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RUOLO DELL’ACCOMPAGNATORE
Scuola Sezionale di Escursionismo Società Alpina Friulana – CAI Udine 1º Corso di formazione e verifica per aspiranti ASE
Paluzza (UD), 5 aprile 2014
ANE - INV Fabio MARCOLEONI
L’ACCOMPAGNATORE
Camminare in gruppo per i sentieri del mondo per conoscere,
amare e tutelare le montagne.
Questa la “missione” fondamentale dell’Accompagnatore di
Escursionismo del Club Alpino Italiano.
Egli detiene un ruolo centrale come “leader” di gruppo e
riferimento costante per gli escursionisti che condividono
assieme a lui l’esperienza.
Il leader è comunque responsabile del gruppo, non solo
legalmente, ma anche psicologicamente.
Rappresenta inconsciamente l’autorità, le regole e come tale
può essere venerato e accettato, ma per la stessa ragione
anche attaccato, contestato e discusso tra i membri del
gruppo.
Deve essere completamente autonomo, anche e soprattutto
nelle situazioni di emergenza! Non deve MAI superare i propri
limiti relativamente alle capacità alpinistiche e/o fisiche.
Ad ogni escursione deve corrispondere un direttore all'altezza
delle situazioni specifiche che si incontreranno:
Capacità di orientamento come fattore di sicurezza;
Conoscenza di tutti i risvolti legali ed assicurativi;
Conoscenza delle tecniche base di primo soccorso;
Sufficiente cultura della montagna;
Collaborazione e confronto con altri accompagnatori.
La figura dell’Accompagnatore
Essere vigili;
Osservare continuamente persone affaticate/in difficoltà, il
tempo che cambia, il percorso, l'andatura, anticipare eventuali
ostacoli, imprevisti;
Alla base delle decisioni ci sarà anche una buona dose di
"buon senso", l'esperienza personale acquisita, il carattere
personale (che porta inequivocabilmente allo stile personale di
condotta di un gruppo);
Puntare comunque e sempre ad una uniformità generale
nella conduzione dei gruppi, raggiungibile attraverso
l’organizzazione, l’istruzione e la partecipazione a corsi di
formazione, come ad esempio gli aggiornamenti sezionali.
Attitudine a pensare in termini di gruppo
Un accompagnatore maturo e preparato dovrebbe:
Costituire un centro attorno al quale il gruppo formi la sua
unità e la sua coesione, prendendo parte ad ogni iniziativa,
partecipando alla conversazione, essendo presente alle azioni
di gruppo;
Rappresentare un ideale, un modello, il che si ottiene
cercando di capire e controllare la dinamica di gruppo,
provocando atteggiamenti spontanei e di emulazione;
Liberare gli altri dalla necessità di prendere decisioni
disimpegnando il gruppo da un’eccessiva responsabilità e
creando lo stato d’animo più sereno e favorevole per il
raggiungimento di determinati obiettivi;
Accollarsi le funzioni esecutive per realizzare gli obiettivi del
gruppo, deve decidere il programma, prepararne l’attuazione,
guidarne l’esecuzione;
Rappresentare il gruppo e difenderne gli interessi ed il
prestigio nei rapporti con elementi estranei;
Capire le relazioni interpersonali dei membri; ciò viene
facilitato qualora si riesca a conservare nel gruppo una
posizione neutrale;
La relazione tra accompagnatore ed escursionista
può assumere diverse connotazioni:
Di durezza, aggressività, rigidità, severità, quando
l’accompagnatore si propone come obiettivo il risultato a
qualsiasi costo e prezzo e cerca di ottenerlo in maniera
autoritaria attraverso la richiesta di massimo rendimento;
Di socievolezza, disponibilità ai rapporti amichevoli, ma
autorevoli, di democraticità, quando lo scopo è di
salvaguardare l’aspetto strutturale e socio emotivo.
Conseguentemente, la relazione può connaturarsi in:
TATTICA: quando tende a conseguire un rendimento ottimale
in funzione delle escursioni che si trova a condurre.
EMOTIVA: quando punta sempre al raggiungimento del
successo o della meta prefissata, attivando e stimolando la
massima fiducia in se stessi e negli altri;
PSICOLOGICA: quando conosce a fondo i suoi partecipanti e
li indirizza secondo le loro capacità.
Non esiste un modello standardizzato o standardizzabile, di
accompagnatore ideale. Non ci si può limitare a dettare delle
regole per essere genericamente un buon accompagnatore.
Visto da un’angolatura psicologica, un accompagnatore
dovrebbe essere autoritario e/o permissivo, paterno o fraterno
a seconda delle circostanze.
IL GRUPPO VUOLE UN LEADER
Strategia dell’accompagnatore rispetto al gruppo
Conoscere le aspettative;
Comprendere l’antileader nascosto;
Conoscere presto i nomi;
Non illudere troppo il gruppo.
L’accompagnatore non deve aver timore di non essere
riconosciuto, perché esprimerebbe una sua preoccupazione.
Esempio: non è necessario che stia sempre davanti al gruppo.
L’importante è che il gruppo sappia che il “comandante” è
sempre presente anche quando non si vede, ma si sente.
IL LEADER
Comportamenti “ideali” per l’accompagnatore
Anticipa, anche di poco il desiderio del gruppo;
Evita il dialogo privilegiato con un solo membro del gruppo;
Evita di parlare dei propri problemi personali;
Non impone comportamenti collettivi, canzoni …;
Realizza un contatto affettivo/emotivo con il gruppo;
Risponde in maniera evasiva e/o generica a domande
dirette e personali.
IMPORTANTE
è il modo di esprimersi, di comportarsi, di
vestire, in ogni occasione.
L'accompagnatore viene sempre attentamente
GIUDICATO, oltre che essere un ESEMPIO.
E’ fondamentale la comunità di intenti, la coesione e la coerenza.
Qualsiasi iniziativa decisione o altro, deve essere discussa e presa
di comune accordo, sempre in separata sede, mai in presenza del
gruppo, per avere massima libertà nelle discussioni e nel confronto.
Gli accompagnatori non devono prendere mai, iniziative personali
non concordate e programmate in comune accordo.
Intraprendere variazioni di percorso, deviazioni o altro, in maniera
arbitraria, potrebbe indurre qualche componente del gruppo a
sentirsi “autorizzato” ad emulazione, compromettendo l’integrità del
gruppo e mettendo in difficoltà ed imbarazzo gli altri
accompagnatori, a fronte di una situazione imprevista e per certi
versi, anche incontrollabile.
Simili situazioni possono creare attriti tra gli accompagnatori.
Tra Accompagnatori
Ogni gruppo è formato da partecipanti ("diversi" fra loro) ed
accompagnatori (direttore e collaboratori).
Le fasi dell'attività di un qualsiasi gruppo possono essere
sintetizzate attraverso "la teoria delle 5 C":
1) CONTRATTO
2) CONSEGNA
3) CONDUZIONE
4) CONSUNTIVO
5) CONTROLLO
IL GRUPPO
CONTRATTO “ LA CONDIVISIONE DEGLI INTENTI”
Definizione obiettivi delle attività, escursione o corso;
Fissaggio delle regole di convivenza;
Modalità di lavoro, i ruoli, il programma dettagliato che verrà proposto direttamente ai soci, o semplicemente pubblicizzato.
Verso i partecipanti ciò significa: regole di partecipazione e iscrizione, gli orari, la logistica, l'equipaggiamento, i costi …
Due gli obiettivi di questa fase:
Massima condivisione fra gli accompagnatori;
Massima chiarezza e trasparenza verso l'esterno.
CONSEGNA
E' conseguenza diretta della prima fase e, sintetizzandola al massimo vuol dire due cose:
Chiarezza dei ruoli dei singoli accompagnatori;
Accettazione dei ruoli di ognuno.
CONDUZIONE
Oltre gli aspetti meramente tecnici, fattori importanti sono:
Gli accompagnatori devono "essere esempio", riferimento importante per i partecipanti, soprattutto nel comportamento, atteggiamento personale nei confronti del gruppo, ed è probabilmente il modo più efficace, più corretto per passare informazioni utili e corrette ai partecipanti stessi.
Un gruppo accompagnatori che è riuscito a condividere il progetto, le regole ed i ruoli, ha mosso un passo fondamentale per garantire una efficace conduzione, una autorevole e riconosciuta guida per il gruppo dei partecipanti.
CONSUNTIVO
Ritrovarsi, anche coi partecipanti, per capire cosa è andato
bene, cosa è andato male, cosa si può fare per migliorare.
La stessa cosa, fondamentale, per i soli accompagnatori.
CONTROLLO Simile al consuntivo, ma solo per il gruppo degli
accompagnatori, è praticamente il "bilancio finale".
Si rivedono gli aspetti tecnici: organizzazione logistica,
eventuali momenti critici, come si sono affrontati eventuali
ostacoli tecnici, i comportamenti dei partecipanti... ma anche
degli accompagnatori, ecc...
Scoprire ed analizzare in profondità ed apertamente le cose
non andate bene, cercando insieme le soluzioni possibili.
IMPORTANTE: eventuali errori vanno considerati nella loro
essenza, MAI a livello personale, secondo l'ottica elementare
esplicitata dal detto ... "Solo chi non fa non sbaglia!“
In sintesi: "aperti" il più possibile al confronto sugli errori.
RIASSUMENDO Riguardo al gruppo accompagnatori:
Approccio ai problemi, alla ricerca di soluzioni condivise in
gruppo;
Orientarsi al partecipante, cercando di considerarlo soggetto
principale delle nostre attenzioni, delle nostre azioni, ad
iniziare dalla fase di progetto delle attività;
Coinvolgimento degli accompagnatori, migliorando
partecipazione, motivazione, entusiasmo, soprattutto nelle fasi
di costruzione e successivo controllo dell'attività, cercando di
migliorare per quanto possibile la coesione del gruppo
accompagnatori.
LA SICUREZZA
A livello tecnico, la SICUREZZA è il principale
cardine delle escursioni collettive.
Tutto, l'obiettivo dell’escursione, il suo
raggiungimento, la gestione del programma,
vanno subordinati alla PRUDENZA, intesa
come MARGINE DI SICUREZZA da ricercare
in ogni momento dell’escursione.
CONDUZIONE DI UN’ESCURSIONE
Scuola Sezionale di Escursionismo Società Alpina Friulana – CAI Udine 1º Corso di formazione e verifica per aspiranti ASE
Paluzza (UD), 5 aprile 2014
ANE - INV Fabio MARCOLEONI
L’ORGANIZZAZIONE
DELL’ESCURSIONE
L'accompagnatore deve essere personalmente ben informato sull’escursione, attraverso conoscenza diretta, ricerca e sopraluogo su:
Tempi necessari, difficoltà prevedibili, punti di sosta, vie di
fuga, equipaggiamento e attrezzature tecniche (individuali e
collettive), tutto ciò attraverso un buon studio dell'itinerario.
Il sopraluogo è l'azione principe effettuata assieme ad altri
accompagnatori: calcolo dei tempi, dei dislivelli, individuazione
delle vie di fuga, dei punti sosta, esplicitazione di eventuali
problemi tecnici di percorso, ecc …
Verificare la necessità dei collaboratori occorrenti, in
proporzione alla complessità dell’escursione ed al numero dei
partecipanti;
Organizzare gli aspetti logistici: viaggi, spostamenti, mezzi
di trasporto, prenotazioni rifugi, orari e altro;
Produrre informazioni: con indicazioni sull'equipaggiamento
necessario, attrezzatura, difficoltà e tempi, anche attraverso la
divulgazione di documentazione sull’escursione proposta;
Interpretare i bollettini meteo, procurare eventuali numeri di
telefono del soccorso alpino locale;
Effettuare una riunione prima dell’escursione con il gruppo
degli accompagnatori. Quanto meglio saranno informati tutti
gli accompagnatori su ciò che si andrà a fare, tanto minori
saranno i problemi di conduzione;
Controllare sempre gli iscritti al momento della partenza,
arrivando prima dell'ora stabilita, idem per il rientro;
Verificare prima della partenza che tutti gli escursionisti
siano in regola con attrezzatura ed equipaggiamento;
LA CONDUZIONE
DELL’ESCURSIONE
Due le "fasce numeriche" che definiscono un gruppo:
Non più di 20/25 persone;
Fino a 50 persone;
Per la prima si incontrano sicuramente meno problemi di
conduzione, per la facilità nel controllo visivo del gruppo.
Saranno sufficienti pochi accompagnatori.
Per la seconda possono invece sorgere alcuni problemi:
Lunghezza della fila con difficoltà nel controllo visivo del
gruppo nel suo complesso;
Maggiore possibilità di ritardi iniziali;
Maggiore rischio di incidenti;
Probabile presenza di partecipanti poco disponibili a seguire
le indicazioni ed i consigli impartiti;
Il gruppo accompagnatori deve essere e SENTIRSI
affiatato, per poter garantire un’organizzazione dei
ruoli e compiti sinergici e coordinati.
LE TRE FIGURE PRINCIPALI
Colui che starà in testa al gruppo
Starà in testa, cercherà di non farsi sopravanzare da alcun
partecipante, regola l'andatura (passo regolare e costante,
soprattutto nel primo tratto, dove vi è la necessità di un lento
riscaldamento...
STOP alla faciloneria, elemento di pericolo!;
Segue il percorso stabilito, individua i percorsi alternativi di
fronte a possibili imprevisti (buon "senso della montagna" e
capacità di orientamento).
Colui che chiude il gruppo
Ruolo semplice e noioso …
La maggioranza degli intoppi si scarica sulla coda:
affaticamenti, persone lente, piccoli infortuni, soste impreviste;
Materializza con la sua presenza la fine della fila (riferimento
visivo importante per gli altri accompagnatori e per il direttore;
Se è possibile è sempre meglio affiancarlo con un altro
accompagnatore, per alleviare a volte la monotonia del ruolo
stesso, oltre che per migliorare le possibilità di assistenza.
Il Direttore di escursione Prevalentemente a centro fila o dove ritiene essere
maggiormente utile, facendosi possibilmente vedere da tutti i
partecipanti dell’escursione, lungo tutta la fila.
In caso di problemi ricorrenti si sposta man mano verso la fine
della fila, laddove i problemi di accumulano più di frequente.
Cerca di verificare la correttezza dell'andatura, osservando
tutti i partecipanti.
Compatta sempre il gruppo. La "densità"/compattezza della
colonna è tanto maggiore quanto più alte sono le difficoltà del
percorso e cattive le condizioni meteo.
Controlla sempre la presenza di tutti (partenza, arrivo ed ogni
volta lo ritenga opportuno).
Ha la responsabilità dell'uscita! Decide quindi
eventuali variazioni e/o modifiche al programma.
PARTENZA
Breve incontro fra gli accompagnatori per:
Verifica del numero partecipanti, analisi ultime questioni ed
eventuali problemi, ripasso dei ruoli assegnati, distribuzione
dei materiali e attrezzature;
Partire tutti insieme, l'apripista è subito in testa;
Si parte al via dato dal direttore dell’escursione;
Sintonizzazione delle radio e prove di comunicazione.
A volte una sosta può essere necessaria subito dopo la
partenza per alleggerire l'abbigliamento dopo il periodo iniziale
di riscaldamento (sosta breve).
FORMAZIONE DELLA FILA
Fila indiana, leggermente distanziati;
Se c'è scarsa visibilità, se ci si trova in una zona ripida oppure
in situazioni in cui è facile far "partire" dei sassi è necessario
serrare maggiormente la fila;
Se il manto nevoso ha scarsa consistenza, se si devono
affrontare passaggi impegnativi e/o pericolosi, tratti esposti,
stare maggiormente distanziati;
Si dovrebbero porre in testa i più deboli o inesperti, per evitare
almeno all'inizio intoppi nelle parti centrali e di coda.
L’ANDATURA
In posizione centrale, il direttore controlla che il gruppo sia
compatto, suggerisce anche le eventuali modifiche in funzione
dei problemi che si presentano.
Andatura regolare, ritmica, adatta a tutti, è la più redditizia
nelle escursioni collettive, perché è meno soggetta ad
interruzioni.
I tempi sono rispettati quanto più le soste sono fatte
correttamente, quanto più i movimenti sono veloci e sicuri
nelle varie occasioni, nella rapidità dei preparativi, nelle
manovre tecniche.
RISCALDAMENTO
E' lo stadio di "rottura del fiato", breve alterazione della
respirazione immediatamente seguita da una maggiore fluidità
dei movimenti muscolari e sensazione di star meglio, di star
bene; solo dopo si può aumentare fino ai limiti dei 120/140
battiti al minuto (lavoro aerobico).
La rottura del fiato ha tempi variabili da persona a persona, di
solito fra la mezz'ora ed i 50/60 minuti.
Quindi, la prima oretta a ritmo blando, poi a regime …
MARCIA NORMALE
Se il dislivello è modesto, l'andatura può essere tranquilla.
Se il dislivello arriva o supera i 1.000 metri è meglio tenerla
sufficientemente sostenuta, per riuscire a rispettare i tempi
gestendo eventuali problemi di percorso.
Mai tagliare i tornanti: si "rompe" la continuità della fila, si crea
confusione e si aprono vie d'acqua che col tempo portano
all'erosione di parte del terreno.
VARIAZIONI DI PENDENZA
Dopo un tratto ripido... rallentare sul successivo piano per
evitare che il passo lento di chi segue provochi rotture della
fila e distanziamenti.
Se il gruppo è numeroso ciò comporterebbe sicuramente dei
problemi. Quando l’apripista rivedrà il chiudi fila, potrà
riprendere la normale andatura.
La stessa cosa vale per tutti i casi in cui si presentino
passaggi impegnativi od ostacoli che provocano rallentamenti
momentanei.
SALITE RIPIDE
Ogni soggetto, in questi casi, ha percezioni proprie, sia fisiche
che mentali.
Garantire AUTONOMIA nel superamento di questi tratti, da
affrontare secondo il proprio passo e/o modalità,
ricompattando il gruppo appena possibile su luoghi sicuri.
DISCESA E' sicuramente più facile che si verifichi il frazionamento.
I buoni camminatori si vedono qui, perché ancora freschi e
pimpanti, insieme ovviamente all'abitudine acquisita di sapersi
muovere bene in montagna.
Chi non è abituato... rallenta!
Attenzione: in discesa è maggiore la probabilità di incidenti.
Problema: in caso di incidente avere gli accompagnatori
frazionati può aumentare i tempi di intervento. Prevedere più
accompagnatori nel gruppo lento.
Stare sempre insieme, cercando di stimolare la solidarietà dei
più forti nei confronti degli altri.
Questo è uno degli importanti compiti dell'apripista!
SOSTE Per ristorarsi, per riposare, per gustare l'ambiente circostante,
per eventuali lezioncine degli accompagnatori, per prepararsi
ad intraprendere parti di percorso maggiormente "tecniche".
Indicazione universale: una sosta ogni ora, comunque brevi e
non ravvicinate (se non in caso di necessità) soprattutto per
evitare raffreddamenti.
Anche nel caso di spuntini che devono essere brevi e poco
pesanti, cercare luoghi sottovento, al riparo da pericoli.
Sicuramente dopo tratti ripidi, per ottenere un sufficiente
defaticamento. Deve essere sufficientemente lunga anche per
i più lenti e per gli ultimi ancora affaticati.
Il tempo di sosta deve essere deciso all'arrivo del chiudi fila.
Prima di ripartire, pulire sempre il luogo di sosta!
IN RIFUGIO Anche in rifugio l’Accompagnatore deve continuare a
mantenere il suo ruolo, garantendo che il comportamento
degli escursionisti onori l’immagine della Sezione di
appartenenza e del Club Alpino Italiano.
Appena arrivati, presentarsi al gestore e prendere in
consegna le stanze evitando in assoluto l’assalto ai posti letto;
Concordare le modalità della cena e informare il gruppo
(orario della cena, menù, altro…);
Raccomandare che nessuno si allontani di propria iniziativa
dal rifugio. Eventualmente, organizzare una breve giro nei
dintorni con gli accompagnatori;
Prima della partenza salutare il gestore e verificare che non
vi siano pendenze da sanare.
ALCUNE SEMPLICI ED ELEMENTARI REGOLE:
Ricordare che il rifugio non è un albergo!;
Ricordare l’obbligo di utilizzo del sacco lenzuolo;
Ricordare il divieto di entrare nelle stanze con gli scarponi;
Raccomandare il rispetto del silenzio dopo le ore 22.00;
Se ci si alza al mattino presto, svolgere tutte le operazioni in
silenzio e nel più breve tempo possibile, per non disturbare;
Quando ci si alza dal letto ripiegare le coperte;
Uscendo dalla stanza controllare che tutto sia in ordine e di
non aver dimenticato nulla;
COMPORTAMENTO IN RIFUGIO
ACCOMPAGNARE IN SICUREZZA
Scuola Sezionale di Escursionismo Società Alpina Friulana – CAI Udine 1º Corso di formazione e verifica per aspiranti ASE
Paluzza (UD), 5 aprile 2014
ANE - INV Fabio MARCOLEONI
DISTINGUIAMO:
LUOGHI CONTROLLATI
E
LUOGHI NON CONTROLLATI
Nei luoghi non controllati esistono problemi ben
diversi rispetto ai luoghi dove abitualmente viviamo.
Soprattutto, non siamo abituati a pensare che in certe
situazioni possano esistere problemi.
Anche piccoli inconvenienti possono essere
insormontabili, se affrontati male o impreparati.
Principali cause di incidenti in montagna
Ritardo dovuto a impreparazione o
disorganizzazione.
Semplici scivoloni o banali inconvenienti che
nella normalità non provocano grossi problemi,
ma che in montagna possono essere molto
pericolosi o addirittura fatali.
In molti casi per disattenzione, inesperienza,
equipaggiamento ed attrezzatura inadeguata.
PERICOLI OGGETTIVI Dovuti a condizioni meteorologiche e ambientali: scarsa visibilità, vento, radiazione solare, temporali,
fulmini, vetrato, pioggia, grandine, nevischio, tormenta,
freddo caduta di pietre e ghiaccio, crepacci, ponti di neve,
valanghe.
PERICOLI SOGGETTIVI Riguardano la persona stessa: Impreparazione fisica, impreparazione morale,
impreparazione tecnica e generale, difetto di attitudine,
inadeguata formazione del gruppo, pericolo di caduta.
RISCHIO RESIDUO
E’ molto difficile da valutare perché dipende da
molti fattori. Sono sicuramente importanti le
capacità e l’esperienza.
In una stessa situazione gli esperti corrono
sicuramente minor rischio dei principianti.
Il grado di rischio dipende dalla persona; anche
l’esperto accetta maggiori incognite, quando
affronta itinerari difficoltosi o situazioni difficili.
Nessuno è pertanto al riparo da incidenti e rischi.
FONTI DI PERICOLO IN MONTAGNA
CONNESSE AL TEMPO
SONO INDUBBIAMENTE DEI
PERICOLI “OGGETTIVI”
MA IL COMPORTAMENTO DELLA PERSONA
DIVENTA FONDAMENTALE!
L’ ERRORE E LA SOTTOVALUTAZIONE DELLE
PREVISIONI E CONDIZIONI METEO SONO ALLA
BASE DI GRAN PARTE DEGLI INCIDENTI.
PERICOLI SOGGETTIVI
I pericoli soggettivi dipendono dall’individuo stesso:
a) Mancanza di conoscenze e impreparazione tecnica;
b) Incapacità e impreparazione fisica;
c) Stato d’animo e condizione psicologica inadeguati;
d) Formazione del gruppo poco equilibrata nella capacità;
e) Incapacità di superare le difficoltà con le proprie forze;
f) Superficialità nell’organizzazione dell’escursione;
g) Stima non corretta delle difficoltà in rapporto alla propria
esperienza, con possibili errori nella scelta dell’itinerario.
Essere lucidi significa mantenere la capacità di
valutare la situazione evitando che fatica e stress
emotivi pregiudichino la visione d’insieme;
l’escursionista deve conservare un sufficiente
distacco dalle condizioni contingenti per prendere
DECISIONI OBIETTIVE
Durante la salita bisogna essere in grado di fare il
punto sulla situazione onestamente, mettendo da
parte la voglia di riuscire ad ogni costo.
Andare in montagna non è esente da pericoli.
Taluni derivano dalle difficoltà che la
montagna oppone, altri dalla natura della
stessa, indipendentemente dalle difficoltà che
essa presenta.
Bisogna comunque rendersi conto che non è
possibile eliminare totalmente i pericoli
Un’accurata pianificazione è fondamentale per
la riuscita dell’escursione in montagna.
Il successo dipende, oltre che dalle proprie
capacità, anche dalla scelta opportuna del
luogo dove svolgere l’escursione e dalle
condizioni meteorologiche.
A volte, pur a malincuore, è necessario
rinunciare ad un’escursione perché vengono a
mancare le condizioni di sicurezza.
La maggior parte degli incidenti in
montagna non è causata dai pericoli
oggettivi, bensì dall’uomo; proprio
perché sono legati alla persona.
I pericoli di natura soggettiva
possono e dovrebbero essere evitati.
I concetti di pericolo e di rischio appaiono
erroneamente simili, o diversi, solo come intensità.
Per PERICOLO si intende l'esistenza di cause
oggettive che possono dar luogo ad un fenomeno
dannoso.
La loro presenza e gravità sono indipendenti dal
soggetto interessato.
Per RISCHIO si intende l'esposizione al pericolo,
variabile a seconda dei comportamenti, quando
questo si interpone tra l'interessato e i suoi obiettivi.
Affrontare un PERICOLO significa porsi di fronte ad
una situazione esterna da se stessi, definita
potenzialmente dannosa.
Assumere un RISCHIO significa essere parte attiva
nell'addentrarsi in tale situazione.
Esempio: una strada dal fondo sdrucciolevole e poco
illuminata, costituisce un pericolo.
Percorrerla con comportamenti diversi, significa
assumersi rischi diversi.
VARIABILITA' QUANTITATIVA DEL PERICOLO
Nel tempo e/o nello spazio, il medesimo
comportamento comporta rischi diversi in
relazione al pericolo presente nell'istante e
nel punto interessato.
SOGLIA DEL PERICOLO
La soglia è il limite al di sotto del quale il pericolo
rimane latente e potenziale.
Oltre questo limite, si attua la potenzialità e si
verifica il fenomeno temuto.
Pericolo e rischio, variabilità del pericolo, soglia di
pericolo, distinguono ai fini della sicurezza due casi:
a) Spontaneo superamento della soglia di pericolo.
b) Sovra assunzione di rischio in una situazione pericolosa.
Esempio: L'instabilità del manto nevoso (PERICOLO) può
portare alla valanga (FENOMENO).
a) Per distacco spontaneo.
b) Per sovraccarico provocato.
Nei casi di tipo “a” i fenomeni non sono dannosi, se grazie
ad una corretta valutazione del pericolo, i soggetti si sono
tenuti fuori da esso (rischio minimo); oppure a distanza di
sicurezza (rischio calcolato).
Nei casi di tipo “b” i fenomeni sono spesso dannosi, poiché
avvengono in presenza dei soggetti che li hanno provocati.
RICONOSCIMENTO DEL PERICOLO
Il calo di attenzione è responsabile di numerosi
incidenti in montagna.
Le statistiche dimostrano una maggiore incidenza
degli incidenti, nelle difficoltà medie e basse ed in
prossimità della meta o sulla via del ritorno, quando
alla fatica fisica si aggiunge un calo di tensione.
IL PROBLEMA DELLA VALUTAZIONE
Nella maggior parte dei casi ci si deve basare su valutazioni
soggettive, che consistono sempre in tre elementi distinti:
a) il valore qualitativo/quantitativo attribuito ad una scala che
va da un minimo ad un massimo;
b) le capacità e le competenze del valutatore;
c) la cura posta nella valutazione.
Il secondo ed il terzo elemento combinati danno il grado di
affidabilità (la fiducia che si può ragionevolmente riporre nella
valutazione effettuata).
Quando la valutazione soggettiva di un individuo contrasta
con quella di altri si pone per lui il cosiddetto "dilemma di
credenza“.
FENOMENI RILEVANTI NELLA VALUTAZIONE DI GRUPPO
a) privilegiare le valutazioni che si collocano nella media di
tutte le valutazioni espresse e scartare quelle estreme;
b) la tendenza a riporre maggiore fiducia in una valutazione
di gruppo rispetto ad una di un singolo.
Queste due tendenze, seppure non del tutto scorrette,
possono portare ad una impropria sensazione di sicurezza a
causa di una erronea attribuzione di oggettività alle
valutazioni. In realtà la media di tante valutazioni soggettive
non dà luogo ad una valutazione oggettiva e quindi certa.
SOTTO E SOPRAVALUTAZIONE DEL PERICOLO
L'esperienza che diventa abitudine, routine, confidenza,
l'aver fatto tante volte una certa attività, risolto lo stesso tipo
di problemi può portare ad un innalzamento della soglia di
percezione del pericolo.
Può essere di esempio il caso di colui che dopo aver
percorso molte vie ferrate senza che mai gli sia accaduto un
incidente, evita di assicurarsi in un breve tratto esposto.
Oppure di chi sottovaluta l’equipaggiamento, perché in
situazioni precedenti non ha mai avuto la necessità di usarlo.
RAPPORTO TRA NOI STESSI E PERICOLO
Alcuni rischi sono accompagnati da emozioni che possono
risultare irresistibilmente attraenti, per cui l'atteggiamento
verso un determinato rischio è frutto di una combinazione
attrazione - repulsione in cui la sfera razionale si incrocia con
la sfera emotiva e non governa da sola i comportamenti.
MODALITA' DI ASSUNZIONE DEL RISCHIO
Il rischio assunto volontariamente e consapevolmente dopo
una corretta valutazione del pericolo, è il caso normale.
Le caratteristiche delle persone, l’equipaggiamento, il tempo a
disposizione …, sono idonei ad affrontare la situazione.
C'è una seconda possibilità di assunzione consapevole ma non
volontaria, in cui ci sia una scelta obbligata da vincoli
sopraggiunti (incidente tecnico, infortunio ad una persona)
oppure una scelta fatta per evitare un rischio maggiore.
Esiste infine la possibilità di trovarsi di fronte ad una situazione
non voluta, a causa di una sottovalutazione iniziale del pericolo,
che appare nella sua reale entità quando non è più possibile
evitarlo.
MOLTI DEGLI ARGOMENTI APPENA TRATTATI
SONO STRETTAMENTE CORRELATI E
DIPENDENTI ALLA BUONA PREPARAZIONE
DELL’ESCURSIONE.
UNA CORRETTA PIANIFICAZIONE
DELL’ESCURSIONE CONSENTE DI
RIDURRE AL MINIMO RISCHI E PERICOLI.
“L’audacia è bella! L’incosciente temerarietà è sciocca! E’ bene quindi conoscere e volgere a proprio vantaggio le esperienze di chi ci ha preceduti, così da combinare l’audacia con la riflessione, l’intelligenza con l’abilità.
Mostra vero coraggio colui che è veramente cosciente, in ogni momento, delle conseguenze e delle proprie azioni …”
Wilhelm Paulche
Tratto da quello che è considerato il primo testo che analizza
organicamente i pericoli in montagna, scritto agli inizi del secolo scorso.
IN BOCCA AL LUPO A TUTTI !!!