Pomezia notizie 2016_6
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Anno 24 (Nuova Serie) – n. 6 - Giugno 2016 - € 5,00
DOMENICO ANTONIO TRIPODI DANTE E L’ARTE VISIVA
Il 20 maggio 2016, Nell’Aula Capitolare di Palazzo della Cancelleria - Piazza della
Cancelleria, Roma - L’Accademia della Fonte Meravigliosa ha presentato il Maestro
Domenico Antonio Tripodi - pittore e poeta - che, con segni e parole, ha parlato di Dan-
te e l’Arte visiva.
A lunga fedeltà di Domenico Antonio Tripode a Dante Alighieri è stata ripagata
dall’apprezzamento e dalla lode sia di eminenti storici e critici dell’arte, sia dal → L
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 2
All’interno:
Crocifissione e ispirazione artistica, di Emerico Giachery, pag. 4
La storia di Taras Shevcenko, di Luigi De Rosa, pag. 6
Lo sciame delle parole di Guido Zavanone, di Nazario Pardini, pag. 9
Maria Grazia Lenisa e i temi dell’amore, di Ilia Pedrina, pag. 11
Viviane Ciampi: D’aria e di terra, di Liliana Porro Andriuoli, pag. 14
Passionalità e nostalgia in Rino Cerminara, di Leonardo Selvaggi, pag. 16
Claudia Trimarchi e i mondi di Domenico Defelice, di Ilia Pedrina, pag. 21
Antonia Izzi Rufo e La casa del nonno, di Nazario Pardini, pag. 24
La poesia è la casa della cultura, di Susanna Pelizza, pag. 26
I Poeti e la Natura (Giorgio Caproni), di Luigi De Rosa, pag. 27
Notizie, pag. 42
Libri ricevuti, pag. 47
Tra le riviste, pag. 49
RECENSIONI di/per: Isabella Michela Affinito (Arcobaleno, di Tito Cauchi, pag. 30);
Isabella Michela Affinito (E scoppiò la resistenza, di Ernesto Papandrea, pag. 31); Elio
Andriuoli (Incontri indecisi, di Gennaro Maria Guaccio, pag. 32); Tito Cauchi (Io e gli altri
poeti nella società, di Isabella Michela Affinito, pag. 33); Tito Cauchi (Dieci x dieci, di Sal-
vatore D’Ambrosio, pag. 34); Domenico Defelice (Giacomo Leopardi Percorsi critici e bi-
bliografici, di Giuseppe Manitta, pag. 34); Domenico Defelice (Boccaccio in Sicilia, a cura
di Giuseppe Manitta, pag. 35); Filomena Iovinella (Il viaggio dell’elefante, di José Sarama-
go, pag. 37); Antonia Izzi Rufo (La funzione catartica e rigeneratrice della poesia in Do-
menico Defelice, di Claudia Trimarchi, pag. 37); Susanna Pelizza (Michele Frenna nella si-
cilianità dei mosaici, di Tito Cauchi, pag. 38.
Inoltre, poesie di: Elio Andriuoli, Yahya Kemal Beyatli, Ilhan Berk, Mariagina Bonciani, Piera
Bruno, Marina Caracciolo, Salvatore D’Ambrosio, Michele Di Candia, Caterina Felici, Béatri-
ce Gaudy, Filomena Iovinella, Antonia Izzi Rufo, Giovanna Li Volti Guzzardi, Eloisa Massola,
Giovanna Maria Muzzu, Océlyane, Susanna Pelizza, Teresinka Pereira, Carlo Trimarchi, Guido
Zavanone
pubblico vastissimo degli appassionati della
Divina Commedia, pubblico destinato a non
estinguersi mai, malgrado le trasformazioni e
i capovolgimenti della scuola italiana. Nella
lunga e complessa vicenda delle letture figu-
rative di Dante, Tripodi ha saputo iscriversi
da par suo, con una personalità spiccata e ori-
ginale.
Se si pensa alle antiche “trascrizioni” figu-
rative della Commedia, da Domenico di Mi-
chelino nella Firenze umanistica, a Botticelli
alla vigilia del Rinascimento, a Federico Zuc-
cari in pieno manierismo per arrivare poi
molto vicino a noi attraverso una schiera di
artisti italiani e internazionali che hanno posto
Dante al centro dei loro interessi, va ricono-
sciuta a Tripodi la capacità di parlare con un
linguaggio moderno e nello stesso tempo ri-
pieno di spiriti classici, per rappresentarci un
Dante vicino alla nostra attuale sensibilità.
Il linguaggio figurativo di Tripodi è aereo,
trasparente, sensibile, meditato, delicatissimo
e penetrante. Il pittore scende, in effetti , alle
radici stesse dell’opera dantesca e ne rintrac-
cia l’immane dottrina e la profonda e autenti-
ca spiritualità. Quel singolare equilibrio tra
immediatezza e meditazione che caratterizza
così bene la poetica dantesca, si rintraccia be-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 3
ne nella impostazione figurativa di Tripodi. A
lui mai si potrebbe attribuire la qualifica di il-
lustratore. Egli non illustra, infatti, ma rivive
la vicenda dantesca, e la sua pittura è un
bell’esempio di vicinanza tra nobili spiriti che
pensano la stessa cosa in modi diversi e ritro-
vano una sintonia profonda a distanza di se-
coli. La finissima qualità della pittura di Tri-
podi ne è la migliore dimostrazione in un
processo di costante arricchimento che l’ arti-
sta persegue ancora adesso con inesausto en-
tusiasmo e dedizione all’arte.
Claudio Strinati
Manfredi (1232 - 1266), re di Sicilia e figlio
naturale dell’Imperatore Federico II e di
Bianca Lancia, nobildonna siciliana, alla
morte del padre (1250) assunse il potere in
nome del fratellastro Corrado IV, e, poi, nel
1258, divulgata la falsa notizia della morte di
Corradino di Svevia, unico figlio di Corrado e
ultimo Hohenstaufen pretendente al trono, si
fece incoronare re nel duomo di Palermo. Po-
liticamente, tenne alte le sorti dei ghibellini
nell’Italia centrale e settentrionale. Nel 1260,
Manfredi sbaragliò i guelfi a Montaperti, nel-
la valle del fiume Arbia. Tale sonante vittoria
sconcertò la curia romana e suscitò l’ira di
Carlo d’Angiò che, ben remunerato, scese in
Italia e uccise l’usurpatore nell’epico scontro
di Benevento. Manfredi morì eroicamente e il
suo cadavere, di re scomunicato con anatema,
dopo il primo e affrettato seppellimento con
l’onore delle armi, venne riesumato e, notte-
tempo, “sene luce né cruce”, venne gettato ol-
tre il fiume Garigliano (ant. Verde) ai confini
del regno. Manfredi, morente, volse al cielo
una preghiera: “Dio sia propizio a me pecca-
tore”. Dante, nella Commedia, pietosamente
lo pone nell’Antipurgatorio a ricordarci che
il perdono divino qualunque sia la durezza e
l’entità del nostro peccato può avvenire an-
che nell’ultimo istante della nostra terrena
esistenza (“Orribil furon li peccati miei;/ma
la bontà infinita ha sì gran braccia/che
prende ciò che si rivolge a lei” - Purg. III,
121-123). L’episodio del Golgotha tra Gesù
e il buon ladrone ne è l’esempio più splen-
dente.
Domenico Antonio Tripodi
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 4
CROCIFISSIONE E
ISPIRAZIONE
ARTISTICA di Emerico Giachery
AL Golgota, il Crocifisso è sceso nel
cuore della storia. Chi ascolta la let-
tura del lungo Passio che apre la Set-
timana Santa, anche se non credente,
difficilmente può sottrarsi al senso di cruda
verità e di tragedia totale, assoluta, che ne
promana. A quelle pagine si ispireranno il più
alto (credo) spartito di tutta la musica europea
(la Matthäus Passion di Bach), e il momento-
vertice del capolavoro filmico di Pasolini,
memore di tanta grande pittura del passato.
Icona centrale di secoli civiltà cristiana, la
Crocifissione. Così essenziale nel cardine
strutturale: su uno sfondo di cielo, due sinistri
legni incrociati con appeso un uomo, anzi un
uomo-Dio, anzi un Dio fattosi uomo, straziato
e morente. Intorno, soldati indifferenti, donne
e uomini oppressi dall’ angoscia. Per il cre-
dente, evento al centro della storia della sal-
vezza, della Storia con la maiuscola. Il mon-
do stesso è stato crocifisso in Cristo. In una
bella Ave Maria, messa più tardi in musica
dal grande cantautore francese Georges Bras-
sens, il poeta Francis Jammes (1868-1938)
invoca Maria Vergine “per i quattro orizzonti
che crocifiggono il mondo”, che è come dire
“nel nome di tutto il dolore del mondo” :
«Pour les quatre horizons / qui crucifient le
monde », in nome, cioè «dei quattro orizzonti
/ che crocifiggono il mondo» .
Per gli artisti figurativi, la Crocifissione è
un tema inesauribile, dalle infinite possibili
varianti, sempre però con l’impegno di non
perdere il senso di quella centralità. Se ripen-
so alle opere pittoriche contemplate più a
lungo negli anni verdi, penso soprattutto a tre
quadri: alla Madonna di Brera di Piero della
Francesca, scampata fortunosamente, con al-
tri capolavori anche di Piero, alla ruberia na-
zista, ed esposta a Palazzo Venezia a guerra
non ancora finita; qualche anno dopo, alla ca-
ravaggesca Decollazione del Battista della
Cattedrale di Malta, in sosta a Roma per un
restauro. Ma soprattutto a una Crocifissione
di Antonello da Messina. Si trattava della più
recente, sembra, delle Crocifissioni dipinte da
questo artista che ha saputo indagare con tan-
ta partecipe passione i segni del dolore uma-
no nel volto dell’Ecce Homo: quella conser-
vata nel Museo di Anversa, e da me vista per
la prima volta in una mostra romana su “I
Fiamminghi e l’Italia”. Mi affascinò, con
quella croce snella e severa, alta sino alla
sommità del quadro, la torsione bloccata e la
sofferenza immobile dei due ladroni infissi
agli alberi, il silenzio delle due figure assise,
il fermo respiro dell’orizzonte concluso dalla
linea marina del porto di Messina trasfigura-
to. Il senso dell’evento era reso perenne dalla
stessa perfezione contemplativa di un’arte
che assume il dolore e lo redime senza abolir-
lo. Rividi il quadro ad Anversa, ma senza più
l’emozionata pienezza di quella prima rivela-
zione: esiste una “grazia della prima volta”
anche per le opere d’arte. In un quotidiano
degli anni Cinquanta, una forte pagina di
Curzio Malaparte, che mi piacerebbe tanto ri-
D
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 5
trovare, descrisse la celebre Crocfissione del
polittico d’Issenheim di Mathis Grünewald
come un emblema tragico dell’Europa. Ho
appreso di recente che il giornalista e scrittore
Massimo Fini, che da ragazzo aveva letto lo
stesso articolo di Malaparte, ne era rimasto
egualmente impressionato. Soltanto molti an-
ni dopo, quando insegnavo nella Francia dell’
Est, mi fu donata l’”epifania” della gentile
città di Colmar, allo spartiacque renano tra
mondo latino e mondo germanico, in un’ irri-
petibile grazia di luce domenicale; e lì potei
finalmente ammirare, al Musée de Unterlin-
den, quel capolavoro; apprezzando però, del-
lo stesso polittico, non meno l’ardita e quasi
medianica Resurrezione, mistico bilancia-
mento e riscatto del grido abissale di quella
Crocifissione.
Nel settore della romana Galleria d’arte
moderna di Valle Giulia dedicato a Renato
Guttuso, l’opera che più mi affascina è La
Crocifissione. Precede di alcuni anni l’ ade-
sione, che pareva allora quasi d’obbligo, di
Guttuso e di molti “intellettuali” (detesto que-
sta parola che evoca una divisione artificiale
di funzioni, ma non è facilmente sostituibile)
al verbo del realismo marxista sostenuto da
Ždanov, che ha prodotto spesso opere retori-
che e di dubbio gusto anche dello stesso Gut-
tuso. (Tra parentesi, ho visto di recente una
fotografia di Andrej Ždanov in divisa, con i
suoi bravi baffetti, tra due membri del Polit-
bureau: era quasi un sosia di Hitler, soltanto
più corpulento). Secondo i critici, nell’opera
ricordata, Guttuso risente dell’arte di Picasso,
che aveva dipinto, nel 1930, una Crocifissio-
ne non molto nota, e aveva detto al pittore si-
ciliano «Non c’è tema più bello di una Croci-
fissione, tanto è vero che esso è affrontato per
più di mille anni milioni di volte». Per l’ arti-
sta moderno, spesso dominata di una cultura
intimamente profana e dissacrante, non è fa-
cile accedere all’arte sacra, ed esprimere il
Sacro senza ambiguità mistificanti. La forza
drammatica ed epica di Guttuso non bastò a
rendere accetto il quadro alle autorità religio-
se in occasione della Mostra del “Premio
Bergamo” (1943). Oggi il mondo cattolico,
che ha molto meditato sul delicato e sfumato
tema del rapporto tra arte e Sacro, accoglie-
rebbe certo senza riserve il capolavoro di
Guttuso.
Emerico Giachery
VACANZE
A Cecco Angiolieri
Che cosa fa da queste parti il vento
spazzino alacre di smog e umidori
se tutto qua profuma d’erbe e fiori?
Lontani i flutti indocili del mare
che ‘l vento con la sua frusta rabbiosa
usa spietatamente governare.
Ma guarda come lieve si riposa
scherzando tra i capelli e il foulard rosso e
la maglietta della bella ritrosa.
Lascia che le sollevi un po’ la veste
e mostri a noi le sue gambe gloriose
che danno gioia alle giornate meste.
E rechi a me le sue dolci parole
come petali vivi e profumati
e gli altri pretendenti discacciati
siano, e solo a me rida l’amore.
Guido Zavanone Genova
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 6
LA STORIA DI
TARAS SHEVCENKO, IL POETA PATRIOTA
DELL'UCRAINA di Luigi De Rosa
UANDO Taras Grigorovic Shevcenko
nacque a Morynci, nei pressi di Kiev,
il 9 marzo 1814, suo padre Gregorio
era un servo della gleba. Quindi era un servo
della gleba anche il futuro poeta e scrittore,
che per amore della patria ucraina avrebbe
poi trascorso gran parte della sua breve vita
nelle prigioni di san Pietroburgo o in esilio,
grazie alla polizia segreta e ai decreti dello
zar Nicola, per essersi ribellato a una condi-
zione umiliante per sé e per il suo popolo.
Mandato a scuola, il piccolo Taras si era ri-
velato intelligente, portato per le lettere e con
capacità non comuni di pittore e disegnatore.
In seguito sarebbe stato un pioniere nell'arte
della fotografia e, soprattutto, in quella dell'
acquaforte (nell'intero Impero Russo) tanto
da meritarsi il titolo di “accademico” dell'Ac-
cademia Imperiale delle Arti, grazie a questa
nuova tecnica.
Ma la sua frequenza regolare della scuola si
era dovuta interrompere a causa dei morsi
della miseria che affliggeva la sua famiglia. E
aveva dovuto andare a fare il pastore, passan do intere giornate in triste solitudine e in un
forte avvilimento, alleviato solo dalla passio-
ne per il disegno, che non lo lasciava mai.
In seguito era passato, come servo, alle di-
pendenze di un gentiluomo che lo trattava
con umanità e simpatia, un certo Pavel En-
gelhardt, che lo portò a vivere prima a Vilnius
e poi a san Pietroburgo, e che, soprattutto,
colpito dalle sue inclinazioni artistiche, gli fe-
ce frequentare l'ambiente degli artisti di san
Pietroburgo. Fu così che conobbe il prof. Karl
Briullov, che lo prese a lavorare nel suo labo-
ratorio all'Accademia delle Arti, e un giorno,
addirittura, comprò la sua liberazione . Era il
1838, Taras aveva 24 anni, e cominciava la
sua vita da uomo libero. Nel 1840, a ventisei
anni, gli fu pubblicata una prima silloge di
poesie, Kobzar, che riscosse poi l'ammirazio-
ne del grande scrittore, filologo e storico
ucraino Ivan Jakovlevic Franko (1856-1916)
che lodò soprattutto la viva freschezza ed ori-
ginalità del linguaggio di Shevcenko nell'am-
bito della storia letteraria dell'Ucraina, pur
avendo scritto, lo stesso Shevcenko, anche
opere in lingua russa.
Lo scrittore, però, finì con l'incappare nella
rete dell'Ochrana, la polizia segreta zarista .
Nel 1847 fu arrestato perché tra le carte della
società segreta Cirillo e Metodio, fu trovato il
suo poema “ Il Sogno”, nel quale abbondava-
no le critiche aspre alla politica oppressiva
dello Zar. Prima finì in carcere a san Pie-
troburgo, poi fu mandato in esilio come sol-
dato nella guarnigione di Orsk, negli Urali, e,
per disposizione dello Zar, “sotto stretta sor-
veglianza e col divieto di scrivere e dipinge-
re”. La grazia imperiale gli fu concessa solo
dieci anni dopo, nel 1857. Comunque non
poté ritornare nella capitale, ma dovette ac-
contentarsi di risiedere a Nizni Novgorod.
Solo nel 1859 gli fu concesso di rimettere
piede in Ucraina. In luglio fu riarrestato per
blasfemia, ma subito rilasciato, purché abi-
tasse a San Pietroburgo. Morì in questa città,
dopo anni di intenso lavoro letterario, il 10
marzo 1861. Il suo fisico non aveva retto ol-
tre, dopo una vita di strapazzi. Sepolto a
Smolensk fu poi traslato dagli amici in
Ucraina, dove l'8 maggio fu sepolto sulla at-
Q
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 7
tuale Tarasova Hora, o Collina di Taras. In
tal modo, sarebbe stato esaudito un preciso
desiderio dello scrittore-patriota, che così
aveva scritto nella sua poesia Il Testamento
(Zapovit), tradotta da Evgen Kracevic :
“ Quando morirò, mi interrino
sull'alta collina,
fra la steppa della mia
bella Ucraina.
Che si vedano i campi,
il Dniepr con le rive,
che si oda il muggito
del fiume stizzito.
Quando porterà il fiume
al mare azzurro
il sangue nero,
lascerò allor la tomba
ed andrò da Dio
per pregare...Prima di ciò
non conosco Dio.
Sepoltomi, insorgete,
le catene rompete,
che il sangue dei nemici
spruzzi la libertà.
Nella vostra gran famiglia
nuova, liberata,
vorrei esser ricordato
con parola grata.”
Secondo gli esperti di slavistica, è grande
l'importanza dell'opera di Shevcenko, sia di
quella in versi che di quella consistente in la-
vori teatrali di forte impatto popolare. Si ri-
tiene che egli abbia contribuito in maniera de-
terminante alla creazione e sistemazione della
lingua ucraina (qualcuno lo ha definito il
Manzoni dell'Ucraina), e che abbia consentito
e alimentato, con passione e romanticismo, la
formazione di una coscienza nazionale ucrai-
na, influenzando, in certo modo, perfino le
abitudini di vita dei connazionali.
Sono numerosissimi i monumenti a lui de-
dicati, e non solo in Ucraina (a Kaniv, e nel
centro di Kiev, etc.). L'Università della capi-
tale è dedicata a lui, così come una stazione
della Metropolitana (Tarasa Shevcenka), così
come una città ucraina, Korsun Shevcenkiv-
skyi, etc.
A San Pietroburgo il primo a far erigere un
monumento allo scrittore anti-zarista fu Le-
nin, nel 1918. In molte città dell'ex Unione
Sovietica vi sono suoi monumenti, per la sua
battaglia antizarista durata una vita, ma ce ne
sono anche ad Orsk e nel Kazàchistan. Dopo
l'indipendenza dell'Ucraina (che si festeggia
in tutte le città il 24 agosto) monumenti a
Shevcenko hanno preso il posto di altrettanti
monumenti a Lenin. Ed oltre a quelli di Leo-
poli e di altre località, c'è un importante mo-
numento a Shevcenko anche a Washington,
per non citare una piazza di Parigi a lui dedi-
cata, e un'altra piazza Shevcenko a New
York.
Del resto, l'amore dell'artista per la sua
Ucraina non ha mai conosciuto soste o debo-
lezze. L'Ucraina è il paese più grande d'Euro-
pa (dopo la Russia), e la sua terra è sempre
stata fertilissima. Per secoli è stata dominata
da popoli stranieri, a cominciare dagli Scan-
dinavi (Rus) nell'882 d. C. , ma non ha mai
perso il rispetto per la propria storia, il pro-
prio paesaggio, la propria orgogliosa persona-
lità.
Cantava Shevcenko, in Ucraina , in un
momento di desolato sconforto:
“ Non mi importa ch'io viva o non viva in
Ucraina,
che rimanga o non rimanga memoria di me,
sepolto sotto la neve, in terra straniera.
Non m'importa.
Ho vissuto in schiavitù, e in schiavitù morrò,
morrò piangendo senza che nessuno mi pianga.
E non lascerò traccia nella gloriosa Ucraina,
terra nostra e non nostra.
E non mi rievocherà il padre,
parlando al suo figlio, non gli dirà:
“Prega, o figlio !
Egli è morto, un giorno egli è morto per l'U-
craina !”.
In una miscela inestricabile di romantici-
smo e di nazionalismo, peraltro tipici di buo-
na parte del secolo Diciannovesimo e di Paesi
costretti sotto il giogo di Imperi troppo vasti e
oppressivi quali quello russo e quello austro-
ungarico, si dibatte il “sogno” di Shevcenko,
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che non aspira ad un “abbraccio generale”
quanto ad una concreta rivolta della coscienza
nazionale e ad una indipendenza della sua
Ucraina, conculcata da troppi poteri stranieri
nei secoli.
A questo punto, può accadere che il nostro
pensiero corra ai giorni nostri, ai mesi, agli
anni che si succedono in questo Ventunesimo
secolo e che vedono “banalmente”, se non ci-
nicamente, tra le cause principali dei conflitti
tra i popoli (o meglio, tra gli Stati) campeg-
giare cose come petrolio, gas, elettricità...in
altre parole, le fonti energetiche...per le quali
qualcuno, purtroppo, non esiterebbe a mettere
la pace mondiale a rischio tremendo.
“Addio mondo, addio terra,
paese ostile,
le mie sofferenze, i miei mali
in una nuvola nascondo.
E tu, mia Ucraina,
vedova infelice,
da te io volerò
per parlarti della nuvola...”
Non è assolutamente consentito distorcere il
significato delle parole del poeta, che a tutto
pensava fuorché alle fonti energetiche, e di-
fendeva ideali ben più alti di quelli che si agi-
tano nei nostri giorni.
Però non possiamo dimenticare che a Kiev,
oltre ad affascinanti luoghi da visitare, c'è an-
che il Museo di Chernobyl, che nel sito dell'
Ambasciata di Ucraina (www.amb-ucraina.
com) viene definito “agghiacciante ma inte-
ressante”. Proprio sul territorio dell' Ucraina
è accaduto quello che viene ricordato come
“ il più grande disastro nucleare della sto-
ria”, aggiungendo che “...il disastro avvenu-
to nel 1986, e l'angosciosa lentezza della ri-
sposta ufficiale sovietica provocarono mal-
contento in tutto il Paese; due anni dopo, la
chiesa uniate emerse dall'isolamento. Il Mo-
vimento del Popolo Ucraino per la Ricostru-
zione, un movimento nazionalista fondato a
Kiev da intellettuali e scrittori, si diffuse in
tutto il paese nel 1990. Nel luglio dello stesso
anno, il Parlamento ucraino proclamò la so-
vranità della Repubblica (ma non la seces-
sione), dichiarazione che non ebbe molto ef-
fetto. Poco dopo il fallito colpo di Stato sovie-
tico dell'agosto del 1991, il Partito Comuni-
sta Ucraino (CPU) venne dichiarato fuori
legge e in dicembre la popolazione votò all'
unanimità per l'indipendenza.”
Anche così precipita la Storia.
Luigi De Rosa
LA BANDA DE COJONI
Banda de deficienti, banda de ladroni,
banda de purciari, banda de cojoni.
A voi ve scrivo, a voi me riferisco:
quanto siete patetici, e pure che n’la visto.
Pe integravve in sta merda de società,
pure la merda annate a magnà.
Banda de burini, banda de scrocconi,
banda de ignoranti, banda de cojoni.
Non ve vojo più vedé, non ve vojo più sentì,
me so rotto er cazzo de e storielle co udinì.
Me so rotto er cazzo de e stronzate che
sparate,
me so rotto er cazzo de notifiche co
Onedate;
me so rotto er cazzo de e persone che
spariscono,
me so rotto er cazzo de e stronzate che nun
finiscono.
Volete sapere la verità?
Mene sbatto ar cazzo pure de sta merda de
città.
Le persone di cui ti puoi fidare?
Se contano co na mano, perciò non le
lasciare.
Sto posto de merda contiene più nozioni
di quante ne sappiate voi, banda de cojoni!
Carlo Trimarchi Frascati (RM), 29.04.2014
AALLELUIA! AALLELUIA!
ALLELUUIAAA!
26/4/2016
L’Austria sta chiudendo il Brennero e pre-
tende di controllare treni e auto sul territorio
italiano. Alleluia! Alleluia! Inaudite tanta ar-
roganza e sfacciataggine. E l’Italia che fa?
Si lecca le ferite?
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 9
LO SCIAME DELLE PAROLE
DI GUIDO ZAVANONE di Nazario Pardini
N altra occasione ebbi a scrivere su Gui-
do Zavanone: «Fenollosa Ernest Franci-
sco affermava che la poesia è l’arte del
tempo. Perché riportare tale affermazione?
Perché il tema del tempo ha una funzione de-
terminante nella poesia di Zavanone. Non so-
lo da un punto di vista del memoriale, ma so-
prattutto da quello della realtà contingen-
te: hic et nunc. In lui l’ieri, l’oggi e il domani
si embricano indissolubilmente per dare
energia espansiva al suo poema. È cosciente
del tempus fugit Zavanone. E la realtà circo-
stante la vive come frammento del suo essere
mortale. Ma dall’altra parte sente l’urgenza di
farne un accadimento perpetuo, di vincerne
quel sapore di caducità, ricorrendo all’idea di
arte/poesia; per proiettarsi oltre il breve tratto
della vicenda umana. Oltre lo sfacimento de-
gli autunni; per accostare le chant d’un char-
donneret che sa tanto d’azzurro…». Iniziare
da questo frammento testuale significa avvi-
cinarci il più possibile allo spirito poetico di
Guido Zavanone di cui Lo sciame delle paro-
le segna, in maniera diacronica, le tappe fon-
damentali. Un testo corposo, di ben 350 pagi-
ne, che, dato alle stampe nel 2015 coi caratte-
ri di Interlinea Edizioni, si presenta come to-
mo di grande fascino per la sua essenzialità
editoriale ma soprattutto per il fatto che ripor-
ta a memoria volumi di grande pregio e di in-
vitante livello contenutistico; consuntivo, no-
stos; il viaggio di una vita che ci pone di fron-
te alla valenza del poeta genovese, allo spes-
sore del suo linguismo, alla polivalenza del
suo verso e al proficuo entusiasmo per la
scrittura. Sì, proprio così, una vita, un redde
rationem, con tutto il suo rocambolesco andi-
rivieni di sogni, di aspirazioni, di illusioni,
delusioni, saudade, amore, memoriale e
ignoto: «Vorrei cavalcare l’ignoto / e come
un cavallo alato / allungare il collo nel vuoto /
nel mai esplorato /…». Ma quello che più di
ogni altra cosa incide sulla sua poetica è la
coscienza della fragilità del vivere; dell’ esi-
stere in questo mondo che lascia infiniti per-
ché irrisolti e irrisolvibili. Tutte le questioni
dell’esser-ci vi sono contemplate: abbrivi
edenici, sobbalzi esistenziali, riflessioni onto-
logiche, scottature emotivo-vicissitudinali; e
fughe verso l’oltre, verso una vetta da cui il
Poeta possa abbracciare «… la (tua) sua croce
nera / che affonda nella terra riarsa / e nel
limpido cielo». Una vera spinta verso l’alto
per sottrarsi alle deficienze della condizione
umana: «Tu cercavi soltanto / un sorriso e lo
trovi / nella foto sbiadita / della lapide accan-
to». Ed è proprio così: il fatto che più inquieta
è il rapporto fra l’uomo e l’infinito; fra l’ uo-
mo e la scadenza di una storia; fra l’uomo e le
aporie del viaggio: «… / Perché fratello, /non
è una montagna felice /da salire cantando te-
nendosi per mano, /è una montagna di rocce,
d’abissi, d’agguati, / dove l’aria ti manca /
nessuna corda che ti possa aiutare /e sulla vet-
ta ad attendere forse / null’altro/ che un cielo
chiaro»; dacché non sempre la religione può
sopperire a tale travaglio, per cui, spesso, si
ricorre alle memorie per costruire un mondo
virtuale, vero, più vero del reale nel tentativo
di prolungare magari il fatto di esistere o di
trovare un rifugio alle sottrazioni della quoti-
dianità: «L’anima (se esiste)/l’immergerei
nella fontana della / ritrovata giovinezza /…».
D’altronde la poesia non è mai solo realtà fe-
nomenica; non è mai solo il prato, il mare, il
colle, l’arancio di un tramonto, o l’oro di
un’alba. È essenziale che queste configura-
zioni si traducano in immagini, occorre che
restino in animo a decantare per ri-farsi vere,
vogliose di ri-vivere. Tutto deve passare dal
serbatoio dell’anima; tutto deve essere intinto
nel calamaio del nostro esistere: «Lungo i
sentieri squallidi del tempo / già si spengono i
fuochi e s’allontana il canto / delle dolci fan-
ciulle. / La grande notte passa e nel suo volo /
l’ ombre dei morti»; quei sentieri, quei fuo-
chi o quelle ombre devono farsi corpo dei no-
stri frammenti di vita; devono essere commi-
surati al tempo che fugge irrimediabilmente;
un repêchage continuo a corpo a corpo con la
voracità della clessidra. Questo, tutto questo è
I
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 10
nella poesia di Zavanone che, pur parten-
do dalle piccole cose, dai piccoli accidents o
dagli odeporici messaggi, sa elevarsi all’ uni-
versale; sa oggettivare ogni sensazione che si
fa parte di un tutto in cui ognuno di noi si ri-
trova, ricorrendo, anche, in maniera estrema-
mente simbolica, al mito dei miti, sempre e
estremamente attuale: «… / Alla soglia della
luce / Orfeo si volterà, perderà per sempre / l’
amata Euridice. / Serberà il canto», quello
che, nell’animo dell’Autore, può farsi eter-
no. Opera vasta in diacronico movimento: Lo
sciame delle parole. Poesia di una vita, il ti-
tolo. Un titolo emblematico e risolutivo; un’
opera di grande forza comunicativa, dove il
verbo, trattato con tutti i crismi epigrammatici
e euritmici, diviene corpo indissolubile della
storia del Poeta; elemento portante, fiore pro-
fumato in piena fioritura dopo una lunga fe-
condazione su terricci sapidi di vita: la cultu-
ra, il senso dell’estetica, la profondità psico-
logica, il culto della parola, l’amore per il
poièin, lo studio, la riflessione, l’inquietudine,
la ricerca della luce, del bello, del verso com-
patto e plastico sono gli ingredienti di un ex-
cursus antologico che, partendo da La terra
spenta, si protrae fino all’ultima silloge inedi-
ta Ultime. Ed anche se i tasselli dell’esistere
sono tante stazioni di una via crucis; anche se
alla fine permangono dubbi e insoluzioni,
quello che sembra primeggiare in questo per-
corso è una dolce illusione di memoria fosco-
liana: affidare tutto noi stessi al canto nella
speranza che vinca le ristrettezze del giorno,
la futilità del nostro soggiorno, per prolungare
una storia oltre i limiti dei nostri orizzonti:
Come ti ha cambiato il tempo,
mio piccolo usignolo!
Di te è rimasto soltanto
il canto
che accompagna il tuo volo (Il tempo e il
canto).
Sì, il canto e il volo.
Nazario Pardini Guido Zavanone: Lo sciame delle parole. Poesia di
una vita. Interlinea Edizioni. Novara. 2015. pgg. 350, € 20
SE COSTANTE
È L’APPRENDIMENTO
T’insegnano tante cose una madre, un padre:
t’insegnano ad avere memoria di farfalla
per le cose bieche, d’elefante per tutte le altre;
t’insegano ad avere orecchio
per i movimenti minimi del cuore;
t’insegnano a vivere la vita senza affanno
anche nella ferocia delle cose;
t’insegnano ad avere coraggio di notte
nelle strade solitarie;
t’insegnano che come le formiche
anche il poco è essenziale;
t’insegnano che il mondo è una casa;
t’insegnano a tollerare le albe e i tramonti
di una città ottusa;
t’insegnano a sentire con i cinque sensi
e... un sentimento;
t’insegnano i luoghi e la loro storia;
t’insegnano a togliere la ruggine
dalle cromature;
t’insegnano a vedere e a camminare dentro
il buio;
t’insegnano il significato dei riflessi dei
lampi
della vita;
t’insegnano che l’Amore stupisce più del
Male;
t’insegnano ad amare fino all’ultimo diluvio;
t’insegnano…
Salvatore D’Ambrosio Caserta
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 11
MARIA GRAZIA LENISA E I TEMI DELL'AMORE
COME PREDESTINAZIONE
DELLA PAROLA IN CANTO di Ilia Pedrina
INGRAZIO con tutto il cuore la gen-
tile offerta di Marzia Alunni. Mi ha
inviato 'AMOROSE STRATEGIE',
pubblicazione curata dal Circolo Rhegium Ju-
lii nel novembre del 2008. Ed è allora con
fraterna devozione che trascrivo alcune tracce
della lettera che ha accompagnato il dono: “...
mi accingo ad inviarle l'ultima opera di mia
madre Maria Grazia Lenisa.... È un'emozione
profonda, un ponte fra generazioni, unite dall'
amore per la Poesia! A questo mi fanno pen-
sare le sue parole, le riflessioni ormai irrinun-
ciabili che a tutti i costi ci obbligano a rivede-
re molti aspetti del secondo Novecento fretto-
losamente storicizzati... mi impegno a soste-
nere il lavoro e l'esempio di cultura che ci è
stato tramandato. C'è ancora molto da fare...”.
Da allora questo volumetto appare e scompa-
re, per riapparire poi nuovamente e farsi an-
notare, in differenti stratificazioni di tempo:
dal novembre 2009, quando per oltre tre mesi
ho avuto entrambe le braccia 'inservibili', mi è
stato compagno di respiri e d'immaginario.
Non potendo scrivere, registravo a caldo le
mie interpretazioni dei testi poetici di questa
Amica di sogno. Allora come ora la tensione
illuminante i suoi percorsi e le esperienze in
rimandi d'immaginario e di concreto vissuto
mi hanno coinvolto su piani di crescita emo-
tiva e conoscitiva di elevato livello ed i due
tempi dunque, una miriade d'istanti durata
quasi otto anni, si fondono senza sforzo, in
trasparenza, allo scopo di cogliere il profilo di
questa '...donna di versi/ che inventa l'amo-
re..'.
Quella di M. G. Lenisa è audacia sacrale ed
il lato sacrificale è quello della parola poetica,
che riduce un poco il circuito stesso delle
emozioni che evoca e provoca: piaceva a
Francesco Pedrina quella sua verginale sfron-
tata forza di affrontare la vita anche nei suoi
lati più tenebrosi, facendosi scudo con una
atavica riservatezza e purezza ctonia, la cui
consistenza ella riserverà alla tensione spiri-
tuale. Infatti dirà ella stessa: “... La forma me-
trica armonizza con il mio studio dagli albori
ad oggi, proponendo un possibile contrasto
non privo di asprezze, sadismo, tenerezze inu-
tili, forse. Quindi ispirazione, sperimentali-
smo si trovano uniti senza che abbia la prete-
sa di rivalutare il genere, ma di giungere ad
un mio punto di arrivo... Non certo chiamo in
causa il valore, ma la crescita della mia ani-
ma... grazie a quella lunga malattia che è la
vita”. (da M. Alunni 'Maria Grazia Lenisa -
Scheda Autore, 16 maggio 2011, le interru-
zioni sono nel testo presentato). Utilizzo qui
la fonte internet 'Poesia', un sito che ha come
sua cifra il codice a barre, senza numeri e
stracciato quasi al centro, in forma di foro,
con gli sfilacci che vanno ad impedire ed a in-
terrompere ogni tentativo di annullare la crea-
tività originale, di imprigionare l'identità, af-
finché vinca in tutti i sensi, la nostra vera
anima tangibile. A conferma di quanto aveva
ben meditato il Pedrina, ella stessa detterà
versi e riflessioni dalla profondità spirituale
che andrà quasi a toccare i vertici dell'estasi
mistica profanamente accordata, come in:
Senz'armi
Troverò chiusa la porta del cielo,
Maddalena dubbia.
'Poco ti sarà perdonato perché
poco hai amato.'
Molto ho scritto - è vero -.
Mi prende in giro Dio perché
R
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 12
combatto senz'armi.
(M. G. Lenisa, 'Amorose strategie', op. cit.
pag. 44).
Nel percorso esasperante della malattia al-
lora il concreto in sfaldamento si gancia sal-
damente all'Assoluto, dimensione dell'esistere
senza tempo, e lei detta versi d'incredibile or-
goglioso abbandono:
L'atteso parto
Rimasi in senilità gravida
nel sogno,
i seni d'anatra distanziati, le ossa
cave per i voli pindarici.
È mia figlia
la Morte,
mi piscerà addosso, strana con quegli
occhi fondi che sembrano cavi.
Nata
per il dolore, morrà senza latte.
(M. G. Lenisa, op. cit. pag 37).
La cruda, delirante vitalità lacerata dalla
sofferenza si sofferma su ritmi d'antichissima,
saffica memoria ed il dettare lenisce l'inerzia
del soccombere a termine e consente la sfida,
nell'ironia audace di un immaginario origina-
lissimo quale è quello condensato nella chiu-
sa a sigillo di questa lirica: '...Nata / per il do-
lore, morrà senza latte.'
Marzia Alunni chiude la presentazione della
Poetessa proprio annotando dati su questo te-
sto. Cito: “L'ultima opera di poesia, edita da
Maria Grazia, è 'Amorose strategie', essa al-
lude, ad un tempo, ai farmaci, per bloccare la
neoplasia, ed all'eros. La silloge, introdotta da
Pino Bova, è stata premiata al Rhegium Julii
2008 (inedito), ma immediatamente seguente
è il saggio critico sulla poesia di Corrado Ca-
labrò intitolato La scrittura del mare: si trat-
ta di un'opera che vuole essere al di fuori de gli schemi consueti (come l'intero percorso
della scrittrice), sebbene accurata nella do-
cumentazione. Il 28 aprile 2009 a Terni si
conclude l'esistenza della Lenisa, ma restano
ancora da scoprire molti aspetti della sua poe-
sia, non ultimo il suo capolavoro inedito, Il
Canzoniere unico. Scettica sulla riproposta
del genere letterario, l'autrice ammette di po-
ter scrivere un canzoniere, ma dedicandolo
solo al Cristo, è un testamento spirituale libe-
ro e anticonformista nel trattare il rapporto fra
vita, poesia come 'vita altra' e fede.” (fonte in-
ternet: M. Alunni, op. cit.).
Intendo testimoniare quanto Marzia indica
nel suo profilo con due poesie, tratte da que-
sta raccolta. Interessante ed aperta alla vitalità
pura dell'immaginario collettivo, condiviso
attraverso la lingua di Poesia, è l'insieme di
emozioni che trasuda in esse, da differenti
angolazioni, perché l'esperienza, nella memo-
ria, si presenta come un tutto in sintesi da fili-
granare, da sgranare in parole, da sgrumare
nel ritmo e nell'incedere orientato delle im-
magini, tutte volte ad evocare e a provocare
un abbandono sul quale meditare in profondi-
tà.
Il risveglio
Morire d'amore per te è come svegliarsi,
offrirti un giglio
gonfio di polline, l'amore resuscita i vivi.
Ma un'onda mi riporta indietro in un mondo
di neve, posso baciare le sue labbra di 'polvere
bianca'. Sanno di manna, di gesso, palpebre
d'una sognatrice ebbra, gelosa di te.
(M. G. Lenisa, op. cit. pag 31)
Sì, è così: l'amore deve portare a resuscitare
i vivi, affinché non lascino morire a poco a
poco la loro anima, la loro forza interiore ori-
ginale, la loro autentica identità, unica nell'es-
sere a questo mondo, punto di partenza e di
arrivo della nostra parola come voce e come
segno, anche nel respiro fermo della scrittura.
Qui l'altro, il doppio di lei è Gesù stesso.
L'arcobaleno'
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 13
Quanta pioggia su di te, bagnata
la camicia traspare il tuo pelo morbido,
dal boxer preme forte 'l'importuno',
come radice
che smotta il corpo tellurico.
Dalla mia bocca celeste spruzza l'arcobaleno,
apri la bocca riarsa dal salino del mare.
Dentro t'avvolge una cintura di suoni...
Ridammi ora l'arcobaleno che non piove.
Non perderti tra la folla, siamo tu ed io
in un calore bianco.
(M. G. Lenisa, op. cit. pag 11).
Quelli del Realismo Lirico, allora, e Maria
Grazia Lenisa con loro, sono protagonisti
senza tempo di un flusso di coscienza poetica
ed esegetica che non si spegne mai, perché si
aggancia direttamente alla dignità stessa del
fare della parola voce e significante di Verità.
Ogni Poeta è sacro ad Apollo e a Dioniso in-
sieme, teatro circolare della terra e della luce
che su di essa si irradia. Domenico Defelice è
il vero erede del Realismo Lirico e la pubbli-
cazione del suo 'Il Croco' con il profilo bio-
bibliografico ed il Carteggio inedito tra lui e
la Lenisa è opera centrale per comprendere il
loro vissuto d'esperienza, di lotte, di poesia.
Torno al canto di lei e qui l'arcobaleno dice
l'alleanza tra tutti i colori, forti nel frangere il
bianco che li riunisce in sé e li avvita. Allora
il colore bianco si fa calore, luce stessa e
principio del vivere. '...come radice/che smot-
ta il corpo tellurico': è questa vera testimo-
nianza di purezza ctonia, perché ha la forza
delle tensioni che non possono essere se non
visibili anche al buio, quando straripano. Ai
margini incede l'Eterno: per me non può pre-
sentarsi lontananza da questa scrittura in can-
to, complessa e talora segreta come i gerogli-
fici, segnali da comprendere solo nella sfera
della 'vocazione', attraverso un apprendimen-
to ed una disciplina da veri adepti. Mi piac-
ciono le divinità che fanno della tragedia il lo-
ro fine, con Eros instancabile al suo interno,
che fa palpitare il dramma e lo provoca: Ma-
ria Grazia Lenisa, nella Poesia come nel det-
tato critico-estetico, è questa nuova creatura
prismatica, porosa, seduttiva, sacrificale, che
varca il tempo del Tempio a balzi.
L'opera porta una dedica: 'A Te, per sem-
pre...Maria Grazia Lenisa'
Ilia Pedrina
LA NAVE SILENZIOSA
Se arriva il giorno in cui salpare le ancore del
tempo,
una nave parte da questo porto per l’ignoto.
Va silenziosa quasi nessuno fosse a bordo,
mano o fazzoletto non sventola a questa par-
tenza.
Addolorato per quel viaggio chi è rimasto sul
lido
guarda all’orizzonte nero, lacrima giorni e
giorni.
Chi è amato nel mondo, ed è rimasto, attende
invano
non vuole credere che l’amante non farà ri-
torno.
Oh miseri cuori. Non è questa l’ultima nave
che parte
non è questo l’ultimo lutto della vita mortale.
Forse ognuno dei molti che sono partiti è con-
tento del suo luogo
Passano anni e anni, nessuno torna indietro.
Yahya Kemal Beyatli Coviren (traduttrice) Prof. Süheylä Öncel, già di-
rettrice Dipartimento Letteratura italiana - Uni-
versità di Ankara.
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 14
VIVIANE CIAMPI:
D’ARIA E DI TERRA di Liliana Porro Andriuoli
OLPISCE all’inizio di questo recente
libro D’aria e di terra di Viviane
Ciampi, una data: “venerdì tredici no-
vembre duemilaquindici”, che è quella degli
attentati di Parigi, un fatto tanto sconvolgente
e raccapricciante, che ha profondamente tur-
bato gli animi di tutti noi. Ed è significativo
che l’autrice concluda proprio la sua prima
prosa lirica con un evidente accenno: “Non
pensi ai passi solo alle lampade tenute in alto
all’atomo di pietà all’avvenire che dovrà de-
viare da sotto la buia scala. E l’odio - lo vedi?
- può essere questa belva”. Così com’è signi-
ficativo che nella seconda di queste prose liri-
che si accenni ai “Ladri di sole [che] ci cam-
minano a fianco” e che poco oltre si legga:
“Non ci sarà un solo angolo del pianeta senza
odore di bruciato sorrideranno i nemici nel
vederci ballare con l’angelo della speranza
nel salone degli spettri” (p. 12). Indubbia-
mente una poetessa calata nel presente, Vi-
viane Ciampi, la quale vive intensamente i
problemi del suo tempo.
Notevole è in ogni caso questo libro spe-
cialmente sotto l’aspetto formale, perché in
esso la Ciampi rinnova la sua poesia, adot-
tando la forma del poemetto in prosa di cui
D’aria e di terra possiede il ritmo e l’ erra-
bondo susseguirsi dei pensieri, secondo l’ in-
segnamento che già fu di Baudelaire ne Le
spleen de Paris e di Rimbaud in Une saison
en Enfer e ne Les Illuminations.
È una poesia, questa più recente della
Ciampi, che si presenta come un flusso di co-
scienza e come un rapido lampeggiamento di
immagini, attraverso la quale l’autrice si con-
fessa e racconta i suoi percorsi esistenziali
esprimendo i suoi stati d’animo, che fanno
parte della sua storia interiore, da lei narrata
con disinvolta bravura, servendosi di una
scrittura dagli immediati accostamenti, per la
quale i pensieri nascono l’uno dall’altro, mi-
steriosamente.
“IL ROSSO scommette sul rosso. Amaro
sole finge di scaldare a meraviglia il suo giar-
dino poi le sorprese le metamorfosi. I volti
ancora più assorti. Piccole bugie bianche per
sopravvivere. Le mani stringono strumenti da
lavoro: rastrelli seghe martelli e vanghe. Mani
vivaci. Vivaci ancora quel tanto da accarezza-
re gli anelli delle querce. Non bada all’ ura-
gano la foresta … L’eternità è un pensiero te-
lescopico sospeso a picco sulla stessa eterni-
tà” (p. 23). “SE INVENTERAI un tempo
nuovo – un tempo del senso vivo – scorgerai
ogni colore scaverai solchi nella terra troverai
le ossa dell’amore per poi ricomporle. Da lì
comincerai” (p. 43).
Il senso va qui ricercato nello stato d’animo
che il testo racchiude, andando molto al di là
delle stesse parole, le quali suggeriscono sen-
sazioni ed emozioni, oltre il loro ordine logi-
co e grammaticale. “CI VISITA l’ansia nuda
e disarmante con sorriso da Gioconda. Forma
che sta nell’angolo della stanza come una
fiammella tesa al nulla. Per legittimarla non
occorre cercarne i motivi nell’interno cortile a
noi estraneo. Per la strada soffusi scampanel-
C
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 15
lii. Può accadere di colpo una mattina o
nell’ora azzurra di un sabato pomeriggio” (p.
35).
Si aprono questi poemetti talora con degli
incipit immediati e suggestivi, come “SE
ALZI gli occhi al cielo vedi gli arcobaleni
dissolversi” (p. 36) o “NELL’ARIA tiepida di
novembre musica d’acciaio di novembre” (p.
22). Altre volte il loro abbrivio è più disilluso
e drammatico: “GIORNO DOPO giorno il
male impastandosi al bene lo feconda” (p. 20)
o “NON VEDI quanto poco tempo per difen-
dersi dal germe dell’accadere?” (p. 32). C’è
sempre però la volontà della Ciampi di anda-
re a fondo nel penetrare la realtà che ella vuol
decifrare, anche se continuamente le sfugge:
“Ma che ne sai tu del linguaggio del sole e
dei muri delle voci degli assenti incastrate
negli infissi e del loro chiacchiericcio?” (p.
30); “UNO SGUARDO trafigge la trama del
mondo” (p. 71).
Talora la parola della Ciampi tende a farsi
lirica: “La memoria dissotterra pietre nottur-
ne” (p. 31); “Ognuno sa. Ognuno sa le frattu-
re insanabili”. (p. 24). In altri casi invece è la
dura realtà che prevale: “Si consuma da sé il
diario dei giorni” (p. 33); “L’inverno è quella
stanza che ti custodisce” (p. 37). Da notarsi è
l’uso che l’autrice fa del pronome “tu” in
questi poemetti, talvolta sostituito dal “noi”.
Del resto un’alternanza di atteggiamenti di
fronte al reale la s’incontra anche altrove in
Viviane Ciampi, la quale se in DI COME LA
TERRA parla di “conflitti gulag genocidi”, in
ABBATTI SENZA spazi conclude dicendo
“c’è sempre domani alla fine” (40-41).
Molte sono in queste pagine le immagini
incisive ed efficaci, quali: “le conchiglie degli
occhi” e “Ladri di sole” (p.10); la “diga del
tempo” (p. 21); “la nave del sonno” (p. 25); il
“germe dell’accadere” (p. 32); l’“occhio dell’
ignoto” (p. 58); “la scommessa dell’alterità”
(p. 63); la “voce di conchiglia dell’ora som-
mersa” (p. 64); le “sere all’acido bianco” (p.
69); “il suono [che] frusta l’aria” (p. 70); ecc.
Ciò che qui maggiormente conta è però l’ an-
damento della frase; le pause e le riprese; la
ricercata armonia dell’insieme.
Emergono da queste pagine inoltre molte
assorte meditazioni, quali: “Forse noi aspet-
tiamo troppo ciò che ci aspetta” (p. 51);
“TARDANO AD ARRIVARE i giorni della
quiete” (p. 68); così come emergono le osser-
vazioni che l’autrice fa su se stessa: “Sei ron-
dine di mestiere creatura d’aria-terra fors’ an-
che un po’ maldestra” (p. 57). Si vedano pure
le subitanee intuizioni, quali: “E improvvi-
sammo nuovi paesaggi e improvvisammo la
forma del tempo e la freccia del tempo” (p.
61).
C’è in una delle ultime poesie di questo li-
bro come l’intuizione della circolarità del
tempo, che rinasce in ciascuno di noi per ripe-
tere lo stesso miracolo: “Il sapere che tutto ri-
comincia. Allora accarezza il passaggio del
tempo. Pensi alla dolcezza come a un fatto
naturale. Pensi alla dolcezza che non ha fine.
Al fatto che da stella stella ritornerai” (p. 77).
Il che richiama alla mente la teoria dell’
“Eterno ritorno” di Friedrich Nietzsche.
È in questa consapevolezza di essere un
frammento del tutto che la Ciampi trova la
sua ragion d’essere e il suo compimento.
“VAI NON TANTO per andare. Vai perché
sei tu per il gesto d’abbraccio per capire il
tremore” sono le ultime parole con le quali la
raccolta si chiude: e contengono anch’esse un
profondo pensiero.
Liliana Porro Andriuoli VIVIANE CIAMPI: D’ARIA E DI TERRA (Edizioni Fili d’Aquilone, Roma, 2016, € 13,00)
AALLELUIA! AALLELUIA!
ALLELUUIAAA!
14/5/2016
Papa Francesco ha colpito ancora nel segno:
prima di cani e gatti viene l’essere umano.
Alleluia! Alleluia! Il suo illustre e santo al-
ter ego ammansiva lupi, predicava agli uc-
celli, non nelle chiuse stanze cittadine, ma
nella natura, nel loro ambiente. Amare gli
animali, ma non abusare di loro, non violen-
tarli ponendoli al posto dell’uomo, da uomo
costringendoli a vivere.
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 16
PASSIONALITÀ E NOSTALGIA
PER LA BELLA E SOFFERTA
CALABRIA IN
RINO CERMINARA di Leonardo Selvaggi
I
D Eboli senti di essere scrostato, ri-
tornato con te stesso. L’asprezza dei
luoghi, tutto pare risvegliarti: natura-
lezza di cose e di colori che vengono incon-
tro, “familiari ti tornano le case/ balconi con
ghirlande di cipolle/ e pomodori a grappolo”,
I luoghi dove in libertà ci si slanciava, tutti
presi nella vitalità dell’immediatezza. Cor-
rendo con una certa furia, quasi una fuga dal-
la città convulsa, anonima che ti imprigiona,
che ti pesa con grifagni artigli su un corpo
che pare svuotato, automa nella massa. At-
tratti dai luoghi che fermentano di ricordi,
ove l’aria stessa, carica di delizie, è stimolan-
te di richiami, di ritorni ad antiche sensazio-
ni, a momenti vissuti, fissi nella mente. Per
l’immensità dello spazio con solennità la Sila
splendente, come animata, il poeta Rino
Cerminara la esalta nel volume “Ultime nevi
a Camigliati”. Con versi che si muovono rit-
mici, elegiaci, altisonanti, che balzano dall’
animo ardente di nostalgia. Di trine sottili,
trasparenti i “…fiori/ di ginestra delicata di
giallo/ e i cardi azzurrini” si colgono con sen-
sibilità fine: lo sguardo reclinato con devo-
zione, le mani leggere di seta sopra di essi.
Un ritorno nel Sud è un rimuoversi di interio-
ri energie, un ritrovare vecchi luoghi amati, è
sentirsi rinnovato. Rino Cerminara con la sua
poesia, cadenzata e scolpita con un linguag-
gio che si fa canto di vita, sente in tutta la
persona il respiro ampio della Sila che è eter-
no brillio di primavera, fremente di luce e di
verde. Tutta intorno la concreta, densa vita
che prende a sazietà gli umori pieni delle
piante. Si è alle fonti vere della bellezza natu-
rale, incontaminata, “l’odore delle Sila pene-
tra”. Tutto l’ambiente silvano tra ombre e luci
rappresentato dall’accesa immaginazione
poetica di Rino Cerminara. Pare che un’ am-
pia figura di ninfa s’aggiri in vesti svolazzan-
ti: la poesia è traboccante di ispirazione, va in
genuinità di canto per le aperte celestiali al-
tezze aurorali che sanno ancora di purezza
primigenia. Tra terra e cielo un amplesso e
una similarità di toni e di colori, sintetizzati in
reciproci riflessi.
II
Piace del poeta di S. Giovanni in Fiore il
forte substrato dei versi straripanti che porta-
no a cogliere gli aspetti più deliziosi della Si-
la, in tanta parte rimasta un’isola felice, fuori
dai miasmi diffusi della sconvolgente Era
tecnologica. L’amore per la Natura è traspor-
to affettivo che si estrinseca con una poesia
che si fa pittura in idilli di festosità di visioni.
Rino Cerminara ha una passione per il suo
Sud, tutta incarnata, che quando si esprime
innalza l’animo trepidante in dolce, estesa
esaltazione: “tra pini sereni e abeti fruscianti/
che giocano con le loro ombre/ ti apri ogni
tanto all’azzurro/ di placidi laghi/ sparsi quali
occhi abbagliati”.Si è presi da folle impeto
verso plaghe di aspra bellezza del nostro Sud;
ci ritroviamo lungo vallate apriche, rosseg-
gianti di papaveri e smaltate di verde azzurri-
no. Tutto un sommovimento interiore, quasi
un rifarsi in integrità e in essenza. La Sila,
cuore di tutta la Calabria, stratificata di me-
morie. Tradizioni e leggende, fatti straordina-
ri che si narrano. Sempre la vita degli uomini
in tanti luoghi rimasta serrata in una immobi-
lità di tempo senza conoscere trasformazioni.
“Svettano di giallo i verbaschi/ nelle ristoppie
dismesse/ confuse le danze di greggi e man-
drie/ tra belati rotondi/ e latrati di cani da
guardia”. Panorami unici in candida veste
fanno l’esistenza della Sila, accerchiata da
una beata solitudine nell’aria “incorrotta di
pienezza estrema”.
III
Nel volume “Ultime nevi a Camigliati”
poesia onomatopeica e antropomorfica che
schiude varietà di aspetti della Natura in in-
trecci di compenetrazione, tutto rientra nell’
animo amplificato in effusione di oblio. Ha
A
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 17
un senso la vita con la sua pienezza psicolo-
gico-realistica, in continuità di simbiosi con
tutto lo spazio che avvolge riconfortante
prendendo la terra e noi con essa in incontro
di purezza e di simmetrie con”la freschezza
delle…acque e la tenera luce della luna”. Tut-
ta una giocondità di reconditi angoli che
paiono fermi con forme di essere proprie. I
versi si seguono formando cerchi, sentendo il
poeta l’armonia della Natura in tormentoso
afflato durante i brevi momenti di ritorno ai
luoghi natii per ritrovare aperture all’animo
compresso. La meravigliosa, inebriante Sila
amata: “ questa terra che offre/ ai rassegnati/
sapore di vita/ non corrotto/ incolto come
campo di pioggia/ spruzzato nell’estate:/ que-
sta è la mia terra”. La poesia di Rino Cermi-
nara ha uno stile classico-realistico con
espressività dinamica, riempita di ampiezze
figurative in netta evidenziazione che danno
ai versi anarimi sonorità, compostezza ele-
gante e raffinata forma. Si condensano arca-
no, arcaico e sublimità in un animismo sem-
pre presente. Tinti di riflessi i rami degli abeti
e dei pini, fasciati di ombre gli spazi felici che
si prendono fra i tronchi, alzando lo sguardo
alle cime piene di sole. La Sila di Rino Cer-
minara irrompente di germinazioni, esploden-
te di vitalità imperitura. Profondo il senso
delle cose rudi e acri, attraenti gli umori del
muschio, la dolcezza del miele, il profumo di
resina, a gocce sulle cortecce spaccate. In
“Ultime nevi a Camigliati” la Calabria è nel
flusso delle vene, passa dentro con pietre e
spine, fiumare e terre aride, tartassate da frane
e alluvioni: giganteggia la Sila, un labirinto
verde, immerso nel silenzio, attraversato da
voci magiche, da echi in lontananza.”questa
terra grumosa/ e mai fradicia/ dove i cani
d’agosto in volo alzano la quaglia/ a gioco;/
questa terra ansiosa/ di nutrire groppi/ di abeti
folti e pini/ a caprioli lepri cinghiali/ sicuro ri-
fugio/ e volpi brune”.
IV
Nella poesia di Rino Cerminara, forte di si-
gnificati, ricca di risonanze e di immagini, si
risente il linguaggio stretto e duro calabrese,
la presenza di un passato di stenti, l’ ostina-
tezza di una gente semplice, fatiche inesauri-
bili, virtù e spirito di sacrificio, condizioni
misere e avverse che non sono mai mancate. I
versi prendono ampiezze mitiche e profondità
di sentimenti, una terminologia che rispecchia
realtà complesse, tormentate. La forma limata
e netta afferra contenuti rappresi, pieni di
umori e di pensieri rimeditati. Si ritrova l’ ac-
canito attaccamento alla propria terra, amata
come una persona, la passionalità di animi
sensibili con tutto un fondo intricato di lega-
mi a usanze inveterate che hanno voluto dire
bisogno di libertà e di estrinsecazione di con-
naturate energie e di capacità perseveranti.
Una realtà spiritualizzata che si tiene ancora
in tanta parte ferma, come fuori dal tempo.
Rino Cerminara avverte che “L’aria è come
allora/ sempre tersa/ da una brezza che ar-
peggia leggera/ alle corde del mattino”. Con
musicale accento si sente viva l’atmosfera di
un azzurro fine e trasparente: “Rotea a vista
accesa il falco bruno/ in giri larghi sulla verde
valle…” .La poesia va per ogni dove, si in-
nalza fra i “…rami dei pini/ stillanti resine
aspre”, ritrova i ricordi come pezzi sparsi:
hanno messo le radici in mescolanza con
quelle dei giganteschi alberi, piena di luce l’
esuberanza dell’infanzia che “ha passi ansiosi
e folli corse/ nel candore della loro ingenui-
tà”, la si vede vibrante alle ultime luci del
tramonto, quando “le ombre della sera coagu-
lano/ sui pendii dei monti…” . La Sila con il
suo verde incanto ha immediatezza di movi-
menti, non conoscendo relegati recinti, ma
indefinite “mete sempre più remote”. Si vi-
vono momenti edenici, rifatti si è rinati alle
fonti vere esistenziali, scorrendo simili ad ac-
qua cristallina, inseguendo suoni impercetti-
bili negli spazi frammentati fra le piante. Tut-
to è felice con i volatili, le farfalle e le api che
ondeggiano con leggera bizzarria. Anche il
poeta è in esplosione di lietezza con ogni ma-
nifestazione che si ha intorno.
V
I versi della raccolta “Ultime nevi a Cami-
gliati” sono il respiro dell’animo in effusione
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 18
panteistica, contemplazione, estasi, piena
esaltazione dei sensi, “In questa solitaria li-
bertà/ non servono canti di inutili sirene”.
Con fine e pronta sensibilità si dipingono o
brillii trepidanti dei mutati aspetti, di tutte le
apparizioni del mondo puro, solenne, divino
della Sila. Rino Cerminara tutto preso da un
trasporto nostalgico che si fa drammatico, di-
venendo desiderio incontenibile di rivivere la
nudità espressiva di fascino e di cantore
dell’infanzia, la genuinità-innocenza di quegli
anni circondati da serena espansività e da un
alone di sogno. Presenze sfolgoranti e intatte
che la mente con ossessione si costruisce, ri-
trovandole sull’assolato greto del fiume Neto
e lungo i tratturi “dietro ai belati delle greg-
gi”. Le località della Sila donano benessere
rinfrancandoci dallo stato di sperdimento che
si ha nelle città, stretti nelle strutture mecca-
nizzate e nelle artificiosità che inaridiscono l’
animo. Vitalizzano i sentimenti rendendoci
aperti e comunicativi. La vicinanza di una
Natura florida ricrea freschezza di sensazioni,
sentendoci ritornati a maggiori vigorosità,
fuori da tutte quelle deturpazioni che i tempi
moderni producono con l’invilimento dei va-
lori morali e la perdita dei buoni principi di
civile convivenza. Il poeta Rino Cerminara
nei luoghi natii della Sila, ripercorrendo le
tracce degli anni dell’infanzia, ritrova a rivi-
vere quelle forme di essere che consentono
rapporti più naturali, fatti di vitalità piena,
con l’ambiente che ci sta intorno: spontaneità
e immediatezza che generano corrispondenze,
amabilità senza egocentrismi e contrapposi-
zioni. Le doti più connaturate tenute integre,
senza alterazioni, quelle della semplicità, del-
la vicendevole comprensione. Le località del-
la Sila come tutti gli abitati più circoscritti e a
misura d’uomo offrono angoli di vita serena,
un certo godimento fisico e spirituale. Osser-
viamo valli profonde con odorose praterie dal
verde smeraldino. Dovunque aroma e aria os-
sigenata rigeneratrice. Belle le tinte giallo-
porporine dei faggi e degli aceri in autunno.
Un quadro fastoso fra cielo,alberi e corsi d’
acqua. Un rapporto stretto tra le popolazioni e
la terra nei luoghi meno aggrediti dai progres-
si del nostro tempo, la gente contenta del loro
ambiente, vittima nel passato di crudeltà e di
disavventure. Gli antichi oggetti, gli arnesi di
lavoro rudimentali mostrano ancora l’ auten-
tico volto della Sila, l’umana millenaria civil-
tà contadina.
VI
Paesi fermi nel loro tempo non si vogliono,
li chiudono nelle prigionie, infossati in lonta-
nanze di oblio. Dove il cemento ha massacra-
to il verde puro, aperto prima alla libera at-
mosfera,tutti corrono, scambiando il turpe per
il bello, l’artificio inaridito visto come nuova
bellezza. La poesia dell’aureo volume “Ulti-
me nevi a Camigliati” di Rino Cerminara
contrastata dalle contraddizioni ha venature di
forte amarezza. Non mancano d’altra parte
borghi legati a costumanze che paiono pietri-
ficate, seguendo “regole fisse di una storia/
ch’è sempre compiuta/ e si conforma/ ai volti
asciutti di pastori/ assisi sulle pietre lucenti di
granito”. Tanti i versi che ho citato, sono epi-
taffi che balzano con significazioni intense,
non possono non essere evidenziati per quel
certo furore che hanno dentro riversato, im-
primendosi nel lettore con una cadenza ta-
gliente ed una icasticità non comune di im-
magini. Le rocce sono attorno ai ricordi che
trovano ricetto sicuro senza mai sfigurarsi,
sono ombre vaganti in eterna presenza spiri-
tuale. Il poeta, continuo esule, li vuole risve-
gliare e vestirsi del loro aspetto, pieno di
amore e di entusiasmo: “Ho un luogo solo al
mondo/ terra di fauni, di miti/ e della mia
memoria/ dov’è rimasta l’anima…” Luoghi
pieni di forre, di avvallamenti e di alture, at-
torno volteggiano rapaci. Tanti i quadri idil-
liaci in estesa pace bucolica, che donano uno
stato di piena distensione, “L’umore di greg-
gi/ al letargo meridiano/ nel ruminare a testa
china…” Evocazioni che passano per tutta la
persona, portano la ruvidezza delle piante e i
sapori agresti: in ampiezze allegoriche si dila-
tano prorompenti con ardore e la passione di
pensieri tormentati. Visioni che vanno sospe-
se per l’aria, dimentiche delle ipocrisie e delle
alienazioni di città. La Sila esuberante, fer-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 19
mentante nel cuore di Rino Cerminara, bel-
lezza naturale, ispiratrice da lontano a Virgi-
lio di alcuni tra i suoi più affascinanti passi. A
Luigi Paolo Courier sembrò il più bel paese
del mondo. Un mare di verde nell’azzurro che
si immagina popolato di figure mitologiche.
Con malinconia si lamenta l’abbandono di
paesi interi da parte degli abitanti, partiti emi-
granti, prediligendo le città a questi luoghi ca-
labresi che sono veri paradisi, dove la vita
dell’uomo può avere ancora spazi tonificanti.
La terra ribolle nelle profondità di dionisiaci
slanci che si intrecciano tra radici e rami.
Borghi attaccati alla nostra pelle, pieni di sto-
rie, con case linde cariche di calore umano,
con aspetti primitivi, angoli come dolci nidi
che vengono incontro. “Nelle valli circostan-
ti/ si vedono ancora sentieri per muli/ scie di
resina/ sui tronchi dei pini/ accerchiati nelle
proprie ombre”. Noto pure un romanticismo
nelle pagine del volume “Ultime nevi a Ca-
migliati” che si accompagna a espressività di
getto: la nostalgia è lancinante quando nella
mente si fissano certi momenti inebrianti che
vivono con partecipazione, tutta estasi e su-
blimazione dell’essere proprio: “Se mi riusci-
rà ancora di tornare/ sarà di sera/ quando i
raggi ultimi al tramonto/ ornano in giallo/ le
chiome compatte dei pini/ e un ultimo man-
driano accende/ il fuoco della notte”.
VII
Nella raccolta “Ultime nevi a Camigliati” di
Rino Cerminara la laboriosità dei contadini,
che si affaticano per magri rendimenti, e gli
artigiani, appassionati nelle loro applicazioni
pazienti, rendono ancora vive vecchie tradi-
zioni e sistemi di vita sobria. La loro abnega-
zione sempre espressione di attività continua
con capacità di adattamento senza mai venir
meno nelle difficoltà. Il senso umano tutt’uno
con le fatiche e le sofferenze, sentimenti di
affettività e di amore per le loro care apparte-
nenze, tenute con cura assidua. Una vita che
si esalta con speranza e spirito di sopporta-
zione. Sentimenti di carità e di fede sono pre-
senti nella gente misera e di modi semplici
della Sila. Troviamo insieme la figura di Cri-
sto con le pene infinite, sacrificato sulla Cro-
ce, martoriato, che simboleggia il dolore
umano e la volontà di elevazione e di riscatto
da condizioni di vessazioni e di tormenti. Non
Cristo dipinto e falso, venuto da Torino con
Carlo Levi, Cristo moderno della Fiat e di
una città progredita, addobbata di luce e di
benessere. Nella Sila abbiamo Cristo con le
spine e insanguinato in comunanza con la
gente che conosce le lacerazioni di carni
scarne, consumate in una vita contenta di
niente, avversata e contrastata, sorretta da in-
domabili energie interiori, in lotte estenuanti
portate avanti con dignità e orgoglio.
VIII
I ricordi di infanzia del poeta Rino Cermi-
nara riconfortano la vita stressata e disamora-
ta di oggi, sono presenti sui massi del greto
del fiume Neto” nella Sila, fanno ritrovare se
stessi, non più smarriti e spaesati: l’animo in
altezza di essenzialità e di spiritualità riacqui-
sta la sua libertà esistenziale, tutta la propria
identità, la vera integrità, come una pianta ra-
dicata e vegeta in ferace terreno. “Remote le
assolate marine/ che solo pochi conoscevano/
si stava nudi/ a godere del fiume/ spiati dalle
ninfe del luogo/ l’estate era bagliore di vita”.
I giorni vissuti in accensione il poeta li rivuo-
le, con strappi di sospiro, sradicare dalle labili
immagini vaganti e coprirle di carne per sen-
tire “…le ansie della giovinezza/ e i lieti tur-
bamenti/ del cuore smanioso di voglie…” Il
poco che si ama con segreta passione: i con-
tadini dalle mani nodose e dalla pelle raggrin-
zita. La Sila con la gente che senti vicina,
quasi non ti accorgi, col fiato leggero fra le
ombre della sera, che grevi di stanchezza
paiono fra le piante, radendo la terra umida e
soffice. Il poeta Rino Cerminara della Sila
conosce tutto, erbe rugiadose, conifere svet-
tanti nell’azzurro, “merli sempre filo terra”,
gli spettacoli grandiosi di luce variata con
mille colori in lenta metamorfosi del tramon-
to e dell’alba, “la solitaria dolcezza della se-
ra”, “il volo felpato di civetta”, “…la gine-
stra/ avvolgente nel suo dolciastro profumo/
che invoglia a cantare le cicale”, “il fumo dei
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 20
camini…acre sopra i tetti/ di tegole verda-
stre”. Sono queste immagini che la memoria
tiene conservate in presenze animate, che si
seguono ostinate con tristezza fonda quando
si è lontani. Il paese natio in diafane visioni,
illanguidito e nel contempo amplificato lascia
lacerazioni nostalgiche nel momento della
partenza. La luce della città è un’altra, è in-
quinata, è tenuta soffocata dentro la marea
amorfa di case accatastate, non si vede il cielo
andando come miseri involucri di metallo,
svuotati di anima, col muso per terra, inco-
lonnati, spersi nella folla lungo strade chias-
sose e assordanti. Rino Cerminara si lascia
andare spinto da interiori spasmi, che non si
contengono, alle esaltazioni del canto poetico,
che sono liberazione da stati ammorbati: l’
animo è intessuto di momenti stratificati che
reclamano con folle ardore di essere rivissuti.
Leonardo Selvaggi
[Senza titolo]
Hai ragione,
c’è questa lentezza che marcisce
dentro
e questo dolore
tutto sommato trascurabile
dei graffi che porto
alla base della schiena -
ma il mio è un malanno discreto,
da piedi scalzi e cicatrici inflitte
solo sulla carta.
E pure so che è difficile perdonarmi
e amarmi ancora
quando ho la voce stridula
e le porte sbattono,
mosse dall’aria che sollevo
con le mie sottane -
se passo veloce da una stanza all’altra
è per non vederti fra le schegge di vetro
immobili,
sospese nel tempo,
che sono le tracce ultime
del mio strepito.
Eloisa Massola Casale Monferrato, VC
DIO
Luce abbagliante
che indora l’anima
e riscalda il cuore.
Giovanna Maria Muzzu Telti
AALLELUIA! AALLELUIA!
ALLELUUIAAA!
19/5/2016
Marco Pannella se n’è andato; se n’è andato
in quel “mondo” nel quale lui non credeva.
Alleluia! Alle-
luia! Non vo-
gliamo, né
siamo in grado
di giudicarlo. È
stato strenuo e
cocciuto guer-
riero per tutta
la vita; centi-
naia le sue bat-
taglie, alcune
condivise, altre meno, come, per esempio, l’
eutanasia e
la liberaliz-
zazione del-
le droghe.
Una cosa è
certa: ha
sconvolto le
acque sta-
gnanti di
una società
profondamente ipocrita e basta questo solo
merito per renderlo grande.
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 21
La studiosa affronta
i prismatici mondi
dello scrittore e poeta
CLAUDIA TRIMARCHI:
DOMENICO DEFELICE di Ilia Pedrina
N un volumetto agile ed assai originale,
sotto la guida del chiarissimo professor
Carmine Chiodo, la studiosa Claudia
Trimarchi ha presentato, a conclusione del
percorso di studi universitari in Letteratura
Italiana Moderna e Contemporanea, presso l'
Università di Roma 'Tor Vergata', Macroarea
di Lettere e Filosofia, l'opera 'LA FUNZIO-
NE CATARTICA E LIBERATRICE
DELLA POESIA IN DOMENICO DE-
FELICE', edita da 'Il Convivio', diretto da
Giuseppe Manitta e fresco di stampa. L'im-
magine di copertina presenta una rarissima,
involontaria fusione tra fotografia e pittura: il
volto del giovane poeta Domenico Defelice si
presenta chino quasi su se stesso, ad interro-
gare l'altro senza guardarlo negli occhi, men-
tre a tutto campo emergono i temi di un suo
quadro ad olio che rappresenta donne in scio-
pero, che urlano in un silenzio assordante. L'
involontarietà dello scatto dimostra fili invi-
sibili intessuti dalle forze destinali che ci le-
gano e ci sospingono là dove inconsapevol-
mente dobbiamo scoprire il nostro volto, la
nostra forza, il nostro impegno in condivisio-
ne. Se il volumetto si apre con questa imma-
gine tra il bianco ed il nero rarefatti e varia-
mente fusi a declinare la complessità di que-
sto particolare 'silenzio', la fotografia del retro
di copertina mostra la giovane Claudia, in un
sorriso che sigilla la relazione con il lettore,
portata avanti nel testo, in modo trasparente,
innocente, diretto, impegnativo: queste allora
le caratteristiche del suo sguardo, queste le
sfumature di investigazione e di ricerca che si
incontrano nel testo.
Giuseppe Manitta firma la Prefazione e
sceglie il versante audace della posizione cri-
tica controcorrente, richiamando l'attenzione
sullo studioso trevigiano Giuseppe Bianchet-
ti, che pochi conoscono e che quasi due secoli
fa impegnava il critico letterario a fare i conti
I
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 22
non con la fama degli autori, ma con la loro
aderenza alla realtà, alla vita condivisa, ai
tempi ed ai luoghi che l'ispirazione stessa at-
traversa nell'esperienza, prima di farsi canto e
dettato scritto. E Domenico Defelice mostra
in tutto il suo complesso percorso d'Autore
questa intensa, aperta e via via sempre più ar-
ticolata capacità di dare volto e voce alle sue
esperienze, alle sue riflessioni, alle immagini
che accompagnano la sua vita, ai legami di
vita e di lotta, di sogno e di solitudine, di ten-
sione amorosa in palpito e di abbandono gra-
vido di tristezza.
Nel corso della trattazione la studiosa Tri-
marchi sceglie di entrare a pieno titolo nei
differenti ambiti che il Defelice attraversa,
con coraggio e determinazione: dalla Poesia
all'attività giornalistica, dalla critica letteraria
alla esegesi di testi poetici e pittorici, dall'or-
ganizzazione di profondissimi contatti nazio-
nali ed internazionali alla guida sapiente,
energica, consapevolmente reattiva della Ri-
vista 'POMEZIA NOTIZIE', per arrivare a
sottolineare 'l'autentico e sconfinato Amore
per la Poesia e per l'Arte' (C. Trimarchi, 'La
funzione catartica e liberatrice della Poesia
in Domenico Defelice', ed. Il Convivio, 2016,
pag,13). Con l'abilissima guida del professor
Carmine Chiodo, la giovane studiosa ha tro-
vato le giuste coordinate per affrontare con
disciplina il vastissimo materiale a sua dispo-
sizione, arrivando ad operare delle nette scel-
te di campo, lasciando in ombra, ma questo
dato potrà essere opportunamente modificato
nei suoi prossimi lavori letterari, figure di cri-
tici che sul Defelice hanno scritto ampiamen-
te, come l'insigne poeta e critico Leonardo
Selvaggi. Da Vicenza a Ferrara, da Ferrara a
Venezia, da Venezia nuovamente a Vicenza,
con questo volumetto da leggere e da annota-
re, sui treni come sul battello verso il Lido.
Allora in numerosissime pagine la sigla in
cerchio 'C. T.' va a segnalare la presenza atti-
va e vigile della riflessione dell'autrice sui
temi presi in considerazione, siano essi legati
al portato etico-critico-estetico di Sandro Al-
legrini, abilissima penna di pensatore acuto e
verace, studioso con il quale Claudia Trimar-
chi sceglie di condividere importanti prospet-
tive fondantive, o vincolati al testo stesso del
Defelice critico ed interprete di poetesse e pit-
trici, di poeti e pittori in sintonia con le sue
ispirazioni innovative, in pieno riverbero esi-
stenziale. Questo è evidente, tra le altre occa-
sioni che ho individuato, anche nella sezione
'Tra autobiografia e universalismo. Motivi li-
rici ricorrenti nella poesia defeliciana',
quando ella cita il legame d'amicizia tra Defe-
lice e Maria Grazia Lenisa, proprio sul piano
dell'essere e del fare 'Poesia': “...Ma se è vero
- come scriveva Maria Grazia Lenisa nella li-
rica 'A un poeta che tace', dedicata al Nostro
– che Una vita sol vive in terra / l'uomo, / ma
s'è poeta, può viverne mille / ed apre gli occhi
/ sopra un mondo nuovo', la vita reale non è
che il punto di partenza, il trampolino di lan-
cio da cui spiccare il volo, trasmigrando in
compagnia dei luoghi e delle persone amate
in 'un mondo di cose sognate'...” (C. Trimar-
chi, op. cit. pag. 34). Si, 'un mondo di cose
sognate', sono parole del Defelice: Claudia
sceglie di inserire citazioni ampie e dirette,
sia nel corpo del testo sia nelle note, perché ci
sia un costante rimando alla contestualizza-
zione dell'evento esperienziale preso in con-
siderazione, riportando il piglio deciso del
poeta stesso o le sezioni critiche sul suo poe-
tare tratte dallo stile investigativo ed intro-
spettivo di Sandro Allegrini o di Orazio Ta-
nelli, di M. G. Lenisa o di Ada Capuana e di
altri ancora.
Le altre due sezioni del testo, 'Dalla Que-
stione Meridionale all' 'Uomo grandemente
feroce': la parola poetica al servizio di
un'urgenza sociale' e 'Nell' Hortus: la conce-
zione di una critica onesta e alcuni paralleli-
smi tra l'opera pittorica di Gazzetti, Scutellà,
Mallai, e l'opera poetica di Defelice' sono
ricche di contributi ben articolati, che interes-
sano sia sul piano dello stile e della procedura
critica, semplice ma aderente alla sensibilità
in tensione del Defelice, sia sulla modalità
innovativa di aprire il discorso del legame tra
poesia e pittura: infatti la terza sezione mi at-
tende in avventura, perché andrò a verificare
quanto la giovane Claudia ha segnalato con
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 23
piena determinazione. Bello il ringraziare, sì,
bello far conoscere almeno in traccia i sup-
porti d'esperienza che le hanno consentito di
condurre alla meta questa prospettiva inter-
pretativa, con quelle scelte operative e di cri-
tica estetica che rendono il lavoro degno d'es-
sere tenuto in considerazione.
Ilia Pedrina
SENZA TITOLO
Vecchio mendico, il mio cielo di notte
rumina lustri e decenni, li sfalda
li inghiotte. Se a caso talora un attimo
si salva è bricia non significante,
la spina infissa, il nonsenso che smemora
insensibilmente
Dove il braccio di mare, onda riavvolta
e srotolato invito a lande adorne
dell’oro che irraggiava un altro sole?
L’ebrietà degli aromi dal deserto,
i vaghi sogni al rezzo delle palme,
il tintinnìo d’argento agli eucalipti
da zefiro recatri, o i ghirigori
da stella a stella stemmante laudario
dell’usignolo?
Il mio Eden disperso, ora mi restano
il ruminio flottante della notte
Nel cielo avverso, la fame del tempo,
me stessa nel folto nero sospinta
della dimenticanza.
Piera Bruno
NO TITLE
Old-age pauper, my own nocturnal sky
Revolver five-year periods and decades,
Flakes them away, absorbs them. If at times
A bit survives it’s unimportant bit,
The thorn being poked, the nonsense that
does faint
so imperceptibly.
Where’s the arm of the sea, ware being re-
wound
And unrolled call to barren lands adorned
With the gold that another sun was shining ?
The rapture of the perfumes out of wilds,
The hazy dreams in the cool of palm-trees,
The silver tinkle of eucalyptuses
Brought by the gentle breeze, or the doodles
From star to star high emblazing laud book
of the nightingale ?
My lost Eden, at the moment I have
The floating cogitation of the night
In the hostile heaven, the hunger for time,
I myself pushed into the black thickness
of the oblivion.
Ha tradotto Benito Poggio poeta e saggista
IL GOLFO
(per Tony)
In un ventoso pomeriggio di aprile
ho portato in riva al mare il tuo ricordo.
Grigio era il cielo, il vasto mare mosso
era l’immagine dell’infinito, che non muta
anche se è sempre in movimento,
così come non muta
in me quel sentimento
che ormai per sempre a te mi lega.
E nel parlare di te
era più azzurro il mare
e il tuo ricordo
come un raggio di sole mi scaldava.
Mariagina Bonciani Milano, al ritorno da La Spezia, dopo il premio,
17 aprile 2016
AALLELUIA! AALLELUIA!
ALLELUUIAAA!
4/5/2016
Incalzati dalle inchieste dei giudici, siamo i
primi nell’anticorruzione, gridano nel PD.
Alleluia! Alleluia! Gli brucia non potersi più
dire immacolati, l’esser primi nella corru-
zione.
Domenico Defelice
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 24
ANTONIA IZZI RUFO
E LA CASA DEL NONNO di Nazario Pardini
NTONIA Izzi Rufo è nelle cose, e le
cose sono in lei. Un connubio stretto
di realtà, sentimenti, di tradizioni, di
aria imbevuta di tempi, altri tempi, dipinti di
gioie e colori, di incantesimi, di paesaggi
memori “di paesini vicini e lontani che si
adagiavano sulle coste tra il verde e l’ im-
mensa vallata solcata da ruscelli e strade che
s’insinuavano tra campi e boschi, che scom-
parivano e riapparivano ad intermittenza…”.
Un crogiolo di memorie che sgomitano per
tornare a vivere arricchite dal pathos di una
vita. Un imperfetto che con il suo senso di
continuità dice da sé di antiche primavere, di
volti scomparsi, di case e fiumi di un’età che
intrepida, torna per vincere le sottrazioni del
tempo. La casa di mio nonno, il titolo, ed è il
primo racconto, eponimo, ad avvicinarci da
subito a quello che rappresenta il memoriale
per la scrittrice. Motivo e focus dominante,
linea rossa che fa da coagulante nel dipanarsi
delle tematiche. Diciotto racconti che spazia-
no dai ricordi alla realtà, dalla storia alla fia-
ba, dal ménage al dramma senile… Una vita,
insomma, tante vite raccontate con una scrit-
ture elastica e sciolta, avvincente e con vin-
cente per la pluralità espressiva, e soprattutto
per la molteplicità di sequenze volte a dipin-
gere, a rappresentare luoghi e paesaggi come
concretizzazione di stati d’animo scortati “dal
vento che giocava saltava sibilava con me e
con le querce di S. Rocco”. Una narrazione
ricamata di trine e merletti che con le sue po-
limorfiche intrusioni tanto ci dice di poesia;
di un vero canto che Antonia si porta die-
tro per donarlo al racconto. Sì, c’è questo tra-
vaso nella scrittrice, e in certi momenti non è
azzardato parlare di prosa poetica, soprattutto
quando Ella è presa da input emotivi rievoca-
tivi che la ri-portano a stornelli di vendem-
miatori, all’uva moscatella, alla semplicità di
una società di scambio. Antichi usi, fresche
vicinanze, natura in veste variopinta, aspetto
poetico di un periodo che l’Autrice ri-vive
con strappi di saudade e vertigini di pani-
ca quietudine: San Rocco, La vendemmia, La
spannocchiatura, La raccolta delle ulive, l’
Uccisione del maiale, La befana, Pasqua e
Natale, un succedersi di eventi tinti di un au-
tobiografismo che, emotivamente cotto a pun-
tino, dà tutto se stesso alla intensità lirica di
una poesia determinante per il valore del te-
sto: “… Eppure/ c’è sempre/ nell’animo mio/
impressa una foto,/ sebbene sbiadita,/ l’ im-
magine viva/ di una bimba che corre/ col ven-
to, nel vento,/ in un viale/ s’immette di quer-
ce/ i cui rami/ fronzuti l’attendono,/ l’ abbrac-
ciano,/ la portano in volo/ sul “Colle”,/ a se-
dere la pongono/ sopra una pietra/ rosa dal
pianto/ ma calda/ ancora d’amore.”, dove una
foto sbiadita, e una pietra rosa dal pianto se-
gnano l’imperscrutabile corsa di un tempo
che tutto divora, meno le cose che restano;
quelle che si sono guadagnate il fatto di esi-
stere. Il dipanarsi delle vicende continua con
“Laura e Stefano”, un racconto il cui contenu-
to ci dice della fine del pianeta per l’ ingordi-
gia dell’essere umano votato al male e al
mancato rispetto della natura, ad una nuo-
va guerra devastatrice: “… Distruzione di
A
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 25
paesi e città, campagne, di tutto quanto era
stato raggiunto dal progresso in tre millenni e
morte di quasi tutti gli esseri viventi…”. Ma
l’amore salverà il mondo: “Stefano e Laura
s’incontrano in uno spazio desertico…”. L’
uomo ritorna primitivo: “… Non hanno at-
trezzi agricoli e si servono di pietre… per
zappettare intorno alle piantine… Quella ve-
getazione segna l’inizio della rinascita…”.
Un diacronico succedersi di tasselli storici:
dallo sconvolgimento totale alla vita, dacché:
“la vita è eterna, quindi indistruttibile, e ri-
sorgerà ogni volta dal caos”. E’ essa
che vince sempre per la scrittrice, questo è il
segnale positivo del suo pensiero; sebbene l’
uomo faccia di tutto per distruggere il piane-
ta, per annullare l’esistenza di ogni essere vi-
vente, è nel potere della natura la vittoria sul
tutto; anche sulla strada del regresso intrapre-
sa dal genere umano. Segue Ripiego, (Cristi-
na, Mauro, Leandro) una storia di sentimenti
contrastanti, di ritorno alle radici, di insoddi-
sfazioni, di tradimenti e pentimenti fino al ri-
piego a una vita ecclesiale, o di meditazione e
raccoglimento: “ la donna… era assente, tutta
raccolta in se stessa, la sua anima vagava
nell’infinito, si spingeva nell’Oltre, raggiun-
geva, con la fede e la fantasia, il regno dell’
eterna felicità e lì sostava estasiata”. Conti-
nuano gli altri brani a prospettarci vicende e
accadimenti di una realtà a volte trasferita in
spazi immaginifici, ma pur sempre presente,
vicissitudinale, resa umanamente concreta da
una penna viva e vivace; attenta e perspicace
nel cogliere i subbugli dell’animo umano. E il
cerchio sembra chiudersi col ritorno all’ au-
tobiografismo narrativo: Una storia come
tante, dove l’Autrice torna a rappresentare
paesaggi da sogno, incontaminati, dalle strade
bianche, con aurore da petali di rosa, tramonti
con tavolozze iridate. E’ lì che si trova e si ri-
trova; ed è lì che il suo animo incontra la
quiete; dove i ragazzi giocavano a nascondi-
no; e dove gli ortaggi crescevano in abbon-
danza senza bisogno di concimi chimici; e
dove Maria percorreva sei chilometri al gior-
no, per un viottolo di campagna fino al ru-
scello che attraversava saltando sui sassi. Sì,
non la storia di una vita qualunque, di una
qualsiasi vita; ma quella unica e inconfondi-
bile, che ognuno vive e che la Nostra ha fatta
sua, lasciandola in animo pezzo per pezzo; in-
tingendola di tutti quegli intingoli che rendo-
no saporiti i piatti; impreziosendola, insom-
ma, con immagini arricchite da un tempo che
ingrossa e sfuma, che indora e spigrisce, che
orna ed adorna; da un tempo che inquieta, an-
che, non dandoci risposte sulla fine delle no-
stre storie: “(Maria) Risponde al saluto del
cuculo, antico amico, contempla “la virgola”
(il paese di fronte, di nascita di lei), freme
all’abbraccio d’amore che Zefiro, per conto
di “lui”, le prodiga, mentre l’accarezza, baci
le imprime sulle labbra, sensazioni le provoca
nell’animo, di tenerezza e calde emozioni”.
Stati d’animo che trovano posto in versi finali
e che sentono forte il bisogno di chiudere in
poesia la loro potenzialità emotiva:
(…)
di nuovo è tornata primavera
“Tu, amore mio, non torni”.
Così Maria, lo sguardo lontano,
oltre l’azzurro, oltre l’infinito.
Nazario Pardini Antonia Izzi Rufo: La casa di mio nonno. Il Convi-
vio Editore. Castiglione di Sicilia. 2016. Pg. 144. € 13,50
I MIEI GIORNI
Passano, bigi,
come il cielo piovoso d'autunno;
non li illumina il sole
né la speranza
o il pensiero del futuro,
scorrono nell'attesa
scaramantica di "Quando sarà".
Che lunghi essi siano,
anche se "contati",
e non dolorosi,
che avvenga "l'evento"
all'improvviso,
e che io non me ne accorga.
Antonia Izzi Rufo Castelnuovo al Volturno, IS
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 26
LA POESIA È LA CASA
DELLA CULTURA di Susanna Pelizza
L David di Donatello, alla cerimo-
nia di premiazione, tenuta il 18
Aprile 2016, Cattelan, riprendendo
Sorrentino, dice che “il cinema è il soffitto
del cuore” e se i film assolvono oggi come
oggi una funzione importante nel renderci
complici e partecipi delle nostre emozioni è
purtuttavia doveroso constatare che, invece,
in maniera differente alla Poesia è riservato
il compito di far crescere e promuovere la
nostra cultura.
La poesia non inciampa nei Heideggeriani
sentieri sempre interrotti e che non portano a
niente dell’esistenzialismo moderno (e sap-
piamo oggi quanto epigoniche risultano cer-
te esperienze poetiche) ma, invece, poggia
sullo “zoccolo duro” di una tradizione sem-
pre comunque presente e vigile, vissuta in
chiave personale e diventando esperienza di
vita da trasmettere alle nuove generazioni.
Senza la poesia la Letteratura muore e at-
tualmente è in pericolo come sostiene Todo-
rov (Todorov “La letteratura è in pericolo”).
Una lirica affidata solo alle nostre latenti
emozioni è decisamente condannata all’
oblio: una parola che si fa portavoce di Spe-
ranza, educando intellettivamente in un’ at-
mosfera di rimandi espliciti o impliciti o che
trametta valori in cui nuovamente credere, è
destinata forse a avere un futuro.
È questo lo dico a tutti coloro che conti-
nuano a considerare il Poeta come una sorta
di “sciamano” che ha a che fare con la ma-
gia delle parole, quando, invece, è un cultore
della tecnica e dello stile.
Susanna Pelizza
PESARO, LA MIA CITTÀ
Amo Pesaro,
città che m’accolse da bambina.
Ricordo me alunna,
i bravi insegnanti
che m’aiutarono
nella mia interiore crescita,
nella mia ricerca di radici ed ali.
Amo di Pesaro i due ridenti colli,
sembrano proteggerla ai suoi fianchi.
Su di essi m’incanta
l’armonia del verde e dei fiori,
avverto il fascino dei piccoli paesi
da cui domino il mare,
suggestivo pei suoi colori,
nei mutevoli quadri
di quiete e di tempesta.
Amo la spiaggia nuda
o sgargiante di ombrelloni,
nuotando raggiungere gli scogli,
vestiti d’alghe lucide di sole;
e dal mare osservo
il riposante verde del colle,
stagliato sulle tinte del cielo.
Pesaro è scrigno
di antiche strade e chiese,
di famosi palazzi.
È patria di Rossini;
ama l’arte nelle varie sue espressioni.
Nell’Ottocento chiamarono Pesaro
“piccola Atene delle Marche”.
Sono orgogliosa
d’essere sua figlia.
Caterina Felici Pesaro
MADRE
Per una madre
figli e figlie
sono bambini per sempre
perché l'amore
non cambia con il tempo.
Pieno di sogni
per il loro futuro di successo
la risposta ogni madre
ha in mente per la sua persistenza
in attesa di accadere
la speranza infinita.
Teresinka Pereira USA - Trad. Giovanna Li Volti Guzzardi, Australia
A
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 27
I POETI E LA NATURA – 56
di Luigi De Rosa
Domenico Defelice - Metamorfosi (1991)
LA “ROSA” E IL “SENTIE-
RO POETICO” DI CAPRONI
iorgio Caproni era nato a Livorno il 7
gennaio 1912 ma come poeta era vis-
suto sostanzialmente a Genova e,
come afferma chiaramente nei propri versi, si
sentiva un genovese.
Anni fa ho dedicato a Caproni una mia poe-
sia intitolata “Che cos'è una rosa?” ispirata-
mi da quei suoi famosi versi (quelli, sì, notis-
simi) che dicono, a proposito della rosa :
“ Buttate pure via
ogni opera in versi e in prosa.
Nessuno è mai riuscito a dire
cos'è, nella sua essenza, una rosa.”
Perché il poeta, nella sua sensibilità e since-
rità, riconosce apertamente la propria igno-
ranza (e quindi l'ignoranza dell'Uomo) nei
confronti della Natura (qui simboleggiata dal
fiore... per eccellenza).
Non possiamo che ammirarla, la Natura. E
magari viverci (ma non sfruttarla stolidamen-
te e, troppo spesso, purtroppo, violentarla).
Tutto questo, pur sempre, senza avere la pre-
tesa di conoscerla nella sua “essenza”. Perché
noi possiamo conoscere tutte le leggi e i mec-
canismi che sovrintendono alla vita di una ro-
sa, dal punto di vista scientifico (cioè della
chimica, della fisica, della biologia vegetale,
etc.) ma non per questo possiamo dire che co-
sa sia effettivamente, sostanzialmente, nella
sua peculiarità, una rosa (o qualsiasi altro or-
ganismo della Natura). La Natura rimane pur
sempre, nel suo essenziale significato, una
grande Sconosciuta. (Come non ricordare il
famoso poeta americano Walt Witman, l'au-
tore della raccolta “Foglie d'erba”, che con-
fessava di non aver saputo rispondere alla
semplice domanda di un bambino Che cos'è
l'erba ?).
Anche se, in sostanza, perfino l'Uomo (il
Poeta) fa parte della Natura, a pieno titolo.
Ma a sua volta lo stesso Uomo (il Poeta) ri-
mane pur sempre un grande Sconosciuto, no-
nostante i trionfi dell'antropologia e nonostan-
te tutte le Scienze che lo riguardano, dentro o
fuori della Storia.
E come può l'Uomo, che è indecifrabile mi-
stero a se stesso, decifrare secondo i limitati
poteri della Ragione, l'ancor più grande e te-
nebroso Mistero della Natura e dell'Universo?
° ° °
Caproni amava molto la Natura.
E non solo a livello teorico-intellettuale, ma
anche e soprattutto a livello di benessere psi-
co-fisico e spirituale.
Amava fare camminate tra i boschi dell'Ap-
pennino, in Val Trebbia, a Fontanigorda, a
Loco di Rovegno, dove è sepolto insieme alla
sua amata moglie Rina Rettagliata, originaria
di quei luoghi.
E questo lo poteva fare prima di andare a
vivere nella grande Roma, quando era ancora
un giovane maestro elementare e incomincia-
va la carriera di insegnante nella profumata
Liguria, la terra della sua donna.
E' rimasta famosa la sua poesia Ballo a
G
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 28
Fontanigorda, dove alla gioia schietta dei
contadini impegnati in un ballo campestre si
mescola il profumo degli alberi e dei fiori, il
fascino misterioso di una Natura genuina e
amica.
Infonde una freschezza d'animo meraviglio-
sa il camminare lungo quello che si chiama
ufficialmente Sentiero poetico Giorgio Ca-
proni, un percorso che si perde nel folto dei
boschi, infinitamente più bello e dolce di cer-
te larghe strade e vaste piazze immerse nel
traffico, nel fumo e nei rumori.
Luigi De Rosa
___________________________________ ____________________________________ DA UN COLLE
Ieri ti ho guardata da un colle, cara Istanbul!
Non ho visto nessun luogo che io non fre-
quenti e non ami.
Finché io viva siediti sul trono del mio cuo-
re!
Amare anche uno solo dei tuoi quartieri vale
una vita.
Quante splendide città si vedono nel mondo,
Ma tu soltanto hai creato il mito della bel-
lezza.
Per me chi più anni vive in te, in te muore e
giace
Vive nel più felice e lungo dei sogni.
Yahya Kemal Beyatli
(1885 - 1958)
La poesia è compresa in un gruppo di brani
dedicati a Istanbul e costituiti da quartine a
rima baciata.
Ceviren (ha tradotto), Piera Bruno
(BIR TEPEDEN - Sana dün bir tepeden
baktim azîz İstanbul!/ Görmedin
gezmediğim, sevmediğim hiç bir yer./
Őmrüm oldukça, gönül tahtıma keyfince
kurul!/Sâde bir semtini sevmek bile bir ömre
değer.// Nice revnaklı şhirler görülür
dünyâda,/ Lâkin efsunlu güzellikleri sensin
yaratan./Yaşamıştır derim, en hoş ve uzun
rü’yâda/Sende çok yıl yaşayan, sende ölen,
sende yatan).
PER OMERO I
Omero visse in silenzio. Come le strade di
montagna.
E in silenzio - come l’acqua pronta a fluire -
preparò i principi della poesia.
Come tutti i grandi poeti della terra
cantò i lupi, gli uccelli, la furia del mare
le prime fiamme i primi baleni del giorno.
Perciò Omero somiglia solo ad Omero.
PER OMERO II
Sappiamo che Omero era esperto di lunga
poesia
e di lungo dolore
Per questo andarono tornarono sulla terra il suo
lungo mantello, la sua alta statura.
Ilhan Berk Poeta e pittore (1918 - 2008) - Ceviren (Traduttri-
ce) Piera Bruno
(HOMEROS İÇİN, I. - Sessiz yaşadı
Homeros, Dağ yolları gibi./Ve hazırlandı
sessizce - suyun/akmaya hazır oluşu gibi -
/Şiirin ilkelerine.//Dünyanın bütün iyi
şairleri gibi/inceledi kurdu kuşu, azgın
denizi /Günün ilk yalazlarını ilk balkımaları.
// Burun için Homeros yalnız Homeros’a
benzer.
HOMEROS İÇİN, II. - Biliyoruz uzun şiir
ustasıydı Homeros/Ve uzun acının//Böylece
yerkürede/Uzun harmanisi, uzun boyu gitti
geldi.)
Ilhan Berk (1918 - 2008), poeta, saggista e tradut-
tore - ha reso in turco tutta l’opera di Rimbaud - è stato anche un importante pittore. Per la grazia e
la chiarezza espressiva è stato definito l’autore
che trasforma in poesia ciò che sfiora. Infatti egli si riferisce sempre al reale e all’uomo; e la sua
umanità non ha mai nulla di astratto, ma viene
collocata nella storia e in definiti confini logistici come i nomi di Pera Galata Omero - nomi cari a
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 29
noi genovesi e italiani - dimostrano.
Piera Bruno
LIBERTÀ UGUAGLIANZA
FRATELLANZA
sono i fondamenti
della nostra coscienza e della nostra volontà
di essere francesi
Che Libertà Uguaglianza Fratellanza
siano svuotate perfino solo un poco
della loro essenza
quale scena di teatro
e dei cittadini rischiano di accasciarsi
su dei fondamenti di sostituzione
quand’anche siano nemici di
LIBERTÀ UGUAGLIANZA FRATEL-
LANZA
Béatrice Gaudy Francia
N. B. “Libertà - Uguaglianza - Fratellanza” è il
motto della Francia.
CECI N’EST PAS UN CHAT
Si tu vois un chat
ne dis pas que c’est un chat
Dis que c’est un rat
ou un serin
ou un lapin
ou n’importe quoi
Mais surtout surtout
ne dis pas que c’est un chat
Si tu oses appeler un chat un chat
tu cours grand risque de poursuites judiciaires
QUESTO NON È UN GATTO
Se vedi un gatto
non dire che è un gatto
Di’ che è un topo
o un canarino
o un coniglio
o qualsiasi cosa
Ma soprattutto soprattutto
non dire che è un gatto
Se osi chiamare un gatto un gatto
corri davvero il rischio di procedimenti giudiziari
Béatrice Gaudy
Francia N. B. L’espressione francese “chiamare un gatto
un gatto” significa “dire pane al pane, vino al vi-no”, ma con un’immagine diversa. Giacché l’
immagine del gatto si armonizza colle altre im-
magini del testo, l’espressione francese è stata tradotta letteralmente.
IL MUSICISTA
Ogni mattina, il musicista
Fa toilette con un FA;
SI la musica è la sua passione,
Egli non si sente mai LA (stanco);
Legge le note sul RÉ (righe)
Dei tanti foglietti
Modellando il suo DO (dorso)
Al di sopra del piano;
Poi s’inclina verso il SOL
per accogliere gli applausi;
E a MI-notte sogna d’essere un genio,
Creatore di future sinfonie...
FA SI LA RÉ DO SOL MI!
Océlyane Schengen
Da: Le coeur en bandoulière, Edizioni Ippocrène,
2015. Trad. da francese di Domenico Defelice.
L’AMORE È UNA CULLA...
L’amore è una culla
In cui si rannicchia l’anima contusa
Al riparo delle tempeste
E delle ingiurie
Sotto il cielo patrono
Della felicità...
Océlyane Schengen
Da: Le coeur en bandoulière, Edizioni Ippocrène,
2015. Trad. da francese di Domenico Defelice.
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Recensioni
TITO CAUCHI
ARCOBALENO Editrice Totem, Lavninio (Roma) 2009, € 10,00, pagg. 76
Il fenomeno atmosferico dell’arcobaleno non mo-
stra soltanto un’arcata di sette brillanti ed evane-scenti colori, anzi al contempo infonde quiete. Una
immagine biblica instauratasi in occasione della fi-
ne del diluvio universale al tempo di Noè, facente parte della “Genesi” nell’Antico Testamento. “Il
mio arco pongo sulle nubi,/ ed esso sarà il segno
dell’alleanza/ tra me e la terra./ Quando radunerò/ le nubi sulla terra/ e apparirà l’arco sulle nubi,/ ri-
corderò la mia alleanza/ che è tra me e voi/ e tra
ogni essere che vive in ogni carne,/ e non ci saran-no più le acque/ per il diluvio, per distruggere/ ogni
carne./ L’arco sarà sulle nubi/ e io lo guarderò per
ricordare/ l’alleanza eterna/ tra Dio e ogni essere che vive/ in ogni carne/ che è sulla terra.” (La Bib-
bia – Antico Testamento Prima parte, Collana ‘Le
Religioni’ de ‘La Biblioteca di Repubblica’, Anno 2005, a pag. 53, Genesi 9, 13-16).
Una trasmigrazione di sensi perché in quei colori
eterei ci sono le nostre ricordanze di quando era-vamo bambini e, senza andare tanto biblicamente
lontano, in quel violetto, giallo, blu, indaco, rosso,
arancio e verde – settori cromatici creatisi sempli-cemente per la rifrazione dei raggi solari attraverso
le particelle di pioggia rimaste sospese nell’aria – ci
sono anche e soprattutto le particelle dei nostri stati d’animo passati e presenti. È accaduto al professore
di Chimica e Matematica, nonché avanzato critico
letterario, poeta e non solo, Tito Cauchi di Anzio – ma lui è originario di Gela, provincia di Caltanisset-
ta – di dare un invetriato valore e significato all’ in-
segna antichissima dell’ arcobaleno. Lui si è trovato
prima e dopo questo fenomeno ottico, in un “Mon-do di parole” e poi in un “Mondo senza parole”; in
una situazione che poteva sembrare disperatamente
piovosa e poi nella schiarita inaspettata, ma alquan-to desiderata. “Parlare, parlare, parlare./ Quante
cose ci son da fare!// Gli uni e gli altri si fan senti-
re/ mettendo il resto a zittire/ fanno mestiere della parola/ sì che padroneggia questa sola.” (pag. 38).
Ritrovarsi così dopo un simbolico diluvio, che
potrebbe essere di qualsiasi genere e non soltanto un innalzamento delle acque a causa di un’ abbon-
dante caduta d’acqua dal cielo, e spingersi oltre la
realtà circostante per cercare un rifugio, un’altra dimensione naturale, affinché si possa fermamente
credere in quella divina alleanza di origine biblica,
ed abbracciare quella speranza così tanto vaticinata. “Ho guardato tante volte/ le cose la gente/ eppure
non ho saputo/ scorgere o leggere// il giusto signi-
ficato/ che le mutevoli forme/ delle cose ci presen-tano.// Ho amato ho sofferto/ ho sempre pensato
all’eterno/ alle cose che durano.// Gli anni si sus-seguono/ gli eventi si avvicendano./ Ho guardato
invano?// Eppure ho sempre pensato/ alle cose che
durano/ all’eterno.” (pag. 26). Ad un certo punto del libro, più o meno verso la
metà, un’icona che rappresenta una donna che allat-
ta tutto in bianco e nero, ossia l’immagine di stile primitivo della copertina del precedente libro
dell’autore, dal titolo “Francesco mio figlio” del
2008. Stile primitivo perché c’è la rievocazione del-la donna tahitiana di Paul Gauguin (1948-1903) pit-
tore francese, che permette al lettore di entrare in un
altro programma esistenziale di Tito Cauchi, preci-
samente nei meandri del suo incolmabile dolore pa-
terno per Francesco. Lui era una realtà, Francesco
esisteva davvero e adesso il suo cuore continua a pulsare come prima, da quando è nata questa scelta
di poesie scritte da un padre che non vuole e non
può dimenticare. C’è stata una sentenza in relazione a quella trage-
dia; c’è stata una perdita mai più ricolmata, c’è stata
una poesia composta nel trigesimo dalla sua scom-parsa, quindi un mese dopo l’annullamento di una
presenza che riempiva le stanze dell’intera casa,
portando seco la brezza di una continua primavera,
perché lui suonava la chitarra e il pianoforte, cattu-
rava e liberava le note musicali a suo piacimento,
non conosceva l’inerzia … “Cigola il cancello, s’apre la porta/ e sei tu che rientri da scuola/ lasci
cadere lo zainetto e canti/ dici di essere affamato e
sgranocchi.// Non hai ancora finito di pranzare/ e già progetti gli impegni successivi.// Cigola il can-
cello, s’apre la porta/ e tu non ci sei. Ammutoliti
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 31
sono/ il pianoforte, la chitarra, l’aria.// Eppure io
sento la tua presenza/ il tuo respiro, la gioia tua/
riversarsi su di me./ E non oso dubitare.” (a pag. 59).
Francesco è in quei colori dell’iride tanto subli-
mati dal poeta Cauchi e in quel segno che non sem-pre appare dopo ogni pioggia, lui continua a svol-
gere la sua vita di ragazzo pur non essendo più vi-
sibile ai mortali. È il destino di quelli che vanno ol-tre l’arcobaleno, che sono entrati nei suoi colori;
mentre tra quelli che restano ogni tanto c’è qualcu-
no che per loro è riuscito a scrivere più di una me-morabile poesia dai toni sfumati e cristallini.
Isabella Michela Affinito
Francesco non è figlio del poeta prof. Tito Cauchi, ebbene l’immedesimazione nei genitori reali, suoi
amici, è tale, da fare credere il contrario (Ndd).
ERNESTO PAPANDREA
E SCOPPIÒ LA RESISTENZA
SALVO D’ACQUISTO L’EROISMO DI UN
CARABINIERE
Edizioni Universum, Trento, 2015 - Pagg. 28, €
6,95
Più che una carrellata di poesie sulle varie argo-
mentazioni inerenti al Secondo conflitto mondiale,
questo è un trattato di coscienza e per le coscienze, un resoconto personale svolto da un autore che non
ha vissuto in prima persona l’ultima guerra, giacché
nato diverso tempo dopo, ma l’ha udita raccontare anche soprattutto da chi si è distinto per determina-
te scelte eroiche prese sul campo, o sull’esempio di
eroi-combattenti che per la frase gloriosa “sull’ ar-
ma si cade, ma non si cede!”, sono morti consape-
voli della loro scelta. Fece questo il Caporal Mag-
giore, combattente volontario della Divisione “Ac-qui” in terra di Cefalonia, Luigi Lopresti, a cui si
rivolge la dedica nelle prime pagine del volume,
nato a Gioiosa Jonica quindi, concittadino seppure di un altro periodo storico del poeta Ernesto Papan-
drea, autore della toccante raccolta, ma principal-
mente della corposa prefazione in cui sono stati menzionati molteplici fatti salienti del periodo bel-
lico in questione. Il poeta è ‘entrato’, documentan-
dosi, nelle diverse scene drammatiche di quell’
epoca per poi mettere in versi le sensazioni provate
semplicemente rileggendo le vicende da qualche
parte. È entrato e poi ne è uscito drammaticamente cambiato, maturato interiormente, con una capacità
di giudizio tale da non aver condannato nessuno,
ma nemmeno ha perdonato facilmente. Lui è un poeta, un saggista attorno al suo territorio e non so-
lo, e allora “mi sono solamente limitato a descrive-
re con la forza della commozione del verso, avve-
nimenti, luoghi, stati d’animo, perché non posso in
alcun modo forzare i fatti, parlare di un processo di reviviscenza di Cefalonia, di legami al filo del ri-
cordo, in quanto non ho vissuto quei frangenti di
vita o di morte per tutti” (a pag. 6). La silloge omaggia in primis la figura storica e l’azione com-
piuta dal Vice Brigadiere dei Carabinieri, Salvo D’
Aquisto, nato a Napoli il 15 ottobre del 1920 e mor-to a Torre di Palidoro il 23 settembre 1943, per una
sua deliberata decisione presa sul campo; ovvero
passato per le armi dalle truppe tedesche che, se non ci fosse stato lui ad offrirsi volontariamente, sa-
rebbero morte oltre venti persone accusate di atten-
tato contro i tedeschi. Salvo D’Acquisto è la fiam-ma centrale, la più luminosa e la più vibrante - Me-
daglia d’Oro al Valor Militare -, di un fuoco di-
vampato con la parola “Resistenza” nel periodo, appunto, in cui l’Italia subì l’invasione nazista con
tutte le sue relative prepotenze. Prima della fatidica
data dell’8 settembre 1943, l’Italia era schierata dal-la parte della Germania; dopo, invece, firmato l’
armistizio con gli alleati - firma dell’allora Mare-
sciallo Badoglio e del Generale americano Eisen-
hower -, i tedeschi vennero considerati nemici e chi
pagò le conseguenze furono quei soldati italiani in Grecia soprattutto, che si ritrovarono all’ improvvi-
so con un nemico al fianco. Cefalonia non è soltan-
to il nome di un’isola, come Corfù, Zante ed altre dei dintorni, ma è rimasta il simbolo di una verità
che tuttora sconvolge, scuote gli animi, perché lì
migliaia di soldati dovettero scegliere se arrendersi ai tedeschi ed essere deportati in Germania, oppure
di morire sterminati dalle truppe tedesche che si
rinforzavano di numero ogni giorno di più sul suolo
di quelle sperdute isole greche. “Il Caporal Mag-
giore Luigi Lopresti scelse la strada di non cedere
le armi e, non quella della resa. Per questa corag-giosa scelta l’Associazione Nazionale Superstiti
Reduci e Famiglie Caduti Divisione “Acqui”, gli
ha conferito il diploma solenne con una significati-va motivazione” (a pag. 6). Salvo D’acquisto, Luigi
Lopresti, Anna Frank, il partigiano Rocco Jeraci
anch’egli di Gioiosa Jonica, Giacomo Ulivi, gli sfollati a causa dei bombardamenti, i caduti di Mar-
zabotto, i soldati morti sul Don, sono parte dei pro-
tagonisti delle poesie scritte da Ernesto Papandrea
in questa occasione, dove non è stato facile com-
prendere l’oscura assurdità della guerra, qualsiasi
guerra con le sue rovinose conseguenze. Nella co-scienza dell’autore è avvenuta la miscelazione di
tante altre coscienze di ieri e presenti; sono proprio
i suoi veraci versi che hanno fatto rivivere gli incu-bi di quell’epoca, ricomponendo le strategie per la
sopravvivenza umana nel quotidiano “E scoppiò la
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 32
resistenza/dormendo nella paglia/per una patria li-
bera/nell’armoniosa convivenza./I giovani gagliar-
di/sfidando la spietata rappresaglia/ moriranno ventenni/col radioso sole/partigiano/sulla terra ita-
liana/ricoperta di viole” (a pag. 15).
Ernesto Papandrea, con questa crestomazia, si è riconfermato poeta del verosimile e nonostante i
sensi di commozione profonda, che hanno forato
come una freccia la struttura letteraria di ogni poesia, è rimasto lucido e consapevole di quei
giorni pieni di drammaticità da lui pigiati non per
caso. Quando il Carabiniere Salvo D’Acquisto verrà beatificato, sicuramente avrà un peso mag-
giore la lirica, a lui dedicata, che l’autore ha com-
posto riguardo al suo martirio non di carattere re-ligioso, ma umano; un uomo soltanto sul piatto
della bilancia per la fucilazione, al posto di oltre
venti persone accusate di attentato, e il risultato sarà un santo con la divisa dell’Arma. “Rispar-
miateli/quei martiri di Palidoro,/fateli uscire
via/dai reticolati/della vergogna./Immolerò la mia vita/per un’era democratica/con il cuore che bat-
te/di speranza,/dentro questa divisa/di Carabinie-re” (a pag. 26).
Isabella Michela Affinito
GENNARO MARIA GUACCIO
INCONTRI INDECISI
Rolando Editore, Napoli, 2016, € 12,00
Un libro che ha per tema l’amicizia è questo di Gennaro Maria Guaccio, Incontri indecisi, nel
quale l’autore ha raccolti ventuno racconti, oltre a
un Prologo e un Epilogo. L’amicizia, che sta alla
base di queste storie, è però considerata da Guac-
cio nelle sue diverse sfumature, che vanno dall’
amore (anche se, come dice Guaccio, “l’ amicizia non è amore o, almeno, non lo implica necessa-
riamente. L’ amore, invece, è anche amicizia”) al-
la semplice simpatia; e viene trattata dall’autore con vivacità e freschezza di stile, disinvolto e so-
vente percorso da una sottile ironia.
Si va così dal piacevole incontro che avviene in Una donna elegante, con la quale è possibile con-
versare di argomenti culturali (come quello ri-
guardante la scoperta di preziosi manoscritti da
parte dell’umanista Poggio Bracciolini o richia-
mare le dottrine di antichi filosofi, quali Aristotele
e Epicuro), alla partecipazione ad una festa mon-dana di Un matrimonio di classe, che si celebra a
Capri, durante la quale s’incontra persino il can-
tante Peppino, che da Capri prende il nome d’arte; dalle problematiche teologiche de Il seminarista,
giocate sul filo dell’intelligenza e della cultura,
all’assurdo delitto di Verrà la morte e avrà i tuoi
occhi (un titolo d’ ispirazione pavesiana), nato
dall’animo perverso di due balordi. In ciascuna di queste storie c’è però un rapporto
umano, magari deviato, che può essere in qualche
modo legato al concetto di amicizia, come accade a quello che nasce tra Mix e Abdullah, nel raccon-
to intitolato L’elemosiniera di Abdullah, dove
questo nigeriano immigrato in Italia cede il frutto della sua giornata di mendicante ad un altro im-
migrato più povero e sofferente di lui. Interessan-
te è in questo racconto il rapporto che si stabilisce tra Abdullah e il monsignore con il quale scambia
delle idee in materia religiosa.
Ci sono poi nel libro di Guaccio i racconti nei quali si respira una sottile aria amorosa, come La
mia storia è breve, nel quale la figura di Daniela
s’affaccia in tutta la sua fresca bellezza: una bel-lezza spirituale più che terrena, che affascina e
seduce. E ci sono i racconti inquietanti, come Il
diavolo a primavera, nei quali l’atmosfera è tesa e si vive come in un gioco enigmatico di specchi.
Il rapporto di amicizia che sta alla base di que-
ste storie assume però sfumature diverse a secon-
da dei personaggi che si incontrano e si parlano.
Un esempio lo è Incontri indecisi, il racconto eponimo, dove l’incontro tra l’insegnante ormai
ottantenne e il suo vecchio allievo dà luogo ad un
dialogo vivace e frizzante, che si conclude con un arrivederci, dopo una schermaglia sottile.
Il racconto però nel quale Guaccio tocca i suoi
maggiori risultati è Ansia metafisica, in cui si nar-ra la vicenda di Terasia, una donna “nata in cam-
pagna quarantasei anni prima, in una masseria
collinare a ridosso delle alture del maranese”, la
quale ha subito un trauma quando era ancora una
bambina, avendo assistito all’uccisione della ma-
dre da parte del padre, che l’aveva scoperta in un atteggiamento inequivocabile con uno dei suoi
sottoposti, di cui la donna si era invaghita.
Ciò aveva segnato indelebilmente il suo animo, facendo nascere in lei quell’“ansia metafisica”
che le suggeriva delle tormentose domande sulla
vita e sul male del mondo. Il che la portava poi a ribattere alle attestazioni in materia di fede del
suo parroco, don Paolino, che, dopo la morte della
madre, si era attivamente occupato della sua edu-
cazione, fino a farla diplomare in ragioneria.
Ad interrompere il tranquillo scorrere dei suoi
giorni, un fatto però era intervenuto che aveva fe-rito l’animo di Terasia, giunta al ventottesimo an-
no di età; e cioè la proposta di matrimonio fattale
da un giovane del paese che sembrava dapprima mosso da vera simpatia e che poi si era rivelato
interessato soltanto alle terre che avrebbe eredita-
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te alla morte del padre, ai fini della speculazione
edilizia. Per fortuna Terasia si era accorta per
tempo e aveva evitato l’errore di legarsi a lui, ma il fatto l’aveva profondamente amareggiata.
Intanto, dopo trenta anni di carcere, scontata la
pena inflittagli per il suo delitto, il padre di Tera-sia era tornato a vivere con lei, ma era ormai vec-
chio e bisognoso di cure, sicché la figlia l’ accu-
diva, benché facesse fatica a dimenticare l’ acca-duto.
Gli anni erano così trascorsi ad uno ad uno, qua-
si senza lasciare traccia. E pareva che il loro suc-cedersi non dovesse aver fine, quando gli eventi
precipitarono. Durante una festa paesana infatti,
in occasione della quale venivano portati in pro-cessione dei “gigli” in onore del santo, uno di
questi cadde pesantemente, avendo ceduto il so-
stegno che lo reggeva, ferendo mortalmente il pa-dre di Terasia, che era lento nei movimenti e
quindi non aveva potuto scansarsi in tempo. Gli
rovinò addosso e non gli diede scampo. Il cerchio in tal modo si era chiuso. A Terasia
non rimase che vendere i suoi beni e partire per l’
Argentina (meta ambita dalla madre, ai suoi tem-
pi), per aggregarsi alle suore di Calcutta, che ivi
compivano il loro servizio a favore dei poveri. Il tema dell’amicizia trova qui il suo sviluppo, spe-
cialmente nel rapporto tra Teresia e don Paolino,
che le era stato affezionato e che l’aveva seguita negli anni.
Decisamente negativo è invece il rapporto col
prossimo che sta alla base di un altro racconto, Il professore di economia, che finisce tragicamente
con la morte del professore, il quale non era riu-
scito, per la sua indifferenza verso il prossimo, a
farsi un amico, avendo tentato di disfarsi persino
del suo cane.
L’ultimo racconto del libro, L’Annunziata, ha per tema la tenace ricerca da parte di Emilia (una
donna che da piccola era stata abbandonata dalla
madre, la quale l’aveva affidata al convento dell’ Annunziata, dove si accoglievano i trovatelli),
della propria genitrice; ricerca che si conclude fe-
licemente. L’Epilogo chiude il libro con una nota di pessi-
mismo, perché in esso vi è la constatazione che ai
giorni nostri “non c’è più amicizia da nessuna
parte” e che “il demonio si è impossessato della
terra e vi sta gozzovigliando”.
La conclusione è amara, ma gli spunti che dal libro si ricavano sono molteplici e costituiscono
piuttosto un invito a cogliere della vita anche l’
aspetto luminoso e a godere del pur piccolo bene che essa può dare.
Elio Andriuoli
ISABELLA MICHELA AFFINITO
IO E GLI AUTORI DI POETI
NELLA SOCIETÀ (Cenni critici), Cenacolo Accademico Europeo
Poeti nella Società, Napoli 2005, Pagg. 52, f.c.
La poetessa frusinate Isabella Michela Affinito
racconta della sua conoscenza dello scrittore Pa-
squale Francischetti, Presidente del Cenacolo Euro-peo Poeti nella Società, con sede in Napoli, venen-
do a far parte del Gruppo Culturale dello stesso e
rimanendo entusiasta delle pubblicazioni dei soci, edite dallo stesso Cenacolo. Ed è così che ha voluto
riunire le sue considerazioni sulle trentuno opere
stampate dal 2000 al 2005 (soprattutto di poesia), unendosi idealmente al Cenacolo, tanto che il titolo
della raccolta non lascia dubbi: Io e gli Autori di
Poeti nella Società. Gli autori, alcuni presenti più di una volta, sono:
Salvatore Lagravanese, Adriana Mosca, Gianni Re-
scigno, Giuliana Milone, Rolando Tani, Ernesto Papandrea, Luisa Tocco, Maria A. Borgatelli, Pino
Contento, Domenico Bisio, Prospero Palazzo, Giu-
sy Villa Silva, Igino Fratti, Giovanna Mossa Trin-
cas, Tina Piccolo, Carmela Basile, Angela Dibuo-
no, Grazia Lipara, Rocco Raitano, Pasquale Franci-schetti, Ciro Carfora, Vinia Tanchis, Maria Colaci-
no, Angela D’Acunto, Giovannina Bortolozzo, Ma-
ria Grazia Vascolo. In questa sede esporre il pensiero di ciascuno non
è possibile per ragioni di spazio. Attrae la mia at-
tenzione l’esergo della Nostra che recita: “Nel leg-gere gli altri scopro la mia verità!”, il che mi fa
comprendere l’intento di ricerca di se stessa attra-
verso gli altri. Capisco da me che quel che affermo
non è poi così originale; ma quello che intendo
esprimere è che ciò che si espone sugli altri, spesso
fa affiorare la nostra interiorità, i nostri interessi più impregnanti.
Attraverso i Cenni critici presentati dalla Affinito,
la stessa autrice, così attenta alla esplorazione, met-te in luce il suo stile di vita, in senso letterario e fi-
losofico. L’uso del lessico tradisce la sua attitudine
all’arte figurativa, la sua formazione alle belle arti, il senso estetico. La sua scrittura procede a tratteggi
pittorici, il suo interesse è quello anche di rilevare
gli accostamenti fra gli Autori qui presenti e altri
personaggi noti della letteratura e della pittura, co-
me a volerne dare una chiave di lettura: come suol
dirsi mette la ciliegina sulla torta. In questo conte-sto espositivo, facendomi prendere la mano dalle
metafore, dico che la Nostra usa uno stile espres-
sionistico moderato, cioè concreto e con leggere sfumature dell’impressionismo La Poetessa fa delle
affermazioni, non fa allusioni vaghe che potrebbero
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 34
rendere incerto il lettore.
Isabella Michela Affinito avrebbe potuto amplifi-
care quanto esposto per i singoli Autori, entrando nello specifico e lo scrivente fare la stessa cosa.
Troviamo qualche venatura retorica della Nostra,
quasi inevitabile in argomenti del genere, e qualche digressione di natura scientifica (p.es. formazione
dell’arcobaleno). Mi pare che qui si rappresenti il
poeta-pianeta, ma non in una accozzaglia di senti-menti e risentimenti, bensì con il distacco delle de-
bolezze umane. La bellezza di questa raccolta sta
nei toni sobri, misurati. La stessa ampiezza e impo-stazione grafica che riguarda ciascuna opera (riqua-
dro della pagina e immagine di copertina) starebbe-
ro a rappresentarne un equilibrio. Il filo che collega i vari temi conduce ad un alveo
dove trovano collocazione le tante aspirazioni dei
poeti, nel segno del reale e dell’evasione che in una sola parola, possiamo sintetizzare, nel viaggio, reale
e interiore. La natura offesa dall’uomo, le aberra-
zioni culminate con Auschwitz; l’invito a non cede-re alla malinconia; l’amore della fratellanza; l’isola
come distacco dalla terra-madre; il mendicante co-
me disgregazione della società; la poesia come ri-
medio; la alterità o molteplicità esistente negli indi-
vidui; ecc. La Nostra si riconosce nei temi trattati in Io e gli Autori di Poeti nella Società, nello spirito
della condivisione. Il tutto viene esposto alleggerito
da ogni scoria della quotidianità, con il buon gusto che fa apprezzare la poesia e la buona lettura.
Tito Cauchi
SALVATORE D’AMBROSIO
DIECI X DIECI Sillabe incise a fuoco sulla pietra
Brignoli Edizioni, Caserta 2016, Pagg. 32 (coperti-
ne comprese), € 9,00
Dieci x dieci è un poemetto di Salvatore D’ Am-
brosio, autore eclettico presente nel nostro panora-ma letterario. In copertina è rappresentato il Mosè
di Michelangelo; nel testo incontriamo alcuni rife-
rimenti, citazioni risalenti ai salmi, come le dodici schiere (tribù degli israeliti, Oreb e Elohìm), che
creano l’ambientazione del grande evento biblico
sul monte Sinai, che reinterpretano l’episodio del
Patriarca e i Dieci Comandamenti.
L’epopea inizia con una sorta di prologo denomi-
nato “(A)scendere” (con l’iniziale A entro parente-si) riguardante la salita e la discesa, a verso libero e
a metro variabile; la parte successiva denominata
Sillabe incise a fuoco sulla pietra, riguarda la sco-perta del Decalogo ed è costituito da dieci compo-
sizioni, denominate dalla Prima porta, alla Decima
porta, ciascuna formata da dieci versi (da cui il tito-
lo).
L’incipit recita: “L’alleanza è montagna da con-quistare./ Solida è una montagna come la Legge/
che fa parlare la pietra o diventare acqua la roc-
cia/ per dissetare un popolo.” Questa possiamo considerarla come la massima di base su cui pog-
giare la morale; ricorda che ogni conquista richiede
fatica. Giungere alla sommità per poi ridiscendere, non basta, occorre perseveranza e le dieci chiavi
consentono di comprendere il patto tra Dio e gli
uomini, e tra gli uomini stessi. In questo percorso abbiamo la Rivelazione: Io sono il Signore Dio tuo.
E proseguendo, apriamo man mano le dieci porte
(Comandamenti). Mons. Raffaele Nogaro, nella nota critica in chiu-
sura, mette in evidenza la struttura che ricalca linee
geometriche che vagamente richiamano il viaggio dantesco della Divina Commedia; inoltre, da par
suo, ci dà una rilettura e un riepilogo del Decalogo.
Dieci x dieci di Salvatore D’Ambrosio, offre spunti per confronti con il Divino Poeta e diventa un’ ope-
ra pedagogica in chiave moderna sulla condotta di
vita.
Tito Cauchi
GIUSEPPE MANITTA
GIACOMO LEOPARDI PERCORSI CRITICI
E BIBLIOGRAFICI (2004 - 2008) Con appen-
dice (2009 - 2012)
Il Convivio - Pagg. CLXIV +294, € 35,00
Il corposo volume - come afferma lo stesso autore
in Premessa - “è la prosecuzione ideale e fattuale”
di un altro, apparso nel 2009: Giacomo Leopardi.
Percorsi critici e bibliografici (1998 - 2003) “e si
propone di tracciare un itinerario attraverso i con-tributi principali, dalle edizioni dei testi agli studi
sulle opere e sul pensiero del Recanatese”.
Si compone di cinque capitoli (pagine IX - CLXIV) e una “Bibliografia leopardiana /2004 -
2008) con appendice (2009 - 2012)” suddivisa in
varie scansioni tematiche (l’ambiente; le opere complete e parziali; atti e studi complessivi; studi
sui Canti, sulle Operette morali, sulle opere varie e
sullo Zibaldone; forme e temi del pensiero leopar-
diano; la religione; le scienze eccetera) per un com-
plessivo di 458 pagine.
Leopardi, che ha vissuto con difficoltà l’ambiente deprimente di Recanati (Manitta riporta, citando un
saggio di Raffaele Urraro, il ritornello col quale i
giovani sfottevano il poeta a passeggio per le strade del paese: “Gobbus esto/fammi un canestro: / fam-
melo cupo/gobbo fottuto”), ha costantemente so-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 35
gnato di abitare e lavorare altrove, ma, ogni volta
che è uscito fuori dal “borgo selvaggio”, ha trovato
più amarezze e delusioni che conforti e stimoli. Attraverso l’esame delle sue tante lettere (che, se-
condo Costanza Geddes da Filicaia, confermano il
“carattere di insincerità proprio, quasi per statuto, dell’epistolografia”) si possono seguire i soggiorni
del poeta in Roma - nella quale ha goduto “Pochi
(...) momenti piacevoli” -, Bologna - città che più l’ha affascinato, trovandola “quietissima, allegris-
sima, ospitalissima” -, Pisa - dove ha “proficui di
incontri, tra i quali quello con l’ambizioso Giovan-ni Rosini” -, Imola - i cui abitanti gli appaiono “tutti
scemi” -, Firenze e poi Napoli - dove il poeta muore
- e si toccano temi come “l’infanzia e i suoi river-beri filosofici” e i “turbamenti d’amore”. Forse le
delusioni più forti Leopardi le ricevette da Roma,
perché “città dalla quale - scrive Manitta - Giaco-mo non solo si aspettava un gran rispetto intellet-
tuale, ma anche una certa disponibilità nei suoi
confronti”. Oggi più di ieri Leopardi è considerato “come fi-
lologo, come filosofo e come poeta”; è un antiro-
mantico, ma, per alcuni, con tracce di romantici-
smo1. I suoi “Canti” debbono essere letti e interpre-
tati solo come alta poesia o anche come filosofia? Riportando il pensiero di Nicola Merola, Manitta
afferma che “l’opera poetica di Leopardi è sempre
poesia e deve essere anche interpretata, secondo il desiderio del Recanatese, con fantasia e cuore di
lettore”. Anche in fatto di religione c’è contrasto2;
secondo Lionello Sozzi, per esempio, ne “L’ Infini-to” la “dimensione leopardiana esula dall’ inter-
pretazione religiosa di alcuni studiosi, ovvero si
tratta di un infinito senza Dio”. Non c’è aspetto che
venga trascurato, viene evidenziata anche l’ impor-
tanza che per la maturazione poetica di Giacomo
Leopardi ebbero molti poeti antichi, tra cui Omero e Petrarca... e “Le canzoni con personaggio princi-
pale - evidenza Manitta - sono soggette ad una tea-
tralizzazione”: siamo, cioè, in presenza di una poe-sia della voce, della quale di recente ha trattato Giu-
seppe Leone nel suo bel saggio “D’in su la vetta
della torre antica”... Commenti, interpretazioni, proposte, contrasti, ri-
guardano - come già accennato - non solo i Canti,
ma anche le altre opere del Recanatese: lo Zibaldo-
ne, le Operette morali eccetera e centrale è sempre
l’approfondimento del suo pensiero, sia nel rappor-
to con la scienza che con la Bibbia e il cristianesi-mo.
Sebbene siamo in presenza di ricognizione di
scritti altrui, il lavoro di Giuseppe Manitta ha il fa-scino della scorrevolezza e, perciò, il piacere di far-
si leggere. C’è sempre il rischio di cadere nello
stucchevole quando si è costretti a riferire e riporta-
re giudizi innumerevoli su un autore per il quale si
son riempite e si continua a riempire le biblioteche e che stimola incessantemente, giacché il genio è
sempre più attuale man mano che si allontana dal
tempo che l’ha visto nascere ed operare3. Leopardi - secondo quanto scrive Biancamaria
Frabotta, riportata dal Manitta - è “un poeta in pro-
gressione cronologica, perché egli non ci appare mai interamente giovane, o vecchio, ma piuttosto
sempre proteso in quel modo estremo di essere di
chi è sempre più giovane e più vecchio della sua età cronologica e storica”; concetto ch’è di moltis-
simi altri, italiani e stranieri: María de las Nieves
Muñiz Muñiz, per esempio, scrive che Leopardi “tiende hoy a ser visto como un contemporáneo”
(la Muñiz Muñiz, scrive Manitta, “si attesta tra i
commenti più importanti all’opera leopardiana e certamente il punto di riferimento principale per l’
italianistica spagnola”).
Domenico Defelice
1 - Secondo Alessandro Camiciottoli, per esem-
pio, Leopardi può essere avvicinato - scrive Ma-
nitta - “al romanticismo inglese e tedesco”.
2 - “Per Leopardi, in sostanza, la religione cri-
stiana, pur non essendo vera in assoluto, è vera (e buona) relativamente al nostro ordine di cose”
(Marco Moneta). “L’occhio di Dio, l’occhio della
Provvidenza sono immagini che rimangono in Giacomo anche nell’ultimo periodo della sua vita,
quando la critica lo vorrebbe già ateo convinto”
(Loretta Marcon). 3 - “Leopardi non è moderno perché semplice-
mente sta al di qua della modernità”, scrive, per
esempio, Lorenzo Tinti, sempre nel riporto di
Giuseppe Manitta.
BOCCACCIO E LA SICILIA
a cura di Giuseppe Manitta
Interventi di E. Cavallaro, A. Cerbo, C. Chiodo, G. Manitta, L. Meier, N. Mineo, U. Piscopo, F. Rando,
A. Tramontana, S. Villari
Ed. Il Convivio, 2005 - 344, € 25,00
Forse al mondo non esiste isola così famosa, ricca
di storia, di leggende, di miti, fermentata da tanti
popoli e da tante civiltà come la Sicilia. Sopra di
essa, Bene e Male del mondo hanno avuto, nel cor-
so dei secoli, il tavolaccio ideale perché si svolges-se la vicenda della vita in ogni suo aspetto.
Ad essa hanno guardato tutti i più grandi scrittori,
i poeti, gli storici e quindi non è un mistero che an-che Giovanni Boccaccio trovasse nell’isola terreno
fertile e personaggi stimolanti per alcune delle affa-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 36
scinanti novelle decameroniane e per lo sviluppo di
tante altre sue opere latine, il De Montibus, il Filo-
colo, con approcci interessanti anche in fatto di lin-gua. Perciò, “Considerare la Sicilia nelle opere di
Giovanni Boccaccio - scrive in Premessa Giuseppe
Manitta - significa non solo rivolgersi alla geogra-fia dell’autore, ma anche e soprattutto valutarla in
relazione al dato storico, mitico, intertestuale e cul-
turale in genere”. Il primo intervento è di Susanna Villari, secondo
la quale la Sicilia aiuta molto alla creazione di sto-
rie col suo enorme bagaglio di miti e leggende. “Oggetto di questo studio - scrive - è la verifica
dell’incidenza di tali suggestioni, e del rapporto tra
la realtà geografica siciliana e la sua trasfigura-zione poetica, nelle opere di Boccaccio e nella no-
vellistica post-boccacciana”.
Segue il lunghissimo e assai particolareggiato saggio di Carmine Chiodo su Le novelle siciliane
del Decameron. Il critico è d’accordo con quanti
opinano che Boccaccio in Sicilia non ci sia mai sta-to e che tutte le novelle che riguardano l’isola son
frutto di racconti e conoscenze che l’autore ha rice-
vuto da altri, specialmente negli anni trascorsi a
Napoli: “Boccaccio, stando a Napoli conobbe la
Sicilia e le novelle “siciliane” ci mostrano l’acuto e penetrante scrittore dell’uomo, del suo cuore, del-
la vita italiana e della storia del suo tempo”. Non si
deve dimenticare che, in quegli anni, gli scambi commerciali tra la Sicilia e i mercanti toscani erano
intensissimi e che costoro avevano un gran peso
anche nello svolgimento degli avvenimenti storici, influenzandoli con le loro immense ricchezze. Na-
poli era il centro di questi traffici essendo la capita-
le di un regno. Di recente, un romanzo che si svolge
in questa geografia tosco-napoletana-calabro- pa-
lermitana è l’affascinante Il mercante di zucchero
della romana Adriana Assini, edito nel 2011 da Scrittura & Scritture. È a Napoli che, secondo
Chiodo, “il Boccaccio nacque intellettualmente” ed
è nel tessuto sociale della Napoli di quel tempo che il giovane scrittore di Certaldo si immerge con pas-
sione, quasi dimentico degli affari commerciali e
bancari per i quali nella città partenopea era giunto. Chiodo, a ragione, perciò, si sofferma parecchio su
Napoli prima di trattare specificatamente delle no-
velle siciliane: “tutto ciò che è stato detto fin qui mi pare che sia necessario e importante per compren-
derle meglio”, scrive.
Ugo Piscopo, in Boccaccio e Napoli, La bella ci-ciliana, pone l’accento sulla vita di Boccaccio che,
stando ai fatti, non fu così idillica come tanta critica
e biografia agiografica ha voluto evidenziare nel corso dei secoli. Il critico scava nelle relazioni tra il
ragazzo Giovanni Boccaccio e la famiglia, la madre
del tutto sconosciuta, il padre che lo voleva mercan-
te o ecclesiastico o studioso di diritto, il fratellino
Francesco: “Con questo fratellino più piccolo e più nella norma, dovette essere allevato anche Giovan-
ni - scrive Piscopo -, ovviamente nella casa pater-
na. Della sua madre naturale, egli non saprà più niente. Perciò, nel recuperarne la figura, da auto-
re, cioè da utente e inventore di racconti, la riscatta
sollevandola in quelle atmosfere parigine romanze-sche”. Le storie che egli inventa, afferma il critico,
“tradiscono la verità (...) che nelle profondità na-
sconde segreti di come macerare e metabolizzare veleni, per restituirli alla vita come contributi alla
speranza, alla gioia, alla sorpresa”. L’allegria delle
novelle decameroniane, insomma, non è altro che il tentativo di ribaltare e dimenticare una esistenza
che ha avuto tante tristezze e traversie; “per studia-
re come vuole e quello che vuole lui, deve muoversi dapprima su un crinale di conflitti e deve in ultimo
decidersi allo strappo definitivo” dai legacci pater-
ni. Il saggio di Piscopo, tra quelli presenti nel libro, è il più accattivante e il più penetrante dal punto di
vista psicologico.
Seguono i saggi di Nicolò Mineao: Lisabetta da
Messina e la quarta giornata del “Decameron”;
quello di Lilith Meier: La novella di Salabaetto e Iancofiore (Decameron VIII, 10). Variazioni lingui-
stiche e stilistiche tra le due redazioni del Decame-
ron di Boccaccio; di Anna Cerbo: Storia, geografia e miti siciliani nelle opere latine di Boccaccio (an-
che lei accenna alle “amenità naturali della Trina-
cria, che Boccaccio, forse, non ha mai conosciuto direttamente”); di Alessandra Tramontana: La Sici-
lia nel De montibus di Boccaccio (che conferma
punti già indicati da altri: “Della Sicilia, in partico-
lare, Boccaccio non aveva una conoscenza diretta
come per la Campania o la Toscana, ma tuttavia
già negli anni giovanili Napoli doveva costituire per lui una prospettiva di osservazione invidiabile,
soprattutto in virtù dei vivaci scambi commerciali
che la città angioina era solita intrattenere con i maggiori porti dell’isola”); di Emilia Cavallaro: Le
donne dei miti siciliani: Scilla, Galatea, Aretusa e
Cerere nel recupero mitografico del Boccaccio; di Federica Rando: Figure femminili nelle novelle si-
ciliane dal “Decameron” agli “Ecatommiti”; e
chiude Giuseppe Manitta: La Sicilia del Filocolo: implicazioni dantesche e variaziones classiche.
Tutti questi saggi hanno ciascuno particolare im-
portanza e non andrebbero elencati così sbrigativa-mente come noi abbiam fatto per uno spazio sem-
pre tiranno. Manitta, tra l’altro, precisa che “In am-
bedue i luoghi (Filocolo e Comedia) la Sicilia as-sume il punto d’incontro tra la geografia realistica
del viaggio e quella mitica, dati e continui riferi-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 37
menti all’epos e al bagaglio classico” e conclude
che “Il riferimento alla storia di Sicilia, così come
le descrizioni geografico-mitologiche e quelle pret-tamente mitiche, conferma l’idea che nel Filocolo
l’isola abbia una presenza pressoché letteraria...” .
Domenico Defelice
JOSÉ SARAMAGO
IL VIAGGIO DELL’ELEFANTE
Feltrinelli, ottobre 2015, pag. 201, € 8,50
Ci sono due passaggi di questo libro che voglio
usare come inizio, per descrivere in breve, parte di
questo viaggio di Salomone l’elefante, un dono tra regnanti molto particolare. Perché l’istinto alla
scrittura scintilla a volte da un particolare insolito,
in questo romanzo Josè Saramago è un maestro nel prendere a prestito un evento mutandolo, investen-
dolo di letteratura ed è stata gioia immensa, per me,
che l’ho letto tutto di un fiato. “ Stanchi dopo una camminata cosi lunga, siamo
arrivati a Innsbruck in una data segnalata nel calen-
dario cattolico, il giorno dell’epifania, correndo l’
anno del mille e cinquecento cinquantadue” pag.
193. Sta per entrare nella città di Vienna la massima
espressione dell’autorità pubblica: l’Arciduca Mas-
similiano secondo d’Austria. “All’improvviso, una bambina sui cinque anni, che l’età fosse questa lo si
seppe in seguito, la quale assisteva con i genitori al
passaggio del corteo….” pag. 197. Josè Saramago prende spunto da un episodio sto-
rico, come lui stesso afferma nella prima pagina di
prefazione del romanzo: “Mi fu detto che si trattava
del viaggio di un elefante che nel XVI secolo, pre-
cisamente nel 1551, sotto il re Don Joao III fu por-
tato da Lisbona a Vienna dono del Re portoghese all’Arciduca Massimiliano secondo d’Austria”.
Una miscela condita di metafora di vita attraverso
la storicità di un periodo e la disamina di leggi e co-stumi raccolti lungo la strada . Esposizione di in-
contri bislacchi conditi di ironia, una fantasiosa es-
senza favolistica e scorre velocemente la lettura di questo scritto. Josè Saramago condisce di particola-
ri e specifiche di riflessione ogni singola sosta della
carovana. Citazione importante di questo romanzo
è la Controriforma sull’editto di Lutero. Traccia
due figure di sacerdoti, uno che esorcizza la presen-
za del quadrupede pachiderma, l’altro che invoca il miracolo davanti alla Basilica di Sant’Antonio da
Padova. “Il reverendo continuava il suo lavoro e, a
poco a poco, si avvicinava all’altra estremità dell’ animale, movimento che coincise con l’ accelera-
zione delle preghiere del cornac al dio ganesha e
con la subitanea scoperta, da parte del comandante,
che le parole e i gesti che il prete stava facendo ap-
partenevano al manuale dell’esorcismo, come se il povero elefante potesse essere posseduto da qual-
che demonio” Per poi allontanarsi in un narrazione
che cammina sulle ali della fantasia mentre si illu-mina la maestosa presenza del culto di Ganesha, l’
elefante indiano di nome Salomone che insieme al
suo fedele cornac di nome Subhro attraversano mezza Europa: da Lisbona a Vienna. Per terre fred-
de e desolate persino su un’imbarcazione solcano i
mari per raggiungere Genova. Attraversano valichi e frontiere, mari e terre per arrivare trionfanti nel
corteo di benvenuto alla nuova destinazione e di-
mora con l’incontro ravvicinato di una bambina, che si stacca dal corteo e, le corre davanti tra lo
spavento e l’incredulità della folla.
Tutta la leggerezza di una lunga riflessione graf-fiante di analisi storico, politica e di potere: nel
viaggio dell’elefante.
Salomone muore due anni dopo il suo arrivo a Vienna.
Filomena Iovinella
CLAUDIA TRIMARCHI
LA FUNZIONE CATARTICA
E RIGENERATRICE DELLA POESIA
IN DOMENICO DEFELICE
Il Convivio Editore, 2016 - Pagg. 134, e 13,00
Non ho letto tutte le opere di Domenico Defelice
(solo qualcuna, me ne rammarico), ma ho avuto modo di conoscere, e ammirare, il Direttore di
“Pomezia-Notizie” attraverso tale Rivista mensile
alla quale sono abbonata da circa dieci anni. Il Pe-riodico, di cui Defelice, coadiuvato dai familiari
nella sua realizzazione, è anche editore, è puntuale ed efficiente e racchiude, nella sua veste modesta,
firme eccellenti e contenuti ricchi, consistenti, “so-
stanziosi”. Non trascura, inoltre, e non delude, le aspettative degli abbonati i quali possono vedere
pubblicato, ogni volta, il materiale da essi inviato.
Defelice è una persona seria, umile e schietta, colta, pulita dentro.
Nel suo sapere, che si dirama in molteplici dire-
zioni, si concentrano prosa e poesia, arte, critica,
tendenza alla solidarietà nei confronti dell’umanità
trascurata e calpestata, ostinazione e perseveranza
nello smascherare truffe e sotterfugi di politici di-sonesti, falsi e arrivisti. Nei suoi scritti prevalgono
realismo, autobiografismo, riscoperta della tradi-
zione. Tutto quanto suddetto, ed altro ancora, è ben deli-
neato da Claudia Trimarchi nella sua tesi di laurea
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 38
“La funzione catartica e rigeneratrice della Poesia in
Domenico Defelice”. La neolaureata, con uno scru-
poloso lavoro di studio e ricerca, ha svolto un’attenta disamina su quanto riguarda l’iter culturale del No-
stro, la produzione della sua “Opera omnia” e, so-
prattutto, la sua Poesia intesa come funzione purifica-trice e rasserenante, salvifica, come rinnovarsi del
mondo interiore nella sua integrità.
Perché la Poesia in particolare? <<Perché – la Trimarchi puntualizza – la Poesia è costantemente
presente nell’opera dello scrittore, perché da tutto il
suo vasto universo culturale emerge l’autentico e sconfinato amore per la Poesia>>. Tra le opere pre-
se in esame, ella s’è avvalsa del volume “L’orto del
poeta”, <<…una sorta di “hortus conclusus” nel quale gran parte delle opere affonda le radici ideo-
logiche>>.
L’impianto strutturale del saggio si compone di quattro capitoli. Nel primo sono definiti i tratti sa-
lienti della figura umana e letteraria di Defelice e vi
sono introdotti gli elementi utili per la comprensio-ne della sua poetica: <<La vita e l’Opera dell’ auto-
re sono inscindibili; il vissuto esperenziale ispira l’
Opera e l’Opera lo restituisce alla vita rischiarato da
una luce nuova>>. Ecco così spiegato il significato
del titolo del libro, ossia della duplice funzione del-la Poesia: <<Quella catartica in quanto libera dalla
mediocrità e dalle inconcruenze dell’umana esi-
stenza, quella rigeneratrice poiché, lasciando intra-vedere realtà altre, oltre la pura fenomenica, edifica
uno “spazio” nuovo in cui è possibile riscattare la
pena di vivere in ben altre infinite possibilità di vi-ta>>. Nel secondo e terzo capitolo viene effettuata
una comparazione cronologica delle sole opere
poetiche, dalle giovanili alla più recenti. Nell’ ulti-
mo capitolo viene confrontato Defelice poeta a De-
felice saggista.
L’autrice spiega il motivo per cui ha riportato spesso versi del poeta: per <<impreziosire la sua
trattazione>>, <<come fossero, tali, tante piccole
gemme incastonate nel discorso>> (Bello il para-gone! Fa pensare ad una corona regale, al diadema
della regina delle fate ricoperta di pietre preziose
che brillano, che abbagliano la vista). Condividia-mo tutti la giusta opinione che la Trimarchi ha per
Defelice: se un giudizio è unanime, la verità non
può essere messa in dubbio.
Non dimentica, la nostra saggista, la “questione
meridionale” che tanto ha interessato Defelice.
Questi soffre di nostalgia per la sua terra. Spesso fa riferimento alla sua Calabria, ne descrive la natura
selvaggia e primitiva, la povertà e i disagi degli abi-
tanti; racconta di sé, della sua infanzia, dei sacrifici affrontati e dei pericoli corsi nel periodo della se-
conda guerra mondiale: <<Sud è arretratezza, mise-
ria, sfruttamento, persecuzione, abbandono>>. Do-
ve ricercare le cause dell’ingiustizia sociale? Nelle
ataviche organizzazioni mafiose in simbiosi col po-tere politico-amministrativo, ma anche giuridico,
economico, ecclesiastico (Sembra di leggere i libri
di Leonardo Selvaggi: anche questi rimpiange, dal-la fredda e caotica Torino, la sua Lucania mentre ne
descrive, con le bellezze autentiche del paesaggio,
la miseria della popolazione e i soprusi di chi detie-ne il potere).
Nell’ultimo capitolo del testo la Trimarchi espone
parallelismi tra l’opera di Gazzetti, Scutellà, Mallai – il pensiero dei quali è in sintonia con quello di
Defelice – e l’opera di questi e, quasi “dulcis in
fundo”, ci parla dell’ ”orto-giardino” del Nostro- una specie di eden che riporta, ripeto, all’ ” Hortus
conclusus” medievale - , un “locus amoenus” che
ospita poeti e artisti, amici cari al poeta, i quali hanno fatto della Poesia “pane di vita”; in esso si
gode della possibilità di <<rinserrarsi disgustati dal
frastuono della città e si permette alla mente di ine-briarsi nel “lavacro di verde e profumi” >>.
Un plauso alla dottoressa Claudia. Il suo saggio
rappresenta un’ottima guida per chi non conosce
ancora Defelice, un incentivo a leggerne le opere
per rendersi conto di quanto vasta sia la cultura del Nostro, quanto profondo il suo pensiero e quanto
veritiere e stimolanti siano le sue affermazioni.
Antonia Izzi Rufo
TITO CAUCHI
MICHELE FRENNA NELLA SICILIANITÀ
DEI MOSAICI EdiAccademia, Isernia 2014, Pagg. 192, a cura di
Gabriella Frenna, e. f. c.
Michele Frenna: un artista umano oltre
l’esistenziale. Tito Cauchi esplora amabilmente la
complessa matassa dell’opera musiva, in questo li-
bro Michele Frenna nella sicilianità dei mosaici con l’aiuto della figlia, Gabriella Frenna, cercando
nella “Sicilianità” il motivo conduttore che acco-
muna critico e autore. “Sicilianità come paradigma della cultura mediterranea, poiché Michele Fren-
na, moderno nauta dello spirito approda sempre
alla sua Sicilia” (T.C. pag. 10). Lo stesso Cauchi
avverte “Adesso non intendo commemorare la mor-
te del Maestro, né celebrare la sua grandezza, per-
ché a farlo sono le sue opere musive” (idem). Il volume si sviluppa seguendo l’iter artistico
esposto da critici di indubbio valore come lo scrit-
tore A. Angelone, G. Maggi, V. Rossi, C. Manzi, G. Frenna, D. Defelice, L. Selvaggi, O. Tanelli ed
altri con le aggiunte esemplari commentate dallo
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 39
stesso Cauchi. Nel Cap. IV dedicato a “Umanità
espressiva estetica”, Cauchi commenta: “I mosaici
di Michele Frenna, libro di Carmine Manzi volto a scoprire e a rilevare l’Umanità espressiva dell’
Uomo che si fa tutt’uno con la propria arte” (pag.
49). Lo scopo dell’Artista è quello di fondere in una cosa sola “esperienza umana e esperienza religiosa”
in una pittura come “relazione con gli uomini” vol-
ta alla riscoperta del quotidiano, come specchio del rapporto con Dio. Tesa, quindi, ad una spiritualità
non esistenziale (di stampo sartriano) ma umana di
riconciliazione con il Divino, verso la ricomposi-zione della frattura originale, verso la luce e la bel-
lezza che l’uomo scopre nella vita.
Queste “epifanie luminose” sono date anche dalla “nostalgia” verso la propria terra, verso le origini, le
“cose buone di un tempo”, difficili oggi da trovare,
ma comunque presenti come “forme latenti” di una sicilianità archetipa. Negli stilemi adottati vi è l’
ampia apertura filosofica e ontologica dove le te-
matiche, anche, di natura sociale sono svolte sem-pre, in una “linearità pittorica” non comune. La sfe-
ra naturale e culturale sono unite nell’incontro con
il quotidiano. È una chiarezza che deriva dalla co-
noscenza del classico, dalla bellezza immediata che
solo l’arte musiva, oggi, può ricreare. Pittore dotato di particolari antenne rabdomantiche con cui espli-
citare spiritualmente momenti di vita, dove l’umano
viene colto e introdotto nella sua relazione con gli altri, evitando il radicalismo ermetico per un’ im-
mediatezza espressiva.
La pienezza della terra e la pienezza dell’uomo, tutto è ricondotto alla natura dello spirito, nel cui
seno si trova sicurezza e felicità. La chiarezza strut-
turale delle forme, ritorna in molte opere del Fren-
na, rivolta all’uomo immerso nella sua storia e nella
rappresentazione idilliaca naturale, di una Sicilia
incontaminata. “Tanelli impernia il suo discorso in-torno al trans-espressionismo tanto del linguaggio,
tanto della tecnica, facendone derivare un surreali-
smo moderato ‘in quanto egli parte dal particolare per raggiungere valori escatologici, spirituali e
metafisici’…” (pag. 72).
Il linguaggio evolve attraverso l’uso delle croma-ture mediante colori forti ed impulsivi con cui
Frenna propone una visione della condizione uma-
na in modo assorto: ma la sintesi operata dell’ Arti-
sta non deve essere intesa come stile eclettico:
Frenna crede nell’onnipotenza del sogno come ci
credevano i surrealisti (citati Breton, Aragon, Apol-linaire, Artaud, Char, Desnos, Eluard, Duchamp,
Ernst, Mirò, Dalì, Picasso). E così Tanelli spiega
come la sua tecnica è dettata dalla fantasia e dalla ragione senza scomporre e ricomporre la stessa
realtà dalla quale egli era partito. Credo che il libro
di Orazio Tanelli “Sintesi dell’antico e del moderno
nei mosaici di M. Frenna” (e mirabilmente com-
mentato da Cauchi) sia quello più esatto per deli-neare questa arte volta all’essenziale oltre l’ esi-
stenziale.
Fantasie e ragione che non scompongono la realtà e fanno quel giusto connubio in cui si realizza l’
umano, oltre l’esistenziale apocalittico di un Pol-
lock. Frenna supera il surrealismo e l’ espressioni-smo, dove l’esistenza è espressa nella sua “sartriana
angoscia”, recuperando quegli stilemi (la visione
dell’Antico, della Natura, la Sicilia, l’Uomo, ecc.) che servono a ridefinire, riqualificando un’arte nella
sua più profonda pienezza spirituale, un’arte che ha
ancora molto da dire sulla chiarezza delle forme e sul rapporto con il Divino.
Susanna Pelizza
TASTIERE
Con le dita use al piano simulavi
sul mio petto le note
di una sonata allegra, forse un minuetto,
l’accompagnavi col canto un poco roco
come venisse da un segreto loco
del tuo corpo perfetto.
Le tue dita percorrevano sapienti
l’insolita tastiera, increspava la pelle
quasi un brivido, una brezza leggera. Nella
stanza
era Cupido che guidava la danza.
La sonata incantata
intrecciava i suoi temi
secondo collaudati schemi.
No, non vi fu la musicale conclusione.
Qualcosa, un sospiro?
cambiò l’esecuzione.
Guido Zavanone
L’AUTUNNO
Ammiro
i biondi capelli fioriti
della giovane primavera
e pure i capelli argentati
dell’inverno operoso o quelli
color grano e papaveri
della splendente estate.
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 40
Mi commuove l’autunno malato,
coi radi capelli un po’ scoloriti,
che m’ha imprestato.
Guido Zavanone Genova
AL MIO CREATORE
Sei Tu che mi hai donato
tutto quello che ho
e tutto quello
che ho avuto nel passato.
Tu mi hai donato la vita,
la salute, la famiglia,
i genitori e gli amici,
l’intelletto e la casa
e tutte le cose
che essa contiene.
Ed io che amo tanto
le persone e un po’ anche le cose
che Tu mi hai donato,
quanto più dovrei amare Te,
che dopo averle create
tutte me le hai donate?
Mariagina Bonciani Milano
DUE MARGHERITE
a Veronica e Alessia
Comparvero nel prato due margherite.
Piantate, teneri splendori, radici forti nella
terra bruna;
non vi spaventi mai il rumore dei rastrelli,
traete forza anche dal letame.
Guardate verso il cielo come riprendono colore
le vecchie querce provate dall’inverno:
sanno che ciò che è accaduto può riaccadere,
la vita è sempre nuova anche se già vissuta.
Rallegrate di colore il mondo
vasto come quello che s’ impara.
Non confondete il silenzio della primavera
con quello dell’autunno, quando il vento
abbatte gli aquiloni e non lascia traccia. Fa-
tevi abbagliare
sempre, dall’eccesso di luce che vi inonderà.
Salvatore D’Ambrosio Caserta
ANDARMENE, VAGANDO
Quante volte sono restata
e con me il cuore
dentro un mare tempestoso
in una stazione di via vai
ferma ad aspettare
nella hall di un albergo
incartata dentro un involucro
protetta mi teneva
ad asciugarmi di cotanto mare
mi pareva persino di vivere
mi pareva persino di camminare
pur restando immobile
fino ad un lieto giorno
una porta ho aperto
dietro una tenda bianca, un suono.
Ho intravisto il cielo
ho ascoltato strimpellare la natura
credevo di essere ancora fissa
invece stavo andando.
Nell’incedere i miei passi, movimento
che viandante nel mistero incerto,
scandendo la dimensione
dello statico ed apparente
si muoveva in me, l’amore
quasi a condurmi
lungo i bordi dell’incosciente vagare
quei passi incerti
raccontavano nuovamente di me.
Smania di ritorno alla vita.
Filomena Iovinella Torino
È TORNATA
È tornata tra noi senza preavviso
l’amica che da anni ci ha lasciati,
inseguendo percorsi sconosciuti
in regioni di tenebra. Il suo volto
era quello di sempre, ma la voce
afona, non diceva le parole
che noi ci sforzavamo di carpire
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 41
da labbra che un miraggio rese mute,
smarrite in labirinti senza suono.
In un attimo abbiamo rivissuto
stagioni ormai remote. Ed eravamo
stati felici. Abbiamo ripercorse
le note strade. Poi è volata via,
così com’era giunta. Gioia e dolore
combattevano in noi come una volta.
Legati ci teneva la sepolta
rispondenza del cuore.
Elio Andriuoli
Napoli
A GIANNI RESCIGNO
In devota memoria
(13 maggio 2015 – 13 maggio 2016)
Ora tu sosti lieto a rimirare
le amate rive e il mare tuo lontano
e verdazzurre curve di colline
e cirri enormi di nuvole chiare…
Nel manto del cielo che volge al turchino
lieto sorridi ed intanto ti aggrappi
a un esile spicchio di luna.
Intorno si aggira un groviglio di voli
trina preziosa di fili di seta
ordito di candida piuma.
In cerchio han preso posto i cherubini
con liuti e flauti, con arpe e con violini,
nei loro occhi splende un dolce riso:
fanno concerto, intonano i tuoi canti
mentre ascolta in silenzio il Paradiso.
Marina Caracciolo Torino
LUMINO ACCESO SEI TU
Appena
una tenue luce
Tu sei
eppure
ad essa mi aggrappo
con tutte
le forze che ho
mio Dio
Giovanna Maria Muzzu
DIO
Alito di vento
che profuma d’amore.
Giovanna Maria Muzzu Telti
PRIMO MAGGIO,
FESTA DEL LAVORO
LAVORO POETA È FATTO!
Saluto i lavoratori agricoli,
astronauti, professori, scrittori,
musicisti, medici,
pittori, lavoratori edili,
babysitter, spazzini,
lavoratori delle poste e postini,
le persone che prendono la spazzatura
e quelli che portano il latte.
Saluto gli artisti sul palco e sullo schermo,
i lavoratori di computer, gli scienziati,
commercializzazione e scambi di lavoratori,
custodi di casa, politici,
spazzini, infermieri,
istruttori sportivi.
Saluto tutti i tipi di lavoratori,
perché dipendiamo
del lavoro di ogni altro.
Auguri felice FESTA DEI LAVORATORI,
Primo maggio 2016.
Teresinka Pereira Traduzione Giovanna Li Volti Guzzardi
E LE ORE…
La sabbia dei miei ricordi
gocciolava lenta
nella clessidra del tempo
e le ore galoppavano veloci
negli anni infiocchettati
di giovinezza,
quando la mente
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 42
viveva tra le nuvole
e il cuore non conosceva
la tristezza.
Ora,
le ore galoppano ancora,
ma gli anni
sono infiocchettati di grigio,
si rischia di dar fastidio
e la solitudine
pesa più d'un macigno,
per chi tiene la mente
chiusa in uno scrigno.
La solitudine
è la mia più grande amica,
galoppiamo insieme
a tutte le ore,
mandiamo il tempo
che corre come il vento
a cercar di farci compagnia
inventando giochi
che ci tengono in armonia
e la tristezza
non è mai entrata
in camera mia.
Cav. Giovanna Li Volti Guzzardi Accademia Letteraria Italo-Australiana Scrittori
(A.L.I.A.S.)
ALTERNANZE
Tripudio di verdi distese,
d’alberi in fiore
nella luce tersa.
Ebbra di bellezza,
oggi appartengo alla terra:
sono seme pulsante di vita,
groviglio di radici
in cerca di umori,
ramo proteso alla luce,
offerta di frutti.
In altre occasioni, invece,
avrò di nuovo ali
per immaginarie fughe,
per aneliti d’altezze.
Caterina Felici Pesaro
MOSAICO
(Sonetto acrostico, contro la guerra)
Trema la terra in ogni sua parte
Rumori inquieti di anime mosse
Atti determinati da cose tese
Niente giustifica l’odio e la morte
Ogni ora passa produce scosse
Invano le mani cercano salvezza
Solo ghiaccio trovano, la brezza
Odo voci che piangono sommesse
Lamento la loro dura tristezza
Ordinano tregua al Dio che le uccide
Periscono inermi, tra la mondezza
Allora al mondo si chiede la pace
Colori veri che l’amicizia incide
E circoli d’amore dall’inferno che tace.
Susanna Pelizza Roma
D. Defelice: Il microfono (1960)
NOTIZIE NUOVA COLLABORATRICE - Susanna PE-
LIZZA di Palma è nata a Roma - dove è residente
- il 24 novembre 1961.Ha una laurea in lettere mo-derne e insegna come supplente presso istituti stata-
li. Nel 1986 vince a Stresa dalla casa editrice “La
stanza letteraria” un diploma di segnalazione d’ onore come poetessa con la raccolta “Distrazioni”.
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 43
Di guto tipicamente intriso di manierismo, alcuni
testi che riprendono i paradigmi della tradizione
classica escono nel 1997 su due riviste romane, Nuova Impronta e Orizzonti. Sempre nello stesso
anno arrivano nella rosa dei finalisti al premio Ot-
tavio Nipoti (Ferrere Erbognone, Pavia) e vengono pubblicati nella antologia edita dal Club degli Auto-
ri. Nel 1998 vince due concorsi letterari: VI pre-
mio internazionale Penna d’Autore d’Oro, Torino, e Habere Artem (Orizzonti, Roma): alcune poesie
vengono raccolte nelle rispettive antologie. In
quell’anno il racconto “Il mare” riceve un diploma di partecipazione al concorso “Gerenzano incontra
la cultura” (Biblioteca comunale di Gerenzano,
Varese). Ha scritto anche testi teatrali, sceneggia-ture per cortometraggi e due opere di narrativa: “I
racconti” e “Tra le rovine romane”. Attualmente
collabora con le riviste: Le Muse, Il Cenacolo dei poeti, L’Attualità, Nuova Impronta, La Nuova
Tribuna Letteraria.
***
EDIO FELICE SCHIAVONE CI HA LA-
SCIATO - Il poeta e scrittore Edio Felice
SCHAVONE è morto il 19 febbraio 2016. Era na-to a Torremaggiore (FG) il 30 agosto del 1927.
Già primario pediatra ospedaliero, risiedeva a San-
to Spirito, Bari. Tra le sue innumerevoli pubblica-zioni, ricordiamo: “La morte non ha la smorfia del
teschio” (1961), “Io e il mio Sud/Prima Parte”
(1987), “Io e il mio Sud/Seconda Parte” (1990), “L’
uomo questo mistero” (1993), “L’ultima sera di
carnevale” (Poesie tradotte in serbo-croato da Dra-gan Mraovic,1996), “Senza l’uomo” (1997), “Quasi
un diario/Parte Prima” (2000). Presente in Antolo-
gie e Storie letterarie: “Chi scrive” (1962), “Golfo gruppo 1989” (1990), “Poesia Italiana del Nove-
cento” (1992), “Poesia-nonpoesia-anti poesia del
‘900 italiano” (1992), “Storia della Letteratura Ita-liana del 2° ‘900” (1993), “Scrittori del tempo”
(1994), “La poesia in Puglia” (1994), “L’altro No-
vecento nella poesia italiana” (vol. 1° - 3° - 5°, 1995), “Poeti e muse” (vol. 4° - 5° - 6°, 1996),
“Amore e fedeltà alla parola” (vol. 2°, 1996), “Ras-
segna della poesia pugliese contemporanea” (1997), “L’erbosa riva” (1998), “Poeti e scrittori
contemporanei allo specchio” (1999), “Storia della
Letteratura Italiana del XX secolo” (1999) eccetera. Ecco due delle sue poesie:
L’UOMO E LA MORTE
Ambire i novant’anni
ed oltre. Sono tanti, sono pochi?
Morbosità dell’istante!...
Con il malanno si teme la morte,
con gli anni la si odia, rassegnati. Forse per la mania di cancellare
chiaro chiaro anche il buio;
avere ognuno una sorta di scheda e apporre sull’ardesia nuova nuova
con calligrafia varia
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 44
la scrittura della vita.
LA MIA TERRA SANTA
Giugno 2002
Una terra di pace dove ognuno cammini
nel tempo, nello spazio
con metro proprio, con occhio ridente all’altro, a chiunque e con le dita in alto
nel saluto di ciao.
Una terra di pace dove nessuna mamma
accarezzi la bara della propria
figlia uccisa... Laddove ognuno preghi il Dio
che vuole, vero e grande.
Una terra di pace dal cielo chiaro, libero
di martiri, di vergini...
Edio Felice Schiavone
Le nostre condoglianze alla famiglia intera, alla
moglie e al figlio, nonché alla figlia Lucia Schia-
vone - Artista, Dottoressa in Beni Culturali, specia-
lista con qualifiche in Restauro e Sculture Lignee
Policrome, Restauro di Dipinti Murali, Perfezionata in Diagnostica dei Beni Culturali su Materiali Ce-
ramici, Lapidei e Musivi.
*** PREMIATA IMPERIA TOGNACCI - VIII
Premio Internazionale di poesia Don Luigi Di Lie-
gro - Menzione speciale di merito Medaglia d’ ono-re a Imperia Tognacci per il libro “Là, dove piove-
va Ia manna”. Motivazione: La terra dove pioveva
la manna è quella di Giordania e il viaggio che Im-
peria Tognacci vi fa è un viaggio dello spirito, in-
timo e reale insieme, in simbiosi con il paesaggio e
la sua magia: le oasi, il deserto, la luce e il vento. Nel suo poema gli oggetti restano tali ma si carica-
no di una valenza mistica, di un valore assoluto, di
una identificazione simbiotica con la poetessa. I versi assumono un largo respiro, si nutrono di una
immensità panteistica nella quale dio si nasconde e,
insieme, si manifesta, ricordando a volte, per inten-sità lirica e comunione con la natura, quelli di Walt
Withman.
Il valore del poema sta proprio in questa capacità di
andare oltre l’immediatamente percepibile e aprire
spiragli mistici sul mistero e l’eterno,'senza abban-
donare però la concretezza del viaggio, la sensibili-tà verso l’umano dolore, l’attenzione al quotidiano.
(Renato Fiorito)
Il presidente della giuria
Manuel Cohen
Roma, 30 aprile 2016
***
METAMORFOSI MUSICALI - ROSELLA
FANELLI - Il Direttore prof. Enrico Pisa, che gui-da egregiamente da anni il Conservatorio 'A. Pe-
drollo' di Vicenza, Istituto di Alta Formazione Arti-
stica e Musicale, legato al Ministero dell'Università e della Ricerca, mi ha concesso agli inizi del suo
secondo mandato, circa due anni fa, un'importante
intervista, ancora inedita: il 20 aprile ha celebrato l' apertura del Forum Internazionale 2016 di EPARM
(European Platform of Artistic Research in Music),
con un evento definito 'Metamorfosi Musicali', nella splendida cornice del Teatro Olimpico, un in-
sieme di esecuzioni degli studenti del 'Pedrollo' che
portano la cifra della variabilità musicale nello spa-zio e nel tempo, in variazioni e trans-formazioni tra
suoni, timbri, interpretazioni di partiture ed im-
provvisazioni, in continuo cambiamento, in 'meta-morfosi', appunto. Riporto quanto indicato nella no-
ta di presentazione del Concerto: “Gli allievi del
'Pedrollo' presentano i risultati del loro lavoro didat-tico di confronto, assimilazione e risposta a questa
idea, stimolata dal desiderio di trasformazione e in-
novazione, come omaggio al tema della 'ricerca ar-
tistica musicale' indagato nelle giornate di lavoro in
EPARM... Il concerto diventa quindi un itinerario,
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 45
per gli allievi è stato prima di tutto un percorso di
studio, che ci accompagna attraverso una 'collezio-
ne' di brani ed ensemble diversi, offrendoci una ri-flessione in musica sull'elemento della creatività
nella performance: la creazione del fare musica che
scaturisce dall'interpretare gli autori, la creazione che attraverso l'improvvisazione prende forma dall'
esecuzione stessa....”.
A partire da questo percorso innovativo, sperimen-tale, artisticamente pregevole, che ha visto il con-
corso di figure importanti della istruzione musicale
italiana, europea ed internazionale, il 'Pedrollo' di Vicenza è stato aperto a studenti, visitatori, cittadini
tutti il giorno sabato 7 maggio 2016: è questa una
data da ricordare, per la contemporaneità di eventi nelle differenti dislocazioni degli spazi che lo carat-
terizzano, come la Sala Prove, acusticamente molto
interessante, la sala 'Marcella Pobbe', auditorium interno al Chiostro, l'Oratorio di San Domenico,
ambiente assai adatto a presentazioni corali, esibi-
zioni liriche e strumentali, con un prezioso organo restaurato recentemente. In questo spazio si sono
susseguite da mezzogiorno fino alla sera le esibi-
zioni degli allievi di Musica Vocale da camera,
Musica da camera, Fiati, clarinetti, Arpe, musiche
eseguite all'organo costruito da Andrea Zeni di Te-sero (Trento) ispirato agli strumenti costruiti da
Gottfried Silbermann. E poi ancora musiche per Fi-
sarmonica, un insieme di giovani agli Archi, Musi-ca da Camera, Archi, esibizioni per Mandolino, per
Chitarre, per Viole da gamba, mentre lungo il per-
corso del Chiostro è stata allestita una mostra stori-
ca sul complesso del San Domenico a cura degli
'Amici di Don Orione' di Vicenza. Nelle diverse Stanze della Musica in presentazione
le Scuole Suzuki, le percussioni l'arpa, la chitarra.
Quando ha avuto inizio il tramonto, nella Sala Pro-ve, la docente Rosella Fanelli, che guida il Diparti-
mento di Musica Indiana, ha accompagnato gli
spettatori dentro un viaggio immaginario, dal Nord al Sud dell'India, tra polifonie strumentali, danze e
ritmi rituali d'antichissima memoria: musica classi-
ca del Nord India, eseguita dall'ospite David Tra-soff, studioso di raga della musica classica indiana
e compositore californiano, al Sarod, con Federico
Sanesi al Tabla e Patrizia Saterini alla Tampura, mentre le esibizioni delle allieve della Docente Fa-
nelli hanno fatto contemplare la magia delle evoca-
zioni in preghiera, con gestualità e preziosi lin-guaggi delle mani, dei piedi, del corpo tutto, esal-
tanti il connubio con la vita, la natura, le divinità e
l'amore. Le danzatrici Shirly Cossettini, Valeria Vespaziani, e la giovane indiana Thusharani hanno
interpretato il percorso di Danza Katak del Nord
India. Nella presentazione del Concerto Rosella
Fanelli ricorda che questa antichissima danza parla
dell'India Sacra, dell'India di Shiva, di Vishnu, di Brahama: 'La prima coreografia sarà dedicata a
questo aspetto, all'aspetto spirituale, all'aspetto sa-
cro... la seconda coreografia presenterà una danza che ha un'origine islamica, perché nel Nord dell'In-
dia abbiamo delle influenze che ci arrivano stori-
camente dalle invasioni
Mogul del
Centro Asia...
Abbiamo de-
ciso di pre-
sentarla per la prima volta
al pubblico
perché l'occa-sione dell'O-
PEN DAY
del Conser-vatorio è un
momento
importante,
molto interat-
tivo... Il 'raga'
che accom-pagnerà la
danza avrà
inizio con delle note
molto pro-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 46
fonde che introdurranno in un'atmosfera legata ap-
punto al tempio
Non vi voglio svelare tutto...Immaginiamo di stare in uno di quei templi in cui ci sono raffigurate que-
ste divinità.... L'invocazione è totalmente in sanscri-
to... Nella composizione dell'orchestra abbiamo Riccardo Meneghini, studente di tabla, Barbara Zo-
letto, docente di Canto Indiano, Angelo Sorato di-
plomato in flauto Bansuri ed io, Rosella Fanelli, che eseguirò la parte ritmica perché in questa danza
la recitazione ritmica è molto importante...”. La fa-
scinazione si addensa tra le varie percezioni che mettono in tensione corde profondissime, ancestra-
li, originarie della nostra identità collettiva nelle
differenti lstitudini ed anche la presentazione della Danza del Sud India, con alla guida Nuria Sala
Grau svela aspetti audaci di un misterioso collante
estatico tra i piedi nudi in danza ritmicamente acce-sa e la terra, che rimanda in eco il suo assenso. La
notte si chiude all'aperto, intorno alle volte del
Chiostro: Pietro Tònolo guida la Big Band in per-corsi che lavorano sull'improvvisazione e sul dialo-
go, sul vario lavorio del 'provare insieme' che riem-
pie di senso il tempo, trasformandolo in ritmo. Il
passato delle strutture architettoniche si fonde allora
con un presente in echi e ritmi Jazz, perché non ci siano confini all'immaginario creativo. Un ringra-
ziamento devoto, nel pensiero, al Maestro Gianni
Ricchizzi, che ha aperto, ancor prima di queste oc-
casioni ufficiali, nell'Auditorium 'Marcella Pobbe' il
percorso conoscitivo sull'antico strumento Vicitra
Vina, presentandone i riverberi in un concerto in-dimenticabile e mostrando il suo lavoro di sintesi,
primo in assoluto su questo strumento “108 Raga
Mala - Benares e la musica classica del Nord India” (ed. Artemide, pp. 240).
Ilia Pedrina
GOOD & WISE
If you are only good
someone will eat you !
But if you are wise too
someone will feed you !
However in some way
you will feed anyone
you that are good and wise
not against one's will or for love
but only because Everyone Is.
Se tu sei solo buono
qualcuno ti mangerà !
Ma se sei anche saggio
qualcuno ti nutrirà !
Comunque in qualche modo
tu nutrirai chiunque
tu che sei buono e saggio
non per forza o per amore
ma sol perché Ognuno È.
Michele Di Candia Inghilterra
AZIONARSI E VERBARE
*Passerò il passero
volando con le rondini
planando sopra gli alberi
con le foglie che fogliavano.
Il treno trenava
sfilando sotto i rami
saltando sugli scambi
con le rotaie che rotaiavano.
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 47
Il mare ammara
tuffandosi le onde
addosso e sulle coste.
Il cielo ciela
svelando dappertutto essendo
ogni cosa e niente.
Michele Di Candia Inghilterra
*Passerò: voce del verbo PASSERARE, passato
remoto, terza persona singolare (e non voce del verbo passare, futuro, prima persona singolare).
LIBRI RICEVUTI FORTUNATO ALOI - La difesa dell’Unità Na-
zionale per l’identità italiana - Luigi Pellegrini Editore, 2006 - Pagg. 64, € 10,00. Fortunato ALOI
(conosciuto come Natino Aloi), è stato per anni do-
cente nei vari licei della Città di Reggio Calabria. Sin da giovanissimo ha operato nel mondo della
politica, da quella universitaria alla realtà degli Enti
locali. Ha percorso un lungo itinerario: da consi-gliere comunale nella sua Città ed in altri centri del-
la provincia (Locri) a consigliere provinciale, da
consigliere regionale a deputato. Come parlamenta-re (per quattro legislature) ha affrontato temi di di-
verso genere ed in particolare si è occupato, con
grande impegno, di scuola, cultura e di Mezzogior-no. Ha ricoperto l’ alta carica di Sottosegretario alla
P. I.. E’ stato coordinatore regionale della Destra
calabrese, ed anche Segretario per la Calabria del Sindacato Nazionale (CISNAL). Presidente dell’
Istituto Studi Gentiliani per la Calabria e la Luca-
nia, è componente la Direzione nazionale del Sin-dacato Libero Scrittori Italiani. Giornalista pubbli-
cista, collabora a diversi giornali ed è attualmente direttore del periodico “Nuovo Domani Sud”. Au-
tore di numerose pubblicazioni di storia, pedagogia,
saggistica, politica e narrativa. Ha ottenuto ricono-scimenti di valore scientifico come il “Premio Ca-
labria per la narrativa” (1990) per il volume “S. Ca-
terina, il mio rione” (Ed. Falzea); il Premio lettera-rio “Nazzareno” (Roma) 1983 per l’ opera “I Guer-
rieri di Riace” (Ed. Magalini) ed il Premio “Vanvi-
telli” per la saggistica storica (1995) per il volume “Reggio Calabria oltre la rivolta” (Ed. Il Coscile)
ed il Premio Internazionale “Il Bergamotto” (2004).
Altri suoi lavori: “La Questione Meridionale: radi-ci, inadempienze e speranze” (1985), “Cultura sen-
za egemonia (Per un umanesimo umano)” (1997),
Giovanni Gentile ed attualità dell’attualismo”
(2004), “Tra gli scogli dell’Io” (2004), “<Neutrali-smo> cattolico e socialista di fronte all’intervento
dell’Italia nella 1a guerra mondiale” (2007), “Ri-
flessioni politico-morali e attualità dei valori cri-stiani” (2008), “Piccolo Taccuino di Viaggio”
(2009), “La Chiesa e la Rivolta di Reggio” (2009),
“Vox clamantis... Come può morire una democra-zia” (2014).
**
OCÉLYNE - Le coeur en bandoulière - Poesie, il-lustrazioni di copertina e all’interno (ben 30 lumi-
nose e poetiche tavole) della stessa Autrice - Edi-
zioni Hippocrène (collezione “Calliopé”), 2015 - Pagg. 128, € 15. OCÉLYANE (Éliane CHARA-
BOT) è nata il 5 gennaio 1950 a Marsiglia. Ha vis-
suto a Parigi fino ai vent’anni, poi in Spagna (1970 - 1984) e, dopo il 1984, nel Lussemburgo, a Schen-
gen. Baccalauréat a 17 anni (1967) e poi altri studi:
Diploma Universitario di Studi Letterari (1970), Diploma di professore di francese (Scuola Ufficiale
di Lingua a Madrid), Diploma spagnolo di Pueri-
cultrice di Giardino d’infanzia. Ha insegnato fran-
cese e spagnolo, in Spagna e nel Lussemburgo. Ha
ottenuto numerosissimi premi letterari e ha pubbli-cato: “Les fleurs de mon jardin” (edito nel 2012,
2013 e 2014).
** GIUSEPPE MANITTA - Giacomo Leopardi per-
corsi critici e bibliografici (2004 - 2008) Con ap-
pendice (2009 - 2012) - In copertina: “Giacomo Leopardi”, incisione di Ambrogio Centenari - Ed. Il
Convivio, 2015 - Pagg. CLXIV + 294, € 35,00.
Giuseppe MANITTA è il direttore editoriale de Il
Convivio Editore e caporedattore della rivista “Il
Convivio” e “Cultura e prospettive”. Per la prosa,
ha pubblicato alcune antologie per la casa editrice Mursia del Gruppo Mondadori. Come critico, molti
studi si sono rivolti all’italianistica, settore nel qua-
le ha coordinato equipe universitarie su Boccaccio e su Carducci. Ha tenuto convegni in università ita-
liane e in diverse università dell’Est dell’Europa.
Su Leopardi ha pubblicato due volumi di storia del-la critica e bibliografia. Grazie a questi studi colla-
bora a La rassegna della letteratura italiana (Uni-
versità di Firenze-Accademia della Crusca) e cura
la sezione di storia della critica e bibliografia leo-
pardiane del Centro Leopardi dell’Università La
Sapienza di Roma.
**
GIUSEPPE MANITTA (a cura di) - Boccaccio e la
Sicilia. Interventi di E. Cavallaro, A. Cerbo, C.
Chiodo, G. Manitta, L. Meier, N. Mineo, U. Pi-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 48
scopo, F. Rando, A. Tramontana, S. Villari - In
copertina, “Giovanni Boccaccio”, incisione (1822)
di R. Morghen - V. Gorzini - Ed. Il Convivio, 2015 - Pagg. 344, € 25,00.
**
CLAUDIA TRIMARCHI - La funzione catartica
e rigeneratrice della poesia in Domenico Defelice - Prefazione di Giuseppe Manitta; in copertina,
“Domenico Defelice davanti a un suo dipinto del 1967”, immagine frutto di una casuale sovrapposi-
zione di scatti effettuati con fotocamera analogica”
- Il Convivio Editore, 2016 - Pagg. 134, € 13,00. Claudia TRIMARCHI è nata a Roma il 26 febbraio
1983. Vive a Frascati (Roma) dove ha compiuto
studi classici diplomandosi nel luglio del 2002. Presso l’Università degli Studi di Roma Tor Verga-
ta, nel dicembre 2015, ha conseguito la laurea in
Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea con la tesi oggetto del presente volume.
**
SALVATORE D’AMBROSIO - Dieci x Dieci Sil-
labe incise a fuoco sulla pietra - Nota critica di
Mons. Raffaele Nogaro - In copertina, foto del
Mosè dell’Autore - Brignoli Edizioni, 2016 - Pagg.
32, € 9,00. Salvatore D’ AMBROSIO - poeta, scrit-
tore, giornalista, pittore - è nato a Napoli nel 1946, ma vive e lavora a Caserta. Dopo gli studi tecnici,
si iscrive ad Economia. Insieme all'attività di do-
cente continua a seguire gli studi storici sul regno di Napoli e i Borbone. Negli anni '70 inizia la sua col-
laborazione con emittenti televisive locali e riviste.
Su "La Tribuna del Collezionista" di Gaeta (Latina) pubblica alcuni studi sull'organizzazione ammini-
strativa del Regno di Napoli. A partire dagli anni
'90 partecipa a diversi concorsi letterari riscuotendo
consensi e riconoscimenti, tra cui la lettura di alcu-
ne sue poesie in piazza a Caserta e alcuni premi.
Alcune sue poesie sono inserite in raccolte poetiche e antologie. Tra le sue opere, ricordiamo: “Storia
Postale Italiana Annullamenti di Terra di Lavoro
(1863 - 1889) con valutazioni” (1989 ?), “Barcol-lando nell’indicibile” (2009).
**
SANTO CONSOLI - Tu, mia strada - Prefazione di Fulvio Castellani; in copertina, a colori, “Viale
Romantico, Bronte (Catania)”, foto dello stesso
Consoli - Casa Editrice Menna, Avellino, 2009 -
Pagg. 48, € 8,00.
**
SANTO CONSOLI - Le nostre pagine - Prefazio-ne di Fulvio Castellani; in copertina, a colori, “I
Giardini di Ninfa (LT), foto dello stesso Consoli -
Casa Editrice Menna, Avellino 2009 - Pagg. 48, € 8,00.
**
SANTO CONSOLI - Il Cuore canta - Prefazione
di Giovanni Amodio - Edizione “Peloro” - Messi-
na, 2011 - Pagg. 48, s. i. p. **
SANTO CONSOLI - Il tuo riflesso - Prefazione di
Giuseppe Manitta; in copertina, a colori, “Il riflesso della sera”, foto dello stesso Consoli - Ed. Il Convi-
vio, 2011 - Pagg. 48, € 10,00. Santo CONSOLI na-
sce a Misterbianco (CT) nel 1946. Conseguita la Laurea, si trasferisce in Veneto e inizia la sua car-
riera di docente, insegnando per quasi un trentennio
Lingua e Letteratura Inglese nel Liceo Scientifico di Dolo e negli Istituti Superiori di Mestre e Vene-
zia. Dopo il ritorno in Sicilia, inizia la sua attività
poetica e la partecipazione ai Concorsi, arrivando a conseguire ben 619 Premi, tra i quali son da men-
zionare 65 Primi Premi, 63 Secondi Premi, 58 Terzi
Premi e 67 Premi ‘Speciali’. Tra le sue opere: Tu, mia strada (2009), Le nostre pagine (2009), Nel tuo
Firmamento (2010), Il Cuore canta (2011), La tua
presenza (2011), Il tuo risveglio (2011), Anelito d’Infinito (2015), Il Nostro Cammino (2015).
**
CLAUDIA KOLL (a cura di) - Il Rosario. Con-
templare Cristo con Maria nello Spirito Santo -
Introduzione di Manlio Sodi; all’interno, in bianco e nero, le immagini di due sculture del beato Clau-
dio Granzotto: “Santa Bernadette Soubirous” (scul-
tura in legno) e “Volto di Cristo” dal S. Sudario della Veronica e dalla S. Sindone; allegata corona
del Rosario - Edizioni Messaggero, Padova, 2016 -
Pagg. 64, € 4,00. Claudia KOLL (Roma, 1965), af-fermata attrice, negli ultimi anni ha compiuto un
cammino di conversione alla fede cattolica. Nel
2005 ha fondato la Onlus “Le Opere del Padre”, at-
traverso la quale si dedica a progetti di carità per i
più poveri. Per le Edizioni Messaggero Padova ha
già pubblicato “Coroncina della Divina Misericor-dia” (2013) e “Faustina Kowalska. La Divina Mise-
ricordia” (2015).
** MARIA ASSUNTA ODDI - Non lasciarmi anda-
re - Prefazione di Romolo Liberale; in copertina,
“L’Angelo”, composizione in ferro battuto di Mau-ro Petricca; all’interno, a colori, riproduzioni di
opere di: Giuseppe Cipollone, Antonella Oddi, Ste-
fano Lustri - GdC Editrice, 2010 - Pagg. 80, €
10,00. MARIA Assunta ODDI è nata a Trasacco
(AQ) ma vive a Luco dei Marsi. Presso l’Ateneo
dell’Aquila ha conseguito la laurea in Pedagogia nel 1984 e in Filosofia e Comunicazione nel 2014.
Insegna materie letterarie nella scuola secondaria di
I grado ad Avezzano. Più volte vincitrice del Primo Premio in concorsi regionali e internazionali, ha ri-
cevuto il premio A.L.I.A.S. dal consolato australia-
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 49
no per l’impegno nella diffusione della lingua ita-
liana all’estero e il Premio della Giuria al concorso
“Solidarietà tra le generazioni” (Milano). Per il va-lore artistico della sua opera ha ricevuto il Premio
Speciale “Trofeo Lupa di Roma”, la medaglia “Au-
tore selezionato” (conferitale dal Centro Studi per la ricerca e la documentazione sulla poesia italiana
del 900) e il “Premio Leopardi” indetto per il cen-
tenario della nascita del poeta recanatese. Compo-nente della giuria nel concorso “Buffoni-Di Pietro”,
nel concorso “Patrizio Graziani”, nel concorso
“Romolo Liberale”, in quello della “Comunità Montana Valle Roveto”, viene invitata da istituzio-
ni culturali per conferenze e recensioni critiche,
contribuendo alla riuscita delle varie manifestazio-ni. Ha pubblicato i volumi di poesia: Sensazioni
(1990), Il Girotondo (1994), Le Stagioni (1996,
Premio Rispetta), Tre Voci di Poesia (2000), Amo-re per Amore (2003), Parole e Immagini (2005),
Non lasciarmi andare (2010).
** ERNESTO PAPANDREA - E scoppiò la Resi-
stenza. Salvo D’Acquisto L’eroismo di un cara-
biniere - Edizioni Universum, 2015 - Pagg. 28, €
6,95. Ernesto PAPANDREA è nato a Gioiosa Joni-
ca in provincia di Reggio Calabria. Ha studiato presso l’Istituto Statale d’Arte di Locri. Proseguì
negli studi, seguendo i corsi di formazione in socio-
logia diretti dal Professor Umberto Melotti. È stato collaboratore della “Biblioteca di Lavoro” di Mario
Lodi. Sue opere sono state pubblicate in Germania.
Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Fu incoraggiato a scrivere da Padre
Ernesto Balducci. Già Deputato al Parlamento
Mondiale per la Sicurezza e la Pace.
**
AA. VV. - Mente e Disarmo a costume poetico
“Cultura per la pace” Patrocinio Libera Co-
scienza - XLIII Rassegna Poesia Pace 2015 - Ar-
tecultura - Milano - Stampa Press Point, Abbiate-
grasso, MI. - Pagg. 146, s. i. p. Sono antologizzati e perciò ci troviamo le firme di: Giuseppe Martucci,
Adriano Buzzati Traverso, Giuseppe Cianci, Nicho-
las Rolla, Alessia Mauro, Matteo Zurru, Chiara Pe-rego, Davide Guidi, Laura Iuculano, Salvatore
Mazzone, Matteo Caon, Matteo Zocchi, Andrea
Roberto, Sara Bellelli, Edoardo Martino, Elena Go-
voni, Manuela Comito, Walter Escalante, Samuele
Colombo, Andrea Borroni, Mirko Coraggioso,
Alessandro Ciniltani, Giada Andreani, Filippo Bri-vio, Simone Carnevali, Andrea Cherubin, Alexia
Luraschi, Lorenzo Macchi, Isabella Mazzola, Leo-
nardo Bolossini, Nicola Scalco, Alessandro Mucci-ni, Gioele Benetti, Isabella Michela Affinito, Maria
Addamiano, Piero Airaghi, Alessio “Alias Primo”
Colasanti, Vita Angileri Eid “Annavita”, Raffaele
Antonelli, Daniela Balocco, Giacomo Belluco,
Bruno Alessandro Bertini, Ermanno Bighiani, Lo-riana Bini, Rina Eugenia Bonanomi, Fiorenza Bon-
fili, Anna Maria Teresa Borrelli, Roseta Buscemi,
Luciana Carmello, Dario Carrera, Franco Demetrio Caruso, Achille Castoldi, Marialda Ciboldi, Annto-
nio Conserva, Laura Crippa, Raffaele De Prisco,
Clementina De Santis, Leopoldo Di Giovanni, An-nitta Di Mineo, Antonietta Di Secli, Mario Ferrario,
Valentina Fusè, Tiziano Maria Galli, Marco Gal-
lucci, Silvia Giuseppina Gambarelli, Elda Maria Garatti, Fabio Gibillini, Anna Maria Giordano,
Luigi Giurdanella, Ermanna Gussmaroli, Marisa
Guttoriello, Chikhutina Halyna, Vincenzo C. Ingra-sci, Remo Lana, Maria Assunta Leone, Antonio
Giuseppe Malafarina, Andrea Manara, Liliana Ma-
rioni Boggio, Giuseppe Martucci, Olga Matera, An-tonio Mazzamurro, Corrado Montalto, Maria Tere-
sa Mosconi, Pietro Nigro, Sergio Osimani, Rosalia
Pandolfo Bianchi, Tina Parotti, Gianfranco Pigna-ton, Anna Maria Piria, Erika Pisano, Alberto Pistil-
li, Anna Podda, Erminia Carla Porta, Alessandra
Prat, Alberto Preda, Maria Chiara Quartu, Giovan-
na Redaelli, Maria Cristina Remondi, Anna Ricuc-
ci, Caterina Rovatti, Giuliano Sacco, Giovanni Sal-vemini, Nicolò Jacopo Suppa, Daniele Torelli, Sil-
via Torelli, Giovanna Turiano, Rosario Vesco, An-
tonio Visconte, Giuseppe Zanghi, Italo Zini, Adria-no Arlenghi, Giuseppe Cianci, Leopoldo Di Gio-
vanni, Pietro Salvini, Franca Trevisi, .
TRA LE RIVISTE ntl LA NUOVA TRIBUNA LETERARIA - Rivista
di Lettere ed Arte fondata da Giacomo Luzzagni, Direttore responsabile Stefano Valentini, Direttore
editoriale Natale Luzzagni, Vicedirettore Pasqua-
le Matrone - C. P. 15 - 35031 Abano Terme (PD), e-mail: [email protected] Riceviamo il n. 122
- Aprile-Giugno 2016, dal quale segnaliamo: “L’
inganno dell’acqua” di Natale Luzzagni; “L’ ulti-mo Montale”, di Luigi De Rosa; “Samuel Taylor
Coleridge”, di Liliana Porro Andriuoli; “Juan
Ràmon Jimenez”, di Elio Andriuoli; “Gli ultimi giorni. La caduta dell’Impero Romano d’ Occiden-
te”, di Rosa Elisa Giangoia; l’intervista a Fiorella
Borin, di Pasquale Matrone; “Pablo Solari, La canzone popolare”, di Natale Luzzagni.
*
L’ERACLIANO - organo mensile dell’Accademia Collegio de’ Nobili, diretto da Marcello Falletti di
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 50
Villafalletto - Casella Postale 39 - 50018 Scandicci
(FI) - e-mail: [email protected] Rice-
viamo il n. 216/218 del gennaio-marzo 2016 dal quale segnaliamo: “Una inquietante storia del Seco-
lo XIV (Filippo II di Savoia, signore del Piemonte e
principe d’Acaia)”, di Marcello Falletti di Villa-
falletto; “Ma Dürer un rinoceronte lo aveva vi-
sto?”, di Gian Giorgio Massara; “A colloquio con
Mons. Calogero Peri Vescovo di Caltagirone”, di Carlo Pellegrini; “Apophoreta”, rubrica di recen-
sioni di Marcello Falletti di Villafalletto.
* SENTIERI MOLISANI - Rivista d’Arte, Lettere e
Scienze, direttore editoriale Antonio Angelone, re-
sponsabile Massimo Di Tore - Via Caravaggio 2 - 86170 Isernia - E-mail: sentieri.molisani
@gmail.com Riceviamo il n. 1 (46), gennaio-aprile
2016, nel quale, a titolo diverso, troviamo i nomi di molti nostri amici e collaboratori, tra cui: Isabella
Michela Affinito, Luigi De Rosa, Antonia Izzi
Rufo, Leonardo Selvaggi, Tito Cauchi, Gabriella
Frenna, Orazio Tanelli, Nazario Pardini, Impe-
ria Tognacci, Anna Aita, Marina Caracciolo,
Ciro Rossi, Rosa Elisa Giangoia.
*
DOMANI SUD - Periodico di informazione politi-ca e culturale diretto da Fortunato Aloi, responsa-
bile Pierfranco Bruni - via S. Caterina 62 - 89121
Reggio Calabria - Riceviamo il n. 2, marzo-aprile 2016, dal quale segnaliamo- anche per l’ampio ser-
vizio fotografico (ben 22 immagini) - l’ assegna-
zione, a Reggio Calabria, della XXVIII edizione del Premio “G. Calogero 2015”, con la commemo-
razione del prof. Franco Mosino e del dott. Anto-
nio Gaetano.
*
IL CENTRO STORICO - Organo informativo
dell’Associazione Progetto Mistretta, Presidente Dott. Nino Testagrossa, direttore responsabile
Massimiliano Cannata - via Belverde 31 - 98073
Mistretta (ME) - E-mail: [email protected] Riceviamo il n. 3-4 (marzo-aprile 2016), del quale
segnaliamo l’incontro con Marcello Veneziani a
cura di Massimiliano Cannata; l’editoriale di Giuseppe Ciccia (incontro con lo scrittore John
Keahey); le tante pagine per Maria Messina, a fir-
ma di Anna Maria Crisafulli Sartori e Khadija
Selmi; “Andrea Camilleri: il profondo legame con
la propria terra” di Lucio Bartolotta eccetera.
* SATURA - Trimestrale di arte letteratura spettaco-
lo, direttore Gianfranco De Ferrari - Piazza Stella
5 - 16123 Genova - E-mail: [email protected] - Riceviamo, inviatoci da Guido Zavanone che fa
parte della Redazione, il n. 30 (2° Trimestre 2015),
del quale segnaliamo: “Je pense a toi”, di Guido
Zavanone, “Le salmonelle a Rado”, di Guido Za-
vanone, Quattro poesie di Angelo Manitta, “La via della verità”, di Rosa Elisa Giangoia, “Tre cit-
tà”, di Rosa Elisa Giangoia (tutti nostri collabora-
tori), “Sulle tracce di Georges Simenon: Passaggio in Africa”, di Giuliana Rovetta, “Diritti umani nel
mondo”, di Aldo Forbice, “Verisimile, diletto e
giovamento”, di Franca Alaimo. Inoltre le rubri-che di Critica (di Flavia Motolese), Vetrina, Mo-
stre eccetera, arricchite di splendide fotografie. Una
bella rivista tutta da leggere e da collezione, in-somma.
*
IL PONTE ITALO-AMERICANO, Rivista inter-nazionale di cultura, arte e poesia fondata e diretta
da Orazio Tanelli - 32 Mt. Prospect Avenue - Ve-
rona, New Jersey 07044, 973-857-1091 USA. Ri-ceviamo il n. 1, Spring 2016, con in copertina “The
Deposition of Christ” di Ivo David, con una nota di
Orazio Tanelli. Troviamo, tra l’altro, una poesia della nostra amica Teresinka Pereira.
*
FIORISCE UN CENACOLO - Mensile di lettere e
arti fondato nel 1940 da Carmine Manzi, diretto
da Anna Manzi - 84085 Mercato S. Severino (Sa-lerno) - E-mail: [email protected] Rice-
viamo il n. 1 -3 (gennaio-marzo 2016), del quale
segnaliamo, a diverso titolo, le firme di: Anna Ai-
ta, Antonia Izzi Rufo, Orazio Tanelli, Leonardo
Selvaggi, tutti nostri collaboratori. Anna Manzi,
inoltre, nella rubrica “I libri in vetrina” recensisce “Il mistero Dickinson” di Isabella Michela Affini-
to. Anna Manzi, in “Domenico Antonio Tripodi
una vita per Dante” (pag. 8), definisce il pittore ca-
labrese, che Pomezia-Notizie presenta in prima pa-
gina, “Un artista di grande levatura (...), per aver
saputo fondere le sue potenzialità di poeta, pittore e musico in un unico, sublime, afflato artistico teso
alla ricerca e alla rappresentazione dell’opera
dantesca”. *
LA VALLISA - Quadrimestrale di letteratura ed al-
tro, diretta da Daniele Giancane - via Gen. De Bernardis, 23 - 70123 Bari - E-mail: danie-
[email protected] La rivista è edita da Ga-
gliano Edizioni. Riceviamo, inviatoci da Renato
Greco, il n. 103 (gennaio-aprile 2016), di pagi-
ne144, delle quali 52 sono dedicate proprio a Rena-
to Greco, con un’intervista da parte del Direttore Daniele Giancane e interventi di Marco Ignazio
de Santis, Gianni Antonio Palumbo, Lorena Li-
beratore, Valeria D’Ignazio, Anna Santoliquido, Giulia Poli Disanto, Enrico Bagnato, Enrico Ca-
strovilli, Angela Giannelli, Nicola Accettura.
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 51
Segnaliamo, inoltre, “La morte in cassa integrazio-
ne”, un atto unico di Teodosio Saluzzi, ma tutta la
rivista va letta. *
IL CONVIVIO - Trimestrale di poesia arte e cultu-
ra fondato da Angelo Manitta e diretto da Enza
Conti - via Pietramarina-Verzella 66 - 95012 Ca-
stiglione di Sicilia (CT) E-mail: angelo.manitta
@tin.it ; [email protected] Riceviamo il n. 1 (64), gennaio-marzo 2016, del quale segnaliamo:
“Guido Zavanone, Lo sciame delle parole. Poesie
di una vita”, di Angelo Manitta; “Emerico Giache-ry Passione e sintonia. Saggi e ricordi di un italiani-
sta”, di Antonio Crecchia; “Aldo Marzi porta Pi-
nocchio nelle scuole per erudire i giovani sul capo-lavoro di Collodi”, di Anna Aita; e poi, a diverso
titolo, le firme di: Giovanna Li Volti Guzzardi,
Loretta Bonucci, Leonardo Selvaggi, Mariagina
Bonciani, Antonia Izzi Rufo, Giuseppe Manitta,
Enza Conti, Aurora De Luca, Marcello Falletti
di Villafalletto, Orazio Tanelli, Maria Vadalà (che recensisce Isabella Michela Affinito), Gio-
vanni Cianchetti ( che recensisce Imperia Tognac-
ci), Vittorio Verducci (che recensisce Tito Cau-
chi). Allegato, il n. 30 (gennaio-marzo 2016) di
CULTURA E PROSPETTIVE, di pag. 200, con le firme di: Angelo Manitta, Emilia Cavallaro, Lu-
cia Stefanelli Cervelli, Pietro Russo, Raffaella
Iacuzio, Guglielmo Manitta, Linda Torresin, Franco Orlandini, Carlo Di Lieto, Pippo Virgil-
lito, Antonia Izzi Rufo, Adalgisa Licastro, Leo-
nardo Selvaggi, Carmela Tuccari, Antonio
Crecchia, Maria Gargotta, Carmine Chiodo,
Giuseppe Cappello, Anna Geltrude Pessina, An-
na Salvaggio.
Sta per uscire, con le Edizioni EVA di Ve-
nafro (IS)
AURORA DE LUCA
ASPRA TERA
E CREAZIONE FERTILE
NELL’OPERA DI
DOMENICO DEFELICE
Domenico Defelice: Albero spoglio (penna,
1965) e, sotto: Pianta di ulivo (china degli
anni settanta)
POMEZIA-NOTIZIE Giugno 2016 Pag. 52
Domenico Defelice: Ritratto (china e acque-
rello, 1960) e, sotto, I simboli di Pomezia:
Chiesa di San Benedetto, la Torre civica e
lo Stemma del Comune (china, pure anni set-
tanta)
AI COLLABORATORI
Si invitano i collaboratori ad inviare i testi (pro-
dotti con i più comuni programmi di scrittura e
NON sottoposti ad impaginazione), composti
con sistemi DOS o Windows, su CD, o meglio,
attraverso E-Mail: [email protected]. Mante-
nersi, al massimo, entro le tre cartelle (per car-
tella si intende un foglio battuto a macchina da
30 righe per 60 battute per riga, per un totale di
1.800 battute). Per ogni materiale così pubblica-
to è necessario un contributo volontario. Per
quelli più lunghi, prendere accordi con la dire-
zione. I libri, per recensione, vanno inviati in
duplice copia. Il mensile è disponibile sul sito
www.issuu.com al link:
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TRRXXX Specificare con chiarezza la causale
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