PNEUGEO: IPOTESI PER LA REALIZZAZIONE DI UN GEODE … · sempre meno statici e sempre più leggeri...

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POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Design Corso di Studi di Design Engineering PNEUGEO: IPOTESI PER LA REALIZZAZIONE DI UN GEODE AUTOMATICO Relatore: Claudio Bellotti Autore: Andrea Scandella mat. 803859 A.A 2014\2015

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POLITECNICO DI MILANOFacoltà di Design

Corso di Studi di Design Engineering

PNEUGEO: IPOTESI PER LA REALIZZAZIONE DI UN GEODE AUTOMATICO

Relatore: Claudio Bellotti

Autore: Andrea Scandella mat. 803859A.A 2014\2015

IIIII

La tesi presenta un’ipotesi di progetto per l’ideazione e la realizzazione di un modulo abitativo automatico, istantaneo e rimovibile, sulla base dei principi pneumatici e delle pressostrutture, in relazione alla cupola geodedica di Fuller, e all’utilizzo di materiali tessili e membrane altamente performanti per lo scopo prefissato, in funzione della definizione del prodotto.Dal punto di vista concettuale l’idea di partenza prende spunto dalle tematiche di dislocazione e di delocalizzazione che caratterizzano la nostra contemporaneità, i cui effetti si rispecchiano nell’esigenza di ricercare materiali costruttivi innovativi, sempre meno statici e sempre più leggeri e adattabili alla nuova condizione di socialità e di relazioni della vita di comunità. Per questo motivo, la metafora che più si avvicina al nostro modulo abitativo è il concetto di “tenda automatica”, non solo per quanto riguarda l’idea di nomadismo ma soprattutto per la sua capacità dal punto di vista fisico, di essere una struttura temporanea, smontabile e rimontabile, capace quindi di assumere stati di stress e di rilassamento dati dal fattore aria, condizione imprescindibile per l’ esistenza stessa del prodotto.A partire da questo concept fondamentale, il lavoro ha inizialmente

Abstract

sviluppato un’analisi sullo stato dell’arte relativo alle progettazioni realizzate con il modello della cupola di Fuller, contestualmente alle ricerche sulle membrane e sulla pneumatica, e ai materiali utilizzati.Sono stati quindi passati in rassegna progetti realizzati per grandi ambienti architettonici di relazione sociale; oppure progetti per installazioni o temporane come i vari Padiglioni Expo, oppure infine per progettazioni limitate pensate in senso estetico simbolico come la Tee Haus di Kengo Kuma. Rispetto a queste realizzazioni, il nostro progetto si è indirizzato invece in un senso differente, puntando a definire un modulo abitativo a misura d’uomo, con un suo potenziale industriale di mercato che potrebbe rispondere all’orizzonte di attesa di un pubblico giovanile, con esigenze di praticità e di confort.

INDICE1 RICHARD BUCKMINSTER FULLER

1.1 Richard Buckminster Fuller..........................................................................................................................................pag. 11.2 La cupola Geodedica .......................................................................................................................................................pag. 61.3 Frequenza della cupola e i Fattori d’arco................................................................................................................pag. 10 1.4 Applicazioni di strutture Geodediche........................................................................................................................pag. 15

2 PROGETTARE CON LE MEMBRANE

2.1 Architettura Pneumatica...............................................................................................................................................pag. 312.2 Ricerca della forma..........................................................................................................................................................pag. 342.3Superficiminime...............................................................................................................................................................pag.372.4 Cuscini pneumatici e i sistemi chiusi........................................................................................................................pag. 432.5Prestazionienergetico-ambientalidegliinvolucriamembrana.................................................................pag.472.6 Nuove tecnologie per l’isolamento termo-acustico degli involucri tessili................................................pag. 50 2.7Rischiodicondensa..........................................................................................................................................................pag.562.8 Giunzioni tra le membrane...........................................................................................................................................pag. 58

3 PNEUGEO, UN’IPOTESI PROGETTUALE

3.1 Introduzione.......................................................................................................................................................................pag. 633.2 Ipotesi progettuale: PneuGeo......................................................................................................................................pag. 633.3 La progettazione di PneuGeo......................................................................................................................................pag. 653.4Iltelaio,“TheAirbeam”..................................................................................................................................................pag.673.5Icusinipneumatici...........................................................................................................................................................pag.77

3.5Icusinipneumatici.......................................................................................................................................................pag.77

4 IL DESIGN DEI GONFIABILI: SOCIETÀ E PROGETTAZIONE

4.1UtopieGroup:1968,structuregonflabesexhibition.....................................................................................pag.934.2 I protagonisti del gruppo Utopie............................................................................................................................pag. 1004.3Progettiperla“Structuregonflabesexhibition”:JeanAubert,Jean-PaulJungmann,AntoineStinco..............pag.103

Bibliografia............................................................................................................................................................................................pag. 109

1

1.1 Richard Buckminster Fuller

“La natura è scritta in questo grandissimo libro che ci sta aperto innanzi agli occhi, ma

non si può leggere se prima non s’impara la lingua e conoscere i caratteri nei quali è

scritta. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre

figuregeometriche,senzaquestièunaggirarsivanamenteperunoscurolabirinto”

Galileo Galilei (1564-1642)

Richard Buckminster Fuller (1895-1983) è stato un inventore, archietto, ingegnere, “designer”, nonché filosofo e scrittore (cfr. Emili, A.R., 2003; Gorman, M.J.,2005.). È famoso principalmente per le sue scoperte nel campo dell’ ideazione di stazioni radar, edifici, coperture civili e tensostrutture: tutti progetti che si basano sull’utilizzo della cupola geodedica, i cui fondamenti risiedono nell’estensione di alcuni principi base di solidi semplici come il tetraedro e l’ottaedro (i solidi con un numero maggiore di facce non furono presi in considerazione in quanto approssimazioni della sfera). Le strutture così concepite assumeranno una conformazione estremamente leggera e stabile. La cupola geodetica, brevettata nel 1954, è stata una parte fondamentale del processo creativo di Fuller, teso all’esplorazione della natura per inventare nuove soluzioni di design.

1. Richard Buckminster Fuller

Padiglione degli Stati Uniti, Expo Montreal 1967Richard Buckminster Fuller con alle spelle probabilmente la struttura geodetica più nota cioè, il Padiglione degli Stati Uniti a Montreal, in Canada, progettata per l’Expo 1967. Con un diametro di 250 piedi, è diventato l’icona simbolica di tutte le fiere mondiali successive e di un progetto visionario urbano

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In questo senso l’approccio analitico di Fuller sottointende un aspetto che costituirà il filo conduttore della sua ricerca: la volontà di portare le sue ricerche ed invenzioni al servizio dell’uomo.Il suo interesse, infatti, è volto all’individuo, al mondo che lo circonda e al fatto di concepire l’esistenza non come dato fine a se stesso, ma come fattore che lavora sul principio delle relazioni (con il mondo, con le cose e con gli altri uomini). Per la realizzazione di questi intenti Buckminster Fuller ritiene indispensabile rivolgersi a nuove tecnologie che si servano di nuovi materiali, anche se afferma: “l’uomo non inventa nulla, scopre principi che sono operativi in natura e spesso trova il modo generalizzare questi principi e riapplicarli in direzioni sorprendenti. Ma quello che fa l’uomo non è affatto artificiale, la natura lo deve esprimere e sé la natura lo permette, è naturale” (Emili, 2003, p. 10). La prospettiva di Fuller rifiuta quindi l’innovazione che deriva dal mercato dell’industria, ritenuta da lui stesso obsoleta e incapace di porsi in linea con la modernità, focalizzando l’interesse piuttosto sulla conoscenza e il conseguente sfruttamento delle risorse naturali, viste come unica alternativa al sistema industriale. Per meglio dire, i suoi lavori rappresentano il frutto di una possibile integrazione tra tecnica e natura.La sua dottrina si trasforma pertanto in una vera e propria filosofia di vita, legata soprattutto alle nuove avanguardie. Il Superstudio, gli Archigram, Gli Archizoom, i Metabolist seguiranno la sua dottrina con devota dedizione. La cupola geodedica

Fondazione del Gruppo di Architettura eDesign, Archizoom, 1966 Andrea Branzi, Gilberto Coretti, Paolo Deganello,Massimo Morozzi; e dal 1968: Dario Bartolini, Lucia Bartolini

diventa il prototipo più emblematico di chi ritiene di doversi allontanare dalle comunità istituzionalizzate, trasformandosi in una struttura simbolo del rifiuto della gestione tecnocratica dell’apparato produttivo.Nel 1927, durante la sua ricerca sul sistema sinergico-energetico, Fuller ha un importante intuizione: ”Ho scoperto che la natura utilizza in modo continuo quello che noi chiamiamo tensione e solo in modo discontinuo la compressione. Io chiamo queste strutture, chiaramente identificate come integrità strutturale, Struttura tensegrale” (Emili, 2003, p. 22). In queste strutture le parti connesse non si toccano l’una con l’altra. I puntoni avente funzione spingente sono isolati e collegati tra loro solo attraverso spinte tensionali.Dove finisce la parte compressa parte un piccolo elemento teso che si collega al punto di mezzo del successivo elemento compresso. Il puntone è paragonabile ad un vettore di energia attiva e la sua estremità è spinta dal centro di massa. Le prime grandi sfere geodediche sono state costruite secondo il principio della struttura tensegrale, utilizzando icosaedri, perché questi offrono di gran lunga il massimo volume con il minimo sforzo strutturale. Secondo Fuller, il tetraedro contiene infatti il minor volume con il massimo di superficie; l’ottaedro mantiene, in tal senso, un rapporto di equilibrio, mentre l’icosaedro stabilisce una condizione ottimale, cioè maggior volume, con il minimo di superficie. Negli anni cinquanta, Fuller intuì le potenzialità della carta e del cartone come materiale da costruzione, anticipando di 40 anni le innovative applicazioni di Shigeru

Modello auto-prodotto di una strutturatensegrale “Si dice tensegrale un sistema in uno stato di auto-equlibrio stabile comprendente una serie di elementi compressi all’interno di un continuom di elementi di componenti tesi”(Lonardo, 2011 p.5)

nota: Il puntone è generalmente un elemento strutturale, utilizzato in edilizia, inclinato, ovvero posto su vincoli di appoggio collocati rispettivamente a quote differenti

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Ban con la sua cupola per il Padiglione del Giappone per Expo 2000 di Hannover: Fuller utilizzò la carta nel brevetto del sistema delle Paperboard Domes, cupole geodetiche destinate a fornire alloggio ai fanti dei Marines. La piena applicabilità dell’idea sottesa alle Paperboard Domes dovette confrontarsi con le criticità legate alla scarsa idrorepellenza dei materiali, che Shigeru Ban poté superare avvalendosi di vernici poliuretaniche.

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Il riferimento alla cupola gededica di Fuller è funzionale a rendere possibile la composizione geometrica del progetto che stiamo presentando. In questo senso è bene dedicare un approfondimento preliminare al tema della cupola. La sua origine parte ovviamente dall’immagine del solido terrestre, razionalizzato come macromolecola, mentre la sua sintesi costruttiva viene affidata al principio della struttura tensegrale, in linea con l’affermazione di Mies van der Rohe the less is more, che, nel caso specifico, Buckminster Fuller applica, non in un contesto formale, ma nel campo dell’energia. Elemento di originalità diviene il superamento del sistema architravato dell’antico tritlite. La cupola non è un modello imitabile, ma è un entità compiuta che si manifesta, secondo la concezione classica, attraverso un preciso elemento della composizione architettonica: la copertura.La scoperta della struttura geodedica trasforma questo elemento, comprensibile solo attraverso un processo di scomposizione e parzializzazione, in una forma architettonica definita, autonoma e riconoscibile, che si propone come corpo figurativo caratterizzante e significante delL’ ambiente naturale e artificiale. Con il geode di Fuller, la copertura assume il ruolo di vero e proprio edificio, o meglio di un involucro la cui pelle, che coincide con la struttura continua, può assumere diverse

configurazioni. Partendo dallo stesso sistema costruttivo, Bucky realizza una serie di strutture flessibili, sia costruttivamente che dimensionalmente, in cui le aperture trovano collocazione secondo le necessità, in modo che anche la luminosità dello spazio dipenda dal materiale utilizzato.Infatti è possibile, attraverso partiture in orizzontale e in verticale, determinare degli aumenti di volume, fino a raggiungere dimensioni considerevoli. Ad esempio la Union Tank Car Company, realizzata a Baton Rouge nel 1958, è una macrostruttura che raggiunge una cubatura ventitré volte maggiore della cupola di San Pietro, avendo un diametro alla base di centosedici metri e l’ altezza massima di trentasei metri. Il peso è solo due chili per metro cubo, per un costo straordinariamente vantaggioso. Grazie a queste caratteristiche il geode trova facilmente impiego e interesse.Pur mantenendo sempre la stessa tipologia costruttiva, Fuller progetta, di volta in volta, strutture diverse e soprattutto nuove. Sceglie il materiale, decide se operare per piani, per elementi lineari o per altri componenti, e se utilizzare sistemi di giunzione per nodi, per punti o per linee. Dal punto di vista geometrico, la cupola geodetica è una struttura semisferica formata da elementi triangolari che giacciono approssimativamente sulla superficie di una sfera; i triangoli sono tutti molto simili tra loro ed essendo rigidi garantiscono la robustezza locale, mentre le geodetiche formate dai loro lati distribuiscono gli sforzi locali sull’intera struttura. La cupola geodetica è l’unica struttura costruita dall’uomo che diventa proporzionalmente più resistente all’aumentare delle dimensioni. Quando

Brevetto depositato da R.B. Fuller sulla Cupola Geodedica, 1954Scomposizione della sfera partendo dall’icosaedro. In alto sezione della semisfera.

nota: Un sistema trilitico o trilite (dal greco tri = tre + lithos = pietra) è una struttura formata da due elementi disposti in verticale (piedritti) e un terzo appoggiato orizzontalmente sopra di essi (architrave), a formare una sorta di porta)

Cupole per la Union Tank Car Company Baton Rouge, 1958

Brevetto depositato da R.B. Fuller sulla Cupola Geodedica, 1954

1.2 La Cupola Geodedica

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la struttura forma una sfera completa, viene detta sfera geodetica.Dal punto di vista matematico, possiamo definire cupola geodetica un tipo di triangolazione della sfera: in particolare, tra tutte le divisioni in triangoli di una superificie sferica, si chiamano geodetiche quelle in cui i lati dei triangoli giacciono sui cerchi massimi della sfera. I cerchi massimi giocano un ruolo fondamentale nella geometria sferica: rappresentano infatti i cammini ”geodetici”, ovvero i segmenti che minimizzano la distanza tra due punti. Sempre in senso matematico le triangolazioni più studiate sono quelle con vertici di grado 5 e 6, ossia cupole che abbiano solo vertici da cui partono 5 o 6 spigoli. Triangolazioni di questo tipo sono state ampliamente classificate: per questo motivo la definizione che troviamo sugli articoli di matematica che trattano le cupole geodetiche è esattamente la triangolazione della sfera con vertici di grado 5 e 6. Le cupole con queste caratteristiche hanno infatti una simmetria icosaedrica, che è presente in natura (alcune molecole di virus hanno la forma di piccole cupole geodetiche). Poiché stiamo parlando di una triangolazione della sfera, i lati dei triangoli devono necessariamente poggiare su grandi cerchi. Possiamo pensare ad una cupola geodetica anche come ad un poliedro inscritto in una sfera, che abbia unicamente vertici di grado 5 e 6. Dalla formula di Eulero si deduce che i vertici di grado 5 sono esattamente 12. Una cupola geodetica si può pertanto classificare in base alla frequenza della triangolazione, ovvero in base a quanti triangoli sono presenti in ogni faccia triangolare che possiamo tracciare unendo tre vertici di grado 5, in modo che ne risultino 12 adiacenti.

Particolari al microscopio di virus presentiin natura In particolare si tratta di triangolazioni di grado 4

Triangolazione della sfera di grado 5

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centro della sfera). Determinare l’angolo centrale richiede di solito operazioni non banali di geometria sferica, in coordinate sferiche. Per fortuna, però, una volta stabilito il solido di partenza (quasi sempre si sceglie l’icosaedro) e la frequenza, la lunghezza delle corde è proporzionale solo al raggio della cupola: è quindi possibile trovare dei coefficienti (detti “coefficienti di struttura”) che, moltiplicati per il raggio, forniscono direttamente la lunghezza di ogni elemento (chiamato da Fuller “strut”). Si possono quindi realizzare delle tabelle con i fattori d’arco e i relativi coefficienti di struttura. Nel suo libro, “Geodesic Math and How to Use It”, Hugh Kenner scrive: “Le tabelle dei fattori d’arco, contenendo informazioni essenziali per la progettazione delle cupole, furono sorvegliate per anni come segreti militari. Nel 1966 alcune figure icosaedriche 3v pubblicate dalla rivista Popular Science Monthly, finirono fuori dal controllo dei licenziatari di Fuller, che dovettero far buon viso a cattivo gioco.” (pag. 57, edizione 1976). Altre tavole divennero disponibili con la pubblicazione dei libri di Lloyd Kahn Domebook 1 (1970) e Domebook 2 (1971). Con l’arrivo dei personal computer la matematica divenne poi molto più accessibile; il programma Dome, di Rick Bono, crea uno script che può essere usato con il Raytracer POV-Ray per creare immagini 3D di cupole. Cupole geodetiche basate su diversi poliedri e diversi fattori di corda producono ovviamente risultati diversi.Fin qui il testo di Wikipedia. Un altro metodo per determinare il procedimento di triangolazione (e poi di classificazione) di una cupola geodedica può essere pensato nel seguente modo. Si consideri, sul piano, un reticolo di triangoli equilateri. Vogliamo

Per comprendere meglio le regole che caratterizzano i fattori di triangolazione appena esposti vale la pena approfondire il concetto matematico di triangolazione attraverso una descrizione geometrica chiamata “fattore d’arco”. Per farlo ci siamo serviti di una testo elaborato da Wikipedia, che si è rivelata in questo caso una fonte estremamente chiara e attendibile. Un arco è una linea che giace sulla superficie di una sfera. Il fattore d’arco di una cupola geodetica è il numero di volte in cui la “faccia poliedrica” è stata suddivisa dopo essere stata proiettata sulla faccia interna della sfera: in questo contesto la indicheremo con “v”. In questo senso, nel caso ad esempio di una cupola derivata da un icosaedro, si trova l’icosaedro semplice (1v) oppure l’icosaedro in cui ogni faccia triangolare è composta da 4 facce triangolari più piccole (2v), oppure 9 facce più piccole (3v) e così via. La regola generale è che il numero di triangoli all’interno di ogni faccia è pari al quadrato del fattore d’arco. Spesso il fattore d’arco è chiamato “frequenza” della cupola geodetica. A questo punto, per approssimare meglio una sfera, si cambia la lunghezza dei segmenti interni di ogni faccia, in modo che si portino verso l’esterno, cioè più vicini all’idea della sfera. Per ottenere una sfera approssimata, avremo bisogno di corde di diverse lunghezze (ad esempio per una cupola “5v” sono necessarie 9 diverse lunghezze di corda). Il problema, quindi, è di trovare la lunghezza di questi segmenti, che in geometria si chiamano “corde”. Una corda è calcolata (rispetto al raggio) come il doppio del seno della metà dell’angolo centrale della corda (cioè l’angolo formato dai due punti estremi della corda con il

1.3 Frequenza della cupola e i fattori d’arco

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I numeri T = (b 2 + bc + c 2 ), detti triangulation numbers, forniscono il numero di triangoli per ogni faccia dell’icosaedro. Il numero totale di triangoli presenti nella cupola così costruita sarà dunque 20T. In figura vediamo lo sviluppo piano di un icosaedro, con una triangolazione di frequenza (1, 2). Ripetendo il pattern su tutto lo sviluppo dell’icosaedro, ricomponendo poi il solido e infine proiettando lo schema sulla sfera circoscritta, si ottiene una cupola geodetica di frequenza (1, 2).

avvolgere questo reticolo su un icosaedro regolare, tagliando via degli interi triangoli per consentire le piegature nello spazio tridimensionale. E’ necessario che sui 12 vertici dell’icosaedro finale vadano a coincidere 12 dei molti vertici della tassellazione. O meglio: il vettore che unisce due vertici adiacenti dell’icosaedro (pensato sviluppato sul piano) deve essere un vettore di traslazione del reticolo, o una combinazione lineare di due dei vettori minimi di traslazione. I 12 vertici dell’icosaedro saranno alla fine proprio i vertici di grado 5 della cupola geodetica. Prendiamo in considerazione, come in figura nella pagina seguente ,una triangolazione piana: nel punto A mettiamo l’origine del nostro sistema di riferimento, il triangolo ABC appartiene all’icosaedro finale. Le coordinate (b, c) = (3, 2) del vettore che unisce i due vertici (adiacenti) A e B dell’icosaedro, definiscono completamente la triangolazione icosaedrica. Infatti, i vertici sono tutti equivalenti per simmetria, quindi questa costruzione può essere ripetuta su ognuno dei 12 vertici. Queste due ”coordinate” definiscono la frequenza della cupola geodetica. I numeri (b, c) possono essere scelti ad arbitrio, ma una volta scelti la cupola geodetica che si viene a formare rientra in una delle tre elencate dalla classificazione. I tre casi possibili sono illustrati in figura :

(1) b = 0, c > 0 (2) b = c > 0 (3) b > c > 0

Le tre possibili cupole geodediche

Fig.3

Creazione di un pattern sullo sviluppo piano di un icosaedro

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1.4 Applicazioni di strutture geodediche

Dopo aver verificato la struttura della cupola geodedica dal punto di vista matematico e geometrico, passiamo ad analizzare alcune sue realizzazioni architettoniche, in particolare l’ Eden Project, la Meetong Dome e il Myzeil Mall, Japan Pavillon ExpoHannover 2000

1. EDEN PROJECT

Location : Cornovaglia (UK)Data: 2001Architetti: Nicholas Grimshaw and PartnersEngineering: Anthony Hunt and Associates

L’Eden Project è un complesso turistico in Cornovaglia nel sud-ovest del Regno Unito, a circa 2 km dalla cittadina di St Blazey e dalla città di St Austell, ricavato nello spazio interno di una ex-cava di kaolinite, che oggi ospita al suo interno due delle più grandi biosfere al mondo.All’interno di queste due enormi biosfere si trovano oltre 100.000 piante provenienti da tutto il mondo, inserite appunto all’interno delle due strutture a cupola in acciaio

Eden project: particolari dall’interno della biosfera In alto nel centro si potrà notare l’ulteriore scomposizione dell’esagono per formare le aperture superiori.

Eden project: un operaio al lavoro sulla cupola

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e plastica che permettono al loro interno di emulare due biomi molto diffusi, quello mediterraneo e quello tropicale, attraverso un complesso sistema di condizionamento e controllo termico.Dal punto di vista strutturale, il progetto è il risultato di diverse sfide. Innanzitutto, l’obiettivo era quello di creare il più grande complesso di biosfere al mondo. Questo comportava il fatto di dover ricoprire grandi distanze senza elementi di supporto intermedi. La struttura doveva essere inoltre estremamente leggera, dal momento che i suoi elementi avrebbero dovuto essere trasportati da altre città, anche molto distanti. La leggerezza era ulteriormente importante per gravare il meno possibile sul terreno e per ottenere così un minore impatto ambientale, consentendo in tal modo di lanciare un ulteriore messaggio educativo di sostenibilità e rispetto per il territorio.Per dare una risposta alle molteplici questioni che si stavano delineando all’interno del progetto, l’idea di Grimshaw è stata quella di ispirarsi alla natura: una struttura a nido d’ape, di chiara derivazione fulleriana, consistente in una cupola geodetica, è in grado di coprire ampi volumi in modo da garantire una grande efficienza strutturale. Con questo principio sono state ideate le due biosfere coperte: il bioma tropicale e quello mediterraneo. Il primo, di maggiore estensione, è composto da quattro cupole, la più grande delle quali presenta un diametro di 125 m e altezza pari a 55 m. L’estensione complessiva è pari a 240 m in lunghezza e 110 m in larghezza. Il bioma mediterraneo è anch’esso composto da quattro cupole, con una dimensione principale di circa 150 m, larghezza di 56 m e altezza fino a 56 m. Questi due biomi sono collegati tra loro

Eden project: sezione della cupola La struttura tubolare è fatta in acciao, mentre le coperture che completano la sezione esagonale sono in ETFE, materiale di cui parleremo nei prossimi capitoli

Eden project: vista diurna

Eden project: vista notturna

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per mezzo di un edificio quasi nascosto dalla superficie, in quanto coperto da un tetto vegetale, che costituisce l’ingresso agli stessi biomi.Le biosfere sono una struttura tubolare in acciaio space-frame in pannelli esagonali rivestiti in ETFE, molto resistente alle intemperie e autopulente, impiegato per evitare l’uso del vetro che avrebbe gravato sul peso della struttura e avrebbe necessitato di maggiore manutenzione.Questo strato in EFTE è stato poi sigillato nel perimetro esagonale dell’ossatura in acciaio, e successivamente gonfiato per creare un cuscinetto di grandi dimensioni.Questi cuscini formano una vera e propria coperta termica, più efficace del vetro e funzionale perché nel caso di foratura di uno di questi cuscini, al contrario di una rottura del vetro, questa può essere facilmente risolta, con apposite “toppe” dello stesso materiale che chiudono ermeticamente la foratura.La struttura in acciaio poi è completamente autoportante, quindi non sono presenti supporti interni alle biosfere, e il diametro degli esagoni può arrivare fino a 9 metri nella parte zenitale della struttura geodetica, dove sono presenti alcuni esagoni apribili a seconda delle necessità di temperatura all’interno delle biosfere.Parte essenziale è poi il controllo climatico all’interno delle biosfere, dove un sistema informatico monitora e regola continuamente temperatura e umidità all’interno delle semisfere, per mantenere ottimali le condizioni ambientali.

Eden project: particolare di una giunzione tra le due cupole Un operaio cammina (probabilmente) per sostituire o riparare una parte di copertura in ETFE

Eden project

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2. Tejlgaard + Jepsen: MEETING DOME

Location : Allinge, Bornholm (Danimarca)Data: 2012Architetti: Kristoffer Tejlgaard & Benny JepsenEngineering: Henrik Almegaard

Gli architetti danesi Kristoffer Tejlgaard e Benny Jepsen hanno recentemente completato il progetto di una cupola geodetica decostruita, commissionata dalla BL, l’organizzazione che rappresenta circa 700 cooperative edilizie, che gestiscono quasi il 20% delle abitazioni della Danimarca. Il progetto è stato pensato per il Peoples Meeting di Bornholm, con l’obiettivo di creare un dibattito sul futuro degli alloggi. Lo spazio invita i cittadini al suo interno, proponendosi come luogo d’incontro e di dibattito.“La nostra ambizione è quella di creare un’architettura che sia il più possibile site-specific, un’architettura che sia influenzata da ciò che offrono il contesto, le viste e il paesaggio”, spiegano gli architetti. Ispirati dalla struttura delle cupole geodetiche degli anni ‘70, Tejlgaard e Jepsen sfruttano tutti i vantaggi di queste strutture generate matematicamente, ma tentano di conferire al progetto ulteriori significati. “La cupola geodetica”, continuano, “potrebbe essere chiamata una non-architettura poichè si insedia come una navicella spaziale autoreferente, escludendo ogni riferimento al

Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita. Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita. Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

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contesto”. “Il passo successivo è stato decostruirne la geometria quasi sacra, in un modo che non rifiutasse, ma anzi ne rispettasse le proprietà”. Il processo di decostruzione permette alla cupola di diventare uno spazio aperto, che può essere suddiviso e adattato alle caratteristiche del sito, presentando nicchie, spigoli e aperture, che lo rendono più o meno trasparente a seconda delle esigenze. Le nicchie oltre a costituire i vari punti di accesso alla struttura, lasciano la luce penetrare la luce nello spazio interno sempre in maniera indiretta. In occasione del “Peoples Meeting” il padiglione ha ospitato una pedana, mentre le sedute sono state posizionate al centro della “cupola”, garantendo un grande senso di intimità. La struttura alta 8 metri, è costituita da una serie di incastri in acciaio collegati al legno in modo da sostenere la complessa struttura reticolare. Questo sistema è stato progettato come un organismo smontabile e flessibile: una volta stabiliti i parametri, può essere disassemblato e ridisposto con una nuova forma. La struttura reticolare autoportante permette molta libertà per gli interni e la facciata. Le aperture e le finestre possono essere posizionate liberamente senza necessità di muri portanti. L’intera struttura è stata fissata al suolo grazie al posizionamento di grandi lastre di acciaio da 18 tonnellate. Tutto il legno impiegato è di pino Douglas locale, in parte riciclato.

Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita. Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita (Pianta). Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

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Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita. Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita. Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

Kristoffer Tejlgaard + Benny Jepsen, Meeting DomeCupola geodedica decostruita. Allinge, Bornholm, Danimarca 2012

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3. MYZEIL MALL

Location : Francoforte (Germania)Data: 2002\2009Architetti: Massimo e Doriana FuksasEngineering: Knippers Helbig

Lo shopping mall MyZeil si estende su un’area di 77.000 metri quadri, una struttura che comprende negozi, spazi per il tempo libero, area kids, ristoranti, centro fitness e parcheggi.L’edificio si sviluppa su 6 piani fuori terra, l’area commerciale va dal livello -1 fino al terzo piano, mentre dal quarto piano, che funge da piazza e da luogo d’incontro, si sviluppano l’area fitness e i ristoranti.Il progetto nasce dalla geografia. E’ come un fiume che visto dall’alto ha diverse livelli, fino ad arrivare nelle profondità della Terra.La struttura del progetto scaturisce da una forma fluida che collega lo Zeil, un importante viale per lo shopping nel cuore della città di Francoforte, con il palazzo Thurn und Taxis (edificio ricostruito in stile storico). I due poli del progetto, il lato dello Zeil e il lato del Thurn und Taxis, sono concepiti in modo diverso. La facciata che costeggia lo Zeil è espressione del tempo libero, dell’intrattenimento, del relax. L’altra

Myzeil Mall:particolare della copertura La copertura del Myzeil Mall misura all’incirca 13.000 metri quarati, ed è tutta tasselata secondo i principi geometrici di Fuller

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facciata, invece, mantiene un aspetto più istituzionale.La facciata sullo Zeil viene risucchiata all’interno da un grande vuoto che fa percepire il cielo e che invita i visitatori ad entrare come attratti da un vortice.Da terra gli utenti possono accedere ai vari piani attraverso un sistema di scale mobili e ascensori, per accedere direttamente al quarto piano in 120 secondi attraverso una scala mobile lunga 45 metri.La copertura, che alterna pannelli di vetro a struttura di copertura geodedica collegati tra loro da elementi in acciaio ricordando il paesaggio di un canyon, ricoprendo un area di 13 mila metri quadrati.Questo “guscio” esterno, principalmente trasparente, attraverso un sistema di vuoti serve a far filtrare la luce naturale a tutti i livelli del centro commerciale.

Myzeil Mall: particolare dell’ingressoLa struttura di copertura è come un vortice che si piega all’andatura dell’edifico, culminando nelle tassellazioni finali superiori

Myzeil Mall: particolare dell’ingressoVista da dentro, si puà notare la scomposizione della superficie di copertura

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2. Progettare con le membrane

2.1 Architettura Pneumatica

In alcuni degli esempi che abbiamo appena analizzato, le cupole geodediche sono state realizzate mediante l’utilizzio di particolari materiali chiamati membrane. Tali materiali si rivelano altamente performanti per questo tipo di scopi. Cercheremo dunque in questo capitolo di fornire una metodologia progettuale tesa ad sistematizzare l’utilizzo delle membrane (o materiali tessili) per la realizzazione coperture, moduli abitativi e architetture, focalizzandoci poi sul nostro specifico progetto.

Con architettura pneumatica si indicano tecnicamente quelle costruzioni molto leggere costituite da membrane impermeabili, flessibili e sottili, sostenute da una differenza di pressione tra l’aria interna e quella esterna. La membrana risulta così funzionale a costruire la protezione dello spazio e, come vedremo in alcuni casi come il nostro, l’ elemento portante.L’interesse degli architetti per la tecnologia gonfiabile risiede nell’opportunità che essa offre di concepire e realizzare manufatti leggeri, mutevoli, economici quasi del tutto esenti dalle limitazioni che impongono le tecniche realizzative tradizionali pesanti e stabili. Il primo progetto interamente pneumatico in ambito abitativo si deve a F.Ll.Wright che nel 1957 ipotizza la prima casa gonfiabile in senso compiuto, anche se alcune proposte erano state già avanzate nel 1927 dall’ingegnere R. Buckminster

Dyodon, Francia 1968è un progetto di abitazione sperimentale pneumatica, ideato dagli architetti Jean Aubert, Jean-Paul Jungmann, Antonio Stinco di Parigi: un grande volume alveolare, con pareti doppie e nervature tubolari gonfiabili fino alla rigidezza, e con arredamento e attrezzature tutti pneumatici.

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Expo Giappone, 1970 Japanese World and International Exposition Osaka, 1970, Esposizione mondiale e internazionale giapponese Osaka 1970, in lingua Giapponese (Nihon bankoku hakuran-kai)

The Serpentine Pavilion, 2006è co-progettato dall’architetto Rem Koolhaas e Cecil Balmond, progettista strutturale. Il fulcro del progetto è una spettacolare baldacchino gonfiabile a forma ovoidale che galleggia al di sopra del prato della Serpentine. Realizzata in materiale traslucido, la struttura è illuminata dall’interno durante la notte

Fuller.Dal punto di vista della pratica realizzativa, l’evento fondamentale nella storia dell’uso del gonfiabile in architettura è stata l’esposizione universale di Osaka del 1970, in cui gli immensi padiglioni nazionali furono realizzati totalmente con tecnologie pneumatiche d’avanguardia. Per il suo carattere anticonvenzionale, la tecnologia gonfiabile alimentò e sostanziò le istanze rivoluzionarie della cultura radicale del ’68, vedendo come protagonisti alcuni gruppi di giovanissimi architetti quali i francesi Utopie, i californiani Ant Farm, gli inglese Archigram, gli austriaci Haus-Rucker-Co, gli italiani UFO. Tutti loro si espressero con installazioni gonfiabili e progetti utopici ispirati alle visioni degli ingegneri F. Otto e R.Buckminster Fuller.Un esempio di architettura gonfiabile recente è rappresentato dal padiglione temporaneo della Serpentine Gallery realizzato a Londra a Hyde Park nel 2006 da R. Koohlaas e C. Balmond. Si trattava di un ambiente vetrato a pianta circolare coperto da una sfera ovoidale flottante riempita di elio. Un sistema di cavi ne stabilizzava la spinta ascensoniale, consentendo al contempo una leggera escursione di qualche metro verso l’alto.Sul versante dell’architettura non temporanea, si può citare l’uso della tecnologia pneumatica a supporto della straordinaria serra a cupole geodetiche dell’Eden Project realizzato nel 2001 in Cornovaglia (Inghilterra) su progetto di N. Grimshaw con la consulenza dello studio di ingegneria Ove Arup. La struttura, realizzata all’interno di una cava abbandonata, è una armatura metallica autoportante in pannelli esagonali

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Nella progettazione di una copertura a membrana tessile incidono tre fattori strutturali fondamentali, quali:1) Scelta della forma e della superficie 2) Livelli di pretensione3) Deformabilità della superficie a membranaNel dettaglio la fase della progettazione si basa sull’ uso di software di modellazione e di analisi geometrica non lineare, ed è articolata in due principali momenti: il primo, incentrato sul dimensionamento degli elementi costruttivi interagenti con il raggiungimento della forma di equilibrio, il secondo finalizzato alla messa a punto di tutti i dettagli utili per la fase esecutiva.Innanzitutto si procede alla definizione della configurazione fisica degli elementi, alla scelta dei materiali e della loro caratteristiche di resistenza e rigidezza, e anche al dimensionamento degli elementi e delle modalità di connessione tra loro. In questa prima fase, la forma che garantisce l’equilibrio statico della struttura tessile deve essere raggiunta impiegando elementi finiti a rigidezza zero. Tali elementi rappresentano la membrana e la struttura di supporto, ciascuno soggetto alle sue specifiche tensioni. Modificando i valori e le geometrie relativi agli elementi di sostegno, si ottengono differenti forme di superficie. Ciò può essere vantaggioso al fine di aggiustare il dominio di un particolare carico di esercizio e di correggere le aree propense all’inversione di curvatura. Anche la rete del tessuto viene usata come elemento da inserire nel modello computerizzato, allineata alle direzioni della tessitura, anticipando la posizione e

Progettazione CAD di una tensostrutturaTensostruttura a membrana progettata con il software Rhinoceros, con possibilità di analisi strutturale

2.2 Ricerca della forma

L’architettura a membrana si presta alla realizzazione d’involucri edilizi di diverso tipo, di grande luminosità e di particolare interesse spaziale. Inoltre, in virtù della leggerezza e della trasparenza dei tessuti che in massima parte la compongono, tali relazioni necessitano di una di quantità ridotta (o come nel nostro, praticamente nulla) di elementi strutturali. Garantisce infine un buon livello d’illuminazione naturale degli spazi interni alla struttura.Tutte le strutture a membrana suppongono l’utilizzo di materiale tessile (deformabile), quindi saranno caratterizzate da un comportamento lineare – elastico.

Tubaloon, padiglione temporaneo per il Kongsberg Jazz Festival, 2006 Norvegia Tensostruttura a membrana con bordi in tubi pneumatici e tubi di acciaio con funzione di protezione del palcoscenico e di segnalazione dell’evento.

tamponati con leggerissimi cuscini pneumatici in materiale plastico riciclabile.La stessa tecnologia è stata adoperata per tamponare il Water Cube, cioè il Centro Acquatico Nazionale di Pechino, progettato da PWT Architect, che ha ospitato le gare di nuoto delle Olimpiadi del 2008. In questi due ultimi casi, il risultato ottenuto è stato quello di avere degli involucri leggeri, semitrasparenti, economici, facilmente manutenibili, di rapida sostituzione, ma sopratutto in grado di garantire prestazioni di contenimento energetico notevole. Infine, particolarmente significativo, per il suo radicalismo e critica sperimentale, risulta il lavoro recente di alcuni gruppi di creativi (Plastique Fantastique, Urban Fields, CICCIO Group) che usano la tecnologia gonfiabile per realizzare padiglioni temporanei molto fascinosi con l’intento di appropriarsi dello spazio urbano ed esaltarne le potenzialità performative.

Schemi di superfici anticlastiche disegnateda Frei OttoDa sinistra e dall’ alto: forma a sella, forma ad arco, forma a cima e gola, forma a schiena d’asino

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2.3 Superfici minime

L’arte dell’architettura leggera a membrana ha avuto inizio con le sperimentazioni sulle bolle si sapone condotte da Otto Frei negli anni 50’. La ricerca della forma attraverso processi autogenerativi, come quelli appunto resi possibili dai film saponosi, ha rappresentato la filosofia portante della scuola di progettazione fondata da Otto Frei, che è senza dubbio l’ inventore delle moderne tensostrutture a membrana concepite tramite l’ applicazione del principio delle superfici minime.Si definisce minima quella superficie che, possedendo la più piccola area possibile, richiede il minimo quantitativo di energia potenziale necessaria a conferirle una forma stabile all’ interno di una data condizione di bordo. La peculiarità delle superfici minime è quella di possedere la medesima e uniforme distribuzione di sforzi in tutte le direzioni. Alla base della progettazione leggera a membrana vi è appunto l’ impiego di processi autogenerativi che diano come risultato proprio delle superfici minime.All’interno di configurazioni di bordo di tipo planare, le superfici minime risultanti saranno anch’esse planari. Non appena un solo punto della superficie a membrana o del suo bordo risulti al di fuori del piano, le superfici minime risultanti saranno caratterizzate da una doppia curvatura in ogni punto della loro superficie.Le superfici a doppia curvatura possono essere sinclastiche, come nel caso di strutture curvate a forma di sfera e stabilizzate mediante pressurizzazione dell’acqua o (come nel nostro caso) dell’ aria (Pressostrutture), agente perpendicolarmente

Padiglione Tedesco, Expo ‘67 / Frei Otto and Rolf Gutbrod, 1967, MontrealPadiglione espositivo della Repubblica federale di Germania, una tensostruttura a baldacchino che ha portato i suoi esperimenti in architettura leggera a livello internazionale per la prima volta

Modello a forma libera realizzata con filmsaponoso, Frei OttoStudio per le superfici minime

direzione delle saldature tra i singoli lembi del tessuto che andranno poi a comporre l’ intera superficie della membrana. È importante sottolineare che il posizionamento e la direzione delle saldature sulla superficie tessile non costituiscono semplicemente una questione estetica, e pertanto non possono essere collocati arbitrariamente ma devono seguire la direzione dei fili dell’ ordito del tessuto. Dal momento che nella maggior parte dei tessuti la direzione dell’ordito è più resistente di quella della trama , tale direzione, anche per ragioni economiche, dovrebbe coincidere con la linea su cui si distribuiscono gli sforzi più alti dovuti ai carichi. L’ accuratezza nel definire le dimensioni del tessuto in fase di fabbricazione è un requisito fondamentale per la buona riuscita della realizzazione della copertura a membrana. Ciò comporta che i modelli di taglio superficie tessile siano tratti dal modello strutturale nella fase di pretensione. Le direzioni di saldatura tra i lembi di tessuto vengono definite dalle linee geodediche ritenute più efficienti per il comportamento del materiale in uso. I modelli di taglio sono soggetti a compensazione, ossia vengono rimpiccioliti di un valore percentuale in entrambe le direzioni delll’ordito e della trama, così da lasciare spazio allo sviluppo degli sforzi necessari a dare pretensione alla membrana durante la fase di costruzione. Per definire la giusta percentuale di riduzione dei modelli di taglio, deve essere effettuato il collaudo dei diversi lotti di tessuto che si intendono utilizzare. È importante l’ accuratezza, sia nel dimensionamento che nel taglio dei singoli lembi di tessuto, dal momento che errori grossolani potrebbero impedire lo sviluppo degli sforzi prefissati e dunque il raggiungimento del valore di pretensione richiesto .

Processo digitale per la ricerca della formacon il sofware PAM lisaDa sinistra e dall’ alto: contorni geometria con rete, forma generata e forze del vento sulla formav

Vantaggi del raffinamento automatico della formamediante aggiustamenti successivi dei contorni di una maglia tensostrutturale

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una differenza di pressione dell’aria attraverso la loro superficie, questa differenza di pressione deve essere protratta da generatori di correnti d’aria che insufflano aria in una camera a membrana ermetica.Non c’è bisogno di elementi rigidi e di supporto della membrana, come colonne, muri o archi, pertanto questa pecurialità rende le superfici sinclastiche risultano tra le più minimali e leggere tipologie costruttive mai realizzate, a tal punto che in teoria dovrebbe essere possibile costruire coperture supportate dall’aria con luci di molti chilometri. I livelli di tensione nella superficie di una struttura supportata dall’aria dipendono dai suoi rapporti di curvatura. Non c’è bisogno di elementi rigidi e di supporto della membrana, come colonne, muri o archi, pertanto questa pecurialità rende le superfici sinclastiche risultano tra le più minimali e leggere tipologie costruttive mai realizzate, a tal punto che in teoria dovrebbe essere possibile costruire coperture supportate dall’aria con luci di molti chilometri. Per esempio, in una sfera di raggio r gonfiata con una pressione p, la tensione della membrana risulta essere M=1\2 pr . Questo è vero sia per la più piccola come per la più grande delle strutture.Una superficie sferica di forma ribassata risulta essere molto più efficiente per coperture particolarmente soggette a carichi del vento , dato che riesce ad evitare di esporre gran parte della sua superficie alla pressione esterna discendente. Comunque le strutture supportate dall’aria si destabilizzano soprattutto se sottoposte a condizioni

Foto di una cellula al microscopio La percentuale d’acqua nelle cellule umane supera il 73%. Questa foto e esegutia con un microscopio biologico che è caratterizzato da un elevato potere di ingrandimento ed è usato per osservare su vetrini preparati, organi o sezioni di tessuti.

alla superficie della membrana. Oppure possono essere anticlastiche come nel caso di membrane tensionate e stabilizzate mediante l’azione di pretensione meccanica applicata nel piano del tessuto e lungo i suoi bordi (Tensostrutture). Nel caso delle superfici anticlastiche, ossia di tensostruttura, la somma di tutti i raggi di curvatura, negativi, e positivi è uguale a zero.Questi vantaggi fanno sì che le strutture leggere non siano solo efficienti e al tempo stesso semplici nella variabilità delle forme realizzabili, ma soprattutto risultino di grande impatto estetico.Le forme sinclastiche sono caratterizzate da curvature semplici in ogni punto della superficie a membrana, il cui sviluppo e tensionamento viene garantito dalla differenza di pressione che un fluido o un gas imprimono alle diverse facce, esterna e interna, della membrana stessa. In questo involucro sottile si sviluppano forze che sono in proporzione diretta con la curvatura della membrana, per cui il più ampio raggio di curvatura della struttura sinclastica provoca le più grandi tensioni.Le strutture gonfiate grazie alla pressione idrostatica costituiscono il sistema costruttivo esistente in natura più capace di distribuire uniformemente i carichi, come si può osservare nelle gocce d’acqua delle cellule viventi. Anche le strutture gonfiate d’aria nell’ atmosfera naturale possono essere considerate strutture caricate uniformemente, la cui differenza di pressione è appunto quella che si determina tra aria interna alla membrana e quella esterna atormosferica.Quindi, essendo le pressostruttture membrane di forma sinclastica stabilizzate da

Modello di superficie minima Sinclastica prodotta tramite film saponosi

Modello di superficie minima Anticlastica prodotta tramite film saponosi

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di carico non uniformi e disimmetriche dovute a vento e agenti esterni.

Illustrazione schematica della relazione tracurvatura e membrana con il suo svilupposuperficialea sinistra i Livelli di tensione e a destra i profili della pressione del vento

Padiglione espositivo della fiera di mondiale di New York, 1964realizzato da Walter Bird, fu una delle prime strutture supportate dall’aria

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2.4 Cuscini pneumatici e i sistemi chiusi

I cuscini pneumatici permettono di gestire più liberamente lo spazio coperto, in quanto costituiscono un involucro chiuso, isolato e mantenuto a pressione costante, che non limita la variazione di pressione dell’aria tra esterno e interno. Si tratta di configurazioni realizzabili tramite una serie di cuscini gonfiati singolarmente o in sequenza, e che possono essere impiegati anche liberamente come elementi di involucro per realizzare pareti verticali e coperture.Sono comunemente costituiti da membrane in poliestere\PVC, ma possono essere anche completamente trasparenti, usando i film di ETFE. Le propietà di isolamento termico di queste particolari coperture trasparenti possono esssere migliorate assemblando un cuscino pneumatico da più strati di ETFE (fino a 5) e più camere d’aria interposte (fino a 3). La separazione delle diverse camere d’aria ha come effetto una notevole riduzione del movimento convettivo dell’aria nel cuscino pneumatico, rispetto a quanto accade all’interno di un’unica camera d’aria tra due soli fogli di ETFE. Come tutte le coperture trasparenti, è importante anche prevedere un dispositivo di protezione dalla radiazione solare eccessiva. Nei cuscini pneumatici in ETFE è possibile creare un sistema di ombreggiamento adattabile, stampando immagini positive e negative rispettivamente sullo strato più esterno e sullo strato intermedio dei film, come è stato fatto per il padiglione Duales System per l’Expo 2000 di Hannover, progettato dall’atelier Uwe Brückner. Il grado di ombreggiamento può essere regolato cambiando la distanza tra i fogli stampati con disegno positivo, ossia modificando la

Water Cube, PTW Architects insieme alla CSCEC International Design, 2008, Pechino Costruito sulla base di un telaio in acciaio, il Centro è la più grande struttura mai realizzata ricoperta di ETFE, con oltre 100.000 m² di rivestimento.

Duales System, Expo Hannover 2000, sistemadi ombreggiamento stampato sui fogli di ETFE

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durabilità dei materiali di base e la resistenza all’invecchiamento dei prodotti chimici di rivestimento, la tenuta ermetica dell’involucro tessile, la portata della ventilazione, la facilità di manutenzione, ecc. Questi criteri hanno un influenza determinante sulla scelta del materiale e della forma, così come sui dettagli specifici degli elementi di collegamento.Dal punto di vista costruttivo, per realizzare un sistema chiuso si può utilizzare una struttura reticolare spaziale, all’intradosso o all’estradosso della quale si può sospendere la membrana di involucro: si tratta di una soluzione architettonica interessante con cui realizzare spazi chiusi a forma di guscio con luci ampie, impiegando soltanto componenti di piccole dimensioni e quindi facilmente assemblabili e trasportabili.Applicare un sistema costruttivo a membrana all’interno di uno spazio significa aggiungere una seconda pelle ad un edificio esistente: ciò può avere senso per migliorare le sue prestazioni complessive, per rinnovare la qualità spaziale dell’

Magna Science Centre, 2001, Gran BretagnaÈ stato progettato da Wilkinson Eyre e costruito dal team di Ben Morris.

pressione interna della camera d’aria interposta tra i fogli stessi. L’involucro esterno garantisce protezione dagli agenti atmosferici (vento, pioggia e raggi solari), creando un ambiente interno con condizioni termiche meno problematiche. L’applicazione di più strati d’isolanti termici e acustici diminuisce anche la trasmissione della luce.L’idea di intervenire su ampi spazi dell’ambiente naturale con costruzioni dotate di coperture trasparenti e isolate, in grado di garantire lo svolgimento alle attività dell’uomo in un ambiente costantemente protetto dalle variazioni climatiche e più controllato in termini di temperatura e luminosità, risale agli studi di Buckminster Fuller, che immaginò addirittura una grande membrana sinclastica per coprire l’intera area metropolitana di Manhattan. Nelle applicazioni concrete risulta invece essenziale calibrare i livelli di trasparenza dell’involucro tessile in relazione alle funzioni cui l’edificio dovrà assolvere. Per esempio, un involucro ad alta trasparenza è molto efficace per realizzare una serra, mentre un involucro completamente opaco, ottenibile con diversi starti di membrana tessile e di isolanti acustici e termici, risulta adatto per la copertura di un cinema o di un teatro.Per un edificio temporaneo o stagionale, che deve essere assemblato e disassemblato con regolarità, bisogna orientarsi verso la scelta di membrane tessili di dimensioni e peso contenuti. Se si tratta invece di realizzare una copertura per un impianto di trattamento delle acque, bisogna privilegiare una specifica serie di requisiti, quali la

B.M.Fuller, Ipotesi di una copertura per la città di Manhattan, 1954Secondo Buckminster Fuller, i grattacieli di Manhattan sarebbero stati ricoperti da un’enorme cupola trasparente larga tre chilometri e alta uno e mezzo. Scrisse Fuller: “Dal basso, la cupola apparirebbe come una pellicola traslucida attraverso cui si vedrebbero cielo, nubi e stelle.

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Le membrane, in virtù della loro caratteristica leggerezza e semitrasparenza, possono considerarsi dei filtri, più che delle barriere, rispetto alle condizioni climatiche esterne. Benché le condizioni ambientali interne a uno spazio chiuso da una pelle sottile circa 1 mm siano difficilmente comparabili con quelle garantite da elementi costruttivi massivi, la capacità di prevedere e controllare le loro condizioni termiche, acustiche e luminose è indispensabile nella preparazione della progettazione delle coperture a membrana. La traslucenza delle coperture in membrana tessile, insieme alle evidenti possibilità d’illuminazione naturale derivanti dalla traslucenza stessa, rappresentano un innegabile vantaggio, anche sé, tuttavia, sono anche un ostacolo alla loro più ampia diffusione. Questo perché, all’interno degli spazi chiusi, la difficoltà di conservare le condizioni climatiche ambientali ottimali varia rispetto alle diverse situazioni climatiche esterne. Per questo possiamo affermare che la proprietà termico-luminosa di una membrana costituita da un tessuto rivestito è più rappresentativa del suo comportamento termico rispetto al valore della trasmittanza, in quanto incide fortemente sulle condizioni microclimatiche interne delle pressostrutture.La proprietà di radiazione termico-luminosa descrive il comportamento caratteristico di un materiale all’interno di uno spettro di radiazione termica. La lunghezza d’onda della radiazione termica emessa dipende dalla temperatura dell’oggetto emittente: più un oggetto è caldo, più la radiazione emessa possiede una bassa lunghezza d’onda.

2.5 Prestazioni energetico-ambientali degli involucri a membrana ambiente originario oppure per realizzare una nuova articolazione funzionale. Antesignano nell’impiego di strutture pneumatiche in ambienti interni è stato il lavoro di Aleksandra Kasuba che nel 1973 creò spazialità scultoree con materiali tessili in occasione del del 20th Century Environment.Sempre a titolo esplicativo, il progetto dell’architetto Thomas Herzog per un involucro pressurizzato in ETFE posto internamente ad un edificio preesistente, ha permesso di raggiungere requisiti di isolamento termico e acustico necessari alle nuove attività insediate, senza modificarne le finestre della facciata preesistente, soggetta a vincoli di salvaguardia. L’involucro interno, che consiste di due starti trasparenti di film di ETFE, ha migliorato il confort termico e acustico senza ridurre l’apporto di luce diurna.Il progetto per il Magna Science Adventure Centre ospita, sotto una struttura pneumatica, un ristorante e un centro educativo, posti internamente agli ambienti di un vecchio mulino in acciaio di Rotherham, nel Regno Unito. Un camino realizzato con un materiale altamente riflettente, permette alla luce del giorno di filtrare all’interno della struttura pneumatica.

Thomas Herzog. Pneumatic Structures A Handbook of Inflatable Architecture (New York: Oxford University Press) 1976, p. 48.

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di radiazione termico-luminosa di un materiale non sono necessariamente gli stessi che governano le medesime proprietà nello spettro infrarosso. Per esempio, una membrana di colore scuro potrebbe avere un assorbanza solare più alta di quella di una membrana bianca non colorata, anche se la sua capacità di assorbire ed emettere radiazioni infrarosse, ossia la sua emissività ε, può risultare uguale o persino inferiore.L’assorbanza solare α di una membrana è influenzata dallo spessore, dal colore e dalle propietà chimiche del tessuto e del rivestimento. Dall’altro, la riflettanza solare ρ e l’ emissività ε dipendono solamente dalle propietà della superficie. La trasmittanza solare τ può essere dedotta dall’equazione precedentemente illustrata.Le proprietà di radiazione termico-luminosa di un prodotto a membrana dipendono anche da un insieme di altri fattori, tra cui i processo di tessitura (tessitura di base) e i successivi trattamenti per realizzare gli strati superficiali di rivestimento (spalmatura). Informazioni accurate sui valori di radiazione termico luminosa potrebbero essere ottenute direttamente dai produttori di membrane.

È possibile distinguere tra due principali categorie di radiazioni termiche:1. la radiazione solare, con lunghezza d’onda intorno a 0,3 – 2,3 μm;2. le radiazioni infrarosse a onde lunghe, con lunghezze d’onda intorno a 3 – 50 μm, emesse da tutte le superfici sulla terra le cui temperature sono inferiori a 500°C.I materiali reagiscono alla radiazione termico-luminosa in modo differente, se sottoposti a queste due categorie di lunghezze d’onda.Le propietà della radiazione termico luminosa del sole sono espresse in termini di :- trasmittanza solare (τ)- riflettanza (ρ)- assorbanza (α)Questi tre parametri descrivono la quantità di radiazione trasmessa, riflessa e assorbita sul flusso totale incidente, per cui:

α + ρ + τ = 1

La propietà principale che descrive il comportamento delle membrane nei confronti della radiazione termica infrarossa è l’assorbanza, espressa come il rapporto tra il flusso radiante assorbito e il flusso totale di radiazione infrarossa incidente sulla superficie del materiale. La legge di Kirchoff afferma che questa quantità è pari al potere emissivo del materiale, e pertanto questa proprietà viene solitamente descritta come emissività (ε). Deve essere sottolineato che i fattori che influenzano le proprietà

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o visivo: ognuno di essi presenta pertanto caratteristiche differenti, a seconda che si tratti di tessuti con funzioni strutturali o meramente estetiche. In particolare, i sistemi già studiati e sperimentati per questo tipo di applicazioni possono avere funzionamento attivo o passivo. I sistemi adattivi applicano tecnologie avanzate che oggi sono disponibili anche per prodotti tessili, grazie al trasferimento tecnologico da altri settori applicativi, così come per i sistemi con isolanti traslucidi, ad esempio gli aerogel o i TIM, applicati già per le chiusure vetrate con buoni risultati in termini di comfort termico. Infine, tessuti interattivi e tessuti stampati sono prodotti che presentano potenzialità notevoli per un rinnovato aspetto delle facciate tessili, mentre i tessuti spacer presentano, all’interno della loro struttura, un processo di lavorazione che permette un miglioramento del loro comportamento termico.

2.6 Nuove tecnologie per l’isolamento termo-acustico degli involucri tessili: sistemi adattivi, tessuti interattivi stampati

Le problematiche della trasmissione dei flussi termici e luminosi attraverso un involucro leggero e traslucido implicano l’indagine quantitativa sulle caratteristiche ottiche e termo-fisiche delle membrane, per verificare le loro proprietà in termini di prestazioni per il benessere termo-acustico e visivo. Inoltre, parlando di sistemi tensostrutturali, altrettanto significativa risulta la forma. L’involucro tessile assume, infatti, una specifica configurazione geometrica in conseguenza dell’equilibrio che deve assumere nello spazio, essendo una struttura auto-portante, composta da un tessuto plastico che ha una propria dimensione produttiva, per la quale, al fine di realizzare la sua pre-forma, è necessario unire tra loro i vari teli che compongono una membrana tessile.L’esigenza di combinare una buona illuminazione naturale diffusa ad un’elevata capacità di isolamento termico ha fatto sì che la ricerca nel settore dei tessili tecnici affrontasse il problema di concepire nuovi componenti in grado di rispondere ad entrambe le esigenze, senza compromettere i caratteri connotanti delle strutture a membrana pretesa. La trasmissione del calore attraverso un corpo, e quindi anche attraverso un involucro edilizio, dipende infatti dalla conduttività termica (λ) dei materiali di cui è composto, dallo spessore e dalla disposizione dei singoli strati, e in particolare dalla posizione dello strato isolante rispetto agli altri. I prodotti che andiamo a descrivere rispondono ad esigenze diverse, sia di tipo termico che percettivo

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composto a base di poliuretano (99%) caricato con composti organici (1%), che sono in grado di assumere tonalità e sfumature di colore diverse al variare della temperatura; la parte organica è sensibile ai grassi, agli oli e ai solventi.I sistemi adattivi attivi sono studiati, rispetto alla loro possibilità di applicazione sulle tensostrutture, all’interno dell’ ILEK (Institute for Lightweight Structures and Conceptual Design) dell’Università di Stoccarda, diretto dall’ingegnere Werner Sobek. I sistemi fotocromatici consistono nell’applicazione di strati, con spessore microscopico, di sostanze fotocromatiche sulle superfici dei tessuti. Sono trasparenti in assenza di luce, ma hanno la proprietà di modificare le loro strutture molecolari quando entrano in contatto con una fonte luminosa, cambiando temporaneamente il proprio colore. Oggi si trovano sul mercato tessuti otticamente attivi per la protezione solare ma, applicazioni su tessuti strutturali per le tensostrutture non sono ancora state sviluppate.I sistemi termocromatici, invece, si basano sull’applicazione di sostanze sensibili al calore sulle superfici tessili: i valori di conducibilità termica (U-values) di tali tessuti sono ancora da verificare secondo criteri specifici.I tessuti ottici passivi, invece, sono i cosiddetti low-E materials (Low Emittance of IR Radiation), materiali a bassa emissività che riducono le perdite di calore fino al 30% e durante i mesi estivi riducono gli apporti di calore solare fino al 73% e l’abbagliamento fino all’81%, incorporando un rivestimento anti-abrasione per migliorare resistenza e durata, abbinato ad uno strato a bassa emissività, che assorbe calore e lo riflette. I

Sistemi adattivi

Come accennato nel capitolo precedente, i sistemi adattivi applicano tecnologie che modificano il comportamento termico dei tessuti strutturali senza modificarne lo spessore. Siamo di fronte ad un particolare tipo di trasferimento tecnologico, che vede l’adattamento delle tecnologie per l’isolamento termico del vetro ai “tessuti ottici”, su cui si applicano sostanze che modificano le caratteristiche di assorbimento, trasmissione e riflessione luminosa, incidendo sullo scambio di calore per irraggiamento. Come abbiamo già accennato, i tessuti ottici possono essere attivi e passivi. Quelli attivi sono distinti in:

a. -Tessuti fotocromatici, sui quali sono applicati pigmenti fotocromatici, adottabili su diverse superfici come fibre, tessuti, pelli, plastiche, espansi, carta e inchiostri, che consentono di cambiare colore in modo rapido con l’esposizione alla luce solare, la quale, una volta assorbita, fa scomparire il colore e ritorna quello di base.b. Tessuti elettrocromatici, materiali nanocompositi ibridi organici-inorganici capaci di cambiare colore, o passare da trasparenti ad opachi, al passaggio di energia elettrica, che consentono di ottenere rivestimenti a basso costo, lunga durata e vasta gamma cromatica, con dispositivi elettrocromatici basati su film e foglie flessibili a base di materiali plastici. d. Tessuti termocromatici, composti da fibre di poliestere spalmate con un

Comportamento molecolare dei tessuti fotocromici

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e alla pressione, per controllare luci o altri dispositivi elettronici, dando vita ad un tessuto completamente interattivo. La IFM (International Fashion Machine) ha brevettato tale prodotto, che si presenta come un tessuto morbido, la cui particolarità consiste nella capacità di cambiare colore sotto il controllo di un computer. I tessuti interattivi possono rivestire pareti, o diventare parte integrante dell’arredamento, come elemento decorativo, e allo stesso tempo controllare le luci all’interno della stanza, diventando uno schermo o un supporto per il trasferimento di dati. I campi di applicazione non si limitano all’arredamento, ma si avvicinano al mondo dell’arte e a diversi settori industriali, come quello militare e dell’abbigliamento. Si tratta di prodotti che vanno a modificare radicalmente l’estetica e le proprietà materiali delle superfici, creando effetti decisamente inediti ed inattesi. I tessuti stampati, infine, sono quelli che ricevono l’impressione di un pattern sulla superficie con la finalità di riflettere una parte della radiazione solare, diminuendo il riscaldamento all’interno della membrana. Questo tipo di tecnologia può inoltre essere usata per aumentare il coefficiente di ombra dei tessuti o per correggere il colore della luce naturale che penetra gli ambienti serrati da chiusure a membrana. I risultati ottenibili con queste tipologie di prodotto sono pertanto di tipo estetico, ma anche di impatto ambientale, in quanto sono in grado di incrementare il comfort termico, grazie al loro impiego come elementi di protezione.

rivestimenti “Low - E” sono sostanze costituite da combinazioni di metalli vari che vanno applicate a materiali costruttivi con lo scopo di migliorare la loro coibenza termica senza alterazione dello spessore, riflettono infatti gran parte della radiazione infrarossa su di essi incidente. I rivestimenti “Low-E”, realmente efficienti nell’evitare il passaggio del calore per irraggiamento non sono trasparenti alla luce visibile e, pertanto, la loro applicazione conduce alla perdita della traslucenza caratteristica delle tensostrutture. Esistono, però, alcune sostanze “Low-E” trasparenti all’energia solare di onde corte che permettono il passaggio di gran parte dello spettro solare, compresa la luce visibile, senza perdere la loro capacità di assorbire e riflettere la radiazione infrarossa. Lo scienziato tedesco Rainer Blum, fondatore del Laboratorio Blum di Stoccarda, sta sviluppando una tecnica per applicare questo tipo di sostanza ai tessuti strutturali, essendo ancora necessario perfezionare il tipo di supporto per il loro fissaggio alle membrane.

Tessuti interattivi e stampati

Una tecnologia innovativa applicata ai tessili consiste nella capacità di cambiare colore sotto il controllo di un computer. Aggiungendo tempo e movimento ai motivi e ai disegni sui tessuti, che mutano lentamente sulle superfici, si possono fornire informazioni di vario tipo. Tra i prodotti sviluppati e diffusi in commercio, il tessuto denominato Electric Plaid può essere abbinato ad altre tecnologie, come sensori sensibili al tatto

Tessuti interattivi ed elettroluminescenti. (Fonte: Stegmaier T. et al., Architex 2008, Torino)

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dovuta essenzialmente a due fattori:1. la bassissima inerzia termica e la ridotta proprietà isolante che rendono la pressostruttura incapace di smorzare gli sbalzi di temperatura che si generano sui diversi lati dell’involucro;2. l’idrorepellenza delle membrane prodotte con tessuti rivestiti.È stato detto che sia la superficie interna sia quella esterna della membrana sono sottoposte a grandi variazioni termiche lungo l’arco della giornata e che gli scambi termici dovuti a radiazioni infrarosse giocano un ruolo critico nel comportamento del materiale.Di notte, una superficie tessile sottoposta a una radiazione equivalente a un cielo sereno ha una temperatura di circa 20° più bassa rispetto alla temperatura dell’aria esterna: quindi questa superficie sviluppa una grande perdita di energia dovuta agli scambi di radiazione e alle onde lunghe. Questo fenomeno può portare alla formazione di brina.La creazione di condensa sulle superfici tessili risulta praticamente inevitabile nei climi freddi e umidi: è quindi essenziale fare una stima del rischio di condensa specifica, al fine di verificare che le condizioni determinanti per la sua formazione non si protraggano per estesi periodi. La frequenza di tali fenomeni può essere quantificata da un sistema di modellazione dinamico-termica DMT (Dynamic Thermal Modeling), che fornisce per ogni ora del giorno le temperature superficiali della membrana e l’umidità relativa all’ambiente.

2.7 Rischio di condensa

L’aria interna ad una struttura a membrana può veicolare il vapore acqueo prodotto da utenti o apparecchiature per cui la quantità di vapore che l’aria può assorbire aumenta con la sua temperatura. Questo fenomeno fa si che l’umidità relativa possa aumentare con il raffrescamento dell’aria, sebbene la reale quantità di vapore acqueo in essa contenuta rimanga costante. Se la temperatura cala ulteriormente, l’aria raggiunge la sua temperatura di saturazione e il vapore condensa in gocce. La temperatura che determina saturazione e condensa è definita punto di rugiada. Il vapore acqueo condensa su quelle superfici cha hanno una temperatura più bassa del punto di rugiada. La presenza di condensa sulla superficie di intradosso della copertura tessile può generare effetti negativi nell’ambiente interno, ma può anche ridurre in modo significativo la vita dei materiali con la crescita di muffe e la formazione di macchie e scolorimento. La vulnerabilità delle membrane tessili ai fenomeni di condensa è

Tessuti interattivi ed elettroluminescenti. (Fonte: Stegmaier T. et al., Architex 2008, Torino)

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un collegamento meccanico tra i due lembi di tessuto, il processo di saldatura prevede la connessione chimica tra i rivestimenti dei due tessuti e pertanto le saldature sono considerate più resistenti e più adatte per confezionare membrane soggette a stati di pretensione. L’ampiezza della sovrapposizione corrisponde all’ampiezza della saldatura, ma la forza con cui la giunzione saldata unisce le parti di tessuto dipende sia dal legame tra strato di rivestimento e il tessuto stesso, sia dall’ampiezza della linea di giunzione. Pertanto, cambiando l’ampiezza della linea di giunzione, muta la resistenza della giunzione stessa.La norma ISO 4916, Textiles. Seam Types: Classification and Terminology, contiene tutte le specifiche informazioni sulle saldature.Per collegare pannelli di tessuto Poliestere/PVC si possono impiegare i seguenti metodi di saldatura:- Ad alta frequenza (fig.), da eseguirsi esclusivamente in laboratorio; - A cuneo caldo (fig.), da eseguirsi esclusivamente in laboratorio; - Ad aria calda (fig.), eseguibile sia in laboratorio che in locoLa saldatura ad aria calda necessita di un confezionatore esperto ed è molto adatta per linee di giunzione diritte. E’ possibile eseguirla in loco, ma a condizione che sia disponibile un ambiente pulito e asciutto.Per collegare pannelli di tessuto in fibra di vetro/ptfe sono disponibili i seguenti metodi di saldatura:A caldo, da eseguirsi in laboratorio mediante ferri riscaldati, da utilizzarsi a mano, per

2.8 Giunzioni tra le membrane

Le giunzioni saldate sono usate con più frequenza rispetto a quelle cucite, per la loro intrinseca impermeabilità all’acqua e per la possibilità di eseguire specifici controlli durante la loro realizzazione industriale. Le saldature sono generalmente eseguite sui bordi dei lembi di tessuto semplicemente sovrapposti. Attraverso le giunzioni saldate, le forze di trazione interne alla membrana devono essere trasferite da un lembo all’ altro, attraverso il loro strato di rivestimento. Mentre le giunzioni cucite determinano

Nel caso di coperture multistrato non isolate termicamente, l’ aumento degli strati della membrana può ridurre i problemi di condensa sulle facce intradossali:a. evitando l’esposizione diretta dello strato interno alla radiazione esterna e al conseguente calo delle temperature tipico delle notti a cielo sereno, in quanto così si limita il suo raffreddamento per dissipazione di energia;b. le realizzazioni di camere d’aria tra gli strati di tessuto fa si che si ventili indipendentemente dall’ambiente internoc. fa scivolare la condensa verso l’ esterno, in modo da proteggere da possibili danni per le finiture Le tecniche di tessitura e confezionamento delle membrane usate per realizzare gli strati della copertura consentono di realizzare superfici idrorepellenti, ma il vapore che penetra comunque attraverso la membrana tende a condensarsi nella faccia intradossale.

Saldatura di film di ETFE

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saldatura scende al 60-70% di quella a temperatura ambiente.La resistenza di una giuntura cresce in proporzione con la sua larghezza fino ad una valore massimo, che generalmente si definisce “larghezza ottimale di giunzione”.I controlli sulle saldature vengono abitualmente effettuati sulle giunture simmetriche localizzate di solito al centro delle coperture di grandi dimensioni. “Simmetrico” in questo caso vuol dire che le direzioni di anisotropia di ordito e trama dei tessuti giuntati sono in gran parte parallele le une alle altre. Può essere utile determinare come gli sforzi nelle giunzioni cambino al variare dell’angolo incluso tra l’ asse principale di anisotropia, posto in direzione dell’ordito o della trama, dal momento che ai bordi nelle coperture più piccole si riscontrano gli angoli più ampi.Attualmente l’angolo preso in considerazione solo come angolo limite in relazione ad un dato materiale e può variare, anche se approssimativamente lo si considera di circa 10°.Ci sono differenze fra giunture simmetriche e asimmetriche nel processo di fabbricazione: nel caso si preveda di realizzare una giunzione asimmetrica, devono essere apposti dei contrassegni di registrazione e si deve applicare una compensazione diversa. Sia l’ umidità che la temperatura influiscono sulla giunzione saldata.

riparazioni con toppe in locoLa saldatura dei pannelli in fibra di vetro/PTFE avviene a temperature più alte che per i pannelli in poliestere PVC, a causa del più alto punto di fusione del PTFE (che il vetro riesce a sopportare). Dopo la fusione occorre comprimere e raffreddare velocemente il PTFE; il salto termico deve essere compiuto senza muovere il materiale, che si presenta in stato liquido ed è quindi difficile da controllare (a differenza del PVC che anche fuso mantiene una certa collosità).Il tessuto non può essere forato perché, in caso di pioggia, l’acqua nei fori dilaverebbe gli amidi che compattano i filamenti, abbattendo così la resistenza del materiale; per tale motivo i fori sono realizzati entro una bordatura e cerchiati con metallo.La saldatura a caldo viene utilizzata anche per i tessuti in PTFE\espanso, con un metodo simile a quello adottato per i tessuti in vetro/ PTFE.I bordi da unire vanno preparati formando un’area leggermente abrasa.Un nastro viene collocato sull’area di giunzione di un orlo di tessuto (può esservi fissato con un piccolo ferro caldo), se necessario, sempre sullo stesso nastro può essere applicato l’ altro lembo dell’ altro orlo. Vengono quindi applicati calore e pressione per produrre la saldatura (in genere 230° C per 45 secondi con il calore da un lato, o 190°C per 30 secondi se scaldato dall’alto e dal basso con pressione da 35 a 70 kilopascals )La resistenza della saldatura alla temperatura ambiente è generalmente pari al 90-95% della resistenza del tessuto. Ad elevate temperature (sui 70 C°) la resistenza della

Giunzione simmettrica e assimetrica di film

62

63

3.1 Introduzione

3.2 Ipotesi Progettuale: PneuGeo

3. PneuGeo: un’ipotesi progettuale

Lo studio preliminare delle aree d’interesse interrogate fino a questo punto a livello teorico hanno portato a delineare le linee guida del mio intento progettuale: la prima, di carattere squisitamente strutturale, parte dalla natura delle cupole geodediche, con tutte le relative questioni di carattere formale e di pertinenza meccanica; la seconda invece, più rivolta agli aspetti tecnologici e alla natura dei materiali, fa riferimento essenzialmente agli apporti di carattere pneumatico, mediante l’utilizzo di materiali tessili innovativi o membrane.

Il passaggio alla teoria della progettazione pneumatica a membrana si rende necessario in quanto il comportamento dei materiali e delle forze che governano tale condizione sono molto diversi rispetto allo stato fisico dei consueti materiali “rigidi”, poiché le membrane prevedono che il materiale oscilli sempre nei due stati distinti di rilassamento e di stress.Questi saranno dunque gli spunti progettuali che ci accompagneranno in tutta la fase di progettazione, delineando passo dopo passo la struttura e la composizione del nostro prodotto.

TENDA AIR SECONDS XL 2, QUECHUA

Montaggio/smontaggio facile:struttura tutto in un solo punto di gonfiaggio. 2 ampi posti e spazio di stoccaggio.Tetto apribile.

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L’obiettivo finale consisterà nel produrre un modulo abitativo automatico e istantaneo (o tenda automatica), inteso come variante strutturale del modello geodedico analizzato nei capitoli precedenti, la cui applicazione non sia pensata per ampi spazi di socializzazione (stadi, padiglioni fieristici, grandi magazzini…) e neppure per installazioni di nicchia fortemente connotate in senso estetico (come nel caso della Tee-Haus), ma per la costruzione di un oggetto d’uso individuale o familiare, semplice e pratico, facilmente smontabile e rimontabile, con una potenziale diffusione produttiva di mercato nell’ambito del lavoro, dello sport, del tempo libero e delle vacanze.In altre parole, il nostro progetto intende fornire soluzioni concrete a problemi presenti nei modelli più diffusi di tende automatiche. In questo campo infatti, lo stato dell’arte dimostra che, se da un lato si è superato il problema dell’istantaneità di montaggio, sostituendo i paletti con camere d’aria che irrigidiscono la struttura in pochissimo tempo, non è stata tuttavia ancora risolta del tutto la questione relativa all’efficacia di tali prodotti in condizioni climatiche non usuali. I prodotti disponibili sul mercato puntano infatti tutta la tecnologia sul cosiddetto “airbeam”, ossia sulla camera d’aria che interviene sulla struttura del modulo, mentre per le restanti parti di copertura vengono utilizzati i soliti materiali (vari tipi di poliestere, poliammidi (nylon) e polietilene) che non garantiscono adeguate performance, soprattutto in condizioni estreme.Rispetto a questa situazione, il mio intento progettuale è dunque quello di studiare una diversa conformazione della copertura generale dell’impianto, in modo da arrivare a un’ipotesi formale in grado sopportare le più diverse condizioni climatiche.

TENDA AIR SECONDS XL 2, QUECHUA

Sequenza di gonfiaggio delle camere d’aria

Proporzionamenti di una tenda igloo

3.3 La progettazione di PneuGeo

Per capire come affrontare ogni aspetto progettuale, è bene che iniziamo ad analizzare tutte le questioni “proporzionali” e di misura, per indirizzarci verso una più completa comprensione del dimensionamento che avrà il nostro prodotto. La categoria di appartenza del nostro prodotto corrisponde alle tende tipo “igloo”, così chiamate per la loro forma rotondeggiante che ricorda una semisfera (come gli igloo eschimesi, appunto). Hanno generalmente una base di forma quadrata e possono offrire, in alcuni modelli, una sufficiente altezza interna che consente una migliore abilità per gli occupanti.Nella figura seguente si possono vedere le varie misure e proporzioni per capacità di persone presenti attualmente sul mercato.

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Noi sceglieremo di utilizzare la versione che ha capacità per 4 persone, in modo da indirizzare la tipologia del prodotto ad un pubblico più vasto, prevedendo così, qualora il numero di persone fosse minore, spazio disponibile per eventuali materiali d’uso.A partire da questa tipologia di struttura, e facendo riferimento, come abbiamo già annunciato, a una struttura di tipo Geodedico, ipotizziamo come forma di partenza una sfera, anzi propriamente una semisfera, come per le coperture di Fuller. Così facendo riusciremo ad ottenere già due dati importanti: la definizione delle misure generali del modulo e le proporzioni rispetto alla percentile umana. Iscrivendo lo schema rappresentato nella figura precedente nella nostra semisfera, e cercando di ottimizzare misure e proporzioni, arriveremo ad avere misure di questo tipo:

300

cm

150

cm

340

cm

244

cm

170

cm

150

cm

Ottimizzazionedegli spazi

Proporzioni di riferimento

3.4 Il telaio, “The AirBeam”

Le misure calcolate da questo proporzionamento iniziale ci portano ad avere le quote chiave della nostra scomposizione geodedica della sfera, in base al suo diametro.Avendo il nostro modulo misure 3000 x 1500 possiamo quindi iniziare la costruzione del geode partendo da una sfera di diametro 300 cm.Sempre secondo i principi di Fuller, iscriviamo la nostra sfera di diametro 3 mt in un icosaedro, in modo da trovare i punti da proiettare su di essa.Selezionando quindi i vertici di uno dei 20 triangoli che compongono il nostro poliedro, troviamo i sementi che lo compongono, delineando così i vertici di proiezione sulla sfera.

Iscrizione della sfera di diametro 3 mt nell’ icosaedro

Proiezione della faccia dell’ icosaedro sulla superficie della sfera.

Proporzionamenti di una tenda igloo

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Proiettando i vertici della nostra faccia triangolare verso il centro della sfera, individueremo i segmenti che la attraversano, così da poter selezionare i punti passanti sulla superficie del nostro solido. La tassellazione geodedica così ottenuta ci permette dunque di scomporre la nostra sfera nella frequenza desiderata. Ovviamente, dal punto di vista matematico, definendo cupola geodetica ogni tipo di triangolazione della sfera, e chiamando geodetiche tutte quelle triangolazioni in cui i lati giacciono sui cerchi massimi della sfera, il numero di tali triangolazioni tenderebbe all’infinito, per cui, per trasformare questo concetto in una struttura fisica definita abbiamo scelto una precisa tipologia di grandezza della sfera, con scomposizione di frequenza 1, con una struttura geodedica di questo tipo:

Questa sarà la sfera di partenza del nostro modulo: le linee geodediche di scomposizione che giacciono sulla superficie saranno le nostre camere d’aria pneumatiche. La triangolazione garantirà la robustezza locale della struttura, mentre le geodetiche formate dai loro lati distribuiranno gli sforzi locali sull’intero modulo, garantendo tenuta costruttiva e rigidità nei punti di sforzo. Dividendo la sfera in due semisfere, la nostra cupola avrà la seguente conformazione:

Ipotesi di frequenza geodedica 2 (in alto) e 4 (in basso)

Frequenza geodedica 1, il caso di PneuGeo

Airbeam o Telaio del nostro moduloautomatico

7170

Ø 100

Ø 100

Sezioni per la produzione del telaioI fogli di tessuto vengono accoppiati e saldati a ultrasuoni.

La struttura del telaio, dei cosidetti “Airbeam” sarà prodotta essenzialmente con due tipi di sezioni, in paricolare : una con solo “lembo” esterno, ed un’altra con un doppio lembo ai lati, che ci serviranno per andare ad giutare tutte le altri parti del nostro geode automatico. Per capire se fosse fattibile a livello di produzione ci siamo confronatati con una ditta specializzata in gonfiabili e strutture architettoniche pneumatiche.

La struttura del telaio dei cosidetti “Airbeam” sarà prodotta essenzialmente con due tipi di sezioni: una con il solo “lembo” esterno, ed un’altra con un doppio lembo ai lati, che ci serviranno per andare ad giuntare tutte le altri parti del nostro geode automatico. Per capire se tale impostazione progettuale avesse riscontri di fattibilità a livello produttivo ci siamo confrontati con una ditta specializzata in gonfiabili e strutture pneumatiche: l’aziebda si chiama Nasoall’insù s.r.l. di Varese. L’incontro con i responsabili dell’Ufficio Tecnico ha confermato quanto avevamo ipotizzato in termini progettuali: la struttura da noi concepita risulta pertanto realizzabile, soprattutto grazie alle tecniche di saldatura di fogli di PVC, mediante:- Saldatura a Caldo

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- Saldatura ad UltrsuoniLe sezioni in figura nella pagina precedente, mi sono state suggerite dai tecnici stessi dell’azienda: in questo modo la costruzione del tubo avrà già i lembi di aggancio per tutte le altre parti del modulo.Per quanto riguarda invece la scelta dei materiali, se avessimo ipotizzando di produrre tutta la struttura nei materiali utilizzati comunemente per le camere d’aria (quindi in Gomma o Pvc) la parte finita avrebbe un peso totale troppo sostenuto per il trasporto del modulo da “sgonfio”. Per questo motivo mi sono orientato su materiali polimerici o elastomeri che avessero le stesse caratteristiche di Modulo elastico e Resistenza alla

Trazione della Gomma usata per la produzione di camere d’aria.

Mappa di AshbyResistenza alla trazione - Densità

Nel grafico in pagina precedente possiamo notare dove sono posizionati i materiali di riferimento per la componente in studio.La Densità, sulle Y è incrociata con la Resistenza a Trazione, sulle X. I nostri risultati si soffermano tutti a metà della famiglia dei Polimeri e Elastomeri. Qui sopra è riportato un ingrandimento del grafico della pagina precedente, in modo da far risaltare bene la sezione interessata. Tra tutti i risultati evidenziati dalla Mappa

Mappa di AshbyResistenza alla trazione - Densità

Camera d’aria in TPU Poliuretano Termoplastico, esempio di applicazione ad una camera d’aria per KiteSurf

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Applicazione di una valvola A/ su una camera d’aria Esempio di un prodotto in materiale Termoplastico TPU

di Asbhy, si può notare come il TPU sia uno dei materiali più adatti sia per la sua media densità, che lo rende molto leggero, sia per la sua grande capacità di resistenza meccanica per la tensione alla rottura. In effetti, il TPU, è un materiale ampiamente utilizzato nei campi della prozione di camere d’aria per i piu svariati utilizzi, e anche per la prozione dei cosidetti “bludder” che utillzzano come borracce per l’ acqua.TPU© POLIURETANO TERMOPLASTICO : Poliuretano Termoplastico. Questa tipologia di materiali si distinguono per la combinazione delle seguenti proprietà:- alta resistenza alla trazione e allo strappo- leggerezza- alta resistenza all’usura e all’abrasione - eccellente capacità di ammortizzamento - ottima flessibilità a basse temperature- resistenza a olii, ai grassi- tesistenza all’ossigeno e all’ozono.

Per quanto riguarda la valvola che aiuterà l’aria ad entrare nelle camere, utilizzeremo una tipica valvola a inflazione e deflazione, sul tipo di quelle usate per i gommoni, modello A7. Il funzionamento è semplice: per avviare la deflazione bisogna spingere verso il basso il perno centrale bianco, mentre, per bloccare la valvola, bisogna dargli un quarto di giro in senso antiorario. Ruotando il mandrino a destra ritorna alla sua posizione originale e sigilla l’apertura della valvola.

Camera d’aria in TPU, con valvola A7 Un esempio della valvola A7 presa in considerazione applicata ad una camera d’aria in TPU

A7 valvola

Protezione Neoprene

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Per rendere tutta la struttura capace di resistere a microrotture (ad esempio aghi naturali) o di evitare buchi di ogni genere, la ditta Naso all’insù riveste tutti i prodotti pneumatici in Dralon. Il Dralon è un tessuto acrilico usato anche in nautica, in particolare per rivestire i parabordi delle barche o le zone dei gommoni più esposte agli urti (specie nelle parti inferiori) .Un’ulteriore copertura sarà data da uno strato di Neoprene disposto lungo tutto il perimetro basso della struttura che appoggia a terra: il Neoprene appartiene alla famiglia degli elastomeri di sintesi (ovvero delle gomme sintetiche) e si presenta come una gomma porosa, la cui massa è costituita da cellule gassose uniformemente distribuite. Oltre a possedere ottime capacità meccaniche, le sue principali caratteristiche sono l’elasticità, la resistenza al taglio e allo schiacciamento, la resistenza all’invecchiamento atmosferico e al calore .Il Neoprene può essere realizzato in diverse schiume, che modificheranno di conseguenza le caratteristiche tecniche del materiale stesso (densità, termicità, elasticità, comprimibilità), con possibilità di produrlo mediante mescole a basso potere infiammabile.L’utilizzo del “neoprene” va inteso limitatamente alla parte “gommosa” del materiale; la finitura delle facce può essere definita a piacere. Sono disponibili varie alternative, sia per la finiture della gomma (a cella aperta, liscia, zigrinata ...) sia per la tipologia di tessuti che possono essere laminati sopra (nylon, poliestere, lycra, felpa, tessuti più elastici, tessuti più resistenti, in un’ampia gamma di tinte).

Boa nautica parabordi rivestita in Dralon

Sezione di un campione di neoprene

3.5 I cuscini Pneumatici

Il secondo fondamentale obiettivo del nostro progetto consiste nel cercare di isolare l’abitacolo interno della struttura tramite l’utilizzo di cuscini pneumatici, in modo che si crei una zona di coibentazione tra interno e esterno.La formazione dei cosidetti cuscini pneumatici viene infatti molto utilizzata in architettura nella copertura di edifici, apportando grandi benefici all’ambiente interno.Per la progettazione dei cuscini pneumatici ci siamo rivolti ad un’azienda di Textile Engineering, la CANNOBBIO S.R.L, leader nel suo settore per quanto riguarda i tessuti tecnici e prestazionali per l’architettura.

La tipologia di materiale più efficace per i nostri scopi dovrà avere caratteristiche generali di copertura quali la completa impermeabilità, ma nello stesso tempo dovrà anche far respirare l’ambiente interno ed essere traslucente, in modo da far filtrare

Cuscini di ETFE per la copertura dell’Allianz Arena di Monaco

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la luce nel modulo abitativo. Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, abbiamo ipotizzato un’elevata Resistenza a Trazione e un Modulo di Young compreso tra lo 0,01

e inferiore di 1 Gpa. , in questa trance di valori dovremmo trovare le plastiche flessibili e gli elastomeri.

Nel grafico possiamo infatti notare dove sono posizionati i materiali di riferimento per la componente in studio.La Resistenza a Trazione sulle Y è incrociata con il Modulo di Young o Modulo di

Elasticità sulle X. I nostri risultati si soffermano tutti a metà della famiglia delle

Palstiche e Elastomeri.

Qui sopra è riportato un ingrandimento del grafico della pagina precedente, in modo da evidenziare la sezione interessata.Tra tutti i risultati emersi dalla Mappa di Asbhy il più performativo risulta l’ ETFE, materiale di matrice di Teflon (PTFE), prodotto sia per estrusione che per filiera. Facendo una ricerca più approfondita ho rilevato che l’ETFE è usato soprattutto per la copertura di grandi

Operai all’opera su l’impianto di coperturaSi nota la grandezza dei cuscini

Messa in opera della copertura esterna dei cuscini di ETFE

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edifici (stadi, grandi padiglioni …) o per la copertura e coibentazione di serre: la sua funzionalità specifica viene dunque impiegata prevalentemente per strutture stabili e durevoli. In questo senso, confrontandomi anche con i tecnici della Canobbio s.r.l, l’utilizzo dell’ETFE per la mia ipotesi progettuale si è rivelato fin da subito poco appropriato, dal momento che, pur garantendo ottime performance, non rispondeva ai criteri di smontaggio e piegamento continuo del materiale del modulo da me progettato. Al suo posto è stato invece scelto un surrogato dello stesso materiale, con la stessa matrice di Teflon (PTFE), ma lavorata non per estrusione in filiera, con un successivo strato di coating superficiale.

PTFE ESPANSO (TENARA®)

Il tessuto in PTFE espanso si è dunque rivelato il più performante per il mio progetto, grazie alla proprietà del politetrafluoroetilene: un materiale che, oltre ad avere ottime proprietà di traslucenza, risulta non combustibile, chimicamente inerte, eccezionalmente resistente allo sporco, all’abrasione ed alla rottura. A seconda dello spessore può arrivare al 40%. A differenza del PTFE con fibra di vetro e del vetro/silicone, la sua resistenza al piegamento lo rende idoneo all’impiego in strutture temporanee e trasformabili.Le molecole sono molto stabili e quindi in grado di sopportare alti livelli di sollecitazione termica e di aggressione chimica.Queste caratteristiche assumono ulteriore importanza se si considera che si mantengono praticamente inalterate in un campo di temperature comprese tra gli-80

e i 250°C.Il PTFE è un polimero termoplastico, ovvero può essere fuso e solidificato più volte. A temperatura ambiente la sua struttura è cristallina: scaldato a 327°C si trasforma in una resina amorfa semiliquida, facilmente modellabile per iniezione o estrusione.A circa 500°C si decompone, liberando una gamma di gas fluorurati tossici. Non presenta però alcun rischio di tossicità finché viene mantenuto a temperature inferiori ai 200°C e non richiede pertanto accorgimenti particolari per il suo impiego quotidiano. In ambito architettonico, il tessuto in Politerefluoroetilene (PTFE) sta assumendo oggi un ruolo sempre più di rilievo per l’unicità delle sue prestazioni e per la sua caratterizzazione estetica che supera gli attuali prodotti spalmati presenti sul mercato. Il tessuto, nella sua forma espansa, è attualmente commercializzato dalla Gore sotto il marchio TENARA®.Il processo di espansione del PTFE conferisce al materiale una struttura microporosa che permette la traspirazione del vapore e contemporaneamente la totale impermeabilità all’acqua e all’aria. Il tessuto Tenara rappresenta oggi l’ultima frontiera delle membrane per tensostrutture e pressostrutture, offrendo prestazioni di elevata durabilità, resistenza, flessibilità e facilità di pulitura. Il tessuto si configura come una membrana monocomponente costituita al 100% di PTFE ad alta resistenza spalmato in PTFE. Tra le applicazioni piu sorprendenti c’è il caso della TEE HAUS di Kengo Kuma, progetto sviluppato dall’azienda Canobbio, realizzando il tipico esempio di una pressostruttura

Copertura realizzata in PTFE TENARAMessa in opera della pressostruttura in ETFE La struttura sta acquisendo forma

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completamente pneumatica.L’architetto giapponese utilizza infatti il Tenara creando una doppia membrana gonfiata ad aria con una connessione in poliestere. I giunti delle due membrane sono posizionati approssimativamente a 600mm l’uno dall’altro e sono visibili dall’esterno della struttura. La pressostruttura avrà un’area totale di 31.3 metri quadrati. La struttura viene illuminata dall’ interno regalando quest’effetto sorprendente.

Messa in opera della pressostruttura in ETFE Gli operai srotolano il modulo gonfiabile pronto per essere insufflato d’aria

Tee Haus di Kengo Kuma La struttura viene illuminata dall’ interno regalando quest’effetto sorprendente.

Nell’ immagine a destra vediamo le zone in cui verranno applicati i cuscini in PTFE TENARA: verranno giuntate alla struttura tramite cucitura direttamente sui lembi che le sezioni “speciali” del telaio permettono di lavorare. Le due tipologie di materiali verranno cucite in stato di rilassamento, per avere una più facile possibilità di movimento e per non rischiare di bucare la zona interessata al gonfiamento. I cuscini dovranno comunicare tra di loro, nel senso che dovranno essere tutti collegati l’ uno con l’altro, in modo da avere solo una valvola di inflazione dell’aria .

1440 mm

100

0 m

m

1440 mm

650 m

m

8584

Avremmo dunque 8 uscite per la connessione dei cuscini l’uno con l’altro: questo ci obbliga a dover progettare un percorso per direzionare i tubi di inflazione dell’aria, in modo da sfogare in un’unica valvola tutta l’alimentazione dei cuscini.

Giunto filettato per connessione bypass

Bypass in silicone diametro 18 mm

Cuscino pneumatico PTFE Tenara

Zona saldata e per connessione con gli airframe

Tubo in silicone con adattore filettato maschioNoi utilizzeremo un sistema come questo per collegari i cuscini in PTFE ai bypass

Giunzioni e adattori per tubi in silicone

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Vista dall’interno dove si possono vedere i bypass in silicone non ancora giuntati alla struttura.

I bypass seguiranno l’andamento della struttura, circoscrivendo i frame fino ad arrivare ad un’unica valvola di inalazione, posta in prossimità dell’altra che serve a gonfiare l’intera struttura.

Seconda valvola percuscini in PTFE TENARA

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5.5 Abitacolo

Nylon 70DNylon 70D è per 3\4 rivestito in poliuretano per renderlo impermeabile vento e acqua. Esso è stato trattato con un ritardante di fiamma e inibitore UV.L’inibitore UV rende questo tessuto adatto per l’uso a lungo termine alla luce del sole. Sarà anche lenta l’usura nel tempo, rispetto a tutti gli altri tipi di nylon.

OSMO Nylon Nylon ad alta tenaticà, trattato con coating superficile

Giunzioni tramite ganci Telaio - Abitacoo

Giunzioni tramite ganci Telaio - Abitacoo

Nylon 70D

Poliestere 70D

OSMO Nylon - waterproof

Vista superiore dell’ abitacolo in tensione

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La nostra tenda automatica avrà quindi due principali zone da gonfiare separatamente in due momemti diversi: quella della camere che reggeranno la struttura, e quella dei cuscini in PTFE per garantire l’isolamento termico e impermeabilità solare al Modulo.Per capire di quanta aria abbiamo bisogno e a che pressione verrà gonfiata la nostra tenda dobbiamo innanzitutto i m3 da riempire nelle due diverse opzioni: Cusicini e camere d’aria.Per quanto riguarda i cuscini in ETFE avremmo bisogno di circa 0,30 m3 ;invece per le camere d’aria avremmo bisogno di circa 1,1 m3.

Ipotizzando di avere con noi una fonte di alimentazione da 12v (attacco dell0accendi sigari della macchina), possiamo utilizzare uno di questi compressori, di uso comune per quanto rigurda il gonfiaggio di piccoli gommoni, materassini e altre tende automatiche. Possiamo stimare che una pressione massima di 80 m\bar, tutto il modulo potrà essere gonfiato in circa 3-5 minuti.Se sprovvisti di alimentazione elettrica si userà una pompa manuale da campeggio come nell’immagine di fianco. Sono pompe a doppio volume d’aria e doppia azione, nel senso che insufflano l’ aria in entrambe le direzioni di pompaggio raddoppiando la percentuale di azione di pressione.

Gonfiatore elettrico ricaricabile a 220\12 vRealizzato in fibra di nylon. Pressione massima 80 m/bar. Completo di riduzioni. Provvisto di attacco a spina 220V

Pompa ad Aria DoubleAzione di gonfiaggio e sgonfiaggio

5.6 Pompe e Compressori

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4. Il design dei gonfiabili: storia di un utopia praticabile4.1 Utopie Group: 1968, structure gonflabes exhibition

“La pneumatica e il concetto di rivoluzione vanno di pari passo. Entrambi sono alimentati

dal vento e dal mito della trascendenza; come un palloncino rapito da un bambino si

anima, e ci trasporta con la promessa di un passaggio imminente in un futuro perfetto. “

Léon Gagnebet

Dopo aver presentato analiticamente la nostra ipotesi progettuale, si è pensato di concludere la tesi con un’ulteriore digressione di tipo storico, dedicata alla ricerca in campo pneumatico, speculare al capitolo di apertura incentrato sulle sperimentazioni geodediche di Fuller. Si intende in questo modo “chiudere il cerchio” su cui si sono basate le nostre riflessioni e il nostro lavoro, da intendersi quindi (ovviamente nei suoi limiti) come ulteriore contributo alla ricerca in questi settori tecnologici e produttivi.

Con queste parole l’architetto Leon Gagnebet esalta l’importanza della pneumatica nell’evoluzione della storia della tecnologia produttiva, facendo particolare rifermento al gruppo “Utopie”, fondato nel 1965 da Jean Aubert, Jean-Paul Jungmann e Antoine

Manifesto per l’esposizione “Stucures Gonfables” 1 - 28 Marzo 1968esposizione organizzata dal gruppo Utopie

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Stinco. La loro ricerca innovativa porterà infatti due anni dopo alla presentazione, nel contesto della Biennale di Parigi, della Maison Pneumatique, una vera e propria pietra miliare nell’evoluzione del concetto di ‘habitat gonfiabile’ e di ‘incapsulamento pneumatico’. L’impegno del gruppo Utopie nella tecnica di progettazione per gonfiabili raggiunse la sua formulazione più utopistica in occasione dell’esposizione “Structures Gonflables” al Musée d’Art Modern de la Ville de Paris, nel 1968, dove lo spazio fu riempito con oltre un centinaio di oggetti tra i più disparati, tutti di natura pneumatica: si andava dai veicoli (terrestri, marini, aerei e spaziali), ai ricambi (serbatoi, giunti, tubature, stampi) alle opere di ingegneria e di architettura, fino ai mobili, alle opere d’arte, agli oggetti di scena, ai gadget pubblicitari e ai dispositivi per l’intrattenimento e gli eventi. L’impresa, simbolica e provocatoria nello stesso tempo, apparve come una sorta di celebrazione conclusiva di quell’epoca, prima produttiva e poi consumistica, che fu definita “machine-age”. Proprio per questo motivo, infatti, Pierre Gaudibert, curatore al museo, vedeva nell’estetica dei gonfiabili l’ultimo significativo segno di penetrazione del prodotto mercificato nella vita quotidiana. In questo senso il “gonfiabile” rappresentava la più innovativa frontiera dell’utilizzo commerciale di una tecnologia nel contesto sociale della vita pratica e della quotidianità, penetrando in tutti gli archetipi e gli stereotipi della memoria collettiva.L’idea di fondo del gruppo Utopie era infatti quella di tracciare una sorta di storia degli

Esposizione organizzata dal gruppo Utopie “Stucures Gonfables” 1 - 28 Marzo 1968

Esposizione organizzata dal gruppo Utopie “Stucures Gonfables” 1 - 28 Marzo 1968

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oggetti che fanno uso di inflazione d’aria, come simboli di una tecnologia che fa riferimento a categorie definite dell’immaginario collettivo, a partire dal semplice esempio del palloncino gonfiato ad aria: è infatti il palloncino che conferisce forma visibile all’oggetto, oppure il “respiro” (il pneumatismo) che contiene? Non è forse il suo essere “gonfio di vitalità” a farlo apparire in tutta la sua forza ludica e simbolica?In ogni istante, dunque, i contenitori di natura pneumatica esemplificano, nella loro forma, il rapporto dialettico tra contenitore e contenuto, dove è il contenuto pneumatico a costituire l’essenza dell’oggetto stesso, mentre, nel caso dei contenitori di natura “rigida”, tale dialettica non si attiva, dal momento che questi oggetti vivono nella loro staticità, nel loro “stato di sazietà”. Il contenitore non rigido segna pertanto una discontinuità della forma, un evolversi della sua stessa pienezza, tant’è vero che, simbolicamente, l’atto di “togliere il tappo”, ne modifica la forma, toglie la sua stessa “vita”, cosa che non accade per i contenitori rigidi, che semplicemente si svuotano.

Esposizione organizzata dal gruppo Utopie “Stucures Gonfables” 1 - 28 Marzo 1968

Esposizione organizzata dal gruppo Utopie “Stucures Gonfables” 1 - 28 Marzo 1968

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Prendiamo come esempio il modello di Maison Pneumatique del 1967. L’idea era già stata esplorata da Frank Lloyd Wright nel 1950, ma con il gruppo Utopia tale concetto assume la valenza radicale e metaforica di critica alle ideologie architettoniche che promuovevano l’emancipazione attraverso l’industrializzazione: al contrario la casa gonfiabile significava la negazione della matericità e della staticità in nome di un’architettura che, a partire dal pneumatismo, promuovesse il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, tra l’uomo e la natura, oltre che il senso di precarietà e di instabilità della vita moderna.L’originalità di questa proposta irrealizzabile è stata dunque quella di promuovere il concetto di pneumatismo come stile di vita, dando credibilità ad un paesaggio dove “tutto ciò che era solido”, dai mobili ai bagni, “si era fuso in aria”.Tale ipotesi di lavoro trova la sua espressione più visionaria proprio nei tre architetti che hanno costituito il gruppo Utopia: Jean Aubert, Jean-Paul Jungmann e Antoine Stinco. Le loro rispettive creazioni rispondono infatti perfettamente all’utopia del pneumatismo.

4.2 I protagonisti del gruppo Utopie

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4.3 Progetti per la “Structure gonflabes exhibition”: Jean Aubert, Jean-Paul Jungmann, Antoine Stinco

Jean Aubert

Jean Aubert realizzò infatti la sua “Hall” come “cupola gonfiabile a riposo”, ultimo “condensatore sociale che ostenta la monumentale forma gonfiata, sollevando lo stress dal suo busto strutturale”. Una cupola autoportante di 80 metri di diametro e 27 metri di altezza, costruita da tubi gonfiati disposti in uno schema geodetico (come il nostro progetto), in modo da “impartire un ordine di affidabilità architettonica al principio gonfiabile”. I tubi sono incorporati nel telo di copertura, e il peso delle sovrastrutture è di 16,5 tonnellate, per un peso totale di tutti gli elementi di 24.4 tonnellate. In questo modo, sempre secondo Aubert, le strutture sostenute da aria si troveranno perennemente in uno stato di agitazione, sensibile al cambiamento anche nell’ambiente più piccolo. Non solo sono “volatili” (nel senso che richiedendo ancoraggi al suolo) ma si rivelano “organiche e futili”, presentando a chi le abita uno spettacolo analogo alla sua condizione.

Teatro itinerante per 5000 spettatoriLe immagini che raffigurano l’inserimento del teatro in una piazza cittadina; la sezione mostra le lenti in plexiglass inserite nella copertura di alluminio

Teatro itinerante per 5000 spettatoriPianta

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Jean-Paul Jungmann

Allo stesso modo, Jean-Paul Jungmann progetta il suo “Dyodon” facendo riferimento a quella particolare specie di pesce (noto come pesce palla) che, quando si sente minacciato, per difesa si gonfia, incutendo timore all’avversario. A partire da questa suggestione, l’architetto progetta un edificio gonfiabile versatile da posizionarsi in contesti ambientali differenti, dotato di tutti i confort possibili, in modo da risultare autosufficiente, a ‘difesa’ (come il pesce palla) da ogni influenza esterna: impermeabile agli agenti atmosferici e all’acqua, energeticamente autonomo, con solarium, osservatorio, celle frigorifere, “ gabinetti a bolla”, piscina riscaldata per l’inverno, giardino, voliera, etc. La struttura era costituita da pannelli con lati uguali e trasparenti, traslucidi o opachi, quadrati, esagonali e ottagonali che andavano a formare un “rombicubottaedro”, affiancato da un “volume di Kelvin”. I pannelli, o materassi, erano riempiti con aria, acqua, gas colorato e elio; anche i pavimenti erano gonfiati con questi tipi sostanze. Tutti i componenti potevano inoltre essere sgonfiati per essere facilmente trasportati (il peso per metro cubo era di 7 kg). Dyodon

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Antoine Stinco

Antoine Stinco, infine, realizzò, molto più semplicemente, una struttura ibrida costituita da quattro sfere gonfiate in completa tensione, una sorta di “vetrina” per presentare gli oggetti contenuti formata da un’altra membrana a pressione. Si trattava peraltro di una configurazione presa a prestito dagli esperimenti sulla copertura a bolla, opera di un ingegnere tedesco di nome Otto Frei, che ha pubblicato nel 1962, a Zurigo, il Beanspruchte Konstruktionen, il suo principale studio sulle tensostrutture.

Padiglione espositivo itinerante

Padiglione espositivo itinerante

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Sitografia

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