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CINEMA ITALIANO Paesaggi del Cinema Docente: Piero Di Domenico

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CINEMA ITALIANO

Paesaggi del Cinema

Docente: Piero Di Domenico

!

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

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queste figure con 10 sguardo 0 1a mente rivolti 10ntano? Che cosa Iiattira in quella visione stregata, oltre il velo delle forme? In questeimmagini iJ paesaggio non sembra guardato come oggetto di piacere,sembra piuttosto una soglia che trascina l'uomo a1 di 1a di se stesso,verso i1suo trascendimento, e anche a1 di 1a del comune sapere, ver-so cia che appare inconoscibile. Sonnecchia in queste immaginil'idea che il paesaggio sia certamente i1vertice della cultura, rna nellostesso tempo anche l' opposto, un limite, una specie di fragile tenda 0di affresco, dietro i1qua1e soffia ancora i1vento freddo di un mondosconosciuto.

Questo certo basterebbe anche da solo a motivare uno studio delpaesaggio nel cinema, se non ve ne fossero altri. La presenza di unosservatore, che e parte essenzia1e del paesaggio stesso, implica unriferimento all'atto del guardare che, se nella 1etteratura e nella pit-tura e ricorrente, nel cinema moderno econtemporaneo diventa es-senziale, costitutivo del1inguaggio stesso, fattore del senso ultimo eprofondo a cui puo essere ricondotta ogni opera cinematografica. Ilpaesaggio e un'esperienza, non un oggetto autonomo, e studiarlo si-gnifica studiare una cultura, i1 suo modo di costruirsi 10 spazio, dirapportarsi a se stessa, quel rapporto fra il nota e l'ignoto che abi-tua1mente chiamiamo «mondo».

Ne1 cinema, paesaggio significa non solo rapporto fra personag-gio e spazio, fra uomo e mondo, ma anche rapporto fra diversi livellidi sguardo; c'e l'osservatore, che e un personaggio, e 1a cinepresa,che osserva l' osservatore. Si artico1a un gioco piu comp1esso di puntidi vista, e quando tale rapporto si propone come confronto fra duesguardi, fra due punti di vista, il paesaggio cinematografico diventapunto di partenza per una riflessione non solo suI cinema, ma impli-citamente anche sull' atto del guard are inteso come atto conoscitivo.Dietro l' osservatore e dietro 1a cinepresa pero un aitro sguardo sta inagguato, nell'ombra, quello dello spettatore, che organizza e struttu-ra il suo rapporto con il film secondo codici e modelli culturali sem-pre diversi, nello spazio e ne1 tempo: la ricezione delle opere cambiasempre. La stereoscopia di questi sguardi, 1a dis10cazione reciprocadi questi punti di vista non va trascurata; riflettere suI paesaggio si-gnifica anche riflettere su tre esperienze visive: 10 sguardo dei perso-naggi dentro zlJiLm, La sguardo deLJzlm, 10 sguardo della spettatore suifilm. Sono tre differenti atti di cultura che vanno confrontati e di-stinti e che la critica 0 anche l'analisi del film a vo1te hanno confu-so in un unico 1ivello, attribuendo a1 testo cio che appartiene spesso

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IL PAESAGGIO COME FORMA SIMBOLICA

al personaggio 0 a110spettatore, al critico, all' analista, ruoli che soloin tempi pill recenti sono stati studiati nella loro correlazione auto-noma8.

A questa molteplicita di sguardi va aggiunto cia che caratterizzail cinema, 1a sua struttura tecnica. II cinema e un sistema di rappre-sentazione che funziona nello stesso modo della mente umana, comediceva Munsterberg9

; ma si puo aggiungere che e potenzialmenteuno strumento per ripensare il mondo attl-averso 10 sguardo, poichei1 cambiamento dei punti di vista (montaggio) e i1 loro slittamento(movimenti della cinepresa) incarnano tecnicamente il movimentodello sguardo e del pensiero, la possibilita di guardare una cosa damolti Iati, di avvicinarsi e allontanarsi, di allontanarsi anche da sestessi e di guardarsi attraverso il rapporto fra Ie immagini. Questomovimento e i11avoro stesso della fi10sofia, una continua uscita da sestessi, dal proprio punto di vista, per studiarsi dall' esterno. Possiamoguardare 0 guardarci dal punto in cui poco fa stava un oggetto, op-pure una parete, 0 una roccia deserta. Eppure, 10 stu pore di questeprime esperienze e stato ben presto dimenticato e il cinema e statousato solo per raccontare storie, per intrattenere, per costruire spet-tacoli. Niente di male, anzi spesso il cinema pensa attraverso 10 spet-taco10, ne fa un sistema di rappresentazione di secondo, terzo 0qua~to livello, sfidando anche i pensieri piu complessi.

E appunto questa stratificazione, questa complesso gioco deipunti di vista che mette in luce, nella nostra esperienza visiva, 1adia-lettica di due movimenti simultanei: quello del vedere e quello delguardare. In un film di Franc;:ois Truffaut, Ii ragazzo selvaggio (1970),i1 dottor Itard che ha in cura il piccolo Victor, trovato nella foresta,10visita, si accorge che non reagisce alle voci umane e dice: «Ci sentesenza asco1tarci, come guarda senza vedere. Noi gl'insegneremo adascoltare e a vedere» (<<Ilnous en tend sans nous ecouter, de memequ'il regarde sans voir. Nous lui apprendrons a ecouter et a voir»).Questo e il compito del sapere, della cultura. La nostra capacita di

8 II riferimenw va, obbligatoriamente, ai cultural studies che, come vedrelllo piLI avanti,sono stati fra i prillli a porre in rilievo illllomento determinante della ricezione, e l'importanzadi studiare i codici e Ia cultura degli spettatori, per comprendere il contesto dentra iJ qualesi coUoca ogni film (efl'. infra); rna non solo a quelli, poiche nell'opera il rapporto con il conte-sto e iscritto anche dentro Ie immagini e sono Ie immagini stesse a indicarci Ia complessita eliquesta rete relazionale Era testa e contesto, fra soggetto e mondo. Anche 10 studio dello stile,infatti, come vedremo, e un cultllral stud]!.

9 Cfr. I-I. Munsterberg, Flim. II cinema muta l1el 1916, Parma, Pratiche, 1980 (titolo orig.Tbe Pbotoplay. A P,ycbological Study, 1916),

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

che pochi anni dopo utilizzera Leopardi per la sua visione ben pillmoderna della naturalO.

La poesia di Leopardi L'ln/zmto e alcune pagine delle Operettemorali ci permettono di ritornare su questo dubbio. L'zl1/z'l1ito mettein scena uno «sguardo escluso»ll che, nella contemplazione del pae-saggio, trova un ostacolo, la siepe. La poesia e costruita su questaparadosso: il poeta e pienamente consapevole della necessita di unvelo che, limitando la capacita dello sguardo, allarghi il regno dellapossibilita: Solo l' esistenza di questa sbarramento consente allosguardodi vagare, di aprirsi sull'infinito. S'intravede un mondo mi-sterioso la cui caratteristica e il silenzio, l'assenza di qualunque dise-gno, il «male nell' ordine» potremmo dire, rubando la definizione diun critico contemporaneo che vede nel pensiero leopardiano un'ar-chitettura di paradossi e di contraddizioni profonde, ben al di la del-la poetica romantica 12.La concezione leopardiana della natura sichiarisce nel Dlalogo della Natura e dl un islandese. Un uomo che si espinto fino all' equatore incontra la natura stessa nell' aspetto di «unaforma smisurata di donna seduta in terra, col busto ritto, appoggiatoil dosso e il gomito a una montagna»J). Alle domande petulanti equerule, peraltro tutte legittime e razionali, dell'uomo, che la inter-roga suI perche di un' esistenza cOSIsofferente come quella umana, lanatura risponde facendolo sbranare da due leoni.

Ci stiamo avvicinando alla concezione moderna della natura, co-me viene delineata da un altro poeta, Rilke. Siamo ormai agli antipo-di della proposta di Ritter: la natura (che Rilke chiama alternativa-mente anche «il Dio») viene vista ormai nella sua radicale estraneita.In Worpswede, il paesaggio e «estraneo, non familiare, incomprensi-bile». Di ritorno dalla Russia, dov'e state colpito dall'intensita del-l'afflato religioso popolare, Rilke concepisce l'idea della natura comedivinita oscura e sfuggente: «Dio e l' oscurita da cui provengo»I~. So-lo grazie allo sguardo dell' artista, che e come quello del bambino (ri-

10 La citazione del Foscolo e il riferimemo a Leopardi sono in S. Romagnoli. Spazio pitto·rico e spazio letterario da Parini a Gadda. in Storia d'Ttaiza, Annali n. 5 II paesaggio, a Cura di C.De Seta. Torino, Einaudi, 1982, p. 438.

II CEr. G. Bertone, Lo sguardo csclu.w L'/deo eli paesaggio nella letteratura occidentale,Novara, Interlinea edizioni, 1999, pp. 218 ss.

12 Cfr. L. Baldacci, Il171ale"eftord/ne. Sm'tti leopardlani, Milano, Rizzoli, 1997. pp. 11 ss." G. Leopardi, Operette Morali, in rd, Prose, a cura di G. Ferretti, Torino, UTET, 1961,

p.119.14 R.M. Rilke, Libra d'ore, in Id., Poesie (]895·1908), a cum di G. Baioni, Torino, Einau-

di-Gallim'lrd, 1994, p. 112.

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GUARDARE IL PAESAGGIO: L'ESTETICA E ANCHE UN'ETICA

pensiamo al fanciu11ino pascoliano), l'uo111oS1 avvicina a questa enti-ta immensa. Nasce COS1 in Rilke il concetto di «Aperto» 0 di «Aper-tura» (<<dasOffene») che prendera carpo nelle EZegie Dulnesz' e cheDeleuze riprendera nella sua teoria del cinema, osservando che Ie im-magini in movimento mostrano solo e sempre frammenti di una com-plessita irriducibile, inafferrabilel5. Secondo il poeta austriaco infatti,il paesaggio e parte di un tutto che non si puo mai mostrare. L'uomonon sta dzjrol1te alla natura come si credeva, ma vi si trova dentro, va-ga in essa come un animale, come un bambino; com incia a compren-derla, paradossalmente, quando non la capisce piu, quando se ne tro-va escluso: «Si e spaventosamente soli tra gli alberi che fioriscono e trai ruscelli che scorrono. [".J Da soli, in compagnia di un cadavere nonsaremmo cosi abbandonati come da soli in mezzo agli alberi»16.

Questa relazione ambigua, proposta dai poeti, fra uomo e mondoritorna in molti scrittori del N ovecento, ad esempio nella riflessione suI«sacro» di Bataille, Per il filosofo francese, gli animali vagano ancoradentro il monda come in una liquida essenza, dove ogni cosa fluisce nel-]'altra, la vita scivola nella morte e la morte nella vita, una totalita fluid ada cui l'uomo si e inesorabilmente distaccato con il processo di cultu-ra. La perdita del sacro, caratteristica esperienza dell'uomo moderno,non esc1ude pero la sua presenza assessiva, insistente, ricorrente, percui l'uomo, privato di questa esperienza, inventa e cerca continuamen-te dei surrogati, come la religione, ilpotere, la festa, il sacrificio, evitan-do tuttavia di gettarsi di nuovo dentro la forza distruttiva e creativadel sacra che Bataille identifica con la natura e con il suo mistero 17.

15 Cfr. G. Deleuze, L'image-mouuement, Paris, Minuit, 1983, pp. 20 ss. Deleuze fa deri-vare il concetto di «Aperto» da Bergson (L'evolution ail/trice, 1907). La storia di questa con-cetto e lunga e complessa: dopa Bergson venne rielaborato da Rilke (VIII Elegla Duinese,1922: «Mit allel1 Augel1 sieht die Kreatur / das Offel1e», \IV. 1-2) e vel1l1e poi ripreso nuova-mente da Heidegger, l1ello scritto Percbe i poeti), cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, Firel1-ze, La Nuova Italia, 1950, pp. 263 ss., dove il filosofo tedesco sostiel1e che secol1do Rilke l'uo-mo sta di frame almondo, contrapposto ad esso, mentre I'animale ci sta dentro.

16 Secondo Rilke, I'3rte antica non conosceva paesaggi e quella cristiana usava il paesag-gio come specchio dell'uomo; Leonardo per primo nella storia dell'occidente avrebbe guarda-to al paesaggio come a cia che e umana e non ul11ano nella stesso tempo; fatto di «lol1tananzevaste come il futuro imperscrutabile», il paesaggio leonardesco appare a Rilke come ilmezzoper esprimere «un'esperienza quasi ineffabile: 13 tristezza». Altri pittori, come Ruysclad, han-na gum-dato la natura possente, grande, indifferente: qui, in mezzo a queste immagini della l1a-tura, l'uomo 110n vaJe pill di un albero, ma «grande e il valore di un albero». Cfr. RM. Rilke,Del Paesagg/o, in rd., \17orpswede. I postimpressiollt~,ti tedescbi e la pittt/l'a dipaesagglo, trad. it.eli A. Iadicicco, Milano, Gallone, 1998, p. 8.

17 G. Bataille, Le saere, in rd., Oeuvres completes, Paris, Gallimard, 1971, vol. I, pp. 559-563, trad. it., Teorta della reiigiol1e, MiJal1o, SE, 1973, pp. 29-39.

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

PAESAGGIO COME «SKENE». ANTROPOLOGIA, ESTETICA ED ETICA

Eccoci ai giorni nostri. 11paesaggio appare ormai profondamen-te diverso dall'esperienza romantica 0 dalla rivelazione estetica de-scritta da Ritter. Ilpaesaggio armonioso, oggetto di un rapporto eti-co-estetico, sembra piuttosto un artificio, una scenografia stesa sopraIa parte misteriosa della natura, una proiezione dell' animo umanasopra un oggetto che era e rimane sconosciuto e strano. Non che aconoscere, scopriamo i Iimiti della conoscenza; in luogo del godi-mento, sperimentiamo l'incertezza 0 la paura. L'uscita nel paesaggionon e sempre un momento di distaccata contemplazione, di maturaconoscenza 0 di proficuo rapporto con la totalita, come proponeRitter. Al contrario, spesso questa uscita, come abbiamo visto, aprel'occhio dell'osservatore su aspetti turpi e tenebrosi (Goethe) oppu-re logici e cattivi (Leopard i) 0 an cora indifferenti (Rilke) della cosid-detta «natura», 0 segna semplicemente un ritomo della confusione 0un accavallarsi infinito di forme. Dietro il kaos dei fenomeni appareilkosmos, rna dietro questa kosmos si rivela di nuovo il kaos.

11paesaggio allora non mostra rna nasconde la natura, e solo unasimulazione del nostro possibile rapporto con questa. Anzi, potrem-mo dire, accentuando questa aspetto coereitivo, ehe il paesaggio euna masehera imposta dall'uomo alIa natura, bella rna pur sempreeostrittiva, una violenza estetica. Se Ritter ignora questa carattere fit-tizio, noi non possiamo naseondereelo e possiamo anzi dire con eer-tezza, riprendendo an cora Humboldt, ehe 1a nozione stessa di pae-saggio nasce come quadro, composizione pittorica 18 Ogni veduta dipaesaggio classica e una rappresentazione orehestrata intorno a unpunto di vista centrale, quello dell' osservatore, costruita per lui e in-tomo a lui; e una conferma della centralita dell'lo.

E vero che possiamo vedere 1anatura solo con l' ausi1io delle forcme, rna Ie forme sono culturali e di fatto ci impediscono di vedere a1di la di esse (paradosso). Oramai sappiamo che il paesaggio e sceno-grafia, pittura, immagine menta1e. La domanda e allora: che eosa c'edietro il quadro?

18 M.C. Ropars, L'dge du paysage (Re/lexion estbrftlque et representation paysagere),Lyon, I-Iorlieu, 2000, pp. 8 ss. Cfr. anche P. Thompson, Le paysage comme fiction, in «Revuedes sciences humaines», t. LXXX, n. 209, janvier-mars 1988, pp. 9 ss. Questa numero monogra·fico della «Revue des sciences humaines» e dedicato inreramente aJ paesaggio. Per quanta riogUal'da il paesaggio dal punta di vista di un pitrOl'e romantico, efr. anche C.D. Friedrich, Saittlsul/'arte (1830), Milano, SE, 1989.

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GUARDARE IL PAESAGGIO: L'ESTETICA E ANCI-IE UN'ETICA

Se veniamo alIa prospettiva modema, fenomenologica, troviamoinvece che Ia natura non viene piu definita come un mondo a se stan-te, nascosto dietro il reale, rna come un vasto campo di possibilita:«l'ambito complessivo dell'esperienza possibile»19. Siamo gia, con que-sta prospettiva, oltre la cultura della crisi. Se la cultura della crisi ha co-me punto di approdo il vuoto, Ia scomposizione, 10 smarrimento delsoggetto, la fenomenologia accetta il gioco della riduzione, del ridi-mensionamento, si adegua aIle incertezze, propone un concetto direalta molto piu vasto di quello tradizionale, in cui il reale e costituitonon solo dall' attuale (quello che vediamo) rna anche dal possibile(quello che non vediamo). La visione paesaggistica non e piu una pro-posta etica nel senso delineato da Ritter, rna appare come uno stru-mento di dominio, una maschera, una gabbia imposta dalla cultura oc-cidentale alla differenza, all' alterita della natura. II connubio 0 la com-plementarita fra arte e scienza sognati dai romantici e la concezionedell' arte come conoscenza non possono salvarci dalla consapevolezzadella nostra posizione periferica. La modernita e solo l' apertura uffi-ciale di questa crisi: oecorre rinunciare all'idea cartesiana di un sogget-to fO,rte,di un pensiero, di uno sguardo dominatore20.

E da qui, dalle contraddizioni inerenti al modello romantico e aquello moderno, dal contrasto fra il paesaggio-giardino (che propo-ne una natura piacevoIe, rassicurante, godibile) e il paesaggio-selva(oscuro, impenetrabile, minaccioso), 0 anche dalle contraddizioniinerenti al concetto di «natura» che vorrei partire. Lo scopo di que-sto percorso sara individuare i punti di crisi, di rottura della rappre-sentazione classica, i punti in cui nel cinema, come nella poesia 0

nelle altre arti, si frange questa centralita e compattezza del soggettoche sta al centro della visione, si moltiplicano i punti di vista, i saperie Ie forme possibili di rapporto con ilmondo.

L'idea che muove questa ricerca e dunque il paesaggio come for-ma simbolica attraverso cui si esprime una cultura, Ia nostra; un'ideache collega la ricerca estetica con quella antropologica e filosofica.Molti filosofi in tempi recenti ribadiscono la necessita di vedere nel-l'arte non la produzione del bello, rna uno strumento di riflessionesuI rapporto uomo-mondo. E stato Bateson, padre dell'epistemolo-

19 eEr. E. Husser!, Idee per una fenomenologlO pura e per una /iloso/zo fenomenologica(950), Torino, Einaudi, 1965, p. 401.

20 La Dlot/rica di Cartesio (1637) e la concezione occidentale della rappresentazione so-no fondate sulla distinzione radicale fra un soggetto che guarda e un oggetto guardato. La fe.nomenologia critica proprio questa madello di conoscenza.

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

gia modema e del concetto di «complessita», a riproporre nel 1979una concezione dell' arte che confina con l'antropologia, con lascienza e indirettamente anche con il senso del sacro di cui ho parla-to. 11problema estetico diventa per lui un problema di nessi, di col-Iegamenti, di relazioni, un problema conoscitivo; l' arte va intesa co-me sistema delle relazioni: «Per estetico intendo sensibile alla strut-tura che collega [...J. In che modo siete in relazione can questa creatu-ra') Quale struttura vi collega can essa?» (il cOl-sivo e dell'autore). Ri-cerca estetica significa ricerca della struttura cbe collega Ie altrestrutture. Nella storia universale, osserva Bateson, vi sono state innu-merevoli visioni del mondo, diverse e contrastanti, ma tutte hannosostenuto l'idea di una unit a di fondo e hanno sostenuto anche«l'idea che quest'unita di fondo e estetica»; per cui l'uniformita diquesti pareri fa sperare che il grande potere della tecnica «non bastiper negare l'idea di una bellezza unificatrice fondamentale». 11 filo-sofo americano tuttavia non propone certamente un ritomo allegrandi misticbe del passato, non vuole costruire un sistema nuovoper rimpiazzare il senso perdu to dell'unita, sostiene semplicementela necessita di cercarla, questa unita: «10 mi attengo al presuppostocbe l'aver noi perduto il senso dell' unita estetica sia stato un erroreepistemologico»21.

IT Quanta importanza abbia il paesaggio in questa ricerca dell'uni-ta dentro il cinema italiano, 10 vedremo di volta in volta nel nostroviaggio, ma Forse e utile anticipare qualcosa in generale. Abbiamo vi-sto come esso sia una pura scenografia, un'immagine mentale; nellariflessione di Ritter e quasi descritto come un dispositivo di proiezio-ne cinematografica (<<unita nella distanza»). Questa tram a, questascenografia si rivela fragile, sottile, non resiste agli assalti di unosguardo ri£1essivo. Accade infatti nel cinema Italiano che questa tra-ma si rompa. La visione paesaggistica va oltre il paesaggio. Occorreallora cercare un'altra unita, costruita su presupposti diversi da quel-Ii classici cbe ponevano 1'uomo al centro di un cosmo fittizio, ma sitratta di cercarla, non d'inventarla.

Consideriamo per esempio Ie immagini del parco notturno diBlow up, che sono Forse il punto culminante di questa crisi del pae-saggio, in cui il protagonista, come vedremo, cerca quelJo cbe nonpUG trovare, 111atl-ova quello che non cerca; oppure una sequenza

21 Cfr. G. B8reson, Menle e natura (1979). Mi18no, Adelphi, 1984. pp. 23 e 34 SS. 1 COI'SI-

vi sono dell'au[ore.

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GUARDARE IL PAESAGGIO: L'ESTETICA i ANCHE UN'ETICA

parallela a questa, anzi precedente di due anni, ma straordinaria-mente simile, tanto da suggerire che Ie scene di Blow up siano stateispirate da questa: mi riferisco alIa straordinaria passeggiata nottur-na di Andrew e Gianni a Volterra, in Vaghe stelle dell' orsa... (1965).Entrambe derivano, come vedremo, dalla salita di Ingrid Bergmanalle rovine del tempio di Apollo, in Viaggio in ftalia (1954). In tuttequeste scene non si vede alcun paesaggio, tuttavia questo grado zerodi visibilita corrisponde alla fortissima sensazione di una presenza; 10sguardo dei personaggi e dello spettatore e a Fuoco sull'invisibile.

C'e nel cinema Italiano un dialogo talmente intenso fra cerri filmche permetterebbe di considerarli quasi tutti un macrotesto, operadi un soggetto collettivo pill che di singole poetiche. Questo sgllardonon e autoriale, e pillttosto superindividuale, culturale, e frutto di unperiodo storico piu cbe di ogni singola poetica. Negli stessi anni, dal1949, Rosario Assunto cominciava a deprecare la perdita del sensoestetico e del senso etico nel mondo della tecnica, con i primi articoliche sarebbero con£1uiti poi nellibro suI paesaggio del 1971, destina-to a rimanere famoso come grande requisitoria contro la cultura in-dustriale. Sono scritti certamente troppo uniJaterali, ma devono ave-re ispirato molti film di Antonioni e di aItri autori22 Sottolineandocome la nostra societa, an cora prima dello svilllppo consumistico de-gli anni sessanta, sia fondata suI «rifiuto dell' estetica come esperien-za dell'assoluto», Assunto distingue tre diverse dimensioni te111pora-Ii: il «tempo della natura», ciclico (di cui possiamo trovare an cora Ietracce nel paesaggio), il «tempo della Storia», che troviamo incrosta-to nelle citra e negli strati di tempo ivi condensati, e infine il «tempodell'industria», caratterizzato da una linearita puramente quantitati-va che si misura in termini di prodotto e di guadagno. Come si vede,per Assunto non e il tempo storico a essere Iineare e unidirezionale,111aquello industriale, che viene spesso confuso erroneamente con iltempo storico; quindi non sono natura e storia che si oppongono,ma natura e industria23 In questo, il filosofo italiano e molto vicinoalJa prospettiva delineata da Benjamin nelle sue tesi sulla filosofiadella storia, per cui la Storia e coinvolta in un duplice movimento,quello lineare e quello ciclico messianic024.

22 efr. R. Assunto, 11 pae.raggio e f'c.rtelica (1971), vol. I, Palermo, Novecento, 1994, inparticolm-e Prcl77es.ra e dcd/ca, pp. 7 SS. T utte Ie prossime citazioni di ASSllnto faranno riferi·menlO 811'edizione del 1994.

23 Cfr. ibid, pp. 62, 106-107.2·' \:1,1. Benjamin, AngeLus Novu.r. saggl e jraml71C17ti, Torino, Einaudi, 1962, pp. 75 SS.

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

A partire da queste osservazioni preliminari, potremmo forsemeglio comprendere anche quella straordinaria coalescenza di Mitoe Storia che caratterizza Ie opere di Visconti come Ossessione oppu-re La terra trema. 11reale diventa un concetto multiplo, complesso,che non comprende solo il sensibile e l'attuale, ma anche Ie loro con-tinue trasformazioni nella sfrangiarsi dei punti di vista.

Le riflessioni di Assunto sono, a dire il vero, molto sbilanciateverso la nostalgia del sacro, della grazia, del sublime, mentre il cine-ma di Visconti, Rossellini, Antonioni ha una posizione a volte addi-rittura pill ricca e complessa di quella del filosofo. Quel senso del sa-cro, del sublime 0 dell'infinito - la natura - che per Assunto e solouna ricchezza perduta, diventa spesso nel cinema italiano qualcosadi grande ma terribile, di affascinante ma pericoloso. Pasolini stessoha dato la piu bella definizione di questa grande ambiguita della na-tura. In Medea il centauro che educa Giasone, dopo avere lamentatola perdita della santita del mondo e il trionfo della ragione, dira subi-to dopa: «li sacro e anche una maledizione». Non si tratta di vederenella natura solo una felicita perduta, ma anche la mone e i terroriancestrali felicemente cancellati dalla ragione. Vedremo cOSl che lamaniera di rapportarsi aI mito e nel cinema italiano piu riflessiva epili consapevole di quanto non si creda.

Paesaggio non e dunque da intendere solo come tema iconogra-fico comune al cinema italiano, che sarebbe ben poco (non bastereb-be scoprire quanti pittori sonG citati in un film di Antonioni 0 di Vi-sconti), ma soprattutto come problema culturale estetico-antropolo-gico. Nel cinema italiano molti personaggi spesso si fermano a guar-dare il paesaggio; in certi film addirittura sembra che non faccianoaItro dall'inizio alla fine. Che cosa cercano? Se stessi, un'identitaperduta? Oppure l'unita di un mondo anch' essa ormai rimasta pocopili che un ricordo? Sotto 10 stimolo del problema paesaggistico,l' estetica sconfina direttamente nell' antropologia, ci conduce a riflet-tere sui limiti della cultura, del nostro sapere, diventa un problemadi conoscenza e di limiti della conoscenza, e diventa quindi anche unproblema etico.

Infatti, se il paesaggio e una forma, una «composizione» (<<com-positio» diceva Alberti parlando della prospettiva) ordinata e so-vrapposta al mondo25, scompaginare il paesaggio diventa un modo

25 Per il concetto di «composizione» dello spazio, coniato da Leon Battista Alberti nelsuo trattato sulla pittura, e per la sua affermazione contro la pittura che precedeva la composi·

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GUARDARE IL PAESAGGIO: L'ESTETICA E ANCHE UN'ETICA

per liberare il visibile, riaprire i giochi e rilanciare il movimento dellaconoscenza, per cercare di vedere 0 almeno intravedere cia che stadietro Ia scenografia e che non abbiamo mai voluto conoscere.

11 cinema ci puo aiutare in questo compito etico di riconosci-mento della compIessita edell' alterita del mondo rispetto aI nostro,pur importante, sapere.

zione prospettica, efl'. M. Baxandall, Giotto e gli tlmanisti (1971), Milano, Jaca Book, 1994, inparticolare jJ capitolo Alberti e gli tlmani.,!i. La «compositio», pp. 163 55., e, soprattutto, Ie ri-

'~ f1essioni generali in M. Baxandall, Forme del/'intenzione. Stilla spzegazione stonca delle opered'arte, Torino, Einaudi, 2000,

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

sunta in un pet-corso che va dai luogbi allo spazio e poi di nuovo dallospazio ai luoghi, 111anon luoghi spogli e senza storia, come nelle ori-gini, bensl luoghi risonanti di molte storie possibllz. In effetti, saraproprio il cinema Italiano a raccogliere questo insegnamento. Siamoarrivati aIle porte del Neorealismo.

r 5) IL TEMPO DELLA RIFLESSIONE

Se il cinema americano oscilla sempre incerto fra mito, perditadel mira e nostalgia 0 invenzione di nuovi miti, per altre culture iltempo passa pill in fretta, con esso passa anche l'eta dei miti, l'infan-zia del cinema. La seconda guerra mondiale segna uno spartiacqueper tutto il Novecento. Riprendendo la frase di Ibsen che ci fa daguida, potremmo dire che anche per il cinema «e finito il tempo deigiochi», comincia il tempo della riflessione, e il tem po della riflessio-ne e i1 Neorealismo. Nascono nuovi tipi di cinema e nuovi modi diguardare.

Questi sguardi riflessivi che trovano con il Neorealismo la loroporta d'ingresso nel cinema, non sonG senza rapporto con il contestastorico e culturale. La societa europea nel dopoguerra va incontro atrasformazioni profonde, 10 svilu ppo dell'industrializzazione esaspe-ra la separatezza fra il soggetto (1'uomo) e l'oggetto (il mondo), fa delmondo un oggetto di dominio, una cos a morta. In Italia, come hadetto, Ie trasformazioni prodotte dalla cultura industriale e daU'in-dustria culturale sono simili a queUe del mondo europeo ma anchedifferenti. Accade spesso cbe il nuovo si unisca con l'antico, che ar-caico e moderno coesistano, creando formazioni ibride che in altripaesi non sopravvivono. L'Italia e il paese in cui tutto cambia matutto rimane com'e, se n'erano accorti gia prima del principe di Sali-na alcuni scrittori che amavano il mistero italico proprio per questa,come Stendhal, 0 Henry James, 0 studiosi come Bachofen: «Ie gentie Ie citta dell'Esperia paiono avere conservato fino a oggi nell' ambitoreligioso stadi di vita altl-ove scomparsi». Queste parole scritte nel-l'Ottocento sembrano perfettamente indicate anche per l'Italia delNovecentoJ8

In Italia effettivamente i processi industriali non innescano quei

l~ .TJ Bachofen, Iil77alnal'calO. Ricel'c(I Julia gil1ecoCl"azia del mondo anlico IIei .ruoi ospeull'c/tg,ioJi e gillridici (186[), Toeino, Einaudi, 1988. vol. I. p. 25

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TIPOLOGIE

cambiamenti che sembrano produrre in altri paesi europei. Si svilup-pano forme diverse, che potremmo definire sincretiche, di com pat-tazione fra presente e passato. La cultura e segnata da profonde tra-sformazioni e altrettanto forti conservazioni; da una parte c'e l'indu-strializzazione, la nascita del mondo moderno ma dail' altra la perma-nenza del mondo antico molto piu che negli altri paesi europei, elovesuperstizione e religione quasi spariscono. Questa promiscuita cu1-turale, questo stato ibrielo in cui ogni cos a ba due volti, uno presentee attua1e, l'altro remoto e arcaico, produce anche un tipo particolareeli sguardo suI tnondo e in questo sguardo pua essere letta, ritrovata,compresa. II paesaggio e 10 sguarelo costituiscono la forma simbolicaeli questa nuova identita ambigua che 1a societa si appresta ad assu-mere, che non e solo identita ma, naturalmente, anche dis-ielentita:coesistenza di passato e presente, differenza dagli altri ma anche elase: il paesaggio e infatti, per rubare un'altra espressione a WalterBenjamin, un'Zmmagine dZalettica, in cui i1 presente si carica eli pas-sato e viceversa39

. Ne1 cinema italiano, il paesaggio sta spesso difronte all'uomo dicendogli, con Ie parole di Shakespeare ovvero diIago, «io non sono quello che sono» 0, con 1e famose parole di Rim-baud, «io e un altro» (<<jeest un autre»)40

E con il neorealismo che il cinema comincia ad aprire gli occhi,anche se non se ne accorge subito, cominc1a 0 ricomincia a guardarsiintorno, ma al posto del primo stupore c'e ora il disinganno, l'eta deldolore, i1 confro11to fra mito e vita quotidian a, ma anche 1a scopertaprogress iva che dietro la vita quotidiana pulsa an cora il mito e vice-versa, questo acquista forza dal quotieliano. Cia che caratterizza ilneorealismo e, come ha osservato Deleuze, «la montata di situazioniattiche pure»41, ma occorred diverso tempo prima che 1a coscienzadi questo cambiamento nuturi, quando il neorealismo sara gia fini-ta.

In Rossellini e 10 sguarelo di Pina (Anna Magnani) sulJe casebombard ate - quando il carabiniere le chieele: «Sora Pina, ma chedite voi, esisteranno veramente questi an1ericani?» (Roma dttd aper-ta, 1945) - a marcare inderogabilmente 10 sparriacque: una soggetti-

39 Per una analisi del concerto di immagine dialettica in Benjamin, cfr. M. Pezzella, L'il7l-magine dtfllellica. Saggio HI Benjamin, Pisa, ETS, 1982.

40 La dialettica fra Ie due espressiolli «He is what he is» e «I am not what I am» si trovanella tragedia Othello. Entraillbe Ie frasi sono eli ]ago e si rifenscono la prima a Otel10, 1a se-conda a se Stes50.

<I efr. G. DebEe. L'immagine-tempo, Milano, UBULibri, j 985, pp. 1255.

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

va cbe e ancbe un' occbiata furtiva della cinepresa stessa. Oppurecerte panoramiche ansiose, improvvise, come quando arrivano i te-descbi sotto la casa di Pina. Questo e uno sguardo nuovo, una coale-scenza degli sguardi, del protagonist a e della cinepresa cbe vivono lastoria insieme, in essi convergono il profilmico e il diegetico, comedira Bazin, a proposito del cinema di guerra, «la storia cade in pelli-cola», si deposita in forma di occhiate42. Roma CZtta aperta e un filmvecchio e nuovo nello stesso tempo (su questa aveva ragione Flaia-no)43 perche unisce una storia patetica e tradiziona1e con certe oc-chiate, certi colpi visivi, certi movimenti impauriti della cinepresache il cinema non aveva mai conosciut044• Basta poi pensare alle geli-de acque del Po nell'ultimo grande episodio di Paisa (Rossellini,1945), quelle che i paesani di Porto Tolle guardano impietriti dall'ar-gine, con il cadavere che galleggia alla deriva e il cartello «PARTIGIA-NO»; 0 alle stesse gelide acque che i partigiani, catturati e 1egati,guardano dalla barca, prima di annegarvi con un sordo tonfo aHa fi-ne del film, per constatare la presenza della cinepresa, accanto aipersonaggi; anche 1a soggettiva non e piu necessaria, percbe tutto staentrando in soggettiva. Qualche cos a e veramente cambiato, il cine-ma non ha e non potra piu avere «10 sguardo di Cesare» 4S. Il fine-strone del castello diroccato di Maiori (dove fu girato, com' e nota,l'episodio siciliano di Paisa) da cui viene 1amorte per il soldato ame-ricano Joe, proprio mentre sta nascendo il sole suI mare, all' alba, alavisione delle grotte di Mergellina, con la folla infernale dei baraccati,un vero e proprio mondo infero, ctonio, che si rivela all' altro soldatoJoe, nell'episodio napoletano, ci dicono la stessa cosa, cbe 1a sogget-tiva non e piu necessaria, perche la cinepresa sta dentro il mondocbe guarda. Ma il neorealismo non e solo scoperta della realta, e an-

42 efr. A. Bazin, A proposito di «Wby We Figbt», in ld., Cbe cos'?!it cinema?, cit., pp.20 ss.

43 Flaiano scrive: "Ciud aperta e un documento romanzato, e nella sua trama tl"ovanoospitalitil tutti quegli elementi drammatici che sono ormai legati nel ricordo al periodo dell'oc;cupazione nazista di Roma: le razzie, le uccisioni, Ie torture inflitte ai patrioti, la fame e l'attesadegli abitanti, il sacrificio di molte anime nobili, la lotta clandestina. Una sceneggiatura moltoabile ha dato in efficace sommario 13 vita di quei mesi». Cfr. E. Flaiano, in "Domenica», a. II,

n. 39, 30 settembre 1945, ora in A. April, If dopoguerra di Rossellini, Roma, Cinecitta Interna"tional,1995.

44 Cfr. G. Rondolino, Roberto Rossellini, Torino, UTET, 1989, p. 85,45 Lo sguarclo di Cesare e 10 sguardo del narratore onnipotente e onnipresenre che n

cinema di guerra cliventa analogo allo sguardo del potere, La felice definizione e eli Giaim,Alonge, cfr. ld., Cinema e guerra. TIfllm, la Grande guerra e l'immagil1ario bellico del Novecel/,to, Torino, UTET, 2001, pp. 57 ss, ~

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TJPOLOGIE

cbe e anzi soprattutto la scoperta del fatto che dietro la realta c'e dinuovo il mito. Il viaggio del soldato Joe e un viaggio agl'inferi oltreche verso la realta. La lotta dei partigiani nel sesto episodio somigliaa una guerra primitiva, selvaggia, in una natura palustre, misteriosa.Una scoperta che prima e intuitiva, inconsapevole, poi sempre me-no, fino a che sara definitivamente teorizzata da Pasolini, con la suafamosa sentenza: «solo chi e mitico e realistico e solo chi e realisticoe mitico»46, La specificita del cinema moderno consiste proprio nellacoscienza di questo doppio Iivello. Non quindi uno sguardo che sco-pre il mondo, come si e detto tante volte, ma uno sguardo che si ri-volge finalmente in due direzioni, l'interno e l' esterno, la storia e ilmito.

Ho gia accennato a Visconti, a Ossessz'one, che apre questa crepafra i luoghi e gli spazi del film. Quasi tutti i primi film neorealisti so-no curiose mescolanze di due sguardi, quello tradizionale del narra-tore e quello nuovo (0 primitivo) della cinepresa; dietro la messa inscena e Ie storie an cora tradizionali compare la cinepresa che guardail mondo. Tra i primi film che inaugurano questa «complessita» c'eLa terra trema, con Ie sue «non occultate aporie» fra narrazione edocumentazione fotografica, fra mito e storia47• Quei richiami aOmero e Ulisse suggeriti dallo stesso Visconti riportano la Siciliaodierna, oppure quella ottocentesca, verghiana, dentro un mondo eUn modo millenario, plurimillenario, ciclico _ il mondo verghiano

"stesso era piu vicino al mito di quanto non sembrasse inizialmente. Ilpresente genera il mito e il mito influisce sulla lettura del presente.f-,alinearita orizzontale del tempo storico, progresso 0 lotta di classeche sia, s'incurva entrando nell'area magnetica del mito, subisce de-viazioni, ritorni, si arricchisce di altri aspetti che non siano gli schemidella lotta di classe pura e semplice. Ma accade anche il contrario, ilmito>a Contatto con il presente, vede i suoi cercl1i allargarsi, si aprequasi in forma di spirale, a comprendere sempre nuovi elementi e'nuovi aspetti dei vecchi conflitti e delle vecchie sofferenze. La storia,$"sostanza, puo ricavare nuove energie dal mito eternamente rinno-'antesi e il mito puo allargare i suoi orizzonti chiusi e rituali. Storia e

46 La Erase si trova nel film Medea, pronunciata clal centauro mentre guarda 11l1lare Con iJ010 Giasone sulla groppa.

47 Per un'analisi dei film Os.res,f/cmee La terra t!'ema, rimando a L. Micciche, Visconti e ifreal/)'mo, Osse.r.rione,La terra trema, Bellissima, Venezia, MarsiJio, 1990, pp. 181 ss., e an..,a ld. (a cum di), «La terra trema» di Lucbino Vifcontz; analifi di UI1 capolavoro, Torino,clau, 1993.

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IL PAESAGGTO NEL CINEMA ITALIANO

Mito - ci dice La terra trona - sana in sostanza i due piani dell'espe-rienza, quello narrato e quello guardato. Occorre tenere sempre ipiedi su due rive, per comprendere i fenomeni, la 10ro singolarita eIa 10ro universalita a un tempo.

Nei grandi movimenti della gru di De Santis (Riso amaro, 1949)questa discrepanza appare tradotta in forma stilistica; dalla scenadella storia raccontata, a poco a poco 1a cinepresa si alza e si allonta-na fino a una contemp1azione distante, e non solo per mostrare 1aco-ralita dell' azione, come piu volte e stato detto, ma anche per rag-giungere un punto di vista suo, diverso da quello del narratore orto-dosso. In un altro film, Non c'e pace tra gli ulivi (1949), partendo dauna consuetudine cbe i ciociari banno di parlare senza guardarsi, an-

_zi guardando spesso nella direzione opposta all'interlocutore, DeSan tis contravviene aHa regola di montaggio bollywoodiano dei 180

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e costruisce un montaggio strabico, un «soggetto sbarrato»48. Anchein questa modo contribuisce alla moltiplicazione dei punti di vista,costringe 10 spettatore a guardare in direzioni opposte, dandogli lasensazione di avere non uno ma molti occhi.

11cinema Italiano usa il mito in modo diverso dal cinema ameri-cano. Se questo sprofonda dentro i1mito, 10 ricrea e 10 fa rivivere informe moderne, il cinema Italiano invece 10 guarda e guarda il mon-do, si confronta can entrambi per scoprire quel coefficiente di mitoche sta nel quotidian a e di quotidian a che sta dentro il mito. F1n dalneorealismo if clnema itallano mostra una coalescenza di realta e mitoa//atto l1uova, che propone un con/ron to, una rzjlessione pHi ampia,stimola la ricerca di nuove prospettive.

Consideriamo a questa proposito un solo esempio, Ladrz di bid-clette (1948). Doveva essere un film tratto da un libro di Luigi Barto-lini cbe raccontava un fatta di vita quotidiana, ma De Sica e Zavatti-ni ne hanno fatto una paurosa deriva nel mondo della Roma post-beHica e una serie di stazioni altrettanto infernali quanta Ie grotte diPaisa. Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani) parte dai casamentisquadrati e grigi di Valmelaina, nuovi e gia vecchi, moderni ma an-cbe sporcbi e cadenti, con una campagna brulla dietro Ie quinte delprogresso, per attraversare un verminaio pullulante di miserie, percompiere una discesa progressiva agli inferi, dal mercato delle bici-clette alla mensa dei poveri, alla santana di via Paglia, al bordello

;S Questo montaggio che genera un ripo di sguardo assoluramenre singolare e sraro stu·diato cia A. Farassino nel suo volume De Santis, Milano, Moizzi, 1978.

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TrpOLOGIE

sguaiato, al suicida del Tevere, gil:! gill fino alIa folIa di malversatiche circonda il ladro preso nelle sue convulsioni, vere 0 finte, alIaminaccia dellinciaggio. Sono Ie tappe successive di una simbolica di-scesa in un 1110ndo primordiale. Tutto e vera, autentico, e tutto enello stesso tempo astratto, assoluto, simbolico. Questa Roma, a vol-te orribilmente piena e pullulante di foUe anonime, altre volte pauro-samente desolata, sembra respirare come un organismo vivente,sembra pulsare di una sua vita dannata e sublime. E la cinepresa,camminando accanto ai due protagonisti, scopre che questa paesag-gio urbano, Forse il piu terrificante della storia del cinema, ha qual-cosa d'intermedio Era citta e formicaio, fra natura e cultura. Nei per-corsi desichiani la cinepresa si affaccia suI reale quanto suI mito; ilmondo che scopre e una giungla cittadina, un cuore di tenebra nellacitta di Dio, la persistenza di as cure regressioni sotto la vita guoti-diana moderna.

Anche Lattuada e [ra i primi a cogliere la contaminazione djsguardo del personaggio e della cinepresa, come nella panoramicadi 360°, segnalata subito da Andre Bazin, nel film Il bandito (1946),in cui 10 sguardo del personaggio che ritorna a casa (casa ridotta aun ammasso di ravine) diventa a poco a poco sguardo della cinepre-sa, 0 nella brumosa pineta aurorale di Senza piela (1948), vista dalnarratore con gli stessi occhi dei protagonisti. Lattuada e anche iJprimo a «vedere» i grandi casamenti di periferia nelloro aspetto tra-gicomico, basta pensare a quel grande palazzo grottescamente isola-to in mezzo alla campagna delt'inquadratura finale de Gll itaila71l5lvoltano (episodio del film Amore m Clua, 1953), contemporaneo diquei casamenti di Primavalle che fanno da sfondo agrodolce alJa pa-rodica fuga di Toto .inseguito da Fabrizi, in GUal-die e ladn (1951);palazzoni a cui non sfugge neppure la pic col? borghesia, come ve-diamo nell'inclpit e nell'exczpit di Camilla (Emmer, 1954), e chegiungeranno poi fino agli anni sessanta can quell' aItro grande palaz-zo nuovissimo, che si affaccia metaforicamente sull'aperta campa-gna, in cui abita Roberto (Trintignant) nel Sorpa5so (Risi, 1962) e dacui viene prelevato per essere con datto verso la vita e verso la morteda Bruno (Gassman). Questo percorso in cui il realism a diventapercorso allegorico-simbolico sara ben riconosciuto da Pasolini, chescegliera proprio Lamberto Maggiorani per interpretare la figuradel malato in Mamma Roma (1962), un aItro viaggio al termine dellaperiferia, in cui la terribile veduta dei casamenti di Ceca[umo, ripe-

' xtuta otto volte nel corso del film, scandisce Ie tappe della morte, ve-

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

ra e propria soggettlva dl l1essuno che diventa metafora di staturadantesca49

II neorealismo e i suoi eredi scoprono, mi sembra, che l'occhiodel cinema non e uno solo, e non e queHo astratto trascendentale delnarratore, ma molteplice, polimorfo; che soggetto e oggetto si guar-dano entrambi. Saranno sempre Visconti, Fellini, Rossellini, Pas oli-ni, e poi Olrni, Bertolucci e tanti altri della generazione successiva araccogliere l'eredita di questa nuovo modo di guardare. Vlagglo 111Ttalla ha generato un numero imprecisabile di altri film, in molti deiquali e citato esplicitamente, a cominciare da Truffaut, che gli dedi-ca il primo indiretto e profondo omaggio in Jules et Jim (1961), perpassare a Godard Ul dZsprezzo, 1963), a Margarethe von Trotta (50-relie, 1979), a Gianni Amelio Ulladro di bambini, 1991). Si tratta diun viaggio realistico ma ancbe mitico, il piLImitico e il piLIrealisticodei percorsi. Le visite di Katherine Joyce &imusei, aUe solEatare, aUeFontanelle, al tempio di Apollo, parlano di qualcos' altro, di unanuova esperienza visiva cbe trasEorma anche il concetto di realismo.Realismo per Rossellini e una «posizione morale» cbe consiste nelnon nascondere la presenza dell' osservatore, come faceva invece ilcinema classico, e nell'avere un atteggiam~nto di amore verso l'og-getto guardato, di curios ita e di rispetto. E 10 spettatore cbe vienechiamato a fare il film. La strada (Fellini, 1954), Vaghe stelle dell'or-sa... (Visconti, 1965), Edipo re (Pasolini, 1967) oppure La strategiadel ragno (Bertolucci, 1970), sono altre tappe di questa percorso distoria dell' occbio. Per ora, ragioni di spazio mi costringono a trascu-rare questi registi italiani, a cui dedichero un altro studio, in futuro,se possibile. Tralascio poi Antonioni, cbe studiero nella seconda par-te, percbe e forse 10 sguardo piLIcomplesso e piLIautocosciente.

II conflitto fra spazio filmico e luoghi del film, pero, filtra anchealtrove e in altre forme. Pure Ie piLIimperturbabili commedie inglesidella Ealing, fin dall'inizio degli anni cinquanta non si peritano d'in-scenare Ie loro storie poliziesche 0 comiche Era Ie strade e Ie case an-cora dissestate dai bombardamenti: basta pensare a L'incredlbile av-ventura di Mr Holland (Crichton, 1951), can Alec Guinness che ra-pina la banca d'lnghilterra Era Ie rovine dei bombardamenti. Anchein queste «commedie Ealing» incontriamo, come in un riso EraIe la-

'19 Per la scansiane del film Momma Romo, eon la veciur.a di Cecaful1lo otto valte ricoI"rente (inq. 188,370,419,529,582,826,861.863), rimanda all'analisi di Lina Micciche, in Po·solinl nella citta del cinema, Venezia, MarsiJia, 1999, pp. 108 ss.

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-TIPOLOGIE

crIme, una stridente contraddizione; il modello narrativo della fin-zione tradizionale fa a pugni can Ie vedute di una Londra distrutta; icasamenti di periferia non hanna niente a cbe fare can 1a commediae a poco a poco la trasformano in una galleria di orrori.

Dopo il neorea1ismo, 1a differenza fra 1uoghi del cinema e spazidiegetici cresee e matura. Ifilm di Rossellini e di Antonioni sonG unascoperta dello spazio prima an cora che dell'uomo. Con la crescitadello spazio dentro l'inquadratura diventa pil:l difficile raccontarestorie, un nuovo personaggio si affaccia sullo schermo e non intenderecedere: i1 vuoto, il paesaggio. L'allargamento dei formati, i1 recu-pero della profondita di campo e delle inquadrature l11nghe avrannouna grande importanza nella maturazione di un I1UOVOcinema, me-ta-narrativo 0 dis-narrativo. La spazio s'intromette Era Ie figure, aprefessure nel tessuto delle azioni, richiede piG tempo per essere guar-data, allunga anche 1a durata delle inquadrature. La Scoperta del ci-nema moderno e queUa di uno spazio vivo che, vuoto a pieno chesia, non si las cia ridurre a semplice sfondo, ma emerge spesso comeprotagonista; e Scoperta di vo1ti che sfuggono alla nostra piena com-prensione, di tempi 1unghi e distesi che danno allo spettatore 1apos-sibilita di riflettere, di guardare, e infine 1a scoperta che i1 cinemanon ha un occhio solo, trascendentale e neutro, ma mo1ti occbi insie-me, che i1gioco dei punti di vista e fluido, senza fin~

La nouvelle vague, che si richia111a direttamente a Rossellini, aRenoir e a questa scoperta della spazio, segna una nuova fase, in cuiil cinema diventa uno sguardo cosciente della sua complessita. Secan i1 termine vl'sione intendo la lettura di una storia, un percorso difascinazione e d'identificazione a distanza, un «festino furtivo», co-me direbbe Metz, con il termine sguardo invece intendo la presenzadi un osservatore dentro la messa in scena, la storia che si fa ricercadi una storia

50. Nasce i1 cosiddetto cinema della modernita, un cine-

ma di secondo livello, Ovvero «la messa in gioco del dispositivo, delcinema/riproduzione, e a1 tempo stesso la messa in gioco dellosguardo»51.

Con T ruffaut, Godard, Varda, si SVilllppa questa vicinanza fracinema come racconto di una storia e cinema come ricerc3 di un r3C-

50 Questo pereorso del filnl, iJ eui raceonto eonsiste nella rieerca di un raccanto, e statoanalizzaro !lei libra eli P. Nlontani, L'il7Zl7logi17ozioJ7e norrotivo. 1lI'{(cco17/o del cillema ol/re i

. con/tnlde!lo .rPOZIGlel/eranG, MiJano, Guerini e assaciati, 1999.51 Per la mess a in gioco dello sguarelo nel cinema delJa modernitil eFr. G. De Vincenti, 1/

concello dl moderl1//a ne! cillel7lo, Parma, Pnniche, 1993, p. 20.

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

vaggi (FltzcarraLdo, Herzog, 1982), 0 dei due personaggi di Nel corsodel tempo (Wendel's, 1975), sono altrettanto complessi. Anghelopulosfara di questa sguardo offuscato per troppa ricchezza uno dei suoimotivi poetici nel film 0 thiasos (1975), dove presente, passato e mi-to si amalgamano in unit a insolubile, e ancora ne Lo sguardo di Ulis-se (1995), dove il protagonista viaggia fra passato e presente, fra im-maginario e reale, alla ricerca di altri occhi che 10 hanno preceduto,quelli dei primi cineasti greci. Forse nelle immagini di due altri ci-neasti, lontani da questa e da tutte Ie correnti, possiamo trovare lacontemplazione dello spazio ridotto al grado zero narrativo, luogodella pura possibilita. Nei film utopici diJ ean-Marie Straub e Danie-le Huillet vediamo il recupero della veduta Lumiere,con in pili tuttocio che il cinema ha acquistato lungo la sua strada, la sovrapposizio-ne dell' attuale e dei possibili. In Troppo presto, troppo tardi (1981)l'inquadratura fissa che dura tutto il tempo di un rullo su una fabbri-ca del Cairo, con 1'uscita degli operai, ripete l'uscita dalle officineLumiere; siamo passati attraverso tutta la storia del cinema, da unluogo senza storia a un luogo di tante storie. In Dalla nube alla Resi-stenza (1979) 0 nei due film ricavati da Holderlin, Del' Tod des Em-pedocles e Schwartze Siinde (1987 e 1989), come gia molti anni primanel film sulla vita di Bach, Cronache di Anna Magdalena Bach (1967),la cinepresa si sofferma in lunghe inquadrature, cogliendo come uni-co movimento il fremito delle foglie lontane mosse dal vento, altroriferimento ai Lumiere. Ma questi forse non sono neppure film, 0 10sono in senso particolare. Se infatti i film comunemente vengono 0venivano detti sogni 0 discorsi, quelli di Straub-Huillet non sono ne1'uno ne l'altro, il cinema e terribilmente desto e non dice niente, sitrova a110stato pili puro, grumo d'immagini mostrate per quello chesono, spazio e tempo liberi da qualunque costrutto discorsivo, men-tre il senso viene lasciato interamente a11eparole. Le immagini diStraub-Huillet sono permeate dalla profonda coscienza del fatto cbebisogna rispettare l' alterita, il mistero del mondo, la sua irriducibilitaa un'immagine, a un discorso52

.

52 Per una lettura delle forme dell'inquadratura e del ruolo della natura nel cinema diStraub, rimando aile belle riflessioni di S. Daney, Le plan straubien, in «Cahiers clu Cinema»,n. 305, novembre 1979, pp. 6 ss., e a P Spaziani, Dalla Nube alia Resislenza, elica ed estel/ca diun jiim di Straub-Huillet, Roma, Baroni, 2000.

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RlTORNO AL CINEMA ITALIANO

rIL RECUPERO DEL SACRa E DELL'AURA NELLA CULTURA SCONSACRATA

Negli ultimi dieci anni del Novecento, con la diffusione del digi-tale, il paesaggio e diventato uno scenario virtuale, una pura e sem-plice creazione della tecnica che combina luoghi e tempi - esistenti 0inesistenti, non fa differenza -, sovrappone personaggi e sfondi apiacere 0 a caso, compone, scompone e ricompone spazi e soggetticbe li guardano. Sembra che Ie potenzialita del cinema si siano finaI-mente liberate. In questa liberta apparente, in questa ricchezza illu-soria sta nascosto un grande impoverimento, che deriva dalla perditadella qualita essenziale, origin aria del Cinematografo Lumiere, ovve-ro il confronto dello spettatore con se stesso e con l' oggetto (in ter-mini semiotid, il referente), oggetto che, pur rimanendo fuori dal di-scorso, era sempre presente, tanto pili presente in quanto assente. IIcinema non riproduceva il mondo, come alcuni pensavano equivoca-mente, rna ne parlava, eppure c'era sempre nell'immagine analogicaqualcosa di «imponderabile» (Epstein), di «contingente» (Barthes)che sfuggiva al fotografo.

La tecnologia digitale, almeno ora nei suoi albori, invece di usarel'immagine per riflettere suI reale, preferisce risolvere tutto il realenell'immagine, che diventa unico referente di se stessa; mette com-pletamente da parte sia l' oggetto guardato sia il soggetto che guarda;il rderente, che gia costituiva un problema per la teoria semiotica,viene completamente eliminato, la sua esistenza subisce una vera epropria cancellazione; detto in aItre parole, il cinema ha venduto«l'anima e anche il corpo all'utopia digitale - diventando onnipoten-

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

te, ma perdendo il SUO rapporto col reale» I. Per quan to problemati-co fosse, questa rapporto con se stessi e con il rderente, questa do-manda dup1ice (che cos a stiamo guardando? Chi siarno?) era l'animastessa del cinema, al posto del quale ormai stiamo guardando qual-cos' altro, che non e pill cinema e dovrebbe avere un altro nome, for-se 10 avra presto.

In un film che e la prima significativa rappresentazione di stilepostmoderno, Blade Runner, il paesaggio e ridotto ad assemblaggio,congerie di citazioni e di riscritture che spazia da Metropolis all deser-to rosso. Il paesaggio ormai non e pill che un' espressione linguistica.Basta pensare ai paesaggi splendidi e inesistenti di Mission to Mars (DePalma, 1999), 0 de Il gladiatore (Scott, 1999), de L' eserClto delle dodi-ci scimmie (Gilliam, 1995), e di moltissimi a1tri film apocalittici, fino a1recente Vajont (Martinelli, 2001), frutto di una tecno10gia ormai pra-ticabile anche nei paesi meno ricchi. Il cinema contemporaneo tendea un tutto di visibilita in cui non vi e pill spazio per l'invisibile. La sce-na finale del film Wargames (Badham, 1983) e partico1armente signi-ficativa e sta diventando un modo di pensare cornune. Dopo che ilcomputer ha proiettato sullo schermo Ie immagini della guerra nuclea-re, gli operatori gli chiedono: «Queste cose sono vere 0 false?» e ilcomputer risponde con un'altra domanda: «Che differenza c'e?».

Come ricompensa per la perdita del rapporto con il mondo, tro-viamo una profusione di elementi soprannaturali, superiori, extra-terrestri e ultraterreni. Le potenze superiori e inferiori si scatenanosotto gli occhi di tutti. Ma gli spazi virtuali, quanta pill vengono mo-

I Cfr. Farassino, Fuori di set, cit., p. 18. Le rifjessioni di Farassino e De Vincenri sonofondamentali per la comprensione del rap porro fra il cinema e iI concetro di realta inreso comeconcetto·limite, che definisce l'aspirazione e anche i Iimiti del cinema 0, in generale, dellosguardo umano e della conoscenza. Senza iI profilmico, senza la realta che ha di fronte, senzala tensione fra riproduzione e rappresentazione, il cinema sarebbe un'altra cosa, quello cheforse sta nascendo ora. L'immagine digitaIe e diversa dal cinema perche ha perduto il rapportocon il profilmico e non ha piu questa rapporto di tensione fra I'impossibile riproduzione og·gettiva del reale e Ia sua rappresentazione soggettiva. Per quanta riguarda la «purezza dellateoria», Eco s'illudeva di produrre una teoria "pura» eliminando il concetro di referente, che einvece la garanzia dei limiti di ogni linguaggio e di ogni forma di rappresenrazione, senzai quali limiti si aprono Ie porte, come veclremo, al deliria di onnipotenza e allo smarrimentopostmoderno. Cfr. U. Eco, Trattaia di semiatica gel1erale, Milano, Bompiani, 1975, p. 9l.QueUo che importa, mi sembra, e invece costruire delle teorie «sporche», che tengano cantodi questa presenza ingombrante di una realta che non puo entrare nellinguaggio ll1a che tutta·via insiste continuamente su di esso. Come ha osservaro 8ltrove Farassino, il neorealismo costi·tuisce un8 tappa molto importante in quesro percorso di scoperta clell8 re81ta fuori clal film,perche «spolTa» i film politi, asettici del cinema classico. Cfr. A. Farassino (a cura di), i'Jeol'ea-11.11770,cinema italiano, .1945-1949, Torino, EDT, 1989, e De Vincenti, II concello di maderniid,cit.

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RITORNO AL CINEMA ITALIANO

strati e costruiti, tanto pill rivelano fa sostanziale paverta dell'zmmagl-nazZone rispetto alia ricchezza dell' esperzenza vz'sZva.Sartre 10 sapevagia bene quando, in Immagine e cosCZenza,confrontava Ie povere cer-tezze del sogno con l'incerta ricchezza dell'esperienza esterna. II ci-nema postmoderno, con Ie sue ubriacature di magie, mummie, de-moni, pa5saggi dal rnondo reale a quello virtuale, immersioni inmondi superiori 0 inferiori, apparizioni, epifanie e dissoluzioni dialieni, basati suI gioco digitale, in sostanza sta cercando di sostituire idubbi suI reale con Ie certezze del fantastico, mettendo in atto un/also recupero de! sacra. Ma guel sacro di cui parlava Bataille e anco-ra pio lontano.

Questo soprannaturale dt'g)taie che ci si offre cOSlabbondante ecOSltangibile, di5ponibile a ogni facile epifania, non e che la parodiadi un perdu to rapporto con il sacra, con l' «Aperto» di Rilke, con imondi possibili e con l'invisibile. I paesaggi pseudofascinosi e pseu-domisteriosi - alIa fine tutti uguali - della spettro10gia digitale con-temporanea non sono che la paradia industriale di quei «panoramischeletrici del mondo», quelli 51veramente oscuri, in cui apparival' ombra della vita, del movimento e dello spettatore.

Il mio non e, beninteso, un giudizio di condanna della tecnologiadigitale in blocco, e solo una critica del suo uso commercia1e e spet-tacolare-mistico che vieneproposto. Dove invece il digitale si propo-ne in forma di lavoro-gioco ri£1essivo suIle forme del vedere, eccoche riaffiora sempre di nuovo 1a poesia del cinema 0 di gualcos' altroche non e pill cinema ma, come dicevo, ne eredita 1a complessita, ela visione viene arricchita di nuove esperienze. Alcuni film di Green-away, come L'ultZma tempesta, oppure 1 raccol1tidel cuscino 0, in Ita-lia, certi video come guelli di Gianni Toti 0 di Giuseppe Bertolucci edi molti altri sperimentatori, propongono' un uso-gioco ri£1essivodella tecnologia digitale che ha come senso proprio un recupero del-la dimensione critica, del 'vedersi guardare'.

Ma di fronte a guest' onnipotenza del vedere, proposta dal cine-ma conternporaneo, si puo conservare una posizione eguilibrata? Aquesta visibilita totale si puo contrapporre ancora un cinema che in-viti 10 spettatore a ri£1ettere, a «interrogarsi sullo statuto del proprioguardare»? Porra 10 spettatore, pur rinunciando all'ossessione delreferente, scoprire ancora in se un «nocciolo residuale di realta»2)

2 G. CanoV8, L 'alieno e d PIPlstl'e!tO. La airi della jorma net cinema cOl1lemporanea. MiJa.no, Bompiani, 2000, pp. 153 5S.

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IL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

IL PAESAGGIO CHE CI GUARDA

Ritorniamo, dopo quest' altra scorribanda teorica, al nostro argo-mento, il cinema italiano. A partire dal neorealismo spesso il [appor-to tradizionale Era figura e sfondo appare rovesciato; i personaggi,come vedremo, non sono piu neppure tali, perche spesso servonosolo da guida alla cinepresa, che percorre con loro 10 spazio come se10 vedesse per la prima volta, ricuperando in parte 10 stupore aurati-co del Cinematografo Lumiere. II cinema cambia grazie anche all' al-largamento dei formati della pellicola, con il rapido abbandono delvecchio 1,66 per inuovi e piu larghi 1,75 e 1,85 (simile all'attuale 16/9); un nuovo personaggio entra in scena, e 10 spazio, ilIuogo che ac-quista autonomia, s'intromette fra Ie figure, allarga Ie distanze, creadifferenze 0 Ie fa emergere, ci parla con il suo stesso silenzio.

La scoperta dello spazio 0, meglio, di quello che ho chiamatoluogo, per differenziarlo dallo spazio immaginario costruito dal film,ba come conseguenza l'affacciarsi dei possibili dentro il film; oltreaHa storia raccontata s'intravedono Ie molte altre storie raccontabili,i protagonisti cominciano a scivolare leggermente sullo sfondo, dalquale emergono altri protagonisti di altre vicende; se 10 spazio e pro-spettico e unicentrico, il luogo invece ba molti centri e molte pro-spettive; la realta appare come un intreccio di punti di vista, una se-rie indefinita di percorsi e la scelta diventa sempre piu difficile, poi-cbe comporta l' esclusione di tutti gli altri.

La stessa cos a accade con il tempo che si svuota e si dilata, diven-ta visibile nella dinamica sorda delle attese, dei silenzi, delle sospen-sioni, soprattutto nella durata insistente delle inquadrature, ben su-periore a quella del cinema classico, che era appena sufficiente perleggere Ie immagini. La durata che si protrae oltre il tempo di letturadell'immagine fa S1 cbe l'immagine si laceri, che l'occhio dello spetta-tore abbandoni la storia per aprirsi all' osservazione e senta, peL dirlacon Tarkovskij, la «pressione del tempo dentro l'inquadratura»J2.Emerge il tempo dei possibili, in cui 10 spettatore non vede piu soloun evento narrato, un'azione mostrata, come nel cinema narrativoclassico, ma anche quello che potrebbe accadere e non accade. Nonsi tratta piLl semplicemente di leggere un racconto visivo, 111adi i111-parare a guardare con una nuova 1110dalita, che e quella dell' attesa,

12 Tarkovskij parla della pressione del tempo nel suo serino Tltempo impreHo sullo pelli.cola, in Id., Scolpire illempo, Milal1o. UBULibri, 1988, pp. 55 ss.

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DUE 0 TRE CaSE SUL METODa

della speranza, dell'apertura, cercando denero l'immagine e oltre diessa, quello che non mostra, Ie sue implicitezze, Ie sue oscurita.

Questo lento ma progressivo emergere dello spazio e del tempofa in modo che diventi sempre piG difficile e piG complicato raccon-tare storie; affjorano Ie distanze, gli interval1i, il vuoto diventa sem-pre piG importante. Una vera e propria rivoluzione avviene nellosguardo. Lo spazio, il tempo non sono piu semplici Contenitori peruna storia, ma diventano a poco a poco elementi principali, voci,quelli che chiamero interlocutorZ negatZV1, perche Contrastano la cen-tralita del narratore e del personaggio. Spesso avremo l'impressioneche iJ paesaggio, non che essere guardato, sia pieno di occhi, che iltempo incomba e sorvegli i personaggi. II nostro viaggio attraverso ilcinema Italiano sara dunque guidato da un filo rosso che possiamoidentificare in questo rapporto fra paesaggio e sguardo, intendendo10 sguardo come uno sguardo molteplice: quello della cinepresa,quello del personaggio 0 dei personaggi, e sara interessante lavoraresulla distanza, sulla sfasatura fra questi sguardi.

Ma che significa paesaggio come 'interiocutore negativo'? II pae-saggio spesso, come vedremo, non e piLl semplice sfondo di una sto-ria, ma si contrappone al personaggio e invece di Iasciarsi guardarecome un oggetto, gli restituisce 10 sguardo; avremo spesso l'impres-sione di una vera e propria autonomia dello spazio: a volte sembrache sia il paesaggio a gum-dare Ie figure e non viceversa. Si tratteraquindi di vedere se questo rapporto fra paesaggio, personaggio e ci-nepresa proponga nuovi modelli non soltanto di cinema, ma ancbedi conoscenza e di cultura.

Una cultura si riconosce non soltanto dai personaggi, dalle storiee da come Ie metre in scena, ma prima ancora da] suo modo di strut-turare e concepire 10 spazio e il tempo, Ie due «forme pure a priori del-l'intuizione sensibile», secorido la nota definizione kantiana. Questedue forme pure non sono pero degli assoIuti. Spazio e tempo cambia-no secondo modelli storici, ogni cuitura ha un suo modo di percepir-Ii, e studiare il modo in cui una cultura rappresenta 10 spazio e il tem-po puo aiutarci a comprenderla molto meglio.

II paesaggio sara dunque una chiave per studiare Ie forme dellospazio, del tempo e dello sguardo, nonche il concerto d'identita nelcinema italiano, e in questa prima tappa del percorso, dedicata allosguardo di Amonioni, cercllero di mostrare come il cinema propon-ga la costruzione di un nuovo spettatore, che ha nel film e nel mOll-

do una posizione periferica, non piG centrale, mitica e onnipotente,

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TL PAESAGGIO NEL CINEMA ITALIANO

come nel cinema classico. II mito, oggi che se ne parla tanto, e pillforte e piu potente che maio C'e quasi una volonta, un desiderio diabbandonarsi a esso. Uno di questi miti e la vlszbzilta totale, ovvero zigrande /ratello. II mito della visibilita totale comporta anche Ia perdi-ta d'identita: tutti vedono tutto. Per questa mi sembra piu che mainecessario ripercorrere una parte del cinema italiano in questo sen-so, vedendo in qual modo essa abbia tentato di definire i limiti delvisibile, ma senza cadere nel misticismo dell'invisibile e del sopran-naturale come accade ora. Mi sembra opportuno rileggere questa ci-nema perche in esso comincia la crisi del soggetto, pur senza caderein preda all' opposto, alla mancanza di riferimenti e al delirio della vi-sibilita totale di cui, come dicevo, soffre la cultura postmoderna,quello che Jarman, cineasta-pittore, alla fine della sua vita chiamoappunto «il pandemonio delle immagini»lj.

II La [rase si trova nel film Blu (Jarman, 1993): «Contra il pandemonio delle imlllagini vioffm questa blu». Com'!: nato, iJ film non ha immagini, ma e costiruito da un solo colore billelettrico (International Klein BIlle) accompagnato c1alla voce dell\1utore fuori campo che rae·conta la sua malattia mortale. La malattia dell'autore morro poco dopa di AIDS diventa qui unamerafora della lunga agonia deU'occic\ente malato C\iimmagini.

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PARTE SECONDA

ANTONIONI:LA PERDITA DEL CENTRO

Compresi cbe fa compremione era il1lPOHzhzle.]. CORTAZAR

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Fellini, Federico 612

Cia Ie permise di affinare i propri mezzi,pur restando legata a personaggi dalla fortecaratterizzazionc. La F. interpreta all coramolti ruoli, spesso in coppia con la starmessicana Pedro Armendariz 0 . Ormaidiva riconosciuta, fu poi chiamata a recitarein diversi paesi, come Spagna, Italia e Fran-cia. Da aHora, la sua presenza nei film co-nobbe sarti alterne. Non di rado fu protago-nista di pellicole mediocri, quaJi Messalina(1951) di Carmine Gallone 0 , 0 di melo-drammi, che interpreta ritornata in Messicodopo la parentesi europea. Piu fortunate Ieesperienze con Jean Renoir 0 , che la ebbecome buona collaboratrice .in French Can-Can (id., 1955) 0 con il Bunuel 0 di La fie-vre monte a El Pao (L'isola che scolla,1959), che ottenne da lei un'insolita misurainterpretativa. Buona anche la sua parteci-pazione a Les heros sont fatigues 0 (Glieroi sono stanchi, 1955) di Yves Ciampi o.R.N.

Gellini, Federico (Rimini, Forti, 1920). Regi-sta. Trascorre I'infanzia e I'adolescenza inuna famig1ia borghese. Va a scuola dallesuore e poi in un collegio di Fano. Estroso eabile nel disegno, impianta con un amico, aRimini, la 'Bottega dell'Arte' e si dedicaalia caricatura. Attratto dalla grande citta(Roma), sogna una vita di giornalista e co-mincia a collaborare a un giornale umoristi-co di Firenze, il '420'. Frequenta il liceo aRimini e, assecondando Ie aspirazioni pater-ne, si iscrive alia facolta di Giurisprudenzadi Roma. Collabora, come scrittore, a'L'Avvenluroso'. Stabilitosi aRoma, svolgeattivita giornalistica al 'Popolo d'Italia' econtinua a disegnare vignette per molti gior-nali, tra cui il 'Marc' Aurelio'. Intanto si av-vicina al mondo del cinema, dapprima comeredattore e cronista, poi anche come colla-boratore a sceneggiature 0 e soggetti 0 .Partecipa cosi alia stesura della sceneggiatu-ra di Roma cilia aperta 0 (1945) e Paisa 0(1946) di Roberto Rossellini 0 . Sono pelli-cole che, contenutisticamente, sembrano es-sere molto lontane dagli interessi fellinianirna, soprattutto in Paisa, vi e I'accenno adalcune situazioni che diventeranno poi 'tipi-che' nelle sue opere. Sicuramente piu perso-nale sara comunque la co-regia, nel 1951, diLuci del variela 0 ,insieme ad Alberto Lat-tuada 0 . II mondo patetico e illusorio deilustrini e la rappresentazione di sentimentinon sempre nobili (perche non sempre 'no-bile' e la vita che vi si conduce) sono resi daidue registi con una partecipazione attendlaile vicende dell'umanita 'spiccio1a' e conironia deformante. Inizia cosi la fortunatacarriera del regista romagnolo, che 10 rende-ra celebre nel mondo. Dopo Luci del varieta

F. continua la collaborazione a sceneggiatu-re (di Pietro Germi 0 ), finche, nel 1952,riesce final mente a girare un film tutto suo,Lo sceicco bianco 0 , una staria a meta trail comico e il patetico, ambientata nel mon-do del fotoromanzo. Siamo lontani dallapretesa neorea1ista del ritratto fedele di unambiente e dei suoi personaggi. Le figure diF. sono, anzi, caricaturali e fantastiche,mentre si delinea una delle sue costanti te-matiche: 10 sguardo ingenuo, provinciale e .pieno di aspettative su una realta che 5i rive-la, il piu delle volte, squallida e grottesca.Presentato a Venezia 0 , il film e accolrotiepidamente dalla maggior parte dei criticie si dim05tra deludente anche sui fronte de-gli incas5i. L'anno successivo F. si rifil. vin-cendo il Leone d'argento a Venezia e otte-nendo un grande succeS50 di pubblico e dicritica con J vitelloni 0 (1953), il film chegli da la notorieta internazionale. E I'iniziodel viaggio di F. all'interno di un'autobio-grafia fantastica, dove la memoria 5i con-fonde col sogno, che 10 portera dalla pro-vincia (amata e odiata nella stesso tempo)alia grande, agognata citta e poi, di nuovo,alia provincia, descrivendo i 'paesaggi' del-I'immaginario e dell'invenzione poetica,mentre i temi politici e il dibattito sui 'con-tenuti' vengono relegati in secondo piano,intravisti soltanto. Dopa la parentesi costi-tuita da Un 'agenzia matrimoniale, episodiodel film collettivo A more in citta 0 (1953),F. realizza La strada 0 (1954), una favolao , densa di simboli, suHa solitudine e I'in-comunicabilita umane. II film, pur suscitan-do reazioni contrastanti nella critica, entu-siasma il pubblico e impone all'attenzioneinternazionale il talento espressivo di Giu-lietta Masina 0 (interprete principale e mo-glie del regista) e procura a F. il suo primoOscar 0 , per il miglior film straniero. Ac-cusato di disinteressarsi sistematicamentedel 'sociale', F., l'anno seguente, gira II bi-done 0 (1955), un film clle si stacca dallasua produzione abitllale per il particolarerealismo dei personaggi e delle situazioni.Ritorna ben presto ai temi che gli sono piucongeniali can Le nOlli di Cabiria 0 (1957),di nuovo con la Masina come protagonista.L'opera, una delle piu rillscite del primo F.,si rifa all'ispirazione poetica e lirica di Lastrada, suscitando ampi consensi soprattut-to all'estero e facendo guadagnare a F. ilsuo secondo Oscar, per I'inventiva scenicaal di fuori del comune e una sostanza esteti-ca tra Ie piu poetic he della cinematografiamondiale. Ormai al culm(ne della popolarj-,ta, F. realizza La dolce vila 0 (1959), filmche solleva reazioni controverse (condanna-to dalla Chiesa cattolica, osteggiato dallacensura), e il cui scandala segnera un'epoca.

613 Fenech, Edwige

Si tratta di una 'summa' delle ossessioni ti-piche felliniane, a cominciare dall'autobio-grafismo (molti hanna visto in Marcello, ilprotagonista, il Moraldo di I vitelloni tra-sferitosi in citta), che si allarga fino a com-prendere una personalissima riflessione sullacondizione umana contemporanea. II filmregistra un successo eccezionale evince laPalma d'oro al festival di Cannes 0 . Dueanni dopo F. risponde alle critiche morali-stiche che hanno accolto La dolce vila conuna graffiante satira del bigottismo in Letentazioni del dOllor Antonio, episodio diBoccaccio '70 Co (1961). Nel 1963, in bilicotra l'aUlobiografismo e l'aUlocelebrazione,F. svela Ie proprie inquietudini di uomo e diartista in quella che da molti e consideratala sua opera migliore: 8 112 Co , un filmche, per la consapevolezza linguistica e lamaturita della concezione, rimane fra i piunotevoli del cinema contemporaneo, un ec-cezionale esempio di 'film nel film' che frut-ta a F. il primo premia del festival di Moscae il terzo Oscar. Col successivo Giuliella de-gli spiriti (1965), iI suo primo a colori, F.inizia a muoversi in una dimensione piuesplicitamente spettacolare, che contrasse-gna d'ora in poi tutle Ie sue produzioni.Dopa Toby Dammit, episodio di Histoiresextraordinaires (Tre passi nel delirio, 1967),un esercizio stilistico dai toni fortemen"teonirici, F. realizza Fellini-Satyricon 0(1969), tratto dal romanzo di Petronio, co-struito all'insegna dell'eccesso, vuoi per lasfarzosa messinscena vuoi per l'audacia (perI'epoca) delle immagini, e can frequenti eforzate allusioni a problematiche d'attuali-tao C'/: chi parla di involuzione: la reiterataamplificazione delle proprie costanti temati-che fino a ridurle a cliche (nonche una ten-denza esibizionistica non sempre controlla-tal sembrerebbe confermarlo. Ma F., dopaI'insuccesso di R oma (1971), torna a conci-liare critica e pubblico con Amarcord 0(1973), un affresco dei miti felliniani in cuisi confondono autobiografia e autocitazio-ne, memoria e invenzione, sogno e realta,poesia e mistificazione. II film riporta pre-potentemente il regista al centro del dibatti-to internazionale e conquista il quarto Oscarper F. La successiva produzione e caratteriz-zata da un'accentuata tensione verso I'apo-logo sociale e morale, da Il Casanova di Fe-derico Fellini 0 (1976) a La cilta delle don-ne (1979), a E la nave va 0 (1983). Se i pri-mi due, dietro la sontuosita degli artifici tec-nici ed espressivi, nascondono una certa cri-si deU'ispirazione, I'ultimo, al contrario, esalutato da gran parte della critica come unritorno ai momenti creativi piu felici. F. halavorato anche per la televisione: nel 1968gira per una Tv americana 10 special 'A Di-

rector's Note-Book', mentre per la RAl giraI clowns 0 (1970), un mediometraggio 0 ,e Prova d'orchestra 0 (1979). Ha realizzatoinoltre due spot pubblicitari. Resta da ricor-dare la musica di Nino Rota 0 ,che ha ac-compagnato tutto il cinema di F., da Losceicco bianco a Casanova, e la collabora-zione assidua degli sceneggiatori Pinelli 0 eFlajano 0 prima, Bernardino Zapponi 0 eTonino Guerra 0 poi. Contributi essenzialitutti, come quelli degli opera tori che glihanno fornito immagini via via piu sgar-gianti (dall'Otello Martelli 0 del bianco enero di I vitelloni, di La strada, di La dolcevita, dal Gianni di Venanzo 0 fra il biancoe nero 'pastoso' e luminoso di 8 112 e ilchiassoso colore di Giulietta degli spiriti, alGiuseppe Rotunno 0 manipolatore displendide, delicate tavolozze per Satyricon,Casanova, E la nave va, al Dario Di PalmaCo di quel piccolo gioiello che e I clown) e

come quelli degli scenografi (due da citarein testa agli altri: Piero Gherardi 0 , il'creatore' autentico dello sfarzo fiabesco diLa dolce vita e di 8 112, e Danilo Donatio ). Sono tuttavia contributi privi di val ore

autonomo, che si concentrano e si esaltanosui terreno di una immaginazione unitaria efortissima. F. raccoglie, filtra, amalgam atutto cia che Ie diverse materie - i corpi de-gli attori, Ie luci, gli oggetti, i suoni (gli 'ef-fetti' dei suoi film sono lievi, quasi imper-cettibili a volte: come sussurri), Ie musiche,la natura - gli mettono a disposizione,estraendone un corpus filmico straordina-riamente unitario e, percia ossessivo e im-pressionante: da qui deriva il successo inter-nazionale, in cui poclli altri registi gli posso-no stare alia pari. Da qui deriva anche quel-la provocazione che iI corpus rappresentaagli occhi della critica, la quale davanti aogni film felliniano teI]de a dividersi, incertasui modo di conciliare, in un giudizio com-prensivo, fantasia e ideologia, realta e me-moria, cultura di avanguardia e provinciali-sma intellettuale, autobiografia e testimo-nianza moralistica. Figlio 'scapestrato' delneorealismo 0 , allievo 'ribelle' (rna fino aun certo punto) di Rossellini, F. trasportanel cielo delle fantasmagorie barocche unpaesaggio, una umanita, Ie passioni, Ie pau-re, la rumorosa tracotanza di una Italia so- Jspesa fra il vecchio e il nuovo. M.D. V., M.A.~

Fenech, Edwige (Annaba, Tunisia 1948).Attrice. Di origine tunisina, ha una carrieracinematografica praticamente tulta italiana.Si impone dapprima in pellicole di bassoconsumo erotico, grazie alia procacita delleforme e aile curve generosamente esposte.Salira poi un gradino leggermente piu altoin thriller 0 a sfondo sado-erotico piu cura-

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di Roma; avra un punto di vista obiettivo, ri.fer~to ai problemi drammanclirrisolti della societa attuale ... » Un secondo studente si fa avanti: II. Stu-dente: «NaturalmeI"1te non ci.riferiamo soltanto ai problemi della scuola ... »Prosegµe il primo studente: I. studente: "II mondo' del lavoro, per esem-pio, con ... con i, problemi ddle fabbriche, delle borgate ... ». Gli studentifanno cerchio intorno a Fellini. Interviene una studeiHessa: I. studentessa:«... Non vorremmo che venisse fuori la solita Roma sciatt,a e pacioccol)a,disordinata e materna ... » Fellini (ride): «... Si, ho capiro, rna ... » II. studen-tessa: « ... Cioe la solitaprospettiva qualunquistica ... » I. studente (accav.):«... Perche Roma non e solo Cosl... » Fellini, divertito e un po' imbarazzato,

'Sl difende. Fellini: «10 credo chesi deve fare solo cia che ci e congeniab.

Anche questae una testimonianza di cia che spesso si pretendevadaFellini in una epoca dominata dalle proposte di parte. L:1 rispost; dtFellini appare ora, piu che mai giustificata: «Si deve fare solo cia che econgeniale ... ».

IAmarcord

I1libro di Fellini La mia Rimini e raro, e forse non si trova che nelmoderno antiquariato. Ho potuto sfogliarlo a Fregene nella casa di unillustre medico,amico di gioventu del regista, che in c1asse veniva scherzo-samente chiamato Bagarone. La casa e nei pressi di Via Porrovenere, ed hadueingressi: uno su Via Volosca e uno su Via Paraggi. Qui abitava qual-che decina di anni fa Fellini: e non mancano Ie tracce del maestro. Peresempio nel caminetto del salone Giulietta aveva fatto murare due mattO-nelle con i segni del Capricorno. e dei Pesci: essen do nato Fede'rico i1 26gennaib 1920 e Giulietta (a San Giorgio di Piano) il 22 febbraio 1921. Enel giardino d sono i pini dove era appesa l'altalena che abbiamo visroGiuliefta degli spiriti. .

A fiance, Ia.villa dell'inseparabile e geniale collaboratore; per Ie muslcne;;:'

di tanti film: Nino Rota. E, intorno, queHi di Sandra Milo, di SalvatoCappelli, di Lina Wertmuller.

Nei riguardi di Rimini, dice il curatore del libra, Ren:w Renzi, Fellini"ha il complesso del traditore». Eper quesroche Ie ha dedicato taluni deisuoi film, ed ha cOntinuato sempre ad evocarla nelle sue avventure cine-matografiche. Fellini confessa di aver trovaro Rimini anche ad Ostia, men-tre vi girava I vitelloni. Il rapporro COStante tra Fellini eRimini sottintendeillegame an cora piu sOttile che vincola I'esule aHa propria terra di origine,o l'adulto alla propria infanzia.

Con Amarcord FeJliniritorna alIa Sua Rimini, quasi diventata unaMiami Beach all'iraliana, e per quesro se ne sente abbastanza distaccato,aDche,sela separazione nonestatcl,lnaidefinitiva. Rimini, suo "nutdmen-to terrestre", e ormaiassurra:~ dimensione dellamemoriaeproiezioneimmaginaria, una Rimini .popolataidi donne dalla sensibilita orgiastica,

' quasiarientale, tanto che ilGrand Hotel diventava, per lui, Istanbul,.Bagdad, Hollywood: "archivio sempre reinventato e simbolo vivente'~. «PerrneRimini - sono sue parole - eilsolito confusoimbroglio. Non ci tornovolentieri anche per una comodita di collocazione fantastica. Ormai l'hoinguadrata esreticamente, immaginariamente, in un cerro modo, e iliiscontro realistico mi disturba. La Riinini immaginaria e diventata per merriareriale di lavoro. La Rimirii realee un'altra COsa. Non ho voglia di fare

. ver,ifiche. Mi rendo COnto che cosll'immagine simbolica rischia di immo-> bilizzarsi, di calciflcarsi, di stecchirsi, rna e per questo che mi sforza diD1.ari tenerla viva, di trasformarla in un simbolo vivente. Distruggere i sim-

cbbli con il pretesto che i simboli sonO. il frUtto di un atteggiamento reazio-n?rio e altrettanto pericoloso. Il cinemae un territorio molto vitale perche

::Qbbliga a rend ere viventi i simbo\.i per mezzo dei quali l'artista 0 i1 cineasta!·:.siesprime»,

, Non c'e "kko che non consideri An""co'" film felliniano al cento pc<"~J9'5ia pee ilCOntenu.o che pc< I" f?rma. La cealra si ""fig<ica ai mar,i;1i,pehurreale. hocede?do perpi«oli ,vent; che "",no una armosfera."prJ'a,jl Borgo; cioe la Rimi~i'della rem;,ii,ccma, divenra ~na sona di;o!a.Citta, diAntologiti di SpqonRiver, dove affiorana sull'onda ciclica

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delle quattrost~gionUe figure di un universo familiare, mai dimenticato: esono professori di ginnasio, mili tanti fascisti messi alia berlina, parentiricordati conaffetto anche se talvolta un po' matti. Ma ci sono anche ipaesaggi, con un mare inventato, una lirica nevicata, e Ie magiche "mani-ne" volanti di primavera, come Ie nebbie autunnali.

NeI "mi ricorcio;' -degli anni sulia. costa adriatica, il giovane Tina. cresce tra icondizionamenti di unaeducazione cattolica, della retorica li'ttoria, edi una fami-glia oppressiva. Eun teatrino familiare da -cui Fellini vuole prendere commiato,come addio ad una stagione della vita. II Borgo degli anni Trenta, cioe RJmini,Fellini vuole ricostruito a Cinecitta. Non se la sente di "girare" sottogli occhi deisuoi concittadini.

II padre di Titta e un capomasrro anarchico che i fascistiu'n giomo sequescranoe costringono a tracannare olio di ricino, secondo una pratica di quei tempi,.quando ancora' non. erano neppure immaginabili ..Ieautobombe 0 Ie vendette tra-sversali. La madre ebigona e possessiva, 10 zio "Pataca" un fascistaparolaio efan-

.nullone, zio Teo e in manicomio, il nonno, semprearziHo e-sanguigno non.cessadi menersi a caccia di giovani domestiche. II fratellif)oeun ribelie monelio. Ascuola Tina e i suoi amici si inventano impreseimpossibili -SOflO i futuri "vitel-loni" - e combinano scherzi ai danni degli if\segnanti 0 di qua1che malcapit<J,to:.Accadono tante cose e rragliepisod)salienti dell'~poca !='e il passaggio dellaco,rs~delle Milie Miglia, laapparizione nottuma, favolosa, in aleo mare, del transadan~ticoRex, la visitaallo zio matto che dopoqualche ora tranquilla sale sU.un ;lIbera,reclamando «Ia donna», e soltanto con I'interventd di una suora nana viene fattoscendere. C'e anche una incredibile neviql.ta, col volo di un variopinto pavone,coslpoetica che fa venire a mente un haiku giapponese: «Oh se Ie farfalle volasse-ro I menue cadela neve!». C'e anche I'arrivo di un gerarca, con una grottescamanifestazione ufficiale. Titta e concLipito da una tabaccaia dai seni enormi ecerca, invano, disedurre la bella Gradisca, la ragazza che tuni vogliono conquista-reo

E un ritrano - seritto con Tonino Guerra - della provincia italiana, all'epoca diMussolini, con episodibuffi, infantili, burattineschi, che coinvolgono il potere, lafamiglia, la societa, in un quadro generale che rifle[(e immacurita, credulita eignoranza, e comodi rifugi nel sogno: magari quello del cinema hollywoodiano,della donnada bordello 0 da harem, della evasione verso i miti: che possono esse-

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re rappresenrati dalle feste patriottiche,0 cia altri celebri eventi dell'epoca. I perso-naggi-macchiette sono locali, rna potrebbero apparrenere a tutta laproyincia ita-liana, gerarchi Con J:aquila, e preti, nobilastri, un morociclisra. esibizionista; aman-ti di tradizioni rusticane, comequella della "fogazza" dove si brucianoall'aperrotune le cose vecchie per festeggiare I'arrivo <:leliaprimavera. E la provocanre par-rllcchiera Ninol~, detta Gradisca, sogn<ldiporer -sposareungiornouno comeGary Cooper, anche se, siaccontent~.ra ..di un carabiniere. Tornano iballi d'estateal Casino, i COmpagni di dasse conri~lI<l-.noa invenrare burle goliardiche, iJ parra-co confessa Titta, ossessionatodalla provocante rabaccaia, e gli rivolge paternirimproveri. Ma la morteddla madre segna hi fine dell'adolescenza di Titta.

L'evocazione di quegli anni sembra scaturire non da una memoria priva-ta e persoriale, rna cia una sorra di «memoiia corale cantata a voce spiega-ta», dice Natalia Ginzburg, «iouna sin-tesi'di reminiscenze, difantasie, disogni edi esperienze attuali»~.ILfilm lastiasp~zio alIa meditazione, comenon,avvlcne in opere di tanti.colleghi piLI impegnati;anche'sev'echi insi"ste a suggerireun impegno civiIepiu dichiarato.'Nonostarire ·le-.prelTIessepersonali,imemorialistiche, provinciali,Amarcorde tUtt'altro che provinciale. Incanta, ad esempio, i criticiameri-cani, i quaE arrivano a vederci,(il megliOdi quanto e stato fatto nel cine-ITla», la capacita di esplorare il passaro con «facolta 'superiori», Con undono del [avoloso che nasce da una reminiscenzaavvincentee meraviglio-sa. Fellini estrae il meglio che e all 'interno dell'umanita, combina la libertaformale cory 10 splendore della fantasia. L'artificio e SOccorso anche da unosplendido impianto scenografico, e il passaggio del "finto" transatlanticonon e che l'effetto di una avvincente Cost(uzione scenica nello Studio 5 diCinecitta.

In un documento di cui ho perSb it tracce trovo .questa bella citazione diBernard Drew, che ricorre a una battuta di unacommedia di TennesseeWilliams: "Per cominciare, rimetto indietro il tempo ... rna sono I'opposrodi un prestigiarore dapalcoscenico. Lui vi fornisce I'illusione SOtto formadi "erita. 10 vi POrto la verira sona forma di iIJusione ... ».

La forma e flessibile, cap ace di COntenere una immaginazione formico-lante, tutto il materiale sconfinato dei s~oi sogni (che gelosamente racco-

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gji~ .in µn prezioso, privato, inedito, «Libra dei ,sogni»). <:::onFeHini.,hadetto Georges Simenon, ilcinema nasce dai fantasmi del subcosciel1te.forse FeUini non pensa deliberatamente a basare i suoi film sulle immagi-ni del passaro: son 'lora che 10 perseguitano, finche non riaffiorano' dalchi,uso del subconscio.Convivendo pressoche quotidianamente colsogno,Fellini pon poteva valersi di miglior mezzo di rappresentazione chedeH'eSpressionefilrriica.E cdme si potrebbero rappresentare i sognise noncal.Cinema? Le sue visioni oniriche erano esse stesse linguaggio cinemato-grafica. A un poeta come Lucrezio - nel De rerum natura - non era possi-bile che immaginare "film interni". II cinema,tografo ha messo a disposi-zione di Fellini, e di alui grandi visionari, il "film esterno", col quale epossibile rappresentare tuno, nel suo divenire. La letteratura e la poesiascritta facevano immaginare, rna non "vedere", il teatro non era teatro delmondo, la pittura non aveva il dono del movimento, II cinema era imma-gine, visione; rappresentazione, spazio e tempo in movimento: era sogno,come il sogno, dunque, era cinema. L'essenza del cinema - ha denaSalvador Dan..,...e nel sogno. AI sogno, come al linguaggio cinematografi-co, tutto e Possibile~

e, godibili episodi del secondo' tempo di Casanova. La circostanza puoavere relativa importanza e' non sarebbe da.me rievocata se Bonin quantoe chiaro che Fellini, in quella vigilia dl attesa per la realizzazionedi unodei suoi film piu tribolati, aveva un interesse maggiore per i "padiglionidelle meraviglie" della fiera, per Ie attrazioni e i fenomeni da circa, che peri.testi di storia e di letteratura suc=asanova e la sua epoca. A mioavviso lachiave del film di Fellini e proprio qui: fiel padiglione carnevalesco di tutteIe meraviglie dello spettacolo edellapiazza, su cui e messo l'accemo nellastesso prologo. Che senso hachiedersi se queIIoe un Casanova credibile, 0se la societa dipinta a Venezia, Londra e Dresda sia vicina al vera? Felliniha voluto un Casanova ed una ambientazione coerente col suo stile e conla sua poetica, ne piu ne meno come Carmelo Bene faceva a sua somi-glianza Amleto e OteIIo, Pinocchio e Faust. Se il soggetto prende spumodalle avventure e dai tempi di Casanova, e in questo senso e legittimo chene mantenga il nome, si potrebbe sostenere per assurdo che il film potreb-be, mutatis mutandis, prendere una piega consimile anche basandosi suipersonaggio di Joe, Grimaldi, di Capitan Fracassa, del Conte Franconi 0 diBarnum. 5i vuole mettere in evidenza, insomma, che al regista non inte-ressa racconrarci la vita di Casanova, rna attraverso Casanova farci enrrarein un paese dei miracoli, anche alIa ColIodi, (perche no?), dove ogni epi-sodio e come un teatrino a se (ed ecco ancora pili legittima la citazioneiniziale del Teatro della Balena:tantoche in Casanova possiamo vederequaJcosa come il suo Pinocchio) ..E UJ:lteatro che prende.vita dai baracconi<;leIlafiera, dalle rappresentazioni.deiguitti e degii acrobati, con gli stessimezzi e apparati (ed ecco Ie finte ondedel mare), e cheesibisce il teatroerotico, il teatro ercuIeo, il gabinetto sdentifico, il ventre del cetaceo, Ieproiezioni Iuminose e il teatro·d'Qmbre,lapantomima, l'opera dei castrati,

.il Teatro Automatico.JlfjIm ..Casanovae 10 spettacolo "oculare" che teoriz-zanel 1858 Theophile Gautier nella sua Histoire de tart dramatique enfrance depuis vingt dnS:i«I! tempo degli spettacoli oculari e venuto». Vanosforza, dunque, sarebbecercare, di ricbstruire, nel canovaccio, la vita diC~sanova, 0 illudersi <;li.ascoitare,nellebattute, i detti stessi del personag-gio. QUel. che COma e 10 spazio cinematografico che divenra tempo; il

Il·Casanova di Federico Fellini

AIl'epoca in cui Federico Fellini preparava ilsuo Casanova 10 incontraiad una Mostra di Manifesti dedicati allo spettacolo circense. InaugurataaIMusee des Arts Figuratifs di Parigi, dove l'avevo gia vista, ora erapassataalla Accadernia di Francia' nella Villa Medici di. Roma. II regista gUCirdavaattenramente Ie "attrazioni" che quei cartelloni pubblicitari'propagandava-no. In particolare, sisoffermo davanti a un Teatro della Balena che conte-neva una lanrernamagica. Innumeri spenatori, in interrriinabile. fila, viaccedevano attraverso una scala che conduceva al ventre de! gigamescomammifero. Se ricordo que! Teatro della Balena e perche certameme sug-gerl al registala sequenZ:l e I'ambiente in cui e situato uno dei piu originali

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