Produzione cinematografica in Sicilia:il caso della … di cinema documentario nell‟isola,...

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Università degli Studi della Tuscia Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali Produzione cinematografica in Sicilia:il caso della Panaria Film 1946-1955 di Laura Carnemolla Relatore Francesco Bono Correlatore Ansano Giannarelli A. A. 2004-05

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Università degli Studi della Tuscia

Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali

Produzione cinematografica in Sicilia:il caso della Panaria Film

1946-1955

di Laura Carnemolla

Relatore Francesco BonoCorrelatore Ansano Giannarelli

A. A. 2004-05

3

Premessa

“Più ripercorro il passato, più mi convinco che è il caso il grande provocatore della

vita”, così dice al giorno d‟oggi oggi Francesco Alliata, responsabile della Casa di

Produzione Cinematografica siciliana “Panaria Film”.1

Ed è stato anche un caso il mio interessamento alla vicenda della Panaria Film e da

lì il tentativo di ricostruirne la genesi.

Nel novembre del 2003, mi colpì molto la vicenda raccontata ne “Il ritorno di

Cagliostro”, del duo palermitano Daniele Ciprì e Franco Maresco.

Era la storia di una sgangherata casa di produzione cinematografica, che, durante il

secondo dopoguerra, aveva realizzato in Sicilia un paio di film, ottenendo pessimi

risultati e cadendo in rovina nel giro di pochi anni, il tutto magistralmente

raccontato con la goliardia grottesca tipica dei due registi.

La storia mi colpì subito, non ero a conoscenza del fatto che in Sicilia fossero sorte

delle case di produzione cinematografica che avevano realizzato dei film, anche se

di stampo minore, girati nell‟isola, e inizialmente tentai di capire da quale

informazione fossero partiti Ciprì e Maresco. Ho provato a contattarli per qualche

mese, telefonando all‟Istituto LUCE, che aveva contribuito alla realizzazione di Il

ritorno di Cagliostro, e recandomi a Palermo, presso il cinema Lubitch, di loro

proprietà. Non trovai i registi e nessuno seppe rispondere alle mie domande, anzi,

a Palermo mi fu detto che la storia raccontata nel film era totalmente inventata.

1 Da: “I ragazzi della Panaria”, di Nello Correale, 2004.

4

Non servì a nulla neanche inserire nei motori di ricerca della rete parole come

“Trinacria Cinematografica” o “fratelli La Marca” o “Pino Grisanti”, perché erano

i nomi usati nel film e inventati dai registi.2

La questione si risolse quando, già a marzo del 2004, lessi, per caso, un articolo su

Alias che si intitolava “Hollywood a Panarea. Prima di Cagliostro” . Era la storia

della Panaria Film.

Contattai subito la giornalista che aveva firmato l‟articolo, Giuliana Muscio,

docente di Storia del Cinema presso l‟Università di Padova, che gentilmente mi

consigliò delle letture e delle persone a cui rivolgermi. Da lì la vicenda ha

cominciato pian piano a prendere una forma, fino a quando, al Festival del

CinemAmbiente di Torino (ottobre 2004), in cui è stato inserito un omaggio alla

casa di produzione Panaria Film, ho conosciuto il signor Francesco Alliata,

persona gentilissima e dalla grande cultura.

Conoscendo l‟unico esponente della casa di produzione rimasto in vita e dopo

averlo incontrato diverse volte, sono riuscita ad avere un quadro più completo

della vicenda, che nel frattempo ha cominciato ad appassionarmi sempre di più.

Per me è stata fin dall‟inizio molto più che una ricerca condotta ai fini della tesi di

laurea, è stato un lavoro condotto con passione e con stima sempre maggiore verso

quei pionieri del cinema siciliano.

2 Con l‟inizio delle ricerche capii che la “Trinacria Cinematografica” altro non era che

l‟Organizzazione Filmistica Siciliana, i fratelli La Marca si riferivano ai fratelli Gorgone e Pino

Grisanti era Pino Mercanti.

5

La storia della Panaria Film comincia nell‟agosto del 1946.

Era quella la seconda estate di pace dopo la fine della seconda guerra mondiale e

tre giovanotti aristocratici siciliani, Francesco Alliata, principe di Villafranca e

duca di Salaparuta, Pietro Moncada, principe di Paternò, Quinto di Napoli e il

veneto Renzo Avanzo, amico della famiglia Moncada e ospite della loro villa a

Bagheria si incontrano, felici di essere sopravvissuti alla guerra.

I quattro si ritrovano nel mese di agosto dell‟anno 1946 su una piccola

imbarcazione che li porterà da Milazzo verso le isole Eolie.

A quei tempi le isole Eolie erano ancori terreni incontaminati, isole dal mare

cristallino, fino all‟ultima guerra erano stati territori di confino per i dissidenti

politici.

La vita degli eoliani era scandita da tempi naturali e modi di vita semplicissimi, il

tempo era segnato dalle ore di luce. In realtà vi regnava la più profonda povertà,

anche i lavori più faticosi, come la pesca erano destinati alle donne, perché gli

uomini erano partiti a cercare fortuna verso terre lontane. Non era raro parlare con

ragazze che non erano mai uscite dai confini della propria isola, che non sapevano

leggere e scrivere, che non avevano mai visto una ruota, ma che magari erano

promesse in sposa ad un fidanzato lontano, che presto avrebbero raggiunto, anche

se lo avevano visto solo in fotografia.

6

Questo era il mondo che scoprirono i quattro della Panaria Film, che durante la

loro attività, che durò fino al 1955, realizzarono circa trenta documentari, tre film a

soggetto, Vulcano, con le regia di William Dieterle, La carrozza d‟oro, di Jean

Renoir, Vacanze d‟amore, con Jean-Paul Le Chinoise e il documentario Sesto

Continente, di Folco Quilici.

La loro attività fu completamente finalizzata alla volontà di far conoscere al

pubblico italiano e internazionale quello straordinario mondo siciliano di cui

facevano parte con grande entusiasmo.

Ed è un mondo assolutamente diverso da oggi e diverso nell‟immaginario di chi

non possiede, anche solo a causa della sua giovane età, una memoria storica

capace di riannodare tutte le fila del passato.

Questo mondo però riesce a vivere oggi, dopo quasi sessant‟anni grazie alle

immagini emozionanti raccolte nei documentari e nei lungometraggi realizzati da “

I ragazzi della Panaria Film”3, la cui scoperta, casuale e emozionante, mi ha

spinto, per quanto mi è stato possibile, a ricostruire questa storia, dimenticata dagli

annuari di storia del cinema italiano.

3 Userò quest‟espressione rifacendomi al titolo del documentario di Nello Correale “I ragazzi della Panaria”,2004,

che a sua volta trae spunto dall‟espressione con cui gli stessi “ragazzi” amavano chiamarsi.

7

Dunque ormai la fotografia e il cinema, la settima arte, così delicata, in quegli anni

poi ancora facilmente infiammabile, suscettibile ai danni del tempo, si pongono

ormai oggi come il nuovo modo di fare storia.

Ed è questo un metodo moderno, umanistico, che ci offre racconti e immagini di

storie minori, che difficilmente avremmo potuto trovare nei libri della Grande

Storia, quelle delle grandi vicende e dei nomi famosi.

È una storia diversa questa, fatta di gente umile, di paesaggi, usi, riti, che non ci

sono più ed è anche la storia di quattro ragazzi e del loro sogno comune, che per

amore della loro terra, si sono fatti narratori e sono riusciti a tramandarci storie che

senza loro forse non avremmo scoperto, perché hanno cantato di un tempo che è

cambiato, di paesaggi , bellezze e semplicità che senza “I ragazzi della Panaria”

qualcuno di noi forse non sarebbe stato in grado di ricordare..

8

Introduzione

Il Contesto cinematografico in Sicilia durante il secondo dopo guerra.

Promozione dell’O.F.S.

La terra di Sicilia, la sua bellezza, le sue contraddizioni, i suoi problemi, il suo

melting pot di culture e genti, la sua malinconia commista alla rabbia, si offre da

millenni come sfondo straordinario, unico nel suo genere, al racconto di storie

meravigliose, storie di eroi, di dei e semidei, storie di grandi amori e di povera

gente, di vite condotte con mille problematiche e di grande umanità.

L‟isola infatti è stata scelta spesso come una delle location più suggestive e

frequentate del cinema italiano e mondiale.

Molti sono stati i registi che hanno trovato in Sicilia il contesto più adatto per

girare i loro film, pensiamo a La terra trema, (1948) di Luchino Visconti, oppure a

In nome della legge, (1949), di Pietro Germi, L‟avventura (1960), di Michelangelo

Antonioni, Il bell‟Antonio (1960), di Mauro Bolognini, Salvatore Giuliano (1960),

di Francesco Rosi o, parlando di anni più recenti, a I cento passi (2000) di Marco

Tullio Giordana, Briganti di Zabut (1997) e Placido Rizzotto (2000) di Pasquale

Scimeca, tanto per fare qualche esempio.4

4 Cito a proposito l‟antologia audiovisiva “Lo schermo a tre punte”, di Giuseppe Tornatore, Italia, 1996, che

raccoglie, in base a tematiche volta per volta diverse, spezzoni di film sugli aspetti caratterizzanti dell‟essere

siciliano.

9

Il cinema in Sicilia si è affermato anche in maniera reale, concreta, con la sua

industria: già dai primi anni del XX secolo nell‟isola, sulla scia di quello che allo

stesso modo avveniva contemporaneamente a Milano, Torino e Napoli, erano sorte

numerose case di produzione cinematografica, quasi tutte di stampo locale, che

nella maggior parte si dedicarono a realizzare film di stampo popolare, rivolti a

fasce medie di pubblico e documentari.5

Si trattava comunque di produzioni approssimative, che non si mossero secondo

criteri economici, quanto su una logica di investimento di capitali a breve termine,

di produzioni improvvisate.6

Le case di produzione cinematografica crebbero in Sicilia, come in tutta Italia, in

particolare nel secondo dopoguerra, nel clima di generale euforia per la cessazione

del conflitto e nella speranza in un futuro, che non poteva che essere migliore del

passato, che creavano un‟atmosfera di ottimismo, in cui ogni iniziativa poteva

sembrare procacciatrice di successo e guadagno.

Vi furono diverse proposte infatti che spingevano per creare in Sicilia una casa di

produzione cinematografica all‟avanguardia, una sorta di “Hollywood alla

siciliana”, per contrastare la più famosa e produttiva Cinecittà, fondata nel 1937,

per produrre film ideati e realizzati nell‟isola, con la partecipazione di cast locali.

5 Sull‟affermarsi delle case di produzione in Sicilia si rimanda a Sebastiano Gesù ,La Sicilia della memoria. Cento

anni di cinema documentario nell‟isola, Giuseppe Maimone Editore, Catania, 1999 e Sebastiano Gesù, La Sicilia e

il cinema, Giuseppe Maimone Editore, Catania, 1993;cfr. anche Due, tre, cento Cinecittà, in Gian Piero

BRUNETTA, Storia del cinema italiano. Dal neorealismo al miracolo economico, vol. III, Edizioni Riuniti, Roma,

1993, pag. 18-38. 6 Cfr. Callisto COSULICH, (a cura di), Storia del cinema italiano, 1945-1948, vol. VII, Edizioni Marsilio di

Bianco&Nero, Venezia, 2003, pag. 370

10

Tra i maggiori promotori di tale iniziativa vi era il Banco di Sicilia, il suo

Presidente Bazan e il Direttore Generale La Barbera, che in quegli anni si

interessarono molto al cinema, a ragione del fatto che la Sicilia era uno tra i set più

frequentati di quel tempo.

Sulla scia di questa volontà imprenditoriale, nel 1946 il Banco di Sicilia aveva

favorito a Palermo la nascita della O.F.S.,7 Organizzazione Filmistica Siciliana,

società in accomandita per azioni di produzione cinematografica, con capitale

iniziale di 4 milioni di lire.8 Alla società presero parte due fratelli palermitani, gli

assicuratori Franco e Gaetano Gorgone, l‟architetto Paolo Bonci, che, convinto

dell‟importanza dell‟iniziativa, versò cospicui capitali per la realizzazione e il

palermitano Giuseppe Mercanti, detto Pino, ingaggiato come regista, che aveva

già una certa esperienza dietro la macchina da presa9. Aveva già lavorato come

regista presso alcune case di produzione locali, aveva esordito come regista di

lungometraggio con All‟alba della gloria, nel 1945, sullo sbarco dei Mille a

Calatafimi, soggetto e sceneggiatura di Santi Saverino e Giuseppe Zucca, con la

7 Sulla nascita dell‟Organizzazione Filmistica Siciliana cfr. Francesco ALLIATA:Il cinema e la tonnara, in :

http://www.cosedimare.com/cinemasub.htm; Sebastiano Gesù, La Sicilia e il cinema, op.cit., Sebastiano GESÙ ,La

Sicilia della memoria. Cento anni di cinema documentario nell‟isola , op. cit.; Nila NOTO, I Beati Paoli, in

“Nuove Effemeridi”, Anno IV, n 13, Edizioni Guida, Palermo 1991e Mario PALUMBO, La Sicilia nel cinema,

Edizioni Sicilia Domani, Palermo, 1963;

8 Cfr. Gregorio Napoli, Pino Mercanti, l‟utopia di un cinema tutto siciliano, in Callisto COSULICH, (a cura di),

Storia del cinema italiano, 1945-1948, vol. VII, Edizioni Marsilio di Bianco&Nero, Venezia, 2003; pag. 370-371 9 Giuseppe Mercanti si avvicinò alla macchina da presa durante la frequentazione dei corsi di cinematografia del

CineGuf presso l‟università di Palermo. Risulta quarto in classifica, nell‟anno 1938, per il concorso delle sezioni

cinematografiche Guf, nella sezione “Film a soggetto” con il film “Cocci di bambola”. Per il CineGuf di Palermo

realizzò anche i documentari Acitrezza (1936), Monreale (1937); Cfr. Sezioni cinematografiche dei Guf , in Bianco

e Nero, numero 8, anno II, 31 agosto 1938, Roma.

11

collaborazione di Paolo Bonci, che aveva riadattato un teatrino di posa della

Sicania Film di Raffello Lucarelli.10

Nella società OFS, accanto a Mercanti, lavoravano Basilio Franchina, divenuto poi

aiuto regista di Giuseppe De Sancits, in Roma, ore 11 e Salvatore Rosso, che in

seguito collaborò con Pietro Germi nei film di ambiente siciliano Il ferroviere

(1956) e L‟uomo di paglia (1958).11

L‟OFS realizzò in tutto tre film: Malacarne (1946), I cavalieri dalle maschere

nere (1948), Il principe ribelle (1949), di ambientazione siciliana e tutti girati da

Mercanti.

I presupposti con cui era nata l‟O.F.S. erano assolutamente degni di lode: quelli di

creare un‟industria cinematografica all‟avanguardia, con personale esperto e con

degli stabilimenti di posa modesti, ma funzionali, che si potessero contrapporre

all‟industria cinematografica nazionale, a quel tempo in ginocchio soprattutto sul

piano fisico se si pensa che sette dei dieci studi di Cinecittà avevano subito

bombardamenti e lo stabile era stato utilizzato dal Psychological Walfare Branch

come campo profughi.12

10

Cfr. Gregorio Napoli, Pino Mercanti, l‟utopia di un cinema tutto siciliano, in Callisto COSULICH, (a cura

di), Storia del cinema italiano, 1945-1948,op. cit. pag. 370-371 11

Salvatore Rosso divenne in seguito regista di due film di fiction e di alcuni documentari tra cui Sicilia ricca,

siciliani poveri, Luci a mare, Acque in Sicilia , cfr. Sebastiano Gesù, La Sicilia della memoria, op.cit 12

Cfr. Vito Zagarrio, L‟industria italiana tra crisi della produzione e boom dell‟esercizio, in: Callisto COSULICH,

(a cura di), Storia del cinema italiano, 1945-1948, vol. VII, Edizioni Marsilio di Bianco&Nero, Venezia, 2003, pag.

365

12

In Sicilia, come nel resto d‟Italia dunque, la disgregazione del centro produttivo

centrale aveva favorito questo fenomeno di decentramento e la fine del monopolio

produttivo, a cui però ben pochi produttori seppero rispondere con progetti non

improvvisati, di qualità e soprattutto a lungo termine.13

Il primo film prodotto dall‟OFS si chiamò Turi della tonnara, girato nel 1946,

passato sullo schermo con il nome di “Malacarne” e anche “Oltraggio all‟amore”.

Il film, dal soggetto dello scrittore siciliano Giuseppe Zucca, che collaborò anche

alla regia, vide la partecipazione di Otello Toso, nel ruolo del protagonista, di

Mariella Lotti, Umberto Spadaro e di Amedeo Nazzari; la sceneggiatura fu curata

da Giuseppe Zucca e Dino Mercanti.14

È la storia di un giovane tonnaroto, detto Malacarne, seduttore di paese, che in una

scommessa con un calzolaio sostiene che riuscirà a sedurre una giovane ragazza,

Maria Stella, che invece gli resiste. Il calzolaio avverte lo zio della ragazza, che ha

una lite furiosa con il ragazzo e durante la rissa Malacarne lo ferisce ed è

condannato al carcere. Una volta uscito di galera, scopre che dalla relazione avuta

con Maria Stella è nato un bambino, che la ragazza ha dovuto affidare a una

famiglia perché impossibilitata a crescerlo. Malacarne cerca di convincere la

giovane a riprendere il bambino e a rifarsi insieme a lui una vita. La giovane però

non sente ragioni. Malacarne disperato, con un gesto inconsulto si toglie la vita,

13

Cfr. Due, tre, cento Cinecittà, in Gian Piero BRUNETTA, Storia del cinema italiano. Dal neorealismo al

miracolo economico, vol. III, Edizioni Riuniti, Roma, 1993, pag. 18-38. cit. 14

Cfr. Nila Noto, I beati Paoli, cit

13

proprio mentre Maria Stella decide di riprendersi il suo bambino e di dare fiducia

al giovane.

Grazie alla trama coinvolgente e drammatica, il film riscosse un discreto successo

di pubblico e i vertici dell‟OFS decisero nei film successivi di trascrivere

cinematograficamente alcune storie della narrativa tradizionale siciliana.

Il secondo film fu I cavalieri delle maschere nere, seguito da Il principe ribelle,

entrambi ispirati alla famosa vicenda palermitana, “I beati Paoli”. Entrambi i film

furono girati in grande economia, per far fronte alle richieste di pagamento dei

prestiti del Banco di Sicilia, furono infatti riadattati costumi e scenografie e vi

recitarono i medesimi attori, tra cui Otello Toso, Lea Padovani, Mariella Lotti,

Mario Ferrari, Umberto Spadaro, Massimo Serato; mentre per le riprese in interni

furono riutilizzati gli stabilimenti dell‟ex Sicania Film.15

I film comunque non riescono a sublimarsi da una storia banale e anche se la regia

di Mercanti è ferma e sicura, il pubblico non apprezzò certo una trama che si

riduce al solito racconto di cappa e spada, quasi ad una battaglia tra bene e male.

Dopo gli insuccessi, vessata da difficoltà economiche, nel 1949 l‟OFS chiuse i

battenti e Pino Mercanti si recò a Roma a cercare fortuna, ma anche nella capitale

non raggiunse mai il successo sperato.16

15

Cfr. Nila Noto e Mario Palumbo, cit. 16

Cfr, Nila Noto e Mario palumbo, cit. Tra alcuni film realizzati da Mercanti ricordiamo, Lacrime d‟amore(1954),

Primo applauso(1957), Ricordati di Napoli(1958), sugli altri film è caduto un velo d‟oblio. Pino Mercanti è morto a

14

I dirigenti del Banco di Sicilia, dopo l‟esperienza fallimentare dell‟OFS, supportati

da alcuni membri dell‟Assemblea Regionale Siciliana, insistevano anche per

ottenere dallo Stato l‟autorizzazione per l‟istituzione di un credito

cinematografico, puntando su proposte di finanziamento per i film che venivano

girati per più di metà nell‟isola.

In particolare fu l‟onorevole Occhipinti, esponente del gruppo MSI, ha presentare

un disegno di legge a carattere cinematografico all‟Assemblea Regionale.

Il progetto del senatore missino prevedeva l‟istituzione in Sicilia di un Alto

Commissariato Siciliano per la Cinematografia, come gruppo interno al

parlamento siciliano, che aveva il compito si sovrintendere all‟esborso dei

finanziamenti, da parte del Banco di Sicilia, fino a un tetto massimo del 60% del

costo totale del film, da restituirsi nell‟arco di due anni. L‟alto Commissariato

aveva il diritto di controllare l‟andamento del film e di ritirare il contributo qualora

il film e la produzione non davano garanzie di recuperabilità; era previsto anche

l‟obbligo di assumere maestranze, tecnici, generici, comparse, attori di secondo

piano siciliani, per un minimo di tre quarti sul complessivo totale della troupe e

l‟obbligo di girare almeno il 70% di interni ed esterni in Sicilia.17

È facilmente immaginabile infatti come l‟utilizzo della Sicilia come set per

numerosi film stuzzicasse l‟appetito di imprenditori locali, che pensavano di

sfruttare al massimo la situazione per trarre più guadagno possibile.

Roma il 3 settembre 1986. Cfr. Gregorio Napoli, Pino Mercanti, l‟utopia di un cinema tutto siciliano, in Callisto

COSULICH, op. cit. 17

Cfr. Lucio ROMEO, Il cinema siciliano gallina dalle uova d‟oro?, in Cinema, vol. VII, n. 142, 10/10/1954;

15

Nel 1954, nell‟attesa dell‟approvazione del progetto Occhipinti, infatti era nata

una cooperativa delle industrie e degli imprenditori siciliani, la Sicindustria,

capeggiata dall‟ingegner La Cavera, la quale prevedeva anche una Sezione

Produttori Cinematografici, capeggiata da Alberto Piazza, riconosciuta

dall‟ANICA come unica organizzazione ufficiale adatta a risolvere i problemi

della produzione cinematografica in Sicilia. La sezione cinematografica avrebbe

avuto il ruolo di “studiare i problemi economici e tecnici della produzione

cinematografica in Sicilia, promuovere ogni iniziativa atta a favorirne il

potenziamento e la realizzazione, favorire ogni intesa che serva a regolare, nel

comune interesse, i rapporti fra le società associate, svolgere opera di propaganda

per la diffusione in Italia e all‟estero dei film prodotti dalle case associate”18

.

Il progetto di legge del senatore missino riscuoteva il favore dei lavoratori, poiché

per prima cosa avrebbe creato occupazione, con l‟imposizione delle maestranze

locali, per numerosi siciliani, che nel frattempo si erano costituiti

nell‟A.S.L.P.C.A., Associazione Siciliana dei Lavoratori della Produzione

Cinematografica e Affini.19

Il progetto Occhipinti del 1954 non venne approvato dall‟Assemblea Regionale,

per motivazioni politiche, poiché presentato da un esponente missino. Nessuno dei

membri dell‟Assemblea, pare, fosse a priori contrario alla legge, ma molti fecero

18

Alberto Piazza in Lucio ROMEO, Il cinema siciliano gallina dalle uova d‟oro?, cit. 19

Cfr. Lucio ROMEO, cit.

16

parecchie riserve sull‟eventualità che l‟approvazione del progetto avrebbe

determinato un‟apertura a destra in seno all‟Assemblea Regionale.

Il Banco di Sicilia non ottenne mai l‟autorizzazione all‟istituzione del credito

cinematografico e la Banca Nazionale del Lavoro rimase in Italia l‟unica ad averlo

istituito.20

Molte case i produzione sorsero in quegli anni e altre sarebbero nate nel decennio

dopo: la Messina Film dei fratelli Angelo e Edoardo Pocobelli, la Faro Film di

Giordano Corsi, Michele Nesci e Enzo Mirabile, famosa per aver prodotto La

spiaggia di Lattuada e Amore in città, film ad episodi ideato da Cesare Zavattini,

entrambe messinesi; la Juventus Film , prima e la X-Film poi di Ugo Saitta, la

FilmArte di Ugo la Rosa, l‟Epica Film che intervenne con dei capitali per la

produzione de Lo sceicco bianco di Fellini, l‟Adria Film di Micio Sanfilippo e

Nunzio Saitta, cugino di Ugo, la Kefa Film di Giuseppe di Francesca e molte altre,

alcune sorte per sfruttare la facile congiuntura economica, altre perchè esperimenti

di nobile ingegno, ma tutte destinate, dopo pochi anni, a fallire21

. Tra tutti non va

dimenticato Vittorio De Seta, il poeta solitario che cominciò a lavorare dalla

seconda metà degli anni ‟50. Il suo operare esula però dal precedente elenco di

20

La sezione autonoma per il credito cinematografico fu istituita presso la Banca Nazionale del Lavoro il 14

novembre 1935, con R.D.L num. 2504, con lo scopo di “aiutare e promuovere l‟industria cinematografica

nazionale, mediante la concessione di finanziamenti ad enti, società e singoli privati, che svolgono attività nel

campo della produzione, commercio e sfruttamento di pellicole cinematografiche nazionali”; il credito

cinematografico stabiliva una copertura fino al 60% del preventivato costo di produzione del film; Cfr. Massimo

MIDA, Lorenzo QUAGLIETTI, Dai telefoni bianchi al neorealismo, Edizioni Laterza, Bari, 1980 e Lorenzo

QUAGLIETTI, Storia economico-politica del cinema italiano 1945-1980, Editori Riuniti, Roma, 1980, pag. 82. 21

Cfr. Sebastiano Gesù ,La Sicilia della memoria. Cento anni di cinema documentario nell‟isola , cit.

17

case di produzione cinematografica, poiché egli preferì sempre lavorare da solo ed

essere egli stesso il produttore del suo lavoro cinematografico.

È questo il contesto storico-cinematografico in cui va inserita la vicenda della

“Panaria Film”, che, tra tutte le piccole case di produzione sorte in quegli anni in

Sicilia, sarà quella che avrà una produzione migliore, più stabile e di maggior

risonanza, a livello nazionale e internazionale.

Con l‟eclissarsi delle piccole società di produzione cinematografica, con

l‟arrivismo di certe mentalità imprenditoriali locali e non, la Sicilia perde la sua

battaglia con la cinematografia nazionale, e, anche se è forse esagerato parlare di

battaglia, resta comunque l‟amaro di una sconfitta.

Il cinema italiano e internazionale ha continuato e continua a rappresentare la

“Trinacria” con gli stessi luoghi comuni e immagini stereotipate di lupare,

coppolle, scialli neri, omertà e mafia.

Solo pochi artisti si sono avvicinati con intelligenza alla terra siciliana, tra tutti

Pietro Germi, Francesco Rosi, Vittorio De Seta, Francis Ford Coppola, e pochi

altri della nuova generazione, Giuseppe Tornatore, Pasquale Scimeca, Marco

Tullio Giordana. La maggior parte degli autori cinematografici negli anni non ha

fatto che sottrarre alla Sicilia la sua anima più viva , più intima e più fiera,

cogliendo per lo più quei canoni e luoghi comuni socialmente accettati e

facilmente comprensibili, oggetto di derisione e disprezzo da parte di un pubblico

distratto, modellati e ripresi da un film all‟altro, così difficili ormai da estirpare.