte Carlocon Alessandro Haber, voce recitantee con il Quartetto Meridies: Carmelo Andriani, violinoGennaro Minichiello, violinoGiuseppe Pascucci, violaGiovanna D’amato, violoncello Pasquale Coviello, fisarmonica

Cancion de las venusinas (musica) Il tango (testo)Adios nonino (musica)Vicolo tango - Buenos Aires (testo)Violentango (musica)Milonga dei mori (testo)Milonga de angel (musica)Che tango che (testo)Meditango (musica)Finale (testo)Escualo (musica)Lui Lui (testo)New York tango (musica) R. GallianoBorges ed io (testo)Oblivion (musica)Libertango (musica)Cancion de las venusinas (musica)Il tango (testo)

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15 Eunuchus

mer 25 agostoPalmiAnfiteatro località Motta––––––––––––––––––––--giov 26 agosto RicadiTeatro Torre Marrana–––––––––––––––––––––-ven 27 agostoLamezia TermeAbbazia Benedettina

Una commedia di situazione fatta per intrattenere e divertire. Le peripezie amorose di due fratelli, uno innamorato di una prostituta e l’altro della giovanissima sorella di lei sono il cuore della commedia. Intorno ci sono amici che a vario titolo intervengono a parlare in loro favore, servi che si danno da fare continuamente per favorire i loro benefattori senza farsi scrupolo di ricorrere, se necessario, a travestimenti e menzogne, il solito padre terenziano che ama la terra e loda la vicinanza alla campagna per poterci andare con più comodo, il soldato spaccone e non coraggioso ai fatti come con le parole e, molto ben tratteggiato, il lecchino dei potenti che è specializzato nell’adulazione, e come vede che il vento del potere cambia, non esita a cambiare la bandiera. Il titolo si riferisce appunto a uno di questi classici stratagemmi da commedia: Cherea si traveste da eunuco per avere accesso alle stanze dove viene trattenuta la ragazza di cui si è invaghito. In questo modo riesce a entrare in casa, violentare la ragazza, e quando poi scopre trattarsi di una cittadina ateniese, ripara al torto fatto sposandola.Questo bastava alla morale dell’epoca per considerare lo stupro effettuato cancellato. Questo è il punto più

lontano dalla nostra sensibilità odierna. Io nell’affrontare questa storia mi propongo come sempre di cercare di renderla vicina a me e ai miei tempi. Il nostro lavoro sarà quello di far parlare i personaggi in modo da dare l’illusione di trovarci, costumi a parte, non nelle contrade dell’Attica (la commedia era una palliata – Pallium era un tipo di mantello – e cioè di ambientazione greca in quanto si rifaceva a un’originale di Menandro), né ai tempi di Roma antica, quando fu scritta, ma in un paese della nostra Italia, dove non mancano ricchi figli di papà che si incapricciano di ragazze che devono possedere a tutti i costi, non mancano meretrici (Taide mi fa pensare tanto a una escort), né mancano spacconi vigliacchi e più di tutto non mancano i parassiti. Noi abbiamo cercato di divertirci nella fatica della ricerca di una comicità antica e così spero potremo appassionare chi ci ascolterà. Lo studio dei costumi è stato impostato su una storica semplicitas. Così quello della musica e del canto che intreccerà di continuo l’azione. La scena è fatta per supportare la vicenda e non per imporsi con eccesso di estetismo e di rievocazione archeologica. Il lavoro è tutto sugli attori e sulla capacità di rendere verosimile ciò che accade nelle vite dei loro personaggi.

Pietro Bontempo

di Publio Afro Terenzio

produzione Associazione Culturale Giugnocon Fiorella Rubino, Luca Calvani, Caterina Misasi, Vittorio Viviani,Fabio Bussotti, Pietro Bontempo, Mario Toccafondi, Riccardo Bocci, Peppe Bisognomusiche dal vivo Carlo Frascàregia Pietro Bontempo

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mer 25 agostoMonasteraceParco Archeologicodell’Antica Kaulon–––––––––––––––––––gio 26 agostoRoccelletta di BorgiaParco Archeologico Scolacium–––––––––––––––––––sab 28 agostoRicadiTeatro Torre Marrana

Lo stipo è la storia di una famiglia calabrese che a causa di una lieve scossa di terremoto, perde non solo la casa ma anche lo “stipo”, orgoglio e vanto per tutta la famiglia. Il padre, Procopio, è un ottimista, un ingenuo che ha fiducia nel mondo (simile in questo al Marcovaldo di Calvino) tanto che decide di trasferirsi in città con tutta la sua numerosa famiglia, credendo di trovarvi aiuto ed ospitalità. Per realizzare questo progetto, chiede credito al bigliettaio della stazione dei treni. Il bigliettaio, prendendolo in giro, gli dice che non può, ma che certamente il collega del paese vicino gli potrà fare uno sconto. E così, di stazione in stazione, ricevendo la stessa risposta arrivano nella città scelta come meta a piedi. Procopio è la maschera tragica della deriva geografica e morale della Calabria di ieri… e ancor più di quella di oggi. L’ingenuità del protagonista è disarmante, ma descrive bene la perdita della dimensione

spirituale della natura, la fine di una concezione cosmica dell’amore, del sentimento universale della solidarietà e dell’accoglienza, eredità perduta del naturalismo filosofico di Telesio e Campanella. I personaggi in scena descrivono il desiderio di modernità, il disincanto e la rassegnazione che contraddistinguono i caratteri dei calabresi, determinati anche dalla natura geografica, dai paesi che franano, dalle fiumare improvvise, dal gusto tragico del non finito, dai paesi abbandonati. Lo spettacolo coglie gli stati d’animo, le emozioni e le sensazioni di un’umanità che vive la dissoluzione di un mondo, e il suo forte contrasto con la modernità. La scena in movimento, azionata dal continuo errare dei personaggi, è la metafora lacerante della Calabria “si parla di lei come d’una contrada inaccessibile; il mare non l’ha finita di lavorare né le piogge di livellare” (C. Alvaro).

Liberamente ispirato al racconto “Piedi Nudi” dalla raccolta “L’amata alla finestra” di Corrado Alvaro

produzione Centro R.A.T / Teatro dell’Acquario, Stabile di Innovazione della Calabria con Maurizio Stammati, Maria Marinorielaborazione e adattamentoDora Riccafoto di scena Eros Lealeregia Antonello Antonante

Lo StipoCanto per una terra dispersa

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Magna Græcia Teatro Festival – 2010

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Ho rubato un filo di capelvenere - Omaggio alla letteratura e ai poeti di Calabria - è un percorso attraverso l’opera di poeti e scrittori calabresi. Le parole di Leonida Rèpaci, Lorenzo Calogero, Franco Costabile, Mario La Cava, Salvatore Scervini e Francesco Suriano vivono in un impasto lirico che si serve della voce di Lindo Nudo e si arricchisce della musica di Massimo Garritano (chitarra), Nicola Pisani (sax) e Carlo Cimino (contrabbasso).Un omaggio alla Letteratura calabrese. Un omaggio alla Poesia calabrese.Brani che parlano d’amore, di morte, di dolore, di profumi, di colori, di provocazioni, di dolci passioni, di pazzia. Perché tutto nella vita è contrappunto, binario di rette parallele: dolcezza e furore opaco e trasparente, piccole verità quotidiane e grandi misteri inesprimibili.Il poeta, lo scrittore hanno il coraggio di fermarsi; l’epoca della fretta non appartiene loro; un bacio, una carezza, durano per loro tutta una vita e sicuramente oltre. Allo scrittore, al poeta non interessano le secessioni; loro cercano il bello, l’essenziale, non la stupidità, l’arroganza, la maleducazione.Il poeta, lo scrittore non scavano linee di confine, ma cercano zone di incontro mistico guardando l’intero universo dall’alto della loro leggerezza e del loro eterno dolore.

mer 25 agostoDiamanteTeatro dei Ruderi, Cirella––––––––––––––––––––--lun 30 agostoVibo ValentiaCastello Normanno–––––––––––––––––––––-mar 31 agostoPalmiAnfiteatro località Motta

Omaggio alla letteratura e ai poeti di Calabria

produzione Teatro Rossosimonacon Lindo Nudo, Nicola Pisani,Carlo Cimino, Massimo Garritano,Serena Ciofi, Carmela Guarascioregia Lindo Nudo

Ho rubato un filo di Capelvenere

ho rubato un filo di capelveneree il suo gambo è dolcissimo,ho sentito quel che mi trattiene[Lorenzo Calogero, OP I 394]

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Chi è l’uomo ridicolo? È un uomo del sottosuolo, cioè di quell’inferno sulla terra abitato da dannati che vivono in cupa solitudine, indifferenza, livore, odio nei confronti degli altri – spiega lo stesso Lavia che dello spettacolo è anche regista –. Essi si sottomettono alle pene di questo inferno, come per una fatalità crudele e misteriosa e, a un tempo, conservano gelosamente un lucido senso della colpa che li condanna a vivere un’esperienza carica di “esaltazione frenetica”. Ecco allora che Il sogno di un uomo ridicolo, testo del 1877, risulta essere, forse, la più sconcertante opera di Dostoëvskij. Nella situazione paradossale di un uomo che, decidendo di suicidarsi, si addormenta davanti alla rivoltella e sogna il suicidio e la vita dopo la morte, lo scrittore, con una partecipazione sconvolgente e appassionata (non a caso il protagonista si chiama Fëdor) ci racconta come l’umanità si sia rovinata per sempre. È la coscienza che l’uomo non può vivere senza individualità.

dom 29 agostoReggio CalabriaPiazza Castello––––––––––––––––––––-----lun 30 agostoCassano allo JonioParco Archeologico di Sibari–––––––––––––––––––––----mar 31 agostoCasignana Villa Romana

Il Sogno di un uomo ridicolodi Fëdor Michajlovic Dostëvskij

produzione Gabriele Laviacon Gabriele Lavia

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dom 29 agostoRoccelletta di BorgiaParco Archeologico Scolacium––––––––––––––––––––-------lun 30 agostoRicadiTeatro Torre Marrana––––––––––––––––––––-------mar 31 agostoDiamanteTeatro dei Ruderi, Cirella

Uno spettacolo nudo, essenziale, che si costruisce a vista attraverso un viaggio che avvicina sempre di più il teatro alla vita. Drammatico, rabbioso, travolgente e profondamente vitale, Guerra suscita nello spettatore sentimenti contrastanti.È stato naturale per Pippo Delbono, continuare a lavorare con la compagnia di Barboni, e con altri personaggi incontrati “un po’ persi per le strade”. E proprio come lo spettacolo precedente, questo lavoro non racconta una storia lineare, non ci sono dialoghi e neppure personaggi veri e propri: nello spazio spoglio di un palcoscenico si combatte, attraverso le azioni fisiche degli attori, le parole e la musica, una “guerra interiore che è poi la guerra del mondo”.Guerra è il bisogno urgente di rappresentare la vita che nasce dalla marginalità, dalla malattia, dalla sofferenza e dalla diversità che sono qui gridate, danzate e giocate. Racchiude tante storie diverse: è un baraccone ambulante di persone che confluiscono dal mondo della “anormalità”, della follia

e dell’handicap, e si riversano nel mondo magico del teatro.Tutti si raccontano, come Bobò nel suo tenero modo di offrirsi al mondo, o come Nelson – barbone americano – delicato e coraggioso esempio dell’affrontare una vita ai margini. Il modo teatrale diventa così lo spazio privilegiato per esprimere il proprio vissuto, la propria personale guerra, la propria necessità di urlare rabbia e gioia insieme, chiedendo in cambio affetto, tenerezza e amore.Guerra si ispira all’Odissea. Come Ulisse, tutti i personaggi si perdono nel tentativo di cercare il centro dell’esistenza, si perdono nell’amore e nelle paure: sono uomini in guerra.Parallelamente scorrono, riversandosi nelle parole a tratti rabbiose di Delbono, testi “sacri” come l’Ecclesiaste o come le parole di Buddha, Madre Teresa di Calcutta, Che Guevara, in un cammino che conduce al mondo dei santi, dei rivoluzionari, degli eroi e dei martiri. Per un teatro vivo, necessario, vero.

produzione Compagnia Pippo Delbono con Pippo DelbonoGianluca Ballarè, Bobò, Piero Corso, Armando Cozzuto, Lucia Della Ferrera, Fausto Ferraiuolo, Gustavo Giacosa, Simone Goggiano, Raffaella Banchelli, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Mr. Puma, Tomaso Olivari, Pepe Robledo, Ilaria Distanteideazione e regia Pippo Delbono

Guerra

Quando ti metterai in viaggio per Itacaaugurati che la strada sia lungaricca in avventure ed esperienzeNon temere la furia di NettunoNon lo incontreraise il tuo pensiero resta altoe un sentimento fermoguida il tuo spirito e il tuo corpo.Non incapperai nell’irato Nettunose non te lo porti dentrose l’animo non te lo mette controSempre devi avere in mente Itaca.Raggiungerla deve essere il tuo pensiero costante.[Kavafis, Itaca]

Una grande rivoluzione non può nascere che da un grande sentimento d’amore.

[frammento da Guerra]

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Il “ritorno della Venere di Morgantina”* (previsto per il 2011) è stato il pretesto per creare una messa in scena fortemente caratterizzata dal dibattimento sull’identità culturale. Il passaggio al tema della memoria* è stato naturale: come elemento distintivo e parte fondante il genius loci di un territorio, ma anche di un popolo, capace di esprimere il valore fondamentale per una terra antica come la Sicilia: la memoria quale presupposto per la conoscenza e la consapevolezza delle proprie origini, senso di appartenenza ad una terra e alla sua storia.La Venere di Morgantina, tanto attesa quanto dibattuta, è l’occasione per affrontare, con i tempi della messa in scena, il tema culturale più urgente e comune a tutto il Meridione del nostro Paese: il rischio di perdita della identità storica e artistica del Mediterraneo.Quindi si è immaginata una trama in cui il dibattimento sull’imminente ritorno della Venere si trasforma in una rappresentazione dell’umanità variegata, ora grottesca ora d’operetta, comunque partigiana, che esprime posizioni e proposizioni contrastanti, dimentica della natura dell’oggetto e dell’intimo senso dell’evento… E mentre si discute sul come, il quando e il dove sistemare l’importante reperto, giunge lei, la Venere. E sicuramente recherà argomenti e fatti dimenticati, sensi e significati offuscati da una cultura sempre più estranea e marginale all’uomo. Come nella tradizione tragica, il deus ex machina costituisce l’intervento chiarificatore, il significato a prescindere dalla logica della soluzione . “La Venere — come dirà l’Archeologo personaggio della nostra messa in scena — è solo una statua di pietra perchè Afrodite abita non le pietre per lei forgiate ma solo quelle che sono amate, volute e pregate...”. La storia della Venere è la storia della sua terra e questa corrisponde ad una esperienza unica e originale.

*La Venere di Morgantina, trafugata in Sicilia, si trova adesso in California. Scolpita in Sicilia nel V secolo A.C., viene acquisita nel 1988 dal museo di Malibù (California). Nell’agosto 2001 il Tribunale di Enna condanna il ricettato-re a 2 anni di reclusione e ad una penale di 40 miliardi di lire. È la prima volta che un Tribunale applica una simile multa per esportazione clan-destina di opere.

*Mnemosyne, nella mitologia dell’anti-ca Grecia è la personificazione della Memoria, è figlia di Urano e di Gaia, appartiene al gruppo delle Titanidi. La leggenda dice che da nove not-ti di unione con Zeus, nacquero le nove Muse, che non sono soltanto le cantatrici divine, ma presiedono al Pensiero sotto tutte le sue forme: eloquenza, persuasione, saggezza, storia, mate-matica, astronomia.

mer 1 settembre Ricadi Teatro Torre Marrana––––––––––––––––––––-------giov 2 settembreDiamante Teatro dei Ruderi, Cirella––––––––––––––––––––-------ven 3 settembreCrotone Parco Archeologico di Capo Colonna

Opera per danza, banda e teatro da Aristotele, Platone, Euripideproduzione Mda Produzioni Danza/Arpacon Gianna Beduschi, Paola Bellisari, Carlotta Bruni, Giuseppe Bersani, Annalisa D’antonio, Gioia Guida, Rosa Merlino, Giorgio Napolitano, Elisa Diddio, Raffaele Gangale, Pietro Pignatellie Sebastiano Tringali, Ernesto Lama, Filippo Luna, e la partecipazione di Benedetta Capanna nel ruolo di Afrodite, drammaturgia Gatti, Tringali, Luna, Lama, Gangale, Cangianoregia e coreografia Aurelio Gatti

MnemosyneIl ritorno di Afrodite

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sab 4 settembre LocriTempio di Marasà––––––––––––––––––––--dom 5 settembreRoccelletta di BorgiaParco Archeologico Scolacium––––––––––––––––––––--lun 6 settembreReggio CalabriaPiazza Castello

Un “mal bianco” dilaga in una città senza nome: una “cecità dal colore di latte” si diffonde come un’ epidemia, provocando il delirio e l’intervento dell’esercito a sedarlo: dalle pagine critiche e inquietanti del romanzo Cecità (1995) del premio Nobel per la letteratura José Saramago nasce questa operazione di teatro contemporaneo che coinvolge ben trenta attori, in uno spazio scenico affollato, stolto e disinibito, modellato in un ritmo che intende viaggiare al passo con i sobbalzi e i silenzi dei nostri stessi animi. Un’allegoria apocalittica per ragionare sulla vita e sulla morte e raccontare le malattie sociali, facendo della responsabilità personale la sua speranza e della pietà umana la sua poesia.Il laboratorio di studio e di sperimentazione sull’opera drammaturgica, per la straordinarietà del territorio interpretativo (gli attori in scena sono tutti ciechi) e della situazione

(i ciechi, rinchiusi e ammassati nella stessa stanza, vivono emozioni collettive quali il terrore, la nostalgia, la sottomissione, la fame) offre un percorso attoriale a largo spettro. Ai fini della catarsi emotiva, lo spettacolo entra ed esce dal qui ed ora degli spettatori, non risparmiando atti di coinvolgimento fisico vero e proprio. Un lavoro che si propone come un’esperienza profonda, emotivamente estrema, scoprendosi via via carica di contenuti sociali.La musica minimalistica e lirica di Philip Glass e le immagini de L’Aquila tratte dal documentario “Comando e controllo” di Alberto Puliafito, completano il quadro del dramma, aprendo squarci anche sul mondo onirico dei protagonisti, come a dare forma ad uno dei più grandi incubi dell’inconscio collettivo. I personaggi restano anonimi, il luogo indefinito, il dialogo frammentato e simbolico come nel romanzo.

Ciechidi José Saramagoproduzione Cassiopea Teatrocon Marzia Colandrea, Dario Biancone, Riccardo Monitillo, Alberto Mosca, Vanina Marini, Giorgia Guerra, Diana D’Angelo, Andrea Murchio, Fabiano Danilo Vanella, Roberto Fazioli, Claudia Lerro, Giacomo Ferraù, Giorgia Pordenoni, Daniele Antonini, Nicola De Santis, Luca Di Giovanni, Luca Calone, Tiziano Mariani, Claudio Nicolinie con gli allievi dellaScuola di Recitazione Cassiopeaadattamento e regia Tenerezza Fattore

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Quattro sedie, quattro uomini. Sullo sfondo potrebbe esserci una porta, la porta di una bottega in cui si vende vino (in una qualsiasi strada di paese).I quattro uomini stanno davanti a questa porta immaginaria, e parlano di un tema a caduta libera: il brigantaggio. Ne parlano dispiegando le loro conoscenze e con i modi di cui sono capaci, ne parlano mischiando la Grande Storia dell’Unità d’Italia con le storie riportate da testimonianze inedite o inventate, intrecciando cronache agiografiche, calunnie, leggende, materiali fotografici e documentari e un po’ di spensierato “sentito dire”.Il testo è una polifonia che tiene in conto sia le voci contro e sia quelle a favore del brigantaggio, con l’obiettivo di svelare i limiti presenti in una lettura manichea del fenomeno. I briganti non erano solo farabutti ma neanche solo eroi da leggenda, erano innanzitutto uomini che avevano scelto, o erano stati costretti a scegliere, di stare fuori dalla legge e dalla cosiddetta comunità civile, pagandone poi il prezzo più alto. Accanto a storie note e divenute parte della cultura

sab 4 settembreCasignanaVilla Romana------------------------------------dom 5 settembreCassano allo JonioArea Archeologica di Sibari------------------------------------mar 7 settembrePalmiAnfiteatro località Motta

di Vincenza Costantino

produzione Teatro della Ginestracon Dante De Rose, Manolo Muoio, Ernesto Orrico, Silvio Stellato regia Ernesto Orrico

Jennu BrigannuStorie di Briganti Calabresi

popolare, ci sono storie di tanti senza nome, che si sono fatti briganti per seguire un sogno, un’ideale, per una vendetta, un motivo d’onore, o solo per sfuggire la fame.Il racconto dispiega così una storia frammentata e contraddittoria, che si sviluppa parallelamente a quella ufficiale e alle vicende della Calabria contemporanea. Il dialogo fra passato e presente è continuo, la cronologia netta degli eventi cede il passo alla poesia, i documenti storici sconfinano nei deliri e nei sogni di chi il brigantaggio l’ha vissuto per interposta persona, senza agire, senza scegliere, ma continuando a raccontarlo, in qualche maniera, a cantarlo.In questo spettacolo lo stile della recitazione è semplice, privo di artifici, tutto si basa sulla parola, sulla capacità degli attori di dare corpo e voce a piccoli frammenti narrativi, in un continuo affastellarsi di stili e dialetti, con una voglia di raccontarsi addosso e di togliersi il fiato a ricordare nomi, personaggi, storie…

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23 Le quattro sorelle

mar 7 settembreLocriTempio di Marasà–––––––––––––––––––-mer 8 settembreVibo ValentiaCastello Normanno––––––––––––––––––––gio 9 settembreCrotoneParco Archeologico di Capo Colonna

di Colette Freedman

produzione Associazione CulturaleMithos Groupcon Rosalinda Celentano, Antonella Attili, Selvaggia Quattrini, Eugenia Costantini e con la partecipazione di Lisa Gastoniregia Enrico Maria Lamanna

Quattro sorelle si ritrovano nella casa di famiglia in occasione dell’improvvisa morte della madre. Quattro donne con storie e personalità molto differenti — dalla scrittrice affermata alla giovane ancora studentessa —, accomunate dall’esperienza di vita con una madre straordinaria ma molto “ingombrante”, si confrontano sul “terreno minato” delle relazioni più difficili: quelle familiari, in particolare fra madre e figlia.Tra ipocrisie, ricordi e scontri che mettono a nudo le quattro personalità delle sorelle, finisce per trapelare di là dell’apparente suicidio della madre una realtà differente, drammatica, di forte attualità: un caso di eutanasia. La piéce affronta il tema con leggerezza e ironia, malgrado il linguaggio a volte un po’ crudo.

Commedia malinconica e commovente, ma allo stesso tempo buffa e tenera, in linea con la tradizione del grande teatro di parola americano.Ho iniziato un gioco forte da poco, le prove stanno per iniziare, per ora solo letture individuali, e ciascuno delle cinque attrici mi risponde realizzando con me il proprio ruolo in modo vivo e intelligente. […] La chimica e l’interazione tra tutte è ammirevole: mi convincono subito che sono una famiglia, con l’accettazione incondizionata e con l’amore alla base di tutte le transazioni di loro tutte insieme e, senza dubbio, vale la pena spendere un po’ di tempo in una famiglia così vera in cui facilmente ci riconosceremo; vi consiglio di venire a trovare Le Quattro Sorelle, godere della loro compagnia e anche condividere le sfide strazianti che si trovano ad affrontare in questo stimolante e insolito gioco che è la vita.

Enrico Maria Lamanna

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In un paese del pianeta terra, da molti anni non si vedono volare nel cielo uccelli di nessun genere, scomparsi per mano dell’uomo. Le strade, le piazze vengono all’improvviso invase da strani uccelli forse provenienti da un altro pianeta.Il protagonista, un patetico cacciatore, trascina legata ad un guinzaglio la sua donna e va alla ricerca di questi sconosciuti uccelli. Non appena li trova li sfida nel cercare di affermare la propria volontà. È l’eterna lotta tra il bene e il male. Gli uccelli hanno il sopravento sull’uomo e danno allo spettatore, coinvolto in un giocoso rituale, un segnale e una speranza di un nuovo mondo, un mondo alternativo, dove si può vivere in concordia e pace. Ma perché accontentarsi di pace e di riposo quando si potrebbe ottenere il dominio del mondo intero?

mer 8 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

Spettacolo itinerante di teatro di stradaliberamente tratto da Aristofane

con Pierpaolo Bonaccurso, Angela Belmondo, Nicola Giardino, Monica Vignetti, Piero Bonaccurso, Rosario Cuzzocrearegia Piero Bonaccurso

Uccelli

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Merìdion è uno spettacolo in progress, che si costruisce e decostruisce sera per sera davanti al pubblico, nel solco di quella particolare abilità improvvi-sativa e comunicativa tipica dei cantastorie. Canti, racconti brevi o lunghi, ballate, aneddoti, memorie, quasi un diario meridionalista per una “contem-plazione critica” del Sud. Un affondo nelle radici poetiche e filosofiche che costituiscono certamente la risorsa primaria per un rinnovato e moderno meridionalismo. Attraverso il linguaggio poetico della cultura popolare e cantastoriale: con testi di Ignazio Buttitta, Rosa Balistreri, Ciccio Busacca e dello stesso Nino Racco. Momento centrale è il racconto della tragedia di Marcinelle, che nell’agosto del ‘56 costò la vita in Belgio a 136 minatori italiani, la maggior parte meridionali. Stilisticamente si ritrova quell’incontro-fusione tra Cantastorie, Teatro e Can-zone, quel muoversi fra tradizione e sperimentazione, che da più di venti anni contraddistingue e rende unica l’arte e la teatralità di Nino Racco. Merìdion si presenta infine come ulteriore “manifesto” per la conservazione e lo sviluppo dell’arte teatrale e cantastoriale, per una comunicazione interuma-na e creativa sganciata dal sapere dominante e televisivo.

mer 8 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

produzione Piccolo Teatro Umano 2003di e con Nino Racco

Merìdion

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26 La baronessa di Carini

gio 9 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

produzione Piccolo Teatro Umano 2003di e con Nino Racco

La Baronessa di Carini è la storia tragica e pietosa di Caterina, figlia del ba-rone di Carini.Innamorata del nobile Vernagallo, intrattiene con lui “una segreta e notturna relazione” che le costerà la vita per mano del padre. Il barone, infatti, scoper-to il legame amoroso giunge da Palermo per vendicare l’onore offeso.Nino Racco ha creato per lo spettacolo una “personalizzazione” che rappre-senta una novità assoluta rispetto alla tradizione del cantastorie: una corni-ce narrativa. Immagina infatti di raccontare la triste vicenda alla sua stessa bambina come se si trattasse di una ninna-nanna, nella speranza che la pic-cola si addormenti “Prima che la storia tragica addiventi”.

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27 Epistola ai giovani attori

ven 10 settembrePalmiAnfiteatro località Motta–––––––––––––––––––––––––sab 11 settembreCasignanaVilla Romana –––––––––––––––––––––––––dom 12 settembreReggio CalabriaPiazza Castello

Olivier Py è senz’altro uno degli autori francesi più vivaci e rappresentati nel suo Paese, con testi poetici, densi e allo stesso tempo pieni di sfumature, in cui l’invenzione di simboli sul mondo attuale si mescola ad una forte spiritualità. L’Epistola ai giovani attori è una riflessione sul teatro, la poesia, il mestiere dell’attore, la tragedia, il sacro ed il mistero della rappresentazione. Un attore-attrice tragico si confessa, disturbato ed attaccato da varie figure del mondo reale che ne contestano la necessità e la vocazione alla poesia. Una grande prova d’attore affidata a Filippo Dini, per il ruolo di protagonista. Con lui un altro attore, Mauro Pescio. La Parola è al centro della riflessione che percorre tutto il testo. La Parola è intesa

di Olivier Pytraduzione di Carlotta Clericico-produzione Fattore K. e Pav per la terzaedizione della manifestazione Face À Faceprogetto promosso dall’ambasciatadi Francia in Italiacon Filippo Dini, Mauro Pesciodisegno luci Gianluca Cappelletti costumi Marina Schindlerregia Giorgio Barberio Corsetti

nel suo senso più misterioso e profondo. La Parola proferita sul palcoscenico è condivisione con gli altri, è ascolto degli altri. Attraverso questo testo che è nella sua intenzione originale un’esortazione per i giovani attori, Olivier Py cerca la necessità profonda del teatro per chi lo fa e per chi assiste. Questa epistola è un testo poetico, una riflessione, un urlo di protesta tragico, comico, grottesco. È un testo che dovrebbe essere incluso nel taccuino segreto di viaggio di chiunque ami la poesia e il teatro.Epistola ai giovani attori è un invito alla rivolta contro lo svilimento della parola nella società dei consumi, della pseudo-cultura, delle mode formalistiche, una “supplica per l’insurrezione della parola”.

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28 Rhyth.Mix

ven 10 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

da un’idea di Antonio Gnocchi Ruscone

produzione Agr Associaticon le Atlete di Ginnastica Ritmicaconsulenza tecnica di Emanuela Maccaranicoreografie di Barbara Cardinettiscenografie di Gianni Melis

Otto atlete che si muovono armoniose assecondando le luci del palcoscenico in un’atmosfera quasi onirica, intensa e suggestiva. Otto atlete, sì. Non semplici ballerine, ma ex ginnaste che, abbandonata la carriera agonistica, hanno deciso di partire dalla bellezza, dalla femminilità e dall’eleganza della ginnastica ritmica per trasformarla in spettacolo puro.Uno spettacolo tutto al femminile, in cui ritmo, sincronismo, bellezza ed eleganza sono estetizzati in una perfetta armonia di tecnica e danza, di musica e colori, atlete dai corpi stupendi che interagiscono con un mondo di luci e scenografie fantastiche.

La ginnastica ritmica che contraddistingue Rhyth.Mix non è solo esaltazione del movimento, è anche impiego dei suoi attrezzi specifici: dai cerchi alle funi, dai nastri alla palla, alle clavette. Su musiche composte appositamente da Marco Iannelli, i movimenti ginnico-artistici delle atlete protagoniste dello spettacolo sono strutturati in figurazioni coreografiche che richiamano la danza classica ma soprattutto quella contemporanea. Ulteriori elementi dello spettacolo sono i costumi, gli effetti scenici multimediali e le luci forti e fluorescenti che prevedono anche l’utilizzo dei neon.

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29 C’est par ici…?

“Je veux faire un voyage, Je veux voir si la ville est ma ville, si le jardin est mon jardin, si toi aussi, comme moi tu es parti pour me rencontrer…”Voglio fare un viaggio,Voglio vedere se la mia città è la mia città,se il mio giardino è il mio giardino,se anche tu, come me sei partitoper incontrarmi…

sab 11 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma––––––––––––––––––––lun 13 settembreCasignanaVilla Romana

produzione La Compagnie Des Gens Ordinaires & La Barraca Compagniadi Teatrocon Coralie Gibouin, Francesco Liuzziregia Nuccia Pugliese

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30 Maya Lipsker

dom 12 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

produzione Maya Lipsker(Teatro Stabile)coreografie Maya Lipsker

Maya Lipsker ha danzato per tre anni nella compagnia Bat-Sheva Ensem-ble. Durante questo periodo perfeziona la sua tecnica e insegna all’interno della compagnia. Nel 2003 lascia la compagnia e da quel momento inizia a lavorare come ballerina free-lance e come coreografa all’interno di diversi progetti sia in Israele che in Europa.Arrivata a Berlino nel 2004 entra a far parte del Research Project insieme alla compagnia di Sasha Waltz. Sono sue le coreografie di Lucky Trimmer, Feld (DOCK 11), e Labor Grass Studio.Maya Lipsker utilizza una tecnica, basata sulla motivazione dei sensi, inter-pretando e sviluppando un suo approccio originale al linguaggio del movi-mento. Un movimento che si focalizza sull’energia, sperimenta i limiti della forza fisica ed esplora il virtuosismo, la musicalità, l’espressione individuale e l’improvvisazione.La parola-chiave del suo lavoro è “divertirsi”, riuscire a raggiungere un piacere totale che vada oltre i confini “familiari” del corpo e della mente.

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Lo spettacolo è un’innovativa fusione tra l’arte teatrale e le acrobazie circensi. La messinscena è finalizzata a guidare il giovanissimo pubblico alla riscoperta ludica del circo attraverso il sogno di una bambina che lo trasporta in questo magico mondo. Nel suo ricchissimo repertorio di vicende, Olèe diventa un momento di incontro tra il bambino e i principali attori del circo, dal giocoliere al clown fino al domatore di animali “feroci”. L’allestimento semplice e fresco è affiancato dalla presenza dei vari protagonisti che, sostenendo diverse situazioni sceniche, instaurano con il pubblico un rapporto di condivisione diretta dello spettacolo. Il linguaggio è fatto di rime, filastrocche e canzoni.I toni sono quelli del circo, in cui musica e parole si fondono in un tutt’uno.

dom 12 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

Premio Ribalta come migliore attrice Monica Vignettiproduzione Teatrop Lamezia Termecon Angela BelmondoPierpaolo BonaccursoRosario Stefano CuzzocreaAntonio Fazio, Monica Vignettiregia Piero Bonaccurso

*Spettacolo per bambinie famiglie

Olèe

…il luogo scenico è un piccolo circo il circo delle pulci… …i personaggi utilizzando piccole attrazioni circensi recitano, cantano filastrocche:“Questa notte ho fatto un sogno tanta gente danza e gioca, gioca e danza poi saltella nella mia stanza dove musica e parole stan giocando con il sole tante persone salutano con la mano saltano, giocano, fanno baccano un bimbo racconta filastrocche, divertenti e un poco sciocche, sono per tutti quanti: bimbi, bimbe clown giocolieri leoni ed elefanti!”

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La genialità dell’autodidatta Goran Bregovic (nato a Sarajevo nel 1950) va al di là di questa miscela che coniuga il pop-rock con la musica classica, le litanie bizantine con il folk dei Balcani, le leggende zingare con i campionamenti, la ruvidità dei fiati e degli ottoni delle fanfare di paese con l’estetica patinata dell’Occidente. Il filo rosso che unisce tutte queste “schegge” è la passione che Goran ha per il Suono nel suo significato universale, la sua straordinaria capacità di sublimare i materiali della tradizione e di proiettarli, grazie al costante incontro con i linguaggi contemporanei o del pop-rock, in una dimensione surreale, ironica e lirica, facilmente comprensibile

mar 14 settembreRosarnoArea Archeologica dell’Antica Medma

produzione Just In TimeAlen Ademovic, goc (grancassa tradizionale), voce Bokan Stankovic, prima tromba Dalibor Lukic, seconda tromba Stojan Dimov, sassofono, clarinetto Aleksandar Rajkovic, primo trombone, glockenspiel Milos Mihajlovic, secondo trombone Voci Bulgare Ludmila Radkova Trajkova, voce Daniela Radkova Aleksandrova, voce

sotto tutte le latitudini. In una parola, Goran Bregovic reinventa tutto lo scibile musicale e se l’esuberanza e la struggente malinconia dei Balcani, il gusto un po’ barocco per i crescendo orchestrali, il non mai dimenticato amore per il pop-rock o l’elettronica sono chiaramente identificabili nella produzione del compositore di Sarajevo, altrettanto chiaramente si scopre che quelle musiche scolpite brutalmente o dipinte con tenerezza sono al di fuori di meri confini geografici e sono simboli forti di una rappresentazione della vita, tragica e visionaria, che riesce ad arrivare al cuore di tutti.

Goran Bregovic in concertocon la Wedding & Funeral Band

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www.magnagraeciateatrofestival.it