Prof.ssa Anna Ascenzi

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Pino Boero Carmine De Luca La letteratura per l'infanzia Roma-Bari, Laterza, 1995 Letteratura per l’infanzia Prof.ssa Anna Ascenzi Università degli Studi di Macerata Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo Classe: LM-85 bis Anno Accademico 2014/2015

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Pino Boero – Carmine De Luca

La letteratura per l'infanzia

Roma-Bari, Laterza, 1995

Letteratura per l’infanzia

Prof.ssa Anna Ascenzi

Università degli Studi di Macerata

Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo

Classe: LM-85 bis

Anno Accademico 2014/2015

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Capitolo VIII

Gli anni Cinquanta e Sessanta

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Il decennio del miracolo economico vede l’evolversi di cambiamenti sociali e

culturali di notevole interesse: il fenomeno migratorio interno da Sud a Nord,

l’urbanizzazione, lo sviluppo economico che accresce la ricchezza media e

induce nuovi bisogni di consumo, l’ingresso nelle case degli italiani della

televisione, l’innalzamento dell’obbligo scolastico, lo sviluppo dell’industria

editoriale.

Per quanto riguarda la sensibilità culturale in materia di letteratura giovanile, si

manifesta una crescente valorizzazione del genere, testimoniata dal sorgere della

rivista «Schedario», che analizza i prodotti letterari, teatrali e cinematografici per

bambini, e dall’istituzione di premi letterari per i libri rivolti all’infanzia.

Da segnalare, inoltre, l’attivazione dell’insegnamento di “Storia della Letteratura

per l’Infanzia” nell’Università di Padova, che segna l’ufficiale ingresso della

materia nel mondo accademico, riconoscendole il dovuto valore letterario e

culturale.

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Il primo censimento della Repubblica fotografa, nel 1951, un’Italia con ancora

un’alta percentuale di analfabeti o di persone non in possesso del titolo di

studio minimo.

Si istituisce, nel 1962, la Scuola Media unica con l’obbligo di frequenza fino al

quattordicesimo anno di età e si stabilisce un più stretto legame con

l’editoria introducendo, nella II e III classe media, la lettura obbligatoria di

un’opera di narrativa italiana o straniera.

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Nel 1955 si redigono i Programmi per la scuola elementare che si basano

su una concezione del bambino “tutto intuizione, sentimento, fantasia” e che

pongono a “fondamento e coronamento della scuola l’insegnamento della

dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica”.

Tali Programmi, trascurando l’aspetto scientifico, si rivolgono ad un bambino

inesistente, in quanto caratteristiche proprie del bambino reale sono anche la

curiosità, l’osservazione, la razionalità.

Parallelamente, i libri scolastici risultano non adeguati all’intelligenza dei bambini

perché forniscono spiegazioni banali e irrazionali su fatti e oggetti della vita

quotidiana; si può dire con Umberto Eco che “attraverso di essi il ragazzo viene

educato a una realtà inesistente”.

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Spettò, quindi, alla scuola “militante” il merito di aver saputo, in alcuni pregevoli

casi, dar vita ad un insegnamento più aderente alle caratteristiche vere di fantasia,

di libertà, di razionalità dei bambini reali.

Significative sono le esperienze messe in atto dai ragazzi della Scuola 725 di

Roma e dalla collana di monografie pubblicate dall’editore fiorentino Luciano

Manzuoli nella Biblioteca di Lavoro su iniziativa di Mario Lodi.

Nel primo caso un gruppo di ragazzi di una borgata romana, sotto la guida di don

Roberto Sardelli, dà vita al libro Non tacere nel quale sono tratti temi e argomenti

frutto delle discussioni fatte in aula intorno ad articoli di giornale, libri e Bibbia.

La Biblioteca del Lavoro, invece, avviata nel 1972, si compone di una serie di agili

monografie intorno ai temi più disparati di vita vissuta e dei prodotti del lavoro e

dell’arte; decine di volumi raccolgono così i risultati di attente ricerche nelle

scuole di varie parti d’Italia (Canti del popolo; Chi Siamo; Monterosso, indagine sulla

condizione operaia) e proposte didattiche di numerosi intellettuali di prestigio

(Gianni Rodari, Tullio De Mauro, Francesco Tonucci).

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L’Italia del boom economico vuole essere informata, ha bisogno di una cultura di

base e così l’industria editoriale si concentra anche sulla pubblicazione di

enciclopedie (Conoscere, Vita meravigliosa, I Quindici. I libri del Come e del Perché).

C’è chi contesta tali prodotti per l’impostazione schematica e perché accusati di

fornire un “sapere in pillole”, ma è pur vero che a rendere positivo o negativo un

medium informativo è l’uso che se ne fa; è attuale un discorso simile riguardo la

Tv e Internet e forse si può sostenere che tali strumenti forniscono stimoli la

cui connessione, elaborazione ed organizzazione spettano, poi, alla criticità della

mente di chi ne fruisce.

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Il 1958, in particolare, può essere preso quale data esemplare per identificare

due linee di tendenza destinate e incidere sugli sviluppi dell’editoria.

In quell’anno, infatti, la casa editrice fiorentina Marzocco Bemporad (figlia della

Paggi) pubblica un Catalogo generale che coniuga novità e tradizione

circoscrivendo la pubblicazione di alcuni autori nuovi all’interno di una più vasta

e tranquillizzante cornice letteraria classica.

La casa editrice Vallecchi, invece, si rende protagonista – con la collana Il Martin

Pescatore diretta da Donatella Zoliotto – di una produzione nuova e vivace di

cui può essere rappresentativa l’autonoma ed indipendente Pippi del romanzo

Pippi Calzelunghe. Alla scoperta di un mondo nuovo e fantastico si accompagna

l’apertura verso l’Europa e il mondo.

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A partire dagli anni Cinquanta anche la casa editrice Einaudi comincia a pensare

in modo organico alla letteratura per l’infanzia dando vita alla collana Libri per

ragazzi destinata a lasciare un segno profondo nella storia della letteratura

italiana per l’infanzia.

In trent’anni, infatti, la collana presenterà i testi e gli autori più significativi del

periodo pubblicano non solo le opere dei classici (Capuana, Salgari, Collodi,

Fucini), ma anche e soprattutto le opere dei contemporanei (Antonicelli,

Calvino, Malerba, Milani, Rodari).

I testi pubblicati in “Libri per ragazzi” non sono rivoluzionari o scandalosi, ma

semplicemente coerenti con l’impegno di sottrarre le vicende narrate al

patetismo, alla nostalgia e al ricatto pedagogico.

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Sono le Fiabe italiane di Italo Calvino, pubblicate nel 1956, che segnano però,

per la Einaudi, l’inizio di tale organica produzione di letteratura per l’infanzia. Il

profondo interesse di Calvino per il mondo fiabesco è testimoniato già dal suo

primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno.

Fiabe italiane ribadisce la posizione dell’autore che vede in tali racconti un

importante deposito della cultura italiana. La premessa analizza la relazione tra

la fiaba e la letteratura per l’infanzia.

Innanzitutto ricorda che la fiaba nasce per rivolgersi ad ascoltatori prima e a

lettori poi di tutte le età; in secondo luogo individua le caratteristiche

fondamentali della fiaba per l’infanzia: il carattere pauroso, il prosimetro

tendente alla filastrocca, i particolari scatologici, elementi estranei ai buoni

sentimenti e al tono consolatorio ed edificante della letteratura per l’infanzia

del suo tempo; infine indica, non nel contenuto ma nella narrazione e

nell’ascolto, le finalità educative di tale genere.

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Un contributo di eccezionale portata alla letteratura per l’infanzia della

seconda metà del Novecento viene anche dall’opera e dalla riflessione di

Gianni Rodari, scrittore e giornalista di alti ideali democratici, che dal 1967 al

1971 assume la direzione de «Il Pioniere».

A Rodari va riconosciuto innanzitutto il merito di aver introdotto molti temi

inediti nella produzione per ragazzi, spesso strettamente legati all’impegno

politico che ne contraddistingue l’attività a partire dall’immediato dopoguerra,

portando in primo piano questioni connesse alle differenze sociali, allo

sfruttamento del lavoro, all’antimilitarismo e alla solidarietà tra gli oppressi.

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Sin dai primi Il romanzo di Cipollino (1951) e Gelsomino nel paese dei bugiardi

(1959), l’attenzione per le problematiche del reale convive intimamente con un

forte interesse verso gli elementi più tipici della tradizione popolare,

accompagnato dal gusto per la parodia e per la rappresentazione di mondi

utopici dove ogni consuetudine si rovescia nel suo contrario.

Le raccolte Filastrocche in cielo e in terra e Favole al telefono (1960) si collocano

così pienamente nel solco della grande tradizione romantica e della raccolta alla

Grimm, con intrecci e situazioni che affermano l’importanza e la positività

dell’esperienza nell’universo fatato delle fiabe, mentre il romanzo La torta in

cielo (1966), nato dagli incontri tra lo scrittore e i bambini della scuola romana

Collodi, sceglie come soggetto principale la distanza che intercorre tra la

solidarietà infantile e il pericoloso individualismo del mondo adulto.

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Accanto ai testi che si rivolgono ai più piccoli, convive una produzione più adatta

ai ragazzi della scuola media, come le Novelle fatte a macchina (1973), che

guardano con disincantata ironia alle assurdità del nostro tempo, o C’era due volte

il barone Lamberto (1978) che, riprendendo l’espediente narrativo dell’adulto che

cresce a ritroso di Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino di Giulio Gianelli,

rappresenta un invito a costruire con autonomia e intelligenza la propria vicenda

personale.

L’arte di inventare storie di Rodari si fa anche riflessione teorica nel testo

Grammatica della fantasia del 1973, che precede i postumi Esercizi di fantasia, con

una serie di preziosissime indicazioni che svelano il procedimento inventivo,

l’itinerario culturale e i presupposti pedagogici dei suoi racconti a genitori e

insegnanti, per dare loro la possibilità di farsi essi stessi narratori per i piccoli.

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Nella situazione ancora culturalmente arretrata in cui versa l’Italia del

dopoguerra, dove la lingua nazionale resta ancora patrimonio per pochi e il libro

per l’infanzia che non appartiene strettamente all’ambito scolastico è

generalmente destinato a una fruizione limitata, l’opera di Rodari appare quindi

decisamente inconsueta, sia nei contenuti, che per il pubblico a cui si riferisce,

quello delle classi subalterne, attraverso precise scelte linguistiche e stilistiche,

che tendono all’abbandono dell’italiano astratto e artificioso della tradizione per

adottare una lingua più immediata, recuperata in parte dalla lunga esperienza

giornalistica e in parte da una spinta educativa ed utopica che crede nell’azione

della parola sull’inconscio e sulla fantasia.

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Tra gli altri autori significativi degli anni Cinquanta e Sessanta vanno ricordati

Giana Anguissola, che esordisce al «Corriere dei Piccoli» e dal dopoguerra

lavora per radio e televisione dedicandosi alla scrittura di romanzi per ragazzine

pieni di umorismo, dove dà vita a originali personaggi come Violetta e Priscilla, e

di testi come Eredi del circo Alicante, Seguendo una lira e Signor Serafino, che vanno

dal genere favolistico a quello realistico, e Tommaso Landolfi, che nella pur

esigua opera per l’infanzia mantiene tutta l’atipicità, la stravaganza e la

dimensione fantastica che caratterizzano i suoi scritti per adulti, sia nelle

filastrocche Sale e pepe, Ta, Tarà, Tatà e Grande filastrocca negativa con tocco finale,

che nei racconti fiabeschi Il Principe infelice e La raganella d’oro.

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Va ricordato, anche, Marcello Argilli, collaboratore del «Pioniere» diretto da

Gianni Rodari: la sua militanza nel Partito Comunista lo porta a cercare nuove

strade all’interno della produzione per i bambini per allontanarla dal moralismo e

dal clericalismo. Non è, quindi, un caso che proprio nell’anno di emanazione dei

programmi scolastici del 1955 (di forte impronta cattolica) Argilli pubblichi Le

avventure di Chiodino in cui rappresenta un bambino di ferro dal cuore d’oro il

quale intraprende un percorso di crescita che lo porta a scoprire la negatività del

mondo ma anche i valori della solidarietà e dell’amicizia; accusato dai benpensanti

di portare il “bolscevismo” nella letteratura per l’infanzia, Chiodino si colloca in

quella linea educativa che non trascura di inserire nel mondo della fiaba i

problemi reali della società.

Altro noto personaggio di Argilli è Atomino, un atomo pacifista e dotato di un

cuore che si muove ingenuamente in un mondo egoista dominato dalla logica

economica.

Successivamente Argilli si distinguerà anche per la sua produzione rivolta

all’adolescenza.

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Esempio di coerenza è anche la letteratura di Giuseppe Bufalari, maestro

elementare e appassionato esploratore delle profondità marine, che associa ai

due filoni principali in cui si suddividono i suoi grandi romanzi, quello

dell’impegno civile, in opere come La masseria, Pezzo da novanta e Voscenza

benedica, e quello dell’avventura in mare, con La barca gialla, Scellamozza,

Quando passarono le anatre, La nave dei guerrieri e Il ragazzo dell’Orsa maggiore,

anche una produzione più legata all’attualità e alle tematiche che coinvolgono

la scuola.

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Eroe malinconico e vicino ai tipi salgariani è il cow-boy Tommy River, personaggio di

Mino Milani comparso sul «Corriere dei Piccoli» nel 1958 e trasferito in volume

ne Le avventure di Tommy River che, come i successivi Il fiume non si ferma, Romanzo

militare, Efrem, soldato di ventura e I quattro di Candia si allontana dalle consuete

verità educative per allinearsi alla dimensione crepuscolare della moderna

narrativa novecentesca.

Più ancorate alla realtà contemporanea sono le scrittrici Renée Reggiani, che in

Il treno del sole descrive le vicende di una famiglia siciliana trapiantata a Torino, le

cui difficoltà di inserimento nel contesto sociale totalmente estraneo divengono

occasione per mostrare il lato meno gradevole e mistificante del boom economico;

Luciana Martini, autrice di Non deve accadere, Ragazzi come siamo e Colore del

vento, dove le brutture del reale e le responsabilità adulte sono presentate senza

schermi consolatori, e Lucia Tumiati, che in Saltafrontiera, Cara, piccola Huè e Una

cartella di sogni riesce a rappresentare il mondo attraverso lo sguardo dei bambini.

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Tra i giornali, in quegli anni concorrono «Il Vittorioso», di matrice cattolica e «Il

Pioniere», di ispirazione laico-comunista; oltre che nelle edicole, il primo trova

diffusione nelle parrocchie e tramite l’Associazione Cattolica, il secondo nelle case

del popolo, nelle sezioni del partito comunista e tramite l’Associazione dei

Pionieri d’Italia.

«Il Vittorioso» nasce nel 1937 e ha il merito di essersi realizzato come giornale

di fumetti totalmente italiani; i fumetti americani (avversati in quegli anni dal

fascismo) non si ritengono adatti alle caratteristiche dei ragazzi italiani, per cui si

elaborano proprie creazioni, sia nelle storie, sia nelle illustrazioni.

Il tema fondamentale è la lotta tra il bene il male con il bene che, infine, riesce

sempre a vincere; esso si esprime come storie avventurose-patriottiche e,

talvolta, in vicende di ambientazione medievale.

Benché l’impostazione cattolica sia chiara ed esplicita, «Il Vittorioso» raggiunge

anche il pubblico laico, grazie al tono umoristico di molte storie, soprattutto

quelle firmate da Benito Jacovitti; la componente conservatrice riemerge più

accentuata negli anni ’50, in clima di guerra fredda.

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Nel 1950 nasce «Il Pioniere», che trae dalle esperienze del «Corriere dei

Piccoli» e de « Il Vittorioso» l’impostazione sequenziale di pagine illustrate e parti

scritte, e dal «Giornalino della Domenica» l’interazione con i propri lettori,

coinvolti in iniziative sociali e politiche.

Ne è un esempio il concorso “Narriamo le gesta dei Partigiani Italiani”,

organizzato nel 1955 per il decennale della Resistenza e che termina devolvendo

ad un collegio genovese per gli orfani dei Partigiani il ricavato della vendita degli

elaborati. La Resistenza e l’antifascismo sono infatti, i temi centrali del periodico,

trattati per i primi due anni, con tono grave.

In seguito il giornale acquista maggiore leggerezza e umorismo; tra i fumetti due

personaggi diventano molto noti tra i bambini e i ragazzi: Cipollino di Rodari e

Chiodino di Marcello Argilli

Sia «Il Pioniere» che «Il Vittorioso» chiuderanno in seguito alla crisi della stampa

periodica causata dal proliferare di nuovi prodotti editoriali (Tex , Sciuscià, Il piccolo

sceriffo, Forza John) che riscuotono sempre crescente successo di pubblico.

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Gianni Rodari, La torta in cielo (1966)

Vi racconto della volta in cui, in un certo posto in una certa mattina, tanta gente col naso per aria vide nel

cielo un enorme oggetto circolare che stazionava sui tetti. Tutti gridavano spaventati correndo di qua e di là

che erano arrivati "i marziani" … "no l'eclisse"…la fine del mondo. Chiamarono la polizia, i carabinieri, i

vigili urbani. Arrivarono anche i pompieri, un'autoblindo, un carro armato, i cannoni, persino i missili. Fu pure

decretato lo stato d'allarme. Intanto in cielo si svolgevano pericolose manovre d'ispezione intorno

all'oggetto volante misterioso. Un ufficiale pilota, -nome in codice Dedalo,- riferiva così al comando:

"Secondo i miei calcoli la sua circonferenza misura metri tremilacentoquaranta. Per trovare il diametro,

basta dividere per tre e quattordici….. La superficie laterale appare dipinta a fasce di diversi colori. Dal

basso in alto, eccone la disposizione: bruno, verde pistacchio, giallo, rosa, bruno di nuovo. La superficie

laterale appare compatta… L'altezza laterale è venticinque metri circa… per calcolare il volume………"

Il prof. Terenzio, il prof Rossi, il generale Decannoni: "Conosciamo la geometria, vada avanti !!"

"Signorsì, ...la superficie superiore dell'UFO presenta un meraviglioso color bianco panna e…vedo delle

sfere rosse inserite a regolare distanza nella superficie bianca. Sono diverse centinaia somigliano a grosse

ciliegie candite!

"Non dite sciocchezze" Tuonarono gli illustri scienziati, le cui teorie erano per l'appunto in completo

disaccordo. Il generale, avendo avuto notizia di un aquilone nei pressi dell'UFO, pensò subito a qualche spia

terrestre che voleva contattare i marziani.

UN GROSSO, GROSSO GUAIO ………. secondo loro.

Capitò, invece, a due bambini scoprire per caso la soluzione al dilemma. Attirati da tanta confusione sul

terrazzo di casa, anche Rita e Paolo, figli del vigile Meletti, ebbero la loro esperienza con la "COSA".

Un pezzo dell' oggetto cadde nell'angolo destro del balcone, cadde ma non scoppiò. Emise solo un morbido

"plaff" e rimase lì, fra due vasi di gerani.

"Ma non senti un profumino? Vuoi che tocchi io la cosa?"

"Stupida, credi che abbia paura?" (ne aveva tantissima)

"E' che prima voglio studiarci sopra un momento".

Fu Rita, però, che passò ai fatti e, toccando la cosa lanciò un grido di trionfo:

"Cioccolato!"

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Gianni Rodari, La torta in cielo (1966)

Roba di marca a giudicare dal profumo, dal sapore, dalla lunga delizia che lasciava in bocca.

Tutto quanto l'oggetto misterioso cominciò ad atterrare alle tre del pomeriggio su una collinetta dove

andavano a brucare le pecore. La collinetta fu, naturalmente, circondata in forze, ma ci si astenne da

qualsiasi iniziativa per non far fallire il primo incontro umani-marziani. Il generale avrebbe preferito

cannoneggiare tutto subito.

"Addio torta" disse Rita.

"Guarda è tutta di cioccolato e di sopra è rosa, gialla,verde: una torta millegusti."

"Sono i colori della bandiera marziana quella torta è un'astronave" diceva il fratello. Fu così che andarono a

vedere muniti di palette da spiaggia; si intrufolarono carponi nel gregge di pecore, che, da brave pecore, non

ne volevano sapere di assedio e tornavano pacifiche al loro recinto notturno sulla collina, nascondendoli.

C'era davvero una torta.

"Sei convinto, adesso?" Domandò Rita con la bocca già piena di pasta-frolla.

"Non sono venuto qui per mangiare, io, ma per esplorare la torta marziana…."

Sentieri di pasta mandorlata, ruscelli di zabaione, enormi ciliegie candite sbarravano il loro passo. Pioveva

marsala, c'era un freschetto delizioso, erano pareti di gelato al pistacchio refrigeranti, sotto i loro piedi una

pavimentazione di savoiardi imbevuti di cioccolato fondente; un certo punto i due bimbi si trovarono

davanti ad una parete di marzapane in cui scavando un buco videro una grotta e là, in mezzo, seduto un

uomo che scriveva come un matto su un blocco pieno di appunti.

Rita bisbigliò "Quello è Geppetto !” e Paolo: "E tu sei la Fata Turchina".

Era il professor Zeta: un omino quasi vecchio, quasi calvo, quasi curvo con gli occhiali molto, ma molto

spessi, anzi, spessi del tutto. Aveva un lungo camice grigio che sembrava il grembiule di un droghiere, un

grosso naso a patata rosso e un colletto tutto ciancicato. Lo scienziato, spaventato, gridò alla loro vista:

"Squak, squok, karapak, pik!" pensando di essere di fronte a due alieni; i bambini a loro volta gridavano:

"Aiuto!“. Scapparono a gambe levate. Successe, però, che il cane Zorro tornasse indietro a fiutare il nuovo

venuto. "Fermo Zorro, sta buono!" ordinò Paolo, intuendo che poteva fidarsi di quell'ometto dall’aria

buona.

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Giana Anguissola, Violetta la timida (1963)

- E in casa tua, che altro fai oltre studiare, ascoltare la radio o leggere un libro?

- Ma… niente. Faccio quel che mi dice la mamma.

- Sempre?

- Quasi.

- E di tua iniziativa non trovi, non vedi, non ti proponi nulla da fare?

- Ah, no! – Ci mancherebbe altro che facessi qualcosa di mia iniziativa oltre che dare una mano alla mamma

quando me lo chiede!

- Tutto sbagliato!

- Cosa?

- Tutto sbagliato il tuo modo di vivere in famiglia.

- Perché? – Nessuno s’è mai lamentato di me, in casa, sta a vedere che ora se ne lamenta la signora A.,

un’estranea!

- Perché ci vivi come un’ospite, una pensionante, non come «facente parte».

- Ma ho tredici anni!

- Ecco l’errore! Perché hai tredici anni pensi di non avere nessun dovere verso la tua casa e i tuoi genitori,

oltre lo studio e l’obbedienza, ma solo dei diritti!

Rimango a bocca aperta. Senza nemmeno una parola dentro. Più che studiare e distrarsi un poco, cosa deve

fare una ragazza di tredici anni? Annoiarsi, ed è quel che mi capita spesso. Ma mi par che questo sia meglio

non dirlo alla signora A. Così, per prudenza. Con lei non si sa mai. Vana precauzione: lo indovina.

-Scommetto che ti annoi.

Poiché tacere si può ma mentire non si deve, confesso: - Sissignora.

-Che rimedio trovi o vorresti trovare per la tua noia?

- Vorrei farmi un’amica a cui poter telefonare, da cui andare o chiamarla da me. Ma chi ne ha il coraggio?

- Solo per questo dovrai sceglierti e conquistarti un’amica. Ma non è di ciò che si tratta al presente, bensì

della tua vita in famiglia. Così, quando in casa ti annoi, ti limiti ad annoiarti.

- Eh…sì… che altro potrei fare?

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Giana Anguissola, Violetta la timida (1963)

- Dedicare il tempo vuoto che la noia invade (la noia invade solo il tempo vuoto, ricordalo; è una saggia spia

la quale avverte che c’è del tempo disponibile per bene occuparlo) alla tua casa, ai tuoi.

- Alla mia casa? Ai miei? – Parola, non ci avevo mai pensato.

- Perché è un errore, - continua la signora A., - da parte dei ragazzi, pensare che non debbono far nulla in

casa, ma lasciarsi manovrare, guidare o comandare come sacchi di patate solo perché sono ragazzi. I ragazzi

sono membri della famiglia né più né meno che i grandi.

- E che cosa debbono fare più che lasciarsi comandare e obbedire?

- Il contrario di farsi comandare.

- E cioè?

- Avere dell’iniziativa, secondo le loro possibilità, s’intende.

- Non è lo stesso lasciarsi comandare?

- No. Prima di tutto perché per gli adulti comandare è fatica e preferiscono sentirsi indovinati, prevenuti nei

loro desideri. Poi perché, se no, non si sviluppa, appunto, il senso d’iniziativa. Infine, e questo è il più

importante, perché il ragazzo si riduce, mantenendosi chiuso, appartato, a una cellula morta, fredda, del

nucleo familiare, il quale, invece, deve essere tutto un alveare caldo, vivo. Capito?

- Certo! – E, francamente, detto così, mi pare una cosa bellissima.