PoEtica News 2/13

22
2/2013 News Adriano Padua Eeva-Mari Haikala Biagio Cepollaro Alessandro Ghignoli Luigi Metropoli Maria Korporal Paolo Fichera Viviana Scarinci Edo Notarloberti Hanna Suni Riccardo Principe Mariacristina Ferrari Daìta Martinez Marcia Theophilo Hugo Mujica

description

Bollettino dell'associazione PoEtica

Transcript of PoEtica News 2/13

2/2013News

Adriano PaduaEeva-Mari Haikala

Biagio Cepollaro

Alessandro Ghignoli

Luigi Metropoli

Maria Korporal

Paolo Fichera

Viviana Scarinci

Edo Notarloberti

Hanna Suni

Riccardo Principe

Mariacristina Ferrari

Daìta Martinez

Marcia Theophilo

Hugo Mujica

Architettura ◦ Progettazione ◦ Autorizzazioniedilizie,paesaggistiche,regionalie provinciali,sanitarie,pubblicitarie,commerciali ◦ Calcolostrutturale ◦ Pratichecatastali ◦ Perizietecniche

Grafica pubblicitaria ◦ Loghi,creazioneimmagineaziendale ◦ Brochure,volantini ◦ Bigliettidavisita,cartaintestata,buste ◦ Bigliettid’auguri,calendaridaparetepersonalizzati ◦ Poster,manifesti,banner,insegne

Grafica multimediale ◦ Web-bannerepubblicità ◦ SitiInternet ViaSanMichele73,Morlupo

06-90710613391685026,3475359569

[email protected],[email protected]

www.hamedesign.com

Contattaci per un preventivo gratuito!

3 News

PoEtica News 02/mag-giu-lug 2013Associazione PoEtica c/o Centro Libellulavia San Michele 8, 00067 Morlupo (RM)tel. 0698267808, mob. 3332045759http://[email protected]

contenuti4 Hugo Mujica

6 Biagio Cepollaro. Trent’anni di poesia

12 Performance artist Eeva-Mari Haikala: La mia arte,

fatta di soli tentativi

14 La collaborazione artistica

16 Corde Oblique, bottega di artigianato musicale

18 Coralità

19 Su Alfabeto provvisorio delle cose di Adriano Padua

Redazione viviana scarinci, paolo fichera e hanna suniLayout design HAMEDesign di hanna suniInfo e collaborazioni [email protected]

Questo secondo numero di PoEticaNews è dedicato alla coralità e da qui il bollettino di PoEtica entra nel vivo della sua intenzione divulgativa volta alla pluralità. In apertura Alessandro Ghignoli introduce e traduce con estrema sensibilità il poeta argentino Hugo Mujica. Luigi Metropoli presenta in occasione dei Trent’anni di poesia di Biagio Cepollaro un saggio estremamente esaustivo arricchito da alcuni inediti e da tre opera pittoriche del poeta. Paolo Fichera propone una prosa sul tema di questo secondo numero di PoEticaNews. Hanna Suni intervista la performance artist finlandese Eeva-Mari Haikala conducendo il lettore alla scoperta di un panorama artistico ancora troppo poco frequentato, mentre Maria Korporal dalla sua esperienza di visual artist spesso impegnata nel dialogo con la poesia, racconta delle collaborazioni artistiche con Mariacristina Ferrari, Daìta Martinez e Marcia Theophilo. Edo Notarloberti e Riccardo Principe dialogano da “artigiani” della musica sul progetto “Corde Oblique”. Infine Viviana Scarinci recensisce “Alfabeto provvisorio delle cose” di Adriano Padua.

PoEticaNews è una pubbli-cazione gratuita e si basa sul principio della libera diffusione. La redazione di questo bollettino obbedisce a uno dei principali fini statutari dell’associazione: la divulgazione della poesia in ogni sua forma.

Digikirjaeditrice

4 News

HUGO MUJICA

Hugo Mujica è un poeta argentino. La sua è una vita in movimento, da luogo a luogo, da parola a parola. Il cammino è quello di un poeta, di un percorso fatto di libri, di versi, di tentativi di definire il silenzio, il vuoto. Così le sue pubblicazioni, i suoi testi, cercano di limitare l’idea della possibilità di nominare. È nato a Buenos Aires nel 1942, è vissuto in vari paesi, negli anni sessanta al Greenwich Village di New York come artista plastico, poi il silenzio. Un silenzio lungo e largo sette anni rinchiuso, o meglio aperto alla vita monastica dell’Ordine Trappista. Da quel tacere, da quell’assenza di parola detta, nasce la parola da dire, quella che dentro, o meglio fuori dei suoi libri – di poesia, di racconti, di saggi – ci lascia, come si può lasciare una nudità di fronte a uno specchio;

ecco, la poesia di Mujica è ciò che sostiene l’immagine riflessa, un’orma che sfugge alla sua definizione. Dietro la scrittura c’è l’idea, il suo suono, la voglia di una scelta o di un ascolto che sa richiamare la nostra attenzione; il fatto, il respiro di ogni principio, la materia con cui cantare il canto. Non si tratta di cancellare le orme del deserto, la fugacità delle ombre, è il segreto dello sguardo, della poesia che sprofonda nelle mancate conoscenze del mondo a far sì che la possibilità del reale si possa appropiare della realtà. Lì c’è l’incontro, il rivelarsi dell’istante attraverso la lingua, le lingue. Solo in questo modo un unico gesto simile a una trappola potrà fare dell’esilio una condanna, potrà prendere in ostaggio il passo verso la poesia. L’istante del suo respiro.

di alessandro ghignoli

http://www.hugomujica.com.ar/

5 News

NOCHE DE ARENA

noche de arena,

todo es igual, y sobre tanta desnudez cada paso es huella.

noche de arena, todo es igual y nunca me sentí tan extranjero.

noche de arena, huellas de paso.

NOTTE DI SABBIA

notte di sabbia,

tutto è uguale, e su tantanudità ogni passo è orma.

notte di sabbia, tutto è uguale e mai mi sono sentito così straniero.

notte di sabbia, orme di passo.

DESCALZO

Noche sin luna,

alguien, descalzo, cruza el desierto.

Hay huellas que noche vela, hay desnudeces que la luz apaga.

SCALZO

Notte senza luna,

qualcuno, scalzo, attraversa il deserto.

Ci sono orme che la notte veglia, ci sono nudità che la luce spegne.

*El instante, cada instante,es su para siempre, su jamás y su cada ahora:

todo nace de un instante pero no una vez: cada instante.

*L’istante, ogni istante, è il suo per sempre, il suo mai e il suo ogni ora:

tutto nasce da un istante ma non una volta: ogni istante.

trad. Alessandro Ghignoli

6 News

Nell’arco temporale che va dalla metà degli anni ottanta alla chiusu-

ra del secolo, il percorso poetico di Biagio Cepollaro (Scribeide, Luna persciente, Fabrica, e prima ancora Le parole di Eliodora) ha vissu-to il riflesso di una realtà in rapida trasformazione sotto vari aspetti, da quello politi-co a quello economico – con il lento venir meno del mondo bipolare e l’avanzamento di un capitalismo maturo – al vivere quotidiano – segna-to dall’introduzione spesso caotica di nuovi strumen-ti e commodities nonché l’affermarsi di media, che mutavano drasticamente la percezione della realtà e la possibilità di esprimer-la. A rendere epocale questo cambiamento, sopraggiungeva un nuovo indirizzo culturale, un mutato atteggiamento nei confronti della conoscenza e della storia della conoscenza, la babelica giustapposizione e coesistenza di pensieri, forme, culture, stili diver-si che hanno reso difficile se non impossibile la compren-sione della realtà stessa e della storia. L’atteggiamento post-moderno, il disimpeg-no, la rinuncia alla conoscen-za e alla comprensione sono passate al vaglio critico della scrittura e della riflessione di Cepollaro, che non a caso si è fatto promotore di un nuovo approccio conoscitivo, da lui definito “postmodernismo critico”. La poesia di Cepollaro

si fa testimone di una mutazi-one antropologica in atto, con versi allo stesso tempo scaturi-ti dal lume dell’intelletto e dall’inassoggettabile consistenza materica. I suoi versi, nel solco di una vocazi-one alla sperimentazione, hanno misurato la distanza tra l’inattualità di una lingua (fortemente espressionista, ma razionalmente organizza-ta, lontana parente dunque dello schizomorfismo dei novissimi) e l’alterità e il caos della realtà, sempre più estra-nea e inconoscibile. Attraver-so la coalescenza di linguaggi e registri diversi, di fonti e forme di varia provenienza, la lingua di Cepollaro esorbi-tava dallo stretto ambito del poetico, per investire campi allotri, portando alla luce il latente conflitto tra le forme

letterarie (e ogni codice, norma, lingua, strumento di interpretazione) e l’urgenza della realtà. La lingua della poesia si pone sia come strumento di smascheramen-to di certa letteratura, che si arrocca in un territorio neutro, separato e dunque facilmente riconducibile al convenzionale (e al controllabile), sia come pungolo e ostacolo al dicibile, come continua provocazione e stimolo all’esercizio criti-co. Anziché mimare il vuoto pneumatico dei valori e della comunicazione, Cepolla-ro opta per una complicazi-one linguistica che interroghi il dato reale e cerchi una via d’uscita dall’impasse comuni-cativa, gettando le basi di una lirica futura.

L’artefatta veste linguistica e lo sguardo sulla realtà seg-

Biagio Cepollaro. Trent’anni di poesia

di luigi metropoli

7 News

nano una distanza tra l’io liri-co e la materia poetata, mar-cata anche dalla figura dello “scriba”, che non a caso è una diminutio dell’autore e una funzione de-soggettivante e de-liricizzante.

Già a partire dalla terza opera della trilogia, Fabrica, Cepollaro adotta l’italiano standard e imbastisce una serie di liriche (o meglio di epistole) che fungono anche da postille di poetica sulla

sua opera in versi, quasi a chiudere un cerchio, a dichiarare conclusa un’epoca tramite la sua razionalizzazi-one lirica. Per gli stessi motivi si assiste a una maggiore dicibilità, a una fuoriuscita del linguaggio poetico da una “attrezza[ta] … lingua per pochi”, una sorta di dimis-sione o meglio dismissione delle “funzioni conoscitive della lingua e della poesia” (cito dalla postfazione di Giuliano Mesa), a sottolineare autoironicamente, se ce ne fosse ulteriore bisogno, “il

grande imbroglio della forma/che impera”. È un libro cerni-era che prelude a una nuova fase poetica e a nuove rifles-sioni di ordine etico ed esteti-co, che prendono forma nei Versi nuovi (2001). L’avvenuta mutazione è espressa fin dal titolo e l’autore si affretta a dichiarare che “da ora in poi non scriver[à] più saggi”, abbandonando l’agone del dibattito letterario, avver-tito in qualche modo come

un’illusione appartenente al passato, fino ad affer-mare che “ora la poesia/vive solo di amicizia/e ascol-to”. E disilluso e fortemente autocritico è tutto il libro, una trama di meditazioni in versi che, pur disaggregandosi nel loro procedere desultorio ed epigrammatico, trovano una disposizione poemati-ca, sorretta dall’andamento ragionativo. Il poeta parla in prima persona, a mo’ di confessione a un amico caro o al se stesso di un tempo: una vocazione a mettersi a

nudo, senza belletti e adesca-menti poetici. È un passaggio necessario, dovuto anche al percorso intrapreso da Biagio lungo i sentieri luminosi delle filosofie orientali, che prelude a un più intenso ripiegarsi sulla propria coscienza, in un ulteriore sforzo conoscitivo. Ancora una volta l’io lirico è sconfessato, se si fa garante di una forma che di lirico ha poco, e sconfessata è la ricer-ca di una cantabilità: non

a caso nella postfazione al volume Giuliano Mesa poneva l’accento sull’apparente contraddizione insita fin nell’impianto di questa nuova opera, domandandosi il perché l’autore avesse scelto di scriv-erlo proprio in versi questo “libro di meditazione e […] di devozione”. C’è tuttavia un aspetto che Cepollaro in 30 anni di attività poetica non ha mai smesso di indagare, pur attraversando stagioni che riflettevano scelte stilistiche e registri diversi: la relazione tra le parole e le cose, o se si

Kama 5

8 News

vuole, spostando il problema da un piano gnoseologico a uno più etico ed esperienziale, il rapporto tra la poesia e l’esperienza, tra i versi e la storia. La poesia ha nel rovescio della medaglia la praxis, da non intendere più come fiducia nel progresso e attesa della rivoluzione, bensì come fine delle illusioni e consapevolezza che “la massi-ma/ambizione della vita è la vita stessa”. Una praxis che trova sponda in una sorta di

ragion pratica. In quest’ottica il passaggio dal materialismo storico alle meditazioni orien-tali non è in contraddizione: l’agire dell’uomo resta il cardine dell’esperienza. Del resto i versi e le meditazioni di Cepollaro si impongono fin da subito come riflessione critica della realtà e mai come accettazione acritica di un’ideologia: si tratta pur sempre di un verso che tende al controcanto e a un agire interrogante, la cui neces-saria controparte è la realtà.

L’accento sull’esperienza, intesa come sintesi di fare,

meditare ed essere, è ancor più evidente nel successivo Lavoro da fare (2006), che fin dal titolo mostra interesse per l’agire e l’operosità quo-tidiani, come atto di salvazi-one (“fallo anche solo per non crepare”) e come reintegrazi-one nella vita: come ebbe a scrivere lo stesso Cepollaro nelle Note per una critica futura, “Reintegrazione non è altro che ricostruzione di una prospettiva, aggiungere una chiave al mazzo delle es-

perienze possibili, ricondurre il testo alla sua potenzialità morale, psicologica, politica …, appunto”. Scrivere diventa una forma di riappropriazione di ogni sfera dell’esistenza guardando al futuro. Come per i Versi nuovi, lo stile è meditativo, ma a parlare, in-dirizzandosi direttamente al corpo-scrivente (“calmati o il cuore ti scoppierà”), è una sorta di voce interiore che mette in scena il farsi della scrittura, tradendo un la-tente impianto drammatico: “ora scrivi come hai sempre fatto/e non scherzare più col

fuoco/della vita”. Nelle poesie di Cepolla-

ro vi sono sempre dramatis personae che si sostituiscono al più convenzionale io lirico, personaggi che a partire dallo scriba di Scribeide subisco-no varie trasmutazioni, “mettendo su” corpo, carne, vita, sostanza: è come se il suo percorso avesse preso le mosse da un’istanza iperlet-teraria per dirigersi via via verso una integrazione con la vita, dal corpo delle parole

alle parole del corpo, dove la realtà non è mai sfondo e la materia dialoga costante-mente con la scrittura. L’esito più compiuto di questo passag-gio è il recente Le Qualità (2012), opera di straordinaria portata innovativa, costituita da componimenti brevi che sottendono però una struttu-ra poematica. Laddove si assisteva a un’introflessione della coscienza e a una messa in scena di una voce interiore, sebbene con tutto il portato che l’esistenza, il “fuori” lasciano in eredità – come si è già scritto – ne Le Qualità

Kama 2

9 News

il raccordo tra res cogitans e res extensa si compie in una integrazione che esclude ogni dualità: il protagonista è il corpo, di cui si raccon-ta il suo essere nel mondo. Non più soggetto, ma corpo a tutto tondo, desiderante e senziente, così come medita-tivo e ragionante. In tal senso il corpo è un’oggettivazione metonimica dell’uomo, che tuttavia non ha l’intenzione di una diminutio, bensì di un recupero di quanto la modernità (e forse anche certa poesia) gli ha sottratto. Cepollaro riesce a fare una poesia della specie investi-gando antropologicamente sulla biologia dell’uomo, da intendersi sull’etimo: “la speranza è che varian-do i costrutti/del linguaggio anche gli organi/della mente tenuti insieme dal ritmo/del respiro possano dare vita ad una/nuova versione del nuovo insieme/e questo è lavoro buono da far da soli”. A partire da queste meditazioni Cepollaro riesce a ricavarsi un varco per inglobare nel discor-so la complessità del reale e delle vicende che il corpo attraversa, dalle dinamiche di vita quotidiana, agli stati d’animo, dalle questioni pratiche alle speculazioni filosofiche, tracciando con sguardo autoironico – quello del corpo, appunto – una fenomenologia del contem-poraneo. Con queste mosse l’autore prende le distanze da ogni ipotesi psicologizzante così come da ogni vagheggia-mento mistico e pulsionale. La bassa intensità lirica evita qualsiasi convenzionale artifi-

cio, costringendo inoltre il lettore a porsi da un punto di visto che è e non è, a un tempo, quello del soggetto: un’operazione che riformula il rapporto tra autore, io lirico e lettore, dando vita a scenari inediti e nuove modalità di porsi di fronte al testo.

Ciò che sorprende è la lucidità e la nitidezza del dettato poetico, diventato chirurgicamente tagliente e preciso, capace di dosare le parole in “quantità discreta” e di farle reagire chimica-mente con l’extralinguistico e il biologico (“anche gli agget-tivi/hanno trasmigrato da uno all’altro e il modo/di dire di uno è passato all’altro come un erpes”). Cepollaro pro-cede per piccoli slittamenti lessicali e dislocazioni seman-tiche, con calibrati accosta-menti di registri linguistici diversi: la retorica del testo si fonda prevalentemente su

meccanismi metonimici, che presuppongono un andamento logico del dettato e una mag-giore attenzione alla struttura sintattica, a testimonianza di un procedere ragionativo. A ben vedere il libro stesso è l’emblema di uno “sposta-mento”, di un traslato, offren-doci fotografie in movimento, un cambiamento in atto che si mostra sotto i |nostri occhi: il corpo non sta mai, ma sta per, agisce, trasforma e si trasforma, come la poesia di cui è soggetto e oggetto, che si ricolloca due o tre passi più in là, a tracciare la rotta per il futuro.

Gli inediti che qui pro-poniamo sono una sorta di es-tensione de Le Qualità e ne approfondiscono la poetica del corpo. Come l’autore ha scritto, si tratta di un work in progress, che prelude, chissà, a un canzoniere del corpo.

Leggio 1

10 News

0

il corpo sa che il palazzo di fronte non si reggeper la sua grammatica ma per la pietà del sismache lo risparmia: è questione di proporzione ed èmeglio abituare lo sguardo al grande per noncredere che il piccolo basti e che sia tutto: la forzadel fragile è stare dentro una certa verità delle cose

0

il corpo è dentro il silenzio della stanza ora che anche il frigotace e solo la ventola del computer soffia una specie di ventoè qui ed è ora in mezzo alle relazioni che accendono di voltain volta un senso un affetto o un sentimento tra un’esperienzae un’altra che la sua durata sperimenta e a fatica tiene insieme

0

il corpo ha conosciuto vari livelli e profonditàdella luce e di ognuno ha preso biologicanota anche dello spiraglio anche dell’abbacinoora vorrebbe stare in una luce distratta e calmache può continuare se stessa senza penaper puro irraggiamento di semplice attesa

0

il corpo resta quasi interdetto dalla quantitàd’ansia che lo assale. a volte gli sembra di non poterdare ciò che vorrebbe perché troppo occupatoa badare a sé come un groviglio che non vasciolto di un botto ma sfilato grumo dopo ombrafino al succedersi lineare dei fatti e degli affetti.

0

il corpo riassume sé in ciò che ha visto e toccato anche il pensierorientra in questo tattile esercizio della prova. nulla è dato dall’inizioe il mito è nato anche per questo per colmare il vuoto del racconto: c’èqualcosa laffuori che diventa un dentro e questo fuori e dentro vieneanche tramandato. noi siamo qui dice la pianta. siamo in parte il suo frutto.

editi

11 News

0

il corpo si riconosce metropolitano come creatura che puòsciogliersi nel sonno immaginando almeno un milione di testeche cercano sollievo sui cuscini nel fondo più cupo del buioaltrimenti un vuoto non umano premerebbe ai suoi confinianche se montagne e fiumi o semplici pali elettrici un poco smossi anche se suono del vento che mette a dura prova gli infissi

0

il corpo non si pone problemi di metricaa lui pertiene il respiro che dice ed è questoil ritmo che non solo esprime ma anche lo fafelice: il sapere talvolta ha questo poteredi dare al corpo vita quando gli dà coscienzaed è qui la misura e il piacere della sua danza

0

il corpo scrive il suo poema e lo fa a giornatequesta è la sua scansione accordata al pianetae alle stelle che gli coprono il sonnoogni mattina prova a riprendere dove di sera aveva lasciato talvolta aspettache asciughi talvolta mescola e sovrappone

0

il corpo non chiede al verso di mentire e di rendereimportante quello che è solo un gioco di parole chiede solo modo di spandersi nel suono e nell’immagine così come si spande in altro corpo mescolando sempreall’ascolto il piacere di dimenticare sé in altro nome

Biagio Cepollaro (Napoli, 1959) poeta e artista visivo, vive a Milano. È stato co-fondatore della rivista Baldus (1990-1996) e promotore del Gruppo 93. Poesia: Le parole di Eliodora, pref. di Carlo Villa, Forum/Quinta generazione, 1984. Scribeide, pref. di Romano Luperini, Manni, 1993; Luna persciente, pref. di Guido Guglielmi, Mancosu, 1993; Fabrica, pref. di Giuliano Mesa, Zona, 2002; Versi nuovi, pref. di Giuliano Mesa, Oedipus, 2004; Lavoro da fare, postfazione di Florinda Fusco, e-book, 2006; Le Qualità, La Camera Verde, Roma 2012. Arte visiva: Da strato a strato, introduzione di Giovanni Anceschi, La Camera verde, 2009 mostra all’Oratorium Passionis-Basilica di S.Ambrogio a Milano 2010. La materia delle parole, catalogo a cura di Elisabetta Longari, Galleria Ostrakon, Milano, 2011. da verso. transizioni arte-poesia, Accademia di Belle Arti di Brera, ex chiesa S. Carpoforo.

12 News

Altezzosa. Supersocievole. Esibizionista. Così immagino una performance artist che si mette in gioco davanti a un

pubblico dal vivo, spesso ridendo di se stessa. Tuttavia questa mia teoria fallisce miseramente. Nel residence artistico di Aberystwyth (Galles) dove sono andata a scovarla, alloggia una donna semplice e modesta che mi guarda con gli occhi timidi, ma nello stesso momento diretti, quasi pungenti.

La strada per arrivare alla donna che è oggi è stata piena di coincidenze più che un percorso pianificato. A scuola Eeva-Mari Haikala odiava il disegno, in realtà non amava una materia in modo particolare. Dopo il liceo, a diciotto anni, si sentì persa e un po’ per caso finì alla scuola tecnica di fotografia a Muurla (Finlandia). L’idea di andare all’estero la entusiasmava e dopo un anno di studio in tecnica della fotografia partì per l’Estonia per studiare la storia dell’arte.

Alla Estonian Academy of Arts scoprì tante realtà artistiche, ed ebbe la possibilità di studi-are diverse materie, dalla storia dell’arte fino alla pittura e alla fotografia. Il primo riconoscimento importante le venne da un suo collage di foto che riuscì a entrare alla Triennale di Grafica di Tallinn. Ma i riconoscimenti non hanno inciso sulla sua modestia. “Ci sono giorni in cui mi faccio mille scrupoli, penso di avere poco talento. Poi arriva un giorno in cui ho più forza d’animo, oppure ricevo un riconoscimento da fuori, e mi tiro su di morale”.

Dopo gli studi in Estonia Eeva-Mari ottenne

anche due lauree a Helsinki: una in arte visuale e una in storia dell’arte. Ora è ricercatrice, come dottoranda, nel campo della performance art. “Sono un’artista fuori categoria. Io stessa mi definisco un’artista visuale, ma ciò è restrit-tivo poiché nei miei progetti innesto molteplici elementi: fotografia, video, teatro, musica, esibi-zione”.

Le sue performance dal vivo sono brevi: alcune durano solo 30 secondi, altre anche 12 minuti. La lunghezza è spesso dovuta alla tecnologia: un film classico Super 8 può contenere 3 minuti di materiale, l’HD invece 12. Eeva-Mari preferisce pianificare bene la performance e poi lavorarci il meno possibile dopo. “La tecnologia moderna digitale ti permetterebbe anche di fare qualche ulteriore ripresa, ma preferisco sempre la prima. Quella più naturale, spontanea”.

Eeva-Mari ha un carattere solitario e preferisce lavorare da sola. È convinta che condividendo il lavoro si farebbe influenzare e convincere troppo facilmente dagli altri, lavorando da sola il risultato finale è sicuramente tutto suo. Forse anche per questo l’oggetto – e anche il soggetto – della sua arte è quasi sempre lei stessa. “Non sono brava a dirigere gli altri, chiedergli di fare cose davanti alla macchina da ripresa. Lavoran-do da sola so esattamente quello che voglio, e lo ottengo senza troppi giri di parole”. All’inizio della sua carriera lavorava completamente sola, di recente si fa aiutare da qualche assistente.

Performance artist Eeva-Mari Haikala: La mia arte, fatta di soli tentativi

di hanna suni

13 News

“All’inizio quando la macchina da ripresa par-tiva, volevo essere sola, erano momenti talmente delicati”. Come fa a stare davanti a un pubblico, a volte anche nuda? “Mi affascina l’insicurezza, l’imprevedibilità del momento. La cosa più im-portante per me è la presenza dell’artista. Anche se le fotografie o un dipinto possono regalarmi emozioni forti, mi sono sempre piaciuti molto il teatro, la performance delle persone vive, vere”. Ha mai ricevuto critiche che l’hanno ferita? “Dopo la performance chi mi viene a parlare è senza eccezione uno a cui sono piaciuta. Vorrei ricevere più feedback, anche su come migliora-re. Ma succede raramente”.

La fase più ardua del processo creativo per Eeva-Mari non è ideare un progetto nuovo; anzi, spesso le idee le affollano la testa. L’ostacolo alla creatività è molto più banale; trovare i soldi e le risorse per realizzare le idee. Ci vuole tempo e tanta pazienza per completare una domanda per una borsa di studio/lavoro, ma per fortuna Eeva-Mari sa scrivere e anche bene. Oltre ad avere talento artistico ha un lato pratico sconosciuto a molti artisti. “A volte la gente si meraviglia quando rispondo subito alle mail”. Oltre alla borsa di studio per realizzare un progetto spesso ci vuole un atelier/studio dove registrare e anche altre risorse, difficili da ottenere e trovare. “Sarebbe bello realizzare uno spettacolo dove volo sui tetti di una città ma come farei a realizzarlo?”, ride con ironia. La sua vita quotidiana non è certamente agiata e la fine di un progetto spesso vuol dire anche la fine delle entrate, per un bel po’. “Un’artista deve riuscire a sopportare l’insicurezza sia economica che emotiva e amare alla follia la libertà che l’arte regala”.

Nel suo modo modesto Eeva-Mari dichiara di aver avuto “abbastanza successo” come artista, anche dopo che alcune sue opere sono state acquistate dal Museo d’arte della città di Helsinki, dallo Stato finlandese e dal Kiasma (il museo più importante di arte contemporanea di Helsinki) e dopo decine e decine di mostre sia personali che di gruppo e performance fatte in Finlandia, Francia, Inghilterra, Germania, Estonia e Spagna. “È difficile determinare quando un’artista è di successo. Sicuramente ho avuto fortuna, oltre a molta perseveranza nella ricerca di diverse borse di studio”. Attualmente lavora su un progetto sulla vita dell’artista gallese Gwen

John. Per la prima volta sta completando anche una performance di suoni per un luogo pubblico, ordinato da una galleria. “È un’esperienza nuova per me, dover pensare a quello che vuole chi mi paga per l’opera”.

Nel titolo di molte performance di Eeva-Mari appare la parola Attempt-tentativo. Un ulteriore segno della sua modestia? Forse, ma c’è anche un altro motivo. “Mi affascina il fatto che l’arte non si possa definire in modo univoco, ma che si possa errare, che il risultato finale possa essere diverso dall’obiettivo di partenza. Per questo, al-cune delle mie opere sono solo tentativi o sug-

gestioni per arrivare a un certo risultato o effetto”. “Non so perché, ma la Finlandia ha una forte

tradizione di performance art, pur rimanendo essa sempre un’arte marginale”. Ultimamente alcune scuole d’arte e università hanno predis-posto lauree nella performance art e nella multi-medialità. Tuttavia la Finlandia è un paese picco-lo dove la competizione è probabilmente meno ardua confrontata con l’estero. Eeva-Mari sogna di fare una performance in un paese o città in particolare? “Amo molto Parigi, ma per ora farò arte là dove mi chiedono di farlo”. http://www.eeva-mari.net http://www.av-arkki.fi/taiteilijat/eeva-mari-hai-kala/

Foto 1. Elle se sentait profondément honteuse (Tomate) 2013, stillfoto di una videoperformanceFoto 2. An Attempt for Making Of 2012 Foto documentare su una perfor-mance, /teatteri.nyt (Kiasma-teatro) Komposti-evento, foto di Mikko KuorinkiFoto 3. Stillfoto di una videoperformance Vie Coye (Citron), 2010

Performance Art (Wikipedia) La Performance art è una forma artistica dove l’azione di un individuo o di un gruppo, in un luogo particolare e in un momento particolare costi-tuiscono l’opera. Può avvenire in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, o per una durata di tempo qualsiasi.Un altro modo per comprendere il concetto è quello di dire che la per-formance art può essere qualsiasi situazione che coinvolge quattro el-ementi base: tempo, spazio, il corpo dell’artista e la relazione tra artista e pubblico; in contrapposizione a pittura e scultura, tanto per citare due esempi, dove un oggetto costituisce l’opera.

14 News

ecentemente sono stata

intervistata da Rosa Matilde Jiménez Cortés nell’ambito del

suo progetto “Entre Tú y Yo”

(http://amor77roma.blogspot.

mx/2013/03/entrevistartista-

maria-felix-korporal_20.html), e

una delle domande era: “Qual è la

sfida più grande che hai affrontato?”

Non ho esitato un momento con la

mia risposta, di cui cito qui una

parte: “La sfida più grande è stata

quando ho iniziato a collaborare

con altre persone – e ogni nuova

collaborazione è sempre una sfida

grande. Sono molto individualista

e tendo a fare tutto da sola. Però

nel corso degli anni sono anche

stata attratta dall’idea di lavorare

insieme, e nel 2006 ho intrapreso

la mia prima collaborazione

artistica con una mia amica, la

scultrice Marina Buening, sotto il

nome di Zweiart. [...] Dopodiché

sono seguite diverse altre opere

realizzate in collaborazione,

soprattutto con poeti e musicisti,

come si può vedere sfogliando i

video nella pagina sul mio sito.

Sono una lupa solitaria e ogni

volta quando inizio un viaggio

in compagnia sono presa da

insicurezza... ma dura poco,

presto le paure e i dubbi fanno

posto all’entusiasmo. È davvero

una cosa meravigliosa creare e

sviluppare un progetto insieme ad

altre persone.

[...] Ho collaborato più spesso

con donne che con uomini. L’idea

della innata rivalità e invidia

tra le donne è un luogo comune

purtroppo accettato da molti

uomini e donne. Naturalmente

l’invidia e la rivalità esistono,

ma la mia esperienza personale è

diversa; finora ho lavorato sempre

in modo splendido e armonioso con

altre donne, c’è molta solidarietà

e comprensione. Le donne sono

eccellenti compagne di viaggio.”

Delle mie “eccellenti compagne

di viaggio”, ne vorrei menzionare

tre in particolare: Mariacristina

Ferrari, Daìta Martinez e Marcia

Theophilo. Sono tre donne che

scrivono poesie; tre donne di

fama molto diversa, ma con una

cosa fondamentale in comune: la

generosità con cui condividono

le loro parole con il mondo

attraverso i social network,

indipendentemente dalle loro

pubblicazioni ufficiali. Su Facebook

ho potuto prendere conoscenza dei

loro scritti, che mi hanno colpito e

ispirato profondamente.

Mariacristina Ferrari è una donna

di grande delicatezza e sensibilità.

Non ha ancora pubblicato, ma

attraverso Facebook condivide

i suoi versi e i suoi aforismi che,

insieme alle fotografie ricercate (di

lei e di altri), formano un percorso

squisitamente poetico. Tra lei e me

è nato un rapporto molto intenso,

che abbiamo definito il nostro

ponte: un ponte che ci permette

di incontrarci, di dialogare, di

condividere emozioni, pensieri e

sensazioni. Un ponte generante

una costellazione le cui stelle

nascono e rinascono, si muovono

e si trasformano divenendo

viaggio, libero da partenza o

destinazione… è lo spazio in cui

abbiamo creato insieme il nostro

lavoro: WOR-L-DS WITHOUT END,

dialoghi interstellari. Il video,

con una descrizione dettagliata,

è visibile online: https://vimeo.

com/30178258

Le poesie straordinarie che Daìta

Martinez, poeta palermitana,

scrive su Facebook, mi hanno

lasciato senza fiato fin dal primo

momento in cui ho avuto la fortuna

La collaborazione artisticadi maria korporal

R

15 News

di poterle leggere. Oltre a essere

presente in diverse antologie, nel

2011 ha pubblicato la sua prima

silloge, (dietro l’una), presso

Lietocolle. Leggendo la raccolta

sono rimasta particolarmente

colpita dalla poesia (amarezza),

scritta anche in versione

palermitana, e l’ho elaborata in un

video. È nata una forte intesa tra

Daìta e me, e le due opere seguenti

che abbiamo fatto insieme, { nuda

} e . non ha fine ., sono state create

in perfetta sintonia, con poesie

inedite scritte apposta per i video;

le parole seguono lo sviluppo delle

immagini e viceversa. I nostri

video sono raccolti in un album

su Vimeo: https://vimeo.com/

album/1645800

Marcia Theophilo è poeta e

antropologa di fama internazionale;

candidata al Premio Nobel per

la letteratura, ha pubblicato

racconti, saggi e numerosi volumi

di poesia. Il soggetto principale

della sua poesia è la foresta

amazzonica con i suoi popoli,

alberi, animali, fiumi e miti. È

molto generosa nel diffondere le

sue parole, come può testimoniare

chiunque la segue su Facebook. Tra

di noi c’è un rapporto di forte stima

reciproca. Dopo la conoscenza

in rete, ci siamo incontrate a

Roma alla presentazione del

suo libro Amazzonia sempre, e

in quell’occasione Marcia mi ha

proposto di fare un video con

una sua poesia. Un’idea che mi

ha subito entusiasmata e, dopo

una lunga maturazione, a gennaio

2012 è venuto alla luce un video

intitolato La notte dell’armonia,

visibile su Vimeo: https://vimeo.

com/34653288

Nel momento in cui Rosa Matilde

Jiménez Cortés mi ha intervistata,

non potevo ancora sapere come

sarebbe andato il mio ultimo

progetto di collaborazione: il

mio video più recente Tra le

foglie. Questo lavoro, che si può

vedere online: https://vimeo.

com/64701729 , è la seconda

versione di un altro video che ho

dovuto togliere dalla rete. Perché?

Avevo fatto la prima versione a

marzo, in seguito a un invito per

un evento di arte e riciclaggio

da tenere a Londra nel mese di

maggio. Il concetto del video,

ossia le palle di carta buttate

per terra che vengono raccolte e

si ricostruiscono in un libro, era

stato elaborato su una poesia che

avevo trovato in rete: I am the

Earth dell’autrice americana Jane Yolen. Ho richiesto la sua amicizia

su Facebook e non mi ha risposto,

ma sono comunque andata avanti

in piena fiducia. Visto che il testo

era pubblicato in vari siti Internet

e perfino applicato in altri video,

ero convinta che fosse di pubblico

dominio; per lo più, nel mio lavoro

ne citavo solo una parte.

Quando il video era pronto,

intitolato Rebuild the Earth, ho

inviato il preview a Jane Yolen,

ma la sua reazione è stata dura;

si è contrariata per l’uso del suo

testo e ha messo la sua agenzia di

diritti in contatto con me. Dopo

qualche scambio di messaggi,

l’agenzia mi ha concesso il

permesso di pubblicare il video

sul mio sito web, ma a condizioni

molto restrittive e con la richiesta

di un contributo in denaro, che

non ero disposta ad accettare.

Allora ho preso la decisione di

fare una nuova edizione del video,

seguendo lo stesso concetto ma

con immagini diverse e un testo

diverso: una bellissima poesia

di Marcia Theophilo, tratta dal

suo libro Amazzonia sempre. Il

risultato è il video Tra le foglie,

con una versione inglese Among

the Leaves. Siamo entrambe molto

contente del risultato, che è

piaciuto anche all’organizzazione

dell’evento artistico londinese;

il video sarà esposto nel mese

di maggio presso la Watermans

Art Center a Londra nell’ambito

dell’evento “Shape the Future”.

L’esperienza di Rebuild the

Earth mi ha lasciato un po’

amareggiata – allo stesso tempo

è stata una buona lezione. Nelle

collaborazioni artistiche, bisogna

agire con molta prudenza. La

stima davvero reciproca è rara, e

la disponibilità di poeti e artisti

di condividere i loro lavori non è

scontata.

16 News

Corde Oblique, bottega di artigianato musicaleUn dialogo tra Edo Notarloberti e Riccardo Principe

Un quadro che diventa musica, che diventa parola raccontato con sapiente maestria dalla scrittura di un cesellatore della materia musi-cale.Corde Oblique è il progetto musicale ideato da Riccardo Principe, chitarrista-compositore napoletano, con all’attivo quattro album: A hail of bitter almonds (2011), The stones of Naples (2009), Volontà d’arte (2007), Respiri (2005).Il processo creativo delle composizioni di Riccardo, mente del gruppo, si divide in diverse fasi.“Il primo istinto è scrivere un testo legato alla memoria. Se ho bisogno di raccontare un luogo è perché quel luogo mi ha dato stimoli, mi ha in qualche modo detto qualcosa di sé, e quindi provo a ri-raccontarlo a chi mi ascolta”.E così accade per luoghi, quadri, cattedrali e sensazioni. In una coralità in cui l’arte racconta l’arte.“Le musiche nascono prepotenti e spontanee, in molti casi i suggerimenti mi arrivano dagli stessi luoghi da cui sono nati i testi e poi la mia sensi-bilità di artigiano prova ad abbinarli”.Corde Oblique è davvero una bottega d’artigiano in cui l’arte intesa come materia prima viene levigata e lavorata, trasformata e rielaborata. Una di quelle botteghe in vicoli nascosti dove avviene l’arte. La musica di Corde Oblique fa parte di quei preziosi progetti indipendenti che trovano luce grazie alla sola passione di chi ne fa parte. Quella musica che invece di partire da

un’aspettativa del pubblico compie il percorso inverso partendo da un’esigenza interiore, da un bisogno inderogabile di espressione tradot-to in una forma musicale che possa arrivare all’ascoltatore.“Nel momento in cui pubblichiamo un disco, un libro, un dipinto è ovvio che speriamo di diffonderlo. Chi dice che scrive solo per se stesso è a mio avviso mendace. Da parte mia so che non essendo una pop star non ho grandi problemi nel proporre novità azzardate e sostanzialmente provo a unire la qualità con la gradevolezza usando un briciolo di buon gusto che spero mi sia rimasto”.La formazione di Riccardo Principe è sostanzial-mente classica, non a caso è diplomato al Con-servatorio di Napoli in chitarra. Nei Corde oblique suona sia la chitarra classica che l’acustica; en-trambe generatrici di tutte le idee musicali ini-ziali.“L’esperienza di ascoltatore mi ha sempre fatto pensare che l’alternanza timbrica è fondamen-tale per certi strumenti. Sentendo tutto un con-certo per piano, o per chitarra, dopo 35 minuti mi accorgo che la mia attenzione cala. Per ques-to motivo prediligo l’uso sia delle corde di nylon che di acciaio, anche se sostanzialmente sono un chitarrista classico”.La scelta delle voci femminili per Riccardo è di fondamentale importanza. In ogni disco l’alternanza di vecchie conoscenze e nuove voci evidenza la continua ricerca timbrica e interpre-

17 News

tativa dell’autore, affidando alla voce un ruolo prioritario.“Ho iniziato a scrivere per voce soprano quando avevo 20 anni, ora ne ho 34 e prediligo per lo più le voci non impostate. Ogni voce ha un carat-tere e mi ispira determinate atmosfere e molto spesso le canzoni che scrivo sono espressamente pensate per quella determinata voce. Parlare di tutte le voci con cui ho lavorato sarebbe troppo lungo. A ogni modo sono infinitamente grato a tutte per aver dato il massimo per interpretare e indossare i vestiti che ho provato a cucire per loro”.L’idea del bello e la propensione a essa è evidente nella forma di scrittura di Riccardo Principe. “Sono un cultore del bello, ma apprezzo il bello intriso di storia, il bello sapiente e, se mi è lecito definirlo così, il bello che abbia un doppio fon-do”.La fervente produzione di Riccardo porta all’uscita quasi di anno in anno di nuovi lavori evolvendo in forma, stile e ispirazione.“L’evoluzione musicale (così come la storia) non è fatta di spartiacque ed è difficile riassumere i punti di novità. Sicuramente oggi ho un approc-cio molto più libero alla composizione e al testo, forse mi preoccupo meno di piacere e penso a scrivere cose che reputo di qualità. Non che in

passato abbia pensato solo a piacere, ma mi po-nevo molto di più il problema di come il pubblico avrebbe considerato il disco, mentre con questo ultimo lavoro non l’ho fatto. Ho inoltre svolto un lavoro durissimo sui testi, su ogni parola e su ogni concetto, e penso che quest’aspetto sia una delle principali differenze rispetto al passato. I musicisti e le voci hanno dato un surplus sia in quanto ad arrangiamenti creativi che a esecuzi-one di parti scritte da me: senza di loro sarei una mente inutile”.Corde Oblique è anche il mio gruppo. E a Riccardo, che è anche uno storico dell’arte, ho chiesto se la propria arte sia sincera.“Partiamo dal principio: la mia arte non è sincera così come non lo è l’arte in generale. La parola Artefatto contiene dentro di sé la parola Arte proprio perché essa è anche finzione, e in quanto tale non è sincera. Chiunque dipinge un quadro, scatta una fotografia, scrive una poesia, non lo fa per sincerità, ma aggiunge sempre il suo punto di vista non oggettivo. In proposito mi piacerebbe citare una frase di un grande storico dell’arte Roberto Longhi: “L’arte non è imitazione della realtà, ma una riproposizione individuale di essa”. La sincerità sta fra le nostra mura domestiche, sul modo in cui ci comportiamo con gli altri. L’arte può essere spontanea più che sincera, ma è comunque artificio. La sincerità non ha a che fare con i palcoscenici, con lo spettacolo, con le pubblicazioni. Personalmente provo a essere spontaneo con la mia arte, ma nel momento in cui entriamo in sala prove facciamo di tutto per intonare i nostri strumenti, camuffare i nostri errori, scartare una cattiva esecuzione per prediligerne una buona, come fanno tutti gli artisti del mondo. Purtroppo per far arrivare agli altri il nostro meglio, non si può essere sinceri in senso letterale”.

18 News

. entrata. libreria. chi cerca l’entrata, dentro. la rivista con una recensione, forse in questo numero, o nell’altro, fra un mese o due. è trimestrale. voci. se pd e pdl si mettono d’accordo giuro che emigro in qualche paese. sì ma non lo possono fare. come mai la bolla non si riesce a stamparla? se vuole può spostare i libri, non c’è problema. la figura è sempre nell’ombra, così vuole la pelle. gli scaffali alti hanno i soliti nomi, più grandi, Neruda, Whitman, Baudelaire. sotto io ci tengo a dare casa anche alle case editrici piccole, ad autori che altrimenti non troverebbero spazio. lo spazio di ricerca. il lirismo dell’antilirismo. c’è del buono nei modelli proposti, gli epigoni scivolano. sono intelligenti _ è sempre lo scavo per un singolo verso. al buio. costringersi nelle forme, a livello organico, con una musica in sottofondo. al buio, costretti alle forme. la maschera è sempre lo scheletro, lo sanno bene le ossa. la tela di ragno _ quando tutta la carne del corpo si sarà fatta aria allora sarà carne, in qualche sguardo. rispondere a una mail, in attesa di scriverla. la copertina forse è meglio con lo sfondo grigio. l’albero non è male come idea, ma già vista. provare con una macchia, buttata lì come per caso, poi i nomi in corpo più piccolo. font va bene _ un abbraccio tra le forme. scrivere il pezzo che scrive della coralità. è simile agli altari, in Turchia sull’altopiano. o accovacciarsi accanto a una statua Maya, enorme, da mettere su fb. ipotesi di un viaggio. fatto o non fatto.

ricordato, comunque _ intorno agli scaffali il buio era enorme, le schiene strette tra le fessure. dove passare, al buio, in quel corridoio era il problema. lo sguardo era il problema dei libri. la paralisi era all’inizio lo sguardo. la mole, mastodontica, quali muscoli avere oltre la propria forza per sollevare, portare e sopportare il peso era uno dei problemi, all’inizio. violenta e ossessionata era la vista nel luogo intatto, senza violenza né ossessione. essere chiaro nel bene oltre la grata non afferrato né voluto rendeva lo stupore esatto, preciso come preghiera nata da stupore, di un cielo con le sue stelle basse, camminando, diceva, nel suo paesaggio _ la coralità era assistere alla morte per trarne versi, un coro di animali attorno, tutti simboli ancora intatti, dopo gli anni a carpirne i simboli. il simbolo vissuto, ricamato sulla tela e sulla pelle detto, i tatuaggi negli occhi, il neo nell’iride, la libreria per il falò nel bosco di notte tra bambini e donne travestite da gnome. alla fine un regalo, una foto al fuoco, il ponte illuminato da piccole candele _ tra i libri, il lago era il confine. la donna amata, baciata tra gli scogli, tra dita e nodi esatti. uno scambio di libri. imparare era esporre le ferite. con il corpo intatto. tutto nella pelle. una pelle bianca. un altro morso nell’immobilità. camaleontici nella fissità. faremo molti incontri, lasci la mail. ha la mail, verrà avvisato. se ha voglia potrà partecipare. ha scelto questi libri. lei non parla. ha paura. è spalancato.

Coralitàdi paolo fichera

19 News

Marianne Moore il mondo se lo figurava come ciò che non è affatto nostro se non per atti di “possesso immaginari”.

Personalmente l’ho sempre inteso così il mondo visto dall’ottica di chi scrive poesia, e il poeta, un essere necessariamente provvisorio nell’ambito di un alfabeto condiviso.

Tuttavia a volte, in alcuni poeti, si vede il patire un’intenzione. Un’intenzione di scrivere poesia che può essere originale, congegnata più o meno abilmente o magari ricalcata poiché ammirata altrove, nel discorso poetico altrui, ma non si avverte, in questi poeti, quasi mai, il patimento di un proprio ritmo, cioè di un tempo isolato che non potrebbe essere altrimenti, senza particolari intenzioni estetizzanti.

È in questo senso che le poesie di Alfabeto provvisorio delle cose fanno la differenza in un modo così accurato da rammentare la necessità di perdere il filo della propria individualità per poter assentire, sapendo già che nulla insorgerà per discutere del contrario.

Paradossalmente, sembra che per Padua il poeta sia sufficiente a se stesso e la poesia un’intenzione superflua e a volte anche da rifuggire in quanto forviante, in quanto iperdotata di un “peso” sillabico insostenibile: non serve poesia perché/i testi non hanno incidenza sul tardi/nella loro esistenza soltanto/in cui l’effettiva/autonomia di un pensiero/produce materia verbale.

È chiaro quindi fin dall’inizio che qui non siamo al cospetto/del nostro tormento. Il filo che lega in una consequenzialità quello che di materiale c’è negli elementi, diventa in questo piccolo libro una rete di sottecchi, un’enucleazione problematica, una costellazione di errata corrige del visibile, come se scrivere poesia provocasse una personalissima sequela di errori necessariamente indirizzati a carico della mutezza del reale.

Le cose non nominate o appena dette, quelle che popolano di giorno e di notte lo spazio che ci circonda fino a lambire le appendici del nostro

corpo, fino a essere il nostro stesso corpo, qui in convegno, ci scrutano appena e assumono il loro peso specifico di capelli, occhi, architetture e tecniche solo per sostenere una sorta di involuzione in un pensiero che le partecipi in modo soggettivamente originario e perciò indiscutibile.

E anche nella voce poetica dello stesso Padua, oltre che nel suo “metodo”, si avverte la necessità di perdere il filo, di allentare la sorveglianza sul concatenarsi apparente dei fatti per poter dire: dunque la città non esiste, in quanto luogo del cibarsi, del crescere e decrescere, del rovesciamento della sorte, dell’impennata dei fatti illusori che compongono la realtà nelle sue limitazioni ripartite nell’epica infinitesima di un istante che ci creda tutti presenti.

A tratti, ma è anche questa un’illusione, sembra che per Padua tutto si riduca a un’intesa circa la propria matrice, quale che sia; e posti i sensi in quel luogo, aspettare un palpito che quando arriva non potrebbe essere altrimenti che il tempo e il luogo di una nascita: il tempo metrico, il luogo lirico in cui appaia che questa provvisorietà del tutto alienata non è nient’altro che un luogo geometrico. Come in effetti ogni poesia è sempre frutto di una logistica, per quanto amena, in quanto tracciato prodotto dall’intersezione in un punto, di ascisse e ordinate del tutto sfasate.

Nel caso di Padua la curva che viene da questo incrociare lirica e metrica su un piano non-cartesiano dovrà essere per forza di alfabeti una parabola non probante: le barriere e il disordine scritto/collegati/sulla pelle e alle forme/costruendo un difetto di spazio.

Da lettrice appassionata di poesia mi capita di cercare quello che non so, quello che mi manca di sapere per fare maldestramente fronte a qualcosa che frontalmente è invisibile ma collateralmente no. Questo alfabeto provvisorio sembra esercitarsi proprio su quel fronte collaterale, cioè un fronte i cui effetti sono imperscrutabili dal punto di vista allopatico, anche se qui enunciati con esattezza sintomatica e una perizia davvero singolari.

Su Alfabeto provvisorio delle cose di Adriano PaduaArcipelago edizioni, Milano, 2009

di viviana scarinci

il vero non ha fonte da cui sorgela favola ci dice meravigliaquest’epoca di troppo è fuori dalla storiaandiamo vieni viati porto dove non

20 News

È prevista per settembre 2013 l’uscita de La Favola di Lilith, Libro e CD prodotto da Ark Records. Si tratta di un poema suddiviso in due atti con musiche di Edo Notarloberti e testo di Viviana Scarinci.

Informazioni e prenotazioni [email protected]

21 News

I classificatoopera d’arte in legno offerta da DARGOCreation del valore di € 100

II classificato3 libri di poesia offerti da PoEtica del valore di € 60

III classificatoiscrizione all’associazione PoEtica del valore di € 30

DARGOcreation

Premio Specialepoeti under 16

22 News

DARGOcreation